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RIASSUNTO MANUALE DI

STORIA MODERNA G.
RICUPERATI, F. IEVA UTET
Storia Moderna
Università degli Studi di Perugia
88 pag.

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1

SLIDE STORIA MODERNA

Introduzione e premesse alla storia moderna:

Quella della periodizzazione è una tematica particolare in quanto sono diverse le difficoltà nel trovare una
data precisa d’inizio alla storia moderna, per quanto riguarda la data di inizio abbiamo due numeri: 1453
caduta di Costantinopoli e 1492 Scoperta dell’America – 1815 (termine dell’età napoleonica) invece come
data di fine. Anche se in realtà la periodizzazione è molto più complessa e abbraccia due grandi intervalli
cronologici:

1) Tra la seconda metà del Quattrocento e la prima metà del Cinquecento per l’inizio

3) Tra la seconda metà del Settecento e la prima metà dell’Ottocento per la fine.

La scoperta dell’America è uno dei momenti decisivi della costruzione del mondo globalizzato e dopo tale
scoperta l’economia europea prese una dimensione planetaria che ebbe ripercussioni determinanti anche
sugli scontri e gli equilibri di potere nel vecchio Continente. Vediamo in generale uno scenario di scoperte
che apportano innumerevoli cambiamenti e l’intera visione del mondo propria degli uomini del medioevo
fu scossa dalla constatazione dell’esistenza di terre e popoli estranei all’orizzonte della Bibbia e mai
raggiunti dalla predicazione del Vangelo e poiché la Bibbia era il riferimento non solo per la religione ma
anche per la filosofia, la morale, la scienza, il contatto col Nuovo Mondo fu una delle premesse della grande
crisi intellettuale (comprendente la rivoluzione scientifica) che si svolse in Europa fra Sei e Settecento.

Anche la stessa unità cristiana subisce delle rotture improvvise e significative: La divisione tra Europa
cattolica ed Europa protestante con la riforma protestante del 1517 segnò una rottura rispetto all’unità
cristiana del medio evo. La novità della riforma così pregiudicante è anche legata al suo stretto rapporto tra
2 grandi fenomeni della cultura e della politica del tempo:

1. 1455: l’invenzione e lo sviluppo della stampa ebbe la conseguenza di moltiplicare le opere di


Lutero e degli altri esponenti della Riforma e le edizioni tradotte
2. Il rafforzamento, rispetto ai secoli del basso medio evo, delle monarchie nazionali e degli Stati
territoriali regionali a scapito del principio universalistico dell’impero cristiano

Per quanto riguarda invece la periodizzazione finale dell’età moderna sono 2 le vicende che giustificano la
scelta dei decenni a cavallo fra Sette e Ottocento:

1. La rivoluzione industriale: (Inghilterra, ultimi decenni del 700) ha creato le condizioni materiali
dell’attuale civiltà occidentale
2. 1789: Rivoluzione francese: con la successiva esportazione dei suoi principi nell’Europa conquistata
dagli eserciti di Napoleone fino alla catastrofe conclusiva (1815).

Ed in generale possiamo dire delle 4 grandi date cruciali della storia moderna – scoperta dell’America,
rivoluzione industriale, riforma protestante e rivoluzione francese - che La scoperta dell’America, la
Rivoluzione industriale sono all’origine della nostra economia globalizzata; la Riforma protestante spiega la
diversa cultura di Stati Uniti ed Europa settentrionale da un lato, Europa meridionale e America Latina
dall’altro; La Rivoluzione francese è alla base delle libertà borghesi e democratiche che caratterizzano
politicamente l’Occidente.

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LE ESPLORAZIONI GEOGRAFICHE, DALLA SCOPERTA ALLA CONQUISTA:


La prima divisione del mondo:

Tutto il senso della società europea moderna che si confronta con l’ignoto si manifesta con l’espressione
Otro Mundo ovvero mondo altro, ignoto e quindi tesoro di scoperte e conquiste, il 1492 infatti Il 1492 non
è uno spartiacque rigido tra medioevo ed età moderna ma segna un punto di non ritorno per lo sviluppo
del mondo moderno. Il traffico commerciale inizia a spostarsi e passa dal Mediterraneo all’Atlantico
introducendo in Europa nuove merci come prodotti agricoli (patate, caffè, pomodori) e metalli preziosi
mentre i viaggi di esplorazione di questi anni portano con se due nuovi principali ideali: SCOPERTA E
CONQUISTA che da il via a due grandi fasi di esplorazione marittima:
1. Le esplorazioni Marittime (1492-1519) 2. L’esplorazione interna (1519-1540).

Ovviamente le esplorazioni transoceaniche prevedono navi diverse e già dal 400 si creano i presupposti
tecnologici e gli strumenti geografici per le esplorazioni transoceaniche, la caravella ad esempio di Colombo
era una nave estremamente adatto a questo tipo di viaggi in quanto era Piccole dimensioni (30/40
tonnellate), aveva Vele quadre ed era munita di un equipaggio ridotto ma adatto per consentire maggiore
quantità di provviste, e più di tutto vantava una maggiore autonomia di navigazione. Cambiano gli
strumenti di navigazione come le bussole che gli spagnoli brevettano e le cartine che vengono aggiornate e
migliorate da geografi veneziani e genovesi, gli studi antichi sulla geografia dei greci e dei romani vengono
ripresi e messi a punto per creare una vera e propria nuova visione del mondo.
La stessa finanza europea (mercanti italiani /banchieri genovesi) investe capitali nelle imprese commerciali
oltre oceano perché ne riconosce il potenziale guadagno economico che i viaggi apportano.

L’ESPANSIONE PORTOGHESE

E’ durante la prima metà del 400 che si apre una prima via di navigazione verso l’Oriente, l’obbiettivo è
infatti quello di raggiungere l’Oriente circumnavigando l’Africa per controllare il traffico delle spezie da
India e Asia. Tra il 1445 e il 1453 i portoghesi (con veneziani e genovesi) raggiungono le isole di Capo verde
e la Guinea, Nel 1487 Bartolomeo Diaz doppia il continente (Capo di Buona Speranza) – queste due grandi
tappe permettono per la prima volta all’Europa di controllare i commerci anche guardando verso l’oriente,
prima di allora remoto e sconosciuto ai traffici europei.

IL VIAGGIO DI BARTOLOMEO DIAZ:

A Diaz spetta il merito di aver indicato per primo la via delle Indie scoprendo e doppiando il capo di
Buonasperanza. Salpato da Lisbona, nell’Agosto del 1877, con una flotta di tre navi, costeggia il continente
africano fino alla baia di Sant’Elena e spinto dalle tempeste, supera senza accorgersene il capo di Buona
speranza, riguadagnata la costa, dirigendosi verso nord est, la flotta prosegue per un po’ esplorando verso
nord, ma il malcontento dell’equipaggio e gli stenti subiti inducono Diaz a far rotta verso l’Europa.
Ripercorrendo la costa verso occidente, Diaz riconosce il capo di Buonasperanza come estremo punto
meridionale dell’Africa. Dopo averne rilevata la posizione ripercorre la via del ritorno giungendo a Lisbona
nel 1487.

L’espansione portoghese subì però problemi di tipo giuridico come quelli che riguardarono le popolazioni
africane: come giustificare la conquista del continente africano e l’assoggettamento delle popolazioni
native? Per giustificare la conquista delle terre e l’assoggettamento delle popolazioni africane i giuristi
inventarono la formula terra nullius , cioè una terra non sottoposta a nessuna signoria, abitata da selvaggi
senza ordinamento né leggi civili. Di qui la possibilità di imporre la signoria portoghese. L’impero
portoghese aveva due limiti: difficoltà di gestire le risorse commerciali e coloniali e la dipendenza dai
mercanti stranieri, soprattutto italiani.

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L’ESPANSIONE SPAGNOLA PRIMA DI COLOMBO

Prima di Colombo ci fu l’occupazione castigliana delle Canarie che fu portata a termine tra il 1477 e il 79,
anno del trattato di Alcaçovas tra Spagna e Portogallo: il Portogallo riconosceva i diritti castigliani sulle
Canarie e la Spagna riconosceva i diritti portoghesi sulle altre isole dell’Atlantico e sulle coste africane a sud
di capo Bojador. Il principio che giustificava l’occupazione dei territori era la fede, la guerra contro gli
infedeli. Il Portogallo era riuscito grazie a Giovanni II (1481-95) a rafforzare l’autorità statale, a reprimere le
spinte della grande nobiltà, a sfruttare le risorse d’oltremare. L’interesse portoghese era orientato verso
l’India mentre la Spagna voleva completare la reconquista.

LE SCOPERTE GEOGRAFICHE COME ESPERIENZA EUROPEA

Alla fine del XV secolo si vengono a creare i presupposti per le imprese coloniali spagnole e portoghesi:

1. I due paesi hanno accumulato esperienze tecnologiche e organizzative tali da permettere


esplorazioni transoceaniche
2. Le condizioni sociali ed economiche dei due paesi spingono molti uomini a cercare fortuna nell’
avventura coloniale

Tuttavia sarebbe un errore considerare le scoperte una questione solo spagnola e portoghese: L’intera
Europa venne coinvolta nel progetto. Banchieri e uomini d’affari italiani, tedeschi, olandesi finanziano le
spedizioni e i successivi traffici commerciali. Uomini di ogni condizione sociale partecipano a vario titolo alla
colonizzazione. Filosofi, teologi si inseriscono nel dibattito culturale che si sviluppa sulle conseguenze delle
scoperte.

CRISTOFORO COLOMNBO I E II VIAGGIO (II VIAGGIO NEL PARAGRAFO DEL COLONIALISMO SPAGNOLO PIU’
SOTTO)

LA SCOPERTA DELL’AMERICA

Nel frattempo Cristoforo Colombo all’inizio degli anni Ottanta, dopo aver navigato sulle coste africane
maturò l’idea di raggiungere l’India partendo dalle coste atlantiche europee, tuttavia la sua conoscenza
imperfetta delle coste del mondo di cui era convinto colombo lo faceva sbagliare in quanto aveva una
visione del globo nettamente più piccola di quella reale e soprattutto ignorava completamente l’esistenza
dell’America. Fu finalmente, dopo molto anni di rifiute, la corona spagnola a finanziare il suo viaggio grazie
alle ricchezze ottenute dalla vittoria in guerra contro Granada.

A colombo venne fornito un equipaggio di 88 uomini e una flotta di tre navi la Pinta, la Nina e la Santa
Maria, salpò da Palos il 3 agosto del 1492. Procedette verso le canarie e poi sempre verso ovest seguendo il
28 parallelo. Dopo 38 giorni di navigazione un marinaio della Pinta avvista per primo la terra ferra il 12
Ottobre del 1492. Lo sbarco avviene sull’ arcipelago delle Bahamas che Colombo ribattezzerà come San
Salvador.

La navigazione riprende per esplorare nuove terre e il 28 ottobre 1492 viene avvistata Cuba per la prima
volta e il 5 dicembre viene avvistata la costa nord orientale di Haiti, che colombo ribattezzerà Hispaniola.

Costretto ad abbandonare la Santa Maria, arenatasi su un banco di sabbia, Colombo, il 3 Gennaio 1493,
decide di tornare in Spagna con modeste quantità d’oro. Il 15 Marzo 1493 arriva finalmente a Palos in
Portogallo ricevendo una accoglienza trionfale.

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LA BOLLA PAPALE “INTER CETERA E IL TRATTATO DI TORDESILLAS”

Le scoperte di Colombo pongono due problemi principali

1. La legittimazione giuridica della conquista


2. I rapporti tra Spagna e Portogallo

La prima spedizione di Colombo si rivelò in realtà improduttiva, ma le sue scoperte ed il suo successo
posero le basi per l’intervento colonialistico spagnolo. Il re Ferdinando d’Aragona capì subito
l’importanza di tali scoperte e di dover impedire prima del tempo ogni rivendicazione portoghese sulle
nuove terre scoperte. Ottenne così una Bolla papale da Alessandro VI Borgia: Nel 1493 Bolla papale
«inter Coeteras» assegnava alla Spagna tutti i territori a ovest e a sud dalle isole Azzorre. I portoghesi
non accettano però l’assegnazione, preoccupati di difendere le rotte commerciali africane.

Con il trattato di Tordesillas del 7 Giugno del 1494 si arriva finalmente ad un punto di svolta decisionale
con la mediazione della Chiesa dove vengono definitivamente stabilite le zone di influenza dei due paesi,
che rispettava la bolla Papale ma che aggiungeva terre a favore del Portogallo sempre, spostando la linea
immaginaria di possesso a 370 leghe, e non più 100, dalle Isole di Capo Verde.

LE DIRETTRICI DELL’ESPANSIONE PORTOGHESE

Dopo il trattato di Tordesillas l’espansione portoghese si muove in due precise direzioni:

• La via delle Indie Orientali con un intervento diretto nel governo dei territori asiatici e dell’Estremo
oriente (Cabral)

• La progressiva scoperta e conquista del Brasile (Vasco de Gama)

Agli inizi del 500 l’impero coloniale Portoghese si compone di tre nuclei:

• Le colonie agricole dell’arcipelago dell’Altlantico (Azzorra/Madera e Capoverde)

• Vaste zone dell’Africa dalla Sierra Leone al Congo (con il commercio degli schiavi)

• L’Estado de India il nucleo più importante dell’impero portoghese che si estende dall’Oceano
Indiano sino alla costa cinese

La risorsa economica più importante di questo vasto impero è il commercio delle spezie (pepe nero,
cannella noce moscata) e vediamo che La Corona portoghese detiene il monopolio di questi traffici ma non
la distribuzione nel resto dell’Europa, le merci arrivano nel porto di Lisbona per poi proseguire verso
Anversa vero centro commerciale delle spezie in Europa. La distribuzione dei prodotti da Anversa viene
gestita da Consorzi e Compagnie commerciali in mano a mercanti tedeschi, fiamminghi e fiorentini.

I VIAGGI DI VASCO DE GAMA E CABRAL

Dopo la straordinaria impresa di Diaz del 1487 non vi furono altre navigazioni memorabili sino al viaggio di
Vasco De Gama del 1497. Questi avve4lendosi anche delle conoscenze di Diaz che lo seguì a bordo riuscì a
doppiare il Capo di Buonasperanza, giungendo il 27 maggio del 1498 a calicut in India tornando a Settembre
a Lisbona con un equipaggio decimato ma con una nave carica di spezie.
Nel 1500 Pedro Cabral, accompagnato anch’esso da Diaz, ripetè tale impresa passando prima dalle coste
del Brasile e poi vero Capo di Buona Speranza, tuttavia tale navigazione incappò in una tempesta in cui morì
Diaz e portò tre navi al nubifragio. Dopo 6 mesi di navigazione anche Cabral arrivò a Calicut. Dopo tali

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spedizione i portoghesi riuscirono a conquistare il mercato delle spezie e del pepe dell’India di qualità
estremamente superiore a quello proveniente dalle coste africane.

COLONIALISMO SPAGNOLO

Conclusasi la fase delle esplorazioni per gli spagnoli, iniziò una feroce stagione di colonialismo, la Conquista
che comprendeva un periodo dal 1515 e il 1540.
Tra il 1519 e il 1522 gli spagnoli occupano Messico (Cortes) e Perù (Pizarro) con modalità estremamente
brutali nei confronti delle popolazioni native americane.

Il II viaggio di Colombo:
Già la seconda spedizione di Colombo non aveva le stesse caratteristiche della prima, non si trattava più di
una viaggio di scoperta geografica bensì di colonizzazione di Hispaniola. Il navigatore genovese partì da
Cadice il 28 Settembre 1493 con una flotta di 17 navi e 1200 uomini e agli esploratori subentrarono i
conquistadores.

Gli spagnoli mirava principalmente alle terre dell’America centrale e centro-meridionale. Il primo impero ad
essere attaccato furono gli Atzechi nel messico centrale e nel 1519, il governatore di Cuba, Diego Velàzquez,
decise di allestire una spedizione. Il comando della flotta fu affidato a Hernan Cortes che parì con 600
uomini e 16 cavalli.

Cortes strinse un alleanza con la città Tlaxcala che fu indispensabile per sconfiggere il regno atzeco colpito
all’improviso e nei punti deboli. Successivamente gli Atzechi risposero alla conquista infliggendo pesanti
perdite agli spagnoli e costringendo Cortes alla ritirata.

Negli anni successivi il conquistador cortes consolidò le sue conquiste sul regno atzeco e sulle rovine della
vecchia capitale atzeca fondò Città del Messico.

Pizarro alla conquista del Perù

Dopo la caduta dell’impero azteco la medesima sorte toccò a quello degli Inca che copriva non solo il perù
ma l’ecuador e il cile. K’impresa di conquista fu organizzata da Diego de Almagro e Francisco Pizarro che
partì nel 1530.

Pizarro arrivò a Tumbez, sulla costa settentrionale del Perù, e approfittando di una gerra interna di
successione in atto si ricongiunse con Almagro, salpato successivamente, ed insieme i due conquistadores
putarono su Cuzco (capitale del Perù); la cinta di assedio si arrese nel Novembre del 1533.

Pochi anni dopo pizarro fondò lima ma per lui iniziarono numerose difficoltà come le rivolte degli indiani e il
disaccordo con Almagro che li portò ad uno scontro armato per il controllo di Cuzconel quale Alamagro
perde la vita.

Con i conquistadores arrivarono nuove forme di organizzazione sociale con tratti comuni al feudalesimo. Si
tratta dell’encomienda: forma si signoria che consisteva in possedimenti di spazi sottoposti al dominio reale
che la corona affidava alla cura di persone meritevoli per un determinato periodo, concedendo loro il diritto
di riscuotere dagli abitanti le tasse e i servizi convenuti. L’ ecomendereo in cambio doveva difendere i
villaggi affidatigli, istruire e civilizzare gli indiani del territorio e proteggere il ricavato.

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PROBLEMI DELLE COLONIZZAZIONE SPAGNOLA

La formazione dell’impero coloniale spagnolo pone da subito il problema del rapporto tra «pubblico e
privato» Si ricerca un equilibrio tra gli interessi della Corona e le legittime aspirazioni dei conquistatori
(economico –politico)

I principi fondamentali che portano alla costruzione dell’impero spagnolo sono tre:

• 1. Controllo della Corona e unione diretta con la madrepatria

• 2. l’importanza fondamentale di questi territori per «l’Hacienda real» (finanze dello Stato)

• 3. Lo scopo ultimo delle conquiste è l’evangelizzazione

Gli strumenti giuridici nei rapporti tra la Corona gli indigeni e i Conquistadores
Il primo strumento fu «la licenza Reale». In cambio di servizi resi alla corona l’impresario riceveva titoli e
privilegi autorizzazioni commerciali sino al titolo di «Adelantato» (con diritto di signoria su un territorio). Il
«requerimiento» con il quale gli indigeni accettavano il papa come sovrano del mondo e i re spagnoli come
suoi vicari.

IL NUOVO CONTINENTE AMERICANO E LA COSCIENZA EUROPEA

• È nella fase successiva tra ‘500 e ‘600 che il gli uomini del continente europeo comprendono a
pieno la portata dei cambiamenti che le scoperte geografiche imprimono sulla storia dell’Europa.

• I mutamenti economici e di equilibrio politico maturarono in tempi relativamente brevi

• È la dimensione culturale e psicologica nei confronti del «Mundus novus» che impiega più tempo a
prendere forma e diffondersi nella coscienza collettiva europea

• Sia la preparazione che la realizzazione delle imprese coloniali furono uno sforzo collettivo europeo

• Al ruolo da protagonisti di Spagna e Portogallo si affiancarono:

• 1. L’Italia con i suoi navigatori e i capitali dei suoi uomini d’affari (banchieri genovesi e fiorentini)

• 2. Le città della Germania entrarono nella conquista con mercanti e banchieri (Fugger) astronomi,
geografi e cartografi (Norimberga)

RINASCIMENTO E STATO MODERNO


IL concetto di Rinascimento
Il termine Rinascimento indica un periodo cronologico che va dalla prima metà del XIV (Petrarca) alla prima
metà del XVI secolo (Sacco di Roma 1527). A tale concetto è attribuita una forte carica di modernità in
contrapposizione al Medioevo nel quale sono individuabili cambiamenti sociali, economici e politici.
Firenze e Roma sono capitali del Rinascimento.

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I mutamenti politici che avvengono in questo periodo fanno dello Stato moderno la nuova forma di
organizzazione politica. Nel Rinascimento si afferma L’uomo in quanto individuo dotato di uno spirito critico
e si fa strada una rinnovata stima per i classici latini e greci.

Dibattito storiografico sul Rinascimento


La prima interpretazione della «civiltà rinascimentale in Italia fu opera dello storico Jacob Burckhardt
(1818-1897) che fissò i temi fondamentali del Rinascimento in:

Scoperta dell’Uomo e della Natura

Riscoperta della «civiltà Classica»


Nella sua opera più importante La civiltà del Rinascimento in Italia (1860) Burckhardt
elabora il concetto di Rinascimento: «uno spirito nuovo con cui si affronta ogni aspetto
della realtà»

Tra la prima metà 1400 e il 1500, si va affermando lo Stato moderno in contrapposizione al modello di
Stato feudale e quasi tutti gli Stati europei assumono un’organizzazione politica sociale. Il presupposto su
cui si fonda lo Stato moderno: è la convinzione che il potere debba essere centralizzato e che sia necessario
organizzarlo, al fine di renderlo più saldo.

Caratteristiche dello Stato Moderno

Al vertice si trova il sovrano, giudice supremo e legislatore, unico titolare del potere che discende
direttamente da Dio, assistito da un consiglio del Re o, talvolta, da un consiglio delle finanze. Ciò porta ad
un ridimensionamento, seppur minimo, del ruolo della nobiltà. Si assiste alla progressiva
burocratizzazione dello Stato: cominciano ad essere distinte le funzioni dell’amministrazione pubblica per
un controllo più efficace del territorio; e si giunge ad una Più precisa delimitazione dei confini tra uno
Stato e l’altro e tendenziale unificazione territoriale degli Stati.

Tra i caratteri simili degli stati europei dello Stato Moderno ritroviamo:

1. Concentrazione del potere nelle mani del sovrano ma divisione delle competenze con la pubblica
amministrazione che esercita il potere in suo nome
Il potere del sovrano deve essere autonomo e «indiviso» possedere una propria forza, godere di
una legittimità indipendente

2. Unificazione legislativa, giudiziara e fiscale


3. Delimitazione dei territori e dei suoi confini
4. Protezione del territorio interno ed esterno

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L’EUROPA DEGLI STATI MODERNI TRA ‘400 E ‘500

LA FRANCIA

La Francia è lo Stato in cui l’apparato burocratico risulta più compiutamente formato rispetto agli altri
Stati.

Dopo la conquista della Borgogna e della Provenza, si completa l’unificazione geopolitica della Francia,
unificazione il cui vero garante è il sovrano e consideriamo la Francia come l’esempio perfetto di Stato
Moderno dove il sovrano è unico grande giudice e legislatore e Gli Stati generali assicurano la
rappresentatività dei tre corpi sociali francesi quali nobiltà, clero e Terzo Stato

Gli Stati generali del 1789 furono convocati da Luigi XVI allo scopo di raggiungere un accordo tra le classi
sociali idoneo a risolvere la grave crisi politica, economica, sociale e finanziaria che affliggeva da anni la
Francia. Inaugurati il 5 maggio 1789, essi furono gli ultimi dell'Ancien Régime, crollato a seguito della
Rivoluzione. Essi contavano 1139 membri di cui 291 rappresentanti del Primo Stato (clero), 270 per il
Secondo Stato (aristocrazia) e 578 per il Terzo Stato (popolo, in particolare la borghesia).

TERZO STATO: IL terzo stato era uno dei ceti in cui era divisa la società francese prima della rivoluzione,
chiamato così perché in ordine di importanza veniva dopo i primi due, ossia il clero e la nobiltà. Per numero
di componenti il terzo stato era largamente preponderante rispetto agli altri due ceti, in quanto
comprendente tutti gli strati popolari. Nell'anno della rivoluzione comprendeva venticinque milioni di
persone, fra borghesi e contadini, contro i quattrocento o cinquecentomila nobili e uomini di Chiesa;
costituiva circa il 98% della popolazione francese (roturier) ed era l'unica parte che pagava le tasse, in
quanto i nobili e il clero ne erano esenti.

Il Re era coadiuvato da un consiglio del Re, un organismo di origine medievale che evolve la propria
organizzazione in linea con i cambiamenti occorsi all’intera forma Stato e attraverso il consiglio viene deciso
a chi affidare gli ordini generali, giudiziari e finanziari.

L ‘ INGHILTERRA

Alla fine del 1400, Enrico VII Tudor riesce a risolvere a proprio favore i conflitti sorti tra i grandi feudatari e
realizza l’unificazione geografica inglese (il regno comprendeva anche l’Irlanda e il Galles), favorendo
l’assegnazione di cariche politico-giudiziarie anche ad individui non appartenenti alla nobiltà. Tuttavia, i
cambiamenti più evidenti si realizzeranno con Enrico VIII durante la prima metà del 1500, dando vita ad
una rivoluzione amministrativa di cui il massimo artefice sarà Cromwell (1600).

LA SPAGNA

Dopo il matrimonio nel 1469 di Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia e la fine della Reconquista
(liberazione di Granada nel 1492) si può parlare della formazione dello Stato iberico. Tuttavia, fu evitata la
fusione di territori diversi (Aragona e la più vasta Castiglia) in un solo dominio. Durante il 1500, anche in
Spagna si compie un processo di ristrutturazione amministrativa, che si concretizza nell’istituzione di tutta
una serie di Consigli (Consiglio di Stato, di Guerra, dei tribunali).

Il principio di legittimazione dinastica

Luigi XII di Francia, Enrico VII di Inghilterra e i Re cattolici spagnoli (Ferdinando e Isabella) sono personalità
che ci fanno capire quanto la forza della dinastia fosse un potente fattore di legittimazione del potere. Negli
Stati in cui è invece assente un forte e carismatico potere monarchico, non si può neanche parlare di Stato
moderno (Italia).

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La Russia:

Forte centralizzazione del potere (stretto legame con la Chiesa Ortodosa)

servitù della gleba,

Espropriazione delle terre a favore della nobiltà vicina allo zar

L’Impero Ottomano: dopo la Conquista di Costantinopoli (1453) si assiste ad una forte espansione verso
l’Europa dell’Est (Balcani)

 Il potere apparteneva dispoticamente al sovrano,

 non esisteva la proprietà privata e il controllo del sistema politico-sociale spettava ai


teologi musulmani (ulema).

Germania:

 Non esiste come entità politica unitaria

 Lo sviluppo dello stato avviene su 2 piani:

 quello degli stati territoriali (principati laici ed ecclesiastici)

 quello dell’impero che ha perso tre requisiti medievali: sacralità, universalità, e la continuità

Polonia: si afferma una monarchia elettiva e l’aristocrazia rafforza il proprio potere, finendo per
provocare un indebolimento del centro statale.

Svezia: Gustavo I conquista il potere e impone la monarchia ereditaria

L’ITALIA DEL RINASCIMENTO

NORD ITALIA: L'area settentrionale della penisola era divisa fra il Ducato di Savoia , il Ducato di Milano, la
Repubblica di Venezia, la Repubblica di Genova e a queste maggiori formazioni territoriali si aggiungevano
Stati di più piccole dimensioni: , il Marchesato di Saluzzo, il Ducato di Monferrato, il Marchesato di
Mantova, i Ducati di Modena e Ferrara. In generale vediamo che Nel corso del Quattrocento, l’Italia era
politicamente frammentata in un complesso di Stati diversi per estensione territoriale e regime politico.

CENTRO-ITALIA: Le repubbliche di Firenze, Siena e Lucca (corrispondenti nell'insieme all'attuale Toscana), I


domini dello Stato pontifico, costituiti grosso modo dalle attuali Lazio, Umbria, e Marche e a queste si
aggiungono realtà minori come i Ducati di Urbino e Camerino, Le signorie di Perugia, Senigallia, Pesaro,
Foligno, Rimini, Bologna, Forlì e Cesena La Repubblica di San Marino.

SUB ITALIA E ISOLE: Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata e Calabria, era unificato sotto il Regno di
Napoli le isole invece facevano parte del regno d’Aragona.

La mancata unificazione politica fu dovuta principalmente ad un processo di reciproco bilanciamento di


forze tra le maggiori entità politiche della penisola anche a seguito della Pace di Lodi (1454) e Ai comuni
medievali si sostituiscono Signorie permanenti, dal punto di vista istituzionale la Signoria cittadina consiste
nell’accentramento dei poteri comunali nelle mani di una persona o di una famiglia che li esercita in modo
permanente. Gli ordinamenti comunali non erano soppressi ma svuotati di ogni potere e resi subalterni al
volere del Signore.

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La pace di Lodi, mise fine allo scontro fra Venezia e Milano che durava dall'inizio del Quattrocento. La sua
rilevanza risiede nell'aver garantito all'Italia quarant'anni di pace, contribuendo a favorire la rifioritura
artistica e letteraria del Rinascimento.

LA PACE DI LODI: Pace stipulata il 9 aprile 1454, al termine di un conflitto tra le principali potenze d'Italia.
Milano, Firenze, Mantova e Genova avevano combattuto contro lo schieramento composto da Napoli,
Venezia, Monferrato e Savoia. La guerra era iniziata nel 1452, per contenere le mire espansionistiche della
Serenissima, che cercava di approfittare del momento di crisi del ducato di Milano, indebolito dalle lotte
per la successione a Filippo Maria Visconti. Nel 1453 si tentò di giungere ad un trattato di pace, durante una
conferenza convocata da papa Niccolò V, ma l'incontro tra gli stati fallì. La sospensione delle ostilità arrivò
solo dopo la presa di Costantinopoli da parte dei turchi, che rappresentavano una minaccia per Venezia. La
Repubblica, infatti, ritenne troppo pericoloso continuare ad impiegare le proprie forze sulla terraferma,
visto il pericolo che arrivava da oriente, e cominciò a trattare segretamente con Francesco Sforza
(v. SFORZA), le cui forze militari erano ormai allo stremo. La pace fu dunque stipulata dapprima tra lo Sforza
e i veneziani, senza il consenso dei rispettivi alleati. Le altre potenze della penisola, al momento di ratificare
il trattato, ritennero di essere state danneggiate e si rifiutarono inizialmente di sottoscriverlo. Alla fine si
giunse ad un accordo e la pace di Lodi favorì la nascita di una Lega Italica tra Milano, Firenze e Venezia (cui
si unirono poi anche il papa e il re di Napoli), dando inizio a un periodo di relativo equilibrio tra gli stati della
penisola.

