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Obiettivo di questa prima unità è fornire alcune nozioni essenziali di fonetica, cioè relative ai
suoni della lingua latina.
1. L’alfabeto
L’alfabeto lat. è costituito da 23 lettere:
A B C D E F G H I K L M N O P Q R S T V X Y Za
be ce de e ef ge ha i ka el em en o pe qu er es te u ix hy zeta
I Latini non distinguevano fra il suono u e il suono v; dal punto di vista grafico, utilizzavano
sempre u come minuscola, sempre V come maiuscola. Z e x sono consonanti doppie, cioè
costituite da una muta [d o c] + la spirante s.
2. La pronunzia
Si danno qui le indicazioni essenziali per la pronunzia ‘ecclesiastica’, che, propria della Chiesa
cattolica, è diffusa nella scuola italiana. È bene tuttavia tener presente che essa non coincide
con la pronunzia ‘classica’, quella storicamente vera almeno fino al II sec. d.C.
Secondo la pronunzia ‘ecclesiastica’ la velare sorda c e quella sonora g davanti a e e a i si
pronunziano rispettivamente ce e ge, ci e gi, cioè con suono palatale, come in italiano.
I dittonghi ae e oe si pronunziano e. Altri dittonghi sono: au, eu, e – più rari – ei (nella
particella esclamativa ei), ui (in huic e cui), yi in grecismi (come Harpyia).
Ph si pronunzia f.
Il gruppo ti seguito da vocale si pronunzia zi (es. militia: pron. milízia); si pronunzia ti se la
i è lunga e accentata, se il gruppo è preceduto da s, t, x (hostia, Vettius, commixtio), nei nomi
greci (es. Boeotia: pron. Beótia).
Il gruppo gn si pronunzia come in italiano.
La labiovelare sorda q è sempre accompagnata da u sia quando si pronunzia sia quando si
scrive; perci tale u non ha valore di vocale e il semplice qu non costituisce una sillaba, ma la
sillaba è data da qu + la vocale che segue, p. es. o in sequor (se-quor). Lo stesso vale per la
labiovelare sonora gu prevocalica (cioè posta prima di una vocale) se è preceduta da n, come
in anguis: an-guis; ma exiguus si sillaba ec-si-gu-us, quindi in questo caso gu è una sillaba.
L’h è muta.
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quella lunga si indicano rispettivamente col segno ˘ e col segno ¯ posto sulla vocale. Si
distingue la quantità di vocale da quella di sillaba. La sillaba – l’unità minima della catena
fonica dotata di autonomia fonologica – pu essere costituita da una sola vocale oppure da
una vocale preceduta e/o seguita da una o più consonanti.
Ai fini della quantità della sillaba conta esclusivamente la consonante che segue la vocale e
che pertanto – con termine tecnico – ‘chiude’ la sillaba. La consonante di chiusura aggiunge
una certa quantità a quella della vocale, per cui la sillaba risulta lunga (anche se la vocale è per
sua natura breve). Le sillabe si distinguono in aperte e chiuse. Le prime sono prive di
consonante di chiusura, le seconde – al contrario – presentano almeno una consonante che
chiude la sillaba. Tutte le sillabe chiuse sono lunghe; le sillabe aperte sono lunghe se la
loro vocale è lunga, sono brevi se la loro vocale è breve. I dittonghi, costituiti da una vocale
seguita da un’altra ‘vocale’ che in realtà svolge la funzione di una consonante ed è perci detta
‘semivocale’ (o ‘semiconsonante’), sono sempre lunghi, in quanto sillabe chiuse.
In lat. la divisione in sillabe segue – in linea di massima – i criteri che si applicano in ital.,
ma tra le due lingue sussistono importanti differenze. Un gruppo composto da due consonanti
si divide in modo tale che la prima consonante vada con la vocale che precede il gruppo, la
seconda con la vocale che lo segue: quindi, come in ital., cor-pus, al-tus, bel-lum. Ma,
diversamente che in ital., questa regola si applica sempre, per cui in lat. abbiamo: magnus;
magis-ter; gaza: gad-sa; hos-tia; as-per; maximus: mac-simus.
Il gruppo muta cum liquida (‘consonante muta con liquida’), del tipo tr, pl pu scandirsi
come tr o t-r, pl o p-l: pa-tres o pat-res.
Qualora la vocale sia seguita da più di due consonanti, solo l’ultima di queste si unisce con
la vocale per segue: dexter: decs-ter. Fa eccezione il gruppo muta cum liquida: dextra: decs-
tra.
Nel caso di composti, si applica la divisione etimologica: sub-egi, ab-actum, de-scendo, ex-
erceo, in-ambulo.
4. Le leggi dell’accento
La legge fondamentale che regola l’accento in lat. è la legge della penultima sillaba:
la sillaba che regola l’accento di parola in lat. è la penultima: quando la penultima è
lunga, essa porta l’accento; quando è breve, l’accento arretra sulla terzultima sillaba
(indipendentemente dalla quantità della terzultima).
Le altre due leggi sono quelle del trisillabismo (l’accento non pu in nessun caso
arretrare oltre la terzultima sillaba) e della baritonesi (l’accento non pu cadere
sull’ultima sillaba: casi come adhúc, addúc ecc. sono apparenti eccezioni: tali parole
derivano, per apocope, da originari adhuce adduce).
Queste tre leggi regolano l’accento di parola. In latino ci sono dei composti, detti nessi
encliticali, ai quali non si applicano le leggi dell’accento. Essi sono costituiti da una parola
ortotonica (cioè con un proprio accento) e da un’enclitica, come -que, -ve ecc. L’enclitica è
una parola che, mancante di accento proprio, si unisce a quella che la precede, formando
così un nesso encliticale. A questo si applica l’accento d’ènclisi, il quale cade sempre sulla
sillaba che precede l’enclitica, anche se tale sillaba è breve. Ci non deve stupire, perché la
legge della penultima si applica solo all’accento di parola, quindi non al nesso encliticale, a cui
si applica l’accento d’ènclisi. Pertanto rosăque si legge rosáque. In alcuni di questi nessi – p.
es. itaque (‘così, pertanto’) – col tempo si è costituita un’unità semantica (cioè di significato);
dal nesso encliticale siamo passati alla parola, a cui ovviamente si applica la legge della
penultima: pertanto ităque si legge ítaque.
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ESERCIZI
Soluzioni
Se per ogni esercizio sono stati commessi più di tre errori, occorre ristudiare l’unità prima di
passare a quella successiva.
UNITÀ 2
Obiettivo di questa unità è fornire le prime, parziali informazioni sulle forme del nome, in
particolare sui nomi della I e della II declinazione.
1. Il nome
Come in ital., anche in latino nel nome si distinguono genere e numero. Diversamente
dall’ital., il nome pu essere di tre generi: o maschile, o femminile, o neutro. Anche se nomi
di esseri animati possono essere neutri e, d’altra parte, nomi di cose possono essere maschili o
femminili, in linea di massima si pu affermare che maschili e femminili sono i nomi di esseri
animati, neutri i nomi di cose. Sono femminili i nomi di piante, città, regioni. I nomi dei frutti
sono neutri.
