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STORIA MODERNA (LEZIONE 4)

In genere quando parliamo del Concilio di Trento, o della cosiddetta Controriforma, stiamo parlando di un
cambiamento della vita del mondo cattolico, una ridefinizione delle regole del mondo cattolico. Lo stesso
uso del termine “controriforma” è significativo perché, secondo alcuni storici di parte cattolica, non
bisognerebbe parlare di controriforma, ma di “riforma cattolica”: la Chiesa quei cambiamenti li avrebbe
proposti e messi in atto anche in assenza di una riforma protestante. Altri storici, invece, che non si
considerano di parte cattolica, sostengono l’idea che l'identità della chiesa, per come si è riunita nel
concilio, può essere nominata storiograficamente con il termine “controriforma” perché ciò che è avvenuto
è stata solo una risposta alle riforme di Lutero. I nodi riguardanti queste due teorie sono le questioni
dottrinali e le questioni disciplinari.
 Piano dottrinale → la Chiesa riafferma con forza il ruolo delle opere per ottenere la salvezza: il fedele
è libero di operare in maniera retta per far sì che Dio gli possa offrire l’accesso all'aldilà e la salvezza. La
questione della riaffermazione delle opere porta con sé una serie di conseguenze:
 Riaffermazione del sacerdote: viene a cadere il presupposto del sacerdozio universale che per
Lutero era stato fondamentale, non è più il fedele a dover avere un rapporto diretto con Dio, ma,
essendo importanti le opere, diventa di nuovo importante la mediazione del clero tra il fedele e
Dio.
 Riscoperta dell’importanza di tutti i sacramenti: il fedele si trova a dover sentirsi di nuovo in
obbligo di confessarsi, che come sappiamo è il sacramento intorno al quale si reggono tutti gli altri.
Questo ci porta a rimettere in piedi tutta la rete dei sacramenti a partire da quello più importante, la
confessione, nel quale si identifica il ruolo di mediazione che il sacerdozio ha.
Quindi, sul piano dottrinale, la Chiesa di Roma risponde riaffermando il valore delle opere, il valore dei
sacramenti e il rispetto e la centralità di questi, intorno ai quali poi è costruita anche la morale delle opere,
in buona sostanza la confessione. A queste riforme di carattere dottrinale si affianca il tema della salvezza,
che per Lutero non si conquista ma viene data dalla grazia di Dio. A questo proposito la Chiesa spiega come
il fedele deve conquistarsela attraverso le buone azioni. Inoltre, ci sono anche degli interventi disciplinari
del Concilio di Trento: quando si parla di disciplina, però, da un lato bisogna considerare la disciplina del
clero, dall'altro lato la disciplina dei fedeli: la prima è incentrata su degli obblighi che vengono assegnati ai
vescovi e ai sacerdoti che, evidentemente, prima non erano affatto rispettati (ricordiamo l’obbligo di
residenza e la cura delle anime).
C'è anche un altro passaggio da tenere in considerazione, cioè la disciplina del clero, che è contenuta
all'interno dei decreti tridentini. Il clero presenta una suddivisione: clero secolare e clero regolare. Quando
parliamo di clero secolare parliamo dei membri del clero che stanno a tutti gli effetti nel secolo e, quindi,
esercitano la loro cura delle anime stando nel mondo (sacerdoti, vescovi); invece quando parliamo di clero
regolare facciamo riferimento a coloro che formalmente hanno pronunciato i voti nell'obbedienza di una
regola, quindi appartengono a un ordine religioso regolare (monaci agostiniani, carmelitani, benedettini,
francescani). All'interno sempre del clero regolare poi c'è un'ulteriore distinzione tra monaci e frati:
normalmente siamo abituati ad utilizzarli come sinonimi, ma il frate è l’appartenente a un ordine
mendicante, mentre il monaco invece è appartenente a un altro tipo di obbedienza; i francescani, ad
esempio, sono dei frati, mentre i benedettini sono monaci.
Un obiettivo molto importante che il concilio di Trento si pone è riformare l’universo gerarchico: un
universo che fino a quel momento era un universo di devianze, di corruzione, di scarsa obbedienza, e
soprattutto all’interno dell’obbedienza religiosa degli uomini c’è un problema nel problema: quello delle
comunità religiose e monastiche femminili. Le famiglie nobili considerano il monastero come un luogo in
cui mandare le figlie escluse dal mercato matrimoniale. Il matrimonio era una sorta di contratto e la figlia
femmina doveva godere di una buona dote, che non tutte le figlie potevano avere e dunque queste ultime
venivano mandate in convento (ricordiamo che la dote che veniva data al convento veniva restituita alla
famiglia alla morte dell’erede e in buona sostanza non si perdeva mai effettivamente il patrimonio
familiare. Inoltre ricordiamo che i matrimoni avvenivano tra gradi molto alti di parentela perché più alto era
il grado meno si aveva la possibilità di disperdere il patrimonio familiare e del potere e prestigio della
famiglia). Dunque le famiglie consideravano questi luoghi religiosi come una propaggine all’interno della
gerarchia ecclesiastica del loro potere e del loro prestigio. Sarà così che la vita monastica si corromperà in
maniera profonda. Tutto ciò fa sì che all’interno dei monasteri comincino a diffondersi dei modelli di vita
che di evangelico non hanno un bel niente, anzi i monasteri si trasformano in luoghi di lusso, talvolta di
esercizio del potere tanto forte da poter addirittura consumare degli abusi.
Durante la Controriforma, quindi dopo il Concilio di Trento che funge da momento di svolta per
l'organizzazione della Chiesa della Controriforma, gli ordini religiosi acquisiscono un ruolo particolarmente
importante, non soltanto quelli che già esistevano nei secoli precedenti, ma anche quelli di nuova
fondazione, che nascono dentro l'atmosfera della Controriforma e che quindi sposano in tutto e per tutto la
missione della Chiesa post-Tridentina (chiesa che segue il Concilio di Trento). Nascono, quindi, nuovi ordini
religiosi: si diffonde così la concezione che è più semplice creare dei monasteri da zero che riformare quelli
vecchi, perché questi ultimi sono così irrimediabilmente corrotti da essere portati solo all’estinzione.
Nascono quindi dei nuovi ordini religiosi spiccatamente tridentini, cioè legati al concilio. Tra questi ordini
religiosi ce n'è uno che ha una importanza particolare ed è quello dei Gesuiti (Papa Francesco appartiene a
questo ordine), o della cosiddetta Compagnia di Gesù, fondata da Ignazio di Loyola. Essendo un ordine di
nuova fondazione, hanno uno slancio missionario potentissimo e quindi si arrogano il ruolo di diffusori di
messaggeri della chiesa Tridentina, diventando i missionari per eccellenza, infatti si contraddistinguono per
la loro capacità di evangelizzare. Perlopiù, acquisiscono, nel giro di pochi decenni, anche un primato
straordinario nel mondo della formazione e dell'educazione dei ceti dirigenti, ossia coloro che ricoprono
ruoli importanti all'interno della società, i quali intendono trasmettere ai loro figli le competenze e le
conoscenze necessarie per continuare a coprire quei ruoli e, quindi, li affidano all’educazione dei Gesuiti.
Un altro fattore importante che riguarda i gesuiti è che sono considerati i precettori favoriti da re, monarchi
(quindi dalle famiglie reali, soprattutto, qualora si tratti di monarchie reali che gravitano nell'orbita del
cattolicesimo, a loro è affidata l'educazione degli eredi). Il Concilio di Trento si è posto il problema sulla
disciplina dei fedeli, di cosa bisogna fare per essere un buon cristiano. La chiesa aveva bisogno di un
messaggio tanto più urgente quanto più legato alla frattura che c'è stata nel cristianesimo europeo e in
particolar modo alla preoccupazione che si possa essere tentati dal messaggio luterano-calvinista, pertanto
la chiesa deve, a maggior ragione, indicare al Cristiano qual è la via per salvarsi, per essere dei buoni
cristiani e per essere all’obbedienza della chiesa di Roma. I primi che si occupano di questo messaggio sono
proprio i missionari, tra cui i Gesuiti, i quali si contraddistinguono anche per la loro capacità di trasferire i
modelli disciplinari sui fedeli. Al tempo, la missione era seguire le orme di Cristoforo Colombo e dei
conquistatori spagnoli ed evangelizzare il territorio americano, ma era anche e soprattutto evangelizzare
quelle che i gesuiti definivano “le Indie di noi altri”. Le missioni vengono messe in scena nelle strade delle
altre città italiane, soprattutto nelle campagne, laddove era ancora più difficile far penetrare il messaggio
cristiano e far penetrare la liturgia cattolica. Quindi esistono diverse forme di missione: missionario
significa tanto un viaggiatore che va lontanissimo, tanto uno che si occupa invece dello spiegare il
cristianesimo, dell’evangelizzare chi gli sta accanto, spiegargli cose difficili in maniera semplice. Nonostante
il complicato messaggio di Lutero, quest’ultimo ha potuto contare sull’azione instancabile di un sacco di
predicatori che giravano per il mondo tedesco e andavano a spiegare in cosa consisteva questa nuova via
verso la salvezza e, allo stesso modo, la chiesa si arma del suo esercito per andare a spiegare come funziona
la salvezza, quindi la disciplina dei fedeli ha soprattutto un'azione che si propaga nella sfera della
persuasione, per cui, per creare un buon cristiano, devi convincere le persone ad essere dei buoni cristiani.
Oltre alla persuasione esiste anche un altro versante, meno conciliatorio, ovvero la coercizione, cioè punire
chi non si comporta da buon cristiano. Lo strumento fondamentale di cui la chiesa si fornisce proprio per
arrivare ad esercitare una coercizione sul popolo e, quindi, a ottenere con le buone o con le cattive i
cristiani obbedienti, è l'inquisizione, strumento approfondito soprattutto nella letteratura, nei saggi e nei
romanzi storici. L’inquisizione è un tribunale che si occupa della difesa dell'ortodossia e, quindi, la missione
primaria dell'Inquisizione è la repressione dell'eresia, cioè l'insieme di tutte le forme di divergenza dalla
dottrina Cattolica, così come la chiesa l’ha codificata. Come sappiamo, la dottrina Cattolica viene
ricodificata all'interno dei decreti del Concilio di Trento e l'inquisizione si occupa semplicemente di chi non
rispetta la dottrina Cattolica. La prima questione fondamentale è il fatto che l'inquisizione esisteva già da
prima, non è affatto una novità assoluta del ‘500, esisteva anche nel Medioevo, fin dall'età di Innocenzo III
(XIII secolo): cos’ha di diverso quest’inquisizione del ‘500? Ma soprattutto, qual è la differenza profonda che
c'è tra le varie inquisizioni europee? Le due più famose, ma anche profondamente divergenti tra loro, sono:
 L'inquisizione spagnola: obbedisce al re di Spagna e, come avrebbe detto Niccolò Macchiavelli, è
“un instrumentum regni”, ovvero uno strumento di potere, per cui è un modo che il re di Spagna
(quindi anche Carlo V) utilizza per ottenere unificato, dal punto di vista politico e religioso, il suo
dominio, nello specifico la penisola iberica. Quindi chi in Spagna si occupa di repressione
dell'eresia, paradossalmente non obbedisce al papa, ma al re di Spagna e quindi segue le priorità
del monarca. La monografia Granada narra la storia della “pulizia etica” che avviene all'interno
della finestra iberica. In quest’opera di riconquista della penisola iberica ed esclusione di tutti
coloro che sono ebrei o musulmani, queste religioni vengono represse severamente, vengono
persino catturati coloro che sono sospettati di essere dei falsi convertiti per continuare a vivere in
territorio spagnolo. Il seguire ostinatamente anche quest’unificazione politico-religiosa della
penisola iberica, significa obbedire alle istanze e alle priorità del re.
