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La fase storica che corrisponde al termine di “storia moderna” intercorre tra il periodo meta 400 e inizio 800.
La definizione di storia «moderna» (dall’avverbio latino modo = ora, poco fa, recentemente), attribuita a una fase
durata circa tre secoli, non risponde alla semplice esigenza di raggruppare una serie di eventi, ma a una
periodizzazione (un’operazione interpretativa, diversa dalla semplice cronologia) che ruota intorno a fatti e
cambiamenti collegati tra loro in un preciso percorso verso il presente, verso gli sviluppi ottocenteschi che hanno
condotto al mondo contemporaneo.
• Come sappiamo, la data posta alle origini dell’età moderna è il 1492, anno della scoperta del continente americano,
con il precedente della caduta di Costantinopoli nel 1453 (ciò porta la migrazione di molti intellettuali dalla Grecia,
ormai occupata dai Turchi, verso l’Italia—> l’Italia diventerà quindi centro della cultura europea—> rinascimento).
Dopo di allora l’economia europea assunse una dimensione planetaria, con ripercussioni sugli equilibri di potere nel
vecchio continente, e molte certezze culturali e religiose furono scosse e ribaltate. La scoperta delle popolazioni nelle
Americhe che mai avevano conosciuto il cristianesimo (credo dominante in Europa)—> questo scuote molte
convinzioni religiosi e culturali europee.
Altra data: 1517, nascita del movimento della Riforma protestante, che provoca in Europa la rottura dell’unità
cristiana. Parte dell’Europa non avrà più come riferimento la chiesa di Roma.
La rapidità di diffusione della Riforma si collega a sua volta all’invenzione e allo sviluppo della stampa, ma anche a
un altro fenomeno: il rafforzamento degli stati territoriali, della forza politica dei loro sovrani, a scapito del principio
universalistico dell’impero cristiano (papa e imperatore ritrovano i loro spazi d’azione ristretti).
Un’ insieme di fenomeni di grande portata che hanno suggerito di indicare in questa fase l’inizio dell’età moderna.
• La fine dell’età moderna è collocata nei decenni a cavallo fra Settecento e Ottocento, facendo riferimento a due
vicende: la rivoluzione francese (1789), seguita dall’esportazione dei suoi principi nell’Europa conquistata dagli
eserciti di Napoleone fino alla catastrofe del 1815. Per cercare di rendere in poche parole il rilievo di quanto avvenne
allora, basta dire che la Rivoluzione spazzò via l’idea della disuguaglianza e del privilegio (basi del primato della
nobiltà e del ruolo della feudalità—> dominio di uomini su altri uomini) e aprì la lotta – non ancora finita – per
affermare il principio dell’eguaglianza tra gli uomini. La rivoluzione francese consolida il principio di eguaglianza
giuridica: davanti alla legge tutti sono uguali. Per quanto riguarda l’uguaglianza economica, ancora bisognerà
aspettare.
Negli ultimi decenni del Settecento la rivoluzione industriale (cambiamento radicale avvenuto in breve tempo), nata
in Inghilterra, s’intrecciò alla rivoluzione politica e sociale, eliminando vincoli e privilegi a carattere economico,
affermando la libertà degli scambi e del lavoro e ponendo così le premesse dello sviluppo ottocentesco dell’economia
borghese e capitalistica.
• È importante riconoscere all’interno di quest’epoca gli elementi e fatti che poi hanno avuto una continuità e ispirato
le civiltà occidentali successive. È evidente ora l’importanza dell’azione interpretativa.
Ciò che va chiarito è però che essa obbedisce a una logica di progresso valutata sul metro della civiltà occidentale
odierna: di quest’ultima gli eventi e le vicende periodizzanti sono presentati come anticipazioni e preparazioni. La
cosiddetta scoperta dell’America in un senso, la rivoluzione industriale in un altro sono all’origine della nostra
economia globalizzata; la Riforma protestante spiega le specificità della cultura degli Stati Uniti e dell’Europa
settentrionale, da una parte, dell’Europa meridionale e dell’America latina, dall’altra; lo Stato territoriale, con la sua
embrionale organizzazione burocratica è il prodromo di un processo di razionalizzazione delle strutture politiche
sfociato nello Stato «moderno» otto-novecentesco; la Rivoluzione francese è alla base delle libertà borghesi e
democratiche che caratterizzano politicamente l’Occidente.
Si tratta perciò nell’insieme di una sistemazione interpretativa della storia che tende a evidenziare, nel passato, ciò
che sembra condurre a traguardi successivi, assunti come positivi.
• Occorre essere consapevoli che questa sistemazione dei periodi storici non è «naturale», ma è il frutto di una delle
tante possibilità di inquadramento del passato (selezione). Essa, malgrado lo spazio che riserva alle Americhe, risente
di una prospettiva eurocentrica di matrice liberale che valorizza la libertà di iniziativa economica e che può essere
inadeguata per altri mondi.
Un solo esempio: la storiografia sulla Cina concepisce la storia cinese come un continuum
plurimillenario interrotto solo nell’Ottocento dall’impatto con l’Occidente: qui vien fatta iniziare la
storia moderna della Cina, con una connotazione però di decadenza e declino in quanto risultato di rapporti di
dipendenza che l’Europa è riuscita a imporre al continente asiatico (guerre dell’oppio—> conquista dei mercati
dell’Asia). Per loro quindi non è stato un progresso.
Da questo periodo segue la riscossa che coincide con il contemporaneo e che inizia nel 1919.
• La premessa della concezione «classica» della storia moderna va individuata nell’Illuminismo, che mette da parte,
anche a livello teorico, la concezione cristiana della storia come cammino dell’umanità verso la salvezza (in cui tutta
la storia fluiva, indistinta e uguale a se stessa davanti a Dio—> l’obiettivo finale era quello di arrivare al paradiso). Gli
illuministi si oppongono a questa concezione.
Il più agguerrito avversario di questa visione confessionale fu - intorno alla metà del Settecento – Voltaire, che offrì
della «storia moderna» una visione chiara e netta.
Voltaire ricordava in questo brano il decollo della stampa, la diaspora dei dotti greci nei paesi europei dopo la caduta
di Costantinopoli, la Riforma protestante, con l’abbandono dell’obbedienza al papa di una «metà dell’Europa», i
progressi tecnici che avevano permesso le navigazioni a lungo raggio e la «scoperta» delle Americhe.
Visto da questa prospettiva il «moderno» si presentava come un momento segnato da una netta e positiva discontinuità
rispetto al passato, ma soprattutto come un progetto aperto verso il futuro, nella fiducia che i lumi della ragione
avrebbero continuato a rischiarare le società umane, dando vita a un processo di perfezionamento potenzialmente
infinito. Un’idea del moderno dunque non solo come passato più vicino, più recente, ma come proiettato
sistematicamente in avanti.
Queste premesse illuministiche, poi l’esperienza della Rivoluzione francese suggerirono, a chi all’inizio
dell’Ottocento scriveva di storia e insegnava storia, le prime proposte di quella che abbiamo definito periodizzazione
«classica» dell’età moderna. A quegli storici parve allora evidente che la Rivoluzione, con il suo ribaltamento delle
condizioni e dei valori esistenti, era stata la conclusione di un periodo di tre secoli che si dovevano distinguere dai
precedenti per il loro contenuto di cambiamento profondo rispetto al medioevo.
Come primo esempio di periodizzatore ottocentesco dell’età moderna si può prendere in considerazione il francese (di
religione protestante) François Guizot, che fin dal 1812 fu incaricato di tenere un corso di histoire moderne. Nel
linguaggio accademico del tempo l’espressione rimandava alla storia non antica (la storia antica era stata a lungo la
storia per eccellenza), ma Guizot, che fu anche un importante uomo politico, ne aveva un’idea più precisa, incentrata
su due epoche, il Cinquecento e la Rivoluzione, come momenti estremi di una vicenda piena di contraddizioni ma
sostanzialmente unitaria.
ancora su di noi, malgrado la metamorfosi che la nostra rivoluzione ci ha fatto subire, un influsso tanto potente.
È nel XVI secolo che comincia veramente la società moderna»
Tuttavia, c’è anche un’altra espressione con cui si riferisce ai secoli di cui ci occuperemo; è un’ottica che si concentra
di più sugli aspetti che sono rimasti chiusi durante quest’epoca e guardando alla cesura molto forte costituita dalla
rivoluzione.
L’espressione «Antico Regime» fu introdotta nel linguaggio storiografico da Alexis de Tocqueville (nell’opera qui a
fianco, uscita però in prima edizione nel 1856). È ancora usata per riferirsi in particolare al complesso delle istituzioni
politiche e giuridiche, delle forme di organizzazione sociale ed economica caratteristiche dei tre secoli che precedono
la Rivoluzione francese, fondate sulla diseguaglianza, sui legami di dipendenza personale e sull’autorità della
tradizione (e la si usa proprio per sottolineare gli aspetti di quei tre secoli che sentiamo più lontani dal nostro). Un
aristocratico come Tocqueville, critico degli aspetti violenti della Rivoluzione, la introdusse invece con un
atteggiamento nostalgico rispetto alla fase chiusa dalla ventata rivoluzionaria. Nonostante l’uso di un’espressione di
segno opposto, Tocqueville riconosceva però nel periodo tra Cinque e Settecento gli stessi percorsi indicati dagli
autori suoi contemporanei come tipici dell’età «moderna», a cominciare dalla progressiva centralizzazione delle
strutture dello Stato francese.
Oggi, in un’epoca che è stata definita «post-moderna», utilizziamo la periodizzazione classica della storia moderna di
matrice ottocentesca e liberale con la consapevolezza della sua relatività. Tale consapevolezza è maturata attraverso la
riflessione sugli squilibri della società borghese, sulle vicende del colonialismo europeo, sulle tragedie del Novecento
che hanno messo in discussione i valori progressivi e positivi collegati alla «modernità» affermatasi tra la fine del XV
secolo e l’inizio del XIX.
Uno dei fili conduttori dell'età moderna è la marcia degli europei verso l'esplorazione, prima, e verso il dominio
diretto o indiretto, poi, di gran parte del mondo. All'inizio del Quattrocento il centro del mondo era la Cina e l'area
più ricca del mondo era l'Asia. Alla fine dell'Ottocento il centro e l'area più ricca del mondo era l'Europa (soprattutto
quella occidentale).
A partire dal Quattrocento portoghesi e castigliani, quindi olandesi, inglesi e francesi, percorsero le rotte oceaniche
cercando di trovare un collegamento diretto via mare con l'Asia e le sue ricchezze. Stabilirono così non solo una via di
accesso all'Asia, ma scopersero anche il continente americano e rafforzarono la loro presenza sulle coste dell'Africa.
In Asia e in Africa la presenza europea fu marginale dal punto di vista demografico, ma nelle Americhe il tracollo
delle popolazioni locali dovuto all'arrivo dei conquistatori (con un carico di malattie sconosciute in quelle zone) e
l'importazione di schiavi africani fu all'origine di un grande fenomeno di meticciato, che generò popolazioni nuove.
L'affermazione sui mercati asiatici e lo sfruttamento delle risorse minerarie delle Americhe consentirono a Portogallo
e Spagna di condurre una politica di potenza. Olandesi, inglesi e francesi sfideranno in seguito le posizioni delle
potenze iberiche, sostituendosi nelle basi commerciali in Asia, aprendone di nuove, indirizzando la loro
colonizzazione verso aree meno ricche e popolate, soprattutto nell'America del nord.
Anche se la conquista diretta ed effettiva dell’Africa e di gran parte dell’Asia è avvenuta nell’ottocento, prolungandosi
nel primo Novecento, le premesse della supremazia dell’Europa sul mondo sono state dunque poste nell’età moderna.
