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STORIA MODERNA

27/09/22 - CAPITOLI I e II
NB: V XIV XVII XXIX XXXVIII Capitoli da Omettere

Paolo Prodi: “L’età moderna non è mai esistita, così come non sono mai esistiti come
epoca storica il rinascimento, il barocco e nemmeno i secoli anche se si continua a parlare
di Ottocento e Novecento come se fossero realtà effettuali. Tutte queste sono soltanto
delle astrazioni, concetti usati dallo storico per rendere possibile e abbreviare il discorso,
così come i matematici fanno con le loro formule e per questo bisogna essere molto
precisi nel riferire questi concetti a precise coordinate storiografiche senza pretendere di
dar loro alcuna realtà oggettiva che non possono avere […]”
Non esiste quindi la storia moderna come realtà oggettiva, si tratta di un concetto che gli
storici hanno inventato e che serve come strumento di periodizzazione, come concetto
interpretativo. La prova ne è che la nostra concezione italiana di storia moderna è
delimitata da due date indicative: la fine del XV secolo e la Rivoluzione francese. Il
significato che si attribuisce al termine varia a seconda delle definizioni storiografiche
nazionali. Tuttavia, in Inghilterra, quella che noi chiamiamo età moderna si chiama Early
Modern Age (perché la Modern History per loro inizia nell’800), mentre in Italia si colloca
tra 400 e 700. Lo stesso fanno i tedeschi, che non usano il concetto di storia moderna
(Neuzeit) ma quello di prima età moderna (Frühe Neuzeit).
Detto quindi che l’età moderna non esiste, nel libro di Prodi era spiegato perché gli storici
si interessano a questo periodo che definiscono età moderna. Nella visione di Prodi, l’età
moderna era “un periodo di gestazione in cui era stato generato il periodo in cui stiamo
ancora vivendo. Per questo lo studio della genesi del nostro mondo secondo prodi era
racchiuso in questa manciata di secoli (XVI, XVII, XVIII), perché lì stavano le radici del
mondo. Egli aggiunge che si trattava di un momento in cui si erano formati dei concetti,
delle idee e delle strutture politiche e religiose che il xxi sec si stava cingendo ad
abbandonare.
L’idea che l’età moderna sia una specie di periodo di incubazione per tutta questa serie
di pensieri, idee oggetti, strutture politiche e istituzionali, modi di pensare che sono
fondativi del nostro modo… hanno fatto affermare a una storica tedesca che la Frühe
Neuzeit sia una sorta di Musterbuch, ovvero un campionario della modernità, cioè un
periodo di incubazione per liberarsi dalle scorie del passato medievale per costruire
lentamente un presente fatto di innovazioni che lentamente prepari il terreno al xvii e xix
sec.
La creazione di una periodizzazione comporta l’evidenziazione di quelle caratteristiche che
distanziano un’epoca dalle epoche precedenti. L’età moderna per alcuni storici si
caratterizza come un periodo di transizione perché mantiene le caratteristiche tipiche
dell’età medioevale ma allo stesso tempo è percorsa da processi di trasformazione che
culminano con l’esplosione delle due grandi rivoluzioni, una politica, la Rivoluzione
francese, e una economica, la rivoluzione industriale.
Per tenere in considerazione la percezione che i contemporanei avevano dei tempi
che stavano vivendo è necessario osservare il processo di lessicalizzazione:
L’aggettivo “moderno” viene dal latino, dall’aggettivo “modernus”, che deriva
dall’avverbio di tempo “modus”, “adesso”. Nell’uso corrente, rimanda a una posizione di
apertura speranzosa alle realtà che verranno, al progresso. Ha una connotazione positiva.
Questo significato si diffonde in tutte le lingue europee, e soprattutto nel francese, la lingua
della cultura, alla fine del ‘700.

La modernità secondo l’Europa Cristiana Medievale: PERCEZIONE


LINEARE

Serge Gruzinski nel suo libro La macchina del tempo. Quando l’Europa ha iniziato a
scrivere la storia del mondo: lo storico, citando il lavoro di Sant’Antonio in una cronaca del
1459, descrive una periodizzazione basata sulla successione di sei età del mondo e di
quattro imperi.
Le sei età del mondo:
1. Prima infanzia  da Adamo a Noè
2. Seconda infanzia  da Noè ad Abramo
3. Adolescenza  da Abramo a Davide
4. Giovinezza  da Davide alla cattività babilonese
5. Età matura  dalla cattività babilonese alla nascita di Cristo
6. Vecchiaia  dalla nascita di Cristo fino alla fine dei tempi
Tanto le sei età del mondo quanto i quattro imperi sono percepiti come disegni di Dio,
aventi un inizio e una fine. Per questo motivo, non si sente la necessità di scansionare la
storia, concepita come un contiuum dalla nascita di Cristo alla fine dei tempi. Non c’è
spazio nemmeno per il miglioramento: al posto di una posizione di apertura
speranzosa al futuro, troviamo l’attesa che il mondo finisca. Questo modo di fare
storia, in cui le vicende umane sono schiacciate dalla presenza di Dio, in cui l’attenzione
non è rivolta alla storia dell’uomo ma alla storia della salvezza che Dio porterà ai giusti, si
chiama “historia salutis” = FINE DEI TEMPI E GIUDIZIO UNIVERSALE.

La modernità secondo l’illuminato Voltaire: PERCEZIONE DI FRATTURE

Egli si proponeva di scrivere di storia moderna in modo politico e filosofico. Voltaire ebbe
l’idea di utilizzare l’accezione di storia moderna già nella metà del xvii sec, ed è importante
ricordare che Moderna deriva da modus e significa “recente”, vicino a noi, ma il modo in
cui noi lo usiamo non si riferisce più solamente a qualcosa di nuovo, ma piuttosto a una
qualità, a qualcosa di effettivamente trasformatrice.
Pag 19: “vorrei che uno studio serio della storia lo si cominciasse dal tempo in cui essa
diventa veramente interessante per noi: ossia mi pare, verso la fine del XV secolo
[quando] nello spirito umano, come nel nostro mondo, avvenne una rivoluzione che
rivoluzione che cambiò ogni cosa.”
Voltaire è nettissimo: prima del xv secolo la storia non è interessante perché non ha
ancora compiuto quelle rivoluzioni che effettivamente hanno cambiato la storia degli
uomini e del mondo.
In seguito, Voltaire snocciola gli elementi di questa rivoluzione, che sono l’invenzione della
stampa, la rinascita delle lettere e delle arti (l’Umanesimo, la riscoperta delle arti
classiche), l’irradiazione di queste novità culturali nel continente (il Rinascimento), le
scoperte geografiche, l’apertura delle nuove rotte verso l’Asia, l’America e l’Africa, ma
soprattutto l’affermazione politica e militare dell’Europa, e infine la rottura dell’unità
confessionale europea con riforma protestante. Per voltaire questa concatenazione di
eventi aveva per lui provocato una cesura irreparabile nel tempo, che aveva permesso agli
europei di raggiungere un culmine, una supremazia intellettuale, politica ed economica sul
resto del mondo che né la Grecia né Roma avevano mai conosciuto  grandezza
europea ha soggiogato tutte le altre realtà a partire dal ‘400, con la diffusione di un nuovo
sistema politico e di un nuovo credo religioso, la fioritura delle arti, i viaggi che porteranno
alla scoperta dell’America, e crede che sia proprio questa la storia che vale la pena di
studiare, la storia utile per costruire il presente e il futuro.
Voltaire con questa definizione di storia Europea intende un’idea di moderno che è non
solo recente, ma anche proiettato verso il futuro, un futuro visto ovviamente in chiave
ottimistica e è concepito in chiave di un progresso costruito dagli uomini, con una venatura
laica, mondana, secolare, che si separasse dal vecchio sapere ecclesiastico che non
lasciava gli uomini liberi di muoversi.
Se le storie che Voltaire riteneva non interessanti erano quelle lineari, continue che
avevano ispirato la lettura degli uomini del medioevo, che concepivano la storia come un
continuum tra la genesi del mondo e la sua fine con la resurrezione, Voltaire per la prima
volta schematizzava questo periodo introducendo una serie di fratture che per un uomo
del Settecento erano la grande novità del suo tempo.
La nozione che voltaire ha del tempo e della modernità è quella che si è fatta strada da un
inizio quattro-cinquecentesco in cui gli uomini faticavano ancora a liberarsi della loro
eredità medievale: se gli uomini del medioevo intendevano la storia come un percorso
lineare scandito dalla creazione e dalla seconda venuta di Cristo che vi avrebbe messo
fine, Voltaire dice ora il contrario, spiegando che le storie della Bibbia appartengono a un
passato che si deve dimenticare.
Tuttavia, il punto di partenza di queste fratture non è così lineare come Voltaire si
immagina: il desiderio di rottura col passato è una ragione del paradosso della realtà
umanistica rinascimentale, che si muove in modo interpretativo del tempo che non è il suo.
Si tratta infatti di un tempo ciclico, che ritorna all’indietro, anche se concepito in un modo
innovatore.
Nelle Osservazioni sulla storia, Voltaire offre la sua posizione sulla storia, cioè una
periodizzazione. È illuminista, progressista: vuole mettere a profitto il presente, costruire il
presente. La sua idea di moderno non riguarda più l’attualità ma è proiettata verso un
futuro migliore. È consapevole che la grandezza europea ha soggiogato
È chiaro che l’autore concepisce la storia come un susseguirsi di epoche diverse che
prevede un miglioramento della condizione umana.
Secondo Voltaire questi sono i tasselli compositivi della modernità: la Stampa,
l’Umanesimo, il Rinascimento, le esplorazioni e le scoperte geografiche, la Riforma
protestante, la Rivoluzione Scientifica e l’Illuminismo. Questi aspetti insieme hanno
incentivato gli individui a voltare le spalle alla tradizione e accogliere il razionalismo,
l’individualismo e la secolarizzazione.

La modernità secondo l’umanista Niccolò Macchiavelli: PERCEZIONE


CICLICA, Historia Magistrae Vitae.
Partiamo da ciò che accade nell’Italia quattro-cinquecentesca, il paese più progredito
all’epoca. È l’Italia dei grandi geni dell’umanesimo e del rinascimento, che si avviano verso
la modernità ma con uno scarto rispetto a quel tempo lineare religioso, adottando una
visione rivoluzionaria del ciclo degli avvenimenti, ovvero della storia come un susseguirsi
di cicli di crescita e di decadenza. Si tratta di una visione del tempo che serve agli
intellettuali per recuperare le fonti dell’età classica con una vena polemica verso quella
che gli umanisti chiameranno l’età di mezzo o medioevo.
Lo schema ciclico è quello che anche la cultura classica aveva impiegato in passato,
spiegando la storia come un susseguirsi di corsi e di ricorsi, ascese e decadenza il cui
studio doveva permettere agli uomini di imparare da essa evitando di ripetere gli stessi
errori secondo la formula della historiae magistra vitae, che aveva un presupposto molto
interessante, ovvero quello della non-variabilità degli istinti e delle caratteristiche della
natura umana. Presupponendo che le virtù i vizi e la natura degli uomini fossero sempre
uguali che si poteva costruire mentalmente un ciclo didattico della storia che permetteva
gli intellettuali italiani di aprire una furibonda polemica contro la visione religiosa della
storia lineare a cui sostituivano questa loro nuova versione ciclica e continua che avrebbe
assolto al compito di indicare la vera strada che gli uomini potevano effettivamente
percorrere per migliorare e per attingere a quella cultura che si pensava essere
enormemente più sviluppata almeno nel periodo del quattro/cinquecento.
Gli antichi erano ai loro occhi così eccellenti e superiori rispetto ai medievali perché essi
erano stati più in grado di imitare la natura, modulando i loro comportamenti su quel regno
inarrivabile di eccellenza che era la natura. Perciò, ecco allora il paradosso: per gli
umanisti andare all’indietro significa andare sempre più vicino alle fonti di un’eccellenza
insuperabile, ad una natura priva di quelle assurde idee teologiche e dogmatiche che gli
uomini del medioevo le avevano gettato sopra.
Nicolò Macchiavelli (1469-1523) è una delle migliori testimonianze di questo culto
dell’antichità. Machiavelli ha una vita burrascosa: dopo essere stato segretario della
repubblica di Firenze viene esiliato dai Medici a San Casciano nell’entroterra fiorentino,
dove si dedica alla scrittura di lettere ai suoi amici per riconquistare il favore dei nuovi
padroni.
In una lettera del dicembre del 1513, egli scrive a Francesco Vettori descrivendo in uno
squarcio letterario la vita che fa e la grandezza del sentimento di ammirazione che prova
per gli antichi.
Venuta la sera, mi ritorno a casa ed entro nel mio scrittoio; e in sull'uscio mi spoglio quella veste
cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali; e rivestito condecentemente,
entro nelle antique corti delli antiqui huomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi
pasco di quel cibo che solum è mio e ch’io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare
con loro e domandarli della ragione delle loro azioni; e quelli per loro humanità mi
rispondono; e non sento per quattro hore di tempo alcuna noia, sdimentico ogni affanno,
non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tutto mi transferisco in loro.

