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Lezione 1: 21/09

La Romania antica
studio delle lingue romanze (analitiche) a partire dal latino volgare: sintetica e flessiva.
Romània è una parola basso-latina, designante le terre in cui si parla latino (1a attestaz. del termine:
IV sec.). I Romani erano quelli che parlavano latino, mentre gli altri erano barbari. Anche i Greci che
dominavano Ravenna erano detti Romani, in opposizione ai Longobardi (Pavia) e ai Franchi. Viene
anche coniato un nuovo aggettivo, romanicus (Roma : romanus = Romania : romanicus), dal cui
corrispondente avverbio romanice filtrato dal francese antico romanz deriva, come si è detto, l’it.
romanzo. La Romania è il territorio in cui si parlano lingue romanze, diretta continuazione del latino.
Nel IV secolo d.C., con Romània si intende tutto il territorio conquistato dall’Impero, che ha imposto il
latino. Roma godeva di un forte prestigio, chi nasceva nell’area iberica era contento di diventare
romano.
La Romania è divisa tra occidentale o orientale.
● Romania perduta, nel 116 d.C. l’Impero raggiunge la sua massima espansione, ma già dal
secolo successivo inizia a perdere territori, come quello della Dacia, che rimane isolata e
subisce l’influenza delle lingue slave. Il rumeno segue per questo un’evoluzione morfologica
diversa rispetto al resto della Romania.
● La parte greca non viene latinizzata perché la cultura romana (e quindi latina) stessa si
costruisce da quella greca
● La parte nordafricana era profondamente latinizzata, c’erano tra le migliori scuole di filosofia
dell’Impero, ma questa cultura latina viene spazzata via dalla conquista araba.
● Nel territorio basco, un tempo certo più ampio si parla una strana lingua non indoeuropea,
molto arcaica; non è mai stato latinizzato.