Vediamo il percorso di affermazione dell’età moderna nelle tre carte che seguono:
La cartina rappresenta l’impero ottomano che si è disposto a cavallo di tre continenti (Asia, Europa e africa) e anche
in una zona di transito delle correnti commerciali principali del medioevo (via della seta). L’irruzione dell’impero
ottomano in questa zona così importante per lo scambio di commercio con l’Asia, mette in difficoltà i collegamenti.
Questo fatto spingerà gli europei a cercare nuove rotte.
Dopo circa un secolo le connessioni tra i vari imperi crescono smisuratamente (l’azione del Portogallo e Spagna ha
trasformato il mondo)—> presenza Europea in America che ha creato dei circuiti di scambio intercontinentale più
complesso (scambi triangolari—> europa- America – africa).
Si nota inoltre una forte crescita dell’impero ottomano che contribuisce a consolidare altre direttrici di scambio.
Infine vediamo come cominciano a inserirsi nuove potenze all’interno del contesto internazionale-mondiale.
Per quanto riguarda l’Asia, essa non è riuscita a fermare e opporre una resistenza strutturata contro l’arrivo degli
europei (non c’era uniforme controllo nei territori).
Dopo due secoli dalla prima cartina ci troviamo nel 1700. Sembra di essere in un altro mondo; vi è un estremo livello
di interconnessione dato da numerose basi commerciali lungo tutte le coste indiane, africane, orientali ecc…
In particolare vediamo l’affermazione delle nuove colonie protestanti come l’Olanda e l’Inghilterra. —> nuova realtà
economica più globale.
—> controllo europeo ancora però si sofferma alle coste e non nell’interno dei territori (l’India inglese si definisce
solo alla fine del 700).
Vediamo dunque il ruolo dell’Europa diventare sempre più forte, fino a delineare una situazione in cui l’Europa
sovrasta la potenza dell’Asia e il suo ruolo nel commercio.
Tutto inizia, come abbiamo visto con il diffondersi dei portoghesi e castillani nelle zone più ricche delle Americhe.
Poi fu il turno i francesi, inglesi e olandesi che trovando altre aree non ancora occupate cominciano la loro attività
coloniale.
Da qui in poi parte il processo per cui la politica coloniale europea diventa sempre più importante. E connota sempre
di più le potenze politiche europee.
Qui viene rappresentata una cartina del “vecchio mondo” intorno all’anno 1500 (due anni prima Vasco da Gama
compì la prima circumnavigazione dell’Africa apprendo una rotta diretta tra i mercati europei e asiatici). Questo
accadde in una situazione in movimento nella storia.
C’è una grande diversità delle dimensioni delle formazioni politiche asiatiche ed europee. In Asia abbiamo grandi
imperi come l’impero Ming della Cina, l’impero Persiano e l’impero ottomano che più incombe sull’Europa.
Abbiamo un’India frantumata in molti principati e una forte disomogeneità nei territori dell’Asia centrale.
La zona centrale, tra l’impero ottomano e l’impero cinese, sarà soggetta ad una grande instabilità dovuta allo scontro
di grandi poteri si scontrano tra loro.
Si afferma l’influenza della religione musulmana—> impero ottomano (sunniti) e persiano (shihiti).
Anche l’India nel corso del 500 diventa un’ impero sotto controllo militare di una dinastia di religione islamica.
Infine, l’Islam si diffonde anche lungo le coste africane.
La grande diffusione islamica è una conseguenza al declino arabo (1492–> caduta dell’ultimo regno arabo, il regno di
Granada).
Dunque, quest’area in mezzo all’Asia, data la sua instabilità, non consentiva scambi commerciali come invece era
stato nel periodo in cui si sviluppò la famosa via della seta.
Questo è il secolo dei viaggi di Marco Polo, del
ruolo fondamentale dei mediatori europei nel
commercio delle sete e delle spezie—> generi
portanti in questi traffici. Erano merci poco
voluminosi ma molto pregiate che arrocchiano
l’Europa.
Particolare importanza ebbero Venezia e Genova
per questi traffici di lungo raggio.
A questo elemento di ampiezza territoriale e frammentazione politica, dobbiamo aggiungere anche altri elementi, tra
cui il dato demografico.
L’Asia non solo è superiore per ampiezza di territori e ricchezze, ma è anche un continente che rispetto all’Europa è
superiore a livello demografico.
Vediamo le linee di espansione del cristianesimo che si espande verso gli altri continenti, e l’espansione islamica
invece rappresentata con una serie di fasce.
Tuttavia questa cartina rappresenta una dominazione approssimata, ad esempio nella penisola iberica c’era stata una
dominazione araba che si è molto faticato ad
eliminare.
SPOSTIAMOCI DALL’ASIA
ALL’AFRICA
L’Africa è un continente su cui si estendono
influenze diverse (islamici, arabi, persiani
ecc…).
Tra il 1400 e il 1500 l’Africa ha circa 68
milioni di abitanti una popolazione simile a
quella europea che però si sviluppa in un
territorio immensamente più grande.
Le influenze principali erano quelle islamiche
nella fascia costiera orientale, e nella fascia
costiera settentrionale che invece ha
tradizionalmente apporti intensi con l’Europa.
Questa fascia settentrionale è passata
gradualmente sotto controllo ottomano. Gli
ottomani oltre ad espandersi nel
mediterraneo, si espansero anche lungo la
costa africana senza istituire domini diretti,
ma stipulando patti con dei capi locali.
RIASSUMENDO:
Africa continente su cui si estendono influenze diverse (mercanti islamici, arabi, persiani, sulla costa est - Islam si è
diffuso anche nel nord dalla penisola arabica) - Ignoriamo
per ora le rotte portoghesi e consideriamo assetti del continente
Tra 68 e 87 mil di abitanti?? tra 1400-1500 (cifra comparabile a quella dell'Europa ma su un territorio di ben altre
proporzioni)
Fascia costiera orientale, come si è visto, controllata da mercanti islamici che vengono dall'oceano indiano.
Fascia settentrionale: porti mediterranei, terminali dei commerci transahariani (popolazioni berbere) – fascia passata
gradualmente sotto controllo ottomano (reggenze
barbaresche sotto capi locali). Touareg controllano i commerci transahariani (oro, avorio, sale estratto dalle miniere
del Sahel, schiavi > la schiavitù in Africa non è stata portata dagli europei).
Da questa carta si vede come siano poche le formazioni che ricordano lo stato come lo si intende in Europa (ambiti
politici in cui il controllo militare si eleva rispetto alla semplice organizzazione tribale). In africa ancora sono presenti
popolazioni di cacciatori e solo nelle zone con più contatti con i commerci ad ampio raggio sono presenti delle realtà
come l’impero del Mali o l’impero d’Etiopia.
Essendo che l’impero ottomano limitava i commerci nella parte orientale, gli europei furono spinti a concentrarsi
principalmente lungo le coste occidentali. —> viaggi lunghissimi e pericolosi
Si formano quindi quelle basi nelle coste (cerchi vuoti) dove i portoghesi/europei sostavano per necessità
meteorologiche o per rifornimenti. Essi rimanevano nelle coste non andavano verso l’interno per conquistare. —>
FASI DI STAZIONAMENTO
In questi luoghi si creano dei rapporti con le popolazioni locali, si avviano dunque i primi nucleari di scambi
commerciali con le popolazioni locali. Queste popolazioni venivano “prese in giro” con scambi ineguali.
Enrico il navigatore era un principe appartenente alla casa regnante portoghese che ha assunto in questa fase
particolare della storia portoghese, un’importanza straordinaria. Questa figura è ricordata ancora oggi in moltissime
piazze e vie dello stato.
Enrico il navigatore, proprio perché non era soggetto a un impegno diretto nel governare, aveva potuto dedicarsi agli
studi cartografici riuscendo a creare un sistema di istituzioni per lo studio e il miglioramento delle tecniche della
navigazione.
Egli crea una scuola per marinai e cartografi a Sagres e da li controlla l’evoluzione tecnologica indispensabile per il
Portogallo per avanzare su questo aspetto.
Vengono anche corrette e ridimensionate eventuali rappresentazioni errate della costa africana.
Oltre a quest’importante figura, ci furono altre condizioni che predisposero verso il favorimento del Portogallo nella
navigazione:
1. La posizione geografica così vicina al continente, ovviamente lo porta a interscambi con l’Africa
2. La carica religiosa anti-islamica —> la monarchia portoghese prese la sua forza proprio dall’offensiva contro
i mussulmani —> RECONQUISTA
—> Questo influenzerà spesso le imprese che il Portogallo compirà contro i mercati asiatici che saranno
sempre accompagnate da un’azione di evangelizzazione Cristiana.
3. L’espansione oltremare è uno sbocco importante per la nobiltà che in questo periodo veniva compressa nelle
sue aspirazioni politiche data la crescita del ruolo dei sovrani (sovrano= perdita di potere di autonomia della
nobiltà).
L’AMBITO NAVALE
Nella seconda metà del 400 e nel 500 si afferma una fase di grande lavoro tecnico sulle navi e di sviluppo nelle
dimensioni delle navi, non solo per la spedizione di merci, ma anche perché queste navi non compivano spedizioni
pacifiche —> navi armate con attrezzature grandi.
Contemporaneamente con l’ultima fase delle navigazioni portoghesi che portano a conquistare il Capo di Buona
Speranza, si svolgono i quattro viaggi di Cristoforo Colombo nell’America centrale.
PRIMO VIAGGIO
Compiuto nel 1492 con una piccolissima flotta (due caravelle e una nave).
È un viaggio di primo avvicinamento con il mondo caraibico. Si muove da nord verso sud e tocca l’isola di Cuba.
Colombo crede di essere arrivato in Cina o Giappone, ma in realtà la rotta lo ha portato nell’isola delle
Bahamas che si chiamerà San Salvador.
Il ritorno di Colombo sarà trionfale: torna con un atteggiamento che tende ad avvalorare l’età dell’oro
(dipinge gli indigeni come persone pacifiche e questo primo approccio non vedrà conflitti con la popolazione
locale)
Questo porta ad un rafforzamento dell’idea di una nuova spedizione.
SECONDO VIAGGIO
Avviene dopo pochi mesi dal rientro ed è una spedizione che risponde ad un’alta aspettativa da parte della corona, da
un lato, e dagli uomini che seguono colombo, dall’altro.
Si tratta di 1500 uomini su 17 navi (c’è bisogno di più impegno per indirizzare questa spedizione)
Ciò che tiene insieme questi uomini è l’intenzione di ottenere e ricercare l’oro (di cui durante il primo viaggio
si sono trovate delle tracce all’interno di alcuni corsi d’acqua): ciò alimentava sogni di arricchimento tra gli
equipaggi
L’equipaggio: non ci sono grandi nobili (i cosiddetti grandi di Spagna), bensì ci sono molti cavalieri che o hanno titoli
minori di nobiltà, o che comunque avevano partecipato alla Reconquista.
