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Linguistica Romanza

CONCETTO DI CAMBIAMENTO DELL’AREA ROMANZA E METODOLOGIE ATTRAVERSO IL TEMPO


Il passaggio dal latino classico al latino comune e poi agli idiomi volgari costituisce un cambiamento.
Quali sono gli elementi che ci fanno capire che queste lingue romanze sono affini? Come si è esplicitato il
cambiamento? → In quasi tutti i piani della lingua si è trattato di una DEFONOLOGIZZAZIONE “comune”, quindi un
indebolimento che coinvolge vari piani di una lingua e che si era già verificato con il passaggio dal latino classico al
latino comune e ancor più poi dal latino comune verso le lingue romanze. Segue un processo di
RIFONOLOGIZZAZIONE, che è quello che permette di vedere le affinità fra le lingue, in seguito al quale ogni lingua va
avanti per conto proprio.
es. nel vocalismo la defonologizzazione consiste nella perdita dell'opposizione quantitativa delle vocali latine lunghe e
brevi che si risolve con l’opposizione di timbro fra vocale aperta o chiusa (tutte le lingue partecipano a questi due
processi, ad eccezione di alcuni casi particolari come il sardo che perde ma non acquisisce questa opposizione di
timbro)
es. anche nel consonantismo si perde l'opposizione di quantità (ecc. italiano che la mantiene) e si formano consonanti
diverse per aumentare il numero dei fonemi
es. formazione del futuro: in latino il futuro era dato da amabam, quando però cadrà la M, ci sarà consfuzione fra il
futuro e il passato (amabo), per cui il futuro si rifonologizza introducendo espressioni perifrastiche ovviamente non
tutte utilizzavano la stessa (deveo, voleo, habeo). Si trattava però di metodo un po’ arcaico perché comunque si
utilizzavano le perifrastiche che nel latino già esistevano.
– Conclusione: ci sono riferimenti comuni per le strutture ma poi ogni lingua fa delle scelte proprie.

Il cambiamento quindi cosa è, la coesistenza di due forme, quella antica e quella innovativa, e poi l’incremento di uso
di una delle due.

INNOVAZIONE INNOVAZIONE BLOCCATA REGRESSIONE


la forma nuova va avanti innovazione in un certo numero di continuano le forme antiche
es.it. credebam diventa credevo parole dove rimane perché le nuove non hanno
per analogia con il presente es.sp. Diminutivi in illum: castellum, castellum, la forza di espandersi
poi dovrebbe essere castiellum, es.it. nessuno →nessuni,
ma per analogia con i dimunitivi che ciascuni → nessuno
terminano in itum, danno castillum, castilla es.fio. senza → sanza (Dante)
E breve > E aperta > IE > I → senza (Petrarca)

es.fr.ant. INN→REGR
E lunga, I breve > E chiusa > EI > OI > OE chiusa > OE aperta > OI, ma pronunciata WA
E ed I sono due vocali palatali, per cui c’era il rischio che si unissero, affinchè ciò
non avvenga si vuole mantenere il dittongo e l’opposizione fra lunga e breve

APPROCCIO ALL’EVIDENZA DELLA NASCITA DELLE LINGUE ROMANZE:


Prima della nascita delle lingue romanze si parla di approccio, successivamente si parlerà di metodologie.
Come ci si accorge della nascita di nuove lingue? Innanzitutto attraverso la CONSAPEVOLEZZA del fatto che esistono
due lingue e non due registri. Possiamo prendere come data di riferimento l'813, anno in cui si ha il Concilio di Tours, in
cui i vescovi decretano che le omelie debbano essere pronunciare nelle lingue che ormai stavano sostituendo il latino,
cioè le lingue romanze e germaniche. Questa consapevolezza è seguita dal riconoscimento dei testi volgari ma è ben
lontana dall'essere una LEGITTIMAZIONE.
Prima del metodo storico e degli strutturalisti ci sono stati circa 900 anni in cui non si è avuto un approccio scientifico.
Si comincia a interessarci durante il Medioevo e le prime descrizioni seppur poco descrittive e poco approfondite:
➢ Aristotele è il primo che cerca di descrivere alcuni aspetti della lingua
➢ gli alessandrini se ne occupano in rapporto con le opere di Omero
➢ nel II secolo a.C. realizza la prima grammatica e individua le otto parti del discorso: articolo, nome, verbo, pronome,
participio, avverbio, congiunzione, preposizione
➢ i latini, Donato in particolare, si rifanno a questa grammatica e si accorgono che, a differenza del greco, non è
presente l’articolo; per mantenere le “otto parti” aggiungono l’interazione
➢ i romantici non si accorgono che c’è l’articolo e continuano a seguire la grammatica di Donato (non c’è lo spirito
critico per notare il cambiamento nelle lingue romanze)
iniziano a nascere grammatiche per scopi pratici; uno dei maggiori è Raimon Vidal de Besalú, un occitano che scrive
“Razos de trobar” (= ragionamenti sul comporre poesia)
↓ ↓
da ‘rationes’ da ‘tropare’
Non è una grammatica originale perché continua a mancare l’articolo.
➢ Terrognino da Pisa scrive “Doctrina d’acart” (di accordo grammaticale), che viene erroneamente denominata come
“da cart”. Lo scopo delle grammatiche è sia pratico, sia estetico, come fa Dante con il “De Vulgari” quando cerca di
trovare un volgare illustre.

Per studiare il cambiamento facciamo riferimento a delle fasi scientifiche:


1) METODO STORICO-COMPARATIVO (primo approccio scientifico)
Con la fine del 1700, con la nascita del metodo storico-comparativo in linguistica si ha un cambio di mentalità.
Partendo dal fatto che tutte le lingue sono un'evoluzione dal latino, attraverso questo metodo che è induttivo si inizia a
comparare forme e parole di varie lingue romanze che avevano più o meno il medesimo tratto, allo scopo di cercare di
risalire a una legge fonetica e vedere la corrispondenza con la forma latina.
Questa cosa veniva fatta partendo dalle lingue romanze andando indietro, altrimenti non si capiva niente, a volte
accadeva che si scoprisse un anello mancante in questa evoluzione che in linguistica si segnala con l'asterisco.
Si vengono così a creare delle isoglosse, delle linee che uniscono tutti i punti in cui avviene un certo fenomeno e la
differenza fra i gruppi linguistici è data proprie da queste)
es. l'isoglossa che unisce tutti i parlari spagnoli è il dittongamento delle vocali aperte ma anche la sillaba impedita
(morte→muerte).
Ci sono dei filosofi in questo periodo che cominciano ad occuparsi di fatti linguistici in modo scientifico come:
- Humbold che si accorge che non si parla più di grammatica generale delle lingue ma di una struttura interna di
ciascuna lingua, quindi lingue che appartengono al medesimo ceppo e hanno la medesima struttura
- i fratelli Schelegel: August raggruppa le lingue in flessive e isolanti e Fridrich aggiunge le lingue agglutinanti

lingue in cui le parole sono


costituite dall'unione di più morfemi
fanno uso della flessione, quel procedimento il valore delle parole viene dato
per cui la posizione di una parola all’interno dalla posizione (cinese)
di una frase viene dato da un morfema

In questo periodo si viene anche a contatto col sanscrito (antico indiano) a causa dei possedimenti indiani
dell’Inghilterra che quindi entra a contatto con questa lingua e scopre delle affinità con la maggior parte delle lingue
europee occidentali. Il primo ad accorgersene è il giudice inglese Sir William Jones, però già nel 1580 il toscano Filippo
Sassetti durante un viaggio in India si era accorto di questo e aveva mandato delle lettere in Italia per dirlo ma che
arrivano solo nell’800→ per cui il merito è riconosciuto all’inglese.

2) GLI STRUTTURALISTI
Con lo strutturalismo vengono per la prima volta date delle spiegazioni ai cambiamenti, fra i principi che rivoluzionano
tutto ci sono:
•la lingua viene vista come un sistema per cui il cambiamento su un pianoi ha ripercussione sulle forme dello stesso
piano, poi da quel piano si passa ad un altro, è tutto legato
•si parla per le prima volta del concetto di fonema, distinto da quello di fonologia con particolare attenzione alla
fonologia diacronica: il cambiamento fonetico crea solo degli allofoni mentre il cambiamento fonologico dei fonemi
veri e propri. Questi cambiamenti possono essere uguali per tutte le lingue romanze oppure no.

Es. che non hanno rilevanza fonologica e sono allofoni, quindi modi diversi di pronunciare
-gorgia toscana: le occlusive P, T, K si aspirantizzano in alcune aree della Toscama creando degli allofoni
-spagnolo: B, V si defonologizzano e confluiscono in B ma con due varianti allofone

una occlusiva fricativa intervocalica (uva)


grafie diverse, stesso fonema
(basta, vino, hombre)
-francese: la pronuncia della R ovulare che si oppone alla R apicale, che probabilmente proveniente dalla corte,
da qualche difetto nella pronuncia che poi viene normalizzato.

Es. formazione nuovi fonemi


la I (o la E) atone diventano semivocale accanto a U
-FILUM FILIUM e si unisce alla consonante precedente (L), dando luogo
FILO FIGLIO al nuovo fonema GL
-KERVUM K + E, I → /ts/
CERVO diventa consonante affricata palatale in italiano, dentale in fr. antico

Es. nascita di una coppia di fonemi opposti (uno sonoro, uno sordo)
-MATAXA /S/ (sch)
MADEXA (sp.ant: prununcia MADASHA)
Rif. /S/ (sch)
-KL, GL, TL + i semivocale
MUGLIEREM → *MULIEREM →MOGLIERA →MUJER (muger) /ʒ/ (je)

3) SOCIOLINGUISTICA
Non è vista come una rivoluzione scientifica per ora, è solo un apporto a elementi già esistente.
Con la sociolinguistica si vanno a considerare oltre che i cambiamenti interni anche delle motivazioni esterne che sono
frutto del condizionamento dovuto all’influenza dei gruppi sociali che che hanno operato all’inizio cambiamenti di
parole, che poi acquisiscono una certa regolarità e diventano cambiamenti di langue.
esempio dittongo di E breve
it. fr. sp. port. lat.
SETTE SEPT SIETE SETE > SĔPTEM → SĔP/TEM sillaba impedita
TERRA TERRE TIERRA TERRA > TĔRRAM → TĔR/RAM dittonga solo lo spagnolo
PIETRA PIERRE PIEDRA PEDR > PĔTRAM→ PĔ/TRAM sillaba libera
PIEDE PIED PIE PE > PĔDEM → PĔ/DEM dittongano tutte tranne portoghese

1) si compara una stessa parola in differenti lingue


2) cosa si deduce in questo caso?
-Le parole con sillaba impedita non dittongano mai eccetto che in spagnolo
-Le parole con sillaba libera dittongano sempre tranne in spagnolo
= Per cui c’è una differenza fra i gruppi di parole che hanno la sillaba impedita e quelli che hanno la sillaba
libera.
3) quale formula ne proviene? Ĕ > Ę > IE (e breve che diventa e aperta, che in certi casi dittonga in IE)
4) Leggi particolari:
-t > assimilazione > d
-fr. tr > rr (la t subisce un processo di lenizione, cade e si assimila a r)
Non è sempre possibile arrivare alle leggi, vi sono delle eccezioni come le analogie, i prestiti, i cultismi e la metafonesi (influenza della vocale finale sulla
tonica).
-in catalano no dittongo (petram-pedra)
-in occitano dittongo avventizio dato da evoluzione di tr>ir (peira)
-in romeno la E diventa invece di IE, IA a causa della propagazione della vocale finale A (piatra)

esempio dittongo di O breve


it. fr. sp. port. lat.
MORTE MORT MUERTE MORTE > MORTEM sillaba impedita
NOSTRO NOTRE NUESTRO NOSSO > NOSTRUM
PUÒ PEUT PUEDE PODE’ > POTET sillaba libera
NUOVO NEUF NUEVO NOVO > NOVUM

1) Stessa situazione di E breve, l'unica differenza è che mentre E breve evolve in IE, la O breve che diventa UE ha diversi stadi di evoluzione:
-primo stadio: italiano (uo)
-secondo stadio: spagnolo (uo > ue)
-terzo stadio: francese moderno (uo, ue, oeu)

esempio di ē, ĭ, ō
it. fr. sp. port. lat.
TELA TOILE TELA TELA > TĒLAM
FEDE FOI FE FE > FĬDEM
FIORE FLEUR FLOR FLOL > FLŌREM
-ē, ĭ danno sempre e chiusa che poi dovrebbe dittongare invece dittongo solo in francese anche se la sillaba è libera
-anche ō dittonga solo in francese,
Cosa si deduce? Il dittongo delle vocali chiuse si ha solo in francese e in sillaba libera (dittongo alla francese)
fiore= dittongo avventizio per caduta di L
fleur=dittongo solo grafico

esempio gruppo KT
it. fr. sp. port. rum. lat.
OTTO HUIT OCHO OITO OPT > OCTO
LATTE LAIT LECHE LEITE LAPTE > LACTEM
NOTTE NUIT NOCHE NOITE NOAPTE > NOCTEM
FATTO FAIT HECHO FEITU FAPT > FACTUM
It: kt > tt (assimilazione regressiva), la o finale rimane, dove c'è u > o, caduta M finale
Fr: kt > it per infleunza del sostrato celtico, caduta M finale, chiusura di o in u, a resa E a livello fonetico
Sp: kt > ch /ts/, caduta M finale, f > h, a > e
Port: kt > it, a > ei
Rum: kt > pt, o > oa per influsso di e finale (propagazione)

esempio di EGLI
EGLI IL ÉL ELE < ĬLLE
-Spagnolo e portoghese va bene ĭlle perché sappiamo che ĭ > e
-Italiano e francese invece c’è stato un cambiamento in piu: *ĬLLĪ che verrà spiegato con l’analogia con QUĪ
In francese si aggiunge ancora un’altra cosa, dovrebbe essere EL ma questo è uno dei pochissimi casi di metafonesi per cui la I lunga fa chiudere la I breve e
invece di diventare E diventa I lunga

esempio del futuro


CANTERÒ CHANTERAI CANTARÉ CANTAREI < CANTARE HABEO
AIIO (la E diventa semivocale e palatalizza
la consonante precedente B)
-Non centra AIIO
ma viene O per
analogia con DO
-AR > E in fior.
AI: da AIIO=cadono le vocali finali IO (pronuncia E aperta)
E: non è A > E ma CANTARE AI: cade la E di cantare > CANTARAIO
Legge della controfinale: la vocale prima della tonica si comporta come la finale
CH: la velare c seguita da a palatalizza (non nell’area nordica)
CLASSIFICAZIONE E DOMINIO DELLE LINGUE ROMANZE

Per le lingue romanze è possibile una classificazione di tipo geografico, che tiene conto della variazione diatopica e
raggruppa le lingue in modo scientifico attraverso le isoglosse, raggruppate in:
- Lingue ibero romanze: gallego portoghese, spagnolo (lionese, aragonese..), catalano
- Area gallo romanza: francese, occitano, franco-provenzale + pittadino (non considerata proprio lingua)
- Area ladina: italiano, sardo, ladino, romeno
Un'ulteriore classificazione che si fa è quella fra Romania occidentale e Romania orientale, una divisione di tipo
morfologico: ad esempio abbiamo il mantenimento della S e la lenizione delle sorde intervocaliche che avvengono solo
in area occidentale.
Un'ultima classificazione è quella proposta da Renzi fra lingue più arcaiche (romeno e sardo) e lingue più innovative
(francese) sempre tenendo conto della classificazione geografica.

Le lingue romanze comprendono quattro grandi zone (Portogallo, Spagna, Francia, Italia) più alcune parti della Svizzera.
Sempre in area romanza vi sono però anche alcune lingue non romanze: il bretone in area francese, il fiammingo nel
Belgio, il basco in alcune province francesi e spagnole, il greco in Calabria e in Puglia, l'albanese sempre nell Italia
meridionale, il tedesco nel Veneto e in Val d'Aosta e infine l'ungherese in Romania.