Evoluzione del latino nei vari territori


Il latino ha un’evoluzione, sia parlato che scritto, ma quello che si evolve più velocemente (ricostruito
da tracce di fonti scritte) è quello parlato o volgare. È da questo che nascono le lingue romanze:
galego, portoghese, castigliano, catalano, occitano (dalle Alpi ai Pirenei, con differenziazioni tra la
zona che sta da una parte del Rodano e l’altra).
Il latino scritto ha una grossa riforma sotto Carlo Magno, ma anche quello Medievale è diverso da
quello classico. La lingua ha delle fasi, ha un età arcaica, un'età aurea (che inizia nel I secolo a.C. e
finisce per alcuni studiosi nel 14 d.C. con la morte di Augusto, per altri a metà del I secolo d.C., è a
questa fase che si rifanno le descrizioni grammaticali dei grammatici del IV-V secolo), una argentea e
una basso-imperiale. Tra il latino scritto e parlato c’è un salto di registro paragonabile a quello che c’è
tra lo svizzero tedesco parlato e il tedesco scritto (situazione di diglossia).
● Il catalano è una lingua-ponte tra l’occitano e lo spagnolo. Lo spagnolo moderno è soprattutto
a base castigliana per via del peso che ebbe la Castiglia durante la Reconquista contro gli
arabi.
● Quando si parla di lingua d’Oc* (occitana, usata per gli atti notarili) e d’Oil, non si parla di
lingue unitarie ma di insiemi di dialetti. Il confine tra i due si trova al di sopra del Poitou. Le
isoglosse (tratti linguistici che sono differenti tra le due) sono molto marcate, ad esempio il
trattamento della A tonica in sillaba libera. Dalla parola latina “mare”, derivano la parola
francese “mer”, a differenza dell’occitano “mar”. In occitano, A tonica in sillaba libera rimane
invariata, in francese si palatalizza in E.
● Il franciano, antico dialetto dell’Ile de France, diventa una lingua di prestigio durante il trono di
Filippo Augusto. Molto rapidamente si impone anche come lingua di riferimento letteraria. Il
franciano è la base del francese moderno. Francesco I, nella prima metà del ‘500, impone
con un editto il francese come lingua nazionale e come lingua per tutti gli atti pubblici.
*Nel XIX secolo, con il movimento dei Felibre, in particolare con Frédéric Mistral, si ha una rinascita
dell’occitano. Mistral costruisce una lingua un po’ artificiale, riutilizza l’occitano antico unito con il
dialetto, il risultato era qualcosa che in realtà nessuno parlava e capiva perfettamente. L’esperimento
di Mistral continua tutt’ora.
● In Italia, una linea che va da La Spezia a Rimini divide i dialetti settentrionali da quelli centrali,
ma divide anche la Romania occidentale da quella orientale sulla base di due isoglosse
principali, una fonetica e l’altra fonetico-morfologica. La prima (quella che il manuale chiama
sonorizzazione o lenizione ovvero indebolimento che però è SBAGLIATO NON VA BENE
PER LA PROFESSORESSA) è la lenizione delle occlusive intervocaliche latine,
sistematicamente attiva soltanto da sopra la linea Massa-Senigallia. Il “vita” latino diventa
“vida” al di sopra della linea, così come in occitano e in spagnolo antico, lo spagnolo moderno
arriva a un secondo grado di lenizione.
Famiglie romanze:
● balcano: romeno, dalmatico
● italo: italiano, sardo
● retoro: friulano, ladino
● gallo: francese, francoprovenzale, occitano
● iberico: catalano, spagnolo, portoghese
Dante e la nascita dell’italiano
Primo ambiente di produzione classica Firenze, che grazie alla Commedia attrae tante persone. In
Sicilia alla corte di Federico 2, seconda metà del 1200 la lirica nasce in Occitania, iniziano traducendo
i trovatori provenzali e inventano una loro lirica d’arte: il sonetto. Dante si ispira alla lirica siciliana e
agli occitani. XII sec. momento d’oro della letteratura.
Nel caso dell’Italia, Dante, Petrarca e Boccaccio hanno una forte spinta culturale su tutta la penisola,
e i mercanti fiorentini sono molto ricchi e sparpagliati per tutta Europa. Per questo il fiorentino ha una
forte prevalenza nella nascita della lingua italiana.
Lezione 2: 28/09
testo italiano molto antico, pieno di gallicismi (francesismi e occitanismi)
area iberica: lingue parlate sono di più che quelle nazionali,
area galloromanza: occitano e franco-provenzale
italia: ladino e sardo sono lingue a sé
Per secoli il francese è stata la lingua di cultura, fino alla seconda guerra mondiale, questione di
potere sopravvento dell’inglese-americano.
la lett. nasce prima in area galloromanza e influenza tutte le altre, la lirica d’arte italiana alla corte di
Federico 2 sono i funzionari a scrivere poesie, corte imperiale itinerante per divertimento scrivono
poesie e musiche, sempre collegate. Trovatori occitani scrivevano direttamente la musica, Petrarca
no.
Contrasto rosa fresca, De vulgari eloquentia
i testi si copiavano a mano nel medioevo, il filo conduttore sarà Dante, in de vulgari eloquentia:
cercava di individuare il volgare adatto a una poesia aulica, passa in rassegna dialetti italiani e a un
certo punto dice che il siciliano si avvicina alla meta.
Rosa fresca aulentissima, Cielo D’Alcamo, 1230-50
CIELO D'ALCAMO. - Il contrasto Rosa fresca aulentissima attribuito a C. apre il quarto fascicolo del
ms. Vat. Lat. 3793 (V), dedicato al genere 'mediocre' (non necessariamente giullaresco), in posizione
di eccellenza, ma anonimo e anepigrafo nella tavola antica del primo fascicolo. Messa da parte la
forma "Ciullo"/"Ciulo","Cielo" è tradizionalmente inteso come forma toscanizzata del siciliano "Celi",
ipocoristico di "Miceli" (Michele), frequente nei documenti antichi siciliani e diffuso come cognome o
toponimo in Sicilia e Calabria. Gli agostari, ovvero gli augustali, inoltre, erano monete d'oro battute a
partire dalla stessa data. Il secondo verso segna un termine invalicabile nell'anno della morte di
Federico II (1250). Colocci infatti annota di sua mano in V, sul bordo superiore della carta che tràdita
Rosa fresca aulentissima, "Dante cita questa". La citazione dantesca: "si vulgare sicilianum accipere
volumus secundum quod prodit a terrigenis mediocribus, ex ore quorum iudicium eliciendum videtur,
prelationis honore minime dignum est, quia non sine quodam tempore profetur, ut puta ibi: Tragemi
d'este focora, se t'este a boluntate", è anonima probabilmente per la notorietà del testo.
Il Contrasto è composto da trentadue strofe pentastiche di tre alessandrini monorimi con primo
emistichio sdrucciolo e secondo emistichio piano, seguiti da un distico di endecasillabi a rima baciata.
La regolarità sillabica, la maestria nell'uso del metro prescelto, ricollegabile sia ad ambienti
giullareschi sia clericali dotti, confermano l'allontanamento del poeta da un ambito immediatamente
ed esclusivamente giullaresco. Il metro adoperato, certamente non lirico, risulta un unicum che rende
bene il ritmo mosso e vario della petitio amoris nel distendersi dei tre alessandrini monorimi a cui
seguono i due endecasillabi a rima baciata che racchiudono invariabilmente la battuta fulminante o il
motto proverbiale. Il serrato duello verbale tra l'innamorato e la sua bella è segnato da una marca
sintattica che è una delle costanti più tipiche del genere contrasto, ossia l'uso del periodo ipotetico a
collegare le battute l'una all'altra attraverso la successione "proposizione-sua prospettata
realizzazione-conseguenza" (Arveda, 1992, p. 3).
Alla fine di ogni strofe, nella sede degli endecasillabi, viene proposto un nuovo motivo che trova
risposta negli alessandrini immediatamente seguenti della strofa successiva e così via, secondo lo
schema illustre delle coblas capfinidas, ma anche secondo un andamento teatrale di botta e risposta.
La lingua del Contrasto è fondamentalmente siciliana come attestano le numerose rime di é con i e di
ó con u e i conguagli di e ed i finali atone in rima (ai vv. 21-22-23, 36-37-38, 89-90, 111-112-113, 121-
122-123, 129-130, 151-152-153, 159-160), anche se con tratti genericamente meridionali come
l'assimilazione di -ND- (vv. 9-10 monno-aritonno, v. 49 arenno, v. 51 arènneti, v. 67 adomànnimi, v.
70 comannamente, v. 114 canno, v. 150 prenni, vv. 156-157-158 incenno-difenno-arenno) in
compresenza con forme prive di assimilazione; il betacismo iniziale e intervocalico (v. 3 bolontate, v.
16 boglio, v. 71 bale, v. 74 bolta, v. 89 bolio, v. 4 abento, v. 6 trabàgliati, v. 8 abere, v. 123 trobàrati) in
compresenza con forme prive di betacismo; i dittonghi metafonetici (vv. 76-77 manganiellocastiello
ma in rima con zitello); il plurale in -ora (v. 3 fòcora, v. 41 schiàntora); la formazione del condizionale
dal piuccheperfetto indicativo latino (vv. 9, 30, 119 pòteri, v. 12 pèrdera, v. 23 toccara, v. 48
tagliàrami, v. 83 mòssera, v. 103 chiamàrano, v. 122 mìsera, coesistenti con forme come v. 7 potresti,
v. 46 caderia, v. 102 anderia); il possessivo enclitico (v. 17 pàremo, v. 23 pàdreto, v. 71 vìtama, v.
104 càsata, v. 112 càrama), la cui occorrenza è probabilmente incrementata da necessità prosodiche.
Non sono esclusivi del siciliano nemmeno il trattamento del nesso PL- (v. 60 chiù, v. 80 chiaci), così
come le forme pronominali meve (vv. 6, 65 ecc.) e teve (vv. 44, 47) e le forme verbali este (vv. 3, 59,
90), aio (vv. 4, 51 ecc.), saccio, pozzo (v. 131). Tutto ciò a conferma della tesi continiana di "una
mediazione (scritta) continentale o più d'una (troppo varia vi è l'estensione del betacismo e del
dittongo), forse di Napoli o Roma, fra la Sicilia e Firenze" (Poeti del Duecento, 1960, p. 175).
Questi tratti dialettali siciliani e meridionali sono stati conservati nella silloge vaticana più che in tutti gli
altri testi, forse perché sono stati sentiti come valori espressivi e mimici intimamente integrati alla
natura del testo. Proprio l'alto tasso dei gallicismi costituirebbe un ulteriore apporto alla tesi della
sicilianità di fondo della lingua del Contrasto, essendo più consistente in Sicilia, rispetto alle altre aree
meridionali, la presenza di tratti gallo-romanzi. Bonfante (1955), a completamento del repertorio delle
occorrenze compilato da Rizzo Palma (1953), segnala ottantacinque francesismi. Monteverdi (1954,
p. 175) li distingue in due gruppi: quelli che rientrano nell'uso letterario generale e si riscontrano
anche nella lirica degli altri poeti della Scuola siciliana (come v. 2 pulzelle, v. 8 asembrare, v. 16
atalenti, v. 49 magione, v. 94 arimembrare, v. 130 disdotto, vv. 144 e 154 talento, v. 139 faglia, v. 140
baglia) e quelli specifici del Contrasto, che ostentano sfacciatamente il loro esotismo, spesso in
posizione di risalto in rima (come v. 40 gueri, v. 51 col viso cleri, v. 52 mostero e confleri, v. 67 mare e
mon peri, v. 158 minespreso). Questi ultimi vengono utilizzati, come rileva sempre Monteverdi (ibid.),
nel sapiente gioco dei contrasti e scarti ricercati dal poeta tra elementi dialettali e letterari, nostrani ed
esotici. Il corteggiatore al v. 51: "Se tu consore arènneti, donna col viso cleri" passa da un idiotismo di
pronunzia (arènneti) al crudo francesismo (col viso cleri), così come la giovane al v. 67: "che tu vadi
adomànnimi a mia mare e a mon peri" si eleva da un medesimo volgarismo (adomànnimi) a un
esotismo della stessa specie (mon peri). Alle forme nobili e gallicizzanti con cui la donna indica suo
padre, il corteggiatore al v. 23 intenzionalmente contrappone la forma di registro colloquiale pàdreto,
quasi per abbassare di livello quel genitore che la figlia appella in modo ricercato. Anche quella del
Contrasto, in definitiva, seppur segnata da tracce vistose dell'origine locale in misura superiore
rispetto alla lingua aulica e curiale degli altri Siciliani, è una lingua letteraria, largamente meridionale,
'siciliana' nel senso più ampio, dantesco, che ebbe già questo aggettivo.
contrasto, testo dialogato, drammatico, corteggiatore e corteggiata
prima strofa:
1. «Rosa fresca aulentis[s]ima ch’apari inver’ la state,
2. le donne ti disiano, pulzell’ e maritate:
3. tràgemi d’este focora, se t’este a bolontate;
4. per te non ajo abento notte e dia,
5. penzando pur di voi, madonna mia».
verso alessandrino, antico, utilizzati nell’antico francese, metro della poesia colta spagnola, verso
doppio, i due emistichi devono avere l’accento principale sulla sesta sillaba, 2 endecasillabi. in questa
allocuzione: le da del tu e del voi, carattere sintattico delle lingue romanze, passato e presente idem
arcaismi, aio, viene da habeo, tono molto aulico non tante caratteri dialettali
focora: fuoco al plurale, fiamme, pl.neutro, nei primi sec dell’era imperiale si perde con il maschile
l’estate nel linguaggio medievale è sempre l’inizio della bella stagione, maggio
pullo/pulzella in latino suono duro della c, Kesar, palatalizzazione arriva in seguito, fenomeno
panromanzo, salvo il sardo che tuttora dice ke e ki
area galloromanza il suono che si produce diventa “c”
seconda strofa:
6. «Se di meve trabàgliti, follia lo ti fa fare.
7. Lo mar potresti arompere, a venti asemenare,
8. l’abere d’esto secolo tut[t]o quanto asembrare:
9. avere me non pòteri a esto monno;
10. avanti li cavelli m’aritonno».
meve: epitesi “mene”, se a causa mia ti tormenti
ordine acc. e dat. follia lo ti fa fare
akhenaton: impossibile
arompere: arare
monno: mondo
avere non mi potresti; poteri=condizionale (che in lat. non esisteva) dell’impossibile, piuccheperfetto
latino, infinito + imperfetto, solo il toscano ha scelto il passato remoto, leggerei, leggerebbe. lingue e
dialetti avevano un altro condizionale usato nelle frasi in passato o per esprimere l’impossibilità.
tundere: piuttosto (avanti) mi taglio i capelli= mi faccio suora
terza strofa:
1. «Se li cavelli artón[n]iti, avanti foss’io morto,
12. ca’n is[s]i [sí] mi pèrdera lo solacc[i]o e ’l diporto.
13. Quando ci passo e véjoti, rosa fresca de l’orto,
14. bono conforto dónimi tut[t]ore:
15. poniamo che s’ajúnga il nostro amore».
se ti fai suora, piuttosto mi uccidessero, io mi perderei: nella lingua poetica scuola siciliana,
condizionale in ia diventa quello poetico italiano fino a un centinaio di anni fa
sollaccio e diporto: dittologia sinonimica, usata per fare il superlativo piacevole compagnia
véjoti: pronome in enclasi attaccato dopo la parola, mai iniziare frase con particella atona
rosa coltivata è più bella della selvatica
mi conforti tutto sempre, facciamo in modo che si unisca il nostro amore.
quarta strofa:
16. «Che ’l nostro amore ajúngasi, non boglio m’atalenti:
17. se ci ti trova pàremo cogli altri miei parenti,
18. guarda non t’ar[i]golgano questi forti cor[r]enti.
19. Como ti seppe bona la venuta,
20. consiglio che ti guardi a la partuta».
inizio di minaccia; non ho nessuna intenzione che il nostro amore si unisca
pàremo: padre se mio padre e i miei parenti ti trovano qua, guarda che non ti acchiappino
saper bona: piacere
ti consiglio che tu sia in guardia al momento di partire.
quinta strofa:
21. «Se i tuoi parenti trova[n]mi, e che mi pozzon fare?
22. Una difensa mèt[t]onci di dumili’ agostari:
23. non mi toc[c]ara pàdreto per quanto avere ha ’n [Bari.
24. Viva lo ‘mperadore, graz[i’] a Deo!
25. Intendi, bella, quel che ti dico eo?»
datazione del testo: agostari moneta, 1231-1250, legge del 1231 per cui arrivati allo stupro,
matrimonio riparatore fino agli anni ‘60 attiva,
se i tuoi parenti mi trovano, che mai mi possano fare?
io ci metto una difensa di 2000 agostari:
non mi possono toccare i parenti sennò vengono impiccati.
piena scuola siciliana, registro non alto, le imperfezioni sono dovute perché l’unica opera manoscritta
è nel canzoniere toscano, primo decennio del ‘300.
la poesia siciliana veniva toscanizzata, questo invece si sentiva la differenza di registro, ha capito che
l’autore colto sta imitando gli autori popolari, si sono cmq create delle imperfezioni nella rime, ci sono
delle vocali finali che non tornano= fari/fare in toscano
il latino aveva 10 vocali, 5 scritte, variante lunga e breve, opposizione fonologica.
il siciliano ha un altro sistema: dalla u breve alla u lunga, o lunga: u aperta
i b./l. e l.=i
ripresa/riprisa
la rima siciliana diventa un istituto poetico
in siciliano: i/e= I a=A o/u= U
sardo e balcanico si sviluppa quando ancora la Dacia è attaccata all’Impero
sistema atono si riducono a 4
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tre lingue che hanno il dittongo spontaneo: italiano= e/o aperta in sillaba aperta
piede (pe nelle altre lingue),
etoile= fase antica ei, dittonghi discendenti, pronuncia popolare 18 sec.
enclisi di possessivo e di pronome personale.
sesta strofa:
26. «Tu me no lasci vivere né sera né maitino.
27. Donna mi so’ di pèrperi, d’auro massamotino.
28. Se tanto aver donàssemi quanto ha lo Saladino,
29. e per ajunta quant’ha lo soldano,
30. toc[c]are me non pòteri a la mano».
non mi lasci vivere né sera né mattina, sono donna di bisanti, moneta pregiata del sud.
se mi donassi tante ricchezze quante ne ha il saladino e il sultano, non mi potresti toccare con una
mano= a la mano costruzione gallicizzante.
settima strofa:
31. «Molte sono le femine c’hanno dura la testa,
32. e l’omo con parabole l’adímina e amonesta:
33. tanto intorno procazzala fin che•ll’ha in sua podesta.
34. Femina d’omo non si può tenere:
35. guàrdati, bella, pur de ripentere».
femina: colei che produce
donna= domina
mujer=muger=mujier= mulier/mulierem la vocale in iato, 1 sec d.c. iscrizioni a Pompei lo iato non
esisteva più, jod
da muliere acc. viene mogliera
uxor= rimasto solo nel lessico giuridico
domina= dueña
l’uomo con le parole addomestica le donne
procazzola= francesismo, caccia con tenacia che alla fine la ottiene
stai attenta a non dovertene pentire
ottava strofa:
36. «K’eo ne [pur ri]pentésseme? davanti foss’io aucisa
37. ca nulla bona femina per me fosse ripresa!
38. [A]ersera passàstici, cor[r]enno a la distesa.
39. Aquístati riposa, canzonieri:
40. le tue parole a me non piac[c]ion gueri».
che io me ne dovessi pentire? inde= di questo
ma piuttosto fossi io uccisa che qualunque donna onorata, bona femmina, fosse rimproverata a causa
mia.
ieri sera sei passato di qui, correndo a distesa
datti una calmata, canzoniere ( il corteggiatore)
le tue parole non mi piacciono affatto
nona strofa:
41. «Quante sono le schiantora che m’ha’ mise a lo core,
42. e solo purpenzànnome la dia quanno vo fore!
43. Femina d’esto secolo tanto non amai ancore
44. quant’amo teve, rosa invidïata:
45. ben credo che mi fosti distinata».
tanti sono i dolori che mi hai messo nel cuore, che soltanto al pensiero
la dia femminile, in sp. el dia, in lat. dies 5 declinazione, latino classico, 1 sec A.C. descritto nelle
grammatiche
il latino volgare toglie le declinazioni, la 4 e la 5 non sono più produttive, i neologismi non vengono
messi là. “dia” viene messa nella prima o nella terza, “di”.
Schiantora plurale latino, 5 declinazioni, 6 casi
Parisillabo: stesso numero di sillabe in accusativo e nominativo
Mise= invece che messe in siciliano c’è la e
Pronome atono personale in enclisi “me”, legge tollebus vieta di iniziare una frase con una particella
atona
Purpenzannome: prefisso che aumenta l’intensità, pensiero che arrovella
La 5 declinazione non è più produttiva= nel latino volgare, le parole della 5 diventano femminili, salvo
dies che può essere maschile
Da dies a día=metaplasmo, doppione nella prima
Quanno= assimilazione della nasale per la dentale
Secolo: mondo
Questo: Heac este
Teve: te con epitesi
lezione 3: 05/10
Decima strofa:
46. «Se distinata fósseti, caderia de l’altezze,
47. ché male messe fòrano in teve mie bellezze.
48. Se tut[t]o adiveníssemi, tagliàrami le trezze,
49. e consore m’arenno a una magione,
50. avanti che m’artoc[c]hi ’n la persone».
Enclisi: se ti fosse destinata
caderia: condizionale derivato dalla perifrasi latina più diffusa, infinito più imperfetto del verbo avere
(In latino non esisteva il cond., si usavano le frasi condizionali costruite con il congiuntivo)
Forano: Condizionale che viene dal piuccheperfetto
Cadrei in basso perché con te sarebbero mal riposte le mie bellezze
Trezze: affricata palatale
Magione: convento
Undicesima strofa:
51. «Se tu consore arènneti, donna col viso cleri,
52. a lo mostero vènoci e rènnomi confleri:
53. per tanta prova vencerti fàralo volontieri.
54. Conteco stao la sera e lo maitino:
55. Besogn’è ch’io ti tenga al meo dimino».
Se tu ti fai suora, donna dal viso luminoso,
Vengo al monastero e mi faccio frate,
Lo farei volentieri, per averla vinta su di te.
Con te starei la sera e la mattina
Bisogna che io ti abbia alla mia mercé.
Dodicesima strofa
56. «Boimè tapina misera, com’ao reo distinato!
57. Geso Cristo l’altissimo del tut[t]o m’è airato:
58. concepístimi a abàttare in omo blestiemato.
59. Cerca la terra ch’este gran[n]e assai,
60. chiú bella donna di me troverai».
Oimè misera,
distinato = destino, come in francese destiné
Gesù Cristo è del tutto arrabbiato con me
Mi hai fatto nascere per farmi imbattere in un uomo blasfemo
Gira il mondo che è grande assai,
che donna più bella di me troverai.
Chiú= Rima siciliana, con Federico II muore la scuola siciliana, primi testi di livello lirico alto, normale
far rimare la i con la e chiusa, usata poi da poeti altrove.
Palatalizzazione:
È un fenomeno panromanzo, salvo la Sardegna, velare+vocale anteriore palatale (E,I).
La velare passa ad affricata palatale sorda (c) o sonora (g). Sposta il punto di articolazione e
diventa (thc). Solo alla fine della fase antica in alcune zone si assibila (zervum). Verso 61,
nesso con L: cons. iniziale sorda sono:
● cl clavem: unico nesso che ha palatalizzato anche la Dacia, chiave il suono V si
sviluppa nel III sec.: chiave, llave: area iberica: laterale palatale grafico con LL, clé:
area galloromanza=occitano, franciano, francoprovenzale si mantiene.
Nel medioevo sono fiorite una serie di grafie diverse e si sono standardizzate nelle diverse
zone dopo invenzione della stampa. In portoghese, “schiave”, 18 sec fricativa, prima era
“ciave”.
Nessi consonantici iniziali= chiú consonante iniziale sorda=
In italiano palatalizza la jod, chiù e non più
● pl plenum: pieno palatalizza più tardi non riguarda l'area orientale, in area
galloromanza si è mantenuta, iberica ha fatto come CL: affricata palatale sorda in
portoghese
● fl flammam: fiamma, si conserva in galloromanza, idem come PL in iberica
Tredicesima strofa
61. «Cercat’ajo Calabr[ï]a, Toscana e Lombardia,
62. Puglia, Costantinopoli, Genoa, Pisa e Soria,
63. Lamagna e Babilonïa [e] tut[t]a Barberia:
64. donna non [ci] trovai tanto cortese,
65. per che sovrana di meve te prese».
ajo: habeo
cercare: querere: querer in spagnolo
le regioni sono tutte diverse: la Lombardia è tutto il settentrione, Siria è il medio-oriente, Barberia
costa nord africa
cortese: degna di stare a corte
meve: epitesi
Quattordicesima strofa
66. «Poi tanto trabagliàsti[ti], fac[c]ioti meo pregheri
67. che tu vadi adomàn[n]imi a mia mare e a mon peri.
68. Se dare mi ti degnano, menami a lo mosteri,
69. e sposami davanti da la jente;
70. e poi farò le tuo comannamente».
poiché ti sei tanto dato da fare, ti prego che tu vada a
richiedermi: con andare all’imperativo
a mia madre e a mio padre: matrem e patrem= la t dentale sorda è diventata sonora, perché è
successo in francese: dileguo
mosteri: chiesa e monastero
Degnare: attivo per riflessivo e ordine dei pronomi invertito
Se si degnano di darti, portami in chiesa
jente= palatalizzazione della G da la J, dipende dalle zone
E poi farò i tuoi comandamenti.
*le parentesi quadre: unico manoscritto “ Vaticano Latino, 753”, comprende un migliaio di
componimenti medievali, scritti da un fiorentino nei primi del ‘200. Testo a codice unico, perfetto non
esiste, esente da errori o modifiche volontarie, quando manca un pezzo e si riesce ad indovinare, si
integra nel testo ma deve segnalarlo con le parentesi =“Opes ingegni”.
Quindicesima strofa
71. «Di ciò che dici, vítama, neiente non ti bale,
72. ca de le tuo parabole fatto n’ho ponti e scale.
73. Penne penzasti met[t]ere, sonti cadute l’ale;
74. e dato t’ajo la bolta sot[t]ana.
75. Dunque, se po[t]i, tèniti villana».
Linguaggio tecnico
vitama: possessivo in enclasi, usato nei dialetti meriodali
Manganello= catapulta, dittongo meridionale
Metafora dell’assedio: donna come il castello
possessivo in enclisi: soreta, vitama
Di ciò che dici, vita mia, non ti è di aiuto,
vale: betacismo
Perché delle tue parole (neologismo cristiano di parabole che abbiamo sincopata) ho fatto ponti (ponti
mobili) e scale.
Hai pensato di mettere penne, ma ti sono cadute le ali intere,
bolta sottana: dissimilazione per botta/volta, colpo definitivo che ti abbatte
E dato il colpo, ritieniti pure sconfitta
sedicesima strofa
76. «En paura non met[t]ermi di nullo manganiello:
77. istòmi ’n esta grorïa d’esto forte castiello;
78. prezzo le tuo parabole meno che d’un zitello.
79. Se tu no levi e va’tine di quaci,
80. se tu ci fosse morto, ben mi chiaci».
Non cercare di mettermi paura con il manganello macchina da guerra
groria: rotacismo alta sicurezza
me ne sto nella gloria di questo forte castello
pregio le tue parole meno di quelle di un bambino
Se non ti alzi e te ne vai di qua (epitesi=quaci)
Se tu fossi ucciso, ben mi piace.
morto: ucciso
nasale con la dentale sonora
alternanza di passati e presenti usuale nelle lingue antiche e violenza di linguaggio.
lezione 4: 12/10
rotacismo: arto=alto, da R a L, presente in diversi dialetti
ipercorrettismo fenomeno inverso,
assimilazione: due suoni simili si assimilano
italiano:
dittonghi ascendenti: solo in sillaba aperta!
E aperta da dittongo IE: pedem: piede
O aperta da dittongo UO: bonum: buono
spagnolo:
dittongano spontaneamente in sillaba aperta e in sillaba chiusa: SEMPRE
O aperta: UO/ UE
E aperta: IE: pedem: pie
francese:
E aperta: IE, pedem: pie
E chiusa: solo in sillaba aperta da dittonghi discendenti, va a EI fase di dittongo attestata nel primo
testo in francese, “sequentia Eulalia” 880 d.C. letterario romanzo, nord-est. Questo dittongo si è
evoluto in OI, fino al XII sec. A metà del 13 si è cominciato ad aprire il secondo suono e a chiudere il
primo, UE. dopo la rivoluzione francese è entrata la pronuncia wa. dire we o dire wa indicava la
classe sociale a cui si apparteneva: wa il popolo, we i ricchi. Quando c’è stata la restaurazione i re,
dicevano rue non rua. Si trova ancora nelle ex-colonie o nelle aree molto periferiche
da pilum= peil, poil
O aperta: UO/ UE
O chiusa: prima va a OU e poi EU
diciasettesima strofa:
«Dunque vor[r]esti, vítama, ca per te fosse strutto?
Se morto essere déb[b]oci od intagliato tut[t]o,
di quaci non mi mòs[s]era se non ai’ de lo frutto
lo quale stäo ne lo tuo jardino:
disïolo la sera e lo matino».
dunque vorresti che io fossi distrutto per te?
se anche dovessi essere ucciso qui o intagliato, di qua, epitesi,
mossera: condizionale dell’impossibile che viene dal piuccheperfetto latino
se non hai, elisione di o, da habeo
de: partitivo
stao: o epitetico che sta nel tuo giardino
metafora del frutto
lo disiolo: lo in enclasi
se non godo del frutto che sta nel tuo giardino non mi muovo
lo desidero la sera e la mattina
diciottesima strofa:
«Di quel frutto non àb[b]ero conti né cabalieri;
molto lo disïa[ro]no marchesi e justizieri,
avere no’nde pòttero: gíro’nde molto feri.
Intendi bene ciò che bol[io] dire?
Men’este di mill’onze lo tuo abere».
disiano: manca una sillaba nel verso, integrazione, caduta di una sillaba
abbero: latino
inde: de: né
avere non ne poterono
gironde: né cantarono
molto feri: adirati
diciannovesima strofa:
«Molti so’ li garofani, ma non che salma ’nd’ài:
bella, non dispregiàremi s’avanti non m’assai.
Se vento è in proda e gírasi e giungeti a le prai,
arimembrare t’ao [e]ste parole,
ca de[n]tr’a ’sta animella assai mi dole».
garofani: chiodi, commercio delle spezie molto redditizio, sono le sue doti
salma: unità di misura, tre ettolitri, fuori di metafora sta vantando le sue doti
mi in enclisi, non mi dispregiare se prima non mi assaggi
assaiar: esseyer: provare, dal provenzale
ti ricorderò queste parole, futuro arcaico, forma analitica
futuro romanzo:
latino flessiva e analitica, le lingue romanze sono sintetiche.
distinzione tra lunghe e breve creava problemi
latino volgare perde le consonanti
congiuntivo imperfetto italiano viene dal piuccheperfetto
1. in epoca precoce, prima fase del latino parlato, sostituzione del latino classico, usare il
presente indicativo + avverbio di tempo: 1 perifrasi
2. In seguito, nel tempo, cominciano ad usare un paio di verbi servili al presente (dovere, volere)
+ infinito: debbo cantare: si mantiene in sardo e in rumeno, aree periferiche, restate isolate
dal resto della Romania.
3. Poi, avere inizialmente preposto all’infinito come si faceva con volere, qualche traccia la
lascia nel portoghese
4. Ultima fase: presente indicativo del verbo avere passa dietro il verbo all’infinito, con il tempo
le forme analitiche del l.volgare si sono ricompattate, ma quelle del futuro non tanto bene
a rimembrare tao: ti ricorderò, si spacca il futuro ed entra il pronome
l’imperfetto era inutilizzato perchè sembrava l’infinito
il futuro era sintetico somigliava al congiuntivo perfetto
aveva delle desinenze che andavano a collidere con l’imperfetto
ventesima strofa:
«Macara se dolés[s]eti che cadesse angosciato:
la gente ci cor[r]es[s]oro da traverso e da·llato;
tut[t]’a meve dicessono: ’Acor[r]i esto malnato’!
Non ti degnara porgere la mano
per quanto avere ha ’l papa e lo soldano».
macara: magari che cadesse angosciato, non si fa più, magari tu stessi così male da cadere svenuto
degnara: attivo per riflessivo, non mi degnerei di porgerti la mano
ventunesima strofa:
«Deo lo volesse, vitama, te fosse morto in casa!
L’arma n’anderia cònsola, ca dí e notte pantasa.
La jente ti chiamàrono: ’Oi perjura malvasa,
c’ha’ morto l’omo in càsata, traíta!’
Sanz’on[n]i colpo lèvimi la vita».
dio lo volesse, o vita mia, che fossi ammazzato in casa tua
arma: la parola si è sincopata, da anima ad anma, area ibero romanza
alma forma desueta: dissimilazione
arma: dissimilazione con altra liquida
farneticare perdita della ragione
jente: velare sonora latina davanti a vocale palatale che evolve in affricata palatale sonora, in qualche
zona in jod.
la gente ti chiamerebbe o per spergiura malvagia
ventituesima strofa
«Se tu no levi e va’tine co la maladizione,
li frati miei ti trovano dentro chissa magione.
[...] be·llo mi sof[f]ero pèrdici la persone,
ca meve se’ venuto a sormonare;
parente néd amico non t’ha aitare».
primo emistichio sempre sdrucciolo
se te non ti alzi con le mie maledizioni, i miei fratelli ti trovano dentro questa casa
i tre puntini indicano una mancanza nel manoscritto, codices descripti: copie del manoscritto
ci perdi la vita ad essere venuto qua a parlare con me non ti aiuterà né parente né amico
ventiduesima strofa
«A meve non aítano amici né parenti:
istrani’ mi so’, càrama, enfra esta bona jente.
Or fa un anno, vítama, che ’ntrata mi se’ ['n] mente.
Di canno ti vististi lo maiuto,
bella, da quello jorno so’ feruto».
meve: epitesi
a me non danno aiuto né amici Né parenti
istrani’: sono straniero, bastava non essere della zona
carama: mia cara
ora è un anno. fare posposto che mi sei entrata in mente
da quando ti sei vestita il maiuto (stoffa preziosa da festa) da quel giorno sono stato colpito al cuore,
questo testo è arrivato in trascrizione fiorentina, alle vocali finali, nell’adattamento toscano tante rime
perfette, la o chiusa rima con la u
ventitreesima strofa
«Di tanno ’namoràstiti, [tu] Iuda lo traíto,
como se fosse porpore, iscarlato o sciamito?
S’a le Va[n]gele júrimi che mi sï’ a marito,
avere me non pòter’a esto monno:
avanti in mare [j]ít[t]omi al perfonno»
porpora e scarlatto: si ottengono da animale segno di lusso,
sciamito: tessuto di seta orientale, prezioso
tanno: da quando, tanto+quando
traìto: traditore
se mi giuri sul Vangelo
nel medioevo, preso molto sul serio, non ateo, fatto sui testi sacri o reliquie
non mi potresti avere finché vivi
piuttosto mi butto nel profondo del mare
ventiquattresima strofa
«Se tu nel mare gít[t]iti, donna cortese e fina,
dereto mi ti mísera per tut[t]a la marina,
[e da] poi c’anegàs[s]eti, trobàrati a la rena
solo per questa cosa adimpretare:
conteco m’ajo a[g]giungere a pec[c]are».
se te ti butti nel mare, donna cortese, ti rincorrerei per tutto il mare
e anche se tu fossi annegata, ti cercherei sulla spiaggia soltanto per compiere questa cosa: devo
peccare con te
venticinquesima strofa
«Segnomi in Patre e ’n Filïo ed i[n] santo Mat[t]eo:
so ca non se’ tu retico [o] figlio di giudeo,
e cotale parabole non udi’ dire anch’eo.
Morta si [è] la femina a lo ’ntutto,
pèrdeci lo saboro e lo disdotto».
io lo so che te non sei né eretico né figlio di giudeo, non le ho mai sentite dire
anco: mai
se la donna è morta, si perde il gusto e il sapore.
ventiseiesima strofa
«Bene lo saccio, càrama: altro non pozzo fare.
Se quisso non arcòmplimi, làssone lo cantare.
Fallo, mia donna, plàzzati, ché bene lo puoi fare.
Ancora tu no m’ami, molto t’amo,
sí m’hai preso come lo pesce a l’amo».
lo so bene cara ma altro non posso fare, se non mi esaudisci questo desiderio, lasciami cantare.
esaudiscimi, mia signora, che lo puoi ben fare, anche se non mi ami, molto ti amo io che mi hai preso
come un pesce all’amo: metafora molto usata.
ventisettesima strofa
«Sazzo che m’ami, [e] àmoti di core paladino.
Lèvati suso e vatene, tornaci a lo matino.
Se ciò che dico fàcemi, di bon cor t’amo e fino.
Quisso t’[ad]imprometto sanza faglia:
te’ la mia fede che m’hai in tua baglia».
so forma meridionale, ti amo con cuore nobile,
torna la mattina, se fai quello che dico, ti amerò con cuore buono
questo ti prometto senza tieni la parola che mi hai in tua balia.
lezione 5: 19/20
verbi putandi, voluntati: presenza del riflessivo
i dittonghi IE in spagnolo si è ridotto a I in castigliano tante parole con suono palatale contiguo: castillo=castello
consonantismo
la Romania occidentale si distingue da quella orientale per un paio di isoglosse: tratti linguistici che definiscono il
confine. I due tratti sono:
1. conservazione di S finale: non c’è in R.orientale, come in Italia (linea rossa: Spezia-Rimini)
2. lenizione: indebolimento, bela in italiano settentrionale, (linea Massa-Senigallia: sopra il Cinquale sopra
massa)
Nel testo letto non c’è la lenizione, esiste quella meridionale, da c a g
non è sistematicamente attivo in toscano, attiva in:
Italia settentrionale, Spagna, Francia. da bella=bela, bel
scempiamento delle doppie latine: nel manuale è chiamata sonorizzazione
tipico di tutta la Romània occidentale, resiste la R, distingue in periferiche che possono conservare tratti forti.
sonorizzazione: consonante sorda in posizione intervocalica o intersonante( tra vocale e R) la sorda diventa
sonora. Ovvero, vitam:
in portoghese= vida in italiano= vita spagnolo=vidha meno marcato
in francese, prima si sentiva il suono sordo alla fine, la grafia con E suono sordo finale, la D si è spirantizzata fino
al dileguo=vie
primo grado: sonorizzazione, spirantizzazione. Dal 600 tanti movimenti in spagnolo, e si è aspirata la D,
diventando oggi suono fricativo, continuo non secco
ultimo grado: dileguo, diffuso in francese, occitano: fidelem=fiel
videre: it. vedere, occ. vezer, limosino, dialetto settentrionale occitano da cui nasce la lirica: veer, forma antico-
spagnola, sp.moderno: ver, in fr. arrivo del dileguo dittongazione di E in sillaba libera: veir= voir, (non
standardizzato, sono orale: voer, vuer) grafia fermata al 12 sec.
in latino, non ci sono suoni palatali, che/chi, latino volgare: ce / ci. C+A si palatalizza in francese, molto presto,
prima di altri fenomeni.
Ripam= riva in italiano è un francesismo.
grado 1: La bilabiale sorda P come primo esito avrà B: lenizione: riba (spagnolo, occitano, portoghese)
grado 2: spirantizzazione della B in francese, ribe
grado 3: sonorizzazione in V, francese, rive
Gallicismo: parola che entra tanto dal francese che dal provenzale
francesismo: riva, in provenzano è riba
Capram
spagnolo cabra: la b è sfumata

