1.Se pensiamo non alla nascita dell’italiano come lingua di
una nazione, ma alle prime attestazione scritte dei volgari parlati nel territorio italiano, dobbiamo fare una differenza: nel periodo che va tra il IX e il X secolo abbiamo i primi testi con finalità pratiche, mentre nel periodo che va tra la fine del XII secolo e i primi anni del XIII secolo per i testi letterari. Tra il IV e il V secolo, le vocali brevi vengono pronunciate aperte e le lunghe chiuse; si passerà in questo modo dal sistema vocalico latino a quello italico a sette vocali toniche. Esistevano molte varietà di latino parlato legate alla variazione geografica (diatopia), alla situazione comunicativa (diafasia), alla variazione socio – culturale (diastratia). Queste varietà porteranno alla frammentazione linguistica, dovuta anche da altre fattori, come la dominazione straniera dei popoli germanici. Il primo cambiamento è dovuto all’utilizzo del latino rustico, ossia un latino accompagnato da latinismi, proprio come avviene nell’ Indovinello veronese (fine VIII – inizio IX sec.), che non è scritto totalmente in volgare; si tratta piuttosto di un testo latino intriso di volgarismi. 2. L’avvio della scrittura in volgare è legato ad ambienti alfabetizzati e a figure che sono mediatori linguistici: • i notai, che dovevano tradurre continuamente da una lingua all’ altra; • i mercanti, che di solito non conoscevano il latino, ma sapevano scrivere e contare, e dovevano usare il volgare per ragioni pratiche; • i religiosi, che dovevano farsi comprendere anche dagli illitterati. Dal punto di vista geografico, viene privilegiata l’area che va da Montecassino (Lazio) all’Umbria, dove era sviluppata la cultura monastica benedettina. In altre regione la documentazione è tarda; ricordiamo un documento di spese navali a Pisa e un libro di conti di un banchiere fiorentino. Il documento ritenuto l’atto di nascita dell’italiano è il PLACITO (decisione giudiziale) di Capua (marzo 960), con altri documenti volgari della stessa area (Sessa Aurunca e Teano, 963). Si tratta di un verbale scritto in latino su pergamena dal notaio Atenolfo: il giudice Arechisi accerta il diritto di possesso di alcune terre da parte, del monastero di Montecassino, sulla base di tre testimonianze, che vengono trascritte in formule volgari per tre volte all’interno del testo latino notarile. Kelle terre le possedette parte santa benedicti (dislocazione a sinistra del tema). Altri testi di area mediana, in cui il latino si alterna al volgare sono la Carta Osimana; dalla Toscana ci giunge la Carta pisana, il primo testo toscano, un elenco di spose navali. Di ambito religioso sono la formula di confessione Umbra che fedeli dovevano dire a voce e i sermoni subalpini provenienti dal Piemonte. 3. L'affermazione del volgare negli usi scritti avviene in tempi e modi diversi. Nei testi pratici, tale affermazione si verifica più precocemente in alcune aree, come la Toscana e Venezia; più tardi in altre regioni. In Lombardia solo Mantova ha testi tardo – duecenteschi. Anche se latino continua a essere la lingua più usata, si avviano così tradizioni di scritture pratiche. Il volgare, inoltre, acquista rilevanza nell’ambito delle scuole e delle università, istituzioni legate al latino ma aperte alle nuove esigenze della vita civile e politica. Fioriscono così manuali di Ars dictandi, come La rettorica del fiorentino Brunetto Latini. Di grande interesse sono anche i testi scolastici, glossari, esercizi di grammatica, anche se in tal caso la presenza del volgare è strumentale all'apprendimento del latino. Si avviano, invece, con ritardo esperienze volgari di prosa letteraria che resta a lungo condizionato dal prestigio del latino e del francesismo. Nella seconda metà del Duecento, Guittone D'Arezzo sperimenta con le sue lettere morali e religiose una prosa complessa e ricercata. Tra i testi in prosa ricordiamo anche il Novellino di un anonimo autore fiorentino, con elementi comuni nello stile e nell’organizzazione sintattica e testuale. La presenza dei francesismi è elevata: nel Tristano riccardiano troviamo, infatti, adattamenti Come bresciare (rompere)e anche errori di traduzione come cuore a cuore che traduce cors a cors (corpo a corpo). La letteratura in volgare è un filone ricco e diffuso a livello Popolare. Molto importante nella metà del XIV secolo è la Cronica di Anonimo romano, che racconta avvenimenti recenti e le vicende di Cola di Rienzo: è scritta da un autore che si forma sulla cultura retorica Latina, ma è rivolto a un pubblico laico, che non sa in latino. 