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LE LOTTE RELIGIOSE IN GERMANIA

Dopo la scomunica spettava all’imperatore arrestare l’eretico e consegnarlo a Roma.


Convocato da Carlo V Lutero giunse a Worms il 16 aprile 1521 e quando gli venne chiesto
se era disposto a ritrattare lui chiese un giorno per riflettere. Carlo V concesse a Lutero di
allontanarsi, ma decise di agire contro di lui. In assenza di Carlo V nessun nobile però
arrestò Lutero: Federico di Sassonia, anzi, ne organizzò un falso rapimento e il 4 maggio
Lutero venne posto in salvo nel castello di Wartburg dove intraprese la traduzione in
tedesco della bibbia.
Espresse in seguito la dottrina dei due regni, secondo la quale il cristiano interiormente
riconosce solo la legge evangelica (regno della chiesa) ed esteriormente deve ubbidire
all’autorità politica voluta da Dio per garantire l’ordine nel mondo (regno dello stato).
I primi a prendere l’iniziativa furono i cavalieri. La piccola nobiltà cercò di impadronirsi
dei principati ecclesiastici (fenomeno della secolarizazzione), i contadini aderirono a
movimenti riformatori più estremisti, ribellandosi contro nobiltà e clero. I principi
tedeschi spinti dal Lutero, repressero duramente le rivolte.
Il riferimento diretto alla bibbia diede una base comune alle richieste dei contadini: il
“diritto divino” era uguale per tutti.

Il manifesto di questa rivoluzione furono i 12 articoli del marzo 1525, all'interno dei quali si
trovavano molte innovazioni dell’ordinamento politico, sociale e religioso.
Tra i partecipanti vi furono anche nobili, minatori e borghesi, che si allearono con i
contadini per contrastare i governi delle loro città.

Thomas Muntzer rifiutò la teoria dei due regni, predicando invece l’avvento in terra del
regno di Cristo. Lutero prese le distanze da questo movimento che usava la scrittura per
esercitare violenza e definì Muntzer come un diavolo.
Nel XV secolo il Mediterraneo avrebbe perso la posizione di centralità economica. Anche a causa dello
sbarramento ai traffici tra oriente e occidente imposto dall’Impero ottomano, le potenze del vecchio
continente cercarono nuove vie di comunicazione. Iniziava così l’epopea delle grandi scoperte.

Si cercò allora di capire se esistesse la possibilità di circumnavigare l’Africa per raggiungere l’Oceano
Indiano (unicamente via mare). Il figlio del re del Portogallo, Enrico il Navigatore, si impegnò strenuamente
per raccogliere i mezzi necessari e tentare l’impresa, Presto arrivarono i primi risultati: nel 1445 furono
scoperte le Isole di Capoverde, e successivamente Bartolomeo Diaz doppiò la punta estrema del
continente, che prese il nome di Capo di Buona Speranza (1487). Fu allora che fece la sua apparizione la
caravella portoghese: un piccolo veliero estremamente maneggevole, la cui velocità fu superata solo dalle
imbarcazioni del XIX secolo.

La conquista dell’alto mare divenne la pietra angolare dell’espansione economica europea verso il Nuovo
Mondo, tuttavia, lo storico cambiamento può essere compreso pienamente solo analizzando il concetto
stesso di “scoperta geografica”. Le nuove imprese non erano infatti paragonabili a viaggi come quelli di
Marco Polo, poiché sviluppate all’interno di un disegno d’espansione politica. L’evento di rottura fu
certamente la scoperta dell’America, nel 1492, ad opera di Cristoforo Colombo. In essa si mescolarono un
inedito spirito d’avventura, nuove conoscenze scientifiche e vecchie trame politiche. Col sostegno della
regina di Spagna, Colombo salpò verso occidente credendo di raggiungere l’Asia, ma in realtà non scoprì la
via più breve per le Indie, bensì un nuovo continente.

I viaggi di Colombo avevano principalmente uno scopo economico: l’apertura di rotte verso la terra delle
spezie. Al ritorno dell’esploratore, non a caso, la Spagna si era affrettata a richiedere al papato il
riconoscimento dei propri diritti sulle terre d’occidente. Ciò provocò la reazione portoghese: i lusitani
vedevano infatti preclusa l’espansione verso ovest. Nel giugno del 1494, il contenzioso si chiuse con la firma
del trattato di Tordesillas, che divideva le sfere d’espansione: la raya, un meridiano distante 370 leghe dalle
isole di Capoverde, segnò il confine. A occidente di quel meridiano dovevano dirigersi gli interessi spagnoli,
a oriente volgersi quelli portoghesi.

Dopo qualche anno, i viaggi di Colombo verso il Nuovo Mondo furono seguiti dalle imprese del portoghese
Vasco da Gama, che giunse a Calicut (India). Nel 1500 il mondo osservò una nuova formidabile scoperta:
Pedro Alvarez Cabral, mentre costeggiava l’Africa fu ricacciato ad occidente da una serie di tempeste,
approdando casualmente su una nuova terra, che chiamò Brasile. Al fiorentino Amerigo Vespucci dobbiamo
le esplorazioni delle coste meridionali del continente americano, che da lui prese il nome. Fu lo stesso
Vespucci a rilevare che Colombo aveva scoperto un nuovo continente e non le Indie. Le notizie delle grandi
ricchezze scoperte dal navigatore genovese spinsero le altre potenze europee a finanziare imprese sui mari.
Ad esempio, gli inglesi volsero gli interessi alla terre dell’America settentrionale, ignorando il trattato di
Tordesillas.