Occitano

Catalano

portoghese cabra

Francese chèvre
medievale: chievre:
1. palatalizzazione di C davanti A: affricata palatale sorda [cdolce]
2. passaggio di A tonica in E, palatalizzazione vocalica= isoglossa tra francese e occitano
3. dittongo in IE rimasto fino al francese moderno
franco-provenzale: prende una fetta di svizzera, A tonica in sillaba libera non palatalizza
in francese, se preceduta da un suono palatale, dittonga in IE, tagliare= tailler. la A seguita da nasale: pane=pain
incunaboli= libri stampati prima del 1500, diffusione ha incoraggiato la standardizzazione della grafia per rendere
i suoni assenti in latino. le grafie medievali per i suoni palatali erano tantissimi nei manoscritti, alla fine zona per
zona se ne è cristallizzata una. Tante grafie sono state ricostruite dal latino: tempo= tien
alam: ele: ail falsa etimologia che è entrata nel Rinascimento
caput: chief= passate in inglese, conquista nel 1066 del duca di Normandia dell’Inghilterra
vocalismo atono: meno protette, ossia, più facilmente soggette a un fenomeno panromanzo, che è sincope
delle postoniche nei parossitoni
vocali finali, più resistenti, eccetto in francese che sono mute,
Romania occidentale: cadono le vocali finali
lenizione: velari palatalizza in J (spirantizzazione delle labiali e dentali)
amicam
Italiano amica, no sonorizzazione

cat.pt.occ. Amiga

fr, set.occ amie, amia


palatalizzazione della G: reghina= regina in taliano
reina in sp. in fr.: reine, palat. affric.son.G,
dopo la sonorizzazione si somma una palatalizzazione
ci sono casi in cui si parte con una lenizione e si aggiunge una palatalizzazione: come in amiga
le velari sonore, G davanti a E/I:
italiano: si conservano: ge/Gi
lingue più evolute: la G palatizza ulteriormente in J, suono simile alla I, che si va ad assimilare e a dare una sola
vocale I
nella serie delle fricative, lenizione habebat: aveva
l’italiano dalla lenizione non è toccata: lacu=lago, stratam: strada casi sporadici
è attiva dalla linea massa-senigallia fino al Portogallo
la J già nel III secolo aveva fatto palatizzare le consonanti, nè vocale nè consonante, provoca palatalizzazione
sia la T, D diurnum
Frase scritta su un muro di Pompei (distrutta nel 79 d.C)
“Quisquis amat valeat (va/le/at che diventa valia con yod riducendo il numero di sillabe) peria (Pe/re/at che
diventa peria con jod riducendo il numero di sillabe) qui nosci” Già prima del 79 d.C. questa scritta ci attesta che
la prima vocale dello IATO (che fosse “E” o I breve) era passata a J (JOD). A questo punto, questa parola non è
più trisillaba, ma è bisillaba visto che la J è una semivocale. La YOD, già nel III secolo d.C, aveva fatto
palatalizzare tutte le consonanti precedenti che si potevano palatalizzare (già nel III e IV secolo > L+J = GL;
N+J= GN; ecc.).
lezione 6
spostamento degli accenti:
la posizione degli accenti che cambia natura da musicale a ispiratorio dal latino alle lingue romanze, in generale
la posizione resta invariata. Già in lat. era la tendenza di avere parole Parossitone ( accento sulla penultima). A
far diventare parossitone le parole che in latino non lo erano, proparossitone( accento sulla terzultima) è stata
l’influenza dell’inglese.
● Parole che contenevano il nucleo occlusiva+liquida: integrum: intero (accento si sposta riduzione
dell'occlusiva, semplificazione del nesso) per via colta si può avere il latinismo, integro, usato in alcuni
contesti. Linguaggi settoriali recupero di latinismi e grecismi.
● parole con iato con prima lettera accentata: già a Pompei, anteriori al 79 d.C. la prima vocale dello iato
è passata ad J: linteulum: lintiolo: t+j=z, i breve passa a e chiusa, o aperta in sillaba libera dittonga
lenzuolo. Grafia del fr. post rinascimentale ha uniformato quel che veniva dalla o aperta alla o chiusa:
tutto è diventato ue, si sono monottongati alla fine dell’età antica, la grafia ha derivato lo stesso segno.
linteulum differenza semantica così come lo spagnolo: usato per le lenzuola funerali non comuni
mulierem (brevi la U e la I) evoluzioni:
● spagnolo: moliere molier sp medievale: muger
fase rinascimentale si è palatalizzato e assordato e alla fine si è velarizzato: mujer
● occitano: molier
● dialetti italiani: moglie dal nominativo mogliere dalla 3
poi molti dialetti avevano mogliera: metaplasmo di declinazione
gruppo LJ diventa GL laterale-palatale
iato:
cons. finali cadono tutte salvo la S che ha un comportamento diverso nella Dacia e Italia
● parole con prefisso: capio, "capere" se aveva un prefisso la A era breve: diventava I: recipit: palatalizza
la c in Z, la T finale cade in tutta la Romania, così si arriva a
ricevere recevoir recibir
l’accento restava sul prefisso, ma per la seconda legge l’accento non può stare in questo caso sul prefisso.
in latino 3 regole dell’accento:
1. legge della penultima: se essa è lunga parole sono sempre
2. trisillabismo: non si va mai più indietro della terza sillaba
3. legge della baritonesi: l’accento non cade mai sull’ultima sillaba
In certi sintagmi, (sintagma: unione di due o più parole, secondo un nesso sintattico). L’elemento più debole
perde il suo accento o ne viene modificata la posizione: ÍLLUM VIDET > ILLÚM VIDET = lo videю L’accento si
sposta e la parte iniziale cade (aferesi).
tendenza alla parossitonia è lo stessa tendenza che provoca sincope delle postoniche nei proparossitoni:
auricola dim. di auris: orecchio= origla palatalizzazione del nesso CL
ci sono fenomeni che risalgono a epoca molto antica:
con. finali tendono a cadere più deboli rispetto alle iniziali, soggette al fenomeno panromanzo della
palatalizzazione:
1. davanti a J
2. Davanti a vocale anteriore
3. nessi con L: cl, fl
la velare G: si scrive Gaio ma si legge Caio
nessi con Jod palatalizza in tutte le lingue:
gioco jeu:fr giuego: juego
KJ: hodie: oggi hui hoy
faciem: come molte parole della 5, non produttiva, in epoca classica inizia a perdere facia (fachia): faccia
francese: facce=face assimilata nel basso medioevo
spagnolo: non integrata forma apocopata haz: la F si spirantizza fino a dileguarsi
GJ: affricata palatale
la P non si palatalizza in toscano, ma in quale dialetto: saccia
BJ: doppione latino in it. la J ha l’effetto di palatalizzare area gallo-romanza si palatalizza: rage
MJ: in italiano rafforza in fr. palatalizza
ILL: palatale laterale GL: lo spagnolo
SJ: basiare. in it affricata palatale sorda, in fr, ha invertito l'ordine is: baiser
TJ: palatalizza in affricata dentale sorda, ma anche in affr. pal. sonora: palatium: palazzo/palagio in fr. rovescia:
palais
nesso CT= in italiano si assimila in notte
nelle altre lingue si palatalizza in 2 modi:
1. palatalizza fino a J: occitano noit
2. affricata palatale sorda nello sp. moderno: noche: noc
il suono palatale in occitano può provare dittongo condizionato della o in: UO/UE.
ventottesima strofa
«Per zo che dici, càrama, neiente non mi movo.
Intanti pren[n]i e scànnami: tolli esto cortel novo.
Esto fatto far pòtesi intanti scalfi un uovo.
Arcompli mi’ talento, [a]mica bella,
ché l’arma co lo core mi si ’nfella».
neiente: non ha due sillabe
per ciò che dici, mia cara, (possessivo dopo il sostantivo) non mi muovo affatto
zo: ciò: ecce hoc
prima (inanti) prendi questo coltello nuovo (rotacismo)
il romanesco attuale è toscanizzato dall’epoca dei papi medicei, prima più meridionali
tolli= prendi
esaudisci il mio desiderio, perché l’anima insieme al cuore: dittologia
arcompli: con prefisso
talento: desiderio
arma: anima è un latinismo, in francese si dice âme si è sincopata la postonica
ventinovesima strofa
«Ben sazzo, l’arma dòleti, com’omo ch’ave arsura.
Esto fatto non pòtesi per null’altra misura:
se non ha’ le Vangel[ï]e, che mo ti dico ’Jura’,
avere me non puoi in tua podesta;
intanti pren[n]i e tagliami la testa».
sazzo: esito diverso da sapio: saccio
arsura: sete
quello che chiedi tu non si può fare in altro modo
mo: mox latino: subito
podesta: in tuo potere
trentesima strofa
«Le Vangel[ï]e, càrama? ch’io le porto in seno:
a lo mostero présile (non ci era lo patrino).
Sovr’esto libro júroti mai non ti vegno meno.
Arcompli mi’ talento in caritate,
ché l’arma me ne sta in sut[t]ilitate».
cara mia le porto in seno, al monastero: chiesa
non c’era il sacrestano
su questo libro ti giuro che mai non ti abbandonerò ( presente per futuro)
(ellissi di che)
trentunesima strofa
«Meo sire, poi juràstimi, eo tut[t]a quanta incenno.
Sono a la tua presenz[ï]a, da voi non mi difenno.
S’eo minespreso àjoti, merzé, a voi m’arenno.
A lo letto ne gimo a la bon’ora,
ché chissa cosa n’è data in ventura».
meo sire: viene da senior aggettivo: più vecchio, colui che comanda
alternanza tu/voi
minespreso: sbagliare
conclusione volgare
seniorem: imparisillabo della 3: il lat. volgare x i maschili della terza non usa più la desinenza classica ma per
analogia usa una I: signori
in latino, epoca in cui lo descrivono le grammatiche più tarde, 4 sec, latino dell’età aurea( 1 sec. AC) in latino ci
sono 6 casi e 5 declinazioni. I grammatici sanno che l’uso ha falciato 3 casi e 2 declinazioni: in rumeno ci sono
ancora il genitivo e il latino, nelle altre viene usato l’accusativo con preposizioni. Al posto dell’ablativo si trova
l’accusativo uso esteso. Nella lingua scritta si mantiene in area galloromanza fino alla fine del medioevo. In
italiano arriva signore con chiusura della protonica.
in occitano, spagnolo: senores: sènher
in francese: seniores= senhors= seigneurs
declinazione bicasuale galloromanza: non fa altro che mantenere la situazione del latino di riduzione a 3
declinazioni e due casi
Purgatorio, 26 canto: lussuriosi
peccati d’amore
Già dal 24 che si parla di letteratura, si trova Guinizzelli, generazione precedente a Dante
“O frate”, disse, “questi ch'io ti cerno
col dito”, e additò un spirto innanzi, Arnauld Daniel, miglior poeta d’amore al pari di Cino toscano
“fu miglior fabbro del parlar materno.117
Versi d'amore e prose di romanzi
soverchiò tutti; e lascia dir li stolti
che quel di Lemosì credon ch'avanzi. 120
(Girauld de Mondrel: nelle antologie di trovatori provenzali, Daniel meno conosciuto, perché meno piaciuto)
A voce più ch'al ver drizzan li volti, si rivolgono più alle voci che al vero
e così ferman sua oppinïone
prima ch'arte o ragion per lor s'ascolti. 123 comp. di agente: giudicano per sentito dire
Così fer molti antichi di Guittone, così hanno fatto quelli con Guido D’Arezzo
di grido in grido pur lui dando pregio,
fin che l'ha vinto il ver con più persone.126
Or se tu hai sì ampio privilegio,
(richiesta per Dante: recita un padre nostro per me, con le preghiere dei vivi: possono accelerare il processo di
assunzione al paradiso)
che licito ti sia l'andare al chiostro
nel quale è Cristo abate del collegio,129
falli per me un dir d'un paternostro,
quanto bisogna a noi di questo mondo,
dove poter peccar non è più nostro”.132
Poi, forse per dar luogo altrui secondo
che presso avea, disparve per lo foco,
come per l'acqua il pesce andando al fondo.
135Io mi fei al mostrato innanzi un poco,
e dissi ch'al suo nome il mio disire
apparecchiava grazïoso loco. 138
El cominciò liberamente a dire:
“Tan m'abellis vostre cortes deman, tanto mi piace la vostra gentile richiesta
qu'ieu no me puesc ni voill a vos cobrire.141 che io non posso non rispondere
(la jod provoca dittongo e per analogia nei manoscritti del 300 ci si trova una C finale come quella dei verbi al
passato remoto con desinenza UI, per analogia)
voil: dal voleo
il personaggio parla nella sua lingua: Dante li rende endecasillabi
Ieu sui Arnaut, que plor e vau cantan; io sono Arnauld, che piango e vado cantando
(isoglosse tra fr. e provenzale è la conservazione del dittongo AU latino)
consiros vei la passada folor,
cossiror: è da considerare, pensieroso: da video con evoluzione da i a jod
nomi in or sono femminili in francese
follia: estensione semantica peccati
e vei jausen lo joi qu'esper, denan.144 joi: tecnicismo lirico maschile da gaudium, la forma non è fr.
Ara vos prec, per aquella valor 3 declinazione
(la D intervocalica lenizione)
que vos guida al som de l'escalina,
sovenha vos a temps de ma dolor!”.147
sovvenire: ricordatevi a tempo debito del mio dolore
sovenha con la palatale perché è congiuntivo
Poi s'ascose nel foco che li affina.148
(affina: fino come aggettivo viene dalla lavorazione tecnica dell’oro che si avvicina alla purezza)
valor: complemento
● tutti i nomi della terza femminile potevano essere parisillabi, navi, navis o diverso, dunque imparisillabi
come claris, claritatis, sincope in quanto parola lunga: si parte da claritatis: sonorizza la t in D+sincope=
clardat. Al plurale: clardats ( forma con la S) solo i fem. nominativo pl. finisce con S
valor: declinazione, accusativo sing., nominativo valors parte da desinenza in -is
quelli diversi vengono rifatti tutti come il genitivo tranne:
mulier e soror: con spostamento di accento nel latino volgare:
latino occitano
nom.sing mulier molher con stesso
accento

acc.sing mulierem (lex


penultima)

nom.pl mulieres molhers

acc.pl mulieres molhers


latino occ/ francese
nom.sing soror sor suer

acc.sing sororem soror= seror

nom.pl sorores serors

acc.pl sorores serors


formoso: hermoso: dissimilazione da o a E
latino occ/ francese
nom.sing imperàtor cade la o:suono di appoggio E, lenizione della T
fino a Jod= emperaire oc. emperere fr

acc.sing imperatòrem emperador empereor

nom.pl *imperatori emperador

acc.pl imperatores emperadors empereors


errore: Arnauls non Arnault: la declinazione bicasuale più facile è quella dei nomi della seconda declinazione
tutti maschili, il neutro confluisce nel maschile: declinazione casi:
nominativo murus murs

nominativo pl muri mur

accusativo s murum mur

accusativo pl muros murs

la s finale si conserva in area galloromanza, non si ritrova la vocale finale


lezione 7
Giurauld trovatore più apprezzato nel medioevo
miglior fabbro della lingua madre, trovatore che si autonomina come Arnauld Daniel: andava di moda il far poesia
in modo complicato, però non era tra i maggiori nelle antologie. Con Dante diventa un trovatore.
declinazione bicasuale galloromanza
Arnaults: caso soggetto
declinazione femminile latino-
occitano
nominativo amica amiga lenizione= amia palatalizza

nominativo pl amicae amicas in Gallia= amigas

accusativo s amicam amiga

accusativo pl amicas amigas


francese (lingua + evoluta dell’occitano)
nominativo amica amie (lenizione+palatalizza)

nominativo pl amicae amies

accusativo s amicam amie

accusativo pl amicas amies


per il fem. della prima declinazione funziona come nella lingua moderna, desinenza zero nom. e acc., e con la S
al plurale
così sarà anche per i nomi della terza. il maschile invece avrà sempre diversi acc e nom.
terza declinazione: baro, baronis
occitano/ francese
nom. sing baro bar ber

nom. pl barones *baroni baron


(lat.volg.)

