Lingue d’Europa CAP1: LE COORDINATE STORICHE DEL PROCESSO DI
FORMAZIONE DEL QUADRO LINGUISTICO EUROPEO
1. Lo spazio euroasiatico e la definizione dei confini dell’Europa • Dall’Atlantico agli Urali: L’Europa coincide con la parte più occidentale dello spazio geografico dell’Eurasia: essa è quindi una semplice propaggine dell’immenso continente euroasiatico e mentre i suoi confini sono ben definiti nel versante settentrionale e meridionale, la definizione dei suoi margini orientali rimane discussa. Si parla infatti di continuum territoriale eurasiatico. In questo lavoro si considera Europa il territorio che si estende dall’atlantico agli urali, ovvero un’area geografica certamente più ampia di quella piccola Europa formata dai quindici paesi dell’Unione Europea. • Due immagini dell’Europa: Nell’abituale dibattito culturale sull’Europa che coinvolge molte discipline, come la storia, economia, linguistica e sociologia, si confrontano due immagini, due proiezioni del concetto di Europa che sono più o meno estese e seconda del grado di europeicità che si vuole attribuire all’ex Unione Sovietica. Essa è composta da diversi insiemi euroasiatici da considerarsi non completamente quali parti dell’Europa. Quanto piuttosto quali interfacce tra due distinte realtà continentali: asia e Europa. • La frattura antica tra Oriente e Occidente europei: Per Ferdinand Braudel l’idea di Europa dovrebbe essere ancora più ristretta di quella esposta poco sopra tra Urali e atlantico: le frontiere dell’ Europa andrebbero fatte coincidere con quelle della diffusione del cristianesimo occidentale, alla luce della scissione dell’Impero romano d’Oriente e Impero romano d’Occidente (476), costituì il più profondo trauma mai verificatosi all’interno della compagine romana, ossia da quello spazio geografico caratterizzato fino alle soglie dell’alto medioevo da forti e sostanziali elementi comuni. La frattura tra Occidente ed Oriente europeo ripercorre esattamente l’antica linea di separazione tra mondo greco – bizantino e mondo latino romano e romano germanico. Questa frattura si è perpetrata attraverso diatribe per tutto l’alto medioevo, le quali si sono concluse con lo scisma del 1054. Questa scissione è oggi marcata dalla esistenza di due forme di scrittura: da una parte l’ alfabeto latino, e greco e cirillico dall’altra. • La prima, la seconda e la terza Roma: La assunzione di una divisione tra occidente ed Oriente europeo corrisponde ad una opposizione storica in uno spazio ereditato dalla divisione dell0impero romano tra due insiemi politici e poi religiosi: lo spazio imperiale occidentale contrapposto a quello orientale con Mosca che rappresentava la III Roma, dopo Costantinopoli e Roma stessa. L’impero romano d’Occidente lacerato dalle invasioni barbariche, rinacque nell’alto medioevo intorno al Sacro romano impero germanico, poi nella dialettica tra sistemi politici retti da grandi potenze rivali; spiritualmente, l’impero romano d’occidente si ricostituì intorno al potere del papato romano che tenne coesa tutta la compagine cristiana occidentale. Lo spazio europeo orientale, dominato politicamente e religiosamente dal modello greco- bizantino, fu per tutto l’alto medioevo più vivace e brillante di quello Occidentale. Ma il modello greco bizantino, progressivamente minato in primo luogo da forti tensioni politiche interne e poi attaccato dalle compagini turche e dagli interessi mercantili orientali, entrò a partire dai secoli XII e XIII, in una fase di declino che lo condusse nel 1453 alla capitolazione sotto la pressione degli eserciti turco-ottomani di Maometto. La presa di Costantinopoli da parte dei turchi coincide con l’avvio , nell’Europa occidentale, della formazione dei futuri stati nazionali e del processo di diffusione delle grandi lingue nazionali. • I parametri fondanti il quadro linguistico dell’Europa contemporanea: L’analisi di una carta geolinguistica dell’Europa di oggi permette di rilevare tre dati fondamentali: 1. La notevole frammentazione linguistica del continente: 60 lingue statuarie e altre numerose lingue non statuarie il cui numero non è ben definito dato che ogni calcolo assume dei parametri politico culturali. 2. La notevole omogeneità propria del quadro europeo : nella maggior parte dei casi, infatti, le lingue appartengono ad una unica famiglia linguistica: indoeuropeo e solo in misura ridotta sono presenti nel nostro continente isole linguistiche non indoeuropee (basco, le lingue uralicheungherese finnico, estone, lappone-lingua semitica-il maltese, lingua altaica- il turco- e una lingua mongola –il calmucco-). 3. Prescindendo dalla espansione turca nell’Europa sud orientale del XIII-XV secolo, il quadro linguistico europeo, nella distribuzione geografica dei singoli gruppi linguistici, risultava ben definito già alla fine del I millennio d.C., cioè quando si erano già concluse le ondate migratorie di genti germaniche, slave e ungarico-altaiche. L’unico movimento migratorio significativo che si colloca successivamente è quello arabo al quale si deve il forte adstrato semitico caratterizzante l’arcipelago maltese, la penisola iberica e la Sicilia. La penetrazione turca in Grecia e nella penisola balcanica nei secoli XIII e XIV rappresenta l’ultima ondata di genti non indoeuropee in Europa, anche se in Europa ora la situazione si sta modificando per via di flussi migratori extra-europei. 2. il processo di indoeuropeizzazione dell’Europa • Metodi di indagine: Il quadro linguistico dell’Europa coi come appare sostanzialmente formato alle soglie del I millennio dell’era volgare: risultava caratterizzato da una massiccia presenza di lingue appartenenti alla famiglia linguistica indoeuropea. Le principali teorie che hanno cercato di definire sulla base di dati linguistici, storici e archeologici, il processo di formazione del quadro linguistico indoeuropeo d’Europa fanno riferimento a un dibattito scientifico che vanta quasi 2 secoli di storia e che coincide con la evoluzione delle ricerche di linguistica comprata indoeuropea (atto di nascita: pubblicazione nel 1816 del saggio di Franz Bopp dedicato al confronto dei sistemi morfologici del sanscrito, greco, latino, persiano e lingue germaniche) e di linguistica tipologica. I secoli XIX e XX hanno conosciuto una straordinaria produzione con metodi sofisticati e facendo ricorso a dati linguistici, filologici, archeologici, demologici e culturali, studiosi di linguistica storica come Graziadio Isaia Ascoli e Giacomo Devoto hanno cercato di fare luce sui rapporti intercorrenti tra i diversi gruppi linguistici la famiglia delle lingue indoeuropee. Queste ricerche hanno avuto come punto di riferimento nel progetto internazionale Eurotyp. Allo stato attuale della ricerca si possono individuare tre principali teorie illustranti il processo di formazione del quadro linguistico indoeuropeo: • la teoria tradizionale: riprende il quadro della ricerca indoeuropeistica di matrice storicolinguistica, sistematizzandolo. Colloca il primo processo di indeuropeizzazione dell’area europea all’altezza del V-IV millennio a.C., quando popolazioni formate da guerrieri pastori provenienti dalle steppe centro- asiatiche e condividenti elementi linguistico-culturali comuni sarebbero migrate dall’Asia centrale verso occidente e si sarebbero stanziate in Europa. La versione più recente di tale teoria è rappresentata dalla cd “ipotesi di kurgan” (kurgan= particolare tipo di tumulo funerario diffuso nelle stesse dell’Ucraina e caratteristico della cultura di quei guerrieri pastori) elaborata dalla studiosa lituana Marija Gimbutas e ripresa da altri studiosi della stessa zona. Questa teoria sostiene che dall’area delle steppe ucraine genti proto-indoeuropee avrebbero invaso nel III millennio a.C. i territori dell’Europa sud orientale e mediante ondate di conquiste successive, il loro discendenti avrebbero progressivamente conquistato buona parte dei territori europei, diffondendo culture e parlate proto-indoeuropee. Il modello elaborato dalla Gimbutas precede 3 fasi successive di diffusione della cultura dei kurgan: 1)4500-4000 a.C. espansioni di genti proto-indoeuropee dalle zone del Volga al Danubio e all’area balcanica; 2) 3500-3000 a.C. movimento di genti proto-indoeuropee che partendo dal Caucaso settentrionale e dall’Ucraina si sarebbero dirette verso l’Europa nord occidentale e settentrionale e penisola italica. A questa fase si ascrive la formazione dei gruppi linguistici del celtico, germanico, italico, baltico e slavo; 3)≈3000 con la diffusione di nuovi flussi migratori vero Europa centro-settentrionale e orientale e area scandinava. Secondo questa teoria all’altezza del IV millennio a.C. erano già presenti gruppi proto- indoeuropei costituenti i gruppi delle genti proto-italiche. Poi, tra il II e il I millennio si sarebbe completata la formazione della maggior parte del quadro linguistico indoeuropeo d’Europa. • La teoria della “dispersione neolitica indeuropea”: indagini recenti condotte nell’ambito del progetto Origin of Man, Language and Languages promosso dalla European Science Foundation hanno messo in discussione l’ipotesi dei kurgan perché recenti ricerche rendono difficile accettare che durante tutta l’età del rame e del bronzo l’area europea sia stata invasa da popoli centro-asiatici. La nuova teoria tende a mostrare la continuità degli stanziamenti umani in Europa durante l’età del rame e del bronzo: le culture dei kurgan non sarebbero altro che episodi intrusivi inseritisi in un contesto in cui già erano stanziate genti proto-indeuropee. La teoria in questione venne sviluppata da Graeme Barker e si basa sull’assunto che l’unico momento della preistoria europea in cui si sia verificato un mutamento delle condizioni preesistenti paragonabile a quello determinato dal processo di indoeuropeizzazione è collocabile dolo all’altezza del VII millennio a.C., nel momento in cui si diffusero le tecniche agricole in Europa. Dato che l’agricoltura prese origine nel medio oriente e dato che la ricerca archeologica ha mostrato migrazioni di popoli proto-indoeuropei verso l’Europa meridionale, la presenza di popoli proto-indoeuropei coinciderebbe con quella di quei gruppi di agricoltori. Tali gruppi diffusero cultura e parlate nell’Europa centrale e meridionale. Contemporaneamente alla diffusione delle tecniche agricole all’area del medio Oriente verso i Balcani, pare ipotizzabile una precoce diffusione delle tecniche agricole nella regione delle steppe: tale diffusione sarebbe all’origine delle correnti migratorie indeuropee che raggiunsero l’area centroasiatica quella tra Medio Oriente e subcontinente indiano. Da tali correnti migratorie si potrebbero individuare le popolazioni di lingua tocaria e ancora più importanti, quelle parlanti lingue indoiraniche. In sintesi, si può dire che secondo questa teoria non sarebbero stati guerrieri- invasori centroasiatici che avrebbero conquistato l’Europa con la forza militare, ma , piuttosto, gruppi di genti medio-orientali, detentrici delle tecniche agricole; proprio in forza della loro superiorità culturale connessa con la conoscenza di tali tecniche, si sarebbero imposte facilmente sul continente europeo. • La teoria della “continuità uralica”: è la teoria più recente. Venne elaborata da linguisti di area ugro finnica e samoieda, si fonda sulla convinzione che le genti uraliche e samoiede avrebbero occupato nel paleolitico l’Europa medio orientale e si sarebbero quindi spostate durante il mesolitico verso le loro attuali sedi storiche. Se è possibile supporre tali stanziamenti di genti uraliche in Europa a partire dal paleolitico, ciò potrebbe essere esteso agli stanziamenti di genti indoeuropee in Europa. 