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STORIA MODERNA (LEZIONE 1)

La storia è sempre contemporanea anche quando guardiamo al passato (al ‘500, al ‘600, ‘700). La
nostra sensibilità verso tutti gli aspetti del mondo che ci circonda, anche sui mezzi di comunicazione,
e il modo in cui osserviamo il mondo sono legati alla nostra conoscenza della storia; quindi, che si
parli di scoperta dei nuovi mondi o delle Americhe, di riforma protestante, di inquisizione, caccia alle
streghe, di sovrani assoluti, di romanzi e cultura illuminista, il nostro interesse per questi argomenti
nasce dal nostro interesse per il presente. Marc Bloch, un grande storico della prima metà del
Novecento, nel suo libro diviso in 2 volumi, “il passato nel presente”, diceva che tra presente e
passato c’è un filo ininterrotto che va avanti e indietro: guardiamo il passato perché guardiamo il
nostro presente e poniamo degli interrogativi al passato perché quegli stessi interrogativi sono legati
alla nostra presenza (in altre parole: per capire il presente bisogna capire il passato e viceversa).
Perché si parla di storia moderna? Nella stessa definizione di storia moderna c'è un giudizio perché
descriviamo un’epoca storica che è di circa tre secoli, che va dalla fine del ‘400 e l’inizio
dell’Ottocento, attraverso un aggettivo, “moderna”, definizione che va ad attribuire a quest'età una
qualità. Quando usiamo nel nostro quotidiano la parola “moderna” stiamo usando una parola che ha
dei risvolti positivi, raramente utilizziamo questa parola con un’accezione negativa, anzi spesso
utilizziamo il contrario di moderno che è “antico” con un'accezione negativa (a tutto ciò che è troppo
legato al passato), e guardiamo invece al moderno come una novità (ad esempio se ci riferiamo ad
una tecnologia la definiamo “moderna”). È importante comprendere questo risvolto e,
effettivamente, quando usiamo questo aggettivo stiamo attribuendo a quest'epoca una modernità
che non può essere assolutamente assunta con un postulato ma deve essere tutta quanta
dimostrata. Veramente in questa età che chiamiamo “moderna” si stava meglio di come si stava
prima? Veramente c'è un progresso rispetto a quello che c'era prima? L'idea di modernità nasce in
opposizione a un'altra idea che è quella di Medioevo. È un'idea di matrice umanistica: gli umanisti,
ad un certo punto, si resero conto di vivere in una nuova età che si distingueva dalla cosiddetta “età
di mezzo” che li separava dall'antichità, allora, automaticamente attribuivano al mondo nel quale
vivevano una caratteristica di novità, una modernità, ma questa modernità è qualcosa che sta scritto
soltanto sulle copertine dei manuali o sta anche nella realtà delle cose nella realtà dei fatti? È da
dimostrare!
Le date a cui si attribuisce tradizionalmente l'inizio e la fine dell'età moderna sono il 1492 e 1815
(invece sul manuale di Capra queste date sono il 1492 e il 1848). Una data celebre in tutto il mondo è
la data della cosiddetta scoperta dell'America (che il prof ama definire invece scoperta del nuovo
mondo, o meglio dei nuovi mondi), ovvero il 1492, grazie al viaggio di Cristoforo Colombo. L’altra
data, invece, segna, da un lato la fine della parabola di Napoleone, dall’altro la celebrazione del
congresso di Vienna. Quindi è una data che in generale segna la fine del lungo processo
rivoluzionario che interessò una delle principali monarchie europee, a partire dal 1789 fino al 1815
(Rivoluzione francese), e l'età Napoleonica. Tuttavia, l’inizio dell'età moderna è segnato anche da
altri fenomeni concomitanti che sono interconnessi e contemporanei alla scoperta delle Americhe
(secondo alcuni studiosi sono addirittura la causa o conseguenza immediata della scoperta
dell'America): uno di questi è l’umanesimo, una nuova atmosfera culturale che assegna centralità
allo studio delle humanae litterae e rivaluta totalmente il ruolo dei classici antichi, studiati in una
prospettiva diversa rispetto a come venivano studiati in precedenza, ovvero all'interno del loro
contesto storico originario e non semplicemente come portatori di una conoscenza retorico-
linguistica che doveva consentire al discente, l'accesso al testo biblico. Cosa significa? Significa che se
studiamo Virgilio, Cesare, Seneca, lo facciamo con la consapevolezza che i loro testi sono figli di un
contesto totalmente diverso e rispondono a priorità diverse, li studiamo con la consapevolezza che
c'è una distanza cronologica che ci separa da loro enorme. Nel medioevo, invece, questi testi si
studiavano semplicemente per acquisire le conoscenze linguistiche-retoriche necessarie per poter
poi sviluppare la ricerca della verità assoluta che era quella contenuta all'interno del testo biblico, la
verità Cristiana. Successivamente, la nuova atmosfera culturale dell'Umanesimo acquisisce un’altra
definizione, problematica sul piano storiografico, che è Rinascimento e questo mondo assume il
ruolo di svolta, caratterizzato da una nuova cultura, un nuovo modo di guardare la conoscenza e il
passato. Poi una profonda crisi religiosa mette in discussione le verità cristiane così come vengono
proposte dalla chiesa di Roma e porta a una scissione profonda del mondo cristiano, che fa sì che
alcuni europei, in particolare, continuino ad essere cristiani ma senza più essere fedeli al papa e alla
chiesa di Roma. Ci fu anche una trasformazione economica profonda dovuta alla presenza
all'interno del mondo europeo di una spinta espansiva forte che faceva sentire la necessità di avere
anche nuovi luoghi da scoprire e in cui sviluppare gli scambi commerciali/culturali, nuovi luoghi con i
quali avere anche scambi di carattere religioso, nuovi luoghi da evangelizzare. Infine si assiste anche
ad una trasformazione politica, che in genere si chiude sotto la definizione di “formazione o
rafforzamento del cosiddetto Stato moderno”, un concetto piuttosto astratto. Anche questo
fenomeno è generalmente identificato come svolta periodizzante, cioè come fenomeno che ha
contribuito all'inizio di una nuova epoca.
 Ragioni geopolitiche → una delle ragioni che spinse Colombo a navigare verso occidente fu
la trasformazione radicale al quale venne sottoposto il mediterraneo fra il ‘300 e il ‘400. Il
mediterraneo nel medioevo era luogo di scambio e incontro, ma verso la fine del medioevo
non lo è più: viene soppiantato dal rafforzamento dell’impero ottomano. In questo modo
vengono chiuse delle vie che gli europei usavano per andare in altri continenti. Gli europei
andavano in Asia attraverso delle strade che però vennero poi presidiate dai turchi. Dietro gli
ottomani ci sono i persiani e i mongoli che nel tardo medioevo si rafforzano e spingono gli
ottomani a rafforzarsi ulteriormente. Alcuni viaggi vengono già portati avanti dai Portoghesi,
i quali cominciano a circumnavigare l’Africa non potendo attraversare il mediterraneo né le
vie terrestri. In una situazione del genere la proposta di Colombo a Isabella di Castiglia non è
presa come una follia: i sovrani di spagna vogliono soppiantare i progressi fatti dai
portoghesi.
 Ragioni economiche → Marco Polo fu un viaggiatore che ha fatto fortuna in oriente (storie,
merci, tesori), queste possibilità all’epoca di Colombo non ci sono più. I cristiani si sentivano
privati di sbocchi per le loro ambizioni. Il mercato asiatico è ovviamente un mercato molto
ricco.
 Ragioni religiose → Il 1492 è l’anno della Reconquista spagnola che afferma il proprio
predominio sulle minoranze arabe ed ebraiche. I sovrani di spagna sull’onda di fiducia creata
dalla Reconquista cercavano di offrire alla penisola iberica nuovi sbocchi politici, economici e
religiosi. La cristianità ha come vocazione l’evangelizzazione, si fonda sulla condivisione, sulla
predicazione “andate, portate la mia parola, convertite”. Bisogna trovare popolazioni da
convertire, prima d’ora lo avevano fatto via terra in Africa e Asia, ma adesso sono bloccati da
un nemico politico e religioso (gli ottomani sono islamici). L’opportunità anche improbabile
offerta da Colombo apre uno sbocco anche di speranze.
 Ragioni morali → il Papa all’epoca era Alessandro VI Borgia, il quale aveva molti figli, era un
personaggio importante e controverso. Impersona, secondo molti (Guicciardini, Machiavelli)
la corruzione della chiesa e la crisi spirituale. Anche sotto Giulio II, Leone X, si consuma tutto
quel processo di abuso della vendita delle indulgenze (vendere il perdono in cambio di
denaro o opere buone per continuare la fabbrica di San Pietro). Bisogna quindi offrire un
nuovo slancio alla cristianità, l’evangelizzazione può esserlo.