Le due Monarchie Iberiche: tanto il Portogallo quanto la Castiglia si sono forgiate nella cacciata dagli arabi dai loro
territori. Dunque finita la grande impresa della Reconquista, restano moltissimi militari che rimangono smobilitati e
non hanno più una proiezione verso un compito preciso dato dal sovrano, quindi si riciclano con la partecipazione a
imprese avventurose che fanno immaginare grandi risultati e arricchimenti rapidi (con un conseguente salto sociale).
l’impresa di molo non dava prospettiva ad alcuni gruppi sociali
Di fatto, la seconda spedizione è una grande delusione: partendo dall’Andalusia, Colombo ritorna con un
carico di uomini presi in schiavitù, fatto che sottolinea il rapporto non più pacifico con le popolazioni locali (è
uscito dall’idea mitica degli uomini buoni e popolazioni locali accoglienti)
Il viaggio vede inoltre una ulteriore esplorazione delle isole caraibiche, con una puntata verso le foci
dell’Orinoco (nell’oceano Atlantico): queste zone torneranno in gioco con il terzo viaggio
TERZO VIAGGIO
Colombo riesce ad affrontare questa spedizione grazie all’intervento della regina Isabella di Castiglia, che lo riscatta
dall’insù esso del secondo viaggio e dalla impopolarità che ne è conseguita.
Nell’arco di 4 anni (1498 – 1502) ci saranno due nuovi viaggi che però non daranno un’idea di esiti precisi. A questi
viaggi seguirà una fase di stallo (1502 – 1519), che dura 17 anni, in cui si riconosce di non essere arrivati in Oriente
come si era pensato inizialmente.
In questo periodo mancano le prospettive su quale strada prendere. Inoltre i rapporti tra gli equipaggi di
Colombo degenerano, e da una parte la Corona chiede risultati concreti e si aprono inoltre contestazioni sugli
accordi che precedono i viaggi.
Nelle isole dei Caraibi sono inoltre sorte grandissime difficoltà nei rapporti con le popolazioni locali (a Cuba, che
viene erroneamente interpretata come la Cina meridionale, sono sorti scontri molto forti, uccisioni, imboscate, in cui
anche gli equipaggi di Colombo subiscono questi effetti).
In questo periodo di stallo sta cambiando tutto..
Solo nel 1519 ci sarà una ripresa organizzata di spedizioni (soprattutto quelle spagnolo con Cortés) che porteranno
alla conquista dell’America Latina
IL VIAGGIO DI MAGELLANO
1519: viaggio di Magellano
Magellano era un portoghese al servizio della Spagna.
Compie la prima circumnavigazione del globo. Aggira l’America latina, di cui il vicentino Pigafetta ne racconta le
vicende, tenendo viva la memoria di una delle spedizioni più drammatiche di quel periodo, in quanto solo una delle 5
navi ritorna da dove è partita dopo quasi 3 anni.
L’idea di Magellano era di raggiungere le isole delle spezie dalla parte contraria a quella dei portoghesi, e l’intento
della corona spagnola nel sostenere questa spedizione era chiaramente un intento di sfida al ruolo che il Portogallo
stava consolidando in queste isole (arcipelago indonesiano) e di sottrarsi al monopolio del Portogallo nel mercato
delle spezie in Europa.
Magellano ha preso possesso delle isole filippine nel 1521 che sono un arcipelago che sta a nord delle isole delle
spezie, quindi in un’area dove i portoghesi si sono installati con molta forza: c’è un potenziale conflitto.
Le filippine hanno una particolare importanza per la Spagna, che vi vede una possibilità di commerci con
l’America Latina (poi svilupperà questa possibilità). È inoltre un avamposto nell’oceano indiano
assolutamente fondamentale.
Sono inoltre una minaccia contro le aspirazioni di monopolio portoghese sulle isole delle spezie
Questa nuova linea favorisce la LINEA DEL TRATTATO DI TORDESILLAS (1494), che è più favorevole al
Portogallo.
Le spedizioni successive (da quella di Cabral in poi) permettono di avere chiaro che nel Brasile c’è una possibile
proiezione per il Portogallo verso occidente (in questa fase i portoghesi sono concentrati verso oriente, ovvero le isole
delle spezie e l’oceano indiano, ovvero il fulcro della ricchezza dei loro commerci).
Anche il trattato di TORDESILLAS si dimostra insufficiente rispetto alla nuova situazione, ovvero alla presenza della
Spagna nelle Filippine,
Così portoghesi e spagnoli giungono ad un nuovo trattato: il trattato di Saragozza (1529):
Prevede l’assegnazione alla Spagna delle Filippine, ma con un risarcimento monetario alla Spagna di 350mila Ducati.
Così il Portogallo confina la Spagna in quelle isole e impone dei limiti molto forti alle possibilità di commercio con le
isole delle spezie.
Si crea così una spartizione in cui si dovranno svolgere i rapporti commerciali.
L’Oceania rimane fuori dell’interesse degli europei. Gli olandesi dall’inizio del 600 compiranno qualche sbarco in
Australia e Nuova Zelanda, ma solo nella seconda metà del 700, un inglese, James Cook, riesce ad approfondire la
conoscenza di questa zona e tracciarne queste mappe. In seguito l’Australia sarà la decimazione delle popolazioni
locali (i maori).
IL VIAGGIO DI CABRAL
Le spedizioni di Cabral non avranno un esito immediato: il Brasile era un territorio enorme e inospitale, difficile da
affrontare per le forze del Portogallo (piccolo Paese con poche risorse umane). Quindi solo lentamente si avvia una
esplorazione molto faticosa da parte del Portogallo e la creazione di circoscrizioni amministrative.
Cabral sbarcò sulla costa del Brasile nel 1500, ma solo nel 1532 iniziò - dalla zona
di Salvador-Recife - l'esplorazione effettiva del territorio, molto faticosa, con la fondazione delle prime circoscrizioni
amministrative o capitanie. La
colonizzazione interna di un territorio particolarmente ostile non era allora negli obiettivi e nelle possibilità dei
portoghesi. Crescerà d'importanza nel corso del Seicento, quando i portoghesi verranno ridotta la loro presenza
nell'Oceano indiano a causa della dura concorrenza dell'Olanda.
Nei due secoli successivi (600-700) ci sarà la perdita dell’importanza del Portogallo nell’Oceano Indiano perché
prevarrà l’Olanda: il Portogallo potrà concentrare gli investimenti nel Brasile.
Le altre carte danno l’idea precisa della creazione dell’enorme stato brasiliano che passa attraverso trasformazioni
istituzionali dopo che il Portogallo si ritira dal territorio brasiliano (le vicende napoleonico eh avranno molta
importanza, come per gli altri Paesi dell’America Latina).
SINTESI
Verso est: si rilanciano rapporti commerciali molto antichi
Verso ovest: l’avvio di nuovi rapporti con l’America
I MERCATI PORTOGHESI
I paesi che manifestarono di contenere l’espansione europea nei mercati furono il sovrano d’Egitto e l’impero
ottomano. Il tentativo di collegamento tra stati musulmani però non fu mai facile (la Persia rimane sempre
l’avversario dell’impero ottomano, l’Iran sciita è un grande nemico dei musulmani sunniti e questa grande divisione
gioca molto nel fatto che queste due potenze non si presentino unite all’arrivo degli europei).
LA BATTAGLIA DI DIU – 1509 -
INDIA:
La carta evidenzia inoltre la frammentazione dell’India in
sultanati, che sono realtà politiche su cui c’è un generico
controllo militare da parte della dinastia indiana, che è di
religione musulmana.
In questa zona gli europei incontrano situazioni che sono
la conseguenza dalla dissoluzioni del grande impero
mongolo di Gengis Khan.
CINA:
Anche per la Cina la dissoluzione di questo impero ha dato un’opportunità di riscossa: la Cina ha potuto impegnarsi
della riconquista di alcune zona, infatti l’impero dei Ming si afferma nel rilancio del controllo dell’impero cinese su
aree che erano state sottratte dall’impero mongolo.
LA CIVILTÀ CINESE: le società della Cina e del Giappone sono molto raffinate, hanno livelli molto elevati nella
manifattura, nell’organizzazione urbanistica e sociale, e sono civiltà autosufficienti e rigide.
La dinastia dei Ming regna dalla metà del ‘300, in una fase in cui la Cina tende a chiudersi su se stessa, perché mira a
potenziare il mercato interno.
È una Cina che amplia il controllo sui territori, ma che ha meno interazioni commerciali.
I commerci dell’Oceano Indiano preferisce lasciarli nelle mani dei musulmani o ad altri operatori dai quali non si
sente minacciata, attraverso i quali le merci cinesi richieste in Europa entrano nella rete di mercato dell’Oceano
Indiano.
Questo grande impero che conosce una burocrazia molto raffinata che ha avuto origine ad epoche precedenti a Cristo e
che ha introdotto dei sistemi di reclutamento di funzionari molto raffinati in un sistema molto rigido che da quindi
importanza a questa classe sociale.
La Cina è appunto un Paese particolarmente avanzato con dei gruppi sociali molto potenti (funzionari, aristocrazia
fondiaria – che ha un ruolo fondamentale e centrale, con dei meccanismi di successione regolati rigidamente).
C’è anche un FATTORE RELIGIOSO: la Cina dimostrerà grande disprezzo per i missionari che seguivano i mercanti
europei. In Cina non erano presenti dottrine strutturate, ma alcune correnti religiose culturali che convivevano con una
grande varietà di culti locali (ciò provocava un senso di superiorità da parte dei cinesi).
I gesuiti (Matteo Ricci, uno dei più noti missionari italiani che va in Cina e si confronta con gli ambienti di governo)
non avranno mai un vero e proprio successo, e l’élite cinesi continueranno a far valere la priorità superiorità.
Queste civiltà presentano poco dinamismo e apertura ai mercati (c’è uno sforzo di ampliare e rafforzare il mercato
all’interno): si chiudono i contratti commerciali che si proiettano su uno scenario ampio.
I rapporti con il mondo cinese si rivelano molto complessi per i mercanti navigatori che vengono da occidente.
Oltretutto con la Cina non si può instaurare un rapporto di interscambi perché la Cina ha tutto (in Cina si guarda con
disprezzo ai manufatti che i mercanti tentano di proporre, poiché le reputano inferiori ai manufatti cinesi).
Il flusso di metallo prezioso è a senso unico: da occidente verso oriente.
GIAPPONE
Ha una struttura di tipo feudale ancora più rigida di quella cinese, che delinea una società rigidamente gerarchica di
cui sono rimaste le tracce ancora oggi.
Il Giappone si chiude al rapporto con i mercanti europei e dopo qualche apertura iniziale, limiterà un unico porto,
quello di Nagasaki, come unico luogo per gli europei per l’acquisto di merci giapponesi sotto lo stretto controllo del
governo.
Anche il Giappone dunque rivendica un’autosufficienza rispetto alle merci europee, che fa da barriera alla
penetrazione dei navigatori europei.
FATTORE RELIGIOSO: Ancor di meno c’è una propagazione del cristianesimo, tanto che molti missionari saranno
condannati a morte.
Gli europei devono quindi sottostare a rapporti molto differenti con questi Paesi. Gli vengono imposti dei limiti molto
precisi all’interno dei quali muoversi.
IL CONTINENTE AMERICANO
Queste spedizioni sono l’equivalente di quella grande vittoria navale di Diu sul continente indiano: sono due
spedizioni che segnano una svolta profonda.
AZTECHI
Piramide azteca: luogo di culto in cui i sacrifici agli dei venivano celebrati nella parte superiore.
Maschera rituale: veniva usata anche nelle forme di teatro e rappresentazione che si associavano ai riti religiosi
GLI INCA
Muratore poligonali: avevano un modo di costruire che prevedeva incastri molto precisi tra le pietre
Terrazze inca: trasformazione dell’ambiente che fa crescere l’ambiente da destinare all’agricoltura. Questo sistema
favorisce la possibilità di coltivare e frena l’erosione del terreno ad alta quota
Ponte di corda: tipico di questo impero che aveva un sistema stradale molto rilevante, che doveva snodarsi all’interno
di territori molto aspri. Per questo c’è una grande raffinazione dei sistemi di costruzione.