3. la distribuzione di gruppi linguistici indeuropei in Europa Europa indoeuropea vs Europa non indoeuropea: Se si eccettuano il basco, il maltese, l’ungherese, il finnico, l’estone e il lappone, il turco di Turchia e il calmucco, tutte le lingue d’Europa dipendono dall’ambito linguistico indeuropeo. I gruppi linguistici indeuropei e le lingue “isolate”:Lo spazio linguistico indeuropeo viene normalmente suddiviso in 8 principali gruppi linguistici: 1. Lingue anatoliche 2. Lingue tocarie 3. Lingue celtiche 4. Lingue italiche 5. Lingue germaniche 6. Lingue baltiche 7. Lingue slave 8. Lingue indo-iraniche A tali gruppi vanno aggiunte le lingue “isolate” (così dette perché a differenza delle altre lingue indoeuropee, le loro lingue-madri non hanno generato altre lingue se non quelle mansionate): il neogreco, l’albanese, l’armeno. Rappresentano l’ultima fase di un processo evolutivo del greco della koiné ellenistico-romana, nel caso del greco; del sistema balcanico dell’illirico nel caso dell’albanese e dell’armeno classico nel caso dell’armeno. I gruppi linguistici estinti 1. Lingue anatoliche Le lingue anatoliche erano diffuse nell’attuale territorio della Turchia asiatica. La lingua più importante di questo gruppo era l’ittito ed è attestata fino al XV secolo a.C.; altre lingue minori furono il licio, lidio e luvio. Esse furono tutte sopraffatte dalla cultura e lingua greca a partire dal V secolo a.C.. 2. Lingue tocarie Le lingue tocarie erano proprie di una popolazione indeuropea stanziati nei territori del Turkestan cinese. Ci sono giunte testimonianze di documenti del VII secolo d.C., testi religiosi e di medicina tradotti in parte dal sanscrito. Tramite le lingue tocarie sono entrati numerosi prestiti indoeuropei nel cinese. Le lingue tocarie sono state sopraffatte dalle lingue turche e cinese. I gruppi linguistici vitali 3.Lingue celtiche Le lingue celtiche, all’altezza del I millennio a.C., erano parlate in un territori molto vasto: dalla penisola iberica all’Anatolia centrale e dall’eu centrale fino all’ita centrale. All’interno dell’ambiente linguistico celtico si riconoscono 2 ami principali: a) il celtico continentale, (il gallico, celtiberico, il lepontico e il galatico) ,cosi detto perché attestato nelle lingue diffuse sul continente europeo e nelle propaggini occidentali di quello asiatico tra VI-V sec. a.C. e i primi secoli d.C.. b) il celtico insulare cosi detto perché attestato nelle lingue e parlate diffuse nelle isole britanniche (per es. irlandese, scozzese, mannese, gallese, cornico e bretone). A questo ramo, però, appartiene anche il Bretone (anche se è parlato sul continente) perché deriva da una forma di celtico insulare del V-VII sec. d.C.. Queste lingue si distinguono a loro volta in due gruppi: -lingue di gruppo gaelico: irlandese, scozzese, mannese (estinto) -lingue di gruppo britannico: gallese, bretone, cornico. Dal punto di vista storico linguistico, la vicenda delle lingue celtiche in età medievale e moderna può essere scandita in tre momenti essenziali: - una prima fase caratterizzata dalla notevole fioritura intellettuale dell’ambiente celtico insulare, annraccia il periodo che va dall’anno mille al 1547(fine del regno di Enrico VIII, attuò i primi movimenti repressivi nei confronti delle parlate celtiche a favore dell’inglese). - Una seconda fase (1547-1707) segnata da una forte riduzione del numero dei parlanti lingue celtiche e da un processo di involuzione di tali sistemi. - Una terza fase (1707-…) con la progressiva ripresa di interesse nei confronti delle lingue celtiche e parzialmente del loro uso. Oggi delle 4 lingue celtiche che continuano ad essere parlate (irlandese, gallese, bretone e scozzese) solo l’irlandese ha dignità di prima lingua nazionale accanto l’inglese. 4. le lingue germaniche Si articolano in 3 principali sottogruppi: - Orientale oggi è completamente estinto. Ne facevano parte il gotico (la più antica- Wulfila IV sec.), il vandalo e il burgundo. Queste ultime varietà sono giunte attraverso materiale nomastico e toponomastico. - Settentrionale (o nordico) è attestato dal II sec. d.C. in iscrizioni redatte in alfabeto runico, comprende il danese (Danimarca, Groenlandia, USA), lo svedese (Svezia, Finlandia e USA), il norvegese (Norvegia e USA) e il fringio (isole Far Or, appartenenti alla Danimarca). Tali lingue costituiscono un continuum linguistico tale da essere intercomprese dai parlanti delle diverse varietà. A questo insieme aggiungiamo l’islandese al quale si deve del X sec. una produzione letteraria di importante valore, è privo di variazioni dialettali ed è ancora oggi parlato in Islanda. - Occidentale ha per rappresentanti sono il lussemburghese, il tedesco e l’inglese. Il tedesco si divide in: - alto tedesco, attestato dal VIII sec. d.C. e distribuito nella parte meridionale del territorio tedescofono. Il tedesco standard si basa sulla varietà alto-tedesca. A quest’area linguistica appartiene lo yiddish; basso tedesco attestato dal IX sec. d.C. e comprendente i dialetti settentrionali della Germania. Prossimi ai dialetti basso tedeschi sono l’olandese e il fiammingo, costituendo un continuum linguistico ce va dall’Olanda al Belgio. Una varietà di olandese portata dai coloni del VIII sec. in Africa è l’Afrikaans. Altrettanto connesso al basso tedesco è il frisone. L’antico inglese è attestato in iscrizioni runiche risalenti all’VIII-IX secolo e da glosse in alfabeto latino, è stato progressivamente e durevolmente influenzato dal danese e dall’antico francese. A partire dal XIV si è formata una varietà incentrata sul dialetto londinese che si è imposta su tutta la penisola a detrimento delle parlate celtiche. Le fortune politiche dell’inglese hanno atto sì che si espandesse anche in America del Nord, Australia, Nuova Zelanda, India, Sud Africa. 5.Le lingue italiche Si intende l’insieme delle lingue indeuropee nell’Italia antica: latino, osco-umbro, venetico, il retico (arco alpino centro-orientale) messapico (Puglia). Di queste lingue solo il latino ha dato origine ad altre lingue (tutte le lingue romanze), mentre le lingue italiche minori furono sopraffatte proprio dal latino. Il latino attestato a partire dal IV sec. a.C., si estese soprattutto nei sec. III e II a.C., quando Roma esiste la propria influenza sul Mediterraneo, Africa, coste microasiatiche e Gallia. Le istituzioni romane favorirono il processo di diffusione del latino, lingua dell’amministrazione, repubblicana ed imperiale, assunse p un ruolo essenziale a partire dal I sec. d.C., nell’Occidente europeo, quale lingua di evangelizzazione. Fino al V sec. d.C. (476) si era diffusa in Europa una situazione culturale essenzialmente uniforme. Dalle fusione tra il latino e le lingue delle popolazioni entrate nell’orbita romana si svilupparono le lingue romanze, distinguibili in quelle statuarie (=riconosciute ufficialmente) e quelle non statuarie. • Le lingue romanze statuarie: In ambito iberoromanzo: portoghese e gallego attestai dal sec. XII. Costituivano una sorta di koiné letteraria; lo spagnolo, attestato dal XIII sulla base della varietà di Castilla; il catalano, attestato dal X sec.. lo spagnolo e il portoghese per via della loro potenza politica hanno esteso la lingua nel centro-sud America. E il portoghese anche in Mozambico e Angola. In ambito gallo romanzo il francese è l’unica lingua statuaria. Basato su varietà Ile-de-France, attestato dal IX sec., si è affermato su altre varietà a partire dal 1539 con l’ordinanza regia VillersCotterets (imponeva l’uso esclusivo del francese negli atti amministrativi e giudiziali). Il francese è diffuso in Belgio, svizzera e come ex lingua coloniale in Canada, Maghreb, Congo, Madagascar e Polinesia. In ambito italo romanzo ha un ruolo di assoluto rilievo l’italiano, attestato per la prima volta nei cd Placiti capuani (960) dove è attestato italiano di varietà campana. L’italiano, ossia varietà italoromanza di Firenze raggiunse grande altezza già nei secoli XIII-XIV grazie a Dante, Petrarca e Boccaccio. Tuttavia fino all’unificazione della penisola fu una lingua scritta da pochi e parlata da pochissimi, la maggior parte della popolazione comunicava in altre varietà dialettali e il processo di diffusione dell’italiano come lingua nazionale è un fenomeno recentissimo, considerando che si sviluppò sostanzialmente dopo la II GM. È diffuso in Svizzera, Città del Vaticano e San Marino (?!). Unica lingua statuaria del balcano-romanzo è il romeno con attestazioni assai tarde (XVI sec.) • Le lingue non statuarie: Nella penisola iberica: asturiano e aragonese Ambito gallo romanzo: occitano o provenzale, oggi parlato nel sud della Francia da bilingui (francese- occitano) In ambito italo romanzo: còrso, sardo, friulano, romancio (parlato in Svizzera, cantone dei Grigioni) e il ladino-dolmitico. Posizione a parte occupa il giudeo-spagnolo: una varietà di spagnolo arcaico, rinascimentale, parato dalle comunità ebraiche sefardite obbligate a lasciare la spagna nel 1492 in conseguenza alle leggi antisemitiche varate da Isabel de Castilla. 6. Lingue baltiche Sono il lituano ed il lettone. Dipendenti da un sistema linguistico definito proto-baltico, condividente molti tratti comuni con il proto- slavo, le lingue baltiche sono attestate in una fase relativamente recente, nel XVI sec., in concomitanza con il dibattito religioso che vide contrapporsi i sostenitori della riforma protestante a quelli della controriforma. 7. Lingue slave Oltre a un sistema linguistico unitario (proto-slavo), alla base di tutte le tradizioni linguistiche slave troviamo l’anticobulgaro = lingua ideata da Cirillo e Metodio nella seconda metà del IX sec.. per la evangelizzazione delle genti slave. In un’ottica sostanzialmente geografica, vengono generalmente divise in: slavo occidentale, orientale e meridionale. - Slavo occidentale: polacco, ceco, slovacco. Le ultime due rappresentano delle varietà molto simili ma distinte: il ceco (diffuso in Boemia e Moravia) è documentato più anticamente ed è una delle più antiche lingue slave letterarie, mentre lo slovacco fu utilizzato come lingua letteraria solo dal XVIII sec.. - Slavo orientale: russo, bielorusso e ucraino àformano la slavia orientale, una realtà assai coesa fino a tutto l XVIII sec.. il russo moderno si fa iniziare con Pietro il Grande, lo zar che aprì la Russia all’influsso occidentale (XVIII sec..). l’ucraino si definì nello stesso secolo come lingua letteraria autonoma. Il bielorusso ha caratteristiche fonologiche slavo orientali, mentre nel lessico sono assai marcate le influenze del polacco. - Slavo meridionale: sloveno, serbo, croato, bulgaro e macedone. Lo sloveno è considerato una lingua di transizione tra slavia occidentale e meridionale ed è l’unica lingua slava riconosciuta in Italia (Trieste e Gorizia). Il serbo e il croato costituiscono un unico sistema che però è diviso per ragioni politiche. Tuttavia si deve riconoscere che l’area corata è sempre stata attratta da influssi occidentali, mentre quella serba da influssi orientali; come si nota anche dall’uso di alfabeti diversi (serbo: cirillico, croato: latino). Il bulgaro e il macedone rappresentano un continuum linguistico. Condividono un tratto saliente sul piano morfologico, ossia la perdita del sistema flessivo nominale, invece ben presente nel resto delle lingue slave, e presenza di articolo posposto al sostantivo/aggettivo. 