acc. sing baronem baron- barò

acc. pl. barones barons-baros


tendenza alla caduta della n finale che non sia protetta dall’etimo da consonante= N caduc
si verifica nelle zone oltre il Rodano
Prugatorio, 26
De vulgari cita tanti poeti: Bertran de Born
sirventese: non facevano la musica insieme al test, ma prendevano la melodia di un testo già esistente e ci
mettevano nuove parole.
cita Folchetto da Marsiglia nell’ inizio
cita l’italiano Sordello di cui aveva una grande stima e Peire d’Alverne
1. Arnaut Daniel si fo d’aquella encontrada don fo N’Arnautz de Meruoill, de l’evesquat de Peiregors,
d’un castel che a nom Ribairac, e fo gentils hom. 2. Et amparet ben letras e delectet se en trobar. 3.
Et abandonet las letras, et fetz se joglars, e pres una maniera de trobar en caras rimas, per que soas
cansons no son leus ad entendre ni ad aprendre. 4. Et amet una auta domna de Gascoingna, muiller
d’en Guillem de Bouvilla, mas non fo cregut que la domna li fezes plaiser en dreit d’amor; per qu’el
dis:
[29,10] Eu son Arnautz qu’amas l’aura
e chatz la lebre ab lo bou
e nadi contra suberna
testo scritto molto dopo, non compare prima degli anni 40 del 200, l’idea di scrivere una piccola bio in prosa da
precedere un testo poetico. Le vitae le ha inventate un trovatore
1209:si diffonde l’eresia albigese, il papa indice una crociata fratricida. i signori meridionali erano già vassalli dei
francesi, indipendenti ma prestavano il loro servizio. Presa di Avignone 1229
in queste vite, metteva dettagli veri, toglieva spessore, scoraggiare gli inquisitori
riflessivo apparente del verbo essere comune nelle lingue romanze: anche Dante
messer: particella onorifica
gentile: era nobile
lettere: studiò bene la letteratura latina sacra e profana
trobar: comporre il testo e la musica di una canzone viene da *trocare: comporre tropi, composte nelle abbazie
joglar: giullare
latino occitano/ francese
nom sing omo hom om

nom pl *homini sincope: homme

acc sing ominem homme

acc plurale homines hommes


spagnolo: omne: dissimilazione, epentesi del suono più occlusivo: hombre
tutti i verbi della 1 in occitano non seguono il passato remoto, ma quello analogico in stare/dare in -ette
cara: preziosa, rara le sue canzoni non sono leggere da intendere né da imparare
alta: autam: alta dama nobiltà di Guascogna
en: particella onorifica
ma non si credette che la dama gli facesse piacere in diritto d’amore
lezione 8
De vulgari eloquentia:
citazioni dirette e indirette dei trovatori
quando si trascriveva un testo in un dialetto diverso, si attuavano delle modifiche
fino al ‘900: resta il condizionale composto: infinito + imperfetto congiuntivo
Dante cita trovatori occitani:
1) Arnaut Daniel: miglior fabbro del parlar materno: metafora del fabbro usata anche da Arnaut.
Viene considerato il miglior poeta d’amore e cita direttamente parti delle sue opere: “L’aura
amara”, “Sols sui che sai..”, “en cest sonet coind’e leri”
2) Folchetto di Marsiglia: Tan m’abellis l’amoros pensamen: molto di moda
poesia che diede lo schema metrico a tante poesie
inventato da Arnault
la rima di mezzo con la prima del verso dopo: terzine endecasillabi inventate da Dante
tante versioni, ognuna con delle alternative
Lo ferm voler q’el cor m’intra voler: inf. sostantivato
no.m pot becs jes escoissendre, rafforzativo
ni ongla de lausengier, qui pert per mal dir s’arma; lausengier: colui che parla male, maldicente
e car no l’aus batr’am ram ni ab verga, frau: frode, inganno
sivals a frau, lai on non aurai oncle, lai on: unde latino: dove
jauzirai joi en vergier o dinz cambra. jauzirai: verbo semideponente
joi: da gaudium
Il fermo volere che nel cuore mi entra
non mi può becco svellere, né unghia
di mettimale, che per dir male perde l’anima;
e poiché non oso batterlo con ramo né con verga,
almeno con la frode, andato via lo zio,
godrò il piacere nel giardino o nella camera.
lezione originaria: prop: non torna molto, ma più usato di trop: luoghi critici: forse errore di archetipo
in francese: gaudia: joie viene da gaudium, palatalizza la g monottonga: forma Borgogna: abbazia di Cluny,
i testi viaggiano, volgare nasce in contesto liturgico. Duca di Aquitania: fondatore
ipotesto: testo di ispirazione
Qan mi soven de la cambra
on a mon dan sai que nuills hom non intra,
anz me son tuich plus que fraire ni oncle,
non ai membre no.m fremisca, ni ongla,
aissi cum fai l’enfas denant la verga
tal paor ai qe.il sia trop de l’arma.
Quando mi ricordo della camera
dove, a mio danno, so che nessun uomo entra
anzi con me son tutti peggio del fratello o dello zio
non ho membro che non frema, neanche l’unghia,
come il fanciullo davanti alla verga:
tanto è il timore che le sia troppo all’anima.
ambra-cambra ongla-oncle intra-verja
sistema verbale in latino
si scuote meno dei nomi
esistevano 4 declinazioni:
1. -are
2. -ere
3. -ére
4. -ire
tanti verbi irregolari: cantare: cano, canis, echinus, cantum: aveva un frequentativo basato sul
supino, che seguiva la 1 declinazione: con il tempo questa forma prevale sulla radice fino a
sopprimerla: infatti oggi usiamo cantare
Questo fenomeno si diffonde per quei verbi con il perfetto raddoppiato.
altri si sono semplicemente regolarizzati, esempio volo,vis,volui, velle: vengono ricostruiti come verbi
della seconda: volere.
il passivo ha delle coniugazioni apparte: laudo-laudor
esisteva una schiera di verbi deponenti: con significato attivo ma forma passiva
verbi semideponenti: gaudo, gaudes, gaudiosus sum, gaudere
in italiano diventa godere: lingua più conservativa
GAUDERE: viene riportato all’attivo con l’integrazione delle forme passive
sp. GOZAR
fr. JOUIR
occ. JAUZIR spirantizzazione per lenizione della occlusiva dentale intervocalica latina
palatalizza la G davanti ad A
AU si conserva
jausirai: futuro dell’esito occitano di gaudere
cambiamento della coniugazione: metaplasmo di coniugazione
area galloromanza: passa alla 4°
area iberica: passa alla 1°
italia: resta alla 2°
invenzione delle forme composte usando verbi per ausiliari per sostituire la coniugazione passiva: da
laudabor: laudatus eram
verbo essere da il tempo + participio accordato con la persona e il numero
la coniugazione attiva ha dei tempi che non hanno corrispettivo in italiano: nel perfetto latino ci
stavano 3 passati:
1. passato remoto
2. passato prossimo: inventato con il presente dell’ausiliare
3. trapassato prossimo:
il congiuntivo: in latino aveva 4 tempi: presente, imperfetto, perfetto, piuccheperfetto in italiano
diventano
legam: legga
legerem: caduta delle consonanti finali: uguale all’infinito
piuccheperfetto usato come congiuntivo passato: leggessi
perfetto e imperfetto: forme composte: che io abbia letto e che io avessi letto
il futuro
in latino esisteva semplice e anteriore
amabo- amabueror
forma analitica: io avrò amato
il futuro semplice sostituito da varie forme analitiche: presente con avverbio, volere/dovere infinito,
avere coniugato al presente infinito, poi amare ho posto posto: dir vos ai: si inserisce il pronome in
mezzo perché poco forte ancora questa forma
-are coniugazione più facile: tendenza in latino volgare a riportare tanti verbi a questa coniugazione
-ire idem
il condizionale
come modo non esisteva in latino, si usava il congiuntivo per le frasi
modo moderno: infinito imperfetto di avere
lezione 9
incipit di Folchetto + cit.di Arnault stesso “ammassava l’aria” ripresa poi da Petrarca
adinata: azioni impossibili, il fiume che ritorna sul monte, in realtà azioni da pazzo sono cacciare una
lepre con un bue
edizione sinottica con tutte le trascrizioni, edizione interpretativa: riproduce il testo in caratteri a
stampa, ma, a differenza della precedente, lo adatta all'uso e quindi interpreta i segni grafici per
dar loro coerenza linguistica: unisce o separa le parole, scioglie le abbreviazioni, aggiunge
apostrofi e accenti, rivede la paragrafatura e segnala gli errori e le lezioni sospette.
incidente frequente: mescolare le strofe, con la sestina, con le parole rima incastrate è più
difficile sbagliarsi. Fraintendimento di tante metafore, qualche copista perde dei versi.
Il trovatore scriveva anche la musica, il tetragramma, ma pochi lo conservano: in questo caso
solo il manoscritto R e G, pieno 1300. Elementare, solo le note, senza la durata.
presa per buona trop, edizione Toia
Del cors li fos, non de l’arma,
mas consentis m’a celat dinz sa cambra,
que plus mi nafra. l cor que colps de verga caso soggetto: tiene la S
car lo sieus sers lai on ill es non intra;
toztemps serai ab lieis cum carns e ongla toujours
e non creirai chastic d’amic ni d’oncle.
Al corpo le fossi, non all’anima,
e mi consentisse di stare nascosto nella sua camera,
che più mi ferisce il cuore di un colpo di verga,
poiché il suo servo là dov’ella sta non entra;
sempre sarò con lei come carne e unghia
e non crederò a consiglio d’amico né di zio.
legge Tobler-Mussafia: non si può cominciare con una particella atona un verso.
enclisi strana
Anc la seror de mon oncle
non amei tant ni plus, per aqest’arma,
c’aitant vezis cum es lo detz de l’ongla
s’a lieis plagues volgr’esser de sa cambra; cond. che viene dal piuccheperfetto, usato per il cond. imp.
de mi pot far l’amors q’inz el cor m’intra viene da amoris, genitivo analogico,al pl tiene la s perché fem.
mieills a son vol c’om fortz de frevol verga. viene da fortis con rotacismo
Mai la sorella di mio zio
amai tanto, né di più, per la mia anima!
e tanto vicino quant’è il dito all’unghia,
se a lei piacesse, vorrei stare alla sua camera:
può fare di me, l’amore che nel cuore mi entra,
quel che fa un uomo forte con una fragile verga.
seror: cas regime: soror, sororem: perde la m e la e finale: dall’aggettivo formosus lo spagnolo
hermoso, le due o si dissimilano: così da soror è diventato seror
amei: passato remoto. I verbi della prima non continuano,
l’occitano: dare e stare: tutti i verbi in ei, est, eit: dette, stette
plus: non era latino classico
teoria linguistica delle aree laterali
adj. altus
modi analitici per fare il futuro: lingue periferiche dovere + infinito usato in sardo, volere + inf.
Romania: ha conservato dei casi per influenza delle lingue slave: tante parole
formonsis puellis: dativo plurale con ipercorrettismo: nesso N-S: semplificazione mensa: mesa,
sarebbe formosis
sed in latino: diventa set
spostare l’area semantica: puello: carino
spagnolo antico pieno di occitanismo
bellus non attecchisce nelle aree laterali
per dire più alto: altior o altior magis quanto dopo c’era una parola che finiva per -ius, -us
magis è rimasto in area iberica e in rumeno
l’innovazione plus ha preso soltanto la parte centrale.
l’articolo
in latino, lingua flessiva, non usava gli articoli e aveva già determinazione. L’articolo nasce nel lativno
volgare a partire dal dimostrativo ille, illa, illud, ma in qualche lingua viene da iste.
forma aferetica: lo forma apocopata: il
proto articoli: primo testo fine del 4°, “peregrinatio etere”
“lex salica”: testo in latinorum, 2 metà del VIII sec. “adillo botilia”: già articolo
Pois flori la secca verga poi: temporale
ni de n’Adam mogron nebot ni oncle
tant fin’ amors cum cella q’el cor m’intra
non cuig q’anc fos en cors ni es en arma; cogitare viene de corpus, indeclinable
on q’ill estei, fors en plaza o dinz cambra, illa
mos cors no.is part de lies tant cum ten l’ongla non avrebbe la s perché viene dal neutro
Da quando fiorì la secca verga
e da Adamo nacquero nipoti e zii,
un amore tanto fino come quello che nel cuore mi entra
non credo sia stato mai né in corpo né in anima:
dovunque io stia, fuori in piazza o dentro in camera,
il mio corpo non si allontana da lei tanto quanto tiene
l’unghia.
riferimento religioso: secca verga di San Pietro
Adamo: capostipite della nobiltà
i manoscritti fanno confusione tra cuore-corpo
C’aissi s’enpren e s’enongla
mos cors el sieu cum l’escorssa en la verga;
q’ill m’es de joi tors e palaitz e cambra
e non am tant fraire, paren ni oncle:
q’en Paradis n’aura doble ioi m’arma, forma Borgognona, partita da Cluny
si ia nuills hom per ben amar lai intra.
Così s’apprende e si conficca come un unghia
il mio corpo in lei come la scorza nella verga,
poiché mi è di gioia torre e palazzo e camera,
e non amo tanto fratello, genitore, o zio,
che in Paradiso ne avrà doppia goia la mia anima,
se mai qualcuno per Bene Amare là entra.
Arnault si trova nel ciclo dei lussuriosi nel purgatorio: a lui interessa ormai solo l’amore divino.
poesia molto complicata: bisogna sapere bene la Bibbia, testi paraliturgici, familiarizzano con tante metafore, si
leggono Padri e Dottori della chiesa, Sant’Agostino, San Girolamo, Gregorio Magno, mistici: San Bernardo molto
importante: guida del Paradiso.
Ad clericos de conversione, XIV 26: Spiega che Dio porta i suoi eletti in un giardino, poi in un cubicolo dove si
avrà la congiunzione con la Sapienza.
lezione 10
la cantò: cas régime
nell’evoluzione del sistema dei casi, latino sistema a 5 declinazioni e 6 casi che in lat.volgare si riducono a 3
declinazioni e due casi
da cosa viene l’articolo “la”? viene da illa
unus, una in latino non era articolo ma voleva dire uno solo adj.
gli articoli per apocope o per aferesi vengono dal dimostrativo latino ille, illa, illud: il neutro confluisce nel
maschile, lasciando alcune tracce, come in italiano, plurali in A
folium, folia: fogliame, chioma dell’albero, dal plurale per plurale analogico in italiano si dice foglia
da illa viene solo la forma aferetica la, il neutro si è perso
dimostrativo usato in latino, hoc, rafforzato con ecce: diventa ciò in italiano
gli articoli appaiono tardi nello scritto, ma sicuramente sono apparsi prima all’orale
primo testo con articoli in forma aferetica: parodia della lex sadica, in latinaccio volgare 8-9 secolo: esisteva già il
francese anche se non c’erano ancora testimonianze scritte. Nell’ 813: concilio a Tour viene stabilito che le
prediche si debbano dire nei vari volgari.
842 Giuramenti di Strasburgo: l’articolo non c'è
880 Sequenza Eulalia, sequenza para-liturgica: già registrati i fenomeni fonetici del francese
è scritta anche in latino per persone colte, linguaggio più aulico, in volgare scritto x il popolo
dittongamento spontaneo di EO: dittongo ascendente e EU: dittonghi discendenti
Placito capuano, 960: primo testo scritto in italiano non ha gli articoli perché testi adattamenti di formule latine,
prodotti per farsi capire da chi non sa il latino
catalano sardo occitano: articolo viene da ipsa: sa
i manoscritti spesso divergono in quello che riportano:
edizione sinottica interpretativa: testo medievale, considerare tutti i manoscritti di tale testo, confrontarli con
metodo, classificarli in base a errori significativi comuni e poi ricostruire il testo: nessun manoscritto risale al 12
secolo, ma tutti di 100 anni dopo. Daniel era dell’ovest, di Périgord

i manoscritti vengono da Tolosa, Catalogna e Italia: già erano di successo i trovatori


tanta distanza nello spazio e nel tempo in un contesto in cui nelle varie copie si dà una limatura linguistica
differente. Tante cose che il copista non capiva, venivano modificate.
modifiche accidentali o volontarie: le parole in rima non possono essere modificate
ogni edizione è una ipotesi di lavoro: basta valutare male una serie di varianti, che lo stemma sarà sbagliato
grosse difficoltà per la comprensione complessiva
voi che sapete
Voi che savete ragionar d’Amore,
udite la ballata mia pietosa,
che parla d’una donna disdegnosa,
la qual m’ha tolto il cor per suo valore.
Tanto disdegna qualunque la mira,
che fa chinare gli occhi di paura,
però che intorno a’ suoi sempre si gira
d’ogni crudelitate una pintura;
ma dentro portan la dolze figura
ch’a l’anima gentil fa dir: "Merzede!",
sì vertuosa, che quando si vede,
trae li sospiri altrui fora del core.
Par ch’ella dica: "Io non sarò umile
verso d’alcun che ne li occhi mi guardi,
ch’io ci porto entro quel segnor gentile
che m’ha fatto sentir de li suoi dardi".
E certo i’ credo che così li guardi
per vederli per sé quando le piace,
a quella guisa retta donna face
quando si mira per volere onore.
Io non ispero che mai per pietate
degnasse di guardare un poco altrui,
così è fera donna in sua bieltate fea: brutta
questa che sente Amor negli occhi sui.
25Ma quanto vuol nasconda e guardi lui,
ch’io non veggia talor tanta salute; salvezza
però che i miei disiri avran vertute
contra ’l disdegno che mi dà tremore.
pietosa: ispirare pietà
donna disdegnosa che ha tolto il suo valore
altrui: caso obliquo, usato come altro
non sarò benigna verso chi mi guardi negli occhi
video: congiuntivo etimologico, lo iato scompare, diventa jod che palatalizza in tutte le lingue, nessi con jod in
italiano provoca rafforzamento
metafore prese dall’antichità: amore che lancia i dardi
Chi non conosce la Bibbia, non può capire: la donna è la Sapienza che è emanazione diretta di Dio e coincide
con la seconda persona della trinità. Non parla della filosofia degli antichi, ma di quella di Severino, che scrisse
un testo “ la consolazione della Filosofia”: si aspira a vivere congiunti per raggiungere l’immortalità: forma di
amore superiore: la stessa Beatrice è rappresentazione della Sapienza.

