La Romania antica
studio delle lingue romanze (analitiche) a partire dal latino volgare: sintetica e flessiva.
Romània è una parola basso-latina, designante le terre in cui si parla latino (1a attestaz. del termine:
IV sec.). I Romani erano quelli che parlavano latino, mentre gli altri erano barbari. Anche i Greci che
dominavano Ravenna erano detti Romani, in opposizione ai Longobardi (Pavia) e ai Franchi. Viene
anche coniato un nuovo aggettivo, romanicus (Roma : romanus = Romania : romanicus), dal cui
corrispondente avverbio romanice filtrato dal francese antico romanz deriva, come si è detto, l’it.
romanzo. La Romania è il territorio in cui si parlano lingue romanze, diretta continuazione del latino.
Nel IV secolo d.C., con Romània si intende tutto il territorio conquistato dall’Impero, che ha imposto il
latino. Roma godeva di un forte prestigio, chi nasceva nell’area iberica era contento di diventare
romano.
La Romania è divisa tra occidentale o orientale.
● Romania perduta, nel 116 d.C. l’Impero raggiunge la sua massima espansione, ma già dal
secolo successivo inizia a perdere territori, come quello della Dacia, che rimane isolata e
subisce l’influenza delle lingue slave. Il rumeno segue per questo un’evoluzione morfologica
diversa rispetto al resto della Romania.
● La parte greca non viene latinizzata perché la cultura romana (e quindi latina) stessa si
costruisce da quella greca
● La parte nordafricana era profondamente latinizzata, c’erano tra le migliori scuole di filosofia
dell’Impero, ma questa cultura latina viene spazzata via dalla conquista araba.
● Nel territorio basco, un tempo certo più ampio si parla una strana lingua non indoeuropea,
molto arcaica; non è mai stato latinizzato.
Occitano
Catalano
portoghese cabra
Francese chèvre
medievale: chievre:
1. palatalizzazione di C davanti A: affricata palatale sorda [cdolce]
2. passaggio di A tonica in E, palatalizzazione vocalica= isoglossa tra francese e occitano
3. dittongo in IE rimasto fino al francese moderno
franco-provenzale: prende una fetta di svizzera, A tonica in sillaba libera non palatalizza
in francese, se preceduta da un suono palatale, dittonga in IE, tagliare= tailler. la A seguita da nasale: pane=pain
incunaboli= libri stampati prima del 1500, diffusione ha incoraggiato la standardizzazione della grafia per rendere
i suoni assenti in latino. le grafie medievali per i suoni palatali erano tantissimi nei manoscritti, alla fine zona per
zona se ne è cristallizzata una. Tante grafie sono state ricostruite dal latino: tempo= tien
alam: ele: ail falsa etimologia che è entrata nel Rinascimento
caput: chief= passate in inglese, conquista nel 1066 del duca di Normandia dell’Inghilterra
vocalismo atono: meno protette, ossia, più facilmente soggette a un fenomeno panromanzo, che è sincope
delle postoniche nei parossitoni
vocali finali, più resistenti, eccetto in francese che sono mute,
Romania occidentale: cadono le vocali finali
lenizione: velari palatalizza in J (spirantizzazione delle labiali e dentali)
amicam
Italiano amica, no sonorizzazione
cat.pt.occ. Amiga
Dante incontra nel suo viaggio tanti trovatori: nell’inferno tra i dissipatori di scisma, Fernand de Born: lo fa andare
nell’inferno con la testa in mano come lanterna.
Sortello da Mantova, trovatore provenzale: fustiga la tendenza alla litigiosità dei suoi concittadini: entra subito
come rappresentante di una politica giusta a differenza degli amici di Dante.
Firenze: una città più popolata dell’epoca
Pianto in morte di Plataz: rappresentazione dei regnanti
il sirventese è una canzone d'occasione o di attualità, con contenuti politici o piange un personaggio appena
morto, usa una musica di una canzone conosciuta
litigio tra Enrico il Plantageneto e Enrico il giovane: generoso e valoroso
muore giovane e viene scritto il pianto
Sortello lo scrive x Plataz, grande poeta dell’epoca
uno stemma fatto così significa che l’editore non è riuscito a trovare un solo errore di archetipo: ovvero un errore
che li faccia discendere da un unico testo di partenza.
guiza: germanismo
cuore in medioevo significa anche coraggio
tutte le doti di valore con la sua morte sono perdute
premiers: cas sujet con la S
opus est: bisogna
per so que: perciò
deseguentre: in seguito
pueys: poi
ben par: è ben evidente
lui obbedisce a tutto e x tutto alla madre
valens e bos: dittologia sinonimica, buono riferito ad un re significa
valoroso
er: relitto morfologico che rimane in francese solo nel verbo essere in alternativa alla forma analitica da ero, erit
In francese si distinguono 3 fasi:
1. 9 sec- anni 30 14 sec: lingua scritta ha la declinazione casuale
2. medio francese
3. francese moderno
Imperatore di Roma: tedesco Federico 2 di Svevia che prima di diventare imperatore fu re di Roma
comune di Milano vs Roma: 1237 battaglia di Cortenuova, vita da Fede
Enrico 2 Plantageneto più potente sovrano, ma con la salita al trono di Filippo Augusto. il suo successore, Luigi
VIII sposò la nipote di Eleonora d'Aquitania e di Enrico, in Castiglia, scelse Bianca. Si ritrovò vedova molto
presto, perché il padre morì durante la crociata. Descritta come donna terribile, con tanti amanti, in realtà era
molto religiosa e severa. Estremamente autoritaria e attaccata al figlio, che è sottomesso alla madre.
Chi è il Re inglese?
Il re inglese è il re d’Inghilterra. A quest’epoca, ha ormai perso moltissimi dei territori francesi, perché c’è stato un
momento nella monarchia inglese plantageneta (1237) in cui vi era Filippo Augusto I e i suoi due successori: prima per 3
anni c’è stato il figlio Augusto Luigi VIII e poi luigi IX, detto il “santo” perché fu fatto santo quasi subito la morte.
Con questi Re, i plantageneti hanno perso quasi tutta l’area galloromanza che avevano prima, perché Enrico II
plantageneto, nel 1152, aveva sposato la moglie stoltamente ripudiata del Re di Francia. Lei era Eleonora
d’Aquitania(duchessa), nipote ed erede di Guglielmo (il primo trovatore di cui si conservino poesie).
Questo è il ducato d’Aquitania all’inizio dell’XI secolo.
