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FABRIZIO DAL PASSO

LAutonomia delle istituzioni scolastiche

LAUTONOMIA DELLE ISTITUZIONI SCOLASTICHE


(Fabrizio Dal Passo)

CAPITOLO I LE ISTITUZIONI SCOLASTICHE AUTONOME

1. Organizzazione scolastica e istruzione Listruzione costituisce uno dei compiti primari dello Stato, pur non essendo di sua esclusiva spettanza: infatti, la Costituzione riconosce che tale fondamentale funzione pu essere esercitata con pari efficacia, anche dai privati (articolo 33 Costituzione). Linteressamento dello Stato per la cultura fenomeno moderno: nellantichit listruzione veniva, infatti, lasciata alliniziativa dei privati e, successivamente, degli enti ecclesiastici. Con i principi illuministici si fece strada lidea dellistruzione di Stato, che durante il periodo napoleonico si caratterizz per il suo ordinamento fortemente centralista, con la costituzione di un complesso organismo burocratico ed accentrato1.. Il sistema dellistruzione in uno Stato pu essere duplice2. Nel primo caso, lo Stato assume listruzione tra i pubblici servizi, attraverso i propri organi. Tali istituti possono far parte dello Stato o essere investiti di personalit giuridica e autarchia. Nel secondo caso, invece, lattivit dellistruzione lasciata alla libera iniziativa dei soggetti privati e lo Stato assume funzioni di controllo e di normazione della materia, in particolare con riguardo al valore dei titoli rilasciati dagli istituti e allabilitazione degli insegnanti. Come stato autorevolmente considerato3, anche questa forma di intervento puramente estrinseca mezzo sufficiente al conseguimento del fine della funzione pubblica dellinsegnamento. Nel nostro ordinamento lo Stato gestisce direttamente scuole e istituti di istruzione (articolo 33), pur riconoscendo ai privati il naturale diritto ad istituire scuole4. La gestione e lorganizzazione della scuola pubblica sono state caratterizzate per molti anni da un forte accentramento burocratico-statale. Emblematico il passaggio delle scuole elementari dai Comuni (scuole che secondo la legge Casati n. 3725/1859 dovevano avere), allo Stato in virt della legge 4. 6. 1911 n. 487 e del regio decreto legge n. 786/1933. A partire dalla nota riforma introdotta con i decreti delegati del 31 maggio 1974 (in attuazione della legge delega 30 luglio 1973 n. 477), veniva segnata una svolta nella concezione dellorganizzazione scolastica, incentrata sullidea della scuola autonoma e democratica. Linnovazione riguardava la costituzione di nuovi organi collegiali e il riordino di quelli gi esistenti, nonch lattribuzione di autonomia amministrativa e contabile ai consigli di circolo, di istituto e ai consigli scolastici distrettuali. Gi da allora, dunque, lidea di unautonoma gestione della scuola -rispetto allapparato stataleveniva considerato dal legislatore elemento fondante di un rilancio qualitativo del servizio scolastico. Del resto, il riconoscimento di una maggiore autonomia di organizzazione e azione di un organo, o addirittura la sua personificazione, non nuovo nellorganizzazione amministrativa, ed finalizzato ad un pi efficace, rapido e qualitativamente elevato livello di servizio. Si ricordi ad es. il caso delle ex Aziende autonome erogatrici di servizi, come le Ferrovie dello Stato, le Poste,
Per unanalisi storica cfr. FABRIZIO DAL PASSO, Storia della scuola italiana, Semestrale di studi e ricerche di Geografia, Universit degli Studi di Roma La Sapienza, Abilgraf, Roma 2003, pp. 3-147. 2 Cfr. il risalente ma fondamentale testo di ZANOBINI: Corso di diritto amministrativo- Giuffr 1957 pag. 236-237. V. anche per l'ordinamento scolastico, in genere: LIVIA BARBERIO CORSETTI - GIORGIO FRANCHI, Testo Unico della scuola, Pirola, 1995. Per una recente trattazione v. anche MARINA GIGANTE, L'istruzione, in Trattato di diritto amministrativo a cura di SABINO CASSESE, Milano, 2000, p. 505; NICOLA DANIELE, La pubblica istruzione, Giuffr, 2001. 3 Idem pag. 237 4 Con l'affermazione del principio di libert della scuola, viene meno l'idea del monopolio pubblico dell'istruzione. Infatti la giurisprudenza della Corte Costituzionale, proprio con riferimento ai rapporti tra istruzione pubblica e privata, ha, in pi occasioni, ribadito le distinzioni e le differenze, sostenendo che in base all'art. 33 lo Stato ha bens l'obbligo di provvedere alla pubblica istruzione dettando le relative norme e apprestando i mezzi necessari, ma non ha l'esclusivit dell'insegnamento (Corte Costituzionale, 29 dicembre 1972, n. 195, in Giurisprudenza Costituzionale, 1972, p. 2177), con la conseguenza che le libert di istruzione e gestione di istituti di istruzione costituisce un vero e proprio diritto soggettivo, garantito alle persone fisiche e giuridiche (Corte Costituzionale, 19 giugno 1958, n. 36, in Giurisprudenza Costituzionale, 1958, p. 486; inoltre, Corte Costituzionale, 14 aprile 1988, n. 438, ivi, 1988, p. 1998).
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i servizi telefonici ecc. (poi, come noto tutte privatizzate). Lassimilazione con tali organismi, se pu essere corretto dal punto di vista organizzativo, non lo , invece, relativamente al profilo contenutistico: vale a dire che il servizio scolastico non potr mai essere assimilato ad un servizio commerciale, n il rapporto tra discente e allievo come un rapporto contrattuale5. Sebbene la terminologia utilizzata evochi concetti di contenuto contrattuale (debito, credito formativo, offerta formativa, carta dei servizi ecc.), occorre sottolineare che la stessa non pu essere rapportata tecnicamente allistituto del contratto: infatti secondo la normativa codicistica, il contratto il rapporto giuridico bilaterale con il quale le parti intendono costituire regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale (articolo 1321 codice civile), i cui presupposti per la formazione sono la patrimonialit della prestazione dedotta nel rapporto, nonch la parit della posizione dei contraenti. Ove tali condizioni non ci siano o vengano meno, il contratto nullo o si risolve (nullit per mancanza di causa: articolo 1418; rescissione del contratto articolo 1447 codice civile). Pertanto, appare ovvio che tale schema non possa essere utilizzato per il rapporto formativo tra docente e discente, trattandosi di un contenuto eminentemente educativo diretto cio alla formazione della persona. In conclusione, il rapporto che intercorre tra docente e allievo non un rapporto giuridico6. Trattando di autonomia scolastica, merita certo particolare interesse linsistenza con cui il legislatore (come avvenne anche con la legge delega 537/1993, poi lasciata cadere), ritenga necessario consolidare e accrescere lautonomia delle scuole. Vero che mentre anteriormente alla legge delega 59/97, si parlava di autonomia in senso strettamente amministrativo (come autonomia di gestione, di organizzazione, contabile ecc.), con tale legge si pone invece in evidenza lattribuzione dellautonomia didattica, di organizzazione e di ricerca delle scuole, unitamente allacquisto della personalit giuridica. Questa circostanza sembra rispondere alla necessit di rivalutare il ruolo delle istituzioni scolastiche come centri di formazione, e di promuoverne, proprio sotto il profilo didattico-organizzativo unautentica emancipazione dagli organi statali centrali e ci in linea con la Costituzione che promuove il maggiore decentramento e la maggiore valorizzazione delle comunit locali rappresentative (articolo 5 Costituzione) 7. Tale attribuzione di autonomia evidentemente finalizzata a medio-lungo termine, a ridare dinamicit agli operatori scolastici, valorizzandone la creativit, e la potenziale concorrenzialit con altre scuole. Si parla di medio-lungo termine: sembra, infatti, che in sede di prima applicazione gli operatori scolastici si trovino per lo pi disorientati dalle nuove attribuzioni, in ragione delloggettiva incertezza della normativa (che in materia scolastica particolarmente complessa per lampiezza delle fonti secondarie), nonch delle nuove competenze e responsabilit conseguenti a maggiori spazi di scelta per le scuole.

2. Lautonomia in generale Nel linguaggio comune per autonomia si intende il potere di libera determinazione della persona. In quello giuridico la nozione non ha univocit di significati, trovandosi una serie diversificata di opinioni8. Il principio, infatti, non ha una definizione normativa, ed suscettibile di molteplicit di contenuti (amministrativa, normativa, contabile ecc.). Al riguardo, stante la diversit di impostazioni si ritiene non opportuno esaminare analiticamente le varie forme di autonomia, quanto invece fornire un concetto di carattere generale, e, successivamente indicare il contenuto di tale autonomia, in base alle disposizioni di legge. Un punto sembra accomunare le diverse impostazioni: lautonomia ha un significato relazionale9, ed indica la possibilit per un organismo derivato di gestirsi da s rispetto allente derivante per il pi efficace raggiungimento dei suoi fini istituzionali; non altro che una forma di indipendenza relativa da altro organo sovraordinato che deve necessariamente esistere (giuridicamente, infatti, si autonomi rispetto a qualche
Ci si riferisce al rapporto docente-alunno, e non allaspetto allorganizzazione scolastica complessivamente considerata, che, relativamente agli istituti privati considerata, ai fini fiscali, come impresa commerciale (v. Cass. 9395 del 6 giugno 1995; risoluzione del Ministero delle Finanze n. 66 del 23 maggio 2000). Sul rischio di una concezione mercantile e aziendalistica della scuola v. anche Sergio Auriemma, Aspetti giuridici-operativi dellautonomia scolastica, allegato n. 21 del 1/15 luglio 2000 a Notizie dalla Scuola, Tecnodid, p. XVIII. 6 Cfr. BARTOLOMEI FRANCO: Su alcuni profili giuridici della libert di insegnamento- Rivista giuridica della scuola 1987 pag. 431 7 Per una interessante analisi etico-sociologica delle scuole dellautonomia, LUISA RIBOLZI, Stato Sociale e sistema formativo: le prospettive della autonomia, in PIERPAOLO DONATI, Lo Stato sociale in Italia. Bilanci e prospettive, Mondadori, 1999. 8 Stando ad un'opinione assai diffusa, il proprium dell'autonomia va ricercato in una specie di indipendenza (dei soggetti autonomi dallo Stato), la quale nel linguaggio giuridico va intesa come autodeterminazione ovvero autoregolazione di attivit e comportamenti alla stregua di prescrizioni poste dagli stessi soggetti i cui comportamenti risultano da esse condizionati. Cfr. LAVAGNA, Istituzioni di dir. pubblico, Torino, 1979, p. 879. 9 Per tutti: M. S. GIANNINI, Autonomia pubblica, in Enciclopedia del Diritto Giuffr, Volume IV, pag. 356-366.
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altro soggetto) ed assume configurazione pi o meno ampia in base al contenuto che ad essa danno le norme che tale autonomia conferiscono10. Autonomia implica, quindi, un grado di possibilit di scelta per lorgano o lente derivato, anche se tale ambito non mai definibile a priori, ma regolato volta per volta dalla legge. Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11: la possibilit di autodeterminazione riconosciuto dallente che concede lautonomia (in tal caso, lo Stato), non comporta, per lente derivato la libert nellagire e lassenza di ogni vincolo, riconoscendosi la sovranit solo allo Stato12, e lunicit dello Stato italiano, nonostante la struttura pluralista. Parlando in modo figurato, si potrebbe dire che lattribuzione della autonomia e lindicazione normativa dei limiti, come il tracciato di un cerchio, entro il quale il soggetto derivato (in tal caso, la scuola), pu assumere le proprie determinazioni. Nellambito del cerchio segnato, lente derivato pone in essere le proprie scelte, che spettano solo al medesimo. In conclusione, lautonomia nel diritto amministrativo pu essere definita come la capacit di unistituzione di curare da s i propri interessi e di realizzare i propri fini, utilizzando i mezzi finanziari di cui ha la disponibilit e avvalendosi di una propria struttura organizzativa, entro i limiti posti dallEnte, generalmente lo Stato, che essendo ad essa sovraordinato, esercita nei suoi confronti un potere di indirizzo e di vigilanza. 13 I decreti delegati attribuivano alle scuole una limitata autonomia amministrativa (articolo 25 decreto del Presidente della Repubblica 416/74, ora articolo 27 testo unico 297/94), mentre la legge delega 59/97, non parla di attribuzione dellautonomia amministrativa alle scuole, ma del riconoscimento alle stesse della personalit giuridica e dellautonomia funzionale (articolo 1), poi specificata in autonomia didattica, organizzativa di ricerca e sperimentazione. Questo riconoscimento della personalit giuridica, con la conseguente entificazione della istituzione, comporta di per s il riconoscimento di quella capacit di autodeterminazione che invece, in quanto organo dello Stato, doveva essere esplicitamente riconosciuta dalla legge. Ci spiega perch si parli (v. decreto del Presidente della Repubblica 275/99) di competenze amministrative e non gi di autonomia amministrativa.14. Pertanto, con lentificazione, si ha limplicito e consequenziale riconoscimento della autonomia amministrativa della istituzione. Anche in tale caso, la legge regola il rapporto che lega listituzione allo Stato (verifiche, controlli), e quindi leffettivo ambito della sua possibilit di autodeterminazione15. Diversa la natura della autonomia didattica, organizzativa e di ricerca, che attiene invece non al profilo amministrativo della scuola, quanto alla sua finalit istituzionale dellinsegnamento16 ed assume particolare importanza attenendo al contenuto essenziale della attivit svolta dalla scuola, ed essendo strettamente correlata allesercizio della libert di insegnamento.

Cfr. G. D'AMORE e SERGIO SCALA, Commento al Testo unico delle disposizioni vigenti in materia di istruzione, Roma, 1996, p. 52. V. C. GATTI e S. ZAMBARDI nel chiaro testo: Autonomia amministrativa e gestione finanziaria delle istituzioni scolastiche, Jovene, Napoli 1976, p. 6: lautonomia amministrativa, infatti, anche quando accompagna la personalit giuridica, non attribuisce poteri illimitati, ma, al contrario, comporta pur sempre un vincolo, pi o meno rigido, nei confronti dellEnte originario dal quale tale autonomia deriva, s che pu dirsi che le istituzioni che ne sono fornite si trovano in posizione di indipendenza controllata. 12 Anche per gli enti con maggiore autonomia, come quella di indirizzo, sono riconosciuti dei limiti e dei controlli: cfr. SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Jovene, Napoli, 1982, pag. 169 13 Cos C. GATTI e S. ZAMBARDI, cit. pag. 5 14 A proposito di autonomia organizzativa: M. S. GIANNINI rileva che quando i soggetti del rapporto sono persone giuridiche pubbliche evidente che ciascuna di esse, per essere soggetto giuridico, non pu non avere proprie finanze, proprio patrimonio, propri poteri di autodeterminazione, direzione, gestione ecc. (op. cit. pag. 364). In tali casi si parla di autonomia organizzativa solo come potere di determinazione generale, da parte dellente, del proprio indirizzo politico amministrativo. Peraltro, la variegata gamma di enti pubblici e del controllo statale, rende estremamente difficile una schematizzazione generale degli enti secondo la natura e il contenuto dellautonomia agli stessi riconosciuta. 15 Va notato che l'ente pubblico, pur con distinta personalit giuridica, di norma assolve compiti che in vario modo e misura interessano e pertengono allo Stato o ad ente pubblico territoriale (si parla, nel caso, di amministrazione indiretta): la personificazione dell'ente non pu comportare pertanto una separazione ed indifferenza totali dell'ente rispetto all'ente di riferimento del quale assolve i fini. Ci rende ragione del tipo di relazione (variabile da caso a caso, con maggiore o minore ambito di autonomia), comunque di natura intersoggettiva, che la legge instaura tra i predetti enti, che normalmente qualificabile in termini di direzione, vigilanza e controllo, ma non di gerarchia. Cfr. SCOCA, La soggettivit delle amministrazioni, in AA. VV., Diritto amministrativo, Monduzzi, Bologna, 1993, volume I, pp. 499 e 626; VIRGA, Diritto amministrativo, Giuffr, volume I, p. 24, IV ed., 1995. 16 Sul contenuto dellautonomia didattica e organizzativa v. cap. I, paragrafo 6 di questa Parte Seconda.
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3. Lautonomia delle scuole anteriormente alla legge delega 59/97 Nella organizzazione scolastica previgente alla riforma di cui alla legge delega 59/1997, le scuole erano organi dello Stato, con la limitata autonomia amministrativa riconosciuta dai decreti delegati. Ancor prima della entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica 416/74, alcuni tipi di istituti di istruzione erano gi dotati di autonomia amministrativa e di personalit giuridica: tali erano quelli di istruzione tecnica e professionale, di istruzione artistica, dei convitti nazionali e degli educandati femminili. Con i decreti delegati del 1974, veniva riconosciuta a tutte le scuole una limitata autonomia amministrativa, ma non anche la personalit giuridica, che pu essere riconosciuta solo con legge. Venivano inoltre creati gli organi collegiali, di amministrazione attiva, con il compito di gestirla. Tale disciplina stata poi inserita nel testo unico 297/94 (Capo V: autonomia amministrativa e vigilanza: articolo 26-30), ed destinata a venire meno in seguito alla adozione del nuovo regolamento di contabilit (articolo 14 comma 6 decreto del Presidente della Repubblica 275/99). Lautonomia amministrativa regolata dallarticolo 27 testo unico cit. , prevede che i consigli di circolo e di istituto e i consigli scolastici distrettuali gestiscono i fondi loro assegnati per il funzionamento amministrativo e didattico e sulla base di un bilancio preventivo. La norma riconosceva quindi alle scuole unautonomia di gestione dei fondi assegnati e unautonomia di bilancio, nel senso che il medesimo diverso dal bilancio dello Stato, pur essendo ancora le scuole organi dello Stato. Sempre lo stesso capo (articolo 28: vigilanza), regolava dettagliatamente lerogazione delle risorse alle scuole e i controlli effettuati dal Provveditore, con un regime leggermente differenziato per le scuole dotate di personalit giuridica. In definitiva, lautonomia amministrativa attribuita dallarticolo 27 si identificava nella gestione diretta da parte degli organi collegiali dei fondi assegnati annualmente per il funzionamento amministrativo-didattico sulla base di un bilancio di previsione17. Sempre Sotto il profilo organizzativo, alla scuola era riconosciuta una limitata autonomia normativa: il consiglio di circolo o di istituto, infatti adottano il regolamento interno del circolo o e dellistituto, che deve, tra laltro, stabilire le modalit di funzionamento della biblioteca e per luso delle attrezzature culturali, didattiche e sportive, per la vigilanza degli alunni durante lingresso e la permanenza a scuola, nonch durante luscita dalla medesima (articolo 6, comma 2, lett. a), decreto del Presidente della Repubblica 416/1974). Per quanto concerne la attivit didattica, era data la possibilit di porre in essere sperimentazioni, che si manifestavano su due piani diversi: a) come ricerca e realizzazione di innovazioni sul piano metodologico-didattico (articolo 227); b) come ricerca e realizzazione di innovazioni degli ordinamenti e delle strutture esistenti che, per, richiedeva lautorizzazione del Ministro della Pubblica Istruzione sia perch doveva esserne vagliata la congruit rispetto alle linee generali di indirizzo politico, sia perch essa richiedeva limpiego di risorse umane e finanziarie la cui compatibilit doveva essere valutata in un quadro di riferimento globale, sullintero territorio nazionale18. La autonomia cos delineata aveva per ambiti assai limitati. Dal punto di vista gestionale e contabile: i bilanci erano sottoposti al controllo preventivo e successivo del Provveditore; cos come ogni atto di particolare rilievo patrimoniale (tramite autorizzazioni e approvazioni). Per quanto concerne la autonomia normativa, la stessa era limitata ad ipotesi marginali dellorganizzazione scolastica. Sotto il profilo didattico e organizzativo, la scuola era rigorosamente tenuta a seguire i programmi ministeriali e la impostazione scolastica basata sullunit organizzativa della classe e le scansioni temporali previste per ogni materia.

4. La legge delega 59/97 e la normativa di attuazione Nella prospettiva di un maggiore decentramento, la legge 59/97 contenente delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa, prevede -relativamente allistruzione- tre importanti modificazioni organizzative: 1. la riforma dellorganizzazione centrale e periferica (articolo 1-3); 2. la attribuzione della personalit giuridica e autonomia a tutte le scuole (articolo 21);

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Cos A. FERRARI, E. FOLGHERAITER in Lattivit gestionale nella scuola, Giuffr 1990, pag. 4. Cfr.: G. D'AMORE e S. SCALA, op. cit., p. 231.

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3. il decentramento agli enti territoriali di funzioni amministrative proprie dello Stato, ad eccezione degli ordinamenti scolastici, programmi scolastici, organizzazione generale dellorganizzazione scolastica e stato giuridico del personale (articolo 1 comma 3 lett. q)). La attuazione avvenuta con le seguenti disposizioni normative (si citano le principali): 1. decreto legislativo 30 luglio 1999 n. 300 artt. 49, 50, 75 e 76 per quanto riguarda la riforma dellAmministrazione centrale e periferica, nonch il decreto del Presidente della Repubblica 5 novembre 2000, n. 347 recante norme di riorganizzazione del Ministero della Pubblica Istruzione; 2. decreto del Presidente della Repubblica 275/1999 relativo allautonomia didattica, organizzativa e di ricerca, nonch di recente il decreto del Presidente della Repubblica 234/2000 in materia di curricoli dellautonomia; decreto del Presidente della Repubblica 233/1998 riguardante le dimensioni ottimali per il conseguimento della personalit giuridica; decreto legislativo 233/1998 in ordine alla riforma degli organi collegiali territoriali; con decreto legislativo 59/1998 che regola il conferimento della qualifica dirigenziale ai capi di istituto; 3. decreto legislativo 112/1998 artt. 137-147 relativo alla delega alle regioni e agli enti locali delle funzioni amministrative esercitate dallo Stato. 4. D. M. 1 febbraio 2001, n. 44, Regolamento concernente le Istruzioni generali sulla gestione amministrativo-contabile delle istituzioni scolastiche19.

