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L'Europa NON è un continente.

Il principio basilare del di continente, cioè l'isolamento di una


massa terrestre per una porzione consistente di mare, per l'Europa non regge.

L'etimologia della parola Europa è tutt'ora messa in discussione:


1. Greco, dove il termine eurus significa "ampio" e potrebbe richiamare l'immagine di
una donna dal volto largo e bello;
2. l'origine semitica, eref , Europa starebbe ad indicare la sera, quindi l'Occidente →
termine stesso non europeo

Il termine iniziò ad essere usato in due contesti, uno mitologico e uno etnogeografico.
Appare nella mitologia come figlia di Oceano e Teti, oppure come figlia di Fenice. Il racconto
più diffuso è quello del ratto d’Europa. Europa era una principessa Fenicia che venne rapita
da Zeus, il quale aveva preso le sembianze di un toro; venne portata a Creta, dove si unì a
Zeus e generò numerosi figli, tra cui Minosse, il costruttore del famoso labirinto

La sua delimitazione geografica si basa sulla sua precisazione etnografica e politica.


- Erodoto contrapponeva l'Asia, popolata dai "barbari", all'Europa e ai greci.
- Aristotele distingueva tre categorie: quelli che vivevano nelle regioni fredde e quelli
dell'Europa; quindi i popoli dell'Asia e i greci. Tale tripartizione venne confermata da
Tolomeo e dall' Historia naturalis di Plinio il Vecchio.
- All'autorità degli antichi si aggiunse, nei secoli dell'era Cristiana, quella dei padri della
Chiesa che giustificarono i 3 continenti sulla base racconto biblico del diluvio
universale, il fatto che tutte le genti discendessero dai 3 figli di Noè: Sem (Asia), Iafet
(greci=Europa) e Cam (Africa).

Geograficamente l'Europa non ha alcuna unicità. Nell’età medievale e moderna l’idea


geografica d’Europa aveva inglobato nuove terre, e alla vigilia delle grandi scoperte
geografiche i confini dell'Europa apparivano così definiti:
- il Mediterraneo a sud
- l'Atlantico a ovest,
- il mare Artico a nord.
Per molti secoli il problema vero della definizione geografica e culturale dell'Europa è
consistito nel determinare i suoi confini orientali. Soprattutto con l'occidentalizzazione della
Russia promossa dai Romanov, l'idea che il grande paese orientale era incluso nello spazio
europeo comincia a imporsi, ma la questione è irrisolta.
Ma dove finisce quindi l’Europa? Tra Settecento e Ottocento venne escogitata una
soluzione, che prevedeva la separazione della Russia in una parte europea e una asiatica,
sulla base di una linea immaginaria che percorreva il profilo degli Urali. Non ritagliando
alcuna porzione di territorio, più che una barriera gli Urali paiono piuttosto un “pilastro di una
porta”, il varco attraverso il quale sono entrati per millenni i popoli asiatici a rivitalizzare
l’Europa.

L’Europa è dunque un concetto metageografico, un insieme di significati culturali e storici


trasmessi attraverso lo sguardo apparentemente oggettivo della geografia. Questo concetto
si è sviluppato parallelamente all’imposizione della supremazia europea sul pianeta. Basti
pensare che il calendario è sincronizzato sul calcolo europeo del tempo che parte dalla
nascita di Cristo, e che il sistema dei fusi orari parte dal meridiano di Greenwich. Oppure
basta guardare i planisferi in uno, per esempio quello usato da Google Maps, costruito
secondo i principi della proiezione cartografica più nota e diffusa: quella di Mercatore, che
realizzò il primo planisfero del 1500. Queste proiezione proietta una visione del mondo in
maniera piana, e finisce per rappresentare in maniera difforme le terre emerse man mano
che ci si avvicina ai poli. In questo modo, i paesi europei e l’America del Nord risultano più
grandi, mentre quelli attorno all’equatore sono ridimensionati.