 L'inquisizione romana: esisteva già dai secoli precedenti e obbedisce, invece, al Papa. Comincia a
obbedirlo anche dal punto di vista pratico-organizzativo, a partire dagli anni ’40 del ‘500, perché, in
questo clima di reazione alla Riforma Protestante, di riorganizzazione della chiesa e di
convocazione del Concilio di Trento, i Papi dicono “se qualcosa non ha funzionato all'interno dei
nostri territori, che dovrebbero essere di nostra pertinenza, è perché siamo incapaci di controllare
coloro che dovrebbero essere sotto la nostra guida spirituale, allora dobbiamo riorganizzarci e
centralizzare le nostre competenze”. Ciò vuol dire che tutto quello che prima era sottoposto ai
controlli di altri centri di potere all'interno del mondo ecclesiastico (ordini religiosi, vescovi,
pertinenze particolari) viene tutto riportato sotto il controllo del Papa, è come se la chiesa andasse
incontro a un nuovo processo, per certi versi, simile a quello a cui erano andati incontro gli altri
stati del ‘500, i quali sanno che le competenze sono tutte quante nelle mani del re, mentre le
competenze della chiesa sono nelle mani del Papa.
Il Papa non lo fa soltanto per l'inquisizione o per il controllo dell'eresia ma per tante materie, in maniera
tale da munirsi di congregazioni, dei moderni ministeri composti da gruppi di cardinali (congregazioni
cardinalizie), ognuno dei quali si deve occupare di una materia particolare (come noi abbiamo il Ministero
della giustizia, dell'Istruzione, degli Interni e così via). Quindi, dopo il Concilio di Trento vi è una
riorganizzazione della Chiesa di Roma nella sua gerarchia principale: la Chiesa soffre lo stesso tipo di
particolarismo di cui soffrono gli altri stati, quindi gli altri stati tentano di accentrarsi, ma alla fine
comandano i signori, le comunità locali, le città. Anche per la Chiesa è così, ma si organizza in maniera
talmente forte da riuscire a centralizzare il suo potere e lo fa soprattutto attraverso la nascita delle
congregazioni: dobbiamo immaginarle come moderni ministeri, come degli enti che svolgono una funzione
all’interno di un mondo che ha una serie di problemi. Ciascuna congregazione aveva il suo ministro che si
chiamava Prefetto. Quando pensiamo alla parola congregazione pensiamo automaticamente alla congrega
nella chiesa in cui, di tanto in tanto, delle persone si radunano e partecipano alla processione. Tuttavia le
congregazioni pontificie sono qualcosa di diverso e soprattutto più importante: sono dei gruppi di cardinali
che, per conto e obbedendo al Papa, si occupano di un aspetto particolare della vita religiosa. Tra queste
congregazioni cominciano a nascerne, nei secoli a venire, alcune importanti come:
 La Congregazione dei Vescovi Irregolari: che si occupa dell’amministrazione, del controllo, dell'attività
di tutti i vescovi e tutti i membri irregolari in tutto il mondo cattolico
 La Congregazione di Propaganda Fide: che si occupa delle missioni e delle evangelizzazioni;
 La Congregazione dei Riti: che si occupa della sfera del sacro e della devozione, ovvero chi deve
diventare santo, quale reliquia si può venerare ecc. I primi ad avere un potere decisivo sulla nomina
del santo erano i poteri locali (ordini religiosi, vescovi, chiese). A partire dall’età tridentina
controriformistica, il potere pontificio ritira le proposte di santificazione e di beatizzazione, però, a
decidere è lui stesso, o meglio, il Papa, attraverso la congregazione dei riti. Quindi interrompe un
meccanismo plurisecolare di controllo locale su queste questioni. Ancora oggi, per la santificazione
devi passare per la congregazione pontificia che si occupa di queste questioni;
 La Congregazione dell’Indice: ossia della proibizione, si occupa di uno dei fenomeni più discussi
all’interno dell’epoca moderna, i libri proibiti. Si occupa quindi della circolazione libraria e, dunque,
di quali libri possono essere letti e quali no. Ciò riguarda anche l'eresia perché, se c'è un libro che
parla di dottrine proibite, quelle stesse dottrine vanno a urtare la dottrina Cattolica? Sappiamo che
l'eresia è un fenomeno dottrinale;
 La Congregazione del Sant'Uffizio: che si occupa della lotta all’eresia, ovvero di tutta la dottrina che
non aderisce in pieno alla codificazione data da Roma. Ha il compito di sovrintendere all'attività
dell'Inquisizione romana. Nel ‘500 c’è una nuova funzione, che non è più quella medievale che ha una
dimensione fortemente localistica e controllata dagli ordini religiosi (soprattutto dei domenicani, i
quali avevano un ruolo importante dal punto di vista del controllo dell’attività inquisitoriale). In virtù
di questa riorganizzazione, che affonda le radici anche nella creazione della congregazione del Santo
Uffizio, l'inquisizione obbedisce al Papa. Nello specifico l’attività si svolge in questo modo:
l’inquisitore viene nominato sul territorio, quindi c’è l'inquisitore a Modena, a Pisa, a Firenze e così
via, e deve individuare i presunti eretici o sospetti di eresia e deve cominciare a processarli in gran
segreto, perché l'inquisizione celebra processi in segreto. Prima veniva negato al sospettato uno dei
diritti fondamentali che oggi invece un imputato convocato in tribunale possiede ed è il diritto a
chiedere un avvocato, però, c'è un diritto che viene ancora prima, ovvero sapere la ragione per la
quale sei stato convocato e quindi a capire come eventualmente puoi difenderti da tali accuse. Chi
veniva convocato da un inquisitore non aveva nessuno dei due diritti, si sentiva porre delle domande
a bruciapelo e non sapeva come rispondere. Il problema è che questo sistema, soprattutto se si
affianca alla tortura e ad altri metodi poco ortodossi, porta pesantissimi fraintendimenti.
L’atteggiamento cambia, lo stesso succede anche con il tuo modo di garantirti di fronte alla giustizia, e
cambia l'intera procedura che oggi si aggrappa dei meccanismi del diritto e di difesa. L’inquisizione
vuole delle risposte a bruciapelo, senza dare alcun diritto al condannato, e molto spesso l’inquisitore
ottiene le risposte con qualunque tipo di mezzo. In casi controversi, l’inquisitore è tenuto a
comunicare il suo operato alla congregazione del Santo Uffizio, che ha un suo prefetto, così come le
altre congregazioni, laddove quest’ultimo è in diretta comunicazione con il papa o con il segretario di
stato. Negli anni tridentini e post-tridentini della Controriforma succede che tra tutte queste
congregazioni che si sono venute a creare e, attraverso le quali la chiesa ha deciso di centralizzare il
suo potere, la congregazione del Santo Uffizio si dimostra preminente, comincia ad avere più potere
delle altre. Quando si va in conclave, i Prefetti della congregazione del Santo Uffizio sono i favoriti e,
molto spesso, finiscono per essere eletti Papi, a dimostrazione della preponderanza del loro ruolo. La
congregazione del Santo Uffizio diventa così forte perché in cima all'agenda ecclesiastica c'è la lotta al
protestantesimo e c'è soprattutto il timore e l’affanno per evitare il pericolo che i territori rimasti
cattolici vengano contaminati dal protestantesimo. Siccome la lotta all'eresia era all’ordine del
giorno, coloro che si occupavano della lotta all'eresia acquisisce più potere degli altri e, quindi, la
congregazione del Santo Uffizio e i giudici dell'Inquisizione arrivano ad avere un ruolo preminente.
Questo meccanismo di preminenza e della contiguità tra la congregazione del Santo Uffizio e la santa
sede (il Papa) dura probabilmente fino ad oggi. Benedetto XVI (il predecessore di Jorge Mario
Bergoglio, Papa vigente ad oggi) era un ex prefetto della congregazione del Santo Uffizio. Benedetto
XVI era a tutti gli effetti il primo Papa dimissionario (nel senso che si è dimesso nel 2013), non era mai
successo prima. È stato l'ultimo Papa, eletto nel 2005, dopo essere stato prefetto della congregazione
del Santo Uffizio, anche se all’inizio del Novecento, la congregazione del Santo Uffizio ha cambiato
nome, denominandosi Congregazione per la Dottrina della Fede. In questo modo ribadisce il suo
ruolo di salvaguardia e custode della dottrina, per distaccarsi dal tribunale dell’inquisizione spagnola
(che anche se non erano uguali avevano comunque sia fatto molte vittime) e per discostarsi dalla
leggenda nera dell’inquisizione, tant’è che gli storici usano i termini “inquisizione” e “Santo Uffizio”
quasi come se fossero dei sinonimi, cioè essere processato dall'inquisizione o essere processato dal
Santo uffizio vuol dire la stessa cosa.
È giusto sottolineare che tanti tribunali ecclesiastici nel mondo protestante, ancora di più dei tribunali
secolari, che magari hanno processato streghe, hanno pronunciato molte più condanne a morte
dell'Inquisizione Romana. Le ricerche storiografiche hanno messo invece in evidenza che l'inquisizione
Romana era particolarmente prudente e, quindi, molto spesso preferiva pronunciare delle condanne
esemplari verso poche persone, educare gli altri e fare in modo che gli altri si pentissero, quindi non
spargere troppo sangue, ma andare verso la strada del pentimento più che verso la strada della pura
coercizione e repressione. L’Inquisizione ha dei meccanismi abbastanza efficaci perché riesce, almeno nelle
intenzioni, a condizionare la vita delle persone attraverso una procedura che è fondata su un nodo
fondamentale: il segreto. Questi giudizi, però, non tengono conto di una questione fondamentale:
possiamo giudicare la violenza e l'invasività di alcuni tribunali mettendo sulla bilancia le condanne a morte?