Dal punto di vista della terminologia, la parola “romanzo” può indicare un aggettivo, e quindi tutto ciò che deriva dal
latino oppure un sostantivo e quindi un genere letterario.
In un primo periodo il termine Roma coincideva con il luogo, il termine Romanus con la popolazione e Romane era un
avverbio. Rispettivamente queste tre parole avevano tre valori: etnico, linguistico, politicoaveva valore politico, etico e
linguistico. → ROMA/ROMANUS/ROMANE
Successivamente ed esattamente nel V secolo, con l'espansione dei romani si cominciano a creare nuovi termini, fra
cui Romania, termine formato per analogia con Italia, Gallia che ha un valore politico; ancora Romanicus (alla maniera
dei romani) e Romanice, termine usato per esprimere la nuova lingua romanza (romanice parabolare).
Come si arriva, come è nato il genere romanzo?
Da ROMANICE > ROMANCE (caduta I post tonica) > ROMANTZ/TS > ROMANTS (formazione nuova consonante 'ts') >
ROMANT (cade la S) > ROMAN (la t finale in francese non si prouncia piu allora si toglie).
Inizialmente si identificava con il termine romanzo un testo di narrazione storica con qualche elemento immaginario
(per lo meno all’inizio); le prime composizioni sono da attribuire ad un autore normanno, Robert Wace, narratore in
ambito arturiano che scrive “Le roman de Brut” (1155) e “Roman de Rou” (1165), romanzo misto tra latino e volgare.
Il primo romanziere che inventa è pero Chrétien de Troyes, è a partire da lui che che si chiamarono romanzi anche le
storie inventate. La materia di queste storie inventate erano la Bretagna, Roma e la Francia.
Tappe dal latino al volgare

I° periodo → PROTOROMANZO (fino al V secolo): coincide con il periodo in cui avevamo il latino classico, con il
periodo in cui si fa uso del latino prima a Roma e poi anche nell’estensione del territorio di Romania.
Il latino era utilizzato non solo dagli scrittori ma anche normalmente (eccezione nel linguaggio colloquiale).
In questo periodo abbiamo qualche minima traccia di autori classici e preclassici (Plauto) e qualche testimonianza di
ignoranza. Fra queste tracce:
 qualche descrizione dei grammatici come quelle di Terenziano mauro e Corenzio che ci dano delle semi
informazioni come qualcosa riguardo il timbro aperto e chiuso delle vocale O ed E;
 tracce di autori classici o preclassici: Plauto nelle commedie per i dimostrativi usa ad esempio come base di
partenza del dimostrativo quello e questa, queste forme ECCILLUM (ekillum) o ECCISTAM;
 un'altra traccia minima è nell’uso abbondante delle proposizioni
 ignoranza nelle iscrizioni e nei graffiti, in particolare nei graffiti di Pomei
Esempi.
- a ND latino corrisponde NN (grondire > gronnire)
- a B latino corrisponde F (sibilare > sifilare)
- perdita M finale, U finale che diventa O tipico dell’italiano, AU si chiude in O o si riduce ad U, caduta
delle U fra K e L (coliclo < cauliculum) (oriclas < auriculas)
- passaggio di E ed I ad I semivocale (casium < caseum) (abiat < habeat)
- gruppo di RR che viene assimilato per il processo di lenizione della D, la labiovelare diventa velare e si
toglie U, cade la G perché vicino a vocale A e seguita da vocale palatale (qarranta < quadraginta)

II° periodo → SFASCIMENTO TERRITORIALE (476-813): ci sono avvenimenti storici che fanno sì che la lingua cambia
come la caduta dell’impero romano e le invasioni barbariche, in seguito a cui il latino non è più la lingua a cui tendere, ,
ma si sviluppano delle tendenze locali che cominceranno a differenziare questa lingua. Qui entra in campo anche
l’elemento del cristianesimo, anche questo influenza la lingua, perché introduce un lessico nuovo spesso proveniente
dal greco e semplifica lo stile; si fa carico lui di essere la lingua che unisce tutti i popoli.
Qui i testi a cui possiamo fare riferimento sono quelli del registro intermedio, vi sono elementi nuovi e sviluppati ma
ancora non parliamo di volgare.

III° periodo → SEPARAZIONE FUNZIONALE (813-XII secolo): periodo in cui si utilizza ancora il latino per il livello Alto
che però si perfeziona. Ci si accorge che non si parla più di due registri della solita lingua ma di due lingue
(bilinguismo).
Nascono le scriptae: sistemi grafici medievali in cui si tenta di rendere il parlato.
Si iniziano ad avere i primi testi romanzi.

IV° periodo → RIORDINAMENTO: una scriptae prevale sulle altre e diventa la lingua ufficiale. C'è un cambiamento di
approccio nel senso che tutti i volgari non sono più sentiti come modificazioni del latino ma come modificazioni di
quella parlata che ha raggiunto importanza.
I CARATTERI DELLE LINGUE ROMANZE

VOCALISMO TONICO
DITTONGAMENTO

Ci sono tre tipi di dittongazione:


1) dittongo spontaneo: avviene sempre in un medesimo contesto e in una medesima lingua; segue delle regole
-in sillaba libera ma non in in sillaba impedita (italiano e francese)---->PEDEM>PIEDE>PIED
-in sillaba libera e in sillaba impedita (spagnolo, romeno, vallone, friuliano)--->FESTAM>FIESTA>FIESSE (friul)
2) dittongo avventizio: accostamento di due vocali perché fra di loro é ad esempio caduta una consonante
3) dittongo condizionato: dalla vicinanza di una palatale
-condizionato da un fonema contiguo
-metafonesi: é un assimilazione a distanza che non provoca sempre il dittongo; é provocata dalla I lunga finale
(apertum-avierti in veneto antico). All'interno della metafonesi troviamo la propagazione tipica rumena che é l
anticipazione della vocale finale in sillaba tonica.
Nel francese e nello spagnolo ci sono pochissimi casi di metafonesi principalmente dovuti a -Ī finale:
Perfetti: es. FECI > fr. Fi(i)s / sp. Hiceàequivalenze tra spagnolo e francese
Pronome personale (solo per il francese) ĬLLE > *ĬLLĪ > il
Numerali V(IG) ĬNTI > fr. vingt (sia questo che quello sopra hanno la i invece che la e come dovrebbe esserci per
metafonesi) / sp. Véinte (l’accento prima era sulla i poi si è ritratto sulla vocale più forte).

La metafonesi si ha anche nei dialetti meridionali dovuta a I lunga ed U breve dove si oppone tutto il maschile a tutto il
femminile e settentrionali dovuta solo ad I lunga perché all’interno dei maschili viene ad opporre il plurale al singolare.
Per esempio, in veneto, le vocali chiuse si chiudono: OO > U, EEO > I. In veneto antico ragazzo si dice toso e plurale tusi.
Nel caso di Ǫ> UO e nel caso di Ę>IE. Nel meridione è molto diffusa la metafonesi, ci sono due tipi: la napoletana e la
ciociaresca. Nella ciociaresca abbiamo chiusura delle vocali chiuse e aperte: PLENUM e PLENI si oppongono agli esiti di
PLENAM e PLENE. In questi due ultimi casi si avrà CHIEN (piene, piena); Da PLENUM e PLENI si avrà CHIN (pieni)
mentre nella napoletana abbiamo dittongo in caso di vocali aperte, chiusura in caso di vocali chiuse. La napoletana dà
luogo ai dittonghi per esempio da VITELLO abbiamo VITIELL.

Fenomeno dell’anafonesi > avviene in fiorentino, e di conseguenza in italiano, riguarda il vocalismo (è un’evoluzione
condizionata del vocalismo). Da E chiusa si arriva a I, da O chiusa si arriva a U. Chiusura solo con un certo
condizionamento > N + i semivocale, oppure nasale + occlusiva velare (NC, NG).
Es: tînea > in italiano questa i rimane i, dovrebbe dare tenia (come è nelle altre lingue, come occitano, francese..),
invece dà tigna.
C’è anche qualche caso che ha subito poi una regressione > Sardinia, che secondo questa legge dovrebbe essere
Sardigna (esempio che troviamo in Dante), però poi siamo tornati a Sardegna.
Altri esempi, con nasale + velare > lingua (in latino aveva la i breve), che dovrebbe dunque dare lengua (cosa che
avviene nei dialetti: veneto, napoletano, ma anche spagnolo), però rimane lingua. Francese si comporta opposto
all’italiano perché abbiamo langue > apre, invece che chiudere.
In romeno abbiamo limba > con M o N le vocali si chiudono.
Es: ungula > abbiamo NG, non diventa onghia ma unghia. In francese infatti è ongle, in spagnolo e portoghese fa unha.
CONSONANTISMO
Dal latino al protoromanzo si ha una semplificazione > si semplificano ovunque, tranne che in italiano, l’opposizione di
quantità, dunque si formano nuove consonanti:
- Affricate palatali, sia sorde che sonore. /ts/ e /dz/
- Nasali palatalizzate (ñ)
- Laterali palatalizzate (t)
Delle fricative in latino si avevano solo la f e la s, pochissimo la v > tutte le altre sono di nuova formazione.
Modi per formare nuove consonanti:
1. K, G + E, I (affricate e fricative si formano dalla palatalizzazione di K e G)
Es: cervum (C velare) > cervo, in italiano non si vede la differenza di pronuncia.
K (velare) > K’ (intacco palatale) > /ts/
Es: gelum (G velare) > gelo.
G (velare) > G’ (intacco palatale) > /dz/

2. I semivocale iniziale
Es: iunio > giugno.

3. Consonante + i semivocale
Es: rationem > nesso T + I in italiano fa ragione (dunque affricata palatale sonora), invece in altre lingue, come
il provenzale: razos.
L + I semivocale che dà gl, però rimane così solo in italiano e portoghese; in francese e rumeno diventerà i. In
spagnolo antico era gl, testimoniato dalle glosse (L lunga che indica la L palatale) > evoluzione che però viene
assimilata con i gruppi KL e si avrà poi la formazione di nuovi fonemi.

4. Lenizione > deve essere messa in rapporto con la perdita di opposizione di lunghezza

5. Fatti particolari, riguardano solo tre lingue: per il francese il KA (che dà /(ts/ e poi /s/ fricativa), per il porto -
ghese i gruppi FL, PL, KL (stessa modalità del francese), per lo spagnolo il gruppo KT che dà /ts/.

In generale si formano prima le affricate, poi le fricative, le prime rimangono nelle lingue della Romania orientale. I pri -
mi tre casi danno l’affricata in italiano e rimangono così come sono (italiano non evolve molto), per le altre lingue ab -
biamo un’evoluzione e dall’affricata si passa alle fricative, in genere si formano delle fricative dentali (prima si ha lo sta -
dio delle affricate dentali).
Per quanto riguarda la lenizione: avviene solo nella Romania occidentale, dà luogo a varie forme che seguono una cer -
ta evoluzione > il primo stadio è la sonorizzazione, che però non danno consonanti nuove, perché P T K danno B D G
(stadio dell’occitano), il secondo stadio è più interessante perché dà le fricative -b- -d- -g- (in posizione mediana, si han -
no in spagnolo > ripa, vida, amiga), e poi il terzo stadio è quello del francese: spariscono.
Gli strutturalisti hanno rilevato che nell’area in cui si perde l’opposizione di lunghezza si ha la lenizione, invece nell’area
orientale non si ha questa lenizione, dunque la perdita di opposizione di lunghezza è la causa della formazione di que-
ste nuove consonanti.

Quelle cerchiate sono di nuova formazione: Cervum: > italiano → cervo (palatale, non si modifica), > rumeno → cerb
(palatale, non si modifica), > francese → cerf (/ts/ si semplifica in /s/), > portoghese → cervo, > spagnolo → ciervo (/ts/
si semplifica in una fricativa interdentale).
Graduale indebolimento del latino rispetto alle lingue romanze, che cercano di rifonologizzare, in modo parallelo, con
delle innovazioni comuni. Riduzioni nell’ambito nominale, riduzioni comuni che hanno una certa importanza, poi si
vede un’affinità di nuove formazioni (come per i dimostrativi, o per l’uso comune delle preposizioni, anche formazione
del futuro e formazione condizionale – 4 elementi importanti).

Riduzioni ambito nominale. Non sono probanti, sono individuali. Innanzitutto si ha la riduzione dei generi, perché il
neutro sparisce dappertutto (tranne in romeno, rimane con la terminazione in URI). Non c’è un modo comune per far
sparire il neutro > alcune lingue rendono i termini neutri come maschili, altre invece come femminili. Si perde anche il
neutro plurale > morfema in A è reso come singolare femminile nella Romania occidentale (ad es. da BRACHIA
abbiamo bras), nella Romania orientale invece abbiamo la formazione del femminile plurale (ad es. da BRACHIA
abbiamo le braccia). Ad es da GAUDIA abbiamo in francese joie (G che palatalizza), in italiano abbiamo gioia
(francesismo, forma francese adattata), in spagnolo abbiamo gozo, in occitano gaug (non palatalizza, lo fa in fondo).

Riduzione delle declinazioni. Si perdono quelle della quarta e della quinta, che vanno a confluire nelle altre
declinazioni. La quarta era formata da sostantivi femminili in US, che cambiano morfema, diventando della prima.
Quelli della quinta diventano anch’essi della prima > da FACHIAS abbiamo faccia. Le altre tre declinazioni rimangono, la
prima darà sempre risultati in A, la seconda in US, la terza è un po’ più varia.

Conseguenze a livello di declinazione:


Latino → italiano.
nom Murus Muri
acc Murum Muros

La M cade, quindi l’accusativo singolare perde il morfema.


La S cade, quindi il nominativo singolare perde il morfema.
Abbiamo dunque muru / muru al singolare → distinzione bicasuale che cade subito, perché non si ha più una vera di -
stinzione, poi la U diventerà O.
Al plurale abbiamo muri - muro → il secondo sparisce e rimane solo muri (morfema della -I importante per il plurale,
viene esteso anche alle parole della terza declinazione).
Ecco come si ha l’origine del singolare e del plurale dei nomi derivanti dal secondo caso latino → avviene per mutazio -
ne morfologiche.

Latino → francese (declinazione bicasuale con cas/sujet - nom e cas/régime - acc).


cas/sujet Murus Muri
cas/régime Murum Muros

La S finale in francese rimane, però cade la U in quanto atona → murs (cas/sujet singolare); la -S è tipica del cas/sujet
maschile francese, a tal punto che viene aggiunta ai nomi della terza declinazione, anche se non la avevano.
Al cas/régime singolare cade la M e cade la U → mur.
Murs - mur sono dunque due forme della declinazione singolare del francese antico → soggetto e complemento ogget-
to.
Al cas/sujet plurale abbiamo murī → cade la vocale finale, e diventa mur.
Al cas/régime plurale abbiamo muros → cade la O atona, rimane la S.
Mur - murs sono dunque due forme della declinazione plurale del francese antico.
È il caso di declinazione incrociata → bisogna appoggiarsi all’articolo per quanto riguarda la comprensione.

Terza declinazione latina aveva parole parisillabe con accento costante e imparisillabi con accento costante o mobile >
es: IMPERĀTOR / IMPERATÓREM. Italiano si prende il cas-régime e viene imperatore. In francese fa emperere (TR assi -
milato diventa R+E) / emperadour (lenizione di T in D) > emperadeur > emperéur (legge di Darmsteter).

La terza declinazione dunque varia a seconda della tipologia della parola latina.

Riduzione dei casi. I casi sintetici iniziano a cadere, per forza di cose si ha una rifonologizzazione uguale per tutte le lin -
gue romanze > uso delle preposizioni (inizialmente non si ha l’uso che ci aspetteremmo, ad esempio si ha A per il geni -
tivo*). *A che corrisponde al PE rumeno, lingue in cui in epoca alta andò persa la distinzione fra nominativo e accusati -
vo.
Abbiamo qualche relitto dei vocativi nei nomi di città. Comunque importante ricordare che tutte le lingue riducono allo
stesso modo (a parte il francese).
Hom: parola della terza declinazione latina, rimane di questa declinazione e non cambia, non aveva il morfema US ma
aveva varie uscite → in questa declinazione i nomi potevano essere parisillabi (vale a dire che hanno lo stesso numero
sillabe al nominativo e al genitivo) e imparisallabi (che possono suddividersi in parole con accento mobile e con accen-
to costante). Hom è una parola ad accento costante → non vi saranno molte variazioni:
HOM. provenzale: hom | fr: uem → viene aggiunta la S a queste forme, ma sono false ricostruzioni perché non sono
corrette, la S non dovrebbe esserci (sono tipo ipercorrettismi).
HOMINEM: la M cade, la I sparisce > homne, oppure homme. Dunque la parola “homme" francese non dittonga perché
deriva dal cas-régime.
Deriva dalla parola latina HOMINEM, in italiano si ha uomo, però si parte dal cas-sujet, in spagnolo si parte dal cas-régi-
me e si ha hombre (B consonante pentetica).

Dimostrativi.
Per quanto riguarda i dimostrativi, si ha un cambiamento che per certi versi è comune alle varie lingue, in latino vi era -
no vari pronomi (e aggettivi) dimostrativi impersonali, che poi cadono nelle lingue romanze:
- hic (questo, pronome e aggettivo, 1° grado di vicinanza),
- is (usato come pronome personale, dimostrativo con valore anaforico),
- idem (anche valore anaforico: stesso)
- iste (codesto, 2° grado vicinanza),
- ille (quello, lontano da entrambi, 3° grado vicinanza),
- ipse (anche valore anaforico)

(Studio degli strutturalisti) Nel passaggio dal latino classico al latino romanzo alcuni cadono per fatti fonetici, cioè hic,
is e idem scompaiono come dimostrativi ovunque, rimangono solo in qualche forma fissa che va a formare qualche av -
verbio di luogo. Conseguenza: si hanno degli spostamenti, paralleli a tutte le lingue romanze > is aveva il valore anafori-
co di pronome personale, che viene assunto da ille, in tutte le lingue.

Per quanto riguarda i dimostrativi di primo grado:


Iste/istum acquisiscono il valore di hic, vale a dire il dimostrativo di primo grado:
> sp → este: la I breve diventa E,
> port → este,
> ital meridionale → stu: aferesi della I iniziale.
Le altre lingue utilizzano i rafforzativi, cioè ecce, eccum, accum:
> ital → eccum + istum > EC cade, le M cadono, dunque abbiamo questo,
> rumeno → accum + iste > aqest o ast;
> franc → ecce + iste > isti (metafonesi provocata dalla I che fa chiudere la prima I di isti) > cist,
ecce + istum > cest (la I breve regolarmente diventa E).

Dimostrativi di secondo grado:


> spag/port/ital sud → ille resta di terzo grado, prende ipse, che voleva dire stesso e lo utilizza per il secondo grado, si
ha poi un’assimilazione regressiva e si forma la parola ese, in portoghese esso.
> ital → continua con istum > eccum + tibi + istum > codesto (la T sonorizza),
> le altre lingue perdono il concetto del secondo grado, non formano niente.

Dimostrativi di terzo grado:


Ille, quando is cade, assume in sé anche il valore anaforico, che viene esplicitato nella formazione del pronome perso -
nale, oppure in funzione di aggettivo diventa articolo (non esisteva in latino), che nella lingua antica poteva essere po -
sto prima o dopo della parola, come l’aggettivo.
Ille viene sempre associato alle particelle ecce, eccum e accum:
> ital → eccum + illum > quello, cade la prima parte e cadono le M,
> spag → accum + illum > aquello,
> fran → ecce + ille > illi > cil,
ecce + illum > cel.