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Per quanto riguarda il numero, in lat. – come in ital. – si distinguono il singolare e il
plurale.
Diversamente che in ital., il nome lat. presenta un’ulteriore caratteristica: il caso. Il latino è
una lingua flessiva, cioè il nome viene flesso (o declinato): questo significa che, a seconda
della funzione sintattica che esso svolge nella frase (soggetto, compl. oggetto, altro
complemento) varia la parte finale – detta desinenza – del nome stesso; proprio la
desinenza (oltre – in alcune circostanze – alla preposizione) ci dice la funzione sintattica svolta
dal nome in una specifica frase. L’insieme di tali funzioni e quindi delle desinenze del
nome si chiama declinazione.
In latino tutti i nomi sono ripartiti fra cinque declinazioni; esse si individuano in base al
tema, che è dato dal genitivo plurale:
Un comodo sistema empirico consiste nel distinguere le declinazioni sulla base della
desinenza del genitivo singolare:
I casi sono sei, disposti in un ordine fisso, che è il seguente: nominativo, genitivo, dativo,
accusativo, vocativo, ablativo.
Il nom. è il caso del soggetto, del compl. predicativo del sogg. e del predicato nominale.
Il gen. è il caso del compl. di specificazione.
Il dat. è il caso del compl. di termine.
L’acc. è il caso del compl. oggetto, del compl. predicativo dell’oggetto ecc.
Il voc. è il caso del compl. di vocazione.
L’abl. è il caso dei complementi di allontanamento, mezzo, modo ecc.
Il nom., l’acc. e il voc. si definiscono casi diretti, perché collegati direttamente al verbo;
viceversa il gen., il dat. e l’abl. si dicono casi indiretti.
Tra i sei casi della decl. solo l’acc. e l’abl. possono essere accompagnati da preposizione
(per indicare specifici complementi).
2. La I declinazione
La I decl. comprende esclusivamente nomi femminili (in maggioranza) e maschili; mancano i
neutri. Es.: rosa ‘rosa’:
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Singolare Plurale
N.B.: le desinenze sono le medesime tanto per il maschile quanto per il femminile: quindi
come rosa, che è femminile, si declina anche, p. es., agricŏla (‘agricoltore’), che è maschile.
Le I decl. presenta dei nomi che hanno solo il plurale (pluralia tantum): divitiae ‘ricchezza’,
insidiae ‘insidia’, minae ‘minaccia’, nuptiae ‘nozze’, Athenae ‘Atene’, Syracusae ‘Siracusa’,
Thebae ‘Tebe’.
In espressioni del tipo ‘padre di famiglia, figlio di famiglia ecc.’ il gen. sing. di familia pu
essere quello arcaico familiās: quindi pater familias, filius familias ecc.
3. La II declinazione
La II decl. è costituita da nomi maschili, femminili e neutri. Il nome neutro ha sempre il
nom., l’acc. e il voc. uguali fra loro. I nomi masch. e femm. hanno le stesse desinenze in tutta
la decl.; i neutri differiscono soltanto nel nom., acc. e voc. del sing. e del plur.
Singolare Plurale
5
Singolare Plurale
Si noti che il gen. dei nomi in -ĭus (come filĭus ‘figlio’) e in -ĭum (come auxilĭum ‘aiuto’) esce
in -ī, derivante dalla contrazione della -i- del tema e di quella della desinenza.
Della II decl. fanno parte alcuni nomi masch. che al nom. sing escono in -er, come puer
(‘fanciullo’) e aper (‘cinghiale’).
Puĕr
Singolare Plurale
Aper
Singolare Plurale
Come puer, tranne che nel nom. e nel voc. sing., si declina l’importante nome vir ‘uomo
(maschio)’.
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Tra i nomi che hanno solo il sing. (singularia tantum), si ricordano – oltre a pontus ‘mare’ e
letum ‘morte’ – quelli indicanti materia: aurum ‘oro’, argentum ‘argento’ ecc.
Pluralia tantum sono alcuni nomi di città (Pompeii, -orum ‘Pompei’, Delphi, -orum ‘Delfi’
ecc.) e alcuni nomi comuni: exta, -orum ‘viscere’, infĕri, -orum ‘gli dei inferi’, libĕri, -orum ‘i
figli’ (maschi e femmine), postĕri, -orum ‘i posteri’, supĕri, -orum ‘gli dei superi’.
Alcuni nomi hanno un significato al sing. e un altro, diverso, al plur.; ecco qualche esempio:
auxilium ‘aiuto’; auxilia ‘truppe ausiliarie’; castrum ‘castello’; castra ‘accampamento’;
impedimentum ‘impedimento’; impedimenta ‘salmerie, bagagli’.
Cominciamo a riflettere.
Leggiamo queste due forme del nome rosa: rosă e rosā. Qual è la differenza? La diversa
quantità della desinenza induce a tradurre diversamente: come si rende la prima forma? Come
la seconda?
Box 11 (Autovalutazione):
1) agricolam è: acc. sing., acc. plur., gen. plur.
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2) puellas è: acc. sing., acc. plur., abl. plur.
3) poetarum è: gen. sing., abl. plur., gen. plur.
4) fagos è: acc. plur., acc. sing., dat. plur.
5) proeliorum è: acc. sing., gen. plur., nom. sing.
6) pugnas è: acc. sing., acc. plur., abl. plur.
7) equorum è: gen. plur., abl. sing., dat. plur.
ESERCIZI
1) Per esercitarti declina ciascuno dei seguenti nomi: puella incola cura femina
populus (popolo) agnus templum donum.
UNITÀ 3
Gli obiettivi di questa unità consistono nell’illustrare gli aggettivi della I classe, la I
coniugazione verbale e la coniugazione di un verbo fondamentale come sum = ‘essere’.
Singolare
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Maschile Femminile Neutro
Plurale
Oltre a questo tipo di aggettivi, la I classe comprende anche quelli che escono in -er, -a, um:
questa seconda categoria si suddivide in due gruppi, a seconda che la -e- si conservi o non
davanti a r nel resto della decl. del masch. e nella decl. del femm. e del neutro.
Es.: miser, -era, -erum ‘misero’:
Singolare
Plurale
9
Maschile Femminile Neutro
Singolare
Maschile Neutro
Plurale
10
5. La I coniugazione
Il verbo latino, come quello ital., presenta diatesi, modo, tempo, numero, persona.
Diversamente che in ital., il verbo lat. ha non solo la diatesi attiva, passiva e riflessiva, ma
anche deponente. I verbi deponenti hanno forma passiva, ma significato attivo (saranno
studiati nell’Unità 5). I modi si distinguono in finiti e infiniti. I primi, diversamente dai
secondi, sono dotati di numero e persona. I modi finiti sono indicativo (modo
dell’oggettività), congiuntivo (modo della soggettività) e imperativo (modo del comando). I
modi infiniti sono infinito, gerundio, participio e supino.
