Sei sulla pagina 1di 87

MARINO FRESCHI.

STORIA DELLA LETTERATURA TEDESCA.


ENCICLOPEDIA TASCABILE IL SAPERE.
NEWTON.

INDICE.
Le origini, il Medioevo e la Riforma.
Le origini: il limes quale destino tedesco.
Letteratura pagana e cristiana.
L'età cortese.
I mistici.
Umanesimo e Riforma.
Il Barocco.
Pietismo e Illuminismo.
L'età di Goethe.
I romantici.
L'Ottocento.
Il Novecento.
Il primo Novecento in Germania.
La letteratura austriaca del fin-de-siècle e del primo Novecento.
Praga.
La letteratura tedesca dopo il '45.
La letteratura della DDR.
La letteratura austriaca del secondo Novecento.

1. Le origini il Medioevo e la Riforma.

LE ORIGINI: IL LIMES QUALE DESTINO TEDESCO.

La letteratura tedesca affonda le sue radici nel mondo delle antichi-


tà germaniche. I germani facevano originariamente parte della co-
munità linguistica e culturale indoeuropea e avevano occupato, du-
rante il lento e graduale passaggio dal nomadismo alla fase stanziale,
nell'Europa centrale e settentrionale quel vasto territorio delimitato
dal Reno, dal Danubio, dalla Vistola, dai mari nordici e dalle Alpi.
Premuti da altri popoli - tra cui gli slavi e poi gli unni - si spostarono
verso Occidente e verso Meridione, insidiando il sistema di difesa
dell'Impero romano che, dopo una erosione secolare, venne tr avolto
dalla «calata dei barbari» o - per usare la definizione della storiogra-
fia tedesca - dalla «migrazione dei popoli». Il contatto con Roma fu
di duplice segno: da una parte i germani erano gli invasori vittoriosi
che occuparono ampie zone dell'impero, mutandone le caratteristi-
che culturali, creando i regni romano-barbarici, da cui sorsero le na-
zioni dell'Europa moderna. D'altro canto i germani subivano il pro-
fondo fascino della grandezza civile, culturale e spirituale di Roma.
Carlo Magno, il più prestigioso sovrano della monarchia franca, volle
restaurare nell'800 I'impero, ancorandolo alla nuova fede cristiana. E
fu proprio il re dei franchi che per motivi di potenza ed equilibrio po-
litico promosse la cristianizzazione forzata, ottenuta con la violenza
esercitata sulle tribù sassoni, le più caparbiamente riottose ad ade-
guarsi all'egemonia franca. Per attuare siffatto disegno Carlo e i suoi
successori si basarono sul potere intimidatorio delle armi, nonché
sull'apostolato dei monaci irlandesi, i quali misero in atto una pun-
tuale operazione di sradicamento delle antiche tradizioni
tra dizioni religiose.
Il processo di cristianizzazione venne più facilmente accettato da
quelle comunità che per secoli erano state a contatto con la romanità.
L'impero aveva operato la prima spaccatura dell'unità culturale delle
tribù germaniche con il limes, con la romanizzazione cioè della Rena-
nia e delle zone alpine. E il limes divenne un confine di cultura e di
colture (si pensi alla coltivazione delle vigne) che scorre ancora oggi
all'interno della Germania. Le province al di sopra del limes alimen-
tarono un irrisolto risentimento antiromano, anticattolico e infine
antioccidentale. La storia tedesca nasce con una duplice divisione che
Sl npercuote in tuttl gli ambiti culturali, facendo della Germania il
paese plU difficilmente unificabile tra le nazioni europee, come dimo-
stra l'esistenza dell'Austria, nazione di lingua tedesca compattamen-
te cattolica, e della Svizzera tedesca, la cui conformazione geografica
a influito a creare una ben precisa specificità anche culturale.
L'estirpazione delle tradizioni ha prodotto un sottofondo cupo e oscu-
ro: I'antico paganesimo si scavò i suoi canali di trasmissione nel fol-
c ore, nell'immenso patrimonio delle favole, leggende, canzoni
ca nzoni popo-
lari - Lieder -, che, negati o marginalizzati per secoli, riaffiorarono, a
mo di fenomeno carsico, nei secoli fino a quella tragica riapparizione
ei simboli neopagani nell'immaginario nazionalsocialista.

LETTERATURA PAGANA E CRISTIANA.

Dell'antico patrimonio pagano si conservarono schegge preziose


come gli scongiun magici, scoperti nel 1841, nella biblioteca capitola-
re di Merseburg, trascritti nel x secolo - probabilmente da un mona-
co- sulla pagina di un codice latino. Tali fonmule magiche trasmetto-
no un'emozionante esperienza della cultura pagana ancora pervasa
da un sentimento di unità cosmica che legava l'uomo alla natura.
Un'altra reliquia di quel mondo, così drasticamente tramontato, è lo
Hildebrandslied (11 canto di Ildebrando): l'unico poema eroico ger-
manico che ci è stato tramandato. La trascrizione, che ci è pervenuta
all'inizio dell'Ottocento, è presumibilmente opera dei monaci di Ful-
da, uno dei grandi centri monastici della Germania. Il carme è incen-
trato su un evento tragico, legato all'ethos guerriero dei germani e
all'immenso esodo verso Sud; le gesta narrate riguardano le lotte tra
i goti di Teodorico e gli eruli di Odoacre. Ai primi è fedele il vecchio
Ildebrando, che per decenni in esilio non ha potuto conoscere suo fi-
restaurare nell'800 I'impero, ancorandolo alla nuova fede cristiana. E
fu proprio il re dei franchi che per motivi di potenza ed equilibrio po-
litico promosse la cristianizzazione forzata, ottenuta con la violenza
esercitata sulle tribù sassoni, le più caparbiamente riottose ad ade-
guarsi all'egemonia franca. Per attuare siffatto disegno Carlo e i suoi
successori si basarono sul potere intimidatorio delle armi, nonché
sull'apostolato dei monaci irlandesi, i quali misero in atto una pun-
tuale operazione di sradicamento delle antiche tradizioni
tra dizioni religiose.
Il processo di cristianizzazione venne più facilmente accettato da
quelle comunità che per secoli erano state a contatto con la romanità.
L'impero aveva operato la prima spaccatura dell'unità culturale delle
tribù germaniche con il limes, con la romanizzazione cioè della Rena-
nia e delle zone alpine. E il limes divenne un confine di cultura e di
colture (si pensi alla coltivazione delle vigne) che scorre ancora oggi
all'interno della Germania. Le province al di sopra del limes alimen-
tarono un irrisolto risentimento antiromano, anticattolico e infine
antioccidentale. La storia tedesca nasce con una duplice divisione che
Sl npercuote in tuttl gli ambiti culturali, facendo della Germania il
paese plU difficilmente unificabile tra le nazioni europee, come dimo-
stra l'esistenza dell'Austria, nazione di lingua tedesca compattamen-
te cattolica, e della Svizzera tedesca, la cui conformazione geografica
a influito a creare una ben precisa specificità anche culturale.
L'estirpazione delle tradizioni ha prodotto un sottofondo cupo e oscu-
ro: I'antico paganesimo si scavò i suoi canali di trasmissione nel fol-
c ore, nell'immenso patrimonio delle favole, leggende, canzoni
ca nzoni popo-
lari - Lieder -, che, negati o marginalizzati per secoli, riaffiorarono, a
mo di fenomeno carsico, nei secoli fino a quella tragica riapparizione
ei simboli neopagani nell'immaginario nazionalsocialista.

LETTERATURA PAGANA E CRISTIANA.

Dell'antico patrimonio pagano si conservarono schegge preziose


come gli scongiun magici, scoperti nel 1841, nella biblioteca capitola-
re di Merseburg, trascritti nel x secolo - probabilmente da un mona-
co- sulla pagina di un codice latino. Tali fonmule magiche trasmetto-
no un'emozionante esperienza della cultura pagana ancora pervasa
da un sentimento di unità cosmica che legava l'uomo alla natura.
Un'altra reliquia di quel mondo, così drasticamente tramontato, è lo
Hildebrandslied (11 canto di Ildebrando): l'unico poema eroico ger-
manico che ci è stato tramandato. La trascrizione, che ci è pervenuta
all'inizio dell'Ottocento, è presumibilmente opera dei monaci di Ful-
da, uno dei grandi centri monastici della Germania. Il carme è incen-
trato su un evento tragico, legato all'ethos guerriero dei germani e
all'immenso esodo verso Sud; le gesta narrate riguardano le lotte tra
i goti di Teodorico e gli eruli di Odoacre. Ai primi è fedele il vecchio
Ildebrando, che per decenni in esilio non ha potuto conoscere suo fi-
glio Adubrando, seguace di Odoacre. Il loro incontro corrisponde al-
I adempimento della dura legge germanica dell'onore, che coinvolge
in un duello inevitabile l'anziano guerriero contro il figlio, appena rico-

Comincia a diffondersi in Genmania un cristianesimo autoctono


fondato su una evangelizzazione non più dipendente da missionari
bensi irradiata dai grandi monasteri come quello di San Gallo e di
Fulda, dove Sl approntarono traduzioni di preghiere e testi religiosi
Questi lavori sono spesso interlineari per rendere
r endere comprensibile la
lettera del testo senza altre pretese letterarie. Ciò spiega come agli esor-
di la lingua tedesca venisse utilizzata strumentalmente e costretta a

LE ORIGINI, IL MEDIOEVO E LA RIFORMA 11

piegarsi alle strutture morfologiche e sintattiche del latino, che restò


per secoli la lingua colta per eccellenza.
Nell'epoca carolingia collochiamo un poema eroico dedicato a Cri-
sto, Heliand (Salvatore), cantato quale potentissima figura regale per
seimila versi allitterati - ossia con
c on la peculiare reiterazione nel verso
stesso di gruppi consonantici omofoni.
Nel convento alsaziano di Weissenburg operava il monaco Otfried,
che intorno all'870 su un modello latino riscrive nell'Evangelienbuch
(Libro dei Vangeli) il Nuovo Testamento in settemila versi doppi a
rima interna. L'autore si concede libertà liriche, trasportato dall'en-
tusiasmo di una materia evocata per fini didascalici, ma presentata al
pubblico colto dei monaci delle province già romanizzate e cristianiz-
zale.
Ricordiamo, inoltre, un breve frammento, di circa circ a cento versi, detto:
Muspilli, che risale all'830 circa, in cui affiora in una straordinaria e
suggestiva commistione di sentimenti cristiani e ataviche attese paga-
ne il tema apocalittico della fine del mondo e del Giudizio Universa-
le. Siamo alle prese con il massimo degli eventi, affrontato con una lin-
gua dalle audaci, imprevedibili metafore, che segna tuttavia il ruolo
subordinato della forma poetica a contatto con una deriva epocale
che travalica ogni comprensione e ogni compiacimento letterario. Un
tratto di gravità e di serietà contrassegna tra le altre letterature quella
tedesca, nella sua vocazione (potremmo dirla «dantesca» per awici-
narci a siffatta sensibilità) di confrontarsi con i problemi ultimi della
vita umana.
Parallelamente all'evangelizzazione, promossa dalle traduzioni del-
le preghiere, sorge una vigorosa letteratura cristiana in latino che
si tramandò per secoli rappresentando una delle più ricche testi-
monianze del perdurare di una produzione letteraria in una lingua
dotta.
La cultura conventuale comincia a estendersi geograficamente ver-
so Settentrione e anche tra le donne si assiste a un proliferare di voca-
zioni e la vita nei conventi si presta a dilatarsi verso ambiti di c ultura
devota. È in questi ambienti che vive la prima poetessa Hrosvita von
Gandersheim, una monaca sassone che, sulla scia dei modelli latini
della commedia di Terenzio, compose tra il 960 e 970 alcuni brevi dram-
mi di edificazione cristiana incentrati sulla lotta e il superamento del-
la hybris, della boria individuale. Hrosvita inaugura la tradizione di
scrittura femminile che dapprima nei conventi e poi nella società cor-
tese e borghese giunge fino ai nostri giorni, costituendo una compo-
nente essenziale nella letteratura tedesca.
Un altro elemento specifico è rappresentato dal romanzo di forma-
zione, owero dal Bildungsroman, che narra le vicende awenturose di
un protagonista, inserite in una prospettiva di evoluzione morale e di
12 s~loRIADELlALE ERATuRATEDEscA

sviluppo spirituale all'interno di una concezione del mondo dinamica


e ottimista che prevede il miglioramento e la salvez~a del singolo. I
Intorno al 1050 incontriamo il primo esperimento di tale genere. Si
tratta del Ruodlieb di autore anonimo, composto nel convento ba-
varese di Tegernsee: è un poema in esametri latini rimati che a mo'
di romanzo d'awentura descrive le gesta di un giovane cavaliere alla
ricerca di gloria e ricchezze. Veniamo anche in contatto per la prima
volta con un mondo nuovo: quello cortese-cavaOeresco che legittima
le vicissitudini mondane se finalizzate verso un traguardo
tr aguardo spirituale.

L'ETÀ CÓRTESE

Il primo autentico poeta dell'età cavalleresca è Harbnann von Aue


che scrisse tra il 1170 e 1210. Sono in parte gli anni del grande tenta-
tivo di Federico Barbarossa di restaurare la potenza imperiale lo ho-
nor imperii. E la scrittura di von Aue risente di un clima politico di
prestigio e di radicata convinzione nella missione storica e spirituale
della cavalleria cristiano-germanica. La lingua rirdette una maturità
poetica e una freschezza nell'espressione e nella struttura metaforica.
Il poema più strabiliante e inquietante è G~goruls, che narra di un
duplice incesto: Gregorius, nato dall'amore colpevole tra fratello e
sorella, sposa sua madre. Venuto a conoscenza della tremenda verità
cerca di espiare con una condotta di ascesi durissima quale eremita su
una roccia. In odore di santità viene eletto papa e assolve in incognito
la madre che a lui si confessa. Questa intrigante vicenda ha ispirato
uno degli ultimi racconti di Thomas Mann, Der Erwa-hlte (L'eletto
1951), mostrando la vivacità di un tema, che affonda le radici nella
leggenda archetipica raffigurata dall'Edipo sofocleo.
Ma il poema più intimamente cristiano è Deranne Heu~rich (n pove-
ro Enrico), che narra di un pellegrinaggio che si rivela un itinerario di
perfezione spirituale. Il protagonista malato di lebbra si reca a Saler-
no, allora famosa sede della Schola, il più celebre centro medico-tera-
peutico dell'Alto Medioevo. La guarigione può essere ottenuta attra-
verso il sangue, donato volontariamente, di una fanciulla. Di fronte
all'offerta d'amore, nel protagonista avviene la resipiscenza: prima
della terribile operazione Heinrich rifiuta il sacrificio del~a giovane
contadinella pronta a dare il suo sangue per amore. Avendo ricono-
sciuta la volontà divina, il protagonista guarisce e sposa l'amata gio-
vane, infrangendo la rigida separazione sociale in nome di un sublime
principio spirituale e sentimentale.
Contemporaneamente, tra il 1170 e 1220, scriveva un altro cavaliere
Wolfram von Eschenbach, che - si tramanda - non conosceva il lati-
no. A Wolfram la cavalleria europea deve il suo poema più impegna-
tivo: il Parzival, che rappresenta l'acme sublime della cavalleria spiri-

LE ORIGINI, IL MEDIOEVO E LA RIFORMA 13

tuale. Nell'opera s'intreccia la nuova religiosità cristiana - quella ispi-


rata dalla cavalleria templaria, dalle crociate e da Bernardo di Clair-
vaux - con le precedenti tradizioni pagane, legate al ciclo bretone di
re Artù, del mago Merlino e dei cavalieri della Tavola Rotonda, ma
soprattutto al mistero sacrale del Graal, che è il simbolo precristiano
e universale di una pienezza luminosa di perfetta spiritualità, che af-
fonda le sue radici nella via guerriera della realizzazione spirituale.
Probabilmente sono già attive in Wolfram suggestioni islamiche, mu-
tuate dalle crociate e dai templari, specie in riferimento alla giustifi-
cazione divina della guerra santa. La questione del Graal presenta
cospicui elementi cristiani, intesi ad awicinare l'orgogliosa cavalleria
germanica al concetto della caritas cristiana. Parzival comprende il
Graal solo ponendo rettamente la domanda legata alla malattia del
re Amfortas, anche se la «questione» del Graal rimanda alla missione
di restaurare l'auctoritas spirituale dell'impero, ormai «malato», in-
debolito e privo del prestigio procuratogli da Federico Barbarossa.
Il Parzival è stato giustamente considerato il modello compiuto del
Bildungsroman: il cavaliere traversa le più straordinarie vicissitudini
per approdare infine alla realizzazione spirituale che legittima meta-
fisicamente la sua azione awenturosa, innalzandola in un'aura sacra,
circonfusa di misterioso fascino spirituale.
Quasi contemporaneo al Parzival, è l'altro grande poema della lette-
ratura tedesca medievale: il Tristan di Gottfried von StraBburg. L'au-
tore si colloca in un contesto già socialmente più avanzato, aperto alla
nascente civiltà borghese e disponibile a una concezione cortese più
ambiguamente inquieta, dove all'architrave morale del sacramentum
fidelitatis, dell'impegno di fedeltà che lega al principe il cavaliere, si
contrappone, ancorché ricorrendo (col filtro d'amore) all'artificio del-
la magia, I'amour-passion del singolo. Si profila, così, una delle priori-
tarie rivendicazioni dell'individualismo: quella dei diritti all'amore
emancipato dai vincoli di classe, di gerarchia e d'interesse.
Il Parzival, con il suo universo di awenture intese a purificare e per-
fezionare il protagonista, e il Tristan con l'attenzione all'amore quale
destino umano che travalica e infrange ogni norma sociale e ogni pre-
cetto morale costituiscono le due principali esperienze poetiche del
Medioevo, statuendo i modelli archetipali per l'ulteriore sviluppo
della letteratura tedesca. Entrambi i poemi sono fortemente debitori
a precedenti opere romanze, nonché alla materia bretone, così inten-
samente rivivificata all'interno del mondo cavalleresco. Ciò non to-
glie tuttavia che Wolfram e Gottfried possano essere considerati, per
l'originale autonomia dei loro poemi, gli iniziatori di una ricca tradi-
zione che giunge, ancora vitalissima, fino ai nostri giorni, continua-
mente rivisitata e variata da musicisti come Wagner e da scrittori alla
stregua di Thomas Mann.
14 STORIA DELLA LETTERATURA TEDESCA

Se il Parzival e il Tristan raccolgono un retaggio mitologico per ag-


giornarlo e riproporlo all'attualità letteraria del loro tempo, il terzo
grandioso poema di quei decenni - siamo intorno al 1200 - è il Nibe-
lungenlied, che è una gigantesca opera di rammemorazione e di conser-
vazione del patrimonio mitico e leggendario collettivo prima dell'oblio
delle estreme saghe pagane germaniche, ancorché inserite in un con-
testo superficiale cristiano. La saga del tesoro, dell'eroe, della lotta
vittoriosa sul drago, dell'immortalità per mezzo del bagno nel sangue
del drago, della conquista magica della donna e del lento affiorare
della maestosa e devastatrice potenza del destino che trascina nella
morte l'intera schiatta eroica dei Nibelunghi con il suo re e con i nobi-
li cavalieri, guidati dal tremendo e impassibile Hagen, ultimo espo-
nente della fedeltà fino e oltre la vita, tutti questi motivi appartengo-
no alla tradizione nordico-germanica. Motivi mitologici, incardinati
nell'incandescente magma del folclore universale, si intrecciano con
memorie storiche, con l'oscura rimembranza della fine apocalittica
dei regni germanici, travolti dalle nuove ondate dei barbari, nella fat-
tispecie dagli unni di Attila.
Accanto a queste grandi prove epiche si espande nelle corti tedesche,
sulla scia dei modelli e dei canoni poetici francesi, la poesia d'amore
legata al mondo cortese, all'etica della fedeltà al signore e della devo-
zione per la castellana, secondo i prototipi sperimentati da trovatori e
trovieri. La dinamicità di questa poesia è procurata dalla dialettica at-
tuata ad arte con l'aspirazione del poeta-amante verso una forma
d'amore sublime e catartico: la Minne, che dà il nome a questa produ-
zione, nota come il Minnesang (canto d'amore). Il testo è impostato
per avere un leggiadro accompagnamento musicale, che obbliga la
versificazione al rispetto di rigorose scansioni. Il testo, ricco di meta-
fore, è sostanziato da una tensione sublimante e da una manierata e
garbata umiliazione del poeta-amante. Il primo Minnesanger (canto-
re d'amore), d'origine austriaca della nobile stirpe dei Kurenberger,
ci viene tramandato con questo nome, il Kurenberger, che scrive ver-
so il 1160 ed è ancora molto attratto dai piaceri d'amore e dal compi-
mento del desiderio.
Il più originale poeta di questa esperienza lirica, diffusa principal-
mente nell'età sveva nel Meridione alpino, è stato il poeta tirolese
Walther von der Vogelweide, nato a Bolzano verso il 1170 e morto a
Wurzburg verso il 1230. Egli ha al suo attivo una ricca produzione di
~ieder (canti) e Spruche (componimenti), alcuni dei quali prendono
le mosse da temi politici inerenti la Germania o la Palestina, meta dei
crociati, oppure questioni religiose come il culto mariano, celebrato
con ardite metafore amorose. Una meditazione costante e struggente
è quella elegiaca dello scorrere del tempo, dello scivolar via dei gior-
ni, rammemorati in poesie suggestive. I toni, accordati a una intensa

LE ORIGINI, IL MEDIOEVO E LA RIFORMA 15

malinconia e accorata nostalgia per l'esperienza spirituale della ca-


ducità, sono anche il sintomo di quella incipiente, ma già inarrestabi-
le crisi del mondo feudale e il sorgere della nuova società borghese.

I MISTICI

L'egemonia della chiesa è esaltata dalla stupenda miriade di duomi,


conventi, di opere d'arte di tutti i generi, dagli affreschi ai quadri, dal-
le sculture in pietra a quelle in legno, dalla poesia alla musica, ma è, al
contempo, minacciata da uno sfaldamento interiore, dalla diffusa bas -
sa tenuta morale degli ecclesiastici e da una pratica teologica che si
allontana con la scolastica tomistica dall'afflato più genuinamente re-
ligioso. E furono proprio i mistici che contribuirono a un chiarimento
radicale e irreversibile dell'esperienza religiosa, ponendo le basi per la
devozione moderna. Incontriamo di nuovo una donna, Mechthild von
Magdeburg, che visse dal 1207 al 1283 circa e scrisse un diario inte-
riore dell'anima Dasflie~3ende r icht der Gottheit (La luce fluente della
divinità), che raccoglie rivelazioni, con suggestive visioni celestiali, nar-
rate con ingenue metafore amorose.
Il più grande mistico tedesco fu il domenicano Meister Eckhart
Maestro Eccardo, vissuto dal 1260 circa al 1327, che in un'ampia ope-
ra latina, ma anche in numerose prediche, sermoni e brevi trattati in
tedesco testimonia della sublime intuizione teologica dell'unità tra crea-
tura e creatore. Eckhart, trovatosi alle prese con una lingua ancora
poco raffinata ed elaborata, poco usata nella trattatistica astratta e
metafisica, s'impegna in una felice opera di arricchimento linguistico
coniando una nuova terminologia mistico-filosofica, che divenne, al-
meno in parte, patrimonio lessicale comune. E accanto a questa in-
tuizione linguistica, Eckhart affronta i problemi cruciali dell'itinera-
rio cristiano, soffermandosi su una approfondita meditazione della
teologia negativa, mediata da quella apofatica dello Pseudo-Dionigi,
da cui Eckhart trae la dottrina del distacco, una variazione del silen-
zio mistico dell'Areopagita, che coglie uno dei vertici dell'esperienza
spirituale, stabilendo in tal modo un pericoloso contrasto con la dot-
trina cattolica della salvazione. La superba dimensione metafisica del-
la meditazione mistica di Eckhart (di cui alcune posizioni furono con-
dannate dalla chiesa) ispirò l'insegnamento e le prediche di discepoli,
due dei quali si profilarono per l'arditezza delle loro opere: Heinrich
Seuse (1293-1366), autore di un Buchlein der ewigen Weisheit (Libretto
della sapienza eterna), in cui il misticismo accentua l'esperienza indi-
viduale, esaltando il momento soggettivo paradossalmente nel conti-
nuo richiamo all'importanza dell'umiliazione, della mortificazione di
un io protervamente robusto.
L'altro discepolo di Eckhart che si distinse per le sue prediche tede-
STORIA DELLA LETI'ERATURA TEDESCA

sche e per i suoi sermoni è Johannes Tauler, che visse tra il 1300 circa
e il 1361, segnalandosi per l'intensità oratoria e per la coerenza nella
rigorosa scelta monastica vissuta in antitesi con la dimensione natura-
le del mondo e dell'esistenza. Si racconta che Taulero, anche lui mo-
naco domenicano, si coprisse gli occhi col cappuccio per non lasciarsi
distrarre nelle sue preghiere dalla rigogliosa natura primaverile: un
atteggiamento fortemente in contrasto con la nuova spiritualità fran-
cescana, che già presagiva l'umanesimo.

UMANESIMO E RIFORMA

Gradualmente con la diffusione dei nuovi valori borghesi si posero


le premesse per un allentamento della rigida contrapposizione cri-
stiana. Uno dei primi centri della cultura aperta alle nuove suggestio-
ni umanistiche, provenienti dall'Italia, è stata Praga, scelta quale sede
imperiale da Carlo Iv del Lussemburgo, imperatore dal 1346 al 1378,
il cui cancelliere Johannes ·~on Neumarkt (1310 ca.-1380) si adoperò
a organizzare un'amministrazione efficiente, circondandosi di colla-
boratori da tutte le terre dell'impero, che contribuirono a creare una
lingua tedesca sovraregionale. La corte si dimostrò ospitale con Pe-
trarca e con Cola di Rienzo, dando prova di un vivace interesse per la
discussione culturale e letteraria in Italia.
E nella regione boema visse Johann von Tepl (1350 ca.-1415), che
all'inizio del 1400 scrive la sua opera di edificazione e consolazione
religiosa DerAckermann aus Bohmen (Il villano di Boemia), in cui un
vedovo litiga con la morte, che gli ha strappato innanzi tempo la spo-
sa. La disputa, ostinatamente portata avanti dall'uomo, viene risolta
di fronte al tribunale di Dio che emette un giudizio equanime, in cui
si dichiarano legittime le argomentazioni dell'uomo, cui si riconosce
l'onore delle armi. Anche se alla morte spetta il dominio sul corpo,
l'anima è salva. E l'uomo ha potuto awicinare, con il nuovo sentimen-
to della dignità umana, l'istanza metafisica suprema.
È ormai il tempo per la Germania del cambiamento: si profila una
diversa civiltà urbana, legata alle forti corporazioni delle arti e dei me-
stieri che proteggono e che spesso si fanno promotrici di creazioni ar-
tistiche, consegnate a canoni rigorosi, stabiliti dalle lunghe tradizioni
dei maestri cantori delle varie gilde, che danno luogo, appunto, alMei-
stersang (canto dei maestri). Questo genere artistico, che univa poe-
sia, musica e canto, si espande nelle libere città tedesche, dove opera
una borghesia agiata, numerosa e consapevole come ad Augusta, No-
rimberga e Strasburgo. A Norimberga viveva Hans Sachs (1494-1576),
celebre compositore di innumerevoli farse teatrali e di cantate di tema
religioso e profano.
Lo sfacelo del feudalesimo comportò una tensione acutissima co n i

LE ORIGINIIL MEDIOEVO E LA RIFORMA 17

contadini che si ribellavano e insorgevano vieppiù violentemente ed


estesamente, rifacendosi a un'improbabile, ma fortunatissima ideolo-
gia di ritorno alle origini ugualitarie e comunistiche del cristianesimo
primitivo. L'agitazione sociale corse parallela al frantumarsi dell'ecu-
mene cristiana, egemonizzata dalla chiesa romana, che non mantene-
va più intatta la propria carismatica credibilità. All'interno della chie-
sa, negli ambienti agostiniani e in generale in quelli più sensibili alla
pratica evangelica si mossero le radicali critiche a Roma finché all'ini-
zio del Cinquecento awenne il grande scisma luterano.
Il monaco agostiniano Martin Luther (1483-1546) affisse a Witten-
berg il 31 ottobre 1517 le sue 95 tesi contro il domenicano lohann
Tetzel, incaricato del commercio delle indulgenze. Il contrasto si acu-
tizzò su tutti i fronti, da quello teologico a quello sociale. Il nucleo squi-
sitamente teologico consisteva in una ripresa delle argomentazioni,
già sostenute dai mistici e da pensatori eretici, contro la prassi sacra-
mentale della chiesa. Alla formula romana E~ra eccles~a ru~l~a sal~s,
Lutero contrappose Sola scriptura, affermando il primato della Bib-
bia, della fede e della Grazia sull'interpretazione fornita dalla auao
ritas papale. Ciò spaccò l'Europa e in particolare la Germania, do~e
la lotta ai papisti rinfocolò il risentimento antiromano, mai estinto~
specie nei territori al di sopra del limes. Le conseguenze dello scisma
luterano furono immense per la formazione del mondo moderno e
soprattutto della Germania. La fondamentale priorità dell'accesso
del credente alla Sacra Scrittura comportò che Lutero si impegnasse
per decenni in un'opera titanica di profonda intelligenza spirituale e
linguistica, culminata nella traduzione dell'Antico e del Nuovo Te-
stamento, nella composizione di trattati in tedesco e di stupendi inni
religiosi. Lutero è l'artefice principale della lingua tedesca moderna.
La tecnica della sua traduzione è esemplare: si tratta della scelta di
una lingua sovraregionale, ancorata ai dialetti della Germania centra-
le. Inoltre Lutero teorizza l'uso concreto, icastico e popolare della lin-
gua. In un suo trattato sui princìpi della traduzione invita lo studioso
ad ascoltare la lingua della gente semplice, delle donne e dei fanciul-
li al mercato.
La Riforma luterana pose fine all'esile stagione dell umanesimo te-
desco, quello proposto a Basilea da Erasmo (1469-1536) e a Heidel-
berg da Johannes Reuchlin (1455-1522), studioso di ebraico e di Ca-
bala. Lo studio dell'ebraico aveva un sapore non solo erudito: era in-
dispensabile per un contatto diretto con la Sacra Scrittura, diffidando
della tradizione chiesastica.
La spaccatura della società tedesca in cattolici e protestanti, in par-
tigiani dell'imperatore e in quelli dei principi riformati, in cavalieri e
contadini in rivolta provocò per un lunghissimo periodo lotte atroci,
senza quartiere e senza pietà che nonostante le tregue e i numerosi
18 STORIA DELLA LETTERATURA TEDr~scA

tentativi di pacifica composizione sfociarono nell'immane carnefici-


na dei contadini in armi, scannati dagli eserciti benedetti dal papa e
giustificati da Lutero. La cruenta repressione dei contadini non fu
che l'esordio delle successive guerre intestine, combattute con acca-
nita ferocia, culminate nella guerra dei Trent'anni (1618-1648), la più
efferata devastazione di vite e di beni che mai si svolse in terra tede-
sca prima della seconda guerra mondiale.
La crisi del castello, dell'economia castrense produsse un esubero di
mano d'opera, non più utilizzata dalla aristocrazia impoverita, né as-
sorbita dalle città in rapida decadenza a causa del protrarsi delle lotte
interne. La Germania - come altri paesi dell'Europa occidentale - fu
percorsa da torme numerose di pezzenti, diseredati, questuanti, sban-
dati che spesso si trasformavano in banditi. È il mondo dell'awentu-
riero, che fa nascere un genere diffusissimo di letteratura preceduto
in Germania da una variante dotta particolarmente grottesca: quella
della Namnliteratur, letteratura della follia, che è generalmente con-
servatrice e ostile al cambiamento.
Il principale esponente di questa critica corrosiva e paradossale è
stato Sebastian Brant (1457 o 1458-1521) con il suo Narrenschiff(La
nave dei folli) del 1494, che fustiga 112 tipi di pazzia sociale, pronun-
ciando la sua invettiva in toni grotteschi da una amarissima prospetti-
va, segnata dal pessimismo misoneista per la società alla deriva. Il ge-
nereassumecon l'Elogiodellafollia diErasmonel 1511 untonoironi-
co e colto contro la corruzione ecclesiastica.
Accanto alla riprovazione del «folle», owero dell'uomo mondano,
si delinea la condanna di un altro tipo umano: lo scienziato, il ricerca-
tore, che lottava per l'autonomia della coscienza e che aveva trovato
in tutta Europa e anche in Germania esponenti fascinosi, spesso mal-
famati ad arte per aver tentato di individuare un libero campo all'in-
dagine, affrancato dalle teologie contrapposte dei cattolici e dei rifor-
mati.
Il più emblematico di questi liberi ricercatori è stato Paracelso (1493-
1541), medico, mago e umanista, cui si deve un impulso innovatore
nella ricerca medica, nonché l'audace utilizzazione del tedesco per le
lezioni universitarie e per i trattati scientifici. La magia godeva anco-
ra di uno statuto coincidente con quello dell'indagine terapeutica e
conoscitiva. Tuttavia il mago umanista risultava il bersaglio preferito
della cultura cristiana in ripresa e l'attacco in letteratura aggregò le
figure tradizionali della condanna cristiana delle pratiche occulte nel-
la celebre Histona von D. Johann Fausten (Storia del Dottor Johann
Faust) del 1587, che alludeva allo stesso Paracelso o a un mago della
Svevia.
Il Volksbuch (libro popolare) di Faust è una abilissima utilizzazione
da parte dei riformati della nuova tecnologia tipografica. Il genere

I L BAROCCO 19

del Volksbuch, scritto raccogliendo elementi del folclore e del patri-


monio delle leggende e dei miti, si diffuse per la sua fortunatissima
formula di libro popolare di facile comprensione divulgativa e di una
veste relativamente accessibile. Per quanto riguarda il Faust l'autore
propagandò la tesi concettuale radicata nella polemica cristiana con-
tro il mago scienziato e contro la libera ricerca individuale. È noto
che il Faust ebbe un successo strepitoso, varcò la Manica, sedusse
Christopher Marlowe (1564-1593) che se ne ispirò per The Tragical
History of DoctorFaustus, giustamente famosa, composta secondo al-
cuni studiosi addirittura nel 1588, a pochi mesi dalla pubblicazione
dell'originale tedesco. Attori girovaghi inglesi reintrodussero la ma-
teria faustiana in Germania che venne continuamente riproposta e ri-
visitata, ancorché in formule vieppiù stereotipate, fino a divenire una
rappresentazione tipica del repertorio del teatro delle marionette. A
un tale spettacolo assistette il giovanissimo Goethe che ne restò così
impressionato da riproporlo nel suo immortale poema.
La velocità della diffusione dei Volksbucher, dei libri popolari, si spie-
ga con l'introduzione della stampa, che rivoluzionò la cultura euro-
pea. Del resto la centrale importanza assunta per i protestanti dalla Bib-
bia ne imponeva una larghissima diffusione, resa possibile solo grazie
alla nuova tecnica, che contribuì in modo determinante alla universa-
lizzazione della cultura.

