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I. Riassunto del contenuto del volume prescelto.

Roland H. Bainton, La Riforma protestante


Il libro di Bainton presenta in apertura, nell’edizione Einaudi del 2000, una prefazione di Delio
Cantimori in cui viene evidenziata la caratteristica dell’opera di indagare l’episodio della Riforma
come fatto fondamentalmente religioso.
Introduzione
1. Ambientazione della Riforma.
2. La Riforma come passaggio all’età moderna.
3. La Riforma come rinnovatrice del Cristianesimo corrotto.
4. Breve excursus sulla storia della Chiesa:
· Periodo della propagazione (V – XI sec.). Inizia il periodo di diffusione del Cristianesimo, che cerca di permeare nella
società. La Chiesa diventa parte integrante del sistema feudale; e in questo processo si secolarizzò. Processo di
corruzione: la Curia romana, il clero secolare e quello regolare.
· Periodo della dominazione (XII – XII sec.). La Chiesa iniziò a soggiogare tutti i poteri, ponendo come pretesto che
solo lei poteva dare la salvezza. Vengono analizzate le figure di Gregorio VII (dictatus papae), Innocenzo III, la cattività
avignonese e lo scisma precedente al concilio di Costanza. Sopraggiunse intanto la seconda fase nel tentativo di
cristianizzare la società: per soggiogamento. La Chiesa non si contentò di essere una potenza temporale, ma divenne
una teocrazia. Il clero aveva la prerogativa di celebrare i sacramenti, che costituivano l’unico tramite per cui la salvezza
veniva comunicata all’uomo.
· Periodo della disintegrazione (XIV – XV sec.). Analisi del pensiero rinascimentale in connessione con la Chiesa e
visto come causa di disgregazione. Breve presentazione delle figure dei papi: Sisto IV, Alessandro VI, Giulio II, Leone
X. La nascita e la propagazione dello spirito settario (Hus, Wyclif) che recò un efficace contributo alla Riforma.

Bainton anticipa nell’introduzione le premesse della nascita della rivoluzione religiosa.


Evidenzia la Riforma come passaggio all’età moderna ed invita a rivolgere l’attenzione ai motivi
religiosi profondi, per i quali può essere considerata rinnovatrice del cristianesimo.
L’autore sottolinea che per capire i riformatori occorre tener presente lo sviluppo della Chiesa fino
al loro tempo, e pertanto, ne traccia un rapido schema:
Epoca delle persecuzioni, anteriore a Costantino, in cui la chiesa crebbe senza essere né favorita né
impacciata da alleanze con lo Stato.
· Il secondo periodo vide la chiesa inserirsi nella vita dell’impero romano, ed iniziare la
collaborazione tra impero e Chiesa. Adottando il cristianesimo, gli imperatori rinunziarono alla
pretesa di essere divinizzati ma divennero vescovi laici: in oriente gli affari ecclesiastici furono
soggetti al controllo imperiale (cesaropapismo: per molti aspetti il Cesare agiva da papa), in
Occidente le invasioni barbariche infransero l’unità statale e la Chiesa ereditò si fece assimilatrice
degli invasori.
Nella storia della Chiesa medievale Bainton distingue tre periodi:
· Periodo della propagazione (V – XI sec.): inizia il periodo di diffusione del Cristianesimo, che
cerca di permeare nella società. I missionari furono indotti a cercarsi mezzi di sostentamento,
cominciarono a possedere e coltivare il terreno, la Chiesa si trovò così ad essere parte integrante del
sistema feudale; e in questo processo si secolarizzò. Le conversioni di massa abbassarono in genere
il livello spirituale della Chiesa ed ebbe inizio un processo di corruzione che intaccò la Curia
romana, il clero secolare e quello regolare. Venuta a mancare l’autorità politica, il papato assunse
funzioni dello Stato così da diventare nell’VIII secolo un’entità politica. Bainton ricorda che questa
situazione fu additata da Lutero come primo sintomo di decadenza della Chiesa romana. Il clero
secolare (curati e prelati) possedeva nel Medioevo estesi possedimenti, e spesso avevano figli. I
monaci, vivendo in comunità appartate, mantenevano una certa indipendenza e per questo i
movimenti riformatori partirono spesso da monasteri, ma anche essi subivano la corruzione della
prosperità.
· Periodo della dominazione (XII – XIII sec.): la Chiesa iniziò a soggiogare tutti i poteri, ponendo
come pretesto che solo lei poteva dare la salvezza. Gregorio VII, consapevole della decadenza della
Chiesa, tentò di riformare i monasteri e la Chiesa. Alcuni ordini servirono d’esempio, come i
cluniacensi e i cistercensi, la società civile si sarebbe dovuta cristianizzare cessando le lotte (tregua
di Dio), e dedicandosi ad un’unica guerra legittima, contro i nemici della fede, nasceva così la
crociata. Per rendere la struttura parrocchiale incensurabile e per evitare l’ereditarietà del ruolo, si
estese il celibato monastico al clero secolare. Roma voleva controllare l’intera società, così nacque
la teocrazia papale basata sul sistema sacramentale: solo il clero poteva celebrare i sacramenti,
unico tramite per la salvezza, e l’ordinazione era controllata dalla Chiesa, si ebbe così la tendenza a
deprezzare il potere civile. La teocrazia giunse all’apice nel XIII secolo con Innocenzo III che con
le armi spirituali governò l’Europa. Il trionfo della Chiesa fu accompagnato da una sintesi nel
campo del pensiero ad opera di Tommaso d’Aquino che raccolse elementi dell’antichità classica e
cristiana, della sapienza degli arabi, della filosofia ebraica e del Medioevo in un sistema ideologico
che procedeva dalla ragione umana alla rivelazione divina senza scissioni. Lo stesso pensiero
ascendente giustificava il sistema feudale e la gerarchia ecclesiastica, e la subordinazione dello
Stato alla Chiesa. Bainton sottolinea che già prima della Riforma la disgregazione di questa
costruzione teologica era incominciata e che il papato fu travolto anche dalla formazione degli Stati
nazionali. Quando il re di Francia proibì l’esportazione di oro verso Roma il papato fece bancarotta
e dovette trasferirsi ad Avignone (1305-1378) dove ebbe solo papi francesi. I papi inventarono
allora espedienti per ricavare denaro dalla nomina di nuovi vescovi e dalla vendita delle indulgenze.
il re di Francia ebbe il suo tornaconto così che altre nazioni divennero insofferenti. Quando il Papa
decise di tornare a Roma i cardinali elessero un altro papa e si giunse così ad uno scisma; per
risolvere la situazione furono convocati vari concili nei quali si tentò anche di frenare la corruzione
morale, ma appena lo scisma fu superato i papi riacquistarono il prestigio monarchico.
· Periodo della disintegrazione (XIV – XV sec.): nel XV secolo si disgregò la sintesi teologica di
Tommaso d’Aquino, in particolare Bainton analizza il pensiero rinascimentale e lo ritiene causa di
disgregazione. Fu la filosofia individualistica a scalzare le grandi unità, assai prima della Riforma.
Con le signorie si riscoprì l’antichità classica e i nuovi mondi oltre oceano e il cristianesimo diventò
una religione fra le tante. Studiando testi antichi si affilarono i metodi della critica e si denunciarono
come spuri alcuni documenti essenziali per le pretese papali ( donazione di Costantino). Tra il
Rinascimento e la Chiesa non ci fu un vero scontro perché i papi stessi si fecero protettori della
nuova cultura.
. Già nei secoli precedenti la Riforma proliferarono sette nella Francia meridionale e nell’Italia
settentrionale, movimenti mistici nella vallata del Reno (gli Amici di Dio) e nei Paesi Bassi (i
fratelli della vita comune) ed in Boemia il malcontento e l’eresia si fusero con il sentimento
nazionale (Hus). Circolarono dottrine sovvertitrici, come l’escatologia, (l’attesa di un ritorno del
Cristo preceduta dal regno dell’anticristo), che compromettevano la salvezza della Chiesa. Altro
concetto sovvertitore che si diffuse fu che la Chiesa visibile non fosse la vera Chiesa di Dio, di cui
si potevano riconoscere gli eletti per la moralità della condotta. Talvolta il millenarismo e la dottrina
della predestinazione si combinarono, come con i wyclifiti, gli ussiti e i fraticelli (ramo scismatico
dei francescani).
L’attacco più grave alla Chiesa fu il negare la validità dei sacramenti o la facoltà sacerdotale di
amministrarli. Nel concilio lateranense, tenuto sotto Innocenzo III, la Chiesa aveva dichiarato il
dogma della transustanziazione, Wyclif e Hus negarono questa trasformazione. Altri settari
sostenevano che il sacramento non era valido se impartito da preti indegni. Queste sette non furono
le immediate progenitrici della Riforma luterana, ma recarono ad essa un efficace contributo di idee.
Anche i futuri connotati della Riforma cattolica furono abbozzati prima della Riforma evangelica
per esempio in Spagna con Ximenes.
Il papato reagì con intransigenza insistendo sul principio d’autorità mentre in molti si
preoccuparono della situazione, proponendo alcuni un ritorno al Medioevo e al papato teocratico, e
questo fu l’ideale della Riforma cattolica; altri volevano un ritorno ad epoche più remote e da qui
sarebbe nato il movimento che portò alla Riforma protestante.

Capitolo primo: La fede di Lutero


1. Inquadramento culturale, sociale e storico della figura di Lutero (rapporto con il Rinascimento e con la Scolastica).
2. L’educazione religiosa di Lutero.
3. La concezione della confessione e i dubbi di Lutero su di essa.
4. Il continuo timore della perdizione, la concezione di Dio e il problema di amarlo.
5. Lo studio della Bibbia e la svolta del Salmo XXII.

Bainton evidenzia in questo capitolo come la rivolta di Lutero non ebbe origine da concezioni
settarie in quanto oggetto dei suoi attacchi fu il cattolicesimo stesso, considerato come una
deformazione del Vangelo. La contesa fu fondamentalmente religiosa perché Lutero era uomo
religioso mentre altri fattori si sarebbero aggiunti solo con il tempo.
Lutero fu allevato presso la frontiera slava, lontano dal Rinascimento italiano, la sua fede lo faceva
oscillare fra paura e speranza.
Studente in legge, diplomato in lettere presso l’Università di Erfurt, entrò a 22 anni in un monastero
agostiniano per aver avuto la vita salva durante un temporale. Fino al viaggio a Roma del 1511
persistette nella convinzione che i santi fossero riusciti ad accumulare un’eccedenza di meriti. La
via della salvezza era indicata nei sacramenti ed in particolare nella penitenza. Si chiese come
potesse essere verificato il rammarico, e come fosse possibile confessare i peccati occulti. L’uomo,
suggeriva il misticismo, deve rinunciare ai propri sforzi e abbandonarsi a Dio.
Secondo la concezione agostiniana il destino dell’uomo è già predeterminato ma all’uomo non è
dato saperlo, e qualunque cosa egli faccia non può recare alcun mutamento. Un Dio siffatto non era
amabile per Lutero, e ciò lo terrorizzò; il suo confessore, per distoglierlo dall’introspezione
morbosa, gli disse di conseguire un titolo dottorale, e diventare un predicatore. Nel 1513-15 tenne le
prime lezioni sui salmi. Il salmo XXII fu per lui illuminante, il Cristo senza peccato si era fatto
peccato per amor dell’uomo e era giunto a condividere con l’uomo l’estraneamento da Dio (“ Dio
mio perché mi hai abbandonato?), Lutero sentiva così il valore del miracolo del perdono divino.

Capitolo secondo: La riforma di Lutero


1. Per Lutero è valido il principio per cui tutto è lasciato a Dio. l’uomo non interviene nel suo processo di salvezza.
2. Il problema delle indulgenze. Per Lutero erano delusorie e perniciose, in quanto si basavano sul falso presupposto
dei meriti sovrabbondanti dei santi, e in quanto incoraggiavano la rilassatezza piuttosto che la contrizione.
3. Le 95 tesi di Wittenberg del 31 ottobre1517 articolate in tre punti:
· La povertà del popolo tedesco.
· La giurisdizione del papa sul purgatorio.
· Le indulgenze favoriscono uno stato d’animo falso. il peccatore si preoccupa solo di sfuggire alle pene. Non bisogna
cercare di sfuggire dalla pena del purgatorio perché da questo tormento ha inizio la salvezza. La pace ci è offerta
soltanto dalla parola di Cristo, ricevuta per mezzo della fede. Chi non ottiene questo è perduto, anche se il papa
l’assolve un milione di volte.
4. La non “infallibilità” del papa e dei concili. Chiesa consiste virtualmente nel Cristo e rappresentativamente in un
concilio.
5. Escatologia e predestinazione: due idee attinte dai settari.
6. Valutazione della Sacra Scrittura in maniera non uniforme.
7. I Sacramenti: Lutero definì il sacramento come il segno visibile di una grazia invisibile, istituito da Cristo e
specificamente cristiano. Li ridusse a due: l’eucaristia e il battesimo. Tutti i cristiani sono sacerdoti.
Per quanto riguarda la natura dei Sacramenti Lutero era d’accordo con la Chiesa nell’affermare che la loro validità non
dipende dai requisiti morali dell’officiante, ma per lui, da quelli dell’officiato.
8. Morale ed etica. I consigli di perfezione sono vincolanti per tutti e per tutti inattuabili, perché Dio comanda
l’impossibile. L’essenza della morale cristiana è l’imitazione del Cristo, non delle sue azioni ma del suo atteggiamento.