8.Lingue indo-iraniche Si articolano in tre principali sottogruppi: 1. Lingue dell’India centro-settentrionale, discesi dal sanscrito (tra cui l’hindi e l’urdu), ovvero la lingua indeuropea di più antica attestazione e ancora oggi in uso come lingua sacra presso le caste brahamiche in India. 2. Lingue iraniche: le più importanti sono il persiano(parlato in Iran, Afghanistan e Pakistan), il pashto, curdo e tagico. 3. Lingue nuristane diffuse nella zona del Pakistan occidentale Le uniche lingue indo iraniche che si parlano in Europa sono le varietà utilizzate dalle comunità degli zingari, note come lingue romani. Le lingue “isolate” • Il neogreco Il neogreco rappresenta l’esito ultimo della evoluzione del greco della koiné ellenisticoromana. È il figlio unico della tradizione linguistica indoeuropea più antica in Europa (le prime attestazioni di un dialetto greco risalgono al 1500 a.C.) • L’albanese L’albanese è attualmente parlato in Albania, Montenegro, Grecia, Italia meridionale e siciliana e centri di emigrazione albanese in Europa, USA, Canada e Australia. L’ambiente linguistico albanese è distinto in due varietà dialettali: il tosco (Albania meridionale) e il ghergo (Albania settentrionale). A quest’ultima varietà risale la prima significativa testimonianza scritta dell’albanese (1555). Tuttavia la varietà standard si bassa sul tosco. 4. Il ruolo del greco e del latino nella modellizzazione culturale e linguistica dell’Europa La storia linguistica dell’Europa medievale, moderna e contemporanea è incomprensibile se non si tiene conto del ruolo delle due grandi lingue classiche dell’antichità, il greco e il altino. Ad esse si deve la diffusione in tutto il territorio europeo di una patrimonio linguistico, culturale e fraseologico comune. • L’equilibrio tra le due lingue in età imperiale romana In età imperiale romana le due lingue raggiunsero un livello di sostanziale parità socio- linguistica. Il processo di romanizzazione e latinizzazione delle popolazioni sottoposte al dominio romano fu indiscutibilmente maggiore nell’Europa occidentale e minore in quella orientale: chi abitava nei territori grecofoni continuò a parlare la propria lingua, così come al di fuori dell’Europa, in Persia, Siria, Egitto, le popolazioni locali resistettero alla penetrazione del latino. Tuttavia non si trattò solo di una resistenza del greco di fronte al latino: i romani consapevoli del valore e del prestigio della cultura greca, si sforzarono di adeguarsi ed assumere il meglio della produzione culturale veicolata dalla lingua greca (Grecia capta ferum victorem cepit et artes intulit agresti Latio). Cosi già in età repubblicana (III-II sec. a.C.), la conoscenza del greco era indispensabile bagaglio culturale di un romano. Alle soglie dell’età imperiale il divario culturale tra le due lingue era attenuato. Infine all’altezza dell’età imperiale greco e latino raggiunsero un livello di convergenza culturale e linguistica: pur avendo strumenti linguistici differenti, esprimevano comuni modelli basati sulla cultura greco-latina e sul messaggio cristiano. Esisteva una koiné greco-latina in età imperiale. • La rottura dell’equilibrio tra geco e latino in età alto- medievale L’armonia tra queste due realtà si ruppe tra il VI e VII sec., quando genti indeuropee (slavo meridionale) e non indeuropee (turco-tartari) formarono una nuova unità linguistico-culturale. A questo proposito va menzionato un fatto cruciale: la politica di Bisanzio nei confronti della compagine slava. Nella seconda metà del IX secolo, l’imperatore bizantino Michele VIII affidò a Cirillo e Metodio l’evangelizzazione del mondo slavo. Questi, di lingua slavo-macedone ed esponenti della cultura greco-salva di Tessalonica, non solo inventarono un alfabeto sul modello greco, ma crearono anche una lingua che potesse valere quale forte elemento identitario per tutto l’ambiente slavo: fondendosi sul dialetto slavo-macedone e sul greco- bizantino ecclesiastico. In questo modo crearono lo slavo ecclesiastico, presto utilizzato anche come lingua amministrativa e funzionò, per tutto l’ambiente slavo, quale decisivo fattore di coesione identitaria. • La formazione dei due poli in età alto-medievale: romano vs bizantino Tra i secoli IX-X si sviluppò la bipolarizzazione all’interno del mondo europeo, fino ad arrivare al rande scisma del 1054 che rappresentò la separazione non solo della chiesa cattolica da quella ortodossa, ma anche due modelli imperiali (romano-germanico e greco-bizantino) ad essi sottesi, contribuirà poi ad allargare ulteriormente i solco tra le due Europe. In conseguenza di ciò, dal X sec. l’Europa medievale ebbe tre grandi lingue veicolari: il latino, il greco e il paleo-slavo. Il ruolo del latino medievale e la sua eredità nella moderna Europa: a partire dalla lacerazione del 1054 il ruolo del greco in Occidente andò progressivamente diminuendo e nel VII secolo il greco in Occidente scomparve come lingua liturgica e fu sostituito completamente dal latino che funziono come lingua del rito sacro, lingua amministrativa e dell’insegnamento. Non va trascurato che dal momento in cui entro in crisi il sistema imperiale romano occidentale (V sec.) i gruppi sociali dell’Europa occidentale iniziarono a produrre testimonianze scritte utilizzando i singoli volgari e la Chiesa romana rappresentò per i popoli di tutta l’Europa occidentale un potente riferimento istituzionale. Inoltre importante è la centralità data da Carlo Magno alla cultura latina come elemento ideologico di unione e di costruzione di una struttura politica europea. Tra i secoli XII e XIV l’Occidente medievale europeo giunse all’apice del proprio dinamismo: fu il periodo delle prime grandi sedi universitarie (Bologna, Oxford, Parigi, Salamanca..) e la lingua della vita accademica era evidentemente il latino. Si sviluppò la scolastica medievale che ebbe come obiettivo la razionalizzazione della fede, ma anche la fondazione dei propri assunti teorico-speculativi entro una visione aristotelico- cristiana. Inoltre non è da trascurare che un altro importante corpo intellettuale medievale, quello dei giuristi, si formò sui principi del diritto romano e la lingua del diritto era il latino. Tuttavia nell’Europa non romanza, il latino esprimeva una cultura estranee e ciò ebbe due conseguenze: da un alto apparirono più precocemente i testi in lingue volgari, dall’altro in quelle regioni i clerici praticavano un latino generalmente più conservatore rispetto a quello dei clerici delle aree romanze e per questo le produzioni del mondo non romanzo vennero considerate modello linguistico dell’epoca. Tra la rinascenza carolingia e l’età della riforma la situazione sociolinguistica del latino medievale può essere riassunta alla luce di tre fattori: 1. la democratizzazione dell’insegnamento della lingua scritta a nuovi clerici e moltiplicazione del numero dei letterati grazie alla creazione di scuole di grammatica e di studia universitari; 2. laicizzazione progressiva della cultura e progressivo contrasto tra uso del latino e uso dei volgari emergenti; 3. semi-artificializzazione del latino attraverso il sistema clericale. In pieno Umanesimo e Rinascimento, il latino funzionava ancora da strumento privilegiato per il dibattito scientifico internazionale. Ancora nei secoli XVIII e XIX gran parte dell’attività didattica si svolgeva in latino e le tesi dottorali venivano redatte e scritte in latino. Solo nel XX secolo si è visto il ridimensionamento del peso del latino nella vita sociale e cultura dell’Europa occidentale. Tuttavia ancora pochi decenni fa, a livello internazionale, si pensava di poter riprendere il latino come mezzo di comunicazione anche perché il latino durante tutto il medioevo e non solo ha contribuito alla formazione e stabilizzazione di tutto il nostro vocabolario tecnico scientifico. Si tratta di un patrimonio straordinariamente omogeneo, ricorrente non solo in tutte le lingue neolatine, ma di fatti radicato in tutte le altre lingue europee. Il ruolo del greco medievale e la sua eredità nella moderna Europa: nell’ambiente slavo orientale e meridionale, il greco si è diffuso ed ha avuto un ruolo analogo, ma non simile, a quello che ha ricoperto il latino nell’Europa occidentale. Le due realtà si differenziano per diversi motivi > Dall’incontro tra la cultura e la lingua greca e le culture e le lingue delle popolazioni entrate nell’orbita bizantina non emersero situazioni paragonabili a quelle dell’Occidente: il latino è riuscito ad imporsi anche a genti germaniche; mentre il greco bizantino-medievale, pur avendo formato l’antico slavo ecclesiastico, non è mai riuscito ad imporsi come lingua comune per esprimere i bisogni comunicativi alti entro gli ambienti slavi orientale e meridionale. Il greco non interagì mai di fatto con le lingue con cui entrò in contatto , così da far nascere una pluralità di volgari neogreci. In ambito bizantino non si crearono le condizioni che portarono in Occidente alla creazione di una rete di studia distribuiti a livello internazionale ove fosse utilizzata, come lingua di cultura, il greco bizantino. Tale condizione definibile come “aureo isolamento” del greco- bizantino rispetto alle grandi dinamiche della storia, va di pari passo con la chiusura degli ambienti culturali a ciò che risultasse in qualche modo lontano da una visione aristocratica della cultura e della vita sociale. Fu dominante la volontà di segnar e la differenza e la distanza tra i greci e gli altri e alla base di tale atteggiamento si possono intravedere la forte ideologizzazione nei confronti della lingua greca, intesa quasi come oggetto sacro, e il disprezzo per il greco parlato. La lunga denominazione turco-ottomana dell’ambiente grecofono e il conseguente isolamento della Grecia, acuirono il senso di isolamento della tradizione linguistico-culturale greco-bizantina e ne esasperarono la “eccentricità”- nel XIX secolo la Grecia sperimentò la formazione di uno stato nazionale nel quale la lingua era imprescindibile strumento identitario che, però, rappresentava un sistema artificiale paragonabile al latino dei clerici. 