Sei sulla pagina 1di 10

L’illuminismo

2/03/21

Kant la definisce l’uscita dallo stato di minorità e la termina con sapere aude ed è l’uscita da quello stato di
soggezione che ci rendeva l’auctoritas.

Il sapere del periodo medievale a quello settecentesco, nel medioevo si basava sull’autorità e
nell’umanesimo si basava sulla cultura classica.

Si trattava di usare la propria ragione poiché ognuno usandola può giungere ad una verità non basandosi
sui concetti di un’autorità precostruita.

Determina quindi una cancellazione di quello che era stato il sapere fino ad ora, si può spiegare attraverso
due metafore efficaci: il sapere fino a quel momento era ottembrato dall’oscurità, mentre in questo
periodo questi filosofi illuminati potevano esprimere tanta luce.

La novità barocca è pertanto una realtà superficiale che non va ad indagare i perché, l’illuminismo
semplicemente parlando, nasce da una vera e propria reazione da parte di un intellettualità francese. Non
per niente luigi XIV applica il concetto di ritorno al classicismo, è uno degli elementi fondanti del classicismo
diverso da quello umanistico rinascimentale.

Il 600 grazie alla conoscenza di tipo scientifico aveva dato gli strumenti ad una conoscenza che permetteva
di essere svincolata dalla realtà, ma questo metodo era stato estremamente limitato ad un sapere teorico
scientifico, prende quell’intuizione dello scientismo seicentesco per adottarlo ad ogni conoscenza di tipo
sociale psicologico, letterario di ogni sapere, cioè tutta la realtà sociale, deve adottare quel metodo
filosofico che era stato delegato alla scienza che potremmo definire sperimenta. Se tutta la realtà diventa
analizzabile, non esiste più una differenza tra il mondo del sapere umano, essendo una la regina del sapere
umano (la ragione) che permette l’uso della capacità razionale, posso vedere tutto attraverso essa, dalla
poesia fino all’arte meccanica, dando a questa per la prima volta la dignità di conoscenza, per cui tutto è
sapere, dalla costruzione di un tavolo alla realizzazione di un brano poetico, perché tutte queste cose qui
sono determinate dalla capacità dell’uomo di usare la propria ragione.

Uno dei limiti della nostra cultura è la sottovalutazione del spere meccanico, mentre questi considerano il
sapere meccanico frutto della mente umana e lo mettono quindi al pari dell’altro sapere umano.

Il sapere deve diventare un sapere assoluto.

A partire dalla posizione dei grandi filosofi scientifici seicenteschi, il loro sapere era stato relegato in un
sapere o astronomico o scientifico, galilei non ha mai parlato di scienze umana, per questo gli illuministi
riprendono il metodo galileiano, riprendono il metodo della struttura di questo metodo e lo riportano in
ogni conoscenza, tutto il sapere diventa un sapere che in qualche modo abbia come linea guida la capacità
razionale. Questa torna quasi a una ripresa classica poiché si ha una rottura barocca del classicismo che
aveva dato vita a quello che loro considerano il cattivo gusto (il barocco), in cui l’eccesso aveva rovinato
quell’armonia che invece prevaleva all’interno del concetto classico, cioè la ragione invita l’uomo a
osservare la bellezza nella proporzione delle forme, dove viene rotta nell’estetica barocca che porta quindi
al cattivo gusto.

La grande differenza con il classicismo umanistico rinascimentale, è che quello illuminista utilizza l’involucro
classico, inserendolo con contenuti nuovi e contemporanei.

In quello umanistico rinascimentale era un voler imitare i grandi classici, veniva cancellata la cultura
dantesca e medievale e veniva ripresa l’eleganza quattrocentesca del classico come forma aristocratica del
conoscere, invece nel settecento il classico viene preso per cancellare il barocco e riprende il buon gusto
classico e lo riempie di contenuti moderni.

I motivi per cui avvien tutto questo possiamo dire che sono: la rivoluzione inglese e la rivoluzione francese.
e in mezzo a questi c’è la rivoluzione americana che mostra come usando la ragione si possa cambiare la
società politicamente, mostrando agli intellettuali francesi che ciò che teorizzavano sarebbe potuto
diventare pratica.

In questi 100 anni, tutto ciò che si era preparato arriva a conclusione, nel senso che il miglioramento
scientifico aveva allargato e aveva dato vita a uno sviluppo demografico tale che aveva provocato una
nuova concezione dell’agricoltura, non più estensiva ma intensiva, la grande capacità inglese di saper
sfruttare la ricchezza ottenuta attraverso le sue colonie aveva provocato un surplus che ha permesso alla
manifattura inglese di svilupparsi e di dar vita alle prime forme di “industrializzazione”.