5. Lattribuzione della personalit giuridica a tutte le scuole Secondo larticolo 21 della legge 59/97, la personalit giuridica e lautonomia organizzativa e didattica viene attribuita alle istituzioni scolastiche una volta raggiunti i requisiti di dimensione ottimale, attraverso piani di dimensionamento della rete scolastica, da individuarsi tramite successivo regolamento. Il requisito del dimensionamento ottimale stato applicato -stante lesplicito disposto della norma- anche a quelle istituzioni scolastiche che avevano gi la personalit giuridica, ai fini del conseguimento dellautonomia didattica e organizzativa riconosciuta dalla legge 59 (articolo 21, comma 7, legge 59/1997). La personalit giuridica deve essere comunque attribuita entro il 31 dicembre 2000 (articolo 21, comma 4, legge 59/1997). Il regolamento di attuazione della legge, relativo al dimensionamento delle scuole stato emanato con decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno 1998 n. 233 Regolamento recante norme per il dimensionamento ottimale delle istituzioni scolastiche e per la determinazione degli organici funzionali dei singoli istituti, a norma dellarticolo 21 della Legge 15 marzo 1997 n. 59. Secondo le disposizioni del regolamento, per acquisire la personalit giuridica gli istituti di istruzione devono avere di norma un numero di alunni compreso tra 500-900 alunni, numero che sia prevedibilmente stabile per almeno un quinquennio. Tale indice di riferimento per ridotto in particolari zone come le piccole isole, i comuni montani o aree contrassegnate da specificit etniche o linguistiche. La dimensione ottimale di ciascuna scuola, nellambito degli indici di riferimento, stata definita tenendo conto della consistenza della popolazione scolastica residente nellarea di pertinenza; delle caratteristiche demografiche e socio-culturali del bacino di utenza, della complessit di gestione didattica se nella stessa istituzione coesistono pi gradi di scuole, dellestensione di fenomeni di devianza giovanile. Le singole istituzioni che non raggiungevano i parametri indicati, sono state unificate orizzontalmente con le scuole dello stesso grado comprese nel medesimo ambito territoriale, o verticalmente in istituti comprensivi dei vari gradi scuola. I piani di dimensionamento sono stati definiti in conferenze provinciali di organizzazione della rete scolastica e approvati dalle stesse entro il 31 dicembre 1998. Le regioni hanno poi approvato il piano regionale di dimensionamento entro il 28 febbraio 1999 sulla base dei piani provinciali, assicurandone il coordinamento.
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In Gazzetta Ufficiale 9 marzo 2001, n. 57, S. O. 49/legge Emanato in attuazione dellarticolo 21, commi 1 e 14, della legge 15 marzo 1997, n. 59. Le precedenti istruzioni sono state emanate con il decreto interministeriale 28 maggio 1975 (Supplem. Ord. N. 1 al Bollettino Ufficiale del Ministero della pubblica istruzione n. 24-25 del 12-19 giugno 1975) Larticolo 12, comma 4 del decreto del Presidente della Repubblica. 8 marzo 1999, n. 275, richiamato dallarticolo 62 del presente regolamento, stabilisce che Le istruzioni generali di cui allarticolo 21, commi 1 e 14, della legge 15 marzo 1997, n. 59, sono applicate in via sperimentale e progressivamente estese a tutte le istituzioni scolastiche dallanno finanziario immediatamente successivo alla loro emanazione. Le istruzioni del presente regolamento dunque, allo stato, e salvo eventuali innovazioni, essendo state emanate nel 2001, si dovrebbero applicare dallanno 2002. Istruzioni contabili in connessione allavvio, dal 1 settembre 2000, dellautonomia delle scuole ed allattribuzione della personalit giuridica a norma del decreto del Presidente della Repubblica. 18 giugno 1998, n. 233, sono state impartite con Circolare Ministeriale n. 187 del 21 luglio 2000 e con Circolare Ministeriale n. 253 del 10 novembre 2000, entrambe del Servizio per gli affari economici del Ministero.

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I piani hanno avuto completa attuazione entro linizio dellanno scolastico 2000-2001. I dirigenti dellamministrazione scolastica periferica, adottano, in attuazione dei piani approvati dalle Regioni, i provvedimenti di riconoscimento della personalit giuridica e delle autonomia alle singole istituzioni scolastiche20. (articolo 4 decreto del Presidente della Repubblica 233/1998). Il regolamento che disciplina lautonomia delle istituzioni scolastiche stato emanato con decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999 n. 275 regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche ai sensi dellarticolo 21 della legge 59/97. Il regolamento ha avuto applicazione dal 1 settembre 2000 (in sostanziale concomitanza con lacquisto della personalit giuridica da parte delle scuole). Fino a tale data, per, le istituzioni scolastiche hanno esercitato lautonomia ai sensi del D. M. n. 251 del 29 maggio 1998 (Programma nazionale di sperimentazione dellorganizzazione scolastica). Le istituzioni scolastiche parificate, pareggiate e legalmente riconosciute hanno adeguato -entro il primo settembre 2000- il loro ordinamento, in coerenza con le proprie finalit, alle disposizioni del regolamento relative alla determinazione dei curricoli, e lo armonizzano con quelle relative allautonomia didattica, organizzativa e di ricerca. Ad esse si applicano anche le norme relative alla sperimentazione dellautonomia.

6. Lautonomia didattica, organizzativa della scuola Uno degli ambiti pi rilevanti della riforma scolastica, sembra senzaltro riguardare la maggiore autonomia riconosciuta a livello didattico-organizzativo21 (nonch di ricerca). Tale profilo di autonomia riguarda non tanto laspetto prettamente amministrativo dellistituzione scolastica che consegue ed inerisce alla nuova creazione di soggetti giuridici, quanto invece alla peculiarit del servizio reso, non riconducibile ad una funzione amministrativa. Pare opportuno sottolineare che anche in tal caso sembra corretto luso del termine autonomia, inteso come libert di azione in un ambito predefinito da parte del soggetto derivante (in tal caso lo Stato). La necessit di delimitare i limiti della possibilit di azione delle singole scuole in materia prettamente didattica sembra discendere da due fattori fondamentali dellattuale sistema scolastico: luno riguarda il riconoscimento legale del titolo di studio - circostanza che determina una necessaria uniformit di trattamento su tutto il territorio nazionale - laltro il sistema di eguale trattamento di tutto il personale scolastico, statuito, in termini economici, dalla contrattazione collettiva. Da quanto sopra esposto derivano i limiti allautonomia didattica ed organizzativa della scuola, che, in alcuni casi - specie per quanto concerne la riduzione dellora di lezione - sembrano porsi in contrasto con il nuovo spazio operativo attribuito alle singole istituzioni scolastiche. Come sopra delineato, le esigenze rappresentate costituiscono la chiave di lettura per comprendere le limitazioni allautonomia, i poteri ancora residuati in capo al Ministero rinnovato, nonch leventuale abrogazione (o attuale vigenza) della normativa secondaria anteriore allentrata in vigore del regolamento sullautonomia scolastica (decreto del Presidente della Repubblica 274/1999). Secondo il punto 7 dellarticolo 21 della legge delega 59/1997 le istituzioni scolastiche a cui stata conferita la personalit giuridica, hanno autonomia organizzativa e didattica, nel rispetto degli obiettivi del sistema nazionale di istruzione e degli standard di livello nazionale. In base al comma 8 della stessa disposizione di legge: Lautonomia organizzativa finalizzata alla realizzazione della flessibilit, della diversificazione, dellefficienza e dellefficacia del servizio scolastico, allintegrazione e il miglior utilizzo delle risorse e delle strutture, allintroduzione di tecnologie innovative e al coordinamento con il contesto territoriale. Essa si esplica liberamente, anche mediante il superamento dei vincoli in materia di unit oraria della lezione, dellunitariet del gruppo di classe e delle modalit di organizzazione e impiego dei docenti, secondo finalit di ottimizzazione delle risorse umane, finanziarie, tecnologiche, materiali e temporali, fermi restando i giorni di attivit didattica annuale prevista a livello nazionale, la distribuzione dellattivit didattica in non meno di cinque giorni settimanali, il rispetto dei complessivi obblighi annuali di servizio dei docenti previsti dai contratti collettivi, che possono essere assolti invece che in cinque giorni settimanali
20 A proposito della procedura di dimensionamento delle Istituzioni Scolastiche, la giurisprudenza ha osservato che la delibera di approvazione del piano regionale di dimensionamento, per taluni aspetti ha le caratteristiche dell'atto generale, ma per altri - quelli concernenti le concrete statuizioni sulle singole scuole - assume i connotati degli atti a contenuto particolare, con il conseguente obbligo specifico di motivazione (v. T. A. R. Umbria sent. n. 759/2000). 21 Per organizzativo, la normativa della riforma intende la strutturazione dellattivit didattica, e non invece di quella amministrativa. Anche nel presente testo si fa riferimento al primo significato del termine, perch appunto pi aderente all'uso fatto dal legislatore.

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anche sulla base di unapposita programmazione plurisettimanale. Secondo il comma successivo, lautonomia didattica finalizzata al perseguimento degli obiettivi generali del sistema nazionale di istruzione, nel rispetto della libert di insegnamento, della scelta educativa da parte delle famiglie e del diritto di apprendere. Essa si sostanzia nella scelta libera e programmata di metodologie, strumenti, organizzazione e tempi di insegnamenti opzionali, facoltativi o aggiuntivi e nel rispetto delle esigenze formative degli studenti. Quanto precede, fermi restando il monte ore annuale complessivo previsto per ciascun curriculum e quello previsto per ciascuna delle discipline ed attivit indicate come fondamentali di ciascun tipo od indirizzo di studi e lobbligo di adottare procedure e strumenti di verifica e valutazione della produttivit scolastica e del raggiungimento degli obiettivi 22 (articolo 21, comma 9). La legge delega, quindi, se da un lato amplia il cerchio della autonomia didattica ed organizzativa, dallaltro ne delimita il raggio, richiamando il rispetto degli obiettivi nazionali fissati a livello generale, e giustificati, come gi enunciato, dalla necessit di rispettare i parametri necessari alluniforme livello di preparazione riconosciuto come presupposto per la validit del titolo legale di studio. Tali limiti vengono poi specularmente individuati nei poteri che: il decreto legislativo 300/199923, il regolamento di attuazione (decreto del Presidente della Repubblica 347/2000) e il regolamento sulla autonomia (decreto del Presidente della Repubblica 275/1999) prevedono in capo al Ministro della pubblica istruzione. Secondo larticolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica 275/1999, il Ministro della pubblica istruzione, definisce (sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione), per i diversi tipi di indirizzo e di studio: 1) gli obiettivi generali del processo formativo; 2) gli obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni; 3) le discipline e le attivit costituenti la quota nazionale dei curricoli e il relativo monte annuale; 4) lorario obbligatorio annuale dei curricoli comprensivo della quota nazionale obbligatoria e della quota obbligatoria riservata alle istituzioni scolastiche; 5) i limiti di flessibilit temporale per realizzare compensazioni tra discipline e attivit della quota nazionale del curricolo; 6) gli standard relativi alla qualit del servizio; 7) gli indirizzi generali circa la valutazione degli alunni, il riconoscimento dei debiti e dei crediti formativi; 8) i criteri generali per lorganizzazione dei percorsi formativi finalizzati alleducazione permanente degli adulti, anche a distanza. Per meglio chiarire in ordine logico i vari aspetti della autonomia sopra indicata nella formazione della quale concorrono norme presenti nelle diverse forme enunciate, si ritiene poter procedere nella indicazione delle seguenti modalit di impartire listruzione scolastica: 1. che cosa insegnare (discipline di studio); 2. come insegnare; 3. quanto insegnare (orario scolastico e durata delle lezioni).

22 La norma prevede poi che le istituzioni scolastiche sia singolarmente che in forme consorziate stabiliscano ampliamenti dell'offerta formativa che prevedano varie iniziative, sia per la prevenzione dell'abbandono scolastico, che per l'inserimento nel mondo del lavoro, che di offerta formativa per adulti, e infine per l'utilizzazione delle strutture anche in orari extrascolastici. Nell'esercizio della nuova autonomia, le istituzioni scolastiche sono supportate dagli IRRE, dall'INVALSI, dall'INDIRE, istituti riformati proprio in vista di tale finalit (art. 21, comma 10, legge 59/1997; cfr. il Decreto legislativo 20 luglio 1999 n. 258, Riordino del Centro Europeo dell'educazione, della biblioteca di documentazione pedagogica e trasformazione in Fondazione del museo nazionale della scienza e della tecnica Leonardo da Vinci, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59, Decreto del Presidente della Repubblica 21 settembre 2000 n. 313, Regolamento recante organizzazione dell'Istituto nazionale per la valutazione del sistema dell'istruzione, attuativo degli articoli 1 e 3 del decreto legislativo 20 luglio 1999, n. 258 e Decreto del Presidente della Repubblica 21 novembre 2000, n. 415, Regolamento di organizzazione dell'Istituto nazionale di documentazione per l'innovazione e la ricerca educativa, a norma degli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 20 luglio 1999, n. 258. 23 Secondo l'art. 50 del d. lgs. 300/1999, spetta al Ministero - per quanto concerne il profilo didattico - l'assetto complessivo dell'intero sistema formativo, l'individuazione degli obiettivi e degli standard formativi e percorsi formativi in materia di istruzione superiore, nonch lorganizzazione generale dell'istruzione scolastica, ordinamenti e programmi scolastici. Il d.P.R. 347/2000 di attuazione prevede che di tali compiti si occupi il Dipartimento per lo sviluppo dell'istruzione (art. 3, d.P.R. citato). Ulteriori disposizioni per l'articolazione degli Uffici scolastici regionali sono state, poi, disciplinate dall'Accordo tra il Ministro della pubblica istruzione, le regioni, le province, i comuni e le comunit montane sul documento recante Linee-guida per i provvedimenti di articolazione degli Uffici scolastici regionali del 19 aprile 2001, pubblicato su G.U. 19 maggio 2001, n. 115.

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6. 1. Lindividuazione delle discipline oggetto di insegnamento (Curricolo obbligatorio e facoltativo) Come sopra descritto, il Ministro individua le discipline che costituiscono la quota nazionale dei curricoli e il relativo monte ore annuale. Sembra evidente che la norma risponda alla esigenza, pi volte esplicata, di mantenere un livello culturale uniforme tra tutte le scuole della nazione24. A differenza del passato, per, le Scuole, nellambito del Piano dellOfferta Formativa (P.O.F.), integrano la quota nazionale con quella ad esse riservata, attraverso lindividuazione di discipline e di attivit da loro esplicitamente scelte25. Secondo il regolamento di attuazione di tale disposizione (decreto ministeriale 26 giugno 2000, n. 234 in G. U. 25 agosto 2000), la quota oraria nazionale obbligatoria dei curricoli pari all85% del monte ore annuale delle singole discipline di insegnamento comprese negli attuali ordinamenti, mentre quella riservata alle scuole costituita dal restante 15%26. I curricoli obbligatori possono poi essere arricchiti con discipline ed attivit facoltative che le istituzioni scolastiche programmano sulla base di progetti con le Regioni, gli enti locali, ed altri soggetti operanti sul territorio. Nella scelta delle discipline obbligatorie (per la quota loro spettante), e quelle facoltative, si pu giocare gran parte di quel ruolo di competitivit che la riforma ha voluto dare alle Scuole, per favorirne una maggiore dinamicit in un contesto scolastico caratterizzato da un rigido centralismo.

6. 2. Le modalit di insegnamento Una pi ampia elasticit rispetto al passato caratterizza le modalit con le quali viene impartita listruzione. In base allarticolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 275/1999, le istituzioni scolastiche potranno avere maggiore autonomia nella scelta del metodo scolastico: dallaggregazione di discipline in aree e ambiti disciplinari, allarticolazione modulare di gruppi di alunni provenienti anche da diverse classi o anni di concorso, ad ulteriori forme di flessibilit non specificate dal regolamento e ritenute pi opportune da parte delle scuole. Se al Ministro spetta il compito di individuare gli obiettivi nazionali delle varie discipline, le scuole - da parte loro - concretizzano gli obiettivi nazionali in percorsi formativi funzionali alla realizzazione del diritto di apprendere e alla crescita educativa degli alunni, riconoscono e valorizzano le diversit, promuovono le potenzialit di ciascuno adottando tutte le iniziative utili al raggiungimento del successo formativo27. In definitiva, pare che secondo limpostazione scolastica delineata dalla normativa, ci che conta sia il raggiungimento dellobiettivo finale educativo e che la qualit della scuola si manifesti nella individuazione del metodo migliore per raggiungerlo. 6. 3. I tempi dellinsegnamento Particolarmente rilevante la questione relativa ai tempi dellinsegnamento, e cio la durata temporale della scuola sia nel suo complesso (calendario di inizio e di fine delle lezioni)28, che per quanto concerne le singole unit di lezione. Limportanza della questione non data solo dal presupposto che - anche in questo caso - ad un quantum di ore di lezione corrisponda un quantum di preparazione uniforme per tutto il territorio nazionale. Il problema altres legato al costo del lavoro degli insegnanti e degli obblighi di servizio fissati dai contratti collettivi. Come noto la contrattazione collettiva della scuola distingue gli obblighi di servizio in due categorie: quelli
24 Infatti, esplicitamente, il comma successivo dichiara che nell'integrazione della quota nazionale del curricolo e quella riservata alle scuole garantito il carattere unitario del sistema istruzione ed valorizzato il pluralismo culturale e territoriale. 25 Il liberamente scelte per vincolato ad alcuni parametri indicati dall'art. 8, e cio le esigenze degli alunni concretamente rilevate, le esigenze e le attese delle famiglie anche in relazione al corso di studi prescelto, progetti ed accordi nazionali ed internazionali. 26 Tale quota, secondo il regolamento, potr essere utilizzata o per confermare l'attuale assetto ordinamentale, o per attuare compensazioni tra discipline e attivit di insegnamento previste dagli attuali programmi o per introdurre nuove discipline, utilizzando i docenti in servizio nell'istituto. 27 Nella terminologia usata dal legislatore della riforma si intreccia un linguaggio giuridico, con concetti pedagogici anche di nuova impostazione. Non quindi semplice per il giurista tradurre in termini precisi l'effettiva portata di determinate disposizioni, che si chiarir solo con l'esperienza pratica. 28 Per quanto concerne il calendario scolastico di inizio e di fine delle lezioni, le singole istituzioni scolastiche stabiliscono degli adattamenti del calendario scolastico in relazione alle esigenze derivanti dai P.O.F. nel rispetto dei 200 giorni fissati dalla legge (art. 74 t. u. 297/1994) e delle funzioni delegate in materia alle Regioni (vedi ora l'art. 3 della Legge Costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione, (Gazzetta Ufficiale n. 248 del 24-10-2001).

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direttamente correlati alla didattica e quelli ad essa funzionali (es. partecipazione a scrutini, a progettazione, preparazione degli elaborati, preparazione delle lezioni). Per il personale docente larticolo 41 del CCNL del 4 agosto 1995 (non abrogato dallarticolo 48 CCNL 9 giugno 1999), prevede che lattivit di insegnamento si svolga in 25 ore settimanali nella scuola materna; in 22 ore settimanali per la scuola elementare (oltre due ore da dedicare alla programmazione plurisettimanale), e in 18 ore settimanali nelle scuole ed istituti di istruzione secondaria ed artistica29. Secondo tale disposizione qualora siano deliberate sperimentazioni che comportino la riduzione dellunit oraria di lezione, i docenti completano lorario dellobbligo con attivit connesse alla sperimentazione o con altre modalit previste dallo stesso progetto di sperimentazione. Sono poi considerate altre attivit aggiuntive, allinsegnamento che vengono deliberate dal collegio dei docenti nellambito delle risorse finanziarie disponibili in coerenza con il piano dellofferta formativa. Tali attivit sono dunque remunerate al di fuori da quelle rientranti nellobbligo di servizio. Secondo larticolo 21 della legge 59/1997 e larticolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 275/1999, nellambito dellautonomia didattica le istituzioni scolastiche regolano i tempi dellinsegnamento. Ad esse spetta, tra laltro: la definizione di unit di insegnamento non coincidenti con lunit oraria di lezione e lutilizzazione, nellambito del curricolo obbligatorio degli spazi orari residui. Nellipotesi in cui venga ridotta lunit oraria di lezione, come esplicitamente previsto dallarticolo 21, legge 59/1997; dallarticolo 4 e 5 del decreto del Presidente della Repubblica 275/1999, nonch - da ultimo dallarticolo 3 decreto del Presidente della Repubblica 234/2000 - (secondo cui: ladozione nel piano dellofferta formativa, di unit di insegnamento non coincidenti con lunit oraria non pu comportare la riduzione dellorario obbligatorio annuale costituito dalle quote di cui ai commi 1 e 2 (curricolo obbligatorio), nellambito del quale devono essere recuperate le residue frazioni di tempo) - la quota oraria dovr essere recuperata: a) sia in relazione al monte ore annuale da dedicare alle discipline obbligatorie; b) sia in relazione allobbligo di servizio dei docenti (recupero che potr avvenire anche secondo le modalit dei progetti dellautonomia della singola scuola: v. articolo 17 CCNL 1999)30. 6. 4. La rete tra scuole Larticolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 275/1999, prevede tre modalit di collaborazione tra scuole ed altri enti pubblici o privati: a) gli accordi in rete tra scuole b) le convenzioni con enti pubblici o privati c) listituzione o ladesione a consorzi pubblici o privati. Laccordo in rete pu avere ad oggetto attivit didattiche, di ricerca, sperimentazione e sviluppo, formazione e aggiornamento. Ma pu anche concernere attivit amministrative delle scuole o addirittura la contabilit ferma restando lautonomia dei singoli bilanci. Pu riguardare anche lacquisto di beni o di servizi, lorganizzazione e altre attivit coerenti con il raggiungimento delle finalit istituzionali. la competenza per lapprovazione dellaccordo spetta al consiglio di istituto o di circolo e - per le finalit didattiche - al collegio dei docenti delle singole scuole interessate. Sotto il profilo organizzativo, laccordo individua lorgano responsabile della gestione delle risorse e del raggiungimento delle finalit del progetto, la sua durata, le sue competenze e i suoi poteri, nonch le risorse professionali e finanziarie messe a disposizione dalla rete delle singole istituzioni. Laccordo depositato presso la segreteria delle scuole, ove gli interessati possono prenderne visione ed estrarne copia. Gli accordi in rete sono aperti a tutte le istituzioni scolastiche che intendano parteciparvi e prevedono iniziative per favorire la partecipazione alla rete delle istituzioni scolastiche che presentino situazioni di necessit. Quando sono istituite reti di scuole, gli organici funzionali di istituto possono essere definiti in modo da consentire laffidamento a personale dotato di specifiche esperienze e competenze di compiti organizzativi e
29 Per le attivit funzionali all'insegnamento, di carattere collegiale, l'art. 42 del CCNL prevede: a) un totale di 40 ore annue per le riunioni ai collegi docenti, il ricevimento dei genitori, ecc. b) la partecipazione ai consigli di classe per un massimo di 40 ore annue; c) lo svolgimento degli scrutini ed esami; d) la presenza in classe 5 minuti prima dell'inizio delle lezioni per assicurare l'accoglienza e la vigilanza, e la sussistenza all'uscita degli alunni alla fine delle lezioni. 30 Per lattuale sopravvivenza della c. m. del 22 settembre 1979, n. 243 relativa alla riduzione dell'unit oraria di lezione - senza obbligo di recupero - per difficolt del trasporto e ragioni di pendolarismo v. l'accordo d'interpretazione autentica 17 settembre 1997 intervenuto tra le OO. SS e l'A.R.A.N. e l'ipotesi di accordo richiamata dalla Circolare Ministeriale 225 del 5 ottobre 2000.

