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Fonetica del latino

(da “Problemi di lingua latina – Fabio Cupaiolo)

 Sonantismo

Vocali: a, e, i, o, u (brevi, lunghe)

Dittonghi: ae, oe, au (ma anche oe, ei, eu come contrazioni)

Semivocali: i, v (si scriveva u, v è un segno moderno)

Liquide e nasali: l, r, m, n

Spiranti: f (labiodentale), s (sibilante)

Aspirata: h

Occlusive:

Tenui Medie
Labiali p b
Dentali t d
Gutturali c g
Labiovelari qu gu

Le tenui aspirate ph, th, ch (e y, nonché la sibilante sonora z) sono prese in prestito dal greco
(anticamente trascritte con le semplici tenui p, t, c, poi sostituite).

 Accento

Per alcuni periodi del latino c’è certezza: accento intensivo in epoca antichissima, poi all’epoca
della correptio iambica e del trisillabismo; dal III sec. d.C. fino alle lingue romanze è ancora
intensivo. Intensivo era nel sermo plebeius. Rimane incerta la sua natura (intensiva o melodica)
all’epoca di Plauto; molti sono convinti della sua natura melodica durante l’epoca di Cicerone (per
Or. 173, nonché Quint. I 5, 29 s.): questa successione (intensivo nell’epoca preletteraria, forse in
quella di Plauto, poi melodico, poi di nuovo intensivo dal II sec. d.C.) appare forzata.

L’accento latino non va mai oltre la terzultima (Cic. Or. 58 – Quint. I 5, 30). In una prima fase
l’accento sarebbe però ricaduto sempre sulla prima sillaba.
 Vocali

Nell’indoeuropeo le vocali potevano essere brevi o lunghe. Il vocalismo latino differisce dal
vocalismo greco che tende a conservare le vocali indoeuropee con fedeltà.

- Vocale breve in sillabe iniziale

A: non cambia (es: ago)

E: passa ad i se davanti a nasale gutturale (es: dignus < *dec-nos); passa ad o davanti a w, la, le, lo,
lu oppure l + cons., oppure dopo w preceduto da consonante (es: novus < *newo; soror < *swesor;
bonus < duenos; colo < *quelo)

I: passa a e davanti a sibilante rotacizzata; scompare dopo r; diventa er dopo r preceduta da


consonante (es: sero < *siso; ter < *tris; cerno < *crino)

O: diventa u davanti a nasale o a l + cons; passa ad a quando è seguita da w; diventa e dopo w o


prima di rs, rr, rt, st (es: hunc < honc < *hom-ce; culpa < culpa; lavo < cfr. gr. λόνω; versus; vorsus)

U: si conserva; secondo qualche studioso diventa o breve davanti a sibilante rotacizzata (es: fore <
*fu-se)

UNA VOCALE LUNGA IN SILLABA INIZIALE IN INDOEUROPEO SI CONSERVA


TALE IN LATINO

- Vocale breve in sillaba intermedia

In sillaba aperta: la vocale davanti a dentale o gutturale tende a restringersi in i (es. facio – conficio;
cado – cecidi; ratus – irritus; sedeo – obsideo; lego – intelligo; medius – dimidius; locus – ilico). La
e breve non muta se seguita da dentale + i (appetitus da peto, aggredior da gradior); davanti a li ogni
vocale passa a i, ma muta in u davanti a la, le, lo, lu (similis, simulare; familia, famulus; Sicilia,
Siculus); eccezioni: aquila, mutilus, nubilus. Una o che viene a trovarsi tra i (e) e la, le, lo, lu non si
muta in u: cfr. filiolus, aureolus. Talvolta è il timbro della vocale precedente che determina la scelta
(minumus, citimus – optumus, postumus).

