L’alfabeto italiano deriva da quello latino che a sua volta deriva da quello greco ed è
costituto da 21 lettere che possono essere scritte con caratteri minuscoli o maiuscoli.
A B C D E F G H I L M
a bi ci di e effe gi acca i elle emme
N O P Q R S T U V Z
enne o pi qu erre esse ti u vu zeta
A questi 21 segni vanno aggiunti altri 5 segni che servono per trascrivere alcuni suoni
particolari o per trascrivere suoni da parole straniere:
J K W X Y
i lunga cappa doppia vu iks ipsilon o i greca
1.1. Le vocali
Le vocali sono i fonemi piu semplici. La lingua italiana possiede 7 fonemi vocalici: a,
e aperta, e chiusa, i, o aperta, o chiusa, u; ma solo 5 segni per rappresentarli graficamente.
Il contesto può aiutare a distinguere l’esatto significato dei vari omografi. Il dizionario
li registra tutti distinguendoli l’uno dall’altro attraverso l’accento.
1.2. Le consonanti
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c + a,o,u = //, /ko/, /ku/
g + a,o,u = /a/, /o/, /u/
Per indicare che una c o g sono velari anche se seguite da e, i si inserisce una h:
Per indicare che una c o g sono palatali anche se seguite da a, o, u si inserisce una i
(che non si pronuncia – la i diacritica):
ci + a,o, u = /χα/, /χo/, /χυ/: caccia, bacio, ciurma
gi + a, o, u = /α/, /o/, /υ/: giallo, giocare, giuria.
I due soni di s e z
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seguita da gruppi ai, ie, io; grazie, lezione
quando è doppia: pazzo, ruzzolare
nelle parole terminanti in -anza, -enza, -ezza: costanza, frequenza, bellezza.
La consonante h
Non rappresenta nessun suono, è una lettera muta – segno diacritico. Essa si usa:
per formare i digrammi ch e gh, cioè per rendere velare il suono di c e di g seguite
dalle vocali e e i: cherubino, chilo, ghetto, ghiro
nella prima, seconda, terza persona singolare e nella terza persona plurale del verbo
avere: ho, hai, ha, hanno per evitare equivoci con altre parole di suono uguale;
in alcune interiezioni: ah, ahi, ahimè, eh, oh, ohimè.
La consonante q
si usa sempre seguita dalla semivocale u e da un’altra vocale: quadro, quando, questo,
liquido, quoziente
q+u+vocale = c + u (cuore, scuola)
raddoppia solo nella parola soqquadro. In altri casi il suo rafforzamento viene indicato
con la grafia cq: acqua, acquistare, nacque.
I digrammi
Il digramma sono due lettere che rappresentano un solo suono. In italiano ci sono sette
digrammi:
ci (+a,o,u) gi (+a,o,u) ch (+e,i) gh (+e,i) gl (+i) gn sc (+e,i)
/χ/ // /ĸ/ /
ciao gioia chitarra laghi figli ogni scimmia
I trigrammi
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Il trigramma è gruppo di tre lettere (un fonema):
Le lettere straniere
w (doppia vu) – nelle parole di origine tedesca si pronuncia come /v/ italiana
(wurstel), nelle parole di origine inglese come /u/ italiana: whisky
Le semconsonanti e i dittonghi
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ui guida
IATO si ha quando due vocali, pur essendo vicine, non formano dittongo (iato – lat.
apertura, distacco). C’è iato, per esempio:
quando non ci sono né la i né la u: pa-e-se, cor-te-o;
quando la i o la u sono accentate: spì-a, pa-ù-ra;
dopo il prefisso ri-, -bi, -tri: ri-u-ni-o-ne, ri-a-ve-re, bi-en-nio o tri-an-go-lo.
1.3. La sillaba
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da una o più consonanti seguite o precedute da una vocale o da un dittongo (ma-ti-
ta, fiu-me, al-ber-go).
Nel dittongo le vocali non devono essere mai divise tra due sillabe:
a-ria, spe-cie, uo-vo, au-to, fiu-me, fiu-to
Anche nel trittongo le vocali che lo costituiscono non possono essere mai separate:
a-iuo-la.