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di raccordo interistituzionale. Dal regime sopra esposto emerge il carattere associativo della rete di scuole: dalla previsione di un fondo comune a quella di un organo responsabile della gestione delle risorse. Occorre a tal punto chiedersi quale sia la natura giuridica delle reti tra scuole: dalla previsione di un fondo comune a quella di un organo responsabile della gestione delle risorse. Al riguardo, considerata la natura pubblica delle scuole facenti parte della rete, sembra che gli stessi siano riconducibili alla lata previsione dellarticolo 15 legge 241/1990. In base a tale normativa, le amministrazioni pubbliche possono sempre concludere tra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attivit di interesse comune. Per detti accordi si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni previste dallarticolo 11, commi 2, 3 e 5. I commi richiamati dallarticolo 11 della legge 241/1990 (norma che disciplina gli accordi sostitutivi di provvedimenti), prevedono lapplicazione ai medesimi dei principi del codice civile in materia di obbligazione e contratti in quanto compatibili (comma 2); inoltre gli accordi sostitutivi di provvedimenti sono soggetti ai medesimi controlli previsti per questi ultimi (comma 3), e infine: le controversie in materia di formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi di cui al presente articolo sono riservate alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Per quanto concerne la disciplina relativa alla rete tra scuole, si ritiene quindi applicabile - in virt dellespresso richiamo dellarticolo 15 legge 241/1990 - la disciplina codicistica, per le parti non regolate dallarticolo 7 decreto del Presidente della Repubblica 275/1999. Sebbene il comma 2 articolo 11 richiamato faccia espresso riferimento alle obbligazioni e contratti (e non quindi al libro primo, che disciplina le persone fisiche e giuridiche), pur vero che le associazioni vengono costituite con contratto (contratti di comunione di scopo, categoria diversa da quella dei contratti di scambio). Pertanto, in virt del suesposto richiamo, anche la disciplina relativa alle associazioni pare applicabile alle reti di scuole, nelle parti non regolate dalla normativa es. per quanto concerne il diritto di recesso dalle singole scuole alla rete, o in relazione alla responsabilit patrimoniale per le obbligazioni assunte dalla rete di scuole. E ci perch, come detto, la struttura delineata per le reti di scuole ha carattere associativo in quanto diretto a creare un vincolo tra le scuole, per la gestione comune di interessi delle medesime. Pu sorgere, per, il dubbio circa la disciplina da applicare, se quella relativa alle associazioni riconosciute o non riconosciute come persone giuridiche. Sembra doversi optare per la seconda ipotesi. La struttura associativa delle reti di scuole, non determina la nascita di una nuova persona giuridica, pubblica o provata, e ci per un duplice ordine di ragioni. Innanzitutto la personalit giuridica pubblica sempre conferita con legge, s da ipotizzarsi unioni di enti pubblici senza personalit giuridica31. Inoltre, la configurazione di una nuova persona giuridica, sembra in contrasto con la ratio della normativa di riforma, diretta a rendere sempre pi indipendenti (se pure permettendo forme di collaborazione), le scuole, evitando di creare strutture che si sostituiscano alle stesse32. Relativamente semplice sembra la differenza di struttura tra le reti di scuole e le convenzioni con universit, enti pubblici e privati, prevista dallarticolo 7 comma 8 (le scuole, sia singolarmente che collegate in rete possono stipulare convenzioni con universit statali o private, ovvero con istituzioni, enti associazioni o agenzie operanti sul territorio che intendano dare il loro apporto alla realizzazione di specifici obiettivi) e 9 (anche al di fuori dellipotesi prevista dal comma 1, le istituzioni scolastiche possono promuovere e partecipare ad accordi e convenzioni per il coordinamento di attivit di comune interesse che coinvolgono, su progetti determinanti, pi scuole, enti, associazioni del volontariato e del privato sociale). I predetti accordi, infatti, sono stipulati anche con soggetti diversi dalle scuole e diretti a soddisfare specifiche necessit. Pi complessa sembra, invece, la distinzione tra le reti di scuole e i consorzi, che le istituzioni scolastiche possono costituire o a cui possono aderire (le istituzioni scolastiche possono costituire o aderire a consorzi pubblici e privati per assolvere compiti istituzionali coerenti col Piano dellofferta formativa di cui allarticolo 3 e per lacquisizione di servizi e beni che facilitino lo svolgimento dei compiti di carattere formativo).
31 Cit. da SANDULLI in nota 309a, in relazione alle federazioni di enti pubblici che hanno carattere di associazioni senza personalit: cos l'ANCI (Ass. Nazionale dei Comuni italiani), l'UPI (Unione delle Province d'Italia). 32 La rete di scuole, come indicato dal regolamento, potr assumere obbligazioni, e quindi avr una capacit processuale (similmente alle associazioni non riconosciute: art. 75 codice di procedura civile) risponder delle obbligazioni con il fondo comune e poi con il patrimonio delle singole scuole.

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Com noto il consorzio costituisce unentit giuridica assai variegata e presente sia nel diritto privato che in quello amministrativo. Secondo la disciplina civilistica (articolo 2062 codice civile e segg.) con il contratto di consorzio pi imprenditori costituiscono unorganizzazione comune per la disciplina o per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese. La causa del contratto di consorzio non limitata solamente alla disciplina della concorrenza tra imprenditori, ma ha un ambito pi vasto, grazie al quale il contratto si rivela concepito quale strumento di collaborazione generale tra imprese diverse, volto a realizzare le pi razionali ed opportune sinergie (Cassazione 3163/1995). La normativa privatistica distingue i consorzi con attivit interna, da quelli con attivit esterna (articolo 2612: v. in particolare articolo 2613 sulla rappresentanza in giudizio e 2615 responsabilit verso i terzi); i consorzi volontari da quelli obbligatori (articolo 2616 s.). Elemento essenziale del contratto di consorzio la qualit di imprenditore rivestita dai contraenti. Tale qualit differenzia i consorzi dalle semplici associazioni, essendo riconducibile anche il medesimo ai contratti di carattere associativo. Da tempo regolata con legge anche la costituzione di consorzi tra enti pubblici (consorzi amministrativi). E caratteristica comune a tutti i consorzi di essere organizzazioni permanenti per la realizzazione e la gestione di opere o servizi di interesse comune ai vari consociati, senza che delle opere e dei servizi diventi titolare il consorzio33. Gi il testo unico della legge comunale e provinciale del 1934 (regio decreto 383/1934), prevedeva la costituzione di consorzi pubblici tra enti locali, ai quali la legge espressamente conferiva il carattere di enti pubblici34, il cui carattere economico o no, dipendeva dal criterio imprenditoriale o meno con cui veniva gestito il servizio35. Successivamente la legge 142/1990 (ordinamento delle autonomie locali), allarticolo 25, regola la costituzione di consorzi tra enti locali per la gestione associata di uno o pi servizi e lesercizio di funzioni secondo le norme previste per le aziende speciali di cui allarticolo 23 in quanto compatibili. Secondo linterpretazione giurisprudenziale, nonostante il rinvio alla disciplina delle aziende speciali, contenuto nellarticolo 25 legge 142/1990, la natura giuridica e lambito materiale di attivit dei consorzi facoltativi tra enti locali non coincide con quello delle aziende. Oltre ai consorzi istituiti per la gestione di servizi di rilevanza economico-imprenditoriale, possono esistere consorzi destinati allo svolgimento di servizi sociali e di funzioni, mentre i primi si configurano - al pari delle aziende speciali - quali enti pubblici economici, i secondi hanno natura istituzionale36. In definitiva, per i consorzi pubblici la giurisprudenza non distingue quelli con attivit interna od esterna, ma quelli aventi carattere imprenditoriale o no, con le conseguenti implicazioni in ordine alla giurisdizione e alla disciplina del personale37. Occorre, quindi, chiedersi, se, a fronte di un accordo di collaborazione tra scuole, se lo stesso sia riconducibile alla figura della rete tra scuole - disciplinata dallarticolo 7, commi 2-6 - del decreto del Presidente della Repubblica 275/1999, o ad un consorzio, previsto dal comma 10 dello stesso articolo. In realt la risposta non semplice, e sar probabilmente oggetto di analisi giurisprudenziale. Sembra, al riguardo, potersi ritenere che la collaborazione tra scuole e altri soggetti rivesta la natura di consorzio quando la gestione sia connotata da autonomia rispetto alle singole scuole38, e quindi con proprio
Cos SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, 1982, p. 495; v. anche GIZZI, Consorzi fra enti pubblici, NssDi app., II, 486. V: in tal senso: Cass. Sez. u. sent. n. 4347 del 1981; Sez. u. sent. n. 4272 del 1986 sulla natura giuridica di tali consorzi; v. M. C. SPENA, I consorzi intercomunali, in Rivista amministrativa della R. I. , febbraio-marzo 1999, volume 40 fasc. n. 2/3. 35 V. ad esempio: secondo Cass. Sez. u. 1986 n. 4272 del 1986 che riconosce la qualifica di ente pubblico economico ad un consorzio dei servizi pubblici di trasporto urbano ed extraurbano, in quanto gestito secondo criteri e con strutture di tipo imprenditoriale. Mentre invece il consorzio per la riabilitazione dei soggetti neurolesi, ha natura di ente pubblico non economico, in quanto opera con struttura e finalit di tipo pubblicistico nel settore della rieducazione degli handicappati (Cass. Sez. u. n. 4793 del 1987). 36 Cos T. A. R. Lombardia, Milano, 13 marzo 1995, n. 355; dello stesso T. A. R. sent. 583/1995; T. A. R. Umbria: 273/1995, per tutti. 37 Le norme sul personale dei consorzi contenute nella legge 142/1990 e nel d. lgs. 29/1993 non si applicano ai consorzi che hanno natura di ente pubblico economico; il rapporto di lavoro dei dipendenti di tali consorzi ha natura privatistica ed soggetto alla disciplina sostanziale e processuale di diritto comune T. A. R. Lombardia, cit. 355/1995. 38 V. T. A. R. Lombardia, 1905/1997. Sembra non potersi escludere la natura economico-imprenditoriale di alcuni consorzi creati o a cui aderiscono le scuole (v. art. 20 bozza regolamento di contabilit che prevede la gestione delle aziende agrarie e aziende speciali da parte delle scuole secondo criteri di economicit; v. inoltre l'art. 28 d. legge 28 maggio 1975; istruzioni amministrativo contabili per le scuole). Questo non significa che le scuole assumono in tali casi la qualifica di imprenditore. Inoltre, i predetti consorzi possono essere costituiti per l'acquisizione di servizi e beni che facilitino lo svolgimento di attivit formative e quindi con rilevanza economica, sebbene senza scopo di lucro: v., al riguardo, sent. Cass. Sez. u. 24/1999, secondo cui un consorzio tra Comuni per l'acquisto di materiale scolastico a migliori prezzi, palesa una indubbia valenza pubblicistica in quanto preordinata al perseguimento degli interessi dei consorziati, escludendo ogni scopo di lucro degli interessi dei consorziati.
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bilancio.

7. La natura giuridica dellente scuola Rilevante la questione concernente la natura giuridica delle scuole, cui stata conferita la personalit giuridica e lautonomia, ai sensi dellarticolo 21 della legge 59/1997. Sembra, infatti, che dalla definizione ontologica delle medesime, derivino importanti conseguenze sia sul piano sostanziale (rapporto con lo Stato), che su quello processuale (legittimazione attiva e passiva nei giudizi e patrocinio della Avvocatura dello Stato). Dottrina e giurisprudenza, non hanno a tuttoggi approfondito in modo significativo tali aspetti, inerenti, peraltro, ad una materia - quella scolastica - che non stata particolarmente oggetto di studio sistematico su basi dogmatiche. Tenuto conto delle considerazioni dottrinali e giurisprudenziali, formatesi anteriormente alla riforma scolastica, si proceder - pertanto - secondo unimpostazione di carattere logico, in base a principi di carattere generale. a) La natura giuridica delle scuole anteriormente alla legge delega 59/1997. Come noto, anteriormente alla recente riforma scolastica, le scuole potevano essere divise in due categorie: quelle con personalit giuridica (Istituti di istruzione tecnica, professionale artistica, convitti), e quelle dotate di una certa autonomia amministrativa, ad esse riconosciuta dai c. d. decreti delegati sulla scuola (decreto del Presidente della Repubblica 416 del 1974 in attuazione dei principi contenuti nella legge delega 477/1973). In relazione alle scuole dotate di autonomia amministrativa, si sono evidenziati i seguenti aspetti39, che si ritiene opportuno riportare: 1. gli istituti scolastici vanno annoverati tra gli organi dello Stato: ne consegue che lattivit da essi esplicata per mezzo delle persone fisiche che vi operano, va imputata direttamente allo Stato, costituisce cio attivit statuale40. 2. Tuttavia, essendo agli stessi riconosciuta lautonomia amministrativa - da gestirsi tramite organi di natura collegiale -, gli istituti realizzano il principio organizzatorio del decentramento funzionale, e sono sottratti al vincolo di subordinazione gerarchica nei confronti dellapparato burocratico41. 3. Le istituzioni scolastiche sfuggono quindi al rapporto gerarchico che caratterizza lapparato burocratico: i provveditori, infatti, agiscono non come superiori gerarchici ma, piuttosto come organi di controllo. 4. Linesistenza di un rapporto gerarchico si manifesta in particolare nei confronti degli organi collegiali di governo, che non sono organi esecutivi, soggetti allosservanza delle disposizioni impartite dai vertici dellapparato burocratico, ma organi la cui volont si forma attraverso il concorso delle autonome determinazioni dei loro componenti, onde al provveditore era precluso il potere di annullamento delle loro deliberazioni, potere che espressione tipica del rapporto di gerarchia42. 5. Si osservava poi che anche il potere di impartire allorgano sottordinato disposizioni vincolanti per mezzo di circolari, istruzioni ecc., trova fondamento in un rapporto di gerarchia, sicch in assenza di tale rapporto, da ritenersi precluso alla Amministrazione, se non nei casi previsti dalla legge, disciplinare lattivit di tali istituzioni attraverso lemanazione di direttive per esse vincolanti; Da ci ne derivava che le circolari ministeriali, lungi dal rivestire carattere di obbligatoriet, possono essere considerate al pi come espressione di un potere di indirizzo, volto ad assicurare una coordinata gestione della scuola. Sul punto si rileva per inciso che - malgrado tale impostazione teorica - le fonti di carattere secondario hanno
V. C. GATTI, S. ZAMBARDI, Autonomia amministrativa e gestione finanziaria delle scuole, Jovene, 1976, p. 31 ss. II direttore didattico e il preside sono al tempo stesso organi di primo grado dello Stato, allorch esplicano attivit direttamente riferibili a questo, e organi dellistituzione scolastica (cio organi statali di secondo grado), quando l'attivit posta in essere imputabile allistituzione e solo mediatamente allo Stato. Mentre nel primo caso, gli organi considerati, in quanto espressione del decentramento burocratico, sono vincolati all'osservanza del principio gerarchico, non altrettanto avviene allorch operano come organi delle istituzioni autonome, che rappresentano invece un'ipotesi di decentramento funzionale, cui estraneo qualsiasi vincolo di subordinazione gerarchica. 41 In tal senso si era espresso anche il Consiglio di Stato, con parere 1114 del 1983, ripreso nella c. m. 12 febbraio 1985, n. 60. 42 Cfr. Gatti, op. cit. p. 96 ove si rileva che Orbene, posto che tra il provveditore e le istituzioni scolastiche non esiste rapporto di gerarchia e che tra le attribuzioni previste dall'art. 26 d.P.R. 416 non compreso il potere di annullamento degli atti delle istituzioni stesse agevole rilevare che l'organo di vigilanza non ha alcuna facolt di provvedere in tal senso. Si rilevava per che le delibere delle istituzioni erano soggette al potere di annullamento da parte del Governo, in quanto tale potere, conferito, dall'art. 6 del regio decreto 3 marzo 1934, n. 383, ha portata generale. Ma si segnalava anche che tale potere viene esercitato solo per questioni di alta amministrazione, che difficilmente si presentano per le istituzioni scolastiche.
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disciplinato in modo penetrante la materia organizzativa della scuola, s da essere ritenute, da parte degli operatori scolastici, quasi come la fonte primaria del diritto. II potere di controllo si manifesta, invece, nella possibilit per il provveditore di scioglimento degli organi collegiali della scuola in caso di perdurante irregolare funzionamento (articolo 26 decreto del Presidente della Repubblica 416/97, poi inserito nellarticolo 28 testo unico 297/1994, relativo alle funzioni di vigilanza del provveditore agli studi). Al provveditore spettava, inoltre, il controllo di legittimit e merito relativi alla gestione dei fondi da parte delle scuole, attraverso le autorizzazioni e approvazione dei bilanci preventivi e consuntivi delle singole istituzioni scolastiche (articolo 28. testo unico 297/1994). Per gli istituti dotati anche di personalit giuridica, si era osservato che: 1. lacquisto della soggettivit rileva nei confronti dei terzi, mentre invece nei confronti dello Stato, la Scuola rimane inserita nella sua organizzazione, sia pure con la natura di organo-ente43. Come organi dello Stato, tali scuole esercitano una serie di attribuzioni proprie di questultimo (rilascio dei titoli di studio, certificazioni, attivit di amministrazione del personale e conduzione del rapporto con gli studenti), e, attesa la personalit giuridica di cui sono dotate, entrano nei rapporti con i terzi, nei cui confronti possono assumere diritti e obblighi. Linserimento nella organizzazione dello Stato, si basava sulle seguenti considerazioni: a) listituzione da parte dello Stato; b)la potest per lo Stato di impartire direttive e istruzioni per quel che attiene lesercizio della funzione istituzionale; c)il personale dellistituzione statale; d)non configurabile una confliggenza di interessi tra lEnte e lo Stato per quanto attiene al fine istituzionale. Pertanto, si riteneva che la personalit fosse attribuita solo per assicurare una particolare autonomia allorgano e per consentirgli di amministrarsi senza gli intoppi dellordinaria azione amministrativa. Agli stessi, era infatti riconosciuta una maggiore autonomia negoziale, conseguente alla possibilit di gestire un proprio patrimonio44.
V. N. DANIELE, La Pubblica Istruzione, Giuffr, 1986, p. 104 ss. Sul punto, anche la chiara sent. Cass. 10982/1996, ove si afferma: L'attribuzione agli istituti tecnici della personalit giuridica (art. 3 secondo comma della 1. n. 889 del 1931) ne assicura l'autonomia rispetto allamministrazione centrale della pubblica istruzione, pur se soggetta alla vigilanza e ai controlli di questa. Donde la possibilit di essere titolari di situazioni soggettive e in particolare di diritti soggettivi nei confronti di altri enti in relazione alla disciplina dell'erogazione di spese e di somministrazioni varie che la legge Come organi dello Stato, tali scuole esercitano una serie di attribuzioni proprie di quest'ultimo (rilascio dei titoli di studio, certificazioni, attivit di amministrazione del personale e di controlli di questa. Donde la possibilit di essere titolari di situazioni soggettive e in particolare di diritti soggettivi nei confronti di altri enti in relazione alla disciplina dell'erogazione di spese e di somministrazioni varie che la legge prevede a carico di questi... pur nella rilevata connotazione di enti strumentali che detti istituti hanno in quanto preordinati alla realizzazione di fini principalmente di interesse generale. Gli enti strumentali - categoria nella quale, come gi detto, rientrano gli istituti tecnici, come anche gli istituti professionali (cfr. regio decreto legge n. 2038 del 1938) e gli istituti d'arte (cfr. 1. n. 163 del 1962) - sono caratterizzati dall'esercitare in proprio funzioni e servizi spettanti ad altro ente, al quale ne ridondano i risultati. La figura dell'organo-ente ricorre poi allorch all'organo di una persona giuridica viene a sua volta attribuita la personalit giuridica. Tale figura, che opera solitamente come organo dell'amministrazione diretta dello Stato, consegue per lo svolgimento di attivit strumentali rispetto allattuazione delle competenze funzionali dello Stato. Pertanto il rapporto tra l'organo-ente e lo Stato si pone in modo diverso a seconda che si tratti di rapporti con i terzi o di rapporti diretti organo-Stato. In base a tali considerazioni, la Cassazione aveva escluso la legittimazione passiva del Ministero della Pubblica Istruzione nell'azione risarcitoria per i danni provocati da personale della scuola o da sue strutture, atteso che L'attivit del personale, siccome inserita nella struttura dell'istituto giuridicamente riferibile a quest'ultimo per ci che attiene ai rapporti con i terzi e comunque al potere-dovere di disciplina e di vigilanza siccome rivolto a tutela della regolarit del servizio in proiezione del rispetto della sfera giuridica dei terzi. In definitiva, il personale scolastico, ancorch dipendente dallo Stato, opera all'interno dellorganizzazione dell'istituto il quale, nei rapporti con i terzi, diventa centro di imputazione dellattivit da detto personale svolta, assumendo rilievo non l'inquadramento di quest'ultimo nei ruoli del personale dello Stato, bens lo svolgimento delle mansioni per il soddisfacimento dell'interesse pubblico specificamente perseguito dall'ente strumentale (cfr. per riferimenti Cass. 4835/1979, Cass. 2700/1970). L'imputazione anche dellattivit illecita agli istituti scolastici, sulla base delle riportate argomentazioni, sembra pi convincente della posizione contraria assunta dalla Cassazione in altre pronunce (v. ad es. Cass. 341/1996, ove si ritiene sussista la legittimazione passiva del Ministero della Pubblica Istruzione, essendo ad esso riferibile l'attivit illecita degli insegnanti, in quanto dipendenti statali). inoltre da osservarsi, per quanto concerne lo ius postulandii, che specifiche norme attribuivano la difesa in giudizio allAvvocatura dello Stato, ai sensi dell'art. 43 regio decreto 1611/1933: v. per gli istituti tecnici: d.P.R. 446/1977; per gli altri istituti: d.P.R. 1027/1975: conferimento all'Avvocatura generale dello Stato della rappresentanza in giudizio degli istituti professionali per l'industria e l'artigianato, per le attivit marinare, per l'agricoltura, per il commercio, alberghieri e femminili. Per i convitti: art. 203 t. u. 297/1994. 44 Cfr. Istruzioni amministrative-contabili per i circoli didattici, gli istituti scolastici di istruzione secondaria ed artistica statali e per i distretti scolastici emanate con d. legge 28 maggio 1975. Ai sensi dell'art. 29 t. u. 297/1994, il riscontro della gestione finanziaria amministrativa e patrimoniale di tali istituzioni dotate di personalit giuridica, affidato a due revisori dei conti, dei quali uno nominato dal Ministero della Pubblica Istruzione e l'altro dal Ministero del Tesoro.
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b) La natura giuridica delle istituzioni scolastiche cui conferita la personalit giuridica ai sensi della legge 59/1997 1. La legge 15 marzo 1997, n. 59 contiene la delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni e agli enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa. Tali funzioni, ai sensi dellarticolo 2 della legge, sono conferite nellosservanza del principio di sussidiariet. Il conferimento, inoltre, secondo il primo comma dellarticolo 1, avviene, tra laltro, ai sensi dellarticolo 5 Costituzione. 2. Come noto, secondo larticolo 5 della Costituzione, la Repubblica attua, nei servizi che dipendono dallo Stato il pi ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della legislazione alle esigente dellautonomia e del decentramento45. Il decentramento comporta che gli organi cui sono state attribuite le funzioni siano attributari e responsabili esclusivi delle materie nelle quali hanno competenza, senza rapporto di soggezione gerarchica nei confronti degli organi centrali (e il pi possibile indipendenti da essi), spettando a questi ultimi, in ordine alle materie stesse, soltanto poteri di coordinazione e di direzione46. In tale prospettiva, gli atti emanati dallorgano competente, assumono carattere di definitivit47. Il decentramento, si differenzia dalla delega, attraverso la quale lautorit delegante non si priva dei propri poteri, ma demanda al delegato solo lesercizio degli stessi, n del potere di avocare a s lattivit delegata. 3. Oggetto di decentramento anche la materia dellistruzione, come reso palese dal fatto che la stessa legge eccettua dal conferimento le funzioni ed i compiti riconducibili ad alcuni settori della materia istruzione (ordinamenti scolastici, programmi scolastici, organizzazione generale dellistruzione, stato giuridico del personale: articolo 1, comma 3 lett. q) 48. Larticolo 21 della legge pone come servente il trasferimento delle funzioni rispetto allesercizio dellautonomia: Ai fini della realizzazione dellautonomia delle istituzioni scolastiche le funzioni dellAmministrazione centrale e periferica della pubblica istruzione in materia di gestione del servizio di istruzione, fermi restando i livelli unitari e nazionali di fruizione del diritto allo studio, nonch gli elementi comuni allintero sistema formativo, sono progressivamente attribuite alle istituzioni scolastiche. Come osservato in dottrina49, lautonomia delle istituzioni si attua attraverso un trasferimento di funzioni e di compiti, attinenti anche alla gestione del servizio, direttamente dallamministrazione statale alle singole scuole. Con la legge 59/1997, si operato cos un decentramento di funzioni (e non una semplice delega) dallo Stato alle scuole di determinate funzioni, come peraltro confermato dal dettato dellarticolo 135 decreto legislativo 112/1998 fatto salvo il trasferimento di competenze alle amministrazioni scolastiche50. Peraltro, come sopra rilevato, di decentramento funzionale si parlava gi a proposito delle scuole dotate di autonomia amministrativa. 4. Considerato che larticolo 21 attribuisce anche la personalit giuridica alle scuole (che abbiano la dimensione ottimale prevista dalla stessa disposizione di legge e dal regolamento applicativo), ne consegue a meno che non si ritenga che lattribuzione della personalit giuridica sia un semplice flatus vocis - che il decentramento cos posto in essere ha natura di decentramento autarchico: con tale formula si indica il fenomeno organizzativo contrassegnato dalla creazione, da parte dello Stato, di enti distinti da esso ma che perseguono fini di pertinenza dello Stato, e quindi ad esso strumentali (esplicitamente Sandulli parla di decentramento autarchico a proposito degli istituti dotati di personalit giuridica). Il decreto del Presidente della Repubblica 275/1999, - specifica le materie oggetto di conferimento, perch autorizzato dallarticolo 21, comma 2 , Legge 59/199751 e puntualizza, altres, il carattere di definitivit degli atti amministrativi emanati dalle scuole: I provvedimenti adottati dalle istituzioni scolastiche divengono definitivi il quindicesimo giorno dalla data della loro pubblicazione allalbo della scuola (articolo 14, comma 7).
45 Come osservato da LIVIA BARBERIO CORSETTI, il principio di sussidiariet, in questo caso, si estende oltre l'ente locale, titolare della autonomia territoriale, per toccare le singole scuole, che, in quanto titolari di autonomia funzionale, dovranno essere libere di organizzarsi e realizzare autonomamente tutti gli obiettivi coerenti con le loro dimensioni, in Commento al d. lgs 112/98, Maggioli, p. 585. 46 Cos SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, cit, p. 365. 47 Idem, p. 367. 48 A. PAINO, Lo Stato autonomista, Aa. Vv. , Il Mulino, 1998, p. 448. 49 Idem, p. 449; sul punto v. anche l'art. 3 del testo di legge costituzionale pubblicato in Gazzetta Ufficiale 12 marzo 1991 laddove, nella previsione di modifica dell'art. 117 Cost. , viene fatta salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche. 50 Vedi, ora, la legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001, Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione (GU n. 248 del 24-102001). 51 Ai fini di quanto previsto nel comma 1, si provvede con uno o pi regolamenti da adottare ai sensi dell'ari, 17, comma 2 della 1. 23 agosto 1988, n. 400: art. 21, comma 2, Legge 59/1997.