Tutte le voci verbali derivano ciascuna da uno dei tre temi fondamentali: il tema del
presente, il tema del perfetto, il tema del supino. L’insieme di queste tre forme costituisce il
paradigma, che è interamente riportato dal dizionario.
I verbi regolari latini sono raggruppati in quattro coniugazioni, le quali si distinguono
sulla base dell’uscita dell’infinito presente attivo (come in ital.). Pertanto abbiamo i verbi in -
āre (I coniugazione), -ēre (II coniugazione), -ĕre (III coniugazione), -īre (IV coniugazione). Si
dà ora il prospetto della I coniugazione attiva: es.: laudo ‘lodo’:
Indicativo
Presente
P. laud-āmus
laud-ātis laud-ant
Imperfetto
P. laud-abāmus laud-
abātis laud-ābant
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Futuro primo
P. laud-ābimus laud-
ābitis laud-ābunt
Perfetto
P. laudav-ĭmus laudav-
istis
laudav-ērunt o laudav-ēre
Piuccheperfetto
P. laudav-erāmus laudav-
erātis laudav-ĕrant
Futuro secondo
P. laudav-erĭmus
laudav-erĭtis laudav-ĕrint
Congiuntivo
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Presente
P. laud-ēmus
laud-ētis laud-ent
Imperfetto
P. laud-arēmus laud-
arētis laud-ārent
Perfetto
P. laudav-erĭmus
laudav-erĭtis laudav-ĕrint
Piuccheperfetto
P. laudav-issēmus laudav-
issētis laudav-issent
Imperativo
Presente
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S. laud-ā loda
P. laud-āte lodate
Futuro
P. laud-atōte loderete
laud-anto loderanno
Infinito
Presente laud-āre
lodare
Perfetto laud-avisse
aver lodato
Futuro
laudat-ūrum, -ūram, -ūrum,
-ūros, -ūras, -ūra esse stare per lodare
Participio
Gerundio
laud-andi di lodare laud-
ando a lodare (ad) laud-
andum a lodare laud-
ando con il lodare
Supino
laud-ātum a lodare
6. Il verbo sum
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La coniugazione di sum (‘essere’) è irregolare.
Eccone il prospetto:
Indicativo
Presente
P. sumus
estis
sunt
Imperfetto
P. erāmus
erātis
erant
Futuro primo
P. erĭmus
erĭtis
erŭnt
Perfetto
P. fuĭmus
fuistis
fuērunt o fuēre
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Piuccheperfetto
P. fuerāmus
fuerātis fuĕrant
Futuro secondo
P. fuerĭmus
fuerĭtis fuĕrint
Congiuntivo
Presente
P. simus
sitis
sint
Imperfetto
P. essēmus
essētis essent
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Perfetto
P. fuerĭmus
fuerĭtis fuĕrint
Piuccheperfetto
P. fuissēmus
fuissētis fuissent
Imperativo
Presente
es sii
este siate
Futuro esto
sarai
esto sarà
Infinito
Presente
esse essere
Perfetto
fuisse essere stato
Futuro
futurum, -am, -um; -os, -as, -a esse ovvero
fore stare per essere
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Participio
Futuro
futurus, -a, -um che sarà
Cominciamo a riflettere.
Traduciamo in latino il sintagma ‘l’alto faggio’: con il nom. sing. fagus (femminile) si accorda
la forma alta o altus?
Box 6 (Suggerimenti): Nel tradurre una frase latina bisogna cominciare dal verbo; da questo
si risale al sogg. (col suo attributo, se c’è); successivamente si individuano gli eventuali
complementi (con gli eventuali, rispettivi attributi), gli avverbi ecc. L’ordine delle parole in
latino è spesso diverso che in italiano; si tenga conto che l’ordine delle parole in ital. è
essenziale per il senso della frase: Marco loda Antonio ha un senso diverso da Antonio loda
Marco. Poiché il latino è una lingua flessiva, e quindi i rapporti sintattici dipendono dalle
desinenze, non dall’ordine delle parole, il senso resta invariato in tutti i seguenti casi:
Marcus Antonium laudat; Antonium Marcus laudat; Marcus laudat Antonium. Del verbo il
dizionario riporta il paradigma, che va memorizzato. Se non ricordi le nozioni relative a
sostantivo, attributo e coniugazioni verbali in italiano, leggi attentamente la pagina dedicata
al Supporto.
Box 8 (Supporto): Anche in ital. l’agg. concorda con il nome a cui si riferisce in genere e
numero: un albero alto; la pagina bianca. In sintassi per indicare il nome si usa il termine
‘sostantivo’; l’agg. prende il nome di ‘attributo’. L’agg. pu svolgere anche la funzione di
sostantivo: i buoni saranno premiati. Forma attiva del verbo in ital.: io leggo il libro.
Forma passiva del verbo in ital.: il libro è letto da me. Forma riflessiva del verbo in ital.: mi
sono specchiato nelle acque del lago. In ital. le coniugazioni del verbo sono tre,
rispettivamente in -are, -ere, -ire. Come in latino, anche in ital. Il verbo ‘essere’ è
irregolare.
Box 9 (Approfondimento): Il gerundio è la flessione delle forme nominali del verbo: es.:
amandi = ‘dell’amare’. Il participio lat. si traduce spesso con un gerundio italiano: es.:
certans obiit = ‘morì combattendo’. L’imperativo futuro, piuttosto raro, era adoperato, per
es., nei testamenti. Non sempre il congiuntivo si trova in proposizioni dipendenti; esso pu
trovarsi anche in proposizioni indipendenti: es.: laudemus discipulos = ‘lodiamo gli alunni’.
Laudemus è qui congiuntivo – indipendente – con valore esortativo.
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Box 11 (Autovalutazione):
1) con il nom. plur. agricolae si accorda: boni, bonis, bonos.
2) con puellas si accorda: doctae, doctis, doctas.
3) la 2ª pers. sing. dell’indic. futuro primo di puto è: putaveras, putabis, putabas.
4) fueras si traduce: ‘sei stato’, ‘sarai stato’, ‘eri stato’.
5) amavero si traduce: ‘amer ’, ‘avr amato’, ‘avevo amato’.
6) sit si traduce: ‘che egli sia’, ‘che egli sia stato’, ‘che io sia stato’. 7) magnorum è: acc.
sing., gen. plur., acc. plur.
ESERCIZI
2) Tradurre i seguenti sintagmi costituiti da nome + agg.: populus alta, populi magni,
multorum incolarum, doctae puellae, fagus alta.
Traduzioni indicative: l’alto pioppo, dell’alto pioppo, pioppo alto; al grande popolo, del
grande popolo, col grande popolo; dei molti abitanti, i molti abitanti, ai molti abitanti;
alle dotte fanciulle, le dotte fanciulle, per le dotte fanciulle; l’alto faggio, faggio alto,
sull’alto faggio.
4) Tradurre le seguenti voci verbali: putavi fuisti sitis certans vocavisse es cantabo optaveras
indicavero indĭcem litigaveramus simus impĕra ero amaret fueramus.