Bainton evidenzia in questo capitolo che Lutero non fu innovatore nelle sue conclusioni
fondamentali, poiché già San Paolo e Sant’Agostino avevano negato il concorso dell’uomo alla
propria salvezza con la differenza che se per il cattolicesimo la salvezza è compromessa quando la
si fa dipendere dall’uomo anche la morale è compromessa quando si fa dipendere tutto da Dio.
La rottura di Lutero con la Chiesa di Roma fu originata da una questione pratica: la vendita delle
indulgenze.
Bainton illustra le motivazioni dello scontro e i contenuti delle 95 tesi di Lutero che si articolavano
in tre punti:
· Lutero si appellava al sentimento nazionale tedesco offeso dallo sfruttamento papale.
· Sosteneva che il Papa poteva rimettere soltanto le penitenze da lui stesso imposte sulla terra, e che
pertanto le indulgenze non si potevano estendere al purgatorio.
· Le indulgenze favorivano uno stato d’animo falso in quanto il peccatore si sarebbe preoccupato
solo di sfuggire alle pene. Per Lutero chi voleva la salvezza doveva essere riempito d’orrore, in
questo consisteva la pena del purgatorio e non bisognava cercare di sfuggirvi, perché da questo
tormento aveva inizio la salvezza. La pace era offerta soltanto dalla parola di Cristo, per mezzo
della fede.
Bainton ripercorre i vari punti di discordia:
Lutero giunse a negare l'infallibilità papale e conciliare che all’epoca non era ancora un dogma, lo
divenne solo nel 1870.
Nel dibattito egli fu indotto, dopo aver tentato di impugnarla, a ripudiare l'autorità della legge
canonica, in cui era inclusa dal Medioevo una dichiarazione papale sulle indulgenze.
Nell'attaccare l'autorità fece ricorso a due dottrine attinte da sette del tardo medioevo: l’escatologia,
e la predestinazione. Mentre in passato l'anticristo era stato ravvisato in qualche pontefice che si
comportava male per Lutero i papi erano l'anticristo in quanto rappresentavano un'istituzione
contraria al Cristo mentre la vera Chiesa consisteva per lui soltanto di predestinati perseguitati.
Lutero sosteneva di agire con l'autorità della Sacra Scrittura e fu per questo rimproverato, dagli uni,
di aver aperto il via all'individualismo scatenando l'interpretazione personale della Sacra Scrittura,
dagli altri, di aver dato ad una interpretazione della Bibbia la stessa rigidezza dell'autorità papale;
egli riteneva infatti che bisognava intendere alcune parti della Bibbia letteralmente ed altre in senso
spirituale.
Bainton illustra poi la definizione dei sacramenti di Lutero:
per il riformatore il sacramento è il segno visibile di una grazia invisibile, istituito da Cristo e
pertanto li ridusse a due: l’eucaristia e il battesimo. Dichiarando che il matrimonio non è un
sacramento egli toglieva alla Chiesa uno strumento di controllo sulla vita pubblica.
Anche l'ordinazione, secondo Lutero, non andava considerata un sacramento perché non era stata
istituita dal Cristo e perché tutti i cristiani erano sacerdoti; l'estrema unzione era per lui una
superstizione, e la cresima un rito ma non un sacramento. Infine la penitenza era mezzo sacramento
perché Cristo disse pentitevi, e la confessione era invece utile ma non andava codificata.
Lutero era d’accordo con la Chiesa nell’affermare che la validità dei sacramenti non dipendeva dai
requisiti morali dell’officiante ma da quelli dell’officiato, ma sosteneva che nella messa non si
compie alcun sacrificio. L’eucaristia conservava per lui solo il significato letterale di
ringraziamento e ripudiava la dottrina della transustanziazione, perché per lui la parola dell'uomo
non poteva determinare un miracolo. Il sacramento doveva essere un rito di comunione con Dio,
con Cristo, e con i credenti: la “cena del Signore” e non la “messa”, parola che non compare nella
Bibbia.
I sacramenti erano considerati dal riformatore inefficaci senza la fede, e conservò il battesimo dei
pargoli distinguendo tra fede vigile e fede dormiente. La disputa circa il battesimo degli infanti o
degli adulti era importante per definire la Chiesa: il battesimo degli adulti prevedeva una
conventicola spontanea e seleziona, il battesimo dei pargoli implicava l'intera collettività. Lutero
ebbe difficoltà a scegliere fra i due ideali e il protestantesimo si scisse in seguito in chiese e sette.
Per quanto riguarda la morale, in due opuscoli del 1520, la libertà del cristiano e la predica sulle
buone opere, Lutero sostenne che il cristiano era l'uomo più libero in quanto non presumeva di
adempiere leggi ma esprimeva solo la propria gratitudine a Dio, allo stesso tempo era il più
vincolato degli uomini dal suo intimo: l’essenza della morale cristiana era l’imitazione del Cristo
nell’atteggiamento.
Per lui la forza poteva essere strumento di equità, purché fosse utilizzata dal magistrato e non dal
singolo né dalla Chiesa.
Non ammetteva né rivoluzione né teocrazia e l'autorità ordinata da Dio per punire i malvagi e
proteggere i buoni era per lui lo Stato. Egli respingeva la crociata come iniziativa religiosa.
Capitolo terzo: L’irrimediabile rottura
1. La bolla papale e la rottura con la Chiesa di Roma.
2. La dieta di Worms, la posizione di Lutero, i tentativi di farlo ricredere, il bando imperiale.
3. Il periodo di protezione sotto Federico il Savio (Lutero traduce il Nuovo Testamento dal greco al tedesco).
4. L’inizio dell’attuazione del programma luterano a Wittenberg grazie a Carlstadt e la sua successiva degenerazione
che precorreva il puritanesimo inglese.
5. Le teorie di Müntzer e la sua collisione con Lutero. La teocrazia era basata sui sacramenti. Müntzer ne introdusse una
nuova, fondata sulla predestinazione individuale: i santi erano chiamati a governare il mondo. Lutero ripudiava l’intero
concetto di teocrazia e contava non sui santi ma sui cittadini, perché essi reprimessero a mezzo dei magistrati le cattive
tendenze dell’uomo.
6. Il contrasto con Erasmo da Rotterdam e con l’umanesimo. Erasmo esaltava l’uomo anche a rischio della sua
perdizione; Lutero esaltava Dio anche a costo di farlo sembrare crudele.
7. L’intromissione dello Stato nella Chiesa Riformata e il problema della sua organizzazione.
8. Il problema dell’istruzione alla dottrina luterana. Lutero invitò i suoi collaboratori a produrre opere destinate ai
giovani.

Bainton ripercorre in questo capitolo le tappe iniziali della Riforma luterana. Nel 1520 Lutero
pubblicò la cattività babilonese, in cui enunciava la teoria dei sacramenti, che segnò la rottura con
Erasmo. Papa Leone X rispose con una bolla (Exsurge Domine) che concedeva a Lutero 60 giorni
per fare atto di sottomissione. Il 10 dicembre Lutero dava alle fiamme la bolla e la legge canonica.
Federico il Savio negoziò un'udienza per Lutero dinanzi alla dieta della nazione tedesca che si
prevedeva per il 1521. La dieta assunse l'ufficio di un concilio della Chiesa e Lutero fu posto al
bando. Egli non ritrattò e fu quindi posto al bando sebbene non ancora scomunicato e l'editto di
Worms pose l'accento su oltraggi all'ordinamento civile, dichiarandolo pericoloso per l'autorità
politica. Durante il viaggio di ritorno fu rapito e nascosto per volere di Federico il Savio. Per un
anno Lutero fu in un castello da dove pubblicò una raccolta di sermoni, modello per i predicatori
evangelici, e tradusse il Nuovo Testamento dal greco in tedesco.
Intanto i suoi discepoli, aWittemberg, si accinsero a dare espressione concreta alle sue idee,
Carlstadt, con l’approvazione di Lutero, nel Natale del 1521, chiamò la cittadinanza a celebrare la
messa secondo il nuovo uso, officiò in abito civile, tralasciando nella liturgia ogni accenno al
sacrificio, pronunziando in tedesco le parole della istituzione del sacramento e invitò il popolo a
comunicare con i due elementi (come era già consuetudine degli hussiti). I preti presero a sposarsi e
i frati cominciarono ad abbandonare il chiostro e a prendere moglie, nel 1525 Lutero stesso si sposò,
di colpo però scoppiarono violenze, i cattolici furono minacciati e furono fatte altre riforme che egli
non approvava. Carlstadt precorreva il puritanesimo inglese, considerando il mondo fisico un
ostacolo a quello spirituale ripudiava le immagini, la musica e la presenza materiale del Cristo nel
sacramento, imponeva rigidezza nel vestire nel portamento. La dottrina del sacerdozio universale fu
da lui applicata come principio di eguaglianza sociale. Lutero non condivideva queste idee, e tornò
a Wittemberg, su invito della comunità e del consiglio civico, e Carlstadt venne bandito soprattutto
perché sospettato di collusione con Tommaso Müntzer. Quest’ultimo patrocinava una nuova
teocrazia basata sulla predestinazione individuale: i santi erano chiamati a governare il mondo. A
Lutero ripudiava il concetto di teocrazia ed egli contava sui cittadini, perché essi reprimessero a
mezzo dei magistrati le cattive tendenze dell’uomo. Müntzer introduceva un criterio emotivo: una
teocrazia fondata sulla pietà religiosa, preoccupante in quanto incontrollabile. Müntzer trovò
seguito nella guerra dei contadini. Per Lutero la spada non doveva essere brandita da cittadini privi
d'autorità e da sacerdoti e perciò la fine di Müntzer fu per lui espressione di un giudizio divino.
Lutero sconfessò i fanatici ma non riconquistò i cattolici moderati perché egli aWittemberg aveva
istituito una chiesa autonoma.
Bainton evidenzia in più punti il contrasto con Erasmo da Rotterdam che voleva nella chiesa
romana uno fondamento dell'autorità ed un baluardo delle nazioni d'Europa. Nel 1524 Erasmo
dichiarò apertamente il proprio dissenso dottrinale dalla concezione dell'uomo di Lutero. L'uomo
era per lui una creatura dotata di libertà e poteva pertanto operare alla propria salvezza. Alcuni
umanisti, seguendo Erasmo, rimasero dalla parte di Roma o vi ritornarono, altri come Melantone
tennero per Lutero.
Nel 1527 la Sassonia aveva ormai abbracciato la Riforma. La facoltà teologica di Wittemberg non
riusciva a istruire in tempo un numero sufficiente di parroci riformati ed il principe, in veste di
vescovo d'emergenza, curava il clero e promuoveva la Riforma, così l'espediente momentaneo si
trasformò in sistema. Nel 1526 Lutero tradusse il servizio divino in tedesco, e fece partecipare la
comunità al canto sacro; Egli sentiva l’urgenza di istruire il popolo ed invitò i collaboratori a
produrre opere per i giovani così che, per la prima volta, si produsse su larga scala letteratura per la
gioventù. Nel 1529 Lutero pubblicò il Grande Catechismo per adulti e il Piccolo Catechismo per i
bambini.

Capitolo quarto: La Chiesa riformata nella Svizzera tedesca


1. Le idee di Zwingli: comunanze e differenze con Erasmo da Rotterdam e Lutero. Zwingli era umanista ed era
discepolo di Erasmo. C’era un punto in cui il riformatore svizzero divergeva sia da Lutero che da Erasmo: il suo
patriottismo elvetico.
2. L’attuazione della Riforma di Zwingli a Zurigo. Ognuna delle innovazione introdotte venne sancita dal Rath,
l’assemblea rappresentativa della città.
3. Le tre grandi dispute di Zurigo per esaminare i problemi sollevati da Zwingli. Lutero intuiva una certa affinità fra
Zwingli e Carlstadt che si fece più evidente quando Zwingli negò la presenza reale del Cristo nel sacramento.
4. L’introduzione dell’idea di predestinazione, le sue motivazioni e la nascita della teocrazia. Zwingli fu propenso a
identificare gli eletti con la popolazione di Zurigo.
5. L’estensione della Riforma a nord, il mancato successo al sud e il rischio di una guerra.
6. Il tentativo di alleanza fra riformati elvetici e luterani. L’intesa non fu possibile sulla cena del Signore.
7. La guerra fra cantoni riformati e cattolici.

Bainton descrive la Riforma nella Svizzera tedesca evidenziando le comunanze e le differenze tra le
idee di Zwingli e quelle di Erasmo e Lutero: la Riforma inizia, a Zurigo nel 1519, con la
predicazione di Zwingli che concorda con Lutero in molte cose, pur sminuendo il proprio debito
verso di lui. Anche lui respingeva l'autorità papale e conciliare, si richiamava alle Sacre Scritture,
negava le opere buone, i meriti dei santi e le indulgenze, ripudiava il celibato del clero e il
monachesimo, credeva nella predestinazione, nella necessità di reinterpretare i sacramenti e di
volgere la liturgia nella lingua parlata.
Zwingli era un umanista, discepolo di Erasmo e fu portato alla Riforma dagli studi e non da una
lotta interiore; egli accettava la dottrina della predestinazione e attingeva da Erasmo l'insistenza
sulla vita morale e l'antitesi fra carne e spirito e divergeva, sia da Lutero che da Erasmo, per il suo
patriottismo elvetico.
Zwingli, che era stato cappellano delle truppe svizzere nelle campagne d'Italia al servizio del Papa,
cominciò a tuonare contro il servizio mercenario, ma non rinunciava alle armi per la patria o per la
fede così che Lutero vedeva in lui traccia dello spirito di Tommaso Müntzer.
Zwingli decise che avrebbe predicato sul Vangelo con il testo greco sottocchio e dichiarò prive di
fondamento la venerazione dell'immagine, il digiuno quaresimale e il celibato del clero. Per Lutero
questi particolari esteriori ebbero sempre un'importanza relativa. Inizialmente Zwingli rivolse al
vescovo di Costanza una petizione perché fosse consentito ai sacerdoti prender moglie. Il vescovo
fu lasciato solo dal Papa che non voleva alienarsi gli Svizzeri e quando Zwingli persuase gli
Zurighesi a ripudiare l'alleanza col papa ogni innovazione venne discussa e sancita dal Rath,
l’assemblea rappresentativa della città. La posizione di Zwingli venne a dipendere dal consiglio
civico che sanciva le modifiche, e fu il consiglio a confermarlo in carica essendo scaduta la nomina
vescovile. L'unione fra Chiesa e Stato era qui maggiore che in Sassonia, pur avendo struttura più
democratica.
A Zurigo si tennero tre grandi dispute per esaminare i problemi sollevati da Zwingli: risultato fu
l'abolizione della messa,1'interramento delle reliquie, la rimozione delle immagini, l'abbattimento
dell'organo della cattedrale, l'autorizzazione a mangiar carne di Quaresima, il permesso ai preti di
sposarsi. Fu una Riforma più rigorosa di quella di Lutero che intuiva una certa affinità fra Zwingli e
Carlstadt, più evidente quando Zwingli negò la presenza reale del Cristo nel sacramento.
Zwingli fu un precursore diretto del puritanesimo inglese che conservò stretti contatti con Zurigo.
Punto decisivo, per Zwingli, era la dottrina della predestinazione. Per lui c’erano gli eletti che si
riconoscevano per la fede; in realtà era propenso a identificare gli eletti con la popolazione intera di
Zurigo, e consentì ai cattolici di restare in città senza partecipare al governo.
Per lui il battesimo significava soltanto un'iniziazione a una società, la cena del Signore era una
commemorazione e l’adesione a una comunità religiosa, e la paragonava alla Pasqua giudaica.
La Chiesa era il nuovo Israele di Dio, e Zurigo era il centro della nuova teocrazia.
Gli Zurighesi fecero propaganda missionaria nel nord del paese e Berna, Basilea Sciaffusa, San
Gallo e la città libera e imperiale di Costanza si fecero protestanti.
A mezzogiorno la propaganda fu invece inefficace, e l'antico nucleo della confederazione elvetica
(Uri, Schwyz, Unterwalden, Lucerna, Zug) rimase cattolico e stipulò una alleanza militare con la
casa d'Asburgo. Le truppe dei riformati scesero in campo. Ma il sentimento dell'unità nazionale
trionfò e fu siglata nel 1529 la prima pace di Kappel. Gli Svizzeri ritenevano i luterani macchiati di
papismo, conservando la dottrina della presenza fisica reale del corpo del sangue di Cristo nel
sacramento, e non volevano allearsi con loro senza un accordo religioso. Per trovare un accordo vi
fu un incontro nella capitale dello Stato di Filippo d'Assia (convertitosi al luteranesimo) a Marburgo
nel 1529 ma non fu trovato l'accordo sulla cena del Signore.
Intanto in Svizzera vennero applicate ai cattolici sanzioni economiche che li costrinsero a
impugnare le armi contro Zurigo. Zwingli cadde nella seconda battaglia di Kappell insieme a 26
membri del consiglio civico e 25 pastori. Lutero ritenne che anche Zwingli fosse stato punito per
aver impugnato la spada a difesa del Vangelo.
Seguì una pace per la quale le minoranze cattoliche in territorio protestante non dovevano essere
disturbate, mentre le minoranze protestanti in paese cattolico non sarebbero state tollerate. L'unità
medievale della federazione era così perduta.