I CONQUISTATORI SPAGNOLI
Ma perché c’è questo collasso dei governi locali di fronte all’arrivo spagnolo?
Un elemento fondamentale è il terrore per i cavalli e lo spostamento rapido degli uomini, oltre che per le armi da
fuoco.
Le popolazioni local erano abituate a scontri e ad un uso delle armi completamente diverso.
3. Fattore ambientale = territorio aspro: mancanza di modi per far circolare le notizie a causa, motivo per il
quale è difficile organizzare una resistenza.
4. Aspetto religioso: di fronte all’irruzione sulla scena degli spagnoli, l’idea che si diffonde all’interno di questi
gruppi è quella di essere stati abbandonarti dagli dei. Percezione di un attacco mortale. Anche il ruolo della
casta sociale dei sacerdoti, fortemente legati al vertice del potere, favoriva questo aspetto. La loro convinzione
era che dio fosse tornato per annunciare la fine dei tempi. L’incomunicabilità fu un fattore fondamentale:
Infatti quando il sovrano inca prese in mano il Vangelo, gli spagnoli erano convinti che il Vangelo gli potesse
comunicare qualcosa, tuttavia e se non oggetto estraneo per lui, lo fece cadere a terra, e questo fu un pretesto
per gli spagnoli per condannarlo a morte per infedeltà e mancato rispetto per un simbolo religioso cristiano.
Da questo momento partì la grande strage della popolazione indigena.
Questa strage scaturisce una fuga nelle foreste degli indigeni, che cercano di sottrarsi alla dominazione spagnola,
causa anche un declino delle unioni matrimoniali e del numero dei figli, il moltiplicarsi dei suicidi… tutti elementi che
porteranno ad un declino catastrofico della popolazione indigena.
Quella che ebbe luogo nell'America centro-meridionale fu una vera e propria catastrofe demografica.
Il tracollo demografico produce una popolazione nuova, diversa, progettata grazie all’aiuto dei neri africani. È una
popolazione meticcia/ibridata. .
L’America latina rimane ancora oggi una delle aree del mondo con il più alto tasso di gruppi etnici diversi.
C’è un fenomeno di meticciato che distingue territori americani sotto la colonizzazione spagnola (al sud) e America
del Nord, dove gli inglesi protestanti portarono avanti un’idea di separazione razziale.
In questi territori i matrimoni tra diversi gruppi etnici sono sostenuti sia dal governo spagnolo sia dalla chiesa
cattolica, che ritiene che il matrimonio sia una buona via per creare “buoni cristiani” e per diffondere il cattolicesimo.
Dalla catastrofe demografica e dalla distruzione degli indigeni nasce una popolazione ibrida
Questa istituzione degenerò in grandi violenze, in forme di sfruttamento (turni di lavoro massacranti), e per questo
saranno imposte forme di limitazione e di regolamentazione del potere di questi uomini.
—>contrasti clan-famigliari che scontrano per il potere, questo è il quadro generale per nulla lineare che si costituisce
nell’America Latina, e che la corona spagnola tenta di controllare con grandi difficoltà.
vengono in parte trattenute come reddito della corona e poi utilizzati per i vari servizi—> armi, servizi militari ecc…
Infine quello che resta serviva per soddisfare la domanda di beni di consumo, capitali, servizi di trasporto e per le
merci che gli europei acquistavano dall’Asia.
L’IMPORTANZA DI SIVIGLIA
Queste risorse, bisogna ricordare, sono frutto di una pressione fortissima sul lavoro nelle miniere da parte di quei
gruppi etnicamente e socialmente più deboli.
Nella cartina a DX, vediamo cerchiati in rosso i centri dei flussi principali dei metalli preziosi —> Siviglia e Cadice.
In particolare cresce l’importanza di Siviglia, che come possiamo vedere non è collocata sul mare e che diventa un
punto di controllo delle merci che arrivano dalle Americhe.
È una città che si sviluppa enormemente in questo periodo, grazie anche alla scelta della corona di concentrare a
Siviglia tutte le attività in arrivo e in partenza dal nuovo mondo. Così facendo c’era un controllo piu definito e facile
essendo esso concentrato in un’unica città.
Questo forte controllo della corona sui commerci è tendenzialmente un monopolio—> la corona spagnola ambisce ad
avere sotto la sua sorveglianza tutto ciò che riguarda il commercio.
Siviglia diventa l’unico luogo di partenza LEGALE per le Americhe (da qui partivano spagnoli che dovevano
attestare le loro origine spagnole e la piena ortodossia religiosa). Dopo la reconquista e la cacciata dei turchi con
l’eliminazione dell’ultimo regno di Granada, gli spagnoli volevano all’interno del loro paese una fisionomia di
integrale cattolicesimo (per questo per partire e andare nell’America latina, bisognava per forza essere cattolici).
Notiamo quindi come questo controllo della corona non riguarda solo il commercio (sistema di tassazione) ma anche
controlli legati all’aspetto religioso.
Un altro divieto per gli spagnoli che si imbarcano per le Americhe è di offrire il proprio lavoro in cambio del
passaggio marittimo—> questo perché un rapporto di questo tipo prefigurerebbe una sorta di schiavitù da parte degli
spagnoli che vanno nelle Americhe (si potevano schiavizzare gli schiavi nelle Americhe perché essi erano
etnicamente diversi ma non gli spagnoli).
Siviglia incarna quindi questo modello di sfruttamento delle risorse coloniali che si impunta all’insegna del
monopolio. A Siviglia si instaura questa istituzione molto potente, la CASA DE CONTRATACION, che diventa un
centro amministrativo che controlla tutto il traffico commerciale con le Americhe.
Questa riorganizzazione del territorio latino americano porta alla rinascita di una realtà sociale ed economica nuova,
in cui anche la chiesa ha un ruolo importante.
Vediamo ad esempio nell’immagine della città, un campanile e palazzi del potere ecclesiastico che diventano un
modello che si afferma in questi nuovi territori.
Le circoscrizioni della nuova Spagna vengono fatte corrispondere a nuove diocesi (circoscrizioni ecclesiastiche con
dei vescovi e un’organizzazione periferica della chiesa)—> importazione della fisionomia europea nei nuovi territori
conquistati.
Un aspetto importante da tenere in considerazione è che la Spagna in questa fase (primo 500) sta costruendo anche le
proprie strutture di stato nella penisola iberica —> la Spagna è uno stato giovane che si sta allargando pur stando
ancora costruendo le varie istituzioni politiche—> Spagna occupata su diversi fronti.
L’ampiezza dell’impero spagnolo che sta diventando la grande potenza europea, ispira anche un certo tipo di
istituzioni che sono molto articolate data la diversità delle caratteristiche dei diversi spazi su cui domina la Spagna.
La situazione spagnola era del tutto diversa, gli spagnoli conquistano i territori e cercano di costruire una realtà nuova
in cui sono attori di un mondo sociale e lavorativo mai visto prima.
C’è però un’eccezione nel mondo coloniale spagnolo:
Magellano infatti aveva conquistato le filippine, molto importanti nel sistema coloniale spagnolo.
Le filippine erano vicinissime all’emisfero portoghese e situate in una posizione strategica perché tra i territori di
Acapulco (sulla costa pacifica dell’istinto di panama), si sviluppa un collegamento (da Manila ad Acapulco). Questo
collegamento offre alla Spagna la possibilità di mettere in collegamento l’America latina con l’est dell’Asia—>
possibilità per gli spagnoli di entrare autonomamente nei commerci dell’Asia senza passare attraverso la mediazione
portoghese.
Di fatto le filippine dallo la possibilità agli spagnoli di avere dei rifornimenti e un rapporto diretto con il mondo
orientale—> PROTO-GLOBALIZZAZIONE DELL’ETA MODERNA.
Le fonti su cui noi ci appoggiamo per conoscere le civiltà antiche di quel periodo, sono per lo più ricostruzioni
composte dai viaggiatori e dai missionari; quindi fonti prodotte da europei che osservavano con maggiore o minore
attendibilità vicende, usi e costumi di queste civiltà che ancora non avevano imparato a scrivere o a lascare documenti
propri.
Bisogna quindi usare cautela nel rapportare e osservare queste fonti perché hanno naturalmente un punto di vista
europeo e cristiano.
Ci sono fonti più affidabili di altre, lo si riconosce sia per l’orientamento culturale degli autori, sia per l’impegno
messo nel rapportare questo nuovo mondo.
Egli è un importantissimo intellettuale francese e un grande magistrato che fa quindi parte dell’apparato statale.
Tuttavia poi si ritirerà a vita privata e si dedicherà a scrivere questi saggi che sono dei brevi brani a commento di
alcune situazioni attuali.
Ci troviamo nella Francia della seconda metà del 500, decenni in cui sovrasta lo scontro religioso (guerre di religione
tra la maggioranza cattolica e la minoranza di calvinisti)—> periodo di lacerazione del mondo francese.
In questo brano Montaigne mette a confronto idee opposte sul mondo americano; in particolare riflette sull’’usanza,
presente nei riti delle popolazioni latino-americane, di mangiare il nemico (cannibali —> vedi il titolo).
Leggi brano nell’immagine
1 POPOLAZIONE
Oggi il declino demografico è un problema per tutto l’Occidente, in particolare per l’Italia.
L’Asia aveva una popolazione nettamente superiore.
PREMESSA:
Contare gli uomini e le donne nell’Europa dell’età moderna e individuare le tendenze di lungo periodo della
popolazione europea è un operazione complessa.
I dati forniti nelle tabelle che seguono sono stati ricavati sintetizzando i risultati di numerose ricerche. Tali
ricerche sono basate su fonti che non danno garanzia di esattezza assoluta e che vengono sottoposte a diverse
interpretazioni, ma permettono in ognI caso di avere un’idea del potenziale demografico di alcuni paesi europei
(profondamente diverso da quello attuale).
In questo periodo ci avvicineremo alla dimensione europea soffermandoci su strutture e caratteri di lungo periodo
dell’Europa nell’età moderna.
Un dato di base è la popolazione.
Confronto tra popolazione europea e degli altri continenti dal 1400 al 1850
Oggi l’Europa ha 740 milioni di
abitanti.
In questa tabella con America si
intende America centro-meridionale,
in quanto la popolazione dell’America
settentrionale è ancora più difficile da
individuare. Il livello basso del 1400 è
stato causato dalla peste nera del 1350,
che è particolarmente dura in Europa.
Essa arriva dall’Asia, colpisce il
mediterraneo e sale nel resto
dell’Europa fino ad arrivare in Russia.
Questo fu l’ultimo momento in cui ci
fu questo tipo di decremento di
popolazione mondiale.
Tra il 1600 e 1700, dopo il tracollo
della peste, si è mantenuta una certa stabilità (aumento lento).
Poi dal 1750, inizia il periodo in cui il ritmo della crescita demografica aumenta ovunque (tranne Oceania). Fino
all’1800 si avrà questo incremento, e poi si intensificherà fino al 1850. Da questo momento l’incremento demografico
non ha più subito arresti (causando però il problema della sovrappopolazione).
In questa tabella non si utilizzano numeri assoluti e propri ma tassi di incremento, ovvero la proporzione d’aumento da
un cinquantennio all’altro.
Il ritmo più sostenuto qui è nella seconda metà del 500 (rispetto a periodi successivi).
I dati diversi tra i Paesi in tabella sono tipici dell’instabilità che caratterizza l’età moderna fino al 1750 (aumenti
differenti, alcuni limitati , mentre in altri paesi si verificano sprofondamenti improvvisi della popolazione – come
nell’Italia del 1600 ).