Traduzioni indicative: io pensai, io pensavo; tu eri, tu fosti; che voi siate, che voi
foste; combattenti, combattente; aver chiamato, chiamare; tu sei, tu sarai; canterà,
canter ; avevi desiderato, aveva desiderato; avr indicato, indicher ; che io indichi,
che egli indichi; avevano litigato, avevavmo litigato; che noi siamo, che noi fossimo;
comanderai, comanda; sar , ero; che egli amasse, che tu amassi; eravamo stati,
eravate.
6) Tradurre le seguenti frasi: Agricolae multi sunt. Laudemus Athenarum incolas. Agricola
agrum arat. Paulus Antonium laudavit. Magister discipulos laudabit. Magnum concordiam
bonum puto. Magna est Athenarum gloria. Iram vitate. Nautarum vita iucunda non est.
Oppidum antiquum fuit. Athenae sub (‘sotto’) imperio tyranni erant. Cloeliae animum
laudate. Multae sunt Italorum copiae.
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la concordia un grande bene. La gloria di Atene è grande. Evitate l’ira. La vita dei
marinai non è piacevole. C’era (ci fu) un’antica città. Atene era sotto il comando di un
tiranno. Lodate l’animo di Clelia. Le truppe degli Italici sono molte.
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UNITÀ 4
La III declinazione.
1. La III declinazione
È la declinazione che comprende il maggior numero di nomi, ed è anche la più articolata. Ne
fanno parte nomi masch., femm., neutri. I nomi della III decl. si distinguono in due grandi
gruppi: quelli che hanno il tema in consonante e quelli che hanno il tema in -i. Come si è
accennato nella Unità 2, il tema si ricava dal gen. plur.; es. di tema in cons.: corpor-um; es. di
tema in -i: monti-um. Si dà ora il prospetto delle desinenze dei nomi masch. e femm. della III
decl.:
Singolare Plurale
I nomi neutri hanno – oltre, ovviamente, all’acc. e al voc. sing. uguali al nom. sing. – nom.,
acc. e voc. del plur. in -ă.
Singolare Plurale
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Es.: corpus, corpŏris (neutro) ‘corpo’:
Singolare Plurale
Singolare Plurale
Hanno il tema in -i – e quindi il gen. plur. in -ium – alcuni nomi masch. e femm. che
presentano almeno due consonanti davanti alla desinenza del gen. sing. (dens, dentis ‘dente’,
mons, montis ‘monte’ ecc.); alcuni nomi come mus, muris ‘topo’, mas, maris ‘maschio’, nix,
nivis ‘neve’; nomi di popoli che al nom. sing. escono in -as e -is (gen. sing. rispettivamente in
-ātis e -ītis), come Arpinás, Arpinātis ‘Arpinate’, Samnís, Samnītis ‘Sannita’.
Alcuni nomi neutri in -ĕ, -ăl, -ăr hanno – oltre al gen. plur. in -ium – l’abl. sing. in -ī, il nom.,
l’acc. e il voc. plur. in -iă. A questa categoria appartengono nomi come mare ‘mare’, tribūnal
‘tribunale’, calcar ‘calcare’.
Alcuni nomi masch. e femm. hanno l’acc. sing. in -im e l’abl. sing. -ī; esempi: sitis ‘sete’,
tussis ‘tosse’, Carălis ‘Cagliari’, Neapŏlis ‘Napoli’. Altri nomi hanno l’acc. sing. sia in -em
che in -im; esempi: febris ‘febbre’, securis ‘scure’, turris ‘torre’.
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Anche la III decl. presenta dei nomi che hanno solo il sing. (lac, lactis ‘latte’, piĕtas, pietatis
‘pietà’, sanguis, sanguinis ‘sangue’, ver, veris ‘primavera’ ecc.) e nomi adoperati solo al
plurale (Bacchanalia ‘Baccanali’, Alpes ‘Alpi’, Penates ‘Penati’, moenia ‘mura’ ecc.).
Della III decl. fanno parte alcuni nomi la cui declinazione utilizza temi diversi:
1) Iuppĭter (m.: ‘Giove’), Iovis, Iovi, Iovem, Iuppĭter, Iove;
2) iter, itinĕris (n.: ‘viaggio’): al di fuori di nom., acc. e voc. sing., utilizza il tema itinĕr-.
3) vīs (f.: ‘forza’), robŏris, robŏri, vim, vīs, vī; plur.: vires, virium, viribus, vires, vires, viribus.
Cominciamo a riflettere
Spesso ci capita di ascoltare la celebre frase homo homini lupus: come si traduce?
Box 6 (Suggerimenti): [1. Traduzione del periodo] Nel tradurre un periodo bisogna anzitutto
individuare la proposizione principale e poi quella o quelle che ne dipendono, dette
subordinate. [2. Proposizioni subordinate] Da una proposizione subordinata pu inoltre
dipendere un’altra subordinata. Per es., nel periodo ‘Mi hai chiesto perché capitano tanti
mali ai buoni, se il mondo è governato dalla provvidenza divina’, ‘Mi hai chiesto’ è la
principale. Da essa dipende l’interrogativa indiretta ‘perché capitano tanti mali ai buoni’;
quest’ultima, a sua volta, regge un’altra subordinata (di 2° grado), la proposizione ipotetica
‘se il mondo è governato dalla provvidenza divina’. Se non ricordi le nozioni essenziali
riguardanti la sintassi del periodo in italiano, vedi la pagina dedicata al Supporto.
Box 8 (Supporto): La sintassi del periodo studia i rapporti fra le varie proposizioni
all’interno di un periodo, che evidentemente ne è costituito da più di una. Per proposizione
si intende la frase semplice, costruita su un solo verbo: esempi: ‘Piove’, ‘Mario va a
scuola’. La proposizione interrogativa indiretta esprime una domanda formulata in maniera
indiretta: ‘Gli chiesi perché fosse triste’ (forma diretta: ‘Gli chiesi: “perché sei triste?”’).
La proposizione ipotetica indica la condizione necessaria perché si realizzi ci che è detto
nella reggente: ‘Se hai tempo, parliamo’. Alle parole lat. cadūcus, infīdus, aedīlis
corrispondono in ital. ‘cadùco’, ‘infìdo’, ‘edìle’.
Box 11 (Autovalutazione):
1) con il nom. plur. patres si accorda: bonis, boni, bonorum.
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2) dentium è: acc. sing., gen. plur., abl. plur.
3) la forma corretta è: magnorum hominum, magnis hominum, magni hominum.
4) roboris è: dat. sing., gen. sing., acc. sing.
5) fratribus è: gen. plur., acc. plur., dat. plur.
6) Iovi è: abl sing., dat. sing., acc. sing.
7) con montes si accorda: altos, altis, alto.
