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RIASSUNTO CAPITOLI – LA FILOLOGIA GERMANICA di M. V.

Molinari

CAPITOLO 2 (DA 2 A 2.2.2)

Con ‘germanesimo’ ci si riferisce al concetto di appartenenza di certe lingue ad un


determinato gruppo in base a elementi affini, mentre con ‘germanico’ ci si riferisce all’ambito
culturale. Le lingue definite germaniche sono l’inglese, il tedesco, il nederlandese, il frisone, il
danese, lo svedese, il norvegese e l’islandese. I primi documenti nelle lingue germaniche sono
comparsi attorno al XII-XIII secolo. Dalle somiglianze ben visibili di questi è possibile dedurre
che queste lingue derivino da una lingua antica comune. A questa conclusione arrivarono gli
storici dell’Ottocento tramite il metodo storico-compartivo. Mentre però le lingue romanze
abbiamo documenti che attestano l’esistenza del latino, il protogermanico è una lingua
ricostruita. Proprio per la mancanza di una tradizione scritta, vi sono anche problemi a
ricostruire la storia dei popoli germanici, per la quale possiamo solo fare riferimento a testi
antichi scritti da altri popoli su di loro (come Cesare, tacito e altri autori classici) o ai reperti
archeologici rinvenuti.
Secondo la tradizione etnografica greca le popolazioni abitanti il Nord Europa si
suddividevano in Celti a ovest e Sciti a Est, ma ancora non vi era molta chiarezza su quei
popoli. La prima considerazione dei “Germani” come unità etnica la sia ha nel De bello gallico
di Cesare, anche se successivamente gli storici smentirono alcune informazioni, in quanto a
volte esse risultano deformate dai suoi interessi politico-militari e dai luoghi comuni
dell’epoca, non mostrando infatti grande interesse per lingua e costumi. Importanti
informazioni ci sono state tramandate anche da Plinio e Tacito. Il primo parla dei territori
germani in Naturalis Historia, il secondo riporta nei suoi Annales della consapevolezza dei
germani di essere un’entità unitaria. Le informazioni restano però comunque scarse,
soprattutto a mano a mano che ci si allontana dal Reno. Questi popoli venivano comunque
generalmente descritti come un popolo fiero ed indipendente a stretto contatto con la
natura. A partire dal IV secolo si frantuma la visione unitaria dei germani e iniziano ad
affermarsi le singole popolazioni, si iniziano perciò a preferire denominazioni più precise per
riferirsi ad essi.
Le fonti a noi pervenuteci da Cesare e Tacito vennero accettate dogmaticamente fino
all’Ottocento, in cui l’archeologo Kossinna fornì un notevole processo di critica e
aggiornamento, e confermò la teoria di un popolo antico unitario. Egli ne identifica l’origine
preistorica nello Jutland. Il germanesimo (nell’unità culturale e linguistica) avrebbe
successivamente avuto origine tra le popolazioni costiere del Nord Europa della cultura
megalitica e le nuove popolazioni che portarono le tombe a tumulo, l’uso dell’ascia e gli
ornamenti a cordicella della ceramica. Questa nuova cultura unitaria si sarebbe mantenuta
fino all’età del ferro, quando inizia la loro espansione. La Tène fu una cultura caratteristica
dell’età del ferro che sviluppò il suo fulcro nella regione gallica e si estense dall’Inghilterra
meridionale, all’Italia settentrionale e al bacino del Danubio fino all’Ungheria. Testimonianze
archeologiche ci riportano che un tempo il Reno non era un confine geografico dato che si
trovavano gli stessi manufatto da entrambi i lati, dal I sec. D.C. invece a nord iniziano a
scomparire in favore di ‘facies’ più povera. Da lì il Reno diventa un confine culturale. Dopo La
Tène, in base ai diversi usi funerari, si distinsero tre grandi gruppi: i Germani dell’Elba
(Moravia e Danubio), Przeworsk (Older e Vistola) e Germani occidentali (Weser e Reno).

SOTTOCAPITOLO 2.2.4
Le prime testimonianze scritte delle lingue germaniche le abbiamo alla fine del II sec. D.C, con
l’alfabeto detto ‘runico’ (il futhark è la successione di tali segni). Il termine rùn aveva il
significato di ‘segreto’. Le documentazioni più antiche le abbiamo su oggetti ritrovati da
archeologi. Nel IV-V sec. Se ne ritrovano esempi in epigrafi su pietra. Nel mondo anglosassone
l’uso della scrittura runica durò più a lungo, fino al IX secolo. Nella genesi della scrittura runica
è stato fondamentale il contatto con altri alfabeti, come quelli prelatini, dovuto a connessioni
commerciali. Dopodiché venne impiegata per un uso magico ed oracolare. Il futhark antico,
adottato da quasi tutte le popolazioni germaniche, è composto da 24 segni, di cui poi ne venne
creata una versione semplificata di 16 segni nel mondo scandinavo. Il corno d’oro di Gallehus
(400 d.C.) presenta la prima testimonianza di frase di senso compiuto in runico: ek
HlewagastiR HoltijaR horna tawido (‘io H. di Holt feci il corno’). Esso, come tutte le altre
testimonianze, non presenta forme dialettali e fa uso di allitterazione.