Capitolo quinto: L’anabattismo o la Chiesa appartata


1. La concezione della Chiesa e la morale anabattista.
2. Il rifiuto del battesimo da fanciulli in quanto non segno d’appartenenza a una società cristiana, ma attestazione
visibile di una rigenerazione che deve procedere nell’intimo.
3. La Chiesa come comunità convocata ristretta e i rapporti di essa con lo Stato.
4. Il motivo della sentenza di pena di morte nella dieta di Spuria del 1529 e lo sterminio degli anabattisti.
5. Il ritorno del Cristo, la designazione di Münster come nuova Gerusalemme e l’annientamento di essa da parte di
cristiani e luterani.
6. Il ritorno agli antichi principi anabattisti e alla Chiesa appartata da parte di Simmons e Hutter e il continuo dello
sterminio.
7. Gli anabattisti oggi e il loro continuo errare.
Il terzo tipo di Riforma indagato da Bainton si manifesta con gli anabattisti. Essi sorsero nella
cerchia della riforma di Zwingli, che tentava di restaurare il cristianesimo primitivo. Investigavano
le Scritture, più di tutti i contemporanei, per riconoscere la Chiesa dei primordi, composta solo di
credenti convinti e perseguitata. Per gli anabattisti, a differenza che per i luterani e gli zwingliani,
la conversione ufficiale dell'imperatore non aveva reso cristiano lo Stato. La Chiesa era per loro una
comunità di santi, cioè di persone che aspiravano alla perfezione. Contestavano soprattutto il livello
morale della Chiesa cattolica e non la dottrina come Lutero.
Il battesimo era per loro l'attestazione visibile di una rigenerazione e la Chiesa era una comunità
convocata che non coincideva con la collettività, e comprendeva solo adulti. L'esclusione dalla
Chiesa era per loro l'unica sanzione e furono la prima Chiesa a fare della libertà religiosa un articolo
fondamentale. Lutero e Zwingli non condividevano con loro il ripudio ed il disinteresse totale per lo
Stato e la proprietà comune. Lutero in particolare riteneva invece che i credenti dovevano
partecipare alle cariche pubbliche per contenere la violenza degli empi. Diventarono di fatto
numerosi sentendosi tutti missionari. Nel 1525 la teocrazia zurighese comminò contro di loro, con
approvazione di Zwingli, la pena di morte per annegamento, riesumando una legge del codice di
Giustiniano, già diretta contro il dogmatismo ai tempi di Sant'Agostino. Gli anabattisti furono
perseguitati soprattutto perché disturbavano la pace civile e sovvertivano la struttura della società.
Nel 1529 anche la dieta imperiale di Spira decretò, con approvazione di cattolici e i luterani, la
condanna a morte degli anabattisti. Col tempo, nel movimento, si fecero avanti gli spiriti meno
equilibrati, si cominciò a prevedere il ritorno del Cristo in varie località come nuova Gerusalemme.
Nel 1534 la città di Münster in Westfalia fu designata in tal senso e fu l’unico caso in cui gli
anabattisti riuscirono a prendere la direzione della municipalità, cattolici e i luterani furono espulsi,
fu instaurata la poligamia sull'esempio di Abramo, Isacco e Giacobbe. Cattolici e luterani
s'accordarono per distruggere la città, che fu conquistata, e tutti gli anabattisti massacrati. Questo
episodio screditò l'anabattismo ma non lo distrusse. Menno Simons, i cui seguaci furono detti
mennoniti e Giacomo Hutter, da cui gli hutteriti ripudiarono le stravaganze di Münster, ritornarono
ai principi originari. Alcuni gruppi durarono in Olanda e in Svizzera, a prezzo di un certo
conformismo, mentre in Germania furono spazzati via. Per un certo tempo Polonia e Moravia
furono un asilo per loro in quanto la nobiltà tollerante accoglieva lavoratori della terra. Una colonia
considerevoli si stabilì in Pensylvania e, alla fine del XIX, secolo nuove pressioni provocarono
nuovi spostamenti verso il Manitoba, l'Indiana, il Nebraska e il Paraguay.

Capitolo sesto: La Chiesa riformata di Ginevra o calvinismo


1. Il calvinismo come via di mezzo tra le altre riforme.
2. La figura di Giovanni Calvino. La sua formazione umanistica
3. L’ “Istituzione della religione cristiana” e la concezione di Dio e dell’uomo. L’attivismo calvinista derivante da un
ottimismo nei riguardi di Dio e dal pessimismo verso gli uomini.
4. Gli eletti, indizi presuntivi per riconoscerli: la professione della fede, la dirittura della vita e la partecipazione ai
sacramenti.
5. La salvezza dell’anima e l’onore a Dio. Il fine precipuo di Calvino non è la salvezza ma onorare Dio.
6. La teocrazia calvinista a Ginevra e le sue regole: instaurare una teocrazia, una repubblica dei santi, una collettività in
cui ogni membro non avesse altro pensiero che la gloria di Dio.
7. Espulsione dei dissenzienti, accoglimento dei consenzienti e nascita di una città di eletti.

In questo capitolo Bainton illustra la dottrina calvinista confrontandola con le altre già discusse.
Zwinglianismo e calvinismo geograficamente vicine si rassomigliavano anche dottrinalmente:
entrambi ripudiavano le immagini, la musica sacra era stata soppressa da Zwingli è fu limitata da
Calvino, l'idea di una Repubblica di santi fu comune ad entrambe le confessioni ma Calvino la
sviluppò in maniera più grandiosa.
Il calvinismo era vicino anche al luteranesimo, in particolare, per l'interpretazione dell'eucarestia
come veicolo di comunione spirituale e per il canto dei salmi, e fu influenzato anche dalla
concezione anabattista della Chiesa come comunità di credenti convinti e dall'esigenza di una
disciplina rigorosa.
Caratteristiche peculiari del calvinismo furono invece il suo attivismo e la sua influenza e
diffusione. Calvino era francese, e derivò dalla sua formazione umanistica il rigore metodico del
suo pensiero e la chiarezza del suo stile.
Durante un periodo di persecuzione fuggì a Basilea dove pubblicò l’Istituzione della religione
cristiana (1559): l’attivismo calvinista derivava da un ottimismo nei riguardi di Dio, che
contrastava con il pessimismo verso gli uomini simile a quello di Lutero e degli anabattisti. Calvino
ne traeva un invito risoluto all'azione nell'ambito della società, per lui testo principe era “ se Dio è
con noi chi sarà contro di noi?” (San Paolo, epistola ai romani, VIII, 31).
Sia Lutero che Calvino avevano un senso soverchiante della maestà di Dio, che per Lutero faceva
risaltare il miracolo del perdono, e per Calvino sottolineava l'ineluttabilità dei piani dell'eterno.
Calvino sostituì all’idea della venuta imminente del Signore il miraggio della Repubblica dei santi
instaurata dagli eletti. Calvino, come Lutero, escludeva un perfetto criterio per riconoscere gli eletti,
tuttavia egli riconosceva come indizi presuntivi: la professione della fede come Zwingli, la dirittura
della vita come gli anabattisti, e, ricollegandosi a Lutero e ai cattolici, la partecipazione ai
sacramenti. A differenza del luteranesimo e del cattolicesimo il calvinismo non si preoccupava della
salvezza poiché fine dell'uomo, che era in ogni caso già salvato o dannato, era onorare Dio.
Per Calvino la dottrina dell'elezione liberava l'uomo dalla preoccupazione di sé, e permetteva di
creare una Repubblica di santi in cui ogni membro mirasse alla gloria di Dio.
Calvino trovò in Ginevra, città indipendente, un terreno sperimentale.
La predicazione della Riforma era arrivata a Ginevra con un profugo francese, Guglielmo Farel,
evitata la guerra civile, la città abbracciò la Riforma. Molti repubblicani, che avevano concorso a
espellere il duca e il vescovo che dominavano sulla città, non avevano intenzione di sottostare al
giogo del Vangelo. Giovanni Calvino capitò in città e Farel lo invitò ad arrendersi alla volontà di
Dio e rendere Ginevra la nuova Israele. All'interno della città fu introdotto un regime rigoristico,
che insisteva su inezie, come il divieto di farsi predire la fortuna dagli zingari, o saldare le
scommesse di domenica, furono abolite le osterie e i conventi e furono presi di mira i resti delle
pratiche cattoliche. Il partito repubblicano ginevrino recalcitrava sotto il rigido controllo imposto
così che, ad un certo punto, Farel e Calvino furono banditi per due anni. Nel 1541Calvino venne
richiamato. Egli riconobbe che occorreva un criterio selettivo e che era necessario che i dissidenti se
ne andassero, fu comunque consentito ai cattolici di rimanere pur essendo stati estromessi dal
governo, dal consiglio cittadino, già durante l'esilio di Calvino. Gli eretici furono trattati con rigore
maggiore dei cattolici, il diniego della predestinazione comportava il bando, il diniego
dell'immortalità e della Trinità comportava la morte. Tristi esempi furono Gruet, decapitato e
Serveto mandato al rogo. Gli oppositori della Riforma furono poco a poco esclusi dalla Chiesa e
dalla città e Ginevra divenne una collettività selezionata, in cui furono ammessi dall'esterno tutti
coloro che si schieravano con la Repubblica dei santi. Nella città si riversavano profughi d'Italia, di
Francia, di Spagna, dall'Inghilterra che Calvino volle diventassero cittadini. Così la Chiesa come
espressione dell'intera collettività e la Chiesa come setta limitata ai credenti coincisero. Da Ginevra
il calvinismo si diffuse in Francia, Olanda, Inghilterra, Scozia e Nuova Inghilterra. Il modello
ginevrino non poteva però essere riprodotto in questi paesi. In Francia, Olanda e Inghilterra il
calvinismo divenne una minoranza combattiva.

Capitolo settimo: Gli spiriti liberi


1. Misticismo degli spiriti liberi. Se inteso come religiosità il cui fine è il congiungimento dell’umano con il divino, il
cristianesimo trova in esso contemporaneamente uno stimolo e un’insidia.
2. Razionalismo degli spiriti liberi.
3. Interazione fra misticismo e razionalismo e la loro applicazione per confutare dogmi di fede.
4. L’universalismo.
5. Sebastiano Frank in Germania e Guglielmo Postel in Francia.
6. Michele Serveto in Spagna.
7. Valdes e la situazione in Italia.

La rivoluzione religiosa del XVI secolo ebbe un'altra espressione caratterizzata dalla tendenza al
misticismo e al razionalismo. I rappresentanti di questa tendenza non furono molto numerosi, ma
sono ritenuti da Bainton importanti perché precorsero idee che avrebbero avuto in seguito una vasta
risonanza. I seguaci degli “spiriti liberi” preferirono restare dove si sentivano a loro agio fintanto
che non furono espulsi ed in genere non fondarono nuovi organismi, unica eccezione fu il
socinianismo.
Questa tendenza era interclassista ed internazionale ma ebbe i rappresentanti più significativi fra i
profughi di Spagna e d’Italia in relazione al cattolicesimo intransigente.
Il misticismo e il razionalismo propugnati da questi spiriti erano radicati nella tradizione cristiana.
Ma se il misticismo era inteso come un tipo di religiosità il cui fine era il congiungimento
dell’umano con il divino, il cristianesimo trovava in esso contemporaneamente uno stimolo e
un’insidia. Ciò era compatibile con il cristianesimo soltanto fin che l'uomo restava l'uomo e Dio
restava Dio. Giovanni Taulero, mistico tedesco del XIV secolo giunse al limite dicendo che per
quanto la singolarità rimanesse essa non era più distinguibile. Per Lutero l'uomo debole non poteva
sprofondare nella purezza di Dio, per Calvino l'idea della deificazione dell'uomo era una
bestemmia, ma molti protestanti trovarono il misticismo di loro gusto.
Per il misticismo l'apparizione storica di Dio nella persona del Cristo diventava l'allegoria di quanto
doveva accadere nella vita interiore. L'anima doveva rinascere morendo al peccato e risorgendo a
nuova vita.
L'altra tendenza, con cui il misticismo fu spesso associato, era il razionalismo. Il razionalismo
dell'Illuminismo definiva la ragione come senso comune accessibile a tutti. Questo concetto della
ragione poteva essere compatibile con il cristianesimo solo a patto di limitarne la funzione e di
riconoscere che i dogmi cristiani appartenevano a un'altra sfera. I dogmi che il misticismo e il
razionalismo del XVI secolo si adoperarono di più a distruggere furono quelli della Trinità,
dell'espiazione sostitutiva compiuta dal Cristo, e dell'immortalità personale. Il misticismo e il
razionalismo, tendevano entrambi all’universalismo. Senza volere consapevolmente abbandonare la
fede, i mistici del Rinascimento, cercarono di ravvisare lo stesso patrimonio di verità sotto i simboli
di vari sistemi, giungendo a sognare la riunificazione dell'intera cristianità; parola d'ordine era la
tolleranza. In tutti i paesi si trovavano rappresentanze di queste tendenze.
In Germania si può ricordare Sebastiano Franck (1499-1542), mistico che parlava di un Dio
imparziale e così vasto e incomprensibile da essere descrivibile solo in termini di antinomia.
Qualunque cosa si dicesse di questo Dio, che si faceva conoscere da tutti gli uomini, anche il
contrario sarebbe stato vero. Franck da prete cattolico divenne ministro luterano, e da ministro si
fece laico, egli non voleva creare una nuova chiesa perché la vera Chiesa era per lui un corpo
spirituale invisibile, visibile con l'occhio dell'intuizione e dell'uomo interno.
In Francia Guglielmo Postel (1510- 1581) fu incaricato dal re di Francia Francesco I di viaggiare in
oriente, e durante i suoi viaggi scoprì il Vangelo apocrifo di Giacomo e acquistò familiarità con
l'arabo, il siriaco e l’aramaico. La fede rinascimentale nell'unità assoluta del vero e nell’armonia
suprema di tutti i credi gli ispirò il proposito di giungere a un accordo fra tutte le religioni. L'ordine
dei gesuiti lo attrasse ma presto lo licenziarono, ebbe rapporti con i riformatori elvetici, con i settari
tedeschi e con gli anabattisti di Basilea e d'Olanda. Egli asseriva che la rivelazione del Dio nel
Cristo era imperfetta perché mediata attraverso un essere maschile. L'inquisizione lo dichiarò pazzo.
Fu per sei mesi regio professore di lingue semitiche presso l'università di Vienna ma fu costretto ad
abbandonare il posto perché sospetto di eresia fu infine liberato e morì in odore di santità.
In Spagna e Italia le correnti libere trovarono un maggior numero di aderenti e raggiunsero maggior
coesione.
In Spagna si ebbe un preludio alla Riforma cattolica stessa, con Ximenes. Proprio tra i convertiti si
trovava uno zelo religioso, non si accettava le forme stabilite come dato meramente tradizionale e si
cominciò aravvivare elementi estatici del Nuovo Testamento. La Riforma protestante non incontrò
favore perché era nettamente scismatica e la Spagna aveva appena conseguito l'unità a caro prezzo,
l’erasmianismo fu invece accolto avidamente anche per motivi politici: Erasmo era olandese e i
Paesi Bassi, in quel periodo, erano sotto il dominio degli Asburgo di Spagna; Carlo V parlava di
preferenza fiammingo ed era circondato da dignitari dei Paesi Bassi e nella cerchia che lo attorniava
Erasmo era un idolo. Il filosofo aveva qualcosa del razionalista quando desiderava ridurre il
cristianesimo ad una forma che si potesse capire con prontezza, e biasimava il dibattito di problemi
spinosi. Con gli scritti di Erasmo giunsero anche altri di origine olandese e tedesca, e fu introdotto il
pensiero di Taulero.
Nel 1520 Lutero sconvolgeva la Germania, e Erasmo plasmava l'anima della penisola iberica e delle
missioni nel nuovo mondo. In Spagna uno dei libri più correnti era l’Enchiridion in cui l'umanista
derideva coloro che davano importanza alle reliquie più che allo spirito dell'apostolo Paolo che
irraggia dai suoi scritti. Le opere di Erasmo furono tradotte anche in atzeco e fu quasi una moda che
durò fino al 1530 quando l'Europa si divise in due campi ostili e le opere di Erasmo furono poste
all’indice. Erasmo stesso fuggì da Lovanio per evitare di fare l'inquisitore, cercò rifugio a Basilea,
da dove gli eccessi dei protestanti lo spinsero verso la cattolica Edimburgo e da qui l'intolleranza
cattolica lo ricacciò a Basilea. L'inquisizione cominciò a catturare gli adepti della libera cultura e
perfino rappresentanti dell'ortodossia militante finirono nei guai.
Dalla Spagna alcuni esuli, esercitarono una grande influenza all’estero, in particolare Michele
Serveto, si dedicò, in Francia, all’esame del problema della Trinità che a suo giudizio era l’ostacolo
precipuo alla conversione di Saraceni e Giudei. Come studioso delle Sacre Scritture scoprì che nella
Bibbia non c'è riferimento alle tre persone in un'essenza, e volle scoprire come fosse nato questo
dogma, in particolare negava l'eternità del figliolo di Dio ritenendolo una congiunzione in un
momento della storia della parola eterna e dell'uomo Gesù. Come gli antichi teologi greci, egli
sosteneva che l'uomo può deporre la natura mortale e rivestirsi di immortalità a patto di deporre
prima l'umanità e acquistare la divinità unendosi con il figlio dell'eterno iddio. Questa era una teoria
che per Calvino era esecrabile perché per lui Dio era assolutamente trascendente.
Serveto ripudiava il battesimo dei pargoli ed il ripristino del cristianesimo primitivo, per queste
eresie fuggì a Ginevra, dove finì ugualmente sul rogo, ma le sue teorie si propagarono ugualmente
in Italia. Qui si recò il fratello del segretario imperiale, Giovanni Valdes, erasmiano spagnolo, di
un misticismo profondo attinto da Taulero.
In una dimora ad Ischia Valdes dirigeva ritiri spirituali frequentati dall'aristocrazia italiana, da alti
dignitari della Chiesa, e da dame di corte, egli parlava della vanità d'ogni apparenza, comprese le
austerità monastiche, poiché ciò che contava per lui era soltanto l'ardore dello spirito.
Dio non aveva bisogno d'esser placato dal sacrificio di Cristo: lo scopo di quel sacrificio non, fu per
lui, di soddisfare un debito contratto con la giustizia di Dio, ma di tacitare i grossolani pregiudizi di
uomini che credevano di non poter essere perdonati tanto che quel debito non fosse stato pagato.
Anche Serveto non accettava il dogma dell'espiazione sostitutiva.
In Italia Roma era la gloria della nazione, 1a città stato il cui lustro era stato accresciuto dal
Rinascimento, ma le pretese papali suscitavano spesso risentimento nelle signorie laiche. Il
settarismo del tardo medioevo fiorì, per reazione, specialmente nell'Italia settentrionale e ne derivò
la riforma cappuccina del XVI secolo dopo lo scisma dei “fraticelli”. Anche in Italia, come in
Spagna, le barriere ideali cominciarono ad essere fissate più rigidamente, nel 1541, il cardinale
Contarini tentando un avvicinamento con i protestanti, ammise la giustificazione per fede, ma la sua
opera venne sconfessata, nel 1542 fu istituita l'inquisizione romana e nel 1545 iniziarono le sessioni
del Concilio di Trento.
Gli spiriti illuminati si rifugiarono nei chiostri, o nella propria coscienza, o scelsero l'esilio. Traccia
durevole della riforma di tipo italiano sopravvisse nell'emigrazione, e si distinse per idee mistiche e
nazionalistiche; solo riparo possibile in Europa era lungo la frontiera orientale, dove la
sopravvivenza del feudalesimo consentiva la dissidenza. La Polonia, con la regina Bona Sforza
italiana, agevolò la venuta di italiani e raccolse coloro che associavano teorie antitrinitarie e
anabattiste nel movimento noto come socinianismo.
Fausto Socino (Sozzini) fu considerato un razionalista, mutuò da Serveto le critiche contro la
dottrina della Trinità, e ripudiò, con Valdes, la teoria dell'espiazione sostitutiva del Cristo. La sua
dichiarazione di fede, il catechismo di Racovia, postulava come fine dell'uomo il raggiungimento
dell'incorruttibilità e dell'immortalità. Il socinismo si associava all’anabattismo nel ripudio del
giuramento e nella avversione alla guerra. Il movimento si diffuse anche in Ungheria, Moravia,
Transilvania, territori soggetti agli Asburgo e ai turchi. Qui gli infedeli erano più tolleranti dei
cattolici.
Gli spiriti liberi lasciarono poche tracce come movimenti organizzati, ma lasciarono un'impronta
importante sul terreno dell'indagine critica, della pietà mistica e della libertà religiosa. L'età
dell'illuminismo ebbe verso di loro un grande debito.