Già prima di Guglielmo il trovatore (nato nel 1071), il ducato d’Aquitania è enorme
rex, regis: maschile regolarizzato in volgare si parte dal
N. reis Npl: regi invece di reges
Questa è la situazione nel 1154: tutta la parte rossa è inglese, perché l’Inghilterra è stata conquistata da Guglielmo il
bastardo, detto ”conquistatore”e duca di Normandia, nel 1066.
Da allora, per 3 secoli, la lingua della corte è stata il francese: è per questo che il francese moderno è pieno di parole che
sembrano venire dal latino, ma che in realtà sono francesismi. La brevissima conquista romana ha portato soprattutto
parole della vita quotidiana (vino, muro). Il grosso delle parole neolatine dell’inglese è entrato nel XII secolo, fra la fine
dell’XI e l’inizio del XII secolo, all’epoca soprattutto della dinastia plantageneta. La dinastia plantageneta è tutta francese,
perché è un incrocio fra i Conti D’Angió e I Duchi di Normandia.
Nel 1154 quando Enrico II (il più potente dei plantageneti e il più importante dell’Europa
Occidentale) diventa Re, ha sposato Eleonora da ormai due anni e a questo punto tra quel che era suo (la parte
settentrionale) e quello che era di Eleonora, hanno quasi la maggior parte dell’area galloromanza.
monarchia plantageneta è la più potente d’Europa: tutta la parte rossa conquistata da Guglielmo il Bastardo
Durante il suo regno, Filippo Augusto iniziò anche la crociata anti-albigese per ordine del Papa, una repressione dei soli
eretici del sud, detti albigesi dall’alta concentrazione (la loro eresia era detta catara). In teoria era una guerra di conquista,
perché i feudatari del sud a cominciare dal Conte di Tolosa, sono vassalli del Re di Francia, anche se nella pratica erano
piuttosto indipendenti.
Con la crociata anti-albigese, i francesi riescono anche grazie alle astuzie di Bianca di Castiglia (vedova di Luigi VIII), che fa
una politica matrimoniale astuta: perché anche se sono vivi il conte di Provenza e di Tolosa nel trattato del 1229, la regina
di Francia gli lascia godere dei loro territori, la clausola è che nessun maschio erediti e che la maggiore delle figlie del conte
di Tolosa e del conte di Provenza sposeranno figli della regina.
Quindi fa sposare a un figlio minore la figlia del conte di Provenza, con la clausola che se avesse avuto figli maschi non
avrebbero ereditato. A metà del 200, tanto la Contea di Tolosa quanto la Contea di Provenza, con la morte dei due conti e
della chiusura del trattato di Parigi, passano direttamente sotto la corona. Allora si vede perché Sordello potesse prendere
in giro il Re d’Inghilterra nel 1237.
L’Inghilterra nel 1300: ha ancora la parte rossa. Non per caso si fanno guerra Inglesi e francesi.
Nel 1237 ormai la situazione è ridotta. Per questo Sordello ne approfitta, perché l’Inghilterra l’hanno vinta i francesi
settentrionali, che hanno anche conquistato il meridione (formalmente Il Re d’Inghilterra, nel XII secolo, sarebbe stato
vassallo del re di Francia, infatti uno dei primi motivi di malumore del Re Luigi VII, fu il fatto che Eleonora si fosse sposata
Enrico in fretta e furia senza chiedere il permesso al re
l’Inghilterra nel giro di 40 anni perde la gran parte dei possedimenti in Francia. Formalmente il re d’inghilterra
sarebbe stato vassallo del re di Francia.
Filippo Augusto: Crociata anti-albigesi, zona di Alby, eresia catara: nella pratica fu una guerra di conquista
lezione 11
Canto VII purgatorio
imitazione di Arnault, Dante riutilizza più volte la sestina
Cantica piena di letteratura, molti penitenti piangono e cantano. Nel sesto canto, con Sordello siamo ancora in
basso
Commedia: scritta nel 1303, ma impostata come se fosse stata scritta nell’anno del Giubileo, 1300.
Valletta dei principi: disposti come Sordello aveva scritto nel Placaz, regnanti del 30 del 1200
La legge della salita nel Purgatorio (40-63)
Sordello risponde che lui e le altre anime non hanno una sede fissa, ma è loro consentito vagare per il monte;
tuttavia ora il sole sta per tramontare e salire col buio è impossibile, quindi è bene pensare a dove trascorrere la
notte. Aggiunge che poco lontano ci sono altre anime separate dalle altre e, se Virgilio è d'accordo, li condurrà ad
esse. Allora Virgilio, pieno di meraviglia, chiede a Sordello di condurre lui e Dante al luogo che ha detto prima.
La valletta dei principi (64-90)
I tre si allontanano di poco e Dante vede che il monte è incavato sul fianco, ospitando un'ampia valletta; Sordello
spiega che in quel luogo conviene trascorrere la notte. Un sentiero obliquo li conduce sul fianco del monte, in un
punto a meno di metà dell'altezza della valletta, dove la natura si presenta rigogliosa e bellissima. L'erba e i fiori
sono di colori così vivi che vincerebbero sicuramente le tinte più preziose e raffinate usate dai pittori per
dipingere, come l'oro, l'argento, lo smeraldo. Lo spettacolo non è solo visivo, in quanto i fiori emanano un
profumo che mescola in sé mille odori soavi. Sedute sul prato e sui fiori Dante vede più di mille anime (i principi
negligenti) che intonano il Salve, Regina, non visibili fuori dalla valle. Sordello dice di non voler guidare Dante e
Virgilio giù tra gli spiriti prima del tramonto, ma che è preferibile osservarli da quel ripiano dall'alto, da dove li
potranno vedere tutti.
Non hanno ancora una pena vera e propria
anima lombarda: all’epoca non indicava l’attuale Lombardia, ma tutta l’Italia settentrionale
Ma vedi là un’anima che, posta
sola soletta, inverso noi riguarda:
quella ne ’nsegnerà la via più tosta".60
Venimmo a lei: o anima lombarda,
come ti stavi altera e disdegnosa
e nel mover de li occhi onesta e tarda!63
Ella non ci dicëa alcuna cosa,
ma lasciavane gir, solo sguardando
a guisa di leon quando si posa.66
Pur Virgilio si trasse a lei, pregando
che ne mostrasse la miglior salita;
e quella non rispuose al suo dimando,69
ma di nostro paese e de la vita
ci ’nchiese; e ’l dolce duca incominciava
"Mantüa..." e l’ombra, tutta in sé romita, 72
surse ver’ lui del loco ove pria stava,
dicendo: "O Mantoano, io son Sordello
de la tua terra!"; e l’un l’altro abbracciava. 75
Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di provincie, ma bordello!