Nel Principe, Machiavelli dice che egli si nutre di due cose: della lezione degli “antiqui” e
dell’esperienza delle moderne – ovvero delle cose che sono accadute adesso, nel suo
momento.
In tutte le sue opere, la lezione degli antichi è la premessa necessaria per una premessa
cronologica con la quale lui organizza Il principe, Le historie fiorentine, etc. Nei suoi scritti,
tutto quello che succede da Carlo Magno a Federico II (ovvero dal IX secolo alla metà del
XIII secolo) quasi non esiste, perché da essi non posso trarre nulla di importante.
L’avventura intellettuale di Machiavelli si avvicina a quella di Voltaire. Per quest’ultimo
però, gli uomini dell’età moderna avevano raggiunto un culmine di perfezione che
superava quello degli antichi, mentre per Machiavelli questo non era vero, perché il
culmine del prestigio e della raffinatezza rimaneva ben ancorato nei Greci e nei Romani.
Questi due autori sono in qualche modo i primi a delimitare con una certa precisione – che
arriva fino a noi – l’arco cronologico di cui ci interesseremo.
Già in Machiavelli, e in maniera più risoluta in v ciò che appare è una chiara declinazione
della storia come prodotto dell’uomo. Prima di allora, prima di Machiavelli e forse anche
dopo di lui, gli autori + tradizionali non avrebbero parlato di storia come soggetto singolare,
ma piuttosto di storie, perché era tipico della visione religiosa o teologica ritenere che la
storia degli uomini si svolgesse sullo stesso piano e con lo stesso passo della storia
naturale. Chiaramente in questo caso siamo di fronte al pieno riconoscimento della
iniziativa degli uomini come facitori di storia, riconoscimento che in Machiavelli è ancora
mediato dalla lezione dell’antichità ma che alla fine, progredendo, arriva a Voltaire e si
consolida.
Lo sguardo al passato non è più immerso in una logica di continuità cristiana e comincia a
intravedere nei secoli precedenti dei caratteri difettivi, di insufficienza. Attraverso
l’archeologia e lo studio dei testi riesumati dalle biblioteche, gli intellettuali recuperano
quindi l’età classica, che precede l’età medioevale, e soprattutto i suoi modelli di vita
artistica, politica e sociale, percepiti come un esempio ideale da seguire. La storia non è
ancora completamente secolarizzata ma è guidata dalla virtù dell’uomo, e non più dal
disegno di Dio. La storiografia del Rinascimento costituisce una delle più compiute
espressioni dell’Umanesimo europeo.
Quando gli umanisti si appropriano del passato, cominciano a modellarlo secondo le loro
intenzioni e finiscono per individuare dei passati differenti nella storia dei propri paesi.
Prendono le distanze dall’unicità della storia cristiana. Emergono dei caratteri proto-
nazionali.

La modernità secondo Hegel e Max Weber

Tra le varie correnti di pensiero particolare rilevanza ha avuto in Europa quella di Hegel,
secondo la quale il moderno era meglio del passato ma aveva soprattutto una
collocazione geografica esclusiva: l’Europa. L’Europa aveva conosciuto infatti un processo
di secolarizzazione scandito da diversi eventi: illuminismo, Rivoluzione Francese e
industriale.

Allora si pensava che nessuna civiltà al mondo, tranne quella europea, fosse
caratterizzata da un periodo come il Rinascimento Europeo. Per Hegel la storia della
libertà aveva cominciato il suo cammino in Oriente ma aveva conosciuto il suo massimo
sviluppo solo in Europa. Si considerava che nella stessa epoca ci fossero livelli culturali
diversi a seconda dei luoghi (ad esempio, si consideravano gli amerindi come parte di
un’umanità bambina, che doveva essere educata dall’umanità matura Europea e cristiana
verso la consapevolezza della fede). Lo spirito del mondo era divenuto adulto in Europa,
un luogo moderno. “Nur im Okzident” è l’espressione usata da Max Weber: il moderno è
razionalità, appropriatezza dei mezzi ai fini e valorizzazione del principio di prestazione.
Questo moderno è divenuto possibile tra il 1500 e 1900 in un’area del mondo (Occidente
cristiano, soprattutto dove si era diffuso il calvinismo) grazie a un’etica religiosa e culturale
che ha indotto gli umani all’attivismo e all’individualismo al contrario delle altre culture che
hanno inibito lo sviluppo della modernità. I risultati sono stati da una parte l’affermazione
del capitalismo e quella dello Stato di diritto e dall’altra il trionfo della scienza. Assieme allo
Stato moderno viaggia il concetto moderno di libertà. Lo Stato moderno conosce il suo
apice di dominio e funzione regolatoria nell’era napoleonica. Nel frattempo, sopraggiunge
anche l’idea di libertà che svolgerà un ruolo di rimozione dei vincoli religiosi e della
tradizione per poi radicarsi nella politica in cui diverrà fondamentale il concetto di sovranità
che appartiene al popolo.
Una storia moderna così intesa è sicuramente eurocentrica, e questa è un’affermazione
difficilmente contestabile dato che molte altre culture non hanno avuto un’età moderna
intesa come periodo di sviluppo e progresso proiettato al futuro. Può essere affermato
però che altre culture hanno avuto una sorta di Rinascimento vissuto come processo
culturale in direzione mondana e secolarizzata. La Cina, ad esempio, ha interrotto la sua
successione di eventi dinastici solo nell’Ottocento dopo il contatto con il mondo
occidentale: quello è il momento identificato dagli storici come inizio della storia moderna
della Cina, alla quale si attribuisce non una connotazione di progresso ma di decadenza
fino al 1919, con il periodo contemporaneo. La concezione di periodo moderno europeo è
stata comunque molto rivalutata con criteri temporali meno rigidi.
MISURARE IL TEMPO: ANTONIO TRAMPUS
Non potremmo immaginare questi cambiamenti soltanto in ambito intellettuale, in un vuoto
di trasformazioni sociali e politiche, senza collocarli nelle città italiane, che avevano ripreso
a fiorire, dove si stava affermando un ceto diverso dall’aristocrazia fondiaria e dove si
stavano istituendo delle scuole.
La storia della misurazione è strettamente collegata ai grandi fenomeni di
trasformazione, come, per esempio, la rivoluzione scientifica, che sarebbe stata
impossibile se non avessimo avuto strumenti migliori. Oltre allo spazio, l’uomo ha sempre
cercato di misurare il tempo.
L’argomento di Trampus si muove da un altro semplice interrogativo: Per quale ragione
gli uomini si sono sempre sforzati di misurare il tempo?
Secondo Trampus, l’esigenza di orientarsi nel tempo è innata, è nostra da sempre. Ciò è
abbastanza evidente anche perché va di pari passo con un’esigenza di potere: il controllo
del tempo è una forma di controllo politico, esercizio di un potere. Anche per questo l’età
moderna ci appare come un laboratorio particolarmente interessante per verificare come
gli uomini abbiano lentamente adottato strumenti di misurazione del tempo più raffinati
facendo in questo modo corrispondere un’esigenza di orientamento individuale con
un’esigenza di controllo anche della vita degli uomini da parte del potere.
L’età moderna è segnata da un passaggio fondamentale, che è quello da una visione di
tipo qualitativo del tempo ad una visione quantitativa del ritmo della vita e dello scorrere
dei giorni. Per molti secoli il senso umano del tempo, o la sua percezione, era stata legata
intimamente ai fenomeni naturali: il passare delle stagioni, la vita e la morte, la rivoluzione
della terra, l’alternarsi del giorno e la notte...
Il mondo che si affaccia alla fine del medioevo, invece, sposta questa concezione naturale
del tempo – storia naturale intrecciata a quella degli uomini – quando gli uomini iniziano a
sentire l’esigenza di munirsi di entità astratte per misurare il tempo. Questo avviene in
questo periodo con l’introduzione di un’unità discreta di tempo che è il mese: i calendari
con i mesi sono una realtà che prende piede nel medioevo e conquista spazio nel corso
dell’età moderna (cicli dei mesi, libri d’ore, quantificazione dei giorni con le figure dei
santi…). L’invenzione del mese inizia a dare una spiegazione al tempo – vero è che
idealmente esistevano già da tempo, ma è in questo periodo che iniziano a prendere piede
per come li conosciamo ora.
La letteratura ecclesiastica associa l’entità mese (soprattutto nei libri d’ore) associa alcuni
atteggiamenti terapeutici o a dei proverbi fatti per calare il mese come entità astratta nella
realtà concreta e popolare dell’epoca, permettendone la diffusione della popolarità.
La trasformazione più significativa si ha con il passaggio da una visione qualitativa del
tempo a un visione quantitativa del tempo: il tempo è segnato dal ripetersi dei cicli
naturali, poi si adottano delle unità di tempo astratte, come i mesi. Nasce una letteratura,
costituita, per esempio, da raccolte di proverbi e da almanacchi, per rendere più familiari
queste nuove unità di tempo. Collocare i giorni in unità discrete di tempo (i mesi) vuol dire
estrarli dal ciclo delle stagioni ed inserirli in una sequenza numerica. In questo la chiesa ha
svolto un ruolo importantissimo, basti pensare ad esempio al Concilio di Trento in cui è
stato emesso il Calendario Giuliano nei primi del 1500. Questa successione di elementi
che derivano da risorse culturali precedenti ma che vengono adottate e trasformate in
pratiche quotidiane che ci avvisa del cambiamento in atto nell’età moderna Viene
introdotto un nuovo strumento: il calendario, in cui ai giorni si sovrappongono le
celebrazioni dei santi e le feste religiose.
Pagina 36: le fonti iconografiche sono spesso utili per meglio comprendere le transizioni in
atto. La Vecchia di Giorgione – questo quadro del 1506 è una delle immagini più
inquietanti del passaggio da medioevo a rinascimento: questa donna, ritratta con tocchi
molto realistici (dentatura, escrescenza sul labbro, volto rugoso, vestiti…) era stata
probabilmente la balia e la domestica di Giorgione secondo gli storici dell’arte. Il nostro
interesse non sta però nella sua identità, tanto più nel cartiglio che essa regge in mano,
che reca la scritta “col tempo”. Questa vicenda è molto curiosa: l’interpretazione classica
di questo ritratto era stata collocata in un contesto moraleggiante, una sorta di memento
mori, un’ammonizione verso gli osservatori in modo che si ricordassero del passare del
tempo. Queste interpretazioni vennero esasperate dalla cultura controriformistica, i cui
promotori presero questo quadro come una grande evocazione della mortalità del corpo e
dell’immortalità dell’anima e quindi come un invito a staccarsi dai beni materiali ed
accettare religiosamente la morte.
Di recente questa interpretazione è stata completamente rivalutata: in anni abbastanza
vicini, a Buda, nella Galleria Nazionale di Buda è apparso un altro quadro – Ritratto di
Giovane, di Giorgione – che ha permesso di ribaltare l’interpretazione della Vecchia.
L’aspetto curato del giovane si ritiene che stesse dietro quello della vecchia, in funzione di
timpano – ovvero una tela che una volta sollevata avrebbe lasciato sbigottito lo spettatore.
L’effetto sorpresa di questa combinazione di due tele sarebbe inquadrabile esattamente in
questa stagione di riscoperta dell’antico ma soprattutto di prospettiva e di avvento di un
tempo nuovo perché starebbe ad indicare – contro la vecchia lettura secondo cui solo con
la vecchiaia si potesse acquisire la conoscenza perfetta – l’affermarsi dell’idea che anche
le persone giovani potessero fruire della bellezza e della conoscenza: non è più quindi
necessario raggiungere la vecchiaia per essere saggi, basta essere un giovane maturo e
cosciente di sé e del (suo) tempo.
Questo gioco di rimandi tra vecchio e nuovo è chiaramente sul segno di quella svolta
umanistica che accade durante la vita del pittore – quando si passa dalla concezione del
tempo moraleggiante ed ispirata al pessimismo esistenziale (solo i vecchi hanno la
saggezza) a una visione del tempo basata sulla cultura classica, che permette di
riconoscere ai giovani qualità e virtù umane proprie.
Il ritratto ci apre quindi uno squarcio su questa profonda sensazione di cambiamento che
la lezione degli antichi ci dà nella prospettiva iconografica.
Possiamo considerare, infine, che la nostra lettura dell’età moderna sia combaciabile con il
senso di apertura che anche i contemporanei ebbero.