5. Le prime testimonianze dei gruppi linguistici romanzo, germanico e slavo in età medievale • I primi nuclei degli ambienti medievali, romanzo germanico e slavo I secoli che segnano la transizione tra alto e basso medioevo rappresentano un momento cruciale nel processo di formazione dell’attuale quadro linguistico europeo perché è in questo periodo che si andarono formando i primi nuclei storicamente riconoscibili delle moderne lingue romanze, germaniche e slave. Consistono essenzialmente in attestazioni documentarie e solo secondariamente in testi di natura letteraria. Le invasioni barbariche entro i confini del mondo romano e romeico tra i sec. IV e VII disgregarono i legami di unità culturale che avevano mantenuto con le genti diverse sotto l’egida romana. La necessità comunicative tra le popolazioni romanizzate e i nuovi venuti imposero la diffusione di forme di latino semplificato, caratterizzato da fenomeni di pidginizzazione a livello fonetico, morfologico e sintattico. Nell’VIII sec. il progetto di Carlo Magno e della sua corte (Alcuino, Paolo Diacono e altri) di ripristinare lo studio della grammatica e dei grandi testi della letteratura latina, accelerò la rottura dell’intercomprensibilità tra la lingua di Roma e le varietà romanze utilizzate normalmente nella comunicazione orale. Questa rottura si nota evidentemente nel celebre dispositivo del Concilio di Tours del 813 mirante a permettere la predicazione nei singoli volgari- in rusticam romanam linguam aut thoitiscam-. Inoltre pochi decenni dopo, si avrà una ulteriore testimonianza dell’attuale stato avanzato della differenziazione tra latino e lingue volgari: all’ 842 risale la testimonianza dei Giuramenti di Strasburgo, stipulati da Ludovico il Germanico e Carlo il Calvo nel momento in cui di due sovrani rinnovarono il loro patto di alleanza contro il fratello Lotario. Ludovico e i capi dell’esercito di Carlo prestarono giuramento in un volgare ormai di tipo francese. Non è un caso che le prime testimonianze si ebbero in ambiente germanico o in aree romanze: la distanza tra il latino e i sistemi germanicie romanzi fortemente germanizzati era tale da rendere necessaria tale operazione, altrove la distanza tra latino e singoli volgari risultava meno mrcata e il fenomeno fu meno precoce. Le prime attestazioni volgari: La prima testimonianza di un volgare italo- romanzo risale al 960, attestata nei Placiti Capuani (“Sao ke kelle terre, per kelli fini ke ki contene…”). Successivamente, ossia intorno all’XI secolo iniziano ad apparire altri volgari all’interno di liste notarili e testi paraliturgici. Di questo periodo è la Formula di confessione umbra, la quale rappresenta il primo testo redatto intenzionalmente in un volgare italo-romanzo. Ma per quanto riguarda le prime esperienze letterarie vere e proprie occorre attendere la corte di Federico II di Svevia e i suoi poeti della scuola siciliana fiorita tra il 1230 e il 1250. Nello stesso XI secolo, però, appaiono le prime testimonianze del sardo e del romancio, mentre solo nel XIII del friulano. In ambiente ibero-romanzo nel IX secolo appaiono parole isolate in aragonese (Glosas Emilianenses, Glosas Silenses) mentre nel XIII secolo appare una storiografia e un testo giuridico in volgare aragonese. Al X sec. datano le prime testimonianze del catalano e tra i secoli XI e XII appaiono i primi testi giuridici, nel XIII quelli cronachistici. Nel XII sec. appare l’asturiano-leonese mentre il castigliano è attestato solo a partire dal XIII sec.. Molto più tarde sono le prime attestazioni di varietà di sistemi balcano romanzi: il dalmatico è attestato nel XV sec., mente il primo testo romeno nel XVI. La nascita delle lingue letterarie: Ciò detto, si può considerare che la la formazione di varietà romanze letterarie si ebbe soltanto tra i secoli XII e XIV. Il primo esempio di lingua letterari romanza si ebbe in ambito occitanico all’altezza del XII secolo, con le Chansons de geste; mentre la langue d’oil, che sarebbe stata la base del francese moderno, offre la sua prima testimonianza di strumento letterario nel XIII secolo. Tra i secoli XIII e XIV si hanno le prime attestazioni letterarie in gallego-portoghese, in castellano il Cantar de mio Cid e la prima produzione della corte di Alfonso El savio (XIII sec.). quanto al catalano, grazie all’opera di Ramon Lull (XIII-XIV sec.) tale lingua assunse presto il rango di strumento per la produzione letteraria e scientifica, anche se fino al XIV sec. nella produzione lirica catalana si utilizzerà l’occitano. Per ciò che riguarda l’italiano il fiorire della lingua letteraria avviene per mezzo delle Tre corone. Ambiente germanico: I più antichi documenti germanici e le prime attestazioni sono scritte in caratteri runici e sono distribuite in tre aree principali: area scandinava, anglo-frisone e alemannica. La produzione runica è attestata in Germania fino all’VIII sec., in Inghilterra fino al X e in Scandinavia fino al XIV e ciò che risulta assolutamente più interessante è che l’abbandono di questi caratteri avviene in concomitanza con il processo di cristianizzazione delle genti germaniche e con la conseguente diffusione dell’alfabeto latino. Nettamente influenzate dalla tradizione latina alt-medievale son le prime testimonianze testuali composte in lingue germaniche. Si tratta per lo più di glosse a testi ecclesiastici. Il primo documento redatto in tedesco risale al VII- VIII sec. e nel IX appare la traduzione composta a Fulda. In ambiente anglosassone, con Alfredo il Grande (IX-X sec.) si sviluppa una prosa volgare. Il nederlandese è attestato grazie a una serie di glosse risalenti al IX sec., il frisone nel XIII come anche il basso tedesco medio. In questo caso però si tratta di usi assolutamente limitati perché nella Germania settentrionale e nei margini delle regioni scandinave il latino fu utilizzato come strumento linguistico fino a buona parte del XIV sec.. La nascita delle lingue letterarie germaniche: l’emergere delle lingue letterarie germaniche si colloca essenzialmente in un periodo che va dalla metà del XII sec. alla metà del XIII. In tale fase l’anglosassone subisce notevoli modificazioni dovuto all’influsso del francese antico in seguito alla conquista di Guglielmo il conquistatore (1066). La Germania l’alto tedesco medio assunse progressivamente, tra i sec. XII e XIII, il ruolo di lingua letteraria grazie alla fioritura della grande letteratura cortese ed epica tedesca. In particolare tra il 1150 e il 1270 appaiono tre importanti filoni letterari: il lirico (Misenang), epico- eroico (Nibelungenlied) e un terzo segnato da forti influssi romanzi connessi con i modelli dei cicli troiani e bretoni. Tra l’XI e il XIV sec. in tutta l’area scandinava fu utilizzato l’antico nordico e il centro culturale più importante dell’area fu l’Islanda. Le testimonianze antico-nordiche più significative consistono in testi poetici (poesia eddica- mitologica- e scaldica-corti principesche-), ama anche n componenti in prosa che non hanno equivalenti in Europa: saghe di argomento cavalleresco legate a fatti e famiglie esemplari della storia dell’Islanda. Ambiente slavo: l’ambiente slavo appare caratterizzato da una situazione del tutto particolare rispetto a quella propria degli ambienti romanzo e germanico: mentre in quegli ambienti appaiono progressivamente documenti dei vari sistemi linguistici, l’ambiente slavo risulta caratterizzato dalla presenza di un’unica tradizione linguistica, ossia lo slavo ecclesiastico antico. Venne creato nel IX sec. dai fratelli tessalonicesi Cirillo e Metodio, è la più antica lingua slava di cui si hanno testimonianze scritte e tutti i testi redatti a partire dal IX secolo appartengono alla letteratura paleoslava, indipendentemente da dove venissero redatti. Lo slavo ecclesiastico svolse una funzione unificatrice paragonabile in parte quella svolta da latino nell’ambiente cristiano occidentale. Tuttavia, rispetto al latino lo slavo non travalicò mai le barriere etniche, ma tenne insieme genti che appartenevano tute ad un medesimo ceppo. Inoltre rispetto al latino (diverso dalle lingue nazionali), lo slavo ecclesiastico era tendenzialmente prossimo a tutte le lingue nazionali slave. Infine tutte le opere redatte in slavo ecclesiastico erano anonime perché seguivano il forte principio della cristianità orientale, secondo il quale l’autore di un testo doveva scrivere per testimoniare l’oggettività del vero e non per esibire tratti della propria personalità. 6. la posizione dell’arabo, lingua di adstrato nell’Europa medievale • L’espansione araba in Occidente Dal 634 prese avvio l’espansione territoriale degli arabi della penisola arabica verso oriente ed occidente. Assoggettarono il regno di Persia e poi si diressero vero occidente: 647-710 si impossessarono della costa mediterranea dell’Africa, tra il 711-716 cadde in mano araba la quasi totalità della penisola iberica (eccetto Galizia, Asturia e Cantabria). Tra 827-878 conquistarono la Sicilia dove rimasero fino al 1099, quando furono cacciati dai normanni. La reconquista iniziò nell’XI sec. e terminò nel 1492. La popolazione araba che rimase fu costretta a convertirsi al cattolicesimo (i neoconvertiti sono chiamati moriscos). • La lingua araba e le altre lingue nel contatto interlinguistico Il dominio arabo comportò nelle terre conquistate la diffusione della lingua dei conquistatori, con conseguenze diverse a seconda delle aree: nell’Oriente bizantino l’arabo fece retrocedere definitivamente il greco, nell’Occidente latino-romanzo, l’arabo interagì con i sistemi romanzi in via di formazione e ne segnò i destini in Spagna e Sicilia. Nel Maghreb e a Malta, invece, l’arabo fece scomparire l’elemento latino- romanzo. SPAGNA: In Spagna, musulmani, cristiani ed ebrei formarono una fervida comunità multiculturale e multilingue: la lingua della religione e della amministrazione era l’arabo canonico, l’ebraico era utilizzato dalla popolazione ebraica, la lingua per la mediazione culturale presso la popolazione romanza era il latino che presso giunse in situazione concorrenziale rispetto all’arabo classico. I mozàrabes furono generalmente bilingui: la loro lingua, ossia il mozarabico, era appunto, una varietà mista arabo-romanza utilizzata oltre che come lingua corrente anche come lingua d’arte. Al mozarabico si deve la diffusione dei numerosissimi elementi arabi presenti nelle lingue iberoromanze, passata anche in altre lingue europee (alcachofa, azùcar, algodòn; nella toponomastica: Guadalquivir < wadi al-kabir ‘il fiume grande’). • L’arabo in sicilia: L’arabo in Sicilia è un elemento fortemente presente nella toponomastica (toponimi come Calatafimi, Caltanissetta, Calascibetta, Calatrasi contengono l’elemento arabo qal’ a = castello) e in molte parole diffuse nei dialetti siciliani (raisi = capo di una imbarcazione). Va ricordato che quanto i normanni (1091) si sostituirono nell’isola agli arabi, rispettarono la cultura araba profondamente radicata. • Prestiti arabi in altre lingue europee: mentre nel mondo iberico l’influsso arabo riguardò i livelli morfologici e sintattici, altrove si limitò al piano lessicale. Mediati dalla tradizione medievale araba, soprattutto termini dell’astronomia (al-manah > almanacco), matematica (al-gabr ‘riduzione’> algebra, sifr> cifra) medicina e filosofia entrarono nelle lingue europee come prestiti di matrice alta. 7. la posizione delle lingue uraliche in Europa • lo spazio geografico delle lingue uraliche la distribuzione territoriale abbraccia una vastissima area che va dalle regioni settentrionali della Norvegia alle rive del fiume Lajta. Parlanti lingue uraliche sono presenti anche in Finlandia, Estonia e Culrandia, oltre che in Russia. Si tratta di un territorio cosi vasto da impedire la presenza continua di parlanti, la quale è presente solo in Ungheria, Finlandia e in alcuni territori della Russia. Anticamente l’area di parlanti era diversa e sotto la spinta di dei popoli invasori indeuropei e turchi, le popolazioni uraliche si diressero verso il Nord, l’Occidente e verso i territori a est degli urali. Tali migrazioni continuarono fino al XVIII sec.. • i due principali sottogruppi uralici lingue ugrofinniche: ungherese, finnico, estone e lappone lingue samoiede: ricordiamo lo yurak,il samoiedo dello Iennisei, lo tavgui…. L’ungherese (parlato in Ungheria e da minoranze in Austria, Slovacchia,, Slovenia, Serbia, Romania, Ucraina) è la lingua ugro-finnica parlata dal maggior numero di locutori e di più antica attestazione (alcune parole risalgono all’anno Mille). Il finnico (parlato in Finlandia e da minoranze in Russia, Svezia e Norvegia) possiede una tradizione scritta relativamente recente (XVI sec.) e nella sua forma standard mescola elementi occidentali e orientali. L’estone (parlato solo in Estonia) ha attestazioni tarde (XVI sec.). Il lappone si distingue in due varietà: occidentale (diffuso in Norvegia, Svezia) e orientale( diffuso in alcune regioni della Finlandia e della Russia). Il lappone ha conosciuto numerose forme di fissazione scritta, la più antica è del XVIII sec.. Nel territorio russo sono attestate lingue uraliche minori, la più importante è il mordvino, poi seguono per importanza, il ceremisso, il votiaco e il sirieno, il votriaco e il vogulo. Varietà linguistiche finniche minori sono il livo, il voto, il careliano, l’ingrico, il vepso e il lüdo. Dal punto di vista delle complessive dinamiche linguistiche europee va rilevato che un ruolo significativo è stato svolto unicamente dall’ungherese perché lo stanziamento delle tribù magiare (X sec.) nei territori mediani del corso del Danubio contribuì a spezzare l’unità linguistica slava, fino a quel momento relativamente ben coesa. 