Capitolo ottavo: La lotta per il riconoscimento del luteranesimo


1. L’intolleranza degli Stati alla frammentazione religiosa, nonostante la presenza di più religioni.
2. tentativi di attenuare la tensione fra di esse riconoscendo la libertà religiosa, instaurando il cuius regio eius religio o
scegliendo il tacito compromesso.
2. La situazione in Svizzera.
3. La situazione in Germania, le varie diete e decisioni. Il tentativo di riavvicinamento, la Controriforma e il concilio.
4. La situazione nei Paesi Scandinavi.

Bainton mette in evidenza come l’affermarsi di nuovi organismi ecclesiastici frantumò la vita
sociale e politica dell’epoca compromettendo il carattere universale della giurisdizione della Chiesa,
mentre il sacro Romano impero era ormai disintegrato dalle forze nazionali.
Già prima della Riforma lo Stato aveva assoggettato la Chiesa servendosene ai fini dell’unità in
Francia e anche in Spagna. Ma anche i nuovi Stati nazionali, che ruppero con Roma, non
tolleravano più di una religione. La situazione era problematica quando, come ad Augusta, c'erano
più partiti. La soluzione che risultò più soddisfacente in questi casi fu il riconoscimento della libertà
religiosa, come avvenne in Polonia nel 1573 e più tardi in Olanda e Inghilterra. Un’altra soluzione
possibile era la distribuzione territoriale in base all'autorità civile, permettendo ai dissenzienti di
emigrare, fu spartita così la Germania e le colonie dell'America settentrionale.
Infine la terza soluzione prevedeva una sola religione riconosciuta ufficialmente limitandone le
pretese programmatiche e liturgiche in modo da ridurre l'esodo. Fu la soluzione tentata da Carlo V
nel Interim di Augusta, e più risolutamente dalla regina Elisabetta d'Inghilterra.
In Germania e in Scandinavia si lottò per il riconoscimento del luteranesimo, in Francia Olanda e
Scozia soprattutto per il calvinismo, in Inghilterra per una soluzione mediana con una sfumatura di
calvinismo. In Italia e in Spagna non ci furono possibilità seria di competere con il cattolicesimo,
mentre in Polonia Ungheria Moravia Transilvania parecchi sette si contrastarono in parità.
In Svizzera l'adozione della Riforma, da parte di Zurigo prima e di altri cantoni settentrionali poi,
minacciò di dissolvere la Confederazione con le guerre civili del 1529 e poi nel 1531. Fu adottato
infine anche qui un principio territoriale: dove la Riforma era consolidata le minoranze cattoliche
andavano tollerate, mentre nei cantoni cattolici non furono amesse minoranze protestanti, tanto che
l'intero comune di Locarno, convertitosi al protestantesimo, dovette emigrare nel cantone di Zurigo.
In Germania Carlo V non poté impegnarsi a fondo per affrontare l'eresia perchè impegnato dai
molti problemi del suo grande regno così quando il luteranesimo si fu consolidato fu necessario
giungere ad un accordo.
Nel 1526 si tenne a Spira una dieta, sotto la guida di Filippo d'Assia, nella quale, avendo il
protestantesimo acquistato consistenza politica, si stabilì che ogni principe si comportasse “ in
modo da poterne rispondere a Dio e all'imperatore” affermando il principio della territorialità.
Nel 1529 la dieta si riunì di nuovo a Spira e decise in favore del principio territoriale con
un'applicazione vantaggiosa per i cattolici: nei territori luterani le minoranze cattoliche avrebbero
avuto libertà di culto, ma non le minoranze luterane in paesi cattolici, da qui ebbe origine la protesta
dei luterani da cui ebbero il nome di “protestanti”. Per quanto riguarda gli anabattisti, fu invece
deciso congiuntamente di condannarli a morte.
L'imperatore partecipò alla dieta di Augusta del 1530, sotto la direzione teologica di Melantone che
redasse la Confessione augustana. Si cercò di evidenziare elementi comuni al luteranesimo e al
cattolicesimo, ma alla fine i luterani aderirono, incluso Filippo d'Assia, mentre gli Svizzeri
presentarono una dichiarazione distinta, come le città della Germania meridionale.
Il ripudio della transustanziazione rendeva inaccettabile la Confessione augustana al pontefice. Il
luteranesimo si unificava, e si concedeva un riconoscimento provvisorio in una chiesa antagonista
di quella cattolica e da allora la Germania fu biconfessionale pur diventando questa soluzione
ufficiale solo 15 anni dopo.
Il Papa si rese conto che, non avendo convocato un concilio, aveva deferito la trattazione di
problemi ecclesiastici alle diete germaniche, nel 1541 acconsentì dunque a convocare un incontro
ecclesiastico a Ratisbona ma l’accordo fallì.
Nel 1542 veniva istituita l'inquisizione romana, e nel 1555 il terribile Carafa diventava papa Paolo
IV, appoggiato da nuovi ordini monastici, in particolare dai cappuccini, rigidamente inquadrati
dopo che il generale dell’ordine, Bernardino Ochino, era passato alla Riforma, i teatini ed i gesuiti.
Il Papa decise finalmente di convocare a Trento un concilio. Ormai tutta la Germania, ad eccezione
della Baviera, aderiva alla Riforma. Già nel 1536, sotto gli auspici di Filippo d'Assia, luterani e
Svizzeri si erano conciliati costituendo la lega di Smacalda che si scontrò con Carlo V, e dopo una
guerra di logoramento si disciolse nel 1545. Le città della Germania meridionale avevano
capitolato. Carlo enunciò una politica di condiscendenza espressa dall’ Interim: furono fatte due
concessioni pratiche ai protestanti, fu consentita l'estensione del calice della messa ai laici e si
permise il matrimonio dei sacerdoti. I protestanti rifiutarono l’accordo, alcuni ministri del culto
andarono in esilio. Carlo V, conscio del proprio fallimento, depose la corona imperiale e si ritirò in
un convento.
Restava come unica soluzione possibile la sistemazione territoriale che fu adottata dalla pace di
Augusta del 1555: per la prima volta nella storia dell'Occidente due forme di religione (cattolica e
luterana) ottenevano pari riconoscimento legale. In avvenire la religione di ciascun territorio
sarebbe stata stabilita dalla suprema autorità locale. Ci furono due punti ambigui: i cattolici
esigevano che nel caso di una conversione al protestantesimo da parte di un territorio ecclesiastico i
beni rimanessero alla chiesa cattolica ed i protestanti insistettero perché i luterani fossero tollerati in
paese cattolico ma ciò non fu stipulato. Questi equivoci e la limitazione della tolleranza ai soli
luterani contribuirono allo scoppio della guerra dei trent'anni.
Si era così ottenuta la fine dell'uniformità ecclesiastica.
In Svezia fu costituita la prima chiesa nazionale protestante nel 1527: nei primi anni del XVI secolo
i paesi scandinavi ebbero numerosi riformatori. L'esistenza di una sola confessione fece sì che
luteranesimo divenisse Chiesa nazionale e religione di Stato, ma conservò una certa indipendenza
perché il monarca non fu mai il capo religioso come invece in Inghilterra.
Il principio della pace di Augusta fu capovolto in Svezia e la fede fu imposta dal popolo alla
dinastia. La sistemazione religiosa dei paesi scandinavi fu complicata dalla precarietà dell'unione
fra Danimarca Svezia e Norvegia sotto un unico scettro. In Svezia l'emancipazione da Roma
coincise con la lotta per l'indipendenza dalla Danimarca.
Nel 1520 era re di Danimarca Cristiano II che cercò di rinsaldare il proprio dominio sulla Svezia
con un tradimento, e ne perse invece la corona che fu assunta dallo svedese Gustavo Vasa. In
Svezia furono ammessi predicatori luterani fra cui i fratelli Olao, che propugnarono il matrimonio
dei preti prima di Lutero, e Lorenzo Petri che nel 1526 tradusse le Sacre Scritture in svedese. La
Svezia divenne ufficialmente luterana nel 1593.
In Danimarca Cristiano invitava i predicatori luterani nel suo paese (tra questi ci fu anche Carlstadt)
e procedette sulla via della nazionalizzazione della Chiesa, ma nel 1523 una rivolta lo costrinse
all'esilio. Gli succedette Federico I, con l'impegno di sostenere la chiesa cattolica. Nel 1523 diede in
sposa la propria figlia ad Alberto di Brandeburgo, ex gran maestro dei cavalieri teutonici, primo
duca di Prussia, ed si pronunciò in favore della libertà religiosa. Con Cristiano III, nel 1536, fu
costituita la Chiesa nazionale protestante, e la Norvegia, alle dipendenze della Danimarca, condivise
questa sistemazione così come anche la Finlandia, che dipendeva dalla Svezia, divenne luterana.
Il primo riformatore finnico, Martino Agricola, volle educare la popolazione a leggere e la Riforma
fu anche in questi paesi un utile incremento alla cultura. In Finlandia sopravvissero comunque molti
elementi della pietà cattolica.
Capitolo nono: La lotta per il riconoscimento del calvinismo
1. La situazione in Francia e l’atteggiamento dei vari re nei confronti della Riforma: I calvinisti erano pronti ad
accettare una sistemazione nazionalistica a patto che la loro fede sostituisse quella di Roma. In caso diverso, essi
reclamavano che venisse loro almeno riconosciuta la libertà religiosa. Quando il tentativo di imporre l’uniformità
religiosa si rivelò d’impedimento al mantenimento della stabilità, i re di Francia furono pronti a stabilire la tolleranza.
2. La situazione in Olanda, il successo in essa del calvinismo, adatto come religione d’un movimento di resistenza;
l’inidipendenza ed il riconoscimento del calvinismo più assoluto. l’attivismo dei calvinisti, la loro devozione eroica alla
gloria di Dio, che si traduceva nell’aspirazione a instaurare sulla terra il regno del Signore facevano sì ch’essi fossero il
gruppo più adatto a cacciare gli invasori.
3. Giovanni Knox e la riforma in Scozia.
Il calvinismo si diffuse in zone geografiche diverse dal luteranesimo. Penetrò anche nel Palatinato e
nel Württemberg ma soprattutto in Francia, Olanda, Scozia e Inghilterra. Ovunque si poneva il
problema della fine dell'uniformità religiosa. In Francia vari territori erano stati assoggettati al
controllo centrale con la formazione di uno Stato nazionale e da tempo si rivendicava
l'indipendenza dal papato e dall'impero, i calvinisti invece, qui chiamati ugonotti, rivendicavano la
libertà religiosa anche a scapito di un'unità nazionale. La lotta religiosa, che ebbe luogo in Francia,
fu strettamente connessa alla successione dei sovrani che tentarono di tutelare la monarchia e la
stabilità del paese. Solo quando l'uniformità religiosa non fu più raggiungibile i re di Francia furono
pronti a favorire la tolleranza ed i calvinisti, a seconda dei sovrani, diventarono lealisti o
rivoluzionari.
con Francesco I (1515-47) la situazione religiosa non era ancora chiara. Calvino voleva convertire
la Francia intera. Con Enrico II la monarchia decise di opporsi a questa prospettiva e, all'esitazione
di Francesco I, seguì l'accanimento persecutorio del nuovo sovrano, tramite il clero locale,
l'inquisizione e soprattutto il Parlamento di Parigi, che all'epoca era piuttosto una corte giudiziale.
Presto venne creato un tribunale speciale chiamato dal popolo Chambre ardente, per le molte
condanne al rogo che inflisse ed il re assisteva con piacere alle esecuzioni. Sotto il figlio Francesco
II la lotta si concentrò nell'aristocrazia tra un partito cattolico e uno protestante e la monarchia, per
salvaguardarsi, aizzò le due fazioni. Il partito cattolico era capeggiato dalla casa di Guisa, con il
duca Francesco a capo delle forze militari di Francia, il cardinale di Lorena che amministrava le
finanze del regno, la sorella Maria moglie del re di Scozia e la nipote, allora regina di Francia e più
tardi di Scozia. I di Guisa erano disposti a deporre il re o a chiedere aiuto all'estero, pur di evitare
una monarchia protestante. Gli ugonotti potevano perciò atteggiarsi a lealisti, per quanto mettessero
al primo posto la questione religiosa e fossero pronti a cercare aiuto presso la lega smalcaldica. Per
un trentennio circa il calvinismo francese praticò la non resistenza poichè Calvino riteneva
giustificato soltanto un intervento a favore del re compiuto da principi vicini al trono come, per
esempio, Antonio di Navarra, della casa di Borbone, marito di Margherita, sorella di Francesco I.
Margherita era stata tra i primi riformatori erasmiani e aveva salvato diverse vittime delle
persecuzioni. La figlia Giovanna era una calvinista convinta e alla sua corte di Navarra aveva
offerto asilo a molti proscritti. Antonio però era superficiale e esitante. Precluse le vie legittime
Calvino non era disposto ad approvare la ribellione. Atteggiamento riservato ebbero inizialmente
anche diversi nobili francesi, in particolare Gaspare di Coligny e suo fratello Andelot, capi della
casa di Chatillon. I loro scrupoli li trattennero dal partecipare alla prima resistenza armata degli
ugonotti, la congiura di Amboise che avrebbe dovuto eliminare i Guisa, e condusse invece al
patibolo i congiurati. Per Calvino questa fu una punizione divina.
I Guisa introdussero dalla Lorena 5000 mercenari, con il proposito di annientare la casa di Borbone,
in realtà estranea al complotto; quando la casa di Chatillon stava per intervenire la morte
improvvisa del re interruppe i piani. Gli succedette il fratello Carlo IX, ancora minorenne, e la
regina madre Caterina dei Medici divenne la reggente. Come prima mossa tentò una riconciliazione:
convocò il colloquio di Poissy. Teodoro di Beza espose il punto di vista protestante, senza
conciliarsi i cattolici e alienandosi i luterani perché sostenne la sola comunione spirituale nella cena
del Signore. Caterina insistette con la politica di tolleranza ottenendo l’Editto del gennaio 1562 che
concedeva agli ugonotti libertà di culto pubblico fuori dalle cinte cittadine e di riunione privata
all'interno. Il calvinismo otteneva così in Francia un riconoscimento limitato.
La Riforma trovava largo seguito tra l'aristocrazia feudale, la nobiltà campagnola e nelle
municipalità. Gli artigiani erano spesso ugonotti e i contadini cattolici
Quando il duca di Guisa, scovò degli ugonotti che celebravano in un solaio, e ne uccise alcuni,
scoppiò la rivolta, gli ugonotti distrussero chiese e immagini e profanarono l'eucaristia e seguirono
tra il 1562 e il 1572 combattimenti e atrocità. Caterina dei Medici pensò di unire le due case reali di
Valois e di Borbone mediante il matrimonio della propria figlia con Enrico di Navarra, allevato
come un ugonotto dalla madre Giovanna, e invitò alle nozze sia i Guisa che gli Chatillon.
Il duca Francesco di Guisa era stato assassinato da un ugonotto, e suo figlio Enrico credeva che
Coligny fosse stato al corrente della congiura, Coligny non piaceva neanche a Caterina che temeva
l'influenza che da lui esercitata sul figlio Carlo IX. In occasione delle nozze i Guisa tentarono di
uccidere il Coligny ma fallirono, Caterina decise che fosse ormai necessario eliminarlo con i suoi
seguaci, e avendo accondisceso Carlo IX, il 23 agosto 1572 ci fu il massacro della notte di San
Bartolomeo.
La morte del duca di Angiò, nel 1584, fece di Enrico di Navarra, ugonotto, l'erede al trono. I Guisa
non potevano accettare questa successione e scatenarono le “guerre dei tre Enrichi” capeggiate da
Enrico di Guisa, dal re Enrico di Valois e da Enrico di Navarra. i due Enrichi superstiti, quello di
Valois e quello di Borbone, marciarono su Parigi. Un mandatario della sorella del Guisa assassinato
si introdusse nel campo degli assedianti e uccise il re. Enrico di Navarra rimaneva unico erede al
trono, ma i cattolici non gli consentivano di assumere la successione per la sua religione. Per 10
anni la resistenza cattolica e l'intervento della Spagna glielo impedirono, infine Enrico di Navarra si
convertì al cattolicesimo e l'appoggio del sud del paese lo consolidò nella sua posizione.
Nel 1598 emanava l’Editto di Nantes che faceva del calvinismo una religione tollerata in Francia. Il
culto privato era permesso ovunque, quello pubblico in luoghi prestabiliti, agli ugonotti erano
riconosciuti i diritti civili e una rappresentanza nei tribunali giudiziali, ed avevano il controllo di
200 piazze forti. Nel 1685 Luigi XIV avrebbe eliminato la pluralità di religioni tornando alla
formula: une foi, un roi, une loi.
Nei Paesi Bassi il riconoscimento del protestantesimo coincise con la liberazione dalla Spagna.
Carlo V aveva conservato l'affetto dei cattolici di quelle regioni. Nel 1555 abdicò a favore del figlio
Filippo II che parlava solo spagnolo e sfruttava la regione. Prima della Riforma l’Olanda aveva una
tradizione di tolleranza. Qui i “ fratelli della vita comune” fra cui era stato educato Erasmo, avevano
coltivato l'umanesimo biblico; da qui veniva Cornelio Hoen, la cui interpretazione simbolica della
cena del Signore aveva influito sulle dottrine di Zwingli. Nel 1530 l’Olanda era uno dei centri
maggiori del movimento anabattista. Quando sopraggiunse il luteranesimo fu accolto con simpatia
dai “marrani”, ebrei convertiti d'origine spagnola. Verso il 1560 giunse anche l'ondata calvinista.
Quando salì al trono Filippo II c'erano nei Paesi Bassi cattolici luterani e calvinisti, e
sopravvivevano ancora anabattisti. Non è chiaro perché in questo paese sia prevalso il calvinismo
ma probabilmente perché fu più adatto come religione di resistenza.
Guglielmo d’Orange, quando era ostaggio alla corte di Francia di Enrico II aveva scoperto le
clausole segrete del trattato tra Francia e Spagna per estirpare l'eresia dai loro territori, compresi i
Paesi Bassi. Dopo le atrocità di Filippo II poteva contare sulla collaborazione dell'intera
popolazione, trattò poi con i luterani tedeschi che però rifiutarono soccorso a meno che i calvinisti
non sottoscrivessero la Confessione d’Augusta. Guglielmo si rivolse allora all'Inghilterra, la cui
regina diede asilo nei propri porti ai “pezzenti del mare” pirati di Guglielmo. In Francia Guglielmo
aveva trovato Coligny disposto a collaborare e anche per questo fu scatenato il massacro di San
Bartolomeo. Guglielmo poteva dirigere la rivolta in quanto principe di sangue, burgravio di
Anversa, membro degli “Stati” del Brabante, stadt-holder d’Olanda e di Zelandia, cavaliere del
toson d’oro. Provò a suggerire che ogni città avesse un quartiere per ogni confessione religiosa,
fece infine promulgare un editto di tolleranza completa. La pace di Anversa del 1578 accordava
libertà indiscriminata ma l’accomodamento fu troncato dall'intolleranza di entrambe le parti. Anche
in Olanda fu possibile solo una sistemazione territoriale a danno dell'unità politica. Le province
settentrionali d'Olanda e Zelandia che parlavano olandese, culturalmente vicine alla Germania e
all'Inghilterra in prevalenza calviniste costituirono l’Olanda, mentre le province meridionali del
Brabante e delle Fiandre, che parlavano francese e fiammingo e avevano una cultura più affine a
quella francese, costituirono il Belgio. Il Belgio restò cattolico e ebbe la libertà religiosa solo nel
1781 con Giuseppe II.
In Polonia oltre a sociniani e anabattisti, i luterani calvinisti e hussiti si riconobbero nel 1573, ma
l'accordo non resse per l'offensiva dei cattolici. Il calvinismo penetrò anche in Transilvania e in
Ungheria con l’anabattismo e il socinianismo. In queste religioni sopravvisse solo il calvinismo
forse perché meno radicale e più disposto alla resistenza armata.
La Scozia fu il paese in cui il calvinismo si trincerò più saldamente produsse un incredibile
cambiamento nella nazione. Gli scozzesi vedevano l'espressione fondamentale di una religione nella
sua confessione di fede mentre gli anglicani la vedevano in un manuale liturgico. In Scozia la
Riforma è legata a Giovanni Knox malgrado che fino al 1559 fosse stato ripetutamente lontano dal
paese. La sua azione cominciò in un periodo in cui già si era decretato che la messa costituiva un
reato perseguibile, il periodo iniziale era stato caratterizzato dal malumore popolare contro gli abusi
ecclesiastici, soprattutto quando Maria Stuarda regina di Francia minacciò di fare della Scozia uno
Stato vassallo. L'uomo che diede forma a aspirazioni rivoluzionarie fu proprio Giovanni Knox e si
fece avanti in un periodo in cui ogni vestigia di mitezza era scomparsa. Knox si dichiarò
apertamente per la Riforma dopo l'esecuzione del riformatore Wishart e il suo primo incarico
ecclesiastico fu quello di cappellano di una banda responsabile dell'uccisione del cardinale Beaton,
rappresentante di Roma, della Francia e del cattolicesimo scozzese. Intervenne la flotta francese e
Knox fu fatto prigioniero per un anno sulle galere e liberato ottenne un incarico nell'Inghilterra di
Edoardo VI, quando la riforma assumeva un aspetto sempre più radicale. All'avvento di Maria si
rifugiò sul continente. A Ginevra e a Zurigo fu iniziato alla dottrina calvinista. Alla notizia dei
colleghi finiti sul rogo divenne intransigente e propugnatore della ribellione contro i governanti che
contrastavano la volontà di Dio, tornò in Scozia per dirigere la “lega e patto solenne”. Morto il
consorte Maria Stuarda, non più regina di Francia, tornò in patria per esservi regina di Scozia. Le
stravaganze della regina culminarono con una fuga in Inghilterra dove rimase per anni in prigione,
finché coinvolta in congiure contro la vita di Elisabetta, finì sul patibolo.
Nel frattempo Knox aveva fatto della Scozia una nazione calvinista senza espellere dissenzienti,
creando un dominio di una minoranza. Alla mensa eucaristica erano ammessi solo coloro che
fossero stati rigorosamente provati. L'influenza della Chiesa sulla collettività era agevolata da uno
sviluppo senza pari dall'iniziativa laica e dall'influenza esercitata sulla vita nazionale per mezzo
dell'assemblea generale.
Da allora il binomio scozzese presbiteriano non è mai stato scisso.