28/09/22 – CAPITOLI III, IV E XVIII


Lo spazio, la cartografia, il rapporto uomo/ambiente nell’età moderna (rif. ai saggi di M. Donattini,
M. Armiero e R. Biasillo nell’Introduzione alla storia moderna.) La prima espansione extra-europea:
nascita, formazione e caratteri dominanti dell’ Estado da India portoghese. (rif al saggio di V.
Lavenia, 1434-1512. La fondazione dell’«Estado da India» e l’inizio del colonialismo.)

Ambiente e società sono sempre in relazione. Tra 500 e 700 c’è una NUOVA
CONCETTUALIZZAZIONE DELLA NATURA  Scoperte geografiche ed espansione biologica del
700 (cercare terre per ricreare una propria cultura)

Il confronto con il tempo e con il passare degli anni è una esigenza innata degli uomini,
storicamente determinata e il tentativo di appropriarsene, di misurarlo con precisione è
una caratteristica culturale che affiora durante l’età moderna.
La stessa catena di argomenti vale anche parlando dello spazio, altra coordinata
fondamentale per lo studio della storia. Esiste, quindi, anche un’appropriazione graduale e
progressiva dello spazio.  Si afferma una visione dello spazio che non è
qualitativa ma quantitativa.
I progetti di rilevazione che si cominciano a comporre, con finalità pratiche, soprattutto
nella Francia assolutistica della seconda parte del ‘600, non sarebbero stati possibili senza
l’Umanesimo, tra ‘400 e ‘500, dove si colloca una mutazione dello spazio e della
percezione dello spazio. Misurare lo spazio a un certo punto diventa un’attività così
comune tra gli intellettuali che non deve sorprendere che personaggi che si sono occupati
di altre discipline della scienza sono stati anche cartografi. È il caso di Niccolò Copernico e
di Galileo Galilei.
Tra il ’300 e il ‘400, un dotto bizantino introduce a Firenze la Geografia oppure la
Cosmologia, dello studioso Tolomeo, vissuto tra il I secolo e il II secolo a.C. ad
Alessandria. Fino a quel momento il testo era stato conosciuto solo frammentariamente,
soprattutto in ambito astrologico. Con l’arrivo dell’opera completa, costituito di carte
dell’Europa, di parte dell’Africa e di parte dall’Asia, si ha per la prima volta una
raffigurazione completa dello spazio conosciuto.
Nel suo libro L’invenzione della terra, Franco Farinelli afferma che la Geografia oppure la
Cosmologia di Tolomeo, il cui titolo si traduce come Guida al disegno della carta
geografica della terra, è un testo tecnico, che deriva i suoi fondamenti dalla matematica: a
ogni punto della carta geografica si attribuisce un valore numerico poi si traccia una griglia
di coordinate, i meridiani e i paralleli. Lo spazio di Tolomeo si può definire, quindi, come
omogeneo e isotropo, dove il termine “isotropo” significa che ogni punto della carta
geografica ha lo stesso valore. Non c’è niente di magico e l’immaginario medievale che
popolava gli atlanti di mostri e di popolazioni mostruose viene cancellato. È anche uno
spazio sincronico perché tutte le terre esistono nello stesso momento. L’opera arricchisce
la percezione che gli europei hanno dello spazio. È per questo motivo che ha successo
anche quando smette di aderire ai dati di realtà. Questo successo dura fino al 1570,
quando Abramo Ortelio pubblica il suo atlante.
La conoscenza cartografica si muove in parallelo con le espansioni commerciali, che, nel
caso delle città italiane come Venezia e Genova, iniziano già tra ‘300 e ‘400. Venezia, in
particolare, la fa da padrona nel commercio con l’Asia attraverso il Mar Nero e le rotte
carovaniere.
Una descrizione particolare di un territorio è anche uno strumento politico di controllo. Uno
dei grandi cambiamenti della sovranità politica tra ‘500, ‘600 e ‘700 è che al potere sulle
persone si affianca il potere sullo spazio. Nasce la nozione di territorialità. Nelle corti
europee si consacra la figura del cartografo. Questo fenomeno è osservabile nelle
numerosi raffigurazioni di carte geografiche troviamo nel Palazzo Ducale di Venezia
oppure a Firenze, dove il duca Cosimo I sceglie di decorare in questo modo un intero
guardaroba. In Italia, però, l’esempio più rappresentativo rimane la Galleria delle Carte
Geografiche, a Roma, fatta realizzare da papa Gregorio XIII tra il 1580 e il 1581 come
rappresentazione del potere papale. All’estero, troviamo queste raffigurazioni nei quadri in
cui Vermeer dipinge le case dei commercianti o nel ritratto dove Elisabetta I posa un piede
su una carta geografica.
Tra il ‘400 e il ‘500, l’Europa non ha ancora una conformazione politica stabile. Dal punto
di vista politico e militare è un’appendice trascurabile degli imperi euroasiatici, come
l’Impero ottomano, l’Impero persiano, l’Impero cinese e l’Impero russo. Gli europei non
erano mai stati conquistatori, erano i conquistati. Tutto questo cambia con la caduta di
Costantinopoli, nel 1432, quando si creano nuove situazioni geopolitiche e commerciali:
l’Impero ottomano occupa i territori che erano dell’Impero romano d’Oriente, rendendo
impraticabili le rotte commerciali via terra con l’Asia. Tutti quei prodotti che gli europei
barattavano con le pietre preziose e che ritenevano indispensabili, come le spezie,
essenziali, tra le altre cose, per la conservazione e la produzione del cibo e per la
produzione di unguenti, il cotone e le carni, diventano difficilmente reperibili. I
commercianti europei sentono la necessità di trovare altre rotte commerciali. Il Portogallo,
abitato da nemmeno un milione di abitanti, riesce in quello che fino a quel momento
nemmeno Venezia aveva mai tentato e crea un impero coloniale.
A metà del XIV secolo i navigatori portoghesi penetrano nelle Isole Canarie e sterminano
le popolazioni locali. Dopo aver esplorato le coste settentrionali dell’Africa, si stabiliscono a
Madeira, nel 1420, e nelle Azzorre, nel 1430. Alcuni anni dopo, nel 1434, costeggiano le
coste occidentali dell’Africa, fino a Capo Verde, dove si impadroniscono delle isole, e poi
nel Golfo di Guinea.
Questa espansione territoriale è molto redditizia sotto due aspetti: in primo luogo il Golfo di
Guinea è da molti secoli lo sbocco commerciale delle tratte degli schiavi, che sono molto
richiesti e che si vendono a caro prezzo; in secondo luogo, i portoghesi intuiscono la
possibilità di sfruttare la manodopera schiavile per la coltivazione più redditizia in Europa,
la canna da zucchero. L’economia delle piantagioni, messa a regime dai portoghesi,
diventerà il modello per l’economia del nuovo mondo. Gli schiavi provengono
principalmente dall’Asia e dall’Africa. In quest’ultimo caso, sono i mercanti arabi, che fanno
razzia di popolazioni africane, a rifornire il Golfo di Guinea.
La legittimazione delle conquiste si appoggia a una giustificazione di tipo religioso:
con ripetute bolle papali, come la Dum diversas, del 1452, e la Romanus Pontifex, del
1454, i pontefici assegnano ai re portoghesi la missione di convertire qualsiasi
popolazione con cui verranno in contatto. In queste bolle papali la schiavitù viene
presentata come mezzo per convertire. Per i portoghesi, un popolo molto religioso, le
esplorazioni non sono altro che la prosecuzione della crociata contro i musulmani. Hanno
gli stessi ideali di conversione e si sentono spinti da un dovere sacro a conquistare altre
terre per la cristianità. È messianismo crociato. Questo modello audace di espansione è
tipico del rapporto che gli europei hanno con diversità. È un rapporto che si muove su due
linee parallele: da una parte il commercio, dall’altra la guerra e la conversione.
Oltre alla legittimazione delle conquiste, il pontefice si occupa anche di intervenire nelle
dispute territoriali tra due le potenze della penisola iberica. Nel 1494, per esempio, a
seguito di trattative mediate da papa Alessandro VI, si stabilisce, con il trattato di
Tordesillas, la divisione degli spazi coloniali lungo una linea meridiana: i portoghesi a
oriente, gli spagnoli a occidente.
Nel 1488 Bartolomeu Dias doppia il Capo di Buona Speranza. Per i portoghesi si apre la
possibilità di irrompere in una delle aeree commerciali più importanti e più ricche, quella
che stringe le coste della penisola arabica con l’India e le coste orientali dell’India con la
Cina. Questa possibilità si realizza solo nel 1498, quando Vasco da Gama tocca le coste
occidentali dell’India. I portoghesi hanno organizzato la sua spedizione come risposta alla
spedizione di Cristoforo Colombo: avendo un’idea precisa di cosa c’è dopo il continente
americano, i portoghesi temono che gli spagnoli arrivino per primi e che li battano sul
tempo. Il viaggio di Vasco da Gama dura ventitré giorni. Attraversa l’Oceano Indiano, dalle
coste arabe a Calicut, lungo la costa del Malabar, accostandosi al territorio di un principe
indiano che la governa. Dopo la spedizione di Vaso da Gama, si organizza l’Estado de
India. I portoghesi costruiscono delle “feitorias”, cioè degli avamposti commerciali che
costruiscono una rete di commercio che da Calicut può spingersi fino al Golfo di Aden, nel
Mar Rosso, fino all’Egitto oppure fino a Hormuz, nel Golfo Persico. Questi “franchi”, come
vengono chiamati i portoghesi, diventano in questi territori una presenza stabile che si
prolunga del tempo.
Nel 1510 i portoghesi occupano Goa, dove fanno strage della popolazione musulmana. Il
messianismo crociato li spinge anche a razziare le navi che arrivano dall’India e
dall’Indonesia. Inoltre, massacrano i pellegrini diretti verso la Mecca.
I portoghesi non si fermano sulle coste occidentale dell’India e si muovono in direzione
dell’Asia, poi, alla ricerca di ulteriore profitto, verso l’Indonesia. Tentano anche la
penetrazione in Giappone, che riuscirà solo nel ‘500. In un primo momento sarà
un’occasione di conversione ma, dopo la reazione violenta da parte delle autorità, si
risolverà con la cacciata di tutti i cattolici dal Giappone.
L’espansione commerciale portoghese si riflette sull’economia, che diventa più globale e
più interconnessa. Mette a nudo la forza tecnologica degli europei. Per esempio, la
possibilità di montare i cannoni sulle navi o la capacità di sfruttare le conoscenze
accumulate sulle rotte mediterranee, come la bussola, l’astrolabio, le navi che montano,
oltre alle vele quadrate, anche le vele triangolari, che permettono di sfruttare meglio il
vento.
I portoghesi sono abili sia nella guerra sia nella diplomazia. Come gli spagnoli, sanno
anche trarre vantaggio dalle rivalità interne dei signori locali e approfittarsi di un tessuto
politico frammentato. Il punto di forza dei portoghesi sta nella loro organizzazione: i viaggi
sono autorizzati dal re e vengono organizzati precedentemente da una macchina, la
“Carreira de Indias”, che pianifica il numero delle navi e dei marinai, gli obiettivi e le
destinazioni. Mentre l’espansione americana è privata e si muove in proprio, l’espansione
portoghese si definisce capitalismo della corona.
L'Estado de India non diventa un impero. È un susseguirsi di piazzeforti commerciali
tenuto insieme dalla religione. Diversa è la vicenda portoghese in Brasile, uno spazio
immenso ma poco organizzato. Le malattie e le violenze decimano la popolazione. I
portoghesi non trovano degli imperi ricchi e organizzati come gli spagnoli. Per questo
motivo, introdurranno il modello delle piantagioni che avevano già sperimentato. Oltre alla
canna da zucchero, un’altra grande risorsa agronomica sarà il tabacco.
Il Portogallo perde la sua autorità tra ‘400 e ‘500 a causa dell’influenza dei grandi imperi
asiatici, come l’Impero Moghul in India e l’Impero Ottomano in Europa, e della nascita del
colonialismo spagnolo.