8.La posizione delle lingue turche in Europa La famiglia delle lingue turche comprende circa una trentina di sistemi linguistici distribuiti in un continuum, territoriale che va dall’Europa orientale e balcanica all’Asia centrale. La distribuzione così vasta si spiega con il nomadismo delle antiche popolazioni turche che si stanziarono definitivamente tra Asia ed Europa solo nel XIII sec.. • Il ramo occidentale delle lingue turche ( Ciuvasco, tataro, baschiro e varietà inferiori quali il karaita, il kipciàk e il kumuk.) Il ciuvasco parlato nella repubblica di Ciuvascia è attestato dalla metà del XVIII sec. e la sua fissazione scritta, in alfabeto cirillico, è dovuta al processo di cristianizzazione della Chiesa ortodossa. Il tartaro si distingue in due varietà principali: quello parlato in Kazan e quello della Crimea, entrambi con caratteri cirillici. Il baschiro è strutturalmente molto vicino al tartaro ed è la lingua ufficiale nella repubblica di Baschiria. Prezioso monumento linguistico del kipciàk è il Codex Cumanicus (XIV sec.) redatto probabilmente da frati missionari italiani e tedeschi operanti nelle regioni del basso volga e appartenuto forse a Petrarca, oggi è conservato nella Biblioteca marciana di Venezia. Contiene paradigmi, liste di parole e testi in prosa con traduzione in latino, italiano, tedesco e persiano. • Il ramo meridionale delle lingue turche Appartengono a questo ramo: il turco di Turchia, l’azeri, il gaguso e il trukhmen. Il turco di Turchia è lingua ufficiale in Turchia e nell’isola di Cipro, anche se consistenti minoranze turche si trovano in Germani dove è la II lingua dopo il tedesco per numero di locutori. Dal punto di vista storico è stato strumento di comunicazione del grande impero ottomano e per tale motivo si è diffuso in tutte le regioni conquistate, in particolare nella zona balcanica durante il medioevo e l’era moderna. L’azeri è la lingua ufficiale nella repubblica dell’Azerbaigian. Il gaugaso parlato in Moldavia, è una varietà dialettale del turco ottomano (o osmanli) utilizzata da comunità turcofone ormai profondamente slavizzate e di religione ortodossa. Oggi usa caratteri latini. • Le lingue turche della CSI Nella pare Europea della CSI sono presenti altre lingue turche parlate da comunità meno consistenti. Ricordiamo la varietà karaciai-balkar e la comuità dei parlanti nogai. • Il ruolo del turco nel Sud-Est europeo La presenza del turco nel Sud-Est europeo ha rappresentato un fattore essenziale nelle vicende storiche e linguistiche dell’Europa medievale e moderna. Il dominio turco nell’area balcanica significò oltre che un processo di parziale turchizzazione ed islamizzazione, anche una profonda omologazione culturale delle genti balcaniche secondo i modelli di vita irradiati dal mondo ottomano. Inoltre la presenza turca contribuì ad acutizzare il già sensibile isolamento dell’Oriente europeo rispetto all’Occidente. Infatti davanti alla conquista turca di luoghi strategici dell’Europa, l’Occidente europeo, forte delle proprie tradizioni cristiane, si impegnò in un progetto di rinnovamento, mentre l’Oriente accentuò i suoi caratteri di isolamento. Per quanto riguarda l’influsso delle lingue turche sulle lingue d’Europa, si limita a influssi di carattere lessicale, mediando molti termini di tradizione arabo-persiana come caffè e divano. Evidentemente il turco ottomano è sviluppato una influenza particolarmente significativa nelle zone assoggettate all’impero: albanese, neogreco, rumeno e ungherese. CAP2: I GRANDI MOTORI NEI PROCESSI DI FORMAZIONE DELLE MODERNE LINGUE EUROPEE Eventi essenziali di natura extralinguistica che hanno segnato il farsi delle lingue europee. 1. Dinamiche nello spazio europeo tra Medioevo e Rinascimento • Latino medievale, greco-bizantino medievale e antico slavo ecclesiastico Nel X sec. in Europa erano utilizzate, in modo diverso in 2 sub-aree, 2 grandi lingue veicolari: il latinomedievale e il greco-bizantino medievale di comune matrice romano-romeica. Ognuna delle due lingue ebbe un ruolo chiave nella storia linguistica del continente. In quello stesso periodo, in ambiente slavo, si andò sviluppando lo slavo ecclesiastico antico, fortemente influenzato dal greco bizantino. In occidente la formazione delle lingue volgari (romanze, germaniche e slavo-occidentali) furono in buona misura debitrici del lessico e della sintassi latina, ma comunque presentava una differenziazione diatopica del tutto significativa. In ambiente greco-bizantino medievale, invece, si trovava una diffusione omogenea del medesimo sistema linguistico. • L’Europa romano-germanica e l’Europa bizantino-slava L’Europa linguistica medievale era governata da due grandi forze interpretabili come veri e propri motori del divenire di sistemi linguistici, motori che funzionavano a ritmi diversi per via delle diverse aree culturali in cui agivano. Nel basso medioevo (XI-XIII sec.) l’Europa occidentale fu uno straordinario laboratorio in cui si formarono le linee di processo identitario che sta alla base del moderno quadro linguistico europeo e che fu sensibilmente segnato da alcuni fattori: Si sviluppò un notevole processo di avanzamento socio- economico. La sensibile crescita del tasso demografico unitamente al miglioramento delle tecniche lavorative e delle condizioni di vita materiale favorì lo sviluppo dei centri urbani e la colonizzazione di nuove aree. Il fenomeno “città” si sviluppò in modo straordinario insieme ad altre strutture della vita sociale (i comuni), economica (le corporazioni). Furono potenziate le strutture scolastiche superiori (gli studia). L’assunzione da parte del papato, in forte contrasto con l’autorità imperiale, di un ruolo guida per l’intera cristianità. All’interno della chiesa si organizzarono ordini mendicanti (domenicani e francescani). In oriente, invece tra l’XI e XIV sec., ebbe luogo una profonda crisi delle strutture imperiali bizantine. Essa produsse l’isolamento dell’Oriente bizantino-slavo rispetto ai grandi processi evolutivi occidentali, isolamento acuito dalla scissione del 1054 e facilitò la conquista turco-ottomana. • L’emancipazione dei volgari rispetto al latino Sul piano tra basso medioevo ed età rinascimentale va segnalato il fatto che nell’Occidente europeo ( in Francia, Spagna, Italia Germania e Inghilterra) si ebbe un progressivo processo di affrancamento dei singoli volgari rispetto al latino. In conseguenza all’ascensa dei volgari il quadro linguistico dell’Europa occidentale sui un processo di profonda laicizzazione. Tale fenomeno può essere inteso come promosso dall’azione di una serie di principali fattori: - Stati nazionali: tra i secoli XV e XVI, i fulcri della vita sociale furono rappresentati dalla formazione delle monarchie assolute in Francia con Luigi XI, in Inghilterra con Enrico VII, in Spagna con Ferdinando il Cattolico, in Russia con Ivan III. Tali strutture, alla fine del XV sec., entrarono in conflitto tra loro e ne conseguì la pace di Cateau-Cambresis (1559) che mise fine a una serie di conflitti intraeuropei e segnò la formazione degli Stati nazionali. Nel corso di tale processo le lingue quali il francese, spagnolo, italiano, portoghese, tedesco e inglese raggiunsero forma pressoché definitiva e si imposero quali lingue di cultura nel resto dell’Europa e nel mondo. - Gli studia: praticamente ovunque in Europa dalla fine del XIII e soprattutto nei sec. XIV-XV-XVI, si moltiplicarono le sedi universitarie come a Lisbona, Pisa Vienna, Lovanio etc. L’estendersi della rete degli studia creò un nuovo pubblico di letterati e un potenziale pubblico di lettori di testi redatti in lingue vernacolari. - La stampa: l’invenzione della stampa a caratteri mobili (1450) accelerò la formazione di norme linguistiche facilitanti i primi processi di normazione e di futura standardizzazione dei sistemi linguistici europei. - La riforma protestante costituì un fattore essenziale poiché in area ceca, in Inghilterra, Danimarca, Svezia, Paesi Bassi, l’adozione del luteranesimo o di altri culti riformati favorì lo stabilizzarsi delle strutture statali. La traduzione della bibbia in varietà linguistiche locali, più o meno letterarie, esercitò un ruolo fondamentale nel processo di stabilizzazione delle relative lingue: tra di esse, quelle che mancavano di un corpus letterario prestigioso vennero di fatto per la prima volta legittimate grazie alla traduzione dei testi sacri. Inoltre, la tradizione protestante, dell’obbligo per i fedeli di leggere direttamente i testi sacri accelerò nell’Europa riformata la diffusione dell’alfabetizzazione di massa. Questo non avvenne nell’Europa meridionale, ove le grandi monarchie cattoliche erano riuscite a limitare l’influsso della Riforma e la presenza di una gerarchia ecclesiastica, che mediava rigidamente il contenuto dei testi sacri alle grandi masse, ritardò il progredire dell’alfabetizzazione. • Stati e lingue in età rinascimentale Nei secoli XV-XVI esistevano alcune strutture statali già saldamente stabilizzate in Portogallo, Spagna, Inghilterra, Francia, Danimarca, Svezia e Paesi Bassi e ai quali corrispondono altrettanti sistemi linguistici. Nel Sud-Est europeo e in particolare in area balcanica, il turco divenne a partire dal XV sec., la lingua ufficiale e amministrativa. 