Nel francese medievale, dunque, si hanno cist e cest, cil e cel → con una opposizione di significato fra le forme questo e
quello.
Cadendo la declinazione bicasuale e il cas/sujet, rimangono solo cest e cel → hanno una opposizione di significato, ma
non fra aggettivo e pronome. La perdita del cas/sujet porta ad una defonologizzazione e ad un cambio di status gram-
maticale, nel senso che cade l’opposizione semantica: cest diventa sempre aggettivo, mentre cel solo pronome → cel
poi cade e si parte da una forma del dativo del paradigma: celui.
Cest: cade la S → cet e cade anche la T nella pronuncia.

Formazione dell’articolo: l’articolo deriva da ille, illi o illum.


> it e fr vanno di pari passo → in italiano abbiamo egli, deriva da illi (analogia col pronome relativo quī) e non vi è la
metafonesi,
→ in francese abbiamo il, e si ha la metafonesi.
> sp, portog → el.
> rumeno → utilizza la posizione post-posta dell’articolo, stretto legame col latino, in cui gli aggettivi potevano andare
sia prima che dopo la parola, e gli articoli derivano dagli aggettivi.
> sardo → l’articolo deriva da ipse.
> guascone (lingua particolare dell’area occitana vicino ai Pirenei, questa lingua, come lo spagnolo, ha il passaggio da F
iniziale ad H, è una lingua influenzata dal sostrato acquitanico).
In questa lingua si ha il passaggio da LL (l lunga intervocalica) a R o a T → bella diventa bera, bellum diventa bet; dun-
que illa diventa era → articolo femminile, illum diventa et → articolo maschile.

Inizialmente ILLE ha un valore lessicale pieno, però sia quando diventa articolo, che quando diventa pronome persona -
le, perde questo valore e assume solo una funzione grammaticale.
> Ille come pronome: perde ulteriormente valore, perché diventa un elemento clitico, fisso (distinzione fra proclitici -
obbligatori prima, eclitici - obbligatori dopo, mesoclitici - obbligatori in mezzo → es: formazione del futuro e del condi -
zionale). Può diventare anche un fonema, es: vient-ti? → la T è la ripetizione del morfema verbale, la I deriva da Ille.
> Ille come articolo: segue la stessa strada, dopo essere diventato un elemento clitico, può diventare anche un fonema
(basta pensare alla formazione della parola francese lierre, cioè edera)
Univerbazione di Jakobson → elementi che diventano fonemi.
Prima fase: ILLE (forma piena, doppia: sia deittico che anaforico)
Seconda fase: grammaticalizzazione > pronome / articolo (quando diventa articolo nelle varie lingue si può accentuare
la prima parte o la seconda di ille, l’italiano ad esempio le accentua entrambe perché abbiamo sia il che lo*)
Terza fase: clitico (pronome diventa clitico, perde ulteriormente valore perché ha una posizione fissa, stessa cosa vale
per l’articolo)
Quarta fase: affisso (articolo diventa un affisso in rumeno, ogni tanto si postpone)
Quinta fase: fonema

*ille > illi > li (provenzale)


Illum > lo > le (francese)

Sardo: concorda con l’articolazione, prende il secondo grado di vicinanza da ipse (come per lo spagnolo e il
portoghese), però antepone eccum (+ipse) > cusse. Per quanto riguarda l’articolo > derivano da ipse, però la modalità è
sempre la stessa (sa come articolo).
Anche in catalano abbiamo sia la forma con ille che quella con ipse > di conseguenza anche in occitano, anche se
abbiamo più di un articolo, legato a varie zone, abbiamo quello che deriva regolarmente da ille (lo e la), poi abbiamo
questo, che deriva da ipse (so, sa, appunto deriva dal catalano, parlato nell’area del Rossiglione).
Area del guascone (acquitanico): L lunga finale o intervocalica che cambiano, diventando T o R > bella diventa bera,
bellum diventa bet. Secondo la stessa regola, da illum avremo et (che può essere anche palatalizzato, ottenendo etch)
e da illa avremo era.

Spostamento accento dal latino alle lingue romanze. Il latino seguiva la legge della penultima, secondo la quale,
appunto, l’accento cadeva sulla penultima sillaba della parola. Spesso le lingue romanze mantengono questa regola,
però vi sono anche delle affinità fra queste lingue perché a volte l’accento va avanti di una sillaba.
1) quando cade su una I che diventa poi semivocale (la I semivocale non può più portare l’accento, dunque si sposta in
avanti), in particolare nei suffissi in:
- ÍETE(M),
Es: paríetem > pariéte (da qui partono le lingue romanze):
> it: paréte (avrei dovuto avere un dittongo in quanto vi è una E aperta, breve e in sillaba libera, ma non si ha),
> sp: pared (avrei dovuto avere un dittongo, ma non si ha),
> fr: paroi (si ha un dittongo, che deriva dalla E lunga).
Da questi esiti si può notare che probabilmente vi è stato un cambiamento intermedio → ulteriore evoluzione dopo
pariéte, cioè par(i)ete, con la prima E lunga.
- ÍERE(M),
Es: mulíerem:
> it: mogliéra → U > O, la I semivocale va a fondersi con la consonante precedente,
> fr: muillér (antico),
> sp: mugér (antico),
> rom: muiére.
- ÍOLU(M),
Es: filíolum > filiōlum (l’accento va avanti):
> it: figliolo → /GLI/ è sempre la grafia per /L+I/; in italiano vi è anche figliuolo → appare il dittongo,
> sp: hijuélo → passaggio da F ad aspirata, la /J/ che deriva da /LI/ → appare il dittongo,
> fr: filieul (antico, adesso significa figlioccio),
> provenzale: filliol (non ha il dittongo).
- ÉOLU(M).
Es: faséolum (la E fra la consonante e la O diventa I semivocale) > fasiólu (si ha un passaggio intermedio, la I poi va a
modificare la S):
> it: fagiolo → la I va scritta solo per fatto grafico, in quanto la G è seguita da una vocale palatale; vi è anche il dittongo
con fagiuolo,
> sp: frisuelo → la R iniziale è un prestito dal catalano (frisól).

2) parole proparossitone che hanno nell’ultima sillaba un nesso formato da occlusiva + R (muta+liquida):
Es: íntėgrum:
> it: intero → dovrebbe esserci il dittongo (esiste anche integro, come parola dotta),
> fr: entier → parola volgare, dittonga (nelle altre lingue non dittonga, abbiamo solo lo spostamento di accento, dun-
que sono semidotte),
> sp: entero → parola semidotta, non c’è dittongo ma c’è lo spostamento dell’accento, dunque non è una parola com-
pletamente dotta.

Es: ténėbras:
> it: ténebre → parola dotta, non vi è lo spostamento dell’accento,
> sp: tiniéblas → parola volgare, sia spostamento dell’accento sia dittongo,
> fr: ténèbre → semidotta, abbiamo il passaggio di accento, però non abbiamo il dittongo,
> por: trevas → sembra un cambiamento di accento, ma non lo è poiché cade la sillaba dal latino.

Es: pálpėbras:
>it: palpebra → parola dotta,
>fr: paupière → volgare, spostamento di accento, nesso AL che diventa AU,
>sp: pálpebra → parola dotta.

3) nel caso in cui abbiamo un prefisso verbale, poiché il “re” nelle lingue romanze viene recepito come staccato dalla
base lessicale.
Es: ímplicat (IM poi viene sentito come separato dal lessema del vero, dunque l’accento cadrà sul implícat):
>it: implica → parola dotta, però abbiamo anche impiega.

Es: récipit:
> it: ricéve,
> fr: reçoi → I > E chiusa > dittonga in /wa/.

Vi sono delle eccezioni in cui l’accento si ritrae, spesso sono casi di verbi → nei perfetti, non in tutte le persone (2° sin-
golare, 2° plurale, 3° plurale).
Es: amavísti:
> it: amásti → si ritrae sulla sillaba precedente, e la sillaba post-tonica -vi- cade (resta atona ed è nella posizione più
debole); fase intermedia amauisti → U debole,
> sp: amáste,
> fr: aimás → si sviluppa una i perché c’è a nasale.

Vi sono tre tipi diversi di accenti, le parole, infatti, possono essere ossitone (acute), parossitone (piane) e proparossi-
tone (sdrucciole).
Non tutte le lingue hanno parole con i tre tipi di accenti, vi sono ad esempio l’italiano, il sardo, il portoghese, il catalano
e il castigliano che li hanno tutti e tre → anche se il catalano e il castigliano hanno poche parole proparossitone (in ca -
talano sono solo parole colte).
In alcune lingue, come il romeno, vi è anche il quarto accento, che cade sulla quartultima sillaba, ma è molto raro e
spesso si trova nelle parole che riguardano la toponomastica. Anche in spagnolo vi è il quarto accento → solo sulle pa -
role composte: diciéndoselo.
Vi sono addirittura lingue che hanno solo due accenti (parole ossitone e proparossitone), cioè l’occitano, il ladino e il
francese antico.

Es, FRAXINUM > in italiano fa frassino, in spagnolo è fresno (F rimane perché c’è la rotata, passaggio da A a E), in
italiano è frêne.
Es, DODECEM > in italiano fa dodici, in spagnolo fa doce, in francese è douze. In rumeno non si può contare perché
prende la formazione dell’albanese e del bulgaro.

Futuro.
Il futuro latino cade, a volte per collisioni omofoniche, a volte per motivi fonetici. Romeno usa volere, sardo usa
dovere, italiano usa avere, l’altra differenza sta nel fatto che queste due lingue non operano l’inversione e dunque
mantengono l’espressione perifrastica.
Alcuni clitici possono essere inseriti all’interno delle parti in cui si può comporre il futuro, con la finalità di formare
espressioni perifrastiche. Nel momento in cui nascono le lingue romanze si forma un nuovo futuro, che ha origine da
queste strutture perifrastiche che originano dal latino, le quali non indicavano solo il futuro ma avevano delle sfumatu -
re diverse, come la funzione volitiva, deontica, ecc.
Il sardo, per il futuro, utilizza il dovere, il rumeno utilizza il volere, le altre lingue romanze utilizzano l’avere.
> 1° fase: habeo cantare.
> 2° fase: si iniziano ad inserire preposizioni in mezzo → habeo de cantare.
> 3° fase: si iniziano ad invertire, cade la preposizione → cantare habeo.
Ci vuole tempo prima di giungere alla forma sintetica, poiché prima si ha la forma perifrastica, dunque una fase inter -
media in cui il pronome personale viene messo in mezzo fra le due parti → legge di Tobler-Mussafia, regola l’uso dei
clitici, nel senso che in tutte le lingue medievali un clitico non poteva stare all’inizio della frase, non poteva precedere il
verbo quando era all’inizio di frase (vale anche per E, O, MA → non si può dire e lo vedo ma e vedolo), è una forma en-
clitica.
Il pronome personale va in coda al verbo → però nel caso del futuro, per non mandarlo in coda, si cercava di anticipar -
lo e veniva messo in mezzo alle due parti di cui si compone questo futuro: lo vedrò → vedrollo, ma è meglio veder-lo-
ho perché altrimenti il pronome personale viene mandato troppo in fondo → resta dunque la forma perifrastica col
pronome nel mezzo → meccanismo di tmesi (significa “tagliare”).
Questa è una variante ibero-romanza, infatti in questa area si mantiene più a lungo, in spagnolo (lingua in cui serviva
quasi a sopperire all’imperativo futuro) arriva fino al XVIII secolo, addirittura in portoghese questo fatto è ancora pre -
sente, in occitano è stato presente a lungo → è più una forma di propagazione, essendo una lingua a metà fra il france -
se e lo spagnolo (a volte viene corretto da alcuni editori con un participio passato, poiché non si comprende la forma).
Modernamente questa forma perifrastica è possibile trovarla, ma con significati diversi rispetto a quello temporale
(valore tipo “è da farsi”, valore deontico), in portoghese comunque si ha anche nel linguaggio corrente in svariate situa -
zioni.
Testi del primo periodo:
Es graffiti di Pompei: troviamo coliclo, che deriva da CAULICULUM > cade la M finale (avviene in tutte le lingue roman-
ze), si ha il passaggio da U finale atona ad O (tratto tipico dell’italiano), dittongo AU che diventa O (tutte le lingue ro-
manze, tranne l’occitano), caduta della U compresa fra C e L successiva alla sillaba tonica (K + voc + L > vocale cade e si
forma il nesso KL che nelle lingue romanze avrà esiti vari).
Troviamo oriclas, invece che AURICULAS > dittongo AU che diventa O, caduta della vocale fra K e L, inoltre documenta-
zione della morfologia perché in latino orecchio era AURIS, poi viene aggiunto un suffisso: cula, e si ottiene poi auricu -
las.
Attestazioni del fenomeno della I semivocale > casium e abiat, che in latino sarebbero stati CASEUM e HABEAT. Avveni-
mento che unisce tutte le lingue romanze: per qualsiasi I in vicinanza di altre vocali la I diventa semivocale, le conse -
guenze sono due: 1) se è tonica non lo è più, dunque l’accento si sposta in avanti; 2) la I semivocale produce una con-
sonante diversa rispetto al latino, poiché la semivocale si unisce alla consonante precedente formandone una diversa.

Es epigrafi del IV secolo > attestano l’ipercorrettismo (abbiamo septimu, però doveva essere septimo, ma si sapeva che
la U stava diventando O e si prova a correggere, anche se in realtà era giusto septimo).
Carranta invece che QUADRAGINTA > realizzazione del parlato dell’area galloromanza, abbiamo il gruppo DR che viene
assimilato e poi non avrà più il valore di lunga, inoltre la labiovelare QUA diventa QA velare, anche se nella grafia si
mantiene poi.

Es: tratto Osco-Umbro > alla -B- latina corrisponde la -F-, sono allofoni perché per sibilare si ha sia sibilare che sifilare
(francese: siffler > recepisce un tratto di latino più basso).
Es: grondire (brontolare) – ND > NN (alcuni dialetti). In francese abbiamo gronder e grogner (grugnire maiale), sempre
di livello più basso.

Es dall’Appendix Probi (si trova come appendice in un manoscritto della grammatica di Probo, si chiama così per con -
venzione, venne scritta nel monastero di Bobbio; è una lista di 227 voci scorrette che ha elencato un maestro di scuola,
forse ci si riferisce al latino d’Africa, facente parte della Romania perduta, non si sa se sia del IV sec o del VI/VII secolo).
Attesta:
1) la sincope della vocale atona successiva alla tonica, come speculum non speclum, calida non calda, vetulus non ve-
clus.
2) Sviluppo della I semivocale, come vinea non vinia (poi formazione della nasale palatalizzata), tinea non tinia, iper-
correttismo come aleum non alium (si pensava di sbagliare e si ripristina la forma scorretta).
3) U breve tonica che diventa O, come columna non colomna.
4) chiusura del dittongo AU, come auris non oricla.
5) caduta della M finale, come numquam non numqua.
6) confusione fra B e V, come baculus non vaclus.
7) confusione fra B e F, che deriva dall’osco-umbro, sibilus non sifilus.
8) fenomeno panromanzo: il gruppo NS si riduce a S, come mensa non mesa.
9) RS che si riduce a S (si trova solo nelle aree francese e italiana), come persica non pessica.
Attesta anche alcune cose dal punto di vista morfologico:
1) riduzione del numero delle declinazioni, da cinque a tre, la quarta e la quinta spariscono nel protoromanzo (avviene
anche la riduzione dei casi e dei generi). La quarta declinazione era in -us, es: nurus → si iniziano a cambiare i morfemi
poiché -us della quarta declinazione poteva essere scambiato con -us della seconda, dunque questa quarta declinazio -
ne fa convogliare i nomi femminile nella prima declinazione, ecco perché nurus diventa nura (> base per l’italiano nuo-
ra). Verso 169: nurus non nura.
La terza declinazione si mantiene, ma avendo delle uscite piuttosto varie si tende a livellarla, ecco perché esse vengono
convogliate nella prima e nella seconda.
2) Stessa cosa avviene per gli aggettivi: potevano essere a tre terminazioni, a due o a una > si tende a farli diventare
tutti a due terminazioni, dunque si tende a regolarizzare.
3) I plurali neutri della terza diventano della prima (finivano in a) → foglia era il neutro plurale per folium: in questo
caso si ha una biforcazione con due significativi diversi, cioè foglio e foglia.
> verso 136: vico castrorum non vico castrae → la parola viene formata secondo il genitivo della prima declinazione, in-
vece che secondo il genitivo del neutro.
4) si eliminano gli imparisillabi, cioè le parole che avevano un numero diverso di sillabe al nominativo e al genitivo della
terza declinazione.
> verso 21: pecten non pectinis, pecten (2 sillabe), pectinis (3 sillabe), nominativo sparisce e si usa genitivo → pectinis.
Testi del secondo periodo.
Il secondo periodo è quello dello sfasciamento territoriale – è un registro intermedio, non è ancora romanzo, però ci
sono molti aspetti di esso. La maggior parte dei testi sono glosse o glossari (elenco di glosse). Le glosse sono spiegazio -
ni che hanno iniziato ad esser scritte nei codici a partire dal IV-V secolo, quando il latino non veniva più inteso. Sono te -
sti religiosi. Si ha un termine latino che viene glossato con un altro termine latino (romanzo) > il significato sta caden -
do. I successivi copisti poi hanno riunito in elenchi queste glosse, sono venuti fuori come dei dizionari.
Per l’area spagnola sono importanti le glosse di Silos (Silensenses), convervate a Londra, e di San Millán (Millanenses),
conservate a Madrid.
Le glosse di Silos sono più antiche, della fine del X, inizio XI secolo, edite da Menendez Vidal nel 1850, sono poco meno
di 400. Sono presenti alcuni elementi già romanzi, si vede il passaggio quasi ultimato in certe parole.
Es: verbo ederit > glossato come manducare.
Secum glossato con consico (molto simile allo spagnolo di adesso, consigo).
Troviamo la parola laiscar (probabilmente trascrizione del fonema /s/, infatti questa parola deriva da LAXARE > X come
MATAXA).
Le glosse di San Millán sono dell’XI secolo, possiamo trovare (per quanto riguarda la fonetica) l’apparizione del ditton-
go spontaneo, nonostante ci sia la sillaba impedita (es: dominus > dueno), vi troviamo anche la palatalizzazione, la ridu-
zione di vocali in iato, la conservazione della -s finale nel plurale; (per quanto riguarda la morfosintassi) l’articolo deter-
minativo, le preposizioni articolate.