La ripresa si avrà successivamente, e sarà lenta con tassi diversi tra i paesi.
Dal 1750 non ci sono più interruzioni date da eventi catastrofici come la peste nera o la pestilenza del 1630 (basta
guardare l’Italia).
Eccezione della crescita: Irlanda, a causa della grande migrazione irlandese a causa delle carestie che colpivano il
paese.
POPOLAZIONE ITALIANA
Le nascite oggi sono in calo
costante: andamento che
porta al ribasso il numero
delle nascite rispetto
all’anno precedente. Questo
significa un rilancio ulteriore
all’età media della
popolazione italiana,
questioni portate alla base di
politiche sociali e di
questioni di immigrazione.
LA POPOLAZIONE DI VENEZIA
Tra il 1563 e il 1567 si sono persi
50.000 abitanti: non sono tutti morti, ma
nel conto sono inclusi anche tutti coloro
che hanno abbandonato la città, in
quanto la loro attività non era più
redditizia (trovandosi in una situazione
di grande emergenza)
1624-1633: anche qua c’è una grande
contrazione della popolazione
1642: grandi capacità di ripresa -> in 9
anni Venezia ha ricostituito la sua
popolazione (che poi continua a
crescere).
La popolazione di 150.000 abitanti si mantiene fino al dopoguerra (anni 60), mentre oggi è scesa sotto ai 50.000
abitanti (però ha enorme popolazione fluttuante di turisti).
CRESCITA DI ALCUNE CITTÀ EUROPEE NEL XV E XVI SECOLO
Napoli: è la capitale di un
regno affacciato sul
mediterraneo, dunque molto
importante. Prima un regno
autonomo, poi diventato vice
regno e parte dei domini
spagnoli.
Venezia: città
importantissima
Roma: quota molto alta grazie alla presenza pontificia che la rende una capitale internazionale. Arrivano
cardinali e ecclesiastici da tutto il mondo cattolico.
2. Elevatissima fu inoltre la mortalità infantile, che dimezzava o quasi il contributo offerto da ogni coppia alla
riproduzione (riducendo a 30-35 anni la durata media della vita degli individui).
La tabella elabora i dati relativi alla mortalità infantile nella seconda metà del '700. Da rilevare la percentuale di
sopravvivenza dell’Inghilterra, più alta che negli altri paesi.
Con il primo ottocento vi saranno radicali mutamenti, dovuti al crescere della disponibilità di risorse e alla pratica
medica (inoculazione del vaiolo, che sconfiggerà il vaiolo e sarà un passaggio importantissimo).
600:
secolo di crisi a causa della peste, ma anche cambiamento delle gerarchie economiche: il Mediterraneo perde
importanza, mentre il mare del Nord e l’Atlantico diventano l’asse dei nuovi traffici e dello sviluppo economico
Andamento contraddittorio tra un’area e l’altra dell’Europa.
L'andamento demografico ciclico, ad alti e bassi, caratteristico dei secoli dell'età moderna (in particolare del Cinque-
Seicento), fu dunque l'esito dell'alto tasso di mortalità e di altri fattori, tra loro correlati, che limitavano la natalità.
Questi non dipendevano dalla libera scelta degli individui (come accade nelle società attuali grazie ai metodi
contraccettivi), ma da una serie di costrizioni di natura socio-culturale:
- l'età al matrimonio, in gran parte dell'Europa occidentale piuttosto alta
rispetto all'inizio della pubertà (circa 25 anni per le femmine; circa 28 per i maschi); in Asia invece le donne si
sposavano giovanissime e veniva sfruttata tutta la loro fascia di età fertile (ciò sottolinea la debolezza
demografica del nostro continente).
– la forte componente di celibi e nubili connessa alle scelte religiose e ai meccanismi ereditari.
700: Sarà il '700 a segnare la fine dell'andamento ciclico caratteristico dei secoli precedenti. In particolare dalla metà
del secolo la crescita della popolazione si intensifica e si generalizza a tutto il continente (oltre che ai possedimenti
oltreoceano).
LE CITTÀ CAPITALI:
- Londra: cresce vertiginosamente e la sua popolazione sfiora 1 milione di abitati
- Liverpool: per effetto dei processi di lavorazione introdotti dalla rivoluzione industriale arriva a 78.000
abitanti nel 1801
Ci sono anche altri fattori che vanno tenuti in conto quando si parla di popolazione; un fattore fondamentale è quello
della densità.
Nella carta vediamo la densità delle popolazioni attuale, molto concentrata in alcune zone—> questo può essere un
punto di forza, come in Europa, ma anche di debolezza e povertà in altre, come per l’India.
Vediamo ora le densità che l’Europa aveva raggiunto all’inizio del 600 a conclusione di quel periodo (500) che aveva
colmato i vuoti della pestilenza…
L’Italia: alta densità in zone specifiche, ovvero zone caratterizzate da una forte presenza della città e dell’economia
urbana. Il ruolo della città in questi spazi è un dato molto importante perché una civiltà urbana ha un’impronta diversa
rispetto alle aree orientali dell’Europa, dove la densità decresce progressivamente.
Tuttavia, la parte dell’economia urbana (artigianato, manifattura e commerci) ha sempre un ruolo limitato nei secoli
dell’età moderna. Maggior parte della popolazione viveva nelle campagne e dal lavoro dei campi traeva il suo
sostentamento —> impiego prevalente.
C’è però una differenza sulla densità anche tra le campagne influenzate dal ruolo della città e quelle dove la
campagna vede la presenza esclusiva dei grandi proprietari terrieri.
Vediamo ad esempio la Spagna che è uno dei luoghi in cui la città non ha assunto un ruolo fondamentale; vi sono
zone molto ampie con densità molto basse. Queste zone corrispondono con la presenza di proprietà feudale e di
allevamento.
Spostandoci verso est nella cartina, vediamo una fascia di densità (da Hamburgo verso Trieste)abbastanza alta, oltre la
quale però si verifica una forte riduzione (vedi frecce nella cartina).
Questa riduzione corrisponde a un’area dove le città sono meno forti, meno presenti e meno condizionanti e dove il
lavoro agricolo è inquadrato all’interno della signoria fondiaria.
Qui principalmente si coltivavano i cereali che in questo periodo erano molto richiesti in Europa dato l’aumento degli
uomini. Ciò ha favorito il rafforzamento di questi signori-proprietari terrieri che dominano ancora secondo un
modello feudale—> peggiorano le condizioni di quei con Dani sottoposti al dominio dei grandi signori (aumenta la
pressione dei signori sul lavoro).
Anche nella parte occidentale dell’Europa (penisola iberica), la signoria è molto presente (feudo dell’età moderna—>
uno dei primi atti della rivoluzione francese è l’abolizione dei diritti feudali).
Abbiamo visto che la bassa densità di abitanti corrisponde anche con questi grandi poterci dell’aristocrazia fondiaria.
IL LAVORO URBANO
Un mondo molto lontano da quello delle campagne e molto
ricercato dai contadini che fuggono dalle campagne.
La freccia che indica i tipografi, sottolinea l’instaurarsi di questa nuova attività (inserita a partire dalla fine del 400 nel
panorama delle città).—> importanza della stampa che ha reso possibile la produzione seriale dei testi.
Questa attività richiedeva tecnologia, tecniche e conoscenze rilevanti—> una delle attività a più alto livello
tecnologico di quei tempi.
Non esistevano solo piccoli centri artigianali, ma anche luoghi di grande concentrazione di manodopera (gli arsenali
di Venezia ad esempio). Dentro gli arsenali ci sono sia artigianali con precise conoscenze, ma anche una parte
“operaia” per la produzione navale (importantissima in questo periodo).
Un altro ambito in cui si incontrano forti concentrazioni di manodopera, è quello delle miniere.
La crescita degli stati e la fabbricazione di armi da fuoco, sono stimoli molto forti all’attività mineraria che dopo una
fase di stallo si riprese.
Nella mappa vediamo i centri minerari più importanti dell’Europa.
Oggi viviamo in una società in cui gli individui sono, dal punto di vista giuridico, uguali e le differenze sono
essenzialmente economiche.
Ma per secoli le cose sono andate diversamente e le società hanno funzionato sulla base di un altro principio, che
attribuiva alle persone diritti diversi in ragione della loro appartenenza a determinati gruppi sociali, alla loro posizione
in una «gerarchia sociale», appunto.
La società della differenza giuridica, durata per tutta l'età moderna, sarà abbattuta con la rivoluzione francese, ma
l'affermazione effettiva del principio dell'uguaglianza, anche strettamente giuridica, è stata un percorso molto più
lungo, non ancora realizzato, come ben sappiamo. E per questo che appare opportuno esaminare più da vicino le
gerarchie sociali dell'età moderna.
Lettura importante
La società come albero, un'altra immagine che traduce visivamente la struttura gerarchica della società. Qui la
vediamo in un'incisione tedesca dei primi anni venti del '500.
I contadini sono più in basso di tutti, anzi l'albero della società affonda le sue radici nei loro corpi, che lavorano per
nutrire e rendere materialmente possibile la società. Salendo lungo i
rami incontriamo artigiani, membri del clero e nobili, vestiti in maniera più sontuosa via via che ci alziamo.
Ecco però una sorpresa: sulla vetta dell'albero, al di sopra di principi e prelati, troviamo di nuovo i contadini, con la
cornamusa e con il forcone, strumento di lavoro, ma anche
arma di guerra nelle rivolte contro i signori (v. le due frecce
rosse).
Come spiegare questa interpretazione «sfidante» data dell'immagine della società come albero?
Il messaggio può diventare più chiaro ricordando che nel 1525, nel quadro dello sconvolgimento creato dalla Riforma,
scoppiò la guerra dei contadini contro la nobiltà tedesca. Verrà il
momento - sembra questo l'auspicio veicolato dal disegno – in cui anche i contadini avranno la loro rivincita.
Proprio queste minacce al principio gerarchico spiegano l'enfasi e l'insistenza con le quali esso fu riaffermato e difeso
in questo periodo (indicativa la pubblicazione di trattati che ridefiniscono il concetto di nobiltà, collegandolo con i
criteri della stirpe e della virtù, delle ricchezze e dell'onore, del rapporto con il sovrano). Le esigenze degli stati in via
di organizzazione e delle chiese (che mirano a un maggiore controllo sulla società) finiscono per rilanciare il ruolo
dominante della nobiltà.
Nell'età moderna la nobiltà è stata sconfitta nelle sue pretese di sfidare il potere politico dei sovrani, ma rimane il
gruppo sociale dominante in Europa. Essa si ripropone, nel quadro del rafforzamento dell'organizzazione statale, nel
ruolo di élite sociale che fornisce i comandi dell'esercito e i ranghi dell'alta amministrazione.
La nobiltà difende i propri privilegi di ceto (politici, fiscali, giudiziari) anche contro le iniziative dei sovrani ed
elabora perciò un'ideologia nobiliare, con la quale cerca di giustificare al livello teorico le tradizionali prerogative
dell'ordine aristocratico.
Utilizza perciò per far sentire la propria voce gli antichi organi di rappresentanza di cui dispone (per esempio gli
«stati generali» in Francia, il sistema articolato in tre ordini - nobiltà, clero, terzo stato - che i sovrani cercano di
mettere a tacere nel Sei e nel Settecento e che ritorna in campo alla vigilia della Rivoluzione; le «cortes» in Spagna; la
Camera dei Lord in Inghilterra; le «diete»
presenti negli stati tedeschi e nei paesi dell'Europa orientale). Questo ci ricorda come idee e prassi relative alla
rappresentanza si sviluppano inizialmente proprio dalle rivendicazioni/resistenze dei gruppi privilegiati, ai fini della
difesa di specifici privilegi, soprattutto nell'ambito, sempre critico, del prelievo fiscale.