In sillaba chiusa:

A: si riduce ad e, ma restinge a i se seguita da nasale gutturale (es: factus – affectus; tango –


attingo); a intermedia chiusa diventa u se seguita da l + consonante diversa (es: calco – conculco;
salio – exsulto; salsus – insulsus)

E, I, U: rimangono
O: passa a u (es: scelestus, pulvisculus < pulvis; onustus < *onostos)

Dittonghi: ae  ei (lat. antico)  i lunga

Ei  i

Eu  ou  u lunga

Au  (ou)  u

Oi  oe

I PARLANTI TENDONO A SEMPLIFICARE FONETICAMENTE LE PAROLE


SOPRATTUTTO CON LA SPINTA DELL’ACCENTO DI INIZIO PAROLA (la riduzione
avviene dopo w, y, r, l, m, n o con parole di quattro sillabe; es. aetas < aevi-tas; surgo < sub-rego;
princeps < primo-cap-s); la vocale che era preceduta da r, l, n, soppressa la vocale, si sviluppa in er,
el, il, ul, en, in: sacerdos < *sacro-do-t-s; agellus < *agro-los)

- Vocale breve e lunga, dittongo in sillaba finale

Una vocale originariamente lunga in sillaba finale, prima di r, l, m, t finisce con il diventare breve;
solo nei monosillabi sol, par, ver, fur la sillaba è rimasta lunga.

Nelle uscite in consonante:

a  e, dinanzi a gruppi consonantici (es. particeps da capio; artifex da facio)

e persiste davanti a m o a gruppi consonantici (es. hominem, decem, senex); si muta in i, davanti a
occlusiva (es. agit < *aget(i); Cereris < Cereres [altre iscrizioni arcaiche: Apolones, Salutes,
Iunones per Apollinis, Salutis, Iunonis]).

O  u se seguita da cons., nasale (m o -nt) o da -r (es. dederunt da dederont; aliud < *alio-d).

I e u conservano il timbro.

Uscite in s:

e breve  i; o  u (es. legis da leges, dominus da dominos);

o se preceduta da o persiste fino al I sec. d.C. (es. equos, seruos, poi equus, servus)

-os, se preceduta da r, subisce dileguo vocalico con assorbimento della s nella sonante (es. *viros >
*virs > *virr > vir; *poweros > puer).

-is, con la vocale breve, perde la vocale se preceduta da sillaba lunga (ars, da artis; pars, da partis).
Uscita in e breve o i breve: tende a perdere la vocale (es. dic, da dice; duc, da duce; agunt < *agonti;
la i beve spesso muta in e (es. ante < *anti)

- Dittonghi

Sei dittonghi brevi dell’indoeuropeo trovati nei monumenti: ai, ei, oi, au, eu, ou (eu si era già
trasformato in eu).

Ou: diventa u dopo il III sec. a. C.; nell’iscrizione di L. Cornelio Scipione Barbato è ou (Loucanam;
abdoucit)

Ei: nel vaso di Dueno ancora non contratto in i

Oi: diventa oe, poi u; numerose tracce (senatoconsulto dei Baccanali è oi: oinversei = universi; in
Cic. Leg. Troviamo oe: Ploeres = plures).

Ai: passato ad ae all’inizio del II sec. a.C.

Au: meglio conservato, si tendeva a ridurre a o

Eu: passato in epoca preistorica ad ou

Oi, ai lunghi: solo ai rimase dittongo; oi passò a o lunga.

 Sonanti

Originariamente l, r, m, n e le vocali i e u potevano avere valori di vocali o consonanti.

L, r: davanti a consonante, con funzione vocalica, potevano diventare or, ol, ur, ul. (mortis < *mrtis;
cordis < *krd); se seguite da vocali diventavano ar, al

M, n: dinanzi a consonante diventano em, en (decem < *dekm).

In funzione consonantica si conservano bene.