 Ragioni culturali → l’introduzione del metodo di Gutenberg, la stampa, secondo alcuni
(Elizabeth Eisenstein, la rivoluzione inavvertita 1970) è stata una rivoluzione. La capacità di
comunicare delle persone cambia totalmente. È stata un’importante svolta ma non una
rivoluzione (come hanno capito gli studiosi a partire dagli anni 2000). Tecnicamente qualcosa
di molto simile era già praticato in Cina, ma non è questa la cosa più importante. Quando
Gutenberg introdusse il suo metodo c’erano già l’oralità e il manoscritto, i gesti, le immagini
(ecosistema mediatico) + testo a stampa. Senza la stampa e le trasformazioni
dell’ecosistema mediatico la scoperta dell'America non sarebbe stata la stessa.
Quindi scoperte geografiche, trasformazioni culturali, trasformazioni degli universi letterari,
artistici, trasformazioni di carattere religioso, trasformazioni economiche e trasformazioni
politiche: tutte insieme costituiscono una svolta periodizzante che identifichiamo come inizio
dell’età moderna. E quindi il 1492 è una data di riferimento intorno alla quale gravitano tutte queste
novità nuove che rompono con il passato.
Concentriamoci sulla figura di Cristoforo Colombo, intorno alla quale ancora oggi si costruiscono dei
conflitti sanguinosi all'interno dei continenti americani e delle popolazioni del continente Americano:
negli ultimi anni, si è sentito parlare di una furia iconoclasta che si è sviluppata contro l’immagine di
Cristoforo Colombo nel continente americano da parte di popolazioni indigene o che si identificano
come tali, che fanno parte delle cosiddette “minoranze etniche”. Perché ce l'hanno così tanto con
Cristoforo Colombo? Perché credono che sia stato il primo ad assoggettare le loro popolazioni (una
specie di razzismo verso le loro popolazioni) e ad imporre il proprio dominio sui loro stili di vita, sulle
loro popolazioni. È importante questo passaggio perché ci riporta all'interno di un universo
complesso in cui facciamo anche molta fatica a giudicare. Inoltre, negli Stati Uniti, si celebra ancora
oggi il cosiddetto Columbus Day, legato non tanto alla tradizione statunitense quanto all’eredità
italiana negli Stati Uniti, perché la comunità italiana in America è molto numerosa e ramificata (la
cosiddetta italian-american calcer) e gioca un ruolo importante nella costituzione dello Stato
nordamericano oggi. Molti contestano il Columbus Day, simbolo di una violenza compiuta ai danni
dei nativi; tanti altri, invece, lo difendono e tra loro ci sono soprattutto i più tradizionalisti italo-
americani, che vivono l’eliminazione del Columbus Day come una sottrazione delle loro prerogative
e del loro contributo alla cultura americana perché ritengono che Colombo sia stato il primo italiano
ad arrivare all'interno del nuovo mondo e che lo ha scoperto il nuovo mondo, quindi, secondo loro,
la radice italiana negli Stati Uniti è innegabile.
- È fondamentale questo tipo di discorso ed è altrettanto indicativo della mitografia (si può
parlare di mitografia quando siamo in presenza di tante narrazioni l'una accanto all'altra,
legate ad un personaggio/tema a cui si fa riferimento, e si fa in modo che questo diventi un
racconto esemplare, che fa riferimento ad una realtà ma che non è più fedele a quella stessa
realtà e si propone ad un'intera comunità come un racconto attraverso il quale imparare
qualcosa) che nasce intorno al personaggio. Tuttavia, oltre alla mitografia, alla enorme
quantità di letteratura, immagini, opere artistiche costruite intorno al personaggio, è
necessario ritornare alla realtà e capire quali furono le condizioni che portarono a questa
clamorosa scoperta o conquista, a seconda dei punti di vista che adottiamo.
Colombo è un mercante di origine genovese. Alla fine degli anni ’80 e l'inizio degli anni ‘90 del ‘400
ha già un’esperienza consolidata, ha letto molto, è stato in giro per varie corti europee e ha
cominciato a coltivare l’idea di raggiungere le Indie orientali navigando verso occidente (per poterlo
fare dobbiamo pensare che la terra abbia una forma sferica e che quindi andando in direzione
opposta a quella a cui si va normalmente raggiungeremo il lembo estremo orientale del continente
asiatico). Chi l’ha convinto di ciò? L’hanno convinto tanti esperti che hanno messo in discussione le
visioni precedenti, che avevano una diversa immagine del pianeta e della terra. Per sostenere tutto
ciò devi essere anche animato da alcuni scopi: Colombo, infatti, è un mercante e i suoi scopi sono
prevalentemente commerciali, ma questi non sono mai del tutto slegati da quelli politici. I viaggi,
soprattutto quelli oceanici, non sono una novità assoluta alla fine del ‘400 perché esistevano già ma
avevano un obiettivo diverso e soprattutto dei protagonisti diversi avevano l'obiettivo di
raggiungere l’Adia attraverso la circumnavigazione del continente africano ed erano viaggi voluti,
finanziati e sostenuti dal Portogallo (corona portoghese), che, grazie a questi lunghissimi,
pericolosissimi e poco confortevoli viaggi, raggiungono alcune mete importanti della parte
meridionale del continente asiatico e della parte orientale del continente africano. Perché gli europei
si ostinano a cercare altre rotte via mare quando la rotta orientale era loro a portata di mano
(potevano passare per il Mediterraneo e poi andavano via terra)? Le risposte non sono semplici, la
prima istintiva potrebbe essere che via mare si viaggia e si trasportano le merci più facilmente (via
terra bisognerebbe organizzare delle carovane per poter arrivare nel cuore dell'Asia o all'estremità
orientale dell'Asia, come Colombo pretendeva di fare), ma c’erano anche delle ragioni geopolitiche.
Cosa succede? Succede che l'Europa si vede ostruita la strada verso Oriente dalla crescita politica di
alcune formazioni che stanno a Oriente, una su tutte è l’impero turco-ottomano, poi ve ne sono
altre come l'impero persiano e quello indiano (ovvero quello mughal). Quindi la via quindi
Mediterraneo-Oriente non è più una via facilmente percorribile; una delle scorciatoie più praticabili
potrebbe essere, ad esempio, quella del Mar Rosso (recentemente abbiamo visto quanto sia
importante: episodio della nave che si è incastrata nel canale di Suez perché è molto stretto e
navigarlo richiede una certa dose di esperienza. Dopo questo episodio, la navigazione si è bloccata
per molti giorni e il commercio globale ne ha risentito enormemente), che risulta essere una risorsa
per i commerci sin dall’antichità.
 Canale di Suez: è stato inaugurato il 17 novembre 1869 ed è un canale artificiale che permette
la navigazione dall’Europa all’Asia (e viceversa), evitando la circumnavigazione dell’Africa.
Prima dell’apertura di Suez, molte merci venivano scaricate e trasportate lungo la rotta del
canale (non ancora esistente) per poi essere reimbarcate o sul Mediterraneo o sul Mar Rosso,
a seconda della tratta. Un viaggio lunghissimo ed estenuante che rallentava di molto il
commercio. I primi a rendersi conto che quel tratto di terra è un ostacolo per il commercio
sono i mercanti veneziani che, all’inizio del Cinquecento, propongono ai sultani d’Egitto di
collegare i due mari. Si devono però attendere tre secoli per dare forma al progetto.
Il problema qual è? Il mar rosso è facilmente accessibile ai cristiani europei? No, perché è diventato
pertinenza del mondo turco-arabo-musulmano. E quindi il controllo politico si è tradotto anche in
controllo commerciale, così come per il mar Nero e il Mar Caspio (ad est dei Balcani). Quindi non
sono facilmente accessibili perché sono presidiati da altri entità politiche, che in quei territori hanno
un primato militare che si trasforma anche in primato economico. L’alternativa è percorrere
l’Occidente ed è per questo che l'idea di Colombo per quanto strana, pericolosa e dotata di
pochissime possibilità di successo, solletica molto la fantasia degli europei e per questo motivo,
dopo aver ricevuto molti rifiuti, Colombo trova aperta la porta dei reali di Spagna. Questi ultimi
accettano la sua idea per 2 motivi:
 Pensano che avranno un nuovo sbocco commerciale che non era mai stato percorso fino a quel
momento e poteva sostituire le vecchie strade che ormai impercorribili.
 Ma anche perché negli anni immediatamente precedenti al 1492 hanno affrontato molti
problemi interni: da un alto c'erano delle divisioni forti tra la corona Aragonese e quella
Castigliana; dall'altro c'è tra una fortissima presenza araba-musulmana ed ebraica. La scelta a
cui giungono le 2 grandi dinastie è, da un lato, quella di far unire in matrimonio Ferdinando
D'Aragona e Isabella di Castiglia e, dall'altro lato, si impegnano a cercare di liberare la penisola
iberica da queste minoranze e cercare di trasformare il paese in un territorio integralmente
cattolico, dove chi non è cattolico viene controllato, talvolta costretto alla conversione o più
semplicemente espulso. Quindi, nella penisola iberica (non si può ancora parlare con
precisione di Spagna) ha luogo quel grande processo che possiamo definire “reconquista”.