IL n Barocco

Tra il Cinque e il Seicento la Germania appare per sempre spaccata


dalle contrapposizioni confessionali. L'impero era molto decaduto e
con l'imperatore Rodolfo II d'Asburgo (1552-1612), che visse rinchiu-
so nel castello di Praga, dedicandosi all'antiquariato e all'occultismo,
l'autorità centrale era ormai assente dalla scena della politica euro-
pea. Intanto la parte cattolica, dopo il Concilio di Trento e la fondazio-
ne e diffusione della Compagnia di Gesù, si riorganizzava, progettan-
do una vasta opera di ricattolicizzazione dell'Europa centrale con
ampi successi nelle terre d'Asburgo, nonché in Polonia. La resistenza
luterana all'invadenza cattolica, sostenuta dai gesuiti, provocò la guer-
ra dei Trent'anni, che immiserì ogni attività culturale e intellettuale e
anche la letteratura risentì di tali contrasti.
I gesuiti, che assunsero la direzione dei principali istituti educativi,
utilizzarono a scopi didattici e di edificazione devota il teatro, giun-
gendo in alcuni casi a ragguardevoli esiti artistici come quelli raggiun-
ti dai gesuiti Nicola Avancini (1611-1686), Jakob Balde (1604-1668) e
soprattutto da Jakob Bidermann (1578-1638), il cui capolavoro Ce-
nodoxus del 1602 ripropone il topos dell'intellettuale che si danna per
il suo orgoglio di ricercatore.
Le lotte religiose avevano egemonizzato la vita politica, sociale e
culturale della Germania; ai pochi intellettuali, che tentarono di rea-
gire, si pose il compito di ripartire dalle fondamenta, dallo stabilire le
regole della convivenza civile, come pure della civiltà letteraria, che
doveva essere adeguata ai livelli di raffinatezza raggiunti negli altri paesi
europei.
Il principale scrittore del primo Seicento, Martin Opitz (1597-1639),
è entrato di diritto nella cultura letteraria tedesca per il suo trattato
Buch von der deutschen Poeterey (Libro dell'arte poetica tedesca) del
1624, fortemente normativo, ispirato dal desiderio di semplificare, al-
meno culturalmente, la confusione spirituale che frastornava gli in-
tellettuali tedeschi.
Viene fondata una serie di accademie poetiche, mutuate dai prece-
denti modelli italiani. Alle più note accademie - quella di Weimar,
fondata nel 1617, e quella di Norimberga del 1644 - si affiancarono le
consorelle di Amburgo, Konigsberg e altre minori. Erano istituzioni,
protette da principi o mecenati, consacrate ai dibattiti letterari, men-
tre in Germania divampava la guerra. Furono occasioni d'incontro
fra esponenti di classi sociali diverse e anche di confessioni differenti,
prefigurando così le logge massoniche settecentesche. Le accademie
furono dei laboratori di tolleranza culturale, rare oasi di progettualità
intellettuale in un paese sconvolto dalla violenza. Favorirono una fit-
ta rete di contatti e scambi culturali che rappresentò, con mezzi esi-
gui, l'unica proposta unitaria in Germania. Le accademie furono at-
tente soprattutto al rispetto dell'uso del tedesco e al contenimento del-
l'utilizzazione delle altre lingue nella produzione letteraria e culturale,
anche se, date le condizioni storiche, la loro importanza nella promo-
zione di un'attività poetica creativa fu limitata. Eppure il secolo del
Barocco fu ricco di poeti autentici che problematizzarono il tema del-
la caducità della vita, della vanità del mondo, del raccoglimento mi-
stico.
La mistica ancora una volta riaffiora potentemente sulla scena del-
l'attività culturale con figure suggestive e straordinarie come il cia-
battino slesiano di Gorlitz Jakob Bohme (1575-1624), che è stato un
autore prolifico, un visionario ispirato e insieme uno scrittore dalle
metafore suggestive e grandiose con una straordinaria ricchezza lin-
guistica capace di una imprevedibile abilità combinatoria. La sua ope-
ra, spesso riedita dai suoi discepoli, è circolata in tutta l'Europa misti-
ca, lasciando tracce indelebili nel pensiero e nella letteratura tedesca.
Nitide risonanze si percepiscono ancora in Hegel e in Holderlin
come in ogni autore, di formazione protestante, attratto dall'espe-
rienza mistica.
Si ricollega spiritualmente a lui Johannes Schemer ( 1624-1677), noto
col nome di Angelus Silesius, l'«angelo slesiano», che fu uno dei prin-

ILBAROCCO 21

cipali poeti barocchi d'ispirazione religiosa e metafisica. Convertitosi


al cattolicesimo, professò un cristianesimo a tinte esoteriche. Lo scrit-
tore approfondì una raffigurazione poetica, ordita su una sottile tra-
ma intellettuale, costellata da una penetrante aforistica. Il suo capo-
lavoro Der cherubinische Wandersmann (Il pellegrino cherubico), ri-
pubblicato in una stesura ampliata nel 1674, è un paradossale dialogo
interiore tra l'uomo e la divinità; il poeta pone al centro della sua scrit -
tura la provocatoria tesi della necessità per Dio della creazione e del-
la conseguente interdipendenza tra l'uomo e Dio.
Un poeta, anche lui slesiano, ma privo di siffatte vertigini mistiche, è
Andreas Grgphius (1616-1664), famoso anche come drammaturgo;
vittima delle lotte tra gli eserciti contrapposti, fu autore di sonetti di
struggente bellezza, persuasivamente incentrati sulla fuggevolezza del-
l'ora e della vita, alla ricerca di un approdo spirituale sollevato reli-
giosamente dall'indigenza del mondo. Sebbene oggi si sia universal-
mente rivalutato il Gryphius poeta, la sua fama resta legata soprattut-
to alla sua notevole produzione drammaturgica, connotata principal-
mente da tragedie d'ispirazione classica o cristiana, talvolta perfino di
bruciante attualità come prova la tragedia Ermordete Majes~at Oder
Carolus Stuardus, Konig von England (Sua Maestà assassinata o Carlo
Stuart, re d'Inghilterra), pubblicata nel 1657. Il dramma intendeva
celebrare la fermezza morale mostrata dal re inglese nel momento del-
l'esecuzione capitale. Walter Benjamin, uno dei più acuti critici lette-
rari del Novecento, ha osservato nel suo saggio sul dramma barocco
l'incidenza della storia nel teatro del Seicento e l'opera di Gryphius con-
ferma sostanzialmente la sua tesi. Certo, la manipolazione dell'autore
inserisce momenti fortemente creativi nelle vicissitudini, tramandate
dalle fonti storiche.
Lo stoicismo cristiano, professato da Gryphius, si ammorbidisce nei
lavori d'intrattenimento ludico, nelle commedie come Absurda Co-
mica, Oder Herr Peter Squentz Schimpff-Spiel (Absurda Comica owe-
ro Messere P.S., farsa) del 1658, che è una riscrittura del teatro nel
teatro, nella fattispecie si tratta di una esilarante e graffiante parodia
della dabbenaggine e dell'ignoranza di attori girovaghi, capitati in un
raffinato ambiente di corte. L'altro tema, popolare in una Germania
ancora memore delle gesta soldatesche, è raffigurato nella commedia
Horribilicribrifax, Oder Wehlende Liebhaber (H. o la scelta degli inna-
morati) del 1663 che prende le mosse dal Milesgloriosus plautino, va-
riandone il tema del reduce vanaglorioso.
Il teatro tragico dello slesiano si muove nel solco della concezione
barocca dell'incostanza, della Wahn, dell'illusione, della follia di ogni
impresa umana se scevra da un fondamento religioso o da un traguar-
do sacro.
L'altro esponente del teatro slesiano è Daniel Casper von Lohen-
22 STORIA DELLA LETrEr~ATURA TEDESCA

stein (1635-1683). Uomo di mondo, abile diplomatico, nobilitato da-


gli Asburgo per i suoi servizi di mediatore, Lohenstein, pur fedele alla
struttura drammatica di Glyphius, è un autore attento ai modelli del
Classicismo francese e incline a subire il fascino sociale di Versailles.
I suoi drammi diventano occasioni di sfarzosa rappresentazione del
mondo di corte. L'argomento esotico delle sue tragedie «turche» Ib-
rahim Bassa del 1650 e Ibrahirn Sultan del 1673, come pure quelle aro-
mane», tra cui il suo capolavoro Cleopatra del 1661, sono azioni tea-
trali che mettono in scena la realtà politica del suo tempo: lo scrittore
pensa sempre a risultare gradito alla dinastia di Vienna. I drammi orien-
taleggianti erano una testimonianza della curiosità esotica che dipin-
geva il nemico ereditario di Casa d'Austria con colori truci e insieme
intriganti.
La Slesia era la provincia - allora ancora asburgica e spaccata dai
contrasti confessionali ed etnici - più ricca di autentiche personalità
poetiche. Il più autorevole compositore di lirica epigrammatica è il
gesuita slesiano Friedrich von Logau (1604-1655), la cui arguzia in-
tellettuale sedusse ancora un illuminista come Lessing che nel 1759
curò un'ampissima scelta di epigrammi di Logau.
Un altro poeta slesiano, che ha contribuito all'affermazione del ma-
rinismo e del concettismo, mutuato dal barocco spagnolo, è Christian
Hofmann von Hofmannswaldau (1617-1679). Perfettamente a suo
agio nei mondi costruiti dai lirici secenteschi, Hofmannswaldau è il
testimone della circolazione europea della civiltà letteraria barocca,
cui contribuisce con opere di gusto prettamente classicheggiante: gli
Heldenbriefe (Epistole eroiche) del 1673, ma anche con valide prove
di traduzioni, tra cui la diffusissima versione del Pastor Fido. Lo scrit-
tore (come in precedenza lo stesso Opitz) aveva indicato un fulgido
esempio della lirica tedesca in tempi così oscuri nell'opera lirica di
Paul Fleming (1609-1640). Questi è uno scrittore dalla genuina vena
lirica che arricchisce nell'esperienza marinista, pur recuperando la le-
zione del petrarchismo cinquecentesco, che si colora di nuove tonali-
tà espressive attinte al Volkslied (canto popolare) e soprattutto alla
recente, eppure già robusta tradizione luterana del Kirchenlied (inno
ecclesiale). L'intreccio della poesia sacra e di quella profana celebra
nella lirica di Fleming il più alto trionfo secentesco, statuendo un esem-
pio letterario, che diventa obbligatorio per il secolo.
Questi intellettuali, così sensibili alla meditazione sulla caducità del-
la vita e così convinti della missione ultraterrena dell'uomo, erano
tuttavia animati da vaste e vivaci curiosità politiche, sociali e scientifi-
che. In quei tempi perigliosi Fleming affrontò awenturosi viaggi di-
plomatici con l'amico Adam Olearius a Mosca nel 1633-34 e successi-
vamente in Persia. A queste spedizioni risalgono descrizioni di viaggio
ancora intrise di fascinazione per contrade così esoticamente remote:

IL BAROCCO 23

l'autore compone anche liriche dettate dalla nostalgia per la casa lon-
tana, creando in tal modo quella peculiare dialettica tra awentura eso-
tica e struggente desiderio di tornare in patria. L'ideale di completez-
za della personalità per Fleming comprendeva, oltre alla sfera poli-
tisch, anche quella della più squisita introspezione, come dimostrano
la poesiaAn Sich (A sé) e numerose altre liriche (soprattutto in forma
di sonetti, che nel Seicento incontrano una cospicua fortuna), dando
prova di una freschezza e di una spigliatezza linguistiche, addestrate
dai Volkslieder.
Anche in campo cattolico ci si era posto il problema di come arric-
chire le funzioni liturgiche con una liederistica ecclesiale in grado, se
non di competere con quella luterana, almeno di tenerle degnamente
testa. Un prolifico autore di cantate sacre è stato il padre gesuita
Friedrich Spee von Langenfeld (1591-1635), impegnato nella lotta
contro la feroce prassi persecutoria negli sbrigativi processi alle stre-
ghe. Spee prese posizione pubblica con il coraggioso trattato Cautio
Criminalis seu De Processibus contra Sagas Liber del 1631 (tradotto in
tedesco nel 1649), per cui si buscò una grave ferita in un attentato.
Durante la lunga convalescenza si rivelò la sua inclinazione poetica,
culminata nella raccolta - edita postuma nel 1649 - Trutz NachtigaU
(L'anti-usignolo), che è da intendersi non come la negazione della
poesia, emblematizzata dalla tradizionale allegoria dell'uccello cano-
ro, bensì come una lirica così riuscita da far impallidire il ricordo della
precedente. Inoltre essendo di argomento sacro, la poesia di Spee a-
vrebbe sostituito quella profana. Siamo all'interno del retaggio, anco-
ra sostanzioso, della corrente lirica che ha nel biblico Cantico dei Can-
hci la sua suprema e originaria fonte d'ispirazione e che riscatta da
ogni scolasticismo la «maniera» secentesca di lirica religiosa.
Nella ricca gara di emulazione - questa, sì, foriera di commoventi
prove devote - di canti sacri un posto autorevole spetta alla produzio-
ne di Kirchenlieder di Paul Gerhard (1607-1676), uno dei pochi poeti,
la cui fama valicò i confini della Germania, come pure i limiti della
sua epoca. Per i romantici Gerhard è il fautore di un canto individua-
le, di una stupenda effusione del sentimento religioso del singolo. La
sua raccolta più cospicua fu pubblicata nel 1667 col titolo Geistliche
Andachten (Devozioni spirituali). Ancor oggi colpisce la levità espres-
siva, la semplicità dell'immagine che non ha perso la sua originaria
freschezza, mentre il discorso lirico è incastonato in una rigorosa cor-
nice sacra, che non umilia la poesia, ma anzi l'innalza verso i vertici
metafisici dell'esperienza umana.
Accanto alla lirica sacra, al teatro pedagogico gesuitico o a quello
edificante di Gryphius e Lohenstein, la cultura letteraria tedesca del
Seicento riserva un ampio spazio al romanzo, a lungo occupato dalle
traduzioni dei modelli inglesi, spagnoli, francesi. I generi più amati
24 STORIA DELLA LET rERATuRA TEDESCA

erano quello aulico, pastorale, arcadico, ma anche la narrazione pica-


resaL
La materia incandescente della guerra confessionale si fece impe-
tuosamente strada nella prosa tedesca; dapprima nella Adriatische
Rbsanu(Rosemund adriatica) del 1645 di Philipp von Zesen (1619-
1689), in ali si tematizzava il difficile e contrastato amore tra un cava -
liere tedesco luterano e una bella veneziana, vittima per l'autore del-
reccessiva intolleranza cattolica. La diversità confessionale forniva
una corn~ce drammatiaunente realistica all'amore dei due giovani. Ze-
sen era un intellettuale impegnato nei principali problemi della sua
epoca Trasferitosi nella hbera città di Amburgo, vi aveva fondato nel
1642 la TAGalossenschaft (Compagnia d'ispirazione te-
desca), che era un'accademia letteraria che si proponeva la promo-
zione della hngua tedesca con la lotta all'esuberanza secentesca dei
prestiti stranieri. Zesen tentò anche una riforma ortografica, dimo-
strando una sensibilità per la questione anche formale della lingua,
che era, in quel tempo, la modalità per operare fattivamente alla con-
servanone e difesa dell'identità nazionale.
Lo S~n, che è un genere amato fino all'Illuminismo, è pre-
sente in una variante esotica e fantasiosa, che conobbe una durevole
fortuna ancora nella seconda metà del Settecento. Si tratta del ro-
manzoDieAs~heBanise (L'asiatica Banise), apparso nel 1689, di
HeiZigler (1663-1696). Il rilievo storico letterario
del romanzo consiste in un orientalismo immaginario, in un'India fa-
vob6a, apprezzato ancora da Goethe.
L'altra variante dello Staatsroman era il romanzo utopico, mutuato
dal celebre hbro di Tommaso Moro e successivamente dalla Città del
Solc di Campanella (apparsa a Francoforte nel 1623). A Johaon Va-
k~A~e (1586-1654), un intellettuale luterano svevo con inte-
ressi esoteria,viene attribuito uno dei libri più curiosi dell'ermetismo
C~yrr~J~Hochzeit ChristianiRosencreutz. Anno 1459 (Le nozze chi-
miche di CRAnno 1459), edito nel 1616, a poca distanza dai mani-
festi che diffusero in Europa la fama della fratellanza esoterica dei
Rosac~ce, adepti di un misterioso ordine iniziatico, che con l'aiuto
della terapia magica e dell'alchimia proponeva una visione spirituale
altemativa a quella delle confessioni cristiane in lotta. n romanzo in
chiave simbohca svelava la leggenda del mitico fondatore della cate-
na occulta
La vastahzione secentesca di romanzi non lascerebbe che un'esi-
guatraccia stori«~culturale se non fosse stata rafforzata da un auten-
tico capolavoro: DerAbc~olhSirnplicissirnus Teutsch (L'awen-
turoso Simpl~no, in tedesco) di Hans Jskob Christoph von Gn n-
(1621 O 1622-1676). Con questo romanzo, cui seguirono
altri scritti .~sunpliciani», l'autore eWe un successo immenso, per es-

IL BAROCCO 25

sere poi trascurato nell'età illuministica e venire riscoperto dai ro-


mantici che nella vena awenturosa, paradossale e grottesca del pro-
tagonista Simplicissimus riconobbero un precursore della loro ironia
e malinconia. La critica recente, confermando l'attribuzione del ro-
manzo al genere picaresco, ha rettificato l'ipotesi che si trattasse del-
l'opera di un autore ingenuo e incolto: Simplicissimus è il protagonista
non il suo autore che a tale semplicità perviene attraverso una raffi-,
nata distillazione dalla cultura erudita della sua epoca. L'altra inter-
pretazione, assai ridimensionata, è quella che considera il romanzo
un importante anello nella preziosa tradizione letteraria del romanzo
di formazione. La struttura narrativa, articolata in stazioni, dramma-
tiche e awenturose, non giustifica una lettura unitaria del personag-
gio, né lascia intrawedere un progetto pedagogico. Ciò nonostante ci
troviamo di fronte a una interpretazione - quella del Bildungsroman -
che, sebbene discutibile, ha sollecitato e orientato i lettori, dirigendo-
ne la comprensione e suscitando suggestioni culturali che fanno parte
della storia della recezione dell'opera.
Il romanzo, denso, icastico, concreto, linguisticamente ridondante e
creativo, è l'epopea drammatica, spregiudicata, ma anche malinconi-
ca, rassegnata e infine devota del povero popolo tedesco, sballottato
angariato, oppresso durante la guerra dei Trent'anni da tutti gli eser-
citi d'Europa in nome di questioni teologiche, in realtà per solidi mo-
tivi di potere. Il popolo era in balia dell'arbitrio di truppe, che non
erano altro che bande armate di poveracci interessati solo alla so-
prawivenza, alla rapina e al saccheggio. Piuttosto che un'evoluzione il
personaggio Simplicio traversa le cruente e grottesche vicissitudini del-
la guerra con l'unica speranza di soprawivere, inorridito da tanta ef-
ferata violenza e volgarità, che del resto (quando non ne è vittima) contri-
buisce a incrementare. L'alternanza delle situazioni è tra lo scenario
di un mondo terribile, feroce e avido, e il desiderio elegiaco di ritirarsi
nei boschi, nel più fitto della foresta per garantire con la sicurezza fi-
sica anche la pace dell'anima. Ma in Germania - e nell'Europa del
tempo - non esisteva più un bosco così folto da consentire questa fran-
chigia, sicché il protagonista abbandona il «mondo». Anche lui come
altri eroi secenteschi lancia il suo accorato <~Ade, Welt», «Addio, mon-
do». A marinai olandesi che incontrano esterrefatti Simplicio nelle
nuove vesti di eremita, lui assicura di non avere alcuna intenzione di
lasciare quell'isola nella terra australe, agli antipodi del mondo cono-
sciuto e abitato da violenze e soprusi, da corti avide e armate tremende.
Lo scrittore che segna il passaggio alla nuova sensibilità settecente-
sca è il poeta Johann Christian Gunther ( 1695-1723), che, con la mal-
leveria dello stesso Goethe, viene considerato il primo poeta animato
da una sensibilità lirica moderna, owero caratterizzata da una pro-
nunciata coscienza soggettiva, vissuta quale deriva precaria dell'esse-
26 STORIA DELLA LETTERATURA TEDESCA

re. La vita di Gunther offre già elementi tipici dello scrittore bohé-
mien, sradicato, in rotta con la famiglia e la società, angustiato da un
sentimento d'indigenza, che si tramuta in un senso di inadeguatezza e
insufficienza, che ispira una poesia malinconica e ironica.
Recentemente la sua lirica è stata letta in collegamento con la cultu-
ra della sua età: la questione religiosa preoccupò profondamente il
poeta, ponendo cospicui limiti alla sua apertura all'Illuminismo. La
sua tragicità sconfina dalle vicende di un dramma umano per elevarsi
a cifra emblematica di un dissidio religioso che sigilla la cultura se-
centesca, mentre i suoi dubbi sulla validità della ragione preannun-
ciano la stessa crisi finale dell'Illuminismo.

IIL Pietismo e Illumin smo

A proposito della drammatica concezione di vita di Gunther, Goe-


the annotò come la «miseria tedesca» soffocasse ogni capacità creati-
va. La «miseria tedesca» fu un'espressione messa in voga da Heine e
ripresa da Marx per indicare quell'insieme di pesanti condizionamenti
politici ed economici che relegavano la Germania tra i paesi social-
mente più regrediti con una struttura statale inefficiente, spezzettata
e frazionata in una miriade di entità autonome, ma incapaci di essere
realmente indipendenti. L'unica realtà che gradualmente rappresen-
tò un modello statale radicalmente innovativo con una moderna or-
ganizzazione centralizzata dell'amministrazione e dell'esercito era la
Prussia, che si innalzò ad alternativa protestante agli Asburgo che non
ammodernarono l'organizzazione dei loro stati. Si approfondiva così
lo storico divario tra il Nord luterano e il Sud cattolico e feudale.
Chi non aveva un reale ruolo politico era - oltre le classi lavorative
dell'agricoltura, dell'artigianato e delle prime manifatture industriali
- la borghesia, che in Germania aveva un ruolo rigorosamente confi-
nato nella sfera economica, salvo alcune rare eccezioni rappresentate
dalle libere città - come quelle anseatiche, Francoforte e poche altre
- e dai cantoni elvetici, che già godevano di indipendenza politica,
con forme statali fondate sul potere del patriziato.
All'interno della borghesia un posto particolare spettava al Bildungs-
burgertum, alla borghesia colta e istruita, ambiguamente sospesa tra
l'autorevolezza e il disprezzo per le condizioni economiche, spesso mo-
destissime. A essa si ricollega un fenomeno tipicamente protestante:
il pastore e la sua famiglia. Il pastore appartiene al ceto colto con la
funzione spirituale di mantenere viva la fede nel messaggio della Ri-
forma e insieme con l'incarico sociale di mediare e garantire il con-
senso verso il sovrano, suo diretto datore di lavoro, in quanto capo
della chiesa territoriale. Molti scrittori sono o pastori o figli di eccle-
siastici protestanti. Il figlio del pastore si trova all'interno di quel pro-

PIE~SMOEILLUMINISMO 27

cesso - dal '700 sempre più accelerato - di secolarizzazione dei conte-


nuti tradizionali della cultura religiosa, assorbita tra le quattro pareti
domestiche della modesta casa paterna. Nei figli dei pastori, da Les-
sing a Nietzsche fino a Benn e Durrenmatt si notano delle costanti:
un altissimo senso della lingua, appresa dai testi sacri luterani, e una
forte consapevolezza del problema morale e della missione spirituale
dell'uomo insieme con l'intuizione di vivere in un'epoca non più salda-
mente ancorata alla fede dei padri, ma traversata da una crisi dei valo-
ri, provocata dall'Illuminismo. La borghesia colta, alquanto margina-
lizzata, si conquistò un suo spazio nell'interiorità, cui già l'orientava
la tradizione teologica luterana, che venne ripresa e approfondita in
questa concentrazione nella sfera della cultura filosofica, artistica, mu-
sicale e poetica, nonché nella prassi quotidiana, incentrata sulla pie-
tas, cioè sull'esperienza di intensa devozione.
Il vero organizzatore del movimento pietista fu l'alsaziano Philipp
Jakob Spener ( 1635-1705), autore nel 1675 dei Pia Desideria, mentre
appartiene alla generazione successiva August Hermann Francke
(1663-1727), che tradusse la religiosità pietistica in un programma pe-
dagogico, accettato e diffuso nella Germania luterana. Il pietista con
la sua cultura dell'anima e l'esibizione di un cristianesimo sempre pro-
fessato, almeno a parole, provocò una polemica vivace e anche vio-
lentemente ostile. Lo stesso termine Pietist divenne una designazione
ironica per indicare un atteggiamento ipocrita piuttosto che realmen-
te cristiano.
Accanto al Pietismo ufficiale si muoveva tutta una serie di ricercato-
ri, pensatori e animatori di piccole comunità spirituali che si poneva-
no sulla scia della tradizione mistica ai margini della società e della
cultura ufficiali, influenzandole con i loro ideali di emancipazione in-
teriore e con la pratica di tolleranza. Tra questi pensatori isolati ricor-
diamo Gottfried Arnold (1666-1714), autore di una formidabile sto-
riografia alternativa della spiritualità cristiana con l'opera Unparteii-
sche Kirchen- und Ketzergeschichte (Storia imparziale delle chiese e
degli eretici) del 1699-1700, letta ancora ai tempi di Goethe, che fre-
quentò questi ambienti, lasciandosi pervadere profondamente da que-
sta cultura di misticismo pietistico. Un altro esponente d'illuminata
energia organizzativa fu il conte Nikolaus Ludwig von Zinzendorf 
(1700-1760), che nei suoi possedimenti di Herrnhut nel 1722 ospitò la
prima congregazione di pietisti, esuli dai territori asburgici, seguaci
del protestantesimo ceco, riuniti nella comunità dei Fratelli Moravi.
A Herrnhut nasce un esperimento globale, pedagogico, culturale, ma
anche economico e missionario, che seppe produrre una vasta lette-
ratura dell'interiorità. Era quella incentrata sul culto del cuore, che
assurgeva a metafora sacra della nuova soggettività. L'introspezione
attraverso diari o lettere-confessioni ai fratelli in Cristo era una prassi
28 STORLDELLA LETTERATURA TEDESCA

continuamente sollecitata, che creò le premesse religiose della nuova


spiritualità dell'età di Goethe.
Mentre nei paesi occidentali si propagava la cultura dei lumi, in
Germania il crescente diffondersi dell'Illuminismo va di pari passo
con la forte e radicata esperienza pietista. Il profondo rinnovamento
della filosofia, che viene proposto da Gottfried Wilhelm Leibnitz ( 1646-
1716), affermato e imposto dal suo efficientissimo discepolo Chri-
stian Wolff (1679-1754), come pure autonomamente da Christian Tho-
masius (1655-1728), pensatore originale, attratto dal pragmatismo piut-
tosto che da un rigoroso e normativo razionalismo, contribuisce a una
rifondazione dell'intera cultura tedesca e delle sue istituzioni peda-
gogiche. L'Illuminismo tedesco, a differenza da quello delle altre na-
zioni occidentali, ha un prevalente carattere accademico e istituzio-
nale, con una salda preparazione erudita e una attenzione al rigore e
alla divulgazione colta, ma anche con un rigido conformismo, che -
salvo rari casi, come quello di Lessing - risulta eccessivamente coin-
volto nel giustificare l'assolutismo dinastico, che, a sua volta, proteg-
ge e sostiene materialmente i professori illuministi. Il carattere pe-
dante di siffatta cultura è stato ironicamente raffigurato, nel 1759, dal
personaggio di Pangloss nel Candide di Voltaire. Per intuire la speci-
ficità più feconda della ricca civiltà letteraria del Settecento tedesco
non si deve mai disgiungere il peculiare rapporto di attrazione e di
repulsione che intercorre tra i grandi protagonisti del secolo: il Pieti-
smo e l'Illuminismo, nemici giurati in tutto, il primo teso verso il pri-
mato della devozione fino a scadere nella bigotteria e nell'ipocrisia,
l'altro pronto a sostenere le tematiche della raison, della ragione, del-
lo sviluppo scientifico, ma spesso impantanandosi in uno- scolastici-
smo capzioso, che giustificava ogni cosa se ben accetta al principe.
Uno dei primi scrittori, che curiosamente oscillava tra la prosa ga-
lante e quella pietista, è Johann Gottfried Schnabel (1692-1750). Il
romanziere approdò a una scrittura libertina, dopo aver composto nel
1731 un romanzo pietista Wunderliche Fata einiger Seefahrer (Straor-
dinari destini di alcuni naviganti). Il libro, noto nella sua riesumazio-
ne romantica a opera di Tieck col titolo di Insel Felsenbug, si inserisce
nel fortunato genere delle robinsonate, di quei racconti d'awentura e
di viaggio, sorti sulla scia dell'immenso successo del Robinson Crusoe,
che Defoe scrisse nel 1719. Si parla di un viaggio e di un naufragio su
un'isola australe, ancora disabitata. Gli unici naufraghi sono una gio-
vane coppia e un capitano francese, che si rivela degno del suo cliché
di uomo malvagio, dissoluto libertino, rapidamente eliminato per con-
sentire ai due bravi giovani di fondare una famiglia, anzi un'intera co-
munità arricchita di figli e di qualche altro naufrago, spedito dalla prov-
videnza per evitare peccaminosi rapporti incestuosi. Da robinsonata
il romanzo si trasforma in utopia della piccola comunità pietistica,

PlEllSMO E ILLUM~NISMO 29

orante e laboriosa: gli stessi naufraghi risultano essere degli eleffi per
volontà superiore.
La lontana patria australe tiene a battesimo un linguaggio letterario
semplice, trasparente, che scorre lievemente con effeffi gradevoli nella
raffigurazione credibile di una comunità di uomini nuovi: la Germa-
nia e l'Europa sono - come nel Simplicissimus - il mondo alla rove-
scia, vecchio e decrepito, corrotto. E in questa critica gli illuministi
trovano punti di contatto con i pietisti.
Colui che aveva spianato la strada al wolfflsmo - inteso quale va-
riante accademica e «autorizzata» dell'Illuminismo leibniziano - nel-
la civiltà letteraria tedesca è stato Johann Christian Gottsched (1700
1766). Grande erudito, infaticabile organizzatore di cultura, curatore
di riviste, contribuì in maniera decisiva a riformare la poetica, purifi-
candola dalla ridondanza secentesca e omologandola ai criteri del Clas-
si~noancese, mutuato da Boileau e da Fénélon. L'attività di Gott-
sched,~eceptor Germaniae, si ampliò verso il teatro, ancora appan-
naggio del mecenatismo di corte o legato alle istituzioni ecclesiasti-
che. Era oggettivamente difficile riformare o fondare un teatro senza
un pubblico, senza una società letteraria che si riconoscesse nel-
l'esperienza teatrale. Gottsched s'impegna in questa impresa appog-
giandosi completamente all'esempio francese, invocando anche per
la Germania una drammaturgia simile a quella francese. In ciò venne
insistentemente criticato, come pure fu disapprovata da Lessing l'espul-
sione dalle scene di quei personaggi popolareschi che pur ravvivava-
no l'azione teatrale, radicandola nella realtà sociale tedesca. Abbia-
mo avvicinato alcune delle questioni più assiduamente discusse per
tutto il secolo: l'istaurazione di un teatro tedesco, di cui si occuparono
gli scrittori illuministi e il problema dell'imitazione dei francesi, che
all'interno del dibattito culturale tedesco suscitava violente polemi-
che. Francesi erano le maniere affettate dei cortigiani, francese era il
modello dell'assolutismo. La Francia era ammirata, ma anche guar-
data con diffidenza dai circoli luterani e da quelli radicali, né si di-
menticava che francesi erano le truppe che avevano occupato territo-
ri dell'impero. La reazione fu suggerita da argomenti che sconfinava-
no dall'ambito meramente letterario. Quando si parlava della priori-
tà dei modelli francesi o di quelli inglesi non s'intendeva riferirsi solo
a gusti o atteggiamenti estetici: orientarsi verso Parigi o Londra era
una scelta di campo anche politica. I più feroci awersari della «ma-
niera» e della moda francesi sono stati gli Sturmer, che, adoravano
Rousseau e tenevano in gran conto Diderot.
Gottsched fu l'animatore di un movimento letterario che rapidamen-
te lo sorpassò e che prese l'abitudine di criticarlo aspramente e inge-
nerosamente. La polemica contro la supremazia francese si allargò
anche alla rivalutazione dei modelli inglesi e soprattutto di Shakespea-
30 STORLDELLA LETTERATURA TEDESCA

re, di cui si ammirava l'ardito realismo insieme con la grandiosità fan-


tastica. Due autorevoli inteUettuali svizzeri Jalu~b Bodmer (1698-1783 )
e Johann Jakob Breilinger (1701-1776), replicarono vigorosamente
alle tesi di Gottsched, aprendo la poetica illuministica - fino allora ri-
gidamente ancorata a un razionalismo normativo e intellettualistico -
a una interpretazione attenta alla funzione della fantasia. I dibattiti
venivano corroborati con numerosi esempi letterari, che fecero dei
due svizzeri eminenti filologi ed editori di testi medievali.
Sia Gottsched sia gli svizzeri ricorsero allo strumento di dibattito in-
tellettuale, privilegiato dagli illuministi, della rivista. A modello furo-
no prese le riviste «morali» inglesi, mai uguagliate. Le tedesche con-
ducevano un'esistenza precaria, che tuttavia testimoniava del graduale
formarsi di un pubblico colto, coinvolto nei grandi dibattiti dell'epo-
ca. Ciò in cui tutti si trovarono d'accordo fu nel fornire maggior deco-
ro espressivo al tedesco in un'età, in cui in Germania la cultura uffi-
ciale preferiva ancora il latino o il francese. Quella convergenza d'in-
tenti, sostenuta da altri intellettuali - tra cui il lessicografo Johann
Christoph Adelung (1732-1806) - sortì l'effetto sperato di creare de-
finitivamente una lingua colta, pronta a divenire lo strumento lingui-
stico per le ardite produzioni letterarie e filosofiche dell'ultimo Sette-
cento, la vera «età d'oro» della cultura tedesca di tutte le epoche.
La sensibilità poetica della nuova era dei lumi in Germania si an-
nuncia con una rigogliosa fioritura di lirica della natura quale testi-
monianza di un nuovo rapporto armonioso con l'ambiente; tra i princi-
pali poeti di questa corrente c'è l'amburghese Barthold Heinrich
Brockes (1680-1747), infaticabile traduttore e soprattutto autore di
un'antologia poetica Irdisches Vergnugen in Gott, bestehend in physi-
kalischen und rnoralischen Gedichten (Godimento terreno in Dio, con-
sistente in poesie d'argomento fisico e morale).
In una prospettiva analoga di ottimistica accettazione del creato si
colloca lo scienziato e letterato svizzero Albrecht von Haller (1708-
1777) col suo poemettoDieAlpen (Le Alpi), composto nel 1729 in se-
guito a un suo soggiorno in montagna.
Nel Settecento la cultura tedesca è ancora immersa in un paesaggio
agricolo con immense foreste e grandi fiumi e vaste pianure. Ciò fa-
vorisce un contatto con una natura presente e frequentata, che si ri-
specchia - per mezzo del nuovo sentimento mondano diffuso dall'Il-
luminismo - nella lirica della natura. Sorta sulla scia di una innovativa
concezione religiosa della fisico-teologia, questa poesia trapassa nel-
la Empfindsamkeit e nello Sturm und Drang per proseguire col Ro-
manticismo e il realismo fino al nostro secolo. Certi atteggiamenti «ver-
di» nella cultura politica e nella diffusa sensibilità collettiva della Ger-
mania attuale si spiegano più facilmente tenendo conto di questa ro-
busta tradizione letteraria, incentrata sulla natura.