In realtà, è difficile farlo, perché se altri tribunali europei mettevano al processo e condannavano dei
colpevoli di reati, quali ad esempio l'omicidio e altri tipi di reato, l’inquisizione romana e i tribunali che
fanno capo al Santo Uffizio, perseguono gente che si macchia di reati d'opinione. Un conto è uccidere
qualcuno, altro conto è dire “non ci si salva per le opere ma per la grazia di Dio”. Quindi, se una persona è
recidiva nel dire “non ci si salva per le opere, ma per la grazia di Dio”, si rischiava la condanna a morte, lo
stesso se lo insegnavi agli altri. L'invasività e la paura che faceva questo tribunale non si può misurare
semplicemente dalla sua capacità di controllare una certa quantità di violenza, ma si va a misurare anche
che effetto fa nella testa delle persone. Allora perché si è consolidata attraverso i secoli questa leggenda
nera? Perché, pur essendo prudente, l’inquisizione romana, evidentemente, faceva molta paura. Entrava
nella testa delle persone e all'interno delle loro coscienze. Uno dei libri più importanti che siano mai scritti
sulla storia dell'Inquisizione romana è quello di Adriano Prosperi che si intitola “Tribunali della Coscienza”.
L’altra questione riguarda il rapporto con la confessione: oggi non è presa sul serio come lo era in Antico
Regime. Una delle priorità essenziali è il perdono, dunque, gli inquisitori e i confessori (coloro che
praticano l’atto di confessione e quindi di perdono) cominciano a collaborare: se un sacerdote ascolta, in
sede di confessione, delle cose che possono essere considerate rilevanti dal punto di vista inquisitoriale
negava l’assoluzione. Il prete, infatti, non è obbligato ad assolverti e, se non ti assolve, ti toglie il diritto di
partecipare al momento più importante della vita della comunità cristiana, ovvero la comunione a Pasqua.
Quel momento lì è importante, soprattutto in una comunità fortemente frammentata e incentrata sulla
parrocchia e fortemente autoreferenziale, in cui la mobilità è limitata e quindi non partecipare al precetto
Pasquale è fonte di sospetto, perché gli altri capiscono che abbiamo fatto qualcosa di cui vergognarci,
quindi ottenere l'assoluzione è assolutamente importante. In questo periodo di lotta furiosa all’eresia,
succede che a volte i confessori, soprattutto quando il penitente è sospettato di eresia, gli negano in tutto e
per tutto l’assoluzione dai peccati. Gli dicono che la potrebbe ottenere, ma prima deve andare
dall’inquisitore e raccontargli tutto quello che pensa. Questo sistema di collaborazione strettissima tra
confessori e inquisitori fa sì che sui territori cattolici si diffonda un clima di sospetto senza precedenti. Si
tratta di una serie di domande che non trovano risposta e tutto questo si traduce in una capacità repressiva
senza precedenti, che agisce sulle coscienze delle persone e si traduce in una paura enorme delle persone
dell'Inquisizione perché poi, a quel punto, l'inquisitore rilascia una specie di certificato, spesso definito “di
spontanea comparizione” a colui che si era visto negare l’assoluzione e, con questo certificato, poteva
tornare dal confessore per ottenere la confessione. Quelle deposizioni poi sarebbero servite all’inquisitore
per accusare la persona di cui si parlava, e dunque le persone venivano accusate senza sapere chi
effettivamente le avesse denunciate, tutto ciò perché c’era il segreto, punto cardine di tutta la questione. Il
segreto, però, non preserva soltanto il giudice, ma anche chi va a deporre perché se quest’ultimo sa e,
dicendo determinate cose, può essere assolto dal confessore, tende a dire al giudice ciò che egli vuole
sentirsi dire. Il segreto da un lato fa sì che la procedura diventi atroce, dall’altro lato fa in modo che, non
soltanto si diffonda poi la cultura del sospetto reciproco, si consumano delle vendette reciproche di
carattere privato. Il precetto pasquale è il momento di conferma dell'appartenenza visibile alla comunità
Cristiana. Dunque parliamo di collaborazione stretta e di clima di sospetto, rete inquisitoriale e anche di
rete dei sacramenti (accesso alla comunionedopo la confessionevuoi confessarti per avere
l’assoluzionevai prima dall’inquisitore). È tutto un meccanismo perverso che ti porta a stare in una
gabbia, dunque la leggenda nera si costruisce non tanto sulla quantità di condanne a morte pronunciate,
ma sulla capacità di entrare nella vita delle persone e in questo modo l'inquisizione è centrale come la vita.
Però si può essere mandati all’inquisizione anche se non si è sospettati di eresia, avendo compiuto altri
reati.
L’inquisizione ha un compito molto più finalizzato alla conversione per rimettere le persone sulla retta via
del comportamento cristiano. Per almeno 3 decenni questa istituzione si occupa costantemente di presunti
luterani, calvinisti perché - data la situazione già precipitata nel mondo protestante, e dato che il Concilio
di Trento non sta facendo altro che notificare la spaccatura e non sanare la ferita, come Carlo V avrebbe
voluto - evitano che anche la penisola italiana diventi protestante. C’è il pericolo concreto che questo
contagio arrivi ad interessare tante parti della penisola, persino quelle più lontane come le aree rurali.
Dunque esiste questo pericolo ed esiste questo sentimento, in forma spirituale, che è tentato di seguire il
messaggio luterano, calvinista, però un sistema così strutturato e così blindato dal segreto fa sì che si riesca
a completare la battaglia in maniera vittoriosa alla fine degli anni ‘70. Vinta la battaglia contro il
protestantesimo, gli inquisitori rivolgono la loro attenzione verso un’altra battaglia: la superstizione. Oggi
quando parliamo di superstizione pensiamo al gatto nero, allo specchio rotto, al pane al contrario, il “beato
te”, ovvero tutto quello che va contro i dettami della ragione, tutto quello che è profondamente irrazionale
(il “non è vero ma ci credo” in sostanza). Questo concetto di superstizione si è creato nel diciottesimo
secolo, in epoca illuminista; nel ‘500 il concetto di superstizione non è più così, è elaborato in maniera
interna alle autorità ecclesiastiche ed essere superstiziosi non significa essere contrari ai dettami della
ragione, ma essere contrari alla liturgia ecclesiastica.
Confessarsi e ricevere l'Eucaristia fa parte della vita quotidiana delle persone comuni di antico regime e in
queste dobbiamo rintracciare gli aspetti fondamentali delle decisioni istituzionali che riescono a
condizionare delle persone. Fare storia significa sì parlare di Carlo V, di Lutero e della dinastia monarchica
inglese, ma significa anche e soprattutto parlare di persone comuni. Il problema è che parlare di persone
comuni, come la storiografia li definisce “ordinary people” o “everyday people”, è molto più difficile
perché le non lasciano traccia scritta della loro esistenza e molti di loro non sanno nemmeno scrivere,
quindi abbiamo difficoltà ad entrare nel loro quotidiano. Tuttavia abbiamo alcuni strumenti che possono
aiutarci: possono essere fatti di comunicazione scritta, verbale, di immagini, tracce materiali, come oggetti
e atti performativi, ad esempio opere teatrali, discorsi, prediche ecc... Però tutte queste tracce hanno
comunque a che fare con il possesso di competenze e di conoscenze letterarie ed artistiche. Quindi,
interrogarci sui protagonisti dell’antico regime, non solo i monarchi ma anche i plebei, gli artigiani significa
avere dei problemi enormi ed entrare nell'impatto concreto della rete dei sacramenti, perché la
confessione e l’eucarestia, che sono parte fondante della vita di queste persone, così come il rapporto col
sacerdote, col confessore, la partecipazione alla Santa Messa, il battesimo, matrimonio e l'estrema
unzione. Questi momenti della vita sono tra i pochi in cui anche le esistenze comuni lasciano tracce, perché
a registrare questi frammenti sono proprio i sacerdoti. Quindi la domanda che ci poniamo è: chi vuole fare
la storia demografica dell'Antico regime quali documenti deve consultare e dove deve cercare? Nelle opere
letterarie che leggiamo si fa spesso riferimento alla popolazione e alla sovrappopolazione, in particolare
nel romanzo inglese del ‘700 e dell'800, agli scenari urbani della Londra o di Parigi dell’antico regime, che
insieme a Napoli erano le città più popolose d'Europa. Per fare la storia demografica del mondo cattolico
dell'Antico regime (cioè per contare la popolazione), che rimane quindi sotto l'egida della chiesa romana,
abbiamo una sola via ed è quella di andare ad aprire i registri parrocchiali. Ad oggi abbiamo i censimenti e i
registri civili, che, però, sono disponibili soltanto da Napoleone in poi, quindi da fine ‘800 in poi. Nei registri
parrocchiali ci sono alcune informazioni fondamentali, quale i battesimi, i matrimoni e le morti. I preti non
hanno segnato queste informazioni da sempre, ma cominciano a registrarli in maniera sistematica soltanto
dopo il Concilio di Trento, perché quest’ultimo stabilisce in maniera esplicita che il compito del sacerdote è
quello di registrare questi momenti fondamentali della vita del cristiano su dei libri appositi, che si
chiamano appunto Libro dei battesimi, Libro dei matrimoni e Libro dei Morti. Inoltre, il sacerdote era
anche tenuto a compilare un ulteriore registro che si chiama Stato delle anime, la descrizione dei Fuochi
che ci sono in una parrocchia (il fuoco è il nucleo familiare che vive sotto lo stesso tetto). È molto prezioso
anche lo “stato delle anime” perché ci aiuta a capire le persone dove vivevano, in quali condizioni materiali,
come erano organizzate le loro stanze, dove mangiavano, dove dormivano ecc. Tra le altre cose, la
storiografia, fino a poco tempo fa, restituiva un'immagine della famiglia di antico regime multinucleare,
cioè un'immagine di una famiglia allargata. La ricostruzione che c'è stata tramandata dalla storiografia non
è abbastanza fedele, perché le ricerche più recenti dimostrano che la maggioranza delle famiglie dell’antico
regime erano comunque famiglie mononucleari, molto più simili a quelli in cui noi viviamo. Tra le altre cose,
anche i vescovi hanno un compito importante stabilito dal Concilio di Trento: devono raccogliere gli “Stati
delle anime” e devono aprire i processi matrimoniali, attraverso i quali bisogna accettarsi che i due
contraenti non abbiano legami precedenti, che abbiano tutte le predisposizioni giuste per sposarsi, tra cui
non essere parenti….