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Secondo larticolo 14 A decorrere dal I settembre 2000 sono attribuite alle istituzioni scolastiche le funzioni gi di competenza dellamministrazione centrale e periferica relative alla carriera scolastica e al rapporto con gli alunni, allamministrazione e gestione del patrimonio delle risorse, allo stato giuridico ed economico del personale, non riservate, in base allarticolo 15 o ad altre specifiche disposizioni, allamministrazione centrale e periferica. Al conferimento di funzioni alle scuole, corrisponde una importante modifica strutturale dellorganizzazione centrale e periferica, la quale assume funzioni di coordinamento, vigilanza in relazione alle funzioni ancora di pertinenza dello Stato52, ma si spoglia della gestione amministrativa delle scuole (v. decreto legislativo 300/1999, artt. 1-7, 49-51, 75-77, 88 e regolamento attuativo n. 347/2000 in G. U. 27 novembre 2000). Al trasferimento di funzioni amministrative si accompagna il riconoscimento di un maggiore spazio di autonomia in materia didattica53, che per non e riconducibile ad una funzione propriamente amministrativa54 e costituisce la peculiarit della Scuola, rispetto alle altre strutture amministrative. 5. Preso atto della creazione di soggetti distinti dallo Stato, occorre considerare se gli stessi siano inseriti nellorganizzazione del medesimo, dando luogo alla figura degli organi-enti. Al riguardo, sembra doversi dare una risposta positiva in considerazione dei seguenti elementi: 1. Inserimento del personale nel personale dello Stato, e reclutamento ad opera del medesimo (procedura esplicitamente sottratta alle singole scuole, ai sensi dellarticolo 15 decreto del Presidente della Repubblica 275/1999). 2. Responsabilit, nei confronti dello Stato, del dirigente scolastico, sia disciplinare che per risultati: il nucleo di valutazione per la responsabilit per risultati incardinato nellamministrazione scolastica presieduta dal sovrintendente scolastico (o da un dirigente da lui delegato). 3. Autonomia finanziaria limitata. Se vero che ci sar maggiore elasticit nella gestione delle risorse, anche da constatare che le scuole, attingendo le loro entrate per la massima parte da denaro pubblico, hanno una limitata autonomia finanziaria, non potendo imporre tasse per il servizio scolastico ma solo per specifiche attivit. Devono inoltre destinare gran parte delle entrate a spese fisse, gi predeterminate (per il personale ecc.). 4. Il potere di vigilanza e controllo che rimasto comunque in capo al Ministero sia in relazione alla responsabilit disciplinare dei Capi di Istituto (sussistendo per loro, in quanto ancora organi dello Stato per le funzioni rimaste in capo al medesimo), il vincolo gerarchico), che alla possibilit di scioglimento degli organi collegiali in caso di persistenti e gravi irregolarit o di mancato funzionamento, ai sensi dellarticolo 28, comma 7, testo unico 297/1994, non abrogato dallarticolo 17 decreto del Presidente della Repubblica 275/1999. Il controllo di regolarit amministrativa-contabile venuto meno in capo al provveditore, ed svolto, come per gli enti con personalit giuridica, da un collegio di revisori dei conti (v. bozza regolamento di contabilit); 5. Dalle circostanze sopra delineate, sembra non potersi escludere linserimento del nuovo Ente Scuola nellorganizzazione statale. Si pu quindi affermare che lo stesso ente-organo dello Stato. Tale figura non stata oggetto di particolari approfondimenti in dottrina e giurisprudenza. Le pi puntuali pronunce55 hanno evidenziato la duplicit di veste che lEnte assume: persona giuridica nei confronti dei terzi; organi nei rapporti interni con lo Stato. In mancanza di una norma che attribuisce esplicitamente il patrocinio allAvvocatura dello Stato, il problema si posto con riferimento alla legittimazione processuale e alla rappresentanza in giudizio delle predette entit giuridiche: con riferimento ad altre analoghe figure soggettive, si formata una giurisprudenza contrastante: chi sosteneva che il patrocinio dellAvvocatura dello Stato fosse obbligatorio ai sensi dellarticolo 1 regio decreto 1611/193356 , chi invece, che, prevalendo la qualit di enti diversi dallo Stato,
52 v. D. lgs. 300/1999 e d.P.R. di attuazione 347/2000: l'art. 50 del d. lgs. 300/1999 individua le funzioni ancora spettanti al Ministero (v. par. 6 di questo capitolo nonch par. 9. 2 in relazione alla nuova configurazione della amministrazione scolastica). Cfr. anche l'Acc. 19 aprile 2001, Linee guida per i provvedimenti di articolazione degli uffici scolastici regionali cit. per le competenze regionali. 53 V. Cap. I, par. 6. 54 V. Cap. II, par. 1. stato, inoltre, efficacemente notato che l'attivit didattica - a differenza di quella amministrativa - non direttamente riferibile allo Stato, giacch per il principio costituzionale della libert di insegnamento gli insegnamenti impartiti da ciascun docente - entro i limiti fissati dalla legge possono riferirsi solo a questi, non trovando Spazio nell'attuale ordinamento costituzionale una dottrina di Stato. GATTI, op. cit., p. 29, nota 8. 55 Cfr. per tutte Cass. 10982/1996 cit. in nota 46 di questo paragrafo. 56 stato ritenuto obbligatorio il patrocinio dell'AIMA, ai sensi dell'art. 1 regio decreto 1611/1933, in quanto amministrazione dello Stato (Cass. 5544/1984). Egualmente stato deciso dalla giurisprudenza per altri organi soggettivizzati, quali il Fondo di previdenza del personale delle Dogane (Cass. 1983 n. 2293); la CPDEL (Trib. Catania 8 marzo 1979), la Cassa per il Mezzogiorno (Trib. Catania 30 aprile 1991). Di recente, con sentenza 8708/2000 il T. A. R. Lazio ha negato ad un istituto la legittimazione processuale autonoma rispetto al Ministero, ritenendo che II comportamento processuale della parte che ricorre (preside di una istituzione scolastica, difeso in proprio), si pone in inammissibile conflitto tra organi della stessa amministrazione e si configura in contrasto con i principi di autorganizzazione

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fosse necessaria una norma specifica che attribuisce siffatto patrocinio57. 6. In realt, a parere di chi scrive, la natura giuridica dellEnte organo, non va risolta alla stregua della prevalenza delluna o dellaltra caratteristica di tale figura soggettiva, e ci in ragione del fatto che la stessa non costituisce un tertium genus rispetto allorgano e allente. Come implicitamente riconosciuto dalla citata giurisprudenza, (che parla di doppia veste dellenteorgano), la caratteristica di tale entit, sembra quella di avere una duplice natura giuridica: la prima, rapportabile al suo essere ente, la seconda allessere ancora organo dello Stato, in quanto inserito nella sua organizzazione. Ne deriva che, sotto il profilo sostanziale alcune attivit saranno rapportabili allEnte, altre allorgano58, e sotto il profilo processuale, per le prime sar necessaria una norma che prevede il patrocinio della Avvocatura dello Stato, mentre per le seconde, le istituzioni scolastiche si varranno automaticamente del patrocinio della Avvocatura, ai sensi dellart 1, regio decreto 1611/1933. Siffatta distinzione non agevole ne pacifica, considerata la complessit - sul piano pratico - che pu portare un continuo distinguo. Sembrerebbe che ad ovviare perplessit in merito, sia sufficiente una norma, anche di contenuto regolamentare59, di carattere simile a quelle gi previste. Nelle more della sua adozione, sembrerebbe corretto applicare in via di Interpretazione estensiva (non gi analogica trattandosi di normativa speciale), la norma che attribuisce il patrocinio agli istituti gi dotati di personalit giuridica60, o - sempre in via di interpretazione estensiva - larticolo 1, regio decreto 1611/193361. Siffatta soluzione, sembra essere - allo stato - la pi rispondente al pubblico interesse, considerata la necessit anche di contenere la spesa pubblica, in relazione ad un potenziale contenzioso scolastico, alimentato, in sede di prima applicazione, anche dalla obbiettiva incertezza della normativa e alle nuove questioni giuridiche che si impongono allattenzione delle scuole62. Con lemanazione del decreto del Presidente della Repubblica 4 agosto 2001, n. 352 (G.U. 26 settembre 2001, n. 224) stato aggiunto un comma 7-bis allarticolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 275/1999 secondo cui LAvvocatura dello Stato continua ad assumere la rappresentanza e la difesa nei giudizi attivi e passivi davanti le autorit giudiziarie, i collegi arbitrali e le giurisdizioni amministrative e speciali di tutte le istituzioni scolastiche cui stata attribuita lautonomia e la personalit giuridica a norma dellarticolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59.

8. I rapporti con il Ministero riformato 8. 1. L organizzazione previgente al decreto legislativo 300/1999 Lorgano di vertice della amministrazione - centrale e periferica - il Ministro della Pubblica Istruzione. Secondo lordinamento previgente al decreto legislativo 300/1999, e fino alla sua attuazione lorganizzazione degli uffici centrali e periferici trova collocazione negli articoli 611 e s. del testo unico 297/1994 (Testo unico in materia di istruzione). In base a tale disciplina 1 amministrazione centrale articolata in tre ispettorati e otto direzioni generali, preposte sia alla gestione del personale, che agli aspetti amministrativi e didattici dei diversi gradi e tipi di
dell'amministrazione. 57 Ss. Uu. sent. 18 marzo 1999 n. 155, in relazione al patrocinio della Cassa Ufficiali dell'esercito. Hanno deciso che la stessa, prima della norma attributiva, non godeva del patrocinio dellAvvocatura dello Stato, non potendo essere condivisa la contraria e quasi coeva pronuncia della sezione lavoro, la quale, attenuando la portata della disposizione ... attributiva di personalit giuridica, la consider come amministrazione statale... . Cass. l luglio 1998, n. 6450. 58 Sarebbe allora necessario distinguere le materie attribuite in proprio alle scuole o ad esse decentrate (tra cui rientrerebbe anche la gestione del personale, trasferita dal decreto del Presidente della Repubblica 275/1999 alle scuole, escluso il reclutamento ed altri pochi atti), da quelle che l'istituto gestisce come organo dello Stato, per le materie ad esso rimaste. In definitiva, quasi tutte le controversie vedrebbero la legittimazione delle istituzioni scolastiche: dallattivit negoziale, a quella illecita, a quella di gestione del personale, salve le eccezioni previste. 59 L'art. 43 r.d. 1611/1933, prevede, infatti, che l'autorizzazione ad avvalersi del patrocinio della Avvocatura dello Stato pu essere data con disposizione di legge o di regolamento. 60 Per le universit si formato un orientamento giurisprudenziale che ritiene obbligatorio il patrocinio della Avvocatura dello Stato a seconda che le stesse agiscano come organi dello Stato, o come ente autonomo. Tuttavia, a prescindere dal fatto che esiste una norma che attribuisce il patrocinio della Avvocatura dello Stato, alle Universit, tale distinzione, , nella pratica, fonte di incertezze, sebbene corretta dal punto di vista teorico. pertanto auspicabile, per le scuole, un intervento del legislatore 61 Tale disposizione prevede il patrocinio obbligatorio della Avvocatura dello Stato per le Amministrazioni dello Stato, anche se organizzate ad ordinamento autonomo. 62 Occorre infatti non dimenticare, che il finanziamento delle scuole, quasi esclusivamente fornito da denaro pubblico, e il ricorso a professionisti privati comporta un maggiore onere di spesa per le scuole.