Capitolo decimo: Sincretismo e compromesso nell’anglicanesimo

1. Situazione nell’Inghilterra di Enrico VIII, tentativo di divorzio e scisma dalla Chiesa di Roma.
2. Enrico VIII fonda l’Anglicana Ecclesia, confisca i monasteri per motivi economici, fa tradurre la Bibbia in inglese,
perseguita gli oppositori cristiani e protestanti e fa approvare i 6 articoli.
3. Somerset, protettore del figlio di Enrico VIII, vuole un protestantesimo genuino, congiungere Scozia e Inghilterra su
un terreno di parità, tutelare gli agricoltori danneggiati dall’esproprio di terreno arativo.
4. Northumberland, subentrato a Somerset, tende ad una riforma del dogma e della liturgia con tendenze zwingliane e
calviniste.
5. Edoardo VI, figlio di EnricoVIII, favorisce il sincretismo religioso e preserva l’elemento umanistico della Riforma
Anglicana con le opere di Erasmo da Rotterdam.
6. Maria “la sanguinaria”, sorellastra di Edoardo VI, cerca ma non riesce ad annullare la riforma proclamata dai suoi
predecessori, perseguitando i riformisti.
7. Elisabetta I, sorellastra di Maria, tentò di unire vari tipi di protestantesimo al sincretismo religioso per favorire il
nazionalismo inglese, con i 39 articoli e l’unione dei due testi liturgici elaborati anni prima da Cranmer.
Bainton presenta la Riforma inglese come esempio di una terza soluzione al problema della libertà
religiosa, carattere territoriale, tentando di conglomerare più aspetti possibili entro una singola
chiesa. L'Inghilterra si prestò a una soluzione sincretistica, che insistva sull'unità a spese della
chiarezza, in quanto non era eccitata da contrasti confessionali. Solo con la rivoluzione puritana del
secolo seguente si creò in Inghilterra una situazione simile alla Germania di Lutero. Gli inglesi non
produssero opere teologiche di eccezione: l'opera letteraria più notevole della riforma anglicana
furono le norme di governo ecclesiastico di Hooker, e non trattavano di teologia ma di governo
della chiesa. La teologia del anglicanesimo fu un conglomerato che venne chiamato la “via
mediana”.
In Inghilterra c’era già stato scompiglio religioso nell'età precedente con il settarismo e l'eresia di
Wyclif e dei Lollardi, e disordine politico con la guerra delle due rose. L'Inghilterra voleva l'ordine,
il papato era un potere esterno che interferiva. All'inizio del secondo quarto del secolo il Vaticano
era sottomesso al controllo della Spagna.
L'occasione del conflitto di Enrico VIII con la Chiesa romana fu un matrimonio. Il matrimonio era
un sacramento della Chiesa e solo lei ne amministrava la giurisdizione. Enrico VIII, non aveva
avuto eredi maschi dalla moglie Caterina che era stata la moglie del defunto fratello di Enrico che
era morto pochi mesi dopo a 14 anni, Ferdinando padre della sposa, aveva allora chiesto la
restituzione della dote, ed Enrico VII aveva allora dato in sposa, al figlio minore Enrico di soli 10
anni, la vedova. Per consentire l'unione papa Giulio II aveva concesso una dispensa, e adesso,
secondo Enrico VIII, la mancanza di eredi dimostrava che il Papa aveva abusato della propria
autorità. Papa Clemente suggerì la bigamia e incaricò i cardinali Wolsey e Campeggio di esaminare
il caso in Inghilterra. Ma Caterina era zia di di Carlo V, molto influente sul Papa. Il pontefice tentò
quindi di convincere Caterina a prendere il velo, ma lei dichiarò anzi che non avrebbe riconosciuto
l'autorità giurisdizionale di un tribunale risiedente in Inghilterra. l'Inghilterra di allora si distingueva
per pietà religiosa individuale e anticlericalismo, sebbene vi fossero scarsissime tracce di eresia, e
sopravviveva il lollardismo, a Cambridge c'erano accademici luterani, ma non erano gruppi
numerosi. Enrico VIII previde che non avrebbe avuto opposizione popolare finché avesse messo a
rischio solo la tiara pontificia, anche il clero inglese, se fossero stati tutelati i suoi privilegi, sarebbe
stato condiscendente. Depose quindi il Wolsey, e accusò il clero di aver violato la disposizione che
vietava di appellarsi a Roma senza il consenso del sovrano, riconoscendo il Wolsey come legato del
papa. Il consiglio ecclesiastico decise di rinunciare alla facoltà di legiferare senza il beneplacito del
re, Enrico chiese allora di ridurre i tributi annui a benefici del Papa ed il Parlamento acconsentì. Il
sovrano cominciò poi ad allestire un apparato ecclesiastico che potesse subentrare a quello di Roma
nel caso di una rottura. L'arcivescovo di Canterbury sarebbe stato il primate di una chiesa nazionale
inglese, e pertanto fu scelto Tommaso Cranmer, riformatore di tendenza luterana, che riteneva che
dovessero giudicare in materia di divorzio le università e non i canonisti. Enrico lo incaricò di
raccogliere i pareri degli atenei. Il Papa pur conoscendo le sue opinioni lo consacrò, e Cranmer
giurò fedeltà al pontefice, infine Enrico fece approvare dal Parlamento un atto che proibiva al di
appellarsi a Roma e imponeva al clero in caso di anatema papale di continuare l'amministrazione
dei sacramenti.
Primo atto di aperta ostilità fu, nella primavera del 1534, l'Atto di successione che dichiarava nullo
il matrimonio fra Enrico e Caterina, riconosceva Anna come regina, e Elisabetta, loro figlia, come
erede. A novembre 1534 l'Atto di supremazia dichiarava: ” Sua maestà il re giustamente e
legittimamente è e deve essere e sarà ritenuto l'unico capo supremo sulla terra della Chiesa
d'Inghilterra, detta anglicana ecclesia”. La supremazia del sovrano era soggetta a limitazioni: egli
era il capo della Chiesa ma non aveva dignità sacerdotale, poteva designare i vescovi ma non
consacrarli, furono poi introdotti due cambiamenti che non intaccavano la dottrina: furono soppressi
i monasteri e introdotte le bibbie volgari nelle chiese; Roma non si oppose a ciò purché le traduzioni
non fossero opera di eretici. Enrico si era rifiutato di riconoscere il lavoro di Guglielmo Tyndale,
che dovette stampare all’estero e, deferito alle autorità belghe, mandato al rogo nel 1536, ma
volendo introdurre una versione inglese della Bibbia nelle chiese, dovette servirsi, almeno in parte,
della traduzione di Tyndale.
Nelle regioni settentrionali ci furono sollevazioni per il malcontento sociale e per la soppressione
dei monasteri ma fallirono per il lealismo dei rivoltosi.
Alcuni esponenti noti della Chiesa e dello Stato finirono al patibolo per essersi rifiutati di giurare
nelle mani del re come capo supremo della Chiesa: il cardinale Fisher e Sir Tommaso Moro, già
cancelliere del regno.
Enrico VIII, per non trasformare lo scisma in eresia, impose i “Sei articoli” con cui il ripudio della
presenza reale veniva punito con la morte e il matrimonio dei preti era proibito. Alcuni riformatori
vennero perseguitati. Nel 1520 il Barnes scatenò l'ira del sovrano mostrandosi indulgente dinanzi al
rifiuto degli anabattisti di accedere ai procedimenti giudiziali, avendo ritrattato fu condannato
all'arresto in casa, riuscì a fuggire a Wittemberg. Quando Enrico volle l'appoggio di Lutero in
favore del divorzio, il Barnes venne incaricato di rappresentarlo, e nel 1535 venne riaccolto in
Inghilterra come cappellano del re ma poi finì sul patibolo.
Il re morì nel 1547 e gli succedette l'unico figlio avuto dalle sei mogli, Edoardo VI di soli nove
anni, la reggenza fu assunta dallo zio materno il duca di Somerset come Lord protettore, allora
l'Inghilterra passò dallo scisma alle eresia luterana prima e poi zwingliana, ed infine calvinista
sempre con caratteri sincretistici. La stabilità fu poi ritrovata con Elisabetta. L'orientamento
protestante fu dovuto anche all'afflusso di forestieri che fuggivano dinanzi all'inquisizione romana e
all'interim di Augusta, Ochino, Vermigli, Bucer, Laski Knox
Il protettore Somerset, voleva introdurre un protestantesimo genuino, e congiungere la Scozia con
l'Inghilterra in parità, tutelare gli agricoltori danneggiati dall'esproprio di terreno arativo riservato al
pascolo, ma si trovò a dover affrontare la diffidenza degli scozzesi, l'avidità dei proprietari e una
rivolta popolare. Fu defenestrato dal duca di Northumberland che sgominò i ribelli e lasciò divenire
la riforma più radicale. (più luterano Somerset e più zwingliano e calvinista Northumberland).ma
non vi furono formulazioni ufficiali della dottrina della Chiesa anglicana fino ai tempi della regina
Elisabetta, i contrassegni dogmatici di quel periodo lasciarono la loro impronta nella liturgia, si
tendeva alla tolleranza nella dottrina e all'uniformità nella pratica. Il testo della liturgia anglicana
apparve in due edizioni, una luterana nel 1549 sotto Somerset, che in certi punti si accostava alla
messa cattolica, i laici dovevano essere ammessi al vino, e nella preghiera eucaristica non si
chiedeva che il pane e il vino diventassero carne e sangue del Cristo ma che lo fossero, lo spirito
sincretistico intendeva conciliare il favore dei tradizionalisti, ed una seconda nel 1552 sotto
Northumberland, entrambe furono opera del Cranmer.
Il regno di Edoardo assicurò in particolare la preservazione dell'elemento umanistico nella riforma
anglicana, le opere di Erasmo apparvero in inglese, l'editto regio del 1547 stabiliva che la sua
parafrasi dei Vangeli dovesse trovarsi in ogni chiesa, la traduzione inglese fu impresa comune di
cattolici e protestanti. A Edoardo succedette la sorellastra Maria che cercò di cancellare la
rivoluzione religiosa ma non ci riuscì. La riconciliazione con Roma si compì per legittima iniziativa
e con atto parlamentare, poiché la decisione circa la forma ufficiale di religione rimaneva
prerogativa della corona. Maria si adoperò per restituire alla chiesa i beni perduti ma la maggior
parte di essi fu irrecuperabile. Agli stranieri venne consentito di fuggire all'estero, così fu per:
Vermigli, Ochino, Laski, Knox mentre i prelati che avevano appoggiato le riforme di Edoardo
furono mandati al rogo a Smithfield, l'esecuzione del Cranmer fu ritardata poiché essendo stato
consacrato dal Papa si doveva attendere la sentenza papale. A Maria succedette la sorellastra
Elisabetta, figlia di Enrico VIII e Anna Bolena, per lei i contrasti confessionali erano quisquilie,
optò per il protestantesimo congiunto con una politica di sincretismo in cui ebbe grande successo.
Questo perché non cercò come Carlo V di conglomerate cattolicesimo e protestantesimo ma solo
tipi diversi di protestantesimo incarnando il nazionalismo inglese, in un quadro politico da cui gli
estremisti erano stati eliminati. La sua sistemazione si distinse per moderazione e meditata
ambiguità: nel giuramento esigeva il ripudio di ogni giurisdizione straniera, non menzionava
specificatamente il vescovo di Roma, non si faceva chiamare capo supremo bensì reggitrice
suprema della Chiesa d'Inghilterra. Lo spirito sincretistico si manifestò nel modo più evidente nella
nuova edizione del testo di liturgia, dove le parole di presentazione delle due edizioni precedenti
vennero semplicemente conglomerate.