Un riassettamento si ha anche nelle signorie che tra il XIV e XV si trasformano tutte in principati che
assumono la forma di dinastie ereditarie, molto simili per caratteristiche alle grandi monarchie europee.

Un fenomeno che interresserà però tutta l’Europa sarà quello della rivoluzione dei prezzi, a metà 1500 in
molti paesi si ha un importante aumento dei prezzi sulle merci che diventano molto più care rispetto
all’inizio del secolo, ciò fu principalmente causato dall’arrivo di grandi quantità di metalli preziosi dalle
Americhe portando quindi ad una inflazione monetaria, la stessa economia cambiò mutando agricoltura e
settore manufatturiero. Tra le altre cause rientra anche una improvvisa crescita demografica che porto a
maggiori investimenti di capitali, soprattutto in agricoltura.

Dal punto di vista industriale, proprio a questo periodo risale un primo fenomeno di industrializzazione
(proto-industrializzazione) nel settore agricolo e tessile.

PROTO-INDUSTRIALIZZAZIONE: Gli storici hanno indicato la fase antecedente all'industrializzazione con il


termine protoindustrializzazione in cui da un lato la produzione artigianale registrò solo limitati progressi
tecnici, ma dall'altro si affermarono forme complesse di organizzazione dell'attività produttiva che
andavano al di là della singola bottega artigianale, vale a dire il Kaufsystem, il Verlagssystem e la
Manifattura.

L’Inghilterra è il paese in cui la rivoluzione dei prezzi è in maggior misura indice di uno sviluppo generale
dell’economia (poi Francia e Spagna). In Italia assume un ruolo importante Genova per il flusso di capitali
che vi transitano ed è proprio in questi anni emergono le figure del mercante -imprenditore e
dell’operatore finanziario.

LA DIFFUSIONE DELLA CULTURA

Il Rinascimento è tra i periodi di maggior sviluppo nel campo della pittura (Gioconda di Leonardo), della
scultura (Pietà e David di Michelangelo) , dell’architettura, della letteratura (Orlando Furioso di Ariosto, Il
principe di Machiavelli). Tale situazione permise ovviamente agli intellettuali di godere di un nuovo ruolo di
prestigio nella società che guardava occhio diverso alla cultura e alla documentazione di massa. Tutto ciò fu
possibile grazie sicuramente alla grande diffusione del libro moderno ovvero della stampa, vediamo infatti

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nel 1501 Aldo Manuzio inaugura a Venezia (città dominante il mercato librario) la prima collana di tascabili
in volgare.

Le corti e l’invenzione della stampa

Molti intellettuali del Rinascimento vivono presso le corti dei principi che incoraggiano e favoriscono le
creazioni artistiche e culturali. Ciò li rende certamente più liberi dall’influenza della Chiesa, ma più soggetti
al potere politico. Gli intellettuali si rivolgono a una minoranza della popolazione; nello stesso periodo,
tuttavia, l’invenzione della stampa a caratteri mobili dà inizio alla diffusione dei libri presso un pubblico
meno ristretto che in passato, in quanto il costo dei libri era tutt altro che accessibile.

Invenzione della stampa

Risale al Rinascimento una delle invenzioni più importanti della storia, capace di diffondere la cultura a un
pubblico sempre più vasto: la stampa a caratteri mobili. 1455: Johann Gutenberg pubblica a Magonza, in
Germania, il primo libro (una Bibbia) stampato con questa tecnica. Tale procedimento permette di
riprodurre un numero illimitato di copie identiche di uno stesso libro, con tempi di produzione molto più
brevi che in passato e quindi con costi più ridotti.

Le scoperte astronomiche

Tra il XVI e il XVII secolo, prima


Niccolò Copernico e poi Giovanni
Keplero rivoluzionano la visione
dell’universo fondata sull’autorità
dei filosofi greci Aristotele e
Tolomeo. I due astronomi
affermano che è il Sole (in greco
Helios) a essere al centro
dell’universo e non la Terra (in
greco Ghé) come ritenevano gli
antichi.

Il modello geocentrico delll’universo:

Nel XVI secolo la concezione


dell’universo si basava sulle teorie
elaborate dal filosofo greco Aristotele
(IV sec. a.C.) e dall’astronomo Claudio
Tolomeo (II sec. d.C.), per i quali la Terra
era immobile al centro dell’universo,
sferico e limitato. Questo modello è
detto geocentrico. Nel Medioevo la
Chiesa fece propria la teoria geocentrica
ritenendola coerente con le Sacre
Scritture.

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Attorno alla Terra Le stelle, invece,


ruotavano sette pianeti erano immobili,
fra cui il Sole e la Luna.
fissate all’enorme
volta del cielo.

Il modello eliocentrico dell’universo:

Nel 1543 Copernico pubblica Delle rivoluzioni dei mondi celesti, un’opera che cambia la visione
dell’universo. Egli pone al centro dell’universo il Sole, perciò il suo modello è detto eliocentrico (dal greco
Helios, “Sole”). Tutti i pianeti, compresa la Terra orbitano intorno al Sole. Nel 1609 Giovanni Keplero
dimostra che i pianeti si muovono su orbite ellittiche e non circolari. La teoria eliocentrica fu condannata
prima dalle Chiese protestanti, in seguito anche dalla Chiesa cattolica.

LE GUERRE D’ITALIA E L’ASCESA DI CARLO V


L’Italia nelle guerre per il predominio europeo

Nel 1400, le grandi potenze in Europa sono 3: Francia, Spagna e Impero ottomano (cui, poco dopo si
aggiungerà l’Inghilterra). L’Italia poteva considerarsi un laboratorio politico, in cui Firenze era lo Stato che,
più di ogni altro si distingueva nell’evoluzione e nella sperimentazione politica. In mancanza di uno Stato
che potesse fungere da leader nella penisola, la prassi politica degli Stati medi italiani consisteva nell’unione
con la più debole fra le grandi potenze europee per bilanciare il potere dello Stato italiano più forte.

La storia politica italiana tra metà 400 e metà 500 è attraversata da 3 fasi:

Fase a) dalla Pace di Lodi (1454) alla discesa di Carlo VIII, (1494) dall’equilibrio di Lorenzo il Magnifico alla
fine della cosiddetta “libertà d’Italia”;

Fase b) crollato il sistema di equilibrio durante le Guerre d’Italia, la penisola diventa totalmente dipendente
dagli interessi di Francia e Spagna;

Fase c) con la Pace di Cateau-Cambresis l’Italia entra definitivamente nell’area di egemonia spagnola
(1559).

Le Guerre d’Italia e il nuovo assetto politico dell’Europa (primo periodo 1494-1516)


La discesa di Carlo VIII in Francia

Il successore di Luigi XI, Carlo VIII, accampando i suoi diritti dell’eredità angioina nell’Italia meridionale,
decise di intervenire in Italia attivamente, aprendo una lunga stagione di battaglie nella penisola. La
spedizione francese non mostrò solamente quanto l’Italia fosse il punto di debolezza dell’Europa ma anche
quanto fosse diventata il bersaglio di conquista dei più forti stati nazionali. Carlo VIII infatti nella sua discesa
in Italia non trovò particolare difficoltà, tanto che entrò vittorioso a Napoli nel 1945. Nello stesso periodo
andavano creandosi però una serie di coalizioni anti-francesi che ambivano alla sconfitta di Carlo VIII.
Centri della coalizione furono gli Stati italiani di Venezia, il Papato e lo stesso Ludovico il Moro, tutto
sorretto dallo stesso appoggio del re di Spagna, Ferdinando il Cattolico, legato da diretta parentela con gli
aragonesi che la Francia era intesa a cacciare. La lega anti francese riuscì a strappare alla Francia tutto il
meridione distanziando un esercito spagnolo dalla Calabria a Napoli e posizionando Venezia a capo dei

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principali porti pugliesi. Carlo VIII rientra così in Francia nel 1495 e qualche mese dopo gli aragonesi
ristabiliscono la loro dinastia nel Mezzogiorno.

Carlo VIII muore nel 1498 e lo succede nel 1500 Luigi XII della famiglia d’Orleans, che riprende il progetto di
conquista dell’ Italia rivendicando l’eredità sulla Lombardia.

La conquista di Milano. Con Ludovico il Moro, si rivelò facile grazie agli accordi con Venezia e alla neutralità
del Papa Alessandro VI. La spedizione Milanese intendeva creare però anche una base per riprendere il
progetto della conquista di Napoli e per questo il sovrano francese trova un accordo con Ferdinando il
Cattolico estremamente interessato alla sicilia (sovrano spagnolo), per una spartizione dei domini aragonesi
nell’ Italia meridionale, firmando il trattato di Granada nel 1500. Il Regno di Napoli sotto il controllo
francese, Puglia e Calabria alla Spagna. Nel 1503 francesi e spagnoli piombarono sullo Staro meridionale
dove la nobiltà non oppose alcuna resistenza. L’accorod franco spagnolo stipulato pochi anni prima non
durò molto: nel 1503 Consalvo de Cordoba, che comandava le truppe spagnole, sconfisse i francesi a
Cerignola e al Garigliano annientando definitivamente la volontà francese nel meridione. Con l’armistizio di
Lione l’Italia venica definitivamente divisa in due zone di influenza: i francesi tenevano Milano e gli Spagnoli
Napoli, Sicilia, Sardegna.

Nel 1503 muore Alessandro VI, padre di Cesare Borgia, che con il sostegno francese aveva costruito nell’
Italia centrale un dominio a spese di Venezia e Firenze. Diviene papa Giulio II, acerrimo nemico dei Borgia, e
tale elezione fa immediatamente crollare i tentativi di signoria personale dei Borgia. Immediatamente
Venezia, alla morte di Alessandro VI, dilagò in Romagna che portò alla nascita di una lega antiveneziana
detta di Cambrai (1508) che mirava all’annientamento di Venezia come potenza e che coinvolse, oltre il
Papato, anche la Francia, Savoia, Este e Gonzaga. Giulio II più tardi però si renderà conto che la scomparsa
di Venezia avrebbe favorito solamente i grandi Stati stranieri e per questo abbandonerà la lega.

La Francia in risposta a ciò si muoverò non solo militarmente ma anche con armi spirituali convocando a
Pisa un concilio per deporre il papa. Giulio II risponderà istituendo la Lega Santa composta dallo Stato della
Chiesa, Venezia, gli svizzeri, Inghilterra e Spagna. Nemico comune era la Francia senza però riuscire alla fine
a mantenere l’egemonia sull’Italia settentrionale.

Con la morte di Luigi XII si affacciano due nuovi protagonisti nella storia europea, Carlo d’Asburgo, già
conosciuto e Francesco I di Valois che avrebbe dominato la Francia e sarebbe stato l’ostinato nemico di
Carlo V.

Francesco I immediatamente rinnovò l’alleanza con i veneziani e si assicurò la neutralità di Spagna e


Inghilterra e con un esercito attaccò gli svizzeri che vennero sconfitti il 13 Ottobre a Marignano e che si
accontentarono del Canton Ticino. Questa battaglia significò molte cose e portò alla neutralità della
Svizzera che diverrà una sua costante nella politica estera.

L’unica altra potenza europea ormai saldamente consolidata in Italia restava la Spagna che non era in grado
di rispondere alle tensione francesi in quanto il sovrano Carlo d’Asburgo era occupato a placare i difficili
approcci con il paese. Per questa ragione il sovrano spagnolo accetta il trattato di Noyon del 1516
impegnandosi di sposare la figlia di Francesco I, rinunciando a ogni diritto sul Mezzogiorno e sanzionando
definitivamente la divisione del territorio italiano in due zone di influenza, quella francese e quella
spagnola.

L’IMPERO DI CALO V

Nasce a Gand nel 1500 dal matrimonio tra Filippo figlio di Massimiliano I d’Asburgo e Giovanna la Pazza
(figlia dei Re cattolici spagnoli). Nel 1516 alla morte del nonno diviene re di Spagna (la madre era stata interdetta
per malattia mentale) e nel 1519 viene incoronato imperatore del Sacro Romano Impero ad Aquisgrana.

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Le opposizioni alla sua incoronazione furono molte e non solo da parte della Francia ma anche da principi
tedeschi.

L’avversario più tenace di Carlo V fu il pontefice Leone X della famiglia Medici contrapponendo alla
candidatura prima Francesco I, poi Federico di Sassonia e infine cercò addirittura di creare contrasti tra
Carlo V stesso e suo fratello Ferdinando. Nonostante le opposizioni carlo V riesce a diventare imperatore
grazie in parte all’opposizione dei principi tedeschi contro un candidato che non fosse della loro nazione,
ma soprattutto grazie all’oro di banchieri tedeschi e italiani che permisero a Carlo V di smussare tutte le
opposizioni, disponeva difatti di un milione di fiorini con cui comprò il favore degli elettori.

Problematiche che Carlo V deve affrontare

Tra le varie problematiche europee vi è La precarietà dei collegamenti geografici tra territori vasti e
distanti, con una situazione socio-culturale non omogenea che rende difficile la gestione e coordinazione
delle situazioni dislogate in vari punti d’Europa. La spagna fa fatica a mantenere l’unità politica a causa delle
tensioni tra spagna e castiglia, in germania invece la riforma protestante fa vacillare l’unità religiosa.

Lo scontro con la Francia, più compatta territorialmente e molto attenta all’evolversi della situazione
europea, poiché timorosa di essere isolata dall’espansione asburgica sarà una delle principali
problematiche per carlo V assieme anche alla minaccia turca che spinge Carlo V a conquistare Tripoli e Tunisi,
per preservare la sicurezza del Regno di Napoli. Per affrontare tali problematiche Carlo V cercò di riaffermare
l’autorità monarchica promuovendo una politica di alleanze con i vari gruppi sociali dei singoli regni al fine di porre
termine alle insurrezioni spagnole.

Le Guerre d’Italia (secondo periodo 1520-1559): da Pavia a Cateau-Cambrèsis

Intanto divampava il conflitto con la Francia, in cui Carlo V, ebbe come alleato il Pontefice e Enrico VIII di
Inghilterra dove ancora una volta il Milanese era oggetto di contesa. Francesco I guidò personalmente il suo
esercito fino a Pavia nel 1525 dove fu sconfitto e fatto prigioniero. La pace di Madrid del 1526 sanciva
definitivamente la vittoria dell’imperatore e una volta liberato, Francesco si rifiutò di accettare la pace e
riprese la guerra, allontanando tutti gli alleati dall’imperatore.

Enrico VIII, il papa, Venezia, Firenze, Genova e il ducato di Milano decisero di fermare Carlo V unendosi
nella lega di Cognac (maggio 1526). Ma il risultato di questo conflitto avrebbe portato invece al controllo
completo dell’Italia da parte di Carlo V il quale aveva assoldato un esercito di lanzichenecchi (fanti tedeschi
armati di picca) che arrivò a roma prendendola d’assalto e saccheggiandola passando alla storia come
l’esercito luterano autore del sacco di Roma del 1527. Indubbiamente questo evento si conobbe in tutta
Europa e Clemente VII (papa) si rese conto che non poteva più in nessun modo opporsi all’imperatore
asburgico.

Intanto la guerra volgeva al peggio per la Francia che in meridione era stata costretta ad arrendersi. Ne
seguì la pace di Cambrai 1529, conosciuta come pace delle due dame perché negoziata tra Luisa di Savoia,
madre di Francesco I e Margherita, zia di Carlo V e reggente dei pesi bassi, che segnò la fine degli Asburgo
sulla Borgogna e confermava la pace di Madrid.

Ciò era sicuramente dovuto in gran parte alla volontà di Carlo V di occuparsi della Germania ancora nel
pieno dei conflitti religiosi. Da tale volontà scaturiva quello che è stato chiamato il congresso di Bologna,
cioè l’incontro tra il papa e il dialogo, durato circa 4 mesi ( dal dicembre 1529 al Marzo 1530) fra le due
massime autorità della rep cristiana. Da questo incontro nasceva l’incoronazione da parte di Clemente VII di
di Carlo a re d’Italia e imperatore del Scaro Romano Impero. L’incoronazione avvenne a Bologna a San
Petronio nel 1530.

La Pace di Cateau-Cambrèsis 1559

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La pace di Cateau-Cambrèsis 1559, detta anche «pax ispanica» segna la vittoria della Spagna sulla Francia
nelle Guerre per il predominio nella penisola italiana.

Le contraddizioni insite nel disegno universalistico delineato a Bologna non tardarono ad arrivare negli anni
successivi. Le prime tensione che Carlo V dovette affrontare furono con Turchia e Ungheria mentre la
guerra con Francesco I riprese nel 1535, quando il ducato di Milano fu riannesso alla Spagna. La Francia si
alleò con gli svizzeri e la spagna con il papato. La guerra ebbe vicende alterne.

Dopo aver stipulato con la Francia la precaria tregua di Nizza (1538) Carlo si illuse di poter porre fine alle
tensione già aperte da un po’ con turchi e protestanti, ma fallì in entrambi i casi. Le continue sconfitte di
Carlo V spinsero Francesco I a rompere la tregua e a riprendere la guerra che terminò nel 1544 con la pace
di Crépy che lasciava a carlo v i suoi domini ma riduceva sensibilmente quelli della Francia di Francesco I.

In Italia esplodevano tutte le opposizioni al dominio spagnolo: i principi tedeschi appena usciti da tensioni
di carattere religioso, si alleavano con il nuovo re di Francia, Enrico II e quest’ultimo, con il sovrano turco
Solimano I come aveva già fatto in passato. Nel 1552 l’opposizione su tutti i fronti si era trasformata in una
guerra disastrosa per l’Impero che porterà alla pace di Augusta e all’abdicazione di Carlo V che si ritirerà a
Yuste fino alla sua morte nel 1558.

L’abdicazione di Carlo V significava una svolta fondamentale in quanto la gigantesca eredità veniva divisa
tra il fratello Ferdinando (a cui andarasno le terre tedesche) e il figlio Filippo II ( a cui andava la Spagna, con
i suoi domini italiani e le Fiandre).

Carlo V con l’abdicazione era pienamente cosciente del fatto che avrebbe dovuto sacrificare gli interessi
della Spagna, vediamo nel testamento del 6 Giugno 1554 che chiede al figlio Filippo di impegnarsi a
riscattare i beni non solo in Castiglia, ma anche a Napoli, Aragona, Sicilia, Fiandre. Il figlio in pratica avrebbe
dovuto riportare alla massima efficienza lo stato.

Il 10 Agosto gli spagnoli guidati dal generale Emanuele Filiberto, sconfissero i francesi a S. Quintino, nelle
Fiandre ottenendo una vittoria decisiva.

– Alla Francia: Calais, Metz, Toul e Verdun e Saluzzo.

– Alla Spagna: Milano, Napoli Sicilia Sardegna e lo Stato dei Presìdi (Toscana).

– Piemonte e Savoia a Emanuele Filiberto.

– I Medici annettono Siena e diventano granduchi (1569)

A Cateau-Cambrèsis, nel 1559, fu firmata la pace che segna la vittoria della Spagna sulla Francia nelle
Guerre per il predominio nella penisola italiana e il consolidamento delle frontiere naturali. Ciò Dimostra il
desiderio dei sovrani spagnoli di ricercare la sicurezza dei confini nazionali e certifica l’impossibilità di dar
vita nel cuore dell’Europa ad un impero universale. Nel 1559 Filippo II lascerà le Fiandre per stabilirsi in
Castiglia: si passa da un impero a base continentale ad uno fondato sul potere castigliano.

LA RIFORMA PROTESTANTE
Breve Introduzione ai temi della riforma
La rivolta di Lutero contro la Chiesa di Roma trova un fertile terreno in una Germania estremamente
frammentata e tormentata dalle rivalità tra principi e le opposizioni tra classi sociali. Ben presto la riforma
mostra il suo carattere politicamente e socialmente conservatore. La rivolta dei contadini che vedremo più

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tardi, viene prima condannata da Lutero e quindi repressa nel sangue a Frankehausen nel 1525. L’ondata
riformatrice raggiunge fin dal 1523 Zurigo con Zwingli, Basilea con Ecolampadio e Strasburgo con Bucer nel
1529. Si consolida nelle città del nord della Germania e nel nord Europa. Gustavo I Vasa introduce la riforma
in Svezia e Cristiano III impone il luteranesimo in Danimarca e in Norvegia. La guerra tra principi cattolici e
luterani trova una composizione nella dieta di Augusta del 1555, che sancisce la divisione degli stati
tedeschi nelle due confessioni secondo il principio Cuius regio, eius religio (cioè i sudditi seguano la
religione del proprio governante) in Inghilterra Enrico VIII si proclama capo supremo della chiesa di
Inghilterra nel 1534, sopprimendo i monasteri e abolendo le gerarchie cattoliche. La versione Calvinista si
proclama invece a Ginevra, si estende in Francia dove l’opposizione al cattolicesimo si trasforma in guerra
aperta in Scozia e nei Paesi Bassi.

La Riforma protestante fu un movimento che coinvolse gran parte dell’Europa, i promotori di tale
movimento furono tutti uomini di chiesa (Lutero, Zwingli e Calvino) con origine quindi all’interno
dell’istituzione ecclesiastica.

Le origini della Riforma vanno ricercati in:

 Corruzione e abusi perpetrati dal clero, commercio delle indulgenze, simonia e concubinato.
 L’uso eccessivo del potere temporale da parte dei papi.
 Motivi di natura teologica, quale la mancanza di chiarezza in materia di dogmi e di morale;
 L’umanesimo con il ritorno alle fonti originali aveva attualizzato la necessità di una lettura
autentica delle Sacre Scritture e di un coerente adeguamento ad esse dei comportamenti degli
uomini di Chiesa.

Martin Lutero nasce ad Eisleben in Sassonia nel 1483 e si laurea in teologia a Wittenberg nel 1512 e da
subito entra nell’ordine degli agostiniani. Personalità ricchissima e inquieta, è ossessionato fin dalla
formazione universitaria dal problema della salvezza. In sostanza punto di partenza di Lutero è la crisi di
tutte le soluzioni ottimistiche tra fede e ragione. Egli riteneva l’uomo come profondamente macchiato dal
peccato originale e incapace di salvarsi da solo, da tale idea trasse una soluzione che lo differenziava molto
daql cattolicesimo del suo tempo. Partendo da San Paolo e dalla Lettera ai romani sosteneva che l’unica
possibilità di essere giusti era quella di annullarsi nella giustizia di Dio.

Martin Lutero in questa serrata ricerca della salvezza toccava un punto essenziale su cui si era basata la
Chiesa: egli con il suo drammatico pecca fortiter, sed crede fortius, finiva per negare il ruolo intermediario
della Chiesa, unica detentrice e dispensatrice degli strumenti sacrali di grazia.

Lutero è quindi il catalizzatore di una preesistente situazione esplosiva, soprattutto in Germania: La


polemica anticuriale e antipapale si sviluppa in Germania perché lì non esiste uno stato forte e una realtà
politica solida in grado di opporsi alla Chiesa. A causa di tale debolezza politica, non era pensabile che si
giungesse ad un concordato che regolasse i rapporti tra Stato e Chiesa, come avevano precedentemente
fatto Spagna e Francia.

Secondo la leggenda, ritenuta inautentica, Lutero appese, il 31 Ottobre 1517, vigilia di Ognissanti, alle porte
della chiesa di Wittenberg le 95 tesi per chiarire l’efficacia delle indulgenze. La sue protesta, per il momento
ancora estremamente moderata, ebbe tuttavia un valore esemplare, pubblico e simboleggiò l’inizio della
riforma.

Nelle tesi un primo elemento era rappresentato dalla profonda limitazione dei poteri del papa e della
Chiesa come vediamo ad esempio nella tesi 5
“Il papa non vuole né può rimettere alcuna pena, fuorché quelle che ha imposte per volontà propria o dei canoni.”

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Lutero non svalutava però completamente le indulgenze ma contrapponeva alla prassi della chiesa un
insegnamento diverso dove la fede era unica concretezza di carità, questa idea è molto chiara nelle tesi 45
e 46, si deve insegnare ai cristiani che colui
45) Occorre insegnare ai cristiani che chi vede un bisognoso, e trascurandolo dà per le indulgenze, si merita non
l'indulgenza del papa ma l'indignazione di Dio.

46) Si deve insegnare ai cristiani che se non abbondano i beni superflui, debbono tenere il necessario per la loro casa e
non spenderlo per le indulgenze.

Principali tappe della riforma:

• 1517: inizia la protesta di Lutero;

• 1519: Carlo V viene eletto imperatore.

• 15 giugno 1520: si pone fine all’incertezza papale e viene emessa la Bolla Exurge Domine et iudica
condanna delle tesi luterane

• dicembre 1520: Lutero boccia la bolla, bruciandola pubblicamente;

• gennaio 1521: Bolla Decet romanorum pontificem, con la quale Lutero viene scomunicato e
giudicato eretico

• aprile 1521: Dieta di Worms, alla presenza di Carlo V al fine di evitare una totale rottura, ma Lutero
conferma le sue idee;

• 8 maggio 1521: condanna politica che avviene con un bando imperiale contro Lutero.

• Il principe Federico di Sassonia, preoccupato per l’incolumità di Lutero, lo fa proteggere nel suo
castello di Wartburg

I pilastri della chiesa evangelica luterana

• Alle università protestanti tedesche fu affidata la formazione dei pastori

• I principi assunsero un ruolo preminente nelle importanti decisioni statali;

• I Magistrati cittadini, e i nuovi ceti emergenti divennero pilastri del sistema politico tedesco;

• I Pastori protestanti hanno uno «status sociale» particolare:

• Colti ed ben istruiti spesso di umili origini costituiscono la struttura portante della Chiesa luterana

• Godono di grande considerazione nelle loro comunità (fine del celibato obbligatorio)

LE OPERE DI LUTERO

Nell’Agosto del 1520 appare “Alla nobiltà cristiana di nazione tedesca” , scritta in volgare tedesco e non in
latino, in cui Lutero si rivolge ai gruppi dirigenti invitandoli a intervenire contro la degenerazione del
cattolicesimo romano. Scandisce chiaramente 3 concetti:

 La superiorità del potere spirituale su quello temporale


 L'autorità del solo Papa nell'interpretare le Sacre Scritture
 Il diritto del solo Papa a convocare i Concili

Ad Ottobre dello stesso anno invece segue “La cattività Babilonese della chiesa” in cui la denuncia di Roma
come centro di corruzione è totalmente esplicita e si nega valore ai sacramenti tradizionali della Chiesa

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cattolica: Definisce il sacramento come «il segno di una Grazia invisibile istituito da Cristo e solo da lui» . Dal
punto di vista luterano, ve ne sono soltanto due di sacramenti : 1) Il battesimo, che ci rende cristiani, 2)
L’eucarestia, che rinnova la fede nel perdono elargito da Cristo nel battesimo.

Infine appare l’ultimo grande scritto del 1520 “La libertà del cristiano” che definisce le scelte luterane sul
piano teologico. Ormai erano esplicitati tutti gli elementi di dissenso contro la chiesa romana, la polemica
contro una parte dei sacramenti e lo stesso rito della messa e nello stesso anno la chiesa decide di
intervenire contro Lutero con la bolla Exsurge Domine et iudica (15 giugno 1520). Per segnare
pubblicamente la rottura, il 15 dicembre Lutero brucia la bolla in piazza.

Nonostante le contraddizione la dottrina luterano però continuava a diffondersi per tutta Europa arrivando
nelle città e facendosi apprezzare anche dalla borghesia, di fronte a questo dilatarsi della Riforma, il
pontefice intervenì nuovamente e nel gennaio 1521, con la bolla Decet Romanum Ponteficem, scomunicò
Lutero e i suoi seguaci che continuavano ad aumentare.

Il malessere sociale del mondo tedesco esplodeva ed il primo gruppo sociale a muoversi fu la piccola
nobiltà, i cavalieri. I capi della rivolta furono Sickingen e Hutten che sognavo di eliminare il potere della
grande feudalità laica ed ecclesiastica. I cavalieri si mossero contro l’arcivescovo di Treviri il quale
immediatamente in risposta creò un’alleanza delle feudalità laica ed ecclesiastica composta da il Palatinato,
Assia e l’arcivescovato di Treviri. Essi sconfissero i cavalieri in battaglia uccidendo anche i due capi cavalieri
della rivolta. Questo tragico episodio valse a confermare a Lutero l’importanza di avere dalla sua parte i
principi tedeschi che si erano rivelati ancora una volta l’unica vera forza stabile di tutta la Germania.

Nel Maggio 1524 cominciarono le rivolte contadine nella Foresta Nera che si propagarono rapidamente in
tutti paesi vicini alla riforma. La rivolta era la reazione al secolare rafforzamento del potere della grande
aristocrazia. Il movimento così grande aveva però un fatale punto di debolezza; la coesione, la mancanza di
un preciso programma politico. Un tentativo di coesione fu raggiunto a Memmingen in Svezia, con 12
articoli che tracciarono un programma di azione della rivolta contadina e che rispetto al sistema feudale
chiedeva piuttosto un ritorno al passato, quando i rapporti tra i contadini, comunità e signori erano stabiliti
da leggi meno inique e arbitrarie. Lutero nell’Aprile del 1525 cerca di porsi come arbitro della situazione
sostanzialmente occupandosi di evitare lo scontro fra aristocratici e contadini, esortando questi ultimi a
non dare retta ai falsi profeti scesi a predicare fra di loro, riferendosi chiaramente a Thomas Muntzer,
pastore che aveva rotto il rapporto di Lutero dopo averlo accusato di falsa fede e che in quel momento
approfondiva il suo radicalismo ponendosi a capo della rivolta.
L’intervento di Lutero non ottenne alcuna risposta positiva da nessuna delle due parti e contro Muntzer
scagliò un gesto durissimo. Nel pamphlet “Contro le bande brigantesche e assassine dei contadini” si
schierava apertamente a favore dei principi tedeschi esortandoli a sterminare le diaboliche bande dei
contadini, segnando una svolta drammatica e reazionarie per il luteranesimo tanto che lo stesso Lutero si
dichiara cosciente della brutalità della sua scelta nelle ultime righe del documento.
Pochi giorni dopo ebbe luogo lo scontro: il 15 Maggio a Frankenhausen in Turingia degli 8000 contadini ne
furono uccisi 3000 dai principi tedeschi e Muntzer fu decapitato il 27 Maggio.