Dante incontra nel suo viaggio tanti trovatori: nell’inferno tra i dissipatori di scisma, Fernand de Born: lo fa andare
nell’inferno con la testa in mano come lanterna.
Sortello da Mantova, trovatore provenzale: fustiga la tendenza alla litigiosità dei suoi concittadini: entra subito
come rappresentante di una politica giusta a differenza degli amici di Dante.
Firenze: una città più popolata dell’epoca
Pianto in morte di Plataz: rappresentazione dei regnanti
il sirventese è una canzone d'occasione o di attualità, con contenuti politici o piange un personaggio appena
morto, usa una musica di una canzone conosciuta
litigio tra Enrico il Plantageneto e Enrico il giovane: generoso e valoroso
muore giovane e viene scritto il pianto
Sortello lo scrive x Plataz, grande poeta dell’epoca

uno stemma fatto così significa che l’editore non è riuscito a trovare un solo errore di archetipo: ovvero un errore
che li faccia discendere da un unico testo di partenza.

voleo, caduta la o, palatalizza l-o. in occitano dittongo


condizionato da un suono palatale che segue una vocale aperta
en: forma ridotta di dominus
nocti: nesso ct palatalizza,
ai: presente di avere
razo: viene da rationem

guiza: germanismo
cuore in medioevo significa anche coraggio
tutte le doti di valore con la sua morte sono perdute
premiers: cas sujet con la S
opus est: bisogna
per so que: perciò
deseguentre: in seguito
pueys: poi
ben par: è ben evidente
lui obbedisce a tutto e x tutto alla madre
valens e bos: dittologia sinonimica, buono riferito ad un re significa
valoroso

er: relitto morfologico che rimane in francese solo nel verbo essere in alternativa alla forma analitica da ero, erit
In francese si distinguono 3 fasi:
1. 9 sec- anni 30 14 sec: lingua scritta ha la declinazione casuale
2. medio francese
3. francese moderno
Imperatore di Roma: tedesco Federico 2 di Svevia che prima di diventare imperatore fu re di Roma
comune di Milano vs Roma: 1237 battaglia di Cortenuova, vita da Fede
Enrico 2 Plantageneto più potente sovrano, ma con la salita al trono di Filippo Augusto. il suo successore, Luigi
VIII sposò la nipote di Eleonora d'Aquitania e di Enrico, in Castiglia, scelse Bianca. Si ritrovò vedova molto
presto, perché il padre morì durante la crociata. Descritta come donna terribile, con tanti amanti, in realtà era
molto religiosa e severa. Estremamente autoritaria e attaccata al figlio, che è sottomesso alla madre.
Chi è il Re inglese?
Il re inglese è il re d’Inghilterra. A quest’epoca, ha ormai perso moltissimi dei territori francesi, perché c’è stato un
momento nella monarchia inglese plantageneta (1237) in cui vi era Filippo Augusto I e i suoi due successori: prima per 3
anni c’è stato il figlio Augusto Luigi VIII e poi luigi IX, detto il “santo” perché fu fatto santo quasi subito la morte.
Con questi Re, i plantageneti hanno perso quasi tutta l’area galloromanza che avevano prima, perché Enrico II
plantageneto, nel 1152, aveva sposato la moglie stoltamente ripudiata del Re di Francia. Lei era Eleonora
d’Aquitania(duchessa), nipote ed erede di Guglielmo (il primo trovatore di cui si conservino poesie).
Questo è il ducato d’Aquitania all’inizio dell’XI secolo.
Già prima di Guglielmo il trovatore (nato nel 1071), il ducato d’Aquitania è enorme
rex, regis: maschile regolarizzato in volgare si parte dal
N. reis Npl: regi invece di reges

A. rey Apl: reges


le zone in rosso sono proprio del re, le altre dei feudi
1154 diventa re Enrico 2 Plantageneto

Questa è la situazione nel 1154: tutta la parte rossa è inglese, perché l’Inghilterra è stata conquistata da Guglielmo il
bastardo, detto ”conquistatore”e duca di Normandia, nel 1066.
Da allora, per 3 secoli, la lingua della corte è stata il francese: è per questo che il francese moderno è pieno di parole che
sembrano venire dal latino, ma che in realtà sono francesismi. La brevissima conquista romana ha portato soprattutto
parole della vita quotidiana (vino, muro). Il grosso delle parole neolatine dell’inglese è entrato nel XII secolo, fra la fine
dell’XI e l’inizio del XII secolo, all’epoca soprattutto della dinastia plantageneta. La dinastia plantageneta è tutta francese,
perché è un incrocio fra i Conti D’Angió e I Duchi di Normandia.
Nel 1154 quando Enrico II (il più potente dei plantageneti e il più importante dell’Europa
Occidentale) diventa Re, ha sposato Eleonora da ormai due anni e a questo punto tra quel che era suo (la parte
settentrionale) e quello che era di Eleonora, hanno quasi la maggior parte dell’area galloromanza.
monarchia plantageneta è la più potente d’Europa: tutta la parte rossa conquistata da Guglielmo il Bastardo
Durante il suo regno, Filippo Augusto iniziò anche la crociata anti-albigese per ordine del Papa, una repressione dei soli
eretici del sud, detti albigesi dall’alta concentrazione (la loro eresia era detta catara). In teoria era una guerra di conquista,
perché i feudatari del sud a cominciare dal Conte di Tolosa, sono vassalli del Re di Francia, anche se nella pratica erano
piuttosto indipendenti.
Con la crociata anti-albigese, i francesi riescono anche grazie alle astuzie di Bianca di Castiglia (vedova di Luigi VIII), che fa
una politica matrimoniale astuta: perché anche se sono vivi il conte di Provenza e di Tolosa nel trattato del 1229, la regina
di Francia gli lascia godere dei loro territori, la clausola è che nessun maschio erediti e che la maggiore delle figlie del conte
di Tolosa e del conte di Provenza sposeranno figli della regina.
Quindi fa sposare a un figlio minore la figlia del conte di Provenza, con la clausola che se avesse avuto figli maschi non
avrebbero ereditato. A metà del 200, tanto la Contea di Tolosa quanto la Contea di Provenza, con la morte dei due conti e
della chiusura del trattato di Parigi, passano direttamente sotto la corona. Allora si vede perché Sordello potesse prendere
in giro il Re d’Inghilterra nel 1237.
L’Inghilterra nel 1300: ha ancora la parte rossa. Non per caso si fanno guerra Inglesi e francesi.
Nel 1237 ormai la situazione è ridotta. Per questo Sordello ne approfitta, perché l’Inghilterra l’hanno vinta i francesi
settentrionali, che hanno anche conquistato il meridione (formalmente Il Re d’Inghilterra, nel XII secolo, sarebbe stato
vassallo del re di Francia, infatti uno dei primi motivi di malumore del Re Luigi VII, fu il fatto che Eleonora si fosse sposata
Enrico in fretta e furia senza chiedere il permesso al re
l’Inghilterra nel giro di 40 anni perde la gran parte dei possedimenti in Francia. Formalmente il re d’inghilterra
sarebbe stato vassallo del re di Francia.
Filippo Augusto: Crociata anti-albigesi, zona di Alby, eresia catara: nella pratica fu una guerra di conquista
lezione 11
Canto VII purgatorio
imitazione di Arnault, Dante riutilizza più volte la sestina
Cantica piena di letteratura, molti penitenti piangono e cantano. Nel sesto canto, con Sordello siamo ancora in
basso
Commedia: scritta nel 1303, ma impostata come se fosse stata scritta nell’anno del Giubileo, 1300.
Valletta dei principi: disposti come Sordello aveva scritto nel Placaz, regnanti del 30 del 1200
La legge della salita nel Purgatorio (40-63)
Sordello risponde che lui e le altre anime non hanno una sede fissa, ma è loro consentito vagare per il monte;
tuttavia ora il sole sta per tramontare e salire col buio è impossibile, quindi è bene pensare a dove trascorrere la
notte. Aggiunge che poco lontano ci sono altre anime separate dalle altre e, se Virgilio è d'accordo, li condurrà ad
esse. Allora Virgilio, pieno di meraviglia, chiede a Sordello di condurre lui e Dante al luogo che ha detto prima.
La valletta dei principi (64-90)
I tre si allontanano di poco e Dante vede che il monte è incavato sul fianco, ospitando un'ampia valletta; Sordello
spiega che in quel luogo conviene trascorrere la notte. Un sentiero obliquo li conduce sul fianco del monte, in un
punto a meno di metà dell'altezza della valletta, dove la natura si presenta rigogliosa e bellissima. L'erba e i fiori
sono di colori così vivi che vincerebbero sicuramente le tinte più preziose e raffinate usate dai pittori per
dipingere, come l'oro, l'argento, lo smeraldo. Lo spettacolo non è solo visivo, in quanto i fiori emanano un
profumo che mescola in sé mille odori soavi. Sedute sul prato e sui fiori Dante vede più di mille anime (i principi
negligenti) che intonano il Salve, Regina, non visibili fuori dalla valle. Sordello dice di non voler guidare Dante e
Virgilio giù tra gli spiriti prima del tramonto, ma che è preferibile osservarli da quel ripiano dall'alto, da dove li
potranno vedere tutti.
Non hanno ancora una pena vera e propria
anima lombarda: all’epoca non indicava l’attuale Lombardia, ma tutta l’Italia settentrionale
Ma vedi là un’anima che, posta
sola soletta, inverso noi riguarda:
quella ne ’nsegnerà la via più tosta".60
Venimmo a lei: o anima lombarda,
come ti stavi altera e disdegnosa
e nel mover de li occhi onesta e tarda!63
Ella non ci dicëa alcuna cosa,
ma lasciavane gir, solo sguardando
a guisa di leon quando si posa.66
Pur Virgilio si trasse a lei, pregando
che ne mostrasse la miglior salita;
e quella non rispuose al suo dimando,69
ma di nostro paese e de la vita
ci ’nchiese; e ’l dolce duca incominciava
"Mantüa..." e l’ombra, tutta in sé romita, 72
surse ver’ lui del loco ove pria stava,
dicendo: "O Mantoano, io son Sordello
de la tua terra!"; e l’un l’altro abbracciava. 75
Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di provincie, ma bordello!
Quell’anima gentil fu così presta,
sol per lo dolce suon de la sua terra,
di fare al cittadin suo quivi festa;81 allusione a Firenze
e ora in te non stanno sanza guerra
li vivi tuoi, e l’un l’altro si rode
di quei ch’un muro e una fossa serra.84
Cerca, misera, intorno da le prode
le tue marine, e poi ti guarda in seno,
s’alcuna parte in te di pace gode.87
Che val perché ti racconciasse il freno
Iustinïano, se la sella è vòta?
Sanz’esso fora la vergogna meno.90
Ahi gente che dovresti esser devota,
e lasciar seder Cesare in la sella,
se bene intendi ciò che Dio ti nota,93
guarda come esta fiera è fatta fella
per non esser corretta da li sproni,
poi che ponesti mano a la predella.96

O Alberto tedesco ch’abbandoni


costei ch’è fatta indomita e selvaggia,
e dovresti inforcar li suoi arcioni,99
giusto giudicio da le stelle caggia
sovra ’l tuo sangue, e sia novo e aperto,
tal che ’l tuo successor temenza n’aggia!
Ch’avete tu e ’l tuo padre sofferto,
per cupidigia di costà distretti,
che ’l giardin de lo ’mperio sia diserto.105
Vieni a veder Montecchi e Cappelletti,
Monaldi e Filippeschi, uom sanza cura:
color già tristi, e questi con sospetti!108
Vien, crudel, vieni, e vedi la pressura
d’i tuoi gentili, e cura lor magagne;
e vedrai Santafior com’è oscura!111
Vieni a veder la tua Roma che piagne
vedova e sola, e dì e notte chiama:
"Cesare mio, perché non m’accompagne?".114 imperatore marito di Roma
Vieni a veder la gente quanto s’ama!
e se nulla di noi pietà ti move,
a vergognar ti vien de la tua fama.117
E se licito m’è, o sommo Giove
che fosti in terra per noi crucifisso,
son li giusti occhi tuoi rivolti altrove?120
O è preparazion che ne l’abisso
del tuo consiglio fai per alcun bene
in tutto de l’accorger nostro scisso?123
Ché le città d’Italia tutte piene
son di tiranni, e un Marcel diventa
ogne villan che parteggiando viene.126
Fiorenza mia, ben puoi esser contenta
di questa digression che non ti tocca,
mercé del popol tuo che si argomenta.
Molti han giustizia in cuore, e tardi scocca
per non venir sanza consiglio a l’arco;
ma il popol tuo l’ ha in sommo de la bocca.132
Molti rifiutan lo comune incarco;
ma il popol tuo solicito risponde
sanza chiamare, e grida: "I’ mi sobbarco!".135
Or ti fa lieta, ché tu hai ben onde:
tu ricca, tu con pace e tu con senno!
S’io dico ’l ver, l’effetto nol nasconde.138
Atene e Lacedemona, che fenno
l’antiche leggi e furon sì civili,
fecero al viver bene un picciol cenno 141

verso di te, che fai tanto sottili


provedimenti, ch’a mezzo novembre
non giugne quel che tu d’ottobre fili.144 doppio senso di sottile: intelligente/fragile
Quante volte, del tempo che rimembre,
legge, moneta, officio e costume
hai tu mutato, e rinovate membre!147
E se ben ti ricordi e vedi lume,
vedrai te somigliante a quella inferma
che non può trovar posa in su le piume,150
ma con dar volta suo dolore scherma. paragonata ad una malata
il successo della Divina Commedia: Dante parla e cita personaggi a lui contemporanei. Poeta universale: inserti
di vita grande successo, inserti filo-teologici piacciono meno oggi.
Metafore: cavallo, bordello, castello
ingloba la mitologia pagana con la storia cristiana
Poscia che l’accoglienze oneste e liete
furo iterate tre e quattro volte,
Sordel si trasse, e disse: "Voi, chi siete?".3
"Anzi che a questo monte fosser volte
l’anime degne di salire a Dio,
fur l’ossa mie per Ottavian sepolte.6
Io son Virgilio; e per null’altro rio
lo ciel perdei che per non aver fé".
Così rispuose allora il duca mio.9
Qual è colui che cosa innanzi sé
sùbita vede ond’e’ si maraviglia,
che crede e non, dicendo "Ella è ... non è ...",12
tal parve quelli; e poi chinò le ciglia,
e umilmente ritornò ver’ lui,
e abbracciòl là ’ve ’l minor s’appiglia.15
"O gloria di Latin", disse, "per cui
mostrò ciò che potea la lingua nostra,
o pregio etterno del loco ond’io fui,18
qual merito o qual grazia mi ti mostra?
S’io son d’udir le tue parole degno,
dimmi se vien d’inferno, e di qual chiostra".21
"Per tutt’i cerchi del dolente regno",
rispuose lui, "son io di qua venuto;
virtù del ciel mi mosse, e con lei vegno.24 Virgilio è stato mosso dalla potenza di Dio nel cammino
Non per far, ma per non fare ho perduto
a veder l’alto Sol che tu disiri
e che fu tardi per me conosciuto.27
Luogo è là giù non tristo di martìri,
ma di tenebre solo, ove i lamenti
non suonan come guai, ma son sospiri.30
Quivi sto io coi pargoli innocenti
dai denti morsi de la morte avante
che fosser da l’umana colpa essenti;33
quivi sto io con quei che le tre sante
virtù non si vestiro, e sanza vizio virtù teologali: Carità, Fede, Speranza
conobber l’altre e seguir tutte quante.36 virtù cardinali: Fortezza, Temperanza, Giustizia, Prudenza
Ma se tu sai e puoi, alcuno indizio
dà noi per che venir possiam più tosto
là dove purgatorio ha dritto inizio".39
Rispuose: "Loco certo non c’è posto;
licito m’è andar suso e intorno;
per quanto ir posso, a guida mi t’accosto.42
Ma vedi già come dichina il giorno,
e andar sù di notte non si puote;
però è buon pensar di bel soggiorno.45
Anime sono a destra qua remote;
se mi consenti, io ti merrò ad esse,
e non sanza diletto ti fier note".48 fieri: diventare
"Com’è ciò?", fu risposto. "Chi volesse
salir di notte, fora elli impedito
d’altrui, o non sarria ché non potesse?".51
E ’l buon Sordello in terra fregò ’l dito,
dicendo: "Vedi? sola questa riga
non varcheresti dopo ’l sol partito:54
non però ch’altra cosa desse briga,
che la notturna tenebra, ad ir suso;
quella col nonpoder la voglia intriga.
Ben si poria con lei tornare in giuso
e passeggiar la costa intorno errando,
mentre che l’orizzonte il dì tien chiuso".60
Allora il mio segnor, quasi ammirando,
"Menane", disse, "dunque là ’ve dici
ch’aver si può diletto dimorando".63
Poco allungati c’eravam di lici, epitesi: li
quand’io m’accorsi che ’l monte era scemo, gli mancava qsa
a guisa che i vallon li sceman quici.66
"Colà", disse quell’ombra, "n’anderemo
dove la costa face di sé grembo;
e là il novo giorno attenderemo".69
Tra erto e piano era un sentiero schembo,
che ne condusse in fianco de la lacca, locus ameanus
là dove più ch’a mezzo muore il lembo.72
Oro e argento fine, cocco e biacca,
indaco, legno lucido e sereno,
fresco smeraldo in l’ora che si fiacca,75
da l’erba e da li fior, dentr’a quel seno
posti, ciascun saria di color vinto,
come dal suo maggiore è vinto il meno.78
Non avea pur natura ivi dipinto,
ma di soavità di mille odori
vi facea uno incognito e indistinto.81
’Salve, Regina’ in sul verde e ’n su’ fiori
quindi seder cantando anime vidi,
che per la valle non parean di fuori
lezione 12
1237: pianto di Paget
figlio di Filippo Augusto, Luigi 9, con questi re, i plantagineti perdono tutti i possedimenti in Francia
(parla solo di storia, vedi sopra)
Sordello prende il giro il re d’inghilterra nel 1237: diventò re bambino