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scuole (Direzione generale del personale; dellistruzione elementare; dellistruzione secondaria di primo grado; dellistruzione classica, scientifica e magistrale; dellistruzione tecnica; dellistruzione professionale; della istruzione non statale; ispettorato per listruzione artistica, per leducazione fisica e per le pensioni; servizio per la scuola materna). Occorre anche ricordare il Gabinetto del Ministro e le Segreterie particolari; la Ragioneria centrale dipendente dal Ministero del Tesoro. Lamministrazione periferica della Pubblica Istruzione , invece, articolata nelle sovrintendenze scolastiche regionali e nei provveditorati agli studi, a livello provinciale. Le sovrintendenze sono preposte principalmente allo svolgimento delle procedure concorsuali di reclutamento del personale della scuola, mentre il provveditorato svolge compiti di natura amministrativa di gestione del personale dei vari gradi di scuola, nonch di coordinamento e vigilanza sulle scuole. Presso lamministrazione centrale e periferica vi sono numerosi organismi a composizione collegiale con Funzioni prevalentemente consultive; tra gli organi collegiali rivestono particolare importanza quelli di natura rappresentativa, formati da una rappresentanza delle componenti della scuola (insegnanti, genitori, alunni). Gli stessi sono stati creati o modificati dai c. d. decreti delegati della scuola, al fine di rendere pi partecipativa la gestione della scuola (decreto del Presidente della Repubblica 416/1974: istituzione e riordinamento di organi collegiali della scuola materna, elementare, secondaria e artistica, norme recepite nel testo unico 297/1994: articoli 5 ss.). A livello della amministrazione centrale: il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione (CNPI); a livello decentrato: il consiglio scolastico provinciale (che opera presso il provveditorato); il consiglio distrettuale (che opera in ambito sub-provinciale); a livello delle singole istituzioni scolastiche: i consigli di classe; di interclasse; di intersezione; il collegio dei docenti; il consiglio di circolo (nelle scuole elementari); il consiglio di istituto (nelle scuole secondarie di primo e secondo grado). 8. 2. Le modifiche introdotte dal decreto legislativo 300/1999 e del regolamento di attuazione (decreto del Presidente della Repubblica 347/2000) II decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 contenente la riforma della organizzazione del Governo, a norma dellarticolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59, per quanto concerne listruzione, prevede: laccorpamento del Ministero della Pubblica Istruzione e dellUniversit (Ministero dellistruzione, delluniversit e della ricerca), a decorrere dalla prossima legislatura; la modifica della organizzazione della amministrazione centrale e periferica dellistruzione, che deve essere definitiva- mente attuata entro lanno 2000 (articolo 75, legge 300, comma 4). Larticolo 75 del decreto legislativo 300/1999 a livello centrale prevede la creazione di due dipartimenti e la ripartizione fra essi dei compiti e funzioni con criteri di omogeneit; lindividuazione di tre servizi autonomi di supporto per lesercizio di funzioni di interesse comune ai dipartimenti (informatizzazione, comunicazione ed affari economici). Lattuazione di questo nuovo modello organizzativo demandata ad appositi regolamenti che definiscano la dotazione organica, i compiti e gli uffici. Con decreto del Presidente della Repubblica 347/2000 sono state emanate le norme di organizzazione del Ministero della Pubblica Istruzione63. Con decreto ministeriale 30 gennaio 2001 (in G. U. 22 febbraio 2001) sono stati riorganizzati gli uffici dirigenziali di livello non generale. Secondo la disciplina risultante dal decreto legislativo 300/1999 e il regolamento di attuazione 347/2000, la nuova configurazione strutturale del Ministero funzionale alle competenze di direzione, vigilanza e orientamento attribuite dalla legge (v. articolo 50 decreto legislativo 300/1999). a livello centrale: il Ministero articolato in due dipartimenti e tre servizi di livello dirigenziale generale. I dipartimenti assumono rispettivamente la denominazione di Dipartimento per lo sviluppo dellIstruzione e il Dipartimento per i servizi nel territorio. A) II dipartimento per lo sviluppo dellistruzione comprende i seguenti uffici di livello dirigenziale generale: a) Direzione generale per gli ordinamenti scolastici; b) Direzione generale per la formazione e laggiornamento del personale della scuola; c) Direzione generale per le relazioni internazionali. a) La Direzione generale per gli ordinamenti scolastici svolge, in particolare, i compiti relativi agli

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Pubblicato in Gazzetta Ufficiale 27 novembre 2000, n. 277 serie generale

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ordinamenti, ai curricoli e ai programmi scolastici; alla definizione delle classi di concorso e dei programmi delle prove concorsuali del personale della scuola; alla ricerca e alla innovazione nei diversi gradi e settori dellistruzione, avvalendosi a tal fine della collaborazione dellIstituto Nazionale di documentazione per linnovazione e la ricerca educativa; alle materie degli esami, delle certificazioni e del riconoscimento dei titoli di studio; allindividuazione delle priorit in materia di valutazione e alla promozione di appositi progetti, alla vigilanza sullIstituto nazionale per la valutazione del sistema dellistruzione e sullIstituto nazionale di documentazione per linnovazione e la ricerca educativa. b) La Direzione generale per la formazione e aggiornamento del personale provvede, in particolare, alla definizione degli indirizzi generali nella materia di competenza. c) La Direzione generale per le relazioni internazionali, cura, coordinandosi con i competenti uffici del territorio, le relazioni internazionali, inclusa la collaborazione con lUnione Europea e con gli organismi internazionali. Il Dipartimento fornisce le linee di indirizzo generale, nelle materie di propria competenza, agli uffici scolastici regionali e ne verifica la coerenza di attuazione (articolo 3 decreto del Presidente della Repubblica 347/2000 cit.). B) II Dipartimento per i servizi nel territorio comprende i seguenti uffici di livello dirigenziale generale: a) direzione generale per lorganizzazione dei servizi nel territorio; b) direzione generale per listruzione post-secondaria e degli adulti e per i percorsi integrati; c) direzione generale del personale della scuola e dellamministrazione; d) direzione generale per lo status dello studente, per le politiche giovanili e per le attivit motorie. a) La direzione generale per lorganizzazione dei servizi nel territorio, svolge, in particolare i compiti relativi alla definizione degli indirizzi per lorganizzazione dei servizi nel territorio e per la valutazione della loro efficienza, al fine di garantire il coordinamento della organizzazione e luniformit dei relativi livelli in tutto il territorio nazionale. b) La direzione generale per listruzione post-secondaria e degli adulti e per i percorsi integrati, fatte comunque salve le competenze delle Regioni svolge le funzioni della amministrazione della pubblica istruzione in materia di percorsi integrati di istruzione e formazione. c) La direzione generale per lo status dello studente si occupa soprattutto delle strategie in materia di rapporti tra scuola e sport nonch politiche sociali, rapporti con le associazioni dei genitori. d) La direzione generale del personale svolge compiti relativi alla definizione degli indirizzi generali e alla disciplina giuridica ed economica del rapporto di lavoro e dei nuovi modelli di prestazione del servizio del personale scolastico; attua le diretti- ve del Ministro in materia di politiche del personale nonch svolge compiti relativi al reclutamento della formazione generale alle relazioni sindacali, alla contrattazione e alla mobilit. I capi dei dipartimenti svolgono compiti di coordinamento, direzione e controllo degli uffici compresi nel dipartimento e sono responsabili, ai sensi dellarticolo 21 decreto legislativo 29/13 dei risultati complessivamente raggiunti in attuazione degli indirizzi del Ministro. I servizi sono uffici di livello dirigenziale generale non equiparati ad uffici dirigenziali dipartimentali, per lesercizio di funzioni strumentali dinteresse comune ai dipartimenti e agli uffici scolastici regionali. I servizi forniscono il supporto necessario nei tempi utili per lefficace esercizio dellazione amministrativa. Essi sono articolati: a) servizio per gli affari economici e finanziari (che si occupa delle tematiche giuridiche e di contabilit); b) servizio per lautomazione informatica e linnovazione tecnologica; c) servizio per la comunicazione. - a livello regionale: in ciascun capoluogo di regione istituito lUfficio scolastico regionale, di livello dirigenziale generale, al quale sono assegnate tutte le funzioni gi spettanti agli uffici periferici dellamministrazione della pubblica istruzione. Esso assorbe le Sovrintendenze scolastiche (sono state soppresse dalla data di entrata in vigore del regolamento n. 347 del 6 novembre 2000) ed esercita le funzioni non trasferite alle scuole. Tra laltro: - vigila sullattuazione degli ordinamenti scolastici; - assegna alle istituzioni scolastiche le risorse finanziarie di personale; - fornisce supporto e assistenza alle istituzioni scolastiche e vigila sul loro funzionamento nel rispetto dellautonomia ad esse riconosciuta;

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- esercita la vigilanza sulle scuole non statali. Presso ciascun ufficio scolastico regionale istituito un organo collegiale a composizione mista (Statoregioni-enti locali interessati) con funzioni di coordinamento e di valutazione delle attivit64. Nellesercizio dei propri compiti il dirigente dellufficio regionale si avvale dei servizi funzionali e territoriali, nonch dellIstituto regionale di ricerca educativa. Tali servizi vengono a sostituire i Provveditorati agli studi. Dallatto di organizzazione dei nuovi uffici (v. articolo 6 comma 7 decreto del Presidente della Repubblica 347/2000) vengono soppressi i provveditorati agli studi e il relativo personale assegnato a nuove funzioni65. Il decreto legislativo 300/1999, istituisce inoltre allarticolo 88 lAgenzia per la formazione e listruzione professionale, alla quale sono trasferiti i compiti esercitati dal Ministero del Lavoro e da quello della Pubblica Istruzione in materia di sistema integrato di istruzione e formazione professionale. LAgenzia svolger i compiti attributi allo Stato in materia di formazione professionale (v. articolo 142 decreto legislativo 112/1998), sotto la vigilanza dei due ministeri, ma con propria autonomia e risorse finanziarie e di personale. Sono stati riformati anche altri organismi: Con decreto legislativo 20 luglio 1999, n. 258 il CEDE (Centro europeo delleducazione) stato trasformato in INVALSI (Istituto nazionale per la valutazione del sistema di istruzione) (articolo 1); la BDP (Biblioteca di documentazione pedagogica) in INDIRE (Istituto nazionale di documentazione per linnovazione e la ricerca educativa) (articolo 2). Gli IRRSAE (Istituti regionali di ricerca, sperimentazione e aggiornamento educativi), sono trasformati in IRRE (Istituti regionali di ricerca educativa), dallarticolo 76 decreto legislativo 300/1999, che ne individua la nuova organizzazione e funzioni66. La riforma di tali enti finalizzata al supporto dellautonomia delle istituzioni scolastiche autonome (articolo 21 legge 59/1997, comma 10). Con legge 21 dicembre 1999 n. 508 stata dettata la riforma delle Accademie di belle arti, dellAccademia nazionale di danza, dellaccademia nazionale di arte drammatica, degli istituti superiori per le industrie artistiche, dei Conservatori di musica e degli istituti musicali pareggiati (G. U. 4 gennaio 2000). A tali istituti viene riconosciuta la personalit giuridica e autonomia statutaria, scientifica, didattica, finanziaria e contabile, secondo le disposizioni della stessa legge.

8. 3. La riforma degli organi collegiali territoriali II decreto legislativo 30 giugno 1999 n. 233, in attuazione dellarticolo 21 comma 15, Legge. 59/1997, definisce la riforma degli organi collegiali territoriali della scuola, a norma dellarticolo 21 della legge 15 marzo 1997 n. 59. I nuovi organi collegiali dovranno essere costituiti entro i1 31 dicembre 200267. Fino alla loro costituzione restano in carica gli attuali organi collegiali. Dopo il 1 settembre saranno anche abrogate le norme contenute nel testo unico 297/1994 - che li regolano. I nuovi organi collegiali territoriali: a livello centrale: il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione. Esso dura in carica 5 anni ed formato da 36 componenti (di cui 15 rappresentanti dei docenti), mentre gli attuali membri del CNPI sono 74 (di cui 47 rappresentanti dei docenti). Quindici membri sono nominati dal Ministro tra esponenti del mondo della cultura, dellarte, della scuola, delluniversit, del lavoro, delle professioni e dellindustria, mentre i restanti

64 Si tratta di un organo distinto e diverso per composizione e funzioni, dagli organi collegiali territoriali della scuola di cui al d. lgs. 253/1981. 65 I compiti assegnati alle strutture ministeriali non hanno contorni ben definiti. Bisogner vedere nella pratica se i poteri delle stesse saranno esercitati in modo estensivo con conseguente compressione della autonomia della scuola o se invece di effettivo impulso all'esercizio responsabile di tale autonomia. Cfr. anche l'Accordo 19 aprile 2001, Linee guida per i provvedimenti di articolazione degli uffici scolastici regionali pubblicato sulla G.U. del 19 maggio 2001. 66 Con il decreto del Presidente della Repubblica 313/2000, Regolamento recante organizzazione dell'Istituto nazionale per la valutazione del sistema dell'istruzione, attuativo degli articoli 1 e 3 del D.Lgs. 20 luglio 1999, n. 258 stata disciplinata l'organizzazione dell'INVALSI; con il decreto del Presidente della Repubblica 21-11-2000 n. 415, Regolamento di organizzazione dell'Istituto nazionale di documentazione per l'innovazione e la ricerca educativa, a norma degli articoli 2 e 3 del D.Lgs. 20 luglio 1999, n. 258 quella dell'INDIRE; con decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 2001, n. 190, Regolamento concernente l'organizzazione degli Istituti regionali di ricerca educativa, a norma dell'articolo 76 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, quella degli IRRE. 67 L'art. 6 del Decreto legge 23 novembre 2001, n. 411, Proroghe e differimenti di termini, pubblicato nella Gazz. Uff. 26 novembre 2001, n. 275 e convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, Legge 31 dicembre 2001, n. 463 (Gazz. Uff. 9 gennaio 2002, n. 7), entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione, ha modificato l'art. 8, comma 3, del d.lgs 233/1999 relativamente alla costituzione dei nuovi organi collegiali e del Consiglio superiore dell'Istruzione, antecedentemente prevista per il 1 settembre 2001.

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sono eletti in rappresentanza del personale delle scuole statali, non statali. Tale organo, viene configurato, sia sotto il profilo della composizione che sotto quello dei compiti (il Consiglio non ha pi competenze in materia di stato giuridico dei docenti) come organo di supporto tecnicoscientifico e di garanzia di unitariet del sistema nazionale di istruzione68. a livello regionale: i Consigli regionali dellistruzione. Il consiglio istituito presso ogni ufficio periferico regionale della Pubblica Istruzione Dura in carica tre anni ed ha competenze consultive e di supporto allamministrazione a livello regionale. Il Consiglio composto anche da rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori. Il consiglio regionale esprime parere obbligatorio in varie materie, tra cui lautonomia delle istituzioni scolastiche, il reclutamento e la mobilit del personale, lattuazione degli organici funzionali di istituto (articolo 4 decreto legislativo 233/1999). consigli scolastici locali: sostituiscono i consigli scolastici distrettuali e provinciali. Possono avere sede presso gli uffici periferici dellamministrazione o presso istituzioni scolastiche. Sono costituiti e sottoposti a vigilanza (con potere di scioglimento), da parte degli enti locali, ai sensi dellarticolo 139, comma 1 lett. g del decreto legislativo 112/1998. I consigli scolastici locali hanno competenze consultive e propositive nei confronti dellamministrazione scolastica periferica e delle istituzioni scolastiche autonome in merito, tra laltro, allattuazione dellautonomia, alle reti di scuole, allinformatizzazione, alledilizia scolastica, allorientamento ecc. altri organi collegiali: il singolo ente locale pu istituire ulteriori organi collegiali, temporanei o permanenti (articolo 6 decreto legislativo 233/1999).

8. 4. La responsabilit per i risultati del dirigente scolastico Secondo larticolo 20 del decreto legislativo 29/1993 i dirigenti sono responsabili del risultato dellattivit svolta dagli uffici ai quali sono preposti, della realizzazione dei programmi e dei progetti loro affidati in relazione agli obiettivi dei rendimenti e dei risultati della gestione finanziaria tecnica e amministrativa, incluse le decisioni organizzative e di gestione del personale. La responsabilit dirigenziale si caratterizza per essere inscindibilmente collegata alla realizzazione degli obiettivi, alla corretta ed economica gestione delle risorse pubbliche, allimparzialit e al buon andamento dellazione amministrativa. A tale regola generale non fa eccezione il dirigente scolastico come emerge dallespressa previsione contenuta nel primo comma dellarticolo 25-bis del decreto legislativo 29/1993 (introdotto dallarticolo 1, comma 1 del decreto legislativo 59/1998), per cui i dirigenti scolastici rispondono no, agli effetti dellarticolo 20, (occorre ricordare che questo stato sostituito dal decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286 che allarticolo 10, comma 2, ha abrogato i commi da 1 a 7 dellarticolo 20) in ordine ai risultati che sono valutati tenuto conto della specificit delle funzioni e sulla base delle verifiche effettuate da un nucleo di valutazione istituito presso lamministrazione scolastica regionale, presieduto da un dirigente e composto da esperti anche non appartenenti allamministrazione stessa. Conseguentemente larticolo 41 del CCNL del 31 agosto 1999, istituisce presso ciascun ufficio scolastico regionale un nucleo di valutazione dellattivit dei capi di istituto, presieduto dal Sovrintendente scolastico (o da un dirigente da lui delegato), da un ispettore tecnico e da un esperto, anche esterno, in tecniche di valutazione e controllo di gestione. Secondo la norma, i nuclei devono considerare i processi promossi dai capi di istituto in ordine a: - direzione e organizzazione dellistituzione scolastica; - relazioni interne ed esterne; - innovazione e sviluppo; - valorizzazione delle risorse umane e gestione delle risorse finanziarie e strumentali a disposizione. Come correttamente osservato69 la responsabilit dirigenziale trova difficile applicazione nellambito della scuola, sia perch il governo in gran parte collegiale (al capo di istituto sono devolute precipuamente funzioni di coordinamento, di rappresentanza e di gestione unitaria dellistituzione) sia in ragione della peculiarit del servizio scolastico, non valutabile in termini di stretta efficienza economica.

68 stato notato che la configurazione del Consiglio evidenzia come, seppure attenuato, il verticismo continua a caratterizzare l'azione del Ministero: nonostante l'enfasi posta sull'autonomia degli istituti scolastici come elemento portante della riforma, nel Consiglio (ma anche negli alni organi collegiali) non si prevede alcuna forma di presenza delle scuole in quanto tali. Non diversamente dal passato, dunque, il Governo della scuola discende per cos dire sugli istituti scolastici, e l'autonomia non ha modo di espandersi oltre la soglia di questi (o, al massimo, delle reti di scuole): M. GIGANTE, Trattato di diritto amministrativo, a cura di S. Cassese, Milano, 2000, p. 517. 69 C. MAUCERI, La dirigenza scolastica, in Il lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, p. 903, commentario diretto da FRANCO CARINO e MASSIMO D'ANTONA (dal d. lgs. n. 29/1993 ai d. lgs. n. 396/1997, 80/1998 e 387/ 1998), Giuffr, 2000.

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stato ritenuto70 che la previsione generica di verifiche da parte di un nucleo di valutazione incardinato nellamministrazione scolastica possa difatti consentire forme indebite di condizionamento non solo per il dirigente scolastico, ma anche per lautonomia scolastica. Tale affermazione sembra corretta nella misura in cui la valutazione sia tesa anche a sindacare le scelte didattiche della scuola, nellesercizio dellautonomia e della libert di insegnamento, e nellesercizio di tale funzione difficilmente sindacabile. La verifica e il raggiungimento degli obiettivi di apprendimento sar, infatti, oggetto di valutazione da parte dellIstituto Nazionale per la valutazione del sistema dellistruzione, recentemente istituito. Se invece, come si legge nella norma contrattuale, la verifica avr connotati organizzatori-gestionali, il problema non si porr. necessario comunque, al fine di evitare responsabilit oggettive o indirette, che sia normativamente chiarito lambito di competenze dei singoli organi operanti nella scuola. Come di recente evidenziato dal Consiglio di Stato71, si pongono problemi interpretativi - con possibili abrogazioni - in relazione alla normativa che regola i poteri dei dirigenti (decreto legislativo 291 1993 e successive modifiche), e le competenze degli organi collegiali, come previste dal testo unico 297/1994. Ne consegue unoggettiva incertezza circa i precisi poteri - e quindi responsabilit - del dirigente scolastico.

70 Idem sulla valutazione dei capi di istituto, v. anche art. 25, comma 1, d.lgs. 165/2001: i dirigenti scolastici sono inquadrati in ruoli di dimensione regionale e rispondono, agli effetti dell'articolo 21, in ordine ai risultati, che sono valutati tenuto conto della specificit delle funzioni e sulla base delle verifiche effettuate da un nucleo di valutazione istituito presso l'amministrazione scolastica regionale, presieduto da un dirigente e composto da esperti anche non appartenenti all'amministrazione stessa. 71 V. parere del 26 luglio 2000, n. 1021 e 27 ottobre 1999 n 1603 Cons. Stato, Sez. II

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CAPITOLO II. LAUTOGOVERNO DELLISTITUZIONE SCOLASTICA

1. Lorganizzazione della scuola e la libert di insegnamento

a) La peculiarit ontologica del servizio scolastico Nella sua struttura essenziale linsegnamento si traduce in un rapporto tra insegnante e allievo a contenuto formativo e didattico. Ma se, come nellepoca attuale, listruzione impartita nellambito di una struttura amministrativa complessa, si pone il problema, ove si riconosca alla stessa una certa autonomia, di quale sia lorganizzazione pi confacente con il tipo di funzione svolta e con la libert di insegnamento riconosciuta al singolo docente. Laspetto organizzativo particolarmente complesso e delicato, con conseguenze inevitabili, a breve e a lungo termine, sulla preparazione tecnica e umana degli alunni. In materia scolastica ogni scelta organizzativa , infatti, di frequente, una scelta didattica. Due sono gli elementi che concorrono a differenziare la struttura scolastica da ogni altro organismo amministrativo. Il primo riguarda la natura ontologica del servizio prestato, che non riconducibile ad un servizio puramente commerciale o amministrativo. E stato efficacemente sottolineato, in proposito, che la funzione docente, non rientra nella funzione amministrativa, bens costituisce un alterum genus, caratterizzato dallattivit di trasmissione della cultura, di contributo alla elaborazione di essa e di impulso alla partecipazione dei giovani a tale processo, nonch alla formazione della loro personalit72. Se vero, infatti, che linsegnante deve esplicare anche funzioni amministrative (quella di partecipare al governo della scuola, nonch lattivit valutativa e certificativa della preparazione degli alunni), vero che in essa non si riconduce se non la parte pi esterna e marginale del rapporto educativo. Non sembra, quindi, corretto far rientrare la funzione docente in quella amministrativa, sulla base della schematica ripartizione delle funzioni (legislativa, giurisdizionale, amministrativa)73 Diversamente opinando, viene ad essere svalutata la stessa funzione docente e il ruolo essenziale dellinsegnamento. Il docente quindi, sotto tale profilo, non esaurisce il suo status nella figura e funzione del pubblico impiegato. Proprio in ragione della peculiarit della funzione scolastica, che si differenzia dalla normale gestione amministrativa e che non ad essa riconducibile, il legislatore ha escogitato per la scuola una forma di governo collegiale che ne rispetti, appunto, la finalit, creando gli organi collegiali: - il consiglio di istituto o di circolo nelle scuole elementari (rappresentativi delle varie componenti della scuola) avente competenze generali in materia di indirizzi gestionali educativi, di programmazione economico-finanziaria e in particolare con il compito di definire gli indirizzi generali per le attivit della scuola; adottare il piano dellofferta formativa elaborato dal collegio dei docenti verificandone la corrispondenza agli indirizzi generali e alle compatibilit rispetto alle risorse umane e finanziarie disponibili; determinare i criteri per lutilizzazione delle risorse finanziarie; approvare i documenti contabili fondamentali e adottare il regolamento interno dellistituzione scolastica; - il collegio dei docenti (formato esclusivamente dai soggetti tecnicamente competenti: i docenti) che un organo tecnico e professionale con competenze generali in materia didattica e di valutazione dei risultati dellattivit didattica. Esso approva il piano dellofferta educativa, i profili didattici delle iniziative, dei progetti e degli accordi ai quali listituzione scolastica intende aderire, la proposta di regolamento interno dellistituzione per le parti relative ai profili didattici, al funzionamento del collegio stesso, delle sue articolazioni e degli organi cui compete la programmazione didattico-educativa e ogni altro provvedimento connesso con lesercizio dellautonomia didattica.