Capitolo undicesimo: La lotta per la libertà religiosa

1. Influenza della Riforma sulle dottrine religiose.


2. Misticismo e corrente umanistico – rinascimentale che promuoveva il libero esame.
3. Influenza del metodo critico e della ricerca sulla tolleranza religiosa.
4. Bastioni su cui si trincera l’intolleranza persecutrice:
· Tolleranza e autorità della coscienza umana (idee cristiane; idee protestanti; idee erasmiane).
· Convinzione che la materia in contestazione e quindi che le lotte religiose siano di importanza vitale (idee cristiane;
disaccordi erasmiani; teorie protestanti; teorie mistiche; posizioni intermedie; fondamentalismo).
· Convinzione che la coercizione è efficace (idee luterane; teoria degli spiriti liberi; idee di Castellion).

In questo capitolo Bainton evidenzia come le confessioni religiose del secolo XVI non si batterono
per la libertà religiosa ma solo per il proprio diritto.
L'età della Riforma distrusse il monopolio di una confessione sola e sviluppò i principi distintivi che
si affermarono poi nell'Occidente con l'illuminismo. Tali principi ebbero rapida efficacia nelle zone
emancipate dall'influenza papale ma non derivarono specificamente dalla Riforma. Già in
precedenza c'erano state due correnti fondamentali che tendevano alla tolleranza. Quella del
misticismo, per cui i dogmi e le strutture della Chiesa sono indifferenti, e il ricongiungimento con
Dio, unica meta, deve essere libero, quella umanistico rinascimentale che promuoveva il libero
esame, sebbene ristretto e limitato al controllo dell'autenticità ed esattezza dei documenti storici del
cristianesimo. Gli umanisti insistevano perché questo campo non fosse soggetto a dichiarazioni
programmatiche, poiché alla verità si giunge solo tramite un processo di ricerca, critica e revisione
che non è mai definitivamente chiuso. Questa concezione, che considera la fede più come una
ricerca che con deposito suggerisce, la tolleranza verso tutte le varietà di cristianesimo e può
suggerire un'apertura ancora più vasta. L'universalismo rinascimentale era indulgente verso i pagani
vissuti prima di Cristo e verso coloro che per ragioni geografiche non avevano udito parlare di lui.
Questa larghezza di concezioni rappresentava un'insidia contro le rivendicazioni assolute del
cristianesimo.
La libertà religiosa poteva meglio fiorire fra le anabattisti, e fra gli spiriti liberi così aperti a
tendenze mistiche e razionalisti. La libertà religiosa non era incompatibile neanche con le altre
confessioni ed è stata di fatto raggiunta con il tempo in campo luterano, calvinista e cattolico
quando è venuta meno l’intolleranza basata sulla convinzione che la materia di contestazione sia di
importanza vitale e sulla certezza che la coercizione sia efficace.
Il cristianesimo ha ereditato il carattere esclusivista del giudaismo, e pertanto non ammetteva rivali.
Le certezze della nuova fede poggiavano sulla rivelazione di Dio nel Cristo contenuta nella
Scrittura, ma l'interpretazione della Scrittura è riservata alla Chiesa e quindi la libertà di indagine
ben delimitata. Una volta che il Papa si fosse espresso in materia di fede non era più ammissibile la
discussione, coloro che nel XVI secolo contestavano l'infallibilità papale lo facevano in nome
dell'autorità conciliare e non del giudizio individuale. La Riforma protestante ripudiò sia l'autorità
papale che quella conciliare e in materia di fede rivendicò i diritti del giudizio privato.
Erasmo fu tra i primi a sostenere che le Scritture non sono chiare e molti passi sono ambigui.
Il savoiardo Sebastiano Castellion fu indignato dall'esecuzione di Serveto e fu indotto a confutare
gli argomenti adottati per giustificarla. Compose un libro dell'arte di dubitare e di conoscere in cui
esaminava i principi della conoscenza religiosa: secondo lui ci sono tre fonti di conoscenza,
l'esperienza, la rivelazione e la ragione ma la chiarificazione ed elaborazione delle prime due
dipende dalla terza. Muovendo da queste premesse molti dogmi tradizionali non possano
dimostrarsi perché rimangano nell'ambito della fede e non della conoscenza, è dunque importante
distinguere fra queste e non dobbiamo presumere di conoscere quel che crediamo. Questo
procedimento portava a distinguere le dottrine incerte perché controverse quali la Trinità, la cena
del Signore, il battesimo, la predestinazione e la condizione delle anime dopo la morte e le dottrine
che invece possono considerarsi come vere perché indiscusse, quali l'esistenza di Dio, la creazione
del mondo, l'immortalità della legge morale che a quei tempi non si mettevano in discussione.
Maggior peso aveva il presupposto che la materia di contestazione deve ritenersi di importanza
vitale. I più grandi persecutori sono stati crociati di un ideale che ritenevano di importanza suprema
per l'umanità, pertanto si riteneva che il braccio secolare dovesse essere a disposizione della Chiesa
perché il timore del patibolo facesse ravvedere l'eretico o almeno gli impedisse di farne aperta
professione e di corrompere altri. I sostenitori della libertà rispondevano che in realtà Dio non è
inesorabile ma misericordioso. Un discepolo di Erasmo italiano, Curione, rifugiato a Basilea,
compose un libro sulla vastità del regno di Dio in cui prospettava la salvezza di tutti popoli
respingendo la dottrina della dannazione.
Per gli spiriti liberi erano più importanti agli occhi di Dio i fatti che non le dottrine: Erasmo fondò
la propria difesa di Lutero sull'irreprensibilità della vita del riformatore tedesco.
Si giunse a considerare le buone opere condizione preliminare delle rette dottrine, le scritture
potevano essere capite solo da coloro che amano il Cristo questo era un argomento degli anabattisti.
La sincerità veniva esaltata perché la rettitudine è indispensabile nella ricerca della verità.
Per i mistici la vera consociazione non può mai essere rinchiusa nel quadro di un'istituzione e non
consideravano l'appartenenza ad alcuna singola organizzazione come indispensabile.
Posizione intermedia fu quella di coloro che distinguevano fra i dogmi essenziali ed altri. La teoria
del fondamentalismo era un tentativo di ridurre al minimo le dottrine fondamentali. I circoli anche
dogmatici avevano fatto osservare quanto fosse scarso bagaglio di dogmi che occorre per la
salvezza ricorrendo alla figura del ladrone penitente come esempio, la sua fede consisteva nel
credere che esista il paradiso e che il Cristo ha l'autorità di darvi accesso. Questa idea fu sviluppata
da un altro protestante italiano, l’Aconcio, che risiedette a Basilea e a Londra, egli scrisse un libro:
degli artifizi di Satana in cui sosteneva che il diavolo svolge la sua attività istigando alla
persecuzione, per lui era fondamentale evitare di imporre dottrine che Dio non aveva dichiarato
necessarie. Le Sacre Scritture insistono solo su due credenze: che i giusti siano salvati per fede, e
“credi nel Signor Gesù Cristo e sarai salvato”. Le sue idee ebbero una larga influenza e forse nella
loro traduzione inglese suggerirono una norma a Cromwell che escluse dalla sua sistemazione
confessionale i cattolici romani e gli unitari. Il ragionamento era pericoloso perché si prestava ad
essere rovesciato: alcuni sostennero che la determinazione di ciò che si deve credere sia del
governo, e la libertà deve essere concessa solo nell'ambito delle dottrine fondamentali. Questa
argomentazione fu usata come giustificazione dell'interim di Augusta e della soluzione anglicana.
Lo sviluppo della coscienza nazionale stornò l'attenzione dall'ortodossia al sentimento patrio.
Terzo presupposto che muove la persecuzione è che la coercizione possa essere efficace.
L'affermazione dell'apostolo Paolo, che la salvezza esige la fede e questa non può imporsi poiché è
un dono di Dio, divenne pertanto un luogo comune dei propugnatori della libertà. Per questa
ragione Lutero si oppose a lungo a qualsiasi punizione più grave dell'esilio.
Gli spiriti liberi sostenevano inoltre che la dottrina della predestinazione doveva escludere la
persecuzione poiché se la salvezza è prestabilita non c'è ricorso alla forza che possa mutare questa
situazione. Inoltre la persecuzione provocava la sedizione. Gli anabattisti finirono con l'essere
istigati alla rivoluzione dopo aver subito 10 anni di stermini e così gli ugonotti in Francia, ma
l'argomentazione più profonda fu quella che la predicazione della croce e il ricorso al patibolo
fossero incompatibili.
Capitolo dodicesimo: La Riforma e la vita politica

1. Influenze della Riforma sulla politica.


2. Opinioni del Bainton: relazione di cristianesimo e protestantesimo con Impero e Stati nazionali, Stato etico e Stato di
forza
3. Totalitarismo luterano e democrazia calvinista.
4. Politica e religione per i protestanti.
5. Protestantesimo e democrazia. Tutte le correnti religiose del secolo XVI contribuirono, nel loro contrasto, alla
formazione della democrazia moderna.