Ciò porta la storia a cambiare due prospettive che sono quelle dell’aristocrazia e il contadino rispetto a
questa nuova realtà del padrone e operaio.

l’aumento delle nascita e lo sviluppo dell’economia porterà anche alla nascita degli imprenditori.

Ed è chiaro che costui ha bisogno di un Robinson Crusoe, che è infatti la metafora dell’imprenditore, che
arriva sull’isola deserta in cui non c’è nulla e riesce a trasformare il paesaggio, e con Venerdì troviamo il
concetto di colonizzazione. Diventa quindi metafora dell’uomo che si costruisce una nuova identità.

Se l’Inghilterra attraverso al rivoluzione francese dà vita a una cultura pragmatica, a teorizzare l’illuminismo
sarà la Francia e non l’Inghilterra, che attraverso luigi XIV aveva già elaborato un concetto di classico della
cultura, quindi aveva già elaborato un sistema di una cultura che non fosse barocca ma che si basasse sulla
chiarezza del pensiero, quindi una concezione classica, senza che questa diventasse politica, come lo sarà in
questo periodo.

Gli intellettuali, non potendo mettere in pratica l’opera, riescono a teorizzarla e a dare vita a un pensiero
che va al di là di quello che poteva poi essere sviluppato in maniera pratica, riuscendo a determinare dei
capi saldi incredibili della cultura che sono: il deismo a livello religioso, a livello sociale il cosmopolitismo, a
livello culturale l’antistoricismo e a livello politico la monarchia costituzionale.

- Deismo: si definisce con questo termine la necessità naturale di credere a qualcuno di superiore,
tuttavia quello che non è razionale è la creazione di riti, feste e credenze che ne determinano le
diversità. Se non ci fosse una ritualizzazione, nessuno metterebbe la sua religione al di sopra di un
altro perché tutti arriviamo alla credenza di un essere superiore, ovvero Dio.
Quindi il deismo è la credenza a un essere superiore attraverso un pensiero di tipo naturale
(considerato tale perché nato nell’uomo).
- Il cosmopolitismo: tutti gli uomini sono dotati di ragione, tutti gli uomini nell’essere creati possono
avere uno sviluppo intellettuale, non esistono uomini che non erano in grado di utilizzare la propria
ragione. Pertanto il cosmopolitismo è la capacità di guardare l’altro attraverso al tolleranza affinché
si possa di dire che l’altro sia uguale a me, non esistono quindi popolazioni di serie a e serie b.
- L’antistoricismo: se guardi la realtà con gli occhi della ragione, devi rifiutare il metodo conoscitivo di
tutta la cultura precedente, quindi la consapevolezza che al storia debba essere rifondata su nuove
basi, guardando solo alla realtà e facendo si che ci sia un idea di miglioramento per l’uomo, è quindi
quel metodo attraverso cui si rifiuta un modo di guardare la realtà che non è figlio della ragione.
- Il costituzionalismo: è il modo in cui gli illuministi francesi guardano con estremo interesse
l’esperimento inglese, ovvero la decapitazione del re, è quindi la nascita di una teoria politica che
non uccide il concetto di monarchia ma vuole limitarne i poteri e per esempio Montesquieu divide
in potere legislativo, giudiziario ed esecutivo.
4/03/2021

Nasce in questo periodo il concetto di grandtour, questo faceva parte dell’educazione dei filgi della nobiltà
europea, il cui compito era quello di diventare grandi attraverso la circolazione nelle classi europea. Uno dei
luoghi prescelti era l’Italia, che mostrava l’intellettualità europea, vestigie antiche, splendide città…

Tali giri facevano si che ci fosse una circolazione tale delle idee che diede vita alla nascita del concetto di
tolleranza che si sposa perfettamente con quello di cosmopolitismo, che diventava fondamentale per la
crescita e per quella idea tipica dell’illuminismo secondo cui il sapere era un sapere infinito e progressivo,
ciò che portava a una conoscenza completamente nuova. Vi era infatti un grandissimo senso di fiducia
verso il futuro, e a questa fiducia corrispondeva anche la capacità dell’ascolto e dello scambio. Ci fu infatti la
nascita del giornale, i quali erano di tipo morale/geografico, in cui insegnavano i modi di vivere dlele
popolazioni e facevano conoscere luoghi i quali molte persone non potevano raggiungere.

I caffè erano dei luoghi in cui si incontravano gli intellettuali.