L’espansione araba del sud del mediterraneo, che era arrivata nella penisola iberica,
superando lo stretto di Gibilterra, viene in un primo momento frenata e in un secondo
momento costretta all'arretramento appunto dall'unificazione delle due corone e della
reconquista. La tendenza di queste due dinastie a unirsi in un unico potere e a ottenere
un'unità politica che si accompagni all'unità religiosa, si traduce in un più generale processo di
rafforzamento dell'apparato statale, che deve essere stato economico e politico. In altre
parole, la Spagna va incontro a quel processo che gli storici per tanti decenni hanno definito
rafforzamento dello Stato moderno.
Quindi si osserva come delle dinamiche di carattere economico e geopolitico, ad esempio la
chiusura della via orientale, si uniscano a delle dinamiche di carattere religioso, come lo scontro tra
cristiani, ebrei e musulmani all’interno della penisola spagnola, e si uniscano anche a delle dinamiche
di carattere economico, come la volontà di cercare uno sbocco diverso verso il continente asiatico ed
erano le stesse esigenze che avevano animato, nel corso del ‘400, le imprese portoghesi finalizzate
alla circumnavigazione dell’Africa. Un'altra questione importante è quella religiosa: il cristianesimo
è una religione che ha bisogno di essere annunciata ad altri ed è animata da una forte spinta
espansiva. Una componente fondamentale del Cristianesimo è l'evangelizzazione: cercare nuove
terre, cercare nuove popolazioni di contatto significa anche cercare qualcuno da evangelizzare,
ovvero cercare qualcuno a cui portare la buona novella della salvezza che è stata data agli uomini
attraverso la morte di Cristo: è questo quello in cui crede il cristiano.
Quindi, Colombo, con questo viaggio transoceanico verso occidente, sta offrendo queste possibilità
e la corona spagnola sfrutta l’occasione. Erroneamente si potrebbe pensare che questo spirito di
scoperta che anima Colombo sia legato solo a questioni di carattere relazionale; in realtà nella
mente di Colombo, di tutti coloro che arrivano a far parte del suo equipaggio nei primi viaggi e di
tutti coloro che decisero di seguire le sue orme dopo la scoperta di quel territorio che credeva fosse
l’India, c’erano tante altre immagini che agivano, che provenivano dalle mitografie e dalle mitologie
medievali. Una di queste immagini è quella del prete Gianni, una creatura mitologica che, negli
immaginari europei, partendo dall'Europa, sarebbe arrivato a mettersi a capo di un non ben
identificato regno orientale (secondo alcuni stava nel cuore dell’Asia, secondo altri nel cuore
dell’Africa, ma ciò che conta è l'aspettativa di qualcosa di diverso su cui si può fondare anche la
palingenesi della cultura europea, una rinascita), nel quale si sarebbe instaurato il cristianesimo e in
cui quest’ultimo avrebbe avuto la meglio sulle altre credenze, in particolar modo su quelle pagane.
Fu un regno prospero, in cui l'arrivo della religione cristiana si era affiancato anche ad una rinascita,
ad una nuova fase di prosperità. Colombo, nell'ottobre del 1492, sulla terra ferma ci arriva
navigando verso occidente, quindi, ha effettivamente raggiunto un obiettivo, tanto inaspettato
quanto clamoroso e fortemente cercato; raggiunto questo obiettivo la sua priorità è capire cosa c'è
in questo nuovo mondo e soprattutto comunicarlo ai reali di Spagna, che hanno creduto in lui e
hanno sostenuto finanziariamente e materialmente la sua impresa. Uno dei nei primi gesti di
Colombo è quello di scrivere una lettera a Luis de Santangel, cioè al tesoriere dei sovrani di Spagna,
una lettera nella quale lui deve registrare e comunicare quello che ha visto nelle “Indie”. È come se
Colombo, tramite questa lettera, dicesse ai reali spagnoli di non aver sbagliato a credere in lui ed è
una lettera che in poco tempo diventa in tutta Europa uno straordinario fenomeno mediatico,
ovvero viene tradotta, viene stampata, raccontata/spiegata (mediazione culturale), messa in scena,
predicata, letta ad alta voce, corredata di immagini, viene quindi trasmessa attraverso molteplici
mezzi di comunicazione: ha un enorme impatto mediatico, culturale, politico e religioso.
 Qualunque cosa si domandi loro di quello che hanno, mai rispondono negativamente, anzi la
offrono e mostrano tanto affetto che par vogliano dare il cuore, e, si tratti di cosa di valore
oppure di poco prezzo, ugualmente la danno in cambio di qualsiasi bagattella, dichiarandosene
contenti. Io proibii che si dessero loro cose tanto vili come cocci di scodelle rotte o pezzi di vetro
rotti o striscioline di' nastro, sebbene, quando riuscivano a ottenerli, paresse loro di aver
acquistato le più preziose gemme del mondo. Essi non professano né setta né idolatria veruna,
ma tutti credono che la potenza e il bene siano nel cielo, e credevano fermamente che io con le
mie navi e la mia gente fossi sceso dal cielo, e con questa persuasione mi ricevevano in ogni
dove, dopo che avevano smesso le loro paure. E questo non avviene perché siano ignoranti, ma
al contrario sono di ingegno molto acuto e navigano per tutti i mari ed è incredibile come
sappiano dar buone informazioni su tutto, eccetto che non hanno mai visto gente vestita né
navi simili alle nostre. Mostri dunque non ne ho trovati e nemmeno ne ho sentito parlare
tranne che per un’isola all’ingresso delle Indie che si dice abitata da popolazioni che si cibano di
carne umana.
Colombo ha più facilità nel dire cosa non ha visto, la scoperta lo sconvolge così tanto che non riesce
bene ad elaborare ciò che ha davvero visto. La descrizione avviene in negativo, è fallace la
narrazione in termini positivi. Lo stesso processo emerge anche dalle descrizioni degli altri
viaggiatori. Vengono dette inoltre cose false, che assecondano stereotipi che appartengono alla
società di provenienza dei viaggiatori. Le aspettative di chi guarda prevalgono di parecchio rispetto
all’oggetto osservato. La lettera è un ammasso di “fake news”, però, ciò ridimensiona la sua
importanza in quanto a fonte storica? No. La lettera non ci dice molto sulle popolazioni indigene ma
ci dice molto sugli europei, sul loro sguardo, le loro ambizioni, paure, stereotipi, definizioni
dell’identità europea. Il nuovo mondo funziona come uno specchio, mostra all’Europa com’è fatta,
attraverso queste descrizioni videro riflessi sé stessi, è una descrizione in negativo dell’Europa. Le
negazioni di Colombo, per quanto non descrivano il nuovo mondo, descrivono il vecchio continente
che tenta di incontrare l'altro.
 Svolte periodizzanti di tipo culturale: ovvero legati alle trasmissioni della conoscenza. In
questo caso non possiamo fare a meno di valutare il ruolo dell'impatto della cosiddetta
invenzione di Gutenberg cioè la stampa. Grazie ad una tecnologia, fino ad allora sconosciuta
agli europei, ma non del tutto agli asiatici (c'era qualcosa di simile nel mondo cinese), arriva
uno strumento che accelera di molto la comunicazione e che riesce a diffondere una grande
quantità di testi senza la fatica, il costo, e la lentezza del manoscritto. Quanto sono importanti i
media nella storia? Lo sono tantissimo; i media stimolano e a volte determinano le
trasformazioni, in altri casi le accelerano fortemente.
Cosa scrive Colombo in questa lettera? Scrive: “gli abitanti di quest'isola e di tutte le altre che ho
scoperto vanno tutti nudi, uomini e donne, così come le loro madri li mettono al mondo, anche se
alcune donne si coprono una sola parte del corpo con una foglia o una pezzuola di cotone che
preparano per tale scopo”. Quindi, la prima cosa che colpisce Colombo è una differenza
fondamentale tra chi va nudo e chi va vestito (loro sono vestiti, gli altri sono nudi). Nota anche che
non hanno armi, ferro, acciaio. “Qualunque cosa si domandi loro di quello che hanno, mai
rispondono negativamente, anzi la offrono e mostrano tanto affetto che par vogliano dare il cuore, e,
si tratti di cosa di valore oppure di poco prezzo, ugualmente la danno in cambio di qualsiasi
bagattella, dichiarandosene contenti. Io proibii che si dessero loro cose tanto vili come cocci di
scodelle rotte o pezzi di vetro rotti o striscioline di' nastro, sebbene, quando riuscivano a ottenerli,
paresse loro di aver acquistato le più preziose gemme del mondo. Essi non professano né setta né
idolatria veruna, ma tutti credono che la potenza e il bene siano nel cielo, e credevano fermamente
che io con le mie navi e la mia gente fossi sceso dal cielo, e con questa persuasione mi ricevevano in
ogni dove, dopo che avevano smesso le loro paure. E questo non avviene perché siano ignoranti, ma
al contrario sono di ingegno molto acuto e navigano per tutti i mari ed è incredibile come sappiano
dar buone informazioni su tutto, eccetto che non hanno mai visto gente vestita né navi simili alle
nostre. Mostri dunque non ne ho trovati e nemmeno ne ho sentito parlare tranne che per un’isola
all’ingresso delle Indie che si dice abitata da popolazioni che si cibano di carne umana”. Quindi,
un’altra questione importante che Colombo tende a sottolineare agli isolanti di Spagna è che i nativi
di quelle terre erano capaci di scambiare volentieri doni preziosi, senza rendersi conto del valore di
tali oggetti, per cose di poco conto. Inoltre, Colombo afferma che quei nativi non professano una
religione particolare e credono che Colombo e il suo equipaggio siano venuti dal cielo.