2. Dinamiche linguistiche nello spazio europeo in età moderna • Occidente vs Oriente All’avvio dell’età moderna, all’Europa degli Stati nazionali si contrapponeva l’Europa degli imperi orientali, turco-ottomano, russo e in parte asburgico. Le compagini degli imperi orientali, caratterizzate da una forte connotazione sovranazionale, impedirono a lungo entro i loro confini la formazione di Stati nazionali e l’emancipazione delle lingue proprie di quelle aree. Per tale ragione si può individuare una linea ideale che collega San Pietroburgo a Trieste caratterizzata da una situazione di forte ritardo nei processi di emancipazione delle lingue nazionali dove dominava una sovrapposizione tra potere temporale e potere spirituale a livello linguistico: slavo e ecclesiastico e latino nell’Impero Asburgico, slavo ecclesiastico, greco- bizantino e arabo nell’Impero turco-ottomano. Le lingue liturgiche (latino, greco e slavo ecclesiastico) ritardarono l’emergere delle lingue diffuse nelle aree dominate dal cristianesimo sia romano che costantinopolitano (Italia, Ungheria e Polonia). Nei paesi di religione ortodossa la lingua della chiesa era l’antico slavo ecclesiastico, mentre la lingua della cultura erano il tedesco e il francese. Gli orientamenti laicizzanti in maniera linguistica funzionarono in buona parte dell’Occidente, ma in Oriente il processo fu più lento. • I grandi fatti del secolo XVI In ambiente gallo-romanzi, nel 1539 venne emanato l’editto di Villers-Cotterets, attraverso il quale si rese il francese la lingua amministrativa del regno. In ambiente ibero-romanzo il castellano visse la sua massima stagione letteraria e in Portogallo venne fissata la norma linguistica insieme alla compilazione dei primi dizionari. In ambiente balcano- romanzo si ebbe la prima fissazione scritta del romeno, favorita dalla diffusione del protestantesimo in Transilvania. In ambiente germanico la Riforma protestante produsse le prime traduzioni della Bibbia in svedese e in danese strumenti fondamentali per la fissazione delle relative lingue. In Inghilterra si andò definendo il ruolo del dialetto marciano parlato a Londra come base per l’inglese moderno. In ambiente baltico, vennero stampati i primi dizionari in prussiano, lituano e lettone. In ambiente celtico le lingue vennero sopraffatte progressivamente dalla pressione dell’inglese e del francese. In ambiente ugro- finnico apparve il primo catechismo in estone e fu pubblicato il primo libro in finnico. Fu stampata la prima Bibbia protestante tradotta in ungherese. Infine in ambiente basco apparve la prima traduzione del Nuovo Testamento calvinista. • I grandi fatti dei secoli XVII e XVIII In questi scoli con il consolidarsi del ruolo degli stati nazionali, si accelerò il processo di normazione di lingue quali l’inglese, francese, spagnolo, portoghese e tedesco; tanto che nacquero le accademie quali centri di controllo linguistico. In alcuni casi come quello dell’inglese e dello spagnolo, il potere politico dello stato portò alla esportazione della lingua in altri continenti. In ambiente germanico si stabilizzò la norma del tedesco moderno. Apparve la prima grammatica in romeno e in maltese. L’italiano del modello toscano divenne prestigiosa lingua di cultura a livello internazionale. • I grandi fatti del secolo XIX Nel XIX secolo le politiche linguistiche di pressoché tutta Europa furono generalmente caratterizzate dal diffondersi degli ideali romantici ed il binomio lingua-nazione favorì la valorizzazione delle lingue delle singole compagini nazionali e l’avviamento dei primi grandi progetti di descrizione linguistica secondo criteri scientifici Il romeno subì un processo di radicale occidentalizzazione con l’immissione di numerosi elementi francesi; il romancio fu dichiarato lingua nazionale accanto all’italiano, al francese e al tedesco. In ambiente ibero-romanzo riprese spazio il gallego. In ambiente germanico vennero codificate a tavolino due lingue: il nyorsk e il feringio. In ambiente slavo nel movimento panslavista si definirono le moderne lingue slave. In area balcanica il decadimento dell’impero ottomano portò all’emergere di lingue nazionali fino a quel tempo coartate. • I grandi fatti del secolo XX All’alba del XX sec. pressoché tutte le attuali lingue d’Europa (no albanese e macedone standardizzato nel ‘44) avevano raggiunto un alto livello di normazione. Dato comune di tutti i gruppi linguistici è il fiorire di descrizioni grammaticali. Il gallego ed il catalano vengono riconosciuti come lingue co-ufficiali in Galizia e in Cataluña, nelle Baleari e nell’area valenciana. In ambiente baltico, a partire dalla raggiunta indipendenza di Lituania e Lettonia (’90), si è avviato un processo di forte derussificazione. In Grecia dopo un decennio di incertezze sulla definizione della norma linguistica, oscillante tra modelli popolari e modelli colti, a partire dal ’76 si è imposta come lingua ufficiale il primo tipo. Per quanto riguarda le lingue non indoeuropee di Europa, il basco è riconosciuto come lingua coufficiale come anche il maltese. • Lo scenario futuro: il secolo XXI L’Europa del XXI secolo sarà caratterizzata da sempre maggiori aree ove domineranno forme di pluri e multilinguismo, di diversa natura. L’inglese ha acquistato molte funzioni che ebbe il latino in età medievale. Però, se il latino era dominato da una élite d’intellettuali, oggi l’inglese è conosciuto superficialmente da una grande quantità di persone appartenenti soprattutto ad ambienti professionali di tipo tecnico e commerciale. Inoltre la legittimazione del latino in età medievale si fondava sul valore di lingua mediana e capitale cultuale comune, religioso e laico, ereditato dal passato; era uno strumento sovranazionale. Oggi l’inglese, proprio in quanto lingua nazionale di un certo numero di stati è piuttosto una lingua ausiliaria internazionale (no sovranazionale) anche perché priva della “neutralità” posseduta dal latino. In seno all’ONU le lingue ufficiali sono l’inglese, il francese, lo spagnolo, il russo, l’arabo e il cinese. Il tedesco è la lingua maggiormente parlata all’interno dell’Unione Europea, la seguono il francese e l’inglese, poi l’italiano, lo spagnolo, l’olandese, il greco e il portoghese, lo svedese e il danese. Per l’Europa di oggi che dovrà sempre più fare fronte a scambi tra europei provenienti da aree linguistiche diverse e nuovi immigrati cruciali saranno i progetti educativi nel campo delle politiche linguistiche. La speranza è che tali progetti siano in grado di coniugare le esigenze poste dai nuovi bisogni di comunicazione internazionale (si pone il bisogno di individuare una o delle lingue di lavoro) con il rispetto per le identità delle singole comunità linguistiche. L’avvenire linguistico dell’Europa dipenderà in larga misura dall’esito dei progetti educativi e in particolare dalla forza di quei progetti che generalizzeranno nell’insegnamento secondario, l’insegnamento di almeno due lingue straniere. Si possono immaginare tre probabili scenari (i primi due poco probabili): - il migliore prevedrebbe la realizzazione di una Europa di cittadini plurilingui; - il peggiore, vedrebbe l’emergere di una Europa monolingue con l’inglese detentore di un ruolo predominante e, dove le lingue nazionali perderebbero il loro ruolo tradizionale; - presenza dell’inglese come lingua internazionale, accanto alla quale potrebbero avere spazio altre lingue ausiliarie per gli scambi. CAP3: PROFILO COMPARATO DELLE MODERNE LINGUE D’EUROPA 1. Problemi storico-linguistici: I cambiamenti di una lingua prima di emergere, possono covare per decenni. Gli effetti del mutamento linguistico possono affermarsi nella norma rapidamente e in modo indolore o, piu spesso, dopo aver strenuamente conquistato sul campo il diritto all’esistenza. • Gli alfabeti: La caratteristica iu evidente delle lingue parlate oggi in Eu è che esse si scrivono in modo diverso: adottano alfabeti differenti. Oggi abbiamo solo 3 sistemi distinti: alfabeto latino, cirillico e greco. Questa omogeneizzazione è l’effetto di un processo storico di convergenza su due modelli di riferimento: latino e cirillico. A. La diffusione del primo è stata sostenuta innanzitutto dall’espansione politica e militare di Roma e dalla Chiesa di Roma. B. L’alfabeto cirillico deve buona parte del proprio successo alle politiche linguistiche attuate nell’ambito dell’ex unione sovietica, dove la necessità di usare un sistema di scrittura largamente condiviso rappresentava un presupposto imprescindibile per il conseguimento di una coesione interna. C. Alfabeto greco, ristretto nel corso dei secoli la propria area di diffusione e oggi si mantiene in uso solo nel neo greco. L’affermarsi della fonografia, nel I millennio a.C., costituisce una svolta epocale nella storia della scrittura, in quanto presuppone un radicale cambiamento di prospettiva nel trattamento del segno linguistico. Nei sistemi diffusi in precedenza, definiti logografici, prevaleva l’intenzione di raffigurare simbolicamente il significato del segno; nei sistemi fonografici si impone la tendenza a riprodurre il significante, cioè la sostanza fonica del segno stesso. Un sistema fonografico è più dispendioso di uno logografico > quest’ultimo infatti è più iconico e immediato; il primo è quasi totalmente arbitrario. Perché la storia ha portato al declino della logografia, sancendo invece il successo della fonografia? La spiegazione di questo sta nella progressiva espansione degli ambiti d’uso della scrittura. Inizialmente, la scrittura veniva impiegata in ambito religioso o per raggiungere inventari. I concetti da esprimere erano pochi e dunque pareva vantaggioso riprodurli direttamente. Quando l’amministrazione degli apparati statali si fece più complessa, la scrittura trovo nuovi ambiti di utilizzo e l’espressione di nuovi concetti. La logografia cominciò a mostrare almeno due limiti che la rendevano inadeguata: 1. I significati sono potenzialmente infiniti e il mantenimento del principio “un significato > un simbolo” alla lunga avrebbe condotto a un repertorio infinito di grafemi 2. L’interpretazione dei simboli presupponeva un retroterra culturale specifico e unitario, che, tuttavia, non poteva essere patrimonio di tutti i membri di comunità sempre più numerose e internamente strutturate. Non è detto che ogni sistema logo grafico sia destinato al declino e che la fono grafia debba trionfare ovunque. Il cinese che serve tuttora di un sistema logo grafico. Fra i tre alfabeti tuttora in uso sul suolo europeo, il sistema di più antica attestazione è quello greco, pare siano stati i Fenici che utilizzavano una lingua semitica, a introdurre in Grecia. I greci a portarono alcuni significativi cambiamenti al sistema ereditato dai Fenici. In particolare la sequenza di simboli originariamente non prevedeva vocali. L’alfabeto cirillico è una derivazione dell-alfabeto glagolitico. E quello latino rivela inequivocabilmente tratti comuni con quello greco. • L’emergere dell’articolo definito: La nascita drll’articolo introduce nelle principali tradizioni linguistiche europee, un’innovazione epocale. = La nascita di una nuova categoria linguistica. Si tratta di un evento che segna profondamente la storia delle lingue coinvolte. L’affermazione dell’articolo è la scintilla che innesca una serie di reazioni a catena che mutano profondamente e talvolta sconvolgono l’assetto di un sistema linguistico. Scansione areale nella distribuzione dell’art definito e indefinito: - le lingue che li adottano entrambi occupano i settori settentrionale, centrale e occidentale dell’Ue - Le lingue totalmente prive di articolo si concentrano sul versante nord-orientale Le lingue che constano di entrambi gli articoli sono una netta minoranza. Nel mondo antico l’art costituiva una strataegia piuttosto insolita; nell’età moderna la sua affermazione appariva ancora poco uniforme e comunque non tale da