CAPITOLO 3.1
Nella valutazione dei dati storici c’è bisogno di distinguere le notizie provenienti dall’epoca
precedente le grandi invasioni e quelle che riguardano direttamente i Germani come unità
culturale. Malgrado la lontananza geografica le popolazioni germaniche hanno sempre
mantenuto una vivace circolazione di motivi culturali, come la figura di Attila o la leggenda di
Teodorico, alla quale si accenna sia nell’elegia di Deor (anglosassone) e nel Carme di
Ildebrando (antico tedesco). Nella valutazione delle fonti c’è anche bisogno di considerare
l’influenza delle popolazioni latine e cristiane che hanno lasciato un grande impatto nella
mentalità e nei modi di espressione, oltre che nella visione che tali popoli avevano persino
nei confronti di loro stessi. La scrittura latina si diffuse infatti tramite la Chiesa, la quale
ostacolò tutti gli altri culti ‘pagani’, dei quali abbiamo infatti documentazione solo negli atti
giuridici che li reprimevano. La cultura barbarica ci è rinvenuta quasi solo nelle loro norme
giuridiche. Altre espressioni le troviamo in brevi frammenti poetici come il Carme di
Ildebrando e molto nella letteratura norrena (Islanda, refrattaria al cristianesimo fino al
1000). Le uniche fonti risalenti all’epoca anteriore alle invasioni le abbiamo sono con qualche
fonte greca, con Tacito e con Cesare.

CAPITOLO 3.2 (DA 3.2.1 A 3.2.7)


Cesare si soffermò sui costumi religiosi dei Germani, definendoli primitivi e dediti al culto degli
elementi naturali, in particolare del sole. Tacito in Germania fu invece più preciso e ne
descrisse il pantheon, identificando tre divinità maschili (identificate con Mercurio, Ercole e
Marte) e una femminile (Iside). Descrisse poi le pratiche di divinazione, i riti e i culti di alcune
popolazioni come i Semnoni.
Il dio in cui Tacito identifica il Mercurio è Odino (Wodan, da cui Wednesday > mercoledì), che
possiede una personalità assai complessa: da un lato è il custode della sapienza, dall’altro
ispiratore dello spirito bellico e del furore audace e irrazionale. Egli conduce gli eroi morti in
battaglia nel Walhalla, dove continuano a combattere. Ha la funzione di re e padre degli altri
dei.

Donar-Thor, chiamato Ercole da Tacito (dal germanico Thunær > tuono), in ambito romano
veniva identificato con Giove. Nei poemi è descritto come eroe fortissimo e benefico, uccisore
di mostri e giganti.
Tyr è identificato con Marte da Tacito, ma dall’etimologia si capisce che aveva probabilmente
un ruolo più importante di semplice guerriero, paragonabile anche Thor e Odino. Sono state
infatti trovate delle iscrizioni dedicate a Mars Thincsus (Marte dell’assemblea popolare), che
aveva la funzione di proteggere le assemblee giuridiche.
Nerthus era una dea trainata da un carro con due giovenche e portava pace e gioia ai popoli
a lei devoti. Il nome Nerthus torna anche se al maschile nella divinità capostipite dei Vani,
padre di Freya e Freyr. Nella mitologia nordica troviamo il mito della guerra e successiva
riappacificazione tra Vani e Asi (a questi ultimi appartiene Odino, Thor, ecc.). L’ipotesi più
attestata è quella che sostiene la supremazia della religione indoeuropea degli Asi che, di
natura dinamica e bellica, avrebbero avuto la meglio sui Vani.

L'incongruenza tra le testimonianze sui germani di Cesare, che li definisce primitivi, e quelle
di Tacito così dettagliate, vanno spiegate con più motivazioni. La prima è che i 200 anni di
differenza tra l’uno e l’altro hanno portato varie evoluzioni nel mondo germanico. La seconda
è che l’area germanica era molto estesa e le popolazioni molto frammentate. Era infatti
notevole la varietà di usi funebri sia in epoche vicine ma diverse, sia contemporanee (risalenti
all’età del ferro vennero ritrovate tracce di incinerazione e inumazione). Certe culture erano
poi influenzate da popoli vicini, tipo l’adorazione di certe divinità femminili (Matronae o
Matres) risalenti al culto celtico. Persino la figura di Odino cambia a seconda della locazione.
Nel mondo religioso germanico gli attributi delle divinità spesso si confondono e si
accavallano tra loro.
La venerazione della triade maschile e la predominanza di Odino sugli altri è una caratteristica
comune a tutti i Germani. Lo erano anche la pratica dei sacrifici, il culto dei boschi e delle
piante, la divinazione e la venerazione verso le facoltà profetiche delle donne. Gli dei venivano
chiamati attivamente ad agire nella vita degli uomini e a proteggere e approvare o meno le
attività giuridiche. La parola germanica god, di genere neutro, era collegata al senso di
‘invocare’, facendo riferimento all’essere indefinito inteso come potere chiamato ad
intervenire.