Questo testo rappresenta una svolta per l'intera cultura europea anche per l’enorme circolazione e
fortuna mediatica che ebbe sul mercato europeo, così come tutte le descrizioni del nuovo mondo
che furono portate in seguito da altri viaggiatori, avventurieri, mercanti e guerrieri. Tra le
caratteristiche di questo testo da sottolineare vi è la prevalenza di termini negativi; Colombo ha più
facilità nel dire cosa non ha visto, la scoperta lo sconvolge così tanto che non riesce bene ad
elaborare ciò che ha davvero visto. La descrizione avviene in negativo, è fallace in termini positivi.
Colombo era partito con delle precise aspettative, fondate sulle sue conoscenze precedenti, ovvero
sulle storie che aveva letto e ascoltato e sulle storie dell’Asia che aveva letto in tanta letteratura di
viaggio, dai tempi di Marco Polo, probabilmente aveva ascoltato anche le storie del prete Gianni,
quindi si aspettava di trovare mondi di quel tipo davanti ai suoi occhi e quando si trova di fronte a
questo universo sconosciuto, all’inizio è stupito dal fatto che niente o quasi niente corrisponda alle
sue aspettative. Tuttavia, la sua comunicazione con i sovrani di Spagna non sembra incerta: Colombo
sa cosa riportare anche se quello che deve dire è quello che non vede, sa di dover suscitare nei
sovrani di Spagna delle prospettive precise, in primo luogo economiche. Inoltre, affermando che i
nativi non professano nessuna religione, è un’altra questione importante perché si sottolinea quanto
fossero facilmente evangelizzabili. Poi vi è anche la questione delle armi: per la monarchia spagnola
significa che anche militarmente facili da assoggettare.
In un altro testo, preso dal diario del suo terzo viaggio, che ha luogo dal 1498 al 1500, Colombo si
spinge oltre e scrive un pensiero estremamente significativo. In un passo del suo diario, scritto
mentre si trovava alla foce del fiume Orinoco, afferma che una delle cose che lo stupisce in questo
luogo è un miscuglio di acqua dolce e acqua salata, pur trovandosi ancora in mare. Ciò lo porta a
porsi delle domande che sono il frutto delle sue riflessioni: “Io ne ho sempre letto nei passi dei dotti e
nelle esperienze di Tolomeo e di quanti altri ne scrissero, ma ora ho visto delle disconformità”
quindi afferma che le cose che sta osservando non sono come leggeva nei testi degli antichi.
Colombo sta offrendo all'universo europeo le informazioni di cui si aveva bisogno, sta scrivendo dei
diari che danno al destinatario la soddisfazione delle sue aspettative; Colombo non riesce a
descrivere mai ciò che realmente vede riesce a descrivere ciò che non vede, e che cos'è ciò che non
vede? È tutto ciò in cui l'altro è diverso dall’europeo. Gli scritti di Colombo e dei primi viaggiatori
possono essere quindi usati dal punto di vista storico come fonti attendibili per la conoscenza del
nuovo mondo? No, perché dai loro scritti passa il messaggio che quelle fossero popolazioni di ingenui
e che fosse un mondo facile da conquistare e da evangelizzare. Inoltre, era un mondo descritto solo
in termini negativi e mai in termini positivi. Quindi, Colombo sta utilizzando il nuovo mondo come
uno specchio all'interno del quale l'Europa vede riflessa sé stessa e si riconosce. Colombo quindi ci
sta offrendo una fonte preziosissima ma non per la conoscenza del nuovo mondo perché su di esso
non ci sta dicendo nulla, ma ci sta dicendo moltissimo su sé stesso e sul mondo che lo legge e a cui
arriva il suo messaggio. L’incontro ebbe un carattere traumatico e i primi segni sono nell’imbarazzo
linguistico di Colombo.
Uno dei libri più importanti scritti sul tema è infatti scritto dal linguista Cvetan Todorov, ovvero “La
conquista dell’America”, e riflette sulle problematiche dell’incontro con l’altro: indaga sul rapporto
tra l'Europa e il Nuovo Mondo in termini di conquista e di impatto culturale. Nel libro, Todorov
dimostra come l'incontro tra gli europei e il nuovo mondo sia incentrato comunicativamente sulle
priorità degli europei e come questi ultimi riescano a controllare questa comunicazione e a definire
la propria identità piuttosto che l’identità dell’altro. Un altro libro fondamentale che, alla fine degli
anni ‘70, cominciò ad avere un grande successo e che ancora oggi è molto stampato, è quello del
comparatista Said Edward (studioso di letterature comparate, ovvero che si occupa della
comparazione di diverse produzioni letterarie e culturali di diverse aree del pianeta) e scrisse questo
libro intitolato orientalismo. In questo libro trattava del contatto con le altre civiltà e come gli
europei descrivono l'altro e lo usano come fosse uno specchio all'interno del quale riflettono la loro
immagine, identificando dei tratti specifici della loro cultura che altrimenti non avrebbe identificato:
ovvero, quando vedono gli abitanti del nuovo mondo, gli europei sviluppano una serie di convinzioni
sulla propria identità e usano l’altro come specchio (pensano “ci vestiamo, usiamo le armi,
lavoriamo il ferro ecc…”). Importante è anche un libro uscito recentemente della studiosa Marina
formica, che si intitola “lo specchio turco”. Attraverso questo libro, Marina guarda ai rapporti tra
l'Europa Cristiana e i turchi, quindi all’Oriente – mediterraneo, e dice la stessa cosa, ovvero che
quando gli europei descrivono i turchi in realtà stanno descrivendo sé stessi e non l’altro. I turchi
sono sempre frutto di stereotipi che in realtà vanno a definire chi li sta descrivendo e non sono utili a
ricostruire in realtà quel mondo; è uno sguardo sempre distorto, alterato e così è lo sguardo di
Colombo: i nativi dei continenti americani non li troveremo mai all'interno delle ricostruzioni, delle
lettere e dei diari di Colombo e, più in generale, li troveremo in maniera molto filtrata all'interno
delle ricostruzione dei diari degli altri europei che ne scrissero. Uno storico di nome Nathan Wachtel
afferma che informazioni veritiere le possiamo ritrovare in una “visione dei vinti” (anche titolo del
suo libro), ovvero dobbiamo andare alla ricerca delle voci di chi nel nuovo mondo ci abitava, ci viveva
da secoli/millenni. E questa ricerca è complicata perché quelle culture non assegnavano alla scrittura
lo stesso ruolo che assegniamo noi e molto spesso anche quando le troviamo sono filtrate, troviamo
le voci di chi magari ha già imparato lo spagnolo oppure di chi ha già avuto contatto di quella cultura
europea. Quindi mettersi all'interno della mentalità dei pensieri, delle paure e delle aspettative delle
cosiddette popolazioni precolombiane (anche se questo termine che non si dovrebbe utilizzare
perché Inca, Maya e gli Aztechi esistevano già prima di Colombo) hanno una tradizione preesistente,
hanno le loro voci, hanno una cultura che si tramanda attraverso le immagini, attraverso la cultura
degli oggetti e attraverso l'oralità, la voce.
Il presente perché è importante? Perché oggi stiamo osservando le conseguenze che i nativi
americani hanno nel preservare le loro culture. Ciò lo stiamo osservando in rapporto all'epidemia di
covid perché, ad esempio in sud America e, in particolare, in Brasile i governatori (tra cui Bolsonaro)
stanno lasciando morire tantissimi nativi, in particolar modo le persone anziane, provocando una
perdita enorme perché portano con sé anche la loro conoscenza della loro storia e della loro
tradizione che avrebbero dovuto insegnare nei prossimi anni a quelli più giovani e a quelli più piccoli.
Ci stanno togliendo una parte di passato che probabilmente non ci sarà più restituita. Quindi la voce
e la visione dei vinti è sempre importante. Come interagiscono la stampa e la scoperta dell’America?