b) La libert di insegnamento Lulteriore elemento che concorre a differenziare lattivit di insegnamento da ogni altra funzione
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SALVATORE MASTROPASQUA: Insegnamento (Libert di) in Novissimo dig. , appendice IV, Utet, Torino, 1983, 287 ibidem

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amministrativa costituito dalla libert di insegnamento74. Tale diritto sancito innanzitutto dalla Costituzione: Larte e la scienza sono libere e libero ne linsegnamento(articolo 33). Come pacifico, la stessa si traduce nella duplice libert: libert nella scuola (libert di insegnamento), libert della scuola (diritto dei privati di costituire scuole non statali). Per quanto concerne la libert nella scuola, di cui si parla in questa sede, questa si sostanzia nella libert di insegnamento, che si traduce nella libert di insegnare secondo metodi e criteri didatticamente validi, senza dover subire intromissioni altrui o condizionamenti di alcun genere. 75 Secondo larticolo 1 del testo unico 297/94 (formazione della libert degli alunni e libert di insegnamento)nel rispetto delle norme costituzionali e degli ordinamenti della scuola stabiliti dal presente testo unico, ai docenti garantita la libert di insegnamento intesa come autonomia didattica e come libera espressione culturale del docente. Lesercizio di tale libert diretto a promuovere, attraverso un confronto aperto di posizioni culturali, la piena formazione della personalit degli alunni. E garantita lautonomia professionale nello svolgimento della attivit didattica, scientifica e di ricerca. Aggiunge larticolo 2: tutela della libert di coscienza degli alunni e diritto allo studio: lazione di promozione di cui allarticolo 1 attuata nel rispetto della coscienza morale e civile degli alunni. Limite intrinseco alla libert di insegnamento la scientificit del contenuto rappresentato agli alunni, nonch il rispetto, della persona e della libert di coscienza. Ci premesso, occorre considerare che il problema riguarda gli eventuali limiti estrinseci alla libert di insegnamento derivanti sia da dallapparato organizzatorio statale che dalla gestione collegiale e democratica della scuola76. Per quanto concerne il primo aspetto, si concordemente affermato che i poteri autoritativi dello Stato devono adottare unorganizzazione scolastica che sia compatibile con essi, provvedendo s ad organizzare i servizi scolastici, le ore di insegnamento e quanto altro necessario, ma senza prevedere n procedere ad alcuna intrusione nel rapporto didattico, che deve essere lasciato, per ci che concerne la trasmissione della cultura, allautonoma determinazione e al singolare indirizzo di ogni insegnante. 77 Tuttavia, la libert di insegnamento, essendo attribuita la singolo docente, pu vedersi limitata anche da organi della stessa scuola. Negli ultimi decenni, infatti, si sempre maggiormente allargata allinterno delle strutture scolastiche la partecipazione rappresentativa, indirizzata ad una maggiore democraticizzazione della scuola. Ma anche tale forme di partecipazione possono creare problemi di compatibilit con la libert di insegnamento, che deve essere tutelata anche nei confronti degli organi collegiali, poich, se vera la premessa che la libert di insegnamento data al singolo docente come tale, chiaro che essa non gli pu essere sottratta neppure da un organo collegiale di cui egli sia membro. 78 Si pu quindi dare levenienza dellimpugnazione di atti che siano in contrasto con la libert di insegnamento: la giurisprudenza ha riconosciuto linteresse allimpugnazione degli insegnanti dissenzienti dalla deliberazione del collegio dei docenti ritenuta lesiva della libert di insegnamento79 La delibera degli organi collegiali, infatti, pur essendo efficace anche nei confronti della minoranza dissenziente (non essendo richiesto lunanimit dei votanti), pu essere per impugnata ove vi sia stata violazione della libert di insegnamento. 80

74 largamente diffusa nella scienza giuridica l'idea della riconduzione della libert di insegnamento alla libert di manifestazione del pensiero, considerando l'insegnamento in rapporto di specie a genere con la manifestazione del pensiero; si vedano al riguardo, tra gli altri S. FOIS, Principi costituzionali e libere manifestazioni del pensiero, Milano, Giuffr, 1957 e V. CRISAFULLI, La scuola nella Costituzione, in Riv. Trim. dir. pubblicato, 1956. 75 cos testualmente S. MASTROPASQUA, Insegnamento (libert di), pag. 289. 76 UMBERTO POTOTSCHNIG, in Insegnamento (libert di), Enc. Giuffr, 1971., volume XXI, pag. 749. 77 Cos: MELE, Libert di insegnamento e metodi didattici sperimentali in: TAR 1985-parte II, pag. 33 78 POTOTSCHNIG, op. cit. ,pag. 749 79 La deliberazione del collegio dei docenti non un atto meramente programmatorio, e come tale lesivo (TAR Lombardia, Sez. III, 1984 n. 209. 80 Al riguardo deve osservarsi che la legge attribuisce al Collegio dei docenti nella materia di cui trattasi un potere deliberante, che trova limiti solo nella garanzia della libert di insegnamento. Una volta, pertanto, che sia stato accertato, come nel caso, il rispetto di tale limite, deve ammettersi che le deliberazioni di che trattasi sono vincolanti anche nei confronti anche dei docenti dissenzienti in minoranza, non prevedendo la legge che esse debbano essere adottate allunanimit per la loro piena operativit, n concedendo ai singoli dissenzienti una facolt di dissociazione nellattuazione dei programmi didattici ed educatici deliberati (Tar Lazio, Foro Amm. 1984 pag. 726)

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c) Libert di insegnamento e Piano dellOfferta Formativa (P.O.F.) Larticolo 4 decreto del Presidente della Repubblica 275/99 (regolamento sullautonomia scolastica), sancisce che lautonomia didattica. si espleta nel rispetto della libert di insegnamento. La maggiore autonomia didattica e di ricerca riconosciuta alle scuole con la recente riforma, nonch lallontanamento dallimpostazione di programmi ministeriali specifici per lapproccio alla verifica per obbiettivi, appare maggiormente confacente al rispetto della libert di insegnamento, intesa come svincolo delle scuole dallincidenza statale su scelte di tipo didattico. Occorrer verificare per se, con loperativit del nuovo progetto della scuola (P.O.F.), si verifichino situazioni incompatibili con la libert didattica riconosciuta al singolo docente. Non escluso, invero, che la possibilit per la scuola di incidere in modo consistente nellorganizzazione del servizio scolastico (con la possibilit di aggregare discipline scolastiche, di articolazione modulare di gruppi di alunni, e altre forme di novit organizzativo-didattiche), possano interferire con la libert didattica del docente. Non sembra, infatti, superflua la dizione della norma, laddove, nello stabilire i contenuti della autonomia didattica, chiarisce che la progettualit della scuola deve essere esercitata nel rispetto della libert di insegnamento(articolo 4). Si dovr quindi vedere, nelle fattispecie concrete e con la messa in atto delle nuove scelte delle scuole, se vi saranno incidenze e restrizioni sulla libert di insegnamento. La soluzione, probabilmente, va cercata nei seguenti termini. Il primo riguarda la valutazione concreta se la metodologia organizzativa che la scuola ha operato nellambito dellautonomia riconosciuta dalla legge abbia effettivamente inciso sulla scelta didattica del docente, o se sia puramente estrinseca alla stessa; la valutazione non per semplice, e pu dare adito a soluzioni contrastanti. 81 Ove la scelta operata sia di natura didattica, necessario lassenso del docente82 E allora necessario rispettare eventuali diverse impostazioni. Esplicitamente per salvaguardare tale scelte, larticolo 3, comma 2, decreto del Presidente della Repubblica 275/99, dichiara che il P.O.F. comprende e riconosce le diverse opzioni metodologiche, anche di gruppi minoritari, e valorizza le corrispondenti professionalit. In conclusione si ritiene che nel P.O.F., debba essere lasciato spazio a scelte metodologiche diverse da quelle adottate dalla maggioranza dei docenti.

2. Il governo collegiale dellistituzione scolastica Anteriormente allemanazione dei decreti delegati sulla scuola, lorganizzazione scolastica era assai semplificata, facendo capo in tutto alla struttura gerarchica del Ministero e prevedendo solo in modo limitato la partecipazione di organi collegiali (in tema di collegio dei professori o di consiglio di classe cfr. articolo 27, 28, 37 e 38 regio decreto 30 aprile 1924 n. 965). Con i decreti delegati del 31 maggio 1974 (in attuazione della legge delega 30 luglio 1973 n. 477), furono istituiti nuovi organi collegiali di governo e riordinati quelli gi esistenti con la finalit di realizzare la partecipazione nella gestione della scuola dello Stato, dando alla scuola stessa i caratteri di una comunit che interagisce con la pi vasta comunit sociale e civica(articolo 5 legge 477/1973)83.
81 V. in relazione alladozione del tempo pieno; soluzioni contrastanti in giurisprudenza in ordine alla lamentata lesione della libert di insegnamento: TAR Sicilia 15. 1. 1986 n. 12 il diritto alla libert di insegnamento, costituzionalmente garantito, consiste nella scelta delle modalit e dei contenuti dellinsegnamento nel rispetto dei programmi, nonch dei fondamentali criteri di esercizio della funzione docente: di conseguenza, lincidenza di atti autoritativi concretamente idonei a modificare lattivit di insegnamento, indirizzandola verso schemi o linee non logicamente scaturenti dallinsegnamento stesso, viene a ledere lautonomia e la dignit in esso radicate (fattispecie distituzione del tempo pieno con linclusione di una classe senza il consenso dellinteressato. nello stesso senso: TAR Lombardia, Sez. III, 263/85, secondo cui: per il principio di libert di insegnamento garantita dallart. 33 comma 1 Cost, contenuto nellart. 1 d.P.R. 31 maggio 1974 n. 417, per la realizzazione del tempo pieno nelle scuole pu essere utilizzato solamente quel personale docente che vi consenta, rivelandosi arbitraria limposizione di tale modello didattico a quegli insegnanti che non intendono aderirvi. confr., invece, Cons. Stato, sez. VI, 635/92 e TAR Basilicata, 26 gennaio 1990 n. 2, che, relativamente al tempo pieno, specificano trattarsi di una scelta organizzativa che non incide sulla libert di insegnamento. 82 MELE, op. cit. , pag. 37. 83 La dottrina ricorre alla figura dell'unione personale di organi per spiegare la natura degli organi collegiali, organi dello Stato inseriti nella sua amministrazione ed al tempo stesso organi della comunit scolastica (cfr. A: PIZZORUSSO, La comunit scolastica nell'ordinamento repubblicano, in Foro it. , 1975, e. 224); la giurisprudenza, se nega che l'autonomia loro conferita giunga fino al punto da configurarli quali centri portatori di autonoma soggettivit, afferma che essi, che pure fanno parte della composita struttura scolastica, operano nell'ambito di quell'ordinamento e concorrono a perseguire e realizzare l'interesse della pubblica istruzione proprio della scuola, non sono sottoposti gerarchicamente alle autorit scolastiche. Cfr. Consiglio di Stato, Sez. II, parere 12 gennaio 1983, n. 1114, in Rivista

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Gli istituiti organi collegiali dovevano, pertanto, provvedere al governo della scuola, accanto al Preside, per gestire lautonomia amministrativa riconosciuta con la stessa legge. 84 A differenza della maggior parte delle attribuzioni degli organi collegiali territoriali (il consiglio scolastico provinciale, il Consiglio Nazionale della Pubblica istruzione ecc.), gli organi della scuola previsti dalla legislazione delegata hanno potere non semplicemente consultivo, ma deliberante. Le norme contenute nei decreti delegati, sono poi state recepite nel testo unico 297/94, Parte prima, titolo I, intitolato: Organi collegiali della scuola e assemblee degli studenti e dei genitori. In particolare, la parte che qui interessa relativa al governo dellistituzione scolastica, si trova disciplinata nel capo I del titolo I, che riporta: organi collegiali a livello di circolo e di istituto e assemblee degli studenti e dei genitori. Tali norme rimarranno in vigore fino alla riforma degli organi collegiali della scuola, come disciplinato dal Decreto legislativo 30 giugno 1999, n. 233, Riforma degli organi collegiali territoriali della scuola, a norma dellarticolo 21 della Legge 15 marzo 1997, n. 59. Al fine di evitare prolungate elencazione delle competenze di ogni singolo organo, si ritiene pi utile esaminare brevemente85 alcuni punti essenziali relativi ai medesimi. 1. Nellistituzione degli organi di governo della scuola, come gi rilevato, il legislatore ha tenuto presente la duplice funzione svolta nellambito scolastico: quella principale -docente- e quella ausiliaria, amministrativa. Ha istituito quindi due organi con funzioni deliberanti, luno relativo agli aspetti didattici dellinsegnamento, laltro a quelli amministrativi e gestionali. Il primo rappresentato dal collegio dei docenti: lo stesso formato da tutti i docenti in servizio nella scuola (siano o no di ruolo), ed presieduto dal direttore didattico (nelle scuole elementari)o dal Preside, oggi unificati nella figura del dirigente scolastico. Il collegio dei docenti ha potere deliberante, e, pertanto, partecipa attivamente al governo della scuola, in materia didattica (ad esempio, tra le competenze elencate dallarticolo 7, testo unico297/94: cura la programmazione dellazione educativa e ladeguamento dei programmi di insegnamento alle esigenze ambientali; adotta i libri di testo; adotta le varie iniziative di tipo didattico), ha poi funzioni consultive sempre in materia didattica (consiglio di classe: funzione consultiva e valutativa). Il consiglio di istituto (o di circolo per le elementari) ha carattere rappresentativo, perch formato da rappresentanti delle varie componenti della scuola (docenti, personale amministrativo, genitori alunni, direttore didattico o preside; nelle scuole secondarie superiori, anche rappresentanti degli alunni). I poteri del consiglio di istituto sono anchessi deliberativi, e riguardano principalmente lattivit amministrativa della scuola (determinazione di forme di autofinanziamento; deliberazione del bilancio; adozione del regolamento interno, programmazione attivit extrascolastiche ecc. v. articolo 10 testo unico 297/94). Le delibere del Consiglio di istituto sono eseguite dalla Giunta esecutiva (con a capo il Preside o il direttore didattico), che ha anche funzioni propulsive. Non hanno invece funzione deliberante le assemblee degli studenti e dei genitori. In realt, come da pi parti rilevato86 opinione diffusa quella secondo cui il governo collegiale della scuola non si sia mai realizzato, rimanendo lo stesso al potere direttivo (capo di istituto e giunta esecutiva). Lindividuazione dei motivi pare complessa. Gli stessi possono forse essere ricondotti ad una molteplicit di cause: il limitato ruolo della autonomia riconosciuto alle scuole in ambito amministrativo e didattico; leccessivo frazionamento di competenze tra i vari organi; il numero elevato di componenti del collegio dei docenti, senza divisione di competenze87; le scarse competenze tecniche del massimo organo deliberante in

giuridica della scuola, 1986, p. 397; nello stesso senso, gi T. A. R. Lombardia, 7 novembre 1979, n. 925, ivi, 1982, p. 137; T. A. R. Piemonte, 18 ottobre 1977, n. 494, m, 1979, p. 649; inoltre C, Conti, Sez. II, 12 luglio 1989, n. 151, in Foro amm. , 1990, p. 536; Consiglio di Stato , Sez. VI, 9 settembre 1989, n. 1222 in Consiglio di Stato , 1989, p. 1079 e sulla scia di tale parere ricordiamo la circolare del 12 febbraio 1985, n. 60 che qualifica gli organi collegiali della scuola come organi dello Stato. 84 v. cap. 1n. 2 85 Per un ampia disamina, v. G. RAPPAZZO, A. PIETRELLA: La gestione collegiale della scuola Giuffr, 1987, pag. 1361. 86 v. per tutti: CORRADO MAUCERI: la dirigenza scolastica in Il lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni ... 2000 AA. VV. 87 Per limitare gli inconvenienti legati allelevato numero di componenti del collegio dei docenti, con conseguenti riunioni svolte in modo confuso e non concludente, il Ministero ha proposto con circolare 274/1984 del 19 settembre, moduli di organizzazione del lavoro collegiale. A tale scopo apparso utile al Ministero suggerire, nellesercizio dei poteri di autorganizzazione, delle forme di articolazione interna del collegio. cit. in RAPAZZO, op. cit. pag. 237. A livello amministrativo era affidata al Provveditore agli Studi la soluzione dei conflitti di competenza tra organi delle istituzioni scolastiche (art. 28 u. c. t. u. 297/94)87. tale potere, che rientrava nelle funzioni di vigilanza del Provveditore, stato abrogato dallart. 17 del regolamento 275/99 relativo allautonomia delle istituzioni scolastiche.

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materia amministrativa (consiglio di istituto), dovute, probabilmente alla eccessiva rappresentativit. 88

3. Organi collegiali e competenze del dirigente scolastico Probabilmente in ragione del fatto che nella scuola le scelte organizzative e quelle didattiche non di rado si sovrappongono, le competenze attribuite ai due organi collegiali a volte si sovrappongono; cos come non esattamente delineate risultano le competenze degli organi collegiali rispetto al capo di istituto. La situazione attualmente complicata dalla attribuzioni riconosciute al Dirigente scolastico, in base al decreto legislativo 29/93 (articolo 25 bis cos come integrato dal decreto legislativo 6 marzo 1998 n. 59 e dal decreto legislativo 165/2001), che affida al dirigente scolastico la gestione unitaria della istituzione, la gestione delle risorse finanziarie e strumentali, nonch poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane. Il problema rilevante considerate le competenze amministrative che sono state trasferite alle scuole in materia di gestione del personale (articolo 14 decreto del Presidente della Repubblica 275/1999), nonch la pi ampia autonomia finanziaria e contabile delle scuole. Il dirigente scolastico ha il compito di organizzare lattivit scolastica secondo criteri di efficienza e di efficacia formativa e risponde in ordine ai risultati. La normativa precitata ha creato la nuova figura del dirigente delle istituzioni scolastiche, modificando le funzioni direttive di cui allarticolo 396 testo unico 297/94 in funzioni dirigenziali. Come di recente evidenziato dal Consiglio di Stato il nuovo assetto della dirigenza scolastica vale a rendere operativo il principio dellautonomia delle istituzioni scolastiche individuando un referente tendenzialmente unico per la realizzazione dei fini di gestione di tutte le funzioni amministrative che per loro natura possono essere esercitate dalle istituzioni scolastiche e di realizzazione della flessibilit, diversificazione, efficienza ed efficacia del servizio scolastico dellarticolo 21 commi 4 e 8, come elementi qualificanti del predetto principio. Di qui la necessit di evitare, per quanto possibile, duplicazioni, dispersioni o frammentazioni di competenze tra i vari organi della scuola che vanificherebbero, attraverso un assetto fluttuante e incerto delle funzioni, le finalit di autonomia, efficienza ed efficacia dellazione delle istituzioni scolastiche correlate alla tendenziale concentrazione di compiti nella figura del dirigente scolastico. Tale necessit traspare, daltronde con specifico riferimento al settore scolastico, dallarticolo 21 comma 15 della legge 59/97, che nel fissare i principi e criteri direttivi delle norme delegate per la riforma degli organi collegiali della pubblica istruzione a qualsiasi livello, individua specificamente quello delleliminazione delle duplicazioni organizzative e funzionali, secondo il precetto generale dellarticolo 12, comma 1 lett. g) della stessa legge(parere Consiglio di Stato sez. seconda 26 luglio 2000 n. 1021; nonch, parere Consiglio di Stato sez. seconda 27. 10. 1999 n. 1603) Nel ritenere lincompatibilit tra alcune attuali competenze del dirigente scolastico e quelle attribuite dal testo unico 297/94 agli organi collegiali (nel caso di specie in ordine alla scelta dei propri collaboratori, nonch di gestione delle risorse finanziarie e strumentali), il Consiglio di Stato ha ritenuto urgente la riforma degli organi collegiali della scuola, che metta ordine nella materia in esame.