Un'altra cosa importantissima che i vescovi devono fare sono le visite pastorali nella loro diocesi per
registrare i risultati di quelle visite pastorali. Devono registrare, parrocchia per parrocchia, come procede la
vita religiosa, se i sacerdoti stanno svolgendo bene il loro ruolo, e poi devono spedire al Papa delle
“Relationes ad limina”, dei resoconti sullo svolgimento complessivo della vita della diocesi. Questo perché
venivano controllati sull’obbligo di residenza e della cura delle anime. Il Papa non si accontenta di dirlo e
basta, ma vuole anche la dimostrazione, e la produzione di questi documenti è la dimostrazione di tutto
quello che il vescovo gli deve fornire. Tutto questo fa sì che si costruiscano degli archivi ecclesiastici che, ad
oggi, sono a disposizione degli storici per essere indagati. Possiamo ricavare gli indici di natalità e mortalità
più alti, epidemie ecc. L’inquisizione, in virtù di questa collaborazione tra sacerdoti, confessori e vescovi,
riesce a reprimere l’eresia, soprattutto sulla penisola italiana nel corso del Cinquecento. Era un'urgenza
assoluta perché, il fatto che si potesse diffondere il protestantesimo nella penisola italiana, per la Chiesa di
Roma era un pericolo concreto, e quindi in cima all’agenda vi era la repressione dell'eresia. L’inquisizione
si riorganizza negli anni ‘40 del Cinquecento e, alla fine degli anni ‘70 (cioè a distanza di poco più di
trent'anni) la lotta all'eresia, nella penisola italiana, si può definire conclusa, nel senso che la lotta all'eresia
è vinta dall’inquisizione. Alla fine degli anni Settanta e l'inizio degli anni Ottanta del ‘500 non esiste più la
possibilità concreta che la penisola italiana possa diventare una terra di protestantesimo, perché
l'inquisizione ha dimostrato di comandarla tutta, grazie alla rete di sospetto che si potrebbe stabilire tra la
gente. Ciò significa che il protestantesimo esiste ancora sul territorio italiano, ma in alcuni luoghi
estremamente circoscritti e controllati, e non c’è più la possibilità concreta che da questi luoghi possa
allargarsi e raggiungere altre persone. Il protestantesimo è quindi circoscritto ad alcuni “focolai”:
l'inquisizione descriveva il protestantesimo anche in termini epidemici. La chiesa ha fatto enormi sforzi per
riorganizzare l'inquisizione degli anni ‘40: si è munita della comunità della congregazione del Santo uffizio
che è diventata potentissima, dei giudici territoriali che dovevano reprimere l'eresia. Era un'operazione che
aveva anche dei costi. Nel momento in cui, alla fine degli anni Settanta e l'inizio degli anni Ottanta, la
battaglia principale dell'Inquisizione finisce, smantellare tutto potrebbe essere la soluzione più economica,
ma non lo fa, anzi, per certi versi, si rafforza ancora di più e comincia a guardare a delle realtà un po'
diverse perché, visto che gli eretici veri e propri non ci sono più, l’inquisizione comincia ad occuparsi di
cose che riguardano altri aspetti della vita individuale e comunitaria, come ad esempio la sfera e i costumi
sessuali (vedere quanti adulteri ci sono, rapporti extramatrimoniali, rapporti sessuali dello stesso sesso).
Questi erano altri reati, ovviamente il concetto di omosessualità non esisteva in antico regime, ma era
chiamato sodomia ed era un peccato estremo; allo stesso modo il lesbismo e le forme di transizione. Così
facendo, si va a sovrapporre il ruolo della congregazione del santo uffizio con il ruolo della congregazione
dell'indice, che si occupava di libri proibiti. Ci si occupa, però, anche della correttezza della preghiera.
I vari tipi di preghiera (personale, comunitaria, cantata) diventano oggetto di attenzione da parte
dell'Inquisizione perché le preghiere dovevano essere recitate secondo un codice, delle parole precise. Le
preghiere, a cui l'inquisizione è però più interessata, sono le preghiere spontanee, perché possono
eventualmente contenere dei messaggi non obbedienti alla dottrina. Quell'atteggiamento può far in modo
che tu voglia stabilire un rapporto con il soprannaturale autonomo e non mediato, infatti Lutero parlava di
sacerdozio universale, laddove ognuno è sacerdote di se stesso, e chi prega da solo è un po' come se fosse
il sacerdote di se stesso, come se volesse eliminare la mediazione che c'è tra te e il soprannaturale. Anche
per quanto concerne il canto, questo deve necessariamente essere liturgico, codificato dalla chiesa.
L’inquisizione non si occupa solo di questo, ma anche dei modi che la popolazione utilizza per rapportarsi al
sovrannaturale e, molto spesso, nella percezione del fedele sono dei modi aderenti alla dottrina, ma poi
nella realtà non lo sono affatto. A questo proposito, possiamo parlare del concetto di malocchio: per
allontanare queste “bad vibes”, solo la Chiesa conosce delle preghiere funzionali per allontanarlo. Per
togliere una sorta di maledizione che ci è stata lanciata, conosciamo dei rituali (piatti con dell’olio al loro
interno, sale), che funzionano da “scongiuro” che toglie il malocchio alla vittima. La credenza è la seguente:
a seconda della forma che l'olio acquisisce dentro il piatto, si arriva a comprendere quale tipo di
malocchio/maledizione si tratta e, quindi, scegliere poi lo scongiuro giusto. L'inquisizione incomincia ad
occuparsi anche delle persone che praticano il malocchio o lo scongiuro del malocchio. Un altro esempio
possono essere le fatture, i sortilegi che si fanno quando una persona vuole far innamorare di se stesso
colui che ama. Tempo fa, nelle zone rurali, c’erano dei cartomanti che erano specializzati in “ritorni
d'amore”: telefonando delle persone, molto spesso pagando, la fattucchiera metteva in pratica tutto uno
scongiuro per questo ritorno d'amore. Di solito si portava al veggente un oggetto appartenente alla persona
fuggita e uno degli oggetti considerati il più efficace è la ciocca di capelli, perché faceva proprio parte del
corpo. Molto frequenti erano anche le pozioni e i filtri d’amore, che si facevano bere alla persona senza
che ne fosse informata. Queste pozioni hanno una tradizione antichissima: quando la battaglia contro
l'eresia è vinta, l'inquisizione incomincia a regolare i costumi civili. Sono tanti i fedeli che sono sorpresi da
quest’accanimento e che si trovano ad essere accusati di superstizione, perché in precedenza non era un
problema. A partire dagli anni Ottanta del ‘500 e, ancora di più, negli anni ‘90 del ‘500 e nei primi decenni
del Seicento, le superstizioni diventano l'ossessione dell'inquisizione. Il termine “superstizione”, ad oggi, lo
usiamo per riferirci ad una credenza che è ingenua e che è indirettamente possibile connettere all'universo
razionale (gatto nero, specchi rotti, passare sotto le scale). Il significato che diamo noi oggi di superstizione
è settecentesco, di matrice illuminista, mentre nel ‘500 per la chiesa la superstizione non era qualcosa che
era lontano dalla razionalità, ma era qualcosa che era lontano dalla liturgia cattolica: si poteva credere ad
alcuni aspetti strambi del sovrannaturale a patto che poi sia la chiesa a curare quelle cose. Un libro
importante intitolato “Inquisitori, esorcisti e streghe dell’Italia della Controriforma”, scritto da Giovanni
Romeo, descriveva una reazione molto piccata da parte di un’inquisita pisana che era processata per aver
prodotto una pozione del ritorno d'amore. Quando gli inquisitori cominciano a contestarla per queste
pozioni, lei dice che questo tipo di cose le ha sempre fatte e non ha paura di loro e aggiunge in maniera
implicita che gli inquisitori con queste battaglie che hanno cominciato, pretendono di raddrizzare il “becco
alle civette”, cioè una cosa contro natura, impossibile. Queste cose sono talmente antiche e consolidate
nelle loro credenze (dei fattucchieri) che è impossibile eliminarle e che l’inquisizione ha perso questa
battaglia. Alla luce di quello che osserviamo ancora oggi, in tante realtà periferiche, effettivamente è così,
perché fanno ancora parte del nostro mondo (tv, cartomanti sui giornali…).
Mettiamoci, ad esempio, nello sguardo di uno storico che oggi osserva le carte dell'Inquisizione e in quello
di un imputato, che si trova tra gli anni ‘40/‘50/’60 e poi gli anni ‘70/‘80 del ‘500, a confrontarsi con un
inquisitore. Lo storico, se presta fede alle carte in quanto tali, penserà ad esempio che nella penisola
italiana, tra gli anni ‘70 e gli anni ‘80 sia esplosa la moda del malocchio perché improvvisamente, all'interno
di quella sede inquisitoriale, dalla assoluta assenza del malocchio, si ritroverà all'inizio degli anni ‘80 a
confrontarsi con tantissimi processi per malocchio e, allo stesso modo, con tantissimi processi legati ai
ritorni d'amore e a piccoli o grandi scongiuri. Questa impressione, corrisponde a verità? Ovviamente no
perché il malocchio, in realtà, esisteva molto prima degli anni ‘80 del ‘500 e nelle fonti, emerge soltanto nel
momento in cui c'è qualcuno che si pone come obiettivo la repressione di quella pratica. Però attenzione
questo ha una conseguenza ancora più grave dal punto di vista dell'etica storiografica, anche a livello di
pratica, di deontologia professionale dello storico se vogliamo, perché il malocchio è una pratica
fortemente popolare e che ha a che fare con persone che molto spesso hanno una dimestichezza parziale o
nulla con la scrittura e che anche fare con persone che in quanto semi-letterate o illetterate tendono a non
lasciare alcuna traccia scritta nella loro esistenza. Il malocchio non è esploso come moda tra la popolazione
che lo pratica e che crede in quelle cose, ma è diventato, negli anni ‘80 del ‘500, priorità per i tribunali e per
le istituzioni repressive, che devono dare un nuovo senso alla loro esistenza, avendo sconfitto quella che
fino a quel momento ritenevano essere la malattia più grave: vale a dire delle l’eresia.
Lo storico cosa è chiamato a fare? Lo storico non deve diventare vittima dell'illusione ottica che l'archivio gli
offre; deve avere la consapevolezza critica per pensare che quella pratica esisteva da molto tempo e che,
soltanto in quel momento, viene intercettata da un tribunale e quindi rivela la sua esistenza. Deve avere
anche la consapevolezza critica per pensare che le masse entrano all'interno delle fonti storiche soltanto
quando c'è qualcuno che ha interesse a reprimere i loro pensieri, i loro comportamenti, le loro idee, le loro
ansie, le loro paure, le loro credenze, le loro pratiche devote. Tutto ciò lo scopriamo soltanto quando a
qualcuno che detiene il potere nella società quelle cose non stanno più bene, quando qualcuno ha la
necessità di controllarle e di cancellarle.