Quell’anima gentil fu così presta,
sol per lo dolce suon de la sua terra,
di fare al cittadin suo quivi festa;81 allusione a Firenze
e ora in te non stanno sanza guerra
li vivi tuoi, e l’un l’altro si rode
di quei ch’un muro e una fossa serra.84
Cerca, misera, intorno da le prode
le tue marine, e poi ti guarda in seno,
s’alcuna parte in te di pace gode.87
Che val perché ti racconciasse il freno
Iustinïano, se la sella è vòta?
Sanz’esso fora la vergogna meno.90
Ahi gente che dovresti esser devota,
e lasciar seder Cesare in la sella,
se bene intendi ciò che Dio ti nota,93
guarda come esta fiera è fatta fella
per non esser corretta da li sproni,
poi che ponesti mano a la predella.96
aug :odo: audio: palatalizzazione di jod, in italiano in affricata palatale, nelle altre sonora, che in posizione finale si assorda o
direttamente jod
Conte di Champagne: valeva di più come conte che da Re: ebbe dei guai interni: Alice di Champagne la mise a tacere con una
grande somma: cedette tutto questo pezzo alla corona. Nel 1236 partecipò ad una grossa rivolta con l’intento di riprendersi la
contea, però gli andò malissimo e venne sconfitto. Nel 1234 era diventato re di Navarra
comitem: comte, comiti in latino in occitano diventa contes
da regis diventa res da regem a rei si arriva: cade la e finale, g palatalizza in gi poi in jod
chiusa moralistica
Al conte di Tolosa bisogna che ne mangi tanto, se si ricorda di quello che era solito possedere e quello che possiede ora; perché se con un altro cuore non rinviene la sua perdita, non mi pare che la possa ristorare con il
cuore che ha in sé.”
Il conte di Tolosa quando era molto giovane (15/16 anni) cominciò a dare seriamente del filo da torcere ai francesi dopo la battaglia di Miré; andò
personalmente in occasione del Concilio Laterano nel 2015 a vedere se poteva trattare col Papa perché gli sembrava di aver ricevuto un torto enorme ad
essere stato spodestato di un sacco di terre mentre lui di eretico non aveva niente.
gli andò male (le cose vengono raccontate in un romanzo molto bello chiamato “la canzò de la crozada” che ci racconta, probabilmente con gli occhi di un
testimone diretto, tutto quello che è successo fino più o meno alla fine degli anni 10 e ci viene descritto anche un ex trovatore che3 Dante mette in paradiso
per il suo impegno estremo nel combattere gli eretici è un trovatore che quando era attivo era chiamato Folchetto di Marsiglia e poi è diventato il Vescovo di
Tolosa “Folco”, era molto attivo come vescovo già nel 1215 ed è anche l’autore della seconda e più lunga parte della Crociata anti Albigese che è linguadociano
anti francese; non è solo per le canzoni d’amore che è salito al paradiso, sennò sarebbe rimasto con Arnaut.
Quindi, questo Conte di Tolosa ha combattuto per anni fino a che non scese personalmente il successore di Filippo Augusto giù e in tre anni bene o male l’ha
risolta e a quel punto il Conte di Tolosa diventò il principale interlocutore di Bianca di Marsiglia nel trattato capestro che lei gli fece firmare nel 1229 (era lui il
capo della resistenza ormai).
differenza tra home e hom: da cum a con
podium: poggio
ricor: grande potenza
soler: in tutte le lingue romanze si trovava al presente con valore di imperfetto
quar: perché
la: pronome femminile, cas régime
al di là del Rodano la N cade e non si mantiene
E il conte di Provenza bisogna che ne mangi, se si ricorda perché uno che vive diseredato (dopo aver perso la sua terra) non vale nulla affatto; sebbene con
grande sforzo militare si difenda, bisogna che mangi del cuore per il grave peso che sostiene
i nobili mi vorranno male di quello che dico bene,
ma sappiano con certezza che io li (los) apprezzo poco
come loro pregia me
bel ristoro, purché io possa trovare ristoro presso di voi ( non si sa a chi si sta riferendo)
metto a disprezzo ciascuno che non mi reputa amico.
conte di provenza: Raimondo Berengario IV: mezza strofa a regnante, questa la più delicata
Tutte queste parole potrebbero avere la “n” finale, nella lingua per esempio di Folchetto che è a est ce l’hanno (sove, ren,
capten, sosten), invece al di là del Rodano la “N” non protetta da una consonante cade e il copista che ha copiato questa
poesia evidentemente era uno di quelli che non la metteva.
Il conte di Provenza è Ramon Berenguer, ovvero Raimondo Berengario IV e con lui Sordello ha il guanto di velluto; è la
strofa più delicata; dedica mezza strofa a Regnante e lascia in coda il Conte di Provenza e mentre agli altri non ha detto
belle parole a lui sì.
Si°l sove la “L” è un altro pronome, mentre questo è un articolo in enclisi, l’uso grafico prevalso da un centinaio di anni, ma
non ovunque, è di marcare articoli e pronomi in enclisi in provenzale con un punto in alto; è una convenzione degli editori
moderni; altri editori non mettono nulla e attaccano la parola, altri mettono un trattino l’importante è farle vedere in
qualche modo soprattutto in lingue un po' difficili come il provenzale che mette in enclisi non solo il pronome come
l’italiano o lo spagnolo, ma anche gli articoli. quindi questo “si°l sove” è un dativo che però nella declinazione è sempre un
caré gim.