Nello iato le vocali fanno parte di sillabe differenti:
zì-o, pa-ù-ra, ma-e-stra, po-e-ta.
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I gruppi formati da due o tre differenti consonanti + una vocale costituiscono una
sillaba, se con questo insieme di lettere può iniziare una parola della lingua italiana:
re-cla-mo, a-pri-re, a-stra-le re-cri-mi-na-re, pro-ble-ma.
Gli insiemi di due o tre consonanti che non potremmo mai trovare all'inizio di una
parola italiana: rt, cn, lt, mbr, nfr, e così via, devono essere divisi tra due sillabe,
come negli esempi seguenti: cor-to, tec-ni-co, al-to, om-bra, in-fran-ge-re.
La s seguita da una o più consonanti forma generalmente una sillaba con la vocale
seguente, non con quella che la precede: a-stro, ri-spon-de-re, di-sprez-zo.
Nelle parole composte, nelle quali il primo elemento termina per i e il secondo
elemento comincia per vocale, l’insieme delle vocali risultante da tale unione non
deve essere considerato un dittongo e va diviso tra due sillabe: chi-un-que, ri-e-du-ca-
re
I prefissi come dis-, tras-, trans-, in-, ben-, mal- possono essere separati dalla radice
e formare una sillaba a sé oppure divisi, secondo le regole generali della divisione in
sillabe:
dis-a-bi-ta-to / di-sa-bi-ta-to,
tras-por-ta-re / tra-spor-ta-re,
mal-in-ten-zio-na-to / ma-lin-ten-zio-na-to.
Fino a qualche tempo fa, la regola impediva di lasciare l’apostrofo alla fine di una
riga.
Se avessimo dovuto scrivere, ad esempio, la frase: "Per caso ho incontrato quell’uomo" e
fosse stato necessario andare a capo dopo la parola quell’, secondo la regola sarebbe stato
corretto aggiungere alla parola la vocale mancante "o":
quello
uomo
oppure andare a capo dopo la prima sillaba:
quel-
l’uomo
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Quest’ultima soluzione è tuttora considerata corretta. La prima soluzione, al contrario, è oggi
da evitare. Anzì, da molti è considerato un vero e proprio errore aggiungere la vocale
mancante in parole che nel testo originale, per effetto dell’elisione, sono scritte con
l’apostrofo.
Nella stampa di libri e di giornali è sempre più frequente incontrare esempi di parole con
l’apostrofo in fin di riga. Le grammatiche più moderne registrano questa tendenza e ne
ammettono la legittimità:
quell’
uomo
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2. Uso della maiuscola
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nei nomi che indicano gli abitanti di una città o di un paese: i Fiorentini, gli Olandesi
(gli aggettivi corrispondenti con minuscola: i musei fiorentini, i fiori olandesi). Ormai,
però questi nomi si scrivono con l’iniziale minuscola (i milanesi si lamentano del
traffico) e l’iniziale maiuscola distingue i popoli antichi da quelli moderni (i Romani/ i
romani);
nei nomi che indicano alcune alte cariche: il Presidente della Repubblica, (il presidente
Napolitano), il Papa, (papa Benedetto);
Mezzogiorno, Est, Ovest, Occidente quando indicano zone geopolitiche;
nei nomi personificati: la Patria, la Libertà, la Giustizia, la Vita, nomi di animali
umanizzati (il Gatto, la Volpe), il Libro (la Bibbia);
nei titoli di libri, film, opere musicali e figurative, giornali e riviste: Storia della
letteratura italiana, Il barbiere di Siviglia, la Pietà, il «Corriere della sera» o
«Corriere della Sera», «La stampa» o «La Stampa».
Infine ci sono le maiuscole referenziali nelle lettere: Nel ringraziarLa, porgo a Lei e alla Sia
Signora distinti saluti. Oggi questo uso è meno frequente, continua ad essere comune nelle
lettere commerciali: in risposta alla spettabile Vostra del 10 u.s., Vi comunichiamo che...
