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Mircea Eliade e l'unit dell'Eurasia Io non parlo mai di Europa e di Asia, ma di Eurasia.

Non c avvenimento che si veri fichi in Cina o in India che non influenzi noi, o viceversa, e cos sempre stato. Giuseppe Tucci, La Stampa , 20 ottobre 1983. Anche un etnologo ed antropologo di scuola sociologica come Marcel Mauss riconos ceva che dalla Corea alla Bretagna esiste un'unica storia, quella del continente eurasiatico . Franois Thual, Une entreprise de rsistance, prefazione a Pierre Biarns, Pour l Empire du monde, Ellipses. Edition marketing, Paris 2003, p. 7. Ho scoperto che qui, in Europa, le radici sono molto pi profonde di quanto avessi mo creduto ( ) E queste radici ci rivelano l unit fondamentale non solo dell Europa, ma di tutta l ecumene che si estende dal Portogallo alla Cina e dalla Scandinavia a Ceylan. Mircea Eliade, L preuve du labyrinthe. Entretiens avec Claude-Henri Rocquet, Pierre Belfond, Paris 1978, p. 70.

La Romania, crocevia dell Eurasia A chi conosca la definizione dei Romeni data da Eugne Ionesco ( le Roumain est un a nimal nationaliste ) potr sembrare paradossale che Mircea Eliade, il quale fu davve ro un nazionalista e per giunta una penna dell Arcangelo (1), abbia ribadito il mede simo concetto espresso da Tucci e Mauss circa l unit dell Eurasia, convalidandolo con la propria attivit scientifica. Eppure, di questa unit Eliade era ben consapevole , come risulta dal fatto che, nel pieno della guerra fredda , egli si rifiutava ape rtamente di concepire l Europa nei termini ristretti che ad essa avrebbero voluto imporre i difensori della civilt occidentale . Egli infatti respingeva con tono sarc astico la concezione occidentalista scrivendo: Ci sono ancora degli onesti occide ntali per i quali l Europa finisce sul Reno o tutt al pi a Vienna. La loro geografia essenzialmente sentimentale: costoro sono arrivati a Vienna in viaggio di nozze. Pi in l, c un mondo estraneo, forse affascinante, ma incerto: questi puristi sarebb ero tentati di scoprire, sotto la pelle del Russo, quel famoso Tartaro di cui ha nno sentito parlare a scuola; quanto ai Balcanici, con loro che comincia quel co nfuso oceano etnico dei nativi che si prolunga fino alla Malesia (2). Il fatto che Eliade, in quanto Romeno, non era per nascita un occidentale, ma ap parteneva ad una nazione che ha preso forma in un crocevia geografico, in una re gione che ha occupato una posizione cruciale in relazione alle migrazioni dei popo li, tanto che i connazionali di Eliade hanno spesso manifestato una certa vocazi one a svolgere il ruolo di mediatori culturali e creatori di sintesi (3). Per di rlo con le sue stesse parole: Noi (Romeni, n.d.r.) avevamo la consapevolezza di e ssere situati tra l Oriente e l Occidente. Lei lo sa, la cultura romena costituisce una sorta di ponte tra l Occidente e Bisanzio, tra l Occidente e il mondo slavo, il mo ndo orientale e il mondo mediterraneo. A dire il vero, fu solo in seguito che mi resi conto di tutte queste virtualit. ( ) Mi sentivo il discendente e l erede di una cultura interessante perch situata fra due mondi: quello occidentale, puramente europeo, e quello orientale. Partecipavo di questi due universi. Occidentale, pe r via della lingua, latina, e per via del retaggio romano, nei costumi. Ma parte cipavo anche di una cultura influenzata dall Oriente e radicata nel neolitico. Ci v ero per un Romeno, ma sono sicuro che sia lo stesso per un Bulgaro, un Serbo-Cro ato insomma, per i Balcani, l Europa del Sud-Est e per una parte della Russia (4). In ogni caso, fin dalla fase romena della sua attivit Mircea Eliade pot captare que lle memorie nazionali che fanno della Romania, di civilt latina e di influenze sl ave e turche, un ponte tra l Europa balcanica e l Eurasia turca (5); e dallo studio d el folclore romeno, che affonda le sue radici in un universo di valori spirituali che preesiste all apparizione delle grandi civilt del Vicino Oriente antico e del