Plr~lsMo E ILLuMlNlSMO 31

Parallela alla Naturlyrik awiene la ripresa settecentesca, all'interno


della poesia rococò, dei modelli anacreontici che, al di là dell'opera-
zione erudita, si giustifica in quanto contribuisce alla rivalutazione dei
piaceri mondani nella loro semplicità conviviale e amorosa. E una vena
di spensieratezza, più apparente che sostanziale. Non si può parlare
di una corrente libertina, gli anacreontici sono eruditi lettori dei clas-
sici come Friedrich von Hagedorn (1708-1754) e Wilhelm Ludwig
Gleim (1719-1803), convinto assertore dell'eudemonismo greco.
Nel corso del secolo la cultura illuministica guadagna terreno e si
estende anche oltre le aule universitarie, conquistando simpatie e ade-
renti, come pure una nuova generazione di autori satirici, polemisti
acuti e spiriti voltairiani, come GottliebWilhelm Rabener (1714-1771)
e soprattutto Georg Christoph Lichtenberg (1742-1799), scienziato,
illustre matematico e raffinato conoscitore degli uomini e delle istitu-
zioni. La sua cultura era sostanzialmente permeata da quella inglese,
verso cui era orientata l'università di Gottinga, di recente fondazione,
a differenza dell'ateneo di Lipsia, dominato da Gottsched e dalla sua
scuola. Lichtenberg si dedicò alla stesura di una sorta di diario intel-
lettuale, uno zibaldone, pubblicato postumo, che riflette una coscien-
za critica scettica e arguta.
La figura principale dell'Illuminismo tedesco è Gotthold Ephraim
Lessing (1729-1781). Figlio di un pastore protestante, condusse una
vita intensa e fortemente antiaccademica. Non concluse i suoi studi,
rifiutò di studiare teologia, motivando il suo diniego in una lettera al
padre che è anche un manifesto della nuova cultura laica, ancorché
pervaso di rispetto e ammirazione per la tradizione. Da autentico po-
ligrafo si interessò già negli anni giovanili di critica letteraria, di tea-
tro, di estetica owero di quelle nuove forme della civiltà intellettuale
dove la nuova società borghese confermava la sua identità culturale.
Lessing fu un intellettuale che tentò di essere libero e indipendente
senza riuscirci totalmente. Fu costretto ad accettare diversi compro-
messi, tra cui uno assai bizzarro: fu segretario di un generale prussia-
no durante la guerra dei Sette anni. Cercò di sostenere - ma senza du-
raturo successo - con la sua attività critica il nuovo teatro stabile di
Amburgo e dovette infine assumere un impiego a Wolfenbuttel pres-
so la biblioteca del duca di Braunschweig.
Tedesco della sua epoca, Lessing aveva la sensibilità e l'intelligenza
di comprendere le ragioni degli altri e ciò gli riuscì specialmente col
teatro. Già i suoi primi drammi - sui pietisti, gli ebrei e i libertini -
mostrano tutta la novità della coscienza illuministica. Lessing supera
gli schemi e le dichiarazioni formali per cogliere l'essenza di un atteg-
giamento culturale. A lui illuminista interessa la prassi dell'uomo as-
sai più delle idee professate poiché dall'azione sorge la vera coscien-
za. Il razionalista laico spezza una lancia a favore del pietista perché
32 STORlA DELLA LEl~ERATURA TEDESCA

ne sa apprezzare l'autenticità morale e la buona fede al di là delle dif-


ferenze d'opinione. Ancora più netta è la coraggiosa difesa filosemita
nel breve dramma Dieluden (Gli ebrei) del 1749 e tale tema percorre
tutta la sua opera ed è opportuno riflettere che il più grande illumini-
sta tedesco si sia decisamente schierato a favore degli ebrei, coltivan-
do l'amicizia con il filosofo israelita Moses Mendelssohn (1729-1786).
Illuministica fu anche la sua adesione alla massoneria intesa come or-
dine laico della tolleranza confessionale e sociale, ancorché rispetto-
so del problema del mistero e dell'esperienza religiosa, disancorata
da un'ortodossia autoritaria.
Intellettuale di vastissime letture, dominava la tradizione classica,
ma anche la letteratura tedesca, come pure quella francese e inglese.
La sua cultura aveva un tratto di erudizione antiquaria e di poderosa
preparazione teologica, che caratterizzava la serietà dei suoi inter-
venti, numerosi e qualificati. In questa ampia e varia produzione si ri-
corda la brillante trattazione esteticaLaokoon del 1766 che è una col-
ta e vivace riflessione sui generi estetici della poesia e delle arti figu-
rative. Ma il Lessing ancora vivo è quello teatrale. Il suo primo trionfo
è stato il dramma sentimentale Miss Sara Sampson del 1755, ispirato
da The London Merchant del 1731 di George Lillo (1693-1739), che è
un omaggio al gusto lacrimevole dell'epoca e insieme un riconosci-
mento delle nuove virtù della borghesia commerciale contrapposta ai
corrotti esponenti dell'aristocrazia, ormai priva di una missione stori-
ca e di una giustificazione morale. Ci troviamo confrontati con la sto-
ria di seduzione della giovane ingenua e fiduciosa Sara, che si offre
allo sciagurato e dissoluto Mellefont. Il dramma segna il superamento
storico della fase libertina dell'Illuminismo, impegnato - in Germa-
nia più che altrove attraverso lo strenuo raffronto dialettico con il
Pietismo - ad attingere una nuova coscienza rigorosamente morale.
Lo scontro interno tra gli stati tedeschi fornisce lo spunto per quella
che viene considerata la più divertente e vivida commedia tedesca, la
Minna von Barnhelm del 1767, in cui con levità e grazia mozartiana
Lessing trasfigura i contrasti tra sassoni e prussiani - esacerbati dalla
guerra dei Sette anni - in una garbata favola a sfondo realistico. La
stessa critica ai metodi di rapina praticati dalle armate - nella fatti-
specie quelle di Federico II di Prussia (1712-1786) - si stempera in un
improbabile lieto fine favorito da un inverosimile rawedimento del
sovrano.
Ciò che era immerso in una soffusa atmosfera di aggraziata ironia
rococò precipita nel 1772 in tragedia nell'Emilia Galotá, crudo atto di
accusa delle pratiche illegittime e dei soprusi dell'assolutismo. A Wol-
fenbuttel Lessing aveva rinunciato alla libera attività, ma non all'in-
domita missione intellettuale. Lo scrittore trasferì l'azione della vio-
lenza da parte di un principe nei confronti di una giovane in un ipote-

PIETISMO E ILLUMINISMO 33

tico staterello italiano. Lo sfondo meridionale autorizzava lo sconfi-


namento della fantasia verso situazioni oscure e peccaminose. La novità
nel dramma è che Emilia, la protagonista, non è più l'eroina cristiana
o stoica del dramma barocco. Emilia è già una donna moderna che av-
verte il fascino dell'attrazione, che sente la lusinga di risvegliare il de-
siderio e che, per questa rivoluzionaria consapevolezza della propria
fisicità, sceglie la morte quale unico esito ammissibile per salvaguar-
dare la sua moralità che è ormai il fondamento irrinunciabile della
nuova coscienza soggettiva.
Lessing deve ricorrere ancora a uno spostamento spaziale per met-
tere in scena il suo ultimo lavoro: Na~han der Weise (Nathan il saggio)
del 1779. Con il teatro l'autore risponde a una provocazione. Coin-
volto in una aspra polemica con gli ambienti conservatori e ortodossi
della chiesa luterana, gli viene impedito di proseguire la disputa con
ulteriori pubblicazioni di critica teologica. Si affida dunque al suo col-
laudato strumento: la scena, scrivendo il dramma che è il capolavoro
dell'llluminismo in Germania e uno dei più riusciti della moderna
drammaturgia tedesca. L'azione si svolge in una Gerusalemme da fa-
vola dove s'incontrano i rappresentanti delle tre religioni. Il lavoro in-
tende dimostrare la centralità della tolleranza e il primato dell'azione
sulla teoria, riconfermando l'impostazione già proposta dallo scritto-
re. La perfezione formale sorregge una storia leggera che scioglie con
grazia settecentesca i nodi ingarbugliati di tensioni e violenze che si
placano in una cornice filadelfica e filantropica.
L'altro elemento lessinghiano che di nuovo affiora potentemente è
il filosemitismo, che abbiamo già incontrato, insieme con una corag-
giosa critica al cristianesimo intollerante e aggressivo - rappresentato
nel dramma da un giovane crociato tedesco alquanto bellicoso e, al-
meno all'inizio, ottusamente intransigente. In scritti contemporanei
d'argomento massonico e filosofico - come negli aforismi della Erzie-
hung des Menschengeschlechts (L'educazione del genere umano) -
balena una forte aspirazione utopica che fa appello al mito esoterico
della metempsicosi per awalorare l'ipotesi che è sulla terra che l'uomo
giunge alla perfezione nel corso degli eoni. In Lessing troviamo riuni-
te in una sintesi straordinaria le varie componenti dell'Illuminismo
tedesco con la sua privilegiata attenzione per la teologia e l'esperien-
za pietistica, reinterpretate in chiave dell'utopia illuministica.
Un altro autore che pure presenta una cultura razionalista con una
nostalgia pietistica è Christian Fiirchtegott Gellert (1715-1769), scrit-
tore di favole e di garbate commedie, ma soprattutto di un romanzo
che sa ancora mantenere il fascino narrativo originario. Si tratta di
una biografia immaginaria: Das Leben der schwedischen Grdfin von
G* (La vita della contessa svedese von G*) del 1747. L'ambiente è
settecentesco, i rapporti tra la contessa, la protagonista, e i suoi due
mariti sono calati in un garbato gioco sociale pensabile solo nelle sof-
fuse atmosfere sentimentaleggianti del tempo. Il primo marito, un no-
bile, dato per disperso, torna dopo anni di assenza, durante cui la gio-
vane si è di nuovo unita in matrimonio. Riconosciuti i diritti del legit-
timo sposo, il secondo decide di allontanarsi, ma viene trattenuto con
amicizia. Si forma quel casto, ma non completamente innocente trian-
golo del Pietismo sorretto dalla virtù filadelfica che sapeva sublimare
situazioni morbose, inondandole di una luce filantropica.
Tra Pietismo, cui aderisce da giovane, e i'Illuminismo della maturità
oscilla anche Christoph Martin Wieland (1733-1813), autore dall'ele-
gante ironia settecentesca. Scrittore longevo e proficuo, sostenuto da
una alta concezione della letteratura, mutuata dalla classicità, fu in
un secolo di figure titaniche un personaggio equilibrato, volutamente
appartatosi. Pur tuttavia seppe guadagnarsi un ruolo culturale coi
suoi numerosi libri e con la celebre rivista Der Teutsche Merkur (Il
Mercurio tedesco), che, pubblicata dal 1773 al 1810, è stato il princi-
pale organo della cultura letteraria dell'ultimo Settecento tedesco.
Simile ad altri scrittori della sua epoca, Wieland, maestro di raffina-
tezza stilistica, si era formato sugli autori classici e sui francesi e gli in-
glesi. Era un efficace e solerte traduttore che arricchì la cultura tede-
sca con fedeli traduzioni dei drammi di Shakespeare. Con lui nasce il
romanzo d'educazione nell'accezione moderna del termine con l'opera
Die Geschichte des Agathon (La storia di Agathon) del 1766, che è la
narrazione delle traversie educative di un giovane greco che apprende
il fondamentale insegnamento illuministico: dal soggettivismo fanta-
stico e sentimentaleggiante (ancora vincolato alla soglia pietistica) il
protagonista incontra l'oggettività mondana, misurarandosi con la
realtà per divenire un utile membro della società.
Chi ha più contribuito all'orientamento classicista della civiltà lette-
raria tedesca è stato lo studioso di archeologia e filologia Johann Joa-
chim Winckelmann (1717-1768), che inaugura quell' ininterrotto pel-
legrinaggio di intellettuali tedeschi che videro in Roma e nella Grecia
la loro patria spirituale, I'humus in cui sprofondavano le loro radici.
Era una ricerca, quella aperta da Winckelmann, tutt'altro che musea-
le. Egli traeva dall'antica cultura modelli morali e suggestioni esteti-
che, rivitalizzate insieme a quell'ideale repubblicano e stoico con cui
il Settecento amava riconoscersi nella classicità.
Il filone pietistico, a contatto con le dinamiche culturali della secola-
rizzazione, messe in atto dall'Illuminismo, si sviluppò nella cultura
sentimentale, nellaEmpfindsamkeit. Fliedrich Gottlieb Klopstock (1724-
1803) ne fu il rappresentante riconosciuto già in gioventù con la com-
posizione delle Oden (Odi) - la prima è del 1747 - che raggiungono i
vertici espressivi della lirica tedesca dell'epoca, innovandola radical-
mente attraverso un atteggiamento di venerazione per la natura. Una
natura che non è più arcadica, pastorale o quella dei parchi di gusto
rococò, bensì una natura - come affiora nella celebre ode sul Lago di
Zurigo Der Zurcher See del 1750 - che ha acquisito gli attributi della
stessa divinità, o almeno della Mutter Natur, di madre natura, quale
esperienza estatica, prossima all'epifania panteistica del sacro dello
Sturrn und Drang. Ancora all'interno di una tradizione religiosa, nu-
trita del modello miltoniano del Paradise Lost (in anni in cui la cultu-
ra tedesca era ancora tributaria di Parigi) sorge l'ambizioso poema di
KlopstockDerMessias. E;in Heldengedicht (Messiade. Un poema eroi-
co), che cominciò ad apparire nel 1748 per terminare assai stanca-
mente nel 1773. Eppure quelle prime tre cantiche, pubblicate sulla ri-
vista Bremer Beitrage, fecero scalpore: la poesia tornava a cantare in
tedesco. La gioventù ne restò commossa e su quelle cantiche si formò
il gusto sentimentale del secolo fino ad approdare al Romanticismo.
Fu questa letteratura della sentimentalità che fece balenare la sog-
gettività sturmeriana, ponendo in crisi l'esperienza illuministica, già
scossa dalla scrittura rivoluzionaria di Rousseau.

IV. L età di Goethe

L'attacco più radicale alla corrente razionalistica fu sferrato da in-


tellettuali di formazione luterana che avevano profondamente ripen-
sato la loro cultura, aprendola alla suggestione della modernità, ac-
centuando l'intuizione irrazionalistica di una missione spirituale del-
l'uomo che si realizza nella storia dei popoli e delle culture, seguendo
gli oscuri piani della provvidenza. Johann Georg Hamann (1730-1788)
detto il «Mago del Nord», fu l'ispiratore, dal pensiero enigmatico e
confuso, di quel vasto movimento di critica all'Illuminismo razionali-
sta, ma anche di riflessione polemica verso le strutture e le concezioni
teologiche del luteranesimo. La lingua di Hamann è ispirata, criptica,
oscura; la sua struttura concettuale è traversata da paradossi, allusio-
ni, provocazioni intellettuali e fulminanti illuminazioni, nonché da un
apparato metaforico saldamente radicato nella letteratura biblica e
teologica oltre che classica. Il contributo dell'ampia produzione rap-
sodica di Hamann è stato fecondo per la riconsiderazione del lin-
guaggio quale facoltà misteriosa e privilegiata della spiritualità uma-
na, fraintesa dal materialismo illuministico.
Siffatta meditazione è stata proseguita, sviluppata e divulgata da un
altro tedesco baltico, Johann Gottfried Herder (1744-1803). Anche
lui di rigorosa formazione luterana divenne pastore dopo gli studi com-
piuti a Konigsberg dove ebbe come maestro Immanuel Kant (1724-
1806), da cui mutuò l'apertura alla cultura europea, nonché elementi
di critica all'Illuminismo, che lui accentuò in chiave irrazionalistica.
Estendendo i suoi interventi alla riflessione letteraria, Herder si af-
36 STORIA DELLA LETTERATURA TEDESCA

krmò quale intellettuale vivace e acuto, che pose al centro della sua
riflessione il nodo cruciale dell'interazione tra immagine, sentimen-
to, raffigurazione e storia. La critica letteraria si arricchì di contributi
mutuati dalla filosofia del linguaggio, nonché dalla filosofia della sto-
ria, la cui intuizione - sollecitata dallo studio di Vico - è stata il più si-
gnificativo esito culturale di Herder. Il linguaggio, come pure la cul-
tura sono processi che non possono essere spiegati con proposizioni
teologiche o metafisiche. Lo stesso materialismo di certi ambienti il-
luministici era solo la rigida trasposizione di una spiegazione meta-
storica dell'universo linguistico e culturale. I saggi, scrini in uno stile
antiaccademico, suggestivo ed entusiastico, sulla storia e suU'origine
del linguaggio sono i capisaldi intellettuali del rifiuto deUe spiegazio-
ni iUuministiche, astratte, distaccate dalla concretezza individuale, chiu-
se aUa comprensione del reale accadimento storico culturale. Per Her-
der l'individualità, storicamente data, è subordinata all'attività lingui-
stica che crea l'anima, nominandola. Una siffatta prospettiva recupe-
ra ed esalta la soggettività quale luogo privilegiato e misterioso deUa
creatività attraverso l'interpretazione della genialità deU'uomo. Riva-
luta inoltre le origini popolari di una cultura con una attenzione sco
nosciuta agli illuministi che vedevano nella tradizione - religiosa o
letteraria - solo gli oscuri esordi di una consapevolezza intellettuale.
Per lo scrittore sono i momenti aurorali della cultura, come pure del-
le manifestazioni etniche e nazionali, quelli maggiormente rivelatori
deU' originalità geniale e creativa. L'autenticità si coglie neUo stadio
primitivo di un evento. Ciò comporta una rivalutazione dei canti po-
polari, deUe favole, delle leggende, dei primi poemi, tra cui un posto
privilegiato è riservato alla Sacra Scrittura, considerata il più anbco
documento poetico dell'umanità. Fu Herder il pensatore che mise in
crisi definitivamente il wolffismo accademico, seducendo la nuova ge-
nerazione, cui additava la dignità del genio germanico, testimoniato
daU'arte medievale, nonché la missione di riedificare la cultura tede-
sca, depurandola dagli inquinamenti francesi (con le grandiose ecce-
zioni di Rousseau e Diderot).
Un episodio biografico rappresentò il corto circuito di queUa «rivo-
luzione letteraria tedesca» che fu, secondo una celebre definizione di
Goethe, lo Sturm und Drang (Tempesta e impeto). Per un fastidioso
disturbo agli occhi che lo costrinse all'immobilità e aU'oscurità Her-
der trascorse un lungo periodo a Strasburgo nei mesi in cui un giova-
ne francofortese concludeva i suoi studi accademici di diritto, benché
fosse così interessato alla poesia da frequentare, dall'aprile aU'agosto
1770, con entusiasmo Herder convalescente. Il giovane studente era
JohannWolli ang Goethe (28-8-1749/22-3-1832), il piÙ grande e i l più
rappresentativo poeta tedesco di tutti i tempi. Per Goethe fu il risve-
glio definitivo deUa sua vocazione poetica. Aveva già dato considere-

L'ETÀDIGOETHE 37

voli prove in componimenti elegantemente rococò di ispirazione ana-


creontica o moraleggiante, ma l'incontro fu determinante nel convo-
gliare e unificare le sue straordinarie energie interiori verso la lettera-
tura, intesa quale missione spirituale, quale via di realizzazione e di
conoscenza, che subentrò a una nostalgia mistica e pietistica, palesa-
taglisi - alcuni mesi prima - durante una misteriosa e gravissima ma-
lattia (si temette per la sua vita), da cui fu salvato da uno strano dot-
tore dedito oltre che a Esculapio anche a Ermes, nume esoterico
dell'alchimia.
La poesia sturmeriana divenne la corrente egemone nella letteratu-
ra tedesca del tempo, cui contribuirono alcuni giovani riunitisi, nei
primi anni Settanta, intorno a Goethe a Strasburgo e poi a Francofor-
te. Il più coerente e originale esponente è stato Jakob Michael Rein-
hold Lenz (1751-1792), autore di due indimenticabili capolavori dram-
matici: DerHofrneister (Il precettore privato) del 1774 e Die Soldaten
(I soldati) del 1776. Questi drammi dimostrano l'interesse di quei gio-
vani autori per il teatro quale luogo pubblico di denuncia urlata della
miseria tedesca. Ma questi lavori sono anche l'occasione di raffigura-
re irrisolti conflitti generazionali, familiari che in quel peculiare mo-
mento storico - ci awiciniamo alla Rivoluzione francese - sono per-
vasi da una carica rivoluzionaria, che prese la via della letteratura in-
vece che quella dell'insurrezione politica. Emblematico è lo Hofrnei-
ster che narra l'impossibilità sociale per un giovane intellettuale povero
della borghesia colta di sposare una nobile. A lui si offre solo la re-
gressione: sposa una contadina dopo essersi evirato. Tra le possibili
interpretazioni una si impone immediatamente: l'impotenza cui si re-
lega la borghesia tedesca incapace di instaurare un rapporto creativo
con le classi popolari.
Era, quella sturmeriana, una rivoluzione parziale, confinata nell'am -
bito letterario. Eppure in siffatto contesto la sua portata fu immensa,
come dimostra l'opera più significativa e artisticamente perfetta del
movimento: Die Leiden des jungen Werthers (I dolori del giovane Wer-
ther) del 1774 che si affermò come il primo successo mondiale della
letteratura tedesca. Col Werther la letteratura tedesca diventa mag-
giorenne e da seguace dei modelli stranieri si trasforma in quella cui
si ispirarono le altre letterature per decenni. Il romanzo influenzò
profondamente Leopardi e Foscolo. L'amore infelice s'inserisce nella
storia di una soggettività esaltata, che si celebra nella morbosa uni-
versalizzazione della propria interiorità spinta fino al dialogo con un
principio sacrale che è la proiezione della soggettività. L'opera è ispi-
rata dal panteismo spinoziano e dalla poetica del genio del prero-
manticismo inglese, da cui è mutuato il culto ossianico per una poesia
falsamente ritenuta arcaica. Werther è un eroe del suo tempo, un gio-
vane sensibile e geniale, vittima di un ordinamento sociale rigido e so-
prattutto di una esasperazione soggettivistica che tende a porsi quale
unica totalità possibile, scontrandosi con la realtà oggettiva.
La scrittura è rivoluzionaria per la sua immediatezza coinvolgente e
appassionata: non si era mai scritto così in Germania. Goethe trae la
linfa vitale del suo linguaggio potentemente emotivo da una consoli-
data acquisizione della tradizione luterana e pietistica; in tal modo la
lingua del Werther è duplicemente originale perché innovativa e insie-
me perché torna alle origini del principale documento culturale della
Germania. Ciò che nel Werther è comunicato nei registri della narra-
zione realistica e della introspezione psicologica settecentesca, si su-
blima nei grandi inni del periodo sturmeriano, emblemi superbi della
titanica tensione del giovane poeta, che in queste composizioni si rifà
ai modelli classici - Prometeo e Ganimede - quali figure archetipiche
della nuova sensibilità soggettiva.
Eppure la rivoluzione gradatamente rientrò negli argini dell'ordine
rappresentato per Goethe dalla sua libera scelta di trasferirsi il 7 no-
vembre 1775 a Weimar quale precettore di Karl August (1757-1828),
duca di Sassonia-Weimar, che negli anni precedenti era stato affidato
alle cure pedagogiche di Wieland. Il sovrano con il consiglio del suo
precettore (che divenne una specie di factotum del ducato) trasformò
quell'insignificante cittadina nel centro luminoso di una civiltà all'in-
segna della Humanitat, dell'ideale più completo della dignità dell'uomo
operosamente inserito nella comunità in armonia con la propria epo-
ca e rispettoso del proprio genio - daimon - profondo.
A Weimar, in cui rimase per tutta la vita, Goethe ebbe modo di occu-
parsi dell'amministrazione della cosa pubblica come ministro con am-
pie responsabilità. Gli anni di governo lo maturarono, insegnandogli
i limiti e le possibilità dell'azione individuale. Da questa intensa espe-
rienza che rischiava di esaurire le sue forze interiori Goethe si eman-
cipò nel lungo soggiorno italiano dal 1786 al 1788, rientrando a Wei-
mar determinato a concentrarsi nell'attività culturale, nello studio
scientifico e specialmente nella letteratura.
In consonanza con le poesie sulla nuova concezione classica della
forma il valore creativo del limite (in antitesi con l'esaltazione entu-
siastica e irrefrenabile del sentimento e del genio sturmeriani) viene
affermato nei drammi ideati nel primo periodo weimariano e rielabo-
rati o conclusi in Italia: Iphigenie auf Tauris (Ifigenia in Tauride) del
1788, Egmont, pure terminato a Roma nel 1788 e Torquato Tasso del
1789.
All'interno di una riconsiderazione della convivenza umana e civile
si assiste a una rivalutazione della cultura settecentesca anche quale
reazione di segno decisamente conservatore verso la Rivoluzione fran-
cese, il regime giacobino, il Terrore, l'affarismo termidoriano e più in
generale la violenza e la volgarità dell'astrazione egualitaria e liberta-
ria, contraddetta da una prassi che riproponeva anche brutalmente
l'ordinamento classista negato in teoria. In siffatto contesto Goethe
valutò positivamente lo stesso Napoleone quale garante di un ordine
sorto dalla Rivoluzione, ma anche dal compromesso con l'ancien régi-
me. Il poeta intuiva nell'irresistibile risveglio nazionalistico tedesco,
quale reazione all'invasione francese, la mobilitazione di quel risenti-
mento teutonico, antioccidentale, che, pur di colpire la Francia - il
nemico secolare -, si sarebbe abbattúto anche contro i valori umani-
stici della civiltà europea.
Il pensiero politico e culturale di Goethe fu settecentescamente ispi-
rato dalla prudenza e dal conservatorismo illuminato, mentre la sua
produzione letteraria più matura avanzava nei misteriosi meandri
delle regioni sconosciute dell'interiorità e delle passioni. Per tutta la
vita Goethe lavorò a due progetti di opere che completò in vecchiaia.
La prima è il gruppo di romanzi attorno alla figura di Wilhelm Mei-
ster. Vi è una prima stesura, pubblicata postuma, nota quale Wilhelm
Meisters theatralische Sendung (La missione teatrale di Wilhelm Mei-
ster), che lo impegnò dal 1777, in un periodo ancora contiguo all'espe-
rienza sturmeriana. Nel nome del protagonista Wilhelm Meister
(Gugliemo Maestro) riecheggia quello dell'idolo degli anni giovanili
(mai smentito in seguito): William Shakespeare. E un giovane bor-
ghese che, innamorato del teatro, abbandona la sua operosa cerchia
mercantile per l'irresistibile vocazione per le scene. Il romanzo offre
una prospettiva felicemente realistica della vita teatrale dell'epoca.
La prosecuzione del lavoro, sollecitata da Friedrich Schiller e ripre-
sa dopo il 1794, si concluse nel 1796. Alle peripezie dei guitti e allo
stupore del giovane protagonista si aggiunge una cornice e un finale
serissimi, quasi rituali. Appare nella «Società della Torre» - la trasfi-
gurazione della massoneria settecentesca - un deus ex machina che
dirige e controlla i vagabondaggi del giovane, intervenendo nei mo-
menti cruciali per sostenerlo e orientarlo verso una maturazione psi-
chica e spirituale. Siffatta formazione viene colta attraverso l'espe-
rienza e le necessarie stazioni di un lungo errare. Ormai le vicende
del giovane sono introdotte nella griglia del Bildungsroman: i Wilhelm
Meisters Lehrjahre (Gli anni di noviziato di Wilhelm Meister) costitui-
scono il più celebre e convincente romanzo di formazione tedesco,
anche se i romantici intuirono una giustapposizione di elementi ete-
rogenei. All'awentura dei guitti si sovrappone la storia iniziatica e
quella fantastica dei personaggi romantici di Mignon e dell'arpista,
figure stupende del paradosso poetico completamente estranee all'este-
tica classica. Ma Goethe resta poeta anche per la ricchezza del suo re-
pertorio fantastico, che sconfina dai limiti della sua poetica. Nel 1829
Goethe pubblica la seconda parte del romanzo Wilhelm Meisters Wan-
derjahre (Gli anni di pellegrinaggio di Wilhelm Meister), in cui il pro-
tagonista - ricalcando un'antica pratica dell'iniziazione corporativa -
intraprende un viaggio, che è segno di ulteriore maturazione, di am-
piamento di coscienza e conoscenze, nonché occasione narrativa gio-
cata spregiudicatamente per introdurre nell'opera novelle, disquisi-
zioni e massime aforistiche. Si prefigura la crisi del romanzo, compat-
tamente saldato a un protagonista, realizzando l'apertura della forma
narrativa al saggio e alla digressione.
Da una costola del Meister, lo scrittore trasse, sviluppandolo autono-
mamente, un romanzo sulla crisi del matrimonio: Die Wahlverwandt-
schaften (Le affinità elettive) del 1809. Partendo da un'ipotesi scientifi-
ca della chimica, Goethe l'estende all'intreccio psicologico. La sottile
analisi di sentimenti è contemplata e descritta con uno sguardo di-
staccato, penetrante e malinconicamente conciliato con il tempestoso
universo della passione, come pure con quel dirompente movimento
romantico, che Goethe non accettò mai a livello teorico, acquisendo-
ne tuttavia il gusto per le suggestive atmosfere interiori e simboliche.
Un'altra grandiosa figura accompagnò Goethe per tutta la vita: quel-
la di Faust. Come nel Meister anche per questa tragedia si pone la
questione dell'unità della scrittura che si è protratta dagli anni giova-
nili fino a pochi mesi prima della morte del poeta. Si potrebbe parlare
di una «materia faustiana», variamente affrontata con prospettive
autonome, ancorché collegate dalla figura storico-mitica di Faust. La
prima stesura - mai pubblicata dal poeta, bensì ritrovata dopo decen-
ni tra le carte di una sua conoscente - viene chiamata dell'Urfaust
(Faust originario), cui l'autore lavorò tra il 1773 e la partenza per Wei-
mar in pieno periodo sturmeriano ed è quella più vicina al Volksbuch;
la poesia goethiana è legata ai grandi monologhi del protagonista - lo
scienziato mago, il titano, con cui il giovane sturmeriano idealmente
s'identificava. Sono inni grandiosi dello spirito esaltato che vive -
molto poco illuministicamente - la cultura come una mortificazione
della ricca e sensuale personalità umana. Alla scienza si contrappone
l'esperienza vissuta, il viaggio, l'awentura, l'apertura all'altro e dun-
que l'amore.
Il poema fu messo da parte per lunghi anni per riaffiorare durante il
soggiorno romano, quasi a contrasto con la mite natura del Sud. Al fram-
mento pubblicato nel 1790, che ampia e riprende l'Urfaust, Goethe
fece seguire solo nel 1808 la pubblicazione di Faust. Der Tragodie er-
ster Teil (Faust. Prima parte della tragedia). All'intuizione pantragica
giovanile, al titanismo sturmeriano si sostituisce gradatamente un'azio -
ne - raffigurata in una Germania cinquecentesca - più complessa,
che lavora all'evento tragico per enucleare una dialettica che si apre a
una prospettiva non più limitata dall'esaltazione soggettivistica. La
tragedia diventa poema, la teatralità si tramuta in narrazione, in cui
assume una funzione poeticamente e concettualmente centrale il dia-
logo tra Faust e Mephistopheles, il suo demone, ora innalzato a deu-
teragonista del mago, mentre l'Urfausl era incentrato nella tragedia,
commovente e trascinante, di Gretchen, l'infelice amante di Faust.
Laddove alla tragedia subentra la sequenza di scene cariche - se non
perfino sovraccariche - di emblemi didascalici, allegorici ed eruditi è
nella seconda parte (conclusa nel 1831) che descrive il viaggio di Faust
nel gran mondo e nella tradizione classica. Come il Meister, anche il
poema di Faust tende alla proliferazione ridondante di stilemi ma-
nieristici, che creano una situazione di opera aperta. La corte impe-
riale, la scoperta - esiziale per l'antico ordine - della diabolica mone-
ta cartacea e inoltre la sublime discesa di Faust nel regno della Madri
(che accosta il poema alle analoghe scene dell'Odissea, dell'Eneide e
della Divina Cornmedia), nonché l'unione d i Faust, il germano, l'espo-
nente della modernità attivistica, con Elena, intramontabile metafora
della bellezza classica, perfetta nella sua statica imperturbabilità,
sono le tappe cruciali della peregrinazione faustiana. Ma a differenza
di Meister, a Faust - in quanto figura mitica - è concesso un esito al-
tamente suggestivo nel rifiuto della magia all'apparire funereo della
Sorge, della Cura che abbatte anche l'uomo superiore. Accettando la
sua umanità, il suo destino, Faust trascende la tragedia, attingendo
una maturità spirituale, - irnmersa in una prospettiva utopica di soli-
darietà umana - che lo eleva a simbolo della nuova epoca moderna. È
l'individuo che supera la tentazione della potenza per riacquisire
quella naturalità che è la condizione umana. La cornice del poema
(non si può più parlare di scena teatrale) consente a Goethe un finale
mistico suggestivo che allude a uno sbocco sacrale fondato su una
concezione radicalmente tellurica e immanentistica.
Goethe fu autore di numerose opere poetiche (tra cui celebri odi e
ballate), ma anche scientifiche e saggistiche che contribuirono a con-
solidare il classicismo, che trovò in un altro scrittore, Friedrich Schil-
ler (Marbach 1759 - Weimar 1805), il suo più convinto assertore teo-
rico. Anche lui, come Goethe, approdò alla nuova esperienza poetica
ed estetica dopo una turbolenta e sofferta giovinezza. Schiller prove-
niva da una famiglia modesta, la sua educazione awenne all'interno
dei collegi militari voluti dal duca Karl Eugen. Su ordine del sovrano
studiò medicina, ma non si adattò a lungo alla rigida e ottusa discipli-
na, né all'arbitraria normativa del principe. Fuggito dal ducato, co-
minciarono anni di traversie economiche e di grande precarietà, cui
posero fine la chiamata a Weimar, l'insegnamento universitario nella
vicina Jena, una generosa borsa di studio di principi mecenati e il ri-
conoscimento del puWlico colto. Le tribolazioni e gli stenti giovanili
segnarono per sempre la sua vita, il suo carattere, minando la sua sa-
lute e provocando una morte precoce. L'opera schilleriana è percorsa
da un'immane volontà di affermazione che riproduce e sublima il suo
42 STORIA DELLA LETI ERATURA TEDESCA