Un altro concetto fondamentale dell’illuminismo è sicuramente anche il cambiamento dello status


intellettuale, troviamo ora un intellettuale il quale ha come compito di farsi conoscere da un pubblico
preciso e ricevere da esso una gratificazione economica cosi da fare dell’intellettuale un mestiere. Ciò pero
non avviene in Italia, o se avviene, avviene in maniera ridotta, questo è determinato dalla mancanza di un
vero e proprio pubblico, è pur vero però che Milano si distacca dal resto della penisola ma è anche vero che
il resto non riesce a staccarsi da quella ideologia secondo cui la letteratura o il lavoro intellettuale deve
essere premiato o non pagato, per cui per gli intellettuali italiani serve più come prestigio. È vero anche che
i nostri più grandi illuministi sono persone le quali danno un nuovo compito alla letteratura, ma se dovessi
parlare di loro parlerei ancora di provenienza dalla classe nobile.

Adesso i luoghi dove gli intellettuali si incontravano erano appunto i caffe, in cui si trovavano le gazzette che
venivano commentate e attraverso lo scambio di idee nascevano nuove opinioni. In Italia però questo,
eccetto per Milano, avvenne con molta più difficoltà.

In italia riuscirono a sviarsi dal potere centrale ma in un modo diverso, con le accademie, che diventavano
luoghi in cui gli intellettuali si incontravano. Le accademie davano una sensazione di unità, possiamo quindi
parlare di una coscienza di letteratura italiana. Una grandissima importanza che ebbe l’accademia in Italia
(arcadia) è di ordine linguistico. Il problema della lingua diventa importante in questo periodo della
letteratura, e sarà uno dei temi fondamentali per Manzoni.

Gli intellettuali italiani si rendono conto che quello che manca in Italia è una spinta che dia l’input per
un’uniformità linguistica, e questo diventa un problema importante perché il compito dell’illuminismo era
quello di comunicare al pubblico, serviva quindi una lingua condivisa. Il compito dell’Arcadia fu quello di
creare delle vere e proprie colonie che avevano da nord a sud dell’Italia, uno stesso progetto, e questo
determinò una uniformità che ci ha permesso di cominciare a parlare di letteratura italiana, è evidente che
si tratta di una normalizzazione rispetto alla varietà linguistica barocca.

Immediatamente dopo, ci troviamo con il movimento dell’Arcadia, il cui nome deriva da Cristina di Svevia,
la quale era scesa in Italia e in quanto cattolica era andata a Roma e incontrandosi con degli intellettuali
disse che le sembrava di stare in Arcadia.

Questi intellettuali che provenivano da tutta Italia, si incontrano e si danno nomi di pastori e scrivono
poesia senza un grande contenuto morale o intimo ma semplicemente rifacendosi alla poesia bucolica
virgiliana e all’arcadia di Sannazzaro, per cui i temi erano fragili. rifiutando il cattivo gusto barocco propone
un tessuto linguistico depurato dagli eccessi e che ritorni a un classicismo di tipo latino umanistico
rinascimentale. Questo tipo di poesia nasce all’interno di un élite di persone di cui la poesia è solo un
contorno di una società che vuole essere distinta.
Gli uomini che dedicano poesie alle signore si richiama un mondo ideale attraverso le cui descrizioni
raccontano metaforicamente delle bellezze delle donne, dei loro sentimenti. La differenza che troviamo con
il barocco è determinata da poesia leggiadra ma non da poesia magniloquente di argomenti qualche volta
anche lascivi il cui fine è quello di stupire. La donna elegante di questi nuovi poeti non vuole essere stupita
ma omaggiata e per far ciò bisogna lavorare sulla lingua, che risulterà elegante, e sarà grazie a questo che ci
sarà una ripulitura linguistica. E soltanto quando riesci a ripulire questo tessuto linguistico puoi allora
iniziare a mettere dei contenuti

5/03/21

Autori italiani illuministi

Alcune realtà che non avranno un vero e proprio contatto con la cultura illuminista (chiesa, sabaudi,
Venezia).

Mentre le altre realtà in cui si applica sono Milano Firenze Napoli

Possiamo individuare delle differenze tra loro, in toscana non si scrive e si opera, a Napoli si scrive e non si
opera e a Milano si scrive e si opera. Succede che l’illuminismo italiano, quello non letterario, collabora con
il potere politico attraverso quel periodo storico di assolutismo illuminato, il cambiamento avvenuto in
Lombardia, con la presenza Austria, e in toscana, con l’arrivo di Carlo terzo di Borbone, promuovendo una
forma di potere politico frammentario in mano ai nobili per poterlo regolare con un tipo di poetica
accentrata. L’Italia era estremamente arretrata a livello politico, l’Italia del 600 aveva lasciato enormi
difficoltà determinate da un potere politico fortemente legato al sistema feudale, vi era una vera e propria
frammentazione di un potere politico, la spagna governava Milano attraverso un governatore ma non aveva
rimodernato le sue strutture economiche politiche. Quando arrivò l’Austria prese in mano tutta questa
situazione, non avendo ancora una borghesia a cui rivolgersi si è accordata con gli intellettuali per rifondare
lo stato. Infatti questi intellettuali scrivevano opere di valore politico sociale.