 Oggi parliamo di CANCEL CULTURE: locuzione usata per indicare una forma moderna di ostracismo
nella quale qualcuno diviene oggetto di indignate proteste e di conseguenza estromesso da cerchie
sociali o professionali - sia online sui social media, che nel mondo reale, o in entrambi.
All’epoca però il problema era che fino a poco prima il malocchio non c'era e poi appare quasi
all’improvviso; questo accade perché c'è qualcuno che lo vuole reprimere. Tutto questo deriva anche da
una visione storiografica abbastanza orientata e abbastanza forte che ha una sua genealogia e che oggi è
diventata una di quelle principali all’interno del nostro mondo: nasce da un importante filosofo - storico del
secolo scorso, che si chiamava Michel Foucault (si legge Focò), autore del libro “Sorvegliare e Punire”, che
ha a che fare con una lettura dell'età moderna come età storica in cui le istituzioni hanno perfezionato la
loro capacità di reprimere e controllare i comportamenti, i pensieri delle persone. Quindi l’età moderna è
tale perché è stata l'età in cui si sono affinate le istituzioni repressive. Però la riflessione che vi invito a fare
riguarda proprio la letteratura. Quando è che nella letteratura il rapporto tra alte gerarchie della società e
masse poveri, emarginati, umili diventa un fatto importante? Quand'è che questo rapporto comincia ad
essere un rapporto che è all'ordine del giorno? Durante la rivoluzione industriale, però in questo caso
dobbiamo darci un punto di riferimento perché ci sono varie rivoluzioni industriali: ce n’è una nel ‘700, che
interessa principalmente l'Inghilterra; poi ce n'è una nell’800 e una potremmo dire nel ‘900, che molti
definiscono la seconda rivoluzione industriale. Quindi, tra ‘700 e ‘800 il rapporto tra l’élite e le masse
diventa importante, anche in letteratura:
 In Inghilterra un autore molto importante che tratta questi argomenti è Charles Dickens, con opere
come “Hard Times”, “David Copperfield”, “Oliver Twist”, “Grandi Speranze”.
 In Francia sicuramente potremmo fare riferimento a tantissimi autori Hugo, Balzac e allo stesso modo
potremmo trovare dei riferimenti altrettanto importanti nella letteratura spagnola.
 In Italia abbiamo Alessandro Manzoni.
C'è soprattutto la necessità di aprire uno squarcio importante sugli ultimi, su coloro che sono esclusi dalla
grande narrazione storica che ci porta a guardare dei punti di riferimento alti. Quindi non più soltanto una
storia fatta di re, di sovrani, di imperatori, di arcivescovi, di frati, ma una storia fatta di persone che
normalmente restano escluse dalle grandi narrazioni e che quella storia più che farla la subiscono. Questo è
un fattore molto importante. Inoltre, spesso ci si trova di fronte a delle connessioni che ci devono portare a
identificare un'epoca storica con alcuni personaggi. Chi sono i personaggi di riferimento dell'età moderna?
Possono essere Colombo, Carlo V, Filippo II, Napoleone, Luigi XIV e fra questi personaggi possono essere
anche per esempio Don Chisciotte della Mancha o Robinson Crusoe, nonostante essi siano prodotti
dell'immaginario, ovvero personaggi letterari, eppure rappresentano delle tendenze ampie e che ci possono
far vedere una parte di quell'universo informe che molto spesso definiamo popolo e che non sappiamo
bene come identificare. Dunque, trovandoci di fronte al tema inquisitoriale, abbiamo un modo ulteriore
per entrare nelle vite di un popolo, ma riusciamo a farlo perché c'è qualcuno che questo popolo vuole
combatterlo, vuole fermarlo o comunque qualcuno che vuole fermare alcune tendenze che sono
consolidate e incontrovertibili, ad esempio per un mondo rurale o per un mondo umile e cittadino.
Ci siamo messi nello sguardo dello storico però ora cerchiamo di metterci anche nello sguardo
dell'imputato: abbiamo visto nelle lezioni scorse quanto fosse forte il rapporto tra confessori e inquisitore;
quanto all'interno di questa composita istituzione ecclesiastica l'Inquisizione arrivi ad entrare all'interno di
un sistema complesso di controllo che non era fatto soltanto dall'Inquisizione ma era fatto anche dalla
parrocchia dalla diocesi, dall'ordine religioso, dalla circoscrizione e quant'altro. C'è un mondo
estremamente complesso e con il quale bisogna necessariamente confrontarsi. Sulla base di
quell’atmosfera di sospetto, che si diffonde nel mondo e che porta uno ad accusare l'altro pur di alleggerire
la propria posizione nei confronti del giudice; che cosa succede? Succede che l'imputato, quando si vede
chiamare da un giudice, tende a dire quello che il giudice vuole sentirsi dire, perché ciò lo può portare più o
meno verosimilmente ad alleggerire la sua posizione e ad essere mandato a casa il prima possibile, senza
essere torturato. Quindi se un imputato, pur trovandosi di fronte a una procedura segreta, sa di essere
chiamato da un inquisitore per questioni di eresia, tende quasi automaticamente ad autoaccusarsi di eresia
e ad accusare altri conoscenti di eresia o di presunta eresia.
- Esempio: Annamaria viene chiamata dall’inquisitore e comincia a dire “io sono stato tentato dall'eresia
ma non sia mai, non lo faccio più, però sai che ti dico ma pure Marisa e Monica c’avevano dei libri a
casa, se tu li vedessi ti faresti la croce al contrario” e allora l’inquisitore è questo che vuole sentirsi dire
perché potrà anche chiamare loro a deporre e potrà porre altre domande altrettanto compromettenti.
Tutto questo pone però tutti i potenziali imputati, compreso Jacopo, in una situazione nella quale le
aspettative del giudice, cominciano ad essere conosciute e quindi comincia ad essere anche nota e
condivisa la strategia con la quale tu devi rispondere alle aspettative del giudice. Se vuoi farla franca è
bene che tu dica al giudice le cose che questo vuole sentirsi dire, vere o false, che siano. E se sai che il
giudice ti vuole accusare di eresia, tutte quelle cose lì che andrai a dire hanno a che fare con l'eresia. Il
problema è che, alla fine degli anni ‘70, agli inquisitori della penisola italiana di eresia comincia a
fregare fino a un certo punto e cominciano a porre delle domande che sorprendono gli imputati. Mai e
poi mai Marisa si sarebbe sentita dire da un inquisitore: “senti ma tu li fai mai quegli intrugli strani, sui
quali poi reciti delle formule un po' così che si ritiene producono degli effetti sul tale tizio che è scappato
e ha mollato la fidanzata prima del matrimonio?” Marisa dice: “cosa c'entra tutto questo con l'eresia?
cioè c'entra col fatto che io sono luterana (credo nel Papa, nella Chiesa) mi sta chiedendo delle cose che
io ho sempre fatto; e che ora improvvisamente sembrano diventati un problema”. La sorpresa degli
imputati si coglie molto bene dai processi inquisitoriali. Si coglie una tendenza proprio al
disorientamento di fronte alla domanda del giudice, una tendenza che molto spesso si traduce anche in
comportamenti arrabbiati, infastiditi.
L'ultimo passaggio riguarda la stregoneria e la caccia alle streghe: non possiamo commettere l’errore di
valutare la repressione della stregoneria, così come la repressione della superstizione o dell'eresia, sulla
base del conteggio dei roghi; anche perché questo conteggio, molte volte, è stato fatto in maniera
strumentale e sulla base di questo conteggio si è detto “questo tribunale era più gentile dell'altro”, quasi
come se non mandarti al rogo fosse un atto di estrema misericordia, ma non è che se invece ti costringo
all'umiliazione pubblica o all’abiura ti ho trattato bene. È chiaro che se a un certo punto finisci sotto lo
sguardo di un inquisitore e quest’ultimo, anziché metterti al rogo ti costringe ad abiurare, umiliandoti
pubblicamente e ti copre di vergogna per il resto della tua esistenza, tu dici “meglio la seconda ipotesi che
la prima”. Tuttavia, anche la seconda ipotesi poteva gravare molto su una persona perché spesso chi era
condannato all'umiliazione pubblica doveva indossare il cosiddetto abitino, che doveva essere segnato, ed
era costretto a stare tutte le domeniche fuori dalla chiesa con questo abitino ad essere denigrato o ad
essere guardato di sbieco dagli altri fedeli che potevano entrare in Chiesa. Il confine tra una donna che fa il
malocchio, una fattucchiera e una strega dove sta? Di cosa ha bisogno giudice dell’Inquisizione per dire che
“tu sei una strega” o “tu sei uno stregone” (anche gli uomini essere accusati di stregoneria)? C'è bisogno di
una di una prova giuridica molto concreta (si pensi ad esempio alla “Lettera Scarlatta” di Nathaniel
Hawthorne e tanti altri romanzi che mettono in gioco la figura della strega). La questione della caccia alle
streghe, uno dei temi fondamentali dell'intera età moderna, è il tramandamento di queste stregonerie,
incantesimi, alle future generazioni, di donna in donna sempre e solo all’interno della stessa famiglia (figlie,
nipoti ecc). Gli uomini non possono saperlo e se una fattucchiera lo rivelasse ad un uomo, si rivelerebbe un
sacrilegio. Queste credenze sono state oggetto di indagine per degli importanti antropologi, il più famoso
di tutti Ernesto De Martino, che in un libro intitolato “Sud e Magia” ha svolto delle indagini proprio su
queste credenze in Lucania (Basilicata). De Martino essendo uomo, per estorcere ad alcune donne lucane
il significato di quelle formule, usò alcune delle sue allieve per queste interviste. L’elemento della
trasmissibilità di donna in donna è una cosa che, dal punto di vista ecclesiastico, è profondamente
pericoloso perché prospetta una qualche forma di preminenza della donna nel controllo tra il naturale e il
sovrannaturale, quindi prospetta una qualche forma di sacerdozio femminile perché, nel malocchio, la
donna fa ciò che un prete dovrebbe fare. Quindi, pur non essendo una pratica eretica, questi scongiuri
sono delle invocazioni non codificate. Quindi la Chiesa si occupa non di ciò che è eretico, ma di ciò che
potrebbe essere eretico. In altre parole, secondo la chiesa, le superstizioni, per quanto apparentemente
innocue, possono a lungo andare diventare delle forme di disobbedienza alla chiesa stessa. Uno degli
obiettivi fondamentali del Concilio di Trento e dell’intera Controriforma è clericalizzare la società, cioè
assegnare al clero una funzione cruciale nella guida della vita quotidiana dei fedeli, sia sociale che religiosa.