Mediterraneo (6) ed indistricabilmente inserito in un pi ampio contesto areale, eg li ricav la convinzione che l Europa sudorientale costituisce il vero punto cardine dei legami stratificati tra Europa mediterranea ed Estremo Oriente (7). Nel rigog lioso patrimonio etnografico romeno, infatti, Eliade ha individuato diversi elem enti che rinviano a temi mitici e rituali presenti in vari luoghi del continente eurasiatico. Sottoponendo ad un analisi comparativa una delle pi celebri ballate p opolari romene, quella di Mastro Manole, egli ha gettato luce su tutta una serie di analogie che si intrecciano in un area compresa tra l Inghilterra e il Giappone. Il tema del sacrificio, che ispira la ballata in questione, non attestato solta nto in Europa: Il motivo di una costruzione il cui compimento esige un sacrificio umano attestato in Scandinavia e presso i Finni e gli Estoni, presso i Russi e gli Ucraini, presso i Germani, in Francia, in Inghilterra, in Spagna (8). L area di diffusione di tale tema comprende anche la Cina, il Siam, il Giappone, il Punja b: In Oriente sono state raccolte numerosissime tradizioni di questo tipo. Non c mo numento famoso che non abbia, nella realt o nella leggenda, la sua vittima sepolt a viva nelle fondamenta (9). Alcuni personaggi caratteristici del folclore romeno ci riportano ad antichissim e figure divine eurasiatiche. il caso, ad esempio, delle Rusalii o Iele, demoni femminili che le tradizioni popolari romene dipingono sia come fate maligne sia come fate pietose, le quali, data la loro ambivalenza, vengono ricondotte da Eli ade al tipo delle Grandi Dee eurasiatiche e afroasiatiche (10), i cui rituali viole nti ( ) si incontrano ovunque in Asia e in Eurasia (11). Insomma, attraverso lo studio delle tradizioni dell Europa e dell Asia Eliade ha pot uto rendersi conto dell unit di fondo dell intero continente. Cogliendo l unit profonda c he esiste tra la cultura indigena dell India, la cultura dei Balcani e la cultura contadina dell Europa occidentale, ebbene, io mi sono sentito a casa mia. Studiand o certe tecniche e certi miti, mi sono trovato a mio agio tanto in Europa quanto in Asia. Non ho mai avuto la sensazione di trovarmi davanti a realt esotiche . Dava nti alle tradizioni popolari dell India, ho visto apparire le medesime strutture d elle tradizioni popolari europee (12). La Dacia, in particolare, scrive Eliade stata, per eccellenza, il paese delle con fluenze culturali. Dalla preistoria e fino all alba dei tempi moderni, le culture orientali ed egee non hanno cessato di esercitarvi la loro influenza. D altra part e gli elementi iranici (scitici), e soprattutto celtici, hanno avuto una parte i mportante nella formazione del popolo e della civilt geto-dacica; ed in conseguen za di tali influenze e simbiosi che il substrato traco-cimmerio ha ricevuto l aspe tto culturale specifico che lo distingue dalle culture dei Traci balcanici. Infi ne la colonizzazione romana apport l immenso contributo latino, compresi gli elemen ti dell ellenismo nella sua fase sincretistica (13). Ancora pi tardi, in un periodo che corrisponde all ultima fase dell et medioevale, i principati romeni furono