LA RIFORMA IN SVIZZERA

CALVINO:

Negli anni trenta si assiste ad un’altra esperienza religiosa di grande portata che si inseriva nell’inquieto
mondo svizzero ed è quella di Giavanni Calvino. Nasce nel 1509 a Noyon (Francia) e per molti anni la sua
formazione avviene su studi umanistici, di filosofia e di diritto e la sua conversione avviene negli anni
trenta. Nel 1534 infatti lascia la Francia e si stabilisce a Basilea, città che diventerà il fulcro della sua attività
e in cui prende vita il Calvinismo; fino a quando nel 1541, a Ginevra, dà inizio al suo programma
riformatore. L’elemento fondante del calvinismo è costituito dalla convinzione che l’uomo vive per servire

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Dio e non per salvarsi , ne consegue che i calvinisti cercavano di primeggiare in operosità per dimostrare di
essere i prescelti di Dio. Secondo Calvino, la politica e il vivere civile devono subordinarsi alle esigenze della
vita religiosa.

AREE DI DIFFUSIONE DELLA RIFORMA

 L’area luterana si presentava molto compatta: Germania centro-nord, Nord Europa, coste baltiche
e alcune altre zone dell’Europa orientale.

 L’area calvinista era più frastagliata: attorno ai punti di forza, rappresentati dalle città svizzere
(Zurigo, Basilea, Ginevra, Berna), ruotavano il Basso Reno tedesco, l’Olanda e la Scozia.

LO SCISMA DELLA CHIESA DI INGHILTERRA

La separazione della Chiesa Anglicana da Roma rappresenta un elemento fondamentale nel processo di
formazione dello Stato moderno in Inghilterra. Nel 1527 re Enrico VIII entra in contrasto con papa Clemente
VII che rifiuta l’annullamento del matrimonio con Caterina d’Aragona (zia di Carlo V)
1534: con l’Atto di Supremazia Enrico VIII diviene capo della Chiesa d’Inghilterra.

• A capo della nuova Chiesa inglese vi è il Sovrano con, l’arcivescovo di Canterbury come suo vicario
generale.

• il re non riconosce più il primato gerarchico del Papa, ma in questa fase non vengono rivisti dogmi
di fede.

• 1536-1540: l’Inghilterra incamera i beni ecclesiastici e rompe definitamene con il papato.

• 1541: viene introdotto in Inghilterra un nuovo Libro della Preghiera (modellato sul Calvinismo), che
riconosceva solo battesimo ed eucaristia.

• 1547-1553: durante il regno di Eduardo VI la nuova religione diventa religione di Stato;

• 1553-1558: regno di Maria Tudor, durante il quale fallisce il tentativo di restaurare il cattolicesimo
in Inghilterra

CONTRORIFORMA E RIFORMA CATTOLICA

Contemporaneamente al primo affermarsi della riforma in Germania e in Svizzera, il mondo cattolico vede
la formazione di nuovi ordini religiosi che esprimono una analoga esigenza di rinnovamento spirituale ed
ecclesiale. I Gesuiti in particolare sono i protagonisti di un’ autentica controffensiva spirituale. Missionari, e
insieme, soldati di Cristo cercano di contrastare l’avanzare della riforma. La reazione alle istanze protestanti
si traduce anche nella creazione di organismi di controllo di diffusione delle opinioni, in particolare di quelle
espresse e divulgate tramite la stampa e in una ridefinizione dei fondamenti dottrinali della fede,
organizzata nel corso delle 25 sessioni del concilio di Trento. Il concilio conferma il numero e l’efficacia dei
sacramenti assieme all’interpretazione tradizionale delle scritture e al culto delle immagini, mezzo efficace
per l’evangelizzazione e il controllo degli strati più umili della società.

I concetti di controriforma e riforma cattolica

Il termine Controriforma suole indicare il periodo compreso tra 1580-1640. Gli elementi che
caratterizzano l’età della Controriforma sono:

 Una generale reazione al protestantesimo

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 La repressione antiprotestante, compresi i fenomeni in cui le misure controriformiste sfociarono


nell’intolleranza e nella violenza;
 Il consolidamento dei dogmi della Chiesa cattolica, che non esclude l’opera di modifica della prassi
pastorale (che doveva riuscire a riconquistare le masse);
 L’alleanza tra la Chiesa e la Spagna

Con l’espressione Riforma cattolica si indica il rinnovamento religioso che investe la Chiesa,e che risulta in
atto fino al 1600. La Chiesa acuisce la spaccatura tra il campo cattolico e quello delle confessioni
protestanti, che da questo periodo si percepiranno l’un l’altro come due mondi nettamente distinti, la
chiesa in questo periodo frenetico agirà più sugli uomini che sulle strutture.

La necessità di un concilio

Il primo ad appellarsi ad un concilio che dirimesse il suo contrasto con il Papa fu Martin Lutero già nel 1517
(Tra i primi fautori bisogna ricordare anche il vescovo di Trento Bernardo Clesio ed il cardinale agostiniano
Egidio da Viterbo.) La sua richiesta incontrò subito il sostegno di numerosi principi tedeschi e soprattutto di
Carlo V che in esso vedeva un formidabile strumento non solo per la riforma della Chiesa, ma anche per
accrescere il potere imperiale. A tale
idea si oppose invece fermamente papa Clemente VII, Vi erano inoltre differenze di vedute riguardo alle
motivazioni e agli scopi del concilio:

 Carlo V auspicava la ricomposizione dello scisma protestante


 Il papa perseguiva l'obiettivo di un chiarimento in materia di dogmi e di dottrina
 I riformati volevano mettere in discussione l'autorità del papa stesso.

Il concilio di Treno si può dividere in 4 fasi, una di preparazione e 3 di svolgimento:

 PREPARAZIONE:
1535 – Papa Paolo III Farnese (1534-1549) continua a rinviare l’apertura del Concilio
nonostante le pressioni di Carlo V
 9 marzo 1537 – Una commissione istituita nel 1536, presenta al Papa la “Proposta per la
riforma della Chiesa”; nello stesso anno Paolo III convoca un Concilio a Mantova;
 1539 – Dinanzi al rifiuto generale di svolgere il concilio a Mantova, lo stesso viene rinviato a
tempo indeterminato (sarà riconvocato nel 1545)

PRIMA FASE 1545-1548

Il Conciclio di Trento si apriva nel 1545 con l’intento di ridefinire la Chiesa Cattolica nella sua struttura
dogmatica e di riorganizzarla. Un primo elemento da valutare della prima fase è l’esiguità dei vescovi
presenti, in prevalenza italiani, il concilio, in questo momento primordiale, non si può definire ecumenico
per l’esigua presenza di uomini di culto e per la scarsa rappresentatività geografica (Italia e Spagna in
maggioranza). Una caratteristica che segnò profondamente il concilio la realtà del Concilio di Trento fu la
prevalenza del Papato, che controllava tutto. Le due direttive di questa prima fase furono quindi definizioni
teologiche e scelte di rinnovamento disciplinare, elaborando i cinque decreti relativi alle fonti della fede,
alla Sacra Scrittura, al peccato originale, alla giustificazione e infine ai sacramenti. Significativo sarà infatti il
decreto “De canonicis scripturis”, che affermava che le verità assolute sono contenute solo nelle Sacre
Scritture, il decreto del Gennaio 1547 “De giustificatione”, nel quale si afferma che la salvezza non si
ottiene senza le opere meritorie, il decreto “De sacramentis” (3 marzo), nel quale si ribadisce l’importanza
dei sacramenti; ed infine un decreto che obbliga i vescovi alla residenza all’interno delle diocesi che
amministrano;

Il timore che il concilio potesse sfuggire dalle mani della curia portò però papa Paolo III a spostarlo da
Trento a Bologna, città legata allo stato pontificio e molto più facile da raggiungere da Roma, con il pretesto

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di un’epidemia di tifo. La decisione di trasferimento fu ovviamente concordata da vescovi italiani: non a


caso 14 prelati non italiani non solo votarono contro, ma rimasero a Trento. In questa città però il concilio
non portò a nessuna decisione fino a quando Paolo III lo interruppe nel 1549 poco prima della sua morte.

SECONDA FASE 1551-1552

Nel febbraio del 1550 viene eletto il successore di Paolo III; Giulio III, riaprì il concilio nel 1551 a causa della
pressione esercitata da Carlo V. In questa seconda fase parteciperanno anche alcuni luterani, ma solo un
anno più tardi, a causa del conflitto tra Carlo V e Enrico II, il papa sarà costretto a risospendere il concilio.

TERZA FASE 1560-1563

Nel novembre 1560: Pio IV ordina la ripresa dei lavori conciliari, ripresa che si concretizza nel gennaio 1562
e viene stabilito che i vescovi dipendessero direttamente dal Papa e sancita la sacralità del mandato
episcopale. In sostanza il concilio affermò tutti i diritti della Chiesa rafforzando in modo definitivo il potere
della curia e della gerarchia. Inoltre, furono approvati decreti sul carattere sacrificale della messa, sulla
riforma degli ordini religiosi, sui compiti dei cardinali, sulle indulgenze e sulla venerazione dei Santi e della
Vergine, delle reliquie e delle immagini, mezzo di divulgazione religiosa potentissimo in quanto vicino alla
parte umile della società analfabeta.

Dicembre 1563: il Concilio si conclude e Pio IV ne convalida i decreti con la Bolla Benedictus Deus
assicurando anche la riorganizzazione della gerarchia ecclesiastica:

– I vescovi (cui era affidato il controllo delle proprie diocesi)


– I parroci (rappresentano l’autorità religiosa in ambito locale)

In sostanza possiamo dire che Il concilio non riuscì nel compito di ricomporre lo scisma protestante e di
ripristinare l'unità della Chiesa, ma diede una risposta dottrinale in ambito cattolico alle questioni sollevate
da Lutero e dai riformatori.

LE ISTITUZIONI DELLA CONTRORIFORMA

Con l’espressione “istituzioni della Controriforma” si indica il complesso di strumenti approntati dalla
Chiesa, per arginare l’eresia dilagante e a rafforzare la disciplina culturale e sociale. Un importante tentativo
di soffocamento dell’eresia appartiene all’anno 1542 quando Paolo III istituisce la Congregazione
cardinalizia del Sant’Uffizio dell’Inquisizione, (6 cardinali) che doveva assolvere la funzione di
prevenzione e repressione dell’eresia e tale opera di repressione si consolida con la piena
collaborazione tra parroci e inquisitori sul territorio

Certo la stessa stampa dei libri rappresentava una minaccia eretica per la chiesa in quanto rendeva
estremamente facile e repentina la diffusione di idee eretica e nemiche alla chiesa, nel 1559 avviene
infatti Pubblicazione dell’Indice dei libri proibiti, opera che sempre Paolo IV reputava fondamentale per la
difesa dell’ortodossia. Si trattava effettivamente di un indice che divideva gli autori in tre classi ( quelli
condannati totalmente, quelli colpiti per un’opera specifica e gli anonimi). Cominciarono ben presto,
soprattutto in Italia, i roghi dei libri e non solo gli autori ma anche gli stessi stampatori vennero sottoposti a
rigidi controlli causando un durissimo colpo per l’arte tipografica italiana. Cominciò a crearsi una fitta rete
di delegati dell’Inquisizione che sempre di più esercitavano un controllo ossessivo della fede, che si
protrarrà fino al tardo Medioevo. Ovviamente a risentirne ci sarà l’istruzione nelle scuole, scandita da un
indice di condanna di alcuni libri inclini ad una formazione eretica che di conseguenza formerebbe giovani
con idee troppo contraria a quanto la chiesa riteneva giusto.

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Tra le altre istituzione della controriforma ricordiamo l’Istituzione dei seminari, che dovevano servire per
preparare il «buon prete», curarne l’istruzione in materia religiosa e attestare la veridicità della vocazione;

Gli ordini religiosi diventano le milizie della Controriforma: nati per finalità diverse (soprattutto per scopi
assistenziali), iniziano a combattere l’eresia e ad integrare la propria attività con quella scolastica (studio
scienze sacre, decoro delle funzioni liturgiche). Nascono infatti numerosi ordini religiosi in questi anni:
1530: viene fondato l’ordine dei Barnabiti, che si dedicarono alla predicazione.
1524: viene fondato l’ordine dei teatini da San Gaetano di Thiene.
1525: Matteo da Bascio fonda l’ordine dei Cappuccini

1534: Ignazio di Loyola, ex uomo d’armi e di corte, convertitosi a nuova vita fonda la Compagnia di Gesù.

L’ordine, basato sul principio «combattere per Dio», fu quello che interpretò nel migliore dei modi lo
spirito della Controriforma. Ai 3 voti tradizionali della professione monacale povertà, castità e
obbedienza, Ignazio aggiunse un 4 voto: obbedienza assoluta al papa fino al sacrificio della vita

1552: Filippo Neri fonda la Congregazione dei preti dell’oratorio. I filippini, la cui attività aveva finalità
caritative e formative, sperimentarono nuovi metodi pastorali (come i racconti per bambini).

L’ETA’ DI FILIPPO II

Dopo la pace di Augusta (1555) Carlo V cede la corona spagnola al figlio Filippo II e nel 1558 la corona del
S.R.I. al fratello Ferdinando E tra il 1520 e il 1570, la Spagna diventò la principale potenza europea grazie a
diversi fattori di slancio che permisero alla nazione di godere di un cinquantennio di forza e prosperità:

 Forte aumento demografico

 Facile accesso alle nuove fonti di ricchezza delle Americhe e dalle Indie

 Congiuntura economica favorevole

 Ampio credito concesso alla Corona spagnola dagli ambienti finanziari;

 Esercito attrezzato e capace di essere mobilitato su più fronti;

 Maggiore compattezza della Spagna rispetto al blocco austro-germanico dell’Impero (scosso dal
protestantesimo).

Tappe della vita di Filippo II

 1527: nasce a Valladolid da Carlo V e Isabella di Portogallo.

 1543: su consiglio del padre Carlo V, sposa Maria Emanuela di Portogallo, morta nel 1545;

 1554: sposa Maria Tudor, regina d’Inghilterra.

 1556: diventa Re di Spagna e il suo regno durerà fino al 1598. 1558: muore Maria Tudor e Filippo II
sposa Elisabetta di Valois (figlia di Enrico II), matrimonio grazie al quale potrà inserirsi nella politica
francese. (In seguito, sposa Anna d’Austria, dalla quale nasce Filippo III)

 1561: Filippo II trasferisce la capitale da Valladolid a Madrid, sebbene Madrid fosse più decentrata
e la comunicazione con il resto del territorio risultasse più difficile.

 Filippo II muore nel 1598

Il suo ruolo è fondamentale nella formazione dello stato moderno spagnolo.Se Carlo V era un re
itinerante, Filippo sceglie la dimora fissa e, per arrestare la parabola discendente dell’Impero, punta sulla
creazione di una articolatissima struttura burocratico-amministrativa.

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POSSIAMO DIVIDERE GLI ANNI DEL SUO REGNO IN TRE FASI:

1. I fase Il «Rey prudente» (1559-1565)


2. II fase tra Paesi bassi e Mediterraneo (1565-1580);
3. III fase L’Imperialismo attivo (1580-1598)

LA PRIMA FASE DEL REGNO DI FILIPPO II REY PRUDENTE:

Di questa prima fase di regno ricordiamo due grandi mosse di conquista di Filippo II, tutte mosse da
intenti strategici e arguti:
Conseguita un’importante vittoria sui francesi nella battaglia di San Quintino (1557), Filippo II decide di
fronteggiare il pericolo turco, sia per raggiungere una maggior sicurezza nel Mediterraneo, sia perché è
convinto che sia il momento più propizio per colpire i turchi, a causa della loro crisi socio-politica interna e
nel 1564 conquista le Filippine.

La seconda fase (1565-1580): tra Paesi Bassi e Mediterraneo

In questa fase, non pochi problemi sorsero nei domini nord-europei: I Paesi Bassi erano infatti in
fermento e, per di più, la diffusione del calvinismo e la lotta al cattolicesimo fornivano il collante
ideologico alle rivolte anti-spagnole. Nel 1567, Filippo II decise allora di sedare le rivolte con il pugno di
ferro, (Duca d’Alba) e Guglielmo d’Orange divenne il leader della resistenza olandese. A seguito del
fallimento della politica repressiva del Duca d’Alba, e delle difficoltà internazionali di Filippo II tra il 1575 e
il 1576 si susseguono una serie di rivolte che provocano la perdita del controllo della situazione
olandese. Filippo II sceglie allora di adottare una politica di mediazione, che riconquisti i favori della
nobiltà moderata cattolica e designa come governatore dei Paesi Bassi Alessandro Farnese, Duca di Parma.
Tuttavia, nel 1579 le Sette province settentrionali sancivano la nascita di una nuova realtà politica con
l’Unione delle province unite di Utrecht che, Nel 1581, Filippo II porterà a firmare l’atto di rinuncia alla
sovranità. L’Unione prese il nome di Olanda (dalla provincia più importante) e si caratterizzò per il rispetto
delle peculiarità di ciascuna provincia e per la spiccata partecipazione popolare alla vita politica (petizione)
e per la crescita del settore finanziario-commerciale (scalzò i genovesi).

LA BATTAGLIA DI LEPANTO

Nel 1566, alla morte di Solimano, salì al trono ottomano Selim II che pur non essendo un sovrano incline
alla guerra come il precedente, desiderava consolidare il suo potere con un conquista prestigiosa. Mosse
quindi una flotta nel 1570 per conquistare Cipro, isola che dal 1489 era dei veneziani. Lo sbarco ottomano
sull’isola e l’assedio di Famagosta suscitarono immediate risposte dal mondo cattolico. La spagna di Filippo
II, i veneziani ed il papa Pio V, formarono la Lega Santa per liberare il mediterraneo dai turchi. Gli accordi
riguardavano la creazione di una flotta di 300 navi che difesero Famagosta fino al 1 agosto 1571,
sostenendo l’assedio per ben 11 mesi fino a quando poi l’isola fu definitivamente presa dai turchi.

Il 7 ottobre 1571 si svolse la battaglia di Lepanto che distrusse i turchi, fermandone l’iniziativa negli anni
successivi. I cristiani liberarono oltre 10.000 forzati della loro religione e si impadronirono di un altissimo
numero di turchi da porre a lavoro. Tuttavia la lega santa non fu in grado sfruttare la vittoria la quale preferì
trattare con la pace, accettando la perdita di Cipro. Il 1574 significava per tutti i contendenti un abbandono
del mediterraneo come principale zona di conflittualità, gli stessi turchi, guidati da un nuovo sultano, Murad
III, preferivano concentrarsi su altre zone e sul conflitto con la Persia ad esempio.

La terza fase (1580-1598): l’imperialismo attivo


La temporanea sistemazione della situazione nord-europea, la vittoria sui turchi, il raggiungimento
dell’apice per quanto riguardava l’estrazione di metalli preziosi dalle colonie, inducono Filippo II verso una
politica espansionistica.

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Il 4 Agosto 1578 muore il sovrano portoghese Sebastiano di Braganza a Alcazarquivir nella crociata contro i
musulmani del Marocco, guerra disastrosa per le truppe portoghesi estremamente insufficienti rispetto al
nemico. La sconfitta fu dura per Il Portogallo in un duplice senso: una inevitabile debolezza dello stato da un
punto di vista militare e una problematica di discendenza dovuto all’improvvisa morte del sovrano. Per
questo Filippo II , che disponeva di diritti come figlio di Isabella e antico sposo di Maria di Portogallo, fece
tornare in Spagna il cardinale de Granvelle che cercò di organizzare abilmente la successione di Filippo II.
Alcuni settori della nobiltà, ma soprattutto i mercati di Lisbona, speravano che l’assorbimento nel colosso
spagnolo rilanciasse il commercio e quindi la compromessa situazione economica portoghese ma ben il
presto il partito che desiderava una dominazione locale si oppose alle pretese spagnole. Filippo II, con le
sue truppe comandate dallo spietato duca d’Alba, ben presto sconfisse l’opposizione aggiungendo alla
spagna gli spazi portoghesi e tutti gli immensi domini coloniali.

LO SCONTRO CON L’INGHILTERRA DI ELISABETTA I

Motivi dello scontro:

1) appoggio inglese alle rivolte nei Paesi Bassi nel 1585;

2) Sostegno della Corona inglese alla “Guerra di Corsa” dei pirati inglesi contro le navi spagnole lungo le
rotte coloniali

1588 Spedizione Spagnola contro l’Inghilterra (sconfitta dell’Invincibile Armata)

Cause della sconfitta spagnola

 avverse condizioni climatiche

 superiorità della flotta inglese

 (navi funzionali e agili e cannoni di lunga gittata)

 Migliori strategie di combattimento.

La politica estera di Filippo II si rivela fallimentare con conseguenze anche sul piano interno e inizia per la
Spagna un difficile periodo di crisi sul piano economico e politico dovuto certamente alla ingestibile
grandezza dello Stato.

ELEMENTI CHE PORTARONO ALLA CRISI

Fattori economici:

1. Crisi demografica. La Spagna non possiede una popolazione tanto numerosa da poter sostenere
molteplici attività: il numero di abitanti diminuisce a causa delle epidemie, delle migrazione e
delle conseguenze delle battaglie.
2. 2. Al momento culminante di importazione di metalli preziosi dalle colonie, segue la «grande
inflazione» di fine 1500:
L’eccesiva quantità di metalli preziosi provoca perdita del valore d’acquisto della moneta.
Di tale situazione risentono molto negativamente i feudatari e i contadini (la cui indipendenza
tramonta definitivamente) con perdita del potere d’acquisto.
3. Fallimenti delle banche
4. Crisi nella produzione agricola e nell’allevamento del bestiame
5. La Spagna necessita di prodotti tessili e metallurgici, che le Americhe non riescono a produrre
perché mancanti di apparato industriale
6. Traporti marittimi insicuri a causa dei pirati

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Si sviluppa così dipendenza economica da Fiandre e Inghilterra e si diffondono rotte di contrabbando


per mantenere bassi i costi di trasporto.

Fattori politici:

Negli anni del regno di Filippo II si assiste alla nascita della monarchia burocratica

1. Grande apparato burocratico (funzionari centrali e periferici)


2. 2. I lenti mezzi tecnologici dell’epoca non riescono a supportare una monarchia così burocratizzata.
3. Crisi nei rapporti tra Monarchia e nobiltà (perdita del ruolo centrale dei nobili in favore dei funzionari
statali)
4. Corruzione
5. Estrema rigidità della politica religiosa di Filippo II (l’espulsione di musulmani ed ebrei convertiti)
6. Fallimento della politica estera.

LA FRANCIA NELLE GUERRE DI RELIGIONE DEL 500

Situazione interna della Francia:

Dal 1559 (anno di morte di Enrico II) si susseguono reggenze e deboli sovrani, privi di autorità e capacità.

L’aristocrazia recupera l’influenza politica,


approfittando delle divisioni religiose:

I cattolici hanno come leader i duchi di


Guisa (imparentati con gli Stuart),

Gli ugonotti (8% dei Francesi) fanno


riferimento all’Ammiraglio di Coligny e ai
Borbone, sovrani di Navarra.

I protestanti francesi, ottenuto un primo riconoscimento con l’editto di Amboise del 1560, si organizzano in
un partito guidato da Antonio di Borbone e dall’ammiraglio Coligny. Nonostante la politica di pacificazione
perseguita dalla reggente Caterina De Medici, l’ostilità tra cattolici e protestanti, uniti sotto la guida dei
Guisa, non tarda ad esplodere in aperta violenza. Al primo massacro degli Ugonotti, a Wassy il 1 marzo
1562, ne seguono molti altre che culminano nella strage della notte di San Bartolomeo il 24 Agosto 1572. 8
guerre civili si susseguono e nelle prime 6 gli ugonotti vengono battuti, per esempio a Saint Denis 1567, a
Jarnac nel 1569, a Montcontour nel 1569. Successivamente poi, grazie a diversi accordi di pace, si
assicurano ai protestanti una relativa libertà di culto. La settima guerra combattuta tra il 1579 e il 1580 non
cambiò molto degli assetti raggiunti dagli accordi di pace, l’ottava guerra, detta dei tre enrici (re Enrico III,
Enrico di Navarra capo dello schieramento ugonotto ed Enrico di Guisa), vede il trionfo dei protestanti ed
enrico di Navarra sconfigge i cattolici a Ivry e pone l’assedio a Parigi. Interviene anche la spagna di Filippo II
inviando truppe dai Paesi Bassi, ma Enrico di Navarra ormai Enrico IV riesce s sconfiggere gli spagnoli e a
conquistarsi il favore dei cattolici convertendosi al cattolicesimo. Il 22 marzo 1594 entra trionfante a Parigi
riconosciuto da tutti come legittimo re di Francia. Con l’editto di Nantes (13 aprile – 2 maggio 1598)
garantisce la libertà di culto e l’uguaglianza dei diritti civili e politici agli Ugonotti e con la pace di Vervins (2
maggio 1598) si tutela dalle mire spagnole.

Cronologia delle guerre di religione in Italia

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Nel 1562 la strage di Vassy, massacro di ugonotti ad opera dei Guisa, provoca l’inizio di una guerra civile. Le
ostilità si interrompono con la pace di Saint Germain del 1570:
Gli ugonotti, pur sconfitti, ottengono la libertà di culto in alcune regioni
Il possesso di quattro piazzerforti (la Rochelle);
L’entrata di Coligny nel consiglio reale.

LA NOTTE DI SAN BARTOLOMEO

La crescente influenza di Coligny su Carlo IX porta la regina madre ad un rapido voltafaccia.

Nella notte del 23/24 agosto 1572 le forze rege e il popolo fanno strage degli ugonotti venuti a Parigi per il
matrimonio tra Enrico di Borbone e Margherita di Valois ed Enrico si salva fingendosi cattolico, ma poi
prende la guida degli ugonotti

La guerra dei 3 enrichi

Dopo una nuova tregua la guerra riprese sotto Enrico III (1584), coinvolgendo altri paesi come la Spagna di
Filippo II. Nel 1588 il re fa uccidere Enrico di Guisa per porre fine allo strapotere dei cattolici, ma è a sua
volta assassinato (1589). Unico successore è Enrico di Borbone, (IV) Filippo II e la lega cattolica rifiutano
però di riconoscere un re scomunicato.

Tra i francesi, stanchi e impoveriti dai conflitti, prevale il desiderio di pace. Enrico IV, per essere accettato
come re, si converte al cattolicesimo (1593) e ottiene il perdono del papa. Nel 1598:Filippo II lo riconosce
(Pace di Vervins).
Con l’Editto di Nantes Enrico IV concede agli Ugonotti la libertà di culto in diverse regioni francesi e il
possesso di alcune piazzeforti.

ENRICO IV

Favorisce la pacificazione nazionale e la ripresa economica della Francia:

 riduce le tasse ai contadini;

 protegge la produzione industriale;

 costruisce infrastrutture (canali);

 promuove commercio e la colonizzazione.

Per risanare le finanze, promuove la vendita delle cariche pubbliche, favorendo il sorgere della nobiltà di
toga (Paulette).

L’INGHILTERRA DI ELISABETTA I

La formazione della potenza inglese:

Nella prima metà del XVI secolo l’Inghilterra è ancora una potenza di secondo piano nel continente europeo
tuttavia essa gode di una serie di vantaggi rispetto agli altri paesi europei:

 Favorevole posizione geografica

 Positivo rapporto tra popolazione e risorse economiche

 Propensione all’imprenditoria e al rischio della sua popolazione

 I mercanti e gli uomini d’affari inglesi si distinguono da quelli europei

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L’INGHILTERRA DI ELISABETTA I

Elisabetta I Tudor nasce il 7 settembre 1533 da Enrico VIII e Anna Bolena e fu regina d'Inghilterra e d'Irlanda
dal 1558 al 1603.

I suoi principali campi di intervento furono tre:

• Espansione marittima dove capitali privati finanziano la fondazione di colonie nel nord America,
(California/Virginia) e l’attività dei corsari :

• 2. Intervento nella questione olandese

• 3.La sistemazione della situazione interna

E durante il regno di Elisabetta è evidente Il passaggio dell’Inghilterra da un regno feudale ad una


monarchia assoluta avente un intenso rapporto dialettico con la società civile e, comunque, una grande
attenzione per l’ordine e il rispetto della legge e Il controllo del territorio viene affidato ad una nuova figura
istituzionale lo sceriffo, che viene esportata anche nelle colonie americane.

LA POLITICA RELIGIOSA DI ELISABETTA

Appena salita al trono ripristina il controllo regio sulla Chiesa (Anglicanesimo). Il Suo atteggiamento, però,
cambiò dopo che Maria Stuart, costretta a lasciare la Scozia, si rifugiò in Inghilterra, divenendo riferimento
dell’opposizione cattolica. Cercò di evitare i contrasti religiosi, sia respingendo il radicalismo puritano, sia
evitando di urtare i cattolici.

LA POLITICA ECONOMICA

Durante il lungo periodo della monarchia Tudor il potere reale dell’aristocrazia si modificò fondandosi sul
ruolo di classe dirigente, sul rapporto con la corte e sulla ricchezza garantita dalle grandi proprietà
fondiarie. Nel corso del regno di elisabetta I, in seguito a una maggiore mobilità della terra dovuta alla
vendita delle proprietà ecclesiastiche, si verificò una nuova ondata di recinzioni di cui si resero protagonisti
proprietari terrieri e fittavoli. Quella recizione prende il nome di enclosures: Con il termine enclosures ci si
riferisce alla recinzione dei terreni comuni (terre demaniali) a favore dei proprietari terrieri della borghesia
mercantile avvenuta in Inghilterra tra il XVII ed il XIX secolo.