Lezione 4, 2022-2023 CAPITOLO VII, IX, XI

Fattori di influenza sul tema della schiavitù


 Recupero dell’epoca classica (Aristotele)
 Prevalente giustificazione religiosa nei confronto del mondo non europeo e non
cristiano (400)
 Storia della Serenissima agli inizi del 500  un polo commerciale sovrappopolato di
5 mila schiavi su 100 mila abitanti, che erano un segno esteriore di prestigio, un
grande costo (60-40 ducati a testa)  arrivano dal Porto di Cana razziati da
popolazioni Turcomanne dell’Asia Centrale, dalla Provincia dei Balcani, dall’Africa
Islamica Subsahariana e dall’Europa sudorientale
1453 Caduta di Costantinopoli decreta la conquista ottomana della rotta commerciale
veneziana, che cessa di essere l’intermediaria per eccellenza. Gli schiavi sono una merce
da vendere al miglior offerente, ora gli Ottomani.
Le rotte commerciali assumono sempre più importanza in proporzione ai cambiamenti che
subiscono. A Venezia suscita inquietudine la notizia di De Gama  dall’india sono arrivate
a Lisbona le prime navi di Spezie, che hanno un peso e un rilievo economico nuovo. Inizia
così un’avventura commerciale, la nascita di imperi commerciali estesi e ramificati che
porta a tre grandi casualità e snodi storici: Capitalismo (Capitolo VII), Urbanizzazione
(Capitolo IX) e Stratificazioni Sociali (XI).

P. Prodi, Introduzione allo studio della storia moderna, Bologna, il Mulino 1999, pp. 87-88
«In questo quadro il punto principale ci sembra questo: tra il Medioevo e la prima età
moderna in Europa si spezza per la prima volta il legame intrinseco fra la ricchezza
immobiliare (il possesso della terra) e il potere politico che aveva caratterizzato tutte
le civiltà precedenti vissute sulla faccia della terra. La ricchezza mobiliare, legata alla
moneta, al commercio, al credito, diventa autonoma e forma un livello superiore
completamente distinto, anche se il possesso della terra rimane sempre importante sia in
funzione della difesa dei privilegi dei ceti in declino sia come bene rifugio, più immune da
rischi per il nuovo ceto borghese in ascesa. […] Caratteristiche delle economie
primitive è l’assenza dell’idea di trarre dalla produzione e dallo scambio profitti che
non siano immediatamente traducibili in termini di potere; il lavoro e la terra non
erano affidati al mercato: a partire dal tardo Medioevo la produzione viene organizzata dal
mercante imprenditore rompendo l’organizzazione corporativa, prima con il lavoro a
domicilio e poi con l’invenzione delle macchine e la rivoluzione industriale, con la
fondazione della fabbrica sino alla costruzione di un mercato che appare autoregolato e
non elemento subordinato all’interno della vita sociale e politica. La novità più importante
dell’età moderna è appunto la separazione degli aspetti economici della vita sociale e il
loro costituirsi in ambito autonomo».
Mutazione dei Meccanismi di Arricchimento  la ricchezza mobiliare, il commercio,
diventa autonomo e il possesso della terra non è più sintomo e fonte diretta di prestigio e
ricchezza. Si spezza quel legame intrinseco fra ricchezza e potere in cui gli scambi, profitti
e la produzione manifatturiera erano traducibili in forma diretta di potere politico. Ora
emergono nuove figure sociali (centri borghesi, creditori, finanzieri, capitalisti) che
accumulano ricchezza personale e prestigio da ostentare e che rompono questo quadro,
rappresentando un segno di trasformazione dinamica e aperta, dove gli aspetti
economici vengono separati dalla vita sociale e si rendono autonomi. Non c’è più
una congiunzione tra economia e struttura politica.
CONSEGUENZE:
 Relazioni commerciali preponderanti
 Una struttura sociale mobile e diversificata
 Formarsi di un’economia mondo: rete collegata e trasformata
 Mutazione dei meccanismi di arricchimento e di utilizzo delle ricchezza per tradurla
in potere, prestigio, differenza

L’economia europea passa da una economia Labour Intensive (Eurasia) ricchezza


assorbita e usata per mantenere la popolazione a un’economia Capital Intensive
(Europa) ricchezza che crea una base di capitale per prestigio, investimento in attività
manifatturiere, commercio.
Questa specificità Europea delineata dal sociologo tedesco Max Weber con la formula
“Solo in Occidente”. Nel capitolo 7 si incontra un celebre testo “L’Etica protestante e lo
spirito del Capitalismo”  Da individuare nelle radici del Calvinismo il Capitalismo = si
predilige un’organizzazione capitalistica razionale del lavoro (formalmente) libero 
Si passa da una ricchezza accumulata a fini speculativi irrazionali al personaggio
dell’avventuriero capitalistico.
“Economia e Società”  contrasto fra Cina (società fredda) ed Europa (società calda)
C’è un punto dell’opera di Weber che permette di collegarsi al tema dell’urbanizzazione.
Cerca di unire gli aspetti economici e culturali, giuridico-religiosi, cerca di indagare la
psicologia collettiva tracciando una distinzione importante: CITTÀ EUROPEE/ CITTÀ NON
EUROPEE - STADT/ GEMEINDE (Comune, comunità)

Solo le città europee sono Stadt e Gemeinde, perché hanno sviluppato un senso di
comunità collettiva, corporativa (esempio sono città italiane e fiamminghe) emancipate dal
controllo dei signori  Autonome e Autocefale, autonome e libere che creano una nuova
figura, il Borghese (colui che abita il Borgo, Burgeschaft), che è una particolarità
dell’urbanizzazione di cui troviamo conferma del capitolo IX dove c’è una comparazione di
carattere numerico fra IX, X e XI secolo ed età moderna. Da un ritardo dell’urbanizzazione
in Europa si crea una traiettoria di crescita che rovescia la gerarchia precedente tra mondo
musulmano ed europeo.

RAGIONI:
 opportunità offerte dalla geografia: le grandi città europee si trovano lungo le coste
e i corsi d'acqua a differenza delle città euroasiatiche che hanno rotte interne come
la penisola araba e mediorientale. Non c'è dunque solo un cambiamento di scala
ma anche nel rapporto tra mare e terra. (Esempio: via delle spezie  itinerario
misto). Prima il potere era legato alla terra, Ehi ora i portoghesi creano una via di
comunicazione importante e avviene la sostituzione dell'oceano alla steppa 
rivoluzione spaziale planetaria che porta a una affluenza urbana.
 Contesto dell'urbanizzazione  città europea (nucleo autonomo) vs città cinese
(Potere politico imperiale precocemente organizzato, radicato e ramificato dove
l’insediamento urbano tra metropoli e piccolo villaggio non trova differenza). In
Europa le città si tramutato in un luogo sicuro che salvaguarda dal contesto
conflittuale del territorio, diventa un corpo estraneo rispetto alle campagne che
rivendica uno spazio nuovo di libertà e che si basa su una gerarchia differente
scardinamento del sistema portante precedente.

 Mondo Europeo vs Mondo Orientale

 divario incolmabile tra sviluppo e arretratezza “The West and the rest”

 Capitalismo Predatorio dispotico vs Capitalismo avventuriero irrazionale

Kennet Pomerantz  razionalizza questa divergenza


Weber dal primo 500 pone in discussione le strutture antropologiche passate e sfata il mito
della crescita Europea come un fatto risalente ai primi secoli dell’età moderna. In realtà
sfocia a metà del XVIII secolo con la nascita del colonialismo. Fino a metà del 700 la
produzione manifatturiera europea vantava un 23% prodotto locali contro un 57% di
prodotti importati dall’Oriente. Quanto a produzione e ricchezza (oggi traducibile nel Pil pro
capite di una nazione) l’Impero cinese era nettamente superiore, quasi doppio rispetto
all’Europa. Dal punto di vista demografico, Finanziario c’è una sostanziale uniformità,
mentre l’Oriente vanta di una maggiore produttività tecnica.
Quando scoppia la reale divergenza?
Con la convergenza di tre sistemi: CAPITAL INTENSIVE, LAND INTENSIVE, LABOUR
INTENSIVE  per la Cina c’è un’impossibilità di avere aree periferiche per promuovere un
lavoro intensivo e quindi meno possibilità d’investimento. Dall’altra L’Europa ha le colonie,
quindi più capitale, più terra da investire per manodopera a basso costo, produzione
agraria di piantagioni, tratta degli schiavi = scambio di materie prime e manufatti  varianti
che si autoalimentano dove la produzione di materie prime a basso costo permette una
rivendita all’interno di circuiti di consumo continui ed estesi che favoriscono una
redistribuzione dell’economia e una circolarità di fattori diversi. Questo tipo di economia a
sfruttamento diventa il fattore trainante della superiorità Europea dopo il 1750, oltre alla
condizione politica originaria afflitta da una dinamica conflittuale bellica che si
contrapponeva alla tranquilla politica secolare cinese. Il constante stato di guerra europeo
(gli europei sono “più bravi ad uccidere degli altri”, hanno una maggiore consuetudine con
fare la guerra) favorisce la concentrazione urbana del lavoro.