fondati in seguito alle grandi invasioni di Gengis-Khan e dei suoi successori (14). Per quanto riguarda il mondo dei Traci nel suo complesso, Eliade indica alcune s ignificative analogie che lo collegano da una parte con il mondo germanico e dal l altra con l Anatolia, la Mesopotamia, il Caucaso, l Iran, l India: al simbolismo dei n odi, per esempio, si riferiscono certi rituali di cui si conservata notizia sia n ell ambito germanico che nella religione tracio-frigia e caucasica (15). Il Dio celeste dei popoli eurasiatici Nel continente eurasiatico (e non solo in esso) Eliade ha riscontrato la quasi un iversalit della credenza in un Essere divino celeste, creatore dell universo e gara nte della fecondit della terra (grazie alle piogge che versa) (16); i vari popoli del continente si sono rappresentati questo Essere celeste come un Dio onniscien te, che, dopo avere instaurato le leggi morali ed i riti, custodisce la giustizi a e punisce i trasgressori. Nel Trait d histoire des religions Eliade passa in rassegna alcune rappresentazioni di questa divinit uranica, cominciando dalle religioni dei popoli artici, siberi ani e centroasiatici. Creatore della terra e degli uomini, garante dell ordine uni versale, della regolarit dei cicli cosmici e dell equilibrio delle societ umane, il Dio celeste adorato dalle popolazioni uraliche e altaiche riveste i caratteri di

supremo e provvidente Signore del mondo. In generale, si pu dire che il dio supre mo celeste dei Turco-Mongoli e degli Ugrici conserva meglio di quelli d altre razz e i suoi caratteri primordiali. Egli non conosce la ierogamia e non si trasforma in dio della tempesta e del tuono ( ) Gode di un vero e proprio culto, sebbene no n sia rappresentato per mezzo di immagini (17). Il nome che gli viene dato da Turchi e Mongoli, Tengri ( Cielo , Dio ), da una parte ri echeggia il sumerico dingir ( luminoso , dio ) e dall altra rimanda al significato del ci nese T ien ( cielo , dio del cielo ); ma rivela anche una stretta affinit della concezione prototurca con quella indoeuropea. certo scrive Eliade che: 1) il Dio del cielo appartiene agli strati proto-turchi pi arcaici; 2) le somiglianze col dio celeste proto-europeo sono piuttosto spiccate; e 3) in generale la struttura della reli giosit degli Indo-europei si avvicina a quella dei proto-Turchi pi che alla religi one di qualsiasi altro popolo paleo-orientale o mediterraneo (18). Lo stesso sign ificato uranico del turco-mongolo Tengri e del cinese T ien espresso dal sanscrito Varuna e dal greco Ourans. Parimenti uranico il carattere fondamentale della con cezione della Divinit che caratterizz l antico Iran, per cui Ahura Mazda una figura c orrispondente a Varuna (19). Per quanto concerne i Greci, Ouranos scomparve dal culto prima dei tempi storici, e fu sostituito da Zeus, che rivela chiaramente nel nome l essenza celeste (20); e la figura greca di Zeus identificabile con quella latina di Juppiter, la cui na tura uranica si rivela nel fatto che, come tutti gli di celesti, Juppiter puniva c ol fulmine (21) e veniva adorato sulle cime, ossia nei luoghi pi vicini al cielo. Figure particolari del Dio celeste supremo sono anche Taranis (presso i Celti), Perkunas (presso i Balti) e Perun (Protoslavi). Nell area germanica, infine, figur e uraniche sono Odhin (Wodan) e Thor (Donar). E qui Eliade insiste su una somigl ianza che pone il mondo germanico in relazione con quello siberiano e centroasia tico. Un filone ricco di novit, sia pure discutibili, che Eliade persegue da grand e specialista, quello delle analogie fra le pratiche