Il gioco economico di Elisabetta in parte si basò sul consenso dei ceti produttivi:

 La nobiltà terriera si avvantaggia della vendita dei beni ecclesiastici;

 I proprietari avviano le recinzioni delle terre comuni.

 la produzione inglese viene difesa dalla concorrenza estera;

 In ambito commerciale si promuovono le Compagnie Privilegiate.

 Inizia la sfida alle monarchie iberiche nel campo dei commerci e delle colonie.

LA POLITICA COLONIALE DI ELISABETTA I

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Elisabetta promuove l’espansione coloniale verso India, Nel 1586 Francis Drake intraprende la prima
spedizione verso il continente indiano e il 31 dicembre del 1600 viene fondata la Compagnia delle Indie
Orientali, quando la regina Elisabetta I d'Inghilterra accordò una "carta" o patente reale che le conferiva
per 21 anni il monopolio del commercio nell'Oceano Indiano.

Durante il suo regno e la sua politica coloniale elisabetta i mostra interessa anche per i territori del
continente giovane, tanto che nel 1584 conquisterà la Virginia e nel 1620 un gruppo di puritani raggiungerà
il Massachussets.

RAPPORTI CON LA SPAGNA DI FILIPPO II

Elisabetta spezza il legame innaturale creatosi sotto Maria, sposa di Filippo II, ma è conscia della debolezza
inglese

Mantiene relazioni apparentemente buone con la Spagna, senza scoraggiare né accogliere le proposte di
matrimonio di Filippo II.

Al tempo stesso appoggia guerra di corsa ai danni dei galeoni spagnoli.

• Una lettera di corsa, detta anche lettera di marca o patente di corsa, era una garanzia (o
commissione) emessa da un governo nazionale che autorizzava l'agente designato a cercare,
catturare o distruggere, beni o personale appartenenti ad una parte che aveva commesso una
qualche offesa alle leggi od ai beni od ai cittadini della nazione che rilasciava la patente. Questa
veniva di norma usata per autorizzare dei gruppi di privati ad assalire e catturare bastimenti
mercantili di una nazione nemica, come la stessa Elisabetta I volle fare.

LA GUERRA CON LA SPAGNA

• La politica anticattolica di Elisabetta, che nel 1570 viene scomunicata, culmina nella decapitazione
di Maria Stuart (1587). (Ciò darà a Filippo II il pretesto per tentare l’invasione dell’Inghilterra
(1588)). L’Invecible Armada spagnola è però distrutta dalle tempeste e dalle navi dei corsari, anche
se il declino è iniziato, la Spagna è lontana dall’essere sconfitta.

L’ITALIA SPAGNOLA

Con la Pace di Cateau Cambresis 1559 viene sancito il predominio della Spagna sulla penisola italiana. Nel
passaggio di consegne da Ferdinando il Cattolico a Carlo V e poi a Filippo II, nei sovrani spagnoli persistette
sempre una particolare attenzione per la politica mediterranea, al fine di frenare il potere francese e per
poter far fronte al pericolo turco. Dunque, il possesso dei territori italiani era carico di una grande
importanza strategica.

IL DUCATO DI MILANO

Il ducato di Milano rivestiva una funzione molto importante dal punto di vista strategico. In funzione
antifrancese e nei rapporti con Venezia, Stato pontificio e Genova fungeva da area di riferimento essenziale
per la definizione della politica spagnola in Italia.

IL REGNO DI NAPOLI

Per la Spagna il regno di Napoli era la proiezione sul Mediterraneo che garantiva un pieno controllo sulle
rotte commerciali e un’efficace politica di contrasto contro l’espansione turca che non smetteva mai di
minacciare la Spagna.

LA SICILIA E LA SARDEGNA

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Costituiscono fondamentali Basi di appoggio per la flotta spagnola nel mediterraneo e la Sicilia in
particolare funge da bacino di approvvigionamento per produzione cerealicola.

LO STATO DEI PRESIDI

Posizionati strategicamente in quello che era lo stato dei presidi erano una serie di basi militari che
consentivano alla Spagna di controllare i traffici marittimi nel Mar Tirreno, avendo pieno controllo su tutte
le rive della penisola.

GEOGRAFIA POLITICA DELL’ITALIA NON SPAGNOLA

DUCATO DI SAVOIA

Il Ducato di Savoia fu la potenza italiana più autonoma nel campo politico della penisola

• Emanuele Filiberto di Savoia e il suo successore, il figlio Carlo Emanuele I, furono gli artefici di una
certa modernizzazione del Ducato e della nascita di una vocazione espansiva verso l’Italia.
Emanuele Filiberto crea la Corte dei Conti, ristruttura l’esercito introducendo il principio della leva
obbligatoria e spinge nella modernizzazione dell’agricoltura e dell’industria. Entra in rotta di
collisione con la Spagna ad inizio 1600, allorché approfitta dell’impegno della Francia nelle guerre
di religione, con la conquista del Marchesato di Saluzzo e con il suo interesse per il Monferrato.

LA REPUBBLICA DI GENOVA

È un piccolo Stato che possiede però un importantissimo porto, una discreta industria ed è primo
importatore di metalli preziosi in Italia. Nel 1528 entra però nell’orbita spagnola che ne favorirà l’ascesa
della Repubblica. A Genova e ai suoi banchieri infatti La Spagna affida alcune funzioni vitali per la sua
politica imperiale come il prestito di capitali, il controllo delle comunicazioni marittime nell’area imperiale
e i trasferimenti di denaro da un capo all’altro dell’Impero.

In tal modo La Repubblica di Genova potenzia il proprio apparato militare, portuale ed edilizio, le élites
commerciali e finanziarie genovesi entrano nella vita di tutti i territori della corona spagnola tanto che
l’alleanza con la Spagna diviene più stretta in occasione della Congiura dei Fieschi (1547) dove una parte
della nobiltà genovese capeggiata dalla famiglia Fieschi tentò di scalzare la famiglia dominante dei Doria
(l’ammiraglio Andrea Doria sarà uno dei principali artefici della vittoria contro i turchi nella battaglia di
Lepanto).

DUCATO DI TOSCANA (divenuto gran ducato nel 1569)

Il ducato di toscana con Cosimo I de Medici seppe ricoprire un ruolo economico importante dopo la
conquista della Repubblica di Siena. Il supporto spagnolo era importante per assicurare al Granducato la
solidità territoriale e d’altra parte la Spagna penetrava nella geopolitica toscana per via dello Stato dei
Presidi (Isola d’Elba, Piombino, Telamone, Orbetello, Porto Ercole e Porto S.Stefano).

LO STATO PONTIFICIO

Lo Stato Pontificio costituiva un’importante realtà politica dell’Italia centrale e un riferimento per gli
equilibri europei (Riforma /Controriforma). Nel corso del 500 inglobò una serie di territori appartenenti a
signorie locali, come Ferrara e Urbino e I papi del 500 svolsero un importante ruolo politico e diplomatico
nello scontro tra Spagna-Francia, con conseguenze anche sull’elezione al soglio pontificio.

LA REPUBBLICA DI VENEZIA

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I rapporti con la Spagna non erano amichevoli ma solo di reciproco bisogno per la comune difesa del
Mediterraneo dal pericolo turco e per quantp Il centro dei flussi commerciali, questo si era spostato dal
Mediterraneo all’Atlantico e Venezia non era tecnicamente in grado di attrezzarsi per la navigazione
oceanica. Venezia contribuì alla vittoria di Lepanto in quanto grande potenza marinara ma, dopo tale
evento, pensò soprattutto a consolidare il proprio territorio (Veneto, Istria, Dalmazia e costa slava). Grazie
alla vittoria conseguita a Lepanto, l’azione di contrasto dei Turchi al dominio di Venezia nell’Adriatico e alla
sua libera circolazione nel Mediterraneo subì un forte ridimensionamento. Sebbene ormai si dovesse
considerare una potenza decadente, Venezia svolgeva un ruolo preminente:

 nelle relazioni commerciali con l’Europa Orientale (considerate le scarse capacità in ambito
commerciale dei Turchi),

 nell’industria del vetro soffiato e nell’ambito della produzione libraria

 Nell’attività diplomatica con le grandi potenze europee

Tuttavia, anche l’Adriatico diventa pericoloso per Venezia: gli Uscocchi, profughi dalmati molto abili in mare
e protetti dagli Asburgo, portano avanti azioni di pirateria.

LA PAX ISPANICA

Costi e benefici della dominazione spagnola

BENEFICI:

 L’Italia veniva inserita nelle grandi vicende della politica europea e, al contempo, le veniva
assicurata la protezione da eventuali attacchi dell’Impero Ottomano

COSTI:

 Gli Stati italiani recitavano un ruolo politico subordinato a quello delle grandi potenze (soprattutto
rispetto alla politica del blocco asburgico),
 Gli Stati italiani recitavano un ruolo politico subordinato a quello delle grandi potenze (soprattutto
rispetto alla politica del blocco asburgico),
 Drenaggio delle risorse economiche e umane;
 Diffusione dello spirito e dei comportamenti propri della Controriforma.

L’interpretazione storiografica della dominazione spagnola in Italia

La storiografia seicentesca identifica la decadenza italiana nel contesto europeo con la dominazione
spagnola - L’Illuminismo prende a modello negativo dell’”Antico regime” il governo spagnolo - La
storiografia ottocentesca e “romantica” guarda alla dominazione spagnola come l’inizio della lotta per
l’indipendenza italiana - La più recente storiografia ha iniziato a studiare il ruolo dell’Italia nel complesso
del sistema mediterraneo imperiale spagnolo

La svolta storiografica si deve però a Benedetto Croce:


Pur continuando ad usare la categoria interpretativa della “decadenza” per identificare la dominazione
spagnola in Italia, individua due elementi positivi:

 La protezione del territorio

 La sottomissione dei baroni feudali al potere del sovrano (nell’Italia del sud)

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L’estate di San Martino dell’economia italiana

 Aumento demografico

 Crescita dei prezzi di merci, beni e servizi

 Salita del costo del denaro

 Generale aumento degli investimenti economici

Con il termine di Estate di San Martino s'indica quel miglioramento economico che tra il 1550 e il 1600
interessò L’Italia. Nella seconda metà del Cinquecento l’Italia (considerata come la sommatoria di tutti gli
Stati ), indipendenti o meno, che la compongono passa da 10 a 13 milioni di abitanti. Nello stesso periodo,
pur rimanendo sostanzialmente agricola (circa l'80% delle persone vivono in campagna), nella penisola si
formano grandi realtà urbane che crescono in maniera vertiginosa: Napoli arriva a quota 300.000 abitanti,
Venezia a 200.000 e Roma a 100.000.

SETTORI TRAINANTI NELL’ECONOMIA ITALIANA TRA IL 1550 E IL 1600

L’agricoltura restava fondamentale nella produzione che vedono un incremento della cerealizzazione e
bonifiche generali dei campi, la produzione tessile si concentra sulla lana e sulla seta, il commercio puntava
su Genova, Venezia e Ancona il credito infine si basava sui prestiti alla corona spagnola e gli investimenti nei
settori produttivi

L'abbondanza di manodopera agricola diede vita alla coltivazione estensiva dell'incolto e alla valorizzazione
delle terre già "colonizzate": bonifiche, migliorie e introduzione di nuove colture (come la patata) diedero
slancio alla produzione agricola dei vari Stati italiani

• Superati i tempi difficili delle Guerre d’Italia del primo Cinquecento, riprende slancio il commercio,
il denaro acquisisce più valore e aumentano i prezzi dei beni e dei servizi.

• L'aumento del prezzo dei cereali (che in Lombardia arrivò perfino a triplicare) non deve essere
considerato un sintomo di crisi, anzi esso sintetizza perfettamente il mutamento avvenuti nelle
leggi della domanda e dell'offerta.

L'estate di San Martino non toccò però il mondo contadino: I braccianti infatti non migliorarono le loro
condizioni economiche e umane perché rimasero sottoposti a un durissimo sfruttamento da parte dei
grandi proprietari terrieri. La stessa diffusione del benessere non fu uniforme:

 le regioni settentrionali ebbero una crescita maggiore di quelle centrali, che a loro volta si
svilupparono di più rispetto a quelle meridionali.

 Il disavanzo economico tra le "due Italie" aumentò quindi ancor di più.

LA CONTRORIFORMA IN ITALIA

L’età dell’egemonia spagnola fu per l’Italia, soprattutto dopo il concilio di Trento il periodo in cui meglio si
manifestarono tutti gli aspetti della «Controriforma e della Riforma cattolica»

Da un lato la reazione alla diffusione delle idee protestanti, la repressione di qualsiasi fermento culturale
non in linea con l’ortodossia cattolica e i processi dell’inquisizione, dall’altro lato l’azione pastorale di

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personalità ecclesiastiche che interpretarono il volto rinnovatore della Chiesa. Lo stato Sabaudo di
Emanuele Filiberto e Carlo Emanuele I geograficamente vicino alla patria del calvinismo (Ginevra) e con
una sensibile presenza di Valdesi, era tuttavia un baluardo contro l’eresia grazie all’attività dei gesuiti.

Il regno di Napoli seppe sviluppare nei suoi intellettuali più rappresentativi una solida cultura
giurisdizionalista e regalista che si oppose con energia all’estensione dei privilegi del clero. Nel Ducato di
Milano l’impronta della riforma cattolica fu data da Carlo Borromeo, arcivescovo dal 1565 al 1584 che si
impegnò nell’attività pastorale, nella fondazione dei seminari per il clero e nell’assistenza sociale.

LA CRISI DEL SEICENTO


Tra il ‘500 ed il ‘600 si verifica un processo di grandi Trasformazioni indicato come “CRISI GENERALE DEL
SEICENTO”

1. Crisi Agraria

2. Contrazione demografica

3. Crisi manufatturiera

4. Intensificazione del ciclo carestia-epidemia-carestia

 Nonostante sia da considerarsi una crisi generale non è omogenea in quanto

 Non colpisce tutti i paesi allo stesso modo negli stessi tempi e negli stessi settori

 Ritmo e modalità della crisi furono diversi da aree ad aree

 Dalla crisi alcuni paesi uscirono più forti altri più deboli e crisi e trasformazioni sono intimamente
legati

La crisi apportò un inevitabile cambiamento delle rotte commerciali europee che improvvisamente
subiscono uno spostamento del baricentro dei traffici commerciali verso Ovest e verso Nord, Amsterdam
diviene centro dell’economia mondiale e i banchieri tedeschi e genovesi vengono sostituiti dalla grande
finanza anglo-olandese con nuove gerarchie nel controllo del credito e delle finanze: alla fine del ‘500
l’afflusso di oro ed argento americano diminuisce. La crisi si manifesta su ogni aspetto sociale, politico ed
economico, la stessa demografia subisce dei sensibili cambiamenti tanto che la crescita della popolazione
europea si fa molto debole e le cause sono da trovarsi in Guerre ed epidemie che colpiscono popolazioni
indebolite dalla insufficiente alimentazione.

 1500-1600 +26%

 1600-1700 +12%

 1700-1800 +53%

Anche l’agricoltura è vittima di questo difficile periodo europeo per diverse cause: un improvviso
cambiamento climatico dovuto ad una piccola glaciazione compromette la produzione assieme a una
contrazione delle zone disponibili alla coltivazione e una diminuzione del prezzo dei cereali. Ad aggravare la
situazione vi è anche un allargamento dei campi adibiti al pascolo e delle grandi proprietà terrieri.

La crisi è anche commerciale, manufatturiera e finanziaria. Il sistema economico-commerciale in Europa si


trasforma a causa della superiorità economica dell’Inghilterra e dei Paesi Bassi. Quest’ultimi devono la
loro fortuna ad una diversificazione dei prodotti commerciati e ad una capacità di rispondere alla
domanda di beni a prezzi più bassi (fattore tecnologico/riduzione del costo del lavoro). Questo modello

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economico-commerciale Inglese/Olandese si rivela quindi estremamente vincente e produttivo ma è


difficile da realizzare nell’Europa mediterranea a causa della presenza delle corporazioni di arti e
mestieri.

Le compagnie commerciali

Un ruolo molto importante nello sviluppo del commercio inglese ed olandese lo ebbero le compagnie
commerciali di navigazione. Si trattava di società di privati a cui lo stato dava il controllo della navigazione e
del commercio in una certa parte del mondo. La più importante fu la Compagnia delle Indie Orientali (in
Asia) e una delle attività che arricchì alcuni stati europei fu la tratta degli schiavi. I commercianti europei
prelevavano gli schiavi africani per portarli a lavorare nelle miniere e nelle piantagioni americane
(soprattutto dopo che milioni di indios erano stati sterminati) incrementando il lavoro e quindi la
produzione di guadagno.

IL DECLINO DELL’IMPERO SPAGNOLO

È più corretto parlare di declino e non di crisi, perché il processo di decadenza della Spagna non è stato un
processo breve. Già durante il regno di Filippo III (1598-1621) si manifestarono i primi segnali negativi:

 crisi dei raccolti,

 La peste del 1599,

 L’espulsione dei moriscos (musulmani convertiti al cristianesimo, che erano causa di rivolte ma
costituivano anche la spina dorsale del settore agricolo e artigianale spagnolo). (Tale espulsione
dimostra quanto sia facile che una nazione in crisi trovi in una minoranza razziale il «naturale»
capro espiatorio. )

Con il regno di Filippo IV l’avvento al potere del conte-duca d’Olivares si aggrava lo stato di crisi che
scatenerano un susseguirsi di rivolte delle colonie: Rivolta della Catalogna che, per protesta
all’oppressione fiscale, si avvicinò alla Francia ma non riuscì ad ottenere l’indipendenza, Secessione del
Portogallo e rivolta nei territori del napoletano (che fallì per mancanza di coesione dei rivoltosi).

IL CONSOLIDAMENTO DELLO STATO MODERNO IN FRANCIA

La Francia, come si è visto, seppe risorgere dai bui decenni delle guerre civili sotto l’efficace guida di un
sovrano energico come Enrico di Navarra, divenuto re con il nome di Enrico IV. L’azione decisiva di quest
ultimo mirò a ricomporre lo società civile francese, la stessa pace religiosa, il senso dello Stato e il prestigio
della monarchia. Lo fece attraverso una serie di interventi mirati:

1. meccanismo di reclutamento degli ufficiali rigidamente controllato e compravendita degli uffici


pubblici.
2. adozione di misure protezionistiche nel campo delle sete e della manifattura
3. rafforzamento delle alleanze politiche europee in chiave antiasburgica

Con una società ormai in ripresa economica, un bilancio dello Stato almeno in parte riassettato, un governo
abile e ormai funzionante, Enrico IV cominciò a delineare quella politica di espansione e quella strategia che
sarebbero state sviluppate nei decenni successivi da Richelieu, Mazarino e soprattutto Luigi XIV. Il solito
nemico era ancora la Spagna, che in quel momento stava consumando le sue energie contro gli olandesi.
Con questi, carlo emanuele I di Savoia, con venezia, Enrico IV stava preparando una vasta trama anti-
spagnola, quando un fanatico della Lega Cattolica, Francois Ravaillac, nel 1610 lo pugnalò uccidendolo. Gli
successe al trono il figlio Luigi XIII (1601-1643), affidato alla reggenza della madre Maria de’Medici perché

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ancora minorenne. La crisi della monarchia francese si aggrava a causa delle rivolte dei contadini, della
ribellione dei nobili e della ripresa delle ostilità da parte degli Ugonotti

IL CARDINALE RICHELIEU

Dopo la convocazione nel 1614 degli Stati Generali (clero - nobiltà - Terzo Stato, emerge la figura del
cardinale Richelieu (1585-1642). Nominato primo ministro nel 1624 da inizio alla sua politica per il
consolidamento della monarchia e la costruzione in Francia di uno Stato assoluto dalle solide basi
nazionali ed internazionali. Del suo operato politico si distinguono 2 fasi:

Prima fase (1624-1628):

 Richelieu si dedica al consolidamento interno:


 Nel 1628, conclude lo scontro con gli Ugonotti conquistando la fortezza di La Rochelle (ultimo
territorio libero dei calvinisti francesi)
 Pone fine alle rivolte contadine, dividendo il fronte dei ribelli.

Seconda fase (1628-1642):

 si dedica alla politica internazionale.


 Crea e consolida una efficiente rete di Commissari regi (i futuri prefetti),
 Organizza un esercito stanziale (con annesse caserme e magazzini, fondamentali per
acquartieramenti e rifornimenti) e incrementa la flotta di guerra

Utilizzando un’abile politica diplomatica pone le basi per primato francese in Europa aumentando la crisi
della Spagna

IL CARDINALE MAZZARINO

Tuttavia, il conflitto tra nobiltà di spada e nobiltà di toga e i malesseri sociali spenti ma non estinti
costituiscono l’eredità lasciata al suo successore, l’italiano Giulio Mazarino (1602-1661), primo ministro
sotto Luigi XIV (1643-1715) e la reggente madre Anna d’Austria. Mazzarino proseguì la politica di
rafforzamento del potere centrale francese, estendendo il ricorso alla venalità degli uffici, aumentando la
pressione fiscale e ridimensionando il potere della Spagna (chiude la Guerra dei Trent’anni con la pace dei
Pirenei del 1659).

LA FRONDA PARLAMENTARE

L’avversione verso l’oppressione fiscale e le campagne militari scatenarono una serie di rivolte che si
estendono da Parigi ai Parlamenti delle province, fenomeni rivoltosi che vanno sotto il nome di Fronda
Parlamentare (da fronde = fionda, un gioco in voga tra i ragazzi parigini). Tale fenomeno (1648-1649)
rappresentò il tentativo dei ceti parlamentari e della nobiltà provinciale di riconquistare gli spazi perduti
con Richelieu e di evitare la centralizzazione dello Stato. L’azione non coordinata tra centro- periferie
determinò il fallimento della rivolta.

LA FRONDA DEI PRINCIPI

1650-1653: Fronda dei Principi.

Il principe di Condè riuscì a canalizzare in un solo fronte il malcontento popolare e la blasonata aristocrazia.

1651 «La Fronda» ottiene il temporaneo allontanamento di Mazzarino

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In assenza del cardinale si crea un vuoto politico di cui i principi non riescono ad approfittare

La «Fronda dei principi» viene sconfitta nella Battaglia di Parigi (1652)

 Mazzarino riuscì a fare della monarchia l’unica garante dell’ordine dello Stato e della stabilità del
potere, riducendo la nobiltà a mera cornice della società di corte parigina.

LE CONTRADDIZIONI DELL’IMPERO GERMANICO

La Riforma Protestante aveva introdotto un fattore di ulteriore destabilizzazione nel già complicato
scenario politico dell’Impero germanico

 Nacque L’Unione evangelica, capeggiata dall’elettore del Palatinato, cui si contrappose la Lega
cattolica, che faceva capo al duca di Baviera.

 La questione della successione al trono di Boemia fece scoppiare il conflitto politico-religioso. La


Dieta boema aveva il timore che sul trono si insediasse Ferdinando di Stiria, rigido cattolico di
formazione gesuitica.

Nel 1617 la condizione tra cattolici e protestanti trovava un pretesto per aggravarsi e con l’appoggio della
Lega Cattolica Ferdinando di Stiria, diventava Re di Boemia. Nel 1618 ebbe luogo la Defenestrazione di
Praga (alcuni nobili protestanti gettarono dalla finestra del castello praghese di Rodolfo II i due governatori
cattolici di Mattia (fratello di Rodolfo II), che diede inizio alla Guerra dei Trent’anni.

LA GUERRA DEI TRENT’ANNI 1618-1648 – UN CONFLITTO MONDIALE


Di questo storico conflitto possiamo individuare 4 caratteristiche principali:

1. Rappresentò uno scontro fra 2 credi religiosi (Boemia-Unione Evangelica/ autorità imperiale-Lega
cattolica);
2. Sullo scenario europeo emersero nuovi protagonisti, quali la Danimarca e la Svezia;
3. Fu il primo conflitto di massa della storia moderna, evolutosi da una dimensione ristretta ad una
internazionale;
4. Si fece molto ricorso all’attività diplomatica, sebbene gli eserciti rivestissero un ruolo sempre più
importante

E storicamente la Guerra dei Trent’anni si divide in 4 fasi:

• 1. La fase boemo-palatina (1618-1625)

• 2. La fase danese (1625-1629)

• 3. La fase svedese (1630-1635)

• 4. La fase francese (1635-1648)

LA DEFENESTRAZIONE DI PRAGA

La terza defenestrazione di Praga, avvenuta il 23 maggio 1618, fu l’evento scatenante della guerra dei
trent’anni. Il Regno di Boemia era governato fin dal 1526 dagli Asburgo che non avevano mai imposto il
principio di cuius regio, eius religio sulla popolazione, largamente protestante.
L’imperatore Rodolfo II, fiaccato dai rovesci nella guerra coi turchi e dall’aggravarsi della propria malattia
mentale, stava per essere rimpiazzato alla guida del Sacro Romano Impero dal fratello minore Mattia. Per

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aumentare la propria influenza in Boemia, Rodolfo promulgò la lettera di maestà, che garantiva libertà di
culto ed il diritto di costruire chiese e scuole confessionali ai sudditi boemi. Dopo la morte di Rodolfo,
avvenuta nel 1612, Mattia divenne imperatore e nel 1617 elesse suo cugino Ferdinando II re di Boemia.
Quest’ultimo era un fervente sostenitore della controriforma e poco ben disposto nei confronti della
maggioranza protestante e dei diritti ad essa concessi. Lo scontro si ebbe quando Ferdinando impedì la
costruzione di alcune cappelle protestanti, che stavano per essere costruite su terreni appartenenti alla
chiesa cattolica, che i riformati, dal canto loro, sostenevano essere di proprietà del re – il quale li aveva
appena ceduti, per aggirare la Lettera di Maestà – e denunciarono la violazione della medesima. Al castello
di Hradčany, noto anche come Pražský hrad (ovvero “Castello di Praga”), il 23 maggio 1618 alcuni
rappresentanti dell’aristocrazia, galvanizzati dal Conte Thurn, catturarono due governatori imperiali,
Jaroslav Bořita z Martinic e Vilém Slavata, ed un loro segretario, Philip Fabricius, e li lanciarono fuori dalle
finestre del castello.

LA FASE BOEMA PALATINA 1618-1625

Con la Boemia e la Moravia in rivolta, la morte dell’imperatore Mattia nell’Ungheria austriaca aggravò
ulteriormente le cose. Il 22 Agosto 1619 l’assemblea dei confederati di Boemia, Lusazia, Slesia e Moravia
aveva dichiarato nulla l’elezione di Ferdinando. Pochi giorni dopo sceglieva Federico del Palatinato come
nuovo sovrano (26 agosto). Questa decisione significava la guerra ad oltranza. Il 28 dello stesso mese infatti
Ferdinando era eletto imperatore, nonostante le proteste boeme. Decisivo fu l’intervento della Lega
cattolica, coordinata da Massimiliano di Baviera e comandata dal generale Tilly. Dall’Austria si mosse anche
il generale Spinola, che comandava gli aiuti spagnoli. Lo scontro avvenne l’8 novembre 1620 davanti a
Praga, nella località di Montagna Bianca. Tilly sconfisse duramente l’esercito boemo, determinando la resa
e il saccheggio di Praga e la fuga di Federico V. Nel gennaio 1621 questo fu privato di titolo di elettore e
bandito dall’Impero e l’elettorato del Palatinato viene assegnato a Massimiliano di Baviera. Durissima fu
naturalmente la repressione in Boemia, guidata dal fanatico imperatore Ferdinando. Tilly nel 1662
completò la conquista del Palatinato e Heidelberg fu saccheggiata.

LA FASE DANESE 1625-1629

Due erano gli assi del conflitto individuati dagli uomini del tempo. Uno di questi era rappresentato dalle
Province Unite e l’altro dalla Valtellina e dal cantone dei Grigioni. In un primo momento, tuttavia, la guerra
prese un’altra piega per l’intervento a favore dei protestanti di Cristiano IV di Danimarca. Notevole sovrano
diventato nel 1625 punto di riferimento dei protestanti tedeschi, con l’appoggio dell’Olanda e
dell’Inghilterra iniziò la guerra contro l’impero, che disponeva di due esercito, uno era quello bavarese
guidato da Tilly e uno era quello imperiale reclutato personalmente dal generale Wallenstein. Gli alleati di
Danimarca si rivelarono tuttavia deludenti tanto che le truppe danesi vennero sconfitte sa Wallenstein
rapidamente. Quest’ultimo, annientati i protestanti ed essendosi distinto come generale, ebbe in premio il
ducato di Meclemburgo, suscitando l’opposizione e la gelosia degli altri principi cattolici. Cristiano IV fu
nuovamente sconfitto sui territori stessi del Wallenstein e con la pace di Lubecca del 1629 si impegnò a
rinunciare a ogni proprietà sull’Impero. È in questo momento di inizio della terza fase di Svezia che arriva
Gustavo Adolfo di Svezia, prossimo grande nemico dell’Impero.

LA FASE SVEDESE 1630-1635

Agli inizi del 600 la Svezia emerge come nuova potenza europea sotto la guida di un abile politico e
governatore, Re Gustavo Adolfo (1611-1632). Ciò fu possibile perché la Svezia era ricchissima di risorse
minerarie (ferro e rame, utili per esportazioni e armamenti). La guerra procedette con distruzioni inaudite,
come la vittoria di Tilly a Magdeburgo nel 1623 contro i protestanti, e la vittoria svedese contro l’esercito
aburgico a Breitenfeld (18 sett 1631) che permetteva alla forze protestanti di riprendere forza e di sostituire
il fanatico Ferdinando con Gustavo Adolfo come imperatore. Lo scontro decisivo per gli svedesi ci fu a
Lutzen, nel novembre del 1632 vennero sconfitti gli imperiali, ma Gustavo Adolfo fu trovato morto sul

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campo e la perdita del loro sovrano paralizzò per qualche tempo gli svedesi. Il Wallenstein stesso che aveva
vinto la guerra uscì dal conflitto abbastanza compromesso perdendo anche la fiducia delle truppe stremate.
In questo stesso scenario però il generale tramava un tentativo di cingere addirittura la corona di Boemia.
Ferdinando nel gennaio 1634 smascherò il suo tentativo di tradimento e chiese agli ufficiali di abbandonare
il loro generale. Quindici giorni dopo una squadra du mercenari assassinò il generale e i suoi collaboratori.
Nel 1634, a Nordlingen, gli svedesi furono battuti definitivamente degli imperiali. Si venne quindi alla pace
di Praga (30 Maggio 1635), che decretò nuovamente la sottomissione degli Stati germanici all’egemonia
asburgica e cattolica e l’isolamento della Svezia. A questo punto la Francia non poteva fare a meno di
intervenire direttamente.