percorso esistenziale. Il tema della sua scrittura è la raffigurazione


poetica e drammatica dell'indomito tentativo dell'uomo di sollevarsi
sulla contingenza e sulla necessità per attingere la provincia estetica
dell'ideale. Il suo teatro - che presenta le sue opere più note e artisti-
camente più riuscite -, la sua poesia, la sua narrativa e la sua vasta
produzione di saggistica storica e filosofica racchiudono un nucleo
coerente d'impegno e di determinazione morale che si fonda, a sua
volta, su una prospettiva utopica, mutuata dalla secolarizzazione del-
l'entusiasmo pietistico.
La capacità linguistica del tedesco ha raggiunto con Schiller una per-
fezione, una completezza, un'autentica classicità espressiva. Dagli inizi
solitari, in cui Schiller percorre con un decennio di ritardo lo scompi-
glio culturale e formale dello Sturtn und Drang, lo scrittore approda a
una pienezza stilistica, che non abbandonò più. Schiller è stato uno
storico, un filosofo, un organizzatore culturale, per mezzo di una infa-
ticabile opera di iniziative letterarie con la fondazione di riviste. Ma è
stato principalmente l'autore di teatro che seppe intuire la complessi-
tà della macchina scenica e la centralità dei dialoghi. Già nella prima
tragedia Die Rauber (I masnadieri) del 1781 riuscì a creare una forte
intensità drammatica con una azione dialogica rapida e incalzante.
La storia del conflitto tra fratelli e il disconoscimento del figlio meri-
tevole da parte del padre è sturmeriana. Eppure l'adesione di Schiller
alla rivolta giovanile è collegata a un'impetuosità e a una vocazione di
ribellismo generazionale che non elimina un tema profondamente
schilleriano: quello del rapporto con la legge. Per l'autore il protago -
nista di questo dramma, come pure quelli di altri suoi lavori, attinge
la libertà aderendo alla legge, accettandola quale istanza interiore su-
periore alla stessa vita. Il ribellismo affascina nei toni violenti e spre-
giudicati, ma è subordinato al riconoscimento del primato spirituale
della legge. Siffatta accettazione trascina il protagonista verso il suo
destino tragico. Lo scontro interiore è il rispecchiamento di una so-
cietà ingiusta e allo spettatore dell'epoca non sfuggiva la brutalità
della protesta, ma nemmeno l'arbitrio assolutistico che la scatenava.
Un dramma successivo Kabale und Liebe (Amore e raggiri) del 1784,
originariamente intitolatoLuise Millerin (titolo mantenuto dall'opera
di Verdi, grande ammiratore della drammaturgia di Schiller, di cui
musicò anche I masnadieri e il Don Carlos), si svolge nella Germania
del tempo. L'ambientazione realistica dà luogo a una scissione tipica-
mente tedesca tra il mondo politico dell'aristocrazia e quello intimo e
morale della piccola borghesia pervasa dai valori pietistici. Il dramma
è una violenta denuncia dell'assolutismo: il sovrano vende i suoi sud-
diti quali soldati oltre oceano per mantenere la sua amante. Eppure
la rivolta si curva verso l'interno secondo la geometria luterana dei
sentimenti che non consente alla protesta di rovesciare l'ordine poli-

L'ETÀ Dl GOETHE 43

tico, ancorché ingiusto, ma impone l'obbedienza con pietistica Gelas-


senheit, con cristiana rassegnazione.
Teatralmente il suo capolavoro Don Carlos del 1787 commosse pro-
fondamente la cultura liberale del secolo scorso. Il testo schilleriano -
pervaso dall'idealità filadelfica della Humanitat massonica - è un mo-
numento poetico ai nobili sentimenti della libertà, dell'amicizia, della
lealtà. L'esortazione del personaggio centrale - il Marchese di Posa -
a Filippo Il di Spagna: «Concedete la libertà di pensiero!» divenne la
commossa parola d'ordine del liberalesimo e nel 1787 risonava quale
invito estremo a un compromesso storico ancora possibile tra gli espo-
nenti illuminati del potere assolutistico e i nuovi ceti emergenti alla
vigilia dello scoppio rivoluzionario. A leggerli bene, gli scritti schille-
riani esigono, kantianamente, la libertà morale e filosofica, quella della
ricerca scientifica e intellettuale, non quella politica e sociale. La leg-
ge interiore, quale kantiana istanza suprema, viene originalmente
elaborata da Schiller con la suggestiva proposta di una mediazione
estetica tra natura sensibile e necessaria e realizzazione etica, da at-
tuare attraverso la contemplazione e l'esercizio artistico.
Il decennio di collaborazione con Goethe fu quello dei grandi saggi
filosofici, come pure della trilogia del Wallenstein (1796-1799) e del-
l'ultimo dramma completato, il Wllhelm Tell del 1804. Entrambi i dram-
mi si iscrivono nella solidissima cultura storica, che stempera l'ardore
straripante della scrittura teatrale dei primi lavori. La storia europea,
in quel decennio a cavallo tra i due secoli, conobbe trasformazioni ra-
dicali sul piano politico con l'entrata in scena delle masse, ma anche
dell'eroe di origini oscure, che insegue il potere fidando solo sul pro-
prio genio e sulla fortuna. Il Wallenstein propone in chiave tragica il
disastro interiore dell'uomo di potere che non conosce né freno né
misura, mentre TeU, interpretato come un dramma di libertà nazio-
nale contro gli invasori, intuisce il carattere conservatore del popolo
contadino, che non ammette che siano infrante le autonomie tradi-
zionali, ma che non conosce né aspira alla libertà quale principio astrat-
to dell'organizzazione statale.
Le poesie schilleriane sono esperimenti concettuali, che illuminano
la convinta cultura classica dell'autore. Ebbero un tale successo sco-
lastico da essere trasformati poi in oggetti parodistici, benché una li-
bera lettura dei testi riservi sorprese per l'elegante costruzione stilisti-
ca. Accanto a un sapore antiquario, a un gusto polveroso vi si scopre
l'agile movimento di una lirica intellettuale, dominata e insieme slancia-
ta verso utopici orizzonti o ripiegata in una intrigante malinconia.
Di Schiller conviene ricordare ancora Der Verbrecher aus verlorener
Ehre (Il bandito dall'onore perduto) del 1786, che è uno dei racconti
meglio riusciti della letteratura tedesca. È una novella, d'ambiente
realistico, di rara intensità epica, concentrata intorno alla figura del
44 STORIA DELLA LETI-ERATURA TEDESCA

protagonista, che, sprofondato nel crimine e nella dissoluzione, in cui


si era lasciato andare per il disprezzo con cui era stato trattato, sa tro-
vare la via della redenzione laica nell'accettazione della legge - e del-
la punizione, che per lui è la morte - attraverso un semplice atto di
amore filadelfico, di comprensione e di fiducia nella sua umanità.
La poetica schilleriana, fondata sull'utopia e sullaHumanitat, pose -
per la prima volta nella storia - il Classicismo di Weimar al c entro del
dibattito letterario europeo. E siffatto primato venne consolidato dalla
successiva generazione romantica, mentre appartiene ancora alla cul-
tura settecentesca il Gottinger Hain (Il boschetto di Gottinga, da una
poesia del loro caposcuola), il gruppo dei discepoli di Klopstock, che,
partendo da posizioni pietistiche, si mossero gradatamente verso un
sentimentalismo elegiaco. La frangia giacobina e illuminata (sorta da
una scheggia politicizzata della massoneria) ebbe una scarsissima in-
fluenza all'interno deOa cultura tedesca: le iniziali simpatie filorivolu-
zionarie si tramutarono nel giro di un paio d'anni in una risoluta condan-
na deOa violenza giacobina e deOa prepotenza degli invasori francesi.
Più interessanti furono alcuni singoli scrittori che con le loro opere
autobiografiche fecero meglio comprendere l'itinerario dal Pietismo
aO'introspezione e aOa psicologia moderna. Tra costoro particolarmente
significativa è l'autobiografia di lohann Heinnch Jung, detto Jung-Sffl-
ling (1740-1817), che era un povero studente aiutato da Goethe negli
anni universitari. La Stille, la quiete, il silenzio, la stasi dell'essere, era
il traguardo mistico della via interiore pietista che traspare nel nome
stesso dell'autore. Un'altra scrittura che dal Pietismo crea un arco di
congiunzione verso la soggettività moderna è l'Anton Reiser (1785-90,
in quattro volumi) di Karl Philipp Montz (175~1793), che conobbe
Goethe a Roma, aderendo aO'estetica classicistica.
Queste autobiografie romanzate testimoniano di una nostalgia reli-
giosa che rendeva doloroso il distacco dal sacro. L'esperienza devota
non aveva esaurito quello struggente sentimento per la precarietà e
l'insufficienza dellavita, che aveva trovato nel Wertherla sua cifra em-
blematica ben presto imitata. Tra le variazioni più originali si contano
i romanzi di Friedrich HeinrichJacobi (1743-1819),unfilosofoche pre-
se posizione per un sentimento deOa vita, fondato sulla fede e suO'in-
tuizione di una realtà spirituale che trascende ogni astrazione e critica
filosofica. Jacobi fu al centro di una arroventata polemica dopo la morte
di Lessing, sostenendo lo spinozismo segreto del grande illuminista.
Fu Jacobi a coniare la parola «nichilismo» per indicare, con orrore, la
soglia di crisi, cui stava approdando la cultura razionalistica europea.
Svevo come Schiller era anche Friedrich Holderlin (1770-1843)
considerato tra i più grandi lirici deOa modernità. Le sue radici affon-
dano nell' humus della cultura pietistica del protestantesimo svevo. E
il cristianesimo - un cristianesimo mistico e insieme messianico - si

L'EIÀDIGOETHE 45

unisce, in una straordinaria e irripetibile simbiosi, con una lacerante


ed esaltata nostalgia delle origini classiche greche. In Holderlin le
due matrici della modernità, il cristianesimo e la grecità, affiorano quali
vene auree di un filone prezioso che sfocia in una sintesi unica che è
lo spirito sublime, utopico ed entusiasta (nella sua accezione mistica)
deOa modernità. La sua fu una vita di grandi incontri. Durante gli
anni di studio nel collegio protestante di Tubinga gli furono condisce-
poli Hegel e Schelling e insieme festeggiarono, nel loro puro ideali-
smo giovanile, la Rivoluzione francese. A Francoforte nelle sembian-
ze di una giovane donna Susette Gontard, i cui figli gli erano stati af-
fidati, gli apparve Diotima, la figura classica dell'amore. Un amore
impossibile cui tentò di sfuggire, assumendo un incarico di precettore
a BordeauLasciò la città francese nel 1802, tornando in Germania
ormai turbato e stremato dalle fatiche di un viaggio compiuto a piedi.
Gradatamente il poeta, che si era prefisso di attingere con la visiona-
rietà della sua lirica la spiritualità deOa nuova epoca, sprofondò in un
ottenebramento mentale, trascorrendo dal 1807 i lunghi anni che an-
cora visse sotto la tutela del falegname Zimmer nella torre di Tubinga.
Autore di grandi inni classici e cristiani, Holderlin tenta di intuire i
presagi della prossima epifania degli antichi dèi. Forte delle due tra-
dizioni dell'Occidente, il poeta si proponeva di pronunciare il nuovo
messaggio spirituale per la Germania e per il mondo intero. Holder-
lin istituisce un intenso dialogo tra il mito della Grecia e la sua visione
della Germania, che da terra della sera, d'Occidente, diventa la terra
fecondata dall'antico spirito che risorge nell'utopia aurorale e nella
rapinosa visione del ritorno degli dèi.
Anche nel frammento del romanzo Hyperion oder der Eremit in Grie-
chenland (Iperione o l'eremita in Grecia) del 1797-99 Holderlin lega
Grecia e Germania in una strabiliante operazione di attualizzazione:
il protagonista partecipa all'insurrezione degli elleni contro i domina-
tori turchi, awenuta alcuni anni prima. Le alteme vicende della lotta
costringono l'eroe ad abbandonare i combattimenti degenerati nella
violenza e a rifugiarsi in Germania nel cordoglio per la morte dell'ama-
ta Diotima. Tomato in Grecia assume la missione di guida spirituale che
ha sublimato la lotta irredentista per seguire la chiamata divina. Questo
possente frammento narrativo, cosparso di squarci lirici, illustra una ten-
sione fommativa che avvicina l'opera al genere del Bildungsroman.
I grandi inni passano dall'iniziale influenza della poesia concettuale
di Schiller, che appoggiò gli esordi di Holderlin, per giungere a una li-
ricità libera, che ricalca antiche fomme di strofe per lanciarsi in nuove
strutture compositive. Lo scrittore si confrontò anche con il dramma
con Tod des Empedokles (La morte di Empedocle) del 1798-99. An-
che questo frammento teatrale, simile al Faust, è considerato un poe-
ma, immerso nell'incandescenza di una scrittura che riecheggia l'esal-
46 STORIA DELLA LETTERATURA TEDESCA

tazione pindarica per l'intensità poetica che mette in ombra la sua


teatralità. Ci sono varie interpretazioni del filosofo che si lascia mori-
re nel cratere dell'Etna: il fallimento personale, il disastro politico
ma infine la sublime accettazione del sacrificio quale azione vicaria di
catarsi per tutto il popolo. Si ripete l'idea dell'immolazione cristica
dell'eroe filosofo che si eleva alla santità. È il canto supremo della pa-
lingenesi, della rinascita, dell'oblio necessario per realizzare la me-
moria che la tradizione ci ha trasmesso. Nell'intensità profetica e uto-
pica della sua poesia lo scrittore assume una posizione autonoma tra
le grandi correnti del Classicismo e del Romanticismo. La sua prassi
poetica lo conduce a trascendere ogni collocazione e del resto le cate-
gorie letterarie sono strumenti per awicinarsi meglio a comprendere
le opere e non gabbie in cui rinchiudere gli autori. Ciò è vero anche
per altri due scrittori di questo periodo (che i critici usano chiamare
l'«età di Goethe»): Jean Paul e Heinrich von Kleist.
Il vero nome del primo è Johann Paul Friedrich Richter (1763-1825).
Di umili origini, suo padre era un povero maestro di scuola e pastore
evangelico. Anche Jean Paul (che francesizzò il nome in onore del suo
idolo Rousseau) si formò nell'atmosfera di religiosità pietistica, vissu-
ta nell'epoca dei rivoluzionari cambiamenti sociali, politici e anche
culturali. Infaticabile narratore di quel mondo di interiorità e di uto-
pia, affidava la sua vena creativa alle intriganti prospettive dell'ironia,
della parodia, del paradosso e insieme a un delicatissimo, struggente
sentimentalismo. I suoi racconti, di ambientazione realistica, sono biz-
zarri viluppi di storie che si intrecciano, si annodano l'una nell'altra
inseguendo liberamente diverse idealità con l'incoerenza dell'artista
che vive in un tempo che non consente ricette ideologiche, né soluzio-
ni astratte di marca illuministica. L'arte di Jean Paul è alimentata so-
stanzialmente dall'idillio pietistico e piccolo-borghese, provinciale
che improwisamente si rovescia in una satira feroce che non rispar-
mia alcun valore stratificato, mettendo in dubbio la stessa verità rive-
lata con un'abissale intuizione del carattere nichilistico dell'età mo-
dema. La sua frequentazione pietistica, i suoi interessi teologici e pe-
dagogici lo awicinano a Herder a Weimar negli anni in cui Goethe era
troppo schierato con la poetica classica per rappresentare per il gio-
vane scrittore un valido punto di riferimento. La sua opera è vastissima,
composta da romanzi, novelle, trattati pedagogici molto apprezzati,
che rivelano la sua assidua riflessione rousseauiana e illuministica.
Tra i numerosi romanzi ricordiamo Hesperus (1795), che narra una
traversia nel mondo dissoluto delle corti fino all'intuizione di un ap-
prodo nell'idillio campestre ancora intatto, materiato di operosa one-
stà borghese con nitide simpatie repubblicane. In un successivo ro-
manzo Titan del 1800-1803 Jean Paul affronta un Bildungsroman, con
coinvolgimenti politici, ma soprattutto (come suggerisce il titolo), isti-

L'ETÀ DIGOETHE 47

tuendo un confronto con quella sfrenatezza individualistica, con quella


smisuratezza sentimentale, mutuata da una esasperata interpretazio-
ne della cultura romantica. La poetica di Jean Paul tenta una via di-
versa di mediazione tra l'estremo, statuario oggettivismo classico e
l'esaltazione soggettivistica romantica. L'ultimo dei grandi romanzi
 jeanpauliani è Flegeljahre (Anni acerbi) del 1804, storia di un insana-
bile contrasto, di una spaccatura, che non consente più alcuna ricom-
posizione, né la possibilità di una nuova sintesi. Il romanzo è una
scorribanda nel caotico caleidoscopio della Germania alla vigilia del
crollo e dell'inderogabile rinnovamento sollecitato dall'invasione fran-
cese, dall'abrogazione - per decreto di Napoleone - del Sacro Roma-
no Impero, ridotto a una farsa e a un fantasma politico. Jean Paul è l'os-
servatore che guarda stupito, inorridito e incuriosito i movimenti vor-
ticosi dell'epocale trasfommazione che si sta attuando e che cerca di ri-
evocare dalla sua prospettiva nelle numerose novelle, tra cui Das Leben
des Quintus Fixlein (La vita di Quintus Fixlein) del 1796, che narra in
toni pungentemente satirici, ma insieme trasognati, la misera e rasse-
gnata esistenza di un maestro di scuola e teologo che sopporta lo squal-
lore della sua vita con innocente idealismo, sospeso tra l'irresponsa-
bilità, la carenza di senso della realtà accanto a una straordinaria ca-
pacità di adesione e di reinterpretazione della quotidianità. Un altro
idillio ai limiti del paradosso e della parodia è Siebenkas del 1796 che
racconta le fortunate vicende di un uomo che, creduto morto, inizia una
seconda vita, fittizia come la sua presunta morte.
La stemminata produzione narrativa di Jean Paul segna l'affiorare di
un universo provinciale, gotico, che costituiva ancora il cuore della
Gemmania, del paese che non aveva trovato l' equilibrio, aristocratico
ed eroico, del Classicismo, né si era abbandonata al sogno mistico e
fantastico del Romanticismo. Nei suoi racconti si apre una ferita che
non guarisce se non in una improbabile e appena allusa soluzione re-
ligiosa e utopica, corrosa dallo scetticismo illuministico, ormai radi-
cato nella cultura tedesca.
Ciò che in Jean Paul è contenuto nell'ironia, nella satira, nella paro-
dia e nell'idillio volge verso una curvatura tragica nell'opera di Hein-
rich Kleist (1777-1811), che si distingue dai vari raggruppamenti per
la sua orgogliosa solitudine di Junker. Kleist appartiene a una nobile
famiglia prussiana; la carriera, cui è destinato, è quella militare, alla
quale si sottrae per seguire la sua vocazione letteraria e più profonda-
mente il suo infelice, tragico destino che lo condusse al suicidio. Una
reazione intellettualmente, ma anche moralmente devastante fu rap-
presentata dall'incontro con il criticismo kantiano, con quella rifles-
sione che impediva ogni ulteriore speculazione metafisica, riservan-
do (ma non senza una incertezza scettica) alla sola esperienza etica la
possibilità di intuire la trascendenza. Questa crisi ci fa comprendere
4STORIADELIAI~ITERATURATEDESCA | I R°MANTIcl

la specificità tutta tedesca del percorso tragico di questo autore, che


si lascia così profondamente coinvolgere da una meditazione filosofi-
ca. L'esaltazione intellettuale lo aveva portato ad aderire a un rous-
seauianesimo, che Kleist cerco perfino di praticare, ritirandosi a vive-
re da contadino secondo natu~L Le esigenze dei tempi imponevano
ben altre prese di posizione. L'astro di Napoleone lo sedusse, ma in-
fine il tracotante imperialismo francese verso la Prussia lo trasformò
in uno degli intelletluali più impegnati nella mobilitazione delle co-
scienze contro l'invasione napoleonica Kant, Rousseau, Napoleone,
la libertà interiore, la natura, l'indipendenza: eooo i grandi temi che lo
coinvolsero emotivamente e culturalmente. Nella sua drammaturgia
e nei suoi racconti Kleist raffiguro il caranere tragico, con cui speri-
mentava la sua epoca. La ripresa del mito diAm~on (Anfitrione)
nell'omonima oommedia del 1807 soDecita l'autore a riflettere sul pro-
blema della consistenza dell'identità personale, messa in discussione
dall'epifania del sacro (Giove che sonO le sembianze del marito ama
Alcmena). In ultima istanza la di~nnità viene accettata perché si uma-
nizza. Resta il sospetto, tunavia, che solo una umanità, rafforzata dal
numinoso, riesca ancora ad essere amata. La garbata parodia, moliè-
riana, del motivo classico apre uno squarcio su un fondale tragico. E
che il rapporto amoroso sia peroorso daD'esperienza annientatrice del-
la violenza, Kleist lo raffigura nella successiva tragedia Penthesilea del
1808: il giuoco del camuffamento (oosì tipioo neDa drammaturgia klei-
stiana), che aveva reso posslbile l'amore ambiguo diAlcmena, potreb-
be conciliare AchiDe oon Penk:sh sua ama~icl amata, che, però,
rifiutando l'inganno, precipita inesorabilmente nella barbarie e nella
tragedia.
Lo scrinore si confionta nel teatro oon il motivo della mistificazione
del mascheramento, dell'oscuramento della coscienza e della realtà,
come avviene nel suo dramma più maturo e stilisticamente compiuto:
Prinz Friedrich wnorrburg (Il Principe Friedrich von Homburg) del
1808, in cui la solida tramatura della ooscienza viene scompaginata
dall'irruzione onirica, che oonfonde i piani percettivi, rendendo in-
certa la questione della responsabilità morale. A causa di un improv-
viso mancamento, di una strana assenza della ooscienza, il principe
trascura di eseguire gli ordini durante la battaglia di Fehrbellin, che
per questo felice disguido viene vinta trionfalmente. Ma invece degli
allori lo anende la più dura punizione. Il principe si sente ingiustamen-
te condannato, ma gradatamente matura in lui la consapevolezza mo-
rale della sua colpa, oon l'interiore aocenazione socratica della legge
Viene infine graziato dalla magnanimità del sovrano. Alla tragedia
succede il dramma con lieto fine.
Il tema del primato della legge si è ormai reso trasparente allo scrit-
tore che gli si è avvicinato nel 1808 in una delle più garbate e rare com-

medie tedesche Der zerbrochene Krug (La brocca rotta), felicemente


riuscita come la Minna lessinghiana. Un giudice viene smascherato
quale indegno rappresentante della giustizia, che lui cerca di piegare
ai suoi turpi fini. Ancora una volta il lieto fine si armonizza con i buo-
ni sentimenti. Nello stesso anno l'autore scrive il suo dramma di esa-
sperazione nazionalistica: Die Hermannsschlacht (La Battaglia di Ar-
minio), che rievoca la grande vittoria dell'eroe germanico sui legiona-
ri di Augusto. I riferimenti erano chiari ed eloquenti: i romani erano
i francesi che i tedeschi, se uniti, avrebbero scacciato dalla loro sacra
terra.
Erano tempi di profonda amarezza, ma anche di eventi grandiosi e
terribili che si riflettono nella concezione tragica dello scrittore, che
con la sua narrativa dà alla letteratura tedesca alcuni dei racconti più
riusciti. La storia di M~chael Kohlhaas nell'omonima novella del 1810
è uno dei vertici della prosa europea: a un indomito mercante di ca-
valli viene fatto un torto. Invece di ricevere giustizia, viene umiliato.
La sua reazione è tremenda, feroce e sproporzionata. Diventa un cru-
dele bandito, che solo il riconoscimento, tardivo, dei suoi diritti calpe-
stati fa tornare nell'alveo della legge che per lui ormai si presenta
come pena capitale. Nella ribellione, nel farsi giustizia e nel lento rav-
vedimento Kohlhaas percorre con energia, passione e tormento un
cammino esistenziale tragico e insieme illuminato dalla comprensio-
ne e dalla matura accettazione interiore della legge. E il tema schille-
riano dei Rauber e del racconto Der Verbrecher aus verlorener Ehre, che
Kleist innalza a una potenza raffigurativa di perfetto equilibrio stili-
stico.

v. I romantici

Si stava creando, con l'infittirsi della produzione artistica, una nuova


sensibilità culturale che alla fine degli anni Novanta trovò espressione
negli scritti di giovani studenti dell'Università di Jena - cittadina prossi-
ma a Weimar, da cui dipendeva, dove insegnarono Schiller e Fichte,
come pure brevemente Schelling e Hegel. Il più poeticamente dotato
del gruppo - che venne poi chiamato (dapprima sprezzantemente)
romantico - era Friedrich von Hardenberg, universalmente noto come
Novalis (1772-1801); il più prolifico era Ludwig Tieck (1773-1853), il
teorico Friedrich Schlegel (1772-1829), mentre il fratello maggiore
AugustWilhelm Schlegel (1767-1845) fu un abile mediatore culturale
con un grande talento come traduttore. Essi collaborarono alla rivista
Athenaum (1798-1800), dove misero a fuoco la loro proposta cultura-
le, veramente incendiaria nei confronti dei loro maestri, Goethe e
Schiller, con cui intrattennero una delle polemiche più preziose ed
elevate della storia letteraria. Da quei fascicoli partì il più originale
50 STORIA DELLA LETrERATURA TEDESCA

movimento artistico tedesco: il Romanticismo, che si diffuse veloce-


mente in tutte le altre letterature europee. Con gli anni si precisò il
programma romantico che intendeva rivalutare la tradizione delle
letterature nazionali, puntando a una reinterpretazione positiva del
Medioevo e della antichità. I romantici, influenzati da Herder, erano
convinti fautori della poesia popolare, esaltata quale creazione spon-
tanea di una mitica anima popolare. Il culto delle origini anche bar-
bariche e del Medioevo era indirizzato polemicamente contro il pri-
mato illuministico del progresso scientifico, se unilateralmente impo -
sto quale unico sbocco dell'attività intellettuale e artistica. Contest-
avano anche l'artificiosità e il carattere repressivo della società
settecentesca e ancor più di quella industriale, che si stava organiz-
zando, nonché della cultura razionalista. Proponevano-i valori
dell'antichità originaria e del mito della natura primordiale, cui
l'uomo modemo poteva ricollegarsi con l'entusiasmo della poesia o
almeno con la malinconica consapevolezza di essere tagliato fuori da
quella aurorale esperienza di natura e poesia.
Nel 1796 Schiller aveva teorizzato in un saggio esemplare la scissio-
ne epocale tra la «poesia ingenua e sentimentale», dove il primo ter-
mine sta per l'antichità e il secondo indica la poesia modema. L'im-
possibilità di accedere a una poesia naturale è alla base dell'ironia ro-
mantica: il poeta romantico nel momento in cui intuisce la grandiosi-
tà della poesia quale epifania del sacro percepisce parimenti di trovarsi
relegato in un'altra esperienza culturale: quella della definitiva, irre-
versibile separatezza dal carattere ingenuo della creazione poetica na-
turale, che tuttavia continua a risuonare nell'universo e nell'anima.
Ancorché dimidiato e dilacerato, e pur lontano dalla naturale e spon-
tanea pienezza poetica degli antichi, il poeta romantico resta poeta,
tentando di reinserirsi, col sentimento soggettivo nella comunicazio-
ne poetica universale, attraverso un movimento di progressivo awici-
namento che rende la poesia sempre un frammento lanciato verso la
totalità, non più attingibile quale stato dell'essere, ma solo intuibile
quale nostalgia dell'essere. La parola-chiave di questa dolorosa e pur
soave tensione è la Sehnsucht, lo struggimento per un ideale, per una
patria e una casa perduta, per una perfezione irraggiungibile, ma non
obliata, poiché vive nell'intuizione e per contrasto nella prosaicità del-
l'epoca modema. La poesia trascende il suo stato tecnico, artigianale
per assurgere a esperienza spirituale; è la via riservata all'uomo mo-
demo per approssimarsi alla propria vocazione più autentica, più pro-
fonda, per restaurare la dignità originaria del linguaggio.
Sui problemi della nuova poetica i romantici discussero in un semi-
nario lo statuto teorico della nuova estetica e Friedrich Schlegel pub-
blicò i protocolli di quella storica sessione di lavoro poetologico nel
Gesprach uberdiePoesie (Dialogo sulla poesia) nel 1800, in cui affiora

I ROMANTICI

questo nuovo e originale metodo di elaborazione collettiva del pro-


gramma letterario che già preannuncia, nella modemità dell'iniziati-
va, i successivi manifesti delle avanguardie. Il Gesprach è uno dei pri-
mi documenti che unisce il fare poesia con il pensare la poesia, accen-
tuando così la specificità romantica.
Chi per primo aveva meditata su questo tenue sentimento di assen-
za e insieme di oscura reminiscenza del sacro valore dell'arte era sta-
to un giovane scrittore, Wilhelm Heinrich Wackenroder (1773-1798).
Poco prima di morire, scrisse in collaborazione con l'amico Tieck, le
Herzensergiessungen eines kunstliebenden Klosterbruders (Effusioni del
cuore di un monaco conventuale amante dell'arte) del 1797, che è una
lode esaltata dell'arte tedesca del Cinquecento e di quella italiana.
L'arte si sostituisce invisibilmente alla devozione religiosa, co nfessio-
nale, assorbendo il senso del sacro. Per l'autore era l'arte che più com-
piutamente rispecchiava la travolgente sentimentalità cristiana degli
artisti che, sorretti dalla fede nel divino e nel bello spirituale, erano
stati capaci di creare siffatta perfezione. Fu Tieck che fece conoscere
il libro al circolo di Jena. D'allora la pittura sacra e il Medioevo sono
le più frequentate metafore degli scrittori romantici, come dimostra il
principale romanzo di Novalis Heinrich von Ofterdingen del 1802. Si
tratta di un ampio frammento. In una ambientazione magico-iniziati-
ca e poetico-mistica il valore del mondo e della vita si smaterializza in
una delicatissima trama metaforica e favolistica. È una narrazione di
percorsi interiori e già il viaggio si palesa quale metafora di trasmuta-
zione e insieme di inquietudine, di fuga e di poetico ritrovamento,
confemmato anche nell'altro frammento narrativo I discepoli di Sais. E
all'opera l'ironia romantica, che sospinge verso l'assoluto per intuire
che l'assoluto è qui e ora, è nella pace, nella natura, eppure questa
semplicità è preclusa all'intellettuale dei nuovi tempi, all'uomo mo-
demo del calcolo, della politica, dell'economia, della fredda luce razio-
nale, che abbaglia lo sguardo verso l'esperienza mitica.
L'altra sublime metafora Novalis la racchiude nel suo ciclo d i Hym-
ne an die Nacht (Inni alla notte). La notte è l'esperienza più prossima
alla morte e la morte è il transito alla rinascita. La notte è la madre, il
grembo oscuro dell'origine; la notte è la negazione dell'abbagliamen-
to illuministico. Il cordoglio per la perdita della giovane amata con -
duce il poeta a immergersi nelle tenebre con disperazione per perce-
pire l'altra dimensione dell'essere quale fondamento invisibile, oscu-
ro, che nessuna luce può individuare, traversare, separare e nessuna
investigazione dimostrare. È quell'unio mystica che da Meister Eckhart
a Bohme, da Angelus Silesius ai pietisti veniva perseguita in ambienti
appartati, radicati nella cultura religiosa tedesca.
Se Novalis è l'esponente spiritualmente e poeticamente più autenti-
co che raggiunge i vertici della lirica dell'interiorità, Friedrich Sc hle-
52 STORIA DELLA LETrERATURA TEDESCA

gel è il teorico del movimento che mette in moto una rivisitazione del-
le prospettive culturali illuministiche, operando un rovesciamento del-
la precedente impostazione critica. Il suo romanzo Lucinde del 1799
è una prosa che si apre intenzionalmente alla riflessione mitologica
che Schlegel affronta in tutta la sua opera con l'impegno e la consape-
volezza di scoprire nuovi orizzonti critici. Il paradosso della sua peri-
pezia intellettuale è racchiuso nella serrata polemica antilluministica.
In nome di quella battaglia approdò sorprendentemente al cattolice-
simo, maturando un'opzione politica decisamente reazionaria, apprez-
zata da Mettemich, che lo volle suo consigliere a Vienna.
Il più produttivo tra i romantici fu Ludwig Tieck, che nella sua lunga
esistenza ebbe l'occasione di aderire a modalità letterarie e a espe-
rienze poetiche disparate. Dagli esordi ancora illuministici la sua ori-
ginalità si manifestò nella prima stagione romantica. I suoi racconti e
romanzi: Der blonde Eckbert (Il biondo Eckbert) del 1797, Franz Stern-
balds Wanderungen (Peregrinazioni di Franz Sternbald) del 1798 e
DerRunenberg (Il monte delle rune) del 1804 sono le testimonianze di
una letteratura sprofondata nel mistero, nel gusto gotico e magico, in
una percezione della precarietà, della disintegrazione del senso soli-
do del mondo che viene travolto dagli inquietanti percorsi del sogno,
del presagio, del segreto che awolge ogni vita. In queste opere Tieck
affronta il problema interiore della giustificazione e origine dell'arte.
Segni astrologici, premonizioni, agnizioni, incontri fatali sono gli in-
gredienti di queste trame del destino. E il destino è il riconoscimento
che l'uomo è un essere più profondo e perturbato e perturbante di
quanto si creda e di quanto lui stesso creda di sé. La rassicurazione il-
luministica è corrosa da questa genealogia tragica. Gradatamente
Tieck si distaccò dalla scrittura e dalla concezione del mondo roman-
tiche, evitando di indugiare nei moduli stereotipati, in cui stava de-
gradando quella esperienza poetica. La tarda produzione di Tieck ap-
proda già a una attenta e precisa raffigurazione stilistica che annun-
cia la sensibilità realistica. Della sua vastissima opera la traccia più fa-
mosa è rappresentata dalla delicata e ambigua rivisitazione di favole
celebri quali RitterBlaubart (Cavaliere Barbablù) e Dergestiefelte Ka-
ter (Il gatto con gli stivali), in cui l'ingenuità perduta si alterna ai regi-
stri ironici romantici in un gioco artistico raffinato.
L'intensità teoretica e utopica del Romanticismo di Jena - o primo
Romanticismo - dovrebbe suggerire un'estrema cautela nell'uso di
categorie letterarie: proprio l'ironia romantica sollecita di parlare,
piuttosto che di un movimento unitario, di un insieme di testi e di scrit-
tori che in certi anni della loro attività si identificano con una tempe-
rie poetica romantica. Questa prudenza è utile anche per introdurre
il cosiddetto secondo Romanticismo, o Romaticismo di Heidelberg-
dalla città universitaria in cui per un breve periodo vissero e collabora-

I ROMANTICI 53

rono Clemens Brentano (1778 1842) e Acbi n von Arnim (1781-1831).