tahn: bisogna
en: da inde, particella pronominale
se si ricorda
l: pronome in enclisi, marcarli con un punto in alto in provenzale
oms: non avrebbe la S, ma i copisti nella fase più tarda, non conoscendo la coniugazione, appiccicano un sacco di esse
rei: cosa, rafforzativo di negazione, usato ancora in francese
fais: fardello
è talmente diffusa la cosa che la prima grammatica fatta per provenzali, però occitani, per imparare a comporre in occitano
quando ormai la lirica d’oc ha chiuso la sua parabola creativa che si suole in mancanza di testimonianze anteriori se non un
paio di frammenti lirici che risalgono agli anni 40 dell’XI secolo, fare iniziare col Duca d’Aquitania e Conte di Poitiers
Guillelmo, nato nel 1071 e più o meno dura 200 anni, alla fine del 200 la stagione creativa trovadorica è chiusa. anche
perché con l’ultimo quarto del 200 invece è molto avanzata la francesizzazione del meridione, la crociata anti-albigese si è
chiusa del tutto negli anni 40, nel 46 muore il Conte di Provenza, nel 49 muore il conte di Tolosa. nel 300 c’è una resistenza
culturale che si esplicita con la creazione delle accademie in cui si sforzano i colti per far sopravvivere la poesia in occitano
e di far sopravvivere la conoscenza della lingua per tutto il XIII secolo ancora di grammatiche di occitano ad uso degli
occitani non ne sopravvivono, mentre sopravvive, risalente all’epoca della grossa diaspora dopo il 1229 di signori e
trovatori dal sud della Francia, una, ovvero una specie di dizionario con nozioni di grammatica ad uso degli italiani e si
chiama “donatz proensalls” e l’ha scritto un certo Uc Faititz che vuol dire Ugo Scacciato che potrebbe essere la stessa
persona che inizia la tradizione delle VIDAS, ovvero Uc de Sainsirc che firma le vidas più antiche e probabilmente è stato lui
a iniziare l’usanza di accompagnare le sezioni antologiche dei canzonieri con notizie biografiche un po' addomesticate come
quella di Arnaut, il quale viene abbassato alla figura di giullare e viene sminuito
sminuito perché questo Uc de Sainsirc che è un trovatore anche lui è scappato dopo il 1229 abbandonando tutte le sue
terre, prima scappa in Catalogna e poi in Italia per sfuggire all’inquisizione, la quale è stata istituita anche in Italia e
dobbiamo stare attenti perché noi italiani ci siamo poco abituati alle scritture che vanno al di là della lettera anche perché
non siamo più abituati ad eludere nessuna forma di censura quando c’era una forte censura attiva la cui infrazione portava
conseguenze gravi per esempio anche sotto al ventennio fascista, chiunque era abituato a vedere dietro a canzoncine da
bambini allusioni ai gerarchi fascisti e l’autore di queste canzoni era bravo nel riuscire a nascondere queste allusioni,
l’autore noto di queste canzoncine era Mario Panzieriuna di queste canzoni era “la banda d’Affori” nella quale c’erano
molte allusioni al fascismo e chi viveva allora vedeva subito queste allusioni per prendere in giro i personaggi del fascismo.
dopo il fascismo Panzieri non ammise mai di aver scritto canzoni satiriche.
chi aveva vissuto la censura del fascismo le allusioni le coglieva subito e così chi leggeva poesie dei trovatori che a noi
sembrano poesie d’amore lisce ed era abituato a leggere tutto cercando significati allegorici (era proprio una forma
mentale che prendevano a scuola; il primo libro che leggevano era la Bibbia);
il metodo di lettura della Bibbia del Medioevo è il metodo che cerca i 4 sensi, ovvero è quello che spiega
anche Dante nella sua terza cantica del paradiso che per lui era quella più importante, anche se ora Dante è universale più
per l’inferno perché colpisce di più la visione antropocentrica dell’uomo moderno.
Dante dedica la terza cantica del paradiso a Can Grande della Scala e in questa cantica c’è un’epistola latina in cui spiega
come va letta e dice che va letta come si legge la Bibbia facendo proprio un esempio di un episodio della Bibbia; ogni cosa
che c’è nella Bibbia naturalmente deve essere stata vera essendo un libro sacro, ma anche le cose più terrificanti sono
successe per prefigurare qualcos’altro che deve succedere dopo, ed è in questo modo che si giustifica per esempio anche
un episodio di assassinio e adulterio commesso niente meno dall’antenato della vergine Maria, ovvero Davide che si
innamora di Betsabea che è sposata col suo generale Uria, molto più vecchio di lei, e lui lo manda in una missione
impossibile e lo fa morire e si prende la donna è stato scritto poi tanto sopra da parte di padri e dottori della chiesa nei
secoli: se Davide è figura di Cristo, Betsabea è figura dell’umanità e della cristianità della chiesa, Uria è figura della vecchia
legge ebraica da superare, gli va scappata l’umanità perché il popolo eletto non è più quello ebraico, ma arrivato il messia
che gli ebrei stanno ancora aspettando, allora ad Uria gli si può strappare la donna.
quindi, chi legge un testo nel medioevo, qualunque testo sia ha l’allenamento (l’epistola a Cangrande se non l’avesse scritta
Dante l’avrebbe potuta comunque scrivere lui, forma mentale è quella) a cercarci diversi significati ulteriori, anche nascosti
molto bene e particolarmente abituati a farlo come erano i censori sotto il fascio erano gli inquisitori all’epoca della
crociata anti-albigese o cmq della diffusione dell’eresia catara (la crociata anti-albigese viene bandita dal Papa nel 1209
perché ormai era un mezzo secolo che si era diffusa ampiamente l’eresia catara nel sud della Francia).
di fatto, la religione Catara, è un po' un doppio di quella cristiana per molte cose e tante allusioni che vanno bene per l’una
vanno bene anche per l’altra come noi abbiamo la personificazione della sapienza loro hanno una figura che si chiama
“intendimento del bene” che è sostanzialmente la stessa cosa.
l’inquisitore è sempre a scavare quindi e trovare indizi di allusioni allegoriche, simboliche e non ortodosse nelle poesie che
sembrano poesie profane lo sminuire l’autore di queste poesie, il portarlo dall’essere un chierico all’essere un giullare è
funzionale forse anche allo sviare l’attenzione degli inquisitori da quel che produce, una cosa prodotta da un giullare è
facilmente una cosa innocente e a senso unico di quanto non sia una cosa prodotta da un chierico quale Arnaut appare
nella prima parte della vida, perché ci si dice che è un “gentils om” ovvero un nobile che “amparet letras” le lettere sono la
letteratura latina e quella che si imparava a scuola all’epoca era in una piccola parte un canone di autori antichi pagani, per
lo più riletti per cercare di trarne un significato buono anche per i cristiani e poi un amplissimo catalogo di padri e dottori
della chiesa, mistici assortiti delle scritture, scritture da cui si partiva ed erano la lettura della scuola primaria.
e così anche quando parla di un altro trovatore presumibilmente chierico e nobile come Bernard de Ventadour che è pure
un trovatore dantesco, indirettamente perché Dante ne cita la sua canzone famosa nel Paradiso e proprio in un contesto
mistico per altro lo cita. anche di lui la vida firmata di persona da Uc de Sainsirc, si sforza di farne un personaggio di bassa
estrazione sociale.