LA FASE FRANCESE 1635-1648

Nel 1637 sale al trono imperiale Ferdinando III. In questa fase, la Francia decide di scendere in campo
direttamente, a fianco di Svezia e Olanda.

Dopo la morte di Ferdinando II viene eletto imperatore Ferdinando III che dovette affrontare l’ultima
tragica parte della guerra dei trent’anni. Questa fase del conflitto vedeva da una parte la Francia, la Svezia e
l’Olanda, dall’altra l’Impero e la Spagna. Nel complesso le vicende favorirono, come vediamo dalle vittorie
olandesi alle Dune, degli svedesi e dei francesi. Questi non solo avevano sconfitto nel 1643 gli spagnoli a
Roncroi, nelle Ardenne, ma avevano invase Palatinato e Alsazia. I territori tedeschi ne risentirono
profondamente di questa tragica fase perdendo risorse economiche e umane. Alla distruzione bellica si
aggiunsero anche carestie, pandemie e degradazione dei campi. Una situazione di tensione rispetto alla
dipendenza spagnola degli Asburgo e un timore dell’Olanda rispetto alla possibilità di un costo troppo alto
da pagare alla tutela spagnola portarono alle lunghe e difficili trattative di Westfalia tra Impero e tutti gli
stati europei. Tali trattative iniziarono nel 1641, si svolsero in due città separate e nel 1648 si arrivò ai
seguenti risultati: una pace separata tra Olanda e Spagna, entrambe intimorite dalla Francia, e una pace tra
Impero, Francia e Svezia. La spagna, ormai liberatasi dell’Olanda, non firmò e continuò la guerra contro la
Francia. Dal punto di vista religioso, la pace di Vestfalia permise di giungere ad una pacifica convivenza tra
Cattolici, Luterani e Calvinisti. Confermò il principio del cuius regio, eius religio (i principi sceglievano la
religione del proprio Stato) ma consentiva ai sudditi di conservare il proprio patrimonio, anche se questi
dovevano lasciare il proprio paese.

Il nuovo quadro internazionale dopo le paci di Vestfalia, Pirenei e Oliva


Gli anni che intercorrono fra il 1648 e il 1659 vedono il protrarsi durissimo della guerra fra Spagna e Francia.
Con il trattato di Parigi del 1657 la Francia si era alleata con l’Inghilterra, la quale contribuì con le sue flotte
ad isolare i porti iberici ed infine, nel 1658, la Francia guidata dal generale Turenne sconfisse
definitivamente, nella battaglia delle Dune, presso Dunkerque, gli spagnoli. Si giunse quindi alla pace dei
Pirenei nel 1659: la Spagna cedeva all’Inghilterra Dunkerque e la Giamaica; e alla Francia alcuni territori
delle Fiandre e nella zona dei Pirenei, la Cerdagna e il Rossiglione. Inoltre veniva stabilito il matrimonio tra
Luigi XIV con Maria Teresa, figlia del re di Spagna Filippo IV.

Più complessa si rivelò l’egemonia svedesa sul Baltico. Il nuovo sovrano Carlo X dovette affrontare la guerra
del Nord contro la Danimarca, sua storica nemica. Carlo X principalmente mirava mirava a portare la guerra
nel continente pert entrare facilmente in Danimarca, cosa che però gli veniva impedita dall’elettore di
Brandeburgo che controllava la Prussia orientale e che aveva trasformato il suo Stato in una potenza solida
e ricca. Ancora una volta l’intervento di Mazarino portava alla pace, alla pace di Oliva del 1660. Tale pace
accontentò tutti a spese della Polonia che distribuiva terreni a favore di Brandeburgo, Svezia e Russia
stessa. Con le paci di Vestfalia, dei Pirenei, e di Oliva nasce un’Europa multipolare:

 L’Inghilterra e l’Olanda motore dell’economia europea;

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 La Francia domina nel polo del Mediterraneo;

 Prussia Brandeburgo è in ascesa nell’Europa centrale;

 La Svezia domina a Nord;

 La Russia ad Est.

L’INGHILTERRA E L’OLANDA DEL 600 – CENTRO DELLA CIVILTA’ EUROPEA

L’INGHILTERRA DEGLI STUART

Il 24 Marzo 1604 la morte della regina Elisabetta pose fine al regno deI Tudore, cui succedette il figlio di
Maria Stuart, Giacomo. La dinastia Stuart avrebbe regnato sono al 1714. Con l’ascesa al trono di Giacomo
VI, re di Scozia che divenne re d’Inghilterra con il nome di Giacomo I, si verificò per la prima volta l’unione
dei regni d’Irlanda, Scozia e Inghilterra sotto il dominio di un solo re. Dal punto di vista religioso fu bene
accolto dai sudditi inglesi in quanto era stato educato da calvinisti scozzesi. In ambito politico Giacomo I fu
un convinto assertore dell’assolutismo e per affermare tale dottrina si servì pienamente della chiesa
anglicana e da subito tentò di sanare il contrasto tra la chiesa anglicana e la società civile a cui
appartenevano i numerosi e rincoglioniti puritani.

Il contesto economico inglese di questi anni era quello di una nazione ricca che non aveva ancora però
raggiunto un equilibrio economico-finanziario stabile: il saldo entrate-uscite non era attivo e si era ancora
raggiunta una autosufficienza economica.

Religiosamente e socialmente vediamo che il quadro religioso non è ancora unificato, cosa che Giacomo I
tenterà di aggiustare, ll protestantesimo inglese manca di solide basi dottrinali, avviene la diffusione di
fazioni estremistiche protestanti (puritani) e cattoliche e vi è l’ascesa di una nuova nobiltà (gentry).

In politica estera Giacomo I colse il suo primo successo il 28 Agosto 1604, quando la pace di Londra sancì la
fine della guerra tra Inghilterra a Spagna. La prima si impegnò a fornire aiuti all’Olanda e a non
commerciare con l’America Spagnola; la seconda, da parte sua, concesse numerosi privilegi commerciali
all’Inghilterra. Qui, però, la tensione rimase comunque alta: il 5 novembre 1605 alla vigilia dell’apertura
della seconda sessione del Parlamento fu scoperta la congiura delle polveri, ordinata da Robert Catesby.
Guy Fawkes, che aveva ammassato 36 barili di polvere da sparo nelle cantine del Palazzo di Westminster,
sede del parlamento, fu bloccato appena in tempo. Lo scopo di tale complotto doveva essere l’insurrezione
dei cattolici; la sua scoperta invece determinò un riavvicinamento tra la Corona e il Parlamento e un
inasprimento delle pene nei confronti dei cattolici.

CARLO I STUART

Successore di Giacomo I fu il figlio Carlo I, i primi quattro anni di reggenza furono disastrosi: una costante di
questi sarà infatti una continuo contrasto e disaccordo tra Corona e Parlamento. Il suo regno iniziò
contemporaneamente alla fase danese della guerra dei trent’anni e questa fece venire al pettine tutti i nodi
irrisolti del regno di Giacomo I. Guerra in particolare in questo momento significava denaro che era
controllato dal Parlamento, sempre più avverso alle spese militari, estranee agli interessi del commercio
inglese. Per ottenere l’assenso all’invio di forze militari in aiuto degli ugonotti francesi, Carlo I fu costretto a
riconoscere la Petition of Rights, che rendeva necessario il consenso del Parlamento per tutte le forme di
imposizione fiscale straordinaria. Nel 1628 lo scontro tra corona e parlamento giunse a un punto
drammatico. Alla richiesta di denaro per la guerra da parte della monarchia, il Parlamento aveva risposto
nel 1628 con una Petition of rights (richiesta di diritto) voluta soprattutto dai comuni, ma che era stata
approvata dalle due camere. La petizione si articolò in più punti fra i quali si ribadì che qualsiasi tassa o
donativo straordinario doveva essere approvato dal Parlamento, che non era possibile imprigionare un
uomo senza causa dichiarata, che il reclutamento forzato e violento si soldati era vietato e che, infine, era

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proibito il ricorso a futuri procedimenti di corte marziale. Carlo I accettò la richiesta ottenendo
l’assegnazione di cinque sussidi.

LA RIVOLUZIONE INGLESE

Fase preparatoria della rivoluzione:

La politica ecclesiastica dell’arcivescovo di Canterbury, assecondata da re, non contribuì a calmare le


tensioni già in atto, anzi, queste si protrassero fino in Scozia, dove nel 1637 si tentò di imporre il Book of
Common Prayer (testo di riferimento dottrinale e liturgico della Chiesa d'Inghilterra e delle chiese aderenti
alla Comunione Anglicana). Tale atto fece esplodere la rivolta ad Edimburgo, da dove l’insurrezione si
diffuse in tutto il Paese. Nel febbraio del 1638 gli scozzesi giurarono di resistere fino alla morte alle
innovazioni imposte dall’Inghilterra. Il re reagì prontamente facendo allestire un esercito, inviando in Scozia
Lord Hamilton come suo rappresentante e facendo ritirare il Book of Common Prayer. Tale concessione non
fu però sufficiente. Si giunse così, nel giugno del 1639, alla prima guerra dei vescovi, in cui gli scozzesi
presero il controllo di Edimburgo, di Dumbarton e di altre città del paese. Senza combattimenti si arrivò alla
pace di Berwick.

Agli inizi del 1640 però gli scozzesi erano di nuovo pronti per un’altra guerra. Carlo I allora si decise a
rievocare il parlamento rinunciando alla politica di governo personale che aveva portato avanti per 11 anni.
Alle richieste di finanziamenti da parte del sovrano il parlamento rispose chiedendo di porre fine sia agli
abusi del governo sia di abolire la vessatoria ship money (Tassa imposta dai re d'Inghilterra per la
riscossione di denaro da destinare alla flotta da guerra.) e la conferma dei loro diritti. Il re, il 5 Maggio
1640, sciolse questo Parlamento che fu noto come Short Parliament.

Poco dopo esplose la seconda Guerra dei vescovi (agosto-ottobre) e in breve tempo gli scozzesi avevano già
invaso diverse contee arrivando a minacciare York. Carlo I fu costretto a sottostare agli scozzesi e con il
trattato di Ripon era costretto a versare 850 sterline al giorno all’esercito scozzese sino alla nuova
convocazione di un Parlamento. In caso contrario gli scozzesi avrebbero invaso Londra. Il 3 Novembre 1640
si aprirono i lavori del Parlamento, destinato a essere noto come Long Parliament durato fino al 1653.

LA RIVOLTA IRLANDESE

Nel 1641 scoppia la questione irlandese. Le cattolicissime contee dell’Ulster avevano visto nascere al
proprio interno delle correnti protestanti e per arrestare tale processo prima del tempo, i cattolici portano
a termine un vero massacro di protestanti e nel 1641, il Parlamento approva la Grande Rimostranza, una
condanna che etichettava i cattolici come nemici dell’ordine sociale e politico dell’Inghilterra. Nel 1641
scoppia quindi la rivolta irlandese e il Parlamento, ai fini della repressione, chiede i pieni poteri militari
dando il via ad un altro scontro tra Parlamento e re il quale, nel Gennaio 1642, tenta di arrestare i capi
dell’opposizione in parlamento fallendo. Nel giugno 1642, il re è costretto a fuggire da Londra e si
stabilisce ad Oxford, dove cerca di organizzare l’esercito dei cavalieri, un esercito composto solo da
aristocratici. Anche il Parlamento organizza il proprio esercito (l’esercito delle teste rotonde (uomini dai
capelli molto corti). Si è ormai giunti alla rottura tra il re e il Parlamento e, con la guerra civile, si apre la
Rivoluzione inglese.

PRIMA FASE DELLA RIV. INGLESE 1642-1649 LA GUERRA CIVILE

Fino al 1643 il re e i suoi seguaci ebbero buon gioco sul parlamento grazie alla maggiore esperienza militare
dei ceti nobiliari. In quello stesso anno il Parlamento affidò a un rappresentante della gentry, Oliver
Cromwell, il compito di formare una cavalleria che potesse competere con quella del re. Questi reclutò un

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esercito traendolo dalla borghesia e dagli artigiani sottraendolo alle truppe mercenarie. Tale esercito,
pagato regolarmente, era sorretto da una ideologia e religiosa puritana e diede vita al famoso corpo degli
ironsides.

La guerra riprese nel 1643, il parlamento si alleò con la Scozia, il re trasse dalla propria parte l’Irlanda.
Questa volta fu il parlamento a prendere l’iniziativa battendo gli irlandesi a Nantwich. E poi York che
capitolò dopo la netta sconfitta delle cavallerie regie il 2 luglio del 43 a Marston Moor. Dopo tre anni di duri
scontri, l’esito della guerra era ancora incerto. Nel 1645 il Parlamento varò il new model army che unificò i
tre maggiori eserciti comandanti in uno solo di 22.000 uomini con generale sit Thomas Fairfax. Nel mese di
Maggio riprese l’offensiva del Parlamento e il 14 giugno 1645 a Naseby ci fu lo scontro decisivo. La
cavalleria della corona ebbe la meglio ma quest’ultima si perse nell’inseguimento dei nemici. L’assalto di
Cromwell impresse la svolta decisiva alla battaglia. Questa volta la disfatta del re fu decisiva e da quel
momento le sorti della guerra civile erano chiare. Nel 1646 Carlo I si arrende, dopo aver cercato di rifugiarsi
in Scozia, e viene consegnato al Parlamento di Londra. Con tale evento si conclude la fase più cruenta della
guerra civile.

Contro il parlamento avevano quindi vinto diverse forze di composizione religiosa, politica e ideologica ben
definita. Il nucleo più compatto fu quello dei presbiteriani, calvinisti ortodossi e intolleranti, che avevano
assunto il controllo del Long Parliament, contrari alla chiesa anglicana, tentarono di sostituirla con quella
presbiteriana. A questa forza del Parlamento gli si contrappose quella della New Model Army nata dalla
guerra. Questa divenne non soltanto, un potente strumento militare, ma anche di formazione ideologica e
politica controllato dagli Indipendenti. Questi ultimi, detti anche congregazionisti, rappresentarono un
nucleo di forza ben più complesse che si opposero a qualsiasi chiesa e chiesero libertà di culto per tutte le
sette. Al loro fianco si mossero diversi movimenti e il più famoso fu quello dei levellers Espressione politica
del variegato mondo delle fazioni religiose, sosteneva uguaglianza giuridica dei cittadini, costituzione
repubblicana, comunismo dei beni, suffragio universale e tolleranza religiosa.

SECONDA FASE DELLA RIV INGLESE 1649-1653 dalla proclamazione del Commonwealth al protettorato di
Cromwell

Il 28 Dicembre 1648 il Rump Parliament approvò un provvedimento che concedesse l’autorizzazione ad


organizzare un processo contro il re. Nonostante il dissenso della camera dei Lord venne istituita una corte
di giustizia. Dopo una settimana la condanna fu emessa e Carlo I veniva considerato traditore, assassino e
nemico pubblico e condannato a morte con decapitazione. Carlo I fu decapitato il 30 Maggio 1649. Poco
dopo il rump parliament dichiarò decaduti la monarchia, il titolo del re e la camera dei Lord. Il 19 maggio
1649 venne proclamata la Repubblica Unita di Inghilterra, Scozia e Irlanda (Commonwealth). Tale scelta
ebbe eco in tuta Europa.

PREVALE IL PROGRAMMA POLITICO DI CROMWELL

Prevale il programma politico del generale Cromwell il quale diffonde fin da subito ideologie differenti:

 Salvaguardia assoluta del diritto di proprietà;

 Libertà religiosa e indipendenza della Chiesa dallo Stato;

 Stabilità sociale ed eliminazione degli estremismi

 Soluzione della questione scozzese (tolleranza) e della questione irlandese (mano pesante, con
600mila irlandesi che vengono uccisi o costretti a fuggire e le terre conquistate ai cattolici vengono
distribuite fra i soldati protestanti).

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In campo economico e internazionale l’azione di Cromwell fu più efficace. Rassicurate le classi terriere con
la fine dei livellatori, cromwell intraprese una politica estera che potesse portare l’Inghilterra al controllo
del commercio internazionale, specialmente verso l’India, l’Estremo Oriente e le Americhe.

Inizialmente i rapporti con gli Olandesi erano stati burrascosi. Successivamente interessi politici avevano
avvicinato le due nazioni incontratesi all’inizio del 1651 all’Aja con l’intesa di raggiungere un trattato. Ma a
questo punto erano emersi aspri contrasti di natura commerciale che sfociarono nell’emanazione da parte
del Parlamento inglese del Navigation Act ( ottobre 1651 ) attraverso il quale il Long Parliament mette a
punto lo strumento più importante per la politica espansionistica inglese:

 Esso stabiliva che tutte le merci inglesi dovessero navigare solo su navi che battessero bandiera
inglese

 (scontro con l’Olanda che gestiva i traffici tra Inghilterra e colonie americane)

TERZA FASE 1653-1658 DITTATURA MILITARE

Nel Gennaio del 1655 Cromwell sciolse il Parlamento. L’inghilterra fu divisa in 11 distretti amministrativi,
governati da maggiori generali militari di provata fede. Si accentuò così il carattere autoritario e dittatoriale
del parlamento cromwelliano.

Cromwell si rese conto di come fosse impossibile governare senza l’aiuto del Parlamento e nel luglio del
1656 molte persone ostili alla Repubblica ne entrarono a far parte. Nel frattempo i conflitti contro la Spagna
si dimostravamo estremamente costosi e per finanziare il conflitto cromwell si servì di finanziamenti
provenienti dal Parlamento.

Il secondo Parlamento propose a Cromwell di assumere il titolo di re, chiedendo in cambio l’abolizione della
carica di maggiore generale. Nel mese di Maggio del 1657 Cromwell rifiutò di assumere la corona e l’ultimo
periodo del suo governo fu estremamente difficile e irrequieto. Nel gennaio del 1658 il Parlamento venne
riconvocato per accusare Cromwell di tradimento ma questo morì il 3 settembre dello stesso anno
lasciando l’inghilterra in una tragica situazione di instabilità.

QUARTA FASE DELL RIV 1658-1660. Dalla morte di Cromwell alla restaurazione di Carlo II

Il figlio di Cromwell, Richard, non riesce a garantire la stabilità sociale e politica

 1660: L’esercito guidato dal monarchico Monk marcia su Londra:

 Restituzione dei pieni poteri al Parlamento rientro in patria di re Carlo II,

 Ristabilimento dei rapporti tra Stato e Chiesa Anglicana.

Nonostante la Restaurazione monarchica le conquiste intellettuali e politiche della Rivoluzione furono


consistenti: Con la Rivoluzione inglese il valore assoluto della libertà divenne patrimonio comune della
nazione politica.

LA RESTAURAZIONE DEGLI STUART

In Inghilterra non si ritornò all’assolutismo monarchico grazie all’azione politica della Camera dei Comuni.
In questa fase si formarono i 2 schieramenti politici su cui si è polarizzata la politica inglese successiva:

 Whigs (progressisti, sostenevano la libertà religiosa e l’autorità del Parlamento).


 Tories (conservatori, sostenevano il diritto divino del re e la religione anglicana come religione di
Stato, per prevenire la diffusione di fazioni religiose estremistiche)

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1678: con l’intento di impedire la restaurazione cattolica di Carlo II (appoggiata da Luigi XIV), il Parlamento
emana il Test Act: Tutti gli ufficiali civili e militari potevano esercitare la carica solo dopo aver fatto fede di
professare la religione anglicana.

In politica estera, Carlo II decide di continuare la guerra contro l’Olanda, iniziata con Cromwell.

GIACOMO II

1685: a Carlo II succede il fratello Giacomo II (1685-88), il quale accentua la frattura tra il potere regio e
l’opposizione parlamentare: Giacomo II abolisce il Test Act e facilitò la carriera politico-militare di molti
cattolici.

La maggioranza parlamentare dei Whigs appoggiati dalla società civile, tollerarono le scelte di Giacomo II
nella speranza di una successione protestante, considerato che questi non aveva figli. Un largo
schieramento formato da whigs e tories offrì la corona inglese a Guglielmo III d’Orange e a sua moglie
Maria Stuart, figlia di Giacomo II ma lla nascita del primogenito del Re la sorte di Giacomo II e
dell’assolutismo inglese furono segnate,

La gloriosa rivoluzione e la dichiarazione dei diritti.

1688: Gloriosa rivoluzione. Un piccolo esercito olandese fu accolto in modo festante dalla popolazione
londinese. La bandiera olandese riportava la scritta pro religione e libertate, per comunicare la naturalità
dell’alleanza anglo-olandese. Giacomo II fu costretto a rifugiarsi presso Luigi XIV.
La gloriosa rivoluzione si definisce con tale aggettivo perché fu assolutamente incruenta e perché riuscì a
risolvere pacificamente tutte le controversie esistenti in seno alla società e al corpo politico inglese. Non si
sarebbe giunti alla gloriosa rivoluzione se non ci fosse stata la cruenta guerra civile e le precedenti fasi della
rivoluzione inglese.

Bill of Rights (Dichiarazione dei diritti)

1689: Guglielmo III emana il Bill of Rights (Dichiarazione dei diritti), atto che si fondava sulla limitazione dei
poteri del re e che sanciva la fine dell’assolutismo monarchico. Il Parlamento era l’organo depositario della
volontà della nazione e il re doveva regnare e non governare.

L’OLANDA NEL 1600

L’Olanda costituì un’anomalia nel panorama europeo: si trattava dell’ Unico paese che si era sottratto alla
stagnazione economica generale e che fungeva da modello per il suo particolare sistema di governo: il
federalismo.
Dopo la Guerra dei 12 anni contro la Spagna, i Paesi Bassi erano divisi in 2 zone distinte:

• I Paesi Bassi meridionali (appartenenti alla Corona spagnola/cattolici)

• Le Province Unite (governo repubblicano federale indipendente/calvinisti)

LE PROVINCE UNITE

Le Province Unite furono uno Stato repubblicano a struttura federativa che disponeva di diversi organi di
governo, quali:
Gli Stati Generali (politica estera e finanze)

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Gli Stati provinciali eleggevano il capo dello Stato, Statolder, spesso scelto tra i rappresentanti della
potente famiglia degli Orange.

Gran Pensionario (competenze giuridiche)

A livello economico la loro principale risorse


era certamente l’Olanda dove Amsterdam
era la sede della borsa. Estremamente
importante era il Forte sviluppo del settore
industriale (scambi di materie prime e
grande produzione manifatturiera) e la
Compagnia delle Indie orientali, (monopolio
del commercio olandese).
Le guerre che scoppiarono tra Olanda e
Inghilterra si combatterono sulla base di due
principi contrastanti:

• l’idea inglese del monopolio


internazionale

• quella olandese del libero commercio marittimo

Nel 700, l’Inghilterra ascenderà al ruolo di prima potenza mondiale mentre l’Olanda cesserà d’essere
un’anomalia e andrà incontro ad un lento e progressivo declino.

ASSOLUTISMO E ANTICO REGIME


Il concetto di assolutismo deriva dalla formula: rex legibus solutus (re sciolto dal vincolo delle leggi. Poiché
il re è rappresentante di Dio, fonte della legge, il sovrano è insieme legislatore e giudice supremo.
La teoria del potere assoluto della monarchia nacque nella seconda metà del 500, durante le guerre di
religione francesi, come antidoto al disordine sociale e politico, e fu poi perfezionata durante il 600.
L’assolutismo occidentale è differente dal dispotismo orientale, in quanto aveva dei limiti: l’obbligo di
rispettare ordinamenti e costituzioni e di fare i conti con la molteplicità di forze politico-sociali organizzate.

«Antico Regime»

La locuzione Ancien Régime (in italiano "Antico Regime") derivante dalla lingua francese viene utilizzata
inizialmente dai rivoluzionari francesi per designare, con connotazioni peggiorative, il sistema di governo
che precedette la Rivoluzione francese del 1789, cioè la Monarchia assoluta, venne usata per estensione
alle altre monarchie europee che mostravano sistemi di governo simili o assimilabili.

LA SOCIET’ DI ANTICO REGIME

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Una delle caratteristiche principali dell'Ancien Régime è un ordinamento sociale in tre ceti la cui
appartenenza è perfettamente definita praticamente sin dalla nascita, i cosiddetti Stati:

• L'aristocrazia era laica, anche se in parte coincideva con il clero (i secondogeniti delle famiglie nobili
erano spesso destinati alla carriera ecclesiastica)

• Aristocrazia e clero erano al di sopra del resto della popolazione, anche se il Terzo Stato era
costituito dalla stragrande maggioranza dei cittadini.

• I diritti delle persone non erano uguali: legalmente gli ecclesiastici e i nobili detenevano una serie di
privilegi che erano negati al resto del popolo.

Il sistema politico dell’Assolutismo

Le leggi erano promulgate dal sovrano ed erano l'espressione della sua volontà personale, anche se egli
doveva tenere in conto i costumi e gli usi del regno, ma questi "usi e costumi" erano vaghi e spesso
contraddittori. I sudditi non avevano quindi nessun diritto garantito o difendibile davanti allo Stato, vi era
però una diffusa costellazione di diritti e privilegi, differenti a seconda della condizione individuale,
familiare corporativa o territoriale di ciascuno.

La libertà degli individui era costantemente minacciata dalla polizia, che poteva arrestare chiunque dietro
un semplice ordine del re, la censura era onnipresente ed esercitata dall'autorità ecclesiastica e da quella
civile mentre per quanto riguarda la religione non esisteva durante l'Ancien Régime la libertà di culto, si
applicava infatti il principio del cuius regio eius religio (seguire la stessa religione del sovrano).

LUIGI XIV: LA VIA FRANCESE ALLO STATO MODERNO

Luigi XIV (Re Sole) nacque nel 1638 e assunse il potere nel 1661, dopo la morte di Mazarino. Durante il suo
regno la Francia andò incontro a notevoli miglioramenti:

un progresso qualitativo nel campo artistico-culturale

un processo di consolidamento dello Stato moderno (nel governo del territorio, in politica economica e in
politica internazionale).

Inoltre La Francia di questi anni era una delle prime realtà demografiche d’Europa. La gran parte dei suoi 20
milioni di abitanti viveva in campagna, il mondo del villaggio era isolato e fragile e l’equilibrio popolazione-
risorse era precario. Dei 20 milioni di abitanti francesi, i 4/5 circa vivevano in campagna ma la Francia era
lo stato europeo più dotato di città di media grandezza. Villaggi e città facevano parte di province
territoriali unificate in uno stato-nazione ma diverse sia per usi e tradizioni che per il peso delle
istituzioni e rappresentanze locali. La politica del territorio costituì infatti la questione più importante di
cui si dovette occupare Luigi XIV.

IL GOVERNO DEL TERRITORIO

La diversità era formalizzata nel riconoscimento da parte del sovrano della distinzione tra Pays d’election e
Pays d’etat.

 Pays d’etat, come Borgogna e Bretagna, che godevano di ampi poteri e potevano contrattare il
carico fiscale con la Corona e le concessioni politico-fiscali nei confronti dei pays d’etat
costituivano un limite dell’assolutismo francese
 Pays d’election ricadevano sotto l’amministrazione giudiziaria e fiscale dello Stato

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Rapporto centro-periferie: La figura dell’intendente provinciale costituì il più efficace strumento di


governo delle periferie: tale figura aveva il compito di vigilare sull’ordine pubblico e sull’amministrazione
locale delle imposte.

I CETI SOCIALI

I ceti dominanti, erano costituiti dalla nobiltà antica e da quella moderna (coloro che volevano essere
rispettati per la loro ricchezza e la loro funzione). Merito di Luigi XIV e dei suoi ministri fu di aver portato a
compimento il disegno di concentrazione del potere monarchico e di ridimensionamento della potenza
della antica aristocrazia. Per quanto riguarda la nobiltà moderna Luigi incentivò attraverso il conferimento
di molti titoli la nobiltà di toga e d’ufficio. Questa nobiltà fu molto importante nel governo francese
nell’epoca di Luigi XIV. «I grandi del regno» sotto Luigi XIV furono estromessi dal consiglio del re. Inoltre
ridimensionò i poteri dei governatori di provincia

LA POLITICA RELIGIOSA

Luigi XIV mirava ad arginare la diffusione dell’eresia protestante e a rafforzare le prerogative dello Stato
francese nei confronti della Chiesa di Roma

I caposaldi della politica religiosa di Luigi XIV sono 2:

Lo scontro con i «giansenisti»

L’Emanazione, nel 1685 L’Editto di Fontainebleau, che obbligava tutti i francesi a praticare la religione
cattolica. Ciò inevitabilmente portò alla via dell’esilio degli Ugonotti e per la Francia la perdita fu notevole.

POLITICA ECONOMICA

Nonostante nella seconda metà del 600 la Francia ricoprisse un ruolo di predominanza europea, la
situazione economica era di complessiva stagnazione

Durante il regno di Luigi XIV l’economia francese subisce profonde trasformazioni ad opera di Jean-Baptiste
Colbert (1619-1683) Controllore generale delle finanze. Colbert dovette anzitutto affrontare i problemi
finanziari:

• razionalizzando il fisco e colpendo gli evasori (falsi nobili).

• Ottenne così il pareggio del bilancio e il raddoppio delle entrate dello stato.