Sulla scia di una convinta rivalutazione in chiave romantica della poe-
sia popolare i due scrittori curarono nel 180~1808 la pubblicazione
di una antologia poetica Des Knaben Wurulertlom (Il corno magico
del fanciullo). Brentano era una personalità ombrosa, complessa, col-
ma di contraddizioni e fragilità morbose, che attraversò una profonda
crisi conclusasi nell'adesione a un cattolicesimo mistico. In realtà sof-
frì per la frammentazione del fondamento culturale della modernità,
tentando disperatamente un anacronistico approdo a forme religiose
del passato, vivendo tale ricerca, da uomo della modernità, nell'acce-
zione estetica dell'esperienza.
Il suo amico e cognato Arnim (che aveva sposato la sorella Bettina
Brentano, anche lei scrittrice e personaggio dei salotti alla moda) è
stato uno straordinario autore di romanzi e racconti, tra cui un picco-
lo capolavoroDerlnvalideaufdem FortRatonneau (L'invalido folle di
Fort Ratonneau) del 1818 che conserva l'intrigante immediatezza di
una sottile analisi psicologica: un caso di follia si svela quale esempio
di violenza da parte della società, incurante della disperazione del-
l'individuo. Non è il registro della denuncia sociale quello che inte-
ressa l'aristocratico Arnim, bensì la raffigurazione della crudeltà del-
la macchina statale moderna.
Questi scrittori si spostarono anche a Berlino dove Arnim accentuò
la sua scelta nazionalistica, già cospicuamente presente nella teoria
romantica, assumendo perfino toni marcatamente e pericolosamente
antisemiti.
Uno scrittore che pure aveva il volto girato nostalgicamente verso il
passato è stato il conte slesiano Joseph von Eichendorff (1788-1857),
cui si devono alcuni dei più struggenti Lieder della malinconia roman-
tica dei boschi, di remote acque silvane e di lontani, irrecuperabili
amori tra giovani cavalieri e soavi fanciulle. Eichendorff è stato anche
l'autore di un perfetto romanzo romantico, un capolavoro di liricità,
in cui la lingua tedesca si piega al canto dolce, accorato e speranzoso
dell'anima:Aus dem Leben eules Taugenichts (DaOa vita di un fannul-
lone) del 1826, che si svolge in un'ltalia non più orrorosa, ma gentile
terra di armoniosi paesaggi in cui un'anima semplice - ironicamente
disegnata - si dischiude al trionfo della poesia e dell'amore. Il perdi-
giorno diventa la risposta romantica all'ideale illuministico del com-
merciante, del suddito operoso e attento al suo tornaconto a maggior
gloria del benessere economico e quindi morale della società. La fase
«eroica» dell'accumulazione del capitale significava un intenso sfrut-
tamento: la libertà del fannuOone, innamorato di fiori, foglie, alberi,
fiumi e dei dolci occhi della fanciuOa, che il destino gli fa incontrare,
è da intendere come critica a un sistema sociale concentrato nell'eco-
nomia, quale valore supremo.
54 STORIA DELLA LETTERATURA TEDESCA

La critica al denaro trovava anche altre frontiere come quella mito-


logica, raffigurata in un piccolo capolavoro romantico: la novella Un-
dine di Friedrich de la Motte Fouqué (1777-1843), che affronta l'anti-
chissimo tema dell'amore fatale di un essere soprannaturale con un
uomo. Nella lotta ingaggiata dai romantici per salvare la poesia, il bello
e l'anima, un posto eminente spetta a un celebre racconto di un altro
scrittore di origine francese Adalbert von Chamisso (1781-1838), che
nel 1814 pubblicò la novella Peter Schlemihls wundersame Geschichte
(La storia meravigliosa di Peter Schlemihl). Il protagonista, venduta
l'ombra al diavolo per avidità, si rawede e accetta con rassegnazione
un destino di solitudine, alleviata dallo studio e dalle cure filantropi-
che. Siamo in piena celebrazione del genere favolistico che trovò, nel
secondo Romanticismo, nella famosa coppia dei fratelli Jakob (1785-
1863) e Wilhelm (1786-1859) Grimm coloro che dedicarono la loro
vita allo studio storico delle antichità gerrnaniche, con contributi fon-
damentali per la genesi della filologia germanica attraverso la compi-
lazione del monumentale dizionario storico della lingua tedesca -
un'opera colossale, portata a termine solo di recente -, nonché con la
stesura di una grammatica storica e di raccolte di leggende e saghe
germaniche. L'opera più celebre è la collezione dei Kinder- und Haus-
marchen (Fiabe per bambini e per la famiglia) del 1812-15, che è il li-
bro tedesco ancor oggi più diffuso e famoso nel mondo.
Chi seppe raccogliere tutte le fila di una sensibilità aperta all'irrazio-
nale, alla magia, al mistero, al paranormale, agli enigmi inquietanti del-
la ruota della vita, ai sogni ingenui, alle catarsi palingenetiche, ai tra-
i vestimenti, ai camuffamenti, alle trasmutazioni fantastiche, alle tra-
sfigurazioni alchemiche, è stato Ernst Theodor Amadeus Hoffmann
(1775-1822). Giurista, funzionario, ma soprattutto musicista, compo-
sitore, disegnatore e autore notturno, Hoffmann introduce la fram-
mentazione caleidoscopica dell'io empirico. Raffigurando le contra-
stanti anime che si annidano inquiete in una sola personalità, individua
gli strati ancestrali, le complessità ataviche che si rendono autonome
in particolari crisi violente o in straordinari momenti di esaltazione e
di cordoglio. La separatezza della personalità in Hoffmann anticipa
la teoria psicoanalitica della schizofrenia (Freud fu un suo attento
lettore) e per altri versi rappresenta la versione moderna dell'intro-
spezione mistica, dei tradizionali dialoghi che si inscenavano nel pal-
coscenico interiore. Dergoldene Topf (Il vaso d'oro) del 1814, Klein
Zaches, genannt Zinnober (Il piccolo Zaccheo, detto Cinabro) del 1819,
Prinzessin Brambilla (La Principessa Brambilla) del 1821 sono varia-
zioni del tema fantasmagorico della metamorfosizzazione del perso-
- naggio, della crisi radicale di ogni identità, del trionfo della mutabili-
tà delle forme, quale redenzione e perdizione della misteriosa sostanza
dell'anima, ben diversa per lo scrittore dalla personalità illuministica

I ROMANTICI 55

dell'io cosciente, precaria scorza di abissali, misteriosissime latenze.


Con Hoffmann i demoni notturni salgono nelle sedi della letteratura,
prendendovi fissa dirnora come dimostrano i racconti surrealisti, espres-
sionistici, nonché le inquietanti fantasie ka~iane. Ogni genealogia del-
la scrittura fantastica ha origine dalla narrazione, sfrenata e insieme
equilibratissima, di Hoffmann. Nelle sue prose la figura dell'artista,
da genio sacro diventa mago ed esorcista. Trascinato nel vortice della
marginalizzazione sociale, il poeta è definitivamente l'outsider della
realtà quotidiana e insieme è il vero cittadino della metropoli animi-
ca, che è l'altra parte notturna della città moderna, che funge da pal-
coscenico per le sue storie realistiche e insieme fantastiche. L'aspra
parodia antilluministica conduce al cuore della nuova sensibilità ro-
mantica, direttamente nella provincia onirica della raffigurazione arti-
stica, perfettamente dominata da Hoffmann. La spaccatura tra i due
mondi, tra le due città, tra le due anime della personalità è il contributo
più originale dell'opera hoffmanniana che ha suggestionato i lettori,
ma anche gli scrittori, non solo tedeschi. La sua fortuna, francese e
russa, testimonia la modernità della sua scrittura insieme all'interesse
con cui la letteratura europea seguiva la produzione tedesca.
L'unico, autentico scrittore di teatro romantico è stato Zacharias
Werner (1768-1823), una personalità complessa e contraddittoria. Di-
scepolo di Kant, massone con tendenze mistiche, funzionario prussia-
no, si convertì infine al cattolicesimo, divenne sacerdote e apprezzato
predicatore a Vienna. La sua drammaturgia rispecchia questi contra-
sti, dando luogo a raffigurazioni violente oppure pregne di un morboso
misticismo sensuale. Il vero successo teatrale Werner lo raggiunse nel
1815conildrammadiunattoDer24 Februar(Il24febbraio), che inau-
gurò un particolare genere teatrale: il dramma del destino, che, molto
romanticamente, dimostra l'inanità dell'orgoglio razionalistico del-
I'homo faber. Una presenza sovrannaturale guida le sorti umane, di-
struggendole nel momento meno previsto con una violenza che non
consente resistenze.
Una nicchia all'interno della grande costruzione romantica è riser-
vata ai narratori meridionali e ai poeti della Svevia, tra cui si distingue
la vivace produzione, in parte dialettale e fortemente radicata nell'espe-
rienza della sua terra, di Johann Peter Hebel (1760-1826), un precur-
sore delle nuove tendenze di rivalutazione della scrittura genuina-
mente popolare. Tedesco delle province alemanne del Sud-ovest, sep-
pe trasformare il colorito locale, il particolarismo e un certo provin-
cialismo, nonché il suo luteranesimo praticato come teologo, pastore
e insegnante in una scrittura icastica, attratta dal mistero religioso,
dal sovrannaturale e dalla delicatezza con cui il segreto si intreccia
con le umane vicissitudini dei semplici. È l'autore di un famoso calen-
dario, in cui riunisce saggezza popolare, massime di edificazione in-
56 STORIA DELLA LETTERATURA TEDESCA

sieme a racconti che ripropongono motivi della narrativa cinquecen-


tesca e barocca con una adesione alla comunità contadina, che Hebel
awerte minacciata nei suoi valori larici.
Il principale esponente dei romantici svevi è Ludwig Uhland (1787-
1862), che assunse posizioni di liberalismo moderato e di equilibrata
analisi critica della sua epoca. Tuttavia il suo significato per la poesia
tedesca è legato a una cospicua produzione lirica. Le sue ballate e i
suoi Lieder rivisitano, con tenue malinconia, il passato medievale, pro-
ponendo una conciliazione tra nostalgia romantica e modernità. Le
simpatie liberali annunciano una nuova atmosfera culturale.

VL L'Ottocento

Chi contribuì al definitivo superamento della «età di Goethe», nella


consapevolezza di un passaggio epocale dall'epoca dell'arte classico-
romantica a quella dell'economia e della politica è stato Heinrich Hei-
ne (1797-1852), a lungo considerato, con Schiller, il più grande poeta
tedesco. La sua opera godette di un'immensa popolarità in Germania
e all'estero fino a tutto il primo Novecento.
Nato a Dusseldorf, nella piccola borghesia ebraica, fu uno dei primi
scrittori ebrei di lingua tedesca, che profittò della legislazione a favo-
re dell'emancipazione degli israeliti, emanata durante l'occupazione
napoleonica della Renania. Tentò invano la carriera commerciale,
ebbe modo di prendere diretta visione dei meccanismi della società
mercantile, dei traffici intemazionali, della complessità delle o pera-
zioni finanziarie. La mondanizzazione di Heine si compì a Berlino,
frequentando i salotti letterari e accettando di convertirsiprofor~na al
protestantesimo. Ma una conversione non è mai una mera fommalità e
per Heine paradossalmente quell'atto fu il primo movimento di trau-
matico riawicinamento a quel giudaismo, che aveva tentato di scrol-
larsi di dosso con tutte le anacronistiche tradizioni tedesche, esaltate
dal Romanticismo, che fu la sua prima cultura letteraria. Nel suo im-
maginario poetico questa divaricazione venne metaforizzata dal pino
settentrionale e dalla palma del Levante. Il contrasto segnala una sen-
sibilità attenta alle contraddizioni culturali: Heine tematizza, viven-
dola dall'interno con intima partecipazione, l'eclissi dell'esperienza
romantica. Il testo romantico si era ridotto a una stereotipata banaliz-
zazione sentimentaleggiante. Nella sua poesia rivive, rifunzionalizza-
ta, l'ironia romantica: la liricità assoluta è sottoposta a un processo di
corrosione intema.
Di sentimenti liberali, con simpatie democratiche, vicino ai circoli
socialisti dei saintsimoniani, durante il definitivo esilio a Parigi, fre-
quentò anche Marx. Heine visse con creativa contraddittorietà le vi-
cende politiche della sua epoca. Scettico e ironico, incapace di sotto-

L'OTTOCENTO 57

mettersi al nuovo clima repressivo e bigotto instauratosi nella Ger-


mania della Santa Alleanza, voluta da Metternich, Heine ripara in
Francia, entra in profonda sintonia con gli ambienti intellettuali laici
e radicali, eppure una struggente nostalgia gli fa apparire la Germa-
nia, così retriva, quale terra amata, grembo materno ancora gravido
di autentica poeticità. Il progresso delle coscienze, della tecnica, della
scienza viene auspicato da Heine, intellettuale moderno, e insieme
temuto da Heine, estremo discepolo romantico. In questa spaccatura
si coglie già una sensibilità che preannuncia il decadentismo europeo
nella consapevolezza di vivere un'epoca, in cui la poesia è un valore
irrecuperabile e in cui il poeta è il precario testimone di una cultura
letteraria per sempre tramontata e condannata dalla civiltà dell'eco-
nomia totale. La nuova letteratura è ilfeuilleton, l'intervento giornali-
stico, il «pezzo», l'elzeviro consegnato all'effimera pubblicazione quoti-
diana. È una scrittura animata dalla coscienza civile, ma intrisa di ma-
linconia per quel mondo di privilegi anacronistici e ingiusti nell'intui-
zione che anche la poesia è un privilegio.
Il Buch derLieder (Libro dei canti) del 1827, una delle raccolte poe-
tiche più amate nell'Ottocento, fu frainteso quale opera romantica
poiché l'autore non volle insistere sulle allusioni parodistiche, disse-
minate nel testo, verso la poesia sveva. L'illusione romantica, magi-
stralmente evocata, subisce, nella tecnica heiniana, una brutale disil-
lusione nel finale, che capovolge il sentimentalismo nostalgico in una
dissacrante sobrietà realistica. Dal 1826 al 1831 apparvero i famosi
Reisebilder (Immagini di viaggio), fra le prose tedesche più irriverenti
e caustiche. Nell'esilio parigino Heine esercitò una funzione di me-
diatore culturale spiegando ai francesi le vicende culturali della Ger-
mania e infommando i tedeschi sugli awenimenti parigini. Questi sag-
gi, apparsi talvolta sui giornali e poi raccolti in volume, sono brillanti
esercitazioni critiche che non hanno perso l'originaria piacevolezza e
il pungente sarcasmo. Negli ultimi anni della sua vita fu costretto da
una grave infemmità a non abbandonare più il letto; nel 1851 apparve
la sua ultima raccolta poetica Romanzero, che segna un ritorno verso
l'interiorità, una rammemorazione ebraica e una meditazione sulla
sofferenza in toni di rassegnata disperazione per la crudeltà della sor-
te. In quelle ballate e liriche non si riconosce più l'antico polemista, il
critico beffardo, temuto per le sue aspre stroncature. Tra le vittime del-
le sue frecciate vi era Ludwig B~rne (1786-1837), accusato di velleita-
rismo radicale. Costui era pure di origine ebraica e aveva goduto del-
la legislazione liberale dei francesi. Con la Restaurazione fu uno dei
numerosi intellettuali emigrati a Parigi, dove continuò la sua opera di
giomalista politico-culturale. Raccolse i suoi contributi in diversi vo-
lumi, tra cui i Briefe aus Paris (Lettere da Parigi) del 1833-34 d'ispira-
zione democratica, violentemente ostile alla Germania della Santa
58 STORIA DELLA LETrERATURA TEDESCA

Alleanza, polemizzando can gli scrittori tedeschi che si stavano awi-


cinando pericolosamente a una ideologia di esasperato nazionalismo,
rompendo l'equivoca solidarietà tra liberali e nazionalisti che si era
composta durante le guerre di liberazione antinapoleoniche. Ora per
la Germania la via liberale e quella nazionalista si stavano dividendo
con incalcolabili conseguenze per tutta l'Europa. Il dibattito cultura-
le in Gemnania si stava politicizzando, assumendo posizione di estre-
ma intransigenza anche a causa dell'intervento poliziesco della cen-
sura.
In siffatto conflitto politico-culturale alcuni autori d'ispirazione li-
berale furono identificati pretestuosamente quale gruppo sowersivo
Junges Deutschland (Giovane Germania) sulla scia della mazziniana
«Giovane Italia». Nel 1835 la dieta tedesca aveva emesso un divieto
di pubblicazione contro questi scrittori ritenuti pericolosi cospiratori.
Un'altra definizione è quella di Vorrndrz per indicare quegli intellet-
tuali che con i loro scritti prepararono la rivoluzione del marzo 1848.
In realtà non ci fu mai un'associazione organizzata. Si può parlare di
un clima culturale di diffuse simpatie liberali con aspirazione da parte
della borghesia emancipata per una riforma costituzionale all'interno
delle istituzioni monarchiche. Lo scrittore liberale più rappresentati-
vo è Karl Gutzkow (1811-1878), che nel 1835 pubblicò - provocando
un caso letterario e un autentico scandalo - il romanzo Wal~, die Zwei-
flerin (Wally, la scettica), in cui prendeva posizione a favore dell'eman-
cipazione femminile per una morale libera, non più ipocrita e repres-
siva, e contro la rivelazione cristiana, per cui fu anche messo in galera.
Gutzkow è stato anche autore di teatro. Il suo dramma più noto, Uriel
Acosta, del 1846 si confronta, sulla scia dei lavori teatrali di Lessing
con la questione dell'emancipazione ebraica da una prospettiva favo-
revole all'assimilazione. Dopo il fallimento della Rivoluzione del '48,
Gutzkow scrisse un colossale romanzo Die Ritter vom Geiste (I cava-
lieri dello spirito, 1850). La storia è sostanziata dalle vicissitudini di
una élite illuminata che combatte con alterne vicende l'oscurantismo
delle coscienze. Il valore dell'opera è nella proposta teorica: l'autore
vuole passare dal romanzo scandito dalla successione temporale a
quello della contemporaneità e delle azioni che si svolgono in parallelo,
influenzato dal m~odello francese di E. Sue e da quello tedesco attuato
da Immermann. E una specie di precursore nobile delle attuali tele-
novelas.
Il vero scrittore radicalmente innovatore, che scompagina la dram-
maturgia della «età di Goethe» è stato Georg Buchner (1813-1837),
su cui Gutzkow aveva richiamato, ma invano, l'attenzione del pubbli-
co colto. Morto giovane, Buchner, che si considerava soprattutto uno
scienziato con simpatie democratiche, ha lasciato i due drammi più
importanti del teatro tedesco dell'Ottocento (se non consideriamo

L'Ol~)CENIo 59

Wagner): Dantons Tod (La morte di Danton) del 1835 e il Woyzeck


(1836-37). Il suo teatro venne scoperto solo a fine secolo; i naturalisti
prima e poi soprattutto gli espressionisti videro in quella drammatur-
gia spregiudicata, dissacrante fino al nichilismo, volutamente e vio-
lentemente demistificatrice in chiave antischilleriana e antihegeliana
una delle principali esperienze che precorsero il dramma novecente-
sco. Dantons Tod - pubblicato solo nel 1850 - tenta di superare perfi-
no la poetica della «tendenza», - dell'impegno politico -, professata
dalla cultura liberale, a favore di un asserito realismo storico. L'auto-
re ricorre copiosamente alle fonti, operando una specie di strabilian-
te collage di citazioni, eppure la scelta, la collocazione, gli stessi tagli
rivelano una intelligenza teatrale sveglia e attenta agli effetti scenici,
alla serrata ritmicità dello spettacolo. Al di là dei tanti destini tragici
per l'autore la storia, senza volto e senza direzione, s'impone come l'ul-
tima, suprema e cieca istanza, svelando un occulto anelito metafisico
affiorante dall'abissale intuizione nichilistica del suo dramma. L'altro
lavoro teatrale Woyzeck mette in scena un universo scardinato e insul-
so di una umanità mortificata, offesa, violentata, che non ha più alcun
ricordo di quella dignità, semplice e operosa, che ancora pochi anni
prima veniva esaltata dai classici e dai romantici. Lo scrittore getta un
crudele sguardo nell'emarginazione sociale, nel mondo del crimine,
dove non vige più alcun ordine né giustizia né senso. Woyzeck è un
senza classe del Lumpenproletariat, del sottoproletariato che ha perso
la stessa coordinazione logico-linguistica. Ai margini della comunica-
zione sussiste solo la regressione mimetica e associativa. In questa tra-
gedia il personaggio da essere umano sprofonda nell'automatismo del-
la marionetta, in un autismo di straordinaria e tremenda attualità.
Negli stessi anni la disintegrazione del teatro classico-romantico ve-
niva confermata dalla drammaturgia «titanica» di Christian Grabbe
(1801-1836), che trasforma il gesto superomistico, la posa eroica in fra-
gilità grottesca, che misura l'irreversibile crisi dell'idealismo dei per-
sonaggi schilleriani. Il suo teatro apparentemente fondato sull'essen-
za titanica, in realtà si rivela basato sulla patologia, sull'assenza di
qualsiasi progetto prowidenziale, di qualsiasi missione universale. La
storia è un enigma senza soluzione. Sullo sfondo appare inquietante
il nichilismo quale spiegazione plausibile dell'assurdità del mondo. Il
ricorso al grottesco introduce la scrittura di Grabbe in un orizzonte
realistico; la stessa lingua si è rivitalizzata con l'innesto dell'espressi-
vità popolare. Ma il Realismo non redime l'azione scenica, non illu-
mina il personaggio, ma ne mostra meglio le contraddizioni, l'intima
e irreparabile Zerrissenheit, la dilacerazione, che rende mutilato l'es-
sere umano raffigurato e che sigilla la crisi definitiva dello Streben,
della tensione verso l'assoluto dell'uomo faustiano, come pure ridico-
lizza la Sehnsucht romantica.
60 STORlA DELIA LEl'rERATURA TEDESCA

La Zerrissenheit è quella particolare esperienza sentimentale e psi-


cologica che caratterizza l'uomo postromantico, connotando la cultu-
ra dell'età Biedermeier, che prende il nome da un personaggio di una
raccolta di poesie, pubblicata sulla rivista Fliegende Blatter (Fogli vo-
lanti) di Monaco a partire dal 1855. Era una defil~izione per un atteg-
giamento esistenziale e culturale di allontanamento da ogni coinvol-
gimento politico. Il distacco dalla storia si era sedimentato con la de-
lusione in seguito al mancato mantenimento delle promesse di libera-
lizzare le istituzioni statali da parte dei sovrani dopo la caduta di
Napoleone e il trionfo della Restaurazione. IlBiedermeiernon critica,
è leale e legittimista, nutre vaghe simpatie liberali, ma non si vuole
impegnare nella lotta, dimostra il suo dissenso ritirandosi nella sfera
privata, nella quiete filistea, nella pace domestica, nel benessere del
focolare. Eppure un senso cosmico di smarrimento dei valori ferisce
malinconicamente il suo orizzonte spirituale. Chi ha più finemente
raccontato siffatta esperienza del mondo è stato Karl Leberecht Im-
mermann (1796-1840). Autore di teatro e poeta, Immermann rag-
giunge la sua maturità espressiva con il romanzo Die Epigonen (Gli
epigoni) del 1836 che diventa l'emblema di tutta un'età che ha la co-
scienza di essere priva di carica creativa, che awerte la scissione inti-
ma come fenomeno culturale. Ilmanzo, strutturato quale nuovo Mei-
ster, non convince come Bildw~r~man, restando nella categoria del-
lo Zeitroman, di un racconto d'epoca. Nena sregolatezza della materia
narrata, l'autore ammassa gli ingredienti più disparati, dall'esotismo
alla visionarietà utopico mistica, dalla critica alla moda a brani di pura
prosa d'arte, giungendo a raffigurare modelli di produzione industria-
le (tra i primi in tedesco) per approdare a una consolazione - sconso-
latamente anacronistica - di ritiro nell'idilliaco mondo contadino.
Siffatto motivo toma nella paradossale rivisitazione letteraria di una
celebre figura settecentesca nel romanzo più famoso di Immermann:
Munchhausen, eine Ges~hichte inAr~besken (Munchhausen, una sto-
ria arabescata) del 183~39, in cui alla satira sociale apparentemente
disimpegnata, condotta con raffmata ironia si contrappone a mo' d'iso-
la utopica un idinio contadino. È un autentico libro nel libro, estraibi-
le e pubblicabile autonomamente (come è awenuto). È il più com-
piuto annuncio di un genere narrativo cui è destinata una strepitosa
fortuna: il romanzo strapaesano, la Dorfgeschichte, la novella paesa-
na, quale componente principale dellaH~r(letteratura del-
la patria, della terra natale), che esalta la civiltà contadina ormai insi-
diata dalla società industriale capitalista. Verso la fine del secolo la
Heirnatliteratur trapassa da un pungente realismo campagnolo a tra-
sfigurazione di una realtà, a una sorta di cosmesi retroattiva di una so-
cietà tutt'altro che elegiaca. L'accentuazione dell'idillio paesano ven-
ne intesa in chiave non solo anticapitalista, ma anche antisocialista e

L'OTTOCENTO 61

perfino antioperaia e antisemita e sempre nettamente antimoderna.