Il glossario più antico è quello di Reichenau, area francese > viene trasmesso da tre manoscritti, uno dei quali è del-
l’VIII secolo, conservato in Germania e proviene dall’abbazia di Reichenau, una delle più antiche istituzioni benedetti -
ne, fondata nel 724. Il luogo di scrittura probabilmente è la Gallia del nord, area piccarda, dove era presente un mona -
stero benedettino. Le sacre scritture non vengono comprese dunque si cerca di glossare le parole in qualche modo.
Sono parole che possono riguardare un cambiamento che avverrà in tutta l’area romanza e altre invece che sono solo
legate alla Francia.

Esempi:
emit > comparavit: si ha uno slittamento di significati, poiché comparavit voleva dire comparare, cioè mettere a con-
fronto, mentre in francese acheter deriva da acaptiare.
arenam > sabulo: cambiamento che non avviene in tutte le zone (seguendo la legge delle Norme areali del Bartoli),
poiché le aree laterali dell’Europa mantengono arena, mentre in Italia, ad esempio, abbiamo sia sabbia che rena.
uvas > racemos: quest’ultima parola sarà la base francese per la parola uva, cioè raisin → anticipazione della I semivo-
cale, che corrisponde ad uno sviluppo della E (dittongo avventizio); il medesimo fatto avviene con raison, che deriva da
rationem (M ed E vanno via, TI > IS, in provenzale T+I diventa Z).
avicellum > aucellum (ita): la V intervocalica si vocalizza, e nel momento in cui si vocalizza accorre la I.
> augellum (fr): la A diventa O, ellum diventa eau (questo avviene nella zona dell’île de France, nella zona Pic-
carda avviene un altro fatto: fabolellus → fabliau, dunque la O scompare, la S finale pure, rimane sono ellus che si tra-
sforma in iau.
tela > teile > toile: la grafia è rimasta uguale, ma la pronuncia ha subito una variazione ed è sorto il dittongo [wa].
dare > donare: quest’ultimo è un termine usato in latino, che in francese ha assunto il significato di dare.
caseum > formaticum: in zona ibero-romanza è rimasto caseum,
per quanto riguarda il francese abbiamo fromage,
in italiano abbiamo formaggio che deriva da “-oticum” dunque è un
prestito dal francese.
vespertiliones > calvas sorices: in francese diventa chauve souris, con LV che diventa AU dittongo secondario, la L che
vocalizza in U e /KA/ che si palatalizza e diventa /S/,
in italiano rimane simile a vespertiliones, quasi invariato, perché ha un nome
onomatopeico (imita il verso dell’animale).
oves > berbices > brebis (fr)
oaie (rom), ha un tipo particolare di metafonesi, poiché la vocale finale atona influenza la vocale pre-
cedente.
ovis + ula > ovicula → dalla quale abbiamo le varie derivazioni delle lingue romanze (oveille in francese, oveja in spa-
gnolo, ov in italiano, ma è solo nei prefissi - ovile - perché si ha il neologismo pecora).
trasgredere (andare oltre) > ultra alare (alare è la base di aller).
Gallia glossata con Francia e Italia con Longobardia.
Testi del terzo periodo.
GIURAMENTI DI STRASBURGO (842)
Sono contenuti all'interno delle storie di Nitardo scritte in latino e rappresentano il primo tentativo di codifica del
volgare romanzo. Si tratta di 4 giuramenti: due in lingua romanza e due in lingua germanica.
Nitardo è presente agli avvenimenti e cerca di scrivere quello che veramente sente in volgare.
Sta scrivendo la storia del figlio e dei nipoti di Carlo Magno: Carlo il Calvo e Ludovico hanno vinto contro Lotario l'anno
prima nella battaglia di Fontene dell'841, nell'842 si riuniscono per dare una normativa a questa loro vittoria e dividere
i territori.
Il latino ancora pesa perchè sono state trovate altre formule simili scritte in latino in anni successivi: Trattato di Verdein
(843) e Trattato di Coblenza (860).
I Giuramenti di Strasburgo sono romanzi per alcuni aspetti, possiamo parlare di lingua ibrida perchè i tratti sono misti
fra occitano e eutanico.
Come dicevamo le formule sono 4, le due germaniche non hanno grande importanza, mentre per la nostra area, quella
romanza, è il primo documento in romanzo.

Traduzione. Per l’amore di Dio e per la salvezza del popolo cristiano e nostra comune, da questo giorno in avanti in quanto Dio mi dona sapere
e potere, così io salverò questo mio fratello Carlo, e in aiuto e in qualsiasi cosa così come l’uomo per diritto deve salvare suo fratello in
condizione che egli faccia altresì verso di me. E con Ludovico nessun accordo con Lotario mai mi prenderà e io volente sia in danno a questo
mio fratello Carlo.
Entrambi gli eserciti giurano ciascuno nella propria lingua, in lingua romanza è così: se Ludovico mantiene il giuramento che ha giurato al
proprio fratello Carlo e Carlo mio signore, da parte sua non se lo mantiene e se io non posso dissuaderlo da questo, né io né nessuno, a cui io
possa far tornare da ciò, io come esercito in quella situazione gli sarò mai di aiuto.

Tratti rilevati in classe:


-Deo: ancora legata al latino ma già romanza perchè si usa il cas regime (declinazione bicasuale: cas sujet Deus, cas
regime Deo), mancata dittongazione dove ce lo aspetteremmo, non succede Deo > Dieo
-christian: uguale anche qui inoltre non c'è il passaggio da a ad e
-poblo: cas regime, mancata dittongazione o > eu
-da questo giorno in avanti: di è romanzo, ist è latino
-Deus: cas sujet
-sauir et podir: in latino era sapere e potere dove la e finale cade, p diventa v e t che diventa d per lenizione, la e lunga
di sapere e potere non segue il percorso oi > ei > wa ma diventa i, la o di potere rimane perchè è un rimasuglio dello
scritto merovingico anche se siamo in epoco carolingia
-dunat: dare glossato con donare, signufiucat dare
-saluarai: prime testimonianza futuro
-fradre: carrejime assolut
-cadhuna cosa: sarebbe stata cata una con lenizione di t, ma ci manca la palatalizzazione del ka quindi potrebbe essere
un latinismo oppure potrebbe derivare dal fatto che in area occitana non abbiamo il passaggio da ka a cha; per quanto
riguarda cosa abbiamo la chiusura di au in o tipicamente francese però senza la palatalizzazione del k
-dreit: ct che diventa it
-dift: lenizione da b a f
-fazet: documentazione della nascita della nuova consonante ts affricata dentale che può essere scrutta anche cz, o c
(cist)
-Lodhuuigs: mantenimento s finale
-Karlo: declinazione bicasuale
-sendra: vedi tratti morfologici
-int: inde
-neuls: cas sujet
-iv: da ibi
-assenza totale articolo
-a toniche che non sono diventate e: fradre, salvar, returnar, christian (forme occitaniche o latino?)

Frase con particolarità che ha dato adito a varie ipotesi: “Se ludovico mantiene il giuramente che giura a suo fratello
Carlo (carrejime) e Carlo mio signore, da parte sua non se lo mantiene, e se io non posso dissuaderlo da ciò né io né
nessuno, a cui io possa dire di dissuadere (c'è una lacuna, ripetizione pesante), in nessun aiuto contro ludovico non gli
vi sarò.
De suo part/n lostanit > tr. Non se lo mantiene > dovrebbe essere non lo °s tanit (il puntino è l'enclitico che si appoggia
alla parola precedente e si riduce)
Un'altra interpretazione è che st di lostanit era simile a fr graficamente visto che s e f eranno scritte lunghe tutte e due
per cui potrebbe essere “lo franit” con significa non lo frange quindi opposto a se lo mantiene. Per questo motivo
questa interpretazione attribuisce a n il significato di nomen cioè lui, volgendo cosi la frase alla forma affermativa.

CARATTERI MORFOLOGICI:
-ben attestata la declinazione bicasuale (es. Karlus, Karlo/e ; Deus e Deo)
-prima attestazione di futuro romanzo “salvarai”: abbiamo gia detto ieri che non abbiamo per niente la forma
perifrastica ma direttamente quella sintetica
-nella sintassi c'è il cas regime absolut per indicare genitivo o dativo
-alcune forme di lessico nuove: di (giorno), catauna, sendra
Sendra è l'unica attestazione, l'unica forma di cas sujet che non sarà più ritrovata in nessun documento.
Come si forma questa parola?
• Per il cas sujet:
SENIOR > caduta di io che è atona, aggiunta di d per migliorare la pronuncia di solito vicino a nasale, aggiunta
di a come vocale di appoggio per facilitare la pronuncia visto che ci sono tre consonanti vicine > SENDRA
* SEIOR (forma ricostruita con caduta di N) > e breve diventa ie, i rimane, o invece cade, si aggiunge e come
vocale di appoggio > SIEIRE > SIRE (si monottonga e quindi diventa sire=da qui il prestire nella lingua inglese di
Sir+nome)
• Per il cas regime:
SENIOREM > n+i da gn o ign è uguale, o diventa ou in primo stadio poi eu, caduta m finale, e prima di m non
rimane perchè non dove appoggiare niente visto che non ci sono due consonanti vicine > SEGNOUR >
SEGNEUR
* SEIOREM > la prima e cade perchè è prima della tonica, em finali cadono come in seniorem > SIEUR (che è
alla base dei monsieur (all'epoca voleva dire nobile fratello del re che era sempre vescovo, quando si perdera
la declinazione bicasuale coinciderà con il significato di signore)
LA SEQUENZA DI SANT'EULALIA (882)
Si tratta di una composizione religiosa, scritta nel monastero di santa man, al centro dell'area piccarda nel IX secolo.
È la prima tretsimonianza di un documento letterario romanzo, i giuramenti sono piu amministrativi, questo è proprio
legato a quell'area linguistica ben precisa infatti si vedono già i caratteri del fdrancese, oltre che dei tratti tipici dell'area
piccarda. È contenuta in un manoscritto in cui vi sono altre due composizioni oltre a questa scritta in volgare romanzo:
una storia del martin di snat eulalia in latino, e un testo in antica lingua germanica scritto per onorare la vittoria di
Ludovico il Germanico nella battaglia di Soccur.
La sequenza di Sant'Eulalia è stata scritta per onorare Sant'Eulalia in occasione dlela traslazione delle reliquie da
Barcellona a santa man.
Sono 29 versi di lunghezza differente per cui non c'è metrica regolare.

Traduzione. Buona pulzella fu Eulalia aveva bello il corpo e ancora piu bella l'anima, vollero vincerla i nemici di Dio (cas regime absolut che
indica genitivo) e vollero farla servire al diavolo (cas regime che indica dativo), ella non ne ascoltò i cattivi consiglieri, (sottinteso vollero) che
ella rinnegasse dio che sta su nel cielo, ne per oro ne per argento ne per paramenti per minaccia regale, ne per preghiere, nessuna cosa non
la potè nessuno piegare, e la ragazza sempre non amasse il ministero di dio (cas regime), e perciò fu presentata a Massiniano (cas regime)
che era re in quei giorni sopra i pagani, egli la esortò ma da cui lei mai cadde, che ella fiuggisse il nome cristiano, la cristianità, ma ella da ciò,
da quetse minacce ne rafforzò il proprioe elemento cristiano, meglio sarebbe stato sostenere (sostendrreit=primo condizionale, non eisteva
nemmeno in latino) gli impedimenti, meglio che essa perdesse la propria verginità. Perciò morì con grande onestà, la gettarono nel fuoco
(nel=enl, enclitica di en+el, di solito c'è il puntino ma non è obbligatorio), ella colpe non aveva e perciò non brucia , a ciò non volle credere il
dio pagano, con una spada gli vollero tagliare il capo, la donzella non contraddì quella cosa, volle lasciare il secolo e così supplico cristo. In
figura di colomba ha volato in cielo, tutti preghiamo che si degni di pregare per noi, che Cristo abbia grazia per noi dopo la morte e a lui ci
lasci venire. Per la sua clemenza.

Tratti rilevati in classe:


-sempre passaggio di a ad e
-dittonghi: buona, suon (dittongo in prima battuta=o>uo), ciel (sempre in prima battuta=e>ie)
-pulcella: sarebbe pulicella, k+e che da ts
-auret, voldrent, furet ed altri: uso arcaico del piuccheperfetto per il perfetto, si traduce con il perfetto
auret sarebbe stato abuerat, poi scritto uguale ma con spostamento di accento e infine auret
-corps: cas sujet
-bellezour: sarebbe formazione di bella + atiorem dove t+i da z, a diventa e ma nons i pronuncia perche è atona, quindi
bellezour
-diaule: vocalizzazione del b in area piccarda quindi b che diventa u in vicinanza della L
-nt sarebbe inde
-ier di consilliers da arius
-raneit sarebbe reneget con g che palatalizza e diventa i quando è fra vocali palatali
-maent: forma di passaggiuo dalla a tonica alla e, per gli struttualisti sarbbe manet
-ciel: dove c+i da affricata palatale
-or che era our dove u si chiude in o
-attestazione del nuovo suono affricata dentale /ts/: menatce quindi con tc, czo quindi cz, lazsier quindi zs, celle quindi
c
-regiel pagiens, chielt: palatalizzazione del k tipico del francese che graficamente rimane velare ma è gh o ch (esempio
innovazione bloccata)
-melz: tratto piccardo sarebbe mellius, abbiamo l+i palatale che blocca il dittongo
-sostendreiet: prima documentazione condizionale che sarebbe sustenere habebat= hab sparisce, e divent ei, b cade
perchè è fra e ad a, a diventa e > EIET
-honestet già forma moderna con a che diventa e
-coist: imperfetto che sarebbe coxit dove zi diventa is
-spede: sarebbe spata, c'è lenizione di t che diventa d, passaggio di a ad e
-roueret sarebbe rogat
-kose scritto con k invece che ch per indicare ka velare
-seuel sarebbe seculum, passaggio da k a gh, gh poi cade per lenizione
-preier viene da precare, k che sparisce
-auuisset è abuisset
-presenza dell'articolo che nei giramenti non c'era
-elemento vallone del passaggio da b a u
LE PASSIONI DI CLERMORT FERNAND (XI sec)
Fa parte insieme al Saint Regen dei Poemetti di Clermort Fernand contenuti nel codice 240 nella biblioteca di Clermort
Fernand. Mentre le passioni sono state scritte e copiate in un'unica area, il Saint Regen proviene dall'area piccarda, per
cui sono delle sovrapposizioni come la palatalizzaziobne e non palatalizzazione del ka.
Sono 516 versi legati in quartine assonanzati a due a due, dove i versi sono octosillabe (primo documento che
testimonia la nascita dell'octosillabe).
L'argomento è l'ingresso di Cristo a Gerusalemme nella domenica delle palme e la discesa negli inferi.
È essenzialmente un testo occitano, ma ci sono dei distici in cui vi sono assonanze francesi como il passaggio di a ad e,
e tratti di tipo pittavino come il passaggio di a ad e che in quest'area, come in quella occitana rimane a, tranne quando
c'è una palatale precedente e diventa E (es. chedent).
Ancora non siamo toalmente liberi del latino.

Traduzione. Come giunse proprio all’ora nona, dunque Gesù emise un grande grido. In ebraico disse: “Signore, Signore perché mi
abbandonasti?” Uno dei ladroni che sta qui su nella croce gli tiene l’aceto. Gesù fortemente dunque gridò. Lo spiritò da lui andò e come
l’anima se ne uscì da Gesù tanto fortemente la terra crollò (che) le rocce si spaccavano, cadevano i monti e i sepolcri dei santi si aprirono
molto.

-dunc, cruz: abbiamo ancora u e non o


-abbiamo perfetti occitani: escrided
-uns: con s di cas sujet
-azit: affricata dentale
-fortmen: nuova formazione di avverbio romanzo (potrebbe anche essere nt in fondo, è uguale, anche la n può essere
mobile ad esempio in pan dove si può mettere o no)
-'n: se ne andò, è enclitica

Assonanze occitane successive a questo pezzo:


-granz che assona con ciutat
-salv: donnat
Assonanze francesi successive a questo pezzo:
-Jerusalem: plorer
Assonanze pittavina:
-Jerusalem: pechet

IN HOC ANNI CIRCULO (fine XI secolo)


Il testo è compreso nel manoscritto 1139 che è un tropario di San Marzial de Limonge, ci documenta appunto la
nascita dei tropi, che osno quelle parti che nascono all'interno della liturgia che possono essere in latino o in volgare.
Questo è forse il piu antico dei tropari.
Proviene da un originale normanno che è stato poi copiato in quest'area anche qui quindi sovrapposizioni di scritte.
Abbiamo elementi latini e ricollegabili alla poesia arabo andalusa.
Sono versi di sette sillabe, la prima quartina è scritta in latino, la seconda in romanzo

Traduzione. In questo momento dell’anno al mondo è data la vita. È nato per noi il piccolo della Vergine Maria. Miei amici e miei fedeli
lasciate stare questo gazel, apprendete un suono nuovo della Vergine Maria.