“i nobili mi vorranno male di quello che io dico bene, ma sappiano con certezza che io li apprezzo poco quanto loro
apprezzano poco me”
le parole “baro/baronis” che è latino medievale voleva dire generalmente “nobile”, poi si è specializzata in alcune lingue
come l’italiano e il francese in un titolo nobiliare preciso, in spagnolo vuol dire “uomo”
Baro°m la “m” è un pronome personale in enclisi di prima persona, nella forma intera sarebbe “ne”.
Ls sta per “los”.
Pretz è la forma coniugata di “pregiar”.
“bel ristoro, purché io possa provare pietà presso di voi (non si sa bene chi sia questo personaggio, né se è un maschio o
una femmina o un’entità non umana), ‘metre a son dan’ è una espressione fissa: disprezzo ciascuno che non mi reputa
amico”
pronomi
verso 5: ieu soggetto
verso 7: dativo ridotto alla solo N in enclisi
spagnolo antico del 13 secolo, fortemente occitanizzato, pieno di pronomi in enclisi che nelle copie sono stati messi interi
perché nelle lingue galloromanze antiche potevano andare in enclisi tutti e due. lo spagnolo antico invece è pieno di enclisi,
di pronomi. e nelle copie più tarde (perché uno dei disastri della letteratura medievale spagnola, che innanzitutto comincia
molto più tardi); però all’epoca in cui viene scritto il pianto per Blacatz un po’ di letteratura spagnola c’è già. e soprattutto a
questi anni più o meno dovrebbe risalire per esempio la più importante delle opere in quaderna via (il libro di Alessandre).
e il libro di Alessandre (si legge aleshandre) per esempio, come il pressoché coevo di pochi anni posteriore forse libro de
Apolonio, ci è arrivato solo in copie molto più tarde.
E lo stesso succede con la maggior parte delle opere del principale autore attivo già in questi anni che è Gonzalo de Berceo.
tante volte i manoscritti antichi per certe opere sue sono addirittura andati perduti e si hanno solo copie 700esche.
E però, anche le copie spesso erano state fatte su manoscritti del 300, quando molti tratti della lingua spagnola più antica si
erano già persi; e soprattutto si era persa molta della influenza diretta del provenzale (perché appunto lo spagnolo antico,
lo spagnolo del XIII secolo come lo era l’italiano del XIII secolo letterario, era fortissimamente occitanizzato (alcune cose poi
sono anche rimaste, ma molte sono state cancellate).
In particolare lo spagnolo antico era ricco di pronomi in enclisi, che poi nelle copie sono stati rimessi interi, facendo saltare
la metrica. e dopodiche di copia in copia, chi cercava di riaggiustare la metrica non interveniva sul pronome che non gli
tornava che fosse in enclisi, ma tagliava altri pezzi. e così sono state distrutte molte opere letterarie.
-IEU: è un pronome personale soggetto. mentre oggetto è ME (trovato alla fine).
conservazione del latino nel genitivo e latino, si usa l’accusativo con tante proposizioni, già nel latino tardo, ma il sistema dei
pronomi regge di più. Nelle lingue moderne, si mantengono LO e GlI
forse pronominali dei pronomi personali
EGO: io jo je eu pt.
serie atona e serie tonica: in francese ci è stato il dittongo e in spagnolo è andata a ti
NOS: si è evoluta fino a jod: noi
in spagnolo: nosotros: nos otros: noi altri, sparito in italiano forma di rafforzativo
conmigo, contigo: cum mihi, cum tihi
aree laterali conservano di più tratti arcaici
in italiano antico, abbondanza di Gallicismi, le lingue letterarie del 200 è farcita di provenzalismi poi certi influssi possono venire
dalle dominazioni
la terza persona: si usava:
● is ea, id
● il dimostrativo ille, illa, illud
tendenza nel parlato a sostituire una forma del nominativo
Quindi, dall’accusativo ME: sono venute sostanzialmente forme uguali, toniche. oppure in qualche lingua la E ha dittongato
(per esempio in francese: era una E chiusa, e quindi ha dittongato libera in EI, poi in OU, poi UE, e poi OI (moi nella forma
tonica)
In qualche lingua la forma tonica è andata a MI, per esempio in spagnolo, e anche in occitano la forma tonica è MI. Mentre la
forma atona è ME (come in francese e come in spagnolo e catalano e come in italiano).
Il dativo in italiano da MI (mii) si riduce a mi (mi).
La seconda persona:
Era abbastanza simile: c’era TU come pronome soggetto (che si è conservato piuttosto bene) e TE come accusativo (sempre
con la e lunga, chiusa). Mentre qui si è distinto come con ME quando era sotto accento e quando non lo era. e c’è una serie
atona che è rimasta te invariata; e una serie tonica, che in alcune lingue si è invece modificata. ovvero:
in francese, come ha fatto la prima persona: c’è stato il dittongo .--> prima tei poi toi poi tuè (non so come si scrive) poi toi
e in spagnolo è andata a T distinta dalla forma atona te
quindi, il dativo TIBI è andato a TI.
LE DUE FORME PLURALI NOI E VOI:
noi e voi italiani vengono dal latino. (tutte le lingue romanze derivano dal latino, che poi nelle singole lingue romanze ci
possono essere degli elementi portate da altre per prestigio culturale o per dominazione questa è un ‘altra cosa. perché gli
elementi di altre lingue entrano in una lingua: nell’italiano e spagnolo antico c’era una sovrabbondanza di gallicismo, perché la
letteratura si è sviluppata molto prima in area galloromanza e tutti hanno imitato, a volte traducendo direttamente, la letteratura
di area galloromanza. dunque le lingue letterarie del 200, (perché la letteratura, altrove fuori dall’area galloromanza prima del
200 non prende il via) è farcita di provenzalismi in buona parte e di francesismi. poi certi influssi soprattutto lessicali possono
venire anche da lingue di origine diversa, durante una dominazione quando non sostituisce il dominatore la sua lingua a quella
del paese dominato, ma fornisce una grande quantità di voci lessicali soprattutto.
In genere le influenze, tanto di substrato quanto di superstrato, quanto di adstrato sono soprattutto concentrate nel lessico
Differenza tra substrato, superstrato e adstrato: sono tutte influenze però, come dicono le preposizioni latine..