In toscana invece, gli intellettuali vengono presi immediatamente, pertanto non hanno bisogno di scrivere
perché collaborano con il potere per il miglioramento, non è un caso che sarà la toscana di Leopoldo ad
abolire per la prima volta in Italia la pena di morte.

Con Carlo terzo inizia una stagione di volontà riformistica, grazie anche a opere importanti, a Napoli non vi
è l’affermazione di tale politica a causa di una fortissima resistenza da parte della nobiltà meridionale, che
aveva troppi interessi affinché qualcosa potesse cambiare, un abbruttimento culturale per quanto riguarda
la popolazione, quasi l’inesistenza di una classe media. Per cui a Napoli si scrive molto e si opera poco.

Di tutto questo, le cose fondamentali che bisogna leggere sono quelle milanesi riguardo la pubblicazione de
“il caffe”. Questo è il primo giornale in cui collaborano i fratelli Verri, a cui collaborano anche varie figure
intellettuali milanesi. Nella prima pagina del caffe leggiamo cose dirette alla pubblica libertà. È una filosofia
che va ad analizzare i problemi economici e sociali, guidata dal buon senso comune.

Nella seconda pagina, leggiamo del concetto linguistico, essendo una lingua che deve comunicare deve
descrivere una realtà, per cui non vanno alla ricerca della parola bella ma di quella utile, che chiarisce il
concetto. Per cui non si pongono nessun limite per l’utilizzo di parole straniere se presenti nella lingua
italiana. Diventa un linguaggio in cui predomina l’utilità all’estetica. In secondo luogo tale volontà è dettata
anche dalla nuova forma che essi stanno proponendo, questa nuova forma è quella del giornale.

Un altro elemento fondamentale è quello della importazione inglese, gli intellettuali milanesi, vogliono che
il despectator inglese diventi il nostro caffe. Altro elemento è quello di far cosa utile ma anche di far
passare delle ore piacevoli.