Tratti romanzi:
-fiel: caduta della d
-perfetti in et o in at a seconda dlela coniugazione
-estar con il mantenimento di a

Tratti arabi:
-gazel: ci sono due interpretazioni, o è legato a una radice eutanica che significa confusione, o potrebbe essere una
modifica di zagal (pronunciato zagial), uno dei tipi mu wassa (pronuncia muvasha), composizioni liriche amorose di
varie tipo, significa collana di perle quindi “o lasciate stare la confuzione, o lasciate stare questo tipo di composizione
erotica arabo-andalusa che non c'entra niente con la nascita di gesu cristo”

Componente latina:
-contesto latino dei primi versi
CHANSON DE SAINET FOI (FINE XI-INIZIO XII)
Si tratta del primo documento dell'area della lingua d'oca ed è la pià caratteristica della lingua occitana.
In quetso periodo abbiamo una lingua nettamente costituita ma con dei collegamenti con il mondo latino e con il
mondo romanzo, quest'ultimo si vede perchè si collega alla chanson de roland.
È una canzone in onore di Santa Fede, una martire poco anteriore a Sant'Eulalia, contenuta nel manoscritto 60 nella
biblitoca di Leida, e composta dall'unione di due manoscritti, uno più antico in latino e uno che ha sempre una parte
latina ma anche la parte volgare.
La parte in latino è relativa alla vita di Santa Fede, che si rifa alla composiuzione latina di Anger sulla vita di questa
santa.

Prima parte
Lassa rimata in -in, rima maschile

Traduzione. Ho sentito leggere sotto un pino un libro latino dei vecchi tempi; tutto l’ho ascoltato fino alla fine. Mai non vi fu una cosa
sensata che esso non lo racconti; parla del padre del re Licino e del lignaggio di Massimino. Costoro spinsero i santi in un tale tormento così
come fa il cacciatore con i cervi di mattina: verso luoghi chiusi li spingono verso la fine; morti li lasciavano supini. Giacciono nei campi come
scellerati; non li seppellirono i loro vicini. Ciò avvenne proprio al tempo di Costantino.

-sotz eiss → ipse, assimilazione proprio sotto. Sotz: abbiamo la Z per S.


-un pin: ci indica la zona di scrittura, poiché nei Pirenei vi sono tanti pini, inoltre il pino è diventato un topos della lette-
ratura → Rolando della Chanson del Roland muore sotto un pino, dunque viene stabilito un legame con questo compo-
nimento.
-hanc → deriva da nunc.
-nonl → L che si appoggia su non, come un’aferesi all’indietro
-declin: secondo richiamo alla Chanson de Roland, la frase finale con cui termina comprende la parola “declin”.
-meirols → meiro(n) los → meiro°ls → LS (articolo) si appoggia.
-venairles: di nuovo si appoggia.
-nolz → non los, si appoggia.
-parled: modo grafico del tolosano, viene utilizzata la sonora finale per la sorda.
-pair: deriva dalla parola pater, in francese diventa père → TR diventa IR in occitano.
-venaire: sostantivo della terza, imparisillabo.
-v 8: non ci sono preposizioni → arcaismo.
-fradin: scellerato, deriva dall’antico tedesco.
-els: preposizione articolata, nasce da en + los.
-clusals: tratto strano per l’area occitana, probabilmente è un tratto legato alla toponomastica, ai luoghi, perché altri -
menti avrebbe fatto AU (non chiude mai in area occitana).
-camps: mancanza palatalizzazione del KA, provenzale puro (altro tratto tipico dell’area).
-escoltei: AI > EI > IE, ultima fase solo del francese, l’area occitana e catalana si fermano a EI.

Dunque sono presenti caratteri regolari dell’occitano: vocalismo a sette, non ci sono i dittonghi come in francese, rima-
ne la A tonica senza il passaggio ad E. Poi sono presenti altri tratti dell’area, specifici, come il mantenimento della N, il
KA che non palatalizza e AI che diventa EI (tratti tipici dell’ovest). Da notare la lenizione di un grado, tranne che in “so-
pin”. La desinenza dei verbi alla terza plurale può essere in -AN o -ON, gli -ant latini diventano -an, -ent e -unt diventa-
no -on → non abbiamo mai -en (lo troviamo più al nord). La nasale che chiude il timbro (→ visibile nella terza lassa).
Seconda parte
Lassa che ha una rima femminile in -ESCA.

Ho sentito una canzone che è bella da danzarsi, che fu di argomento espanesca; non è di lingua greca né di lingua saracena. È dolce e
soave più del favo di miele e più di nessuna bevanda che uomo possa mescere; chi ben la dice secondo la legge francese, io penso che il
vantaggio gli cresca e che in questo secolo se ne avvantaggi.

-tresca → parola con base germanica, che ha dato luogo anche alla parola “danzare” (le danze tedesche sono piuttosto
rimate) e alla parola “trebbiare” (tresche).
-lingua: si intende “argomento”, ci si vuole distaccare dal mondo greco e islamico. Poi viene citata la lei Francesca, as-
sociandola al luogo più alto dal punto di vista della cristianità, modello francese che è un modello per la cristianità.
-razo: deriva da RATIONEM, non fa raison come in francese, in provenzale T + I fa Z (che può essere scritto anche con la
S), non IS.
-cuig: deriva da COGITO, non si sa se la finale è sorda o sonora.
> segle: sonorizzazione del K in G (deriva da SECULUM)

Terza parte
Lassa che rima in O chiusa.

Tutta la Guascona e l’Aragona e la contrada dei guasconi sanno qual è questa canzone e se è ben vero questo ragionamento. Io la sentì
leggere dai clerici e dai grammatici, che sono molto bravi, così come lo mostra la passione nella quale l’uomo legge queste parole. E se gli
piace questo nostro suono così come lo guida il primo tono, io ve lo canterò in dono

-gascons: incrocio con la voce germanica, la quale aveva la V (B e V che si confondono) che diventa G (sono tre varianti
diverse).
-audi legir: è presente in ogni lassa → forte legame con la tradizione latina.
-qon: sarebbe q’on.
-guidal: sarebbe guida°el.
-canczons: S non etimologica ma aggiunta per analogia (così come razons).
-si qon: doveva essere “si con”, è una variante.
-mostra°l: mostrala, con l’articolo che si appoggia (forma enclitica, per rispettare il numero delle sillabe della metrica).
-cantarei: di nuovo non c’è la palatalizzazione, e si ha la trasformazione di AI in EI.

Tratti generali:
> mantenimento del dittongo AU (suaus al verso 18 → deriva da suavis, paraulla al verso 16);
> A che rimane A e non passa a E, sia quando è tonica sia quando è finale;
> consonantismo regolarissimo, non vi sono differenze con la lingua dei giorni nostri;
> lenizione di un grado → dunque occlusiva al primo stadio (savon, segle, ecc);
> l’occlusiva velare palatale diventa affricata, la grafia in genere è espressa dalla Z (non è detto che sia sempre così) -
tratto caratteristico dell’occitano;
> non è presente la palatalizzazione;
> TR e DR che diventano IR.

Tratti più particolari:


> lig → I breve con G, poteva essere lieig;
> mantenimento della N mobile, sempre (tranne in un caso su 600 versi → razo, verso 15);
> dal punto di vista morfologico: le desinenze della terza persona plurale che sono AN quando derivano da -ant e ON
(con grafia UN in certi casi) quando derivano da -ent e -unt, in futuro diventeranno tutti ON nella zona occitana, men -
tre tutti EN in francese/area limosina-pittavinay – utile per risalire ad un’area se abbiamo un testo, perché inizialmente
ogni area segue una regola propria;
> forma perifrastica del futuro, alcune testimonianze “dizer vous ei” → vi dirò (tratto legato all’area, poiché verso l’est
non vi sono queste forme perifrastiche);
> sono presenti ancora degli arcaismi, come i gruppi di tre consonanti che non sono ancora state ridotte (stz).
LE LINGUE DELLA PENISOLA IBERICA

Da un punto di vista linguistico, la fisionomia linguistica dellla penisola iberica (aragonese, vasco, catalano, mozarabico,
leonese, galego-portoghese) si spiega con la Reconquista, quindi con la discesa dei castigliani che hanno apportato il
loro bagaglio linguistico nei nuovi territori, diventando lingua ufficiale con Ferdinando III e con Alfonso X el Sabio
quando furono aboliti tutti gli latri idiomi a favore del castigliano (editto di Toledo).
La colonizzazione della penisola iberica fu però molto lenta, infatti prima della Reconquista la Spagna fu invasa da
diverse popolazioni che inevitabilmente condizionarono la lingua:
-aquitrani
-tartessiani indoeuropei
-i visigoti; importanti perchè hanno lasciato una testimonianza di circa 2500 parole, ad esempio i nomi propri (Alvaro,
Rodrigo, Alfonso, ferdinando)
-gli arabi
-arrivo dei romani durante la seconda guerra punica 218 a.C.
In generale alcuni termini risalenti a queste tappe sono rimasti, in altre invece sono stati soppiantati, ad esempio:
Es: MAGNUS scompare quasi dappertutto a favore di GRANDIS; nell’area indoromanza rimane (area spagnola e
portoghese)
Es: TRITICUM continua in Spagna e in Portogallo
Es: MANDUCARE e COMEDERE sono innovazioni di alcune aree. Rimane COMER
Es: MENSA con significato di “tavolo” rimane in italiano con significato differente
Es: TESTA\CAPUT continua con suffisso come CABEZA
Es: HUMERUS e SPATOLA (in italiano abbiamo spalla da SPATULA per somiglianza) che diventa HOMBRO
Es. BELLUS che sostituisce FORMOSUS in alcune zone
Es: ARENA innovazione SABULUM Es PAGAR che viene da PACARE e

Per quanto riguarda la formazione degli articoli e dei dimostrativi, lo spagnolo è regolare, segue il decorso delle altre
lingue romanze > eccezion fatta per il fatto che mantiene il secondo grado dei dimostrativi; e per il secondo grado non
aggiunge nessuna particella.

Anche per la formazione del futuro lo spagnolo è regolare (con “ajo” > che diventa ad esempio cantarai > cantarei >
cantaré – in spagnolo antico si aveva -ei, importante questo fatto).
CANTARE HABEBAT > cantaría (attraverso processi lenitivi).

Parlando della Romania occidentale > lo spagnolo si posiziona all’interno di determinati atteggiamenti, come per l’uso
della S finale per il plurale (si discosta dalle lingue orientali), inoltre si ha la lenizione delle consonanti sorde
intervocaliche (altro tratto della Romania occidentale).

Tratti della penisola iberica > mantenimento di termini particolari latini, un altro fatto caratteristico: uso
morfosintattico del verbo essere e del verbo stare, che si oppongono per significato (esiste anche in altre lingue, ma
non mantiene il significato vero, sono solo tratti formali) – questo si trova in spagnolo, portoghese e catalano. La stessa
cosa vale per il verbo avere e tenere (tenere occupa lo spazio di avere quando non è ausiliare, indica possesso) > in
portoghese c’è una differenza perché tenere può essere usato anche come ausiliare, vale a dire che prende più campo;
in spagnolo viene usato tenere anche quando si vuol dare un senso enfatico (te l’ho ben detto > se lo tengo dicho).

Fonetica. Tratto fondamentale del vocalismo spagnolo: abbiamo la dittongazione romanza, che si estende anche ad
altre lingue, qui si ha la particolarità, condivisa col rumeno, il dittongo in sillaba impedita > come mai si ha questo
dittongo? La sillaba non dovrebbe avere lo spazio per dittongare, di solito avviene in sillaba aperta. Probabilmente ciò
è dovuto all’origine metafonetica del dittongamento, anche se vi sono delle divergenze sotto questo punto di vista >
teoria che viene ripresa dall’Ausberg, che parla di armonizzazione attraverso la metafonesi, che consisterebbe
nell’adeguarsi della vocale tonica in armonia con la finale, inoltre è un dittongo che sarebbe partito dalle U finale >
esteso per analogia anche nei plurali, poi si ha l’estensione anche in casi che non comprendono queste due situazioni.
Lo stesso per quanto riguarda la I e la E > la I produce metafonesi, e le parole terminanti in E si confondono con quelle
terminanti in I, dunque la metafonesi si estende anche alle altre parole.
Caratteristica del castigliano: mancanza di dittongamento vicino ad una palatale > ojo.
Ancora, fenomeno evolutivo AI > EI > E, il primo passaggio è un fenomeno iberoromanzo, però in catalano e castigliano
abbiamo E, dunque si ha uno sviluppo ulteriore; fenomeno sia primario (che deriva direttamente dal latino), che
secondario.
Dittongo AU > O (in castigliano), che in portoghese passa attraverso la fase OU.
Il timbro delle vocali parte da sette e viene ridotto a cinque, poiché non si ha un’opposizione di timbro fra la E aperta e
la E chiusa, e la O aperta e la O chiusa (solo quando rimane, perché in alcuni casi dittonga).
Riduzione in iato, tratto caratteristico dello spagnolo che riguarda il vocalismo > spostamento dell’accento dalla vocale
più chiusa a quella più aperto, fenomeno che ha provocato la nascita della i semivocale. Lo spagnolo è l’unica lingua
che mantiene questa riduzione, ad es. REGINA, la G cade > reína > réina.

Fatti di consonantismo:
Riduzione della F all’aspirata, sostrato basco che non aveva questo fonema nel proprio sistema e quindi lo rendeva con
l’aspirata > questa perdita di F avviene per gradi, tant’è vero che nella regione di Burgos abbiamo in antico ancora
parole con la F, anche se poi è la prima regione in cui troviamo la documentazione con H. A nord abbiamo questo
passaggio abbastanza antico, nel Cid, sempre della regione del nord, abbiamo entrambe le evoluzioni, sia F che H >
incertezza. Tipico esempio di cambiamento con un’evoluzione > però solo nel castigliano, negli altri idiomi
iberoromanzi o dialetti spagnoli no.
Evoluzione di KT > IT (qui si ferma in francese e portoghese) > CH (formazione dell’affricata), che è solo del castigliano,
in lionese ad esempio abbiamo IT regolare, lo stesso in aragonese, in occitano invece troviamo la variante in IT e la
variante in CH (fra l’altro è uno dei tratti che distinguono le diverse zone occitane).

Tratti evolutivi:
Uno caratteristico dello spagnolo è la perdita dell’opposizione fra sorda e sonora, vale a dire che la sonorità sparisce >
in tanti casi in cui si hanno delle coppie fonetiche, poi la sonora sparisce e si perde anche l’opposizione.
In certi casi si ha anche un’evoluzione successiva, con la formazione dei fonemi ʃ e ʒ, cioè le affricate palatali sorda e
sonora, le quali si formano dai gruppi X o CS latini (es: mataxa → madexa /ʃ/), e dai gruppi L + I semivocale, KL, GL e TL
(es: mulíerem > l’accento si sposta in avanti e diventa una I semivocale A mujer /ʒ/). Successivamente si avrà un
generale assorbimento e la grafia diventerà J per entrambi A defonologizzazione, tutto diventa sordo.
Vi sono delle attestazioni: nel 1535 nella grammatica di Valdés > L+I semivocale, KL, GL e TL si pronunciano come J
francese (es: jour).

Dialetti spagnoli:
>al nord vi è il leonese, idioma che si pone come ponte verso il galego-portoghese, ha dei tratti in comune con questo
idioma (ad es. il dittongo AU, primario o secondario, non diventa O ma diventa OU, si ferma a questo stadio come il
portoghese), ha il mantenimento della F (solo il castigliano lo ha), altri tratti vicini al portoghese: passaggio di L
intervocalica a R.
>navarro-aragonese: dialetto pirenaico, influenzato successivamente dal castigliano (ha caratteri aquitanici, dunque è
simile al catalano).
>dialetti del sud, che sono una varietà del castigliano.

Cantar del mio Cid - lassa 117.


Il Cantar è il primo testo di una certa importanza dell’area spagnola, ovviamente non si tratta del primo, prima di esso
vi sono dei Cantares che sono stati individuati all’interno dei testi latini, poi vi sono altri testi isolati > comunque è una
letteratura più tarda rispetto a quelle europee (soprattutto rispetto a quella francese).
Il manoscritto è unico ed è una copia Trecentesca di un documento del 1207 scritto da un tale Per Abbat (non è però la
copia originale, è intermedia, dato che quella originale probabilmente è stato scritto verso il 1140), quella che abbiamo
attualmente è la copia di una copia. Documento più vicino alle vicende narrate, dunque probabilmente più realistico (a
differenza della Chanson de Roland).
Si pone il problema della lunghezza dei versi, poiché vi sono parecchi versi irregolari, si tratta di anisosillabismo, una
caratteristica tipica della letteratura delle origini, quando ancora non ci si è regolarizzati, però è anche vero che in tanti
casi questi versi irregolari (che escono da una norma più generale che sarebbe quella di avere versi in décasyllabe)
hanno sempre delle caratteristiche “speciali” poiché sembra che siano stati rielaborati, con errori > dunque si pone
l’ipotesi che inizialmente fosse un metro regolare, che l’originale fosse in décasyllabe, poi nell’evoluzione vi sono stati
dei rifacimenti che hanno portato ad errori e scorrettezze, sono ipotesi fortemente legate a due teorie diverse:
> epica spagnola che si distacca dall’epica francese, dunque anisosillabismo originale*,
> epica spagnola che riprende quella francese, dunque inizialmente décasyllabe e poi evoluzione.
Sta di fatto che vi sono molte somiglianze con la Chanson de Roland → l’argomento, il discorso re/nipote, lo stile
formulario simile. Però vi sono anche elementi diversi rispetto all’epica francese: l’epica in Spagna è più legata alla
veridicità storica (però sono di minore importanza, siamo sulla via del romanzo), quella francese tende più ad ideare le
cose, a cambiarle, la motivazione francese è quella di far risaltare l’importanza del regno di Francia contro i Saraceni, il
re assomma in sé il potere clericale e quello secolare.
*collegamento con la Francia, alcuni ci vedono un modo tipico della letteratura delle origini, che era caratterizzata
spesso da anisosillabismo; altri vedono una cattiva ricezione dei modelli precedenti francesi. Ci sono molte similitudini
con la Chason des gestes: il modo di descrivere i combattimenti, il modo di descrivere i personaggi, ecc.
Fatto storico: Cid Rui Diaz de Vivar - personaggio storico realmente esistito che doveva riscuotere le decime per
Alfonso VI nei vari territori, però venne accusato dal re di ingannarlo e venne esiliato, qui si esaurisce il fatto storico,
poi si innestano gli elementi fantastici, personali però “romanzati”.
Opera divisa in tre parti (→ diverso dalla Chanson de Roland).