Ma il suo nome è legato principalmente all’applicazione di una nuova politica economica: Il Mercantilismo

Alla base di questo particolare sistema di governare l'economia sta una considerazione molto semplice:

Essendo la ricchezza di uno stato basata sulla quantità di moneta, è necessario, per arricchire il paese ed
aumentarne la potenza: incrementandone le Esportazioni (apportatrici di nuova moneta) e
diminuendone le importazioni (che fanno perdere moneta a vantaggio dei concorrenti

SVILUPPO DELLE MANIFATTURE E POLTICA COMMERCIALE

Trascurando l’agricoltura, Colbert cerca di incrementare la produzione manifatturiera:

 Controlla la quantità e la qualità dei prodotti attraverso decreti regi e corporazioni.

 Favorisce il sorgere di grandi opifici, detti Manifatture reali, attraverso la concessione di


privilegi (esenzioni fiscali, monopoli, ecc.)

 Crea le Manifatture reali della Corona per la produzione di oggetti d’arte e armamenti.

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Per quanto riguarda il commercio vediamo invece che

• Colbert favorisce il commercio interno, eliminando i dazi, unificando le misure e creando


infrastrutture.

• Per sviluppare il commercio oltremare fonda cinque compagnie di navigazione privilegiate.

• Avvia la colonizzazione della Louisiana.

• Impone dazi doganali che scoraggiano le importazioni di prodotti esteri.

POLITICA INTERNAZIONALE

Per quanto riguarda la politica internazionale, il binomio finanze-guerra caratterizzò l’intero regno di Luigi
XIV: Fu costruita un’efficiente marina da guerra e gli effettivi dell’esercito passarono da 50mila a 400mila
unità di inizio 700.

La politica estera di Luigi è apertamente aggressiva, senza giustificazioni ideologiche o religiose

• Ne sono causa

 la ricerca delle frontiere naturali

 La politica economica mercantilistica

 L’aspirazione all’egemonia europea.

• Le risorse finanziare assicurate da Colbert saranno investite nella guerra.

Dopo una serie di guerre, che portarono a numerose conquiste territoriali a spese di Spagna e Olanda si
giunse alla Guerra della Lega di Augusta (1686- 1697): Durante tale conflitto, una corposa coalizione
antifrancese (formata da Inghilterra, Spagna, Olanda, Svezia e Austria) combatté contro l’occupazione
francese di alcuni territori della Renania.

La guerra si concluse con la Pace di Ryswzck (1697), per effetto della quale la Francia fu costretta a cedere
tutti i territori che aveva conquistato, tranne la città di Strasburgo

L’ASSOLUTISMO NELLE ALTRE NAZIONI EUROPEE

Prussia

Il processo di centralizzazione del potere nei principati tedeschi nel Settecento è ancora in formazione

Al Sud i ceti territoriali avevano ancora notevoli poteri mentre in altri Stati il processo di centralizzazione
era forte. E’ il caso della Prussia-Brandeburgo di Federico Guglielmo. Con la pace di Oliva (1660), la
Prussia terminava di essere la vassalla del re di Polonia.

A differenza della Francia, in Prussia la via assolutistica aveva un fondamento nobiliare: i posti nevralgici
dello Stato erano affidati all’antica nobiltà degli Junker.

Austria

l’Austria di Leopoldo I d’Asburgo poteva definirsi una monarchia in fase di consolidamento. I ducati
austriaci e la Boemia si erano uniti sotto la stessa corona per la comune sensibilità cattolica e per la

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47

compatibilità politica. A causa del problema ungherese, per l’Austria non si poteva parlare di assolutismo
omogeneo.

In Ungheria, la monarchia era elettiva ed era in vigore lo ius resistendi, il diritto di reagire con la forza al
mancato rispetto dei privilegi ungheresi. Dopo numerosi scontri con i turchi, la pace di Carlowitz (1699)
stabiliva che i turchi avrebbero dovuto cedere Ungheria e Transilvania agli austriaci e che la monarchia in
Ungheria avrebbe dovuto essere ereditaria e non elettiva.

Spagna

Nonostante nel corso del 600 avesse perso Portogallo, Franca Contea e parte delle Fiandre, la Spagna
restava comunque una potenza imperiale e cercava di sopperire all’inferiorità militare con l’attività
diplomatica. Il Settecento è per la Spagna un periodo ricco di trasformazioni. La crisi del cuore
dell’economia imperiale (la Castiglia) coinvolse il resto del paese ponendo le basi per la futura ascesa
economica della Catalogna.

Italia

L’Italia si trovava tagliata fuori dalle direttrici del traffico internazionale e non si può parlare di età di vera
decadenza ma, indubbiamente, stagnazione economica e crisi sociale erano evidenti. La condizione della
penisola fu resa più difficile dallo scoppio di epidemie di peste alle quali seguirono crisi demografiche e
produttive.

Diverso il peso esercitato dai singoli Stati italiani in politica internazionale e diverse le caratteristiche della
realizzazione del modello assolutista

 Genova e Venezia erano potenze in netto declino


 Lo Stato Pontificio, dopo la pace di Vestfalia, non riuscì più ad essere presente in modo significativo
sulla scena internazionale.
 Lo Stato Pontificio, dopo la pace di Vestfalia, non riuscì più ad essere presente in modo significativo
sulla scena internazionale.
 Ducato di Milano, Regno di Napoli, Regno di Sicilia. Risento della crisi della Spagna. 1678 Rivolte
nel sud (Napoli) Tentativi separatistici (Sicilia)

L’ILLUMINISMO
Che cos’è l’Illuminismo
L’ Illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso.
Minorità è l’incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a se
stesso è questa minorità, se la causa di essa non dipende da difetto di intelligenza, ma dalla
mancanza di decisione e del coraggio di far uso del proprio intelletto senza essere guidati da
altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! E’ questo il motto
dell’Illuminismo. I. Kant (Risposta alla domanda: Che cos’è l’illuminismo, 1784)

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48

Nel Settecento filosofi e intellettuali si


pongono l’obiettivo di sottoporre a
critica e discussione tutto il sapere che
viene dal passato: la religione, le
tradizioni, le istituzioni politiche. Il
movimento culturale che si sviluppa
intorno ai filosofi della scuola francese
prende il nome di Illuminismo poiché
esalta la ragione umana, come l’unica
facoltà capace di “illuminare” le tenebre dell’ignoranza e del fanatismo.

Per gli illuministi


tutti gli uomini
sono uguali,
poiché la ragione
è comune a tutti.
Di conseguenza
tutti gli uomini
devono avere gli
stessi diritti.
L’Illuminismo
promuove una concezione laica dello Stato, in base alla quale le decisioni politiche, le leggi e i
comportamenti non devono derivare dalle convinzioni religiose, ma dalla sola ragione. Per gli
illuministi lo Stato nasce come patto fra gli uomini, detto anche “contratto sociale”. In base ad esso gli
uomini si impegnano a rispettare le leggi, in cambio di sicurezza e benessere.

Assieme a tutte queste innovative caratteristiche l’illuminismo fin da subito avanza in una battaglia contro
l’oscurantismo che si realizza in una profonda critica contro l’antico regime. L’ideale di partenza è che gli
uomini, poiché tutti dotati di ragione, devono essere considerati uguali.

La seconda critica si scaglia contro le religioni tradizionali, alle quali è sottratto ogni aspetto di veridicità in
quanto il vero è da ricercare solo nella scienza e nella ragione. Una terza riguarda invece la critica
all’intolleranza religiosa espressa dalla Chiesa.

Per gli illuministi il sapere doveva incidere concretamente sull’esistenza degli uomini fornendo
conoscenze e modelli di organizzazione dello Stato e della società più giusti. Gli uomini di cultura avevano
il compito di diffondere le proprie idee e di convincere le persone circa la possibilità di un progresso, di un
miglioramento della propria situazione.

Gli illuministi si rivolgevano alla borghesia, cioè a quella parte di società in ascesa che non aveva spazio
nella società tradizionale fondata sul dispotismo e sulla diseguaglianza tra gli uomini. È proprio in questo
periodo che si affermò il concetto di «opinione pubblica», cioè la formazione di un pubblico che, grazie alla
circolazione delle idee e alla libera discussione, possa manifestare ed esprimere orientamenti, idee,
preferenze.

PENSIERO POLITICO

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49

L’illuminismo presente tre principali correnti di pensiero politico:

a) Opposizione aristocratica all’Assolutismo:


Montesquieu, Lo Spirito delle Leggi, 1748
b) Assolutismo (o dispotismo) illuminato:
Voltaire
c) Tendenza democratica:
Rousseau, Il Contratto sociale, 1762

Il francese Montesquieu, nella sua opera Lo spirito delle leggi del 1748, afferma che uno Stato giusto deve
garantire le libertà e impedire il dispotismo mediante una divisione dei poteri:

- il potere di fare le leggi (legislativo);


- il potere di governare (esecutivo);
- il potere di amministrare la giustizia
(giudiziario).

Per Montesquieu il modello migliore di Stato è la monarchia costituzionale inglese nata nel 1689. Egli
ritiene invece dispotica la monarchia assoluta realizzata in Francia da Luigi XIV.

Il filosofo francese Voltaire ritiene invece che la monarchia assoluta sia un bene per la società, purché il
sovrano agisca secondo i principi della ragione. Voltaire è favorevole a una forma di dispotismo illuminato
dalla ragione. Il cambiamento deve venire dall’alto, senza il coinvolgimento delle masse popolari, secondo
una concezione decisamente elitaria della politica

Per il filosofo ginevrino Jean-Jacques Rousseau occorre un nuovo contratto sociale che fondi uno Stato in
cui la sovranità sia esercitata dal popolo. Rousseau pensa a uno Stato democratico e repubblicano in cui le
disuguaglianze sociali non siano tali da mettere in pericolo la libertà di ciascuno.

L’economia come scienza

La riflessione economica acquista l’indipendenza dalla filosofia morale. Nascono due differenti scuole
economiche: La scuola fisiocratica (Francis Quesnay) e La scuola liberista (Adam Smith)

Pur nelle diversità, hanno in comune:

- La polemica contro il mercantilismo


- L’individuare l’origine della ricchezza nel processo produttivo e non nello scambio.

Secondo la fisiocrazia le attività più importanti sono l’agricoltura e l’allevamento, le sole che producono
ricchezza, al contrario di manifatture e commerci che si limitano a trasformare beni e a distribuirli. Il
liberismo invece sostiene la necessità di un mercato libero nel quale lo Stato non deve esercitare
ingerenze. Per Adam Smith - il maggiore teorico del liberismo - il mercato è in grado di regolarsi da sé,
favorendo sia i produttori che i consumatori.

Le idee in circolo

L’Illuminismo favorì la libera circolazione delle idee. La cultura uscì dalle accademie e si diffuse nelle città,
nei salotti, nei club e nei caffè. La diffusione dell’istruzione e della stampa periodica favorì la formazione
dell’opinione pubblica. La classe sociale che meglio si fece interprete delle idee illuministe fu la borghesia,
che aspirava a rinnovare lo Stato e la società e rivendicava la libertà economica e una maggiore
partecipazione alla vita politica.

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50

Tra il 1751 e il 1772, in Francia venne pubblicata l’Enciclopedia, diretta dai filosofi Diderot e D’Alembert.
L’opera estendeva il sapere ad ambiti, come quello tecnico, fino a quel momento
considerati secondari.

Illuminismo in Italia

In Italia i principali centri di diffusione dell'illuminismo furono: Napoli e Milano. In entrambe le città gli
intellettuali assunsero cariche pubbliche e collaborarono con le amministrazioni borboniche e asburgiche.

NAPOLI

La città partenopea, con la capitale francese, fu quella che meglio interpretò il "secolo dei lumi". Non
assorbì semplicemente questa corrente, anzi, la generò in buona parte dando vita a nuove forme
architettoniche, a nuovi pensieri filosofici e ponendo le basi dell'economia e del diritto moderno. Napoli
diviene il centro di diffusione del pensiero di alcuni tra gli esponenti più significativi dell’illuminismo
italiano: Mario Pagano, uno dei più importanti giuristi e politici italiani dell'epoca rivoluzionaria e Antonio
Genovesi, Ferdinando Galliani e Gaetano Filangeri fondatori di una scuola economica che portò diverse
innovazioni nel campo dell'economia.

MILANO

L'illuminismo milanese mosse i suoi primi passi all‘ Accademia dei Trasformati fondata nel 1743. Tra i
componenti dell'Accademia dei Trasformati vi era anche Pietro Verri, che tuttavia se ne distaccò ben presto
per dar vita assieme al fratello Alessandro all’Accademia dei Pugni nel 1761 il cui nome fu ispirato
all'animosità con cui si discuteva. Nell'accademia, caratterizzata da una componente in prevalenza
aristocratica, si dibatteva delle nuove teorie illuministiche, tentando tuttavia di conciliarle con le tradizioni
classiche. Collegato all'Accademia dei Pugni vi era la rivista Il Caffè foglio culturale vicino alle teorie
illuministiche ispirato ai primi giornali moderni.

Cesare Beccaria

Cesare Beccaria È tra i più celebri illuministi italiani. Nel 1764 pubblicò Dei delitti e delle pene, opera che fu
tradotta in molte lingue e suscitò un vasto dibattito. Rifacendosi alle teorie dei philosophes e ad alcune
legislazioni recenti come quella della zarina Elisabetta Petrivna egli propone con logica rigorosa l'abolizione
della Tortura e della Pena di Morte. L'opera fu ammirata anche da Voltaire e dagli Enciclopedisti ed ebbe
molta influenza su sovrani come Caterina di Russia, Maria Teresa d’Austria ma soprattutto sul Granducato
di Toscana dove Pietro Leopoldo nel 1786 abolì la tortura e la pena di morte, seguito poi dal fratello
Giuseppe d’Austria.

IL SETTECENTO RIFORMATORE
L’età dell'assolutismo illuminato rappresentò lo sviluppo più maturo delle funzioni dello Stato moderno,
ma anche il difficile tentativo di conciliare assolutismo e Illuminismo. I sovrani illuminati intesero portare a
compimento un progetto di ulteriore concentrazione del potere sovrano, e una migliore capacità di governo
del territorio, attraverso la promozione di riforme politico-sociali ispirate alle idee dell'Illuminismo.

Gli ambiti di intervento sono 4: AMMINISTRAZIONE CENTRALE DELLO STATO – GIUSTIZIA - FISCO –
RAPPORTI CENTRO-PERIFERIA

AMM. CENTRALE

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L'esigenza di un coordinamento tra il centro e la periferia del territorio nazionale, l'efficace controllo
sociale del paese furono all'origine del rinnovamento delle strutture e degli apparati amministrativi che
investì l’intera Europa.

 Ministeri e segreterie di Stato divennero gli organi politico-amministrativi più importanti degli
apparati statali.

 Il primo ministro: vero depositario della potenza del sovrano

costituiva il canale di mediazione tra la volontà del re e i sudditi, assisteva a tutti i consigli e ne filtrava gli
affari

IL FISCO

Sul terreno fiscale, il problema degli Stati d'antico regime era la valutazione della ricchezza mobiliare e
immobiliare in assenza di strumenti attendibili ed equi di certificazione del reddito da tassare. La presenza
di fasce di esenzione, immunità e privilegi molto ampie, creavano differenze di trattamento, di prelievo e
di riscossione all'interno dello stesso territorio statale.

 Le riforme fiscali a metà Settecento tesero, a fornire allo Stato strumenti di certificazione
relativamente più attendibili, capaci di colpire più in profondità e in maniera più equa i sudditi,
divisi per categorie sociali e professionali.

 Attraverso la compilazione dei catasti si passò, cioè, da un sistema fiscale fondato su un labirinto di
espedienti provvisori pensati senza alcuna coordinazione a piani organici di accertamento della
ricchezza mobiliare, validi per l'intero territorio statale.

LA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA

La riforma del sistema giudiziario trae origine dalle teorie illuministiche

Il sistema giudiziario di antico regime è caratterizzato

 presenza di una molteplicità di giurisdizioni (la principale è quella feudale)

 Non esiste una effettiva separazione tra il potere giudiziario e il potere esecutivo

 Mancanza di norme uniche e codificate per tutto il territorio

Su questo terreno le riforme dei sovrani assoluti furono assai limitate sia nella loro natura, sia nel grado
della loro efficacia. Ma le giurisdizioni privilegiate non furono abolite. Solo alcuni sovrani, in particolare
Maria Teresa, cercarono di affermare il principio che una sentenza pronunciata da un tribunale feudale
dovesse essere ratificata da un rappresentante del governo imperiale. E Giuseppe II d'Austria promosse
addirittura una legge di riforma agraria che limitava i poteri della nobiltà fondiaria.

RAPPORTI CENTRO E PERIFERIA

Sensibili passi avanti, nel corso del Settecento, furono compiuti nel rapporto tra il centro e la periferia dello
Stato e nel governo locale

In tutti gli stati furono realizzati progressi nel rafforzare il controllo del governo sull'attività economica e
sull'amministrazione della giustizia all'interno del paese.

In Francia e Spagna  l'obiettivo si ottenne attraverso il consolidamento delle funzioni e dei poteri
dell'intendente provinciale.

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In Prussia, Svezia e Danimarca –> la direzione degli affari provinciali non fu affidata a un singolo individuo,
ma a un Consiglio che decideva a maggioranza.

Le competenze di questi consigli erano enormi:

 riscuotevano le imposte,

 prendevano provvedimenti di natura economica,

 controllavano tutta la sfera demaniale nelle province.

ASSOLUTISMO ILLUMINATO IN EUROPA

PRUSSIA:
Il modello dell'assolutismo illuminato, trovò nella Prussia di Federico II un luogo di efficace applicazione.

 Favorì la libertà di stampa,

 Rese obbligatoria l'istruzione elementare,

 si preoccupò di migliorare le condizioni culturali dei suoi sudditi.

 Furono soprattutto l'amministrazione e la giustizia i settori privilegiati dell'intervento riformatore


di Federico II

AUSTRIA:
Maria Teresa d'Asburgo (1740-80), aprì una prima fase di riforme anche per l'Austria.

 L’intero apparato di governo fu rinnovato e modernizzato, furono unificate le cancellerie d'Austria e


di Boemia e le rispettive corti d'appello. L’aristocrazia e il clero furono chiamati a contribuire in
misura maggiore al carico fiscale attraverso più efficaci strumenti di accertamento.

 Un unico organismo, il Consiglio di Stato, fu chiamato a dirigere l'apparato.

 Maria Teresa fondò collegi per l'educazione e la formazione del personale chiamato a dirigere la
vita dello Stato.

Le riforme teresiane furono superate in quantità e qualità da quelle del figlio primogenito dell'imperatrice
Giuseppe II (1780-1790

Interventi in materia religiosa (Giurisdizionalismo):

 soppressione delle proprietà ecclesiastiche,

 trasformazione delle università in istituzioni statali.

Il giurisdizionalismo è una particolare politica ecclesiastica volta ad estendere la giurisdizione e il controllo


dello Stato sulla vita e sull'organizzazione delle Chiese

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Lo Stato si fece carico dell'istruzione di base, che fu resa obbligatoria e laicizzata e la pubblica
amministrazione fu resa più professionale: le sue gerarchie furono organizzate in base al merito e aperte a
nuovi ceti sociali. Una efficiente polizia segreta sorvegliava procedure e comportamenti dei funzionari.

RUSSIA

Caterina II (moglie di Pietro III) appoggiandosi al clan degli Orlov, si impadronì del potere con un colpo di
Stato nel 1762.

 Il regno di Caterina II (1762-96) fu aperto alle influenze culturali dei filosofi illuministi con i quali la
zarina ebbe corrispondenza.

 Traduzione e diffusione delle opere degli illuministi, libertà di pensiero e vitalità culturale
caratterizzarono fino al 1790 il clima russo.

Molte delle riforme di Caterina II si ispirarono ai principi dell'assolutismo illuminato:

 Nuovo sistema educativo

 Secolarizzazione delle terre della Chiesa

 Soppressione di oltre la metà dei conventi

 Obbligo del servizio forzato dell'aristocrazia nella burocrazia statale.

 L'amministrazione locale era affidata alla piccola nobiltà.

LA PENISOLA SCANDINAVA

La morte senza eredi di Carlo XII (1718) consentì alle istituzioni rappresentative dei ceti più influenti della
società svedese di avere un peso maggiore nella vita politica del paese. Per oltre cinquant'anni, tra il 1720 e
il 1772, la Svezia fu governata da due partiti, rappresentanti di clan e gruppi familiari sostenuti da
Inghilterra, Francia e Russia. Nel 1772 Gustavo III restaurò l'assolutismo monarchico promuovendo una
serie di riforme:

 abolizione della tortura

 fine della compravendita degli uffici pubblici

 il libero accesso alla pubblica amministrazione

 la libertà di commercio

 limitazione dei privilegi aristocratici

SPAGNA

Carlo III di Borbone (1759-88),succeduto a Ferdinando VI, svolse la sua azione riformatrice principalmente
nel campo dei rapporti tra Stato e Chiesa:

 limitò le immunità ecclesiastiche e i poteri dell'Inquisizione,

 espulse i gesuiti dal regno (1767)

 Riorganizzò l’amministrazione pubblica

 Liberalizzò artigianato e commercio

 Promosse la nascita di accademie e società culturali

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PORTOGALLO

I sovrani settecenteschi del Portogallo furono personalità assai modeste. L’attività riformatrice fu opera del
ministro marchese di Pombal. I suoi principali provvedimenti furono:

 L'espulsione dei gesuiti (1759),

 La repressione sanguinosa dei nobili ribelli al processo di centralizzazione statale

 La creazione di compagnie privilegiate per lo sfruttamento delle colonie.

IL SETTECENTO RIFORMATORE IN ITALIA

L’azione riformatrice riguardò principalmente tre Stati italiani:

 Il Regno di Napoli

 La Lombardia

 La Toscana

NAPOLI

 1734 sale al trono Carlo di Borbone

 Riforma dell’amministrazione centrale con la creazione di ministeri e segreterie più efficenti

 Riorganizzazione dei tribunali

 Limitazione delle giurisdizioni feudali

 Avvio del progetto di riforma dei codici di diritto civile /penale

 Creazione del Catasto Onciario (tassazione dei beni della Chiesa)

 1741 concordato tra il regno di Napoli e la Santa Sede (limitazioni delle immunità
ecclesiastiche/riduzione numero degli ecclesiastici)

LOMBARDIA

Dopo la pace di Aquisgrana (1748), la Lombardia cadde sotto il dominio austriaco.

Giuseppe II estese anche alla Lombardia le riforme promosse negli altri territori dell'Impero asburgico:

 Rigido controllo dello Stato sulla Chiesa

 Centralizzazione amministrativa più efficace (nomina di Intendenti provinciali)

 Interventi nel campo dell'educazione scolastica (istituzione di scuole elementari/introduzione delle


materie tecniche nei programmi universitari)

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 Abolizione del Senato milanese (centro del potere del patriziato)

 Promozione di istituzioni culturali (Accademie, l'Osservatorio astronomico, il Teatro alla Scala


1778)

l Teatro alla Scala era uno dei più importanti centri di spettacolo nel Regno Lombardo-Veneto, nonché uno
dei principali luoghi ancora deputati per consentire al patriziato ormai completamente emarginato dalle
operazioni di governo di rivaleggiare in lustro e sfoggio di privilegi di nobiltà.

LA TOSCANA

1765-1790 Pietro Leopoldo (figlio di Maria Teresa d’Austria), diventa granduca di Toscana

Due le più importanti riforme di Pietro Leopoldo:

 La prima, chiamata «allivellazione», concedeva ai mezzadri, a livello perpetuo, i terreni di proprietà


dello Stato, dietro il pagamento di un canone annuo fisso e contenuto

• La seconda fu la creazione del nuovo codice penale nel 1786:

• Abolizione della pena di morte,

• del delitto di lesa maestà,

• della tortura,

• della confisca dei beni del condannato.

• Ai sudditi vennero concessi ampi diritti sul piano della libertà individuale ed economica

La soppressione del Tribunale del Sant'Uffizio portò a una maggiore tutela della libertà di coscienza; la
liberalizzazione della terra e del commercio favorì un'accumulazione di capitali, che giovò all'economia
complessiva del territorio.

GLI ESORDI DELLA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE NEL XVIII SECOLO


Fra Tre e Seicento, la popolazione europea si mantiene in equilibrio. A partire dal Settecento, invece, la
popolazione comincia a crescere in modo rapido e costante.

Alla base di questa crescita ci sono diversi fattori

1. Diminuiscono le epidemie
2. Migliorano le condizioni igienico sanitarie
3. Nuove coltivazioni (mais e patate) permettono ai poveri di nutrirsi

LA RIV AGRICOLA

L’aumento della popolazione causa una crescente domanda di prodotti alimentari che stimola profonde
trasformazioni nell’agricoltura. I cambiamenti più consistenti si verificano in Inghilterra, uno dei Paesi più
sviluppati d’Europa. Si recintano le proprietà terriere e si investono capitali in agricoltura. Per gli storici si
verifica una rivoluzione agricola. Cresce però anche la povertà di molti contadini e nelle campagne inglesi
si diffonde il lavoro a domicilio.

Agricoltura dei campi

L’agricoltura inglese, fino all’inizio dell’età moderna, era caratterizzata dal sistema dei campi aperti (open
fields in inglese).

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I campi di proprietà dei contadini erano coltivati in comune e i raccolti poi redistribuiti in proporzione ai vari
proprietari. Vi erano poi le terre lasciate incolte, di proprietà della nobiltà terriera e della Chiesa, su cui le
bestie potevano pascolare liberamente.

Per soddisfare l’accresciuta domanda di prodotti agricoli e di tessuti, i proprietari terrieri avevano
incominciato a organizzare in modo diverso la coltivazione dei campi con lo scopo di sfruttare al meglio le
terre. Al sistema dei campi aperti si sostituì quello delle recinzioni (enclosures).
I proprietari terrieri recintavano i campi e li coltivavano in modo intensivo, per aumentare la produzione
agricola e per potenziare l’allevamento di pecore e bovini, da cui ricavare carne e lana.

Le recinzioni accrebbero i guadagni dei grandi e medi proprietari terrieri, che fecero importanti
investimenti nelle loro terre, ma danneggiarono i contadini più poveri, che non potevano più utilizzare i
campi aperti o lasciati incolti. Molti di essi per integrare i loro guadagni svolgevano lavori di tessitura e
filatura a domicilio per conto di ricchi mercanti, che fornivano loro la materia prima e gli strumenti di
lavoro. Aumentò così la produzione di tessuti i cui prezzi diminuirono.

LA PRIMA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE

Inizia nell’Inghilterra della seconda metà del Settecento la Prima rivoluzione industriale, la più importante
innovazione economica degli ultimi secoli. Le attività produttive, prima disperse in botteghe artigianali,
officine, case private, si concentrano nelle fabbriche. Qui macchine complesse e numerosi lavoratori
garantiscono una crescita della produzione.

Nella seconda metà del Settecento in Inghilterra vi erano le condizioni necessarie per mettere in moto
l’industrializzazione.

- Le colonie fornivano le materie prime come il cotone


- Le miniere inglesi erano ricche di ferro necessario per produrre le nuove macchine agricole e
industriali.
- Il Paese era ricco di corsi d’acqua e canali artificiali, oltre che di giacimenti di carbone: l’acqua e il
carbone fornivano l’energia necessaria per azionare le macchine.
- I commerci e il mercato interno e coloniale erano fiorenti.

- disponibilità di capitali dovuta a

o sviluppo dell’agricoltura capitalistica

o recinzione e privatizzazione terre comuni

- disponibilità di manodopera a basso costo, dovuta a

o espulsione contadini
dalle campagne

o incremento demografico

- forte incremento
della domanda (mercato)

La maggiore richiesta di prodotti, soprattutto tessili, portò all’invenzione di nuovi macchinari – quali filatoi
e telai meccanici – per velocizzare la produzione. La loro diffusione potenziò anche i settori estrattivo
e siderurgico. Per le loro grandi dimensioni, i macchinari dovevano essere collocati in appositi ambienti:

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nacquero perciò le fabbriche, che di solito sorgevano vicino ai fiumi per potere sfruttare la forza motrice
dell’acqua.

Nel 1769, lo scozzese James Watt mise a punto una macchina a vapore che cambiò il modo di produrre. La
macchina a vapore di Watt venne dapprima impiegata per azionare le pompe che servivano per
prosciugare i pozzi delle miniere di carbone. Quindi venne impiegata nell’industria tessile, dove forniva
una forza motrice molto più potente e più costante di quella umana o idraulica.
La rivoluzione industriale fu un evento epocale: per la prima volta non l’agricoltura ma l’industria divenne
l’attività economica
principale. Le innovazioni
tecnologiche e la diffusione
delle fabbriche ebbero
conseguenze sia positive che
negative.

LE CONSEGUENZE DELLA RIVOLUZIONE

La popolazione si concentra nelle città che diventano il fulcro della vita economica del Paese. Questo
comporta però numerosi problemi, soprattutto igienici, legati alle carenze di pulizia, acquedotti, fognature,
ospedali. A farne le spese furono i più poveri, tra cui gli operai, che vivevano in quartieri sovrappopolati e
in caseggiati malsani.

La diffusione delle macchine nelle fabbriche semplificò il lavoro; ma al tempo stesso fece sì che si
richiedessero minori abilità professionali e artigianali. Gli operai dovevano eseguire pochi compiti
ripetitivi e non era più richiesta manodopera specializzata. Per questo si diffuse il lavoro delle donne e dei
bambini, richiesti soprattutto dall’industria tessile. Spesso i bambini lavoravano in condizioni durissime,
senza alcuna protezione

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LA RIVOLUZIONE AMERICANA E LA NASCITA DEGLI STATI UNITI D’AMERICA


Le origini della rivoluzione
Gli Stati Uniti d’America ebbero origine dalle colonie fondate a partire dal Seicento da migranti provenienti
dalla Gran Bretagna e dall’Europa settentrionale. Questi coloni, spinti soprattutto da motivazioni religiose,
diedero vita a istituzioni
autonome, talvolta con
caratteristiche democratiche.
I primi coloni furono inglesi e
olandesi. Tra Sei e Settecento si
aggiunsero tedeschi, svedesi,
polacchi, francesi. Si formò così
una mescolanza di gruppi etnici e
religiosi capaci di costruire una
società basata su uguaglianza e
tolleranza. Vi erano poi i
“migranti” per obbligo, cioè gli
schiavi provenienti dall’Africa.