magiche degli sciamani asia tici e quelle dei maghi nord-europei, che si trasformano volontariamente in lupi per cacciare da cani di Dio gli spiriti maligni e combattere gli stregoni (22). Eliade fa notare come l idea imperiale dei Cinesi e dei Mongoli si ricolleghi dire ttamente al monoteismo uranico. Nella lettera che Mangu-Khan mand al Re di Francia per mezzo di Ruysbroeck, - egli scrive - si trova la pi alta professione di fede della razza mongola: Questo l ordine del Dio eterno: in Cielo v un solo Dio eterno, e sulla terra vi sar soltanto un padrone, Genghis Khan, Figlio di Dio! E il sigill o di Genghis Khan portava questa iscrizione: Un Dio in cielo e il Khan sulla terr a. Sigillo del Padrone della terra (23). Lo sciamanismo eurasiatico L area di diffusione del fenomeno sciamanico, al quale Eliade dedica uno studio sp ecifico che tra i pi celebri di tutta la sua produzione scientifica, costituita e ssenzialmente dalla Siberia e dall Asia centrale, ma si estende anche ad alcune zo ne periferiche del continente eurasiatico. Come scrive uno specialista dell argome nto, l area di estrema diffusione occidentale dello sciamanesimo nord-eurasico cost ituita dalla Lapponia, dove la tradizione sciamanica si conservata viva fino all a fine del secolo XVIII. In Giappone e in Corea lo sciamanesimo ancor oggi molto vivo; in questi paesi esso rappresenta un estrema propaggine estremo orientale de l fenomeno sciamanico nord-eurasico (24). Lo stesso Eliade premette al suo studio la dichiarazione formale secondo cui lo sciamanismo stricto sensu , per eccellenz a, un fenomeno religioso siberiano e centro-asiatico (25); per, dopo aver descritt o ed esaminato le idee e le pratiche dello sciamanismo di tali regioni, egli rit iene di poter individuare elementi sciamanistici anche in aree geografiche e cul turali diverse da quelle: nell Asia sud-orientale e nelle Americhe. Quelli che egli considera i temi essenziali dello sciamanismo, Eliade li ritrova nell area indoeuropea. Presso gli antichi Germani, la figura e il mito di Odhin p resentano tratti sciamanici; nella Grecia arcaica, sono paragonabili agli sciama ni figure leggendarie come Abaris, Aristeo di Proconeso, Epimenide di Creta, Er il Panfilio e soprattutto Orfeo; le tradizioni di Sciti, Caucasici e Iranici con tengono elementi (cosmologia tripartita, tecniche dell estasi, presenza di psicopo

mpi ecc.) che ricordano da vicino lo sciamanesimo altaico; nell India antica, sare bbero riconducibili ad un quadro sciamanico i riti di ascensione, il volo magico , lo sforzo ascetico denominato tapas, il rito di consacrazione noto come diksha, nonch simbolismi e tecniche di vario genere. Ma l area di diffusione delle tecniche e dei simbolismi sciamanici si estende anch e oltre l area indoeuropea: in Tibet molte idee e tecniche sciamaniche del Bon son o state ereditate dal buddhismo, mentre in Cina il taoismo ha custodito la presen za di quasi tutti gli elementi costitutivi dello sciamanismo: ascensione in Ciel o, richiamo e ricerca dell anima, incarnazione di spiriti , dominio sul fuoco e altri prestigi fachirici, e cos via (26). La fenomenologia di questi elementi estremamente varia ed interessa uno spazio e norme. Per quanto concerne la tecnica del dominio sul fuoco, Eliade ne sottoline a la diffusione su uno spazio geografico che va dalla Cina al mondo musulmano al la Grecia: anche se inserito nella devozione cristiana popolare, il rito incontes tabilmente arcaico, non soltanto precristiano ma forse preindoeuropeo ( ) Esiste, perci, una perfetta continuit di tali tecniche