ESERCIZI
Traduzioni indicative: nel tempo, il tempo; con le navi, le navi; il corpo, col corpo; ai
vincitori, dei vincitori; alla nutrice, della nutrice; i genitori, ai genitori; per il dolore, al
dolore; della grandezza, alla grandezza; le virtù, con le virtù; di Mecenate, a Mecenate;
a Cicerone, di Cicerone; ai Sanniti, i Sanniti.
Traduzioni indicative: poco tempo, di poco tempo; di una grande sciagura, per una
grande scigura; molti nemici, ai molti nemici; moltitudine inconsapevole, alla
moltitudine inconsapevole.
4) Tradurre le seguenti frasi: Amantis iusiurando poena non est. Summum ius summa iniuria.
Pulchrum bellum inexpertis. Homines pericula evitant. Caesar putabat victoriam in
cohortium virtute constare.
Traduzioni: Per il giuramento degli amanti non è prevista alcuna pena. Estrema giustizia,
estrema ingiustizia. La guerra è bella per coloro che non l’hanno sperimentata. Gli
uomini evitano i pericoli. Cesare pensava che la vittoria dipendesse dal valore delle
coorti.
UNITÀ 5
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Dulce bellum inexpertis ‘La guerra è cara a chi non l’ha sperimentata’: questo proverbio
contiene una forma dell’agg. dulcis ‘dolce’, un agg. della II classe, di cui ora ci occuperemo.
Gli aggettivi della II classe si declinano come i nomi della III declinazione. Bisogna tener
presente che l’abl. sing. masch., femm. e neutr. esce in -ī, il gen. plur. in -ĭum, il nom., l’acc. e
il voc. plur. del neutro in -iă. Gli agg. della II classe di suddividono in tre gruppi, a seconda
che nel nom. sing. abbiano tre forme diverse (una per ciascun genere), due forme diverse (una
per il masch. e il femm., un’altra per il neutr.), una sola forma (comune ai tre generi): abbiamo
pertanto, rispettivamente, agg. a tre terminazioni, a due terminazioni, a una terminazione.
Declinazione di un agg. a tre terminazioni (masch. -er, femm. -is, neutr. -e); es.: salūber,
salūbris, salūbre ‘salùbre’:
Singolare
Plurale
Declinazione di un agg. a due terminazioni (masch. e femm. -is, neutr. -e); es.: facĭlis, facĭle
‘facile’:
Singolare
25
Masch. e Femm. Neutro
Plurale
Femminile Neutro
Singolare
Nom. audax
Gen. audac-ĭs
Dat. audac-ī
Acc. audac-ĕm audax
Voc. audax
Abl. audac-ī
Plurale
26
Masch. e Femm. Neutro
Cominciamo a riflettere
Un sintagma che si incontra spesso nei testi latini è vir fortis: come si traduce?
Box 8 (Supporto):
La differenza fra l’aggettivo qualificativo e quello determinativo consiste nel fatto che il
secondo specifica la qualità del sostantivo per distinguerlo da altri della stessa specie, appunto
per determinarlo; es.: dire ‘ho visto una rosa bianca’ significa volere distinguere (sulla base
del colore) la rosa vista da altre di diverso colore. Se invece si dice ‘ho visto una bianca rosa’,
si pone l’accento sul fatto che è stata vista una rosa, indipendentemente dal suo colore: in
questo caso l’aggettivo aggiunge un dettaglio trascurabile.
Box 9 (Approfondimento):
In latino sono abbstanza diffusi degli aggettivi composti, derivanti per es. da radici nominali o
verbali; esempi: luctificus ‘apportatore di lutti’ (da luctus e facio), frugifer ‘fruttuoso’ (da frux
e fero). Essi sono di livello stilistico alto e di conseguenza sono adoperati in opere poetiche di
registro elevato, come i poemi epici e le tragedie.
Box 11 (Autovalutazione):
1) con il nom. plur. cursores si accorda: velocem, veloces, velocibus.
2) gravium è: acc. sing., gen. plur., abl. plur.
27
3) la forma corretta è: crudelium hominum, crudeli hominum, crudelibus hominum.
4) celeris è: dat. sing., gen. sing., acc. sing.
5) gravibus è: gen. plur., acc. plur., dat. plur.
6) facili è: nom. sing., dat. sing., acc. sing.
7) con hostes si accorda: acres, acribus, acri.
ESERCIZI
2) Tradurre i seguenti sintagmi: velox cursor, velocis leporis, pauper agricola, senis
immemoris, celebres Baiae.
Traduzioni indicative: il corridore veloce, del corridore veloce; alla lepre veloce, della
lepre veloce; dell’agricoltore povero, l’agricoltore povero; del vecchio immemore, il
vecchio immemore; Baia affollata, di Baia affollata.
3) Tradurre le seguenti frasi: Hostes acres sunt. Marcus velox cursor fuit. Facilis fuit
Caesaris victoria. Constat multas mulieres loquaces esse. Grave bellum milites
pugnaverunt.
28
UNITÀ 6
Cave canem (‘Attenti al cane’) è una nota espressione latina contenente una voce del verbo caveo,
appartenente alla II coniugazione, di cui ora ci occuperemo.
1. La II coniugazione
La seconda coniugazione è costituita dai verbi in -ēre, con e tematica lunga. Es.:
monĕo, -ēs, monui, monĭtum, monēre ‘ammonire’:
Indicativo
Presente
P. mon-ēmus
mon-ētis mon-
ent
Imperfetto
P. mon-ebāmus mon-
ebātis mon-ēbant
Futuro primo
P. mon-ebĭmus mon-
ebĭtis mon-ēbunt
29
Perfetto
P. monu-ĭmus monu-
istis
monu-ērunt (monu-ēre)
Piuccheperfetto
P. monu-erāmus monu-
erātis monu-ĕrant
Futuro secondo
P. monu-erĭmus
monu-erĭtis monu-
ĕrint
Congiuntivo
Presente
P. mon-eāmus
mon-eātis mon-
ĕant
30
Imperfetto
P. mon-erēmus mon-
erētis mon-ērent
Perfetto
P. monu-erĭmus
monu-erĭtis monu-
ĕrint
Piuccheperfetto
P. monu-issēmus monu-
issētis monu-issent
Imperativo
Presente
S. mon-ē ammonisci
P. mon-ēte ammonite
Futuro
31
P. mon-etōte ammonirete mon-ento
ammoniranno
Infinito
Presente
mon-ēre ammonire
Perfetto
monu-isse avere ammonito
Futuro
monit-ūrum, -ūram, -ūrum,
-ūros, -ūras, -ūra esse stare per ammonire
Participio
Presente
mon-ens, -entis che ammonisce
Futuro
monit-ūrus, -ūra, -ūrum che ammonirà
Gerundio
mon-endi di ammonire mon-
endo ad ammonire (ad) mon-
endum ad ammonire
mon-endo con l’ammonire
Supino
mon-ĭtum ad ammonire
Le proposizioni soggettive sono quelle che – all’interno di un periodo composto da più proposizioni
– fungono da soggetto. Le proposizioni oggettive sono quelle che – in un periodo composto da più
proposizioni – fungono da complemento oggetto. Sia le prime che le seconde sono strutturate nel
modo seguente: il verbo è in forma infinita e il loro soggetto va in accusativo. Le proposizioni
soggettive dipendono di solito da verbi o espressioni impersonali come ‘si sa’, ‘è noto’ ecc. Le
32
proposizioni oggettive dipendono da verbi di dire, pensare ecc. (verba dicendi, sentiendi,
declarandi).