CHIEDIAMOCI ORA CHI FORMA IL TERZO STATO (che abbiamo appena visto rappresentato da un
contadino)?
Il terzo stato è in realtà l'ordine/ceto/stato di antico regime più vario al suo interno. Ne fanno parte tutti coloro che non
sono né nobili né ecclesiastici: oltre ai contadini, gli artigiani, i mercanti, i banchieri, le figure che esercitano
professioni intellettuali giudici, avvocati, medici - o ricoprono uffici di livello intermedio o inferiore, locali o centrali,
nei sistemi burocratici in via di formazione.
Alcuni membri dello strato superiore del terzo stato possono superare in ricchezza i nobili e acquistare terre, feudi e
titoli che li fanno salire nella scala sociale e in alcuni casi acquisire la nobiltà (attribuita dai sovrani, che hanno tutto
l'interesse a intervenire sull'universo nobiliare).
• La nobiltà è un ceto (non una classe), come il clero. È stato Max Weber a proporre l'uso di questa categoria per
gruppi sociali il cui ruolo è determinato non da una precisa collocazione economica, ma dalla nascita, dalla funzione
nella vita pubblica, da specifici comportamenti e privilegi.
• La nobiltà non è una 'casta': si è nobili per nascita, ma si può anche diventarlo. Per esempio nella Castiglia del '300 e
del '400, impegnata nell'impresa della reconquista, il re concede titoli di nobiltà a uomini d'armi che si sono impegnati
nelle imprese militari contro gli arabi. In Francia i sovrani istituiranno all'inizio del '600 una seconda nobiltà, la
nobiltà «di toga», ovvero legata all'esercizio di uffici pubblici. Interventi come questo erano parte dello sforzo da
parte dei sovrani di controllare la nobiltà, di limitarne i privilegi, di trasformarla pienamente in un gruppo dedito al
servizio della monarchia (uno sforzo che sarà portato avanti e darà risultati soprattutto nel '700).
• Chi nasce nobile lo rimane per tutta la vita. L'ideologia nobiliare rivendica decisamente questo punto. La nobiltà
infatti si può perdere solo in casi eccezionali: un reato particolarmente grave contro il sovrano, per esempio (lesa
maestà), o contro un altro nobile, che ha pregiudicato irreparabilmente l'onore di colui che lo ha commesso.
Patriziato veneziano:
4,5 % (nel '500), 2,4 % (nel 1790)
Nobiltà polacca:
10 % (particolarmente numerosa e rappresentata nella «dieta», che poteva sospendere le decisioni del re, la nobiltà
polacca otterrà, a fine ‘500, il diritto di eleggere il sovrano. Questo sarà un fattore decisivo d’indebolimento della
Polonia (che a fine ‘700 scomparirà come stato e verrà spartita da Austria, Prussia e Russia).
ALCUNE PREMESSE…
Lo sviluppo dello Stato è aspetto centrale nella storia dei secoli XV-XVIII. Il suo emergere rappresenta uno
dei momenti periodizzanti della storia europea, che fissano l'inizio dell'età che chiamiamo moderna.
I processi di formazione statale avvenuti a partire dalla metà del '400 furono molto lenti e graduali,
Prendiamo la definizione dello «Stato moderno» che ci propongono i dizionari giuridici (entità politica con
propria personalità giuridica, che ha la sovranità su un territorio individuato e su un popolo, dispone di un
complesso di organi che impongono l'attuazione di regole e svolgono i compiti connessi con la sovranità,
detenendo il monopolio della forza legittima). Rispetto a questa definizione dobbiamo rilevare che negli Stati
territoriali dei secoli XV-XVI tali aspetti e funzioni sono presenti solo in forma embrionale. Si preciseranno
con ritmi e tempi diversi durante i due secoli successivi, in un percorso che avrà tuttavia il suo punto d'arrivo
solo nello Stato nazionale ottocentesco.
Tale gradualità si riflette nella lenta evoluzione del termine Stato nel suo significato specifico di regime
politico.
**Nel Principe (1513), cap. IV, Machiavelli scrive: «Tutti li stati, tutti e' dominii che hanno avuto et
hanno imperio sopra li uomini, sono stati e sono o repubbliche o principati. E' principati sono o ereditari, de' quali il
sangue del loro signore ne sia stato lungo tempo principe, o e' sono nuovi». Si serve quindi per lo più di un lessico
legato all'orizzonte politico romano e poi medievale, in cui il regime politico è, concretamente, civitas, respublica,
regnum.
**Lo stesso Jean Bodin, considerato il primo teorico della sovranità dello Stato, intitola la sua opera fondamentale Le
six livres de la République (1576). È con una forzatura implicita che noi traduciamo sei libri dello Stato.
**Agli inizi del Cinquecento erano presenti in Europa oltre 500 entità politiche più o meno indipendenti; agli inizi del
Novecento ne sopravvivevano solo 25. Oggi solo una minima parte degli Stati del XVI secolo esiste ancora, sia pure
con confini diversi. La maggior parte è scomparsa, come nel caso degli Stati della penisola italiana o di quelli, più
numerosi, presenti nei confini dell'Impero germanico. Altri se ne sono formati o se ne stanno formando, basti pensare
alla disgregazione dell'ex Unione sovietica o dell'ex Jugoslavia.
la progressiva autonomizzazione dei più forti poteri territoriali (i principi sovrani) rispetto alla suprema
autorità del Sacro Romano Impero.
Nella seconda metà del 1400 ha dunque luogo per le maggiori monarchie dell'Europa occidentale una svolta. Diventa
più evidente infatti una tendenza, che si era fatta sentire fin dal XIII secolo, alla coordinazione di vaste aree territoriali
intorno al monarca. Qui sotto alcune tappe fondamentali:
- La fine della guerra dei cent'anni tra Francia e Inghilterra (1453) segna la cacciata degli inglesi dal territorio
francese
- Nell'arco di pochi decenni si verifica un arretramento decisivo della grande feudalità che
ancora sfidava il potere regio: in Francia con la vittoria del re Luigi XI su Carlo il Temerario,
duca di Borgogna (1477); in Inghilterra con la fine della guerra delle Due Rose, nel 1485,
uno scontro tra fazioni feudali che ha dissanguato l'antica nobiltà. Il re s'impone come il feudatario più
potente e come il difensore dei sudditi dai nemici esterni
- Il matrimonio di Isabella di Castiglia e Ferdinando d'Aragona (1469) sfocia nell'unione delle due corone di
Castiglia e Aragona (1479)
Le tre monarchie occidentali che incarnano meglio la spinta verso lo Stato territoriale e il rafforzamento del
potere del sovrano sono realtà davvero unitarie?
Sono uniformi tra loro?
Si possono definire 'monarchie assolute'?
SPAGNA:
Unione delle due corone di Castiglia e Aragona (1479). Nel 1478 a è stata istituita 'Inquisizione spagnola,
tribunale politico-religioso dipendente dall'autorità regia. Nel 1492 è completata la reconquista (cade
Granada); anche gli ebrei vengono espulsi dai territori della Corona (1492).
Il re acquisisce il diritto di nomina ai vescovati iberici e delle Americhe e il controllo sulla Chiesa di Spagna
(1482-1506).
L'unione delle corone non comporta uniformazione delle istituzioni dei due regni, In Castiglia il potere regio
si afferma più a fondo (ne è prova il fatto che le Cortes, rappresentanze degli stati castigliani - nobiltà, clero,
città - mantengono il solo potere di ratifica delle richieste finanziarie della Corona, in continuo aumento e che
gravano pesantemente sulle città). Il re si appoggia, per governare la Castiglia, al consiglio regio, in cui
entrano funzionari esperti di diritto, anche non nobili. L'Aragona invece - regno a vocazione marittima e
commerciale, con popolazione cittadina e mercantile più forte - mantiene maggiori autonomie (le
rappresentanze delle Cortes rimangono più influenti).
Il complesso dei territori iberici, molto disomogeneo, mantiene le proprie istituzioni e viene governato
attraverso una serie di consigli organizzati per singolo dominio (C. di Castiglia, Aragona, Italia, Fiandre,
Indie) accanto ad altri specializzati per materia (di particolare rilievo il C. de Hacienda competente sulle
finanze, il C. di Stato e di guerra; il C. dell'Inquisizione). Il potere regio ha la sua base in Castiglia (capitale
con Carlo V diventa Madrid) e instaura un rapporto «federativo» con gli altri regni e territori. Un aspetto,
questo, destinato a caratterizzare a lungo la tradizione politica spagnola e ad alimentare la volontà
autonomistica di alcune aree (Paese Basco; Catalogna).
FRANCIA:
Il potere regio e l'amministrazione centrale si articolano in maniera più lineare e coerente (rispetto al modello
spagnolo), intorno al consiglio del re, via via suddiviso in rami specializzati per materia.
Il re emana ordonnances (ordinanze) valide in tutto il regno, che si sovrappongono alla varietà delle
consuetudini e delle leggi vigenti nei diversi territori e province.
Decade il ruolo degli Stati generali (assemblea rappresentativa di clero, nobiltà e terzo stato). A questi viene
sottratto il controllo della riscossione della taille (taglia), imposta diretta regia finalizzata al mantenimento
dell'esercito.
Parallelamente s'impone la funzione dei parlamenti, corti superiori di giustizia istituite a Parigi e nelle
principali città del Regno, cui spetta anche la registrazione degli editti regi. Nei parlamenti siedono giuristi di
origine non nobile (figure di punta in uno strato di officiers in costante aumento).
Con il concordato del 1516 tra Francesco I e papa Leone X la corona francese acquisisce la facoltà di nomina
ai benefici ecclesiastici maggiori del regno (vescovati, grandi abbazie)
INGHILTERRA:
Enrico VII Tudor (1485-1509), vincitore della guerra delle Due Rose, restituisce autorità alla corona (la
feudalità ha perso ruolo politico e forza economica con la guerra). Persegue una centralizzazione del governo,
attraverso il rafforzamento del consiglio della corona e del supremo tribunale della Camera stellata
(competente in particolare sui reati di natura politica).
Le funzioni giurisdizionali e amministrative sul territorio rimangono affidate a sceriffi e giudici di pace, tratti
dalla nobiltà delle contee ed espressione delle élites e degli interessi locali (la loro nomina è ratificata dal re).
Esiste inoltre il Parlamento, assemblea rappresentativa del paese divisa in due camere, dei Lord (nobiltà;
appartenenza ereditaria) e dei Comuni (rappresentanza elettiva di città e contee e degli interessi della piccola
nobiltà, dei coltivatori indipendenti, della «borghesia» commerciale e delle professioni). Il ruolo del
Parlamento si è consolidato fra "300 e "400, ma viene limitato da Enrico VII e dal successore Enrico VIII, che
cercano di oscurarne le competenze giudiziarie e la facoltà di autorizzazione al prelievo fiscale. Le
convocazioni del Parlamento riprenderanno a partire dal 1529, quando Enrico VIll cercherà il sostegno
parlamentare nello scontro che lo opporrà al papa e che culminerà con lo scisma anglicano (1534: il re diventa
capo supremo della chiesa inglese).
L'Impero non è uno stato, ma una sorta di confederazione di stati eterogenei, legati da vincoli giuridici
all'imperatore: principati territoriali laici ed ecclesiastici (Sassonia, Baviera; arcivescovati di Colonia, Treviri,
Magonza) e di città libere. Su queste realtà politiche l'imperatore non ha poteri paragonabili a quelli degli altri
sovrani europei.