In questo capitolo Bainton cerca di definire gli effetti della Riforma sulla vita sociale d'Europa. Egli
parte dal cercare di stabilire se la religione fu un impulso determinante. Tra gli storici c'è chi
considera il moto protestante come una rivolta dei popoli germanici contro il predominio di quelli
latini con eccezione per l'Irlanda, ma in realtà i confini etnici fra le due religioni non sarebbero stati
così netti se non si fosse applicato il criterio della territorialità. La rivolta contro Roma e anche
spiegata talvolta come espressione di un risentimento contro lo sfruttamento economico, ma i
motivi di malcontento si sarebbero potuti eliminare per mezzo di concordati nazionali con Roma,
come per esempio quello con la Francia, infine alcuni storici interpretano la Riforma in termini di
classe dicendo che il cattolicesimo fu la religione delle classi dominanti, il luteranesimo e il
calvinismo delle classi medie e l'anabattismo delle classi povere, ma nel XVI secolo non esisteva
ancora la stratificazione sociale che si determinò più tardi dopo la rivoluzione industriale. Gli
anabattisti non erano tutti diseredati, i loro primi esponenti venivano dalla borghesia intellettuale. In
realtà la religione stessa ha modificato talvolta la situazione economica e sociale.
Bainton evidenzia come vari aspetti interagiscano continuamente e in maniera complessa e non
siano singolarmente isolabili. Nel XVI secolo la grande rivoluzione fu il sorgere degli stati
nazionali. I papi fecero ostruzionismo ogni volta che si cercò di ridurre il loro controllo di introiti e
incarichi ecclesiastici. Il protestantesimo a sua volta appoggiò gli stati nazionali dovunque essi
fossero impegnati in un conflitto con Roma. In Svezia e in Olanda al protestantesimo fu associata la
lotta per l'indipendenza nazionale mentre in Irlanda fu il cattolicesimo a svolgere tale funzione. In
Francia in Polonia e il protestantesimo si alleò all'aristocrazia feudale contro il trono, ma divenne
lealista ogni volta che il trono gli fu favorevole. In Germania il protestantesimo conquistò città
libere e principati territoriali. Grande questione del XVI secolo era decidere se lo Stato fosse un
organismo etico o soltanto un'espressione di forza. Sostenitori dello Stato etico furono Erasmo e
Tommaso Moro, mentre dello Stato forte fu il Machiavelli. Tutti costoro erano almeno formalmente
cattolici. Si sostiene talvolta che i politici moralisti provenivano da paesi non soggetti a violente
pressioni, per esempio il Moro era un inglese cittadino di un'isola, Erasmo era un olandese e per
questo esortavano i cristiani alla moderazione alla ragionevolezza politica, mentre il Machiavelli
fiorentino, di una signoria in precario equilibrio, aveva una cinica indifferenza per ogni scrupolo di
coscienza. Erasmo era sperava di sviluppare i caratteri comuni dell'Europa ipotizzando una
combinazione di tolleranza cristiana e isolazionismo. Ogni Stato doveva ripudiare lo spirito
imperialista e applicare un buon governo nei suoi confini. Il Machiavelli invece sperava nella
costituzione e preservazione di oasi di sicurezza da conservare con estrema risolutezza. Talvolta si
accosta Lutero al Machiavelli e gli anabattisti ad Erasmo, in realtà Lutero era antimachiavellico,
non considerando mai la sicurezza di uno Stato fine precipuo dell'uomo. Egli invocava l'uso della
spada per sopprimere la rivolta da parte di coloro che non erano autorizzati dalla Scrittura a
impugnare le armi e riteneva, con Erasmo, che lo Stato fosse un organismo etico, ma era meno
ottimista quanto alla possibilità di realizzare una pace europea, e contava sulla forza che sulla
persuasione per tenere a freno i recalcitranti.
Il pacifismo degli anabattisti era più radicale di quello di Erasmo e meno ottimistico. Il loro giudizio
sulla natura umana non divergeva da quello di Machiavelli e di Lutero, ma la conclusione che ne
ricavavano era che i santi debbono dissociarsi dal mondo corrotto e cercare di istituire in qualche
angolo la perfetta comunità.
Il sistema calvinista prevedeva invece una combinazione di ottimismo e di pessimismo, gli uomini
erano ritenuti depravati, ma Dio servendosi di nuclei di eletti poteva instaurare una repubblica di
santi in mezzo a un mondo malvagio. A tal fine si ritieneva la forza necessaria ma essa non doveva
mai esercitarsi senza alcuna restrizione morale.
Quando si confrontano le conseguenze politiche del luteranesimo è del calvinismo, si tende a dire
che il primo tendeva al totalitarismo e il secondo alla democrazia. In quanto il luteranesimo divenne
chiesa di Stato, e nel XVIII secolo i cattolici furono fautori del liberalismo politico. Qualcuno
sostiene addirittura che luteranesimo aprì la via al nazionalsocialismo, insegnando implicitamente
l'obbedienza agli ordini dello Stato.
In Francia, Inghilterra, Scozia e nella Nuova Inghilterra il calvinismo fu associato con la rivoluzione
e perfino con il tirannicidio.
Fatti incontrovertibili sono che il luteranesimo era in Germania la Chiesa ufficiale ai tempi in cui
sorse il nazionalsocialismo e che il calvinismo era invece in altri paesi il partito della rivoluzione.
In realtà la Chiesa di Stato nella Germania del XX secolo era una combinazione di tradizione
luterana e riformata, né va dimenticato che la Chiesa confessionale che resistette a Hitler era
anch'essa luterana, e che nei paesi scandinavi il luteranesimo non è sbocciato nel totalitarismo.
In Francia ogni volta che una monarchia fu benevola verso gli ugonotti il pensiero politico
calvinista fu legittimista, e ciò fa pensare a Bainton che le teorie politiche delle varie confessioni
religiose abbiano subito l'influsso delle situazioni politiche contingenti piuttosto che quello delle
rispettive teologie.
Sarebbe forse più esatto dire che per tutti protestanti la preoccupazione fondamentale era di dare
piena libertà alla parola di Dio. Proprio come la Chiesa cattolica che fu disposta a giungere a un
concordato con qualunque regime che le lasciasse la libertà di amministrare i sacramenti così il
protestantesimo è stato disposto a tollerare qualsiasi forma di governo che accordasse protestanti la
libertà religiosa.
Si possono tuttavia osservare tra i vari gruppi protestanti differenze che secondo Bainton sono
attribuibili in buona parte a varietà di circostanze. Lutero sottolineò il dovere di obbedire al
governo, e lo fece perché era stato accusato di insubordinazione. I suoi oppositori cattolici lo
incriminare di sovversivismo politico e l’editto di Worms lo dichiarò più pericoloso per il potere
civile che per quello ecclesiastico. A queste accuse egli oppose un diniego ma questo non implicava
che volesse inculcare una sottomissione incondizionata allo stato. C'erano due casi in cui egli
ammetteva alla disobbedienza civile: in primo luogo quando il governo avesse comandato alcunché
di contrario alla fede, in secondo luogo quando esso si fosse impegnato in una guerra ingiusta. In
conformità con la dottrina cattolica, Lutero riteneva che dovesse essere il governo a giudicare circa
la legittimità di una guerra, ma se il cittadino si trova in condizione di constatarne l'illegittimità era
suo dovere rifiutarsi di concorrervi. Lutero dapprima si oppose alla resistenza armata, ritenendo che
il Vangelo non andasse difeso con la spada, ma con la spada si poteva tutelare l'ordine pubblico, e
dunque i ribelli andavano soppressi per i delitti di ribellione e per il sacrilegio che commesso
spargendo il sangue altrui.
Lutero giunse alla conclusione che perfino l'autorità più alta non era assoluta e che quindi, se avesse
violato la costituzione poteva essere chiamata a renderne conto, si affermava così il diritto del
magistrato di proteggere la gente contro il dispotismo. Tale principio viene associato comunemente
al calvinismo e si dimentica che ebbe origine in suolo tedesco. La sua prima formulazione si ebbe
nella confessione di Magdeburgo del 1550, ma dopo la pace di Augusta del 1555, quando il
luteranesimo ottenne il riconoscimento legale, la necessità di imboccare questo principio in
Germania venne meno e i suoi sostenitori si trovarono piuttosto nelle file calviniste.
Il paese in cui l'assolutismo politico ebbe nel XVI secolo il massimo appoggio da parte degli
ecclesiastici, fu l'Inghilterra. La concezione che ebbero i Tudor dei rapporti fra Chiesa e Stato è
detta erastianismo, dal nome di Erasto, un teologo svizzero, secondo questa teoria la forma di
religione può essere decisa dal potere politico. Una teoria di questo genere era invece necessaria a
giustificare il principio del territorialismo.
Tommaso Moro riteneva che le questioni di fede religiosa non possono essere definite da un atto del
Parlamento, ma in pratica l’erastianismo non pretese mai tanto. Il presupposto era che esistesse una
comunità cristiana e la questione era sapere a chi competesse la giurisdizione nel definire le sue
forme esterne e la sua amministrazione pratica. Il Medioevo aveva discusso a lungo sulle funzioni
del Papa e dell'imperatore, l'ideale era stato il parallelismo dei due poteri. L'arcivescovo Cranmer
giunse ad affermare che tanto la spada quanto le chiavi competevano al sovrano, e successivamente
espiò la propria concessione al potere civile sul rogo. La Chiesa non fu mai disposta a lungo ad
adattarsi a un regime di assolutismo politico che interferisse sul terreno religioso, ma il primo avvio
a questo genere di totalitarismo si ebbe in Inghilterra, paese in cui il protestantesimo fu sempre
compiacente verso lo Stato nazionale, e solo durante la rivoluzione puritana essa divenne il
semenzaio della democrazia.
Durante la seconda metà del XVI secolo il calvinismo fu il partito della rivoluzione, a questo
risultato contribuirono però più le circostanze che le premesse dottrinali di Lutero e Calvino. L'uso
della forza non era un corollario necessario della dottrina politica calvinista ma l'attivismo ispirato
dalla dottrina calvinista diventò meno cauto nell'uso dei mezzi. I calvinisti, atterriti dal pericolo
dell'anarchia, inizialmente dissero di non combattere il re di Francia ma di mirare a liberarlo
dall'influenza malefica dei Guisa, era la stessa giustificazione iniziale che sarebbe stata più tardi
addotta dai puritani inglesi, ma quando Carlo IX istigò il massacro della notte di San Bartolomeo il
pensiero ugonotto divenne esplicitamente rivoluzionario.
Per evitare il caos Calvino limitò il diritto della rivolta ai principi del sangue, e suggerì che se il re
avesse violato le leggi di natura cessava di essere re e poteva essere affrontato. Il passo che
rimaneva da fare era di far derivare l'autorità dalla sovranità popolare.
Queste concezioni facevano scempio dell'assolutismo politico e sfociavano nella teoria della
sovranità limitata dello Stato sebbene fossero ancora lontane dall'eguaglianza democratica.
Ma per confutare l'opinione che il merito vada al protestantesimo e in particolare al calvinismo,
Bainton invita ad osservare che il pensiero politico dei cattolici, dove essi non detenevano il potere,
mosse proprio nella stessa direzione. Anche i gesuiti, come i calvinisti, sostenevano la teoria della
legittimità e la possibilità di ribellarsi contro il sovrano eretico.
Bainton afferma che tutte le correnti religiose del secolo XVI contribuirono, nel loro contrasto, alla
formazione della democrazia, se si intende come potere dello Stato limitato da una distinzione di
sfere di competenza. Infatti tutti sostenevano che, sulla religione vera, lo Stato non può esercitare
alcuna coercizione e tutte le confessioni religiose combattevano l'assolutismo. Ma se per
democrazia si intende la partecipazione del popolo al governo l'apporto è meno evidente. Il
luteranesimo sorse e prosperò in un patriarcato feudale in cui i bisogni potevano essere presi in
considerazione; il calvinismo si dichiarò per l'eguaglianza e per la partecipazione completa alla vita
pubblica ma limitata ai santi e per le anabattisti l'ideale ultimo era trasferire lo spirito congregazione
dalla sala di adunanza religiosa alla sala del municipio poiché essi insistevano per la separazione fra
Chiesa e Stato.
Capitolo tredicesimo: La Riforma e la vita economica e familiare

1. Capitalismo e individualismo.
2. Luteranesimo: la vocazione; la beneficenza; l’indipendenza economica; l’usura; il prestito con mutuo a rischio.
Lutero distrusse la concezione della salvezza acquisita per mezzo di opere buone eliminando l’incentivo della
beneficenza.
3. Calvinismo e puritanesimo (operosità e spreco; integrità e profitto; disciplina e ascetismo; tendenza all’industria).
Bainton analizza la celebre tesi che Calvino e il calvinismo abbiano dato origine alla visione della vita che ha animato il
capitalismo, caratterizzata da un’operosità febbrile, senza scrupoli circa la legittimità del guadagno, accompagnata alla
ripugnanza di sprecare energie o ricchezze in divertimenti.
4. La famiglia: verginità e matrimonio per cattolici e protestanti, divorzio e bigamia per luterani, anabattisti e calvinisti;
indipendenza dei coniugi.
5. I meriti della Riforma. Risveglio religioso e nuova motivazione della vita morale. la Riforma lacerò e congiunse a un
tempo. Le unità esterne vennero frantumate, ma la coscienza cristiana d’Europa fu rinnovata

Nel XVI secolo affiora il capitalismo, qualcosa di più dell'attivismo commerciale, che implica tutto
un sistema di produzione e di distribuzione. Uno dei suoi connotati è l’individualismo, e lo smercio
in zone ecentriche di prodotti eccedenti il fabbisogno locale. Questo sviluppo viene stimolato
dall'ambizione dell'uomo rinascimentale di piegare al controllo della ragione ogni espressione della
vita. Il capitalismo indica un atteggiamento verso la vita, 1'attività sfrenata volta all'investimento
lucroso. È un fenomeno caratteristico solo del mondo occidentale. Questo processo è inscindibile
dall'attività finanziaria della Chiesa cattolica che si valse dei servizi delle banche italiane e tedesche.
Se il capitalismo va considerato come una concezione della vita che si distingue per un'attività
incessante allora è al protestantesimo che si attribuisce la paternità di questo atto e il contributo
maggiore viene di solito riconosciuto al calvinismo.
Il contributo luterano viene indicato nel ripudio del monachesimo e nell'esaltazione delle
occupazioni normale come sfere entro cui si può servire Dio, che dà l'attività industriosa un
fondamento etico che si fonda sopra la consapevolezza del dovere di offrire a Dio il frutto di
un'onesta fatica quotidiana. Altra conseguenza del ripudio del monachesimo fu la condanna
dell'inoperosità, della mendicità e di qualunque forma di parassitismo. Durante il medioevo le
regole monastiche avevano esaltato il lavoro, che era poi diventato superfluo avendo i conventi
ricevuto molte elemosine. Lutero tornava all’ esaltazione benedettina del lavoro. Chi poteva doveva
lavorare e chi non poteva doveva essere mantenuto ma nessuno poteva elemosinare. Seguì così
anche un mutamento di valutazione della beneficenza, mentre durante il Medioevo l'elemosina era
considerata un'opera buona che contribuiva alla salvezza, Lutero eliminò questa idea sostituendola
con quella dell'assistenza: la beneficenza non doveva essere indiscriminata e poteva essere
amministrata meglio da organismi quali le municipalità o le chiese. Si diffuse così uno spirito
d'indipendenza economica che rendeva riluttanti a cercare assistenza, la povertà non era più una
virtù, il parassitismo fu un peccato mortale e al lavoro venne riconosciuta una più alta dignità.
Lutero fu tuttavia tradizionalista, egli amava l'economia rurale, deplorava l'ostentazione dello
sfarzo. Egli disapprovava la pratica dell'usura ed era a questo proposito più tradizionalista degli
stessi cattolici. I grandi scolastici e in particolare San Tommaso d'Aquino, ammettevano un
contratto con un mutuo rischio ma non un contratto con rimborso obbligatorio. La Chiesa al tempo
di Lutero era così coinvolta nel prestiti a tasso d'interesse fisso da non poter seguire questa teoria.
Leone X della famiglia dei Medici, abrogò il divieto di usura. Lutero accoglieva il principio
aristotelico della improduttività del ben al punto che riteneva che si dovesse vivere lavorando e non
prestando e faceva un'eccezione solo nel caso di persone di età avanzata che fossero in possesso di
disponibilità finanziaria, purché il tasso non eccedesse il 5% e gli investimenti del debitore
risultassero proficui.
Di Calvino si dice che egli respinse anche la teoria aristotelica ma la differenza da Lutero era di
fatto trascurabile, anch'egli precisa che il tasso non doveva superare il 5% e che non v'era obbligo di
restituzione in caso di perdita.
Una tesi molto diffusa ritiene che Calvino e il calvinismo abbiano dato origine alla visione della vita
che ha animato il capitalismo e che, caratterizzata da una operosità febbrile senza scrupoli,
accompagnata dalla ripugnanza a sprecare energie o ricchezze in divertimenti, e limitando la
beneficenza, avrebbe ritenuto come solo impiego possibile dei fondi il loro reinvestimento. Si dice
che la dedizione calvinista alla lavoro implichi qualcosa di più della dottrina luterana dell'obbligo di
compiere un servizio fedele, nel calvinismo ci si troverebbe dinanzi un procedimento con cui si
cerca di acquisire la certezza della propria elezione. Calvino in realtà sosteneva che la sollecitudine
circa il proprio destino personale fosse inopportuna e che a questo proposito ci si dovesse rimetter a
Dio, ma i suoi seguaci anelavano a una qualche certezza della propria elezione: essi avrebbero visto
un certo indizio della loro predestinazione nel modo di vivere. Di qui l'incentivo al lavoro, non per
procacciarsi la salvezza, ma per accertarsi di essa e se poi la fatica era compensata dalla prosperità
anche questa poteva essere ulteriore prova della benevolenza divina. Ai calvinisti si attribuisce un
atteggiamento ascetico dinanzi alla vita. In realtà questa raffigurazione del calvinismo viene
criticata da Bainton. Quasi tutte le citazioni adottate a titolo di prova sono tratte dal puritanesimo
inglese piuttosto che dal primitivo calvinismo, e se è indiscutibile che Calvino lavorò fino a ridursi
a uno spettro è ugualmente indubbio che egli non si tormentava circa la propria salvezza e nel suo
caso dunque il movente dell'operosità non fu certo di accertarsi sulla propria predestinazione.
Motivo dichiarato della sua attività era la gloria di Dio e l'instaurazione del suo regno. La stessa
motivazione spiega sufficientemente lo zelo dei suoi seguaci: la loro preoccupazione era teologica.
E se poi alcuni di loro cercarono qualche garanzia psicologica la norma non fu l'attività economica
in quanto tale ma piuttosto la dirittura del carattere in ogni aspetto della vita. L'accento fu posto più
sull'integrità che sul profitto. E’esagerato parlare di atteggiamento ascetico per i calvinisti, sarebbe
più esatto parlare di disciplina. Quando si trovarono ad agire in un'economia capitalistica
effettivamente le diedero impulso. Il declino non mancò quando il calvinismo degenerò in un codice
di abitudini metodiche e di massime prudenti.
Quanto poi alla preferenza dei calvinisti per l'industria piuttosto che per l'agricoltura si trattò in
realtà solo di una questione di circostanze.
Bainton evidenzia come fu importante l'influenza allo sviluppo economico esercitato dai profughi
per motivi di religione, nel secolo XVI essi furono numerosi: la colonia italiana e quella spagnola a
Ginevra, la comunità di Locarno che venne trapiantata a Zurigo, i rifugiati inglesi a Francoforte,
Strasburgo, Ginevra, gli esuli olandesi assai numerosi in Inghilterra. Costoro dovevano industriarsi
per sopravvivere e perciò accelerarono lo sviluppo dell'organizzazione capitalista, si trattava di
persone che dovevano essere individualiste in campo economico in quanto i paesi verso cui
emigravano pur accogliendo le avevano paura di loro: le loro doti di abilità venivano apprezzate ma
la concorrenza l'attività locale era temuta. Perciò non venivano ammesse le antiche corporazioni
d'arte e dovevano fare da sé così che si incoraggiava l'individualismo economico.
Nell'ambito dei rapporti familiari i protestanti introdussero il mutamento più profondo spodestando
la verginità dal suo grado particolare di dignità. La Chiesa cattolica considera il matrimonio un
sacramento pur tenendo nello stesso tempo la verginità in onore maggiore del matrimonio. I
protestanti ripudiarono questa valutazione, abolirono il celibato ecclesiastico e lo stato matrimoniale
venne esaltato. La dottrina luterana non comportò però un ingentilimento dei rapporti fra i due
sessi. Nel protestantesimo delle origini non c'è traccia di raffigurazione romantica del matrimonio
che fu piuttosto un'espressione del Rinascimento. Lutero denunciava concordava con la Chiesa
cattolica nel vietare il divorzio. Piuttosto suggeriva la bigamia, come nel caso di Enrico VIII,
sostenendo che era stata praticata dai patriarchi dell'Antico Testamento e non era mai stata ripudiata
nel Nuovo Testamento. L'unità della fede nell'ambito del vincolo coniugale mise in rilievo un altro
aspetto del matrimonio: la collaborazione, nella comune responsabilità di educare i figli e nel
lavorare insieme per la gloria di Dio. Questa collaborazione era più evidente fra gli anabattisti dove
ogni membro della collettività riceveva un compito missionario.
Bainton conclude dicendo che tutti questi furono i risultati secondari della Riforma, essa fu
essenzialmente un risveglio religioso che diede all'uomo una fiducia nuova. La coscienza cristiana
d'Europa fu rinnovata e la Chiesa cattolica stessa fu spinta a compiere l'opera già iniziata dallo
Ximenes.