mistiche, che va dalle culture allo stadio paleolitico fino alle religioni moderne (27). Ma anche i riti di ascensione trovano riscontro in aree culturali diverse da que lla pi propriamente sciamanica della Siberia e dell Asia centrale: oltre all albero s ciamanico e al palo del sacrificatore vedico, Eliade menziona la scala di legno sulla quale il tracio Kosingas saliva fino alla dea Era, la scala cerimoniale de i misteri di Mithra, la ziqqurat babilonese ecc. (28). Strettamente connesso ai riti di ascensione poi un simbolo fondamentale: il Cent ro, nel quale un Asse (Axis mundi) collega tra loro le tre regioni cosmiche; ed anche tale simbolismo trova puntuale riscontro al di fuori dell area sciamanica. I nfatti, scrive Eliade, questa immagine archetipica si incontra soprattutto nelle civilt paleo-orientali (29), a partire da quella babilonese; ma un immagine analoga presente anche in Italia, dove il mundus costituisce il punto d incontro tra le reg ioni infere e il mondo terreno. Il tempio italico era la zona di intersezione de i mondi superiore (divino), terrestre e sotterraneo (30). Simboli assiali analogh i si trovano al centro della geografia sacra di ogni cultura eurasiatica: dal Leg no Eretto della tradizione cinese al tempio di Barabudur alla Ka ba di Mecca (31). Un altro simbolo assiale la Montagna cosmica: molte culture parlano di queste mon tagne, siano esse mitiche o reali, situate al Centro del Mondo: Meru in India, H araberezaiti nell Iran, la montagna mitica Monte dei Paesi nella Mesopotamia, Garizi m in Palestina (32). Ma anche l albero cosmico della mitologia scandinava, Ygdrassil , non altro che una forma di questo simbolismo universale (33). Se ne pu dunque co ncludere che la cultura babilonese e quella cinese coincidono perfettamente col s istema simbolico indiano (34). Fabbri, alchimisti e asceti dall Europa al Giappone Mesopotamia, Cina e India, d altronde, sono le tre regioni dell Eurasia alle quali s i riferiscono, nel periodo romeno, gli studi di Eliade sulla metallurgia e sull al chimia (35). Successivamente (36), Eliade ha esteso il campo d indagine all alchimia araba e a quella europea, deducendo una sostanziale unit della tradizione alchem ica, al di l delle forme differenti che essa ha potuto assumere nelle distinte ar ee culturali: l alchimista occidentale, nel suo laboratorio, come il suo collega in diano o cinese, opera su se stesso, sulla propria vita psicofisiologica, come su lla sua esperienza morale e spirituale (37). Il presupposto teorico dell alchimia, secondo cui possibile collaborare con la nat ura per il perfezionamento della sua opera, deriva secondo Eliade da un pensiero antico di millenni: la mitologia dell homo faber ereditata dall et della pietra (38) s arebbe stata arricchita da idee e credenze articolate intorno al mestiere dei min atori, dei metallurghi e dei fabbri (39); e questi mestieri hanno avuto un intimo legame con la musica, la poesia, la danza, la medicina. Da questo arcaico intre ccio di arti e di tecniche deriva l enorme diffusione di miti, concetti ed immagin i che associano il fabbro e l architetto col musico, col cantore e col medico. Il campionario che Eliade fornisce a tale proposito riguarda le pi disparate culture dell Eurasia: tanto i vocabolari semitici, quanto quelli indoeuropei rivelano una