Il titolo imperiale non ha carattere ereditario, ma elettivo, anche se dal 1438 l'imperatore appartiene alla
dinastia degli Asburgo Massimiliano I d'Asburgo (1493-1519) cerca di potenziare le istituzioni centrali
dell'Impero (Consiglio imperiale, Camera di giustizia, imposta comune per l'esercito), ma il tentativo non
riesce. il suo impegno si concentra allora sulla successione del nipote Carlo. Carlo avrebbe cumulato la
corona di Spagna (1516) e il titolo imperiale (1519) e avrebbe portato avanti un grandioso progetto di
egemonia europea.
Il suo disegno sarebbe comunque fallito. Nell'Impero i processi di costruzione statale avranno luogo
all'interno dei singoli principati territoriali, grazie alla spinta della Riforma protestante.
LA PENISOLA ITALIANA
A fine '400 lo spazio italiano risulta frammentato in unità territoriali di varia ampiezza e caratterizzate da diversa
organizzazione politica. Stati regionali d'impronta feudale e signorile
(Piemonte-Savoia; Stato pontificio; regno di Napoli; ducati di Modena, di Reggio-Ferrara, di Mantova) si alternano
con altri che hanno avuto origine dall'espansione di città con un forte passato comunale (repubbliche di Genova,
Venezia, Lucca e Siena; Stati di Milano e di Firenze, che si sono evoluti in principati).
L'assetto qui rappresentato è frutto della pace di Lodi (1454).
Lo scontro tra Francia e Spagna per il possesso di Milano e Napoli (1494-1530), spezzerà l'equilibrio
esistente e avvierà una nuova fase, quella delle «guerre d'Italia»
• Dopo un trentennio di confronto militare tra Francia e Spagna, gli Stati italiani entreranno nella
fase dell'egemonia spagnola, destinata a durare fino all'inizio del '700.
• Questa fase, in passato rappresentata negativamente dalla storiografia sulla base di
anacronistiche prospettive di lettura 'nazionali' (pensate anche a Manzoni), costituì in realtà per
l'Italia un lungo periodo di pace. In questo quadro gli Stati della penisola andranno incontro, nel
corso del secondo '500, a una fase di espansione economica e di consolidamento istituzionale.
• Nei domini diretti della Spagna l'autorità sovrana sarà rappresentata dal governatore di Milano e dai viceré di
Napoli, Sicilia e Sardegna, mentre elementi locali entreranno a far parte degli uffici
amministrativi, giudiziari e finanziari (la condizione dei domini in Italia non è assimilabile a quella delle colonie
americane).
• L'influenza della potenza spagnola si farà sentire anche negli Stati rimasti autonomi. Sotto lo
stretto controllo della Spagna rimarrà il ducato fiorentino, che si era mostrato un punto critico
del sistema italiano, con il suo forte legame con la tradizione di governo repubblicana cittadina.
Un processo di accentramento del potere influenzato dai modelli monarchici avrà luogo nello
Stato sabaudo. Nelle repubbliche di Genova (finanziatrice della monarchia di Spagna) e di
Venezia (lo Stato italiano che mantenne comunque maggiore autonomia rispetto alla politica
spagnola) le tensioni interne al ceto di governo patrizio avranno come esito il rafforzamento
della tendenza a una gestione oligarchica del potere.
Il '500 vide la supremazia militare spagnola sull'Europa, consolidata a partire dallo scontro con la Francia nelle guerre
d'Italia (1494-1530). Il controllo della penisola era divenuto sempre più strategico e irrinunciabile nel disegno
imperiale di Carlo V, volto a contrastare le ambizioni francesi e l'avanzata ottomana nel Mediterraneo (un disegno
portato avanti, dopo la divisione della corona spagnola dall'Impero, da Filippo I1, 1556-1598).
Le guerre d'Italia, fondamentali per la riflessione politica e storiografica di autori quali Machiavelli e Guicciardini,
videro la sperimentazione di nuovi modi di combattere, basati sulla forza d'urto delle fanterie e sulla potenzialità
offensiva delle artiglierie. La cavalleria medievale, arma nobiliare, tramontò allora definitivamente, lasciando il posto
ad eserciti sempre più numerosi, basati sulla forza d'urto di formazioni di fanterie mercenarie (quadrati svizzeri;
tercios spagnoli; lanzichenecchi tedeschi) e sull'uso delle armi da fuoco.
Gli spagnoli svilupparono e resero più efficiente l'organizzazione di combattimento in «quadrato» messa a punto da
svizzeri e tedeschi. Nei tercios spagnoli erano presenti gli hidalgos, nobili poveri che si arruolavano ritenendo la
professione delle armi consona al loro onore e per fedeltà alla monarchia e all'ortodossia religiosa; anche i fanti di
estrazione popolare tendevano a far propria tale concezione, ereditata dalla tradizione della reconquista della penisola
iberica contro gli arabi. Fu questa la chiave di una supremazia militare dimostrata per oltre un secolo dagli eserciti
spagnoli nelle guerre europee.
La Francia, più legata all'ideologia cavalleresca medievale, ancora forte presso l'aristocrazia, ebbe maggiori difficoltà
ad adattarsi alle trasformazioni cinquecentesche.
Eppure il grande progetto non fu un disegno folle o inconsistente, semplice frutto della volontà di potere della dinastia
degli Asburgo, ma raccolse aspettative altissime in quel momento particolare: le guerre (con la loro nuova potenza
distruttrice) e le tensioni religiose alimentavano una diffusa aspirazione alla pace, all'ordine, a principi superiori di
giustizia. Una figura come quella di Carlo V, sovrano di un mondo che si era enormemente esteso si prestava ad
avvalorare queste idee. Consiglieri imperiali, scrittori, poeti, ma anche artisti contribuirono alla diffusione
dell'ideologia imperiale, riflessa nella sintetica galleria di immagini che segue.
FATTORI COMUNI DEI PROCESSI DI COSTRUZIONE STATALE NELLA PRIMA ETÀ MODERNA
•La guerra è stata considerata dalla storiografia un fattore primario dello sviluppo statale.
•Una serie di elementi tra loro collegati (maggiore pericolo di aggressione da parte di forti potenze vicine, ampliarsi
dei teatri di guerra, accresciuta durata dei conflitti, aumento delle dimensioni degli eserciti, uso sistematico delle armi
da fuoco, trasformazione delle tecniche di fortificazione e difesa) esaltano il ruolo difensivo del sovrano e favoriscono
la concentrazione nella sua persona dell'autorità di comando. Gli altissimi costi della nuova macchina bellica a loro
volta accentuano l'esigenza di una tassazione regolare e il consolidamento di un apparato burocratico in grado di
garantire l'esazione delle imposte. Il conflitto armato dà inoltre dato impulso alla nascita di rappresentanze
diplomatiche stabili e a una nuova gestione delle relazioni tra Stati.
• Al di là delle discussioni sulla validità esplicativa generale di questo modello (più facilmente adattabile alle
monarchie francese e spagnola, meno al caso dell'Inghilterra, per la quale le esigenze della difesa del territorio furono
- dato il carattere insulare - meno pressanti), va comunque sottolineato il forte ruolo moltiplicatore della guerra nella
costruzione degli Stati durante l'intera età moderna (formula «warfare State»).
Monarchia: la prima età moderna vede in Europa l'affermazione delle monarchie occidentali, basate sul principio
dinastico e tendenti alla centralizzazione del potere. Monarchia non è però sinonimo di organizzazione efficiente e
«assoluta» (come abbiamo visto i sovrani devono fare i conti con altri poteri e non hanno strumenti di controllo
capillari sul territorio). Esistono inoltre - soprattutto nell'Europa orientale - monarchie fragili. È il caso - ad esempio -
del regno di Polonia, dove dal 1572 il trono si trasmetterà non per via ereditaria/dinastica, ma elettiva. Il sovrano
resterà qui una figura debole, in quanto condizionata dalle richieste e dalla volontà degli elettori, i membri della
nobiltà feudale.
Repubblica: nell'Europa della prima età moderna si governano a repubblica diverse città libere dell'area germanica, i
cantoni svizzeri, alcuni Stati italiani. Nella repubblica - forma istituzionale rinata nel Medioevo comunale - i
governanti venivano eletti alle cariche, per lo più collegiali, da un corpo di votanti che comprendeva una parte della
popolazione maschile (il diritto di voto e l'eleggibilità si legavano a requisiti patrimoniali minimi, all'esercizio di
determinate attività economiche o alla continuata residenza in città). L'élite politica che si era così venuta formando
aveva poi definito criteri più rigidi per l'accesso alle cariche, costituendosi in patriziato (un'aristocrazia urbana che
non aveva la sua base in un feudo, ma nella partecipazione al governo della città). Se è vero che gli Stati europei retti
a repubblica perderanno via via la loro importanza politica tra ‘500 e '600, va ricordato che una nuova repubblica - le
Province Unite d'Olanda - nascerà nel 1579, dalla secessione delle sette province settentrionali dei Paesi Bassi - una
delle aree più avanzate d' Europa - contro il dominio spagnolo.
Impero: Diverse anche le realtà politiche cui ci riferiamo con il termine 'impero'. Se l'Impero germanico, nella sua
valenza di autorità universale, va incontro nell'età moderna a un graduale tramonto, altre entità politiche con lo stesso
nome si affacciano sulla scena europea con grande forza e capacità espansiva. I sovrani della Russia si intitolano czar
(dal latino caesar, appellativo riservato agli imperatori romani) a partire dal 1493 (Ivan III, 1462-1505). Rivendicano
così al tempo stesso la propria volontà autocratica e la continuità con l'Impero romano, dopo la caduta di
Costantinopoli nel 1453.
Un'altra potente realtà statale, che viene designata come «impero», è il dominio ottomano (dal 1453 la capitale è
Costantinopoli, che diventa Istanbul).
Per Lutero l'uomo non ottiene la salvezza in virtù delle sue opere, ma della sola grazia divina e del rapporto diretto
con Dio ("sacerdozio universale", lettura individuale della Bibbia, riduzione dei sacramenti a due: battesimo e cena,
gli unici attestati nella Scrittura).
La rivolta di Lutero contro la Chiesa di Roma determinò la fine dell'unità cristiana e l'origine di nuove confessioni
religiose cristiane in Europa.
Nel 1530 la Confessio, Augustana (professione di fede luterana), viene respinta dalla Dieta imperiale. I principi
luterani rispondono con una "protesta" (da cui il termine "protestante") e stipulano lo stesso anno la lega di Smalcalda.
Nel 1541 a Ratisbona fallisce un tentativo di conciliazione sul piano delle dottrine tra luterani e cattolici e riprende la
guerra tra l’imperatore e i principi protestanti.
Dopo la vittoria imperiale a Mühlberg (1547), il conflitto si rinnova nel 1551, a seguito dell'alleanza del nuovo re di
Francia Enrico Il con i nemici di Carlo V, i principi protestanti e i Turchi.
La pace di Augusta (1555) riconoscerà l'esistenza nei territori dell'Impero di due fedi religiose, cattolica e luterana,
stabilendo che queste potranno convivere nelle città imperiali, mentre nei principati territoriali la religione dei sudditi
sarebbe stata quella del principe (cuius regio ius religio).
Si trattava di una soluzione al conflitto religioso basata sulla divisione territoriale, lontana dal principio della libertà di
coscienza, che pure era stato premessa della rivolta di Lutero contro la chiesa romana e della sua elaborazione
teologica.
Tale soluzione ai problemi politico-religiosi della Germania non sarà di facile applicazione né definitiva e verrà messa
in crisi dal diffondersi del calvinismo nei territori tedeschi.