II. Breve giudizio personale sui punti forti e sui punti deboli dell’opera.
Bainton inizia il suo libro con una lunga introduzione che ripercorre brevemente la storia della
Chiesa mettendo così in evidenza l’origine di alcune problematiche che, prima dell’esito scismatico
nella Riforma, avevano già prodotto reazioni.
Bainton, con quest’opera, approfondisce l’argomento della Riforma protestante analizzandola nel
contesto più ampio di una vera rivoluzione religiosa che attraversò l’Europa del XVI secolo.
Egli indaga dal punto di vista dottrinale, politico, sociali le manifestazioni più significative
ricorrendo a continui confronti che favoriscono una visione globale del fenomeno: il luteranesimo,
le chiese riformate della Svizzera tedesca e di quella francese, gli anabattisti, e raggruppa
idealmente un quarto tipo di protestantesimo che si manifestò a livello individuale, e che poneva
l'accento sull'indagine critica e su una fede intima e spesso mistica, e che egli definisce degli “spiriti
liberi.” Solo per ultima analizza la Chiesa anglicana, in quanto, pur essendo indipendente, non
costituì un tipo divergente di protestantesimo ma fu affine al luteranesimo nei rapporti fra Chiesa e
Stato, nella liturgia e nella musica; mentre nella dottrina fu spesso calvinista con infiltrazioni di
illuminismo rinascimentale. Ritengo particolarmente interessante questa suddivisione che rende
percepibile lo sviluppo europeo di questa rivoluzione religiosa.
Molto interessante è l’acuto quadro dottrinale che Bainton, in quanto teologo, riesce a tessere non
solo delle singole chiese, ma soprattutto delle varie relazioni che tra esse intercorrono.
Bainton costruisce l’intero libro mostrando che il pensiero religioso fu il motore di episodi storico
politici molto importanti e capovolge così il punto di vista che spesso appare nei libri di testo.
Il libro dedica diversi capitoli alla figura di Lutero ricostruendone accuratamente il percorso
teologico e mettendo in chiara luce la vicenda dottrinale e le conseguenze politiche e sociali di
questa.
Trovo molto originale anche il capitolo intitolato gli “spiriti liberi” che rende ancor di più evidente
come le idee di Lutero non fossero isolate ma facessero parte di un esigenza diffusa in tutta Europa,
e tramite l’analisi di alcune singole figure Bainton riesce a rendere ancora più visibile il contatto
con il passato e con il futuro della rivoluzione spirituale del XVI secolo.
L’intera opera di Bainton, dall’introduzione alla conclusione, è molto efficace proprio perché
inserisce gli episodi della Riforma in un continuo storico e ideologico che inizia molto tempo prima
e che prosegue nei secoli.
Bainton unisce le competenze dello storico a quelle del teologo, e fornisce pertanto tutta una serie di
informazioni dottrinali molto importanti per la comprensione dei fatti e dell’epoca che risultano
però talvolta piuttosto complesse da interpretare, soprattutto quando l’autore fa riferimenti a testi
Sacri il più delle volte totalmente sconosciuti al lettore.
Trovo infine molto interessante per noi lettori italiano un’opera che essendo scritta da un autore
protestante, e per di più non europeo, ha un punto di vista completamente diverso dal nostro e ci
offre una visione dell’epoca che non ha, volutamente, come punto centrale Roma ed il papato. Allo
stesso tempo ritengo che, per quanto ciò possa rivelarsi stimolante per chi è abituato a studiare
questi argomenti partendo dalla storia italiana, la visione dell’Europa spirituale dell’epoca risulti
incompleta senza una adeguata indagine sulla Chiesa romana.

III. Considerazioni personali sull’applicabilità didattica del contenuto e


breve schema di un’U. D. sull’argomento.
L’argomento trattato nel libro è presente in tutti i programmi di scuola in quanto rappresenta un
passaggio fondamentale della storia e del pensiero dell’Europa.
Il libro è sicuramente un ottimo invito per il docente a non ridurre lo studio di questi fatti alla
semplice contrapposizione di Riforma e Controriforma che spesso tende a focalizzare l’intera
vicenda nell’unica figura di Martin Lutero, facendo perdere l’importante quadro d’insieme di tutto
quello che fu in realtà la rivoluzione spirituale del XVI secolo.
Non solo, ritengo che un approccio più ravvicinato agli aspetti strettamente dottrinali di tutta questa
vicenda sia indispensabile per capire veramente che cosa accadde, poiché furono veramente
questioni spirituali oltre che politiche a generare schieramenti, fratture e quindi la storia dell’epoca.
Ritengo dunque che soprattutto in un liceo, in cui si affrontano molte personalità anche dal punto di
vista filosofico, alcune parti del libro, in cui viene offerto un acuto confronto tra le diverse posizioni
dottrinali, possano risultare di utile stimolo agli studenti.

Titolo del modulo: La Riforma in Europa


Introduzione:
Scopo generale del modulo è descrivere la grande rivoluzione religiosa che attraversò l’Europa del
XVI secolo evidenziando come questa influì in maniera decisiva sugli avvenimenti storici, politici,
sociali dell'epoca e sul pensiero dei secoli successivi.
Il modulo intende evidenziare i fattori ed i percorsi che portarono alla trasformazione del
cristianesimo occidentale e alla rottura della sua tradizionale unità, mostrando come molti elementi
scatenanti avessero avuto origine già nei secoli passati.
Si intende poi chiarire come la Chiesa definì il proprio ruolo e le proprie strutture in una situazione
politico-religiosa cambiata rispetto al passato: non più la cristianità indivisa dell'epoca medievale,
ma la realtà di chiese "nazionali" identificate in base all'appartenenza confessionale.

Destinatari:
3° anno di un Liceo (Classico, Scientifico, ecc.).

Prerequisiti:
Conoscere la cultura e la religiosità del Rinascimento.
Conoscere la situazione politica, sociale, economica dell’Europa del XV e XVI sec.
Conoscere la storia della Chiesa soprattutto dei secoli precedenti la Riforma.

Obiettivi:
Conoscere le condizioni politico-ecclesiastiche in Europa nel XVI secolo.
Conoscere il quadro storico generale del periodo tra fine del XV e inizi del XVI secolo e i caratteri
e le forme della religiosità coeva.
Conoscere le condizioni alla base delle esigenze di rinnovamento.
Conoscere le questioni legate al mercato delle indulgenze
Conoscere i temi fondamentali del pensiero di Lutero, Calvino, Zwingli.
Conoscere le ragioni del consenso suscitato dalle dottrine di Lutero in Germania.
Conoscere l’esito sociale e politico delle dottrine promosse da Calvino e Zwingli.
Saper definire il ruolo del Papato nella prima metà del Cinquecento.
conoscere alcuni nuovi ordini religiosi e le loro finalità.
Saper ricostruire ricostruire le fasi della Riforma articolandole nelle sue diverse componenti
religiose, politiche, economiche e sociali
Saper padroneggiare i concetti chiave e il lessico specifico relativo all’argomento.

Tempi di realizzazione:
Si prevedono 8-10 ore.

Metodi:
Lezione frontale, discussione guidata, realizzazione di mappe concettuali e linee del tempo.
Strumenti:
Manuale, fotocopie, carte geo-politiche.

Contenuti:
1. introduzione alla Riforma:
cause della crisi religiosa, sociale, politica,
cause profonde, remote della Riforma: umanesimo e scolastica.

2. il pensiero teologico di Lutero, posizione nei confronti delle indulgenze, teoria e prassi della
penitenza nella Chiesa. L’anabattismo.

3. Svolgimenti politici e bellici del periodo: pace di Augusta (1555): cuius regio eius religio,
1559 abdicazione di Carlo V e conseguente divisione dell’impero.

4. la Svizzera di Zwingli e Calvino.

5. diffusione del calvinismo e del protestantesimo in Europa.

6. “Spiriti liberi” nell’Europa della Riforma.

7. Enrico VIII e la Chiesa anglicana.

1. Il docente farà un’introduzione all’argomento della Riforma sul genere di quella proposta da
Bainton nel suo libro, che permetta di mettere in luce come l’esigenza di un rinnovamento spirituale
si fosse già manifestata ne passato e fosse generata dall’ evoluzione della Chiesa stessa nei secoli.

2. Si introdurrà, utilizzando brani tratti dai primi capitoli del libro del Bainton, la figura di Lutero
mettendo in luce oltre alla vicenda storica che ne fu espressione, il suo percorso dottrinale.
Sarà fondamentale ricostruire le vicende politiche della Germania dell’epoca, in cui Lutero è
protagonista involontario, e l’evoluzione della Chiesa tedesca da lui riformata in Chiesa di stato.
(l’elezione imperiale alla morte di Massimiliano, la bolla papale, le varie diete imperiali, ecc).
Si introdurrà poi l’importante fenomeno dell’ anabattismo evidenziando i motivi per cui fu così
duramente perseguitato.
Si potrà proporre come libro di lettura sull’argomento di Luther Blissett, Q, Einaudi,Torino 2000,
curioso esperimento letterario, scritto a più mani, che ambienta un giallo proprio nella Germania di
Lutero e ripercorre, romanzandola, la vicenda degli anabattisti.

3. Si analizzerà il quadro storico europeo, collegando in particolare le vicende di Carlo V relative


alla Germania.

4. Si andrà ad analizzare le vicende svizzere, evidenziando i rapporti di queste terre con Roma ed
altri paesi, e si presenteranno le figure di Zwingli e Calvino, evidenziando i punti di contatto e di
frattura tra loro e Lutero tramite alcune pagine significative del testo di Bainton, e si analizzerà la
soluzione politico-sociale generata dalla loro dottrina nelle città di Zurigo e Ginevra.

4. Si mostrerà, con l’utilizzo di carte tematiche, la rapida diffusione del calvinismo in Francia,
Olanda, Scozia e Inghilterra, e si potrà accennare alle vicende storiche ad esso connesse. Per
completare un quadro dell’Europa riformata si accennerà alle vicende Svedesi e Danesi, e
all’equilibrio precario polacco.
5. Prenderei spunto dall’interessante capitolo del libro di Bainton sugli spiriti liberi per accennare
brevemente a figure di pensatori (Serveto, Socino, Valdes, ecc) che dimostrano la distribuzione in
tutta Europa di queste idee, compreso in Italia e in Spagna, soprattutto perché rendono evidente il
contatto con l’epoca precedente e con le epoche successive, anticipando concetti poi ripresi
dall’illuminismo.

6. Per ultima pensiamo di proporre la vicenda di Enrico VIII e lo sviluppo successivo della Chiesa
anglicana, evidenziando come qui non fu prodotta una confessione eminente, ma si provvide ad
organizzare un diverso governo ecclesiastico, e fu piuttosto con la rivoluzione puritana del secolo
seguente che in Inghilterra si riprodusse una situazione simile alla Germania di Lutero.

Verifiche:
in itinere: si verificherà regolarmente la comprensione dei concetti introdotti con domande a
campione.
Finale: alla fine del percorso didattico, sarà possibile presentare agli allievi un questionario di
verifica composto da domande a risposta aperta e domande a risposta chiusa. Per esempio:

1) Illustra brevemente le trasformazioni della Chiesa che portarono alla corruzione e alla
decadimento spirituale nei secoli precedenti la Riforma.

2) Quali furono le argomentazioni di Lutero contro la vendita delle indulgenze?

3) Chi erano gli anabattisti, cosa volevano, e perché furono perseguitati?

4) Ricostruisci brevemente la situazione dell’impero di Carlo V durante la Riforma.

5) In Svizzera le dottrine di Zwingli e Calvino generano particolari governi cittadini, descrivi


le caratteristiche principali delle teorie di entrambi e gli effetti prodotti sulle città
amministrate.

6) Chi conserva la dottrina della presenza fisica reale del corpo e del sangue di Cristo nel
sacramento? Lutero Zwingli Calvino

7) In che anno fu fatta la pace di Augusta? 1555 1545

1553 1550

8) In che anno fu emanato da Enrico VIII l’Atto di Supremazia? 1534 1521


1535 1530

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