La lassa 117 riguarda incursione del Cid in un accampamento saraceni.

El obispo don Jerome priso a espolonada / e ívalos ferir a cabo Il vescovo don Geronimo si lanciò all’attacco e andava
del albergada. all’ingresso dell’accampamento. Per sua fortuna e per Dio che
Por la su ventura e Dios quel amava / a los primeros colpes dos lo amava ai primi colpi uccideva due saraceni. L’asta ha rotto e
moros matava. ha messo mano alla spada. Dava prova di sé il vescovo, Dio,
El astil a creado e metió mano al espada. come ben combatteva. Due ne uccise con la lancia e cinque con
Ensayavas el obispo, Dios, qué bien lidiava! la spada. I saraceni sono molti, tutto intorno lo accerchiavano,
Dos mate con lancia e vinco con el espada. gli davano grandi colpi ma non gli rompono le armi.
Moros son muchos, derredor le çercavan, / dávanle grandes Colui che nacque in una buona ora gli occhi gli fissava,
colpes, mas nos falssan las armas. imbracciò lo scudo e abbassò l’asta, spronò Bavieca, il cavallo
El que en buen ora nasco los ojos le fincava, / enbraçó el che ben va, andava a ferirli nel cuore e nell’anima.
escudo e abaxó el asta, / aguijó a Bavieca, el cavallo que bien Nelle prime truppe il Campeador entrava, ne abbatté sette e
anda, / ívalos ferir de coraçón e de alma. quattro ne uccideva, piacque a Dio e questa fu la vittoria.
En las azes primeras el Campeador entrava, / abatió a siete e a Mio Cid con i suoi si slancia all’attacco; avresti visto rompersi
quatro matava. tante corde e rompersi i pioli e cader giù i tendaggi, dal
Plogo a Dios, apuesta fo el arrancada. momento che le opere erano tante.
Mio Cid con los sos cade en alcança; / verdes crebar tantas Quelli del Cid e quelli di Bucar li scacciano dalle tende.
cuerdas e arrancarse las estacas / e acostarse los tendales, con
huebras eran tantas.
Les de mio Cid a los de Búcar de las tiendas los sacan,

> don Geronimo: uguaglianza con il vescovo Turpino della Chanson de Roland.
> priso a espolonada: iniziò a dar di sperone, si lanciò all’attacco → espressione dell’epoca.
> ívalos: esempio della legge di Tobler Mussafia, cioè all’inizio della frase non si può mettere il pronome personale,
dunque bisogna invertire, è un’enclitica obbligatoria.
> ela astil: viene elisa la A a causa dell’iniziale della parola dopo.
> lidiava: significherebbe litigare.
> lança: fonema della formazione di ts - affricata dentale.
> muchos: proviene da multus, la L si vocalizza e viene moito → evoluzione secondaria da IT a CH.
> dávanle: legge di Tobler Mussafia.
> a Bavieca: uso generalizzato della preposizione davanti al complemento oggetto.
> azes: è il plurale di az, che viene da acem latino.
> las estacas: voce germanica, sostrato visigoto.
• IL CATALANO
Lingua che possiede alcuni tratti occitani, altri iberoromanzi, è una lingua ponte che va inserita in un contesto
geografico e storico. In un contesto geografico perché confina a nord con l’area galloromanza (i Pirenei non sono una
barriera, c’è un prolungamento nell’area catalana al di là dei Pirenei, nel Rossiglione), però verso sud abbiamo la zona
castigliana e ad ovest l’area aragonese > aree iberoromanze.
Il contesto storico invece rivela un doppio legame, con Francia e Spagna > questa zona della Catalogna è nata come
marca ispanica da Carlo Magno, per bloccare l’avanzata degli arabi, dunque era un’area francese. Nella seconda metà
del XII secolo poi si ha una congiunzione politica col regno d’Aragona, e poi col regno di Castiglia, dopo il matrimonio
dei reyes catolicos. Da qui partì inoltre la spedizione di Carlo Magno di cui si parla nella Chanson de Roland.
Siamo nel periodo dal VII al IX secolo: importante per la formazione del volgare > si crea un volgare diverso da quello
dell’Aragona, in quanto si ha l’influenza galloromanza proprio in questo periodo, ad esempio, si abbandonerà la
scrittura dei Visigoti per adottare quella Carolina (dunque quella francese). Dal XV secolo questo territorio inizierà ad
assumere soprattutto tratti iberoromanzi, a causa della conquista Aragonese. È un dialetto che nasce con una matrice
originale di tipo gallico, poi ha una componente iberoromanza importante nello sviluppo.
Le prime attestazioni di scrittura sono di tipo amministrativo, poi si hanno Omelie di un monastero a commento del
Vangelo di san Luca. Per queste Omelie siamo verso la fine dell’XI secolo, troviamo degli elementi già catalani > uso
di /X/ per sc, come madexa in spagnolo, che si forma a partire dai gruppi KL, GL, I+semivocale. Non è presente la
declinazione bicasuale, perché fin dall’inizio non c’è, abbiamo AU che si chiude in O, poi abbiamo un tratto
caratteristico del catalano: A>E, in genere post-tonica o pre-tonica.
Le prime grammatiche romanze sono scritte in area catalana o italiana, scritte da stranieri per tropare alla maniera
dell’occitano, perché ci si poteva sbagliare in quanto le lingue erano simili (Jofré de Foixa, Terramagnino da Pisa –
Doctrina de Cort) > gli studiosi di questi manoscritti si accorgono del fatto che la A pretonica o post-tonica passa ad E,
probabilmente il titolo di Terramagnino era “Doctrina da Cort”, poi un copista catalano fa passare A>E e risulta
“Doctrina de Cort”, comunque entrambi i significati risultano plausibil (oppure > Doctrina d’accort, dottrina
dell’accordo?).

Uso del catalano che stenta a imporsi: inizialmente abbiamo pochi documenti, poi si inizia ad usare ma sempre con
forme occitano, poi alla fine del XIII/inizio XIV si inizia ad usare sia in poesia che in prosa.
Nel primo periodo il catalano ha influenze sull’occitano per il lessico medico-scientifico-botanico, perché c’erano tanti
traduttori giudei per la letteratura medica che hanno preso in prestito molti termini catalani perché in occitano non
esistevano.
Ramon Vidal de Besalù: grammatico catalano che scrive in occitano, che sottolinea l’importanza dell’occitano.

Tratti occitano e catalano.


Catalano e castigliano messi a confronti: sembrerebbe che il catalano è più vicino all’area romanza, ma non è
assolutamente così, è il catalano che ha dei tratti particolari; se si confronta invece il catalano col galego-portoghese
possiamo notare che ci sono molte somiglianze.
Catalano e occitano, inoltre, hanno tratti in comune col francese > caduta di tutte le vocali finali atone, tranne A –
AMICUS, amic in catalano e occitano, ami in francese; gruppi FL, KL, PL che rimangono > PIANGERE, plorer in francese,
plorar occitano e catalano, invece in spagnolo cambia.
Tratto che è vicino catalano e occitano, ma che si differenzia dal francese e dallo spagnolo: non dittongano
spontaneamente, però entrambe le hanno in vicinanza di un fonema contiguo palatale (in catalano meno perché poi
monottonga successivamente).
Dal punto di vista lessicale sono due lingue che vanno abbastanza insieme.
Termini catalani che sono penetrati nell’area occitana come se fossero veramente occitani > CLAZA termine catalano
che voleva dire pezzi di scorza di cedro, che ad un certo punto veniva utilizzato con un altro significato. Con quest’altro
significato giungerà poi nell’area occitana. Così come il termine camomilla, di origine latina, che abbiamo in are
occitana con grafia e fonetica catalana, che non palatalizza.

Tre testimoni del testo del Purgatorio di San Patrizio (testo importante, potrebbe essere una fonte di Dante in quanto è
presente una discesa agli Inferi). Testo scritto in latino nel 1189 da H. de Saltry.
• GALEGO-PORTOGHESE
Racchiude un duplice concetto:
-gruppo linguistico del portoghese, con il sub-gruppo del galego, idioma parlato anche fuori dal Portogallo, verso la
Spagna, che poi sul territorio spagnolo diventa lionese (sono infatti idiomi simili). Parlato anche fuori dall’Europa, come
in Brasile, Africa.
-concetto della lingua letteraria, sviluppata fra il XIII e il XIV secolo, l’espressione della lingua trovadorica > sia in Italia
che in galego-portoghese la lingua trovadorica viene sostituita dalla lingua del posto, in questo caso dal galego-
portoghese, in Italia invece viene sostituita dalla lingua della scuola siciliana.
I motivi di quest’ultimo fenomeno sono vari, alcuni studiosi ne sottolineano alcuni, altri degli altri, le motivazioni
possono essere l’importanza del centro di Santiago de Compostela, meta di pellegrinaggio che diventa anche un centro
di importanza notevole nel Medioevo dal punto di vista internazionale, ci sono degli scambi letterari che portano a far
sì che quest’area diventasse importante, dunque con un’evoluzione simile a quella della scuola siciliana la lingua del
posto inizia ad avere una propria pendenza.
Per quanto riguarda il territorio, il galego-portoghese ha un sostrato lusitano e celtico, prima dell’arrivo dei romani, si
ha traccia di esso nella toponomastica, ecc, sono poche testimonianze comunque. La conquista dei romani si ha nel
193 aC, nel corso della romanizzazione abbiamo per la prima volta nel V secolo un accenno a “Portucare”, che si
riferiva alla zona intorno a Porto, è la prima denominazione dell’area.
Si ha poi una sovrapposizione di superstrato: svevi, visigoti, arabi (come nel resto della penisola iberica, in Spagna).
Successivamente, il re di Castiglia Vieja Alfonso VI, che era anche re anche di questa zona portoghese, divide i
possedimenti fra le sue due figlie (una legittima e una illegittima), le quali si sposano con due fratelli conti della
Borgogna, dunque due francesi. Ad una, Urraca, viene data la contea della Galizia, e il loro figlio Alfonso diventerà re
della Galizia e poi succederà al nonno nel regno di Castiglia (dunque territori di Castiglia e Leon). La parte intorno a
Porto verrà data alla figlia Teresa, suo figlio diventerà il re di Portogallo > Alfonso I di Portogallo, che nel 1139 fonda lo
stato indipendente e comincia la reconquista contro gli arabi > discesa verso il sud della penisola iberica, acquisendo
sempre più importanza.

Vocalismo: schema a 7 vocali, segue lo schema romanzo generale, con l’opposizione fra aperta e chiusa delle due E,
non è presente la dittongazione spontanea o condizionata. Opposizione di timbro, che ha un’opposizione fonologica e
dunque un’opposizione di significato.
Vocalismo influenzato da due fenomeni importanti: metafonesi e nasalizzazione.
-Metafonesi: influenza della vocale finale sulla tonica, anche se c’è qualche caso in cui non è la vocale finale ma quella
precedente, dunque è un fenomeno regressivo, c’è qualche caso scoperto recentemente anche in senso inverso,
dunque progressivo > propagazione. Nel portoghese la metafonesi provoca un cambiamento di timbro ma non
dittonghi > SEDEM in latino, se in portoghese, con la E chiusa. Provoca anche un’opposizione fra maschile e femminile:
MORTUM e MORTA in latino > la U fa chiudere la O, la A la fa aprire > mortu, morta.
Es: DÛPLUM > dobro (doppio), DÛPLAM > dobra (doppia, ma anche piega > opposizione semantica)
-Nasalizzazione. Ve ne sono di diversi tipi.
Primo tipo, paragonabile a quella del francese antico: vocale + nasale > vocale si nasalizza, in francese antico si sentiva
ancora l’appendice consonantica; inizialmente tutte e cinque le vocali sono nasalizzate, ciò è visibile dalle rime dei testi
antichi. In francese poi avremo anche una denasalizzazione in sillaba libera.
Secondo tipo: le due vocali hanno la stessa articolazione, es: lana > la N nasalizza la prima A, e poi sparisce.
Terzo tipo: vari suffissi (-ane, -ano, -one) che diventano sempre -ao > cane > /cao/.

Sempre per il vocalismo: AU > OU, in certe zone però OI o O; tante vocali atone cadono, nella grafia rimangono, nella
pronuncia no.

Consonantismo: caduta di consonanti, come la N (o per nasalizzazione, o per altri motivi), la D intervocalica, la L
(COLOREM che diventa cor) – quando rimangono vuol dire che sono vecchie L lunghe o N lunghe (in latino); gruppo KL
che dà CH (in posizione iniziale), in posizione intervocalica invece palatalizzano, anche il gruppo PL si modifica molto
(eS: MANIPULUM). Palatalizzazione di S vicino alle consonanti.

Fatti morfosintattici: differenza fra ser e estar, differenza fra haber e tener (anche se si tende ad utilizzare soprattutto
tener, perché haber è sentito come molto arcaico), uso dell’infinito personale, ma solamente se il soggetto è lo stesso.

Fatti lessicali: mantenimento di certe radici latine esattamente come in spagnolo


IL FRANCESE

Nella lingua francese, a nord è presente un sostrato celtico, poiché i celti vi si sono installati verso il 600 aC, e via via
hanno cercato di assimilarsi ai costumi romani (ad esempio: Tacito testimonia che i celti mandavano i propri figli nelle
scuole romane perché potessero diventare cittadini romani a tutti gli effetti). Però il gallico-celtico rimane una lingua
feudale, il lessico è relativo alla famiglia e ai mestieri. Verso il V secolo la lingua celtica ormai non viene più usata
nemmeno in ambito familiare. Per quanto riguarda il lessico > una parte di esso è entrata in quello latino.
Non vi sono molti documenti, poiché i druidi, i depositari della cultura celtica, si tramandavano le tradizioni oralmente,
dunque abbiamo una settantina di iscrizioni e basta, però possiamo comunque capire quale sono state le influenze. Le
influenze sono di due periodi:
> alcune sono di un periodo più antico e poi sono penetrate nel latino comune, facendo in tempo a diventare parole
latine che hanno avuto variazioni nelle lingue romanze, anche se queste lingue non avevano il sostrato celtico:
parola “carro”, che indica il veicolo a quattro ruote, che non esistevano nella società romana;
parola “bracas” → non esisteva in latino;
parola “camisia” → in italiano si ha camicia, la seconda i diventa semivocale, poi influenza la consonante precedente e
dà l’affricata; in francese si ha “chemise” → quando la A è in sillaba libera pretonica diventa E (da tenere conto del fatto
che vi sono molte palatalizzazioni in francese, sia consonantiche che vocaliche fra cui la C che diventa I fra due vocali);
parola “camminum” → chemin in francese;
verbo “cambiare” → changer in francese, cambiare in italiano.
> parole di influenza più tarda:
parola “fuliggine” - “suie” in francese;
parola “culla”, diventata poi “bertium” latino → berceau in francese, bertz in provenzale;
parola “brogilum” (boschetto, vegetazione bassa) che dà breul (francese) e brolh (provenzale, occitano, l’italiano deriva
da questo → broglio e imbrogliare);
parola “birra” → cerveza in provenzale e in spagnolo, cervoise in francese, cervoglia in italiano.
In generale comunque si tratta di termini legati alla famiglia, esistono poi altri termini più specifici del dominio
lavorativo (charpentier/carpintero/carpentiere, copeaux in francese – che deriva da trucioli, termine celtico). Poi ci
sono termini relativi alla misurazione del territorio (leuca > lega; botna = confine).
Una parte interessante è quella relativa alla toponomastica > da un lato abbiamo il nome di tribù celtiche, che hanno
effettivamente lasciato il nome di attuali città/luoghi francesi; una seconda tipologia è rappresentata dai nomi di
luoghi, che hanno in sé un suffisso di tipo celtico, che indicava o “fortezza” o in generale “luogo difensivo”: - DUNUM
(castello, suffisso che veniva unito dopo il nome di una città per dire “castello di..”), -RATO (fortezza), -DURUM (porta).
La terza tipologia è data da espressioni che indicavano “proprietà di” > nomi composti con -ACUM che è un suffisso
che indica proprio quello. Però -acum non è presente dappertutto, ad esempio è totalmente assente nell’area occitana,
piuttosto invece è presente nella specifica area francese con le varie realizzazioni. Nell’area intermedia è presente - AC,
che nell’area occitana non esiste, c’è un suo corrispettivo di origine aquitanica: -OS. Ancora, in area occitana possiamo
trovare -OSCO, -ASCA, presenti anche in Liguria.
Fatti fonetici > le palatalizzazioni. In genere in francese molti fonemi palatalizzano, e questo è dovuto all’influenza del
celtico, alcune parole che in celtico terminano in -U, in francese diventano -IU. Si ha inoltre il passaggio A > E
(cambiamento/evoluzione della chiusura di un dittongo).

Elementi aquitanici. LL intervocalica che diventa R, L finale che diventa T (>TH). Molti pensano che questi tratti non
siano proprio aquitanici, piuttosto l’origine sarebbe ligure, perché ad esempio questo elemento lo troviamo anche in
Garfagnana (che ha, appunto, un sostrato ligure).
Altri tratti aquitanici sono: F > H, protesi vocali prima di R (ramu > arram), tendenza a conservare le sorde
intervocaliche (che porta ad una mancanza di sonorizzazione). Sempre in aquitanico abbiamo dei gruppi di parole simili
al basco, come -RRDO. Marsiglia era una colonia greca, chiama i latini per chiedere aiuto e insieme fondano altre città
del sud della Francia, nella zona aquitanica.

La Francia in generale dunque subisce più influenze: sostrato germanico al nord, sostrato latino al sud.