La stampa non cambia radicalmente il modo di pensare, di vedere degli europei, rende solo il
processo di diffusione più veloce. Colombo specifica di non aver trovato mostri o sirene, perché era
questo che gli europei si aspettavano di vedere. Inoltre la stampa non soppianta la voce, le immagini
e i manoscritti, anzi spesso li rende ancora più prestigiosi. La stampa nasce a Venezia negli anni ‘80
del ‘400 e diffonde delle opere che erano trascritte dagli amanuensi (riproduce il loro lavoro e lo
velocizza). Tante persone hanno accesso a questi testi. I fruitori degli oggetti a stampa capiscono di
avere in mano un prodotto standardizzato, una copia che può essere facilmente controllata da un
potere più alto: politico e ecclesiastico. Il manoscritto è unico, venduto da una persona in carne ed
ossa, che lo ha fatto per te, del quale ti fidi, che ci ha messo la faccia. Il libro può essere stato
controllato, filtrato, il manoscritto no. Ancora di più ciò vale per le informazioni dette a voce, face to
face con persone fidate. Man mano che la stampa si diffonde le persone cercano manoscritti o
informazioni dette a voce, non considerando la stampa attendibile. Gli editori veneziani lasciavano
degli spazi vuoti che venivano riempiti con decorazioni manoscritte per rendere più “unici” i libri a
stampa. Un libro fatto da un amanuense comunicava più fiducia rispetto ad uno a stampa. L’ingresso
della stampa infatti è paradossale e complessa, poiché si afferma in un ambiente in cui ci sono altri
mezzi fortemente affermati. Perché Elizabeth Eisenstein pensava che la stampa fosse una
rivoluzione? Perché i suoi anni sono gli anni della televisione e non si era ancora capita la portata di
quel medium e che impatto potesse avere. In questo modo lei si volta a guardare ciò che nel passato
le ricordava ciò che stava vivendo in quel momento in maniera non obiettiva, perché il passato viene
visto sempre con gli occhi del presente. Quando viene introdotta la stampa viene detto che
quest’ultima metterà fine ai manoscritti, quando viene introdotto il giornale viene detto che
soppianterà i libri, quando viene introdotta la televisione viene detto che soppianterà i libri ecc. La
realtà delle cose però è più complessa: niente ha soppiantato niente, regna la pluralità dei media,
non ci sono rivoluzioni ma svolte. Anche oggi noi guardiamo al passato e alle parole del Colombo con
uno sguardo che è diverso, moderno, legato al nostro tempo. In breve: facendo riferimento al
periodo in cui vive (ovvero quello dell’avvento della televisione: si credeva che avrebbe soppiantato
gli altri mezzi di comunicazione), la Eisenstein sostiene che la stampa avrebbe portato ad una
rivoluzione dell’ecosistema mediatico sostituendosi agli altri media preesistenti.
Una delle più importanti studiose della storia dei media tra gli anni ’60 e ‘80 del 1900 era
convintissima che l’introduzione della stampa avesse avuto un effetto rivoluzionario sull’Europa,
ma oggi siamo nelle condizioni di affermare che non c’è stata effettivamente questa rivoluzione, ma
si è trattato piuttosto di un cambiamento molto più graduale, un cambiamento che ha da un lato
provveduto ad ingigantire l’effetto di alcuni mezzi di comunicazione ma allo stesso tempo ha
resuscitato dei mezzi di comunicazione che si ritenevano essere stati soppiantati dalla stampa.
Quando arrivò la stampa, si incominciò a pensare che la cultura del vecchio mondo sarebbe
scomparsa, quella fondata sui manoscritti, sulle immagini e sulla voce. Successivamente altri mezzi di
comunicazione hanno fatto irruzione all’interno dello scenario mediatico, nello specifico all’interno
della stessa stampa c’è stata una modifica notevole quando ha cominciato ad essere “periodica” per
portare al pubblico delle informazioni: cioè con l’avvento dei giornali (che si chiamavano “gazzette”)
a metà del 1600. Dopo le gazzette, i giornali ecc… il mezzo di comunicazione che ha sconvolto
l’ecosistema mediatico è stata la radio: con il suo avvento si credeva che i precedenti mezzi
comunicativi sarebbero andati a scomparire, ma in realtà non sono scomparsi. Stessa cosa è
accaduta con l’avvento della televisione: le persone avrebbero potuto contemporaneamente vedere
immagini e sentire notizie. E anche con l’avvento di Internet, i media precedenti non sono mai stati
soppiantati del tutto. Oggi noi rivolgiamo una domanda problematica al passato
Quattro/Cinquecentesco, al passato nel quale Colombo ha scoperto il Nuovo Mondo perché
all’interno del nostro mondo ci sono delle problematiche che non siamo riusciti a risolvere e per
cercare appunto di risolverle interroghiamo il passato in un modo nuovo, diverso. E in quel passato
cosa avvenne? Nello specifico: dopo l’arrivo della stampa il manoscritto NON perse d’importanza
perché il pubblico cominciò ad acquisire (più o meno presto) la consapevolezza che tutto ciò che era
stampato passava attraverso un filtro forte operato da autorità veicolari ed ecclesiastiche → in altre
parole, si aveva la consapevolezza che gli oggetti a stampa erano censurati e che le informazioni
contenute negli oggetti a stampa NON erano quelle che veramente si potevano desiderare, ma
quelle che i poteri costituiti decidevano di far transitare.
Raggiunta tale consapevolezza da parte del pubblico, dei lettori, non ci si accontenta o ci si rassegna
a non avere le informazioni, piuttosto ci si rivolge ad un vecchio mezzo di comunicazione → il
manoscritto, il quale conserva l’affidabilità che la stampa non ha perché se è facile controllare un
oggetto a stampa, non lo è altrettanto per il manoscritto, perché controllare un manoscritto
richiederebbe la capacità di entrare in maniera poliziesca all’interno delle case nelle quali singole
persone stanno copiando a mano un testo e ne stanno producendo una sola copia che sarà data ad
una sola persona: è praticamente impossibile. Il testo scritto comincia ad avere un prestigio ed una
affidabilità superiore rispetto a quella di cui godeva nei secoli precedenti, il manoscritto era
l’oggetto al quale affidare la propria volontà di conoscenza. Questa volontà di conoscenza include
anche e soprattutto il fatto che quell’oggetto venisse consegnato da una persona che puoi guardare
negli occhi e con la quale puoi scambiare delle parole, da una persona che si costruisce
personalmente la sua credibilità e che si prende la responsabilità dell’azione fatta e della fedeltà
dell’informazione trasmessa attraverso quel mezzo di comunicazione. Siamo di fronte ad
un’esperienza multisensoriale.
Dunque quando si pensa alla lettera di Colombo, bisogna pensare che nel momento in cui veniva
diffusa a stampa andava incontro a rimaneggiamenti, modifiche, inserimento di immagini, veniva
anche letta in pubblico ad alta voce (perché il numero di persone alfabetizzate era basso) spiegata e
quindi veniva veicolata a seconda dell’interpretazione di colui che la leggeva, poi ripetuta e veniva
riusata (= termine tecnico degli storici della cultura). E man mano che passava da un contesto
all’altro, quella lettera cambiava i suoi significati, che in alcuni casi venivano addirittura stravolti.
Questa lettera venne anche copiata a mano e quindi diffusa “face-to-face” tra il produttore ed il
destinatario, tra i quali si instaura un rapporto fiduciario: so di potermi fidare del testo perché mi
fido di te. Il pubblico ha una diversa percezione del grado di autorità di ciascun medium (= singolare
di “media”) che ci viene sottoposto e quel medium agisce all’interno di un ecosistema. Perché si
parla di ecosistema? Si usa questa metafora ambientale perché quando si introduce qualcosa
all’interno dell’ambiente, quel qualcosa comporta un cambiamento a 360° (= se inquini il terreno,
saranno inquinate anche le piante, le quali saranno mangiate dagli esseri viventi che a loro volta
subiranno le conseguenze di quell’inquinamento, e così via) → un singolo elemento che cambia
tutto, ed i media funzionano esattamente così.
Nei decenni passati molti hanno parlato del cosiddetto “butterfly effect” → “un battito d’ali di una
farfalla in Texas (per esempio) può generare un uragano in Giappone” → nei media questa cosa è
decisiva perché quando condividiamo un’informazione con qualcuno, possiamo condizionare quella
persona al punto tale da indurla a compiere (o meno) determinate scelte; ad esempio si potrebbe
indurre qualcuno a non vaccinarsi contro il Covid19 e quella persona un giorno potrebbe beccare
proprio la malattia e senza avere difese immunitarie rischierebbe anche di morire. Allo stesso modo,
quando le parole di Colombo venivano lette ad un pubblico all’interno di un grande porto europeo
ad esempio, frequentato da moltissime persone, quelle parole mostravano delle possibilità infinite:
cioè Colombo dice che i nativi di quelle terre credevano che ci fosse un Dio e che questo dio fosse in
cielo, ma non ne erano convinti più di tanto e quindi la loro evangelizzazione risultava semplice,
inoltre possedevano molte cose preziose ma non ne conoscevano l’effettivo valore; ad esempio in
cambio di un cavolo donavano un oggetto prezioso e ne risultavano anche soddisfatti. → Dunque,
non è difficile immaginarsi che in coloro che sentivano queste parole nascevano delle prospettive di
facile realizzazione personale e di facile arricchimento. Si innescano una serie di meccanismi che ci
fanno capire quali sono le conseguenze enormi dell’atto comunicativo che Colombo ha fatto ma
anche di tutte le forme di riuso della sua lettera → ad esempio, qualsiasi tipo di accostamento fra
parole e immagini. Quindi, che valore conoscitivo ha la lettera di Colombo per il nuovo mondo?