Es. di proposizione sogg.: constat te bonum esse ‘è noto che tu sei buono’ Es.
di proposizione ogg.: dico te bonum esse ‘dico che tu sei buono’.
Cominciamo a riflettere.
Maxima peccantium est poena peccasse: in questo periodo del filosofo Seneca si riscontra una prop.
sogg.: come si traduce?
Box 6 (Suggerimenti): Traduzione delle soggettive e delle oggettive. Nel tradurre un periodo in
cui ci sia una proposizione soggettiva o oggettiva bisogna prestare particolare attenzione a
distinguere il soggetto dell’infinitiva, in caso accusativo, da un altro eventuale accusativo
indicante un complemento oggetto. Esempio: constat te multa pericula vitavisse ‘è noto che hai
evitato molti pericoli’: te è il soggetto dell’infinitiva, pericula il complemento oggetto. Se non
ricordi le nozioni relative alle proposizioni soggettive e oggettive in italiano, leggi attentamente la
pagina dedicata al Supporto.
Box 9 (Approfondimento): Molti verbi della II coniugazione indicano una condizione; esempi:
fulgeo ‘rifulgo’, algeo ‘ho freddo’, horreo ‘ho paura’. Questi verbi presentano un aspetto
durativo. Tale aspetto verbale si distingue, per es., dall’aspetto ingressivo (erubesco ‘divento
rosso’) o perfettivo (perficio ‘porto a termine, completo, realizzo’). Vanno ricordati anche i verbi
intensivi (territo ‘spavento’, rispetto a terreo) e frequentativi (dormito ‘dormicchio’, rispetto a
dormio).
Box 11 (Autovalutazione):
1) la 2ª pers. plur. del cong. perf. di video è: videritis, vidistis, videramus.
2) la 3ª pers. sing. del cong. presente di horreo è: horret, horruit, horreat.
3) la 2ª pers. sing. dell’indic. futuro primo di video è: videras, videbis, videbas. 4) monueras si
traduce: ‘hai ammonito’, ‘avrai ammonito’, ‘avevi ammonito’.
5) habuero si traduce: ‘avr ’, ‘avr avuto’, ‘avevo avuto’.
6) fulsit si traduce: ‘rifulse’, ‘rifulge’, ‘rifulgeva’.
7) docui si traduce: ‘insegno’, ‘insegnai’, ‘insegnavo’.
33
ESERCIZI
Traduzioni indicative: vedesti, vedrai, vedevi; avr avuto, avevo avuto, ebbi; temono,
temettero, temeranno; ammonir , ammonisco, che io ammonisca; rifulgono, rifulgeranno,
rifulsero.
3) Tradurre le seguenti frasi: Constat magnam esse Atheniensium gloriam. Pericula cavete. Milites
periculum timent. Marcus equestrem obtinuit dignitatem. Marcet sine (‘senza’) adversario
virtus. Oportet homines periculum timere. Caesar monuit victoriam in cohortium virtute
constare.
Traduzioni indicative: È noto che è grande la gloria degli Ateniesi. State attenti ai pericoli. I
soldati temono i pericoli. Marco ottenne il grado di cavaliere. Il valore marcisce senza un
avversario. Bisogna che gli uomini temano il pericolo. Cesare ammonì che la vittoria
dipendeva dal valore delle coorti.
34
UNITÀ 7
Manus manum lavat (‘Un mano lava l’altra’) è un noto proverbio latino, in cui ricorre il nome manus
‘mano’, della IV declinazione; di questa ora tratteremo.
Argom. 1. La IV declinazione
Singolare Plurale
Singolare Plurale
35
La terza coniugazione è costituita dai verbi in -ĕre, con e tematica breve. Es.:
lego, -is, lēgi, lectum, legĕre ‘leggere’:
Indicativo
Presente
P. leg-ĭmus
leg-ĭtis leg-
unt
Imperfetto
P. leg-ebāmus
leg-ebātis leg-
ēbant
Futuro primo
P. leg-ēmus
leg-ētis leg-
ent
Perfetto
P. leg-ĭmus
leg-istis
leg-ērunt (leg-ēre)
36
Piuccheperfetto
P. leg-erāmus
leg-erātis leg-
ĕrant
Futuro secondo
P. leg-erĭmus
leg-erĭtis leg-
ĕrint
Congiuntivo
Presente
P. leg-āmus
leg-ātis leg-
ant
Imperfetto
P. leg-erēmus
leg-erētis leg-
ĕrent
37
Perfetto
P. leg-erĭmus
leg-erĭtis leg-
ĕrint
Piuccheperfetto
P. leg-issēmus
leg-issētis leg-
issent
Imperativo
Presente
S. leg-ĕ leggi
P. leg-ĭte leggete
Futuro
Infinito
Presente leg-ĕre
leggere
38
Perfetto
leg-isse avere letto
Futuro
lect-ūrum, -ūram, -ūrum,
-ūros, -ūras, -ūra esse stare per leggere
Participio
Presente
leg-ens, -entis che legge
Futuro
lect-ūrus, -ūra, -ūrum che leggerà
Gerundio
leg-endi di leggere leg-
endo a leggere (ad) leg-
endum a leggere
leg-endo con il leggere
Supino
lect-um a leggere
Cominciamo a riflettere.
Tolle, lege scrive Agostino nelle Confessioni: come si traduce?
Box 6 (Suggerimenti): 1. Il comando. Le due voci verbali della rubrica Cominciamo a riflettere
sono due forme di imperativo presente (2ª pers. sing.). In latino il comando si pu esprimere anche
con il congiuntivo esortativo: caveat canem ‘(egli) stia attento al cane’. 2. Il comando negativo.
L’imp. negativo si rende con ne + il congiuntivo perfetto (ne maesti fueritis ‘non siate tristi’) oppure
con noli / nolite + l’infinito (nolite iudicare ‘non giudicate’). Va detto che è attestato anche, per es.
in poesia, ne con l’imperativo: tu ne cede malis ‘non cedere ai mali’ (Virgilio). Se non ricordi le
nozioni relative al modo di esprimere il comando in italiano, leggi attentamente la pagina dedicata al
Supporto.
39
Box 8 (Supporto): In italiano il comando è reso dal modo imperativo; anche in ital. si pu
adoperare il congiuntivo esortativo. Il comando negativo alla seconda persona si rende con ‘non’
e l’infinito. Un periodo come quello della rubrica Cominciamo a riflettere presenta due voci
verbali coordinate per asindeto, cioè senza il ricorso a una congiunzione. Qualora più
proposizioni di un periodo (o più elementi di una proposizione) siano collegati mediante
congiunzioni, si parla di polisindeto.