CAPITOLO 3.3 (DA 3.3.1 A 3.3.5)


Lo sviluppo di costumi e usanze simili o identici può capitare anche tra culture diverse e
distanti. Questo può accadere non solo per una conservazione di un sistema più antico, ma
anche per delle esigenze e premesse affini, che portano allo stesso risultato. Delle popolazioni
a nord Europa infatti svilupparono certi aspetti simili ai popoli germanici.
La famiglia nella società germanica veniva chiamata ‘Sippe’ e veniva intesa in senso più ampio
di quello occidentale moderno. Essa si costruiva sul legame creato da un antenato comune.
L'appartenenza alla stessa Sippe vincolava gli individui coinvolti a tutelarla e mantenere la
pace al suo interno. Quando veniva fatto un torto ad una persona di una Sippe, venivano
coinvolti anche tutti gli altri individui. Quando avveniva un omicidio, si poteva scontare
uccidendo a sua volta l’assassino o un membro della sua Sippe, in maniera interscambiabile.
Il ruolo femminile e quello maschile avevano pari importanza (anche se diversi ruoli) e questo
viene testimoniato dalla presenza di parole diverse e apposite per descriverli.
A fianco della Sippe, coesisteva la realtà del comitatus, ovvero gruppi di uomini legati
volontariamente tra loro da un patto tra capo del comitatus (principes) e membri (comes). Il
primo doveva garantire protezione e agio, i secondi dovevano promettere fedeltà assoluta e
combattere per accrescere la fama del capo (rapporto simile a quello tra signore e vassallo
del mondo franco). Quindi se la Sippe puntava al benessere comune, il comitatus spronava lo
sviluppo individuale, per cercare di distinguersi come guerriero ed entrare tra i favoritismi del
capo.
Dal punto di vista economico gli anni tra la testimonianza di Cesare e quella di Tacito sono
stati di grande sviluppo per i Germani, dove subentra il possesso di beni come simbolo di
ricchezza e non più solo i capi di bestiame. Ciò spinse all’indebolimento della struttura
familiare agraria in favore di strutture sociali più dinamiche e complesse. Si inizia a creare una
sorta di stato, rappresentato dall’assemblea dei sacerdoti, che prendono decisioni e
gestiscono le assemblee. Anche se per i reati più lievi resta il comitatus. Il ruolo di leader del
comitato non si riceveva per eredità familiare, ma per merito. C'era poi la figura del re (reges)
che veniva eletto dall’assemblea e che svolgeva principalmente una funzione sacra, doveva
assecondare il volere degli dei e guidare secondo questi i destini del popolo.

Tuttavia, a seconda della locazione variavano un po’ i ruoli del re e la struttura sociale.
Nell'area settentrionale abbiamo testimonianze di un’oligarchia intertribale, mentre più tardi
ad occidente si notano le prime suddivisioni in vere e proprie classi sociali. L’esistenza di
schiavi è invece un tratto comune a tutti i germani. I Sassoni avevano tre classi di liberi:
nobiles, liberi e liberti. Ritroviamo la stessa suddivisione con nomi diversi tra i Frisoni e gli
anglosassoni.

CAPITOLO 4
Il ‘protogermanico’ è una lingua ricostruita tramite processi di comparazione tra le lingue
germaniche derivate, che a sua volta è stata inserita nel gruppo indoeuropeo per la presenza
di numerose caratteristiche in comune. C'è da notare che questo processo di comparazione
ha implicato numerose forzature, come la comparazione di testi di lingue simili in secoli diversi
(che potrebbe falsare in certi tratti il risultato), tuttavia sono innegabili somiglianze
morfologiche e fonologiche che ne accertano la parentela.
I linguisti si sono concentrati spesso sul fenomeno del mutamento linguistico, che essendo
questa una lingua ricostruita, si dimostra ancora più complicato da spiegare. Il metodo
strutturale ha però dato un contributo fondamentale alla descrizione di tali fenomeni,
introducendo il concetto di sistema, in cui si analizzano i legami ed elementi affini nel loro
complesso (fonologia e grammatica non vengono più studiati separatamente). Alla base di
tutto questo continuano i metodi di comparazione e ricostruzione, ottenendo risultati
proficui.
In tutte le lingue germaniche vi sono stati trovati tratti indoeuropei e tratti innovativi che le
distinguono. Le caratteristiche indoeuropee sono: struttura flessiva (suffissi e desinenze
applicati alla radice), il mantenimento del sistema fonologico di tre serie consonantiche
(stesso modo di articolazione delle tre serie di occlusive), utilizzo dell’apofonia (modificazioni
vocalismo radicale per esprimere funzioni grammaticali), mantenimento del sistema
pronominale, mantenimento di gran parte del lessico (soprattutto i numerali) e il sistema di
formazione di nuove parole mediante derivazione e composizione di più lessemi.