All’arrivo dei primi coloni, nell’America settentrionale vivevano sei/otto milioni di nativi, che gli europei
chiamarono “indiani” o “pellerossa”. I nativi erano suddivisi in gruppi diversi tra loro: alcuni erano
organizzati in modo molto semplice, altri possedevano sistemi politici e sociali complessi. La maggior parte
era sedentaria anche se non tutti praticavano l’allevamento e l’agricoltura.

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Le cause della rivoluzione

Nel 1776 le tredici colonie dell’America settentrionale si dichiararono indipendenti dalla Gran Bretagna, per
la pretesa del governo britannico di prendere decisioni e imporre tasse senza garantire ai coloni una
rappresentanza politica. Alla base di questa protesta vi erano anche i princìpi illuministici affermatisi nel
corso del Settecento.

- Limitazione dello sviluppo economico delle colonie da parte del governo inglese
- Tasse imposte alle colonie senza partecipazione alle decisioni politiche

LE 13 COLONIE,

LE DIFFERENZE

Le colonie settentrionali erano fondate su comunità agricole puritane di piccoli e medi proprietari,
piuttosto chiuse e tradizionaliste.

Le colonie del centro prosperavano grazie al commercio di prodotti agricoli coltivati all’interno di grandi
proprietà. La popolazione era più varia, dato che vi erano numerosi coloni di diversa origine.

Nelle colonie meridionali dominavano le grandi piantagioni di tabacco, lavorate dagli schiavi africani e
possedute da un ristretto numero di grandi e medi proprietari.

GLI ASPETTI COMUNI

Elevata mobilità sociale: era più facile per i coloni poveri migliorare la propria condizione, al contrario di
quanto accadeva in Europa.

Assemblee e istituzioni elettive: parlamenti, giudici, governi locali erano eletti dai coloni. La partecipazione
alla politica era maggiore che in Europa.

Una missione comune: per i coloni l’America era un territorio destinato loro da Dio perché lo occupassero
e lo sfruttassero al meglio. I nativi erano considerati solo dei “selvaggi”, senza diritti.

I RAPPORTI CON L’INGHILTERRA

I rapporti commerciali tra le colonie e la madrepatria erano regolati dal governo inglese a proprio
vantaggio: le colonie erano obbligate a esportare alcuni prodotti, come il tabacco, solo verso l’Inghilterra e
utilizzando esclusivamente navi inglesi. Ai coloni era vietato produrre in proprio beni considerati
fondamentali per l’economia inglese (prodotti tessili e siderurgici) o importarli da altri Stati che non fossero
l’Inghilterra. Via via che l’economia delle colonie si sviluppava, la dipendenza dall’Inghilterra divenne
sempre meno accettabile.

Uno dei primi interventi inglesi sul mercato fu il Plantation Act o Sugar Act (5 aprile 1764) secondo il quale
tutto lo zucchero che si consumava nelle colonie doveva essere importato dai Caraibi inglesi e non da quelli
francesi, dove costava meno. Questa legge colpiva notevoli interessi economici, particolarmente nel New
England, dove la melassa serviva per la proficua fabbricazione di rum. Seguirono immediatamente altre
misure che toccarono gradualmente tutte le colonie. Nel 1765 il governo britannico impose ai coloni il
pagamento di una tassa su giornali e altri documenti (Stamp Act). I coloni si rifiutarono di farlo in base al
principio che non può essere tassato chi non gode di rappresentanza politica. Poiché i coloni non avevano
deputati eletti al Parlamento inglese, ritenevano fosse loro diritto rifiutarsi di pagare tasse alla
madrepatria.

LA GUERRA DI INDIPENDENZA

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L’opinione pubblica americana si divideva in tre grandi gruppi politici: i radicali, che spingevano per la
soluzione politica di totale indipendenza dagli inglesi, i moderati, che avevano cercato fino all’ultimo una
soluzione di compromesso e che ora parevano decisamente sconfitti e infine i lealisti, decisi a rimanere
attaccati agli inglesi. Nel 1776 il primo gruppo si affermò decisamente e riuscì ad imporre una Dichiarazione
d’indipendenza (4 luglio 1776) approvata il 15 luglio dallo stato di new york. Era quindi nata la
confederazione degli Stati Uniti dando inizio alla guerra per l’indipendenza.

Si presentavano però dei problemi rispetto alla volontà di indipendenza che riguardavano una mancanza di
coesione politica, mancanza di denaro e di nuovi interlocutori nel commercio che sostituissero l’Inghilterra
sia per le importazioni che per le esportazioni. In pochi anni gli americani riuscirono a procurarsi 100 milioni
di dollari provenienti sia da tributi che da riscatti. La Francia in particolare sostenne l’economia americana
importando tabacco, grani, riso, indaco ma soprattutto esportando verso gli Stati Uniti tutto ciò di cui
l’America aveva bisogno. Questo commercio eccezionale investì in maniera minore anche altri paesi
d’Europa come Spagna e Olanda concedendo agli americani utilissimi appoggi europei. Un terzo elemento
che ebbe una notevole importanza fu rappresentato dall’opinione pubblica illuminata, che si schierò a
favore delle 13 colonie e vide la lotta per l’indipendenza come una fruttuosa ricerca di libertà.

Le colonie, guidate da George Washington e sostenute dall’Europa iniziarono ad avere i primi successi sugli
inglesi. Specie dopo la vittoria militare ottenuta a Saratoga nell’Ottobre 1777 fu estremamente facile per gli
americani trovare appoggio dalla Francia, la quale nel febbraio del 1778 firmò un trattato di alleanza.
Questo trascinò in guerra anche la Spagna legato dal patto di famiglia dei rami della famiglia Borbone che
sedeva su entrambi i troni.

Il significato della guerra si allargò quando nel 1780 si aggiunse anche l’Olanda a fianco di Spagna e Francia.
Si costituì quindi una Lega per la difesa della neutralità e libertà dei mari. Il primo notevole risultato di
questa Lega fu la capitolazione delle truppe inglesi a Yorktown nel 1781 e ormai la guerra si poteva dire
conlusa così verso la fine del 1782 cominciarono le trattative di pace fra Inghilterra e potenze europee: con
il trattato di Parigi del 1783, il governo inglese fu costretto a riconoscere l’indipendenza delle tredici
colonie e il loro diritto a estendersi su tutti i territori nordamericani sino al fiume Mississippi.

LA COSTITUZIONE DEGLI STATI UNITI D’AMERICA

I capi della rivoluzione elaborano una Costituzione che, con alcuni cambiamenti, è in vigore ancora oggi. La
Costituzione degli Stati Uniti d’America adotta diversi principi proposti dai filosofi illuministi.

Punti fondamentali della costituzione

 Gli Stati Uniti sono una repubblica federale. Il governo centrale controlla la moneta, la difesa, i
rapporti con gli altri Paesi e stabilisce i diritti fondamentali dei cittadini. I singoli Stati federati
mantengono la propria autonomia in alcuni ambiti.

 A capo della nazione viene eletto ogni quattro anni un presidente che esercita il potere esecutivo.

 Il potere legislativo è esercitato dal parlamento, chiamato Congresso, che è formato da Senato e
Camera dei rappresentanti.

 Alla Corte suprema spetta il compito di decidere se le leggi e le decisioni adottate dal presidente,
dal Congresso o dai governi dei vari Stati rispettano le norme generali della Costituzione.

Potere esecutivo affidato a un Presidente eletto ogni 4 anni.

Potere legislativo assegnato a due Camere, il Congresso e il Senato.

Potere giudiziario attribuito alla Corte Suprema composta da giudici nominati dal Presidente.

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(Costituzione Americana 1787)

«Riteniamo di per sé evidentissime le seguenti verità: che tutti gli uomini sono stati creati uguali e dotati di
diritti inalienabili; […] che tra questi diritti vi sono la vita, la libertà, la ricerca della felicità; che per
garantire questi diritti il popolo ha il potere di scegliere il Governo che ritiene più opportuno e di
abbattere quelli che ritiene dannosi».

(Dichiarazione d’Indipendenza 1776)

LA RIVOLUZIONE FRANCESE
Situazione pre-rivoluzione
La situazione della Francia pre-rivoluzione era carica di problematiche non risolte in ambito sociale
ed economico. Prima di tutto va ricordato l’aumento demografico, la popolazione francese agli inizi
del 1700 ammontava a circa 20 milioni mentre alla fine del secolo i numeri salivano fino a 26
milioni e nel complesso si può dire che la popolazione era distribuita in maniera molto
disomogenea ed in questo quadro gli anni 1770.1790 furono molto difficili per la popolazione
contadina. La crescita dei prezzi in particolare colpì tutti i piccoli produttori e spinse i ceti
privilegiati ad intensificare le rendite di tipo feudale. Da vicino la società francese appariva in tre
diversi gruppi sociali: nobiltà, clero e terzo stato.
Circa l’1,5% della popolazione francese apparteneva alla nobiltà, l’ordine che viveva delle rendite
feudali, del prelievo fiscale che lo Stato, attraverso pensioni particolarmente alte, distribuiva alla
nobiltà, e infine il controllo (attraverso le massime cariche della Chiesa) anche di una parte delle
proprietà ecclesiastiche. La nobiltà appariva quindi al vertice di sistema di potere.
Se passiamo al clero ci troviamo di fronte allo 0,5% della popolazione francese a sua volta diviso
tra regolari e secolari, questi ultimi circa 8000 facevano parte delle alte gerarchie per cui godevano
di posizioni economiche ben disposte, a differenza dei secolari i quali godevano di rendite discrete
o almeno sufficienti.
Il terzo stato è indubbiamente l’ordine più complesso. Al vertice del terzo stato troviamo finanzieri
(appaltatori di imposte nati con l’antico regime), banchieri, mercanti e grandi proprietari terrieri.
Accanto a questi impieghi emergono poi quelli delle professioni liberali come avvocati e medici che
avranno un ruolo importante durante la rivoluzione, costituendo gran parte dei quadri politici.
Al di sotto di questi gruppi troviamo artigiani, lavoratori dipendenti, apprendisti, disoccupati.
Enorme era la masse dei poveri, oscillante fra un decimo e un quindicesimo della popolazione, fino
a giungere, nel periodo più cruciale della riv, a un nono.
La nobiltà e il clero erano ovviamente esenti dal pagamento delle tasse, che gravavano quindi
interamente sul Terzo stato e solo gli appartenenti ai primi due ordini potevano accedere alle alte
cariche dello Stato e ai gradi superiori dell’esercito.

Secondo i calcoli dello storico francese Labrousse, il costo della vita aumentò del 45% fra il 1771 e
il 1789, anni molto duri e difficili dal punto di vista economico. Nonostante progressi nella
modernizzazione del sistema economico e del commercio l’apparato produttivo poteva contare su una
tecnologia poco avanzata (insufficiente opera di incoraggiamento dello Stato a favore di nuovi metodi di

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produzione industriale). La politica bellicista di Luigi XIV, gli sperperi della corte parigina, la partecipazione
alla Guerra d’indipendenza americana misero in difficoltà le finanze francesi.

LE SCELTE POLITICHE, SI INIZIA A PARLARE DI STATI GENERALI

Quale fu la risposta della corona a questa grave situazione economica-sociale? Nel 1774 Luigi XVI aveva
chiamato al controllo delle finanze Turgot, grande economista, il quale fallì nel 76 lasciando solo due
indicazioni per il futuro: la soppressione delle corve e l’abolizione delle corporazioni. Successore di Turgot
fu il banchiere Necker che non era riuscito ad affrontare il vero problema di fondo, il debito pubblico. La
monarchia non era stata quindi in grado di sostenere né la linea dell’assolutismo illuminato che il liberismo
di turgot, accontentandosi quindi di Necker, amministratore abile ma privo di strategie di fondo. La guerra
americana costrinse poi Calonne, successore di Necker, a ricorrere sempre più al credito finchè il debito
accumulato non lo costrinse ad affrontare la realtà.

De Brienne più tardi, tenterà di spezzare il fronte delle opposizioni usando una politica aperta e illuminista.
Al terzo stato offrì infatti assemblee provinciali consultive con rappresentanze uguali a quella degli altri
ordini. Il problema finanziario però persisteva ed egli dovette affrontarlo negli stessi termini di Calonne:
imposta fondiaria proporzionale al valore dei beni; quindi obbligo anche per nobiltà e clero di pagare le
imposte. Queste nuove proposte provocarono la pronta reazione dei parlamentari di parigi che rifiutarono
la nuova tassa fodiaria. Si diffuse di conseguenza in tutta la Francia la richiesta per una convocazione degli
Stati generali e lo scontro fra governo e parlamento era ormai inevitabile.

Il terzo stato, grazie alla numerosa presenza di avvocati, cominciava ad apparire come forza emergente e
luigi XVI non ebbe scelta: licenziò Brienne e richiamò Necker, impegnandosi a convocare gli Stati generali.
Da quello che gli storici definiscono interciclo di regresso, cioè una fase di caduta dei prezzi agricoli, si
passava al ciclo rivoluzionario, cioè ad un arco di tempo in cui gli stessi fenomeni economici erano
sovrastati dal conflitto sociale in corso.

LA CONVOCAZIONE DEGLI STATI GENERALI

Gli Stati Generali erano un'assemblea consultiva del Regno di Francia. Furono convocati la prima volta da
Filippo IV nel 1302, e si riunirono per ventidue volte in 487 anni. Si erano riuniti per l’ultima volta nel 1614
durante la reggenza di Maria de' Medici.

Intanto, nel 1778, i raccolti diminuivano troppo e una gravissima carestia si faceva sempre più vicina
inaugurando l’ inizio di una negativa congiuntura dell’intera economia, tanto che Parte della piccola nobiltà
e del basso clero concordavano con il Terzo Stato sulla necessità di una riduzione del potere assoluto del re,
di un maggiore decentramento amministrativo e un aumento delle libertà individuali.

Restava da realizzare quanto era stato deciso ancora sotto Brienne nel Luglio 1788: la convocazione degli
stati generali e le modalità di voto restavano un problema: la consuetudine stabiliva che i 3 ordini dovevano
riunirsi e votare separatamente, (In tal modo il Terzo Stato sarebbe stato sempre in minoranza) mentre il
voto per testa richiedeva un voto per ciascuno dei deputati partecipanti. Il Parlamento di Parigi, il 21 sett
1788, dichiarò la scelta ovviamente conservatrice, alienandosi così di colpo le simpatie del terzo stato.
L’opinione pubblica non tardò a battersi apertamente per la votazione a testa e per un aumento della
rappresentanza del Terzo Stato e Necker portò avanti una soluzione di compromesso: accettò il
raddoppiamento delle rappresentanze ma non modificò nulla rispetto alle modalità di voto.
Le elezione degli stati generali si tennero il 5 Maggio del 1789 a Versailles.

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Furono eletti 1139 deputati; quella del clero contava 291 membri, fra cui oltre 200 curati e la personalità di
maggior rilievo sarà l’abate Grègoire di Nancy. I deputati della nobiltà, 270, erano a loro volta divisi in due
gruppi, quello reazionario e quello dei patrioti. Nel terzo stato (578 deputati) prevalevano gli avvocati
seguiti dalla borghesia produttiva. Tra i deputati del terzo stato vi erano anche due transfughi da altri
ordini: il nobile Mirabeau e l’abate Sieyès.

FASE PREPARATORIA

I Cahiers de doléances

Nella primavera del 1789 il re chiese ai suoi sudditi di esprimere le loro esigenze nei cahiers de doléances
(quaderni di lamentele), per fornire agli Stati Generali un materiale sui problemi della nazione su cui
discutere. Si tratta di un documento veramente notevole ed imponente di questa campagna elettorale che
raccoglie le critiche e le esigenze locali. Conta circa 60.000 testi e nel complesso vennero presentati ben
615 quaderni più altri nove dalle colonie. La richiesta di riforme si concentrò su tre punti: libertà,
uguaglianza e unità del regno. Le libertà a cui i francesi ambivano erano di vario genere. In primo luogo la
libertà di coscienza e di culto. Fu richiesta la libertà individuale e una cinquantina di quaderni si schierò
contro la schiavitù dei neri, l’abolizione della tratta degli schiavi e infine si invocò spesso la libertà di
stampa. Ovviamente fu numerosamente rivendicata anche l’uguaglianza fiscale, giuridica e sociale tra i tre
ordini dai cittadini del terzo stato. I quali si appellarono anche alla richiesta di abolizione dei diritti feudali
che in quegli anni si inasprivano a causa delle ingenze nobiliari.

L’assemblea nazionale costituente

Fin dal 6 Maggio i deputati del terzo stato si mossero contro e chiesero il voto per testa. Questo fu
largamente rifiutato da clero e nobiltà finchè il 12 giugno il terzo stato cominciò da solo la verifica dei poteri
dei tre ordini, provocando le prime adesioni del basso clero. il Terzo stato sentendosi l’unico vero
rappresentate della nazione lasciò gli Stati Generali e si autoproclamò Assemblea nazionale (influenza
delle idee di Sieyés). A questo punto l’iniziativa del terzo stato colpiva a fondo il sistema della nobiltà
monarchica. Il re reagì fidando sulla nobiltà e cassando il 19 giugno le deliberazioni del terzo stato. La sala
delle riunioni del 20 era stata chiusa per ordine de re, ma i deputati si trasferirono in quella della Pallacorda
e giurarono di proseguire nella loro attività. Ormai non volevano realizzare soltanto alcune riforme, ma
giungere ad un testo costituzionale che definisse diritti e doveri dei cittadini e i limiti di potere. Poco dopo,
fra il 24 e il 25 giugno, quasi tutto il clero e una parte della nobiltà aderirono e il 7 luglio l’assemblea si
definiva nazionale costituente.

La presa della Bastiglia

Ma la facile vittoria era solo apparente in quanto il re si preparava a chiamare truppe fedeli a difesa di Parigi
e forte di questo sostituì necker con uomo più fedele, Breteuil, da idee molto conservatrici. A questo punto
però i legami tra terzo stato e paese erano diventato estremamente forti e alla notizia delle truppe fuori
Parigi e del licenziamento di Necker il terzo stato rispose decidendo di armarsi per difendersi
autonomamente. Il 14 luglio 1789 la folla assaltò Les Invalides e la Bastiglia, li espugnò e si impadronì delle
armi ivi custodite. L’episodio ebbe eco in tutta Europa in quanto il 14 luglio segnava una data decisiva: era
la vittoria della borghesia cittadina.

La grande paura

A questa fase fu parallela una notevole agitazione rurale: in normandia, alsazia, provenza i contadini si
mossero contro i castelli e pretesero la consegna e la distribuzione degli archivi, per cancellare ogni traccia
della loro subordinazione e alcune di queste rivolte vennero fermate anche duramente.

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In questa realtà maturò fra la fine di luglio e gli inizi di agosto la grande paura, una sorta di panico collettivo
che si diffuse in tutta Francia, timore dei briganti e della congiura aristocratica

Abolizione del regime feudale

Di fronte al pericolo di una radicalizzazione delle richieste dei contadini, l’Assemblea Costituente cercò una
soluzione di compromesso.
L’assemblea nazionale costituente nelle sedute dal 4 all’11 Agosto 1789 votò il Decreto relativo
all’abolizione del regime feudale, delle giustizie signorili, delle decime, della venalità delle cariche, dei
privilegi. Il 4 agosto 1789 vennero aboliti le corvées e gli altri obblighi feudali dietro pagamento di un
riscatto in denaro. Tale decreto realizzava per la prima volta l’uguaglianza giuridica e civile abolendo il
feudalesimo. Tre anni dopo i privilegi feudali vennero aboliti del tutto senza indennità.

La dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino

Pochi giorni dopo l’abolizione del regime feudale veniva approvata la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e
del cittadino sul modello della Dichiarazione d’indipendenza americana. Questa dichiarazione sarà il
preambolo della futura Costituzione del 1791. Libertà e uguaglianza

“Gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti” (art. 1)

Diritti naturali e inviolabili dell'uomo: libertà, proprietà, sicurezza, resistenza all'oppressione (art. 2)

Con la dichiarazione si otteneva

 La libertà di professare privatamente qualsiasi religione

 La libertà di stampa, ma limitata dalla possibilità di vietare pubblicazioni turbatrici


dell’ordine pubblico

L’Assemblea si trovò però di fronte a una resistenza passiva del re che si rifiutò di sancire la dichiarazione e i
decreti del 4-11 agosto. Ancora una volta fu la folla a determinare a scelta decisiva: il 5 ottobre 1789, un
corteo di popolani parigini, guidato dalle donne e scortato dalla Guardia Nazionale, si recò a Versailles per
protestare, questi chiedevano che il re accettasse i decreti dell’Assemblea Costituente, che garantisse
approvvigionamenti alla capitale, stremata dal carovita e che si trasferisse al palazzo delle Tuileries a
Parigi, dove sarebbe stato meglio controllato. Per timore di tumulti, il re fu costretto ad accettare. Il 10
ottobre, Luigi XVI fu proclamato «per grazia di Dio e per la Costituzione dello Stato, re dei Francesi», non
più re della Francia, ma dei francesi, per sottolineare il carattere nazionale della monarchia.

L’assemblea nazionale costituente negli ultimi mesi del 1789 dovette affrontare oltre al debito pubblico,
alcune questioni di rilievo: la riforma del diritto penale, la questione dei beni del clero a disposizione della
nazione e soprattutto la riorganizzazione territoriale della Francia (decreto del 22 dicembre 1789) che
prevedeva la creazione dei dipartimenti. I cittadini furono divisi in tre categorie: passivi, attivi, e eleggibili.

La politica religiosa dell’assemblea

Il 2 novembre l’Assemblea Costituente decise la chiusura degli ordini religiosi contemplativi (venivano
mantenuti solo quelli dediti all’educazione e all’assistenza dei malati) e la requisizione dei loro beni. In un
primo momento i beni incamerati dallo Stato vennero usati come garanzia per l’emissione di Titoli di
stato « gli assegnati», con la speranza che venisse acquistato dai cittadini per risanare il debito pubblico.
In realtà il titolo perse valore rapidamente

Nel 1790 fu approvata la Costituzione civile del clero: parroci e vescovi eletti, stipendiati dallo Stato,
dovevano giurare fedeltà alla Costituzione. Questo decreto si rifaceva alla tradizione del gallicanesimo

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Ovviamente il decreto non fu ben accetto dalle illustri figure ecclesiastiche, Papa Pio VI infatti si oppose al
provvedimento e condannò anche la Dichiarazione. Questo causò una frattura fra clero costituzionale (che
giurò fedeltà alla Costituzione) e clero refrattario (che si rifiutò).

La fuga del re

L’attività dell’assemblea costituente si chiuse con la Costituzione del 1791. Le ultime discussioni furono
però tenute in un clima drammatico, dove né la monarchia né l’aristocrazia erano decise a perdere il
proprio potere. Nel febbraio del 1791 erano iniziate le prime fughe degli aristocratici dalla Francia: erano
emigrati non solo per spingere altri sovrani europei contro la Francia ma anche per preparare bande
armate ai confini. Pochi mesi dopo anche il re tenta la fuga il 20 giugno 1791, ma viene riconosciuto a
Varennes (confine con il Belgio) e ricondotto a Parigi. Il tentativo di fuga incrina il prestigio della monarchia
e rende più difficile l’attuazione di una monarchia costituzionale. Si cominciò a parlare di Repubblica.

Le fazioni rivoluzionarie si organizzarono in club (simili ai nostri partiti)

Giacobini, il cui leader fu Robespierre, professavano l’idea politica della Repubblica

Foglianti, guidati da Mirabeau e La Fayette, credevano nella Monarchia Costituzionale

Cordiglieri, guidati Danton, Herbert e Marat, si battevano per la repubblica e le rivendicazioni operaie con
l’aumento dei salari e l’occupazione.

La costituzione del 1791

Fu il risultato di un compromesso tra i club che portava alla luce una Monarchia costituzionale, con
separazione dei poteri: all’Assemblea elettiva il potere legislativo; al re (che elegge i ministri) il potere
esecutivo. Il suffragio è censitario. È una costituzione espressione dell’alta borghesia. L’Assemblea
Costituente si scioglie per lasciare il posto al nuovo organismo, l’Assemblea Legislativa.

In risposta alle rivendicazioni sociali dei contadini, l’Assemblea Legislativa si vide costretta nel febbraio
1792 a decretare: la nazionalizzazione dei beni dei nobili emigrati e ad abolire, senza indennizzo, i diritti
feudali ancora in vigore.

La Francia in guerra

La rivoluzione francese ebbe eco in tutta europa e nel mondo, tanto da suscitare reazione nelle monarchie
europee. Austria e Prussia avevano dichiarato la loro disponibilità ad intervenire in favore di Luigi XVI per
ripristinare l’antico ordine e si fa strada l’ipotesi di una guerra tra la «nuova Francia rivoluzionaria» e le
potenze europee. Le fazioni politiche presenti in Assemblea Nazionale sono divise tra favorevoli e contrari.
Nel 1792 infatti la Francia dichiarò guerra all’Austria e alla Prussia.

A favore e contro la guerra contro l’Austria e la Prussia furono:

A FAVORE:

 Girondini: in quanto avrebbero stimolato la produzione manifatturiera e i commerci


 Moderati: la guerra avrebbe consolidato il governo che in quel momento era nelle loro mani
 Luigi XVI: sosteneva la guerra perché sperava nella sconfitta della Francia rivoluzionaria per poter
riprendere l’antico regime

CONTRO:

 Giacobini: furono gli unici a non volere la guerra in quanto ritenevano la Francia incapace ed
momentaneamente impreparata ad affrontare un scontro con le grandi monarchie.

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Le sconfitte militari e le tensioni sociali diffuse in tutto il paese creano le condizioni per un colpo di stato. Il
colpo di stato in questione sarà quello dei Sanculotti, colpo di stato che avrà eco in tutta europa.
A Parigi bisognava fare i conti con i sanculottti (il termine indicava spregiativamente quei gruppi sociali
poveri che non portavano le culottes, le corte braghe indossate da borghesi e nobili) nei quali oltre alla
volontà di calmierare il pane, cominciavano ad emergere proposte politiche più radicali.

Il 20 giugno 1792, i sanculotti guidati da Danton e sostenuti politicamente dai giacobini e dai cordiglieri
assaltarono le Tuileries e a Parigi, la guida della città venne presa dalla Comune insurrezionale. Il re si
rifugia presso l’Assemblea Nazionale che «sospende la monarchia» e indica le elezioni per la Convenzione
Nazionale. Nel settembre 1792, timorosi che fosse in atto un complotto controrivoluzionario, i sanculotti
assaltarono le prigioni massacrando nobili, preti refrattari, delinquenti comuni

LA CONVENZIONE 1792-93

Il 20 settembre 1792 si insediò la Convenzione, eletta a suffragio universale maschile, con lo scopo di
redigere una nuova Costituzione. Gli schieramenti erano:

 I Girondini, favorevoli
a soluzioni moderate,
portavoce del mondo
degli affari, favorevoli
al libero mercato
 I Montagnardi
(giacobini +
cordiglieri), di idee più
radicali, esprimevano
le esigenze del popolo
minuto e della piccola
borghesia, volevano
che lo Stato
controllasse i prezzi e i
salari e attuasse
riforme sociali contro il
carovita e la disoccupazione
 La Pianura (o Palude), non avevano un orientamento preciso.

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La vittoria di Valmy

Ma nel periodo più duro la Francia rivoluzionaria, guidata dal comitato esecutivo, trovò le energie per
reagire e dimostrare di sapersi difendere. Il 20 Settembre i prussiani erano sconfitti a Valmy. Il 21
settembre, eletta a suffragio universale, si riuniva la Convenzione nazionale, che proclamava la Repubblica.
Il 6 novembre i francesi battevano gli avversari a Jemappes, e si preparavano ad occupare il Belgio. In realtà
le prime vittorie francesi erano il frutto di una profonda trasformazione degli eserciti della repubblica.
All’inizio il problema della guerra era fondamentalmente dovuto alla quantità degli armamenti e al
reclutamento degli ufficiali. Un altro elemento che venne a contare moltissimo fu l’elevato grado di
policizzazione. Rotte per un momento le gerarchie tradizionali, le masse popolari sentirono veramente la
necessità di vincere per difendere le prime conquiste rivoluzionarie.

La condanna a morte di Luigi XVI

Il 14 Gennaio la Convenzione si pronunciava a stretta maggioranza (378 voti contro 334) per la morte del re,
di cui era stato provato il tradimento. L’esecuzione ebbe luogo il 21 Gennaio 1793. Essa rappresentò
un’altra sconfitta per la gironda. La montagna era riuscita a sottrarle il controllo della Pianura. Il processo al
sovrano e la sua condanna a morte si collocavano in un clima molto difficile: il 1 febbraio 1793 la
Convenzione aveva dichiarato guerra a Inghilterra, Olanda e il 7 marzo alla Spagna.

La prima coalizione 1793-95

L’esercito francese dal 1793 ottenne numerosi successi (Savoia, Belgio, Reno). Robespierre voleva far
cessare la guerra, invece tra i girondini si diffuse la teoria dell’esportazione della rivoluzione tanto che
molti sovrani stranieri cominciarono a temere per la sorte dei loro troni e si unirono all’Austria e alla
Prussia. Nasce così la prima coalizione antifrancese (Inghilterra, Prussia, Austria, Russia, Spagna, Regno di
Sardegna, Granducato di Toscana, Stato della Chiesa, Regno di Napoli). Fra il 5 e il 6 Aprile del 93 fu creato il
Comitato di salute pubblica. Si curò non solo la leva di massa, per organizzare ben 11 armate contro la
coalizione europea, ma altresì la loro politicizzazione che doveva controllare solo controllare l’efficienza
delle operazioni militari, ma anche la propaganda politica. Attraverso ciò il comitato della salute pubblica
mantenne il controllo ferreo delle armate.