stretta solidariet tra la figura del fabbro e quella del cantore, mentre lo stes so rapporto stato notato presso le popolazioni turco-tatare e mongole. Come in d iverse mitologie c un dio fabbro (il semitico Koshar, il greco Efesto ecc.) che co mpie una funzione civilizzatrice, cos in diverse culture il fabbro e il maniscalc o svolgono un ruolo iniziatico: In certe regioni della Germania e della Scandinav ia, il maniscalco partecipava, fino a un epoca a noi vicina, a cerimonie iniziatic he di tipo Mnnerbund ( ) Il fabbro e il maniscalco hanno un ruolo analogo nei ritua li delle societ di uomini giapponesi. Il Dio-Fabbro si chiama Ame no ma-hitotsu no kami, la divinit orba del Cielo (40). Nel folclore di et cristiana, lo stesso Ges Cri to (o san Pietro, san Nicola, sant Elia) ad apparire talvolta come un fabbro o un maniscalco che guarisce i malati o ringiovanisce i vecchi, forgiandoli sull incudi ne o gettandoli in una fornace accesa. Questo procedimento ci riporta al calore magico prodotto dai maestri del fuoco , tra i quali vanno annoverati, oltre a vasai, guerrieri, sovrani, sciamani, anche gli asceti e i santi. Il calore magico infatti un aspetto costante della fenomenologi a ascetica eurasiatica: sia gli sciamani delle regioni artiche, sia gli asceti de ll Himalaya danno prova, grazie al loro calore magico , di una resistenza che sorpass a l immaginazione (41); e in India i musulmani credono che un uomo in comunicazione con Dio diventi bruciante (42). Un altro aspetto caratteristico delle esperienze ascetiche, quello della luce mis tica , presente anch esso in vari contesti culturali del continente eurasiatico. Nel saggio sulle Esperienze della luce mistica (43), dopo aver segnalato alcuni cas i di illuminazione spirituale tra gli Jakuti e gli Esquimesi iglulik, Eliade si sofferma a considerare la metafisica della luce nelle tradizioni ind e buddhista del subcontinente indiano; quindi passa in rassegna il taoismo cinese, l Iran mazd eo, il giudaismo e il cristianesimo. Il lampo misterioso (qaumanek) improvvisame nte percepito dallo sciamano esquimese, la luce interiore (antarjyotih) in cui s econdo la Brhadaranyaka Upanishad (IV, 3, 7) atman si epifanizza nel cuore dell uo mo, la luce gloriosa (xvarnah) cui stato assimilato lo spirito nell Iran zoroastrian o ed islamico, la luce divina che non si estingue pi (44) alla quale accede il sufi durante la recitazione del dhikr del cuore : sono, queste, alcune manifestazioni d i una esperienza della luce che all homo religiosus dell Eurasia fa vedere l esistenza co me un opera divina o il mondo santificato dalla presenza di Dio (45).

1. Cfr. C. Mutti, Mircea Eliade e la Guardia di Ferro, Edizioni all insegna del Ve ltro, Parma 1989 e C. Mutti, Le penne dell Arcangelo. Intellettuali e Guardia di F erro, SEB, Milano 1994. 2. Il existe encore de trs honntes occidentaux pour qui l Europe s arrte au Rhin ou tout au plus Vienne. Leur gographie est essentiellement sentimentale : ils sont alls j usqu Vienne pendant leur voyage de noces. Plus loin, c est un monde trange, attachant peut-tre, mais incertain : ces puristes sont tents de dcouvrir sous la peau du Rus se le fameux Tatar dont on leur a parl l cole ; quant aux Balkaniques c est avec eux q ue commence l inextricable ocan ethnique des natives qui se prolonge jusqu en Malaisi e (M. Eliade, L Europe et les rideaux, Comprendre , 3, 1951, p. 115). 3. Sul rapporto tra la posizione geografica della Romania e l esistenza di una cos picua intelligencija tradizionalista romena, cfr. C. Mutti, Eliade, Vlsan, Geticu s e gli altri, Edizioni all insegna del Veltro, Parma 1999, pp. 16-20. 4. M. Eliade, L preuve du labyrinthe. Entretiens avec Claude-Henri Rocquet, Pierre Belfond, Paris 1978, pp. 26-27 e 116. 5. Anna Masala, Eliade e la civilt turca preislamica, in: AA. VV., Confronto con Mircea Eliade. Archetipi mitici e identit storica, Jaca Book, Milano 1998, p. 188 . 6. M. Eliade, Da Zalmoxis a Gengis-Khan, Ubaldini, Roma 1975, p. 7. 7. Roberto Scagno, Mircea Eliade: un Ulisse romeno tra Oriente e Occidente, in:

