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CAPITOLO 5:

Oltre che in Catalogna il catalano è parlato in parte della provincia di Valencia, nelle isole
Balneari, nella Repubblica di Andorra, in alcune zone della Francia meridionale e ad Alghero in
Sardegna.
Le prime attestazioni di questa lingua risalgono alla fine del XII secolo ed inizio del XIII secolo.
Questa lingua è considerata come una lingua ponte tra il dominio gallo-romanzo e il dominio
ibero-romanzo, infatti riprende alcuni fenomeni linguistici dell’occitano come la perdita delle
vocali finali diverse da A, la conservazione della F iniziale ed alcuni fenomeni del castigliano
come la palatalizzazione delle LL ed NN intervocaliche.
L’influenza dell’occitano con la sua lirica si verifica soprattutto durante tutto il Medioevo,
infatti durante questo periodo i poeti catalani utilizzano l’occitano per scrivere le loro opere
anche se intriso di catalanismi. Questa influenza si esaurirà durante il ‘400 soprattutto grazie
ad Ausias March, creatore di una nuova lingua poetica svincolata dall’occitano e che risente
l’influenza della poesia italiana, soprattutto petrarchesca.
Questo poeta fu al servizio di Alfonso V, il Magnanimo, e prese parte ad alcune spedizioni
militari nel Mediterraneo, ritiratosi poi a Valencia fino alla sua morte. Di questo scrittore
possediamo un corpus di 128 componimenti di tematica amorosa, in cui è possibile scorgere a
livello formale l’influsso dell’occitano, a livello filosofico e religioso l’influenza della scolastica e
a livello tematico della poesia italiana di Dante e soprattutto di Petrarca.
Diverso è invece lo sviluppo della PROSA, catalana fin dagli inizi e che trova già del Duecento
con la figura di Ramon Llull-filosofo, poeta e narratore- il suo primo artefice e sistematore.
L’attività di Ramon è importante perché ha dato un nuovo impulso all’uso del volgare,
impiegato per la prosa scientifica e filosofica. Una delle opere più importanti di questo
scrittore è FELIX O LLIBRE DE MERAVELLES, in cui racconta la storia di Felix che incitato dal
padre intraprende un viaggio per il mondo per scoprirne le meraviglie delle quali gli uomini
sono incuranti. Dopo aver viaggiato per il mondo giunge in un’abbazia si fa monaco e viene
incaricato di rimettersi in viaggio per raccontare ciò che ha visto, tuttavia muore e il suo
compito viene affidato ad uno dei suoi confratelli, battezzato Felix. Il tema del viaggio in
quest’opera assume il valore figurato di itinerario del Cristiano verso Dio mentre le descrizioni
delle meraviglie sono delle disgressioni di carattere enciclopedico.
Tra gli eredi di Llull ritroviamo gli autori di cronache come Roman Munataner, che scrisse una
Cornica che copra un periodo storico che va dal 1208 al 1328, in cui esalta le imprese militari
delle forze catalane, dando speciale rilievo ai fatti da lui vissuti in prima persona per
evidenziare la verità storica del racconto.
Alla fine del ‘200 ed inizio ‘300 la cronica lascia spazio alla letteratura cavalleresca, cui
appartiene il capolavoro della letteratura catalana quattrocentesca, opera titolata “TIRANT LO
BLANCH”. Quest’opera, priva della parte finale, riprende e adatta una fonte anglonormanna in
cui si parla del potente cavaliere Guillem de Varoic che dopo aver affrontare numerose e
valorose imprese si ritira a vita ermetica, finché non risponde alla richiesta d’aiuto da parte del
Re d’Inghilterra per affrontare l’invasione dei saraceni. Vinta la guerra, ritorna alla sua vita
eremitica, ma qui giunge il cavaliere Tirant lo Blanch, un cavaliere, a cui insegna usi, precetti e
regole della cavalleria, rendendolo uno dei cavalieri più valorosi tanto da meritarsi la mano
della figlia dell’imperatore di Costantinopoli. Tuttavia, sulla via del ritorno Tirant si ammala e
muore.
FRANCO-PROVENZALE:

Nessuno prima di Graziadio Isaia Ascoli con la sua opera “Schizzi franco-provenzali” aveva
pensato di riconoscere lo statuto di lingua al gruppo di parlate sud-orientali della Francia, della
Svizzera Romanda e di alcune vallate italiane. Tuttavia, si tratta di un riconoscimento soltanto
glottologico in quanto il franco-provenzale non ha mai avuto un riconoscimento politico ed
una tradizione letteraria, anche se alcuni studiosi ascrivono a questo gruppo di lingue due
opere: i 105 versi di Alberic de Pisanson del Roman de Alxandre ed un anonima chanson de
geste ma è tuttora paerta se la questione se la presenza di questi tratti franco-provenzali siano
un dato originario, d’autore, o siano dovuti all’effetto della tradizione manoscritta.
In generale il franco provenzale può essere considerato come una lingua ponte tra francese e
occitano in quanto riporta fenomeni linguistici sia della prima che della seconda lingua.

LADINO E FRUILANO:
Alcuni tratti fono-morfologici comuni come la conservazione della S del plurale e della seconda
persona nei verbi garantisce l’affinità di alcune lingue separate geograficamente ossia: il
romancio parlato in Svizzera nel cantone dei Grigioni, il ladino dalmatico e il friulano.
A questo gruppo di lingue è stato riconosciuto lo statuto di lingua romanza a seguito dell’opera
di Graziadio Isaia Ascoli titolata “Saggi ladini”.
È difficile parlare di una tradizione letteraria di questo gruppo di lingue, soltanto il friulano
oltre a possedere testi di carattere pratico possiede alcuni componimenti poetici scritti tra il
‘300 e il ‘400. Tuttavia, una tradizione letteraria propriamente friulana si sviluppa a partire dal
‘500, periodo in cui vengono scritti i primi testi letterari di carattere religioso in romancio come
di carattere religioso saranno anche le prime opere scritti in ladino.

IL MEDIOEVO RUMENO:
C’è un profondo scarto cronologico e di conseguenza culturale tra le prime attestazioni
documentarie e letterarie delle lingue romanze occidentali e la prime testimonianze scritte in
rumeno. Il primo testo a noi noto scritto in rumeno è una lettera scritta nel 1521 indirizzata ad
un giudice tedesco per informarlo di una spedizione dei Turchi. Alla metà del XVI secolo
risalgono le prime traduzioni in rumeno di testi religioni in slavo, inoltre sempre alla metà del
‘500 risale intensa attività di traduzioni di testi religiosi del diacono Coresi a cui si deve la
produzione dei primi testi a stampa rumeni. Mentre alla metà del ‘600 risalgono i primi testi
giuridici e la prima opera storica in rumeno “La cronica della Moldavia”. Ciò evidenzia come a
dispetto delle letterature romanze occidentali il rumeno non goda di una tradizione letteraria
medievale.

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