● Substrato: sub significa sotto il substrato è quello che affiora in una lingua sommersa da quella che si è imposta con
una conquista.. per esempio il latino con l’espandersi di Roma si è imposto prima su tutte le altre popolazioni italiche,
poi ha sconfinato ed è andato a fondare colonie ( la prima per esempio è la provenza. la Provenza si chiama così
perché: Provenza in italiano corrisponde a .. (nella palatalizzazione si è detto che l’affricata palatale toscana, italiana
al di sopra della linea spezia rimini slitta come articolazione in avanti e diventa ts (e quindi provincia era la provincia
per eccellenza, una delle più antiche; la provenza è profondamente latinizzata da epoca molto remota. e quindi via
via che si espande l’impero sostituisce la sua lingua, in questo caso (anche perché ha un prestigio culturale roma, ha un
prestigio politico) e offriva bene o male la cittadinanza, il diventare cittadino romano alle popolazioni dominate, come un onore.
Tanti scrittori latini, che uno può pensare che saranno nati tutti a roma in realtà, non è così. tanti anche di età classica non
erano affatto nati a roma e ci sono venuti da provinciali come erano prima. -> perché diventare cives romanus, voleva dire
acquisire anche molti buoni diritti e, (a parte qualche sacca di resistenza a volte messa anche in parodia, come quella di
asterix: con i galli un po’ dovette resistere con la parte settentrionale, se lo dovette sudare cesare) ma bene o male appunto,
accolsero la cultura del dominatore. però il latino delle provincie, qualche cosa di diverso da quello di roma continuò ad averlo
e specialmente nel lessico. ed erano appunto influssi di SUBSTRATO. (e poi magari sono passati anche dal latino tout court,
perché indicavano cose che abbiamo preso da loro: i romani le brache non se le mettevano, la parola braca è un gallicismo??.
O anche il carro: la parola latina currus l’hanno presa dal latino di gallia
E così, il substrato è qualcosa che rimane di una lingua sommersa da una lingua dominatrice che si è imposta. di solito
l’imposizione non è quando qualcuno arriva solo con la forza ma deve avere anche prestigio. Tant’è che quando sono arrivati i
barbari, sono stati loro a prendere la lingua dei (o dai?) dominati, a prenderla come lingua di cultura e assorbire la cultura latina
prima, e poi anche la religione.
Super: significa sopra è quello che loro, dominatori germanici di zone comunque ex romane, hanno lasciato nel lessico. (il
francese per esempio è la lingua più ampiamente germanizzata perché era la terra dei franchi la Francia, però è a livello
eminentemente lessicale.
Le strutture grammaticali è difficile che vengano toccate, anzi, non ce n’è prova. e sono piuttosto discussi anche gli influssi
fonetici, per esempio c’è una teoria che vuole che la Gorgia toscana sia un lascito del substrato etrusco. Si oppone nettamente
a questa idea il fatto che nelle zone dove erano meglio radicati gli etruschi, la gorgia non c’è. La toscana meridionale la gorgia
non ce l’ha. di etrusco ci è rimasto tanto del lessico, il lessico teatrale per esempio è venuto in buona parte dal substrato
etrusco; che erano una razza di grandi canterini e ballerini e teatranti.
Ad: significa accanto. Questo invece per esempio è qualcosa che sta avvenendo a livello massiccio in italiano (altre lingue
resistono un po’ di più), ma l’italiano ha ceduto: con l’inglese. la lingua di qualcuno che si sente più prestigioso e dominante e si
comincia a prendere parole (perché anche a questo livello è sempre a livello di lessico, non è che abbiamo preso strutture
grammaticali dell’inglese o qualcosa di fonetica ma abbiamo preso lessico a volontà, che addirittura non facciamo nemmeno
più lo sforzo di adattare, come avrebbero fatto fino al secolo scorso).
Abbiamo visto quindi i diversi tipi di influsso di una lingua su un’altra.
PRONOMI PLURALI:
in latino la prima e la seconda persona plurale erano al nominativo NOS e VOS;
In italiano non è caduta. In questo caso si è evoluta fino a jod. (è una delle 2 strade che ha la S finale in italiano: o passa a jod;
o svanisce del tutto). nel caso di tre per esempio ,avrebbe potuto essere trei e alla fine è rimasto tre tronco. e nel caso di NOS
e VOS invece la forma grammaticalizzata è rimasta ed è rimasta voi e noi (per quanto non manchino esempi nella lingua
antica, anche delle forme tronche VO e NO).
Dove invece la s finale si conserva, naturalmente la trafila è più semplice. semmai è successo che il NOS latino in alcune
lingue, segnatamente lo spagnolo e il catalano, venisse rafforzato da un altro elemento: in particolare da ALTERI (al
nominativo) ALTEROS (all’accusativo): ovvero altri.
Noi ce l’abbiamo pure in italiano NOI ALTRI ma ha conservato l’idea del rafforzativo. non è diventato il pronome tout court.
Invece, in spagnolo nosotros e vosotros è la forma del pronome non più sentita come rafforzata.
Anche in catalano, c’è NOSALTRES E VOSALTRES;
E anche in francese se ne possono aggiungere altri, ma come in italiano è sentita ancora come un rafforzamento. Dopodiché,
c’è un altro tipo di formazioni sempre oggi tipiche dello spagnolo, mentre, in italiano per esempio sono rimaste come arcaiche o
dialettali, che è il rafforzamento con CUM.
Per esempio, se si prende ME e ci si aggiunge cum, in italiano viene meco che una volta era comune e adesso invece non lo è
più: è sentito come arcaico ed è rimasto semmai in dialetti meridionali. Ed è rimasto, specialmente dove c’è stata una
dominazione spagnola, perché il rafforzamento in spagnolo è stato doppio: nel senso che oltre alla parte dopo il pronome, il
cum ridondante è stato messo anche prima: e quindi ci si ritrova conmigo, contigo. tigo è il nostro teco con la sonorizzazione e
migo è il nostro meco.
Quindi conmigo e contigo; e così anche il portoghese conmigo e contigo e addirittura anche il portoghese con la prima e 2
persona plurale sono grammaticalizzati (da noi lo erano: meco, teco, nosco e vosco per con me, con te, con noi e con voi.
adesso invece sono caduti dall’uso.
Lo spagnolo e il portoghese, da brave lingue periferiche, alcune cose, benché l’evoluzione fonetica dello spagnolo sia più
avanzata di quella dell’italiano, a livello di lessico e a livello di qualche tratto morfologico si conservano cose più arcaiche da
noi poi superate.
Si sa che: Leggi linguistiche: le aree laterali conservano con più facilità tratti arcaici, rispetto alle aree centrali.