Nessuno! Non ci dice niente del nuovo mondo → è un ammasso di “fake news” ante litteram. Ma
nonostante il fatto che quella lettera dice delle cose che oggi come persone del 21° secolo non ci
toccano (dice “non ci sono mostri” “non ci sono sirene”: cioè di tutte le cose di cui potrebbe parlare
sceglie proprio quelle informazioni), resta comunque una fonte importantissima non per conoscere il
nuovo mondo bensì gli europei: ci dice tantissimo di quello che gli europei si aspettavano da quel
mondo; questo nodo ci aiuta a capire come il nuovo mondo funzioni da specchio per l’Europa e gli
europei. Colombo non sa cosa sono e cosa fanno i nativi, sa solo in cosa sono diversi; la questione da
non perdere è questa: “in che cosa sono diversi da noi?”.
L'Europa, all’epoca, usava le descrizioni del Nuovo Mondo per vedere la propria immagine riflessa e
per riconoscere le civiltà; tuttavia queste testimonianze, queste pagine di diari, queste descrizioni,
questi pezzi di letteratura di viaggio non sono utili a comprendere il punto di vista di chi fu
conquistato e non riuscii a reagire: questo incontro- scontro avvenne in una totale sproporzione
numerica di mezzi tra i nativi del continente americano e gli europei che approdavano in quello che
per loro era il Nuovo Mondo. Principalmente dopo Colombo furono gli spagnoli a tentare queste
imprese e a trasformare i viaggi di scoperta in viaggi di vera e propria conquista, ma le civiltà
esistenti su quel territorio erano delle civiltà che avevano una tradizione secolare, consolidata, erano
della civiltà profondamente strutturate, gerarchizzate, con un’organizzazione politica complessa, con
degli apparati burocratici e amministrativi, con delle figure di riferimento ben identificate, con una
loro tradizione religiosa ed erano civiltà soprattutto composte da milioni e milioni di persone. Gli
spagnoli, invece, sono, nel migliore dei casi, poche centinaia: com'è possibile che, nel giro di pochi
anni, queste civiltà di antica tradizione strutturati, organizzati, composte da milioni di persone
vengano letteralmente sterminate da poche centinaia di spagnoli? Le spiegazioni che spesso
troviamo sui manuali a riguardo sono in parte convincenti e in altra parte insufficienti o comunque
hanno bisogno di essere integrate. Una delle prime cose che in genere ci vengono dette riguarda
l'uso della tecnologia: gli spagnoli avevano a disposizione delle armi dotate di un potere distruttivo
tale da non poter produrre alcuna reazione credibile o competitiva da parte dei nativi dei continenti
americani. Hanno soprattutto armi da fuoco. Tra le altre cose c'è anche un altro aspetto specifico
che riguarda proprio l'arte di fare la guerra, l'apparato militare, la cavalcatura e la disponibilità di
animali che sono sconosciuti al mondo del continente americano: vedere soldati a cavallo è qualcosa
che produce degli effetti insospettabili nei nativi del mondo americano, produce un'enorme timore
reverenziale. Tuttavia, ci sono altre spiegazioni che riguardano un tema che è profondamente
attuale, ovvero il tema degli agenti patogeni. Gli europei portano nel Nuovo Mondo degli agenti
patogeni, sconosciuti a quelle popolazioni, e l'intervento di questi agenti porta delle forme di
contagio che generano delle epidemie, che mietono una grandissima quantità di vittime; quindi, è
giusto dire che le popolazioni così dette “precolombiane”, le popolazioni native, vengano decimate,
non solo in battaglia, ma anche dalle malattie.
Basta tutto questo a spiegare soprattutto la resa di imperi e grandissimi apparati politici di fronte a
manipoli formati da poche centinaia di soldati? Assolutamente no: un ulteriore fattore che
interviene, spiegato in maniera più che esaustiva da Nathan Wachtel, nel suo libro “la visione dei
vinti”, cioè il fattore religioso, perché le tradizioni religiose degli Inca, degli Aztechi erano fondate
sull'attesa di un giudizio proveniente dall'universo soprannaturale e nel momento in cui questi
visitatori stranieri, ignoti, sconosciuti approdano sulle spiagge di quel mondo, l'interpretazione
corrente fra le popolazioni che abitavano quelle terre è quella tendente a identificare questi
viaggiatori stranieri con creature del cielo che erano attesi ormai da tempo immemore per portare a
quelle popolazioni una punizione per i peccati commessi, la loro distruzione e la loro decadenza.
Allora quando ci si trova di fronte, in generale, ad un evento di carattere traumatico, ad un evento
completamente inaspettato, uno dei meccanismi dominanti all'interno della società è quello della
ricerca di una spiegazione, della ricerca di un senso che sta alla base dell'evento inaspettato; è un
qualcosa che abbiamo sperimentato anche noi con il covid e, chiaramente, le grandi epidemie non
erano sconosciute né al mondo occidentale né all'intero pianeta però lo erano alla nostra
generazione, quindi, nel momento in cui ci siamo trovati di fronte a questo evento totalmente
inaspettato, abbiamo cercato delle risposte e di adottare dei metodi per reagire a questo evento
inaspettato. E nello specifico a chi ci siamo rivolti? A chi le abbiamo poste le domande che ci stavano
a cuore? Da chi le prendevamo le risposte da più di un anno a questa parte? I più credenti da Dio
sicuramente, però in generale osservando quello che si sente in televisione e radio, dagli scienziati,
ad un certo punto le abbiamo cercate insistentemente dai cosiddetti virologi, dagli epidemiologi o
dagli infettivologi (ognuno di questi campi ha sua specificità) e le abbiamo cercate perché
ritenevamo che loro ci potessero dare delle risposte certe e incontrovertibili, però da lì a poco ci
siamo accorti che queste risposte sicure non arrivavano, anzi arrivavano risposte sempre più incerte,
sempre più contraddittori, è come se avessimo riposto nella scienza una fiducia enorme ma avevamo
un'idea di scienza un po' distorta, cioè pensavamo che ci potesse restituire delle certezze assolute
che invece non ci può restituire; molto spesso, infatti, questi virologi, infettivologi o epidemiologi
non facevano altro che dirci “ancora non lo sappiamo” oppure “stiamo cercando di capirlo”. Per
esempio, anche nell'uso dei vaccini ci aspettavamo molte certezze, che alla fine non ci sono, ma in
realtà la scienza queste certezze non le ha mai offerte, eravamo noi come società che pensavamo
che la scienza o la medicina potessero offrire delle risposte certe forse perché l’abbiamo imparato in
un certo modo a scuola, perché siamo stati abituati a pensarla in questo modo, perché nutrivamo
una fiducia enorme che per certi versi era quasi religiosa, però poi ci siamo resi conto che invece il
margine di incertezza è una delle caratteristiche costitutive del discorso scientifico e che
quest’ultimo è fondato sì su una verifica incrociata di dati da parte della cosiddetta comunità
scientifica, ma quelle certezze non le può offrire se non dopo molto tempo e soprattutto nella
consapevolezza che le certezze assolute non esistono. Quindi ci aspettavamo delle risposte,
qualcuno le ha cercate in Dio, ma dato che siamo una società profondamente secolarizzata queste
risposte le abbiamo cercato nella scienza non soltanto nella medica anche nella tecnologia,
nell'economia perché il nostro sistema economico è andato alla paralisi e quindi abbiamo cercato
dagli economisti queste risposte, ma anche loro sono stati capaci di dare risposte molto incerte
talvolta contradditorie. Le società degli Inca, degli Aztechi innescarono un processo simile anche se
in un contesto completamente diverso, cioè cercano delle risposte a questo evento totalmente
inaspettato all'interno della loro tradizione culturale, politica e religiosa cioè si chiesero
semplicemente: perché è accaduto tutto questo? Come possiamo fare a reagire a tutto questo? Le
risposte che trovarono non furono affatto confortanti, anzi tendevano a confermare che a
quell'evento, per quanto traumatico fosse, non si poteva realmente reagire, basti pensare a ciò che
scrisse Colombo in una delle sue prime lettere: “loro ci credono degli Dei venuti dal cielo”. Ed era
effettivamente quello che succedeva, cioè loro credono che queste creature aliene fossero il
risultato di un qualcosa di voluto dall'alto, ovvero dal potere soprannaturale quindi ritenevano di
meritarselo. Le testimonianze dei cosiddetti vinti, quindi delle popolazioni che furono travolte dalla
presenza di pochi spagnoli, sono discontinue, sono talvolta frammentarie, talvolta provengono dalle
stesse voci degli Spagnoli però sono delle testimonianze che ci lasciano capire come effettivamente
queste popolazioni si paralizzassero di fronte all'altro.