Tutto ciò ha a che fare con la stregoneria, perché l'inquisitore si occupa anche di lotta alla stregoneria. Il
punto è che l'inquisitore è un giudice e, in quanto tale, obbedisce ad una procedura; anche gli inquisitori,
per quanto non ortodossi e dotati di metodi che non vanno per il sottile, devono obbedire una procedura
e, affinché essi possano accusare qualcuno/a di stregoneria devono avere le prove di un avvenuto atto. La
questione principale è: di che cosa ha bisogno il giudice per poter accusare una persona di stregoneria? La
stregoneria potrebbe essere “dirigere la volontà degli altri” attraverso pozioni, intrugli, oggetti particolari
ed incantesimi. La strega, al pari della fattucchiera e della mediatrice del Sacro, è qualcuna che interviene
nel rapporto tra il naturale e soprannaturale, cioè sta nella via di mezzo tra quello che c'è nel mondo delle
cose e della scienza e quello che c'è al di sopra della natura. In questo intervento, la strega si serve di una
pozione, di uno scongiuro, di un oggetto, ma ciò non è sufficiente al giudice inquisitoriale per inchiodare
una persona per stregoneria, non gli basta.
- Esempio: Come faccio ad accusare Daniela di stregoneria? Di che cosa ho bisogno io giudice per poterla
accusare? Fare qualcosa con la chimica è un indizio pari all’adulterio ma non è una prova perché in età
moderna non esiste la chimica, non esiste l’alchimia, c’è un particolare modo di rapportarsi con la
natura che è sospeso tra naturale e soprannaturale, tra conoscenza scientifica e filosofia naturale.
Forse far parte di qualche setta? Ma in quel caso dovresti coglierla nel fatto, ad esempio durante una
seduta spiritica, durante la quale vengono invocati gli spiriti attraverso la presenza di un medium, cioè
c'è bisogno di un mediatore, qualcuno che metta in connessione le anime delle persone viventi con le
anime dei morti. Ma neanche questo basta per farti accusare (che tu faccia parte di una setta o abbia
sacrificato degli animali). C'è bisogno di una cosa molto molto più specifica, c'è bisogno di provare che
tu abbia consapevolmente stretto un patto col diavolo e che gli abbia venduto l'anima facendo in
modo che attraverso questo patto il diavolo poi ti trasmetta un potere e che quel potere possa essere
poi tradotto in attività stregonista.
Affinché una persona possa essere accusata di stregoneria, il giudice ha bisogno di provare la presenza di
un “patto col diavolo”, quindi ha bisogno di provare che la capacità di quella persona di muovere cose, di
intervenire sulla vita degli altri, di spingerli a fare cose che loro non vogliono, di indurle a pensare o a vivere
qualcosa, sia dovuto al potere che le è stato conferito dal diavolo in virtù di un patto volontario: in cambio
del potere la strega gli offre la sua assoluta fedeltà. Tutto questo, però, si traduce anche in un altro
problema ancora più complesso, ovvero quello della partecipazione al Sabba diabolico, la festa del
diavolo: è un incontro al quale partecipano delle persone vendendo l'anima al diavolo, giurandogli fedeltà
e stringendo con lui un patto, talvolta facendo sesso col diavolo. Questo ci fa capire qual è la differenza fra
la stregoneria e tutte queste altre forme di pratiche devote più o meno superstiziose, che sono sotto lo
sguardo dell’inquisizione e che possono facilmente scivolare verso la stregoneria. Secondo le credenze
consolidate, le streghe si recano in un posto, in un particolare giorno della settimana, e incontrano il
diavolo. Quale sarebbe l’attenuante più importante che potrebbe portare a dire che quel patto col diavolo
non era stato consumato volontariamente? Bisognerebbe avere un testimone che provi che è stato fatto
mentre si era posseduti. E quella possessione non era riconducibile alla tua volontà. Dimostrare di essere
posseduta non migliora la tua posizione, ma sul piano strettamente giuridico è un attenuante che potrebbe
indurre il giudice a dire che quel patto non lo ha stipulato volontariamente, ma in una condizione di
assenza di possibilità di scelta cosciente; questa è una discriminante abbastanza importante. Il punto è che,
ritornando alla questione anche delle statistiche, dei vari tribunali che consumano tanti roghi, tante
condanne a morte, anche per quello che riguarda la stregoneria, l'orizzonte di aspettative che c'è negli
imputati e nelle imputate è molto ampio e consolidato.
- Essere possedute significa poter essere esorcizzate, e quindi significa avere la possibilità di alleggerire
la propria posizione, perché la scelta che eventualmente si è fatta non può essere riconducibile alla
volontà, cioè non è una scelta volontaria. Però ci sono vari modi di esorcizzare, praticati dagli stessi
ecclesiastici, che rientrano all'interno dei manuali inquisitoriali. Anche in questo caso è interessante
l’importanza della figura della donna, soprattutto per la concezione particolare che si ha del corpo
della donna nei confronti della possessione diabolica, fermo restando che un uomo può essere
posseduto a pari di una donna, però nell'Antico Regime si credeva (ed era una credenza consolidata,
che faceva parte anche del rapporto stretto che talvolta si stabiliva tra teologia e medicina) cioè che il
corpo della donna avesse punti deboli, che erano maggiormente aggredibili dal diavolo, cioè che il
corpo della donna fosse strutturalmente più debole e quindi più facilmente penetrabile dal diavolo.
Dove va più facilmente il diavolo a nascondersi? Va a nascondersi negli anfratti che fanno parte
dell'intimità femminile. Ad esempio: entra nel corpo della donna all'interno della vagina ed è da lì che
dovrebbe uscire. Il punto è che spesso l'esorcista comincia a pretendere di far uscire il diavolo dal
corpo della donna, mettendo una parte del suo corpo in quella parte dove si ritiene che il diavolo sia
entrato. Faceva sesso? Troppo semplice, non è esattamente quello che succede, non è una ordinaria
penetrazione uomo-donna. Da un lato si potrebbe pensare che l'esorcista stia approfittando di una
credenza per adescare una presunta indemoniata e avere un rapporto sessuale con lei, quindi usarle
violenza oppure approfittare della sua credenza per avere comunque una forma di rapporto sessuale
illecito. Non è questo, perché molto spesso il sacerdote, direttore spirituale o esorcista vero e proprio,
il pene prima di introdurlo all’interno della vagina se lo legava. Perché? Per impedire di avere l'erezione
e quindi il gesto si consuma non in quanto gesto sessuale, ma semplicemente in quanto gesto che si
ritiene dotato di un potere sulla posseduta e sulla parte debole del corpo della posseduta che è quella
da cui si ritiene il diavolo sia entrato. Ciò permette di capire quanto sia delicato il rapporto di
prossimità che c'è tra confessore e penitente: tuttavia il penitente può essere anche un uomo e quindi
il problema non riguarda soltanto le donne. Quindi risulta essere un groviglio di cose, difficile da
sciogliere, in cui tante questioni che riguardano la sfera personale, le paure, i desideri repressi si vanno
a incrociare con tante questioni che invece riguardano la vita collettività, la vita della cosiddetta
comunità cristiana.
Altra questione fondamentale è: la confessione dove si fa? in chiesa, ma la puoi fare ovunque in chiesa? La
confessione no, si fa nel confessionale. Cos’è il confessionale? È un oggetto di arredamento ecclesiastico. La
domanda è: il confessionale c’è sempre stato? Non c'è sempre stato e viene introdotto proprio in questa
epoca, negli anni della cosiddetta controriforma, anzi, si ritiene che Carlo Borromeo abbia ricoperto un
ruolo fondamentale nell'invenzione e nella trasformazione del confessionale in uno strumento di uso
comune. E qual è lo scopo del confessionale? È quello di separare il penitente dal confessore per fare in
modo che non ci possa essere alcun rapporto di intimità, addirittura non si potevano guardare in faccia
perché uno dei reati che più spesso venivano commessi era la cosiddetta SOLLICITATIO AD TURPIA
(sollecitazione ad atti turpi), cioè il cosiddetto “adescamento in confessione”, ovvero usare la confessione
per avere dei rapporti sessuali, talvolta tra uomo e donna, talvolta tra uomo e uomo, tra donna e donna più
difficilmente poteva avvenire perché una donna non può confessare l’altra.
C’è un manuale famoso, il “Maleus Maleficarum”, ovvero “il martello delle streghe”, sul quale gli
inquisitori imparavano come funziona l'universo che gravita attorno alla stregoneria. Imparano a capire
cosa dovrebbero fare le streghe e cosa chiedere loro per poterle incastrare. Il fatto che loro si siano formati
su questi manuali genera un meccanismo mediatico: ritorniamo quindi alla questione dei media, della
comunicazione. Quasi sempre le imputate tendono a confermare quello che il giudice dimostra di
sospettare nella sua domanda. È quasi come se le streghe tendessero ad incontrare le aspettative
dell’inquisitore. Questo succede per ragioni molteplici: la prima ragione è la tortura come elemento
dirimente, per cui, se la presunta strega non confessa quello che il giudice si aspetta, potrebbe essere
sottoposta a tortura e soffrire fisicamente; la seconda ragione è che il giudice dell'Inquisizione Romana non
intende condannare la strega, ma semplicemente propiziarne il pentimento e l’abiura. Oltre questo gli
dev’essere confessato anche chi altri è stato con lei, perché in questo modo potrà catturare e incastrare
anche le altre. Per la presunta strega arriva una condanna a morte quando, dopo essere stata incastrata ed
aver abiurato, viene scoperta come recidiva, cioè si dimostra incapace di tenere fede a quello che ha
promesso, e che quindi c’è una buona probabilità che questa possa rifarlo. Il risultato di tutto questo è che
le confessioni delle presunte streghe, di fronte all’inquisizione, sono delle confessioni dotate di un alto
grado di stereotipicità, cioè tendono a dire sempre la stessa cosa e a confermare tutte le aspettative del
giudice. Quindi, come si fa a capire che c’era stato un patto col diavolo? Per capire che c'è stato un patto col
diavolo basta che qualcuno lo confessi, molto semplicemente sotto tortura, oppure che qualcuno testimoni
che l'hai fatto e che quel testimone venga giudicato attendibile.
Un esempio può essere la deposizione, intorno alla metà degli anni ‘80 del ‘500, della presunta strega di
Caserta, ovvero Ippolita Palomba, una donna di 70 anni che era stata ritrovata in possesso di alcune
immagini sacre, di alcune calamite, carte e chiodi e soprattutto di un piede di un feto.