Il caffe è appunto uno di quei luoghi di cultura in cui discutevano i vari intellettuali.
Carlo Goldoni
Egli non utilizzò la commedia come genere minore rispetto alla sua produzione, ma ne fece quello
principale. Egli è il più importante commediografo italiano assieme a Pirandello, e ciò lo notiamo già dalla
sua attuale rappresentazione nei teatri. La sua voce è rimasta nel tempo grazie anche alla riforma attuata
nella commedia. La sua importanza è duplice: - Sullo statuto dell’intellettuale - Egli è il primo in Europa a
parlare di teatro borghese. Nacque a Venezia da una famiglia borghese nel 1707. La sua prima educazione
avvenne in maniera disordinata, alla luce degli spostamenti paterni. Inizia studiando filosofia, per poi
passare a giurisprudenza. La sua vera passione è però il teatro. Si dice che egli si sia innamorato del teatro,
quando nella sua casa venne rappresentata una piccola scena con dei burattini. Egli cominciò a legger tutto
ciò che venne scritto nel teatro classico, ottenendo una visione generale di questo mondo. Egli si trova di
fronte a una situazione teatrale critica, quella della commedia dell’arte. La commedia dell’arte aveva subito
un declino che l’aveva resa volgare. Essendo la commedia dell’arte una dell’attore, e basandosi su un
caravaccio e non su un copione, succedeva che, per ottenere consensi, gli attori calcassero su atteggiamenti
“lascivì” che divertivano il pubblico. Venne perso quindi il concetto dell’arte pedagogica. Goldoni, quando
pensa alla riforma, deve pensare pure agli spettatori del teatro. Goldoni deve rispettare e prendere in
considerazione le aspettative del pubblico. Tale considerazione è importante perché Egli è il primo a non
essere garantito da una corte. Egli è il primo che, in maniera consapevole, fa della sua operazione
intellettuale un lavoro. Egli cambia così lo statuto dell’intellettuale, In lui non si vede più una linearità di
progetto, ma una situazione di incoerenza determinata dal fatto che le opere fossero strutturate sulla base
del volere del pubblico. Il fatto che lui abbia studiato giurisprudenza gli permise di conoscere l’umanità. La
riforma del teatro prende il nome di Mondo e Teatro. Mettere il mondo come oggetto del teatro, vuol dire
fare della commedia una fortemente mimetica. Egli prende parte del mondo che conosceva e fa si che tale
mondo si trasformi in rappresentazione teatrale. Il mondo non è altro che una realtà reappresentata dalle
persone, ognuna delle quali può diventare protagonista di una rappresentazione teatrale. Non si parla più
di stereotipi, ma dei singoli individui. La molteplicità del suo teatro, e la sua grandezza, fanno si che egli
rappresenti una realtà vastissima. Venne paragonato a un teatro “boccacciano”, inteso come le novelle di
Boccaccio diano l’idea della totalità del genere umano. Importante fu la città di Venezia: Motivo politico.
Venezia vive un periodo che precede il Trattato di Campoformio, dove vi è un’esplosione di una voglia di
rappresentazione. I teatri erano sempre pieni e si contendevano gli spettatori. Questo teatro era formato
sia dal popolo che dall’aristocrazia. Il popolo in piedi, gli aristocratici nella platea. - Il teatro era diventato un
luogo di incontro per le persone, di socialità. Nasce un dibattito su come dev’essere il teatro. La riforma
goldoniana innesta una guerra fra gli autori. Se Goldoni rappresentava una riforma che chiama pubblico, il
teatro vicino si inventava qualcosa per rubare il pubblico, e così via. - - La fondazione del teatro di carattere.
Goldoni scrisse solo il copione del protagonista. L’attore deve cambiare metodo di lavoro, per imparare il
copione a memoria. Affinché ciò sia possibile, Goldoni da all’attore un copione costruito su di lui, in modo
che egli reciti in modo più naturale. Vengono prese le caratteristiche dell’attore e ci si costruisce un
personaggio verosimile. Egli fa della commedia un’opera letteraria. Egli non scrive solo commedie, ma le
pubblicherà. Goldoni chiede un riconoscimento che si lega a quel concetto per cui l’opera diventa merce. Ed
essendo merce ha un suo prezzo. Il pubblico legge quindi la commedia e se la compra, oltre che
guardandola a teatro. La commedia acquista un valore statico rispetto alla commedia dell’arte. Goldoni si
trova a combattere con Pietro Chiari e Gozzi. Essi parodizzavano il teatro goldoniano e rappresentavano
opere legate alla scenografia, rendendo il lavoro goldoniano uno teso a conservare il pubblico. La sua
Riforma è strutturata in 3 libri: - Teatro Comico - Memoires - Memorie Italiane Esso è un libro metateatrale.
Ossia una commedia che rappresenta degli attori che dovevano fare un’altra commedia. La lingua
goldoniana è triplice: egli lavora attraverso un linguaggio medio, ma spesso caratterizzante degli stessi
personaggi. Usa anche il dialetto e il francese. Quando va in Francia egli è costretto a mettere da parte la
sua Riforma, poiché il pubblico era ancora abituato alla commedia dell’arte.
LA LOCANDIERA Nella Locandiera si rispecchia un’ideologia che descrive una borghesia propositiva, che
mostra la capacità di diventare protagonista della storia. Mirandolina è un’imprenditrice, con affianco
Fabrizio, suo servitore. Ella utilizza la sua femminilità per trarre un guadagno economico. Ella è consapevole
del suo compito: fare soldi. In opposizione a lei, troviamo tre nobili rappresentanti l’aristocrazia, che sta
scomparendo: la nuova nobiltà (acquistata con denaro); la vecchia nobiltà( povera ma discendente da
famiglie importanti); la nobiltà che, pur nella sua normalità, ha il difetto di considerarsi superiore agli altri
(nobiltà a cui tutto è dovuto da parte dei sottoposti). I tre sono, rispettivamente: Conte di Albafiorita;
Marchese di Forlipopoli; Cavaliere di Ripafratta. Nell’ideologia goldoniana, il Conte gioca con il suo denaro,
per conquistare le grazie di Mirandolina. Impersonando l’uomo ricco che utilizza il denaro come arma di
seduzione. Il Marchese, povero, prova a proteggere la donna secondo la concezione antica nobiliare. In
questi due personaggi, Goldoni rappresenta quella che era realmente la nobiltà veneziana. Il cavaliere si
dichiara misogino. Egli non riesce a capire come gli altri due personaggi vogliano sedurre mirandolina, che
era disegnata come non giovane e non bella. Mirandolina vuole quindi “vendicarsi” col cavaliere. Riuscendo
a far si che il cavaliere provi attrazione nei suoi confronti. Qui è evidente come Mirandolina rappresenti la
fiducia goldoniana nella borghesia di opporsi all’aristocrazia, la quale si crede padrone del mondo. È
particolare come in quest’opera tutto avvenga in una stessa circostanze: stessa giornata, azione e luogo. Ciò
può sembrare strano perché non venne mai fatto da nessun commediografo. Goldoni scelse di strutturare
così l’opera in risposta alla confusione della commedia dell’arte. È il dare alla commedia un aspetto che,
oltre che stupire, educhi. L’aspettò pedagogico sta nella riflessione politica e nella moralità che Goldoni
annuncia, che permette al pubblico di capire quanto la commedia rispettasse la borghesia: il matrimonio
borghese di Mirandolina con Fabrizio. LA TRILOGIA DELLA VILLEGGIATURA È un opera composta da tre
libri, legate l’una all altra: - Le smanie della villeggiatura - Le avventure della villeggiatura - Il ritorno dalla
villeggiatura In questa commedia abbiamo un incupimento della visione della realtà. Mentre nella
locandiera abbiamo una fiducia nel futuro. Questa trilogia è come un romanzo. In essa non succede nulla,
essa è un incrocio di storie che avvengono quando ci si allontana dalla situazione quotidiana e si va in villa.
La borghesia si indebita per andare in villeggiatura, cercando di essere più di ciò che è e perdendo i propri
valori, per assumerne altri. La borghesia investe denaro per apparire ciò che non è. L’incupimento sta nel
vedere la borghesia vivere una vita al di sopra della proprie possibilità, perdendo quei valori sottolineati
nella locandiera. Goldoni evidenzia la perdita di valori nell’ultima scena. Essa è negativa: Giacinta si
innamora di Guglielmo, ma grazie a un vecchio si fidanza con Leonardo e abbandona la città. Si parla quindi
di un matrimonio senza amore. Questo finale differisce però da quello della locandiera, dove Mirandolina è
già fidanzata con Fabrizio ed entrambi ci guadagnano qualcosa: lei diventa una donna sistemata e lui
diventa padrone della locanda. Qui lèggiamo la storia di un innamoramento che va a fallire, nella stessa
linea dei Rusteli. Quello della trilogia è un matrimonio di convenienza, senza amore da parte di Giacinta.
Queste commedie rappresentano l’evoluzione del pensiero riguardo la realtà che Goldoni matura rispetto
alla sua città. Colloca le prime due in un altro spazio: un ambiente toscano. LE BARUFFE CHIOZZOTTE Egli
vede la naturalita del popolo, che non ha bisogno di simbologia per apparire. Vive di semplicità. È scritta in
dialetto veneto, in cui egli mostra come possa esistere una semplicità, fuori dalla borghesia. Ma qui non vi è
aderenza, poiché egli è borghese e non riesce ad immedesimarsi in quella classe sociale di cui parla.
Giuseppe Parini
È quello che possiamo considerare l’unico vero illuminista italiano, è quello che meglio rappresenta, sia
meglio di goldoni che di Alfieri quello che noi chiamiamo appunto illuminismo italiano.