La terza persona è abbastanza complicata perché in latino si usavano più pronomi per il pronome personale: ovvero o si usava
il pronome IS EA ID; oppure il dimostrativo ILLE.
E da qui vengono buona parte dei nostri pronomi: ovvero dal dimostrativo ILLE ILLA ILLUD, è esattamente lo stesso che
hanno fatto gli articoli per questo le forme finali alla fine si somigliano.
Appunto, da ILLE
in italiano egli (il libro dice lui per far capire quale è la forma più diffusa moderna, perché lui non viene da ille. non vuol dire che
lui viene da ille, vuol dire che nella lingua parlata e ormai anche nella lingua scritta meno accurata, si è sviluppata e affermata
la tendenza a sostituire, con una forma che non veniva dal nominativo, la forma del nominativo. Adesso, EGLI, ELLA, ESSI ED
ESSE (essi e esse vengono non da ILLE ma da IPSE: IPSE IPSA IPSUM sono sentiti un po’ come arcaici e c’è una tendenza
che era già partita molto prima in francese alla unificazione del pronome.
lezione 13
Purgatorio canto 23
girone dei golosi
verso 10-12
filiole: vocativo alla latina con
vieni via ormai perché il tempo che ci è stato dato bisogna dividerlo tra i gironi che ci restano
rima composta
sono tutti pelle ed ossa, scema, ma non sono scheletri
omo: simile in scrittura al teschio
le occhiaie sembravano anelli che hanno perso la gemma
Ed ecco piangere e cantar s’udìe
‘Labia mea, Domine’ per modo
tal, che diletto e doglia parturìe. 12
«O dolce padre, che è quel ch’i’ odo?»,
comincia’ io; ed elli: «Ombre che vanno
forse di lor dover solvendo il nodo». 15
Sì come i peregrin pensosi fanno,
giugnendo per cammin gente non nota,
che si volgono ad essa e non restanno, 18
così di retro a noi, più tosto mota,
venendo e trapassando ci ammirava
d’anime turba tacita e devota. 21
Ne li occhi era ciascuna oscura e cava,
palida ne la faccia, e tanto scema,
che da l’ossa la pelle s’informava. 24
Non credo che così a buccia strema
Erisìttone fosse fatto secco,
per digiunar, quando più n’ebbe tema. 27
Io dicea fra me stesso pensando: ‘Ecco
la gente che perdé Ierusalemme,
quando Maria nel figlio diè di becco!’ 30
Parean l’occhiaie anella sanza gemme:
chi nel viso de li uomini legge ‘omo’
ben avria quivi conosciuta l’emme. 33
Chi crederebbe che l’odor d’un pomo
sì governasse, generando brama,
e quel d’un’acqua, non sappiendo como? 36
Già era in ammirar che sì li affama,
per la cagione ancor non manifesta
di lor magrezza e di lor trista squama, 39
ed ecco del profondo de la testa
volse a me li occhi un’ombra e guardò fiso;
poi gridò forte: «Qual grazia m’è questa?».
Mai non l’avrei riconosciuto al viso;
ma ne la voce sua mi fu palese
ciò che l’aspetto in sé avea conquiso. 45
Questa favilla tutta mi raccese
mia conoscenza a la cangiata labbia,
e ravvisai la faccia di Forese. 48
«Deh, non contendere a l’asciutta scabbia
che mi scolora», pregava, «la pelle,
né a difetto di carne ch’io abbia; 51
ma dimmi il ver di te, di’ chi son quelle
due anime che là ti fanno scorta;
non rimaner che tu non mi favelle!». 54
«La faccia tua, ch’io lagrimai già morta,
mi dà di pianger mo non minor doglia»,
rispuos’io lui, «veggendola sì torta. 57
Però mi dì, per Dio, che sì vi sfoglia;
non mi far dir mentr’io mi maraviglio,
ché mal può dir chi è pien d’altra voglia». 60
Ed elli a me: «De l’etterno consiglio
cade vertù ne l’acqua e ne la pianta
rimasa dietro ond’io sì m’assottiglio. 63
Tutta esta gente che piangendo canta
per seguitar la gola oltra misura,
in fame e ‘n sete qui si rifà santa. 66
Di bere e di mangiar n’accende cura
l’odor ch’esce del pomo e de lo sprazzo
che si distende su per sua verdura. 69
E non pur una volta, questo spazzo
girando, si rinfresca nostra pena:
io dico pena, e dovrìa dir sollazzo, 72
ché quella voglia a li alberi ci mena
che menò Cristo lieto a dire ‘Elì’,
quando ne liberò con la sua vena». 75
E io a lui: «Forese, da quel dì
nel qual mutasti mondo a miglior vita,
cinq’anni non son vòlti infino a qui.
Se prima fu la possa in te finita
di peccar più, che sovvenisse l’ora
del buon dolor ch’a Dio ne rimarita, 81
come se’ tu qua sù venuto ancora?
Io ti credea trovar là giù di sotto
dove tempo per tempo si ristora». 84
Ond’elli a me: «Sì tosto m’ha condotto
a ber lo dolce assenzo d’i martìri ossimoro
la Nella mia con suo pianger dirotto. 87
Con suoi prieghi devoti e con sospiri
tratto m’ha de la costa ove s’aspetta,
e liberato m’ha de li altri giri. 90
(la moglie pregando gli ha diminuito la pena)
Tanto è a Dio più cara e più diletta
la vedovella mia, che molto amai,
quanto in bene operare è più soletta; 93
ché la Barbagia di Sardigna assai
ne le femmine sue più è pudica
che la Barbagia dov’io la lasciai. 96
O dolce frate, che vuo’ tu ch’io dica?