far prevedere la sua successiva fortuna. Secondo Greenberg il processo di nascita dell'articolo definito avviene in lingue anche molto distanti, ma secondo tre stati comuni susseguenti • Primo stadio: comparsa dell’articolo definito Nelle lingue non vi erano caratteri che ne dimostrassero la determinatezza. Una delle tecniche per ottenerla era combinare tratti grammaticali tra loro. Il turco oggi ha solo l'indefinito e per raggiungere il definito aggiunge dei tratti. - Trasformazione dimostrativo > articolo definito Il dimostrativo perde la sua funzione deittica e sviluppa prima una funzione anaforica e diventa poi obbligatorio per esprimere la determinatezza. • Secondo stadio: articolo non generico Dopo il processo di formazione, l'articolo é un costituente già ben formato e c'è alternanza tra definito e indefinito in modo specifico. La valenza anaforica in alcuni contesti si indebolisce. • Terzo stadio: marche nominali L'articolo ha raggiunto la massima espansione e ormai accompagna tutti i nomi per questo non esprime più determinatezza. Es. "The work" vs "to work" in cui "the" viene usato per distinguere il nome dal verbo. Osserviamo ora l'articolo in Africa e Medio Oriente. Prime tracce (prima di greco)dell'articolo definito si hanno nell'Antico Egitto introno al 7 secolo ac (demotico e copto) É un tratto distintivo tra le lingue semitiche del II e III millennio ac che hanno/non-hanno e quelle del I millennio ac che lo hanno(aramaico, ebraico, arabo dal 5 sec ac) Deduciamo che l'articolo ha origine nel bacino antico del Mediterraneo e si é poi spostata verso occidente. (Vedi prima che diceva da oriente a occidente) L'articolo nasce in Egitto nel I millennio poi si diffonde in Europa dove ha la prima attestazione nel greco. • La riduzione/perdita della declinazione nominale: Un fenomeno che emerge nell’evoluzione storica delle principali lingue indoeuropee è la progressiva e talvolta drastica semplificazione della declinazione nominale. Il nome indoeuropeo era flesso per numero e casi. Numero erano tre: singolare, plurale e duale. Il singolare distingueva i casi: nominativo, accusativo, vocativo, direttivo, genitivo, strumentale, dativo, locativo e ablativo. Vittime della semplificazione della morfologia nominale sono strumentale e locativo che rimangono solo nello slavo. In altri ambienti confluiscono altri casi. È cosi che avviene la semplificazione, perché i casi spariscono. In greco si hanno 4 casuali oggi, perché sono caduti dativo genitivo e il duale. Per l'irlandese moderno non ci sono sostanziali cambiamenti rispetto a quello antico. Nelle lingue germaniche certe lingue li hanno persi e altre no. L'impatto maggiore si vede in area romanza dove la declinazione nominale latina si azzera. Nelle zone ibero e italo romanze del sistema delle declinazioni si conserva oggi solo il singolare e il plurale. Lingue iberiche hanno la -s come plurale invece le lingue gallo romanze come il francese tengono la -s ma foneticamente non è percepita (la mere - les meres). Il romeno mantiene una distinzione tra nominativo- accusativo e genitivo-dativo solo in caso di articolo post posto che conferma il sincretismo di dativo e genitivo tipico dell'area balcanica. Fattori della caduta dei nominali in area romanza: 1) già in età classica la quarta e la quinta declinazione sono poco usate per questo la quinta é inglobata nella prima e la quarta nella seconda. 2) il neutro era il più visibile in un sistema bipartitico animato (masc fem) vs inanimato (neutro). Già nel tardo latino c'è un trasferimento dei nomi neutri al maschile. 3) caduta delle consonanti ad esempio la m cade e quindi perde senso la distinzione nella prima declinazione tra nominativo e accusativo. 4) in latino la quantità era un fattore pertinente a livello fonologico per questo esistevano coppie minime come (mela e male) malum<>malum . Nelle lingue romanze questa distinzione venne trasformata in una distinzione di timbro[ pesca<>p3sca]. La perdita di quantità portò alla caduta della distinzione tra nominativo e ablativo nella prima declinazione. Perse le desinenze dei casi era necessaria una strategia linguistica che ne ereditasse la funzione: ordine delle parole. In latino con il passare del tempo l'ordine si stabilizza e diventa fisso: S+V+O. L'ordine dei costituenti però non poteva coprire l'ampia gamma semantica delle declinazioni, per questo vengono riadattati altri costituenti come le preposizioni. • L’emergere delle forme perifrasiche nella coniugazione verbale: Nel corso dei secoli si è verificata una piu o meno drastica ristrutturazione del sistema delle coniugazioni verbali che ha portato tanto alla scomparsa di alcuni modi o tempi e all’emergere di modi o tempi del tutto nuovi. = emergere delle forme perifrastiche Forma perifrastica: molte costruzioni linguistiche non sempre omogenee funzionalmente e con processi storici differenti. Due fenomeni 1)futuro; 2) passato Ramat elabora un quadro generale dei processi evolutivi: - FUTURO Il futuro in latino era debole a causa della non presenza di forme definite per questo vengono elaborate forme alternative come la composizione infinito+habere. - CONDIZIONALE Il condizionale è effetto collaterale del successo dei futuri perifrastici infatti inizialmente era considerato come futuro anteriore attraverso la composizione di infinito+imprefetto di habere. - PERFETTO Prima esprimeva locuzioni sia natura temporale che aspettuale, con lo sviluppo delle forme perifrastiche si limita al temporale Concentriamoci ora su futuro e perfetto, forme che in seguito percorrono sviluppi assolutamente divergenti. Il perfetto inizialmente si colloca in un habere che indica possesso, e participio passato che indica la definizione del complemento oggetto. In seguito il participio si stacca dall'oggetto e diventa ausiliare del verbo. Il futuro ha origine da infinto+habeo. Perché? Prima di tutto nel latino c'era ordine OV quindi il verbo stava sempre dopo l'oggetto e l'ausiliare dopo il verbo. Passato: participio+habeo; futuro: infinto+habeo. Nelle lingue romanze l'ordine é invertito, VO, e anche l'ausiliare va davanti a V, ma mentre per il passato che si inverte per il futuro rimane uguale. Comrie nel 1876 osserva che i verbi con espressione temporale tendono ad avere costruzioni sintetiche e quelle aspettuali hanno costruzioni perifrastiche Date queste coordinate esponiamo una cronologia: Fase 1: dopo il collasso del futuro latino c'è il passaggio da uso modale (ho intenzione di cantare) a temporale (canterò) che porta a una sempre più forte coesione tra costituenti che man mano diventeranno le desinenze del futuro semplice. Fase 2: costituzione di un passato perifrastico che si affianca al perfetto latino togliendo il velo di ambiguità di quest'ultimo. Il passato prende valore aspettuale e il perfetto mantiene valore temporale. Fase 3: passaggio dall'ordine OV a VO Fase 4: il passato perifrastico abbandona l'aspetto aspettuale per quello temporale, ma mantiene il verbo habere come ausiliare, che non si trasforma in semplice prefisso. • Problemi di tipologia linguistica Analisi sincronica I gruppi di lingue in quest'ottica vengono definiti "tipi linguistici". Essi sono un insieme di caratteristiche e strategie comuni tra lingue che servono a risolvere i problemi imposti dalle necessità di comunicazione. Esiste una sorte di gerarchia tra queste caratteristiche, quindi per un lingua individuiamo una caratteristica che sta in cima alla gerarchia per cui dovremmo facilmente riconoscere gli altri suoi elementi secondo schema. • Fenomeni comuni: 1) tipologia ordine costituenti in frase dichiarativa assertiva Studi di Greenberg sull'ordine dei tre costituenti > SVO, VSO, VOS, OVS, SOV, OSV. 2) tipologia ordine costituenti in sintagmi adposizionale e nominale Greenberg in un altro studio individua due universali: - universale 3: Le lingue VSO sono sempre preposizionali - universale 4:Le lingue SOV sono postposizionali In pratica conoscendo la posizione dei tre costituenti possiamo prevedere se ci saranno preposizionali o postposizionali. Altri universali - universale 2: Nelle lingue con preposizioni il genitivo segue il nome reggente, nelle lingue postposizionali invece lo precede. - universale 5: Se una lingua é SOV, e il genitivo segue il nome allora anche l'aggettivo seguirà il nome. Oltre quindi a considerare ordine di 1) soggetto-oggetto; 2) oggetto-verbo; consideriamo anche 3) nome- aggettivo; 4) nome-genitivo. Considerandoli Greenberg da come risultante Il fatto che siano genealogicamente lontane ci fa dedurre che elementi di analisi di questo tipo siano da escludere. a. VO, PR, NG, NA (ebraico, aramaico, arabo..) b. OV, PO, GN, AN(/NA) (hindi, bengalese..) - Nel tipo A la testa è seguita dal complemento = abbiamo sempre ordine testa comlemento; - Nel tipo B le testa segue il complemento = ordine complemento testa. Questo però non vale per tutti i tipi, quindi non possiamo fare delle certe generalizzazioni. Da queste considerazioni possiamo dedurre che i tipi sono artifici teorici, strumenti di analisi e non realtà linguistiche. È perciò del tutto naturale attendersi che non esistano tipi puri tra le lingue storico naturali. • Individuazione di due sub-aree 1) AREA BALCANICA (sud est europeo) è l’area dove si concentra il maggior numero di lingue appartenenti a gruppi linguistici diversi: - Lingue isolate: neo-greco, albanese - Lingue slave: serbo- croato, sloveno, bulgaro, macedone - Lingue romanze: romeno - Lingue altaiche: turco - Lingue uraliche: ungherese - Minoranze: tedesco (gruppo germanico), italiano ( gruppo italico), armeno (isolato), giudeo spagnolo (gruppo italico) Nonostante questa varietà il territorio può essere diviso in due sub-aree: - di influenza greco-bizantina (Grecia, Albania meridionale, Serbia Bulgaria..) - Di influenza romano-germanica (Croazia, Slovenia e costa dalmatica) A questa divisione bisogna anche considerare il periodo di dominazione ottomana. L'isolamento, determinato dalla dominazione,dall'Occidente portò a condizioni di vita comuni e alla formazione di tratti linguistici comuni, in particolare per quanti riguarda neo-greco, bulgaro, macedone, serbo, albanese e romeno. Fonologia: Grecia, Serbia e Croazia hanno un sistema vocalico neo-greco ugual articolato da 5 vocali; Albania, Macedonia, Bulgaria hanno 6 vocali; Romeno ne ha nove. = È tipico di queste lingue avere un sistema vocalico pentavocalico Morfologia: coincidenza tra dativo e genitivo [in certe lingue c'è neutralismo a favore del genitivo e in altre c'è opposizione normale ], distinzione (parziale) del vocativo rispetto al nominativo, futuro perifrastico [volere+infinito], comparativo e superlativo analitico, numerazione particolare per decimali Sintassi: perdita dell'infinito e articolo post-posto[albanese, bulgaro, macedone, romeno] Lessico: derivanti da tradizione greca, turca ci sono tratti primari e tratti secondari: Queste comunanze sono state oggetto di molte teorie, molti studiosi pensano che dipendano dalle lingue di sostrato, altri che dipendano principalmente dal greco e in secondo luogo dalle altre. Altra ipotesi è l'esistenza di una grammatica astratta comune. 