- Caserta: oggi situata in pianura, è una città di circa 70/80.000 abitanti, nata in un momento storico
importantissimo alla fine dell'età moderna; si è sviluppata principalmente intorno ad un palazzo
vescovile, ovvero la Reggia borbonica, anche nota come la Reggia di Caserta. Quindi la storia di Caserta
è particolare: tutte le città italiane si sviluppano attorno un centro storico, poi poco fuori dal centro
storico vi sono le periferie. Caserta invece ha il centro storico fuori dalla città; si chiama oggi Caserta
vecchia, in cui vi è il vecchio Duomo, arroccato sulla montagna, che risale all'epoca normanna
(probabilmente ha origini di epoca longobarda).
Nel 1586, Ippolita viene chiamata dall'inquisizione per dare delle spiegazioni e, senza nemmeno aspettare
che il giudice le ponga delle domande più precise, comincia a raccontargli tutta una serie di reati molto
gravi, quasi come se volesse mettere le mani avanti. I racconti delle donne dell’area della Campania sono
molto simili, perché fanno tutti riferimento ad un altro luogo, nel quale tenderebbero a radunarsi e a
partecipare al sabba diabolico, il cosiddetto “noce di Benevento”, un bosco nei pressi di Benevento. Che
legame c’è oggi tra la stregoneria e l'area del beneventano? È un’area ricca di boschi che si prestano in
maniera molto pronunciata a questa ricorrenza. In ogni caso, Ippolita dice di essere andata in janaria la
notte (janara: strega che ha la possibilità di farsi piccola, è estremamente maligna ed è capace di entrare
nelle case di notte anche attraverso piccole fessure per affogare la sua preda). Le janare, in questa loro
malignità e crudeltà, hanno una cosa capace di frenarle: la scopa o la criniera del cavallo (fatta di più cose
sottili). La janara rimane impigliata tra le setole della scopa e non si muove finché non ha finito di contare
tutto. Dato che la janara può aggredire soltanto di notte e non di giorno, se uno mette questa cosa a
protezione delle finestre guadagna tempo, perché la janara potrebbe impiegare tutta la notte a contare i
fili e quando arriva l’alba è costretta a scappare, non riuscendo ad aggredirti. Ippolita continua e rivela che
è stata una certa Beatrice de Pisciotta che le ha insegnato questo maleficio delle janare. Andarono verso la
noce di Benevento, nude e ricoperte da un puzzolente unguento, nella notte tra il giovedì e il venerdì. Non
erano sole, ma accompagnate da altre 40 streghe e stregoni. Quello del giorno è un particolare importante,
perché il sabba diabolico avviene nella notte tra il mercoledì e il giovedì o nella notte tra il giovedì e il
venerdì perché, nelle altre notti della settimana, è come se il sabba è non funzionasse. La cosa
fondamentale che dice Ippolita è che lì trovarono “il principe dei demoni” e che gli rendono omaggio
inchinandosi e dandogli le spalle. Le fanno giurare su un libro di obbedirlo (lo firma con il suo sangue
ricavato dal seno). Ippolita sta confessando al giudice di aver stretto un patto col diavolo. Ippolita Palomba
fa i nomi di altre donne che stavano con lei: sembra piena di informazioni sulle altre persone che hanno
partecipato a questo presunto Sabba Diabolico e molte di queste persone abitano molto lontano da lei, il
che rende il racconto fortemente inverosimile, perché andare da Caserta a Casalnuovo e poi a Napoli alla
fine del ‘500 non era la cosa più semplice del mondo. Era una società in cui la mobilità, soprattutto nelle
aree rurali, era estremamente limitata, in cui le vie di comunicazione erano pochissime, quindi conoscere
delle persone che fanno le stesse cose che provengono da villaggi lontani rende meno credibile il tuo
racconto. Molto spesso dici dei nomi semplicemente perché li hai sentiti dire, ma non perché conosci
realmente quelle persone. Dunque, in ciò si coglie la tendenza dell'imputata ad incontrare le aspettative
dell’Inquisitore. A quale scopo? Per cercare di farla franca, per cercare di non essere messa al rogo. I
giudici non si insospettiscono una volta sentiti i racconti che si somigliano tra di loro? Il problema è che i
giudici, quelle cose che si sentono raccontare a loro volta, le hanno imparate all'interno dei manuali, quindi
le persone glieli raccontano perché hanno sentito dire che fanno sempre le stesse domande. Quindi per i
giudici quei racconti non sono delle cose più o meno fantasiose, ma sono conferme di una verità che loro
già hanno.
Se volessimo tracciare un quadro esaustivo della caccia alle streghe in antico regime, dovremmo dire che
l'inquisizione Romana, che faceva capo direttamente al Papa, non scatenò delle vere e proprie caccie alle
streghe o comunque non condannò un grande numero di streghe, ma preferì ricevere il loro pentimento e
ricorrere all’estrema condanna a morte solo nei casi di recidività (solo quando ricommettevano il reato). In
altre aree d'Europa, questa cosa è avvenuta con risvolti molto più forti e violenti. Da anni, gli studiosi
stanno cercando di capire il fenomeno che si riflette anche sul presente. Hanno capito innanzitutto che le
caccie alle streghe sono concentrate nei confronti di figure femminili e non maschili, esistevano gli
stregoni ma non tanto quanto le streghe. I processi contro le streghe si concentrano su donne che vivono
ai margini della società e che, molto spesso, sono rimaste sole, senza più protezione di carattere familiare o
maritale. Sono donne frequentemente povere, costrette a ricorrere anche a degli espedienti per poter
sopravvivere. Le presunte streghe non possiedono affatto coscienza di aver fatto delle cose tanto gravi, e
allora perché dicono queste cose così dettagliate giudici? Lo fanno per salvarsi, perché sanno che le
conseguenze sarebbero ancora più catastrofiche se proclamassero la propria innocenza. Le mediatrici del
Sacro spesso propiziavano anche i matrimoni, erano delle persone che facevano conoscere altre persone,
invitandoli entrambi a prendere il caffè a casa e, attraverso questo sistema, le facevano innamorare. La
mediazione matrimoniale poi si accompagna alle altre forme di mediazioni che queste persone possono
portare avanti. Altro elemento che è emerso da queste enormi ricerche portate avanti sul fenomeno
europeo, è che la caccia alle streghe è stata più intensa e sanguinaria nelle aree di confine tra il
cattolicesimo e il protestantesimo, cioè nelle aree geografiche che fanno da cintura tra questi mondi.
Secondo gli studiosi, è accaduto in queste aree perché le tensioni interconfessionali (tra una religione e
l’altra) si sono tradotte anche in tensioni nei confronti delle persone che sono già socialmente molto deboli,
cioè persone che non hanno grandi protezioni; parliamo per la maggioranza di donne, da sempre marginali,
che si trovano a essere vittime di accuse di stregoneria. Perché forse oggi esiste ancora questo problema? A
Febbraio 2022 è uscito un libro di una comparatista che lavora all'università di Siena, Daniela Brogi, per
Einaudi si chiama “Lo Spazio delle donne”: è importante perché significa che è un problema che ancora oggi
si tocca tantissimo e che ancora ci riguarda. Che significa che in Antico Regime le donne erano a più alto
rischio di marginalizzazione? Significa che le donne se rimangono prive della rete di protezione, della
parrocchia o della corporazione o della famiglia finiscono facilmente ai margini della società. Donne senza
padri, senza fratelli o senza mariti sono ad altissimo rischio; ci sono donne che possono diventare
facilmente mediatrici anche del sacro o alle quali può essere attribuito un ruolo di mediazione del sacro
come forma di compensazione rispetto alla marginalità sociale alla quale sono state ridotte per l'assenza di
protezioni maschili familiari. Rimanere vedove in Antico Regime era molto grave e l'unica via d'uscita è:
risposarsi o ritornare all'interno del nucleo familiare di provenienza, oppure chiudersi in convento. Ma
queste tre ipotesi, non sono facilmente persuadibili, perché compiuta una certa età si ritiene che una
donna sia totalmente esclusa dal mercato matrimoniale. L'altra questione fondamentale è legata
all’entrata in convento: può capitare che alcuni punti di riferimento maschili della stessa famiglia possano
venire meno e si ha la necessità di entrare in convento: per entrare molto spesso serve una dote (una
disponibilità di denaro, di beni materiali), che non sempre si ha, quindi non tutte le donne potevano
entrarci. E quindi che cosa si fa? Ci si riduce a una marginalità sociale, che poi trova varie forme di
compensazione, alcune di queste hanno a che fare con la mediazione del sacro (ovvero col fatto che la
donna si trovi attribuito o si auto-attribuisca un ruolo di mediatrice del sacro).
Ritornando al libro “Inquisitori, Esorcisti e Streghe”: essere un esorcista non è un crimine in quanto tale,
anzi era consentito, il problema è che quando sei un prete dotato di patente esorcistica e quest’ultima ti è
stata data da un alto prelato (molto spesso è un vescovo a poter conferire la patente esorcistica a un
sacerdote), l’esorcismo lo puoi fare. Se sei Jacopo o Pasquale non è che ti improvvisi esorcista e quella cosa
è lecita. Il punto è che c'erano tanti Jacopo e Pasquale che non essendo preti facevano gli esorcisti e che
avevano a che fare con gli animi di presunte indemoniate e lo facevano abusivamente, senza avere
l'autorizzazione ecclesiastica. Eppure è proprio quel tipo di pratica esorcistica fuori dalla gerarchia
ecclesiastica che diventa oggetto di attenzione da parte dell'Inquisizione. Si può dire che uno che fa gli
esorcismi è luterano, è eretico? No, perché magari uno che fa l'esorcismo crede nel diavolo, ma si può
credere nel diavolo anche stando all'interno dell’obbedienza romana. Nel ‘500 e si può credere che il
diavolo possa impossessarsi di qualcuno e quindi ritenere opportuna la necessità di liberare il posseduto. A
quel punto interviene l'esorcista, che può stare dentro o fuori dalla gerarchia ecclesiastica (ovvero avere o
meno l’autorizzazione per praticare l’esorcismo). Questo è il discrimine che fa sì che l'Inquisizione
intervenga. L'altra questione ancora più dirimente, è che i tribunali protestanti hanno anche portato avanti
delle sanguinose caccie alle streghe e altrettanto hanno fatto i tribunali secolari, cioè i tribunali degli stati.
Quindi non sono soltanto l'inquisizione romana o l'inquisizione spagnola a celebrare i processi contro le
streghe, ma sono anche degli stati dei tribunali che fanno capo ai re, ai principi territoriali e alle varie
chiese protestanti.