Tempo futuro m’è già nel cospetto,
cui non sarà quest’ora molto antica, 99
nel qual sarà in pergamo interdetto
a le sfacciate donne fiorentine
l’andar mostrando con le poppe il petto. 102
Quai barbare fuor mai, quai saracine,
cui bisognasse, per farle ir coperte,
o spiritali o altre discipline? 105
Ma se le svergognate fosser certe
di quel che ‘l ciel veloce loro ammanna,
già per urlare avrian le bocche aperte; 78
ché se l’antiveder qui non m’inganna,
prima fien triste che le guance impeli
colui che mo si consola con nanna. 111
Deh, frate, or fa che più non mi ti celi!
vedi che non pur io, ma questa gente
tutta rimira là dove ‘l sol veli». 114
Per ch’io a lui: «Se tu riduci a mente
qual fosti meco, e qual io teco fui, desueti in italiano, presenti in spagnolo
ancor fia grave il memorar presente. 117
Di quella vita mi volse costui
che mi va innanzi, l’altr’ier, quando tonda
vi si mostrò la suora di colui», 120
e ‘l sol mostrai; «costui per la profonda
notte menato m’ha d’i veri morti
con questa vera carne che ‘l seconda. 123
Indi m’han tratto sù li suoi conforti,
salendo e rigirando la montagna
che drizza voi che ‘l mondo fece torti. 126
Tanto dice di farmi sua compagna,
che io sarò là dove fia Beatrice;
quivi convien che sanza lui rimagna. 129
Virgilio è questi che così mi dice»,
e addita’lo; «e quest’altro è quell’ombra
per cui scosse dianzi ogne pendice
lo vostro regno, che da sé lo sgombra». 133
incontro con Forese
Né ‘l dir l’andar, né l’andar lui più lento
facea, ma ragionando andavam forte,
sì come nave pinta da buon vento; 3
e l’ombre, che parean cose rimorte,
per le fosse de li occhi ammirazione
traean di me, di mio vivere accorte. 6
E io, continuando al mio sermone,
dissi: «Ella sen va sù forse più tarda
che non farebbe, per altrui cagione. 9
Tu te n’andrai con questo antivedere:
se nel mio mormorar prendesti errore,
dichiareranti ancor le cose vere. 48
Ma dì s’i’ veggio qui colui che fore
trasse le nove rime, cominciando
‘Donne ch’avete intelletto d’amore’». 51
(inizio di una canzone di Dante)
E io a lui: «I’ mi son un che, quando
Amor mi spira, noto, e a quel modo
ch’e’ ditta dentro vo significando». 54
«O frate, issa vegg’io», diss’elli, «il nodo forma derivata da video
che ‘l Notaro e Guittone e me ritenne
di qua dal dolce stil novo ch’i’ odo! 57
Io veggio ben come le vostre penne
di retro al dittator sen vanno strette,
che de le nostre certo non avvenne; 60
( Guittone scriveva in modo diverso da Dante essendo di 2 generazioni prima)
e qual più a gradire oltre si mette,
non vede più da l’uno a l’altro stilo»;
e, quasi contentato, si tacette. 63
tenzone: battle tra amici, in questo caso fra Giacomo da Lentini e Dante, gioco matematico, sonetto per divertire Federico II
quartine a rima alternata e terzine
da tropator
gli asterischi: forme medievali, etimo discusso
L’origine della lirica non è per strada, ma è paraliturgica
primo testo letterario creativo “la sequenza di Santa Eulalia”: 880 circa, prima testimonianza dell’esistenza scritta del francese,
l’orale già da tempo.
Concilio di Tours 813: questione lingua da usare nelle prediche: si accorgono di questo divario tra il volgare e il latino
si trovano grandi glossario per spiegare molte parole per i testi sacri, il clero meno colto non capisce più il latino
dittongo spontaneo solo in italiano e in spagnolo
toile fino al 12 secolo, la grafia non va più avanti
a fine 12
la A passa a un suono sordo che solo in francese moderno diventa muto
rivoluzione francese si decide di adottare tual
Il superlativo assoluto è Altissimus e si declinava secondo la seconda declinazione. Si fa con-issimus e anche in italiano il
superlativo in -Issimus è un recupero colto, nel medioevo si usava poco. Il superlativo in latino volgare veniva fatto con
Multum+l’aggettivo (mot bons e muy bueno in spagnolo).
Il superlativo in issimus si declinava invece come un aggettivo della prima classe, ovvero la seconda declinazione per il
maschile e la seconda per il femminile. Il latino volgare fa fuori entrambe le forme sintetiche: la prima altior che non si
applicava agli aggettivi in us-eus-ius. Questo è il primo modo in latino di fare il comparativo di maggioranza, cioè estendere
magis dagli aggettivi in eus –us-ius a tutti gli aggettivi. A quel punto non si disse più altior, altiorem, altioris, altiori ma si
disse magis altos. Magis è invariabile perché è un avverbio.
In spagnolo “più alto” si dice “màs”, in romeno” mai” e con questo si ha una dimostrazione della teoria delle aree laterali
(legge della linguistica), ovvero che le aree alterali (Dacia, area iberica) conservano forme più antiche del centro, perché in
una seconda fase a magis si è affiancato “plus” e si è cominciato a dire anche plus alto. Però la fase risale a quando ormai si
è perso il contatto con la Dacia e si è allentato quello con la penisola iberica verso il VI/VII secolo il centro cultuale si è
spostato
da Roma alla Gallia e soltanto l’asse italiano e gallo romanzo assorbe bene questa novità. Appunto in area galloromanza e
in area italiana si continua non magis ma plus (la seconda novità).
I comparativi di maggioranza moderni derivano esclusivamente dalle forme analitiche del latino volgare e insieme alla
teoria delle aree laterali si verifica un’altra legge teorica della linguistica: la teoria delle onde, perché le innovazioni si
diffondono dal centro alle periferie come le onde che si diffondono a un sasso lanciato nell’acqua (sempre più deboli
quando arrivano ai margini).
Il superlativo assoluto era in -issimus che in latino volgare viene sostituito con avverbio aggettivo. L’avverbio più frequente
è multum, quello che sopravvive nella penisola iberica e in occitano. Invece in francese "bonissimo “si dice “très bon”. Très
viene da trans (oltre).
Le sole due lingue che ripescano il superlativo sintetico sono l’italiano e lo spagnolo.
Dante lo vede nell’inferno, con la testa a lucerna, separata dal corpo per la legge del contrappasso. Bertrand ha appoggiato la
ribellione del figlio al padre, quando morì il re giovane fu uno di quelli che lo pianse in versi, scrisse un sirventese per
commemorare. La tradizione gliene ha attribuito un altro: manoscritto T. Quello di oggi, fine del ‘300, discende da una
tradizione, note a Dante e ai siciliani. Questo pianto deve aver circolato per molti anni, avendo tre attribuzioni divergenti, si
ritiene anonimo, qno legato alla corte Plantagineta.
ira:dolore
se tutti i duoli e i pianti e le
infelicità, i danni
che mai si siano sentite in questo mondo che arreca dolore
sembrerebbero tutti leggeri
rispetto la morte del giovane re inglese
per il quale rimangono gioventù dolorosa
il mondo oscuro e tenebroso
privato di ogni gioia, pieno di tristezza e di dolore.