IL TERRORE 1793-94

In questo periodo si assistette ad uno slittamento della situazione interna verso la dittatura rivoluzionaria:

Settembre 1793: al Comitato di Salute pubblica (istituito per calmierare i prezzi) furono attribuiti ampissimi
poteri di controllo su tutta la società. Creazione di una giustizia rivoluzionaria, che prevedeva
l’eliminazione di tutte le garanzie giuridiche degli accusati e del ricorso in appello. La tendenza dittatoriale
fu evidente in occasione della repressione della rivolta vandese.

A fine 1793, all’interno del Comitato di Salute veniva preparata l’ascesa di Robespierre, Giacobino e
montagnardo, si era distinto per la sua scarsa disposizione verso il re e i nobili e per l’efficacia della sua
azione nella caduta dei girondini.

Gli storici e i contemporanei si sono divisi tra chi lo considerava un estremista, un demagogo e un dittatore
e chi lo ritiene un idealista, cresciuto nelle idee dell'illuminismo, in particolare quelle di Jean-Jacques
Rousseau, devoto alla causa rivoluzionaria della Repubblica fino al sacrificio della stessa vita.

Venne approvata la legge «sulla repressione dei cospiratori», con l'esclusione dei nobili dalle cariche
pubbliche e l’istituzione della «polizia generale» inasprendo ulteriormente la repressione

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 Vennero accresciuti i poteri assegnati al Comitato di salute pubblica, a cui veniva attribuita anche
la possibilità di ricercare e tradurre al Tribunale rivoluzionario i nemici della Repubblica.

 Saint-Just divenne il capo di un ufficio di sorveglianza amministrativa e di polizia generale

Il Comitato era ormai nelle mani di Robespierre ma era del tutto assente il consenso del popolo e dei
membri della Convenzione.

Assassinio di Marat

Che la minaccia fosse concreta, venne a confermarlo l’assassinio di Marat nel cuore della Parigi
rivoluzionaria, il 13 luglio 1793, ad opera di Charlotte Corday, una giovane monarchica normanna. Jean-
Paul Marat, (Boudry, 24 maggio 1743 – Parigi, 13 luglio 1793) medico, giornalista. Tra i protagonisti
della Rivoluzione francese, che egli sostenne con la sua attività giornalistica, politicamente vicino
ai Cordiglieri, fu deputato della Convenzione nazionale e Presidente del Club dei Giacobini.

Nel giugno 1794 la violenza diventava sistema di governo: tutti i ceti sociali erano coinvolti nel clima di
sospetto, ogni diritto alla difesa veniva eliminato e furono emessi atti d’accusa collettivi. Nonostante tutto
questo, le armate rivoluzionarie conseguirono un’importantissima vittoria a Fleurus (giugno 1794), grazie
alla quale poterono penetrare in Belgio e in Catalogna.

La politica di decristianizzazione

Significativa fu la repressione a Nantes, dove il commissario Carrier procedette per esecuzioni senza
processo contro 2 o 3000 persone. Contemporaneamente gruppi più radicali portavano avanti un notevole
processo di decristianizzazione, vennero Distrutti i simboli del cristianesimo (statue di santi, altari arredi
sacri, campane) e le Chiese chiuse al culto cristiano e utilizzate per una nuova religione dell’Essere
Supremo. Nell’ottobre 1793 viene introdotto il calendario repubblicano, coerentemente alla politica di
scristianizzazione della società. Il criterio scelto fu quello ispirato ai cicli della natura (maggio=pratile,
giugno=messidoro, luglio=Termidoro) e i santi del culto cattolico furono sostituiti dai martiri della
rivoluzione. Il 1792 diventava l’anno I.

La costituzione del 1973

Il 24 giugno 1793 viene approvata la nuova Costituzione democratica che affermava

 Impianto repubblicano
 Suffragio universale maschile
 Potere legislativo a un’assemblea eletta dai cittadini

Il Colpo di Stato del 9 termidoro (27 luglio 1794)

Una parte dei componenti del Comitato di salute pubblica, appoggiata da alcuni dei principali
rappresentanti delle correnti più moderate della Convenzione nazionale, si sollevarono contro Maximilien
Robespierre e i suoi più stretti alleati. Robespierre, Louis Saint-Just e Georges Couthon, i cosiddetti
"triumviri", furono rapidamente arrestati e ghigliottinati. Denominato anche Reazione termidoriana o
semplicemente Termidoro, il colpo di stato provocò la fine del predominio dell'estrema sinistra giacobina e
dei sanculotti, l'interruzione del Terrore e l'ascesa al potere di una classe dirigente (i cosiddetti
"Termidoriani"), in parte compromessa con gli eccessi del periodo del “Terrore” che sviluppò una politica
più moderata, favorevole alla nuova borghesia e in opposizione alle istanze rivoluzionarie delle classi
popolari.

Nonostante il sangue versato il Terrore ebbe alcuni aspetti positivi

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 Venne preservata la Rivoluzione


 Si realizzò l’unione contro i nemici esterni e la Francia cessò di essere un paese assediato
 Fu evitata la bancarotta grazie al fatto che l’economia finì sotto il controllo dello Stato

In conclusione, mentre la rivoluzione del 1789 fu liberatrice e figlia dell’Illuminismo, la rivoluzione del 1793-
94 fu dittatoriale e incubatrice del dispotismo di Napoleone.

LA RIVOLUZIONE FRANCESE: DAL TERMIDORO AL CONSOLATO DI NAPOLEONE


TERMIDORO

La Convenzione approvò 2 importanti atti:

Agosto 1795: viene approvata la Costituzione dell’anno III. In essa si afferma che la legge è uguale per tutti;
che il principale corpo legislativo avrebbe dovuto essere diviso in

Consiglio dei Cinquecento (che proponeva leggi e votava risoluzioni)

Consiglio degli Anziani (che trasformava in leggi le risoluzioni);

Il potere esecutivo avrebbe dovuto essere affidato ad un Direttorio di 5 membri.

Decreto dei 2/3:

2/3 dei neonati Consigli dovevano essere eletti fra i membri della Convenzione, per scampare a vittorie
elettorali monarchiche

Clima politico-sociale durante il Termidoro


Il periodo cosiddetto del Termidoro fu ricco di contraddizioni: si pretendeva che la Repubblica
fosse borghese, quando ad una parte della borghesia si precludeva il potere; si voleva che la
Repubblica restasse autoritaria, pur professandosi liberale. Si era ormai entrati nella seconda fase
della rivoluzione, in cui, dopo l’intensa partecipazione politica di gruppi sociali, subentrava la spossatezza
politica e l’esigenza del Terzo Stato di consolidamento dal punto di vista economico.

IL PRIMO DIRETTORIO

Il primo Direttorio dovette fare i conti con una recrudescenza della conflittualità sociale e politica: a
sinistra si riorganizzava il partito giacobino, a destra acquistava nuovo vigore il movimento monarchico.
Nell’inverno 1795-1796, fu messa a punto da Babeuf e Filippo Buonarroti la congiura degli eguali. Nel
maggio 1796 la congiura fu scoperta, Babeuf fu condannato a morte mentre Buonarroti fu deportato. La
dottrina politico-sociale alla base di tale congiura era il babuvismo, che predicava il comunismo dei beni,
l’abolizione della proprietà privata, l’eguaglianza dei salari e il controllo della redistribuzione del reddito.

Situazione finanziaria: In campo finanziario, a causa della fortissima svalutazione della moneta, la
Francia dichiarò bancarotta

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Situazione internazionale: In campo internazionale, definitivi successi furono conseguiti a spese della
Spagna, della Prussia e dell’Olanda. In armi rimanevano l’Inghilterra (preoccupata dall’espansione francese
in Belgio e Olanda) e l’Austria (colpita nell’ottobre 1793 dall’esecuzione capitale di Maria Antonietta).

Assegnati di Stato: Inizialmente era un titolo di prestito emesso dal Tesoro nel 1789, il cui valore era
assegnato sui beni nazionali. Nel 1791 divenne una moneta cartacea e le assemblee rivoluzionarie ne
moltiplicarono le emissioni, causando una forte inflazione.

All’inizio del 1796 furono lanciate 3 armate contro l’Impero asburgico:

 La prima in Europa centrale

 La seconda al confine con la Svizzera

 La terza in Liguria e Piemonte.

I primi 2 fronti avrebbero dovuto essere i principali. Ma l’armata d’Italia centralizzò su di sé l’attenzione.

NAPOLEONE BONAPARTE

Lo scenario in cui si realizza l’ascesa al potere di Napoleone Bonaparte è reso problematico dai seguenti
fattori:

L’esecuzione del re aveva provocato un’estensione della guerra in Europa. Sul fronte interno, scoppiò
l’insurrezione realista della Vandea nella primavera del 1793 e restava molto grave la situazione economica
delle classi popolari. L’esercito francese versava in una condizione di profonda disorganizzazione: i quadri
ufficiali, monopolizzati dai nobili, erano stati decimati dall’emigrazione, e coloro che erano ancora in
servizio erano in gran parte inaffidabili perché ostili alla rivoluzione. Tuttavia, la situazione di instabilità
politica, accrebbe progressivamente il ruolo e il potere politico dell’esercito, aprendo la strada alla dittatura
militare.

Nato ad Ajaccio nel 1769 in una famiglia appartenente al notabilato di provincia, comunque estranea ai
privilegi dell’aristocrazia di antico regime. Frequenta il collegio militare di Parigi. Per quanto concerne il
rapporto di Napoleone con l’illuminismo, le sue cognizioni di molti tratti del pensiero illuministico erano
alquanto superficiali. Per di più, guardava la Rivoluzione con gli occhi di un patriota corso, finendo per
considerarla l’occasione per raggiungere l’indipendenza della Corsica.

L’armata per la spedizione italiana fu affidata a Napoleone. La sua fortuna fu dovuta al valore dimostrato
come generale d’artiglieria in occasione della repressione dei moti realisti del 1793 e, soprattutto, al fatto
che la sua causa fu perorata da Barras, componente del primo direttorio. Il grande merito di Napoleone fu
quello di saper unire i valori dell’arte della guerra, e gli ideali della rivoluzione, in un momento storico in
cui la classe dirigente francese non era né carismatica, né autorevole né molto aderente ai principi
rivoluzionari. Tuttavia, nell’ascesa di Napoleone fu davvero determinante la campagna d’Italia, mentre sul
fronte germanico l’esercito francese veniva sconfitto a più riprese.

Nel giro di un mese il Regno di Sardegna capitolò e Vittorio Amedeo III fu costretto a firmare l’armistizio di
Cherasco, concedendo ai francesi delle piazzeforti in Piemonte. A maggio entrò a Milano. La prima
occasione di scontro con il Direttorio fu la questione lombarda: la Francia non mirava a conquistarla ma
solo a sfruttarla economicamente e voleva che Napoleone si dirigesse verso Napoli, mentre Napoleone
insistette per conquistare Mantova, città in cui si era trincerato il grosso delle truppe austriache. Nel
marzo 1797, Napoleone riuscì a giungere fino a 100 km da Vienna e costrinse gli austriaci a firmare i
preliminari di pace, che riconoscevano l’appartenenza della Lombardia e del Belgio alla Francia mentre il
Veneto restava agli austriaci. Nel marzo 1797, Napoleone riuscì a giungere fino a 100 km da Vienna e
costrinse gli austriaci a firmare i preliminari di pace, che riconoscevano l’appartenenza della Lombardia e

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del Belgio alla Francia mentre il Veneto restava agli austriaci. Tuttavia, bisogna ricordare che il Veneto
rimase agli austriaci a seguito del Trattato di Campoformio (ottobre 1797), con il quale Napoleone cedeva
Veneto, Istria e Dalmazia all’Austria in cambio del riconoscimento della Repubblica cisalpina. Così facendo,
infrangeva i sogni dei patrioti veneziani che avevano guardato a Napoleone come un liberatore.

LE REPUBBLICHE GIACOBINE IN ITALIA

L’esempio di Venezia torna utile per capire il processo di democratizzazione che Napoleone favorì nei
territori dell’Italia settentrionale: in tale periodo si comincia a parlare di Repubbliche giacobine.

Il giacobinismo (sintesi dei valori di libertà e democrazia) attecchì nei territori occupati dagli eserciti
rivoluzionari francesi. (Belgio, Olanda, Svizzera, Renania, Savoia).

Nel 1796 Milano era il centro di raccolta degli esuli provenienti dal resto d’Italia

Nel dibattito politico, fra i patrioti italiani avevano preso forma 2 diverse correnti (in linea con quelle che
nel Risorgimento sarebbero state le idee di democratici e liberali):

1.La linea democratica si sposava con la politica di Robespierre e prevedeva unità nazionale,
trasformazione di tutte le strutture socio-economiche, ridistribuzione della ricchezza, abolizione di tutti i
privilegi, stato presente in economia;

2.La linea moderata differiva solo per il fatto che sosteneva la libera proprietà e il libero scambio

Nel giugno-luglio 1797 parte dell’Emilia (Bologna, Modena, Reggio Emilia) e parte della Lombardia (Brescia
e Bergamo) formarono la Repubblica cisalpina. Nel febbraio 1798 un incidente diplomatico provocò
l’occupazione francese dello Stato Pontificio e la proclamazione della Repubblica di Roma. Nel passaggio
dai governi provvisori alla proclamazione delle repubbliche, Napoleone favorì sempre l’affermazione delle
correnti moderate.

La fortuna politico-governativa delle repubbliche sorelle fu limitata perché non ci fu una collaborazione tra
queste e la Francia.

Inoltre, spesso la gran parte della popolazione vedeva nei patrioti solo dei nuovi dominatori e, quindi,
restava fedele alla Chiesa e agli antichi sovrani.

IL SECONDO DIRETTORIO

Dopo i successi nella Campagna d’Italia Napoleone godeva di favori sempre maggiori e a Parigi cominciava
ad essere percepito come il salvatore della patria. Per tenere Napoleone lontano da Parigi, nel 1797 il
Direttorio appena insediato ordinò la preparazione di una campagna militare in Egitto: pur essendo una
provincia ottomana, l’attacco all’Egitto avrebbe colpito il commercio inglese. Napoleone accettò per 2
motivi: capiva che ancora i tempi di un sua affermazione a Parigi non erano maturi e reputava la campagna
egiziana probabile foriera di nuovi successi militari.

LA SPEDIZIONE IN EGITTO

Maturava in Napoleone la volontà di conquistare l’Egitto, con i quale egli pensava di assicurare alla Francia
il controllo del Mediterraneo con un territorio coloniale che lo avrebbe anche aiutato anche a insidiarsi nei
domini asiatici inglesi. La spedizione, decisa il 5 marzo 1798, partì da Tolone il 19 Maggio: comprendeva 65
navi da guerra e quasi 60.000 uomini. Conquistata Malta il 6 giugno, Napoleone sbarcò ad Alessandria,
impadronendosi del porto. Il 21 Luglio sconfisse nella battaglia delle Piramidi i mamelucchi. Ma pochi giorni
dopo la flotta francese fu distrutta ad Abukir, vicino Alessandria, dall’ammiraglio inglese Nelson il 1 agosto
1798. Privo di flotta Napoleone si trovava ormai imbottigliato nel territorio appena conquistato.
Nonostante le vittorie contro i turchi, Napoleone comprese che la situazione in Egitto era irrimediabilmente

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compromessa. Nell’ Agosto 1798 lasciò l’Egitto e partì per la Francia. Se pur sconfitto (non riuscì a riportare
in Francia il corpo di spedizione) Napoleone si contraddistinse per l’impulso all’ammodernamento che
diede all’Egitto (stampa, servizio postale e abolizione della feudalità). La spedizione d’Egitto, quantunque
militarmente fallimentare, ebbe un’enorme importanza anche dal punto di vista scientifico. Quasi 200
scienziati accompagnano le armate napoleoniche contribuendo alla diffusione del patrimonio culturale
egiziano ed alla traduzione dei geroglifici.

Il Colpo di Stato del 18 Brumaio 1799

Il 22 ottobre Napoleone giungeva a Parigi dove, all’interno del direttorio, stava mutando l’idea di un
mutamento, di un colpo di stato a detta della maggioranza del Direttorio. I congiurati in questione erano
mossi dalla volontà di revisione costituzionale con esigenze di pace. Fra il 18 e il 19 Brumaio (9.10
novembre 1799) il direttorio fu abbattuto e sostituito da una commissione consolare esecutiva formata da
tre consoli: Sieyes, Ducos e Napoleone Bonaparte con pieni poteri. Contemporaneamente due commissioni
di 25 membri ciascuna prendevano il posto dei Consigli e preparavano la nuova costituzione. Con la fine del
direttorio si concludeva la Rivoluzione e iniziava l’epoca Napoleonica

La Francia, stanca degli interminabili conflitti civili, era pronta a consegnarsi nelle mani di un uomo potente
che fosse in grado di prendere in pugno la situazione. Esautorato il Direttorio, la nuova Costituzione
approvata nel 1799 prevedeva alla testa dello stato 3 consoli come detto già prima, tra cui Napoleone fu
designato primo console (diritto di guerra e pace, di grazia e di nomina di numerose cariche pubbliche)

gli altri 2 Consoli disponevano solo di un voto consultivo. Inoltre, Napoleone si riservò il diritto di nomina
dei membri delle assemblee legislative, eliminò il suffragio universale a favore della cooptazione diretta.
L’obiettivo di Napoleone ora era quello di riuscire ad essere, al contempo, il custode dei principi
rivoluzionari e accentratore del potere nelle sue mani.

LA FRANCIA DURANTE IL CONSOLATO NAPOLEONICO

Napoleone deve fare i conti con le pressioni cui viene sottoposto dalle differenti parti politiche:

 I realisti che sperano Napoleone appoggi una restaurazione monarchica;

 Sieyes manifesta il suo scontento per lo scarso peso riconosciuto alle assemblee legislative

 Per diminuire la pressione interna e consolidare il proprio potere Napoleone riprende le campagne
militari:

L’Austria, sorpresa in Piemonte dall’attacco delle truppe francesi, fu costretta a firmare la pace di Lunèville
(febbraio 1801), grazie alla quale la Francia recuperava i territori ottenuti dopo il trattato di Campoformio.
Nel luglio 1801 fu stipulato il Concordato con la Santa Sede retta da Pio VII. Si chiudeva lo scontro tra la
Francia e la Santa sede aperto negli anni della Rivoluzione pontificia

La religione cattolica non era riconosciuta come religione dello stato, ma della maggioranza dei francesi;
Tutti i vescovi, costituzionali o refrattari, dovevano dimettersi. Le nomine dei nuovi vescovi, il cui numero
venne ridotto, spettavano al capo dello stato, e il papa si sarebbe limitato a dare l'investitura canonica. La
Chiesa si impegnava a non rivendicare i beni nazionalizzati durante la rivoluzione in cambio di una
retribuzione statale a diverse categorie di ecclesiastici. Lo stato aveva il potere di emanare regolamenti di

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polizia concernenti l'esercizio del culto. Nel 1802 fu siglata con l’Inghilterra la pace di Amiens, poiché
Napoleone necessitava della pace internazionale per riorganizzare la Francia.

Potendosi concentrare sulla politica interna Napoleone operò una serie di riforme amministrative di grande
rilevanza come l’accentramento amministrativo: a capo dei dipartimenti furono posti i prefetti, nominati
dal governo, mentre a capo dei circondari (articolazioni dei dipartimenti) furono posti i sottoprefetti.

Il potere di queste 2 figure non dipendeva dai corpi elettorali e il loro ruolo era fondamentale poiché
esercitavano anche una funzione di conoscenza del territorio. Nel marzo 1804 tutte le leggi furono raccolte
nel Codice civile, la prima raccolta organica di tutti i settori del diritto. Questo fu distribuito in tutti i territori
appartenenti alla sfera d’influenza francese.

Il Codice Napoleonico  Servì da modello ed influenzò tutti i codici successivi ed esercitò una notevole
influenza in numerosi paesi al mondo. È ricordato ancora oggi per essere stato il primo codice moderno,
introducendo chiarezza e semplicità delle norme e soprattutto riducendo ad unità il soggetto giuridico.

L’IMPERO NAPOLEONICO
Nel 1802 Napoleone diventa Primo Console a vita e nel 1804, col pretesto di porre fine ai complotti
filomonarchici, assume il titolo di “Imperatore della repubblica francese”. Le decisioni sono confermate
da un plebiscito e con Napoleone possiamo dire di assistere non a un ritorno alla monarchia, ma una
dittatura moderna. Frattanto, restava sempre attuale il sogno di Napoleone di prevalere definitivamente
sull’Inghilterra. Affiancata dalla Spagna, la flotta francese, nell’ottobre del 1805, venne sconfitta a Trafalgar
(L’ammiraglio inglese Nelson morì durante il combattimento) Nell’estate 1805 l’Inghilterra costituiva il
punto di riferimento della 3° coalizione antifrancese (Inghilterra, Russia, Austria, Svezia e Regno di Napoli).

Nel dicembre 1805, però Napoleone si rese protagonista della sua vittoria militare più riuscita: grazie ad un
strategia efficacissima riuscì a scompaginare le truppe avversarie e a riportare una schiacciante vittoria ad
Austerlitz (battaglia dei 3 imperatori – di Francia, d’Austria e di Russia). Così, l’Austria fu costretta a cedere
Istria, Dalmazia e Veneto alla Repubblica cisalpina.

Nel 1806 anche il Regno di Napoli passava nelle mani dei francesi, Al centro d’Europa si formò una
coalizione di Stati-satellite della Francia, detta Confederazione del Reno

Le potenze avversarie, preoccupate dall’ascesa francese al centro d’Europa, costituirono la 4° coalizione


antifrancese (di cui faceva parte anche la Prussia).

Napoleone riuscì ad entrare a Berlino ed usò il pugno di ferro con gli sconfitti: dallo Stato prussiano nacque
lo Stato di Vestfalia.

Nel 1807 anche la Russia si arrese e fu costretta a riconoscere lo Stato di Vestfalia e ad assicurare il proprio
impegno a fianco della Francia, qualora l’Inghilterra avesse voluto continuare il conflitto.

Le paci di Presburgo (1805) e Tilsit (1807) danno un nuovo volto all’Europa:

 L’Austria perde il Veneto e Dalmazia.

 In Germania scompare l’Impero e vengono premiati i prìncipi alleati di Napoleone, uniti in


una nuova Confederazione del Reno.

 La Prussia perde la Polonia.

 Si formano nuovi regni, retti da parenti di Napoleone in Olanda, Westfalia e Italia.

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Il blocco continentale contro l’Inghilterra

Con il termine Blocco Continentale fu denominato il divieto, emanato da Napoleone Bonaparte il 21


novembre 1806 da Berlino (Decreto di Berlino), di consentire l'attracco in qualsiasi porto dei paesi soggetti
al dominio francese, alle navi battenti bandiera inglese. Napoleone giustificò questa palese violazione del
diritto internazionale con l'esigenza di rispondere all'azione di blocco dei porti francesi già operata dalla
Gran Bretagna la cui marina sequestrava da qualche tempo le navi francesi (ed anche qualche nave
neutrale).

Il Blocco continentale si risolve in un sostanziale fallimento poiché: Risulta impossibile farlo rispettare,
l’Inghilterra, anche se danneggiata, non tracolla grazie al mercato interno e alle risorse coloniali, Il dominio
inglese sui mari consente all’Inghilterra di danneggiare i traffici francesi e la Francia non riesce a diventare
l’unico centro di produzione continentale.

Per imporre il blocco Napoleone è costretto a nuove iniziative militari:

Nel 1807 occupa il Portogallo

Nel 1808 invade la Spagna, imponendo come re il fratello Giuseppe e Annette alla Francia gli Stati della
Chiesa: Pio VII è condotto prigioniero in Francia. Nel 1809 reprime il tentativo dell’Austria che aveva dato
vita ad una 5a coalizione. (Pace di Vienna).

Vincitore su tutti i fronti, nel 1810 Napoleone è padrone dell’Europa. In quell’anno, dopo l’annullamento
del matrimonio con Giuseppina, l’imperatore sposa Maria Luisa d’Asburgo. Grazie a tale matrimonio
Napoleone poté unirsi con la dinastia più prestigiosa e antica d’Europa;

Ebbe finalmente un erede, che nacque nel 1811

L’Austria ottenne la rottura definitiva dei rapporti tra la Francia e la Russia (poco prima del matrimonio,
Napoleone aveva chiesto allo zar la mano della sorella, ottenendo il rifiuto da parte di questi).

Le rivolte antinapoleoniche

L’occupazione militare da parte delle armate francesi in Europa porta alla diffusione in quei paesi dei
principi della rivoluzione e del modello di governo napoleonico. Ma suscita anche il risveglio del
sentimento nazionale: In Germania Fichte esorta il popolo tedesco a divenire consapevole della propria
superiorità. In Spagna dal 1808 si sviluppa una guerra di indipendenza contro i Francesi

Nel 1812 Napoleone attacca la Russia perché lo zar Alessandro ha rotto l’alleanza, violando blocco
continentale. I Russi, guidati da Kutuzov, si ritirano quasi senza combattere facendo terra bruciata.
Napoleone entra a Mosca, ma la mancanza di rifornimenti e l’inverno russo lo costringono a una rovinosa
ritirata.

La 6 coalizione

Persa la sua armata in Russia Napoleone si ritira in Francia, abbandonando anche la Spagna. La Russia
vittoriosa si coalizza con Austria, Prussia e Inghilterra e sconfigge l’Imperatore a Lipsia (1813). Prima che
la coalizione entri a Parigi, Napoleone è costretto ad abdicare (1814) e a ritirarsi all’Isola d’Elba.

I 100 giorni

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La Francia torna ai Borbone con Luigi XVIII che concede una costituzione ma governa in modo autoritario.
Napoleone (marzo 1815) rientra in Francia e tra gli entusiasmi popolari riconquista il potere. La 7a
Coalizione infrange i suoi sogni di rivalsa a Waterloo (18 giugno 1815). Napoleone è esiliato sull’isola di
Sant’Elena dove muore il 5 maggio 1821.

L’EUROPA DELLA RESTAURAZIONE E DEL CONGRESSO DEL VIENNA


Nel 1814-15 il Congresso di Vienna ridisegna i confini degli Stati Europei in base ai principi di equilibrio
politico e territoriale tra le potenze europee e di legittimità con il ritorno dei legittimi sovrani.
Sconfitto Napoleone, le potenze vincitrici vollero “restaurare” l’ordine politico precedente la Rivoluzione
francese. Il congresso di Vienna stabilì che sui troni sarebbero tornati i legittimi sovrani. Austria, Prussia e
Russia stipularono la “Santa alleanza”, un trattato con cui si impegnavano a reprimere nuove rivoluzioni.
Con il congresso di Vienna del 1815 si apriva l’età della Restaurazione.

Le decisioni prese dalle potenze riunite nel congresso di Vienna si ispirarono a due principi fondamentali:

 il principio di legittimità, secondo il quale dovevano tornare sul trono le dinastie spodestate da
Napoleone;

 il principio di equilibrio, in base al quale dovevano essere ridisegnati i confini degli Stati, senza
rafforzare né indebolirne eccessivamente nessuno, al fine di evitare nuovi conflitti. Il ministro
austriaco Clemens von Metternich, sarà principale artefice della Restaurazione.

In Francia e in altri Stati fu ripristinata la monarchia e ciò deluse le aspirazioni liberali e democratiche.
Austria, Prussia e Russia strinsero l’accordo della “Santa alleanza” per contrastare ogni minaccia
insurrezionale. In Italia vennero ricostituiti gli Stati cancellati da Napoleone e l’Austria ottenne il compito
di garantirne la stabilità.

I NUOVI CONFINI D’EUROPA

ITALIA DOPO LA RESTAURAZIONE

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IDEE POLITICHE DELLA RESTAURAZIONE

Durante la Restaurazione si formarono idee e ideologie politiche. Si faceva inoltre strada l’idea di nazione,
intesa come comunità di “sangue” (cioè persone della stessa etnia), lingua e cultura. L’idea di nazione dava
voce alle aspirazioni di alcuni popoli all’indipendenza dal dominio straniero.

L’OPPOSIZIONE ALLA RESTAURAZIONE:

Il tentativo di restaurare l’ordine del passato si


scontrò con l’opposizione di organizzazioni
politiche segrete che diedero vita a
insurrezioni per abbattere i regimi assoluti,
ottenere la costituzione e, in alcuni casi,
l’indipendenza nazionale. Quasi tutti i moti
furono repressi. Ebbero invece successo in
Grecia, in Belgio e in Francia.

Il Congresso di Vienna tentò di


restaurare le monarchie
assolutiste in Europa, ma non
poté arrestare i fermenti ideali
portati dalla Rivoluzione
Francese. Per sfuggire alla
persecuzione attenta delle
polizie, gli intellettuali liberali si
riunirono in società segrete,
come la Carboneria, che era la
più diffusa nel nostro Paese.

L’obiettivo condiviso dai patrioti era quello di ottenere una costituzione a garanzia dei propri diritti rispetto
all’autorità monarchica. Nel 1820-21 i moti partirono dalla Spagna e si propagarono in Italia e in Russia
senza però approdare a nessun risultato concreto e finendo per essere repressi dalle forze monarchiche. La
Grecia invece riuscì a ottenere nel 1829 l’indipendenza dall’Impero ottomano.

Nel 1830 in Francia ebbe successo l’insurrezione contro la politica reazionaria di Carlo X di Borbone. Nel
Paese si affermò una “monarchia borghese” (cioè più moderna e liberale) sotto Luigi Filippo d’Orléans. In
seguito a questo evento, in Italia e in Europa scoppiarono altri moti, che furono repressi; solo il Belgio
riuscì a ottenere l’indipendenza dall’Olanda.

L’INDIPENDENZA DALL’AMERICA LATINA

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Le guerre di Napoleone avevano indebolito Spagna e Portogallo. Ne approfittarono le colonie dell’America


latina, che si ribellarono e ottennero l’indipendenza. L’indipendenza fu possibile anche per il sostegno
della Gran Bretagna e ancor più degli Stati Uniti, che volevano escludere ogni influenza europea dal
continente americano.

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Gli strumenti giuridici nei


rapporti tra la Corona gli
indigeni e i Conquistadores

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