Nasce nel 1729 da una famiglia piccolo borghese, il padre era un lavoratore di seta a milano, viene mandato
a studiare in un collegio e mostra buonissime capacità, tanto che una prozia lo aiuta a proseguire gli studi,
alla morte della prozia, nel testamento, questa lascia una piccola rendita finanziaria a parina a patto che egli
diventi sacerdote/abate, pertanto egli prenderà la tonaca e diventerà uno dei tantissimi abati che vivevano
nella Milano illuminata. Esordisce nella poesia scrivendo versi di tipo arcade, tanto che viene inserito
nell’accademia dei trasformati dove egli prenderà il nome di ripano eupirino, ripano è l’anagramma del suo
nome real (Parino) e eupirino è il fiume nel quale egli è nato. Il fatto che egli abbia pubblicato un testo che
glia abbia permesso di entrare in questa accademia (dei trasformati), lo fa entrare nella società, pero
essendo di famiglia povera non può che entrare come precettore.

Questo aspetto dell’accademia è da sottolineare sulla base che i fratelli verri avevano dato vita
all’accademia dei pugni, quella dei trasformati di Parini sarà molto più moderata, che anche se egli aveva
abbracciato la religione cattolica, non venne mai meno al suo compito di cattolico, aderendo sempre ad
esso con molta correttezza e dandogli un aspetto di tipo civile e morale.

Entrò nella famiglia dei Serbelloni all’età di 25 anni come educatore dei figli e vi rimase per 11 anni. Il fatto
che stia lì, ha due risultati contraddittori. Lui è povero e questa famiglia era straricca, da una parte rimane
affascinato dalla loro nobiltà, dall’altra, tutta questa fascinazione verso questo mondo non può non farne
sottolineare il vuoto, come se la nobiltà si riempisse di cose, per cui critica il loro modo di vivere quasi senza
scopo. Quindi da una parte ne ammira le forme e dall’altra ne sottolinea il vuoto.