Sulla scia della Dorfgeschichte si collocano numerosissimi autori mi-
nori, ma talvolta di ragguardevole spessore narrativo come Berthold
Auerbach, un intellettuale ebreo, il cui vero nome era Moses Baruch
(1812-1882), autore di quattro volumi di SchwarzwdlderDorfgeschich-
ten (Novelle campagnole della Foresta Nera) e successivamente l'au-
striaco Peter Rosegger (1843-1918). Il principale esponente di questa
corrente è stato uno scrittore svizzero dalle rocciose capacità raffigu-
rative: Jeremias Gonhelf (pseudonimo di Albert Bitzius, 1797-1854).
Pastore protestante e pedagogo, s'impegnò per la cura spirituale del-
la sua comunità, assumendo una posizione di conservatorismo illumi-
nato, con una tensione morale che sostiene le sue minacciose novelle
ambientate nella campagna svizzero-tedesca. La comunità è descritta
senza infingimenti, senza illusioni, ma con l'intransigenza della spiri-
tualità luterana e su uno sfondo inquietantemente simbolico.
Un altro aspetto della cultura della Zerrissenheit, accanto al rifugio
nella narrativa campagnola, è l'esotismo, la fuga in moduli stilistici e
in paesaggi artistici diversi, in cui poter trovare un appagamento alla
inquietudine malinconica. L'Italia, quale patria d'elezione, e il pre-
ziosismo di una poesia ritmata sulla metrica araba sono le coordi-
nate culturali dell'esotismo di August von Platen (1796-1835), che è
noto da noi perché alcune sue ballate, 11 pellegrino davanti al conl~en-
to di S. Giusto e La tomba del Busento, furono tradotte da Carducci,
che rendeva così omaggio al gusto storicizzante del raffinato poeta te-
desco.
Un autorevole esponente del Biedermeier, erede del Romanticismo
svevo, è Eduard Morike (1804-1875). Anche lui svevo, studiò teologia
e per alcuni anni curò una parrocchia luterana. La sua fu una vita ri-
tirata, priva di episodi straordinari, di grandi viaggi, di incontri, eppu-
re nella sottile trama del tempo seppe conoscere e raffigurare il coe-
rente dolore per un amore infelice, che lo inquietava e traversava la
sua intera esistenza. La sua lirica prese le mosse dalla sofferenza e da
un'ardente nostalgia sentimentale per sublimarsi gradatamente e aprirsi
a una catartica malinconia e insieme trasfigurante contemplazione
della stupenda terra sveva, che trovò in Morike l'interprete più sensi-
bile nelle felici evocazioni di boschi, fiumi, valli, aurore e tramonti e
canti notturni. Morike scrisse una delle più fortunate novelle tede-
sche Mozart auf derReise nach Prag (In viaggio per Praga) del 1855, in
cui l'autore demistifica la ricezione ottocentesca di un Mozart, so-
stanziato di serenità e leggerezza rorocò, per accennare all'abisso tra-
gico di dolore, in cui sorge la sua musica. Laddove il Biederrneier co-
nosce la sua espressione più intensa è in Austria, che già nell'Otto-
cento comincia ad assumere quella sua peculiare fisionomia culturale
da proporre la separazione della specifica storia letteraria austriaca
62 STORIA DELLA LETrERATuRA TEDESCA

da quella tedesca. Per l'Ottocento la particolarità austriaca è ancora


saldamente intrecciata con le sorti e gli sviluppi dell'intera letteratura
di lingua tedesca, pur presentando connotati caratteristici determina-
ti dalle condizioni storico-politiche dell'impero asburgico. In Austria la
letteratura tedesca non ebbe nel Settecento una funzione così impor-
tante come in Germania. La cultura era egemonizzata dalla musica e
dai poeti e artisti italiani. Mozart segna l'acme dell'arte settecentesca
in Austria, ma molti dei libretti sono di Lorenzo Da Ponte (1749-
1838).ppure proprio con Die Entfuhrung aus dem Serail (11 ratto del
serraglio) e con la Zauberflote (Il flauto magico) si consolida l'uso del
tedesco. Queste due opere di Mozart partecipano del fortunato gene-
re viennese dello Zauberstuck, del dramma magico e del Volksstuck,
del dramma popolare, riservato ai ceti popolani e in realtà amato an-
che dagli altri ambienti sociali. Con il giuseppinismo l'Austria conso-
lida la sua cultura laica, incrementando l'uso del tedesco: l'assenza di
una tradizione religiosa, legata - come quella luterana - alla lingua te-
desca, aveva rallentato lo svillupo letterario austriaco, che prende le
mosse, nel primo Ottocento, dalla fiorente cultura teatrale, fondata
sul particolare intreccio di dramma magico e popolare, con Ferdi-
nand Raimund (1790-1836). In un teatro pervaso di colorito vienne-
se, di dialetto e folclore Raimund utilizza abilmente l'immaginario
popolare per riaffermare la tradizione barocca della presenza spetta-
colare, fantastica del sovrannaturale sulla scena. Il suo successore Jo-
hann Nepomuk Nestroy (1801-1862), anche lui attore efficacissimo
regista e impresario, prosegue la tradizione del teatro magico, ma già
manipolandolo dall'interno e creando una sottile atmosfera di ironi-
co scetticismo per l'intervento, vieppiù dubbio, di forze misteriose in
scena.
La Zauber~lote suggestionò la fantasia infantile del principale scrit-
tore austriaco dell'Ottocento, Franz Grillparzer (1791-1872). Il suo tea-
tro può essere descritto come un'immensa raffigurazione mitologica
i suoi drammi si organizzano intorno a due punti focali: la mitologia
classica e quella ispanico-asburgica. La lingua è quella del Classici-
smo weimarianO che in funzione epigonale acquista una sua irreale
trasparenza da laboratorio, così come le sue poesie, nelle modulazio-
ni goethiane, assumono l'aspetto fantasmagorico di una estraniante e
intrigante pianta di serra. Trasferendo nella tragedia l'incidenza mi-
tologica sul moderno, Grillparzer opera una scelta ardita perché so-
spesa sul limite dell'agiografia o della parodia, che vengono esorciz-
zate da una estrema capacità figurale e da un' intensa coloritura poe-
tica. I personaggi perdono la polverosità museale, con cui la tradizio-
ne accademica ed erudita li aveva ricoperti, per riacquistare una
nobiltà espressiva che è la verifica dell'efficacia teatrale, nonché della
passionalità, della convinzione con cui l'autore ha saputo evocarli, in-

L'OlTOCENTO 63

fondendo loro la sostanza culturale classica, per lui ancora viva. Nei
drammi traspare - più evidente in quelli storici- la convinzione di Grill-
parzer che solo l'immobilismo, il non intervento, siano l'unica salvez-
za per la Mitteleuropa, mentre l'attivismo imperialistico avrebbe se-
gnato la fine dello stato sovrannazionale. Questa impostazione stori-
co-politica si riflette nei suoi drammi, che, pervasi da questo coinvol-
gimento profondo, non sono una scialba rivisitazione antiquaria né
una rassegna in costumi di cartapesta. La storia è interpretata, con
pessimismo nella circolazione di problemi e interrogativi, che non tra-
montano (e l'attuale crisi della Mitteleuropa ce lo conferma). Grill-
parzer è stato autore di uno stupendo racconto, Der arme Spielmann
(Il povero suonatore), scritto nel fatidico 1848, ispirato da una tensio-
ne metafisica che percorre la novella attraverso una analisi psicologi-
ca, che sconfina nel grottesco, nel patetico per elevarsi alla trascen-
denza.
Adalbert Stifter (1805-1868) è l'altro grande scrittore austriaco che
trasformò tutta la sua straordinaria prosa in una raffigurazione dell'im-
mobilità, o almeno della tensione verso la stasi quale unica difesa dal
demoniaco e quale estrema fedeltà alla tradizione e alla religiosità,
nonché ai ritmi immutabili e cosmici della natura. Nelle sue numero-
se novelle e nei suoi due romanzi, Stifter sperimenta una scrittura,
fondata sulla reiterazione (che torna a connotare la narrativa austria-
ca di Thomas Bernhard), nel tentativo di arrestare il tempo, di dare
scacco alla storia, di rallentarne la corsa distruttiva verso il nichilismo.
La natura alpina, la foresta, i ghiacciai, ma perfino il deserto (nell'eso-
tica novella «ebraica» Abdias) sono i silenziosi protagonisti di una
prosa composta, raffrenata, percorsa da fremiti repressi, da passioni
rimosse, da violenze soffocate, dall'angoscia metafisica per l'irrever-
sibile avanzata disintegratrice del caos che avrebbe travolto con l'im-
pero ogni traccia di Humanitat e compromesso irreparabilmente gli
equilibri naturali.
A Vienna visse in quegli anni anche Friedrich Hebbel (1813-1863),
d'origine settentrionale, che trovò nella capitale austriaca le condizioni
favorevoli per il suo lavoro drammaturgico. A differenza degli scritto-
ri «asburgici» - Grillparzer e Stifter-, Hebbel raffigura la tragica gran-
dezza dell'individuo che contrasta il corso della storia, restandone di-
strutto, ma non vinto, né rassegnato o conciliato. La tragicità hebbe-
liana si celebra dunque non in un esito positivo della situazione dram-
matica, bensì nella sublimità del linguaggio. Hebbel si distingue dal
Realismo della letteratura del suo tempo, cui contrappone la sua vi~
sione tragica dell'universo, raffigurata in drammi mitologici che tema-
tizzano il transito dal mito alla storia. Prima di morire, nel 1862 Heb-
bel riscosse un enorme successo con la rappresentazione della trilo-
gia Die Nibelungen (I nibelunghi). Contemporaneo di Wagner, anch`e
64 STORIA DELLA LETTERATURA TEDESCA

Hebbel awertì il richiamo del mito nordico-germanico che incontra-


va il favore di un pubblico vieppiù orgoglioso delle sue antiche tradi-
zioni eroiche. Per lui la mitologia non è un momento necessario,
come per Wagner, di rivisitazione di archetipi dormienti nell'anima
collettiva, bensì è il paradigma per mettere in scena una situazione
drammatica esemplare, che trascende la formulazione mitologica per
essere riscontrata anche nella società moderna, come dimostra il suo
unico dramma borghese Maria Magdalena del 1844. Perfezione lin-
guistica e titanismo tragico sono gli elementi di una visione che fa
dell'uomo la misura di tutte le cose, ben diversamente dalla trasfigu-
rante Hurnanitat della concezione schilleriana.
Hebbel è autore di diari, che accanto alla discussione di abbozi e pro-
getti sono anche un dialogo interiore (molto apprezzato da Kafka, che
scrisse anche lui straordinari diari) sulla propria vocazione artistica e
sul senso della scrittura nella sua vita.
Verso metà Ottocento si assiste a una ripresa dell'interesse per la
mitologia nordica. Il rinascente nazionalismo sollecitava una riassun-
zione delle più remote origini culturali della cultura tedesca. Chi in
maniera suggestiva fece rivivere questa mitologia fu Richard Wagner
(1813-1883), musicista celebre, che nella sua concezione estetica in-
seguiva l'ideale del Gesamtkunst~verk, dell'opera d'arte totale, del Wort-
Ton-Drama, del dramma musicale e poetico. Coerentemente a questi
princìpi, sviluppati in un'ampia saggistica, Wagner scrisse i suoi li-
bretti in versi, contribuendo con le sue celebri messinscena al teatro
di Bayreuth - da lui voluto, progettato e realizzato - e soprattutto con
la sua musica unaussprechlich, «inesprimibile», poiché ispirata dall'im-
mediatezza intuitiva, dall'emotività inconscia, alla più vistosa manife-
stazione collettiva della vita culturale del nuovo Reich tedesco. A dif-
ferenza della sua musica radicalmente innovativa, la scrittura di Wag-
ner si inserisce nella tradizione tardo-romantica, con un linguaggio
sostanzialmente allineato a registri aulici, mentre la scenografia e la
regia wagneriane sono sostenute da una energia creativa con sicuri
effetti drammatici. La mitologia nordica dalle scene travasò nell'im-
maginario della comunità nazionale, preparandola sia ai successivi
esperimenti simbolisti sia a quel rinascimento nordico che divenne
una delle componenti più popolari dell'ideologia e della letteratura
volkisch, nazionalpopolare e finì per essere strumentalizzata dai ma-
nipolatori della propaganda nazionalsocialista.
Le più celebri esperienze della cultura dell'Ottocento tedesco non
sono da ricercare nella letteratura, bensì nella musica di Wagner, ma
anche di Brahms o nella filosofia, intesa in senso lato, di Arthur Scho-
penhauer (1788-1860), Karl Marx (1818-1883) e Friedrich Nietzsche
(1844-1900). Tutti e tre non possono essere considerati filosofi nell'ac-
cezione accademica del termine; non è questa la sede per addentrarsi

LOTTOCENTO 65

nelle loro concezioni, tuttavia occorre accennare che la loro infíuenza


sulla cultura, la società e la mentalità dei tedeschi fu enorme anche
perché le loro opere sono scritte in una lingua non tecnicistica, bensì
suggestiva e, specie quella di Nietzsche, di grandiosa espressività poe-
tica
Un altrofilosofo esercitò una notevole influenza sugli scrittori: Ludwig
Feuerbach (1804-1872), che sviluppò in senso anticristiano e materia-
listico la sua critica all'hegelismo. A lui si ricollega esplicitamente
Gott~ied Keller (1819-1890), il principale scrittore svizzero, che sog-
giornò a Monaco, tentando di diventare un pittore. Successivamente
andò a Heidelberg, dove frequentò le lezioni di Feuerbach, che lo al-
lontanarono definitivamente dalla fede. Tornato a Zurigo, ricoprì
un'importante carica nell'amministrazione cantonale per dedicarsi dal
1876 esclusivamente alla letteratura. È il più coerente rappresentante
del Realismo tedesco. Il suo capolavoro, Dergrune Heinri~h (Enrico il
verde) è un romanzo di formazione, di cui esistono due stesure; la pri-
ma del 1854 termina col suicidio, scritta in terza persona, la definitiva
del 1879, redatta in prima persona, propone una conciliazione finale.
La prima, fortemente drammatica, è la raffigurazione dello smarri-
mento di un giovane, della sua incapacità di emanciparsi da un solip-
sismo esasperato. La descrizione è realista, costruita su un~attenta o s-
servazione d'icastica intensità. La tragedia awalora l'autenticità di un
racconto tirato sul filo di un'aspra conflittualità tra l'immaturità sog-
gettivistica e la società. La seconda stesura, che lascia intrawedere
una conciliazione, è pervasa da una graffiante ironia, che fa maturare
lentamente il protagonista verso una comprensione della vita aperta
alla solidarietà sociale. Keller è un autore che ha al suo att~vo altri ro -
manzi e raccolte di novelle, come Die Leute von Seldla (La gente di S.)
legate alla comunità svizzera, che presentava una spiccata fisionomia
par~icolaristica con problemi precipui. Keller li individua in un ecces
sivo attaccamento alla proprietà, che dall'avidità contadina verso la
«roba» si trasforma in calcolo capitalistico, che non rispetta più i valo-
ri della personalità e della convivenza.
Con Gotthelf e Keller è Conrad Ferdinand Meyff (1825 1898) il ter-
zo notevole scrittore svizzero dell'Ottocento. Nato in una agiata fa-
miì~ia patrizia, si sente attratto verso le nuove tendenze letterarie delle
rafEiguIazioni e dei grandi affreschi storici, in cui la ridondanza rap-
presentativa è già il preannuncio del decadentismo, che aveva trovato
nell'accademismo pittorico di Hans Maka~t (1840-1884) le sue fasci-
nose celebrazioni. La scrittura evocativa delle novelle di Meyer è so-
stanziata da una commistione di retorica storica, avvincente esotismo
e introspezione morbosa. Con lui torna d'attualità l'Italia rinascimen-
tale con quell'aura di intrighi machiavellici e di sensualismo meridio-
nale.
66 STORIA DELIA LETrERATURA TEDESCA

La letteratura quale ricerca di conoscenza o riflessione e confessio-


ne, raffigurazione poetica sopravvive in provincia, lontana dai grandi
centri urbani in selvaggio sviluppo industriale. Il genere della Dorfge-
sc~uchte ispira due solitari scrittori provinciali del secondo Ottocento,
esponenti del Realismo poetico, provinciale e paesano, detto anche
«difensivo» per accennare a quel suo carattere di riservatezza e di at-
tenzione a un mondo al tramonto. Si tratta dei settentrionali Theodor
Storm (1817-1888) e di Wilhelm Raabe (1831-1910).
Storm, la cui patria fu dominata a lungo dai danesi, si rifugiò in Prus-
sia per tornare nella sua Husum solo dopo l'annessione alla Confede-
razione Germanica. Questa collocazione geografica esprime la sua
perifericità, ossia la sua lontananza da un centro, da un nucleo social-
mente vitale: lo scrittore si sente messo da parte in una esistenza ai
margini della storia. Storm è stato un grande lirico, un poeta nostalgi-
co che anche nella sua prosa, raffinata e accurata, trasfonde un sottile
sentimento di malinconia, di sofferenza, di perdita di una totalità che
per lui è l'antica comunità contadina, ma anche la fiducia nei valori il-
luministici. Storm appartiene per la sua formazione alla cultura ten-
denzialmente progressista, favorevole all'impegno della grande per-
sonalità in lotta contro l'apatia, l'ottusità e i pregiudizi. Uno dei suoi
più riusciti racconti Der Schimmelreiter (L'uomo dal cavallo bianco)
del 1888 è una specie di saga nordica dei nostri giorni, in cui il perso-
naggio volitivo si scontra con l'inerzia della comunità. Ma questo dis-
sidio è costellato da suggestioni magiche, che scardinano la coerenza
della concezione positivista dell'impostazione, rendendo il racconto
ambiguamente sospeso tra il mondo del progresso tecnico-scientifico
e il richiamo verso coinvolgenti atmosfere soprannaturali. Questa in-
consueta convivenza di elementi disparati e contraddittori si realizza
in uno scenario sociale quasi immobile, in cui il movimento, pur fon-
dato su una progettualità illuministica, è reso possibile solo attraver-
so la mobilitazione di energie interiori, di un inquietante ricorso al
demonismo delle forze psichiche. E così la periferia stormiana si tra-
sforma in un posto di confine tra due antropologie culturali, raffigu-
rate da una scrittura fortemente evocativa.
Sempre dalla provincia scrive un altro esponente del Realismo difen-
sivo, Wilhelm Raabe (1831-1910), la cui scrittura richiama l a prosa
barocca o quella ridondante di Jean Paul, animata dal gusto sottile
della satira, dell'ironia, della descrizione minuta, puntuale, che appa-
rentemente si smarrisce per sconfinare nel sarcasmo. Il tedesco di Raa-
be esprime il retaggio gotico e luterano delle cittadine, chiuse e rin-
serrate in se stesse. Il primo romanzo, Die Chronik der Sperlingsgasse
(La cronaca del Vicolo del Passero) del 1856 è la narrazione corale
dei destini di personaggi strampalati, tipici esponenti di una provincia
Biedermeier, vicina all'estinzione. A causa delle demolizioni per la ri-

IL NOVECENTO . 67

strutturazione urbanistica la città diventa il simbolo della devastazio-


ne di un antico paesaggio interiore, corroso dagli atavismi che impedi-
scono una rinascita e una emancipazione delle energie represse e raf-
frenate in un ordine anacronistico, che ha pure una sua residuale carica
d'umanità.
Chi si pone originalmente al confine del Realismo è Theodor Fonta-
ne (1819-1898). La narrativa più significativa Fontane la scrive dopo i
60 anni. Precedentemente aveva lavorato a lungo per i giornali come
inviato. I suoi romanzi rappresentano una grande novità letteraria: è
la città, Berlino, capitale del nuovo Reich, la metropoli industriale,
con i suoi aristocratici, giovani ufficialetti, borghesi arricchiti troppo
in fretta, esponenti della piccola borghesia colta e povera e infine la
classe operaia con le sue donne generose, spregiudicate, libere, senti-
mentali. I romanzi sono affreschi sociali stupendi e brillanti, mai ap-
pesantiti da considerazioni sociologiche inutili. Il mondo va verso la
società industriale, i personaggi proletari riscuotono l'ammirata sim-
patia dell'autore, ma per quegli enigmatici percorsi dell'accensione
artistica sono gli ufficialetti, gli Junker, i nobili della Marca prussiana,
quelli che vivono più intensamente nella narrativa fontaniana, che è
innovativa nello stile dialogico. La città è relazioni sociali che si tra-
ducono in conversazioni annoiate, scintillanti, patetiche, ciniche, idea-
liste, ironiche, drammatiche. Il personaggio vive in ciò che dice, nel
modo come lo dice o nell'omissione, ma tutto gira attorno all'asse por-
tante del dialogo. I suoi romanzi fanno parte della più matura e riuscita
letteratura tedesca moderna e l'autore crea degli autentici capolavo-
ri, tra i quali primeggia Effi Briest del 1895, che è la storia triste di un
adulterio o più esattamente dell'ottusità di un rapporto matrimoniale
imposto, piuttosto che scelto. Il racconto è anche la narrazione della
maturazione spirituale di una giovane donna che sa comprendere la
sua sorte con quella dignità che non è dei perdenti, ma di chi soffre per
l'inerzia dei condizionamenti sociali.
Nel 1899, postumo, è stato pubblicato un altro capolavoro di Fontane
DerStechlin (Il Signore di S.), che è più meditato, più raffigurato che
dialogato e che si svolge in parte lontano da Berlino nella Marca, in
un paesaggio già anacronistico intorno al vecchio conte prussiano,
che ha saputo conservarsi fedele ai valori della comunità.

Vll. Il Novecento

IL PRIMO NOVECENTO IN GERMANIA

Con Fontane nella letteratura tedesca si consolida il romanzo socia-


le con una particolare attenzione al paesaggio metropolitano. Ed è
con il Naturalismo che la città viene tematizzata quale soggetto preci-
68 STORIA DELLA LE'ITERATURA TEDESCA

puo della letteratura moderna. Il Naturalismo, che sorge in Francia e


si diffonde in Germania anche attraverso il grande successo del teatro
di Ibsen, si fonda su una concezione rigorosamente positivista, aperta
al darwinismo sociale, alla teoria dell'ereditarietà e del primato del-
l'ambiente sul libero arbitrio, nonché attenta alle condizioni di duro
sfruttamento del proletariato. Siffatte tematiche vengono dibattute
in riviste e antologie da gruppi d'intellettuali attivi a Monaco e a Ber-
lino. La discussione collettiva è anche un nuovo elemento nella cultu-
ra letteraria tedesca; l'intervento su giornali e periodici, nonché la fon-
dazione di imprese teatrali sono le caratteristiche innovative di questo
movimento d'avanguardia che dette scandalo nella società autorita-
ria, ancora provinciale e conservatrice della Germania bismarckiana
e guglielmina, dove comunque agiva la potente organizzazione politi-
ca e sindacale della classe operaia, con cui, almeno nella fase iniziale,
simpatizzarono i giovani scrittori.
A differenza del Realismo il Naturalismo tedesco si vive come un
movimento d'arte sperimentale che ha nello schizzo narrativo Papa
Hamlet il primo significativo e consapevole documento ad opera di
Arno Holz (1863-1929) e Johannes Schlaf (1862 -1941), che lo pubbli-
carono con lo pseudonimo scandinavo di Bjarne P. Holmsen. È la
narrazione dello squallido fallimento di un attore alcolizzato. Nel di-
vario tra il raffinato protagonista di drammi shakespeariani e la sua
miseria e brutalità quotidiana affiorano l'ipocrisia e l'inutilità della
grande cultura umanistica, ridotta a orpello di una disfatta. L'inciden-
za di questa prosa è nei diversi registri linguistici utilizzati, tra cui lo
spregiudicato e rivoluzionario uso della lingua, logora e misera, di
una quotidianità che anche così dimostra la sua irrecuperabilità. Nel
1890 i due autori proposero una nuova opera comune conDie Familie
Selicke (La famiglia Selicke); si tratta di una scena familiare: la sera di
Natale con lo stravolgimento e il rovesciamento nella brutalità di ogni
aspettativa idilliaca. Domina la violenza con l'alcolismo e con la cru-
deltà del padre-padrone. Solo nei personaggi femminili traspare una
capacità di sacrificio che getta una tenue luce di nobiltà in un ambien-
te di degradazione. La lingua diviene il protocollo di uno sfacelo mo-
rale che non giunge nemmeno alla propria espressione, che resta mu-
tilata e regredita talvolta a suoni inarticolati. L'unica luce è la speran-
za, illusoria, di abbandonare l'inferno della città per tornare nella
campagna. L'inurbamento forzato è la via di perdizione cui non si pro-
spettano più alternative.
L'unico grande scrittore (sottovalutato in Italia), che esordì nella tem-
perie naturalistica per proseguire verso altre esperienze è stato lo sle-
siano Gerhart Hauptmann (1862-1946), che nel 1889 mise in scena il
dramma VorSonnenaufgang (Prima dell'alba) che suscitò violente re-
azioni. Siamo di nuovo alle prese con un dramma familiare di terribile

ILNOVECENTO 69

degrado, causato dalla disintegrazione dei valori larici provocata dal-


l'avidità di denaro. Una operosa famiglia viene disgregata e ridotta
allo squallore morale senza possibilità di redenzione, poiché l'abie-
zione da fenomeno etico si trasforma in dato genetico ereditario. Le
altre opere del periodo naturalistico sono variazioni sul tema dell'im-
possibilità di riscatto di ambienti irrecuperabilmente tarati. La lingua
è la grande novità per l'icasticità, l'immediatezza, raggiunte con il ri-
corso al dialetto slesiano - come nel dramma storico Die Weber (I tes-
sitori) - o al gergo berlinese. Le storie sono vicende strappacuore di
aspra ferocia sociale senza che sorga mai una luce, una speranza.
Lo studio delle tare ereditarie e in genere delle deviazioni psicopa-
tologiche porta Hauptmann a interessarsi alle manifestazioni para -
normali, spiritiche e del misticismo popolare e contadino, interpreta-
te nella prospettiva della psichiatria positivista quali fenomeni di fol-
lia isterica. Lo scrittore approfondisce questi suoi interessi verso l'ir-
ruzione del misticismo nella psiche in successivi romanzi in bilico tra
una concezione materialista e una diversa inquietudine spirituale che
già si emancipa dal positivismo. Si giunge alla svolta di Hauptmann
verso un neoclassicismo paganeggiante, ampiamente attestato nella
cultura dell'epoca da un diffuso gusto, che potremo accostare al dan-
nunzianesimo per l'analogo paradossale awicinamento delle estre-
me propaggini del sensualismo naturalistico alla poetica simbolista.
La contaminazione, artisticamente produttiva, di temi naturalistici,
di denuncia sociale e di una suggestione verso la simbolizzazione con-
figura l'opera di FrankWedekind (1864-1918), drammaturgo di suc-
cesso, che pose l'eros al centro del suo teatro. Nel 1891 con Fruhlings
Erwachen (Risveglio di primavera) scrisse una delle più dolorose tra-
gedie sulla repressione degli adolescenti e sull'autoritarismo oppres-
sivo del sistema scolastico guglielmino (un tema comune nella lette-
ratura di fine secolo). Utilizzò un linguaggio animato da una vigorosa
protesta civile, intensificata dalla rivolta nietzschiana e da suggestioni
simboliste, che apparì ancora più nitidamente nelle successive opere
dei drammi di Lulu, ossia Erdgeist (Spirito della terra) del 1895 e Die
Buchse von Pandora (Il vaso di Pandora) del 1902, incentrate sulla tra-
volgente forza dell'eros femminile in sintonia con la corrente intellet-
tuale del vitalismo irrazionalista che sottendeva la corrente artistica
delloJugendstil quale trionfo sublimato, ancorché precario ed effime-
ro delle pulsionalità.
Il più deciso critico del Naturalismo in Germania è stato il poeta Ste-
fan George (1868-1933), che già negli anni Novanta, dopo un soggi or-
no parigino a contatto con i simbolisti francesi (tra cui Mallarmé),
propose una poetica fondata sull'assoluto primato della forma in
nome della poésie pure. Oltre che poeta George fu uno dei più in-
fluenti e autorevoli organizzatori culturali, fondando una rivista, una
70 STORIA DELLA LETrERATURA TEDESCA

casa editrice e animando un circolo di discepoli. Si sentì investito dal-


la sublime missione di proteggere e affermare l'arte, giungendo a for-
me di culto che sconfinavano in nuove regole dell'ortografia, della
punteggiatura e perfino del modo di vestire. George incentra nietz-
schianamente la sua opera sulla tematizzazione dell'opera d'arte.
Quale celebrazione della forma, la sua poesia scaturisce da una sin-
golare commistione di meditazione poetologica e contemplazione
simbolica della realtà oggettiva, attingendo una espressività raffigu-
rativa di rara trasparenza, restaurando una scrittura poetica classica
icasticamente intensa. La sua poesia è la nominazione, semplice, im-
mediata, del creato che assume una nuova vita più vera attraverso la
rammemorazione e la designazione lirica.
In maniera autonoma anche il romanziere Robert Walser (1878-
1956) è legato al superamento del Naturalismo. La scrittura di questo
autore svizzero, che visse appartato e per lunghi anni in case di cura,
è volutamente dimessa quale specifica operazione letteraria, appa-
rentemente realistica, ma sostanzialmente traversata dalla frammen-
tazione della percezione oggettiva del mondo dei valori. In questa ope-
ra di destrutturazione del reale pur nel mantenimento della sua rap-
presantazione è stato awicinato a Kafka. I suoi raeeonti sono romanzi
di formazione eapovolti, in cui i protagonisti pereorrono, in un'estatica
dimenticanza di sé, il sentiero dell'insensatezza e della dissociazione
di ogni progettualità esistenziale.
La Monaco di fine secolo è quella particolarmente vivaee dei eireoli
naturalistiei e della bohème, di Wedekind e del Cenaeolo di George,
di Lou Salomé e del giovane Rilke, delle grandi riviste satirieo-lette-
rarie, tra eui il Simplicissimus, nonehé dei fratelli Heinrieh e Thomas
Mann.
Thomas Mann (1875-1955) è il più rappresentativo serittore tedeseo
del Novecento. Consapevole di questa sua celebrità si sentì investito
della missione di indicare alla Germania il cammino da percorrere,
anche se gli sueeesse di mutare rotta. Insignito nel 1929 del premio
Nobel, frequentò gli ambienti internazionali della cultura e della po-
litica. Aveva già raggiunto la celebrità nel 1901 con il romanzo Bud-
denbrooks. Verfall einerFamilie (I Buddenbrook. Decadenza di una fa-
miglia) che riunisce sinfonicamente i motivi ispiratori della sua esisten-
za e della sua opera: la severa atmosfera baltica, la rigida tradizione
familiare di operosi commercianti di Lubecca, l'esotismo rappresen-
tato a vari livelli dalla seduzione dell'arte e in specie della musica wa-
gneriana, una perfetta padronanza dei registri realistici e naturalisti-
ci, la coscienza pessimistica dell'aporia insanabile tra vita e arte, tra
etica e felicità. Mann awerte, dapprima nella sua stessa esistenza, la
diversità quale ferita che non si rimargina che è alla radiee della sua
sofferenza, della sua solitudine, ma anche della sua inesauribile pro-

ILNOVECENTO 71

duzione artistiea. È un attento lettore di Storm e di Fontane, mentre


da Sehopenhauer e Nietzsehe attinge quella eoneezione della deea-
denza e del primato dell'estetica, che la sua sensibilità artistica trovò
suggellata dalla musica di Wagner. Il primo decennio del secolo è
quello delle sue creazioni più felici che tematizzano la sua diversità
artistiea, psicologica. Ne M903 scrive la novella Tonio Kroger che è la
raffigurazione metaforica della sua voeazione eon allusioni alla sua
diversità omoerotiea, ma anche con la eonferma della sua eroiea fe-
deltà all'ethos luterano del lavoro e alla vita semplice e borghese in
aperta polemica con la bohème decadentistica in voga a Monaco.
Mann vive la deeadenza non come esibizione esistenziale (si vestì
sempre con la gran cura dell'esponente dell'alta borghesia), bensì
come destino della sua epoca. Nel 1912 scrive il suo racconto più fa -
moso Der Tod in Venedig (La morte a Venezia), in cui è la morte l'esi-
to di quel ferale dissidio interiore tra etica prussiana, «federiciana»,
luterana, rigorosamente germanica, e nostalgia d'amore, di esotismo,
di arte, di musica, di trasgressione. La contraddizione paradossalmen-
te si rieompone negli anni di guerra, in cui Mann scrive un immenso
saggio Betrachtungen eines Unpolitischen (Considerazioni di un impo-
litico), pubblicato nel 1918, a favore della Germania e del conflitto
per cui la Kultur- owero lo stile, la disciplina, l'aristocrazia, l'arte, la
forma, la musica tedeschi - è rappresentata dal Reich, mentre l'eco-
nomia, la democrazia, la tecnica, il progresso materiale, l'omologa-
zione egualitaria e massificata sono la Zivilisation, volgare prerogati-
va dell'Occidente e della civiltà moderna. Viene resuscitata - con l'in-
telligenza dell'artista autentico, amante dei paradossi concettuali e
ispirato dal provocatorio gusto nietzschiano - l'atavica spaccatura tra
la Germania e l'Occidente, ricostruendo un metaforico limes spiri-
tuale, alla cui erezione in quell'epoca contribuirono diversi scrittori,
tra cui Oswald Spengler (1880-1936) con Der Untergang des Abend-
landes (Il tramonto dell'Occidente, 1918-22), che teorizza con un im-
pianto positivistico, ma con uno slancio intellettuale nietzschiano, la
morfologia delle diversità culturali.
Nella stesura delle Betrachtungen ha agito una contrapposizione -
esemplare per la spaccatura della cultura e della politica tedesche -
con le posizioni pacifiste, democratiche, filofrancesi del fratello Hein-
rich, i cui toni polemici avevano ferito Thomas. Ma al di là delle mo-
tivazioni personali l'opera ha assunto un'ampiezza di perlustrazione
intellettuale da diventare la summa del pensiero conservatore di que-
sto secolo. Dopo la disfatta della Germania Thomas Mann aderisce
alla nuova repubblica, solennemente proclamata a Weimar. Mann era
un intellettuale borghese troppo raffinato per non awertire un pro-
fondo disagio e una indomabile sofferenza verso la demagogia dei na-
zisti, verso la brutale violenza, plebea e popolana, delle squadre hitle-
72 STORLA DELLA LEI'I`ERATURA lEDESCA

riane. La grande trasposizione letteraria di queste contraddizioni tra


hberalesimo iilluminista e oscurantismo reazionario, tra laicismo e con-
cezione totalitaria si attua nello Zauberberg (La Montagna incantata)
del 1924. Questo secondo grande romanzo manniano è un raoconto-
saggio che anticipa la tendenza di Musil e di Broch. Il romanzo di s~
cietà-con la tecnica dei dialoghi serrati e brillanti, appresa da Fonta-
ne, suo grande maestro - è approfondito da squarci meditativi e con-
cettuali che scardinano la forma del romanzo realista e naturalista,
ancora mantenuta nei Buddenbrooks.
Negli aoni del nazismo e dell'emigrazione, che Mann trascorse in Fran-
cia e poi negli UsA, divenendo cittadino americano, si confrontò - in
polemica oon l'ideologia nordico-aria del razzismo nazista - con la
mitolog~a blblica nella tetralogiaJoseph und seine Br~der (Giuseppe e
i suoi fratelli, 1933-43), in cui elabora una cospicua e disparata varietà
di motivi, tra cui la rifiessione sugli archetipi proposta da Carl Gustav
Jun (1875-1961) e dallo studioso delle religioni Karl Kerén~i (1897-
1973). Nei racconti vi è una sorta di antologia enciclopedica con me-
ditazioni sulla mitologia, antropologia, filologia, esegesi biblica e tra-
sposizioni molto trasparenti a favore del New Deal rooseveltiano.
L'esilio, la lontananza forzata dalla Germania induoono Mann a una
rivisitazione della Germania guglielmina, ancora così «gotica», ana-
cronistica, misoneista, come affiora suggestivamente nostalgica nel
Dokz~Faush s del 1947, che racconta la vita di Adrian Leverl~hn, un
oompositore, che, ossessionato dalla sua missione creatrioe, stringe
un patto ool demonio pur di concepire un'opera musicale innovativa,
i cui pr~nc~pi sono quelli ideati dalla dodecafonia di Arnold Scb~
b(187~1951), che si risentì per il plagio perpetrato nel romanzo
delle sue teorie sulla musica atonale. Il nudeo più genuino del rac-
conto è nella stupenda e coraggiosa variazione del tema germanico
del Faust e nella memorabile rievocazione della Monaco del primo
Novecento.
L'atmosfera decadente, sensuale, bohémienne della Monaco a ca-
vallo tra i due secoli è quella che circola anche nella produzione gio-
vanile, dannunziaoa, di Heinrich Mann (1871-1950), che spianò a Tho-
mas, il fratello minore, la via della letteratura, da lui imboccata per
primo scontrandosi duramente col padre commerciante. Gli esordi di
Heinrich Mann, che soggiornò a lungo in Italia, sono sotto il segno
del decadentismo europeo, con una spasmodica ricerca linguistica.
Più note sono le sue successive critiche impietose alla Germaoia gu-
glielmina, al filisteismo autoritario e vigliacco, ammantato sotto la
mascherata imperialista e militarista, come traspare sarcasticamente
dal suo romanzoPr~fe~sor Unrat del 1905, celebre per il film del 1930
L'an~lo azurrv di Joseph von Sternberg. Nel racconto l'autore criti-
ca ferocemente il sistema scolastico guglielmino, le ipocrisie e i tabù