Le caratteristiche proprie alle lingue germaniche sono invece: trasformazione dell’accento


(passa da essere libero a essere fisso sulla sillaba radicale), la confluenza dei fonemi (ad
esempio da /a/ e /o/ corte nella sola /a/ corta oppure da /a/ e /o/ lunghe in /o/ lunga e ancora
la scomparsa della /n/ nel nesso /nh/ quando preceduto da vocale, trasformando
quest’ultima in vocale lunga), l’evoluzione delle sillabic consonant (l, r, m, n) in /ul/ /ur/ /um/
e /un/, sviluppo del sistema apofonico dei verbi forti, la rotazione consonantica o legge di
Grimm (ovvero /p, t, k, kw/ > /f, þ, h, hw/, poi /b, d, g, gw/ > /p, t, k, kw/, poi /bh, dh, gh, gw/
se in posizione iniziale o dopo nasale > / b, d, g, g(w)/, mentre le stesse /bh, dh, gh, gw/ in
posizione interna /ƀ, đ, ǥ, ǥw/, e infine /p,t,k/ e /s/ > / v, ð, / e /z/ quando si trovano in
ambiente sonoro e se non sono precedute da accento), semplificazione delle declinazioni,
riduzione delle categorie verbali a due tempi e tre modi.
Il passaggio dal protogermanico alle lingue germaniche è stato lungo e complesso, pertanto
è stata proposta una suddivisione cronologica in due o fasi di evoluzione: quella più antica è
detta generalmente ‘protogermanico’ e la più recente ‘germanico comune’. Coetsem invece
divide in due periodi dove al primo si attribuiscono le leggi di Grimm e Verner, nel secondo la
rivoluzione del vocalismo con l’intervento della metafonia (processo di adeguamento del
vocalismo radicale al timbro die suoni successivi. Per quanto riguarda le vocali lunghe c’è da
tenere in conto la comparsa di una /e/ lunga dal comportamento diverso da quella già
presente di origine indoeuropea. I mutamenti fonetici del secondo periodo non presentano
sempre una realizzazione uniforme in tutti i dialetti.
Riguardo quindi alla cronologia evolutiva del protogermanico, la rotazione consonantica è
considerata il mutamento più antico. Il primo documento linguistico attribuito al
germanesimo, proprio per la presenza della rotazione consonantica, è l’iscrizione sull’elmo B
di Negau (I sec. d.C.). Gli studiosi hanno constatato che mentre le parole latine entrate nel
germanico sono senza rotazione consonantica e quindi entrate solo dopo che questo
mutamento si era concluso, i prestiti di origine celta sono stati acquisiti precedentemente o
durante l’evoluzione consonantica, in quanto dimostrano di averla subita. Quindi dato che i
contatti col celtico dovrebbero essere avvenuti nel VI-V sec. a.C., questa data viene
considerata l’inizio del mutamento.
Riesaminando le corrispondenze del germanico con i dialetti, Porzig sottolinea l’antichità delle
relazioni con le lingue baltiche e slave, mentre Cemodanov tenta di stabilire tre fasi
successive, dove nella prima vi è il contatto del germanico con le lingue baltiche, nella seconda
con quelle italiche e nella terza con i celti.
Nello studio delle lingue germaniche è importante tenere presente che l’antico concetto di
unità linguistica germanica vada preso in modo relativo, in quanto soprattutto nel lessico,
sono evidenti i contatti che le singole lingue hanno intrattenuto, che hanno portato a rilevanti
differenziazioni l’una dall’altra.
Esistono poi particolarità di alcuni dialetti germanici che non sono dovuti alla differenziazione
successiva dalla fase unitaria, bensì sono tratti isolati che esistevano già prima della fusione.
Non è neppure ipotizzabile un momento cronologico in cui gli elementi caratteristici delle
lingue germaniche sano stati presenti contemporaneamente in tutti i dialetti. Ciononostante,
è verosimile pensare che prima dell’unione in protogermanico, i vari dialetti fossero già in
rapporti molto stretti. Riguardo alle aree geografiche occupate dai parlanti delle lingue
germaniche durante la loro unità abbiamo dati di Wenskus che affermano la loro residenza
nel territorio dall’Oder alle foci del Reno, alla Scandinavia meridionale.