I, u dinanzi a vocale all’inizio di parola erano sempre consonanti (iuvenis, iecur, iugum).
All’interno di parola, la i cons., tra due vocali, p scomparsa

 Consonanti

L’indoeuropeo possedeva una ricca varietà di consonanti occlusive sorde, sonore, aspirate e
un’unica fricativa, la s. Labiali, dentali, gutturali e labiovelari si sono conservate bene (le labiovelari
diventano labiali nei dialetti italici, mentre in greco cambiano a seconda dei casi). Le aspirate in
periodo preistorico divennero aspirate sorde, poi divennero spiranti sorde: bf > f; dh > *ϑ > f; gh >
*χ > h.

 La sibilante s e il rotacismo

La s si conserva all’inizio e alla fine di parola, in posizione mediana solo dinanzi e dopo consonanti
sorde e dopo n; dinanzi a suoni sonori y, w, l, m, n, d, z la s si sonorizzava in z. La s intervocalica in
latino si sonorizzava (> z, ma si scriveva s) e poi diveniva -r-. Questo cambiamento avviene
all’inizio o alla metà del IV sec. a.C. (ci informa Cicerone). Rimasero s intervocaliche:

- Parole di origine non indoeuropea, forse mediterranea (es: rosa)


- Parole introdotte in latino di epoca tarda (es: basium)
- Quando s intervocalico risale, per semplificazione, a doppia ss (causa < caussa)
- Nelle voci in cui il rotacismo non è avvenuto per dissimilazione con una r (es: miser)
- Nei composti per influsso e analogia dei semplici (de-sino; de-sipio) o perché formazioni
recenti.

 Presenti fenomeni di assimilazione, dissimilazione, contrazione vocalica, inserzione


vocalica e consonantica, mutamenti di quantità.

 Apofonia latina

È un fenomeno di apofonia, non presente nell’indoeuropeo, ma tipico del latino (e molto utile per
riconoscere le originarie vocali radicali, soprattutto nelle forme composte con un prefisso) è il
seguente:
- una sillaba breve in posizione iniziale (o finale) di parola, qualunque sia la vocale originaria,
tende a mutarla in -ĭ-/-ŭ- (se la sillaba è aperta) o in -ĕ- (se la sillaba è chiusa), quando viene
a trovarsi in posizione intermedia:
iniziale finale
făcio → con-fĭ-cio equĕs → equĭ-tis
mĕdius → di-mĭ-dius capŭt → capĭ-tis
dŏlus → se-dŭ-lus legĕ → legĭ-te
tăberna → con-tŭ-bernalis manŭs → manĭ-ca
făctus → per-fĕc-tus
- semplificando: nelle forme verbali si può dire che tendenzialmente una -ă- in prima sillaba
diventa -ĭ- (-ĕ- in sillaba chiusa) quando per composizione la prima sillaba diventa seconda.
căpio → ac-cIpio → ac-cĕptus
căno → con-cĭno → con-cĕntus
iăcio → in-ĭcio → in-iĕctus
- si osservino
cădo → ce-cĭdi, in-ciĭo (=cadere)
caedo → ce-cīdi, in-cīdo (=tagliare)
(nel secondo le vocali a subire apofonia latina sono due, per cui ne risulta una -ī-)
- il fenomeno dell’apofonia latina consente, se applicato all’inverso, di riconoscere nelle -ĭ- (o
-ĕ-) delle forme verbali composte, delle originarie -ă-: il che può essere molto utile per il
riconoscimento dei verbi semplici da cui quelli composti derivano (come dire: una -ĭ- o -ĕ-
in seconda sillaba, probabilmente deriva da una -ă- in prima sillaba).
- un caso tipico di interferenza tra apofonia indoeuropea e apofonia latina si verifica nella
vocale tematica apofonica breve del presente indicativo di 3ª coniugazione (lo stesso nel
suffisso del futuro di 1ª e 2ª), in cui l’alternanza vocalica è tra -e-/-i- (grado normale) per le
persone intermedie, e -o-/-u- (grado forte) per le persone estreme:
attivo   = -o , -i-,  -i-, ..., -u-
passivo = -o-, -e-, -i-, ..., -u-

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