AA. VV., Confronto con Mircea Eliade, cit., p. 21. 8. M. Eliade, Struttura e funzione dei miti, in Spezzare il tetto della casa, Ja ca Book, Milano 1988, pp. 74-75. 9. M. Eliade, Commenti alla Leggenda di Mastro Manole, in I riti del costruire, Jaca Book, Milano 1990, pp. 31-32. 10. M. Eliade, Il mito della reintegrazione, Jaca Book, Milano 1989, p.23. 11. M. Eliade, Il mito della reintegrazione, cit., p. 24. 12. M. Eliade, L preuve du labyrinthe. Entretiens avec Claude-Henri Rocquet, cit., p. 74. 13. M. Eliade, Da Zalmoxis a Gengis-Khan, cit., p. 142. 14. M. Eliade, Da Zalmoxis a Gengis-Khan, cit., p. 25. 15. M. Eliade, Immagini e simboli, Jaca Book, Milano 1987, p. 95. 16. M. Eliade, Trattato di storia delle religioni, Boringhieri, Torino 1972, p. 42. 17. M. Eliade, Religione dei Turco-Mongoli, estratto da Le civilt dell Oriente , vol. III, Gherardo Casini Editore, Roma 1958, p. 854. 18. M. Eliade, Trattato di storia delle religioni, cit., p. 72 nota. 19. M. Eliade, Trattato di storia delle religioni, cit., p. 81. 20. M. Eliade, Trattato di storia delle religioni, cit., p. 87. 21. M. Eliade, Trattato di storia delle religioni, cit., p. 89. 22. Giovanni Battista Bronzini, Le credenze popolari nell ottica eliadiana, in: AA . VV., Confronto con Mircea Eliade, cit., p. 160. 23. M. Eliade, Trattato di storia delle religioni, cit., p. 70. 24. Ugo Marazzi, Introduzione a: Testi dello sciamanesimo siberiano e centroasia tico, UTET, Torino 1984, p. 22. 25. M. Eliade, Lo sciamanismo e le tecniche dell estasi, Bocca, Milano-Roma 1954, p. 18. 26. M. Eliade, Lo sciamanismo e le tecniche dell estasi, cit., p. 342). 27. M. Eliade, Miti, sogni e misteri, Rusconi, Milano 1976, p. 110. 28. M. Eliade, Immagini e simboli, cit., pp. 38-41). 29. M. Eliade, Immagini e simboli, cit., p. 41. 30. M. Eliade, Immagini e simboli, pp. 41-42. 31. M. Eliade, Immagini e simboli, cit., pp. 41-46. 32. M. Eliade, Il sacro e il profano, Boringhieri, Torino 1967, p. 38. 33. M. Eliade, Alchimia asiatica, Humanitas, Bucuresti 1991, p. 96. 34. M. Eliade, Alchimia asiatica, cit., p. 97. 35. M. Eliade, Alchimia asiatica, I. Alchimia chineza si indiana, Editura Cultur a Poporului, Bucuresti 1934; M. Eliade, Cosmologie si alchimie babiloniana, Edit ura Vremea, Bucuresti 1937. Queste due opere sono state riunite in un unico volu me: M. Eliade, Alchimia asiatica, cit. 36. Nello studio definitivo Forgerons et alchimistes, Flammarion, Paris 1956; nu ova ediz. aumentata 1977; trad. it. Il mito dell alchimia, Avanzini e Torraca, Rom a 1968; ed. successiva: Arti del metallo e alchimia, Boringhieri, Torino 1980. 37. M. Eliade, Il mito dell alchimia, cit., p. 174. 38. M. Eliade, Storia delle credenze e delle idee religiose, Vol. I Dall et della p ietra ai Misteri Eleusini, Sansoni, Firenze 1979, p. 68. 39. M. Eliade, Storia delle credenze e delle idee religiose, Vol. I Dall et della p ietra ai Misteri Eleusini, cit., ibidem. 40. M. Eliade, Il mito dell alchimia, cit., pp. 116-117. 41. M. Eliade, Miti, sogni e misteri, cit., pp. 169-170. 42. M. Eliade, Miti, sogni e misteri, cit., p. 169. 43. M. Eliade, Mefistofele e l androgine, Edizioni Mediterranee, Roma 1971, pp. 15 -70. 44. M. Eliade, Mefistofele e l androgine, cit., p. 59. 45. M. Eliade, Mefistofele e l androgine, cit., p. 70.

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