Tra il 1523 e il '25, per opera di Ulrich Zwingli (ritratto qui accanto), la Riforma è introdotta a Zurigo e si diffonde
quindi a Basilea, a Berna e in altre città svizzere. Nella dimensione della città-stato repubblicana si realizza una
peculiare convergenza tra potere civile e religioso.
Nel 1531 Zwingli muore a Kappel durante uno scontro con le truppe dei cantoni rimasti cattolici. Non è riuscito ad
assicurarsi l'appoggio dei luterani tedeschi a seguito di dissensi sul problema teologico dell'eucarestia (per Zwingli
l'eucarestia è semplice rievocazione simbolica del sacrificio di Cristo e non trasformazione della sostanza del pane nel
suo corpo).
Anche la Svizzera si avvia a questo punto verso la convivenza di due fedi diverse, secondo una divisione che è
rimasta grosso modo invariata nei secoli successivi.
Zwingli discute pubblicamente con altri teologi. Aspetto caratteristico della Riforma nelle città fu la grande ondata di
dibattiti pubblici su temi religiosi e dottrinali, che coinvolse ampiamente la
società.
L'eredità della Riforma cittadina svizzera e tedesca è portata avanti a Ginevra dal francese Giovanni Calvino (1509-
1564; un celebre ritratto è qui a fianco).
Calvino rielabora la teologia luterana, sviluppando le dottrine della predestinazione e dell'elezione, la disciplina
morale, il ruolo dell'autorità civile nella realizzazione di un
ordine voluto da Dio.
Dal 1541 Calvino instaura a Ginevra un'organizzazione ecclesiastica che ha al suo vertice il Concistoro, composto di
magistrati responsabili del governo della città e di pastori, uomini che affiancano alla vita lavorativa e familiare la
predicazione e la cura del culto (non costituiscono un clero). La struttura della comunità calvinista fonde potere civile
e religioso e mira a tutelare 'ortodossia (il rispetto delle regole dottrinali e comportamentali stabilite) attraverso un
ferreo controllo sulla vita collettiva.
Il calvinismo fu la confessione protestante dotata di maggiore dinamismo e più ampiamente diffusa in Europa.
Enrico VIII Tudor, che si è visto rifiutare dal papa l'annullamento del matrimonio con Caterina d'Aragona, fa
approvare lo scioglimento nel 1529 dal Parlamento. Questo ratificherà, negli anni successivi, la rottura di ogni vincolo
con la Chiesa di Roma e, nel 1534, l'atto di supremazia, che
dichiara il sovrano capo supremo della Chiesa inglese. Seguiranno la chiusura dei conventi e l'incameramento dei loro
beni da parte del demanio regio.
Solo con l'inizio del regno di Edoardo VI (1547) su uno scisma dettato da ragioni politiche
'innesteranno opzioni religiose di matrice calvinista (introduzione del libro delle preghiere comuni'; abolizione del
celibato ecclesiastico e dei sacramenti, tranne battesimo ed eucarestia.
Si delinea così il carattere dell'anglicanesimo, come compromesso tra elementi cattolici nell'organizzazione
ecclesiastica (mantenimento di parroci e vescovi, con il sovrano al vertice della gerarchia) e calvinisti nella dottrina
(predestinazione ed elezione).
Alla fine degli anni cinquanta anche in Scozia la religione dominante diventa il calvinismo. L'Irlanda, cattolica,
subisce, dopo la riforma anglicana, le pressioni inglesi (ai cattolici irlandesi vengono espropriate le terre a vantaggio
di coloni inglesi e scozzesi).
- 1553-1558 drammatica parentesi con Maria la Cattolica, che tenta di riportare il
cattolicesimo in Inghilterra
In Svezia (1527-1544) e in Danimarca (1536) il luteranesimo diventa religione di Stato per iniziativa dei sovrani, che
depongono i vescovi e secolarizzano i beni ecclesiastici.
Nel 1525 l'ultimo Gran Maestro dell'ordine teutonico, il margravio Alberto di Brandeburgo, si converti al
luteranesimo, trasformando la Prussia in un ducato ereditario, vassallo del regno di Polonia. Nel 1561 il suo esempio
fu seguito dal capo dell'Ordine per la Livonia.
Ma la critica umanistica alla religiosità esteriore promossa da un clero ignorante e inadeguato ai suoi compiti
spirituali (larga circolazione in Italia delle opere di Erasmo da Rotterdam) e il messaggio penitenziale-profetico di
Girolamo Savonarola e di altri predicatori diffondono anche in Italia esigenze di rinnovamento della vita religiosa e di
riforma della Chiesa, condivise da membri della stessa gerarchia ecclesiastica (cardinali, vescovi, monaci e frati).
Nel quadro delle incertezze, delle sofferenze, delle rovine portate dalle guerre d'Italia si diffondono nella penisola, a
partire dagli anni venti del '500, le idee della Riforma, che trovano seguito - a partire dalle aree di confine - presso un
po' tutti gli strati sociali, senza però che il dissenso religioso (spesso difficilmente catalogabile dal punto di vista
confessionale) trovi un'organizzazione coerente e sostegni politici concreti.
Mentre le speranze di rinnovamento della Chiesa e i progetti di convocazione di un concilio ecumenico stentano a
dare frutti concreti, nel 1542 viene istituita la congregazione romana del Sant'Uffizio (Inquisizione), per dirigere e
coordinare da Roma la repressione del dissenso religioso. Si tratta di una svolta importante, che segna il tramonto
delle speranze di riunificazione della cristianità, l'inizio della persecuzione degli «eretici» italiani e l'avvio della
Controriforma. La Chiesa si dota di un potente strumento di contrasto alle forze di opposizione (anche quelle che
crescono al suo interno: tra coloro che saranno inquisiti dal tribunale romano ci saranno anche cardinali e vescovi)
Uno strumento che resterà in vita molto a lungo e che non è del tutto scomparso ancora oggi (nel 1965 l'Inquisizione
ha cambiato nome, assumendo quello di Congregazione per la dottrina della fede).
L'Inquisizione romana operò principalmente in Italia, dove riuscì a dotarsi di una rete di tribunali periferici, la cui
azione contribuì a eliminare i focolai protestanti. I principi italiani temevano gli effetti sul piano politico dell' «eresia»
e, pur tra resistenze (soprattutto da parte di Venezia), accolsero i nuovi tribunali. L'Inquisizione non sarà invece
ammessa in Francia, nelle aree dell'Impero germanico e in Spagna (qui sarà l'Inquisizione spagnola, diretta dalla
Corona, a contrastare duramente il dissenso religioso).
Tra gli anni venti e trenta del '500 la Chiesa aveva compiuto uno sforzo di rinnovamento interno. Erano nate così
nuove congregazioni religiose, maschili e femminili: i teatini, i cappuccini, i barnabiti, i somaschi, i gesuiti (e un
nuovo ordine femminile come le orsoline). Questi ordini s'impegneranno nella società con la predicazione, con
l'assistenza a poveri e orfani, con l'insegnamento e con le missioni (condotte tanto nelle terre lontane del Nuovo
Mondo che nelle campagne del continente europeo). Diventeranno quindi una nuova forza fedele al papato della
Controriforma. Di particolare importanza sarà il ruolo dei gesuiti. Con i loro collegi - diffusi in tutto il mondo - i
gesuiti supporteranno tra l'altro la riconquista cattolica nelle aree di frontiera confessionale dell'Europa centro-
orientale.
La riunione di un concilio (un'assemblea dei vescovi della cristianità) fu auspicata dai fautori di una riforma della
Chiesa e sollecitata dall'imperatore, per ricomporre la frattura tra cattolici e luterani. Il concilio venne però aperto, a
Trento, con grande ritardo (1545), quando le possibilità di una pacificazione religiosa erano ormai consumate. In
seguito il concilio fu ripetutamente interrotto; si chiuse alcuni anni dopo che la rottura tra cattolici e protestanti era
diventata definitiva (la pace di Augusta nel 1555 aveva stabilito la coesistenza di cattolici e luterani nell'Impero.
Nelle sessioni finali del concilio di Trento (gennaio 1562-dicembre 1563) vennero integralmente confermati il
patrimonio dogmatico della Chiesa di Roma, il ruolo centrale del clero e il primato pontificio. Furono inoltre stabilite
norme disciplinari per la vita ecclesiastica: ai vescovi fu fatto obbligo di risiedere nelle loro diocesi e di istituire
seminari per la formazione del clero. Tali provvedimenti troveranno però applicazione solo lentamente. Ai parroci
vennero affidate l'istruzione del popolo nel catechismo e la tenuta dei registri parrocchiali di battesimo, matrimonio e
sepoltura (li abbiamo presentati in una precedente parte del corso come fonti per la storia della popolazione). Nel
1564 verrà emanato l'indice tridentino dei libri proibiti.
Come l'operato dell'Inquisizione romana, anche la validità dell'indice sarà limitata all'ambito degli Stati italiani.
L'indice, un elenco – periodicamente aggiornato da un'apposita congregazione romana - dei libri condannati dalla
Chiesa e la cui lettura era vietata ai cattolici, non comprendeva solo le opere dei teologi della Riforma, ma anche gli
scritti di autori protestanti non riguardanti temi religiosi, opere letterarie o storiche considerate immorali o irriverenti
nei confronti del clero e della Chiesa, tra le quali gli scritti di Machiavelli e l'intera produzione di Erasmo da
Rotterdam (dopo la fine dell'emergenza ereticale anche molte opere filosofiche e scientifiche: il caso forse più noto è
quello del Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo di Galilei, posto all'indice nel 1633).
Per valutare meglio la complessità religiosa e politico-religiosa) raggiunta dall'Europa nel corso del '500, va ricordata
anche la presenza nel continente della confessione greco-ortodossa, nata dal precedente scisma interno alla cristianità,
tra chiesa di rito latino (che riconosceva il proprio capo spirituale nel papa di Roma e chiesa cristiana ortodossa
(1054).
Come abbiamo ricordato in un cenno precedente (parlando dell'impero russo), lo scisma aveva dato luogo a chiese
autocefale territoriali, facenti capo ai vari patriarcati orientali, cui si era aggiunta appunto la chiesa russa (1500), sotto
il controllo dello zar.
La chiusura ai contatti con l'Occidente e il rifiuto del latino, lingua prevalente nella comunicazione culturale in
occidente fino alle soglie del '700, determinò l'immobilismo delle chiese ortodosse.
Dopo l'espulsione dalla Spagna (1492) e quindi dall'intera penisola iberica, gli ebrei fuggirono
verso l'Impero ottomano, i Paesi bassi e l'Italia centro-settentrionale, dove si unirono alle
comunità preesistenti. Diverse città italiane li accolsero, consentendo loro di aprire banchi di prestito, imponendo
loro di portare un segno distintivo e di vivere in quartieri separati (ghetto
di Venezia, 1516; seguì l'istituzione dei ghetti di Roma, Ancona e Ferrara).
Gli ebrei, sottoposti a queste discriminazioni e a un controllo più stretto da parte della Chiesa
cattolica e degli Stati, furono in certo senso più protetti rispetto al periodo precedente.
Condizioni d'insicurezza maggiore gli ebrei sperimentarono nelle città tedesche protestanti,
dove si alternarono espulsioni e riammissioni.
Nel '600 e nel '700, pur nel perdurare di motivi e stereotipi antiebraici, si sviluppò un'integrazione
di fatto delle comunità nei vari contesti europei.
Le comunità crebbero notevolmente di consistenza soprattutto nell'Europa orientale.
L'età dell'emancipazione giuridica fu aperta dalla «patente di tolleranza» dell'imperatore d'Austria Giuseppe Il (1781).