Fatti fonetici importanti > mantenimento delle parole che hanno la H (parole penetrate nella lingua volgare di
formazione, perché relative ad oggetti che non esistevano), vengono prese con la H che in lingua germanica aveva
valore di vera consonante (a differenza del latino) > tant’è vero che in francese le parole che iniziano per consonante H
di origine germanica sono segnate nei dizionari con *, che indica che è una consonante, e impediscono la liaison e
l’élision.
Es: ALTUS in latino non aveva la H, però in francese abbiamo haut, che viene da *HOH germanico).
Un altro fatto importante è l’evoluzione della fricativa bilabiale W, che diventa occlusiva velare G (WERRA > guerre).
Naturalmente possono esserci anche parole che sono entrate nel germanico dal latino > *wipera che deriva dal latino
VIPERA, diventando guivre in francese; wolf germanico deriva dal latino VULPIS, che in francese diventa goupil – nome
scomparso da poco in francese, soppiantato da renard.
Altri fatti possono essere i composti con -ARD e -ALD, poi abbiamo casi in cui i composti si presentano prima con
l’aggettivo e poi col nome (Neuve Ville, invece che Ville Neuve).
A livello di lessico, è interessante la parola germanica THORP (villaggio) > in toponomastica abbiamo molti nomi di città
che si compongono con questo nome, che poi ha avuto un’evoluzione semantica. Prima voleva dire villaggio, poi la
forma ha subito una metatesi, diventando TROP, penetrando poi nel latino comune, diventando TROPUS (dunque
abbiamo un cambiamento di forma e un cambiamento di significato, con un ulteriore passaggio da sostantivo ad
avverbio e relativo cambiamento di categoria grammaticale. Questa parola torna poi in francese moderno come
aggettivo.

Tutti questi elementi messi insieme hanno fatto sì che l’area galloromanza si differenziasse dalle altre. Il francese è la
lingua romanza che evolve di più, rispetto alle altre > tratti originali differenti, ma anche tratti evolutivi piuttosto spinti.
Palatalizzazione (di origine celtica): riguarda sia il consonantismo (KA), che il vocalismo (A>E).
Dittongazione: il francese dittonga più delle altre lingue, c’è sia il dittongo romanzo che il dittongo alla francese (per le
vocali chiuse), però questo tratto è anche evolutivo, oltre che originario, perché le dittongazioni progrediscono
talmente tanto che alcune poi monottongano.
Nasalizzazione: anche questo sia originario che evolutivo > fin dalla nascita abbiamo i cinque tratti vocali nasalizzati,
comuni solo al portoghese, che però sono anche evolutivi perché si riducono. La consonante/radice consonantica che
all’inizio aveva ancora valore sparisce, e la vocale diventa nasalizzata, nel corso del tempo, quando la sillaba è libera, si
denasalizza (es: bonne), cambiamento che risale al XVI secolo.
È presente anche la contrazione delle parole, cioè parole che si riducono essenzialmente per influenza dell’accento
germanico.

La Chanson de Roland.
La Chanson de Roland ci viene trasmessa tramite sette codici, più alcuni frammenti, quello di Oxford è il più antico e il
più corretto, datato 1130 circa ed è assonanzato (insieme alla versione franco-veneta, le altre cinque sono rimate).
Questo componimento tratta della battaglia di Carlo Magno contro i saraceni, in particolare dell’assedio di Saragoza da
cui si ritira poiché sta perdendo, e nel ritirarsi subisce un attacco sui Pirenei, dove morirà Rolando. Nella Chanson de
Roland sembra che siano i saraceni a compiere questo attacco, nella versione storica invece sono i baschi, però non si
può dire perché sono cristiani, come i francesi (connessione fra la corte francese e la cristianità) → si ha un continuo
richiamo al cristianesimo, che comunque echeggerà anche al di fuori dell’ambiente (es: la canzone di Santa Fede,
provenzale, nella quale ci si rifà alla Francia come modello etico cristiano).

Le prime due stanze sono molto interessanti: nella prima si inquadra Carlo Magno, nella seconda Marsilio, il re dei
Saraceni.

CARLES li reis, nostre emperere magnes, Carlo quel re, nostro grande imperatore, sette anni tutti pieni è
Set anz tuz pleins ad estet en Espaigne : stato in Spagna, fino al mare ha conquistato la terra altanera;
Tresqu’en la mer cunquist la tere altaigne. non c’è castello che davanti a lui rimanga, muro né città non è
N’i ad castel ki devant lui remaigne ; rimasto da frangere, tranne Saragoza, che è su una montagna
Mur ne citet n’i est remés a fraindre, (non è un fatto veritiero, però potrebbe essere o per dare idea
Fors Sarraguce, ki est en une muntaigne. di una città inespugnabile, oppure sta a significare bosco). Il re
Li reis Marsilie la tient, ki Deu nen aimet ; Marsiglio la domina, che Dio non ama, serve Maometto e
Mahumet sert e Apollin recleimet : Apollo richiama (i saraceni sono accomunati ai pagani, è
Nes poet guarder que mals ne l’i ateignet. aoi. un’informazione falsa). Non si può guardare che male non gli
venga (→ non ci si può preservare dal fatto che male gliene
venga).
LI reis Marsilie esteit en Sarraguce. Il re Marsiglio stava a Saragoza, e se ne è venuto in un
Alez en est en un verger suz l’umbre. boschetto all’ombra, sopra un sasso di marmo blu si colloca,
Sur un perrun de marbre bloi se culchet ; attorno a lui più di ventimila uomini. Egli ne chiama e i suoi duci
Envirun lui plus de vint milie humes. e i suoi conti: udite, o signori, quale fatto negativo incombe su
Il en apelet e ses dux e ses cuntes : di noi: l’imperatore Carlo di Francia, dolce in questo paese, è
« Oez, seignurs, quel pecchet nus encumbret : venuto a confonderci, io non ho un esercito che gli possa dare
Li empereres Carles de France dulce battaglia, né ho tali soldati che la sua possa sconfiggere,
En cest païs nos est venuz cunfundre. consigliatemi come i miei savi uomini, così mi potete guarire sia
Jo nen ai ost qui bataille li dunne, dalla morte che dalla vergogna. Non c’è pagano che una sola
Ne n’ai tel gent ki la sue derumpet. parola risponda, tranne Biaccandrino del castello di Valfonda.
Cunseilez mei cume mi savie hume,
Si me guarisez e de mort et de hunte ! »
N’i ad paien ki un sul mot respundet,
Fors Blancandrins de Castel de Valfunde.

> li reis: articolo li che deriva da illi, però messo in questo modo ha ancora la valenza di dimostrativo.
> Carolus → Carles, non è presente palatalizzazione.
> reis > deriva da rex, la X si sviluppa e diventa IS.
> emperere → deriva da imperator / imperatorem.
> magnes → non è rima, è assonanza, A tonica E atona.
> cunquist → le O chiuse diventano U, si chiudono, è un fatto anglo-normanno, parallelamente si ha anche la chiusura
della E in I.
> li reis → articolo.
Seconda lassa: tutta in assonanza con U tonica ed E atona.
> umes → la U dovrebbe essere O.
> empereres → abbiamo una S di troppo, viene aggiunta per analogia ai nomi della seconda.
L'OCCITANO

Importanza della lingua: legata all’importanza della letteratura trobadorica, risalente all’XI e al XII secolo, ma non solo
> anche alla Chansons des Gestes e ai romanzi. Però alcuni fatti storici hanno fatto sì che decadesse questo mondo
fatto di corti (1209: Crociata contro gli albigesi), allora anche la lingua e la cultura iniziano a perdere importanza. Un
altro fatto cruciale che ha contribuito a questa decadenza è il passaggio dell’Aquitania prima al re di Francia (Eleonora
d’Aquitania si sposa col re di Francia) e poi in seconde nozze all’Inghilterra > si perdono le caratteristiche di occitanità.
Poi ancora, l’acquisizione da parte del re di Francia di tutta l’area. Questi fatti hanno fatto sì che già prima dell’editto di
Francesco I del 1539 (che prescrive l’uso del francese come lingua della magistratura, andando contro l’uso del latino e
i vari idiomi), l’occitano fosse un dialetto parlato localmente, di uso familiare (un patois) > coscienza di appartenere ad
un certo gruppo idiomatico distinto rispetto al francese.
Ci sono stati molti tentativi di rinascita rispetto al francese:
· Area guascona, nel 1500, con Peire de Garros > precursore del messaggio mistraliano, esprime la volontà di
dotare il suo idioma di una grafia adeguata, considerandolo dunque non solo un idioma parlato ma anche
scritto.
· Nel 1600, Jasmin, un parrucchiere, scrive un libro di poesie, cercando di rendere la lingua con una grafia
coerente.
Sono tutti personaggi popolari, che fanno parte della borghesia o delle classi basse > si interessano dell’invenzione di
una grafia, diventano quasi letterati, fenomeno del popolo che cerca di innalzarsi, vogliono dar voce all’idioma locale.
· Nel 1800 anche i letterati vogliono legittimare la lingua occitana > Mistral. Viene portato avanti un processo di
legittimazione quasi parallelo a quello delle lingue volgari nelle epoche precedenti.

La lingua occitana è dotata di caratteri che la fanno assomigliare anche al catalano, in effetti sono entrambe lingue a
metà fra l’area galloromanza e l’area iberoromanza > due lingue vicine che si distinguono per pochi caratteri, anche se
importanti. Dal punto di vista morfologico: il catalano non ha il mantenimento della declinazione bicasuale, l’occitano
invece sì. Dl punto di vista vocalico: il dittongo AU in occitano si mantiene, è una caratteristica diversa rispetto al
francese (lo chiude, come il catalano); in occitano si ha il dittongo non spontaneo (condizionati, possono esserci o no),
in catalano non c’è più, forse lo ha avuto. In catalano si ha l’evoluzione AI > EI > E, in occitano no. Nell’area occitana
dunque penetrano forme catalane.
Il Ronjat ha portato avanti una prima classificazione dell’occitano, il quale, secondo lui, si può dividere in cinque aree >
nesso CAUSA FACH > nelle diverse aree si può avere causa o chausa, fach o fait (la palatalizzazione si ha più a nord,
perché deriva dal francese).
· Provenza: area causa/fach,
· Alpino-delfinatese: chausa/fach,
· Alvernate-limosino: chausa/fait (tratti più vicini ad una fonetica francese),
· Area guascona: causa/fait,
· Area lingua d’occiana (causa/fach) – area più propriamente occitana.

Ci sono altri due elementi da aggiungere > mantenimento o caduta della N mobile (mantenuta solo nelle aree laterali,
neanche in tutte – sponda sinistra del Rodano, a ovest di Tolosa), mantenimento nesso NT o caduta della T.
Sono elementi importanti per localizzare certi documenti (di archivio), che non hanno avuto una grande evoluzione dal
punto di vista delle copie. La lingua dei trovatori non serve per delimitare le zone, inoltre leggendo un testo non si può
capire l’origine di un autore > i copisti sono stati molti e via via si sono infiltrati elementi di vario tipo. La lingua
trovadorica è vista come una koiné (anche se ci sono dubbi a riguardo, alcuni la definiscono chimera). La lingua dei
manoscritti è diversa, in ogni manoscritto vengono fuori le caratteristiche areali.
La lingua di quest’area può essere studiata dai manoscritti che hanno avuto meno copie > lingua amministrativa, e poi
la letteratura didattica e scientifica, che ha avuto meno copie ed è più ricca dal punto di vista lessicale e
morfosintattica*.

L’occitano non è una lingua normalizzata > le scripte delle aree più antiche lo sono, perché prendono i vari caratteri
dell’area e poi le riuniscono, sono dunque lingue un po’ ricostruite, lingue non normative, più che altro legate al
territorio > ci sono però anche delle aree di interferenza, sia al livello del contatto col francese (frattura oc-oil, come il
pittavino che può avere caratteri del francese) e poi ci sono delle interferenze notevoli nell’area della lingua d’occiano,
soprattutto verso est con area provenzale e verso ovest con area del guascone. Complicazioni dunque per quanto
riguarda l’individuazione dell’area dei testi antichi.
A causa di queste bande interferenziali il Bec fa un’ulteriore divisione verticale della lingua occitana: a ovest distingue
la banda aquitanico-pirenaica (guascone, banda interferenziale lingua d’occiano, catalano), a est la banda alpino-
delfinatese e provenza (mantenimento N mobile). È una divisione più reale, anche se minore (sono solo tre zone), a
causa delle bande interferenziali.
Influenza primaria > idioma con caratteri misti fin dalla nascita, può avere caratteri provenienti da due aree limitrofe,
lingua che nasce già con caratteri eterogenei. Es. area a metà fra guascone e lingua d’occiano ha dei caratteri il cui tipo
di latino è stato visto particolare già da Plinio, perché ha dei caratteri guasconi, catalani e lingua d’occiani, dunque
appunto si parla di interferenza primaria.
Influenza secondaria > dovuta ad un fatto sociopolitico, si ha la sovrapposizione di due lingue > si infiltrano degli
elementi, è un fatto meccanico, successivo.
Nella zona occitana sono documentate entrambe le situazioni.

*Testi: possono definire bene la variazione diatopica all’interno del territorio. Bisogna comunque tenere presente il
fatto che alcuni documenti nascono in un’area e poi vengono copiati in un’altra area > influenza dei copisti sul testo.
All’interno dei testi didattici i testi medici costituiscono un numero notevole, inoltre risalgono a diversi anni >
evoluzione diacronica. Si ha poi la nascita del lessico scientifico, derivante dal latino, che però non sempre ha tutti i
termini adatti a rendere certi concetti, si ha una volgarizzazione > continuazione dal latino secondo regole generali,
oppure forme latine che vengono prese così come sono, prestiti, parole colte o semicolte, oppure evoluzioni particolari
basate su elementi vari.

Occitano moderno. Alla fine del XVIII secolo in generale la maggioranza della popolazione non era alfabetizzata sul
territorio francese > intensificarsi di attività scrittoria in tutta l’area della Francia, che nel Nord della Francia ha un certo
valore, nel Sud invece ha un valore maggiore perché si inizia a scrivere non in francese ma in occitano > identificazione
di una certa area e di un certo gruppo sociale > artigiani che vogliono dare importanza al loro gruppo, e iniziano a
scrivere, raggiungendo anche livelli alti.
Tale Jasmin della zona di Agià fra la fine del 1700 e l’inizio del 1800 inizia a scrivere dei versi, anche perché era favorito,
dato che la sua famiglia era una famiglia di chansoniers della lingua occitana, dunque aveva una certa coscienza
dell’oralità più forte rispetto a quella dei contemporanei. Verrà poi imitato da altri > si segue un percorso verso est > si
parte dall’area della Guascogna, quella di Tolosa, lungo il Rodano, ecc..
È una produzione che dal punto di vista dello scritto mette per iscritto la lingua occitana con delle varianti locali, si ha
dunque l’espansione di questo tipo di letteratura importante dal punto di vista linguistico e sociale, però si ha il
problema della codificazione > i poeti usano grafie diverse da zona a zona, ad un certo punto, quando lo scritto
occitano diventerà un fatto di dominio pubblico si tenterà di codificare la grafia:
· Primo tentativo nella provenza, della grafia Mistraliana, ideata da Roumanille, un amico di Mistral, basandosi
sui suoi scritti. È una grafia che rimane locale, è abbastanza distante dalla grafia dei trovatori, è vicina alla
lingua francese e non si presta per altri dialetti > resta legata al provenzale.
· Nel XX secolo ci sarà un altro tentativo, quello di Alibert (1936), che pensa ad un altro tipo di grafia, chiamata
occitana o classica. Si cerca di tornare alla grafia classica, dei trovatori, e di rendere una grafia che potesse
rappresentare le varianti di tutte le aree, sempre però utilizzando una medesima grafia. È una grafia che è
rimasta ancora adesso, ha l’obiettivo di superare i regionalismi. I promotori di questa grafia cercano di dare un
fronte compatto contro il francese. Non viene utilizzata in Provenza, perché c’è ancora chi continua ad
utilizzare la grafia mistraliana. Con questa grafia si vorrebbe dar corpo ad un’unione culturale e politica >
gruppo sociale compatto contro l’eccessiva predominanza del francese.
Autori come Lafont, linguista, è lui stesso l’autore di romanzi in occitano > per dotare l’occitano di un certo numero di
testi scritti in quella lingua.

Ci sono dei cambiamenti comuni in tutte le aree fra occitano medievale e quello moderno:
> importante è il cambiamento comune del passaggio di A finale a /O/, anche quando A è seguita dal plurale, dalla S
(es: titolo romanzo Mistral – Mireyo).
Es: aquelo, naturo, pèiro, camiso.
Medesimo fonema con grafie diverse > in grafia mistraliana abbiamo <o>, in grafia classica abbiamo <a>. Si nota che la
grafia mistraliana è più aderente all’idioma del luogo, invece la grafia classica vuole mantenere questa A, infatti
secondo i mistraliani la grafia classica non rende bene perché è troppo legata a quella dei trovatori.
> O che diventa U. Probabilmente esisteva già nell’epoca precedente, comunque è presente nell’occitano moderno. In
grafia mistraliana iene scritto come <ou>, mentre nell’altra sono scritte come <o>, i mistraliani si rifanno ad una
pronuncia francese.
> N mobile continua secondo gli usi medievali: mantenimento in Provenza e fra l’area del guascone e della lingua d’oca,
però la grafia è diversa poiché nella grafia mistraliana si mantiene, però nell’area del limosino la N non si pronuncia
però viene scritta lo stesso, il contrario è con la S, che cade nella zona provenzale invece viene mantenuta in tutto il
resto della zona occitana (in certe grafie si scrive e si legge, in altre si scrive ma non si legge).
> in tutte le grafie le E ed O aperte vengono rese con l’accento grave, invece quando sono chiuse non hanno accento, si
può usare l’accento acuto se c’è bisogno di far notare l’accentuazione.
> chiusura della vocale seguita dalla nasale (es: Chanson de Sainte Foi) > BONUM che diventa bon.
> due esiti della palatalizzazione o non palatalizzazione di KA e GA > cha e ja oppure ka e ga, a volte nei manoscritti
possiamo trovare entrambi gli esiti perché i copisti potrebbero essersi confusi.
> evoluzione del gruppo KT che può essere IT o CH, CH nelle grafie che viene reso con la C semplice, come in italiano
(es: resoulucion).
> per la N abbiamo la complicazione della grafia, così come per la S. Per la grafia mistraliana: la S non si pronuncia
dunque non si ha nemmeno nella grafia > lis escoulo (negli articoli la S viene mantenuta, anche nei determinativi) –
palatalizzazione del LAS e LOS > LIS (articolo generico per il plurale).