IL NOVECENTO 73

moralistici che opprimevano la vita di una piccola città tedesca. La


polemica all'autoritarismo si intensifica nel suo maggior successo:
Der Untertan (Il suddito). Composto tra il 1912 e 1914 cominciò ad ap-
parire a puntate su una rivista, che allo scoppio della guerra sospese,
indignata, la pubblicazione di quell'aspra satira all'imperialismo prus-
siano, in cui si ironizza sulla stessa figura del Kaiser. Successivamente
Heinrich Mann si awicinò alla cultura francese, componendo, ormai
in esilio a causa del nazismo, romanzi storici sulla figura di Enrico IV,
il monarca laico, tollerante, ostile al dogmatismo e perciò vittima del
fanatismo confessionale. Per Heinrich Mann la letteratura (che in
gioventù aveva così sfrenatamente coltivato da una prospettiva deca-
dentistica) era al servizio della causa antinazista e la sua produzione,
ancorché in toni idealistici, fu l'espressione del radicalismo democra-
tico tedesco.
Un altro autore che abbandonò la Germania, già con la prima guer-
ra mondiale per le sue convinzioni pacifiste, è Hermann Hesse (1877-
1962), il più letto scrittore del secolo. Come numerosi altri intellet-
tuali, anche lui nasce in una famiglia pietista. I suoi parenti erano stati
missionari in India, influenzando la spiritualità dello scrittore. Come
i Mann, anche Hesse ebbe una adolescenza inquieta in contrasto con
l'autoritarismo familiare e soprattutto della scuola, che abbandonò pre-
sto. Autodidatta di vaste e disparate letture, il giovane scrittore tema-
tizzò la ribellione adolescenziale. La sua lingua, piana, semplice, deri-
va direttamente dal Romanticismo di Eichendorff, Arnim e Brenta-
no, nonché dallo schietto Realismo di Keller e dalla malinconica li-
nea «sveva» di Uhland e Morike. La natura, gli artigiani, la piccola
città, la gente modesta sono gli elementi immediatamente raffigurati
nella sua opera. In gioventù si trasferì in Svizzera, che aveva eletto a
sua patria, negli anni del primo conflitto mondiale traversò una crisi
esistenziale drammatica, da cui si trasse fuori per mezzo della terapia
analitiea junghiana, dalla quale mutuò feeondissimi spunti per la sua
produzione successiva, incentrata sul diagramma junghiano di uno
smarrimento, di una oscura vacillante peregrinazione e di una illumi-
nazione finale. Nel 1919 la soluzione della crisi si rispecchiò nel ro-
manzo Demian, che trapassa da Bildungsroman a romanzo d'iniziazio-
ne, legata a un sapere intuitivo e alla realizzazione profonda del pro-
prio sé. La leggenda di questa peripezia illuminativa è la materia del
suo racconto più celebre del 1922 Siddharta che è diventato una sorta
di vademecum della gioventù del secondo Novecento da quando fu
adottato, quale guida spirituale, dalla generazione americana dei figli
dei fiori. Tra le due guerre compose Der Steppenwolf (Il lupo della
steppa, 1927) che è il romanzo in cui Hesse raffigura la crisi del nichi-
lismo con il suo superamento. È una critica implaeabile alla società
borghese e alla omologazione massificante in nome di una sensibilità
74 STORIA DELLA LETTERATURA TEDESCA

naturale e naturistica, libertaria e anarchica, che non ammette le muti-


lazioni, a cui il sistema competitivo capitalistico sottopone la perso-
nalità, specie se aperta all'altruismo, al sogno, alla sentimentalità, ma
anche a una impetuosa, irrefrenabile pulsionalità. Nel 1930 Hesse
scrisse un ampio romanzo storico di ambientazione medievale in cui
il contrasto tra razionalismo e istintualità, tra efficienza e trasogna-
tezza, tra mondanità e ascetismo mistico è raffigurato da una coppia
di amici Narzi,und Goldmund (Narciso e Boccadoro), che animano
il racconto con le loro peregrinazioni e solitudini, con le lo ro tensioni,
i loro eonfronti, emulazioni e la loro finale aceettazione e maturazione.
Durante la guerra Hesse si cimentò eon il suo romanzo più impegna-
tivo e ambizioso Das Glasperlenspiel (Il gioeo delle perle di vetro) del
1943 che è un raeeonto utopieo in cui la eomunità futura di Castalia
assomiglia a una eerchia conventuale medievale senza alcun tratto
fantascientifico. Al di là dellafiction e dell'artificio letterario è la que-
stione della maturazione spirituale che sta a cuore all'autore. La sto-
ria è quella di una vittoria interiore eon la seoperta semplice del gesto
generoso, del sacrificio oscuro e insieme risolutivo, che è la traceia
che nell'uomo si è risvegliata la coscienza di una vita più vera di quella
dell'io empirico, storieamente determinato.
Agli antipodi dell'esperienza intimistica di attualizzazione romanti-
ca e «verde» di Hesse, si colloea l'opera di Bertolt Brecht (1898-1956),
il principale drammaturgo tedesco del Novecento e senza dubbio uno
dei protagonisti intellettuali della cultura tedesca dagli anni Venti. Il
suo esordio in teatro è eontemporaneo al massimo suceesso dell'Espres-
sionismo. I suoi primi drammi -Baal del 1920 e Trommeln in derNacht
(Tamburi di notte) del 1922 - sono nettamente scaturiti dalla dram-
maturgia urlata e violenta di quella temperie letteraria, ma l'idea dei
drammi se ne distacca aeeennando a una sobrietà e a un disincanto
scettico e caustico che lascia presagire lo sboeeo politico della sua
opera successiva. Brecht aderisce allo schieramento marxista rivolu -
zionario, cui restò fedele durante l'era staliniana. La Berlino dei roa-
ring twenties ha in lui e nel suo teatro epico una delle più vivaci mani-
festazioni. Il teatro epico - secondo l'innovativa drammaturgia bre-
chtiana - è il definitivo superamento del teatro tradizionale, basato
sull'identificazione «aristotelica» dello spettatore con lo spettacolo.
Brecht accentua l'estraneamento dello spettatore, creando un distac-
co critico emotivo per favorire la presa di coscienza dei processi di
sfruttamento. Aeeanto alla concezione politicizzata e classista, il suo
teatro offriva una grande varietà di storie e casi umani, oppure rivisi-
tazioni di drammi storici che sapevano incantare il pubblico per la
loro arguzia, modernità dell'impostazione seenica. Si parla ormai mol-
to di plagio, di opere scritte per lui dai suoi eollaboratori; sarà difficile
appurare la realtà dei fatti, ma - pur ammettendo che si debba parla-

ILNOVECENTO 75

re in qualche caso più eorrettamente della «ditta Brecht» che del solo
autore -, resta tuttavia un'unità di stile e di ideologia inconfondibile
che rende originale questa esperienza drammaturgiea. Tra le due guer-
re i drammi più riuseiti sono Im Dichcht der Stadte (Nella giungla del-
le città) del 1923 e poi riscritta nel 1927, sullo squallore del dopoguer-
ra infestato dalla miseria e da lotte intestine e soprattutto Dreigro-
schenoper (L'opera da tre soldi) del 1928 eon le musiche di Kurt Weill
(1900-1950), che è un abilissimo remake della settecentesca Beggar's
Opera di John Gay, con alcuni dei songs più famosi della sua intera
produzione e che indica come Brecht sia uno straordinario adattato-
re di precedenti drammi, filtrati nella sensibilità culturale contempo-
ranea e ai quali conferiva una curvatura unitaria, una carica provoca-
toria e dissacratoria che sapeva trasformare generi teatrali disparati
come la rivista, la mascherata, il cabaret in una suggestiva fantasma-
goria scenica. Il progetto brechtiano di un teatro didattico, critico e non
«culinario», paradossalmente naufraga di fronte alla eccezionale bra-
vura del drammaturgo, che crea situazioni teatrali coinvolgenti.
L'aggravarsi della crisi sociale e politica nella Repubblica di Weimar
(1918-1933), il tracollo dei partiti di sinistra, ferocemente divisi, l'asce-
sa di Hitler, l'awento del Terzo Reich (1933-1945), l'esilio in Ameri-
ca, raggiunta via Mosca (dove si guardò bene di restare) maturarono
il suo teatro dapprima con la fase dei Lehrstucke, dei drammi didatti-
ci, quali esempi scenici dello sfruttamento e della possibile resistenza,
e infine con i grandi drammi storici: Mutter Courage und ihre Kinder
(Madre Coraggio e i suoi figli), scritto nel 1939, rappresentata nel 1941,
e con le musiche di P. Dessau (1894-1979) nel 1946, Das Leben des
Galilei (La vita di Galilei), messo in scena nel 1943 e in una nuova ver-
sione nel 1957. Il primo dramma, mutuato dagli scritti «simpliciani»
di Grimmelshausen, è un'invettiva contro la guerra e i suoi orrori raf-
figurata dalla parte di chi crede ingenuamente di trarne profitto; il se-
condo è il dissidio tra la scienza e la consapevolezza materialista di vi-
vere una sola vita e di godersela. Un altro suo lavoro che ha ottenuto
il riconoscimento universale è la parabola «cinese» Dergute Mensch
von Sezuan (L'anima buona di Sezuan), scritto tra il 1938 e 1941, mes-
so in scena con le musiche di Dessau nel 1948. La metafora cinese è
una delle più poetiche nella produzione anche lirica e saggistica di
Brecht, che è autore di numerose poesie, tra le più toccanti della lirica
tedesca novecentesca. La sua è una scrittura poetica diretta, con il
tono della semplice annotazione immediata, della confessione di un
intellettuale in un'età di atroci crudeltà. Brecht è anche un efficace
diarista e un saggista più aperto al confronto ideologico di quanto non
lo sia stato come drammaturgo. Nel secondo dopoguerra scelse di
trasferirsi nella DDR, nella Repubblica Democratica Tedesca (1949-
76 STORIA DELLA LETrERATURA TEDESCA

1989) a dirigere il «Berliner Ensemble», che con lui è diventato una del-
le più affermate compagnie teatrali.
Gli esordi di Brecht sono awenuti mentre la scena tedesca era do-
minata dall'Espressionismo, che è stata la più nota avanguardia tede-
sca. Partendo dalle esperienze pittoriche del gruppo «Die Brucke» di
Dresda, questo movimento si estende anche alla letteratura con ca -
ratteristiche di rottura con la cultura ufficiale, accusata di accademi-
smo. Siamo nel clima dissacratorio della contestazione globale del
primo Novecento verso il mondo già awertito come tramontato, ana-
cronistico. I bersagli preferiti sono la tradizione, le teorie materiali-
ste, il Naturalismo, le strutture del potere, l'autoritarismo statale e
quello dell'opposizione socialdemocratica e sindacale. La ribellione
sconfina dall'ambito artistico per invadere territori completamente
nuovi: espressionistica è la tematizzazione letteraria della rivolta dei
figli contro i padri, gridata con un patetismo adolescenziale, brutale e
insieme disarmante. Con l'Espressionismo si assiste all'irruzione del-
la psicoanalisi - nella prima vulgata fortemente positivista - in lette-
ratura, come pure del pensiero utopico, anarchico, pacifista e insieme
rivoluzionario. Nella rivolta espressionista si configura anche il rifiu-
to della massificazione capitalista, dell'omologazione della civiltà in-
dustriale in nome di una liberazione nietzschiana dell'individuo o di
una palingenesi mistica. L'Espressionismo è un movimento iconocla -
sta della nuova generazione, i suoi esponenti sono giovani che esibi-
scono atteggiamenti radicali e arrabbiati, ostili allo sfruttamento e al
militarismo. Le vie d'uscita dal ristagno culturale, denunciato dagli
espressionisti, sono la protesta conclamata e gridata o il ripiegamento
mistico in uno spiritualismo cosmico.
L'Espressionismo è un movimento che caratterizza l'atmosfera arti -
stica tedesca dal 1910 al 1920 circa e che viene profondamente prova-
to dall'esperienza bellica, che ne radicalizza le componenti protesta-
tarie. A livello di scrittura è la ricerca di un'espressione che non sia
manieristica e non riproduca la realtà o l'impressione soggettiva, ma
che sia invece alternativa alla effettualità naturalistica, in sintonia con
la lingua dell'anima, con l'urlo dell'interiorità martoriata e mutilata
dall'ingiustizia sociale e familiare e dal sistema di produzione indu-
striale. Nell'Espressionismo affiora una nostalgia di rigenerazione, di
rousseauiana bontà primigenia dell'uomo, di destrutturazione dell'im-
ponente gabbia di acciaio della cultura. Gli espressionisti più coerenti
e militanti si riconobbero in alcuni locali di Berlino e di Monaco, non-
ché in riviste come DieAktion, Der Sturm (La tempesta, con chiaro ri-
ferimento alla prima avanguardia tedesca: lo Sturm und Drang), Die
weissen Blatter (I fogli bianchi), come pure in antologie, tra le quali la
più famosa, Menschheitsdammerung (Tramonto dell'umanità), edita
da Kurt Pinthus nel 1919, in cui già nel titolo è presente uno dei mo-

IL NOVECENIo 77

tivi ricorrenti dell'Espressionismo: il sentimento apocalittiao, rmtui-


zione, che si esprimeva in un urlo confuso, patetico fino al g~ttcsco~
di essere giunti alla fine catastrofica di un ciclo, confermatadallo scop
pio della prima guerra mondiale.
I principali esponenti del movimento furono dei giovani, spesso isl}
lati, come Georg Heym (1887-1912), affogato a 24 anni, pattinando sul
ghiaccio. Heym è un poeta autentico che sa trasfondere in allucina-
zioni e metafore catastrofiche la demonia della metropoli, di uoa Ber-
lino devastata da giganteschi stabilimenti industria4 inter~retati quali
prefigurazioni di una architettura infernale.
Un altro poeta lirico morto giovanissimo è l'alsaziano En~t Sl dler
(188~1914), caduto nelle prime settimane al fronte. La sua poesa, dopo
esordi sulla scia ieratica di George, esaltò, nietzschianamente l~es
dionisiaca.
Nell'Espressionismo è cospicuo per presenze e qualità il contnbuto
di giovani autori ebrei che awertivano la terribile cogenza dell~au~
rità paterna e religiosa, contro cui si levava la loro disperata protesta
Una scrittrice ebrea, radicata nell'Espressionismo quale es.perienza
onirica di libertà lirica, è Else Lasker-~.chuler (1869-1945), che a~e~a
sposato Herwarth Walden, l'editore dier Stur~r~, amica di Benn (che
la defi~nla più grande poetessa che la Germania abbia mai a~uto~. di
Trakl e del pittore Franz Marc (188~1916). La sua produzione si apre
in maniera originale all'esotismo ebraico e orientale e propone un fim-
tasmagorico policromismo, cui delega metafore che risalgono alla sles
sa tradizione ebraica, rivisitata con spregiudicate interpretazi~ni at-
tualiizzanti.
Tra i più genuini poeti sorti nella temperie espressionista, benché in
realtà formatosi nella solitudine di una aspra sofferenza interiore c~è
l'austriaco Georg Trakl (1887-1914), suicidatosi al fronte per rorrore
delle atrocità di guerra. La sua lirica rivela spunti cromatici e s~listici
di evidente ascendenza barocca. La stessa ansia apocalittica e palin-
genetica si mescola a un oscuro senso di colpa che lo awKina più a
Ka~a che alla poesia urlata degli espressionisti. La sua liri~, più ri-
spettosa della tradizione formale, raggiunge intensità lalli~ache
sanno esprimere l'angosciosa solitudine e l'estrema indigenza di un'ani-
ma che non attende più alcun soccorso, ma che non rinuncia al so~
di tenui, delicati fanciulli annunciatori di una salvezza destinata a una
umanità che sarebbe dovuta ancora sorgere.
Un altro poeta fortemente sperimentatore di nuove soluzioni ling,ui-
stiche è August Stramm (1874-1915), caduto, anche luiin guerra,
che infrange volutamente ogni perimetrazione grammaticale e sintat-
tica, corrodendo e stravolgendo la stessa solidità lessicale per app~
dare a esperimenti di poesia concreta nell'organiz~azione visiva del
testo poetico.
78 STORIA DELLA LETrERATURA TEDESCA

Un itinerario, particolarmente contraddittorio e insieme emblema-


tico, è quello percorso da Johannes R Becher (1891-1958), una ribel-
le natura individualista, che soffrì il contrasto con l'autoritarismo pa-
terno. Il suo successivo sviluppo lo portò a disciplinare la sua prote-
sta, aderendo al partito comunista, a emigrare nell'Unione Sovietica
di Stalin. La sua fedeltà venne ricompensata nella DDR con la carica
di ministro della Cultura. Becher passò dalla rivolta linguistica al for-
malismo classicistico per celebrare le realizzazioni del regime.
L'Espressionismo conobbe un intenso approccio con il teatro, rivo-
luzionando le messinscene naturalistiche e quelle tradizionali. Con au-
toriassaidotaticomeGeorgKaiser (1878-1945) edErnstToller (1893-
]939) l'urlo espressiOnista salì sul palcoscenico in rappresentazioni
segnate da una tensione sperimentale, in cui i personaggi perdevano
la loro individualità per affiorare quali figure dell'inconscio, quali mo-
delli di atteggiamenti generali, emblemi di comportamenti che trascen-
devano la specificità realistica, la psicologia convenzionale per assur-
gere a forme categoriali.
Lo scrittore che più originalmente prende le mosse dalla crisi espres-
sionista per restare coerente a quella intuizione lirica di rottura e di
urgenza di forma è Gottfried Benn (1886-1956). Figlio di un pastore
protestante, attento conoscitore della tradizione luterana, ma di for-
mazione scientifica, esercitò per tutta la vita la professione di medico,
che gli ispirò icastiche metafore sulla caducità del corpo e sull'ideolo-
gia vitalistica, legata alla fisicità. Nel 1912 pubblica un ciclo di poesie
Morgue, che riceve il titolo dall'obitorio parigino e che è la più radica-
le contestazione della concezione convenzionale della bellezza, della bel-
la rappresentazione. Il rifiuto giovanile prosegue per cogliere il senso
che è ancora riservatO all'arte nella modernità e che va ricercato al di
là di ogni contenuto o ideologia, bensì nella forma purificata, quale
unico valore che nietzschianamente soprawive al crollo di tutti i valo-
ri, al tramonto della stessa pretesa umana di esperire la verità. Vicino
alla riflessione heideggeriana, Benn si confronta con il nucleo spiri-
tuale della modernità, riconosciuto nel nichilismo, per proporne - in
saggi lucidissimi - una realizzazione e un superamento attraverso l'espe-
rienza della forma. Viene così attinto l'estremo e più conseguente esi-
to della crisi del Naturalismo come pure di ogni concezione umanisti-
ca dell'arte, di ogni poetica extraletteraria.
La prossimità alla rocciosa meditazione filosofica di Martin Heideg-
ger (1889-1976), Benn la condivide con Ernst Junger (1895), uno dei
più inquietanti e radicali pensatori e scrittori del secolo. Volontario
di guerra, awenturierO, leader della cultura nazionalrivoluzionaria,
ideologo della «Rivoluzione Conservatrice», scienziato, studioso di i n-
setti, naturalista, collezionista, autore di diari, saggi, romanzi, Junger
è uno dei più prolifici e opero. si intellettuali del Novecento. Accanto

ILNOVECENTO 79

alla diaristica Junger è autore di uno dei più raffinati romanzi simbo-
lici del secolo:Aufden Marrnorklippen (Sulle scogliere di marmo) del
1939, un racconto criptico di guerra con le forze scatenate del totalita-
rismo. L'unica salvezza è nell'emigrazione, che si presta a varie inter-
pretazioni, tra cui il ritorno alla vera patria, battendo il sentiero tede-
sco dell'interiorità.
Gli scritti più originali sono quelli degli anni Venti e Trenta quando
con le memorie di guerra e le prospettive per la civiltà futura tratteg-
giate nel saggio DerArbeiter (L'operaio) del 1932 Junger aveva con-
tribuito all'affermazione di una corrente letteraria antiespressionisti-
ca con la Neue Sachlichkeit, la nuova oggettività, che rivalutava il Rea-
lismo, l'oggettivismo, il funzionalismo nelle arti - si pensi all'architet-
tura e al design delBauhaus a Dresda di Walter Gropius ( 1883-1970).
È un movimento che tende perfino a emarginare, o comunque a ri-
durre al minimo l'intervento dell'autore, considerato quale costrutto-
re di storie di vita, quale reporter di cronache reali. L'opera principa-
leè BerlinAlexanderplatz del 1929 diAlfredDoblin (1878-1957). Èun
romanzo che nella sua complessità e originalità travalica la mera ap-
partenenza a una determinata corrente, anche se certe tecniche uti-
lizzate come il collage da articoli di giornali, listino in borsa ecc. ren-
dono bene la nuova svolta impersonale, cronachistica.
In questo clima letterario la Germania viene sommersa da una ma-
rea di memorialistica di reduci e di romanzi di guerra, che si pongono
come obiettivi rapporti dal fronte. Il più famoso - accanto ai libri di
guerra di Junger, che esaltavano il conflitto tra uomo e materiali - è
Im Westen nichts Neues (Nulla di nuovo sul fronte occidentale) del
1928 di Erich Maria Remarque (pseudonimo di Erich Paul Remark,
1898-1970), che è stato uno dei romanzi più noti con la sua appassio-
nata denuncia della guerra espressa pateticamente da un esponente
di quei giovani che, abbandonati i banchi di liceo per arruolarsi vo-
lontari nell'agosto '14, scoprirono l'atroce realtà della guerra, delle
mutilazioni, della morte.
Il reportage sulla miseria negli anni della crisi economica è la sostan-
za di un altro best-seller tedesco del tempo Kleiner Mann, was nrm ?
(E adesso, pover'uomo?) del 1932, di Hans Fallada (pseudonimo di
Rudolf Ditzen, 1893-1947), che narra in uno stile solo apparentemen-
te distaccato, ma in realtà intriso di sentimentalismo piccolo-borghe-
se, le tristi vicissitudini di un disoccupato negli anni della grande de-
pressione economica.
L'atteggiamento di rassegnazione e di mortificazione sostanzial-
mente impolitica culminò durante il nazismo nella Innere Emigration,
nella Emigrazione Interna, quale letteratura del riflusso, del rifugio
nella propria intimità, quale escapismo nella novella storica o quale
rifiuto della massificazione che si era già annunciato alla fine degli
80 STORIA DELLA LETTERATURA TEDESCA

anni Venti quando alcuni scrittori - tra cui Gunter Eich (190 7-1972),
Peter Huchel (1903-1981), Wolfgang Koeppen (1906) - si radunaro-
no intorno al periodicoDieKolonne di Dresda per prendere le distan-
ze dall'omologazione totalitaria. Per essi, che ebbero un ruolo deter-
minante nella letteratura del secondo Novecento, la poesia era l'al-
trove, l'alternativa interiore, l'altra parte della modernità.
Ben diversa fu l'impostazione letteraria di chi con l'ascesa di Hitler
al potere prese la via dell'esilio. Il 1933 segna per l'intera comunità te-
desca una nuova spaccatura epocale d'incalcolabile, tragica portata,
che pose fine a quella straordinaria occasione storica di riacquisire
l'egemonia artistico-intellettuale (come era awenuto alla fme del Set-
tecento) per mezzo di un nuovo rinascimento, fondato sulla simbiosi
spirituale ebraico-tedesca, vanificata dalla sciagurata politica antise-
mita nazista. L'Exilliteratur, la letteratura dell'esilio è diventato un ca-
pitolo della letteratura tedesca del Novecento cui parteciparono mi-
gliaia di scrittori e saggisti, tra cui - oltre ai ricordati - Walter Benja-
min (1892-1940), Kurt Tucholsly (1890-1935), Ernst Weiss (1884-
1940), Stefan Zweig (1881-1942) e Ernst Toller, che si suicidarono
nel timore della vittoria nazista.
Le opere scritte nell'esilio tematizzano la protesta, il dolore, la di-
sperazione e la speranza, le vicissitudini, le miserie quotidiane, il pro-
blema ebraico e il comportamento passivo, acquiescente o la resisten-
za al regime. Tra questi autori si segnala Lion Feuchhvanger (1884-
1958), che con Die Geschwister Oppenheim (I fratelli Oppenheim) del
· 1933 fornisce il primo romanzo sul nazismo. Klaus Mann (1906-1949)
- il figlio di Thomas Mann - scrive il primo romanzo organico sull'emi-
grazione conDer Vulkan. Roman unterEmigranten (Ilvulcano. Roman-
zo tra emigranti) del 1939, che è una fosca rappresentazione pessimi-
stica delle lotte e delle faziosità tra i fuorusciti.
Un romanzo sulle vicende quotidiane dei profughi in attesa del mi-
tico visto per gli USA è Transit (Visto di transito) del 1944 di Anna Se-
ghers, che ha composto anche un coinvolgente racconto sul clima di
diffusa ostilità e resistenza passiva al regime nazista all'interno della
Germania con Das siebte Kreuz (La settima croce) del 1942, in cui si
narra la solidarietà su cui può contare un evaso da un lager nazista.

LA LETTERATURA AUSTRIACA DEL FIN-DE-SIÈCLE E DEL PRIMO NOVECENTO

Verso la fine del secolo intorno allo scrittore e critico Hermann Bahr
(1863-1934) - che da iniziale esaltatore del Naturalismo ne divenne
un awersario accanito in nome di una tendenza neoromantica -, nel
caffè viennese Griensteidl si riunì un circolo di scrittori detto dello
Jung-Wien (Giovane Vienna), che era la principale espressione lette-
raria dell'Impressionismo floreale, delloJungendstiL I viennesi, mae-

IL NOVECENTO 81

stri della scrittura impressionistica, coniarono il termine d i Nerl~enkunst,


arte nervosa nell'accezione ampia che questa parola assumeva nella raf-
finata cultura della decadenza viennese anche per mezzo della trionfale
affermazione della psicoanalisi di Sigmund Freud (1856-1939). Arthur
Schnitzler (1862-1931) e Hugo von Hofmannsthal (1874-1929) sono i
principali esponenti di questa corrente letteraria.
L'opera di Schnitzler ha conosciuto un crescente successo soprattut-
to per i suoi racconti, intessuti da una straordinaria capacità evocati-
va di atmosfere decadentistiche e di una coinvolgente analisi intro-
spettiva. Tra le novelle più riuscite si segnala Leutnant Gustl (Sottote-
nente Gustl) del 1900 che introduce il monologo interiore nella nar-
rativa tedesca. Freud parlò di Schnitzler - anche lui medico ed ebreo -
come di un «sosia» per l'attenzione che l'autore riservava all'oscuro e
intrigante mondo pulsionale, che affiora con piena maturità espressi-
va soprattutto nella tarda produzione dello scrittore come in Traum-
novelle (Doppio sogno) del 1925 che racconta le awenture oniriche di
una coppia in crisi, e nel 1931 (pOCO prima di morire) in Flucht in die
Finsternis (Fuga nelle tenebre) che è lo sprofondamento della coscien-
za quale esito estremo di una dissociazione, che assurge a simbolo
della frammentazione dell'uomo nella modernità.
Diverso è il percorso dell'altro impressionista viennese Hofmannsthal
che da una precoce poesia - formalmente così perfetta da aver incan-
tato perfino un poeta intransigente come Stefan George -, sostanzia-
ta da un lirismo esangue ed estenuato, vero trionfo della lingua poe-
tica, giunge proprio col nuovo secolo a una radicale crisi alla soglia
del silenzio mistico come testimonia Ein Brief (Una lettera) del 1902:
si tratta di una epistola immaginaria scritta da Lord Chandos al filo-
sofo Bacone in cui confessa l'impossibilità di scrivere con una lingua
che non coglie più il mistico legame tra parola e oggetto. Il decaden-
tismo per un processo di autocombustione non è più capace di affer-
rare il mondo, scivolando in un abisso di irrealtà. Hofmannsthal cerca
di uscirne aggrappandosi disperatamente allo stile della sua tradizio-
ne asburgica, rinnovando la grande stagione dell'opera in collabora-
zione con Richard Strauss (1864-1949) e ricollegandosi alla matrice
ispano-barocca con il dramma Der Turrn (La torre, 1926) o alla sugge-
stione di estrema raffinatezza e di esoterica allusività con il frammen-
to del romanz«veneziano» Andreas oder die Vereinigten (Andrea o i
riuniti), pubblicato postumo. La sua scrittura trova ancora l'armonio-
sa e sublime felicità dell'esposizione formalmente compiuta in un at-
teggiamento «inattuale» di critica verso l'imbarbarimento progressi-
vo della civiltà in balia della brutalità dei nuovi nazionalismi etnici,
che avevano distrutto con l'impero un patrimonio culturale necessa-
rio alla spiritualità umana.
Il separatismo letterario austriaco svela la sua segreta vena asburgi-
82 STORIA DELLA LETTERATURA TEDESCA

ca, la sua nostalgia per quel mondo di ieri nelle opere di alcuni intel-
lettuali ebrei, che si trovano uniti nella malinconica rammemorazio-
ne di una civiltà regolata dalla tolleranza: si tratta di Stefan Zweig,
autore di memorie storiche di grande successo e di splendide novelle,
fondate su una straordinaria analisi introspettiva dei personaggi, non-
ché di un toccante libro di ricordi, che è diventato il simbolo di un'età,
Die Welt von gestern (Il mondo di ieri). Ebreo della Galizia asburgica
è Joseph Roth (1884-1939), autore di romanzi asburgici dall'affasci-
nante impianto tradizionale, velati di struggente nostalgia per un pas-
sato più umano, ironicamente rievocato. Un altro grande intellettua-
le che ha dominato la scena letteraria viennese è stato Karl Kraus
(1874-1936), anche lui di origine ebraica, strenuo difensore della lin-
gua tedesca quale estremo baluardo di uno stile e di una tradizione
che nel rispetto della forma trovava la sua legittimazione e maturazione
interiore.
Chi traspose la questione della crisi di un mondo con ironia brillante
e sarcastica, nel tentativo titanico di venirne a capo con la scrittura, è
Robert Musil (1880-1942), autore di uno dei più riusciti romanzi sul-
l'adolescenza, la repressione scolastica, la violenza giovanile Die
Verwirrungen des Zoglings Torless (I turbamenti del giovane Torless)
del 1906; è il racconto di una crisi esistenziale profonda. Il giovane
vive un sisma intellettuale ed emotivo di immensa vastità da cui esce
con la prospettiva, l'unica ancora possibile, di trovare il proprio sé. E
su questa possibilità Musil scrisse per tutto il resto della vita in Der
Mann ohne Eigenschaften (L'uomo senza qualità), un poderoso fram-
mento, una gigantesca ricerca al bivio tra saggismo efiction, tra rifles-
sione e narrativa (tra l'anima e l'esattezza, per usare l'espressione di
Musil), che rappresenta la summa del pensiero e della sensibilità cul-
turale e psicologica del primo Novecento.
E un altro romanzo viennese sulla crisi dell'epoca e sulla possibilità
precaria di uscirne è Die Blendung (Auto da fè, 1935) di Elias Canetti
(1905-1994). L'autore, ebreo sefardita, ma viennese d'elezione e di
cultura, narra del rogo finale di una biblioteca e del suo maniacale pro-
prietario: una parabola grottesca dell'ultima fase della crisi della cul-
tura umanistica che non sapeva affrontare i demoni scatenati che sta-
vano per incendiare l'Europa; scegliendo il registro del sarcasmo e
della parodia, il racconto co!pisce al fondo della sensibilità, smasche-
L rando ogni ipocrisia e patebsmo.
L'intuizione austriaca di questa disfatta viene confermata nelle o pe-
re di Hermann Broch (1886-1951), industriale di origine ebraica, assi-
duo studioso del pensiero scientifico e mistico, convinto assertore con
Musil della nuova forma del romanzo quale mediazione tra fantasia e
meditazione filosofica e mistica. Il suo capolavoro è il romanzo Der
Tod des Vergil (La morte di Virgilio) del 1945, in cui Broch descrive le

IL NOVECENTO 83

angosce, le allucinazioni, le visioni nell'agonia del poeta romano e del


suo irrisolto conflitto con il potere. L'opera, che culmina nel dialogo
tra il poeta e Augusto, è la prova superba della riflessione sulla demo-
nia della politica da parte di Virgilio morente che può meditare sulla
soglia tra vita e morte.