Sarà proprio questa aristocrazia che lo avvicinerà a una lettura più attenta della modernità

È in questo periodo che comincia a comporre un’opera che verrà letta nell’accademia e inizia a scrivere il
giorno. Poi nel 1762 litiga con la dama poiché questa ha osato schiaffeggiare la figlia del pianista della casa
a suo parere in maniera ingiustificata e pertanto se ne va dai Serbelloni, poiché considera l’atto immorale. È
da sottolineare quindi come la sua moralità rimanga intatta.

Viene però subito chiamato dalla famiglia Imbonati per educare il piccolo Carlo Imbonati, che fu un
personaggio molto importante poiché questo sarà il compagno della madre di Manzoni, che scriverà un
carmen, e tutto questo è indice di come in quel periodo la cultura scrivesse e si parlasse da sola, il che vuol
dire che il cerchio degli intellettuali era talmente stretto che alla fine si incontravano tutti.

Pubblica il giorno e inizialmente lo divide in due opere distinte: il mattino e il mezzogiorno. I suoi rapporti
con i fratelli Verri sono all’inizio un po’ tempestosi, poiché questi non accettano il suo moderatismo che
invece viene apprezzato dal governo austriaco del ducato milanese, che gli assegna un lavoro che gli
permette di vivere e che si evolverà nel lavoro di direttore per le scuole di Brera.

Dopo una collaborazione con Maria Teresa, all’arrivo di Giuseppe secondo (suo figlio), si trova in maggiore
difficoltà, il radicalismo di Giuseppe non si sposa con il suo moderatismo, tutto questo viene in qualche
maniera esacerbato dalla nascita della rivoluzione francese e dal periodo del terrore che vive male.

A lui gli viene chiesto di collaborare con i francesi, non dirà espressamente di no e non fu manco punito
quando tornarono gli austriaci.
Foscolo prese Parini come modello, poiché è diventato un punto riferimento della poesia romantico
risorgimentale, ed è frutto del suo impegno civile, la voglia di scrivere una poesia in cui riportasse i valori
civili al centro del dettato.

La poetica

Sull’utilità della poesia, descrive quella che è una sua concezione, che è determinata dal fatto che non cessa
mai di essere un classico, tuttavia il suo classicismo, che deriva anche dalla sua esperienza arcade, si
illumina di contenuti utili, infatti egli dice che anche se gli chiedessero se la poesia è utile o no egli
risponderebbe che non è fondamentale ma potrebbe essere utile alla società, se ben usata.

Questo concetto viene espresso nell’”Utilità della poesia”, egli afferma che la poesia ci da piacere, tuttavia
se questo non è accompagnato da una capacita di utilità, che è quella morale, poiché questa allontana dal
vizio.

Il compito principale della poesia è quindi quello di moralizzare, questa però la ottengo solo se la poesia è
bella, e così sottolinea la bruttezza e ineleganza della poesia barocca.

Questo concetto viene approfondito nel secondo passo “Lo splendore e il merito degli avi”

Sono rappresentati un nobile e un plebeo e viene sottolineato l’essere nobile e plebeo. Da morti si
scambiano un concetto di uguaglianza e questo ci dice che Parini non crede nella rivoluzione sociale, chiede
piuttosto in una rieducazione. Egli da buon cattolico, secondo il quale la società deve trovare una nuova
formulazione in cui ognuno svolga la propria attività, affinché diventi un anello sociale utile per gli altri. Per
Parini quindi la nobiltà non deve essere cancellata ma rieducata, e questo gli permette di collaborare con
Maria Antonietta.

Parini sarà un grande fisiocratico, che è una teoria economica nella quale si da importanza all’agricoltura,
come profitto netto, rispetto alla merceologia, che invece richiedeva l’acquisto di prodotti rivenduti.
Credeva quindi molto nell’agricoltura.

Le odi pariniane

Quando Parini comincia a scrivere le sue odi civili, le inizia a scrivere sotto il periodo dell’illuminismo.

Si può dire che le odi sono un pre fase, la loro caratterista è che in primo luogo, in qualsiasi periodo noi le
analizziamo, presentano un dettato fortemente classico, che pur rispondendo al concetto razionale di
poesia arcaica, viene utilizzato nelle prime di tipo illuministico accompagnato da termini tipicamente medici
o anche da termini che pur non venendo meno all’aulicità del dettato, presentano argomenti fortemente
critici verso la realtà.

Il fatto che egli, pur nascendo dall’Arcadia, alla fine si distacca dal quel tipo di poetica, in quanto il discorso
che egli fa della poesia, non è più un discorso che fa in maniera arcaica come fuga della realtà, la campagna
diventa un luogo reale, in cui egli sottolinea la sanità morale di fronte alla corruzione della città, ed è qui
che sta il suo moralismo, di fronte alla morale sana e vita malata. La vita malata sta nel discorso politico e si
vede come egli voglia collaborare per migliorare la società, abbandonando l’idea di costruire paludi intorno
alla città.