Brano tratto da “La rintrado au mas” > scritto in provenzale (sottovarietà del Rodano).
E qui stesso, in quell’ora avevo io 21 anni, il piede sulla soglia del mio maso paterno, con i miei occhi (iue) verso i
monti, fra me e me stesso presi la risoluzione: primeramente di rilevare in provenzale il sentimento di ragione che
vedevo appassirsi sotto l’educazione contro natura e falsa di tutte le scuole, secondariamente, di smuovere quel
rispetto per la restaurazione della lingua naturale e storica del paese, che tutte le scuole gli fanno guerra a morte;
terzamente di rendere (la vogo) al provenzale per l’afflato e la fiamma della divina poesia.

Da notare che tutte le S finali cadono, ma anche tutte le R finali.


Aquelo > quella.
Iue > la S non si pronuncia quindi non si scrive.
Proumieramen: non abbiamo la pronuncia della T, dunque non si rende in grafia.
Mantenimento della N mobile, che viene anche scritta educacioun.

Brano tratto da “Lou grand Baus” di Tennevin > varietà provenzale, grafia mistraliana.
Subitamente il ferro rimbombò su di una pietra liscia. Aloi allargò l’orlo per donargli l’imbuto e mise a nudo una pietra
che giaceva piatta. Il cuore gli batteva nel petto a grandi colpi. Si raddrizzò tutto sudato, per far cadere ( toumba >
cadono le R finali) la camicia che attorcigliò al pino. Intorno al solicolo (sole) che stava tramontando il cielo tirava verso
il verso. Nel biancore blueggiava come nave di falena, il monte Venturi.

Brano tratto dalla “Vida de Joan Larsinhac”, di Lafont > in lingua provenzale con grafia classica.
A finale resa in grafia come A, ma la pronuncia è O, la S è scritta ma non si pronuncia, U resa come O. Più difficile la
lettura.

Brano tratto da “La grava sul camin” > linguadociano con grafia classica.
La N mobile si mantiene nella grafia, però non si pronuncia.

Il francitan: lingua mista, fra francese ed occitano. Nel Medioevo l’occitano perde campo, il francese si espande
sempre di più per motivi politici, si ha una diglossia che implica un’idea di funzione diversa. Successivamente l’occitano
riprende campo, però si crea questo francitan > un miscuglio fra francese, visto come lingua alta, e l’occitano, visto
come lingua bassa. Ives Couderec nel 1974 parla di questa lingua per designare un processo di mescolanza linguistica
nella zona occitana.
LINGUA D'OCCIANA DELL'EST (PROVENZA)

Montpellier: scuola di medicina, erede della scuola di Salerno > importante area che ci trasmette moltissimi testi. Si
hanno dei testi addirittura tradotti dall’arabo, in volgare occitano.

1° fase: Manoscritto T., di Cambridge, Trinity College (903).


Manoscritto P., di Princetone, Garret 80.
Sono manoscritti dell’XI secolo, che testimoniano uno stato di lingua abbastanza antica, è una fase di transizione fra la
lingua d’occiana e quella provenzale, provengono da un’area di interferenza. Alcuni tratti sono comuni alle due aree
(tratti del causa fach), come ad es. causa, boca; palatalizzazione in CH del gruppo KT. Qualche elemento è più specifico
della Provenza (lo troviamo anche nei canzonieri, come nel Canzoniere F – Giraud), come una grafia strana: GH per CH.
Abbiamo anche i catalanismi nella grafia (interferenza secondaria) > NN e LL, che sono del catalano antico e
corrispondo alla nasale laterale, poi nel catalano moderno saranno NY e LY. Nella grafia occitana sarebbe stata NH e LH
(grafie normalizzate).
2° fase: Manoscritto D., di Basilea, II 11.
Non ha più questi usi catalani, perché appunto è successivo all’occupazione aragonese. Abbiamo sempre NH e LH,
quindi padelha per padella, felh, ecc. Siamo nell’area causa-fach, in più abbiamo anche qualche tratto dell’area
(sempre di Montpellier): grafia TH per T finale (forse era diventata fricativa).
3° fase: Manoscritto C., di Chantilly, Musée Condé, 330.
Troviamo un nuovo elemento: elemento francese, a livello di interferenza secondaria, non dovuta più al catalano. Non
siamo ancora nel 1500, ma capiamo che il francien ha già preso campo. Il francese viene aggiunto in maniera strana, e
si ha la formazione di ibridi > A + nasale che segue l’evoluzione francese (pain, certaine); palatalizzazione KA > CHA,
dando luogo a degli ibridi, con delle finali che sono provenzali (blancha, boucha e bouche). Parole di origine araba che
poi sono passate all’area iberoromanza e poi a quella catalana e successivamente provenzale: cocomero – alburdeca,
alburdecha (abbiamo quest’ultima). Vocale O che mostra spesso la grafia francese OU quando è atona > es:
coucombre.
Parole ancora più ibride: morfema plurale francese inserito in parola non francese > es: lumaca, limau di origine
pireneica/ area occitanica guascone > limassas plurale regolare in occitano, qui abbiamo limaux (X plurale francese).
Troviamo dunque due norme in conflitto > quella occitana e quella oitanica, avrà la meglio quest’ultima poi, nel XV
secolo passeremo a scritti completamente in francese.

Dunque nei manoscritti antichi abbiamo la norma occitana e quella catalana (che cerca di sovrapporsi), poi a questa
fase succede una fase epurativa > una delle due norme viene eliminata, sociolinguisticamente il catalano sparisce per
imposizione politica. Poi di nuovo abbiamo la stessa situazione: norma occitana e oitanica, ha la meglio, appunto,
quest’ultima, sempre per imposizione politica.
I raggruppamenti delle lingue sono meno vincolati rispetto alla divisione del Ronjat > ciò viene testimoniato da questi
manoscritti, che attestano anche la nascita di un lessico nuovo (grazie ai traduttori).

Prima tappa – erbario di Macer Floridus.


Nell’area a ovest di Tolosa c’è un’interferenza primaria, e ci sono fenomeni che si riscontrano ancora oggi (per esempio
negli studi di Fossat). L’eterogeneità è data da tratti guasconi, langue d’occiana e catalani: gli ultimi due tratti sono
quelli che si sono sviluppati maggiormente nel tempo.
Del tolosano (langue d’occiana) abbiamo le grafie, trasmesse soprattutto attraverso scriptae amministrative.

FATTI GRAFICI:
· [X] al posto di XS finale > es: lombrix (è un plurale)
· Consonante sonora finale (alcuni esempi si trovano nella Canzone di Santa Fede) > es: begud (bevuto), dreid
(dritto)
· NCH = Nh (N palatale)
· QUA per /KA/ - /QUA/ > probabilmente riflette una pronuncia velare che viene dal guascone.

FATTI FONETICI (per individuarli ci si basa sulle rime):


· Miech (mezzo) e cueyt (cotto), ai vv 75 e 76 > è un distico che non rima
COTTUS > coctus > KT che si risolve in YT o CH, dunque cueyt o cuech (il copista ha sostituito la seconda
coniugazione con la prima, a discapito della rima)
MEDIUM > DI > /ts/ > miech (fenomeno di defonologizzazione che confluisce in CH, fenomeno dell’occitano)

FATTI FONETICI GUASCONI:


· Escrich (scrive) e rais (radice), ai vv 492 e 493 > è un distico che non rima
ESCRITUS > escriptus > PT/KT che si risolvono in YT o CH > escrich (fenomeno tipico dell’occitano)
RAIS è una sostituzione del copista dall’originario raich (S iniziale o finale > IS), fenomeno presente anche in
aragonese. In certe aree al di là dell’Aragona addirittura il diventa /X/ (ossia J).
( S > /ts/ > /x/, ossia S > ch o x > j)
· Portará : siá > riduzione in iato, ossia quando c’è uno iato si tende a spostare l’accento sulla vocale aperta
(tendenza tipica anche del castigliano)

FATTI FONETICI CATALANI:


· AI > EI > E
· Formazioni terminanti in ER (che in francese fa AR)

In generale quest’area (Tolosa, Linguadoca, Catalogna) presenta la debolezza della R finale, e lo scambio fra M e N.

TRATTI SPECIFICI:
· Mantenimento della N mobile (es: pan)
· Pronuncia di PA con una leggera risonanza nasale nelle parole che hanno perso la N mobile (es: pang)
· Scomparsa totale della N mobile (es: pa)

Es: ben | ren > non si può sapere se si tratta di N mobile, perché potrebbe essere stata aggiunta dal copista.
Es: clauzen (chiudono) | ben > qui la N mobile è sicura, perché il morfema verbale deve presentare per forza la N.
Es: egalment (caduta della T) | enssens* (S aggiunta dal copista) > anche qui si è di fronte a una N mobile.

*aisens (occitano) + enssen (guascone) = enssens (incenso) > presumibilmente il copista era occitano, e tenta di
avvicinare il termine guascone al suo dialetto, poiché questo termine non esiste da nessun’altra parte.

TRATTI LESSICALI:
· Enssen
· Malora (camomilla) > attestata nel 1043, parola di origine catalana.
· Pericon
· Brona
I termini vengono creati dal traduttore, e di lì passando all’occitano, perché la lingua necessitava di lessico.

Il catalano ha molto influenzato il lessico scientifico dell’occitano, mentre nella poesia abbiamo il contrario. Grande
centro propulsore di ciò, perché ritrovo di traduttori delle due aree, fu Montpellier.
I manoscritti P e T presentano forme latine e volgarizzamenti > troviamo forme latine, forme latine scorrette,
formazioni popolari (provenienti anche dal catalano).
Es: avere la gotta > 1. Sansum fleuma (forma corretta), 2. Salsa fleuma (forma scorretta), 3. futa roia (calco popolare)
Il manoscritto B presenta solo volgarizzamenti attuati dai traduttori, che stavano riformando il lessico dei termini
scientifici mancanti.
Es: TENDRUM in latino voleva dire “tenero”, e dal suo significato si è passato l’aggettivo a nome per indicare la
cartilagine.
Es: ISTMON, termine latino che significava “parte generica del corpo”, praticamente non usato dai classici, viene usato
per indicare lo spazio che c’era fra la trachea e l’esofago.
Un’altra tendenza è quella di fare delle nuove terminazioni per sostituire quei termini che si consideravano complicati
e poco chiari.
Nel manoscritto C si specificano i termini sinonimici.
IL GUASCONE

Il guascone è l'idioma pià differenziato fra le varie aree dell'occitano, è addiruttura considerato come una lingua a se.
Addirtittura nel Medioevo lo consideravano alla pari del francese e del catalano.
Non abbiamo molti testi del guascone, in quanto in quell'ara che poi è quella occitana andavano seguite le regole
trobadoriche che prevedevano una scrittura occitana.
Possiamo vedere i caratteri del guascone in 60 documenti amministrativi.
Il testo esemplare, la prima attestazione del guascone è un discordo di Raimaud de Vaqueiras, in questa cobla vengono
usati il provenzale, l'italiano antico, il guascone, il galego portoghese

Vari tratti del guascone:


-uno è l'isoglossa che divide il guascone dalla lingua dociana
-confusione fra b e v
-passaggio da l lunga intervocalica ad r
-evoluzione l lunga finale a t o th
-conservazione della labiovelare w
-sviluppo di una a davanti a r
-e ed o aperte rese con accento grave
-uso di un passato remoto in -ec
-uso sintattico di un quo epidittico
-evoluzione f a h

ERAN QUAN VEY VERDEYAR


Sono 6 coblas singolari, tutte una in rima diversa riseptto all'altra, tutte da 8 versi tranne l'ultima che è una tornata che
è di 10. Vengono usate 5 lingue:
1) occitano
2) italiano
3) francese
4) guascone
5) ibero-romanzo (probabilmente galego portoghese)
6) tutte le precedenti

PARTE 1.
Tr. Ora quando vedo verdeggiare prati e giardini e boschi voglio cominciare un discordo d’amore, per cui vado
errando, perché una donna soleva amarmi, ma il suo animo è cambiato, per cui faccio discordare le parole e i suoni
e le lingue.
-VEY → /vegg’/ che proviene da VIDEO dove la E diventa I semivocale; D + I semivoc viene /ʤ/ (pronuncia ge), Ĭ
diventa E
-VERDEYAR → VIRDIS più ARE
-PRATZ → prates
-VERGIERS → prestito francese, la A sarebbe rimasta A in occitano [VERGARS]
-VUELH → con dittongo; sarebbe VOLEO ma abbiamo L+ I semivocale (che condiziona la formazione del dittongo)
-IEU → dittongo da EGO (Legge di Foech, in cui erano definiti gli specifici casi in cui avviene, di solito se fonemi palatali
o di vario tipo che possono influire)
-VAUC → VADO, che per analogia con altri verbi in cui c’è AU, prodotto da una vocalizzazione di una L
-SOL → SUOLE Non c’è il dittongo perché non ci sono elementi che lo possono indurre
-CORATGES → da coraticum (inglese e spagnolo)
-SOS → deriva da SŎNUS ma non ci sono elementi per indurre il dittongo. C’è la mancanza di N mobile. In italiano fa
SUONO con dittongo. In occitano non abbiamo dittongo, elementi che possono indurlo e quindi si verifca a caduta
della O. Da O aperta si passa a O chiusa perché c’è una nasale che in occitano porta alla chiusura della nasale (al
contrario del francese). Quando la N si trova nell’ultima sillaba (diventando finale quando chiude l’ultima parte), ci
chiama N mobile, in certe aree viene mantenuta mentre in altre cade (più tipico) soprattutto per questioni di rima. Per
il plurale possiamo avere SOS o SONS; in alcuni casi SO per il singolare e SONS per il plurale E ٠LS → E LOS: tolta la
vocale per il numero di sillabe

PARTE 2.
Tr. Io sono quello che non ho bene né mai l’avrò, né d’aprile né di maggio, se non l’ho dalla mia donna; di certo nella
sua lingua non so dire la sua gran bellezza, più fresca d’un fiore di gladiolo, per cui non me ne separerò.
-BEN → non ha dittongo in italiano perché qua è considerato in posizione atona
-AIO → AGGIO entrata nella formazione del futuro [AIIO derivante da ABEO]
-CHU → PLUS in genovese (come in portoghese): PL da luogo alla fricativa /ʧ/
-FLOR → forma occitana
-GIAIO → gruppo consonantico tipico occitano

PARTE 3.
Tr. Bella dolce cara signora, a voi mi do e mi concedo; non avrò mai gioia completa se io non ho voi e voi me. Siete
davvero una mala nemica, se io muoio per la mia buona fede, ma mai in nessun modo mi allontanerò dal vostro
dominio.
-CHIERE, dove A del CARA latino diventa IE > E solo su sillaba libera
-DOUCHE →affricata dentale
-DOIN→ sviluppo grafico per rendere la nasale, che all’epoca non era ancora completa (scompare l’appendice
Consonantica, fase più evoluta del portoghese)
-MI → provenzale JOI →deriva da GAUDIA, neutro plurale considerato come femminile singolare con le debite
evoluzioni: Palatalizzazione del g , AU che si chiude in O, D che chiude perché vicino a I semivocale.
In JOIE OI è dittongo avventizio che si legge /wa/

PARTE 4.
Tr. Signora, io mi rendo a voi perché siete la più buona e bella che mai fosse, e gagliarda e valente, se solo non mi
foste tanto ostile. Avete bellissime fattezze e colorito fresco e giovane. Sono vostro, e se vi avessi non mi potrebbe
opprimere nulla.
-BOS → variante rispetto alla forma interna B e V si confondono → BOS = VOS
-DAUNA → sviluppo nasale prima di una vocale, che in genere è una U
-BERA→ al posto di LL c’è R rotata
-NOERA → LL > R novella
-FOS → F > H dovrebbe essere HOS
-HAISON → dire la FACTIO – FAZON – HAISON
-HRESCA → si vede la differenza dello spagnolo; quando i baschi si sono uniti con i castigliani, nel momento della
Reconquista
HIERA → FIBULELLA

PARTE 5.
Tr. Ma tanto temo il vostro giudizio che ne sono tutto spaventato. Per voi ho pena e affanno, e la mia persona ferita:
la notte, quando giaccio nel mio letto, mi risveglio continuamente; e poiché non ottengo mai nulla ho errato nel
pensiero che ho concepito.
-PREITO → deriva da PLACITUM
-AI > EI CORPO – CUERPO in spagnolo
NOIT → occitano (NOITE in portoghese)
VETZ →un’occitanismo perché sarebbe VECES in portoghese
MOCHAS → spagnolo

PARTE 6.
Tr. Bel Cavaliere, tanto è preziosa la vostra onorata signoria che ogni giorno sono sgomento. Ohimè! Che farò se
colei che ho più cara mi uccide, non so perché? Mia signora, per la fede che vi devo e per la testa di santa Quiteria, il
cuore mi avete tratto via e nobilmente parlando rubato.
-BELHS CAVALIERS→ vocativo sempre in declinazione uguale al nominativo (cas sujet)
-SENHORATGES → lasciato dall’occitano
-SELE → grafia S per /ç/ HE → fede (cade la seconda parte e poi la F diventa H)
-FAULAN → FALAN in portoghese. Qui occitano

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