Box 9 (Approfondimento): Domi è locativo di domus (nome della IV decl.), e significa: ‘a casa’,
‘in patria’. Si trova in espressioni polari del tipo domi militiaeque, domi bellique ‘in pace e in
guerra’. Per espressione polare si intende un’espressione (per esempio una coppia di nomi) le cui
componenti indicano le due parti, le due metà, le due polarità di un tutto, e quindi una realtà nella
sua interezza: per es., ‘cielo e terra’; ‘guerra e pace’ ecc.
Box 11 (Autovalutazione):
1) la 1ª pers. plur. del cong. perf. di mitto è: miserimus, misimus, miseramus.
2) la 2ª pers. sing. del cong. presente di curro è: curres, curris, curras.
3) la 3ª pers. sing. dell’indic. futuro primo di concludo è: concludat, concludet, concludebat.
4) feceras si traduce: ‘hai fatto’, ‘avrai fatto’, ‘avevi fatto’.
5) cepero si traduce: ‘catturer ’, ‘avr catturato’, ‘avevo catturato’.
6) rapuit si traduce: ‘port via’, ‘porta via’, ‘portava via’. 7) vixit si traduce: ‘vive’, ‘visse’, ‘viveva’.
ESERCIZI
2) Tradurre le seguenti voci verbali: fecisti, duces, vivent, mittant, ceperunt, currerent.
Traduzioni indicative: facesti, facevi; condurrai, conduci; vivranno, vivono; che essi mandino,
che essi mandassero; prendevano, presero; che essi corressero, che essi corrano.
3) Tradurre le seguenti frasi: Manibus date lilia plenis. Augustus agebat Italos in proelia cum
patribus populoque. Capitolia ad alta aget currum. Ducis uxor parvulum sinu filium gerebat.
Traduzioni indicative: Spargete gigli a piene mani. Augusto conduceva gli Italici in battaglia
insieme con i senatori e il popolo. Guiderà il carro sull’alto del Campidoglio. La moglie del
comandante portava in braccio il figlioletto.
40
UNITÀ 8
Spesso si sente dire: ‘rinvio sine die’: ‘rinvio indefinito’ (letteralmente, ‘rinvio a data da
destinarsi’). Dies è un nome della V decl., di cui ora ci occuperemo.
La V declinazione
La V decl. è costituita da pochi nomi; tranne dies (‘giorno’) e meridies (‘mezzogiorno’), che
sono masch., tutti gli altri sono di genere femminile. Decl. dei nomi della V decl.: es.: dies,
diēi, masch. (‘giorno’)
Singolare Plurale
Al gen. e al dat. sing. la e della desinenza è lunga se è preceduta da vocale (come nel caso di
dies: diēī), è breve se è preceduta da consonante (come nel caso di fides: fidĕī).
Solo dies e res (‘cosa’) hanno la declinazione del plur. completa; gli altri nomi o mancano
completamente del plurale, oppure non hanno i casi indiretti (gen., dat. e abl.), come acies
(‘schiera’), effigies (‘immagine’), spes (‘speranza’) ecc.
La IV coniugazione
La IV coniugazione è costituita dai verbi in -īre, cioè con la i tematica lunga. Es.:
audio, -is, audīvi, audītum, audīre ‘ascoltare’.
Indicativo
41
Presente
P. aud-īmus
aud-ītis aud-
iunt
Imperfetto
P. aud-iebāmus
aud-iebātis aud-
iēbant
Futuro primo
P. aud-iēmus
aud-iētis aud-
ient
Perfetto
P. audiv-ĭmus
audiv-istis
audiv-ērunt (audiv-ēre)
42
Piuccheperfetto
P. audiv-erāmus
audiv-erātis audiv-
ĕrant
Futuro secondo
P. audiv-erĭmus
audiv-erĭtis audiv-
ĕrint
Congiuntivo
Presente
P. audi-āmus
audi-ātis audi-
ant
Imperfetto
P. aud-irēmus
aud-irētis aud-
īrent
43
Perfetto
P. audiv-erĭmus
audiv-erĭtis audiv-
ĕrint
Piuccheperfetto
P. audiv-issēmus
audiv-issētis audiv-issent
Imperativo
Presente
S. aud-ī ascolta
P. aud-īte ascoltate
Futuro
Infinito
Presente aud-īre
ascoltare
44
Perfetto
audiv-isse avere ascoltato
Futuro
audit-ūrum, -ūram, -ūrum,
-ūros, -ūras, -ūra esse stare per ascoltare
Participio
Presente
audi-ens, -entis che ascolta
Futuro
audit-ūrus, -ūra, -ūrum che ascolterà
Gerundio
audi-endi di ascoltare audi-
endo ad ascoltare (ad) audi-
endum ad ascoltare
audi-endo con l’ascoltare
Supino
audīt-um ad ascoltare
Cominciamo a riflettere
Parturient montes, nascetur ridiculus mus (Orazio): come si traduce?
Box 6 (Suggerimenti): Idea del dovere. Spesso in latino si incontra un costrutto del tipo:
parentes amandi sunt ‘bisogna amare i genitori’, dove si nota l’uso del gerundivo
(amandus, -a, -um). Tale costrutto si chiama ‘perifrastica passiva’ e indica l’idea di
dovere. La persona o cosa che deve compiere l’azione va in dativo. Sulla presenza di tale
costrutto in italiano vd. la pagina dedicata al Supporto.
Box 8 (Supporto): Anche in italiano si rinvengono tracce del gerundivo: per es., si pu dire:
‘la costruenda casa’ = ‘la casa che deve essere costruita’. Di solito, per , in italiano – molto
più spesso che in latino – l’idea di dovere è espressa mediante il verbo ‘dovere’ +
l’infinito. Un altro modo di esprimere l’idea di dovere in ital. consiste nell’uso del verbo
45
‘essere’ seguito da ‘da’ + l’infinito: es.: ‘questo è un libro da leggere’, ‘è uno spettacolo da
vedere.’
Box 11 (Autovalutazione):
1) spem è: acc. sing., acc. plur., gen. plur.
2) fide è: acc. sing., abl. sing., abl. plur.
3) dierum è: gen. sing., abl. plur., gen. plur.
4) res è: acc. plur., acc. sing., dat. plur.
5) rerum è: acc. sing., gen. plur., nom. sing.
6) dies è: acc. sing., acc. plur., abl. plur.
7) fidei è: gen. sing., abl. sing., dat. plur.
ESERCIZI
46
UNITÀ 9
La comparazione dell’aggettivo
Ubi maior, minor cessat ‘Dove c’è la persona più importante, quella meno importante si fa da
parte’: è un noto proverbio latino, dove si incontrano due forme di comparativo dell’aggettivo
(maior e minor); di questo tratteremo in questa unità.