La formazione dell’identità culturale e storica dell’Europa è oggetto di idee discordanti tra i


vari studiosi. Per alcuni, è il Medioevo l'epoca in cui si fa strada l'idea d'Europa. Infatti, già
alcuni elementi che si svilupparono nell'Europa medievale contribuirono a dare sostanza
all'idea di un gruppo di popoli e territori con caratteristiche comuni, come per esempio
l’utilizzo del latino come lingua liturgica e colta, oppure la fioritura artistica e culturale del
Rinascimento. L'elemento che più contò per la formazione di una prima coscienza Europea
fu, tuttavia, il cristianesimo, la religione che si irradiò dal bacino del Mediterraneo così tanto
che ad un certo punto christanitas ed Europa divennero termini interscambiabili per indicare
la medesima cosa: un mondo diviso fra cristiani e tutti gli altri, con al centro un’unica autorità
spirituale, quella del Papa di Roma. Si diffuse un insieme omogeneo di culti, come quello dei
santi, e di riti che penetravano nei momenti più intimi della vita quotidiana. Si vennero a
scontrare due soggetti diversi: “l’infedele” e l’eretico.
Dopo la conquista ottomana di Costantinopoli (1453) gli Stati europei dovettero confrontarsi
con uno scomodo vicino insediatosi nei Balcani: la presenza ottomana costituì una sfida che
costrinse i vari stati europei a unirsi sotto la cristianità. Un altro problema, interno al paese,
che portò effetti di disgregazione, ebbe luogo agli inizi del XVI secolo con la diffusione delle
eresie, le quali si rivelarono incontenibili e spaccarono la cristianità. L’identificazione
dell'Europa come credo cristiano entrò in crisi.

Nel frattempo gli europei hanno sperimentato un incontro imprevisto, che ha sconvolto una
certezza biblica di oltre due mila anni: l’incontro con le popolazioni del Nuovo mondo, popolo
di cui la Bibbia non parlava. Sotto il profilo teologico avanzò l’idea che si trattasse delle tribù
d’Israele, di cui si era perduta notizia dopo la schiavitù babilonese.
Le reazioni degli europei all'impatto con l’indo furono differenti, tutte però in qualche modo
coinvolgevano la superiorità della razza bianca europea. Il contatto con questo nuovo
popolo, che si trasformò in un genocidio, aumentò l’autostima e la consapevolezza della
superiorità europea.

Per quanto riguarda l’età moderna, invece, la storia d’Europa può essere descritta come un
susseguirsi quasi ininterrotto di conflitti bellici infra-europei, ai quali non si riuscì a porre
alcun rimedio.
Cominciò a diffondersi un primo abbozzo di idea di un’unità duratura degli stati europei,
alimentata anche da un’idea illuminista: i grandi pensatori dei Lumi offrirono un’idea
ottimistica e attiva dell’Europa come terra fatta di libertà politica ed economica, del governo
delle leggi, di progresso letterario e scientifico. In questo clima ottimista del Settecento iniziò
a riscuotere successo un nuovo valore per cui combattere e morire: la nazione. Inizia a
diffondersi l’idea che l’Europa è una civiltà, cioè un insieme complesso di costumi, vita
intellettuale, avanzamento politico ed economico che può essere definito in termini di
“progresso e sviluppo”.
Di fronte a queste nuove visioni, si sviluppa un’idea di eurocentrismo, concezione che vede
l'Europa come protagonista e centro della storia e della civiltà. E’ una visione della storia
europea che ne ricostruisce il percorso storico solo attraverso una serie di precocità e
successi europei, ignorando le interazioni con gli altri continenti.

La caratteristica principale dell’Europa è dunque la sua diversità interna, l’essere il risultato


di vari popoli e delle relative tradizioni storiche e culturali. La storia linguistica europea ne è
la testimonianza. Le lingue dell’Europa sono ciò che meglio testimoniano la ricchezza e al
contempo la sua diversità: in grande maggioranza sono lingue di origine indoeuropea, ma
esistono anche gruppi linguistici e lingue isolate non-indoeuropei. Ciò è frutto dell’apertura
dell’Europa alle migrazioni di popolazioni provenienti da altri continenti. Nel corso dei secoli
le lingue sono state oggetto di incessanti trasformazioni, dovute a diversi fenomeni culturali,
come la letteratura e la scienza, e vicende storico-politiche. Il Novecento ha visto la
formazione di molte lingue regionali e il loro riconoscimento senza che la trasformazione
delle lingue <<nazionali>> s’interrompesse. L’Europa linguistica rimane un cantiere aperto.

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