Lezione 5, 2022-2023 CAPITOLO XVIII, XXII, XXV


Alan, Mikhail, L'ombra di Dio: Selim il sultano, il suo Impero ottomano e la creazione del
mondo moderno, Einaudi 2021.
«Nei secoli della prima età moderna, il continente europeo consisteva in un fragile
assortimento di regni disuguali e di piccoli e deboli principati sempre in guerra gli uni con
gli altri. Le potenze dominanti del Vecchio Mondo erano i vasti imperi dell’Eurasia e, a
parte i pochi avamposti europei ai Caraibi, le Americhe rimanevano appannaggio delle
popolazioni indigene. L’Impero ottomano possedeva più territori in Europa di quanti ne
avessero le nazioni europee stesse. Nel XVII secolo, chiunque avesse pronosticato quale
potenza sarebbe riuscita a conquistare il mondo avrebbe scommesso sull’Impero
ottomano, o sulla Cina, ma certamente non su uno stato europeo».

L. Pezzolo, L’economia di antico regime, Roma, Carocci 2005, p. 109

«Anzitutto occorre tentare di delineare un concetto, quello di Stato, che non appare affatto
neutro. Lo Stato cui spesso facciamo riferimento è una costruzione ideologica elaborata
nel XIX secolo: uno Stato moderno nazionale con un diffuso e potente apparato
burocratico che trasmette le decisioni dal centro in un territorio sottoposto uniformemente
alla legge. Questa immagine è stata proiettata all’indietro, sino ai secoli della prima età
moderna, ingenerando notevoli equivoci e impedendo per certi versi una piena
comprensione dell’organizzazione del potere in antico regime. Lo Stato dell’età moderna
presenta invece una miriade di istituzioni e di giurisdizioni che ne fanno un sistema
straordinariamente complesso. Parlamenti regionali, comunità rurali, città, signorie feudali,
parrocchie, corporazioni di mestiere, clan familiari; contadini, cittadini, nobili, ecclesiastici,
officiali (cioè funzionari statali), cortigiani; ognuno di questi elementi agiva in base a
proprie prerogative – giurisdizionali, istituzionali, di status – che modulavano la relazioni
interne al sistema e in riferimento ai centri di potere disseminati nel territoriuo, dalla
capitale alle signorie feudali e ai villaggi».

P. Prodi, Introduzione allo studio della storia moderna, Bologna, il Mulino 1999, pp. 70-71
«[…] in realtà nella storia moderna la guerra diventa qualcosa di molto più importante
perché è lo strumento fondamentale per la costruzione dello Stato così come è arrivato
sino al XIX secolo […] La guerra, la presenza di corpi armati permanenti a tutela
dell’ordine pubblico, permette allo Stato il monopolio della violenza anche in tempo di pace
nei confronti della popolazione interna, dei sudditi […] p. 73 La guerra come ho accennato
più sopra, non è nella storia moderna uno stato d’eccezione, ma lo Stato è costruito in
funzione della guerra. Mentre nel Medioevo le guerre erano endemiche ma avevano
sempre un carattere episodico e in fondo non c’era una netta distinzione tra la violenza
privata e quella pubblica, ora la costruzione del monopolio della forza e il sistema
dell’equilibrio tra gli Stati portano alla formazione di eserciti permanenti e organizzati, a
partire dal XV secolo: l’esercito permanente si forma come elemento di continuità di
potere, mentre il suo mantenimento pone l’esigenza di tasse fisse provocando
l’espansione burocratica del fisco a cui si è accennato. Con un processo analogo a quanto
avviene nella burocrazia si passa lentamente nei secoli dell’età moderna dai corpi di
mercenari alla coscrizione forzata di leva. Questo processo viene esaltato dalle
innovazioni tecniche dell’arte militare. Se gli strumenti difensivi e offensivi usati nel
Medioevo [p. 74] (dal castello alle armi individuali) permettevano la violenza diffusa e in
qualche modo paritetica, l’invenzione dell’artiglieria e delle armi da fuoco facilita la
concentrazione della forza nelle mani dei sovrani delle grandi potenze, i quali soltanto
possono permettersi investimenti massicci nella loro produzione e nell’organizzazione
delle flotte e dei corpi militari specializzati».

Alan Mikhail “L’Ombra di Dio: Selim il Sultano, il suo impero ottomano e la creazione del
mondo moderno”
Ci si chiede come da una situazione europea tardo medievale avvengono delle mutazioni
da ogni punto di vista (politico, istituzionale, economico). Machiavelli era un segretario, un
ambasciatore della Repubblica Fiorentina, un cronista che partecipa alle vicende del
secolo. Scrive un trattato politico, Il Principe  rappresenta l’esperienza del tempo
presente, il mutamento del passato, la variazione grande delle cose attraverso una
circolazione manoscritta in tutta Italia che non viene azzerata affatto dall’introduzione della
stampa. La sensazione che Macchiavelli vive, e che lo porta a riflettere la grande
catastrofe politica, è anche un’avvisaglia del fatto che i criteri della politica passata non
servono più  il comportamento dell'uomo politico, la sua condotta, i criteri di giudizio
cambiano radicalmente. L’effetto immediato del cambiamento delle cose umane è che la
penisola si è trasformata nel teatro della guerra europea. Gli appetiti delle grandi potenze
europee (Spagna e Francia) si scaricano sull’Italia, la parte più debole dell’Europa di allora
(discesa carlo VIII)  la guerra termina solo con la pace nel 1559 di Château Cambrésis.
L'Italia crolla politicamente, cambiano i quadri politici precedenti.
Il Saggio di Marco Pellegrini (1544-1559) delinea come Italia sia attraversata da continue
battaglie. È un territorio disgregato preso di mira come terreno di scontro militare e come
territorio di dominio di un solo potere, la spagna di Carlo V. Epoca di grande crisi che dà
motivazione a Macchiavelli per scrivere Il principe, dove nella perorazione finale auspica
un liberatore dei barbari per l’Italia. Machiavelli è spinto da una tensione analitica e una
volontà di azione, tenta di modificare la realtà attraverso la proposta di una necessaria
politica nuova.
Una volta conosciuti i corretti meccanismi della politica, il disegno di Macchiavelli può
allora realizzarsi. L'Italia è scenario di questa prolungata guerra fra Francia e Spagna non
solo perché è il luogo più debole ma anche il luogo economicamente più ricco. Italia divisa
in stati grandi e piccoli, è qui che si concentra la guerra per l’egemonia europea perché
l'Italia è sede papale  si può convertire in una forma di controllo sulla massima autorità
spirituale.
La frammentarietà italiana e la sua configurazione spezzettata rappresentano il quadro
europeo  si può comprendere come nel corso del tardo medioevo il continente europeo
lasci alle spalle il potere universale e si sia frammentato tra 300 400 in forme politiche
confuse (principati, signorie, confederazioni, imperi di mare come le repubbliche) 
Caleidoscopio di forme politiche che nel tardo medioevo si sono scomposte e riunite in un
magma di trasformazione che si distingue dall’omogeneità dell’impero ottomano, russo. In
atto c’era una condizione di trasformazione continua, dinamica, perennemente
rivoluzionaria.
“Continente dei mille re e delle diecimila repubbliche” che trova un ordine nel momento in
cui si apre una disputa su chi debba governare e dominare. Competizione con la Francia
dei Valois e della Spagna degli Asburgo  queste due monarchie, questi due poteri sono
dal punto di vista politico e istituzionale moderne avviene un processo di
compensazione, accentramento di questi due poteri che assoggettano e inghiottono il
suolo italiano.
Non sono simili agli stati nazionali odierni? Oggi cos’è lo stato? Burocrazia che gestisce un
territorio, un sistema di poteri che collaborano fra loro. Comunità di destino, valori comuni,
confini precisi, comunità religiosa. Negli ultimi decenni la sovranità nazionale si è erosa.
Un possibile riflesso immediato per noi potrebbe farci accumunare lo stato francese
dell’età moderna ad un’odierna forma di stato, ma attenzione agli anacronismi! Queste
monarchie lasciano SOLO intravedere una modernità politica, una struttura politica,
burocratica.
Luigi Pezzolo “Economia di Antico Regime” Ogni popolo doveva risiedere in un solo e
unico stato, ma nell’antico regime, a livello costituzionale, nello stato dell’età moderna le
persone appartenevano ad associazioni di carattere comunitario, a un apparato che
conteneva tanti poteri, una concezione pluralista del potere attraverso nuove forme di
aggregazione comunitaria sotto forma contrattuale. Come queste entità stratificate si
pongono nei confronti del vertice del potere?
Mark Block: necessaria nascita di un vocabolario differente. La parola Stato> status=
qualità di un individuo, nelle tarde cronache italiane “prendere stato” “fortifica di stato”
significa accrescere forza e potenza politica. Si mette in moto un processo di creazione
semantica e arricchimento semantico in Italia tardo medievale che carica la parola stato di
un’accezione politica = un reggimento, un governo.
A queste declinazioni politiche manca l’ancoraggio del termine Stato come forma di
governo a uno spazio geografico. Dal XVI secolo, da una condizione personale del
governare si passa a una forma di governo che intende lo stato come autorità, sovranità
che si esercita sulle persone e sui territori. La parola Nazione viene usata come
definizione di tipo culturale, e la parola stato irrompe nel vocabolario cinquecentesco.
IMPERO: IMPERIUM accezione generica di comando, autoritas, potestas, maiestas,
superioritas. Principe che esercita un comando, tutti i domini che hanno avuto imperio
sopra gli uomini  Imperi o principati
IMPERATORE REX senza avversari, poteri legittimi non contestabili. “Re che sono
imperatoti e imperatori che sono re”
Stato moderno e Nazione ora corrispondo  bisogna prestare attenzione a considerare le
entità politiche moderne come stati proto-nazionali rispetto a quelli che saranno nel 900, in
cui non c’era un preciso riferimento alla nazione.
In questo periodo di frammentazione e confusione per i poli politici prevalenti (Spagna e
Francia), ciò che segna l'emersione di questi soggetti politici è la guerra, la conflittualità.
Secondo Machiavelli ci sono guerre corte e grosse violentissime che portano un carattere
di violenza inflitta e subita enorme. Si può fare un paragone difettivo tra repubbliche
antiche e moderne tra Roma e Venezia. Il primo si espande su tutto il mondo conosciuto,
presenta una vita politica continuamente in conflitto, è un esempio di grande potenza
militare; mentre il secondo è un regime pacifico, un regime debole, una Repubblica
effemminata.
Le Guerre medievali erano endemiche ed episodiche e si contrappongono a questa
violenza perpetua.
GUERRA (dal germanico)  significato nell’uso del tardo medioevo non indica solo una
dichiarazione di ostilità, ma anche una questione privata.
FRIDE (PACE)> Frei – Freund = Libero e amico. Stato di libera amicizia con il rivale. Solo
chi è libero può entrare in guerra.
Nei testi di carattere ecclesiastico si dichiara che esiste una guerra giusta (Esempio
Conquistadores Spagnoli)
Distinzione tra violenza privata e violenza pubblica nessuna distinzione nel tardo
medioevo e anche una questione privata tra vicini poteva diventare motivo di guerra,
ribellione, vendetta, faida.
Nella storia moderna, la guerra è motivo fondativo di uno stato, permette un monopolio
della violenza e di forza che porta alla formazione di un esercito fisso è con gli apparati
di potere che si può prendere carico della violenza bellica. La guerra pubblica è la sola
praticabile perché vi sono le condizioni per cui un potere centralizzato riesce a raccogliere
una massa di denaro sufficiente per finanziarla. Inoltre, le guerre verso l’esterno vengono
compensate da una forma di pacificazione all’interno.
Decreto del Concilio di Trento  si bandiscono i duelli, nessuno può fare giustizia privata
e così privano i cittadini del diritto alla violenza per farsi loro i soli garanti e usurpatori.