Nello studio delle lingue esiste sempre la possibilità che, soprattutto in lingue affini, la stessa
innovazione posso apparire senza influsso di un dialetto sull’altro, ma la situazione più
comune è la supposizione che la presenza di una serie di isoglosse possa rispecchiare un certo
periodo di vicinanza geografica.

Ci sono isoglosse comuni tra il gotico e l’antico nordico, tuttavia gli sviluppi comuni alle lingue
germaniche settentrionali e occidentali (che escludono il gotico) sono assai rilevanti.
L'esclusione del gotico può dipendere dal fatto che la sua documentazione si arresti prima
delle altre. Le corrispondenze più significative sono quelle del gruppo di lingue cosiddette
‘ingevoni’, ovvero l’anglosassone, il frisone e sassone continentale. Di contro delle isoglosse
accomunano il gotico all’antico alto tedesco.

La classica tripartizione delle lingue germaniche in Orientali, Settentrionali e Occidentali


deriva da Schleicher e tutt’oggi è stata mantenuta. Vi è però un’altra proposta bipartita su
base etnografica offerta da Scherer, per il quale a un germanesimo occidentale si
contrapponeva un germanesimo orientale (Goti e Germani settentrionali). Khun invece
sostiene che i Goti, una volta distaccati dalle sedi settentrionali, si sarebbero stabilita intorno
al Baltico e al Mare del Nord un’unità tra nordico e germanico occidentale. Sreintberg
suddivideva il germanico occidentale in anglofrisone e tedesco, da cui sarebbero derivati Alto
e Basso tedesco. Maurer identifica in Erminones con i Germani dell’Elba (Alemanni e
Bavaresi), gli Ingaevones con i Germani settentrionali e gli Istaevones con i Germani della
Weser e del Reno, ma demolisce il concetto di germanico occidentale come unità culturale.
Quindi lo schema finale: i Goti si staccano dal settentrione e hanno contatti con i Germani
dell’Elba (ecco influenze tra gotico e alto tedesco antico), le lingue nordiche e occidentali
continuano l’evoluzione congiuntamente fino all’età delle migrazioni e infine all’epoca
antecedente la conquista della Britannia di Angli, Sassoni e Juti risalgono le basi delle lingue
ingevoni. Dopo lo spostamento di Bavari e Alemanni dalle sedi dell’Elba nella Germania
meridionale, inizia l’espansione verso nord dei fenomeni linguistici tedesco-meridionali, che
provocherà una ritirata delle caratteristiche ingevoni conservate nel territorio tedesco
settentrionale.

CAPITOLO 6 (DA 6.1 A 6.2.5)