Del re inglese mi piace, siccome è poco coraggioso,


che mangi molto del cuore; poi sarà valentissimo,
e recupererà la terra, a causa della quale vive nudo di pregio,
la terra che gli toglie il Re di Francia perché lo sa inerte;
e poi il Re di Castiglia bisogna che ne mangi per due (numerale).
Vuole piangere il signor blacatz, con una musica suono leggera,
però con il cuore triste a afflitto, e ne ha ben ragione perché ha perso un signore e un amico valente
e perché tutte le doti che valevano qualcosa, sono andate perdute con la sua morte
e il danno è così irreparabile che non ha idea
Che mai si restauri se non in questo modo
Che gli si tiri fuori il cuore e che ne mangino i nobili uomini
Che ora vivono senza cuore, e così dandone da mangiare un po’ per uno
Forse riescono ad assorbire qualità di chi portava quel cuore e poi avranno abbastanza cuore.
Subito dopo lo mangi il Re di Francia,
recupererà la Castiglia che perde per insipienza
ma se pesa a sua madre non ne mangerà affatto,
perché si vede bene dal suo pregio, che non fa nulla che le pesi.
quar: car francese moderno
tahn: impersonale
per dos: numerale
valens e bos: dittologia sinonimica con valore superlativo
er: sarà forme analitiche dal latino volgare:
area galloromanza rimangono in alternativa da quelle derivate
le parole troppo lunghe, sincope, aferesi, sonorizzazione e spirantizzazione della P intervocalica: lenizione
blos: spoglio, vive nudo di pregio: Enrico III
13 secolo: basi per la costruzione dello stato nazionale 3 paci fondamentali:
figlio del conte di Tolosa, da filo da torcere ai francese, finché non scese Luigi 8
diffamazione
personaggi che passa in rassegna:
● Blacatz: la sua morte provoca un forte dolore per il poeta
● Federico II: battaglia di Cortenuova vince sui tedeschi
rosso: colore di lusso, andava molto di moda
donna al potere: non normale, in popolazioni neolatine
● Re d’Inghilterra: 1242
● Re di Castiglia:
● Re D’Aragona
i numerali in latino: erano i cardinali, si declinavano solo 1,2,3: gli altri erano indeclinabili
cuinque: si riduce a cinque con la palatalizzazione davanti a vocale palatale
per i numerali successivi al 10, ci sono state delle formazioni diverse, dal 16 cambiano modo di formare:
in italiano: rimane il modello latino
nelle lingue romanze si sono stabilizzati
forme analogiche da cui discendono le forme moderne: nelle lingue orientali non si conserva la S finale
dos: cas régime
ordinali: conservati nelle lingue romanze, anche se primum alternava con primarium, da cui in francese: premier, in spagnolo
primero
oltre a questi, esistevano anche i numerali distributivi e i gli avverbi numerali: nelle lingue romanze non si sono conservati, già
in latino volgare sostituiti con gli avverbi
distributivi: trini, bini: quante volte x ciascuno
avverbi dicevano quante volte: semel= 1 volta bis=due volte
parole di 4 sillabe si sincopano sempre: onorare diventa onrar

Subito dopo lo mangi il Re di Francia,


recupererà la Castiglia che perde per insipienza
ma se pesa a sua madre non ne mangerà affatto,
perché si vede bene dal suo pregio, che non fa nulla che le pesi.
Tiene due regni (Castiglia e leon) non è valoroso nemmeno per reggerne uno,
ma se lui ne vuole mangiare, bisogna che ne mangi di nascosto,
perché se sua madre (sorella di Bianca di Castiglia) lo sapesse lo bastonerebbe.
Del re d’ Aragona voglio che debba mangiare del cuore
Perché questo lo farà alleggerire dell’onta che prende qua di Marsiglia e di Milao;
perché rionorare non può in altro modo per nulla che possa dire né fare (si riferisce al fatto che non sta facendo niente per
riprendere i suoi territori
ipotetica fatta con l’indicativo, se sua madre lo sapesse, lo bastonerebbe
batria: condizionale in ia, formato da infinito avere all'imperativo, presente in tanti dialetti italiani ma non il toscana che ha usato
il perfetto
l’italiano si distingue
bastos: cas regime plurale
Re d’Aragona: Giacomo I detto il conquistatore, si era dato da fare con la riconquista. Le allusioni che fa Sordello non sono
chiarissime perché Marsiglia non fu mai sua. Ma siccome era alleato il capo della città, potrebbe essere.
homo: come soggetto impersonale

aug :odo: audio: palatalizzazione di jod, in italiano in affricata palatale, nelle altre sonora, che in posizione finale si assorda o
direttamente jod
Conte di Champagne: valeva di più come conte che da Re: ebbe dei guai interni: Alice di Champagne la mise a tacere con una
grande somma: cedette tutto questo pezzo alla corona. Nel 1236 partecipò ad una grossa rivolta con l’intento di riprendersi la
contea, però gli andò malissimo e venne sconfitto. Nel 1234 era diventato re di Navarra
comitem: comte, comiti in latino in occitano diventa contes
da regis diventa res da regem a rei si arriva: cade la e finale, g palatalizza in gi poi in jod
chiusa moralistica
Al conte di Tolosa bisogna che ne mangi tanto, se si ricorda di quello che era solito possedere e quello che possiede ora; perché se con un altro cuore non rinviene la sua perdita, non mi pare che la possa ristorare con il
cuore che ha in sé.”
Il conte di Tolosa quando era molto giovane (15/16 anni) cominciò a dare seriamente del filo da torcere ai francesi dopo la battaglia di Miré; andò
personalmente in occasione del Concilio Laterano nel 2015 a vedere se poteva trattare col Papa perché gli sembrava di aver ricevuto un torto enorme ad
essere stato spodestato di un sacco di terre mentre lui di eretico non aveva niente.
gli andò male (le cose vengono raccontate in un romanzo molto bello chiamato “la canzò de la crozada” che ci racconta, probabilmente con gli occhi di un
testimone diretto, tutto quello che è successo fino più o meno alla fine degli anni 10 e ci viene descritto anche un ex trovatore che3 Dante mette in paradiso
per il suo impegno estremo nel combattere gli eretici è un trovatore che quando era attivo era chiamato Folchetto di Marsiglia e poi è diventato il Vescovo di
Tolosa “Folco”, era molto attivo come vescovo già nel 1215 ed è anche l’autore della seconda e più lunga parte della Crociata anti Albigese che è linguadociano
anti francese; non è solo per le canzoni d’amore che è salito al paradiso, sennò sarebbe rimasto con Arnaut.
Quindi, questo Conte di Tolosa ha combattuto per anni fino a che non scese personalmente il successore di Filippo Augusto giù e in tre anni bene o male l’ha
risolta e a quel punto il Conte di Tolosa diventò il principale interlocutore di Bianca di Marsiglia nel trattato capestro che lei gli fece firmare nel 1229 (era lui il
capo della resistenza ormai).
differenza tra home e hom: da cum a con
podium: poggio
ricor: grande potenza
soler: in tutte le lingue romanze si trovava al presente con valore di imperfetto
quar: perché
la: pronome femminile, cas régime
al di là del Rodano la N cade e non si mantiene

E il conte di Provenza bisogna che ne mangi, se si ricorda perché uno che vive diseredato (dopo aver perso la sua terra) non vale nulla affatto; sebbene con
grande sforzo militare si difenda, bisogna che mangi del cuore per il grave peso che sostiene
i nobili mi vorranno male di quello che dico bene,
ma sappiano con certezza che io li (los) apprezzo poco
come loro pregia me
bel ristoro, purché io possa trovare ristoro presso di voi ( non si sa a chi si sta riferendo)
metto a disprezzo ciascuno che non mi reputa amico.