4. Già nel Duecento si avvia la produzione poetica in volgare. Tra i fattori che contribuirono a questo fenomeno, ci fu l’avvento della Scuola Siciliana, che usa il volgare nei testi letterari, prendendo spunto dalla poesia provenzale. Geograficamente, si verifica un influsso che va dal Meridione al centro – nord Italia, avendo come polo soprattutto la Toscana. Cronologicamente, copre un arco di tempo che va dai primi anni del XIII secolo, passa attraverso il modello di Petrarca, sarà codificato da Bembo nel Cinquecento, e arriva fino alla metà dell’Ottocento. Sarà proprio Petrarca a fissare una vera e propria grammatica della poesia, utilizzata fino all’Ottocento da autori come Leopardi e Manzoni. Tra la fine del XII secolo e i primi inizi del XIII si collocano i primi documenti poetici in volgare, tra cui il Cantico di Frate Sole (Laudes Creaturarum – 1220) di Francesco d'Assisi, scritto in volgare umbro. Nel corso del Duecento, si sviluppa nell'Italia settentrionale un tipo di poesia con finalità didattiche e moraleggianti. La più antica lirica in volgare è una canzone d'amore scritta tra il 1180 e 1220 sul retro di una pergamena Latina conservata a Ravenna, ma scoperta solo recentemente e di cui è messa in dubbio l'origine, settentrionale o meridionale. In questo caso la nascita della Scuola Siciliana andrebbe retrodatata prima dell'epoca di Federico II, collocata dopo il 1230. Nella lirica siciliana abbondano provincialismo, o meglio gallicismi, come miratore (specchio). In Toscana, dove si sta formando una società borghese ricca, furono composti tre grandi Canzonieri: il Vaticano latino, il Laurenziano Rediano e il Palatino. Il più importante è senza dubbio il Vaticano latino, contenente anche le rime dei Poeti toscani pre - stilnovisti. I copisti toscani, trascrivendo i testi siciliani, li adattarono al loro sistema linguistico divergente soprattutto nel vocalismo. Il Toscano aveva Infatti 7 vocali toniche che si riducevano A5 in posizione atona, mentre il Siciliano ne aveva cinque toniche ridotte a 3 in posizione atona. I copisti diedero ai testi una patina Toscaneggiante, Ma conservarono dall'originale alcuni tratti caratteristici. La differenza sostanziale tra i poeti toscani e quelli siciliani sta nell'utilizzo della rima. Mentre per i siciliani la rima doveva essere perfetta, troviamo nei Canzonieri toscani rime imperfette, come ascoso rinchiuso e Amoroso, che in dialetto siciliano diventa ascusu, rinchiusu e Amorusu. Inoltre viene istituzionalizzato nel linguaggio poetico il principe della rima imperfetta: le vocali toniche siciliane potevano essere rese aperte o chiuse in toscano. I principali rimatori sono Guido Guinizzelli, Cino da Pistoia, Cavalcanti, Lapo Gianni e lo stesso Dante. Molto importante è la Vita Nova, un prosimetro in versi e in prosa, composto tra il 1282 e il 1293, che contiene elementi gallicizzanti, monodittorghi in core, pensero; il condizionale in –ia (saria). Nelle parti in prosa usa elementi fiorentini (muovere, cuore, sarei). Tale processo favorisce l’espansione dei modelli toscani in altre regioni. 5. La prima riflessione sul volgare è di Dante. Il de vulgari eloquentia è scritto in esilio, tra il 1303 1304; Si tratta di un trattato in latino rimasto interrotto, in quanto possediamo solo il primo libro e alcuni paragrafi del secondo ed è rimasto, inoltre, sconosciuto fino ai primi anni del Cinquecento. Dante non fa una ricerca di lingua ma ricerca uno stile poetico: si parla quindi del volgare come elaborazione artistica come strumento di comunicazione letteraria di alto livello. Affronta questo tema dopo un excursus sull'origine del linguaggio e delle lingue. Individua Inoltre 14 varietà di volgari parlate nella penisola. I giudicati peggiori sono il friulano, il Milanese e il romanesco, mentre giudica più positivamente il siciliano, però non quello plebeo ma quello elaborato artisticamente dai poeti della Scuola di Federico II. Sono scartati volgari toscani e lo stesso Fiorentino mentre dà un giudizio più positivo al bolognese utilizzato da Guido Guinizzelli. Il volgare illustre cioè raffinato letteralmente, Cardinale, perché attorno i suoi cardini si muovono i diversi volgari, Aulico, perché degno di aula cioè della Reggia, curiale, perché degno della Curia, tribunale supremo, non s'identifica in nessuno città italiana ma appartiene a tutta l'Italia. Inoltre invita a scegliere solo le voci più elette e fornisce anche le forme da evitare. La riflessione di Dante sul volgare si arricchisce ancor di più nel Convivio, l'opera in prosa e in versi di argomento morale e filosofico in quattro libri cioè 1304 1307, è scritta in volgare e in essa è affrontato il problema del rapporto Con il latino: il poeta ammette la superiorità del latino Ma giudica il volgare accessibile a un pubblico più vasto. 