Il periodo anglosassone va dall’emigrazione di Sassoni, Juti e Angli (V sec.) alla conquista
normanna (1066). La lingua e la cultura mantengono caratteristiche germaniche ma in questo
periodo subiscono una forte influenza dal sostrato celtico, latino, scandinavo e dai contatti
con il continente.
Quando i Germani sbarcarono in Britannia, trovarono i celti cristiani e a nord Pieti e Scoti
ancora pagani. L'Irlanda era già tutta cristianizzata. Lo storico Beda in Historia Ecclesiastica
gentis Anglorum racconta che i Germani arrivarono in Britannia come mercenari provenendo
dalla Danimarca, iniziando ad occupare l’isola da nord a sud, tranne la Cornovaglia e il Galles,
rimaste in mano ai Celti. Della cultura dei popoli precedente all’invasione si sa ben poco, si
possono fare delle ipotesi sull’evoluzione dell’anglosassone pensando che abbia mantenuto
qualche caratteristica dei popoli indigeni come la tendenza alla palatizzazione, ma non vi sono
fonti certe.
Nel VI sec. gli anglosassoni dividono le terre in un'eptarchia (7 regni): regno del Kent, tre regni
del Sussex, Essex, Wessex, regni della Mercia, Anglia orientale e Northumbria. Nel VII i monaci
irlandesi diffusero molto la religione cristiana in gran parte dell’Inghilterra. La conversione
degli anglosassoni avvenne con relativamente moderata violenza. Con l’azione di Carlomagno
e Alculino la tradizione cristiana, ma anche l'insegnamento del greco, latino e testi biblici,
vennero diffusi in Occidente. In Inghilterra lo studio della tradizione biblica si raffina e la
poesia di ispirazione cristiana assume un’espressione nuova.
Il periodo tra il VIII e il IX sec. fu violento per gli anglosassoni a causa delle invasioni Vichinghe
a nord dell’isola. L'abbazia di Lindisfarne viene distrutta nel 793 e così molte altre. A sud i re
del Wessex riescono ad opporsi e con il Regno di Alfredo il Grande si instaura un periodo di
relativa pace, riuscendo a sconfiggere i Danesi e a stipulare con loro il trattato di Wedmore.
Alfredo stimolò l’attività culturale e letteraria del regno, spinse alla stesura di un nuovo codice
di leggi, promosse la redazione della Cronaca Sannone e promosse la traduzione in inglese di
importanti testi medievali.
Dopo Alfredo ripresero le guerre con i Danesi, tuttavia la tradizione culturale monastica venne
ripresa dal diffondersi dello spirito della rinascita benedettina. Si diffuse infatti la regola di S.
Benedetto che spronava l’aspetto attivo della vita monastica piuttosto che quello ascetico.
Questo aspetto andava contro il pensiero della tradizione cristiana irlandese e portò a
numerosi scontri. La situazione di contrasto si sciolse nel Sinodo di Whitby, dove il re Oswin
della Northumbria proclama la data romana della Pasqua, da quel momento tutti i monasteri
adottarono la Regola Benedettina.
Il VIII secolo in Northumbria nasce la poesia in volgare. Nella prima metà del secolo Beda
scrisse Historia Ecclesiastica gentis Anglorum e i ‘Commenti’ alle Scritture. Anche Alcuino fu
una figura di spicco, il quale scrisse numerosi manuali grammaticali e filosofici di carattere
didattico. Egli venne chiamato da Carlo Magno per aiutarlo nella riorganizzazione scolastica.
L'omelia e l’agiografia furono i generi più coltivati dell’epoca e la prosa inglese era ormai
entrata agevolmente nell’uso letterario. L'invasione dei Normanni, di origine scandinava ma
di lingua e cultura francese, pose fine al periodo propriamente anglosassone. La battaglia di
Hastings pose sul trono Guglielmo il conquistatore e diede inizio all’insediamento della nobiltà
feudale. La tradizione inglese perse importanza e venne conservata solo in poche zone
dell’isola. Rinasce così la lingua inglese, totalmente ristrutturata dall’acquisizione
dell’elemento romanzo.
La lingua scritta anglosassone entrò piuttosto in fretta nell’uso comune rispetto alle altre
lingue germaniche. I primi testi erano in alfabeto runico, riadattato ai suoni inglesi. Beda
racconta che il re Ethelbert fece mettere per iscritto in anglosassone le leggi del Kent e il poeta
Caedmon scrisse poemi di ispirazione cristiana usando l’inglese, lingua con cui solitamente si
scrivevano testi profani.
I più antichi documenti di poesia epica anglosassone sono due inni: i nove versi in cui si canta
la gloria del Creatore (di Caedmon) e il canto di morte in cinque versi (di Beda). Il grosso della
poesia anglosassone è contenuto in quattro codici: il manoscritto Junius XI, l’Exeter Book, il
Vercelli Book e il Codice Cotton Vitellius A XV (contenente il Beowulf, risalente alla metà del
700).
La poesia eroica è rappresentata principalmente dal Beowulf, eroe liberatore che sconfigge il
male. Il poema è di origine scandinava, ma risente dell’epoca classica e della morale cristiana.
Nei poemi caedmoniani di argomento cristiano Dio viene rappresentato come re vittorioso e
Mosè come un valoroso condottiero germanico. I suoi più antichi poemi, Esodo e Genesi,
dovrebbero risalire all’VIII secolo.

In periodo altomedievale era rara la firma dell’autore sulle proprie opere letterarie. Ne
abbiamo pochissimi esempi, tra cui Cynewulf, di cui sappiamo pochissimo. Le sue poesie
spaziano in più argomenti in confronto a Caedmon, come il Nuovo Testamento e le vite dei
Santi. Si tratta di un approccio più complesso alla materia religiosa. Nell’ambito della poesia
di ispirazione importante furono i componimenti dell’Exeter Book, detti Elegie.

Il verso germanico si compone di due emistichi separati da una cesura, ma legati da