Dall’età napoleonica in poi (tutt’oggi dunque), il matrimonio è un qualcosa che ha un valore legale, civile,
quando prima il matrimonio era unicamente religioso. Il matrimonio religioso è l’unica dimensione
possibile, dominante, nell’Europa cattolica di antico regime (oggi poi viene registrato anche in sede civile)
dal Concilio di Trento in poi. Nel medioevo, il matrimonio era un patto che veniva stabilito da due persone
alla presenza di testimoni, per un'alleanza tra famiglie. Il mercato matrimoniale è una delle materie più
importanti e trattate dal Concilio di Trento, a cui i padri conciliari dedicano più attenzione in assoluto.
Perché ci tengono così tanto a matrimonio? Il matrimonio prima del Concilio di Trento era un contratto; lo
è ancora oggi però adesso abbiamo il matrimonio civile, che è un contratto che viene stipulato
privatamente tra due persone, alla presenza di testimoni, ma può essere concluso in un qualsiasi luogo
pubblico o privato (vicino una fontana in una piazza, in una stalla, in una casa privata), l'importante è che ci
siano i testimoni e i contraenti e che questi ultimi, attraverso la recita di alcune formule, vadano a giurarsi
fedeltà e a concludere il contratto anche scambiandosi un anello. L’inanellamento e lo scambio della
promessa è la prova dell'avvenuto matrimonio. Il Concilio Di Trento invece, stabilisce una cosa
fondamentale che, evidentemente, fino a quel momento non era tanto importante, ovvero che il
matrimonio debba avvenire in facie ecclesiae, cosa significa? Per poter concludere realmente un
matrimonio è necessario che sia presente ministro di Dio cioè che sia presente un sacerdote. Dice soltanto
questo il Concilio di Trento? No, dice anche una cosa apparentemente contraddittoria: è necessario che il
sacerdote sia presente, ma non è che sia consenziente, ovvero è necessario che ci sia per poter concludere
un matrimonio, ma non è assolutamente necessario che il sacerdote sia d'accordo. Quindi secondo il
Concilio di Trento, gli sposi devono semplicemente dire di essere d'accordo e il tutto deve avvenire in
presenza di testimoni, ma questo succedeva anche prima, quindi la novità è che ci deve essere un
obbligatoriamente anche il prete. Il punto qual è? È che l'unico a non dover essere obbligatoriamente
d’accordo è il prete, basta che il prete ascolti, dopodiché il prete ha un obbligo: quello di registrare
l'avvenuto matrimonio su un apposito documento che si chiama liber matrimonium e che lui tiene
all'interno del suo archivio insieme ad altri libri: il libro dei battesimi e quello delle morti e il libro “Stato
delle anime” che deve consegnare al vescovo. Quindi nel “libro dei matrimoni” deve registrare il suo
eventuale dissenso al matrimonio, anche se la sua volontà non è importante, ciò che conta è che abbia
preso parte al matrimonio, abbia ascoltato le promesse e l’abbia registrato. Perché la Chiesa voleva fare
questo? Lo voleva fare per cercare di garantire che il matrimonio non fosse più soltanto un contratto
privato stipulato tra famiglie, ma che fosse il frutto della libera scelta dei contraenti. Quindi, è come dire:
cominciamo a dare importanza a quello che gli aspiranti sposi vogliono e non soltanto a quello che le
famiglie vogliono. In questo modo si vuole rendere il matrimonio u sacramento clericalizzato, volendo
evitare che un eventuale parroco si possa fare interprete della opposizione delle famiglie e non celebrare il
matrimonio. Quindi la Chiesa permette a due persone di sposarsi liberamente a patto che non ci siano
rapporti di consanguineità (affinità uguali o inferiori al quarto grado). Che cosa significa? Significa che tu
puoi sposare chi vuoi, però a patto che non sia un tuo parente neanche alla lontana, anche i cosiddetti
“parenti acquisiti”: entrano in gioco anche i cognati, fratelli dei cognati, cioè tutte le persone che non
hanno il tuo cognome, che non hanno nulla a che fare con la tua rete di discendenza, ma che si sono
imparentati con te attraverso altri matrimoni preesistenti.
- Esempio: Sara ha un fratello sposato. Daniela ha un fratello, che ha sposato un'altra donna. Quella
donna ha un cugino e Sara non può sposare il cugino di questo. Si potrebbe dire ma cosa c’entra con
quello? Fanno parte della stessa rete di consanguineità e andrebbe contro la regola ecclesiastica.
Oggi questi problemi non ce li poniamo più di tanto perché abbiamo i social che ci permettono di conoscere
persone sparse in tutto il mondo e con cui difficilmente ci potrebbero essere dei legami di consanguineità.
Tuttavia, dobbiamo comunque tenere in considerazione il periodo storico in cui ci troviamo: era una società
prevalentemente rurale, in cui le possibilità di spostamento da un luogo all'altro erano estremamente
limitate e in cui, all'interno degli stessi villaggi rurali, il grado di endogamia era altissimo perché la
possibilità di poter conoscere una persona fuori dal quarto grado di consanguineità era bassissima, in alcuni
casi addirittura inesistente. E allora che si fa? La Chiesa garantisce la libertà di scelta e facendo ciò si poteva
richiedere una dispensa che soltanto il vescovo poteva dare. Tuttavia, questa dispensa aveva un costo alto
(circa 3/4 ducati) e presupponeva che i contraenti si subordinassero alla benevola autorità del
vescovo/Chiesa. Molto spesso le persone non avevano i mezzi economici per richiedere questa dispensa e
poterla ottenere, pur volendosi sottomettere a quella autorità. E che cosa facevano? Decidevano di sposarsi
comunque. E come lo facevano? Lo facevano in un modo particolare che si può rinvenire tranquillamente
all'interno dei libri di matrimoni, i cosiddetti LIBRI MATRIMONIORUM, cioè dei documenti che venivano
compilati dai parroci. In genere sfogliare un libro di matrimoni in una parrocchia è una cosa
tendenzialmente molto noiosa perché sono molto ripetitivi (ripetono sempre la stessa cosa): “il giorno tot
tizio e caio si sono presentati qui, tenevano questa e quest’altro testimone, hanno concluso un regolare il
matrimonio in assenza di impedimenti”. Poi ad un certo punto il libro dei matrimoni diventa di colpo
interessante: una volta ogni 50/ 100 matrimoni il prete comincia a raccontare una storia. Ad esempio inizia
a raccontare di una notte in cui, mentre stava dormendo, sono arrivate delle persone che urlando gli hanno
fatto la porta, l'hanno costretto a vestirsi di tutta fretta e, nonostante il freddo, a scendere di casa e a
recarsi a casa di qualcuno perché c'era una persona che stava morendo e aveva bisogno dell'estrema
unzione. Il prete, suo malgrado, si è recato in quella casa e ha trovato effettivamente un tizio sdraiato sul
letto. Si è avvicinato a lui, si è apprestato a dargli l'estrema unzione e poi all'improvviso, come se niente
fosse, sono apparse due persone giovani, un uomo e una donna, e in presenza di altre persone che stavano
all'interno della stessa stanza, hanno detto: “questa è mia moglie” e lei ha risposto: “caro signor parroco
questo è mio marito”. E all’improvviso il morto è resuscitato (evidentemente non era un moribondo). In
altre parole al sacerdote è stata tesa un'imboscata. A quel punto il sacerdote che cosa può fare? Può dire:
“io non sono d'accordo” ma agli sposi non interessa perché ciò gli è stato consentito dal Concilio di Trento.
Il sacerdote non può fare altro che tornare nella sua casa parrocchiale, prendere il libro dei matrimoni per
raccontare quello che gli è successo.
- Ciò ci ricorda i Promessi Sposi, ambientati nella prima metà del ‘600, e il tentativo di organizzare un
matrimonio clandestino messo in atto da Agnese, la madre di Lucia. Come fanno loro? Dato che Don
Abbondio non uscirà mai di casa, vi si è rintanato dicendo di essere malato (sa di non poter celebrare
quel matrimonio perché Don Rodrigo non vuole, ma sa anche che il suo consenso non è importante
affinché quel matrimonio si celebri, quindi l'unica cosa che può fare è inventarsi degli impedimenti o
darsi malato), cercano di stanarlo comunque facendogli intravedere la possibilità di poter riscuotere un
debito che aveva contratto con alcuni debitori del paese. Così mettono in atto il piano: Don Abbondio
si alza, Renzo e Lucia di soppiatto entrano insieme agli altri all'interno della casa di Don Abbondio e
cercano di parlare. Renzo dice: “caro sacerdote questa qui è mia moglie” ma mentre Lucia sta per dire
“questo qui è mio marito” (lei è un più timorosa e non vi riesce), Don Abbondio si arma di tutte quelle
energie che fino a quel momento sembravano mancargli e comincia a tirare giù i mobili, a fare un
chiasso tremendo e alla fine chiama aiuto e Lucia non riesce a dire quella sospirata frase che l'avrebbe
resa moglie. E alla fine, il tentativo del cosiddetto matrimonio clandestino non va a buon fine.
Gli archivi parrocchiali di Antico Regime sono pieni di episodi come quello che Manzoni nell'Ottocento
racconta nei Promessi Sposi. Questo è un esempio di cosiddetto “matrimonio clandestino”. Quando
Manzoni, a distanza di più di due secoli da quest’epoca, scrive la famosa scena dei Promessi Sposi lo fa in
virtù del fatto che lui era un attentissimo storico e lavorava negli archivi, quindi queste carte le aveva viste e
se l'era già sentite raccontare e cerca di riproporle all'interno del proprio romanzo. La scena del “finto
morto” è una scena che si presta a una ricostruzione letteraria e all'interno di un'opera teatrale (come
vediamo nei film di Totò, Eduardo de Filippo), fondata sulle capacità attoriali e dissimulatorie delle persone
che la organizzano.
Tuttavia la domanda da porsi è: perché la Chiesa, sapendo che sarebbero sopraggiunti tutti questi problemi,
introduce delle regole così contraddittorie nel Concilio di Trento sul matrimonio? Tutto questo, dal punto di
vista della prassi, si traduce in una sostanziale sottomissione di tutti gli aspiranti sposi all’autorità
ecclesiastica locale, la quale è ritenuta capace di offrire benevolmente una soluzione (in altre parole: ti
rivolgi al parroco, che si rivolge al vescovo e quest’ultimo farà in modo che il matrimonio che tu desideri
possa essere realizzato). Il problema è che la presenza di questi ostacoli ti obbliga, in qualche modo, a
ricorrere all’aiuto di questi ecclesiastici, quindi è contraddittorio. È un modo per tenere la comunità stretta
intorno al parroco e al vescovo e fare in modo che quelle figure vengano viste come riferimento anche per
la costruzione della vita familiare.

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