Interessante il fatto che Tzvetan Todorov ponga l’accento sulla conquista piuttosto che sulla
scoperta. Egli ha indagato il linguaggio attraverso il quale è avvenuta la conquista e ha cercato di
comprendere, attraverso l’analisi del linguaggio, come gli europei abbiano controllato la
comunicazione ed abbiano sviluppato dei processi cognitivi fortemente aggressivi a differenza di
quelli sviluppati dei nativi che invece hanno portato alla rassegnazione. Queste popolazioni
sperimentarono una paralisi cognitiva, nel senso che il loro processo di conoscenza ad un certo
punto si bloccò di fronte all’inaspettato e persero la loro capacità di reagire perché i riferimenti
culturali, politici e religiosi che avevano non offrivano più le risposte desiderate e, per certi versi,
anche noi siamo andati incontro a una paralisi cognitiva perché abbiamo cercato delle risposte
all'interno di sistemi che invece quelle risposte non ce le hanno date o comunque ci hanno dato
risposte molto diverse da quelle che ci aspettavamo e quindi ad un certo punto ci siamo detti: come
fare a salvare la nostra salute e allo stesso tempo a fare in modo che la nostra economia non vada a
collasso? Come fare a garantire la sicurezza delle nostre famiglie, dei nostri figli e delle persone più
anziane? Chi dobbiamo salvare prima? Non siamo stati capaci di interpretare gli eventi, interpretare
il trauma e di sviluppare un meccanismo di reazione al trauma stesso. Oggi c'è una parola che va
molto di moda, ovvero “resilienza”, che è la capacità di resistere, ma anche di organizzare una
strategia di reazione e di adattamento. Oltre a quello, ciò che conta è che la conoscenza dell'evento
che non ci ha permesso di elaborare una strategia di reazione, in altre parole siamo andati incontro
ad una paralisi cognitiva, dove, tra le altre cose, in diversi momenti, le persone ci sono sembrate
impazzire e che avessero perso il controllo (avere il controllo della situazione significa anche avere
dei codici ai quali aggrapparsi). Quindi quest'esperienza nostra recente ci permette di rendere un po'
meno astratte le parole e l’atteggiamento che Tzvetan Todorov attribuiva alle popolazioni degli Inca
e Aztechi prima dell'arrivo dei conquistatori europei.
Le ragioni di questa paralisi culturale sono state spiegate da diversi studiosi, tra questi ha un ruolo
sicuramente importante il comparatista (persona che si occupa di culture letterature comparate)
Edward Said (si legge “Saìd”), che ha scritto un libro che ha cambiato il nostro modo di studiare
determinati argomenti, intitolato “Orientalismo”: quest’opera ci ha spiegato come il guardare
all’oriente in generale abbia trasformato i punti di vista sul mondo elaborati dalle culture occidentali
e come l’Oriente abbia funzionato da specchio, per l’appunto: cioè come l’oriente abbia, attraverso
la sua alterità, attraverso la sua diversità, spinto la cultura occidentale a definire se stessa e a
riconoscere se stessa. Perché un libro del genere ci aiuta a comprendere il fenomeno della scoperta
del nuovo mondo che non riguarda l’Oriente? Perché allo stesso mondo, il nuovo mondo ha
funzionato per gli europei in epoca post colombiana come fonte rivelatrice per l’identità europea:
“l’Europa è…” si capisce attraverso ciò che “non è” ed è Colombo che lo comincia a definire.
Paralisi cognitiva: che cosa significa nello specifico? Come si fa a finire vittima di una disperazione
che ti impedisce di reagire: questo per provare a spiegare il perché di una resa di milioni di persone
di fronte a poche centinaia (okay le malattie e le armi però quando vedo che mi attaccano com’è
possibile che non reagisco). La ricerca storiografica-antropologica ha compreso negli anni che
queste popolazioni non trovarono in sé stesse la forza di reagire, nemmeno vollero mentalmente,
culturalmente (non combatti quando non trovi una ragione per farlo, invece, combatti se ci credi
nella battaglia). Per esempio, abbiamo parlato di armi, cavalcature e un aspetto che lo studioso
Battelli ha sottolineato nel suo famoso studio “revisione dei vinti” è che molto spesso i nativi (li
chiamiamo così per convenzione), quando vedevano una cavalcatura, non distinguevano tra essere
umano e animale: l'essere umano con l'armatura su un animale che era appena sbarcato li
confondeva e ritenevano di trovarsi di fronte a delle creature uniche, che avevano il corpo di animale
e la testa e le braccia di esseri umani, quindi creature ancora di più venute dal cielo, mandate lì
appositamente per rendere visibile alla civiltà la fine dei tempi. Le stesse malattie, gli stessi effetti
devastanti degli agenti patogeni vengono interpretati come una punizione che arriva dal cielo.
Quindi, tutte queste cose messe insieme: la spiegazione religiosa, militare, tecnologica e culturale
fanno sì che, all'interno di questo mondo, si produca una paralisi cognitiva.
Lo studioso Jared Diamond, qualche anno fa, ha scritto un libro intitolato “armi, acciaio e malattie”.
Diamond si domanda: perché alcune civiltà hanno ceduto di fronte ad altre? E nel porsi questa
domanda, nel momento in cui analizza il contatto tra gli europei e i nativi americani, mette al centro
la compresenza degli effetti delle armi, dell'acciaio, delle malattie, delle spiegazioni di carattere
culturale, politico e religioso. Diamond non è uno storico, ma è un esperto di scienze dure, ovvero è
un biologo con delle specializzazioni in ornitologia; tuttavia con la sua opera ha fornito numerose
informazioni sui rapporti tra le diverse civiltà e sul ruolo della tecnologia, delle culture e degli agenti
patogeni. Altri studiosi, per descrivere questo nuovo mondo che si crea dopo la conquista (o
scoperta delle Americhe) usano il concetto di Colombia Exchange, lo scambio colombiano, ovvero
uno scambio di materie prime, di prodotti, di beni preziosi, di cibi e anche di agenti patogeni tra
diversi continenti, in virtù di quello che accade a partire dalla fine del Quattrocento fino poi a tutta
l'età moderna.
Una fonte storica piuttosto importante è il diario di uno dei primi conquistatori, Diaz del Castillo
(spagnolo), che scrive un resoconto intitolato “la conquista del Messico”. In una pagina del diario,
racconta l'incontro tra gli spagnoli e l'imperatore Montezuma: è un incontro cruciale perché riporta
l’immagine straziante dell’imperatore azteco Montezuma, che di fronte ai conquistatori egli, che è il
punto di riferimento del suo popolo, colui che li dovrebbe guidare, prega il suo popolo di
sottomettersi ai nuovi arrivati e lo fa sulla base di una consapevolezza enorme, dice “io ho
interrogato i nostri dei e non ho ricevuto risposta, vi prego non combattete ma sottomettetevi a loro
perché io non ho le risposte che cercate” e poi nel momento di massima esasperazione Montezuma
arriva a piangere. Gli aztechi vedono il loro imperatore, il loro punto di riferimento, cadere in
lacrime, crollare in preda alla disperazione più completa senza sapere più dove aggrapparsi e dice
“io so di essere colui che dovrebbe dirvi qualcosa, ma non so che dirvi”. Questa è la vera apocalisse,
questo è ciò che ti toglie non solo la voglia di combattere, ma la motivazione di combattere, lo
scopo. Tutti questi elementi combinati insieme portano alla vera paralisi culturale e cognitiva,
portano non soltanto a soccombere ma a non avere né la voglia, né la forza né la motivazione per
reagire. Immaginiamo una popolazione che vede nell'imperatore una sorta di dio sceso in terra, cioè
una figura di riferimento, colui che dovrebbe fare qualcosa per salvarti nel momento del bisogno,
allora è normale che, ad un certo punto, gli Aztechi si rivolgano a Montezuma perché vogliono delle
risposte di fronte al disorientamento totale. Questa sensazione l’abbiamo sperimentata anche noi
durante il covid, quando, di fronte all'instabilità totale, aspettavamo a una certa ora che andasse in
onda la conferenza di Conte, perché ogni volta ci dava notizie, informazioni, ci diceva cosa fare e
come comportarci. Quindi, pensiamo a come si dovevano sentire gli Aztechi: al trauma culturale si
accompagnava quello epidemiologico, quello politico e così via. Che cosa scrive Diaz del Castillo? Lui
osserva tutto da un punto di vista europeo “a tutti gli altri Vassalli di Uniti Montezuma tenne un
discorso”. Ecco, Diaz del Castillo dice una cosa che è poco credibile perché chiama tutti quelli che
ascoltano Montezuma “vassalli”, ovviamente utilizza un concetto che è tutto europeo per descrivere
una società totalmente altra, ovvero attua questo tipo di meccanismo: guardo gli altri con quello
sguardo con cui osserverei me stesso. Scrive anche “già molti anni prima i suoi antenati avevano
predetto che un giorno sarebbero venuti da Levante dei Forestieri a dominare il paese e che il regno
del Messico avrebbe così avuto fine. Ora egli era convinto che i forestieri fossimo proprio noi; la sua
convinzione veniva da ciò che gli avevano detto gli dei”. Le parole più cruciali del discorso di
Montezuma sono: “al momento, concluse Montezuma, ciò non implica granché speriamo che gli dèi
rispondano diversamente in futuro” (come se volesse dire che magari la prossima volta gli dei gli
diranno qualcosa di meglio, ma al momento l’unica cosa che gli avevano riferito era che sarebbe
arrivata una minaccia che avrebbe posto fine alla sua civiltà). “Ma ora, dice Montezuma, ora vi
scongiuro di pagare un tributo come segno di vassallaggio a questi quattro centinaia di spagnoli che
sono venuti” quindi l'imperatore dice al suo popolo “vi scongiuro”. Ora, la testimonianza di Diaz del
Castillo può essere filtrata e alterata, però ci fa vedere un’immagine di un imperatore molto in
difficoltà, che sa di essere poco convincente nei confronti del suo popolo e ad un certo punto chiede
qualcosa al suo popolo (ovvero pagare un tributo). Diaz del Castillo aggiunge “a queste parole tutti
risposero che avrebbero fatto quello che gli comandava”, quindi Montezuma, che “piangeva più
degli altri”, riesce a impietosire il suo popolo, che tra lacrime e sospiri accetta di fare come
l’imperatore chiedeva. Immaginiamo cosa possa significare per un popolo, che ha un imperatore in
cui crede e che ritiene essere la manifestazione di Dio in terra, vederlo piangere. Esistono anche
delle testimonianze importanti riguardanti il rapporto tra gli spagnoli conquistatori e i capi Inca e
una delle più preziose è quella di Felipe Guaman Poma de Ayala, che scrisse la prima nuova cronaca
del buon governo e lo scrisse da Inca, quindi è uno dei rari casi di un Inca che parla degli Incas e
quindi un punto di vista sviluppato dall'interno, non come quello di Colombo, di Diaz del Castillo o di
altri viaggiatori. Tuttavia è un'opera scritta in lingua castigliana quindi tutte queste cose vengono
comunque poi elaborate nella lingua dei vincitori, anche se sono scritte da un mito e anche in questo
caso, in questo incontro che Poma de Ayala descrive tra Atahualpa e i conquistatori, c'è un trauma
perché, ad un certo punto, i conquistatori pretendono qualcosa da Atahualpa, che chiede: perché lo
pretendete? Perché è scritto nel libro che stanno seguendo, ovvero la Bibbia. Atahualpa gli chiede di
vederla, ma non vuole leggerla, vuole semplicemente toccarla perché ritiene che il libro possieda in
sé un potere magico e che quindi, in virtù di quel potere, il libro possa poi trasmettergli una forma di
conoscenza. Atahualpa tocca il libro e nota che non succede niente e lo lascia cadere a terra.