2) AREA DI CARLO MAGNO Formato da : - Lingue germaniche (tedesco, inglese, nederlandese), - lingue romanze (francese e italia settentrionale), - lingue celtiche, - lingue baltiche. Presenza di un comune lessico colto di matrice greca/latina: maggiore contributo dato dalla diffusione del cristianesimo, e influenza delle scienze e arti Presenza di comuni strategie nella formazione delle parole complesse che contribuiscono anche alla formazione di neologismi Somiglianze lessicali 1. Ordine dei costituenti in frase dichiarativa assertiva: SVO, tranne gallese che è VSO e turco che è SOV. Presenza di preposizionali e di genitivi post-nominali: tendenza ad ordine testa-complemento. Il turco in relazione a sopra fa l'incontrario 2. Uso di avere ed essere come ausiliari: l'uso ausiliare per la formazione di forme più complesse è tipico europeo, le lingue non indoeuropee, tranne il basco, non hanno il verbo avere 3.Presenza simultanea di articoli definiti e indefiniti: non tute le lingue hanno articoli definiti, ad esempio finnico(gruppo ugro-finnico) e turco(famiglia altaico) non lo hanno. Anche cinese (famiglia sinotibetana) 4. Carattere non pro-drop: ossia presenza non obbligata del pronome personale come in italiano. Mentre in italiano possiamo evitarlo perché la radice è seguita da una desinenza particolare per cui possiamo identificare un pronome singolo con essa. In francese nonostante ci siano differenti desinenze bisogna contare che la -s è muta a livello fonetico per questo è necessario il pronome. In inglese è obbligatorio. Es vero mangiare. 5.Agente e soggetto possono divergere: l'agente è colui che esercita controllo sull'azione e di solito converge con il soggetto della frase. In molte lingue però non è una prerogativa. Differenza: John opened the door with the key vs the key opened the door. 6. Forma passiva consente l'espressione dell'agente: nella frase passiva il soggetto non ha mai espressione di agente Somiglianze di sintassi Accordo delle forme finite del verbo con il soggetto: in maggioranza il verbo, nella sua forma finita, concorda con il soggetto, è il caso dell'italiano. In inglese abbiamo la distinzione-s di terza persona, ugro- finnico il verbo in sé ha relazioni con soggetto e oggetto. Paradigmi semplificati e di tipo nominativo-accusativo: tutte le lingue dell'area hanno conosciuto una riduzione dei casi. Si distingue il basco che ha l'arbitrarietà tra ergativo-assolutivo. Somiglianze di morfologia SAE> insieme dei tratti linguistici coinvolti nel processo di divergenza tra le varie lingue europee. L'analisi dei tratti comuni permette di comprendere come si è concretizzato lo scambio inter-linguistico: Ci sono lingue europee che si riconoscono in tutti questi tratti, alcune in posizione mediana e alte solo in pochi. La zona focale si concentra nella zona renana per questo viene definita la area di Carlo Magno. CAP4: CARATTERI ESSENZIALI GRUPPI LINGUISTICI INDEUROPEI DELL’EU CONTEMPORANEA • Lingue slave: Il gruppo slavo viene suddiviso in 3 sottogruppi : - slavo occidentale: si distinguono per l’esito [ ∫ ] dell’antico *x in luogo di [s] - slavo orientale: caratt peculiare è inserzione di un elemento vocalico all’interno di particolari sequenze consonantiche. - slavo meridionale Le somiglianze tra le lingue slave sono numerose, sopratttto ai livelli fonetico-fonologico e morfologico. Maggiori, invece, sono le differenze sul piano lessicale. Emerge cosi la mancanza di un elemento di coesione. Fonetica e fonologia: In termini gen le lingue slave si caratterizzano per un repertorio vocalico piuttosto scarno e per un inventario consonantico molto ricco. - in polacco merita tensione la resenza delle vocali nasali < > ed < >. La loro distribuzione è limitata: possono occorrere solo in opposizone finale di parola o prima di consonanti fricative. - Il sistema vocalico del serbo-croato prevede una serie di sottili distinzioni di base di tre parametri: posizione accento, tono e lunghezza. In sostanza, in una sillaba con vocale tonica, quest’ultima puo essere lunga con tono ascendente // lunga con tono discendente // beve con tono ascendete // breve con tono discendente. Morfologia: Rispetto alla categoria del nome, l’appartato morfologico dello slavo comune è ricco e articolato. Nella morfologia verbale, invece, solo un numero esiguo di categorie puo essere espresso flessivamente. In termini generali, la perdita di salienza da parte della categoria del tempo è compensata dal rinnovato vigore esibito dalla categoria dell’aspetto. ** aspetto sottolinea la struttura interna, sempre in chiave temporale. La distinzione cruciale nelle lingue slave è quella tra aspetto perfettivo e imperfettivo: - perfettivo: indica azione che vene considerata come un fatto compiuto - Imperfettivo: designa azioni che si svolgono in modo continuativo In generale possiamo paragonare questi due aspetti al nostro passato prossimo e imperfetto. Sintassi: VEDI CAP3 - russo: si afferma che il russo risponde i costituenti della frase dichiarativa assertiva senza obbedire ad alcun vincolo formale, ma rispondendo a condizioni di natura prgamatica = ogni combinazione produce una sequenza grammaticale e le differenze tra le stringhe possibili risiedono essenzialmente nelle sfumature pragmatiche associate alla loro interpretazione. Il principio che sovraintende alla costruzione delle frasi prevede che il tema venga collocato iu prima posizione, seguito dal rema che coincide con info nuova. - Serbo - croato: la posizione dei pronomi clitici è stata analizzata nella letteratura, in quanto essa pare contraddire un assunto cruciale degli studi linguistici, quello secondo cui ogni processo sintattico dipende dalla struttura gerarchica della frase, non dalla semplice successionelineare degli elementi. La disposizione dei clitici in serbo-cr sembra invece obbedire a un principio che non tiene conto in alcun modo delle relazioni interne alla frase: occupano sempre la seconda posizione nella frase. • Lingue baltiche: Le lingue baltiche attualmente parlate sul suolo europeo sono due, il lettonee il lituano. Fonologia e fonetica: Sistema vocalico, la lunghezza mantiene un carattere distintivo a livello fonologico. Le sequenze vocale + consonante nasale avevano dato origine a un micro sistema di vocali nasali che tuttavia con il trascorrere dei secoli ha a sua volta subito un processo di denasalizzazione. Per quanto riguarda l’inventario consonantico delle lingue baltiche, va rimarcato come solo il lituano conservi le fricative palato alveolari, che il lettone fa invece confluire nelle fricative alveolari. In lituano, il sistema consonantico prevede un’opposizione fonematica tra segmenti palatali e non prima di vocali posteriori. Per quanto riguarda i fenomeni di natura sopra segmentale, va rimarcato che la posizione dell’accento è libera il lituano, mentre è fissa sul segmento iniziale della parola in lettone. Morfologia: Rispetto alla declinazione nominale, il lituana ha mantenuto il sistema che si suppone fosse in uso già nella fase proto baltica e ciò mostra una configurazione piuttosto conservativa. La declinazione consta di sei terminazioni del caso, sia nel singolare che nel plurale: nominativo, genitivo, dativo, accusativo, Strumentale e locativo. Il letto non è, invece, a leggermente ridotto l’inventario delle desinenze casuali e distingue oggi cinque casi: nominativo, genitivo, dativo, accusativo e locativo. Tanto in lituano quanto in lettere il sistema del genere è imperniato sulla distinzione fra femminile e maschile, nel quale sono confluiti anche gli antichi nomi neutri. Per quanto attiene al verbo, il lituano dispone di marche specifiche per il presente, il futuro e il passato. Sintassi: Le relazioni sintattiche vengono codificate mediante le terminazioni casuali. Si può asserire che la sintassi baltica dei casi è assai conservativa, dato che conserva più arcaismi di ogni altra lingua indoeuropea contemporanea. In conseguenza dell’uso di un sistema di casi, l’ordine dei costituenti non ha la funzione primaria di indicare le relazioni sintattiche. Per quanto concerne il lessico, e facilmente prevedibile l’ampia presenza di elementi di provenienza slava. CAP5: I CARATTERI ESSENZIALI DRI GRUPPI LINGUISTICI NON INDEUROPEI DELL’EUROPA CONTEMPORANEI • Lingue turche: Distinzione tra: - turkish (lingua turca) lingua parlata in Turchia - Turkic (lingue turche) lingue appartenenti alla famiglia linguistica Morfologia e sintassi: Sul piano morfologico le somiglianze sono notevoli. A livello generale le lingue turche sono tutte di tipo agglutinante. Anzi nella letteratura scientifica il turco è la lingua più utilizzata per esemplificare il funzionamento dei sistemi agglutinanti. La maggior parte delle lingue in questione utilizza spesso il medesimo materiale linguistico nel processo di formazione di parola. Nella struttura interna delle parole complesse turche, notiamo che nelle sequenze di morfemi derivazionali o flessivi che seguono una base nominale non compare alcuna marca di genere. > il turco non dispone di mezzi morfologici per esprimere il genere nominale e pronominale. Una anomalia dei sistemi di accordo in turco sta nel fatto che la testa nominale non proietta sui propri modificatori (esempio gli aggettivi) né le informazioni legate al numero, né quelle legate al caso. In altre parole se un nome è preceduto da un numerali, non assume la forma plurale. Per quanto riguarda la morfologia verbale, ci si imbatte in un sistema articolato e di estrema complessità. Il turco ha la capacità di esprimere morfologicamente una gamma considerevole di sfumature semantiche. Es. la coniugazione di un verbo turco può prevedere fino a 60 possibili voci diverse per ciascuna delle forme indicate. Quanto attiene alla sintassi, il turco è una lingua in cui l’elemento reggente si colloca sempre a destra rispetto all’elemento retto. •Lingue mongole: il calmucco Il gruppo linguistico mongolo, considerato parte della famiglia altaica, è rappresentato sul suolo europeo dal calmucco, parlato nella repubblica di Calamucchia (Russia). Esso conta oggi circa 140.000 parlanti, che a seguito di successive ondate migratorie, hanno raggiunto la loro attuale collocazione partendo dall’Asia centrale attorno al XVII sec. • Dal punto di vista linguistico il Calmucco si conforma alle tendenze prevalenti tra le lingue non indoeuropee da Europa. • Per quanto concerne il livello fonetico - fonologico va posta in evidenza l’armonia vocalica. • Sul piano morfologico il calmucco, lingua agglutinante, dispone di una declinazione del tipo nominativo accusativo con nove terminazioni di casa. Per quanto attiene al verbo, dispone di un sistema in cui vengono marcati da desinenza specifiche l’aspetto, la voce, il modo e il numero. • Per quanto riguarda la sintassi, è una lingua SOV tipologicamente piuttosto coerente: dispone infatti di posposizioni e nel sintagma nominale privilegia nettamente le Sequenze a N e GN. Dal 1940, una versione leggermente modificata dell’alfabeto cirillico ha sostituito il tradizionale sistema di scrittura verticale oirat, di derivazione mongola.
Lo straordinario viaggio della nave Novara intorno al Mondo: Diario della prima e unica circumnavigazione della Terra di un vascello da guerra austriaco con il racconto dei luoghi visitati e le culture conosciute.
Diario del viaggio da Venezia a Costantinopoli fatto da M. Jacopo Soranzo al Sultano Murad III in compagnia di M. Giovanni Correr bailo alla Porta Ottomana descritto da anonimo che fu al seguito del Soranzo, 1575