conte di provenza: Raimondo Berengario IV: mezza strofa a regnante, questa la più delicata
Tutte queste parole potrebbero avere la “n” finale, nella lingua per esempio di Folchetto che è a est ce l’hanno (sove, ren,
capten, sosten), invece al di là del Rodano la “N” non protetta da una consonante cade e il copista che ha copiato questa
poesia evidentemente era uno di quelli che non la metteva.
Il conte di Provenza è Ramon Berenguer, ovvero Raimondo Berengario IV e con lui Sordello ha il guanto di velluto; è la
strofa più delicata; dedica mezza strofa a Regnante e lascia in coda il Conte di Provenza e mentre agli altri non ha detto
belle parole a lui sì.
Si°l sove la “L” è un altro pronome, mentre questo è un articolo in enclisi, l’uso grafico prevalso da un centinaio di anni, ma
non ovunque, è di marcare articoli e pronomi in enclisi in provenzale con un punto in alto; è una convenzione degli editori
moderni; altri editori non mettono nulla e attaccano la parola, altri mettono un trattino l’importante è farle vedere in
qualche modo soprattutto in lingue un po' difficili come il provenzale che mette in enclisi non solo il pronome come
l’italiano o lo spagnolo, ma anche gli articoli. quindi questo “si°l sove” è un dativo che però nella declinazione è sempre un
caré gim.
tahn: bisogna
en: da inde, particella pronominale
se si ricorda
l: pronome in enclisi, marcarli con un punto in alto in provenzale
oms: non avrebbe la S, ma i copisti nella fase più tarda, non conoscendo la coniugazione, appiccicano un sacco di esse
rei: cosa, rafforzativo di negazione, usato ancora in francese
fais: fardello
è talmente diffusa la cosa che la prima grammatica fatta per provenzali, però occitani, per imparare a comporre in occitano
quando ormai la lirica d’oc ha chiuso la sua parabola creativa che si suole in mancanza di testimonianze anteriori se non un
paio di frammenti lirici che risalgono agli anni 40 dell’XI secolo, fare iniziare col Duca d’Aquitania e Conte di Poitiers
Guillelmo, nato nel 1071 e più o meno dura 200 anni, alla fine del 200 la stagione creativa trovadorica è chiusa. anche
perché con l’ultimo quarto del 200 invece è molto avanzata la francesizzazione del meridione, la crociata anti-albigese si è
chiusa del tutto negli anni 40, nel 46 muore il Conte di Provenza, nel 49 muore il conte di Tolosa. nel 300 c’è una resistenza
culturale che si esplicita con la creazione delle accademie in cui si sforzano i colti per far sopravvivere la poesia in occitano
e di far sopravvivere la conoscenza della lingua per tutto il XIII secolo ancora di grammatiche di occitano ad uso degli
occitani non ne sopravvivono, mentre sopravvive, risalente all’epoca della grossa diaspora dopo il 1229 di signori e
trovatori dal sud della Francia, una, ovvero una specie di dizionario con nozioni di grammatica ad uso degli italiani e si
chiama “donatz proensalls” e l’ha scritto un certo Uc Faititz che vuol dire Ugo Scacciato che potrebbe essere la stessa
persona che inizia la tradizione delle VIDAS, ovvero Uc de Sainsirc che firma le vidas più antiche e probabilmente è stato lui
a iniziare l’usanza di accompagnare le sezioni antologiche dei canzonieri con notizie biografiche un po' addomesticate come
quella di Arnaut, il quale viene abbassato alla figura di giullare e viene sminuito
sminuito perché questo Uc de Sainsirc che è un trovatore anche lui è scappato dopo il 1229 abbandonando tutte le sue
terre, prima scappa in Catalogna e poi in Italia per sfuggire all’inquisizione, la quale è stata istituita anche in Italia e
dobbiamo stare attenti perché noi italiani ci siamo poco abituati alle scritture che vanno al di là della lettera anche perché
non siamo più abituati ad eludere nessuna forma di censura quando c’era una forte censura attiva la cui infrazione portava
conseguenze gravi per esempio anche sotto al ventennio fascista, chiunque era abituato a vedere dietro a canzoncine da
bambini allusioni ai gerarchi fascisti e l’autore di queste canzoni era bravo nel riuscire a nascondere queste allusioni,
l’autore noto di queste canzoncine era Mario Panzieriuna di queste canzoni era “la banda d’Affori” nella quale c’erano
molte allusioni al fascismo e chi viveva allora vedeva subito queste allusioni per prendere in giro i personaggi del fascismo.
dopo il fascismo Panzieri non ammise mai di aver scritto canzoni satiriche.
chi aveva vissuto la censura del fascismo le allusioni le coglieva subito e così chi leggeva poesie dei trovatori che a noi
sembrano poesie d’amore lisce ed era abituato a leggere tutto cercando significati allegorici (era proprio una forma
mentale che prendevano a scuola; il primo libro che leggevano era la Bibbia);
il metodo di lettura della Bibbia del Medioevo è il metodo che cerca i 4 sensi, ovvero è quello che spiega
anche Dante nella sua terza cantica del paradiso che per lui era quella più importante, anche se ora Dante è universale più
per l’inferno perché colpisce di più la visione antropocentrica dell’uomo moderno.
Dante dedica la terza cantica del paradiso a Can Grande della Scala e in questa cantica c’è un’epistola latina in cui spiega
come va letta e dice che va letta come si legge la Bibbia facendo proprio un esempio di un episodio della Bibbia; ogni cosa
che c’è nella Bibbia naturalmente deve essere stata vera essendo un libro sacro, ma anche le cose più terrificanti sono
successe per prefigurare qualcos’altro che deve succedere dopo, ed è in questo modo che si giustifica per esempio anche
un episodio di assassinio e adulterio commesso niente meno dall’antenato della vergine Maria, ovvero Davide che si
innamora di Betsabea che è sposata col suo generale Uria, molto più vecchio di lei, e lui lo manda in una missione
impossibile e lo fa morire e si prende la donna è stato scritto poi tanto sopra da parte di padri e dottori della chiesa nei
secoli: se Davide è figura di Cristo, Betsabea è figura dell’umanità e della cristianità della chiesa, Uria è figura della vecchia
legge ebraica da superare, gli va scappata l’umanità perché il popolo eletto non è più quello ebraico, ma arrivato il messia
che gli ebrei stanno ancora aspettando, allora ad Uria gli si può strappare la donna.
quindi, chi legge un testo nel medioevo, qualunque testo sia ha l’allenamento (l’epistola a Cangrande se non l’avesse scritta
Dante l’avrebbe potuta comunque scrivere lui, forma mentale è quella) a cercarci diversi significati ulteriori, anche nascosti
molto bene e particolarmente abituati a farlo come erano i censori sotto il fascio erano gli inquisitori all’epoca della
crociata anti-albigese o cmq della diffusione dell’eresia catara (la crociata anti-albigese viene bandita dal Papa nel 1209
perché ormai era un mezzo secolo che si era diffusa ampiamente l’eresia catara nel sud della Francia).
di fatto, la religione Catara, è un po' un doppio di quella cristiana per molte cose e tante allusioni che vanno bene per l’una
vanno bene anche per l’altra come noi abbiamo la personificazione della sapienza loro hanno una figura che si chiama
“intendimento del bene” che è sostanzialmente la stessa cosa.
l’inquisitore è sempre a scavare quindi e trovare indizi di allusioni allegoriche, simboliche e non ortodosse nelle poesie che
sembrano poesie profane lo sminuire l’autore di queste poesie, il portarlo dall’essere un chierico all’essere un giullare è
funzionale forse anche allo sviare l’attenzione degli inquisitori da quel che produce, una cosa prodotta da un giullare è
facilmente una cosa innocente e a senso unico di quanto non sia una cosa prodotta da un chierico quale Arnaut appare
nella prima parte della vida, perché ci si dice che è un “gentils om” ovvero un nobile che “amparet letras” le lettere sono la
letteratura latina e quella che si imparava a scuola all’epoca era in una piccola parte un canone di autori antichi pagani, per
lo più riletti per cercare di trarne un significato buono anche per i cristiani e poi un amplissimo catalogo di padri e dottori
della chiesa, mistici assortiti delle scritture, scritture da cui si partiva ed erano la lettura della scuola primaria.
e così anche quando parla di un altro trovatore presumibilmente chierico e nobile come Bernard de Ventadour che è pure
un trovatore dantesco, indirettamente perché Dante ne cita la sua canzone famosa nel Paradiso e proprio in un contesto
mistico per altro lo cita. anche di lui la vida firmata di persona da Uc de Sainsirc, si sforza di farne un personaggio di bassa
estrazione sociale.
“i nobili mi vorranno male di quello che io dico bene, ma sappiano con certezza che io li apprezzo poco quanto loro
apprezzano poco me”
le parole “baro/baronis” che è latino medievale voleva dire generalmente “nobile”, poi si è specializzata in alcune lingue
come l’italiano e il francese in un titolo nobiliare preciso, in spagnolo vuol dire “uomo”
Baro°m la “m” è un pronome personale in enclisi di prima persona, nella forma intera sarebbe “ne”.
Ls sta per “los”.
Pretz è la forma coniugata di “pregiar”.
“bel ristoro, purché io possa provare pietà presso di voi (non si sa bene chi sia questo personaggio, né se è un maschio o
una femmina o un’entità non umana), ‘metre a son dan’ è una espressione fissa: disprezzo ciascuno che non mi reputa
amico”
pronomi
verso 5: ieu soggetto
verso 7: dativo ridotto alla solo N in enclisi
spagnolo antico del 13 secolo, fortemente occitanizzato, pieno di pronomi in enclisi che nelle copie sono stati messi interi
perché nelle lingue galloromanze antiche potevano andare in enclisi tutti e due. lo spagnolo antico invece è pieno di enclisi,
di pronomi. e nelle copie più tarde (perché uno dei disastri della letteratura medievale spagnola, che innanzitutto comincia
molto più tardi); però all’epoca in cui viene scritto il pianto per Blacatz un po’ di letteratura spagnola c’è già. e soprattutto a
questi anni più o meno dovrebbe risalire per esempio la più importante delle opere in quaderna via (il libro di Alessandre).
e il libro di Alessandre (si legge aleshandre) per esempio, come il pressoché coevo di pochi anni posteriore forse libro de
Apolonio, ci è arrivato solo in copie molto più tarde.
E lo stesso succede con la maggior parte delle opere del principale autore attivo già in questi anni che è Gonzalo de Berceo.
tante volte i manoscritti antichi per certe opere sue sono addirittura andati perduti e si hanno solo copie 700esche.
E però, anche le copie spesso erano state fatte su manoscritti del 300, quando molti tratti della lingua spagnola più antica si
erano già persi; e soprattutto si era persa molta della influenza diretta del provenzale (perché appunto lo spagnolo antico,
lo spagnolo del XIII secolo come lo era l’italiano del XIII secolo letterario, era fortissimamente occitanizzato (alcune cose poi
sono anche rimaste, ma molte sono state cancellate).
In particolare lo spagnolo antico era ricco di pronomi in enclisi, che poi nelle copie sono stati rimessi interi, facendo saltare
la metrica. e dopodiche di copia in copia, chi cercava di riaggiustare la metrica non interveniva sul pronome che non gli
tornava che fosse in enclisi, ma tagliava altri pezzi. e così sono state distrutte molte opere letterarie.
-IEU: è un pronome personale soggetto. mentre oggetto è ME (trovato alla fine).
conservazione del latino nel genitivo e latino, si usa l’accusativo con tante proposizioni, già nel latino tardo, ma il sistema dei
pronomi regge di più. Nelle lingue moderne, si mantengono LO e GlI
forse pronominali dei pronomi personali
EGO: io jo je eu pt.
serie atona e serie tonica: in francese ci è stato il dittongo e in spagnolo è andata a ti
NOS: si è evoluta fino a jod: noi
in spagnolo: nosotros: nos otros: noi altri, sparito in italiano forma di rafforzativo
conmigo, contigo: cum mihi, cum tihi
aree laterali conservano di più tratti arcaici
in italiano antico, abbondanza di Gallicismi, le lingue letterarie del 200 è farcita di provenzalismi poi certi influssi possono venire
dalle dominazioni
la terza persona: si usava:
● is ea, id
● il dimostrativo ille, illa, illud
tendenza nel parlato a sostituire una forma del nominativo
Quindi, dall’accusativo ME: sono venute sostanzialmente forme uguali, toniche. oppure in qualche lingua la E ha dittongato
(per esempio in francese: era una E chiusa, e quindi ha dittongato libera in EI, poi in OU, poi UE, e poi OI (moi nella forma
tonica)
In qualche lingua la forma tonica è andata a MI, per esempio in spagnolo, e anche in occitano la forma tonica è MI. Mentre la
forma atona è ME (come in francese e come in spagnolo e catalano e come in italiano).
Il dativo in italiano da MI (mii) si riduce a mi (mi).
La seconda persona:
Era abbastanza simile: c’era TU come pronome soggetto (che si è conservato piuttosto bene) e TE come accusativo (sempre
con la e lunga, chiusa). Mentre qui si è distinto come con ME quando era sotto accento e quando non lo era. e c’è una serie
atona che è rimasta te invariata; e una serie tonica, che in alcune lingue si è invece modificata. ovvero:
in francese, come ha fatto la prima persona: c’è stato il dittongo .--> prima tei poi toi poi tuè (non so come si scrive) poi toi
e in spagnolo è andata a T distinta dalla forma atona te
quindi, il dativo TIBI è andato a TI.
LE DUE FORME PLURALI NOI E VOI:
noi e voi italiani vengono dal latino. (tutte le lingue romanze derivano dal latino, che poi nelle singole lingue romanze ci
possono essere degli elementi portate da altre per prestigio culturale o per dominazione questa è un ‘altra cosa. perché gli
elementi di altre lingue entrano in una lingua: nell’italiano e spagnolo antico c’era una sovrabbondanza di gallicismo, perché la
letteratura si è sviluppata molto prima in area galloromanza e tutti hanno imitato, a volte traducendo direttamente, la letteratura
di area galloromanza. dunque le lingue letterarie del 200, (perché la letteratura, altrove fuori dall’area galloromanza prima del
200 non prende il via) è farcita di provenzalismi in buona parte e di francesismi. poi certi influssi soprattutto lessicali possono
venire anche da lingue di origine diversa, durante una dominazione quando non sostituisce il dominatore la sua lingua a quella
del paese dominato, ma fornisce una grande quantità di voci lessicali soprattutto.
In genere le influenze, tanto di substrato quanto di superstrato, quanto di adstrato sono soprattutto concentrate nel lessico
Differenza tra substrato, superstrato e adstrato: sono tutte influenze però, come dicono le preposizioni latine..
● Substrato: sub significa sotto il substrato è quello che affiora in una lingua sommersa da quella che si è imposta con
una conquista.. per esempio il latino con l’espandersi di Roma si è imposto prima su tutte le altre popolazioni italiche,
poi ha sconfinato ed è andato a fondare colonie ( la prima per esempio è la provenza. la Provenza si chiama così
perché: Provenza in italiano corrisponde a .. (nella palatalizzazione si è detto che l’affricata palatale toscana, italiana
al di sopra della linea spezia rimini slitta come articolazione in avanti e diventa ts (e quindi provincia era la provincia
per eccellenza, una delle più antiche; la provenza è profondamente latinizzata da epoca molto remota. e quindi via
via che si espande l’impero sostituisce la sua lingua, in questo caso (anche perché ha un prestigio culturale roma, ha un
prestigio politico) e offriva bene o male la cittadinanza, il diventare cittadino romano alle popolazioni dominate, come un onore.
Tanti scrittori latini, che uno può pensare che saranno nati tutti a roma in realtà, non è così. tanti anche di età classica non
erano affatto nati a roma e ci sono venuti da provinciali come erano prima. -> perché diventare cives romanus, voleva dire
acquisire anche molti buoni diritti e, (a parte qualche sacca di resistenza a volte messa anche in parodia, come quella di
asterix: con i galli un po’ dovette resistere con la parte settentrionale, se lo dovette sudare cesare) ma bene o male appunto,
accolsero la cultura del dominatore. però il latino delle provincie, qualche cosa di diverso da quello di roma continuò ad averlo
e specialmente nel lessico. ed erano appunto influssi di SUBSTRATO. (e poi magari sono passati anche dal latino tout court,
perché indicavano cose che abbiamo preso da loro: i romani le brache non se le mettevano, la parola braca è un gallicismo??.
O anche il carro: la parola latina currus l’hanno presa dal latino di gallia
E così, il substrato è qualcosa che rimane di una lingua sommersa da una lingua dominatrice che si è imposta. di solito
l’imposizione non è quando qualcuno arriva solo con la forza ma deve avere anche prestigio. Tant’è che quando sono arrivati i
barbari, sono stati loro a prendere la lingua dei (o dai?) dominati, a prenderla come lingua di cultura e assorbire la cultura latina
prima, e poi anche la religione.
Super: significa sopra è quello che loro, dominatori germanici di zone comunque ex romane, hanno lasciato nel lessico. (il
francese per esempio è la lingua più ampiamente germanizzata perché era la terra dei franchi la Francia, però è a livello
eminentemente lessicale.
Le strutture grammaticali è difficile che vengano toccate, anzi, non ce n’è prova. e sono piuttosto discussi anche gli influssi
fonetici, per esempio c’è una teoria che vuole che la Gorgia toscana sia un lascito del substrato etrusco. Si oppone nettamente
a questa idea il fatto che nelle zone dove erano meglio radicati gli etruschi, la gorgia non c’è. La toscana meridionale la gorgia
non ce l’ha. di etrusco ci è rimasto tanto del lessico, il lessico teatrale per esempio è venuto in buona parte dal substrato
etrusco; che erano una razza di grandi canterini e ballerini e teatranti.
Ad: significa accanto. Questo invece per esempio è qualcosa che sta avvenendo a livello massiccio in italiano (altre lingue
resistono un po’ di più), ma l’italiano ha ceduto: con l’inglese. la lingua di qualcuno che si sente più prestigioso e dominante e si
comincia a prendere parole (perché anche a questo livello è sempre a livello di lessico, non è che abbiamo preso strutture
grammaticali dell’inglese o qualcosa di fonetica ma abbiamo preso lessico a volontà, che addirittura non facciamo nemmeno
più lo sforzo di adattare, come avrebbero fatto fino al secolo scorso).
Abbiamo visto quindi i diversi tipi di influsso di una lingua su un’altra.
PRONOMI PLURALI:
in latino la prima e la seconda persona plurale erano al nominativo NOS e VOS;
In italiano non è caduta. In questo caso si è evoluta fino a jod. (è una delle 2 strade che ha la S finale in italiano: o passa a jod;
o svanisce del tutto). nel caso di tre per esempio ,avrebbe potuto essere trei e alla fine è rimasto tre tronco. e nel caso di NOS
e VOS invece la forma grammaticalizzata è rimasta ed è rimasta voi e noi (per quanto non manchino esempi nella lingua
antica, anche delle forme tronche VO e NO).
Dove invece la s finale si conserva, naturalmente la trafila è più semplice. semmai è successo che il NOS latino in alcune
lingue, segnatamente lo spagnolo e il catalano, venisse rafforzato da un altro elemento: in particolare da ALTERI (al
nominativo) ALTEROS (all’accusativo): ovvero altri.
Noi ce l’abbiamo pure in italiano NOI ALTRI ma ha conservato l’idea del rafforzativo. non è diventato il pronome tout court.
Invece, in spagnolo nosotros e vosotros è la forma del pronome non più sentita come rafforzata.
Anche in catalano, c’è NOSALTRES E VOSALTRES;
E anche in francese se ne possono aggiungere altri, ma come in italiano è sentita ancora come un rafforzamento. Dopodiché,
c’è un altro tipo di formazioni sempre oggi tipiche dello spagnolo, mentre, in italiano per esempio sono rimaste come arcaiche o
dialettali, che è il rafforzamento con CUM.
Per esempio, se si prende ME e ci si aggiunge cum, in italiano viene meco che una volta era comune e adesso invece non lo è
più: è sentito come arcaico ed è rimasto semmai in dialetti meridionali. Ed è rimasto, specialmente dove c’è stata una
dominazione spagnola, perché il rafforzamento in spagnolo è stato doppio: nel senso che oltre alla parte dopo il pronome, il
cum ridondante è stato messo anche prima: e quindi ci si ritrova conmigo, contigo. tigo è il nostro teco con la sonorizzazione e
migo è il nostro meco.
Quindi conmigo e contigo; e così anche il portoghese conmigo e contigo e addirittura anche il portoghese con la prima e 2
persona plurale sono grammaticalizzati (da noi lo erano: meco, teco, nosco e vosco per con me, con te, con noi e con voi.
adesso invece sono caduti dall’uso.
Lo spagnolo e il portoghese, da brave lingue periferiche, alcune cose, benché l’evoluzione fonetica dello spagnolo sia più
avanzata di quella dell’italiano, a livello di lessico e a livello di qualche tratto morfologico si conservano cose più arcaiche da
noi poi superate.
Si sa che: Leggi linguistiche: le aree laterali conservano con più facilità tratti arcaici, rispetto alle aree centrali.
La terza persona è abbastanza complicata perché in latino si usavano più pronomi per il pronome personale: ovvero o si usava
il pronome IS EA ID; oppure il dimostrativo ILLE.
E da qui vengono buona parte dei nostri pronomi: ovvero dal dimostrativo ILLE ILLA ILLUD, è esattamente lo stesso che
hanno fatto gli articoli per questo le forme finali alla fine si somigliano.
Appunto, da ILLE
in italiano egli (il libro dice lui per far capire quale è la forma più diffusa moderna, perché lui non viene da ille. non vuol dire che
lui viene da ille, vuol dire che nella lingua parlata e ormai anche nella lingua scritta meno accurata, si è sviluppata e affermata
la tendenza a sostituire, con una forma che non veniva dal nominativo, la forma del nominativo. Adesso, EGLI, ELLA, ESSI ED
ESSE (essi e esse vengono non da ILLE ma da IPSE: IPSE IPSA IPSUM sono sentiti un po’ come arcaici e c’è una tendenza
che era già partita molto prima in francese alla unificazione del pronome.
lezione 13
Purgatorio canto 23
girone dei golosi
verso 10-12
filiole: vocativo alla latina con
vieni via ormai perché il tempo che ci è stato dato bisogna dividerlo tra i gironi che ci restano
rima composta
sono tutti pelle ed ossa, scema, ma non sono scheletri
omo: simile in scrittura al teschio
le occhiaie sembravano anelli che hanno perso la gemma
Ed ecco piangere e cantar s’udìe
‘Labia mea, Domine’ per modo
tal, che diletto e doglia parturìe. 12
«O dolce padre, che è quel ch’i’ odo?»,
comincia’ io; ed elli: «Ombre che vanno
forse di lor dover solvendo il nodo». 15
Sì come i peregrin pensosi fanno,
giugnendo per cammin gente non nota,
che si volgono ad essa e non restanno, 18
così di retro a noi, più tosto mota,
venendo e trapassando ci ammirava
d’anime turba tacita e devota. 21
Ne li occhi era ciascuna oscura e cava,
palida ne la faccia, e tanto scema,
che da l’ossa la pelle s’informava. 24
Non credo che così a buccia strema
Erisìttone fosse fatto secco,
per digiunar, quando più n’ebbe tema. 27
Io dicea fra me stesso pensando: ‘Ecco
la gente che perdé Ierusalemme,
quando Maria nel figlio diè di becco!’ 30
Parean l’occhiaie anella sanza gemme:
chi nel viso de li uomini legge ‘omo’
ben avria quivi conosciuta l’emme. 33
Chi crederebbe che l’odor d’un pomo
sì governasse, generando brama,
e quel d’un’acqua, non sappiendo como? 36
Già era in ammirar che sì li affama,
per la cagione ancor non manifesta
di lor magrezza e di lor trista squama, 39
ed ecco del profondo de la testa
volse a me li occhi un’ombra e guardò fiso;
poi gridò forte: «Qual grazia m’è questa?».
Mai non l’avrei riconosciuto al viso;
ma ne la voce sua mi fu palese
ciò che l’aspetto in sé avea conquiso. 45
Questa favilla tutta mi raccese
mia conoscenza a la cangiata labbia,
e ravvisai la faccia di Forese. 48
«Deh, non contendere a l’asciutta scabbia
che mi scolora», pregava, «la pelle,
né a difetto di carne ch’io abbia; 51
ma dimmi il ver di te, di’ chi son quelle
due anime che là ti fanno scorta;
non rimaner che tu non mi favelle!». 54
«La faccia tua, ch’io lagrimai già morta,
mi dà di pianger mo non minor doglia»,
rispuos’io lui, «veggendola sì torta. 57
Però mi dì, per Dio, che sì vi sfoglia;
non mi far dir mentr’io mi maraviglio,
ché mal può dir chi è pien d’altra voglia». 60
Ed elli a me: «De l’etterno consiglio
cade vertù ne l’acqua e ne la pianta
rimasa dietro ond’io sì m’assottiglio. 63
Tutta esta gente che piangendo canta
per seguitar la gola oltra misura,
in fame e ‘n sete qui si rifà santa. 66
Di bere e di mangiar n’accende cura
l’odor ch’esce del pomo e de lo sprazzo
che si distende su per sua verdura. 69
E non pur una volta, questo spazzo
girando, si rinfresca nostra pena:
io dico pena, e dovrìa dir sollazzo, 72
ché quella voglia a li alberi ci mena
che menò Cristo lieto a dire ‘Elì’,
quando ne liberò con la sua vena». 75
E io a lui: «Forese, da quel dì
nel qual mutasti mondo a miglior vita,
cinq’anni non son vòlti infino a qui.
Se prima fu la possa in te finita
di peccar più, che sovvenisse l’ora
del buon dolor ch’a Dio ne rimarita, 81
come se’ tu qua sù venuto ancora?
Io ti credea trovar là giù di sotto
dove tempo per tempo si ristora». 84
Ond’elli a me: «Sì tosto m’ha condotto
a ber lo dolce assenzo d’i martìri ossimoro
la Nella mia con suo pianger dirotto. 87
Con suoi prieghi devoti e con sospiri
tratto m’ha de la costa ove s’aspetta,
e liberato m’ha de li altri giri. 90
(la moglie pregando gli ha diminuito la pena)
Tanto è a Dio più cara e più diletta
la vedovella mia, che molto amai,
quanto in bene operare è più soletta; 93
ché la Barbagia di Sardigna assai
ne le femmine sue più è pudica
che la Barbagia dov’io la lasciai. 96
O dolce frate, che vuo’ tu ch’io dica?
Tempo futuro m’è già nel cospetto,
cui non sarà quest’ora molto antica, 99
nel qual sarà in pergamo interdetto
a le sfacciate donne fiorentine
l’andar mostrando con le poppe il petto. 102
Quai barbare fuor mai, quai saracine,
cui bisognasse, per farle ir coperte,
o spiritali o altre discipline? 105
Ma se le svergognate fosser certe
di quel che ‘l ciel veloce loro ammanna,
già per urlare avrian le bocche aperte; 78
ché se l’antiveder qui non m’inganna,
prima fien triste che le guance impeli
colui che mo si consola con nanna. 111
Deh, frate, or fa che più non mi ti celi!
vedi che non pur io, ma questa gente
tutta rimira là dove ‘l sol veli». 114
Per ch’io a lui: «Se tu riduci a mente
qual fosti meco, e qual io teco fui, desueti in italiano, presenti in spagnolo
ancor fia grave il memorar presente. 117
Di quella vita mi volse costui
che mi va innanzi, l’altr’ier, quando tonda
vi si mostrò la suora di colui», 120
e ‘l sol mostrai; «costui per la profonda
notte menato m’ha d’i veri morti
con questa vera carne che ‘l seconda. 123
Indi m’han tratto sù li suoi conforti,
salendo e rigirando la montagna
che drizza voi che ‘l mondo fece torti. 126
Tanto dice di farmi sua compagna,
che io sarò là dove fia Beatrice;
quivi convien che sanza lui rimagna. 129
Virgilio è questi che così mi dice»,
e addita’lo; «e quest’altro è quell’ombra
per cui scosse dianzi ogne pendice
lo vostro regno, che da sé lo sgombra». 133
incontro con Forese
Né ‘l dir l’andar, né l’andar lui più lento
facea, ma ragionando andavam forte,
sì come nave pinta da buon vento; 3
e l’ombre, che parean cose rimorte,
per le fosse de li occhi ammirazione
traean di me, di mio vivere accorte. 6
E io, continuando al mio sermone,
dissi: «Ella sen va sù forse più tarda
che non farebbe, per altrui cagione. 9
Tu te n’andrai con questo antivedere:
se nel mio mormorar prendesti errore,
dichiareranti ancor le cose vere. 48
Ma dì s’i’ veggio qui colui che fore
trasse le nove rime, cominciando
‘Donne ch’avete intelletto d’amore’». 51
(inizio di una canzone di Dante)
E io a lui: «I’ mi son un che, quando
Amor mi spira, noto, e a quel modo
ch’e’ ditta dentro vo significando». 54
«O frate, issa vegg’io», diss’elli, «il nodo forma derivata da video
che ‘l Notaro e Guittone e me ritenne
di qua dal dolce stil novo ch’i’ odo! 57
Io veggio ben come le vostre penne
di retro al dittator sen vanno strette,
che de le nostre certo non avvenne; 60
( Guittone scriveva in modo diverso da Dante essendo di 2 generazioni prima)
e qual più a gradire oltre si mette,
non vede più da l’uno a l’altro stilo»;
e, quasi contentato, si tacette. 63
tenzone: battle tra amici, in questo caso fra Giacomo da Lentini e Dante, gioco matematico, sonetto per divertire Federico II
quartine a rima alternata e terzine