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3. L’articolo
Funzioni:
- sul piano morfologico marca il genere e il numero del nome:
il lupo, la lupa il collega, la collega
- Indica una cosa ben definita per chi parla e per chi ascolta: Hai visto il professore?
L’ARTICOLO DETERMINATIVO
maschile femminile
plurale i, gli le
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Si usa:
- con i nomi che indicano persone o cose che sono già note sia all’emittente sia al
ricevente del messaggio
- con nomi che indicano persone o cose di cui si è parlato in precedenza
- con nomi che indicano persone o cose non ancora note ma precisate all’interno del
messaggio stesso (Ho perso il maglione che mi avevi regalato)
- con nomi che indicano cose uniche in natura o comunque inconfondibili (il sole,
l’equatore, il papa, la pioggia, la neve, il terremoto);
- con nomi che indicano materia (il petrolio non è inesauribile)
- con nomi che indicano un concetto astratto: la ragione, il bene, il male
- con nomi usati per indicare una categoria, un tipo, una specie o un insieme: Il cavallo
è un quadrupede.
il, i – con i nomi maschili che cominciano per consonante (tranne s impura
-preconsonantica, z, y, x, i gruppi pn, ps e i digrammi gn, sc, la semiconsonante i/j/)
il cane i cani
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- con i digrammi gn e sc: lo gnocco, lo gnomo, lo sceicco, lo sceriffo, lo scimpanzé;
- con la semiconsonante i /j/: lo iato, lo iettatore
- con j: lo Jugoslavo
- Indica una cosa generica, indefinita che si considera come non ancora nota.
Funzioni:
- introduce nel discorso un nome di cui non si era parlato in precedenza: Chiamerò un
medico;
- indica una categoria, un gruppo o un’intera specie: Un atleta deve allenarsi
costantemente (ogni)
- indica approssimazione se collocato prima di un numerale cardinale: Ancora
un’ottantina di chilometri e siamo arrivati
- nel linguaggio parlato per esprimere ammirazione o senso superlativo: Ho avuto una
paura! Ho una fame! Ha fatto una faccia!
L’ARTICOLO INDETERMINATIVO
maschile femminile
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un – con i nomi maschili singolari quando la parola che segue inizia con una vocale o
con una consonante diversa da x, y, z, s impura, gruppi pn, ps, digrammi gn, sc, semivocale i e
j: un allievo, un cane, un ottimo strumento;
uno – davanti ai nomi maschili con cominciano con x, y, z, s impura, gruppi pn, ps,
digrammi gn, sc, semivocale i, j.
uno sceicco, ono pneumatico, uno zio, uno iato, uno Jugoslavo
una - davanti ai nomi femminili elidendosi in un’ davanti a vocale (ma non davanti
alla i semiconsonante): una casa, una giacca, una iena
L’articolo indeterminativo non ha plurale; ci sono le forme del partitivo dei, degli,
delle o gli aggettivi indefiniti qualche, alcuni, alcune.
L’ARTICOLO PARTITIVO
Maschile femminile
singolare del, dello (dell’) della (dell’)
plurale dei, degli delle
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- I nomi propri di persona di norma rifiutano l’articolo.
Lo richiedono invece:
quando sono preceduti da un nome comune o da un aggettivo: Il principe Carlo; Il
pestifero Pierino; Sei tu il Piero che telefona sempre a mia sorella;
quando sono usati in senso traslato per indicare il titolo di un’opera lirica Questa sera
danno l'Aida;
con i cognomi l’articolo è facoltativo (prevale la forma senza);
se il cognome si riferisce a un’intera famiglia, si usa l’articolo: Nell’atrio ho visto i
Rossetti;
tradizionalmente si usa se il cognome si riferisce a una donna: Come insegnante di
matematica abbiamo la Moretti;
I cognomi e nomi propri vogliono AD o AI quando sono usati con valore di nomi
comuni (Si crede un Picasso) o quando sono usati per indicare un’opera di un determinato
artista o scrittore: Hai visto i Rembrant del Museo reale all'Aia?
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sono accompagnati da un aggettivo, complemento di specificazione o prop. relativa: la
Milano medievale, la Vienna degli Asburgo.
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3.4.4. Le preposizioni articolate
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