Le Odi sono il capolavoro di Parini. Le inizia a scrivere sotto l’influenza dell’Illuminismo, poi sotto l’influenza
del potere di Giuseppe (?) e infine sotto l’influenza neoclassica, che saranno importanti per Ugo Foscolo. Le
Odi rispondono inizialmente al modello poetico dell’Arcadia. Poi si distacca da questo modello dove la
visione della campagna che non rimane più il luogo idealizzato vissuto dai pastori insomma un luogo
idilliaco. Ora diventa un luogo reale, in cui egli sottolinea la sana vita dalla campagna di contro alla vita
malata della città. Questo oltre ad essere un discorso morale, è un discorso politico. Egli vuole collaborare
per migliorare la società, dove consiglia di abbondare l’idea di costruire paludi intorno alla città perché esse
danno vita alla malaria, con il proliferare di zanzare che colpiscono soprattutto i calvi. Se a questo si
aggiunge lo sbagliato buttare delle feci umane per strada e poi raccolte all’aperto quindi una situazione
igienica pessima. Di questo ne fa una poesia di stampo classico e quindi unire la bellezza poetica con un
argomento utile. In questo momento siamo in pieno illuminismo.

Già nel polmon capace Il termine “polmone”, termine


medico all’interno di un linguaggio
ricercato, novità.

Augurare che la persona che ha posto le risaie, una pena all’Inferno in cui vive ricoperto da zanzare, è una
citazione esterna a Dante.

Il sensismo Pariniano lo porta anche ad osservare le donne e le loro forme.

La salubrità dell’aria
Va per negletta via
ognor l’util cercando
la calda fantasia,
che sol felice è quando
l’utile unir può al vanto
di lusinghevol canto.

Ultima stanza, fondamentale perché è poetica, e inoltre va per una tematica mai raccontata (negretta)
cercando tuttavia ciò che è socialmente utile a un canto piacevole.

Questa ode rappresenta un ode scritta nel suo periodo illuminista, come si può notare, uno dei limiti che ha
la nostra letteratura dal 600 in poi è questo elemento fortemente neoclassico, che per quanto risulti
moderno non riesce a uscire linguisticamente da una tradizione che poi farà si che il romanzo nasca più
tardi rispetto alle altre parti d’Europa, ce ne da un esempio forte proprio Parini, che non può considerare la
poesia senza un linguaggio fortemente retorico, come se la poesia non possa essere emanata da un
linguaggio. Egli usa una lingua aulica poiché è quella che dura di più nel tempo.

La caduta

Questa è la seconda ode, ed è di tipo moralistico, non si rivolge alla città ma a se stesso, e sarà proprio
questa a fomentare il mito pariniano per il romanticismo, è una poesia fortemente classica nel linguaggio, e
si sposa a parole con la filosofia sensistica del 700, che è quella che basa la realtà sulla capacità dei nostri
sensi di coglierla.

Si coglie anche in questa come nel resto delle sue poesia, il forte classicismo, in quanto come virgilio,
anch’egli metti il verbo alla fine.

È strutturata in tre parti, la prima troviamo parini che cade, la second avediamo l’amico suo che gli consiglia
strumenti per diventare ricco e l’ultima fa si che parini risponda all’invito del soccorritore.

(Sasso avverso: si vede riferimento alla poesia sensista).


La figura del fanciullo fa quasi da tramite tra la prima e la seconda parte, questo bimbo sottolinea la sua
umanità che raccoglie un uomo caduto, riconosciuto in parini, si chiede come mai questa patria così ricca
non lo ricompensa.

La critica afferma che al di la che questa poesia possa essere determinata da un evento reale, qualcuno
ipotizza che quello che salva Parini e lui stesso.

Alla musa

È un ode importante, poiché rappresenta lo sviluppo della produzione pariniana nel momento in cui egli si
rifugia in quella formula di neoclassicismo, secondo il modo con cui il teorico del classicismo aveva
teorizzato. La poesia infatti ci presenta per la prima volta un significato ne civile ne morale. È una poesia di
occasione, un suo amico sta per diventare padre (Febo D’Adda), che era un giovane poeta a cui mandava
dei versi come se fosse suo giudice. Non poté però più farlo in quanto stava diventando padre. Coglie
l’occasione di questa paternità per mandare un ode come dono a questo amico.

Il giorno

È l’opera più importante, mentre nelle opere precedenti viene ribadito il fatto che i lettori fossero attenti al
termine dell’epoca.

Non riuscì a terminarla, lasciò inconcluso il vespro e la notte.

Quello che ci lascia testimonianza

Potrebbero piacerti anche