allitterazione. Il suono allitterante può essere una consonante o una vocale. Ogni emistichio
comprende due tempi forti e due tempi deboli. I primi accentati e i secondi no o debolmente
accentati. Altro elemento comune nel verso germanico è la variazione, ovvero la ripetizione
dello stesso concetto con aggettivi che precisano particolari già evocati. Frequente è anche
l’uso dei kenningar, nomi composti che designano l’oggetto tramite un termine traslato (ad
es. ‘corsiero del mare’ = nave).
CAPITOLO 7 (DA 7.1 A 7.3.2)
Il termine theodisk che corrisponde a ‘tedesco’ si riferiva esclusivamente alla lingua, ovvero
quella volgare delle popolazioni germaniche in contrapposizione al latino, mentre non fa
riferimento alla cultura o alla politica.
Da un punto di vista cronologico possiamo riconoscere nella storia della lingua tedesca tre
periodi: antico (grande frammentazione di dialetti), medio (si afferma una lingua letteraria
omogenea) e moderno (quello risalente ai giorni nostri). Nel periodo antico la grande varietà
di dialetti può venir divisa in due gruppi: bassi tedeschi (settentrionali) di cui fanno parte
basso francone e sassone, e alto tedeschi (meridionali) suddivisibili a loro volta in centrali e
superiori, di cui tra i primi ci sono medio francone, francone renano e francone orientale e tra
i secondi l’alemanno e il bavarese. I dialetti franconi sono suddivisi secondo il criterio della
seconda rotazione consonantica. Il basso francone infatti non riscontra tale criterio, mentre
il francone centrale solo parzialmente e l’alto francone completamente.
È importante ricordare che il termine ‘germanico’ non è uguale a ‘tedesco’, in quanto
quest’ultimo fa riferimento alle popolazioni ad est del Reno (alemanni e bavari) che si
stanziarono definitivamente in Germania tra il V e il Vi secolo e che ben presto caddero sotto
l’influenza del regno dei Franchi. La maggiore figura riguardo all’opera di cristianizzazione
della Germania fu S. Bonifacio, che attuò un’azione di evangelizzazione sistematica e
completa.

Carlo Magno fu fondamentale per la diffusione della cultura e del cristianesimo in Europa. Le
sue azioni furono importanti per la raccolta e lo studio di testi antichi. Alcuino era tra i dotti
di spicco della sua Accademia. Con l’intento di diffondere il più efficacemente possibile i testi
liturgici, venne fatta un’opera di rivalutazione della lingua volgare, che fu fondamentale per
la nascita di una cultura scritta in lingua tedesca. L'opera utilizzo del volgare scritto continuò
anche dopo la morte di Carlo, come nel caso dello Heliand, composto in sassone, o il Muspilli
(sul Giudizio Universale) o il poema sulla vita di Cristo di Otfrid.
Dopo la morte di Carlo Magno la Germania cade in mano alla nobiltà (gran ducati). Il re Enrico
di Sassonia assume la corona del regno dei Teutoni (e non più dei Franchi), quello che poi
diventerà il fulcro del Sacro Romano Impero. Con tale regno si rafforza il legame romano-
germanico: il poema Waltharius scritto in latino parla di materia germanica. Intorno al XI
secolo la lingua volgare tedesca non viene più usata solo in campo didattico e liturgico, ma si
estende. Fu determinante l’apporto innovativo di Notker allo sviluppo della prosa tedesca e
la precisione nell’introdurre innovazioni lessicali riguardanti spesso complicati termini
astratti.
La documentazione dei testi tedeschi antichi si presenta frammentaria sia per la lingua che
per molti altri fattori. Questo perché nel periodo altomedioevale gli scontri tra singoli stati
aveva impedito la formazione di un potere accentrato unificante. La tarda affermazione del
tedesco è dovuta anche alla mancanza in alto medioevo di una tradizione scritta sopra
dialettale e di usi grafici univoci. Solo in epoca medio-tedesca con l’affermarsi della civiltà
cortese e di una nuova tradizione letteraria si instaura una vera lingua sopra dialettale
nazionale.
L'unico testo pervenuto di tradizione germanica antica è il poemetto Carme di Ildebrando, che
parla di padre (Ildebrando) e figlio, che scoprono la reciproca relazione parentale in duello.
Nel poemetto è presente l’allitterazione e un misto fonologico tra lingue probabilmente
dovuto alla sovrapposizione di tradizioni grafiche. Della stessa epoca è stato ritrovato un
esempio di poesia lunga, lo Heliand, poema in sassone sulla vita di Cristo. Altro poema sassone
è la Genesi. Altra poesia allitterante venne ritrovata in benedizioni e formule magiche, come
lo Wodan, magia per far guarire i cavalli dalle slogature.
Il primo lavoro di traduzione in ambito tedesco è rappresentato dalle glosse ai testi latini e
dai glossari, tra cui il Vocabolarius S. Galli e Abrogans, traduzione di un dizionario di termini
latini.
L'opera più importante in antico tedesco risale al IX secolo, che tratta di elaborazione di
materia evangelica, il Liber evangeliorum di Otfrid. Questo autore usava la rima finale e
schemi metrici latino-romanzi, per dare dignità si temi trattati pur usando la lingua francone.
L'allitterazione e la variazione vengono mantenuti, seppur disciplinati dalla metrica. La stessa
metrica è stata usata anche in testi come Ludwigslied e Georgslied.
Nonostante la pluralità dialettale tedesca del periodo, possiamo affermare che per motivi
politici e culturali i dialetti franconi hanno prevalso nel quadro linguistico.
Ogni testo in tedesco antico presentava caratteristiche diverse dagli altri, dipendenti dal
monastero di provenienza. La comparazione tra testi della stessa scuola ma distanziati nel
tempo permette di osservare l’evoluzione di quel determinato dialetto. Le variazioni grafiche
rivelano mutamenti che spesso erano già avvenuti nella lingua parlata sincrona, ma ancora
non registrati. Alcune variazioni poi non sono da attribuire ad un’evoluzione spontanea ma
da sovrapposizioni dialettali, come nel caso del Muspilli scritto in bavarese, che presenta
tracce di francone meridionale o il Carme di Ildebrando che mescola elementi basso tedeschi
e alto tedeschi.