Forese: famiglia Donati, potente a Firenze

conti Guidi: famiglia potentissima


la madre si lamenta per una dote da nulla avrei potuto accasarla con uno dei conti Guidi

scherzo con intenzione erotica


aveva una gran tosse perché non aveva soldi
prestare soldi con interesse: usura, la chiesa non ammette che si possa fare soldi dai soldi
canto 28 inferno
poesie di Bertrand de Borde: seminatore di discordie
DAnte legge i trovatori in copie più tarde dei manoscritti
il più eccellente cantore delle armi
canto truculento
convenire con dativo: dovere
vidi un busto senza la testa andare come tutti gli altri nella folla, teneva per i capelli a mo di lanterna la testa mozzata: legge del contrappasso
morto monaco finisce tra i dannati
sono colui che diede al re giovane i pessimi consigli
ho fatto ribellare il padre contro il figlio
lo presenta come la figura più solenne e terribile e colui che spiega la legge del contrappasso: siccome io ho diviso delle persone così congiunte,
porto diviso il cervello dal suo principio, il busto.
leggenda delle vidas et regiones del 13 secolo: rapporti tempestosi tra Enrico II d’Inghilterra e i figli
Enrico il Giovane si ribellò al padre.
vita: versione A (ABFIK) tradizione veneta

si fo: riflessivo apparente, sopravvivono nelle aree laterali


era un castellano del vescovato della stessa terra di origine di Daniel
totz temp: toujours
ab totz: da apud che in area galloromanza ha sostituito cum
con tutti i suoi confinanti
Costantino il fratello
Riccardo: terzogenito, il cuor di Leone, Eleonora la madre lo fece diventare conte
Attivo nella 2 metà del 13 secolo, legato alla famiglia dei Plantageneti, metteva in risalto le guerre: Le vicende delle dinastie dei plantageneti
compaiono nelle opere di Bentrard
1170, Enrico il Giovane, secondo figlio, perché il primo era morto, viene associato al trono giovanissimo, ma si ribella al padre perché non ha
abbastanza potere. La madre Eleonora parteggia per i figli contro il padre. Rimane poi Giovanni senza Terra, che contro il re di Francia, Filippo,
viene completamente estinta la famiglia. Il giovane morì per un'infezione all’età di 30 anni.
lezione 14
vidas: biografie nei manoscritti del 200/300 che riportano le poesie di Bernard

● mi riflessivo apparente, usato prima in tutte le lingue romanze


● Peiregos: in Aquitania
● era un castello: città fortificata con al centro l’abitazione del signore chiamata
Altaforte
● sempre ebbe guerra con i suoi vicini: con il conte di Perigord e con il visconte di
Limoge e con suo fratello Costantino e con Riccardo finché fu conte del Poitou
(Eleonora, che possedeva tutta l’Aquitania, lo investì molto presto della carica di conte di
Poitou)
● bon: valoroso, fu un valente cavaliere, (etimo caballarius) e guerriero
● dompneiaire: cas sujet, sapeva stare bene in società,
● buon compositore
● savis: da savius latino, saggio
● eloquente
il latino volgare fa spostare la parola cavallo che all’inizio era il bronzino, va a coprire l’antico equus. in italiano da caballarius
viene cavallaro & cavallaro: chi tiene il maneggio
per la parola più nobile si è tenuto cavaliere alla francese, chevalier
(cevalier all’epoca di Bernard)
fenomeno fonetico attivo sulle occlusive intervocaliche
● trobaire: declinazione
la p e t intervocaliche si sonorizzano: tropator diventa trobador

da tropator
gli asterischi: forme medievali, etimo discusso
L’origine della lirica non è per strada, ma è paraliturgica
primo testo letterario creativo “la sequenza di Santa Eulalia”: 880 circa, prima testimonianza dell’esistenza scritta del francese,
l’orale già da tempo.
Concilio di Tours 813: questione lingua da usare nelle prediche: si accorgono di questo divario tra il volgare e il latino
si trovano grandi glossario per spiegare molte parole per i testi sacri, il clero meno colto non capisce più il latino
dittongo spontaneo solo in italiano e in spagnolo
toile fino al 12 secolo, la grafia non va più avanti
a fine 12
la A passa a un suono sordo che solo in francese moderno diventa muto
rivoluzione francese si decide di adottare tual

si usa il passato remoto per le descrizioni non l’imperfetto


● sapeva parlare di cose buone e cattive
● tutte le volte che voleva
● vez: spagnolo moderno, deriva da vice latino
● qua se volia: riflessivo apparente anche con i verba voluntatis
● Henric: cas régime, Henrics en cas sujet
● fill: la jod fa palatalizzare la L, fenomeno molto precoce
● fills: soggetto da filius
● fraire: hermano viene da germano non usato in italiano

in francese derivato da frater: perde la E, vocale di appoggio, la T si indebolisce in


occitano fino alla jod: fraire
idem all’accusativo: fraire
in francese A tonica in sillaba libera: frère
fratri: frères
accusativo plurale conserva la S si ritrova fraires
quando i copisti non sanno più la declinazione, a volte per analogia mettono la S al nominativo: errore di copista. Nel 1300
grammatica per occitani, la S è indifferente di diceva
volc: da voli
agessen: avessero guerra l’un l’altro
e continuamente si tormentava con i suoi sirventesi di distruggere la pace, dimostrava come ognuno dei contendenti era
disonorato. ed ebbe grandi disgrazie per il fatto che li mescolò e così ne fece tanti bei sirventesi dei quali ce ne sono, il y a, i
molti versi scritti
patz: indeclinabile
Manoscritto B
sirventese (o serventese) Componimento poetico di origine provenzale, originariamente dedicato dal sirven (in provenzale antico, «servente») al suo
signore per celebrarne le gesta.
aveva fratelli
cujava: cogitar, pensava di impossessarsi anche delle loro parti, se non ci fosse stato il Re d’Inghilterra
Fu un ottimo compositore di sirventesi
bons: superlativo
il re D’Aragona diede per moglie le canzoni di Gerault de Borneil ai suoi sirventesi: gli ha concesso la canzone su cui fare i
sirventesi
Nel test
● 24 domande di grammatica, attinenti al manuale
● 6 domande sulla parte letteraria
● orale: 3 argomenti del manuale, leggere tradurre e commentare un testo a scelta
● chiede solo cosa ha spiegato a lezione
lezione 16
I avia=c’è /c’erano
Prop=quasi
Avia= aveva
Uso dell’accusativo al posto del caso indiretto, non ci dovrebbe essere “che”, ma “nel quale”
Fraires= Cas regime accusativo plurale
Ls= è un pronome in enclisi, sarebbe los
Mot bons= ottimo
Fors= fuori con una –s che si attacca agli avverbi in occitano/francese
Azaut= viene da adaptus con la lenizione della D in Z
Oc-e-no= è un soprannome che passa dal padre al figlio (Enrico d’Inghilterra)
Usatge= corrisponde all’italiano antico
C'ades= sempre
Fes= fece
E pueis= e poi
Us= forma enclitica di vos
Sens= cas suget
Sen= cas regime
Adonx= adunque antico
Parafrasi:
Bertrand de Born era del Limosino (è una regione che sta nella fascia più settentrionale del domino D’Oc spostata verso
ovest) era visconte (grado subito dopo Conte) d'Altaforte, che (nel quale) c’erano
circa 100 uomini.
E lui aveva fratelli (fraires) e meditava di diseredarli se non fosse stato per il Re d’Inghilterra.
Fu un ottimo compositore di sirventesi e mai fece canzoni se non due. E il Re D'Aragona diede per mogli le canzoni di
Guiraut de Borneill ai suoi sirventesi. (c’è episodio in cui Re d'Aragona ha deciso che Bertrand facesse un sirventese sulla
musica di una canzone di GIRAUT). Colui che cantava era un giullare e si chiama Papiol (cantante e musicista professionista
che prende i testi altrui e li porta di corte in corte). Era uomo che sapeva stare al mondo e fornito delle virtù dell’uomo di
corte.
Rassa, Marinier e oc-e-no sono dei segnals (chi compone poesie all’epoca, le semina con segnals cioè soprannomi che
hanno scioglimento univoco).
E aveva tale uso che sempre faceva attaccare guerra tra i nobili uomini. Fece litigare il padre e il figlio d’Inghilterra (cioè il
Re e il Re giovane) finché il giovane Re fu ucciso da un proiettile di Bertrand de Born. (non è vero perché morì di malattia).
Bertrand de Born si vantava perché pensava di valere tanto che non pensava che gli servisse tutto il suo senno. E poi il Re lo
prese e quando l’ebbe preso gli disse: “Bertrand ora vi servirà tutto il vostro senno”.
Lui rispose che aveva perduto tutto il suo senno quando il Re giovani morì. Allora il Re pianse per suo figlio e lo perdonò
(Bertrand)e lo vestì e le dette terre e feudi. E visse a lungo nel secolo (nel mondo) e poi si fece monaco nell’ordine
circestense. E qui troverete dei suoi sirventesi.
Declinazione di fraires: la declinazione francese è identica ma ha una piccola differenza fonetica, perché il francese A tonica
in sillaba libera palatalizza in E, e il nesso TR si semplifica nella sola R e non rimane la yod come in provenzale.
Mot bons= ottimo
In latino volgare tutti i comparativi e superlativi sintetici del latino classico sono stati portati comparativi e superlativi
analitici.
I COMPARATIVI

Altus grado positivo


Altior=grado comparativo di maggioranza al nominativo secondo la terza declinazione (comparativo
maggioranza) es. Marco è più alto di publio = Marcus altior est publio
Altiorem all’accasutivo
Altioris al genitivo
Altiori al dativo

Il superlativo assoluto è Altissimus e si declinava secondo la seconda declinazione. Si fa con-issimus e anche in italiano il
superlativo in -Issimus è un recupero colto, nel medioevo si usava poco. Il superlativo in latino volgare veniva fatto con
Multum+l’aggettivo (mot bons e muy bueno in spagnolo).
Il superlativo in issimus si declinava invece come un aggettivo della prima classe, ovvero la seconda declinazione per il
maschile e la seconda per il femminile. Il latino volgare fa fuori entrambe le forme sintetiche: la prima altior che non si
applicava agli aggettivi in us-eus-ius. Questo è il primo modo in latino di fare il comparativo di maggioranza, cioè estendere
magis dagli aggettivi in eus –us-ius a tutti gli aggettivi. A quel punto non si disse più altior, altiorem, altioris, altiori ma si
disse magis altos. Magis è invariabile perché è un avverbio.
In spagnolo “più alto” si dice “màs”, in romeno” mai” e con questo si ha una dimostrazione della teoria delle aree laterali
(legge della linguistica), ovvero che le aree alterali (Dacia, area iberica) conservano forme più antiche del centro, perché in
una seconda fase a magis si è affiancato “plus” e si è cominciato a dire anche plus alto. Però la fase risale a quando ormai si
è perso il contatto con la Dacia e si è allentato quello con la penisola iberica verso il VI/VII secolo il centro cultuale si è
spostato
da Roma alla Gallia e soltanto l’asse italiano e gallo romanzo assorbe bene questa novità. Appunto in area galloromanza e
in area italiana si continua non magis ma plus (la seconda novità).
I comparativi di maggioranza moderni derivano esclusivamente dalle forme analitiche del latino volgare e insieme alla
teoria delle aree laterali si verifica un’altra legge teorica della linguistica: la teoria delle onde, perché le innovazioni si
diffondono dal centro alle periferie come le onde che si diffondono a un sasso lanciato nell’acqua (sempre più deboli
quando arrivano ai margini).
Il superlativo assoluto era in -issimus che in latino volgare viene sostituito con avverbio aggettivo. L’avverbio più frequente
è multum, quello che sopravvive nella penisola iberica e in occitano. Invece in francese "bonissimo “si dice “très bon”. Très
viene da trans (oltre).
Le sole due lingue che ripescano il superlativo sintetico sono l’italiano e lo spagnolo.
Dante lo vede nell’inferno, con la testa a lucerna, separata dal corpo per la legge del contrappasso. Bertrand ha appoggiato la
ribellione del figlio al padre, quando morì il re giovane fu uno di quelli che lo pianse in versi, scrisse un sirventese per
commemorare. La tradizione gliene ha attribuito un altro: manoscritto T. Quello di oggi, fine del ‘300, discende da una
tradizione, note a Dante e ai siciliani. Questo pianto deve aver circolato per molti anni, avendo tre attribuzioni divergenti, si
ritiene anonimo, qno legato alla corte Plantagineta.

ira:dolore
se tutti i duoli e i pianti e le
infelicità, i danni
che mai si siano sentite in questo mondo che arreca dolore
sembrerebbero tutti leggeri
rispetto la morte del giovane re inglese
per il quale rimangono gioventù dolorosa
il mondo oscuro e tenebroso
privato di ogni gioia, pieno di tristezza e di dolore.

tutti cas sujet


dolenti tristi e pieni di afflizione
sono rimasti i cavalieri cortesi
sono rimasti tutti i cortesi a corte,
che ha tolto loro il giovane re inglese,
verso il quale erano avari i più generosi; larc:generoso
giammai ci sarà, che non crediate che ci fosse prima,
in confronto a questo danno
motivo di lutto e di dolore paragonabile a questo danno
anc: mai
captivus:infelice
apax: ‹àpaks› (meno corretto àpax) s. m. [traslitt. del gr. ἅπαξ, ellissi della locuz. ἅπαξ λεγόμενον o anche ἅπαξ
εἰρημένον «detto una volta sola»]. – Parola o espressione che ricorre una sola volta in un testo, in un gruppo di te- sti o
nell’intera documentazione di cui si di- spone per una lingua

Morte sterminatrice, piena di afflizioni,


ti puoi vantare che hai tolto al mondo
il miglior cavaliere che mai ci fosse di qualunque popolo,
perché non c’è nulla che serva al pregio
che tutto non fosse nel giovane re inglese;
e sarebbe meglio ( condizionale dal piucherp) se a Dio piacesse la ragione,
che vivesse lui che molti altri fastidiosi che
non procurano ai valorosi se non dolori e cruccio.
chavaler: occitano non palatalizza la c davanti a H, Bertrand limosino potrebbe averla palatalizzata. usuale trovare alternanza
tra can e chan.

se amore se ne va da questo secolo breve pieno di afflizione,


io considero vana la sua gioia perché non c’è nulla che si rivolta in menzogna,
tutti i giorni diventa più vile (costa meno)
ciascuno si miri nel giovane re inglese che era il più valente dei re al mondo
ora la sua bella persona che ispira amore è andato,
per cui c’è dolore sconforto e cruccio.

celui: dativo preposizionale


qe: caso retto per l’obliquo
a colui al quale piacque per la nostra afflizione
venire nel mondo per trarsi di impaccio
e ricevette la morte per la nostra salvezza,
in quanto signore benigno e giusto,
io chiedo pietà perché perdoni al
giovane re inglese
dal momento che lui è vero perdono e lo
faccia stare tra adorati compagni là
dove mai ci sarà dolore e cruccio.
ac: passato remoto
umile: benigno riferito a un sovrano
clamar merzé: invocare pietà
plaz: assimilato, latino volgare
hondraz: da noia incontro R L che si crea una sincope con la parola quadrisillaba obbligatoria in galloromanza, in quale paese
da noia: epentesi di consonante occlusiva con punto di articolazione vicino alla b come
hominem=hombre: homne sincope, regge anche la forma hominem: si è dissimilata la seconda nasale, epentesi di B, punto di
articolazione simila alla M come camera: chambre
Dante la conosceva, cit canto 28, ma poche probabilità di essere di Bertrand: esiste un altro pianto che si trova in molti più
manoscritti tutti salvo questo, adespoto, acefalo, senza inizio,
lezione 17
manoscritti veneti molto pochi
i libri a stampa imitavano i manoscritti: questi venivano smontati
incunaboli: libri stampati tra l’invenzione di Guttemberg e il 1501
con il rafforzarsi del dibattito sulla questione della lingua, che riguarda tutta l’Europa, anche l’Italia, di sentirsi unitaria anche se
non lo è, ha cominciato a guardare al fiorentino colto come lingua di prestigio:
apparte il C, sono italiani, del 13/14 secolo
tutti favorevoli ad attribuire a Bernard
trascrizione
1183 giugno
termino il mio canto con dolore e sofferenza
per sempre per l’eternità lo considero fermato,
perché ho perduto la mia ragione e la mia gioia
nel miglior re che nascesse di madre,
ampio e generoso a parlare,
il dolore che mi opprime
perché ne parlo
lo raccomando a dio affinché lo metta nel luogo
dove sta proprio San Giovanni.
15 Re di tutti gli uomini cortesi
e imperatore dei prodi saresti stato,
se aveste vissuto di più
perché avevate avuto il nome di “Re Giovane”
ed eravate guida e padre di Gioven
etimo di chan: canto: cantus,-um: viene da cantum
fenis: finisco
incoare:
ab: com, viene da apud con il rafforzativo si ha poi “avec” con lenizione
area iberica e italiana mantiene cum: con si è attualizzata la dentale
maltraite: star male, sofferenza
car: qua re
razon: rationem
gauc: gaudium: in occitano
i vassalli danno del voi ai signori
reis: vocativo
gaudia: fr.joie
musica da Peire, famoso cantore all’epoca
isoglossa:
● trattamento di A tonica in sillaba libera
occitano:mare
francese: mer palatalizza in E, femminile
● conservazione del dittongo AU in occitano che in francese e spagnolo diventa O
area Borgognona ai limiti del franco-provenzale, abbazia di Cluny: produzione di tanta lirica, nasce in ambiente paraliturgica
partivano da lì e si portano dietro i testi
questo joi può essere originario dell'estremo est zona Borgognona
da rationem a razon: palatalizzazione
nesso TJ : affricata palatale sonora o affricata dentale sorda
el: preposizione articolata
meillor: compl.oggetto
reis: regem: re in italiano
nasques: congiuntivo piucheperfetto latino
larc: largo, generoso
cavalcare: andare in battaglia
faiso: bell’aspetto
umiltà: benignità
tanto credo che mi destregna: costringere/opprime
emperaire: da emperador in sp
Enrico II: morto a 30 anni, valoroso cavaliere
joven: joventutem: troppo povero rispetto al lessico trobadorico: inteso come insieme di virtù e qualità sia fisiche che spirituali
pan: panni, registro bellico, abiti
retener: quando il signore ti prende sotto la sua protezione
faig: esito palatalizzato fino alla fine
fait
hecho: spirantizzata, dileguata nello spagnolo moderno
acuillir: infinito sostantivato
30 accogliere con grazia e donare senza cambiare idea,
e belle risposte e siate il benvenuto,
e avere una dimora ospitale e ben tenuta/amministrata con la cortesia
doni
garnins: equibaggiamento da nobiluomo
il vestito nel medioevo è multistrato
il trovatore canta accompagnandosi con la viola - viella francese (viuola/viele medievale) (viola del trovatore diversa dalla viola
che sta in orchestra ). viola o liuto erano i modi di raffigurare il trovatore (chitarra- più piccola della nostra- manico a falcetto)
la musica ascoltata seduti in poltrona è moderna
metre ballano, cantano
carola: ballo tondo
compagnon: cas regime
meillor:maillier da melior: è uno dei pochi comparativi sistetici mantenuti nelle lingue romanze
tener ab: restare con
voglio che tutta questa roba vi accompagni
così che si conservi per il secolo(mondo) ingannatore
a causa dell’animo infausto(mal astruc:disgraziato)
che non ci ha mostrato bel sembiante
43che tutti vi avevano scelto come migliore re che mai portasse lo scudo
e il più ardito miglior cavaliere in torneo;
nomi in ator al nominativo: tornegiaire: tornegiador
47 al tempo di Rolando,
né prima né dopo,
non si vide nessuno così valoroso
né tanto bellicoso,
del quale la lode
tanto si sparge per il mondo
nè così lo rianimi
anche se uno(chi=quis) lo vada cercando
d’appartetutto accuratamente
dal Nilo all’Estremo Occidente
estremo occidente: Gibilterra
genitivo apreposizionale senza di/de: solo con nomi propri, alte cariche

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