Dunque, immaginiamo che di fronte ai conquistatori spagnoli, accompagnati dai predicatori
spagnoli, un rappresentante del potere nemico prenda una Bibbia in mano e poi la lascia cadere a
terra, il gesto viene interpretato ovviamente come estremo atto sacrilego e la situazione degenera.
Questo per dire che la molteplicità dei punti di vista è fondamentale per capire qual è la
sistemazione del potere europeo nel Nuovo Mondo.
Quando parliamo delle colonizzazioni nel ‘500, facciamo riferimento principalmente a due modelli di
colonizzazione: il primo è quello portoghese e il secondo è quello spagnolo. I portoghesi avevano
cominciato i loro viaggi di esplorazione nella seconda metà del Quattrocento, attraverso la
circumnavigazione dell'Africa; gli spagnoli, invece, seguono la rotta di Colombo perché si ritengono i
padri dell'impresa di Colombo, anzi le madri perché a sostenerla in maniera particolarmente
convinta era stata Isabella di Castiglia. Però, fin da subito, nasce una contesa tra la Spagna e il
Portogallo per i definire quali fin dove arrivavano i loro diritti in quelle terre. Essendo questi due
paesi quelli che hanno maggiormente viaggiato e maggiormente tentato di esplorare, conquistare e
stupire è sottinteso che debbano essere quelli che poi devono anche controllare questi territori.
Come viene risolta questa diatriba? Viene risolta dal Papa con un accordo, noto come trattato di
Tordesillas, che stabilisce che a un certo punto sul planisfero, così come era conosciuto allora, si
tracci una linea immaginaria e ad est di questa linea si stabilisce che le terre presenti siano di
pertinenza portoghese, mentre ad ovest siano di pertinenza spagnola. Il caso vuole che, per quanto
riguarda il continente americano, questa linea tagli uno spicchio della parte orientale del continente
sudamericano. In termini odierni, quella parte che resta ad est della linea del Trattato di Tordesillas
corrisponde al Brasile: che lingua si parla in Brasile? Si parla il portoghese, quindi quella decisione
presa in quel momento della diversa strutturazione del dominio spagnolo e portoghese fa in modo
che nell'odierno Brasile si parli il portoghese. L'accento dei brasiliani è sempre simile a quello dei
portoghesi, ci sono solo un po' di inclinazioni diverse, nel resto del Sud America invece si parla lo
spagnolo, che si parla anche nel nord del continente americano, ovvero negli odierni Stati Uniti (ci
sono interi stati, soprattutto nella fascia Sud degli Stati Uniti dalla California al Texas alla Florida
dove addirittura negli uffici pubblici e nella segnaletica stradale c'è la doppia indicazione inglese-
spagnola e lo spagnolo oggi, insieme al mandarino e all'inglese, è tra le lingue più parlate dell’intero
pianeta e tempo fa lo era anche il francese ma oggi la situazione è un po' diversa). Gli spagnoli e i
portoghesi non hanno soltanto delle differenze culturali gli uni dagli altri ma hanno anche delle
differenze organizzative: il modello imperiale/di colonizzazione portoghese è un modello fondato
sulla presenza di tanti empori sparsi sulle coste dell'Africa e dell'Asia meridionale; il modello
spagnolo invece è un modello di organizzazione politica più articolato e stabile e che in un primo
momento prevede per la parte meridionale del continente americano la presenza di due vicereami:
la Nuova Spagna e il Perù. In questi vicereami, gli spagnoli strutturano il loro potere come lo
esercitano nella penisola iberica e, tra le altre cose, sviluppano anche un modello di territorio che si
definisce encomienda: è una struttura territoriale affidata ad una persona, che acquisisce per certi
versi le sembianze del feudatario europeo e che ha sotto il suo controllo tanti lavoratori, tanti
produttori, a cui garantisce protezione e che in cambio devono offrire fedeltà, stabilità e lavoro.
Nei primi due decenni del 21° il concetto di storia globale è piombato al centro dell’agenda
storiografica. Il nodo è che il concetto di storia globale è legato a doppio filo al concetto di
globalizzazione e la globalizzazione è un processo che si è realizzato solo ai nostri giorni, o in epoche
relativamente recenti. Noi ci stiamo confrontando con la globalizzazione e le sue conseguenze e
cerchiamo le prime risposte ai problemi di questo mondo attraverso l’analisi di quel mondo e quindi
di fronte alla globalizzazione ci chiediamo “Ma quando è cominciata? Perché è cominciata?”. Anche
in questo caso ci sono degli studi che useremo come studi di riferimento, il più importante è quello
di Jeffrey Parker, ovvero “Le relazioni globali nell’età moderna”, in cui si fa riferimento alla genesi di
un pianeta che diventa tale e che acquisisce la coscienza di essere tale. Un altro libro altrettanto
interessante è un libro di storia dei media scritto da Andrew Pettegree (si legge “pettigri”)
“L’invenzione delle notizie: come il mondo arrivò a conoscere sé stesso”: la coscienza di essere
parte di qualcosa che è globale. Però quando parleremo di dinamiche globali, abbiamo la necessità
di capire di che cosa stiamo parlando perché non tutto ciò che appare globale lo è effettivamente: è
veramente globale qualcosa che avviene in una parte del pianeta e che ha delle conseguenze che si
sviluppano in maniera reticolare e non lineare in tante altre parti del pianeta. Non è sufficiente che
una notizia di New York venga trasmessa in Perù per parlare di un fenomeno globale, è necessario
che quella notizia rimbalzi in Asia, in Messico, a Londra, in Africa poi di nuovo nelle Americhe ecc.
C’è bisogno di una rete che è ampia come il pianeta, noi oggi questa rete ce l’abbiamo, ma in età
moderna è esistita? Le conseguenze del Colombian exchange si sono viste solo su una traiettoria
singola “Europa-Nuovo Mondo” o si sono riverberate anche in altre aree del pianeta? Quando
parliamo di ETÀ MODERNA parliamo di globalità, reti globali e di svolte periodizzanti, che sono
state:
 L’introduzione della stampa e il cambiamento dell’ecosistema mediatico;
 La scoperta e la conquista del nuovo mondo;
 La riforma protestante (quindi la spaccatura religiosa interna alla cristianità);
 Sul piano economico dell’universo euro-asiatico, la perdita di centralità del Mediterraneo
nella rete del commercio a favore dell’Oceano Atlantico;
 Sul piano politico, la nascita dello stato moderno, ovvero di una struttura politica
centralizzata che cerca di superare tutta la frammentazione territoriale affidando il potere
nelle mani di un’unica persona.
Ma accanto al concetto di stato c’è l’altrettanto importante concetto di “impero” e, all’inizio del
‘500, si formò un impero enorme per una serie di coincidenze politiche e dinastiche sotto il controllo
di un’unica persona che abbracciava diverse aree del pianeta, un impero talmente vasto da poter far
dire ai contemporanei che si trattava di un impero sul quale “non tramontava mai il sole”: l’impero
di Carlo V.

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