CAPITOLO 9 (DA 9.1 A 9.3.4)


L'introduzione della tradizione manoscritta risale nel mondo nordico in epoca piuttosto tarda
(ad esempio in Islanda e in Norvegia nel XII secolo), posteriormente all’introduzione del
Cristianesimo.
Gran parte della produzione letteraria in nordico antico proviene dall’Islanda e dalla Norvegia.
Di Svezia e Danimarca abbiamo solo documenti giuridici. Col ‘antico nordico’ si fa riferimento
alla lingua letteraria usata in mondo nordico fino al XIII-XIV secolo. Essa può essere divisa in
tre periodi: periodo runico (da V a IX secolo) caratterizzato dal futhark antico usato nelle
iscrizioni runiche, il periodo vichingo (da IX a XI secolo) con iscrizioni runiche in alfabeto
ridotto (futhark recente) e il periodo nordico classico o norreno (da XI a XIV secolo) dove
risale tutta la documentazione manoscritta e quando il nordico si identifica con islandese e
norvegese antico. Nell'epoca successiva il Danese avrà grande influenza nel mordo nordico,
soprattutto in Norvegia, dove diventerà dopo il XIV secolo lingua ufficiale.
I Vichinghi con il loro dinamismo portarono il mondo scandinavo dall’estremo occidente alla
Russia, influenzando l’area politica e culturale europea. Dominarono Islanda e isole
britanniche incontrando civiltà celtica e anglosassone, che alimentò la letteratura norrena. La
colonizzazione dell’Islanda portò alla conservazione dei tratti arcaici nel mondo nordico. I
sovrani settentrionali rispettavano infatti i costumi delle piccole comunità autonome.

Una delle più grandi trasformazioni culturali e sociali del ondo nordico antico è dovuta
all’introduzione del Cristianesimo. Le nazioni germaniche occidentali (inglesi e tedeschi)
svolsero da mediatori per l’introduzione della civiltà latino-cristiana verso nord. Con tale
introduzione si afferma il latino come lingua letteraria. La concorrenza del latino nei confronti
delle lingue locali avvenne soprattutto nel continente, dove ad es. lo storico Saxo
Grammaticus scrisse in prosa latina Historia danica. L'Islanda invece non venne influenzata
particolarmente dalla lingua, mantenendo il norreno.
La produzione scritta in nordico era principalmente composta dalla poesia eddica e la poesia
scaldica, oltre che una prosa di carattere storico e narrativo che ebbe la sua espressione
migliore nelle saghe.
La poesia eroico-mitologica è contenuta in gran parte nel Codex Regius, denominato dal suo
scopritore Edda (anche detta Edda poetica). Altrettanto importante è l’opera omonima (Edda
in prosa) scritta da Snorri Sturlson che fa riferimento al Codex Regius. L'Edda poetica è
composta da 29 canti anonimi, di cui il primo è la Voluspa, che parla della creazione mitologica
del mondo e della previsione del ragnarok (fine dell’Universo). Il racconto che segue,
Havamal, presenta una serie di massime e consigli di vita. La prima parte della raccolta è
dedicata agli dei, mentre la seconda contiene carmi eroici. Il riferimento al cristianesimo non
è esplicito ma in alcuni carmi vi solo allusioni ad esso.
La poesia eddica riguarda quindi la cultura tradizionale nordico-islandese, mentre quella
scaldica rappresenta l’aspetto attuale (ciò che accade nelle corti e i valori connessi ad esse).
La poesia scaldica non è anonima, i poeti scrivono di mestiere. Lo stile è descrittivo e sono
spesso impiegate variazioni sinonimiche e kenningar.
La poesia nordica è suddivisa in strofe, che costituiscono un’unità stilistica e concettuale.
Tipica della tecnica scaldica è anche la libertà di esposizione delle parole nella frase, pur
obbedendo alle rime e alle assonanze e utilizzando kenningar così ricercati da poter essere
compresi solo da un pubblico estremamente colto.

Nella prosa norrena hanno rilievo opere storiche che raccontano tradizioni e avvenimenti,
come l’immigrazione in Islanda e la colonizzazione. Lo stesso avviene nelle Saghe islandesi,
dove però lo stile è più libero e ricco delle suddette. Notiamo dunque oltre alle classiche saghe
di tradizione locale, una produzione in prosa che si allaccia alle caratteristiche dell’Europa
continentale.

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