6. Dante aveva intuito che perché il “nuovo sole”, il volgare, arrivasse a splendere definitivamente, doveva raggiungere una dignità pari a quella del latino. Questo risultato era possibile solo con l'uso in opere di indiscusso valore e la loro diffusione anche tra i non letterati. Questo accadde grazie alle tre corone, Ai tre Grandi scrittori, Dante, Petrarca e Boccaccio. Dante fu importante per la sua commedia, l'aggettivo Divina risale poi a Boccaccio che è stato anche trascrittore e commentatore dell'Opera ed è la più Fiorentina delle opere dal punto di vista linguistico. Per questo rappresenta un momento molto importante per la storia della lingua italiana. Il poema fu diffuso anche oralmente sia in pubblico che in privato. Il poeta inventò un nuovo metro narrativo, la terzina e sperimenta più stili, Tanto è vero che si parla di pluristilismo ma anche di plurilinguismo in quanto utilizza un fiorentino tardo duecentesco; passa dal livello colto a quello medio a quello plebeo, da quello arcaizzante a quello innovativo; inoltre ci sono forme non fiorentine sicilianismi, latinismi, poche forme dell'area mediana, i gallicismi, latinismi, tecnicismi e anche pochi vocaboli di altri volgari. Dante aveva intuito che perché il nuovo sole di volgare arrivasse a splendere definitivamente doveva raggiungere una dignità pari a quella del latino questo risultato era possibile solo con l'uso in opere di indiscusso valore e la loro diffusione anche tre non letterati questo accadde grazie alle tre corone Ai Grandi scrittori Dante Petrarca e Boccaccio Dante fu importante per la sua commedia l'aggettivo Divina risale poi a Boccaccio che è stato anche tra scrittore e commentatore dell'Opera ed è la più Fiorentina delle opere dal punto di vista linguistico per questo rappresenta un momento molto importante per la storia della lingua italiana il poema fu diffuso anche oralmente sia in pubblico che in privato il poeta invento un nuovo narrativo, la terzina, e sperimenta più stili Tanto è vero che si parla di pluristilismo ma anche di plurilinguismo in quanto utilizza un fiorentino tardo duecentesco e passa dal livello colto a quello medio a quello plebeo, da quello arcaizzante a quello innovativo inoltre ci sono forme non fiorentine, sicilianismi, latinismi, gallicismi, latinismi, tecnicismi e anche pochi vocaboli di altri volgari. Per l'unificazione della lingua poetica fu decisiva l'esperienza lirica di Francesco Petrarca. Il poeta iniziò a scrivere Il canzoniere per Laura, (intitolato latinamente Rerum vulgarium fragmenta) verso il 1336 – 38, ma continua a rivedere e correggere i componimenti organizzati per la prima volta in un libro formata da 366 pezzi fino alla sua morte del 1374. Petrarca scarta ogni elemento basso e Municipale e riduce drasticamente la presenza di gallicismi. L’unica rima siciliana che Conserva è voi e altrui. Per la prosa è fondamentale il modello di Boccaccio, in particolare del Decameron, con cui inaugura il genere della prosa narrativa, che era d'intrattenimento e rivolta a un pubblico ampio e anche non letterato, prevalentemente femminile. Il Decameron fu diffuso attraverso gli ambienti mercantili. La prima redazione dell'Opera risale all’età giovanile (1349 – 51). Boccaccio usa varietà Basse di lingue, volgari diversi, come il Veneto, il genovese, il siciliano, il romanesco; Inoltre, vuole riprodurre i registi colloquiali e il parlato e si serve dunque del che polivalente, dell'uso ridondante dei pronomi, oltre a diversi segnali discorsivi; sono strategie di cui si serviranno anche Gli scrittori di novelle successive Nel 500. Anche gli autori di commedie non potranno non rifarsi al modello del Decameron per L'invenzione del dialogo teatrale destinati a restare debitori di Boccaccio almeno fino all’ 800. Il modello di Boccaccio costituì così per secoli un genere da imitare ma anche il bersaglio preferito di letterati che aspiravano a una prosa meno artificiosa, più semplice e naturale.