LEZIONE 6 10/10/22 Impero Ottomano


Impero Ottomano Grande attore e grande nemico  tenebra della politica europea. Dall’
essere una principale minaccia a parte dell’integrità europea. Gli europei della prima età
moderna  dimestichezza con imperi orientali dove i mutamenti dinastici e spaziali
rimangono immobilizzati. All’inizio del XVI abbiamo un quadro complessivo degli imperi in
movimento e l’attore principale di questo trend espansivo è l’impero ottomano. Nell’area
penisola Anatolica si insediano le popolazioni turcomanne  area frammentata e mobile
che si consolida grazie all’etnia di Osman  capitale della configurazione ottomana è
BURSA.
L’Impero Ottomano ha contatti con penisola anatolica e Impero Bizantino fino a quando la
sua struttura di emirato ottomano inizia a estendere la sua influenza verso Occidente.
Prendono di mira per prime le aree occupate da principati Turkmeni, che sono una
debolezza della struttura bizantina e dei principati dei regni balcanici 1389-1410.
1453 espugnazione di Costantinopoli = penetrazione in Europa da parte degli infedeli. La
Turchia Europea  Ultimo passo di questa strategia espansiva è da parte di Maometto II,
il Conquistatore. Istanbul grande porto europeo di traffico, porta di ingresso al Mar Nero e
per raggiungere la Crimea che è il porto di sbocco principale della via della Seta. Città dal
valore simbolico più che valore economico perché da sempre occupa un posto di rilievo e
propagandisticamente Maometto comincia a proclamarsi signore delle due terre, Armenia
e Anatolia, Mar Nero e Mar bianco (Mar Mediterraneo). Contesto di auto celebrazione
dell’autorità dove vediamo un cercare una continuazione con la linea bizantina  Figura di
Caesar, Basilio, Pascià dei Romani
Conquista della Crimea, presa commerciale area genovese che assicura un controllo
commerciale ed economico. Peloponneso indipendente come Bosnia ed Erzegovina e poi
penetrazione in Albania. Maometto II ha il ruolo di polmone e cuore organizzativo, artefice
del riadattamento della capitale romana a funzione di capitale ottomana. Le città ottomane
avevano una struttura a Tre Cerchi, tre cinte murarie con una grande porta della Città.
Terzo gruppo di edifici all’interno della cinta muraria è un accampamento di tende
pietrificate  tracciare un filo di continuità con gli antenati.
La ricaduta immediata di questa spinta espansionista è una necessaria subitanea
organizzazione di quei domini, che sono estremamente vasti e che contengono una
varietà linguistica, etica, religiosa immensa. La loro amministrazione è superficiale e poco
coesa, i turchi devono reinventarsi (Capitolo Impero ottomano e stratificazione sociale), La
cellula costitutiva dell’Impero Ottomano – Timan, concessionario del territorio a nome del
sultano imperi demaniali concessi in linea di diritto in maniera provvisoria a una figura
meritevole che lo amministra. Ma non c’è un’analogia con i feudi europei perché sia il
territorio sia i sudditi appartengono al REAYA= Impedire la dinasticizzazione dei feudi. Il
timariota è un militare slegato dalla realtà locale.
La compattezza di un’unica fede deriva anche da persecuzioni medievali, eresia è un
crimine di lesa maestà, ma l’anomalia ottomana è la compresenza di più fedi religiose,
multiconfessionalità che rende particolare la struttura dell’impero Ottomano. I non
musulmani sono diversi, ma maggioritari (solo in Bosnia i turchi tentano una conversione)
Millet= unità confessionali.
La Libertà di culto è per la configurazione demografica, ma è solo una concessione
graziosa del sultano Non è una questione di uguaglianza di culti. La struttura economica
più importante la ricoprono Greci e Armeni. I Cristiani sono quindi l’asse portante
dell’economia ottomana.
Morto Maometto II la spinta espansiva non si ferma e ci sono i suoi successori; Selim I
(1515-20), Selim il crudele approfitta di una congiuntura. Egitto e penisola Anatolica che
appartengono a sultani arabi e che erano stati tramite commerciale veneziano fino al XVI
(mamelucchi) diventano luogo di insediamento. Quando i portoghesi entrano con
intraprendenza con la loro flotta navale risalendo il Nilo, quando la minaccia portoghese si
fa presente, i sultani mamelucchi chiedono aiuto agli ottomani che offrono la protezione di
Costantinopoli contro portoghesi. Tuttavia molti contrasti permettono a Selim di penetrare
velocemente in queste aree. Si assicura il fronte orientale e nel 1517 occupa il Cairo, si
impadroniscono delle Siria, Giordania, Egitto  rappresenta così riequilibrio confessionale
tra cristiani e musulmani.
Cesura Ideologica relativa a Costantinopoli  conquista territori mamelucchi consegna al
sultano anche la conquista dei luoghi santi dell’islam  alla Mecca, Gerusalemme e
Medina.
I Turchi affermano il primato su tutti i musulmani ed si ergono a difensori della vera sede –
Sultano, Califfo, Pascià, titoli che decretano legittimazione religiosa per il dominio della
guerra vs europei contro la terra degli infedeli – L’ombra di Dio sulla Terra (Selim)
conquista militare e precetto religioso, si erge a difensore e tutore  tutto ciò scandisce
L’azione dei figli di Selim, che vengono sottoposti a prassi ricorrente di successione
dinastica. Nel 1520 sale al trono Solimano che dirige la politica espansiva verso occidente
(Moldavia, Transilvania, Ungheria) Conduce una guerra come schiavo di Dio e Sultano di
questo mondo che lo porta ad entrare in conflitto con l’allora imperatore del sacro romano
impero Carlo V d’Asburgo, eletto nel 1516 Imperatore del Regno di Spagna e nel 1519
Imperatore del Sacro Romano Impero Germanico  spinta di due imperialismi militari e
religiosi. Frattura fra cristiani e Ottomani non è una frattura recente e diventa il motivo
conduttore e la causa principale delle guerre che si combattono in Europa. Solimano sa
che il suo obiettivo e conquista l’Europa per diventare lui il vero Imperatore europeo.
Nel 1526 i Turchi configgono re luigi d’Ungheria e avanza inarrestabile fino al 1699,
quando arriva alle porte di Vienna, alle porte dell’Occidente che vive un’atmosfera di
panico militare, sembra che gli infedeli siano alle porte d’Europa. Nel 1541 arriva a Buda, il
sogno imperiale sembra inarrestabile Impero Ottomano sembra una macchina da guerra
di straordinaria importanza, esercita una forte pressione.
I riflessi culturali e percezione degli Europei  Macchiavelli e osservatori europei
ammirano i Turchi (Capitolo 23) perché sono un nemico da rispettare e mette a confronto
la disciplina il coraggio per soppesare la carenza militare. La differenza di fondo è che i
sudditi di un re sono anche liberi, mentre i turchi governati da un signore sono servi. Il
Regno di Francia  posto in mezzo a una moltitudine antiquata. Macchiavelli percepisce
che non c’è la nobiltà con diritti per I Turchi.
Solimano è un vero comandante virtuoso perché comanda di persona, si spinge in
battaglia  La metafora del soldato virtuoso che livella il quadro negativo del quadro
ottomano. Assenza di una nobiltà che funge da organo di consiglio al sultano, limitazione
del potere, accettazione di una sovranità limitata. Dualismo stato chiesa crea una pluralità
di poteri che il mondo ottomano non conosce. Nella concezione giuridica ottomana
(eredità bizantine e persiane) il sultano è la chiave di volta, potere legislativo ed esecutivo.
Assenza di corpi intermedi (parlamenti, consigli – asse vita politica europea odierna) che
sono solo organi di consiglio deliberativo ma non contrattuale e spesso in questi organi
entrano delle figure considerate schiave. Figure giuridicamente schiave che però hanno
potere all’interno dell’impero ottomano i sudditi sono il gregge mentre il sultano il
pastore. Secondo lo sguardo europeo, il potere turco è un Potere dispotico, oppressivo,
arbitrario c’è un’incomprensione da parte degli europei nei confronti degli ottomani che
crea pregiudizi, e da questo alzano una cortina di disprezzo che vede un mondo militare
organizzato che non può non essere dispotico. Giudicano la pratica del DEVŞIRME =
conquista dei bambini, che si basa su un corpo di fanteria avanzato, i giannizzeri che
erano bambini dell’area balcanica cristiani rapiti, convertiti all’islam e poi investiti di un
ruolo di prestigio come soldati scelti che assicurava anche canali di mobilità sociale verso
l’alto  fenomeno incoraggiato dalle stesse povere famiglie che spingono i figli a questa
pratica definita abominevole dagli europei. Ne sono coinvolti cristiani ortodossi, che
godono di protezione, Ebrei cacciati dal portogallo e spagna, che confluiscono nel più
tollerante dominio islamico.
Ci sono però degli aspetti contraddittori che sono la causa della decadenza ottomana,
anche dopo la morte di Solimano il Magnifico Lascia questo sterminato dominio
variegato che tenta di organizzare un territorio più facile preda delle conquiste europee. La
sopravvivenza dell’impero ottomano cade con pressione convergente della Russia da
Nord, Zarista, e dall’Europa.