4. La riforma degli organi collegiali Nuovi organi collegiali sono previsti per la scuola dellautonomia. In effetti, come sopra evidenziato, la riforma degli organi dellistituzione scolastica si rende urgente a fronte delle nuove competenze attribuite alle scuole e ai poteri e responsabilit riconosciuti ai dirigenti scolastici dal decreto legislativo 59/1998 e dal decreto legislativo 165/2001. E allo studio del Parlamento un disegno di legge89 intitolato disposizioni in materia di organi collegiali della scuola dellautonomia90.
88 Al riguardo si pu osservare che quanto pi numeroso ed eterogeneo nella sua composizione lorgano collegiale, tanto pi basso risulter il livello medio della competenza, con evidenti riflessi negativi sul buon funzionamento dellorgano medesimo. S. MASTROPASQUA, Insegnamento (libert di) cit. pag. 293 89 Il testo unificato proposto al voto dellAula contiene le disposizioni relative agli organi collegiali per le istituzioni scolastiche dotate di personalit giuridica ed autonomia. Le norme in esso contenute dovrebbero sostituire le disposizioni del d.P.R. 416/1974 (recepite nel t. u. 297/1994). Lobiettivo del progetto di legge attribuire funzioni, poteri e responsabilit ad organi non monocratici, che mettano in grado le istituzioni scolastiche di esercitare, nellambito del sistema nazionale pubblico dellistruzione, lautonomia amministrativa, didattica, organizzativa, di ricerca e sviluppo, prevista dallart. 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59. Il provvedimento in esame, quindi, si inserisce in una profonda riforma del sistema scolastico, che si collega inoltre al d. lgs. 6 marzo 1998, n. 59, sulla dirigenza scolastica (V. in relazione al testo unificato n. 2226-2665-3592-A). 90 Il testo unificato AC 774 e abb.: Norme concernenti gli organismi di partecipazione e di responsabilit e le strutture di supporto

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Come evidenziato dallarticolo 2 i nuovi organi collegiali sono ispirati ai principi di distinzione fra funzioni di gestione, di indirizzo e didattiche, nel rispetto della libert di insegnamento. Secondo il progetto di riforma, sono organi delle istituzioni scolastiche, il dirigente scolastico e i seguenti organi collegiali: a) il consiglio dellistituzione b) il collegio dei docenti; c) gli organismi di partecipazione dei genitori e degli studenti; d) la commissione di verifica e valutazione dellefficacia del servizio scolastico. Il dirigente scolastico svolge le proprie funzioni ai sensi del decreto legislativo 59/1998 e del decreto legislativo 165/2001. E stata quindi mantenuta la distinzione, allinterno del governo della scuola, tra laspetto didattico e quello amministrativo di gestione dellistituzione. La programmazione didattica, spetta, infatti al collegio dei docenti, articolato in dipartimenti disciplinari e interdisciplinari e in organi di programmazione didattica educativa. Il regolamento della istituzione pu prevedere differenti articolazioni funzionali del collegio dei docenti. Al Consiglio dellistituzione, spettano le competenze generali in materia di indirizzi gestionali ed educativi e di programmazione economico-finanziaria. Del consiglio dellistituzione fanno parte di diritto il dirigente scolastico e il responsabile amministrativo. Vengono, inoltre, contemplati gli organismi di partecipazione degli studenti e dei docenti, che avranno funzioni consultive e di iniziativa (es. per ladozione del regolamento della istituzione). E anche considerata la possibilit di costituire un organo collegiale comune da parte delle istituzioni scolastiche pubbliche, che abbiano deciso di collegarsi in rete (articolo 12). Il punto centrale che, come rilevato dai richiamati pareri del Consiglio di Stato, dovr affrontare la riforma, riguarda la precisa delimitazione delle competenze del dirigente scolastico in relazione a quelle attribuite agli organi collegiali. Allo Stato, per, va osservato che le nuove funzioni e competenze degli organi collegiali non risultano ancora normativamente definite con la conseguente impossibilit di determinare, nel suo concreto esercizio, il campo dei poteri del dirigente scolastico, senza che siano lese le prerogative degli organi collegiali (poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane e di organizzazione dellattivit scolastica e poteri connessi alla responsabilit della gestione delle risorse finanziarie e strumentali e dei risultati di servizio.

5. La progettualit della scuola: il Piano dellOfferta Formativa (P.O.F.) Caratteristica essenziale della scuola dellautonomia, sar la possibilit di predisporre un piano dellofferta formativa differenziato da scuola a scuola. La predisposizione del piano sar obbligatoria per la scuola, dovendo la stessa indicare in che modo intende gestire lambito di scelta didattica e organizzativa riconosciuto dalla legge. Il piano il documento fondamentale costitutivo dellidentit culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche ed esplicita la progettazione curricolare, extracurriculare, educativa ed organizzativa che le singole scuole adottano nellambito della loro autonomia(articolo 3 decreto del Presidente della Repubblica 275/99). Occorre a tal punto analizzare pi da vicino le competenze degli organi scolastici in ordine alla elaborazione ed adozione del P.O.F. Il problema sembra di non scarsa rilevanza considerato che, a differenza del passato, con lelaborazione del P.O.F. e il riconoscimento di effettivi spazi di autonomia, gli organi della scuola hanno uneffettiva e maggiore possibilit operativa. Inoltre, lautonomia organizzativa, riguarda proprio la gestione delle metodologie di apprendimento (es. unificazione delle classi, aggregazioni di materie), ambiti in cui comunque vi unintersecazione tra un aspetto di tipo gestionale (legato ad es. al numero di docenti assegnati alla scuola), e aspetti di tipo didattico (convenienza ad applicare una metodologia didattica piuttosto che unaltra in relazione alla maturazione degli alunni concretamente presenti nella scuola). Se si considera che in passato il collegio dei docenti ha avuto comunque un ruolo marginale, attualmente la possibilit di scelta, tra laltro, del 15% delle discipline e delle attivit extracurriculari, ne amplia notevolmente la possibilit di azione. La molteplicit di interessi in gioco (non esclusi quelli economici legati alle sponsorizzazioni di attivit della
all'autonomia didattica, di ricerca e sviluppo delle istituzioni scolastiche, si compone di 26 articoli.

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scuola), pu generare un potenziale conflitto tra i vari organi scolastici, in ordine alla adozione della scelta progettuale della scuola. (che ne influenzer comunque, anche verso lesterno, limpostazione culturale). Secondo il regolamento sulla autonomia il P.O.F. elaborato dal collegio dei docenti sulla base degli indirizzi generali per lattivit della scuola e adottato dal consiglio di circolo o di istituto. Lelaborazione del P.O.F. deve avvenire tenuto conto delle proposte e dei pareri formulati dagli organismi e dalle associazioni, anche di fatto dei genitori e per le scuole secondarie, degli studenti. A tal fine questo il dirigente scolastico attiva i necessari rapporti con gli enti locali e con le diverse realt istituzionali, culturali, sociali ed economiche operanti sul territorio (articolo 3). Occorre a questo punto verificare quale natura giuridica e quale obbligatoriet abbia la consultazione con altri organismi operanti sul territorio. Innanzi tutto necessario considerare quali siano gli adempimenti del capo di istituto in relazione alla attivazione dei rapporti con le varie realt istituzionali. La stessa non pu tradursi nellobbligo di informazione di una serie indeterminata di soggetti a pena di nullit del P.O.F., quanto nella disponibilit del medesimo alle iniziative proposte dai soggetti interessati. Il collegio dei docenti -nella elaborazione del piano- dovr tenere conto delle proposte formulate, nel senso che dovr valutare ladeguatezza didattica delle medesime, in relazione al tipo di alunni che frequentano la scuola. Il P.O.F. , dovr tenere conto anche delle esigenze del contesto territoriale, sociale ed economico della realt locale, ma ci non significa che il collegio dei docenti debba essere vincolato dalleventuale vantaggio economico della iniziativa. Diversamente opinando si verrebbe ad eliminare lautonomia didattica riconosciuta alla scuola. Tale autonomia, deve essere affermata non solo nei confronti dello Stato, ma anche delle realt locali e territoriali91 La scuola lultimo soggetto responsabile delle scelte didattiche ivi svolte. Tale responsabilit e garanzia peraltro manifestazione -sia pure collettiva- della libert di insegnamento, riaffermata da tutte le fonti normative della riforma. Il P.O.F. , adottato dal Consiglio di circolo o di istituto. Lo stesso reso pubblico e consegnato agli alunni e alle famiglie allatto delliscrizione.

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A. PAINO: Nel sistema della legge 59, il complesso di funzioni e compiti che possono costituire oggetto di conferimento alle autonomie regionali e colali appare, pertanto, delimitato a monte, della riserva, allo Stato, dei compiti riconducibili alle previsioni di cui all'art. 1, comma 3, lett. q, ed a valle, della riserva alle scuole dei compiti da trasferire a queste ultime nel quadro della autonomia scolastica.(A. Paino, Lo Stato autonomista, Aa. Vv. , Il Mulino, 1998, p. 445).

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CAPITOLO III. LA SOGGETTIVIT E LA GESTIONE DEI BENI

1. Personalit giuridica e titolarit dei beni. Lacquisto della personalit giuridica determina la piena soggettivit della scuola nei confronti dei terzi. Ci significa che, a differenza del passato, sar listituzione scolastica ad essere direttamente titolare di diritti e di doveri, e non invece il Ministero della Pubblica Istruzione. 92 Questo avverr sia sul piano sostanziale che su quello processuale. Dal punto di vista sostanziale, le scuole, diventano titolari di diritti reali -mobiliari e immobiliari- nonch di diritti di credito e di obblighi. Dal punto di vista processuale, sar listituzione scolastica ad avere la legittimazione processuale, e quindi a stare in giudizio, in persona del dirigente scolastico 93. Con lattribuzione della personalit giuridica, listituzione scolastica, sar titolare di propri beni, sia mobili che immobili. Gli stessi costituiscono il patrimonio della scuola, e sono iscritti in relativi inventari, tenuti dal direttore dei servizi generali e amministrativi94. Per inventario si intende la procedura di ricerca e individuazione dei beni, a cui segue lulteriore attivit di classificazione (qualit, quantit, ecc.) nonch di valutazione del singolo bene attraverso operazioni di valore di stima e di costo. Il patrimonio consiste nel complesso dei beni economici che appartengono alla Istituzione scolastica autonoma; essi si distinguono in immobili, mobili infruttiferi (durevoli e di consumo) e mobili fruttiferi (titoli e valori). Anche i beni di consumo (di poco valore o deperibili), pur non essendo oggetto di inventariazione, devono essere contabilizzati. Ci serve per poter determinare la consistenza patrimoniale, nonch la quantit di giacenza dei beni. Secondo il regolamento di contabilit delle istituzioni scolastiche95, i beni immobili appartenenti al patrimonio dello Stato e degli enti locali, sono concessi in uso alle istituzioni scolastiche. La normativa non prevede quindi un passaggio di propriet dagli enti predetti alle scuole, non potendosi, con atto regolamentare, derogare alla disciplina prevista dalla legge 23/96, in materia di edilizia scolastica, che prevede la propriet -e anche gli oneri- delle scuole a carico degli enti locali. Peraltro, considerati tutti fenomeni di migrazione interna, che possono determinare nel giro di poco tempo, eccedenze o insufficienze gravi nella disponibilit di spazi per lattivit didattica, sembra pi opportuno mantenere per le scuole lattuale assetto amministrativo, ovvero lutilizzazione in uso degli edifici scolastici, che consente allente locale di ridistribuire gli edifici in caso di necessit. Ci non toglie che le stesse possano diventare proprietarie di altri immobili da utilizzare per le finalit scolastiche o per forme di autofinanziamento, anche grazie a donazioni. Ma con quali mezzi possono le istituzioni scolastiche provvedere, eventualmente allacquisto di immobili? Al riguardo, larticolo 49 della bozza di regolamento di contabilit chiarisce che lacquisto di immobili pu essere fatto esclusivamente con fondi derivanti da attivit proprie, da legati, eredit e donazioni. Per facilitare -in tal senso- lincremento del patrimonio scolastico, la legge 59/97 (articolo 21 comma 6), abroga le disposizioni che prevedono autorizzazioni preventive per laccettazione di donazioni, eredit e legati da parte delle istituzioni scolastiche. Sui cespiti ereditari e su quelli ricevuti per donazione non sono poi dovute le imposte in vigore per le successioni e le donazioni96.

ad eccezione, come visto, delle scuole che, gi in passato, erano dotate di personalit giuridica. per unesauriente disamina della capacit di agire sostanziale e processuale degli istituti scolastici dotati di personalit giuridica, v. Cass. Sez. III, sent. n. 10982 del 1996, jonch Cass. Sez. U. 1991 n. 13169 94 V. circolare ministeriale 253 del 10 novembre 2000 avente ad oggetto Autonomia scolastica. Acquisizione della personalit giuridica. Contabilit beni mobili dello Stato. Passaggi di consegne. 95 V. art. 23 decreto ministeriale 1 febbraio 2001, n. 44: regolamento concernente le Istituzioni generali sulla gestione amministrativocontabile delle istituzioni scolastiche pubblicato in G.U. 9 marzo 2001. 96 Per un approfondimento in tema di contabilit pubblica, v. A. Bennati, Manuale di contabilit di Stato, Napoli, 1990.V. anche S. BUSCEMA, Trattato di contabilit pubblica, Milano, 1982 e, pi di recente C. MANACORDA, Istituzioni di contabilit pubblica, Giappichelli, 1998.
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2. Lautonomia finanziaria Lautonomia finanziaria consiste nella imputazione alle istituzioni di un complesso di mezzi finanziari da impiegare per lespletamento delle proprie attivit97, rapportabili sempre alle finalit istituzioni, non potendo listituzione scolastica perseguire fini di lucro. La provvista dei mezzi finanziari a carico essenzialmente del bilancio del Ministero della Pubblica Istruzione (articolo 27 testo unico 297/94), cui si possono aggiungere contribuzioni di enti e privati, e, i proventi delle tasse, contributi e rette98. Parlando di autonomia finanziaria, occorre chiarire che la stessa non comporta un potere di diretta provvista dei fondi. Tale aspetto dellautonomia finanziaria si presenta con carattere di generalit nellambito della finanza pubblica, atteso che il potere di imposizione fiscale, tranne eccezioni, riservato allo Stato99. Considerato il carattere eventuale dei contributi non statali, si parlato al riguardo, di autonomia finanziata, piuttosto che di autonomia finanziaria100. Larticolo 41 delle nuove istruzioni amministrative-contabili (non ancora in vigore), prevede la possibilit di accordi di sponsorizzazione con soggetti pubblici o privati101. E data preferenza a soggetti che, per finalit statutarie, per le attivit svolte, ovvero per altre circostanze abbiano in concreto dimostrato particolare attenzione e sensibilit nei confronti dei problemi dellinfanzia e delladolescenza. La norma fa divieto di concludere accordi di sponsorizzazione con soggetti le cui finalit ed attivit siano in contrasto, anche di fatto, con la funzione educativa e culturale della scuola. Occorrer vedere, nella pratica, in che modo le scuole potranno interagire con soggetti economici (imprese, banche ecc.), salvaguardando -ed anzi valorizzando- il proprio progetto culturale.

2. 1. Lattuale gestione finanziaria Particolarmente complesso largomento relativo alla gestione delle risorse da parte delle scuole e dei controlli da parte della Amministrazione statale. Di seguito si faranno, quindi, brevi cenni, al fine di evidenziare le pi rilevanti differenze tra il sistema attualmente in atto, e quello che, in seguito alla approvazione del nuovo regolamento di contabilit delle scuole sar introdotto per facilitare lautonoma gestione delle risorse da parte delle scuole. Il t.u. 297/1994 prevede in modo dettagliato liter procedimentale attraverso il quale il fondo per le spese di funzionamento amministrativo e didattico, a favore delle istituzioni, entra nella loro disponibilit. Le norme ivi contenute (artt. 26-29) sono state abrogate con lentrata in vigore del nuovo regolamento di contabilit (v. articolo 14, comma 6, decreto del Presidente della Repubblica 275/1999). In virt di tale disciplina il Ministero dispone di aperture di credito a favore dei provveditori agli studi, i quali tenuto conto della popolazione scolastica, delle esigenze dei diversi tipi di scuola, erogano,
C. Gatti e S. ZAMBARDI: autonomia amministrativa cit. pag. 12 v. art. 18, Istruzioni ministeriali emanate con D. I. 28. 5. 1975, che contiene lelenco delle entrate delle istituzioni scolastiche: I mezzi finanziari di cui i circoli didattici, gli istituti scolastici di istruzione secondaria e artistica e i distretti scolastici dispongono sono costituiti: a) dal contributo dello Stato b) dal contributo di enti o di privati c) dalle rendite derivanti dal patrimonio d) dalle rendite derivanti da lasciti e donazioni e) dalle tasse e contributi scolastici f) dalle rette per i convitti g) dagli utili derivanti dalla gestione di aziende speciali o agrarie h) da qualsiasi altra oblazione o provento. I mezzi finanziari di cui alle lettere c), e), f) e g) competono agli istituti dotati di personalit giuridica. 99 E stato al riguardo notato che la progressiva dilatazione del sistema di finanziamento statale delle attivit di enti e istituzioni dotate di autonomia ha per conseguenza una graduale alterazione della funzione del bilancio dello Stato che, da documento riflettente sul piano finanziario il programma di Governo, si va sempre pi configurando quale mera registrazione di movimenti di cassa disposti a favore di centri decisionali abilitati allimpiego delle risorse ricevute sulla base di valutazioni autonome GATTI cit. n. 16 pag. 13. del resto tale fatto, sembra essere una fisiologica conseguenza della progressiva attuazione del decentramento amministrativo auspicato dalla Costituzione. 100 idem, pag. 14 101 E' stato osservato che l'autonomia scolastica si esercita in un ambito che per quanto riguarda le risorse finanziarie e umane in realt in larghissima misura definito dal centro. Innanzitutto, le scuole sono finanziariamente dipendenti dallo Stato, oltre che dagli enti locali, in secondo luogo nell'ambito di tali finanziamenti i margini di manovra delle scuole sono estremamente ridotti, dal momento che le risorse che ad esso affluiscono sono per pi del 90% costituite da onere per il personale e comunque da spese di carattere inderogabile. L'autonomia sotto questo profilo davvero limitata, e si riferisce da un lato a quelle risorse che le scuole possono procacciarsi attraverso l'ampliamento della propria offerta formativa o attraverso la conclusione di accordi per la realizzazione di specifici progetti formativi, e dall'altro all'incremento dei trasferimenti statali non legati a spese inderogabili (in questo senso i trasferimenti finanziari legati al Fondo per l'arricchimento e l'ampliamento dell'offerta formativa e per gli interventi perequativi di cui alla legge 440/1997 e alla direttiva del Ministero della P. I. 238/1998). In realt in questo modo l'esistenza della autonomia della scuola viene a dipendere dalla capacit manageriale dei capi di istituto GIGANTE M. , op. cit. , pag. 527.
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distribuendole tra le varie istituzioni, le somme necessarie mediante ordinativi emessi sui fondi loro accreditati (articolo 27 t.u. 297/1994). Nel sistema delineato dal decreto del Presidente della Repubblica 416/74 (recepito nel testo unico 297/94, articolo 27 cit.), la competenza del Ministero in materia di contributi alle istituzioni scolastiche si esaurisce nel puro e semplice trasferimento di fondi ai provveditori agli studi, senza alcuna possibilit di ingerenza circa il loro impiego. Il riparto dei detti fondi tra le varie istituzioni scolastiche della provincia infatti espressamente affidato alla valutazione dellorgano decentrato, con la duplice limitazione dellosservanza dei criteri stabiliti analiticamente dalla legge102 e dellobbligo di consultazione del consiglio scolastico provinciale. Tali fondi, sono gestiti dalle istituzioni scolastiche sulla base di un bilancio preventivo, autonomo rispetto a quello dello Stato, e sottoposto alla approvazione da parte del Provveditore (articolo 28 testo unico 297/94)103. Il provveditore agli studi procede poi allapprovazione dei conti consuntivi su parere di una Commissione formata da due funzionari della carriera dirigenziale e direttiva, di cui uno appartenente alla amministrazione scolastica e laltro della ragioneria provinciale dello Stato, nonch da un rappresentante dei genitori e degli studenti del Consiglio Scolastico Provinciale, preferibilmente esperto in materia amministrativo-contabile. I contributi sono destinati alle spese per il funzionamento amministrativo e didattico delle scuole, nonch del pagamento delle supplenze temporanee (articolo 27 comma 12 testo unico 297/94) Il personale di ruolo , infatti, pagato direttamente dal Ministero del Tesoro, e alle altre spese di manutenzione concorrono anche gli enti locali104.