Il comparativo
Come in ital., anche in latino l’agg. presenta i tre gradi di comparazione: di uguaglianza, di
minoranza, di maggioranza. Il comp. di uguaglianza si ottiene premettendo l’avv. tam
(‘tanto’) all’agg. di grado positivo; il secondo termine di paragone, nello stesso caso del
primo, è introdotto dall’avv. correlativo quam (‘quanto’): Marius tam pulcher est quam
Antonius ‘Mario è tanto bello quanto Antonio’. Il comp. di minoranza si ottiene
premettendo l’avv. minus all’agg. di grado positivo; il secondo termine di paragone, nello
stesso caso del primo, è introdotto dall’avv. correlativo quam (‘quanto’): Marius minus
pulcher est quam Antonius ‘Mario è meno bello di Antonio’.
Il comp. di maggioranza si ottiene aggiungendo il suffisso -ior (per il masch. e il femm.)
e -ius (per il neutro) e declinando poi come si declinano i nomi della III decl. con il tema in
consonante: quindi, p. es.: dulcis grado positivo; dulcior, -ius comp. di maggioranza:
Il secondo termine di paragone è espresso con quam + il nome nel medesimo caso del I
termine (Marius pulchrior est quam Antonius), oppure in abl. (Marius pulchrior est Antonio):
‘Mario è più bello di Antonio’.
Il superlativo
Il superlativo si forma aggiungendo al tema dell’agg. il suffisso -issimus: dulcissimus; gli
agg. della I classe che terminano in -er aggiungono al nom. sing. masch. il suffisso -rĭmus:
pulcher: pulcherrimus (‘bellissimo’); asper: asperrimus (‘asperrimo’). Diversamente
dall’italiano, il latino non distingue morfologicamente il superlativo assoluto (dulcissimus,
‘dolcissimo’) da quello relativo (dulcissimus, ‘il più dolce’). Tuttavia anche in lat. è facile
individuare il superlativo relativo, perché esso è accompagnato dal complemento partitivo:
Vergilius est maximus poetarum Latinorum, ‘Virgilio è il più grande dei poeti latini’:
poetarum è gen. partitivo. Il compl. partitivo pu essere anche espresso con e/ex, de e l’abl., o
con inter e l’acc.
47
Forme abnormi di comparativo di maggioranza e di superlativo
Ecco alcune delle più rilevanti forme abnormi di comp. di maggioranza e di superlativo: bonus
(‘buono’): melior, optimus; magnus (‘grande’): maior, maximus; malus (‘cattivo’): peior,
pessimus; multus (‘molto’): plus; plurimus; parvus (‘piccolo’): minor, minimus.
Cominciamo a riflettere
Primus inter pares: come si traduce?
Box 6 (Suggerimenti): Confronto fra due aggettivi. La differenza fra italiano e latino circa
il modo di esprimere il confronto fra due aggettivi, è in alcuni casi notevole. Nel caso del
comparativo di maggioranza, il latino pone entrambi gli aggettivi al comparativo se le due
qualità non si escludono a vicenda, ma sussistono entrambe: Marius pulchrior est quam
altior (‘Mario è più bello che alto’’). Invece, quando una qualità esclude l’altra, entrambi gli
aggettivi, preceduti da magis, sono espressi al grado positivo: Marius magis pulcher est
quam sapiens ‘Mario è più bello che saggio’. Per il modo come si regola, al riguardo,
l’italiano, vedi la pagina dedicata al Supporto.
Box 8 (Supporto): In italiano, nel caso di confronto fra due aggettivi, il primo va al grado
comparativo, il secondo, invece, si esprime al grado positivo; esempio: ‘Mario è più
intelligente che diligente’. Il superlativo assoluto pu essere reso in italiano anche con
‘molto’ + l’agg. di grado positivo: ‘molto buono’ = ‘ottimo’.
Box 9 (Approfondimento): Alcuni aggettivi in -ilis, tra cui facilis e difficilis, hanno il
superlativo in -lĭmus, -lĭma, -lĭmum: facillimus e difficillimus rispettivamente. Gli aggettivi
in -dĭcus, -fĭcus, -vŏlus hanno il comparativo di maggioranza in -entior e il superlativo in -
entissimus: magnificus (‘magnifico’), magnificentior, magnificentissimus.
Box 11 (Autovalutazione):
1) maiorem è: acc. sing., acc. plur., gen. plur.
2) laetiore è: acc. sing., abl. sing., abl. plur.
3) maximarum è: gen. sing., abl. plur., gen. plur.
4) amoenissimos è: acc. plur., acc. sing., dat. plur.
5) dulcissimarum è: acc. sing., gen. plur., nom. sing.
6) antiquissima è: acc. sing., acc. plur., abl. plur.
7) latissimi è: gen. sing., abl. sing., dat. plur.
48
ESERCIZI
Traduzioni indicative: più splendido, meno splendido; acerrimo, più accanito; meno
antico, antichissimo; potente, più potente; ameno, molto ameno.
3) Tradurre le seguenti frasi: Salus rei publicae suprema lex. Philosophia et litteris maxima
est gloria Athenarum. Vita rustica iucundior est quam urbana. Milites Romani fortiores
Graecis fuerunt.
Traduzioni indicative: La salvezza del Stato è la legge suprema. Nella filosofia e nella
letteratura è grandissima la gloria di Atene. La vita campestre è più piacevole di quella
urbana. I soldati romani furono più più forti di quelli greci.
49
UNITÀ 10
Sine experimento nemo sciet quid potueris ‘Senza un banco di prova, nessuno saprà di che
cosa tu sia stato capace’: in questo periodo troviamo applicata la consecutio temporum
(‘concatenazione dei tempi’) del congiuntivo, di cui ora tratteremo.
Cominciamo a riflettere
Vide quid agas (Terenzio): come si traduce?
50
tempo principale o storico l’azione futura è espressa rispettivamente mediante il futuro e il
condizionale passato (‘Non so chi verrà’; ‘Non sapevo che sarebbe venuto’). L’italiano
pu esprimere un concetto valido in ogni tempo – senza determinazioni temporali –
prescindendo dalla consecutio temporum, quindi utilizzando il presente (atemporale)
anche in dipendenza da un tempo storico: ‘Sapevo quanto numerose siano le avversità’.
Box 11 (Autovalutazione):
In dipendenza da nescio quid è corretto:
1) dicat, dicit, dicet.
2) dixisset, dixerit, dixit.
3) dicturus sit, dicturus esset, dicet.
ESERCIZI
1) Tradurre le seguenti frasi: Video quam multos homines una ruina fortuna involvat. Vide
quid de Marco dicas. Homines nesciunt quid futurum sit. Non vides quanto aliter patres,
aliter matres indulgeant? Quid homo posset, nisi temptando non didicit. Non refert quam
multos, sed quam bonos libros habeas.
Traduzioni indicative: Vedo quanti uomini la fortuna travolga in una sola rovina. Bada
a ci che dici sul conto di Marco. Gli uomini non sanno che cosa accadrà. Non vedi
quanto sia diverso l’affetto dei padri e quello delle madri? L’uomo non conosce le
proprie possibilità se non provando. Non importa quanti libri tu abbia, ma quanto buoni.
51