11/10/22 Lezione 7
Alan, Mikhail, L'ombra di Dio: Selim il sultano, il suo Impero ottomano e la creazione del
mondo moderno, Einaudi 2021.
Nonostante la grande vittoria nella penisola iberica, quasi ovunque i cristiani stavano
cedendo prigionieri, influenza commerciale e territori agli ottomani. Il vento ideologico che
spingeva le bianche vele delle navi di Colombo nasceva dalla lotta politica più urgente del
XV secolo, quella tra l’Europa cattolica e l’Impero ottomano musulmano. Fu quest’ultima, a
dispetto di quanto riporta la maggior parte dei resoconti convenzionali della storia
mondiale, la vera ragione per cui gli europei salparono per l’America. […]
Per mezzo secolo, prima del 1492, e per secoli dopo, l’Impero ottomano fu lo stato più
potente della terra: il più vasto impero mediterraneo dai tempi dell’antica Roma, e il più
longevo nella storia dell’Islam. Nei decenni intorno al 1500, gli ottomani governavano più
territori e più popoli di qualsiasi altra potenza mondiale. Fu il loro monopolio sulle rotte
commerciali con l’Oriente, unito a una notevole abilità militare sia sulla terraferma sia in
mare, a scacciare la Spagna e il Portogallo dal Mediterraneo, e a costringere mercanti e
marinai del XV secolo a trasformarsi in esploratori, che rischiavano la vita in viaggi
insidiosi attraverso gli oceani e i continenti per sfuggire agli ottomani.
All’alba del XVI secolo l’Impero ottomano plasmava il mondo conosciuto, dalla Cina al
Messico. Questa egemonia lo mise in competizione militare, ideologica ed economica con
la Spagna, gli stati italiani, la Russia e la Cina, oltre ad altre potenze musulmane. In un
modo o nell’altro gli ottomani influenzarono ogni principale evento di quegli anni, con
ripercussioni che arrivano fino ai nostri giorni. Dozzine di personaggi come Colombo,
Vasco da Gama, Montezuma, il riformatore Lutero, il signore della guerra Tamerlano e
generazioni di papi – oltre a milioni di altre figure storiche più o meno importanti –
calibrarono le loro azioni e definirono la loro stessa esistenza in opposizione
all’espansione e all’influenza del potere ottomano».
«Gli apocalittici Isabella e Ferdinando erano convinti che la vittoria di Granada fosse stata
decisa da Dio, e la interpretarono come il segno indiscutibile che il progetto di una crociata
globale era destinato a riuscire e l’Islam a essere sradicato, come dalla Spagna, così
anche dal resto del mondo. A pochi giorni dalla vittoria, uno storico di corte di Ferdinando
e Isabella scriveva già che a Granada si era compiuta “l’estinzione delle disgrazie
spagnole”. L’euforia della conquista fece dell’iperbole la lingua quotidiana. Un altro storico
poneva questa domanda retorica ai sovrani: “Vi sarà mai un’epoca cosí irriconoscente da
non provare per voi eterna?” La vittoria cattolica a Granada “ha redento la Spagna, anzi,
tutta l’Europa”. In tutte le città del continente le campane suonarono a festa, e il papa
ordinò giorni di festeggiamenti. In Spagna si organizzarono ovunque corride celebrative e
rievocazioni dell’assedio. Per molti europei quella vittoria, riportata quasi quarant’anni
dopo la cessione di Costantinopoli agli ottomani, fu come infliggere un castigo, o
rispondere per le rime, al più potente Impero musulmano della Terra. Naturalmente il clima
di rivincita era più tangibile in Spagna, per via della già citata pressante minaccia di
un’alleanza tra gli ottomani e i musulmani della penisola. Secondo uno storico di corte
spagnolo, la conquista di Granada “fu elogiata e festeggiata dall’intera cristianità, e la sua
eco giunse fino alle più lontane e isolate terre del turco e del sultano”».
Istituzione del principe cristiano. Avvertimenti e istruzioni di Carlo V al figlio Filippo, a cura
di G. De Caro, Bologna, Zanichelli 1969, p. 77.
«Poiché non potrete essere continuamente presente in tutti i vostri stati, né potrete visitarli
continuamente, come pure sarebbe opportuno, è molto importate per la loro sicurezza e
tranquillità, che siano provvisti di buoni viceré e governatori, scelti in modo che ciascuno
abbia le qualità adeguate ai poteri che gli saranno attribuiti. […]
Preoccupatevi di ciò specialmente per quanto riguarda il governo delle Indie; informatevi
con ogni sollecitudine di quello che succede e fate di tutto per stabilirvi la tranquillità e
l’obbedienza: soltanto così esse potranno ripopolarsi e rifarsi delle violenze dei
conquistadores e delle perfidie di tanti che, inviati laggiù con incarichi ufficiali, hanno
abusato e continuano ad abusare della loro autorità. Assicurerete agli Indios la vostra
protezione, come vuole la giustizia e come impongono i comandamenti di Dio, stabilendo
su di loro, sui conquistadorese e sui loro patrimoni l’autorità, superiorità, preminenza e
sorveglianza che sono in vostro diritto e che sono necessari per guadagnarvi la buona
volontà e la fedeltà di quelle popolazioni. Su questo problema, che è della massima
importanza, è ora che il Consiglio delle Indie si svegli e non si lasci più influenzare da
preoccupazioni private» ·
Paolo Giovio, Commentario de cose de Turchi
La sentenzia Estatuto di Pero Sarmiento
Espansione oltreoceano contemporanea all’espansionismo ottomano. Gli imperi orientale
si costruiscono sul genere dell’espansione mongola. Ciò che emerse in Europa potenze
concorrenti fra loro in un territorio piccolo. Stato di guerra permanente collegato alla spinta
commerciale. Nel cuore delle steppe russe alla fine del 400 dal principato di Moscovia si
sviluppa il grande impero degli Zar. CKNATI.
1547 con una cerimonia Ivan IV principe di Moscova riceve dal patriarca ortodosso il titolo
di Zar, Imperatore auto celebrazione. Autorità di Ivan IV il terribile, grande
riorganizzazione in senso militare. Principio di organizzazione dello spazio russo che ne fa
una macchina militare organizzata  impero che si alimenta della guerra  canonizza la
vocazione militare, ossessione per una politica di conquista che assicura lo stato.
Distinzione possedimenti militari e struttura griglia amministrativa  concessione di
benefici a coloro che sono meritevoli in cambio di un servizio, per legare a sé un gruppo di
aristocratici
Ristrutturazione geopolitica, varietà di scenari
Egitto (1517) viene incorporato all’interno dei possedimenti ottomani  granaio
dell’Impero romano, la sua conquista trasforma la struttura ottomana riequilibrando il
quadro confessionale. Coste libiche, algerine, coste africa settentrionale sotto il controllo
turco. Costruzione dello spazio mediterraneo ottomano costringe gli spagnoli a farsi
pionieri di nuove rotte commerciali
Penisola Iberica sotto dominazione araba – Reconquista – conversos discendenza ebrea
e araba – infami, inabili, incapaci di investire una carica, vecchi e nuovi cristiani, vecchi
credenti gli unici cittadini dotati di limpieza de sangre  legge proto raziale
Matrimonio dei re Cattolici Isabella di Castiglia e Ferdinando di Aragona  magistratura di
emanazione civile apposita, La suprema Santa Inquisizione Spagnola che scovi gli eretici
1478  tribunali, processi. Controllo capillare della struttura controllata dalla Corona.
1492 Toma de Granada  fervore mistico di sensibilità crociata, Decreto del Alhambra
con il quale si espelleva ebrei non convertiti, sefarditi. Dal Portogallo verso L’Italia e verso
le terre Ottomane e Islamiche  diaspora Sefardita che legittima il loro diritto di
Sopravvivenza. Istambul, Smirne, Salonicco. Nella Conquista di Granada c’era la
convinzione che quella vittoria fosse merito di Dio  primo passo di una vittoria più
grande. 17 aprile 1492 Isabella di Castiglia permetteva a Cristoforo Colombo di partire e
dirigersi verso l’Atlantico. Occorre ribattere alla concorrenza dei portoghesi. Aggredire gli
Ottomani dal cuore dell’Asia
Papa Borgia Alessandro VI
Trattato di Tordesillas
I papi eredi del signore del mondo e quindi signori del mondo.
Conquistadores successori della piccola media nobiltà spagnola, gli Hidalgo  affamati di
ricchezze prestigio sociale, Las Capitolaciones  la conquista si muove per i primi 50 anni
in maniera autonoma. Protagonisti Cortez e Pizarro  conquista impero azteco senza il
permesso. 1519 parte da Cuba e senza autorizzazione, iniziativa sotto il segno
dell’insubordinazione, sbarcano a Vera Cruz. Due corpi di spedizione. Pizarro riconosciuto
come emissario della Spagna. Dal 1492 fino a metà Cinquecento predominio sulle
Americhe. Una volta assicurata la vittoria delle Capitali, una volta eliminata l’autorità
centrale, consolidano il loro dominio.
Conquista dell’America ripropone la questione bellica delle Reconquista  reinos,
encomienda
Pezzi di patrimonio dinastico, non c’è differenza tra domini americani e il resto 
colonialismo spagnolo è tipicamente medievale. Uno degli aspetti di maggior rilievo,
radicale trasformazione  griglia delle città realizzata attraverso un progetto di formazione
di nuove città

Lezione 8 12/10/22 Possibile appello settimana del 12 dicembre


Rottura della cristianità
Esplorazioni geografiche, presa di Costantinopoli e riforma protestante che definisce
l’identità degli Europei. Gli scontri politici e religiosi sono strettamente collegati, un
turbamento religioso, una vena millenaristica insorge. Avviene anche la prima rottura
dell’unità islamica che si produce negli stessi anni della riforma protestante. Espande la
Umma, l’espansione dell’islam corre per la “la via marittima della seta” (asia centrale, golfo
persico, mar Rosso fino in Indonesia)  fondazione Imperi Islamici come l’impero
ottomano è il riflesso di un espansionismo passato al quale dobbiamo aggiungere la
nascita di altri due imperi islamici. Già nel XIII si insediano le prime forme di comunità
religiose islamiche provenienti da nord fino a che un clan proveniente dall’Afghanistan
diventa l’attore politico, primi anni XVI. Nello stesso periodo si forma una confraternita
religiosa SAFAVIDE.
Nel 1501 diventa padrona. La personalità di spicco è il giovane re Ismail che espande e
vede e diffonde il messaggio della dottrina teologica che ha nome sciismo Iran il cuore
dell’eresia come quella luteranica. SHIA= fazione, contiene il significato di una
separazione dal nucleo principale. Differenza tra sunnismo e sciismo deriva dalla
presunzione dei secondi di discendere da Alì, da un consanguineo di Maometto e per
accedere alla guida della comunità dei credenti possa essere anche affidata a persone
profondamente convinte e fedeli. Tutto ciò porta ad accentuare il ruolo delle guide spirituali
sciite, l’Imam. Presenza umana e divina di Dio nel mondo.
1487-1524 Ismail assume il carattere di iranico, di SCIA, lui il discendente eletto del
profeta che ha la responsabilità di espandere la fede sciita. Safavidi in lotta con l’impero
ottomano sunnita. In questo clima segnato da una lotta religiosa, vediamo l’Europa
cristiana tra 400/500  esplosione di testi, catastrofi, figure mostruose, costante visione
apprensiva di un mondo che dovrebbe finire  disgregazione politica e presenza costante
della guerra corrisponde un clima di angoscia e di vita sospesa che parte dagli anni 80 del
400 e che negli anni 30 smette. Integrare la lettura profetica collegata a fattori ansiogeni
per la guerra, agli echi per le scoperte dei nuovi mondi. Notizie inaspettate da realtà prima
inesistenti, notizie veicolate da testi che si smerciano a basso costo nei mercati, diffusi
oralmente. Nell’evoluzione con la stampa, la produzione di testi permette di vedere ogni
cosa come segno dei tempi mandato da Dio. Atmosfera di inquieta attesa che fa emergere
un bisogno rinnovato di fede religiosa. Questi sentori di trasformazione sono indirizzati non
a distruggere la chiesa, ma se mai di restaurarla con un modello mitico e ideologico che è
il modello della chiesa originaria.
Le novità portano ad una realtà passata. Evoluzione, tornare al tempo iniziale. Cesura tra
nuovo e vecchio tratto della chiesa medievale che esigeva riforme, che aveva un
protagonismo politico papale. In questo senso si potrebbe parlare non tanto di una riforma,
ma un’età di riforme che tuttavia comincia ad esporsi, ad uscire dalle piccole eresie, dai
piccoli scoppi violenti e comincia ad essere percepita sempre da più larghi strati della
popolazione. CAPITOLO XIII - Messaggio di Vincenzo Lavenia è un riferimento preciso 
squaderna di fronte al pontefice il radicale rinnovamento del clero, riforma pratiche di culto
RENOVATIO COMPLESSIVA che giunge da una richiesta non solo interna, ma espansa.
Abbandono ambiente culturale famigliare per occuparsi della carità, entrare in
congregazioni dove la partecipazione a umili attività per personaggi illustri  sensibilità
religiosa. Evangelista, l’evangelismo è fatto di incontri personali, persone che dedicano la
vita alla fede, non è una dottrina teologica, ma un sentimento comune che si basa sulla
circolazione popolare di testi. Cristianesimo semplice, NO sottigliezze dottrinali o
teologiche. “Teologia del cielo aperto” Tra fedele e parola di Dio non ci deve essere più
mediazione. In questo dialogo emotivo e sentito c’è anche che basta la fede per accedere.
Evangelismo italiano per persone semplici (contadini, monaci) strada della salvezza
Genesi della riforma in Francia ARS MORIERI  Testi diffusi velocemente, brevi,
semplici, immagini esplicative. Combattimento che i fedeli devono affrontare, la
configurazione di questi testi in cui il fedele è lasciato da solo di fronte alla morte  chiesa
medievale a concezione comunitaria, morte fatto collettivo e salvezza del singolo è di tutti.
Salvezza individuale, demoni che tentano il fedele di domandarsi come è sfuggito alle
tentazioni, peccato come fatto individuale, cambio di relazione. Antitesi di queste immagini
terrorizzanti portano la visione ortodossa molto fidata, il linguaggio figurativo di questi
quadri esprime una tranquillità, preghiera, circondati dai Santi. Fiducia che i santi possano
intercedere in questa tentazione del singolo ed è nella fiducia nel potere dei santi che la
religione cinquecentesca agisce. Versione raffigurante ed ecclesiastica di un Dio
antropomorfo, versione canonica ortodossa. Al contrario c’è anche la versione di DIO
PADRE lontano, trascendente inconoscibilità di DIO, scelta dell’evangelismo, esiste un
DIO che non possiamo conoscere ma al quale crediamo individualmente.
Chiesa istituzionale che si avvale di questo strumento dell’iconografia che più acquisisce
potere e più si allontana dalla chiesa primitiva. Contro una chiesa troppo mondana
(apparenze, esteriorità)
Scisma d’occidente, cattività avignonese profonde scissioni e lacerazioni politiche.
Visione conciliarista che sottopone il pontefice al controllo e mediazione concili (concilio di
costanza e di Basilea) La chiesa di Roma era uscita sviluppando un papato monarchico
che nel tardo 400 lo fa apparire come uno stato moderno, organizzato  una delle migliori
organizzazioni politiche
Per Macchiavelli la chiesa è l’istituzione, il governo, non c’è posto per la chiesa come
istituzione legata al messaggio evangelico. Chiesa è una grande organizzazione politico,
militare.
Connotato temporale della chiesa, sensibilità religiosa, salvezza individuale, chiesa stato –
Pio frate agostiniano Martin Lutero scaglia nel 1517 i suoi testi nella disputa, figlio di un
imprenditore minerario che è un frate decoroso, inflessibile, professore rispettato e
tormentato. Convinto dell’apocalisse, questa sua inquietudine, paura inferno, angoscia
salvezza si mescola alla sua formazione agostiniana impregnata da un forte senso di
peccato originale e da una forte sensazione che tra uomini e divinità ci sia una distanza
incolmabile. Molto più importante per la teologia è la fede, crede che la possibilità di
salvarsi nonostante l’uomo sia peccatore. Si esce da questa angoscia pensando che la
grazia di Dio arriverà- asse portante è la giustificazione per fede. Non servono opere
buone. Confessioni, credere alle indulgenze (pretesto che motiva queste tesi – dottrina
delle indulgenze possibilità di cancellare una parte di peccati)
Lutero spera che Dio abbia il favore e che ci conceda la grazia di essere perdonati e allora
la salvezza è affidata a Dio e i peccati non si cancellano. Lutero è un uomo pratico,
conosce equilibri politici e istituzionali. Vuole correggere la chiesa, quando i suoi scritti
vengono venduti ovunque, la sua rottura con la chiesa romana è sempre più radicale.
Inutili buona parte dei sacramenti (solo battesimo ed eucarestia).
Teologia Luterana che vede la propria protesta come politica, presto il Messaggio luterano
è veicolo e linguaggio resistenza politica. Confederazione enorme di principi del sacro
impero germanico, anni 20, appello alla nobiltà cristiana tedesca che devono abbattere le
tre muraglie dietro le quali si nasconde il papato
- Pretesa ecclesiastica sopra temporale
- Teologi gli unici interpreti dei testi sacri
- Esclusivo diritto del papa di convocare i concili
Protestante, 1529 nasce il termine quando in una dieta con carlo v i principi pongono una
protesta – Fase di riforma dei principi.
I libri in Germania 1518-25 produzione di Lutero, teologo e polemista. Mercato tedesco
inondato da opere di Lutero Roma si scontra con il primo grande evento mediatico. Si
supera una soglia e chi non sa leggere lo ascolta, un predicatore. Circolazione di una pre-
opinione pubblica, appello nobiltà cristiana, stampa che diffonde un senso di appartenenza
a una comunità editoriale. Standardizza la lingua, l’informazione, veicolo di libertà,
definizione politica, sfere autorità, disciplinamento. Primo sentore di provvedimenti che si
sforzano di porre un controllo alla libera circolazione.