Su questa soglia si situa l'interrogazione alla morte che percorre, con


vanazioni e progressiva maturazione l'opera di Rainer Maria Rilke
(1875-1926), il poeta tedesco più famoso del Novecento. Con lui si
apre anche uno straordinario capitolo della letteratura tedesca: quel-
lo di Praga, città asburgica fino al 1918, capitale della Boemia e del
popolo ceco, che non si era mai completamente conciliato con la Casa
d'Austria, ritenuta responsabile dell'umiliante fine dell'indipendenza
boema. Dalla seconda metà dell'800 la borghesia e il proletariato
ceco - incrementato dall'inurbamento dei contadini che abbandona-
vano la campagna - imposero ai governi di Vienna concessioni e rico-
noscimenti vieppiù ampi per la stragrande maggioranza ceca di Pra-
ga. La autorevole minoranza tedesca era formata da esponenti dell'uf-
ficialità, da alti funzionari asburgici, dalla borghesia intellettuale e ac-
cademica, nonché da una cospicua comunità ebraica, che contava
numerosi commercianti, imprenditori, ma anche intellettuali e scrit-
tori, che riuscirono a conservare un clima di relativa tolleranza nella
città.
Rilke apparteneva a una famiglia tedesca e fu profondamente in-
fluenzato dall'atmosfera suggestiva della città, nonché dalla cultura
decadentistica e stranamente incline a un gusto occultistico, alimen-
tato dalle continue rievocazioni delle tradizioni magiche della Praga
cinquecentesca del Rabbi Low, il leggendario creatore del Golem,
dell'imperatore Rodolfo II, astrologo ed ermetista, e dei suoi alchimi-
sti ammassati nella Viuzza dell'Oro. Rilke si sentì condizionato nega-
tivamente da questa fantasmagoria spiritica, cui era intimamente pre-
disposto. Per liberarsene fuggì a Monaco, dove conobbe Lou Salomé,
scrittrice, intellettuale, amica di Nietzsche e una delle prime donne
psicoanaliste, che lo introdusse nella cultura europea del tempo, sol-
lecitandolo a viaggiare in Italia e organizzando con lui due soggiorni
in Russia. La sua vita diviene una lenta catarsi dall'occultismo e dal
sentimentalismo ridondante della cultura praghese verso approdi for-
mali sollevati dalla caoticità vitalistica, che ancora pervade l'opera sua
più famosa Die Weise von Liebe und Tod des Cornets Christoph Rilke
(Canzone d'amore e di morte dell'alfiere Christoph Rilke) del 1899.
Questo poemetto, awincente, sul tono della ballata, è una tipica pro-
duzione neoromantica con il convenzionale omaggio al gusto stori-
84 S'l'ORIA DELLA LE'ITERATURA TEDESCA

cizzante e agli incontri fatali. Mentre la Russia esalta il misticismo e il


senso di comunità e di terrestrità del poeta, è l'esperienza francese, il
lun~o soggiorno con lo scultore Rodin, di cui è segretario, che affina
la sua capacità simbolica come dimostra la poetica del Ding-Gedicht,
della poesa oggetto in cui balena con immediatezza e precisione la
figura e~rocata Sono esercizi di maestria che Rilke riproduce anche
nel suo romanzo liricoDieAu.~eichnungen des Malte Laurids Brigge (I
quaderni di Malte Laurids Brigge, 1911), che è un caleidoscopio di
frammenti dirita parigina, staccati, isolati a mo' di impressioni di una
terrifica realtà oppure di preziose schegge di una rammemorazione
di nordici casteUi di severe atmosfere scandinave, mentre non esiste
più 17unità del romanzo. Il libro è per Rilke una stazione di transito
~erso h nuova liricità, queUa intuita nell'inverno del 1911 sugli spalti
del CasteUo di Duino, che anima Die Duineser Elegien (Le elegie di
l~uino) completate dai Soneffe an Orpheus (Sonetti a Orfeo). Le ope-
re furono ult~mate nel 1923 dopo il trauma della guerra e il croUo de -
gli imperi centrali, la rivoluzione bolscevica, la fine della vecchia Eu-
ropa signorile, aristocraticamente colta. La poesia di Rilke oltrepassa
ha sua storicità Le Elegie sono tra i vertici della moderna lirica occi-
d~ntale: le esperienze deU'uomo, gli oggetti della mano, deUa con-
tcmpla~;one assumono una luminosità intensa, metafisica, che tra-
scende h quotidianità per fissarsi nella ardita metafora deU'angelo,
del messaggio poetico.
O~tre Rillce a Praga è nato anche Franz Kafka (1883-1924), conside-
rato da ak uni critici il più grande scrittore del secolo. Radicato con
sofferenza neUa città, neUa Praga dei tre popoli - ceco, tedesco ed
ebraico- dei crudeli contrasti etnici e delle fascinose tradizioni ma-
giche, Kaflca esprime h sua angoscia di vivere in una società borghe-
se, fondata suilalori deU'utile e dell'economia, deUa concorrenza
spielata, ma anche in un impero votato allo sfacelo e in una comunità
ssnata dal successo finanziario, ma anche dalle incipienti discrimi-
naz~oni e pe~zioni. Un osalro presentimento deUa fine di un'epoca
è canune a tutti questi scrittori e la scrittura è il loro rifugio, la loro
1~, h loro disperazione. Lo sgretolamento, ancora invisi-
bile, deUa soQetà ebraico-praghese si riversa nell'incapacità da parte
di Kaflca di aderire ailalori convenzionali della sua comunità. L'uni-
ca possl~tà di espressione - non certo di salvezza - è la letteratura,
ma l'arte viene v~ssuta come altemativa aUa vita borghese, a queUa leg-
ge che il padre ha saputo utilizzare per la sua ascesa sociale. La legge
del pa~re borgbese incarna per Kafka la metafora dell'altra Legge,
queUa del Padre divino, e lui figlio incapace di proseguire la carriera
bor~se, awerte rinadeguatezza a ricollegarsi alla tradizione ebrai-
ca da cui si sente separato e insieme attratto. La scrittura è la sua vo-
caz~one, ha sua gius~tificazione, la sua voluttà ascetica, ma è anche rat-

ILNOVECENTO 85

tività che si scontra con la legge borghese e talmudica che prescrive


all'ebreo e al cittadino di fondare una famiglia, avere figli, vivere ope-
rosamente nella comunità, in mezzo al popolo, luogo epifanico della
divinità. In quanto scrittore Kafka è attratto dalla solitudine, da una
cupa, severa e notturna disciplina. La consacrazione alla letteratura è
vissuta come un duplice sacrilegio, come un peccato luciferino di su-
perbia, come una colpa che schiaccia l'individuo che awerte in sé,
perfino attraverso l'istinto e le pulsioni originarie, il richiamo della
Legge. Paradossalmente l'ascetismo, richiesto dall'arte, è la trasgres-
sione del comandamento divino e borghese nell'epoca della separa-
tezza. I romanzi, che l'autore voleva bruciare, vennero pubblicati po-
stumi dall'amico Max Brod (1884-1968), anche lui ebreo praghese, ro-
manziere prolifico e saggista. Der Verschollene (Il disperso, noto con il
titolo di BrodAmerika, 1927, ma risale al 1911-12), DerProze,(Il pro-
cesso, 1914-15, pubblicato nel 1925), Das Schlo/3 (Il castello, 1922
edito nel 1926) sono percorsi dall'invadente motivo della colpa senza
l'indicazione di una reale trasgressione. L'unica violazione della leg-
ge sta proprio nell'omissione e in questa omissione, in questa incapa-
cità - raffigurata in un personaggio, ma in realtà metafora biografica
e insieme epocale dell'uomo moderno - di aderire alla Legge della
comunità e dunque, ebraicamente, della divinità, si compie il destino
tragico dei personaggi di Kafka, rappresentati con ineguagliata sinte-
ticità e icastica, realistica precisione.
Dal primo grande racconto Das Urteil (La condanna 1912) a quello
suo più famoso Die Verwandlung (La metamorfosi, pure del 1912)
Kafka si confronta con situazioni al limite della rappresentabilità, con
scene oniriche di stupefacente nitore figurativo. La sua lingua è il te-
desco più puro, trasparente che sia mai stato scritto in questo secolo.
La cristallinità dell'espressione, la precisione delle immagini, l'ecce-
zionale cura del particolare, l'amore del dettaglio connotano una scrit-
tura unica, irripetibile, che ha saputo cogliere l'irreversibile tragicità
della situazione spirituale dell'uomo occidentale di questa epoca di-
stante dalla legge, dal significato, dall'essere, da Dio o dalla giustizia
sociale. Le tante proposte di interpretazione s'integrano tutte reci-
procamente senza scalfire il segreto della figura kafkiana. La divari-
cazione tra vita e significato, misurata da questa letteratura, è ormai
incolmabile, può essere solo raffigurata e in ciò si nasconde, forse
l'ultima chance per la modernità, quella adombrata dalla scrittura di
Kafka, che abbraccia anche, allo stesso livello di coinvolgimento e di
inquietante interrogazione, i suoi Diari e le sue numerose lettere, spe-
cie quelle alla fidanzata Felice Bauer e successivamente all'amica Mi-
lena Jesenská.
La scrittura di Kafka, analogamente a quella di Rilke, raggiunge la
classicità «moderna» senza mai concedere nulla al gusto orrorifico,
86 STORIA DELLA LETTERATURA TEDESCA

occultistico oppure sentimentaleggiante e patetico dei praghesi. Gu-


stav Meyrink (1868-1932), viennese di nascita, visse a lungo a Praga
dove si ambienta il più tipico romanzo occulto Der Golem (Il Golem)
del 1915, in cui la periodica apparizione fantastica del misterioso au-
toma awisa dell'irruzione di forze distruttive. Il patetismo sentimen-
tale, con una attenta sensibilità alle analisi psicologiche, anima la nar-
rativa di Franz Werfel ( 1890-1945), che si era rapidamente integrato
nella atmosfera letteraria di Vienna, dove si era trasferito, sposando
Alma Mahler, per emigrare insieme negli USA all'annessione nazista
dell'Austria. Con Die 40 Tage des Musa Dagh (I 40 giorni del Mussa
Dagh) del 1934 compose la più calzante metafora della persecuzione
degli ebre letta in chiave antimodernista: il distacco dalla tradizione
scatena i!- moni della violenza e dello sfacelo morale e spirituale del-
l'individuo e della comunità. Pure lui ebreo praghese, trasferitosi a
Vienna - e riparato all'awento del nazismo in Palestina - è Leo Pe-
rutz (1884-1957), autore di inquietanti e awincenti romanzi fantastici
e di una stupenda rievocazione narrativa della Praga del Rabbi Low,
Nachts unter der steinemen Brucke (Di notte sotto il ponte di pietra).

LA LETTERATURA TEDESCA DOPO IL '45

Il '45 significa per la letteratura tedesca l'«ora .ero», owero il «ta-


glio del bosco», metafora per indicare il rifiuto d;a tradizione (le ra-
dici del germanico bosco da estirpare), la volontà e la disperazione di
cominciare un nuovo ciclo. Per alcuni, come Eich e Koeppen, era solo
la tremenda conferma del carattere totalitario della civiltà industria-
le, la poesia aveva la missione di nominare, di redigere l'inventario
(Inventur è il titolo di una famosa lirica di Eich) delle cose per riap-
propriarsi con semplicità, sobrietà del mondo.
Il più esemplare scrittore dell'«ora zero» è stato un giovane reduce
Wolfgang Borchert (1921-1947), arrabbiato contro l'universo iniquo,
ingiusto che denuncia nel suo dramma DrauJ3en vorder Tur (Fuori da-
vanti la porta) del 1947 (trasmesso l'anno prima come radiodramma,
un genere fortunatissimo in quei decenni). La nuova generazione che
tornava moralmente e materialmente distrutta dal fronte si identifi-
cava nell'aspra, disperata protesta lanciata contro lo stesso Dio, con
il pathos espressionista dell'urlo contro la colpevole società dei pa-
dri.
La dura polemica contro il passato nazista rappresentò il tema prin-
cipale della cultura letteraria di quegli anni, mobilitando una lettera-
tura impegnata a ricordare ai tedeschi le loro tremende responsabili-
tà. Alcuni scrittori si riunirono nel 1947 nel «Gruppo '47», che univa
la scelta ideologica con una spregiudicata volontà sperimentale. Al
gruppo aderirono i principali autori del dopoguerra, tra cui Heinrich

IL NOVECENTO 87

Boll (1917-1985), l'autore tedesco più popolare, che nel 1972 ricevet-
te il premio Nobel come simbolo di riconciliazione con la letteratu-
ra tedesca. Boll era un cattolico intransigente, antimilitarista, pacifi-
sta, radicalmente democratico. Tutta la sua narrativa è incentrata sui
temi civili della denuncia, della protesta e della liberazione, della
lotta contro il nuovo sistema tedesco-occidentale, che sotto la fac-
ciata-i~berale nascondeva, secondo l'autore, una vocazione autori-
taria, come dimostra Billiard um halbzehn (Biliardo alle 9 e mezzo) il
suo romanzo più impegnativo. Boll è uno scrittore che, appresa da-
gli americani la tecnica della short story, la domina perfettamente per
fissare in poche sequenze narrative episodi drammatici di guerra o
della restaurazione adenaueriana.
La polemica contro la restaurazione dell'antico ordine sotto nuove
spoglie, più accettabili al consorzio internazionale, è il tema della nar-
rativa di Martin Walser (1927), che utilizza la dissociazione dei mate-
riali epici per cogliere la frantumazione della società consumistica te-
desco-occidentale, rievocata, dal 1960 al 1973, nella trilogia intorno
al protagonista Anselm Kristlein: Halbzeit (Dopo l'intervallo), Das Ein-
horn (L'unicorno) e Der Sturz (La caduta), che è un affresco dell'ipo-
crisia piccolo-borghese, nella cedevolezza ai compromessi da parte
dei nuovi tedeschi occidentali. Negli ultimi anni Walser si è awicinato
a un neopatriottismo, con Uber Deutschland reden (Parlare sulla Ger-
mania), del 1988 che ha scatenato una vivace polemica da sinistra.
Un altro grande scrittore, critico inesorabile della compromissorietà
tedesco-occidentale, è Hans Magnus Enzensberger (1929). La sua poe-
sia è una delle voci più ascoltate della nuova lirica sperimentale, for-
temente legata a un messaggio ideologico, da cui solo negli ultimi
anni si è distaccata per recuperare un libero spazio di liricità, senza
mai abbandonare i temi dell'analisi civile, che si è confrontata con Die
gro,~e Wanderung (La grande migrazione) del 1992 col drammatico
problema degli emigranti e del furore xenofobo, nonché nel 1993 con
il degrado delle metropoli in balia alla brutalità e alla violenza con il
saggioAnsichten aufden Burgerkrieg (Prospettive sulla guerra civile).
L'altro grande scrittore-ideologo, impegnato politicamente al punto
da concentrarsi vieppiù nella politica, è Gunter Grass (1927), che nel
1959 con Die Blechtrommel (Il tamburo di latta) ha scritto il romanzo
più esemplare della nuova letteratura, riattualizzando la narrazione
barocca e picaresca, facendo saltare tutti gli snodi della narrativa rea-
listica, riconquistando alla prosa i territori fecondi della sperimenta-
zione fantastica e inseguendo sempre coerentemente una intenziona-
lità puntata contro il militarismo tedesco, rievocato con una immagi-
nifica ridondanza, che trapassa dal grottesco alla parodia, attingendo
effetti narrativi di sorprendente novità.
Il problema del rapporto col passato nazista è dominante in un altro
88 SToRIADELLALETrERATuRATEDEscA

scrittore della stessa generazione, Siegfried Lenz (1926), autore pro-


lifico, il cui nome è legato soprattutto a Deutschstunde (Ora di tede-
sco) del 1968; la prospettiva narrativa è sviluppata in una tensione di
ricostruzione del passato, fin nei dettagli che assumono alla luce della
memoria poetica un valore simbolico.
Diversa è la vicenda esistenziale e letteraria di Peter Weiss (1916-
1982). Ebreo nato nei sobborghi di Berlino, emigra già nel 1934 per
trasferirsi stabilmente dal 1939 a Stoccolma. Per anni si dedicò alla gra-
fica e alla pittura; cominciò a pubblicare dal 1960 con esordi attenti
allo sperimentalismo e alle suggestioni surrealiste per imboccare nel
1961 con la commovente e compostissima rievocazioneAbschied von
den Eltern (Congedo dai genitori) e nel 1962 con Fluchtpunkt (Punto
di fuga) un percorso letterario segnato dalla rammemorazione, scan-
dita da una maturazione freudiana delle immagini. Dal 1975 al 1981
lavora a un vastissimo e ambizioso romanzo di formazione in tre volu-
mi Die Asthetik desderstandes (L'estetica della resistenza) che, in
una struttura narrativa completamente aperta, narra la peripezia di un
operaio antinazista che intuisce nella percezione estetica il supera-
mento della chiusura economicistica.
L'importanza di Weiss è legata soprattutto al suo dramma storico-
politico sulla Rivoluzione francese noto come il Marat-Sade del 1964,
in cui l'autore si confronta, per mezzo di un abile e fortunato artificio,
con le due posizioni del materialismo illuministico, che incarnano la
divaricazione del processo rivoluzionario, o almeno la rottura con la
tradizione: da una parte il primato della politica rappresentato da Ma-
rat, cui si contrappone l'egemonia del piacere sostenuta dal marchese
de Sade. La discussione resta irrisolta, anche se la simpatia dell'auto-
re è per la scelta politica. In quegli anni in Germania si stava speri-
mentando il teatro documentario - fondato, cioè, su documentazioni
storiche inoppugnabili -, che spesso assumeva la struttura del proces-
so, come con Die Errnittlung (L'istruttoria) del 1965 di Weiss, basata
sugli atti del processo di Francoforte ai responsabili del lager di Ausch-
witz. Anche Enzensberger con Das Verhor von Habana (L'interroga-
torio dell'Avana) ripropone il processo ai partecipanti allo sbarco per
rovesciare il regime di Castro a Cuba.
Era stato Rolf Hochhuth (1931) a portare nel 1963 al successo il dram-
ma documentario, che rispondeva a esigenze di sobrietà e di oggetti-
vità, con Der Stellvertreter (Il vicario), che suscitò un grave scandalo
con la provocatoria tesi che Pio xll, papa Pacelli, si sarebbe reso com-
plice con il silenzio suo e della chiesa dello sterminio degli ebrei. Il va-
lore estetico di questi drammi è stato ridimensionato, mentre risulta
più netta l'intenzionalità ideologica di denuncia che si intravede die-
tro la dichiarata pretesa di oggettività.
Il teatro dopo Brecht ha avuto in due scrittori svizzeri gli autori più

ILNOV~CENrO 89

interessanti: Maxisch (1911-1991) e Friedrich DuTTenmatt (1921-


1990). Entrambi sono stati anche romanzieri con una cospicua pro-
duzione in prosa. Probabilmente l'opera più originale di Frisch è il ro-
manzo StiMerdel 1954, che narra un problema di identità, di perdita di
identità, della sua graduale riassunzione: questa vicenda assurge a
metafora della crisi interiore dell'uomo contemporaneo, che si riflet-
te negli stessi esiti più avanzati delle scienze, dalla psicoanalisi alla
teoria della relatività. Anche gli altri racconti di Frisch si confrontano
con la questione dell'identità smarrita che si coagula in raffigurazioni
inquietanti narrate con una lingua trasparente, volutamente sobria,
oggettiva. L'incertezza sul fondamento ontologico dell'identità, ma
anche dei modelli di comportamento, si awerte anche nel teatro
come dimostra il suo lavoro più fortunato Biederrnannnd die Brand-
stifter (Biedermann e gli incendiari) del 1957 (rielaborato da un ra-
diodramma del 1955). Gli incendiari, che il signor Biedermann si ri-
fiuta di riconoscere, sono la metafora, negata, ma non per questo
compresa e superata, delle forze della distruzione interiore e civile
all'opera, che agiscono con la complicità e la viltà del borghese o della
coscienza a seconda della chiave di interpretazione - sociologica o
psicoanalitica - con cui si vuole leggere il dramma. Frisch è stato an-
che un prolifico e vivace autore di diari che sono preziosi documenti
di decenni di vita culturale e intellettuale.
Il massimo drammaturgo del dopoguerra è Durrenmatt, figlio di un
pastore, animato da una intransigenza luterana e dal pessimismo teo-
logico per cui il mondo è insalvabile. La Svizzera diventa il bersaglio
preferito della sua satira e delle sue grottesche parodie, che non ri-
sparmiano il perbenismo elvetico, sostanziato di ipocrisia e di dispo-
mbilità al compromesso come risulta dal suo dramma più noto Der
Besuch deraken Dame (La visita della vecchia signora) del 1956. Gul-
len, la piccola e decaduta città svizzera, in cui si consuma la grottesca
vendetta, raffigura la comfederazione elvetica, ma è anche una meta-
fora per la società contemporanea dedita al profitto a qualunque co-
sto, così come la vecchia signora è un personaggio che adombra il prin-
cipio sovrumano del giustiziere demoniaco piuttosto che della giusti-
zia. Questa ipostasi ricorre ambiguamente nelle sue opere teatrali,
come pure nelle sue prose - perfette storie poliziesche che si possono
interpretare come paradigmi teologici della punizione divina in terra.
L'autore che meglio riassume le incertezze e le ambiguità della nuo-
va Germania è Botho Stn (1944), autore teatrale di successo e scrit-
tore di prose e romanzi sperimentali come Der Junge Mann (Il giova-
ne) del 19a4, un abile e liberissimo Bildungsroman, che riecheggia il
Meister, con una sorprendente rivalutazione della specificità tedesca.
La prosa di StrauB dà voce a una nostalgia collettiva di protezione.
che ha nel grembo materno la sua metafora universale. Ma questa
90 SloRIA DEL.,A LETTERATURA TEDESCA

rassicurazione regressiva nell'atavico viene contraddeKa dalla glacia-


lità della società consumistica. Quando tutto è perduto resta la lingua
quale nuova dimora, una dimora unitaria per tutti i tedeschi. Tale
tensione è stata approfondita in ulteriori interventi successivi al crol-
lo del muro di Berlino del 1989. n suo recente libro di prose Wohnen
Dammem Lugen (Dimore, crepuscolo, menzogna) del 1994 co nferma
la funzione unificante, «abitativa» della lingua.

LA LETTERATURA DELLA DDR

Nella Germania Orientale - la zona occupata dai sovietici ed eretta


nel 1949 a Repubbliea Demoeratiea Tedesea - si sostenne una ideale
eontinuità eon la tradizione illuministiea, umanistiea, liberale e soeia-
lista, rappresentata dagli scrittori ehe dall'esilio seeglievano di torna-
re nella DDR. E in realtà in molti operarono questa seelta sperando di
contribuire alla creazione di uno stato tedeseo democratieo e soeiali-
sta. La delusione fu coeente, aleuni ripararono all'Ovest, altri si adegua-
rono, eontinuando a sperare. La vita letteraria della DDR è stata all'ini-
zio caratterizzata dall'attività degli emigranti, tra cui Brecht e Anna
Seghers. Solo gradatamente spuntarono le opere di una nuova genera-
zione, segnata dalla guerra e dalla costruzione del nuovo sistema, con
cui tentarono entusiasticamente di collaborare finché non dovettero
riconoscere l'irreversibile carattere totalitario del regime. Il
I l rapporto
letteratura-politica, letteratura-dissenso traversa la storia di quei qua-
rant'anni di intensa, appassionata vita letteraria. Tra i più autentici
poeti si distingue Johannes Bobrowski (1917-1965)con una lirica e
una narrativa traversata da una ferita aperta rappresentata dalla sua
origine di tedesco della Masuria, territorio di eolonizzazione germa-
nica in cui i tedeschi erano i dominatori spietati. Questa eredità pesa
come una colpa inespiabile sul poeta che la tematizza nelle sue opere. o pere.
Uno serittore che si protende verso la nuova società socialista è Hei-
ner Muller ( 1929)cresciuto alla scuola del «Berliner Ensemble», da
cui ha preso le distanze per passare da una drammaturgia della reto-
rica antifascista a un teatro
t eatro che si fosse posto ereativamente di fronte
alle contraddizioni della soeietà della Repubblica. Costretto al silen-
zio, si era ritirato in una manipolazione dei materiali mitologiei, erean-
do suggestive maechine teatrali. Nella disintegrazione della trama,t rama, fa
balenare, a mo' di paradigmatiche sequenze mitologiche l'essenza bru-
tale e seducente del potere.
Un altro autore del dissenso interno che si è eonfrontato con il tea-
tro, ma anche con la narrativa è Volker Braun (1939), di o rigine ope-
raia. Formatosi grazie alle possibilità eulturali fornite dalla Repubbli-
ca, coneentra la sua attenzione letteraria a raffigurare nei drammi e
nei romanzi l'anaeronistiea e tremenda soprawivenza all'interno di
un sistema di produzione collettivistico di modi di comportamento
«capitalistici», fondati sull'interesse e il tornaconto personali, su una
spietata eompetitività individuale.
La eontraddizione nella cultura della DDR doveva esplodere clamo-
rosamente nel 1976 con l'espulsione di Wolf Biermann (1936), uno
dei rari autentici scrittori socialisti, che nel 1953 aveva scelto la Ger-
mania Orientale, che cominciò a criticare aspramente per la mancan-
za di libero dibattito interno. Con la sua poesia, accompagnata dalla
musiea, è diventato uno dei più noti chansonniers tedeschi. Molti scrit-
tori espressero la loro solidarietà e numerosi abbandonarono defini-
tivamente l'ingrata patria. Tra costoro Gunter Kunert (nato a Berlino
nel 1929 da madre ebrea); poeta dal linguaggio sobrio e disincantato
alla Brecht, approfondisce il suo distacco dall'invadenza tecnologica
attraverso una scrittura densamente metaforica, visiva, che contrap-
pone la spontaneità del linguaggio quotidiano a quello ufficiale della
società «amministrata», che gli suggerisce un pungente scetticismo.
Negli anni Cinquanta la DDR aveva tentato di riprodurre esperienze
sovietiche attraverso il Bitterfelder Weg (la via di Bitterfeld), un pro-
gramma rigidamente ideologico per cui gli scrittori dovevano entrare
in fabbrica e gli operai descrivere letterariamente il loro lavoro. Nel
1961 Christa Reinig (1926) scrive un romanzoAnkunft im Alltag (Ap-
prodo nella quotidianità), che rovescia tale impostazione, scoprendo
la realtà semplice che circonda lo scrittore al di là di ogni imposizione
ideologiea. Tale riflusso nel privato venne immediatamente interpre-
tato eome una critica alla politica culturale del regime, che costrinse
C. Reinig a riparare a Ovest.
Della quotidianità, della semplicità ritrovata, della natura scrive Sa-
rah Kirsch ( 1935)anehe lei riparata dopo il 1976 a Ovest: per lei l'idil-
lio, benehé preeario e devastato, era ancora il luogo privilegiato del-
l'esperienza lirica e questa sua poesia della magia della natura era una
cifrata polemica per raggiungere la lievità elegiaca che ha profonda-
mente infíuenzato i poeti della recente corrente
cor rente della Neue Subjekti-
vitat (Nuova soggettività) nella Germania occidentale.
occ identale.
La principale scrittrice della DDR è Christa Wolf (1929). Scrittrice di
grande respiro narrativo e con solide letture e preparazione, allieva di
Anna Seghers, ma successivamente aperta al lirismo
l irismo femminile della
Bachmann, la Wolf è autrice di Dergeteilte Himmel (Il cielo diviso)
del 1963, che divenne il romanzo in cui si riconosceva una genera-
zione, quella che aveva vent'anni alla costruzione del muro e dovet-
te scegliere dove stare. La Wolf scelse la DDR, assumendo una po-
sizione di dissenso. Il suo romanzo più impegnato, Kindheitsmuster
(Trama d'infanzia) del 1976, è una sincera ricerca della colpa tedesca
delle motivazioni della violenza, dell'autoritarismo tedesco con una
interrogante rammemorazione del paesaggio interiore e poetico del-
l'infanzia, cosparso di mutilazioni, ma anche di simboli preziosi di ge-
nuina liricità. Il romanzo mitologico Kassandra del 1983 è una pre-
sa di posizione a favore della pace minacciata e della sorte della don-
na, emarginata e discriminata dall'aggressivo sistema del potere ma-
schile.
Un altro autore che ha intrattenuto un dissenso dialettico, interlo-
cutorio con il regime è stato Christoph Hein (1944), che nel 198 9 ten-
tò con la Wolf di salvare l'autonomia dell'esperimento socialista della
DDR. I suoi romanzi tematizzano, con una suggestiva scrittura narra-
tiva, I'isolamento, approntando modelli di resistenza individuale qua-
le garanzia d'invulnerabilità psicologica, per altro sempre precaria.
L'autore che ha più profondamente elaborato l'esperienza storica
della continuità del totalitarismo dal Terzo Reich al regime stalinista
è stato Uwe Johnson (1934-1984)autore di romanzi d'importanza epo-
cale per la letteratura tedesca più recente, come Mutma,~ungen uber
Jakob (Congetture su Jakob), pubblicato nel 1959 a Ovest dove era ri-
parato. È la storia di un destino intertedesco, di una trama di incer-
tezza che accresce il sentimento di assoluto spaesamento spirituale in
cui è gettata una generazione con una pesante eredità di colpa e con
nessuna prospettiva. La sua opera più impegnativa è la tetralogiaJah-
restage.Aus dem Leben von Gesine Cresspahl (Anniversari. Dalla vita di
Gesine Cresspahl), scritto dal 1970 al 1983un grande esperimento
narrativo che utilizza i più disparati artifici letterari (con il ricorso ai
collage dai giornali) per ricostruire la microstoria di un anno della
vita della protagonista.

LA LETTERATURA AUSTRIACA DEL SECONDO NOVECENTO.

Se la prima Repubblica austriaca (1918-38) era stata imposta dai


vincitori contro la volontà del popolo, la seconda Repubblica, sorta
dalla sconfitta nazista, ha trovato un ampio consenso, risvegliando il
sentimento di continuità con la grande tradizione culturale di Casa
d'Austria. Durante il Terzo Reich i principali scrittori erano emigrati;
solo un autentico poeta Josef Weinheber (1892-1945) aveva aderito
al nazismo; si suicidò all'entrata delle truppe sovietiche in Austria. La
sua lirica ha un tratto profondamente tragico nel tentativo, anacroni-
stico, di ripristinare un linguaggio dassico. Paradossalmente la sua poe-
sia più efficace è quella «minore», legata a una freschissima immer-
sione nel dialetto viennese, nella quotidianità popolare.
Anche per l'Austria il '45 non è stato vissuto come l'anno zero, bensì
come il riaffiorare della più autenticacultura austriaca, anche se il con-
fronto con il nazismo segnò l'opera del più grande poeta di questo tem-
po: Paul Celan (pseudonimo di Paul Antschel, 1920-1970)cultural-
mente legato all'Austria: ebreo nato a Czernowitz in Bucovina, I'ulti-
ma città universitaria asburgica. La sua esistenza è definitivamente
sconvolta dalla tragedia della persecuzione, dello sterminio della sua
famiglia e della sua comunità da parte di brutali assassini, che parla-
vano la lingua della sua poesia. Il suo tedesco perde di consistenza; la
logica crolla e fa affiorare simboli atroci e atavici di sofferenza, colta
in visioni allucinanti, pervase di significati biblici, mutuati dalla caba-
la e dal chassidismo. La sua lirica, che aveva preso le mosse da Rilke,
si trasforma nella poesia più enigmatica e criptica che sia mai stata
scritta in tedesco, avvicinandosi a quella di un'altra poetessa di origine
ebraica Nelly Sachs (1891-1970)CUi fu legato da una profonda amicizia.
Il traumatico rapporto con il passato (nella consapevolezza emble-
matica che Hitler era austriaco) sostanzia l'opera di Ingeborg Bach-
mann (1931-1973)nata a Klagenfurt e morta drammaticamente a
Roma, eletta a sua seconda patria in una sorta di esilio culturale. La
sua poesia e i suoi racconti sono momenti di una strenua ricerca di au-
tenticità verso la vita, che possa riscattare l'essere umano dalla sua
sudditanza verso il totalitarismo e il compiaciuto uso della violenza
per la poetessa caratteristico della brutalità maschile.
Thomas Bernhard (1931-1989)il principale narratore di lingua te-
desca del secondo 900, lascia un esperimento letterario - nei roman-
zi, racconti e nei drammi - in cui con una straordinaria, ostinata coe-
renza tende a sceverare i contenuti fragili dell'azione attraverso la
prassi stilistica della reiterazione stifteriana. La recursività assume
una funzione di sospensione per incrementare la tensione e insieme
per rendere assurda ogni aspettativa di un evento che non si verifica
poiché tutto si è già compiuto, ogni possibilità è stata sprecata e non
resta che il grottesco inventario della rovina. Sull'estrema soglia del-
I'esperienza appare la scrittura quale coercizione, quale rito effimero
di liberazione che deve essere sempre reiterato. Questa tragicità dei
percorsi labirintici dei suoi romanzi approda alla rammemorazione, a
una precisa, maniacale rievocazione dell'infanzia quale luogo della
prima violenza subita e della mutilazione originaria.
L'altro romanziere austriaco famoso nei nostri giorni è il prolifico
PeterHandke (1942), che dà il meglio di sé nella rivisitazione di quel-
la dimensione paesana, tramandataci dalla Dorfgeschichte, che è una
provincia letteraria umiliata dalla brutalità e dall'ottusità. Il racconto
che parte dalla degradazione degli emarginati, degli asociali della pro-
vincia, devastata dall'irruzione consumistica, è uno dei filoni narrativi
più cospicui nella recente narrativa austriaca come confermano i pro-
vocatori romanzi «antipornografici» di ElfriedeJelinek (1946) o quelli
segnati da una cupa aggressività di Franz Innerhofer (1944), come
pure dello scrittore sudtirolese Joseph Zoderer (1935), che con il ro-
manzo Die Walsche (L'«italiana») ha raffigurato l'aggressività dei com-
portamenti sociali dietro l'idilliaca patina dei paesaggi alpini.
La scrittura di Handke conosce ulteriori perlustrazioni nelle provin-
ce rarefatte della lingua letteraria. È ancora una volta la classicità au-
striaca di Stifter che sostiene i suoi esperimenti tesi a contemplare e
rinominare gli oggetti in un archivio di significati ravvivati dalla prassi
poetica.
Un universo sostanziato di elementi letterari e culturali è la remota
deriva di una scrittura raffinata, costruita con materiali tradizionali
spregiudicatamente assemblati da Christoph Ransmayr (1954) nello
strabiliantepastiche postmoderno Die letzte Welt (Il mondo estremo)
del 1988, in cui l'antichità si contamina con la tecnologia più avanzata
in una caoticità di segni, rumori, interventi e interpolazioni destinati
con il loro accatastamento ad approdare alla complessità inteTpreta-
tiva del nostro tempo.
Se Ransmayr illustra i più remoti sviluppi di una civiltà aggrovigliata
di contraddizioni, dalla perifeTia austriaca un'altra stoTia è stata nar-
rata da Robert Schneider (1961) in Schlafes Bruder (Fratello del son-
no, 1992, in italiano: Le voci del mondo, 1994), in cui Canetti ravvisa-
va la rinascita della letteratura tedesca. È un romanzo «romantico»:
con questa scrittura sentimentale, paradossale e ironica il Romantici-
smo tedesco si reincaTna in un racconto apparentemente fuorilel tem-
po e della storia e che lotta col tempo e la storia per Titrovare la parola

Potrebbero piacerti anche