Le rotte verso il Nuovo Mondo si allungavano sempre di più, e a trent’anni dalla scoperta dell’America,
avvenne il primo viaggio intorno al mondo ad opera di Ferdinando Magellano. L’esploratore portoghese
superò la punta meridionale dell’America e raggiunse le Filippine, dove fu ucciso dagli indigeni. I costi
umani della spedizione erano stati elevati: su 265 partecipanti meno di venti erano sopravvissuti. La
disarmante imperturbabilità con la quale uno dei superstiti descrisse gli inganni nei confronti degli indigeni
testimonia vividamente, ancor oggi, la violenza dell’espansione coloniale europea: ‹‹E quando rinchiusero li
ferri che traversano le gambe, cominciarono a dubitare, ma il capitano li assicurò, e perciò stettero fermi: e
quando si viddero (sic) ingannati, gonfiarono come tori, e gridavano forte ‘Setebos’, che gli (sic) aiutasse, e
furono messi subito in due navi separate›› (A. Pigafetta, Viaggi, in G.B. Ramusio, Navigazioni e viaggi, a cura
di M. Milanesi, 1979, II).

Curiosità

Il corpo di Cristoforo Colombo fu seppellito nel 1537 sull’isola di Hispaniola, nei Caraibi. Tuttavia nel corso
dei secoli subì degli spostamenti, tali che ad oggi non è ancora certo dove si trovino i resti del grande
navigatore: se li contendono Spagna e Repubblica Dominicana.

Le civiltà precolombiane
Gli aztechi
Quando la prima imbarcazione europea toccò i lidi americani, la popolazione del nuovo mondo ammontava
a circa 80 milioni di abitanti. I colonizzatori ignoravano che la società azteca aveva un’organizzazione
politica ramificata e una cultura di indubbia raffinatezza. Il tutto in una cornice d’urbanizzazione rilevante, si
pensi che Tenochtitlan, la capitale, con i suoi 300.000 abitanti, era uno dei centri più grandi nel mondo.

Gli aztechi avevano sottomesso molte delle popolazioni dell’America centrale, per poi costituire un Impero
organizzato in distretti, che si estendeva su quasi tutto il Messico, dall’Atlantico al Pacifico, e che
comprendeva – quasi internamente - il Guatemala. Al vertice dell’Impero c’era il re, che era affiancato da
un consiglio supremo con funzioni amministrative e giudiziarie. Le cariche civili e religiose erano riservate
alla nobiltà, unica classe a possedere appezzamenti terrieri, che venivano coltivati dai contadini. Il ceto
intermedio era rappresentato da mercanti e artigiani, mentre alla base erano collocati servi e schiavi.

I Maya
La civiltà maya era tra le più antiche delle Americhe: i primi insediamenti erano del II millennio a.C., quando
in Europa, ed in Grecia nella specifico, la civiltà micenea si trovava nel suo momento migliore. Tra i maya,
l’uso della scrittura si diffuse nel III secolo a.C., mentre sotto la dominazione spagnola le popolazioni
mesoamericane assimilarono in breve tempo l’alfabeto latino per opera dei primi evangelizzatori. Mediante
l’alfabeto fonetico, i francescani avevano rappresentato in forma scritta il nahuatl, l’antica lingua azteca. I
Maya vivevano nelle terre della penisola dello Yucatan (Messico), in Guatemala e Honduras ed erano
organizzati in una miriade di città-Stato. Erano noti per gli elaborati sistemi astronomici e matematici,
utilizzavano infatti un sistema di numerazione a base vigesimale (che aveva per base il numero venti).

La maggior parte della popolazione abitava nelle campagne e si recava nei centri urbani solo per il mercato
o per partecipare alle manifestazioni religiose. Il capo della città era un sacerdote, che esercitava il potere
giudiziario e il governo politico.

Gli Incas
Gli Incas erano una popolazione originaria di Cuzco, regione dell’odierno Perù. Tra la metà del Quattrocento
e il 1532 formarono uno degli imperi più grandi dell’età precolombiana nel Nuovo Mondo. I territori si
estendevano per oltre 4000 km dall’Ecuador al Cile settentrionale e comprendevano Perù e Bolivia
occidentale. Il controllo su una regione così vasta era garantito da un esercito efficiente e da una struttura
amministrativa ramificata. L’agricoltura era praticata intensivamente, vista la scarsità di terra coltivabile
(era un impero prevalentemente montuoso). Si coltivavano prevalentemente mais e patate e non esisteva
la proprietà individuale. Volendo sintetizzare, le terre erano distinte in tre categorie: Le terre del sovrano,
La terra dei sacerdoti, La terra della comunità (destinata a mantenere i contadini).

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