Lezione 9 17/10/22
Prima della strutturazione politica forte dello sciismo dell’Impero Safavide, esistevano
tante correnti con varie sotto varianti (israelita, duodecimano) già nel medioevo, che erano
attori politici molto importanti come nel caso dell’Egitto con la popolazione sciita che
rappresentava la tradizione, la fazione prevalente. Normale che una dinastia sia legata alla
tradizione mentre la popolazione si riconosca nella maggioranza sunnita.
Come può un elemento divisivo essere punto di coesione culturale? Citando Federica
Morelli è “Concepire la rottura come fatto unitario” Nello scorrere del tempo la cesura
ortodossa incanala la questione occidentale tra chiesa e stato in modo molto diversa dalla
tradizione, questo rapporto fra religione e mondo, tra identità del singolo, religione e
potere. Dopo la rottura gli europei sentono questa differenza, è una conseguenza di
questa scissione tra fede e comunità, si vede differente da quella islamica o ortodossa.
Il problema della fede e della salvezza, testimonianze dirette e autografe di questa diversa
concezione della fede luterana. “Erasmo in Italia”  processi dell’inquisizione con punti
di vista di persone umili (barcaiolo, tessitore...) Il principio luterano, la fede è la salvezza,
fede profonda ed individuale. Libro spettacolare panorama che vede come il dialogo tra
fedele e Dio senza mediazione porta effetti psicologici. Fra Nicola, eresia si espande fra gli
ecclesiastici e tiene delle lezioni  chi crede in Dio è predestinato e ognuno deve credere
di esserlo (dichiarazione fatta nella Cattolicissima Verona di allora, fede della
predestinazione) porta a conseguenze nuove. Se uno crede e ha fede, il catafalco delle
chiese è uno spreco, è inutile e così si sgretola l’apparato istituzionale. Se non hai
adempiuto ai tuoi doveri religiosi ti basta credere, poi altre rotture, troppa opulenza, messa
inutile. Senso di rottura proiettato nella comparazione con altri mondi religiosi – 1517
Conquista Egitto Mamelucco di Selim I e Solimano il magnifico  combattenti “Il diario di
Solimano”, combattente per la fede, difensore dell’islam. Dimensione etico religiosa,
vicario di Dio sulla Terra, il governatore dei credenti e non credenti. Nel momento in cui
L’occidente dimentica le crociate medievali si concentra sulla figura di Solimano. Torna
l’eresia sciita, il blocco ottomano non venne mai toccato dalla suddivisione sciita e sunnita
con ramificazioni e minoranze che soffrono la dominazione sunnita, per esempio, in Azar e
Afghanistan)  la forma di convivenza si distanzia da quella del mondo cristiano, la
religione non si è mai separata istituzionalmente dal potere politico al quale viene
conosciuta un’autorità a livello politico. Maometto II nel 1453 rivendica titolo di protettore
del patriarcato, la chiesa orientale si separa dalla chiesa di Roma e rivendica
un’autonomia istituzionale.
I rappresentanti della chiesa ortodossa trovarono una convivenza con gli ottomani e
mantennero una gerarchia. Nel 1439 si tenne un concilio a Firenze per riunire quella
chiesa alla chiesa latina, tentativo per difendersi dall’arrivo degli Ottomani perché al di là
dei confini ottomani, istituzione forte la chiesa di Mosca. Fine XIV prima forma di identità
che non dipendeva da Roma e il suo linguaggio sacro e liturgico forma di palio russo,
linguaggio popolare più inteso facilmente. Ben presto tutte le opere fondamentali erano
state tradotte dal greco. Nel 1448 La chiesa di Mosca, coesa e potente, il patriarcato di
Mosca dichiarò la sua AUTOCEFALIA, indipendenza. Il patriarcato di Mosca protetto,
rapporto tra la chiesa e lo zar non certo privo di conflitti che portò una forma di
subordinazione della chiesa rispetto al potere, infatti nel 1547 Ivan si fa incoronare con il
titolo di Zar…. Periodo dei Torbidi, guerre civili nel 1612 novità dove gli invasori polacchi
vengono mandati via e l’assemblea dei principi russi ha molti pretendenti per lo Zar, che
cade su Michele, primo dei Romanov. Il padre di Michele Romanov è il patriarca di Russia.
Tra sacro e secolare sono non evidenti, non percettibili, questa struttura istituzionale non
ha la forza di diventare una unità indissolubile con il potere secolare. Ha sempre avuto una
gerarchia, autonoma, istituzione ecclesiastica che rivendica autonomia, Dualismo orientale
o Dualismo Occidentale  diverso da tutti gli altri.
Conflitto = trasformazione e dinamicità. Ciò accade nel momento in cui dopo gli anni 20 e
30 Lutero ed eresia protette a figure di principi e in quei luoghi la separazione dalla fede
diventa anche una giustificazione politica. In Germania i principi tedeschi di Sassonia,
capitale Brest. Il principe, impero e gli altri credono nella bontà del Messaggio luterano
anche possibilità di rendersi autonomi dal potere politico. Dieta di Worms = Principi a
fianco di Lutero sono coloro che presumono che il potere ci sia un concilio Laico. Aspetto
di un’eresia che sfugge di mano. Un’altra via di fuga non prevista proprio ritorno all’idea
comunitaria di cristianesimo fa scoppiare la guerra contadina, BauernKrieg. Grande
tumulto sparso nel cuore della Germania  implicito paragone tra contadini 500 che si
rivoltavano per cause materiali e operai 800, gli studiosi la chiamano la rivoluzione
dell’uomo comune che appartiene a un comune e quindi la rivoluzione recupera una
matrice cristologica, testamentaria dove i contadini interpretano Lutero come apertura
verso una libertà dai padroni ed ecclesiastici. La scintilla è la possibilità che sulla terra si
possa tornare a vivere in comunità che possa eleggersi i propri capi. Questa rivoluzione
dell’uomo comune tocca la zona della Germania meridionale e arriva a toccare
Bressanone, Trento. Contro questa rivolta popolare questa riforma radicale si scagliano
tutti i principi e lo stesso Lutero, la scissione tra religione e politica non è un fatto
contestabile. Obbedienza alla autorità secolare non va però contestata. La condizione dei
principi diventa la grande sfida politica che viene portata all’imperatore cattolico. Vari
tentativi mossi da Carlo.
Nel 1529/30 diete imperiale, Stierand, Augusta dove i suoi tentativi di venire a una
mediazione, un tentativo di portare i principi cattolici protestanti sulla via, ma ormai grazie
a Lutero hanno avuto un testo di riferimento che viene esposto ad Augusta  manifesto
teologico. Quando i protestanti si rifiutano, la Germania si spacca e troviamo nella prima
volta il principio che per fede e per difenderla si può anche resistere al potere politico. Il
messaggio luterano copre un diritto di resistenza e iniziano scontri militari che
insanguinano la Germania. Lutero non ammette che la religione diventi uno strumento
politico, un pretesto di ribellione. Lutero viene da un ambiente feudale, signorile e
l’obbedienza al principe non viene messo in discussione, l’obbedienza ai principi si è così
radicata che nei tempi del nazionalsocialismo mancava la ribellione all’autorità.
Arrabattisti ritenevano che il battesimo rimanesse un sacramento non solo valenza
ecclesiastica ma segna ingresso persona nella società. Non è un segno di soggezione, ma
di obbedienza e loro fin dall’inizio si rifiutavano a ciò.
1537  papa paolo III per la prima volta istituisce una commissione di cardinali,
CONSILIUM EMENDANDA, (Il Consilium de Emendanda Ecclesia è stato un documento
consegnato a Papa Paolo III nel 1537 relativo ai problemi presenti nella Chiesa cattolica e redatto da
una commissione da lui nominata circa un anno prima. )

Lega di Smalcalda (1547 vittoria di Carlo V) – quanto la guerra procede Carlo V prima
acconsente alla proposta del papa che a Trento si apra un concilio universale e poi negli
anni successivi intravede che la unica possibilità di risoluzione sia quella di fare prevalere
le ragioni della politica. Abdicazione di Carlo V e nomina del fratello a imperatore)  Pace
di augusta 1555 fine temporanea di questo conflitto religioso.

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