2.2. Le nuove istruzioni generali sulla gestione amministrativo-contabile delle istituzioni scolastiche. Larticolo 21 comma 14 della legge 59/97 prevede che vengano emanate - con decreto del Ministro della Pubblica Istruzione di concerto con il Ministro del tesoro - le istruzioni generali per la nuova gestione amministrativo-contabile delle istituzioni scolastiche105. E ci per lautonoma allocazione delle risorse, per la formazione dei bilanci, per la scelta dellaffidamento dei servizi di tesoreria o di cassa, nonch le modalit di riscontro delle gestioni delle istituzioni scolastiche, anche in attuazione dei principi sanciti dalle norme sulla autonomia. Il comma 1 dello stesso articolo 21, prevede la possibilit di deroga alle norme di contabilit di Stato, riaffermato dallarticolo 14, comma 3, decreto del Presidente della Repubblica 275/99. Il regolamento stato di recente emanato con decreto ministeriale 44/2001106. Le istruzioni generali ivi contenute dovevano essere applicate in via sperimentale e progressivamente estese a tutte le istituzioni scolastiche dellanno finanziario immediatamente successivo alla loro emanazione e quindi dal 2002. Ma, con lemanazione del decreto del Presidente della Repubblica 352 del 4 agosto 2001, stato modificato il comma 4 dellarticolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 275/1999, prevedendo che le suddette istruzioni generali si applichino a decorrere dal 1 settembre 2001107. Esaminando in sintesi la nuova disciplina sulla gestione contabile, si rilevano le seguenti caratteristiche del nuovo sistema di gestione: 1. la dotazione finanziaria dello Stato sar suddivisa dotazione ordinaria e dotazione perequativa. La dotazione perequativa, verr calcolata in relazione alle condizioni demografiche, orografiche, economiche e
Corte dei Conti, Sez. Contr. Stato, det. 1650 del 23 aprile 1986, v. anche Corte dei Conti Sez. Contr. Stato n. 32 del 16 marzo 1993. il Provveditore agli studi procede alla approvazione dei bilanci preventivi sentita la giunta esecutiva del consiglio scolastico provinciale (art. 28 comma 2 t. u. 297/94) 104 Le aperture di credito di cui al comma 3 art. 27 t. u. 297/97 (spese di funzionamento amministrativo e didattico) sono soggette alla resa del conto, nei termini e con le modalit previste dallart. 60 e 61 legge contabilit di Stato. Il controllo sui rendiconti esercitato dalla Ragionerie regionali dello Stato e dalle delegazioni regionali della Corte dei Conti, competenti per territorio. 105 Queste sostituiscono le Istituzioni amministrativo-contabili per i circoli didattici, gli istituti scolastici di istruzione secondaria e artistica statali per i distretti scolastici, emanate con d. i. 28 maggio 1975. 106il regolamento , attualmente al vaglio della Corte dei Conti, suddiviso in cinque titoli: Titolo I: Gestione Finanziaria; Capo I: principi e programma annuale; capo II: Realizzazione del programma annuale; capo III: Servizi cassa; Capo IV: Conto consuntivo; Capo V: Gestioni economiche separate; Titolo II: Gestione patrimoniale-beni e inventari; Titolo III: Scritture contabili e contabilit informatizzata; Titolo IV: attivit negoziale; Capo I - Principi generali; capo II: Singolari figure contrattuali; capo III: Altre attivit negoziali; Titolo V: Controllo di regolarit amministrativa contabile; Titolo VI: Attivit di consulenza contabile; Titolo VII: Disposizioni finali. 107 Il suddetto decreto del Presidente della Repubblica n. 352/2001 ha inserito un comma 7-bis aggiuntivo all'art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica 275/1999, prevedendo che: L'Avvocatura dello Stato continua ad assumere la rappresentanza e la difesa nei giudizi attivi e passivi davanti le autorit giudiziarie, i collegi arbitrari e le giurisdizioni amministrative e speciali di tutte le istituzioni scolastiche cui stata attribuita l'autonomia e la personalit giuridica a norma dell'art. 21 della legge 59/1997.
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socio culturali del territorio. Sui criteri di ripartizione delle assegnazioni perequative sentito il parere della conferenza unificata Stato-regioni-citt e autonomie locali (articolo 6 decreto del Presidente della Repubblica 233/1988)108. 2. lattivit finanziaria (il cui esercizio ha inizio il primo gennaio e termina il 31 dicembre di ogni anno), si svolge sulla base di un programma annuale, predisposto dal dirigente scolastico e proposto dalla giunta esecutiva con apposita relazione e con il parere di regolarit contabile del Collegio dei revisori, entro il 31 ottobre al Consiglio di Istituto o di circolo, per lapprovazione. Nella relazione sono individuati gli obbiettivi da conseguire e la destinazione delle risorse in coerenza con il P.O.F.109 La delibera di approvazione adottata dal Consiglio di Istituto entro il 15 dicembre dellanno di riferimento. Lapprovazione del programma, comporta lautorizzazione al pagamento delle spese ivi previste. Il programma affisso allalbo della istituzione scolastica entro quindici giorni dalla approvazione e inserito, ove possibile, nel sito WEB dellistituzione scolastica. 3. Il programma realizzato dal dirigente scolastico, nellesercizio dei compiti e delle responsabilit di gestione di cui allarticolo 25 bis decreto legislativo 29/93, come integrato dal decreto legislativo 59/98. 4. Le entrate sono riscosse dallistituto di credito che gestisce il servizio di cassa. Il servizio di cassa e quello di custodia e amministrazione di titoli della istituzione scolastica, affidato ad un unico servizio di credito. 5. Il conto consuntivo110 rimesso dal dirigente scolastico allesame del collegio dei revisori dei conti e successivamente (entro il 30 aprile), sottoposto alla approvazione del Consiglio di istituto. Il regolamento prevede la nomina di un commissario ad acta, ove il Consiglio non deliberi sul conto consultivo entro 60 giorni dalla sua presentazione. Il conto consultivo pubblicato allalbo della istituzione. 6. Al controllo di regolarit amministrativa contabile (di cui allarticolo 2 del decreto legislativo 286/99)111 provvede un collegio di revisori dei conti, nominato dallufficio scolastico regionale. Il collegio costituito da tre membri (uno nominato dal Ministero della Pubblica Istruzione; uno dalla Ragioneria e uno dagli enti locali). 112
108 Con circolare Ministeriale 187 del 21 luglio 2000 sono state fornite alle Istituti scolastiche istruzioni amministrativo-contabili per le istituzioni che acquistano personalit giuridica a decorrere dal 1 settembre 2000. Secondo il d. legge 28 agosto 2000, n. 240 conv. in Legge 27 ottobre 2000, n. 306 la dotazione ordinaria stabilita in misura tale da consentire l'acquisizione da parte delle istituzioni scolastiche dei beni di consumo e strumentali necessari a garantire l'efficacia del processo di insegnamento-apprendimento nei vari gradi e tipologie dell'istruzione. 109 Il programma deve contenere altri elementi contabili: e cio tutte le entrate, aggregate secondo la loro provenienza, nonch la predisposizione di schede illustrative finanziarie per ogni progetto compreso nel programma. 110 che si compone della situazione della cassa, della situazione patrimoniale e del prospetto delle spese per il personale e per i contratti dopera, nonch di un prospetto sintetico dei risultati economici della gestione. Il bilancio sar quindi un bilancio di cassa, e non pi di competenza, con i residui attivi e passivi. 111 Il d. lgs. 286 del 30 luglio 1999 prevede il riordino e potenziamento dei meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati delle attivit svolte dalle amministrazioni pubbliche, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1999, n. 59. Secondo tale disciplina le pubbliche amministrazioni, nell'ambito della rispettiva autonomia, si dotano di strumenti adeguati a: a) garantire la legittimit, regolarit e correttezza dell'azione amministrativa (controllo di regolarit amministrativa contabile); b) verificare l'efficacia, efficienza ed economicit dell'azione amministrativa al fine di ottimizzare, anche mediante tempestivi interventi di correzione, il rapporto tra costi e risultati (controllo di gestione); c) valutare le prestazioni del personale con qualifica dirigenziale (valutazione della dirigenza); d) valutare l'adeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione dei piani, programmi ed altri strumenti di determinazione dell'indirizzo politico, in termini di congruenza tra risultati conseguiti e obiettivi predefiniti (valutazione e controllo strategico) (Art. 1). Come esplicitato dall'art. 1 comma 4: Il presente decreto non si applica alla valutazione dell'attivit didattica e di ricerca dei professori e ricercatori delle universit, alla attivit didattica del personale della scuola, all'attivit di ricerca dei ricercatori e tecnologi degli enti di ricerca. Ai controlli di regolarit amministrativa e contabile provvedono gli organi appositamente previsti dalle disposizioni vigenti nei diversi comparti della pubblica amministrazione e, in particolare, gli organi di revisione, ovvero gli uffici di ragioneria, nonch i servizi ispettivi. Le verifiche di regolarit amministrativa e contabile devono rispettare, in quanto applicabili alla pubblica amministrazione, i principi generali della revisione aziendale asseverati dagli ordini e collegi professionali operanti nel settore. 112 le novit introdotte dal regolamento, sono in parte anticipate dalla circolare 272 del 12 novembre 1999, riguardante il bilancio di previsione per lanno finanziario 2000-istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, artistiche, educative e distretti scolastici. La circolare contiene anche istruzioni per gli istituti comprensivi/verticalizzati e orizzontali (unificazione di scuole dello stesso grado). Il bilancio, che deve essere anche per questanno approvato dal Provveditore, redatto in base a nuovi modelli, allegati alla circolare. Viene istituito il capitolo di finanziamento compensi ed indennit per il miglioramento dellofferta formativa (in sostituzione di altri precedenti capitoli), vengono soppresse le articolazioni presenti nei capitoli di entrata. Si fa per rilevare che la creazione nel bilancio delle istituzioni scolastiche di capitoli unici in entrata e in uscita nei quali far confluire o far gravare indistintamente le provviste finanziarie o le spese per le diverse esigenze, se da una parte consente maggiori spazi di flessibilit nellutilizzo delle risorse stesse, dallaltro rende per necessario attivare, da parte delle singole scuole, specifici atti di amministrazione e schede contabili che consentano la dimostrazione dei diversi interventi finanziari operati in ossequi al principio di trasparenza e in considerazione di sicure e puntuali iniziative di monitoraggio da parte del Ministero.

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3. Lattivit negoziale Per autonomia di gestione si intende la facolt dellistituzione scolastica di amministrare i beni di cui dispone e di svolgere attivit negoziale necessaria per il perseguimento delle proprie finalit113 Com noto, lattivit negoziale si esplica mediante la stipulazione di accordi bilateriali a contenuto patrimoniale (articolo 1321 codice civile) o - nei casi previsti dalla legge - mediante negozi unilaterali (es. la costituzione di una fondazione). Il regolamento sulla gestione delle scuole autonome, sancisce che le istituzioni scolastiche per il raggiungimento e nellambito dei propri fini istituzionali hanno piena autonomia negoziale, fatte salve le limitazioni di legge. Nellambito della dotazione finanziaria assegnata dallo Stato, e degli ampi capitoli di spesa, nonch ricorrendo a forme di autofinanziamento, le istituzioni scolastiche possono cos ricorrere allo strumento contrattuale, con maggiore ampiezza che in precedenza. Il dirigente, quale legale rappresentante dellIstituto, svolge lattivit negoziale necessaria allattuazione del programma annuale. Secondo il regolamento, il dirigente pu delegare lo svolgimento di singole attivit negoziali al direttore, ed anche avvalersi dellopera di esperti esterni, qualora non siano reperibili tra il personale dellIstituto, specifiche competenze indispensabili al concreto svolgimento di attivit negoziali.

3.1. la conclusione del contratto Per esigenze di trasparenza e buon uso del denaro pubblico, la normativa sulla contabilit di Stato regola minuziosamente il procedimento relativo alla scelta del contraente114. Lente pubblico, infatti, ricorrendo allo strumento contrattuale, non ha, come il privato, la possibilit di scegliere in modo insindacabile il proprio contraente. La normativa, distingue, dunque, le fasi relative alla formazione del contratto: a) la deliberazione a contrarre; b) la scelta del contraente; cui segue la conclusione e la esecuzione del contratto. Il regolamento sulla nuova contabilit regola, anche in deroga -in quanto semplificate- alle disposizioni di contabilit di Stato, le varie fasi relative alla conclusione del contratto. Per le scuole non prevista la fase di approvazione del contratto atteso che la delibera del consiglio di istituto ritenuta alluopo sufficiente.

a) deliberazione a contrarre: In alcuni casi la deliberazione a contrarre spetta al Consiglio di istituto, in altri al Dirigente scolastico, sulla base dei criteri e dei limiti fissati dal Consiglio. Al consiglio di istituto spettano le deliberazione relative a contratti particolarmente significativi per la scuola, sia dal punto di vista economico che di immagine: quali: la costituzione di fondazione; ladesione a reti di scuole o consorzi; la partecipazione a iniziative che comportano coinvolgimento di agenzie, enti, universit soggetti pubblici o privati; tutti i contratti che hanno per oggetto diritti reali immobiliari (alienazione trasferimento di diritti reali su beni immobili ecc.) (articolo 33 decreto ministeriale 44/2001). Spettano al dirigente scolastico nei limiti e secondo i criteri fissati dal Consiglio di Istituto- i contratti di sponsorizzazione; di locazione di immobili; convenzioni relative a prestazioni del personale della scuola e degli alunni per conto terzi.

b) scelta del contraente Il regolamento individua delle modalit di scelta del contraente che garantiscono la trasparenza e limparzialit dellazione amministrativa e della gestione del pubblico denaro, ma, daltra parte costituiscono

GATTI cit. pag. 14 Il procedimento amministrativo dei contratti a evidenza pubblica regolato, in via generale, dalla legge di contabilit generale dello Stato (regio decreto n. 2440/1923 artt. da 3 a 21) e dal regolamento applicativo (regio decreto n. 827/1924 artt. da 36 a 124).
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procedimenti semplificati rispetto alla normativa prevista per la contabilit di Stato115. Tuttavia, per una maggiore garanzia e trasparenza le scuole possono scegliere di ricorrere alla procedure di gara disciplinate dalle norme generali di contabilit di Stato.

c) tipologia di contratti Secondo larticolo 1322 codice civile , i contraenti privati possono stipulare qualsiasi contratto, anche a causa mista o atipici, che rispondano al loro interesse. Per gli enti pubblici, tale autonomia contrattuale subisce delle limitazioni, dirette a salvaguardare le finalit istituzionali e il buon uso del denaro pubblico. Il regolamento chiarisce che la autonomia contrattuale data per il raggiungimento e nellambito dei propri fini istituzionali. Viene poi specificato che possono stipulare convenzioni e contratti, con esclusione dei contratti aleatori e in genere delle operazioni finanziarie speculative, nonch la partecipazione a societ di persone o capitali, associazioni che -come noto- sono costituite a scopo di lucro. E fatta salva per la partecipazione e la costituzione di consorzi, anche nella forma di societ a responsabilit limitata. E fatto inoltre divieto alle istituzioni scolastiche di acquistare servizi per lo svolgimento di attivit che rientrano nelle ordinarie mansioni o funzioni del personale in servizio nella scuola, fatto salvo quanto previsto dallarticolo 40. Tale norma contempla la possibilit di stipulare contratti di insegnamento (contratti dopera), con esperti per particolari attivit o insegnamenti. Vi quindi una rilevante apertura per la scelta -da parte dellistituzione- di docenti che arricchiscano lofferta formativa e il prestigio della scuola con una elevata professionalit. Il consiglio di istituto deve, per, disciplinare con regolamento le procedure di scelta del contraente, onde evitare abusi e favoritismi. Il capo secondo del regolamento individua diverse figure contrattuali, a cui le scuole devono fare riferimento ove intendano stipulare contratti come quelli disciplinati (alienazione beni prodotti dalla istituzione scolastica, concessione di beni in uso gratuito, contratti di insegnamento, di sponsorizzazione, di comodato, mutuo, locazione finanziaria, compravendita di immobili, appalti per lo smaltimento di rifiuti speciali, di gestione finanziaria, di concessione in uso di siti informatici)116. Larticolo 31 -primo comma- chiarisce che le istituzioni scolastiche, per il raggiungimento e nellambito dei propri fini istituzionali, hanno piena autonomia negoziale, fatte salve le limitazioni specifiche poste da leggi e regolamenti, nonch delle presenti disposizioni. Secondo larticolo 37: Le istituzioni scolastiche applicano le norme del presente capo nei casi espressamente contemplati, nonch in quelli che, pur non rientrando nelle singole previsioni, sono assimilabili al caso regolato. Il sistema delineato dal regolamento sembra lasciare spazio anche alla conclusione di contratti diversi da quelli specificamente regolati, ferma restando la finalit istituzionale del contratto concluso. Nel caso di stipulazione di contratti diversi, andranno quindi applicate le norme del codice civile, o quelle del regolamento, ove le figure contrattuali siano analogicamente riconducibili a quelle ivi contemplate117.
115 Per le attivit di contrattazione il cui valore sia superiore a 2000 Euro il dirigente procede alla scelta del contraente, previa comparazione delle offerte di almeno tre ditte direttamente interpellate (art. 34 reg.). Secondo la legge di contabilit di Stato, la scelta del contraente avviene secondo uno dei seguenti metodi: a) pubblico incanto (o asta pubblica), che una gara aperta a tutti i possibili concorrenti; b) licitazione privata, che una gara ristretta ad un limitato numero di concorrenti ritenuto idonei dall'amministrazione; c) trattativa provata, che una scelta discrezionale della amministrazione, metodo ritenuto peraltro eccezionale da applicare solo in presenza delle condizioni stabilite dalla legge; d) appalto-concorso, metodo particolare seguito per speciali lavori o forniture allorch si chieda ai concorrenti ritenuti idonei e invitati alla gara di presentare in base a prestabilite norme di massima, i progetti tecnici e le condizioni alle quali siano disposte ad eseguirli (art. 4, legge contabilit di Stato). 116 Per quanto concerne i contratti di mutuo si osservato che tale strumento di indebitamento - un tempo espressamente ammesso dalla legge soltanto per determinate categorie di enti pubblici (essenzialmente enti territoriali), oggi consentito anche ad altra categoria di enti (tra cui le scuole: art. 45 schema di regolamento), sia pure con vincoli particolari. Sennonch per l'incertezza sulle norme alle quali fare riferimento, vi il rischio di rendere di fatto impraticabile uno strumento di gestione che invece pu essere di particolare utilitAnalogo discorso pu essere fatto nel settore delle Assicurazioni, a fronte dell'offerta di prodotti assicurativi sempre pi sofisticati sicuramente ben lontani dai tradizionali concetti del pagamento di una somma (premio) per ottenere garanzie su un rischio ben circoscritto e definito. Per non parlare, poi, del dibattutissimo problema circa la possibilit o non di utilizzo - e in caso di risposta affermativa, con quali modalit - da parte delle pubbliche amministrazioni dei brokers, cio di quegli esperti in materia assicurativa che ricevono mandato dagli assicurati od assicurandi, percependo per il compenso dalle imprese di assicurazione (C. MANACORDA, op. cit., p. 70). 117 L'art. 56 disciplina i progetti integrati di istruzione formazione. Secondo tale norma la scuola singolarmente o nella forma dell'accordo in rete di cui all'art. 7 d.P.R. 275/1999, possono:

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CAPITOLO IV LEGISLAZIONE STATALE E REGIONALE IN MATERIA DI ISTRUZIONE SECONDO LA LE GGE 3/2001

1. legislazione esclusiva e concorrente, concetti. Secondo le previgenti norme costituzionali, la potest legislativa generale spettava allo Stato. Gli articolo116 e 117 Costituzione attribuivano alle Regioni il potere legislativo su specifiche e tassative materie. Con riferimento al vecchio testo della Costituzione sono stati elaborati i seguenti concetti- tuttoggi validi- in base ai quali viene distinta la potest legislativa nei rapporti Stato-Regioni. legislazione esclusiva (o piena): Le Regioni a Statuto speciale sono titolari del c.d. potere di legislazione piena od esclusiva limitatamente alle materie indicate nei rispettivi Statuti che riguardano soprattutto il benessere e il progresso sociale e sulle quali la Regione ha una riserva piena di competenza, che esclude lintervento di leggi statali anche a carattere generale. (c.d. ripartizione orizzontale di competenza). -limiti alla legislazione esclusiva La legislazione esclusiva soggiace alla sola legislazione costituzionale e ai principi generali dellordinamento giuridico e non alle singole leggi dello Stato (per un principio generale ricavabile dagli articolo10,11,80 e 87 Costituzione limite alla legislazione regionale esclusiva sono anche i principi dellordinamento internazionale e le direttive della Comunit europea). I principi generali che limitano la legislazione esclusiva sono stati interpretati dalla Corte Costituzionale come i principi e gli interessi cui si informa lintero complesso delle leggi relative alle materie regionali, nonch le norme fondamentali delle riforme economico-sociali, cio quelle che rendono unitario lindirizzo politico in quelle materie, dapplicazione generale e universale. (cfr. per tutte sent. 80/1996). La Corte Costituzionale ha altres precisato che in materia di legislazione esclusiva la singola legge statale non pu imporre lobbligo di adeguamento ai principi della legge medesima, perch in tal modo si viene ad incidere sulla materia devoluta alla Regione (v. per tutte Corte Costituzione241/1997 in materia di procedure per il rilascio di concessioni edilizie). la legislazione concorrente Le regioni a Statuto ordinario avevano - secondo il vecchio testo dellarticolo 117 della Costituzione - una competenza legislativa nelle materie esplicitamente indicate dallarticolo 117 predetto. Per le materie di competenza delle Regioni a statuto ordinario, si parla di legislazione concorrente (o ripartita), nel senso che la materia appare ripartita verticalmente tra Stato e Regione e le due fonti, statale e regionale, concorrono a formare la definitiva e completa disciplina. - limiti alla legislazione concorrente Secondo il vecchio testo dellarticolo117 nelle elencate materie, emana norme legislative nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, semprech le norme stesse non siano in contrasto con linteresse nazionale e con quello delle altre Regioni. Spetta quindi allo Stato dettare i principi fondamentali per ciascuna materia: si tratta delle c.d. leggi cornice che recano una sistematica disciplina di principio relativa ad interi settori di competenza regionale. Poich, per, non sempre lo Stato ha emanato le leggi cornice e poich non era possibile bloccare il potere legislativo regionale in attesa di tali leggi, si convenuto (articolo17 legge16 maggio 1970 n.281) che i principi fondamentali fossero desumibili implicitamente dalle leggi statali vigenti. Lo Stato, per, non pu formulare tali principi in modo cos minuzioso da rendere inutile la legge regionale; spetta quindi esclusivamente alla Regione rendere operativi quei principi, e quindi formulare la legge
a) stipulare convenzioni con universit, Regioni ed enti pubblici; b) stipulare intese contrattuali con associazioni e privati; c) partecipare ad associazioni temporanee con agenzie pubbliche e private che realizzino collaborazioni sinergiche per l'attuazione di particolari progetti di formazione. Le intese di collaborazione con soggetti pubblici sono regolati con convenzioni. Quelle con agenzie formative private devono risultare da atto scritto nel quale sono delineati gli aspetti organizzativi del progetto da realizzare, le competenze di ciascun soggetto e l'ammontare delle risorse da impiegare allo scopo.

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operativa nel rispetto dei medesimi. In materia scolastica, larticolo117 Costituzione prevedeva che la competenza concorrente delle Regioni solo per la istruzione artigiana e professionale e assistenza scolastica. Lo Stato ha emanato la legge quadro in materia di formazione professionale (legge845/1978). la legislazione delegata Vi un terzo tipo di competenza legislativa regionale, quella c.d. delegata. Rientrano in questo tipo le leggi che la regione emana su delega dello Stato, allorch il Parlamento attribuisce alle Regioni il potere di attuare con proprie norme una specifica legge (articolo117 Costituzione; esempio di tale legge: la n.59/1997).

2. la legge costituzionale 2001 n.3: le modifiche al titolo V della Costituzione La legge costituzionale 2001 n. 3 modifica sostanzialmente e profondamente i rapporti Stato-Regione. La potest legislativa generale, mentre prima spettava allo Stato, ora spetta alle Regioni. Al riguardo la legge distingue: la competenza esclusiva dello Stato Si prevedono esplicitamente e tassativamente i casi in cui lo Stato ha la legislazione esclusiva. Tra tali materie rientrano le norme generali sullistruzione. la competenza concorrente dello Stato Si ridefiniscono le ipotesi di legislazione concorrente, prevedendo materie molto pi ampie di quelle contemplate dal riformato articolo117 Costituzione La norma chiarisce che nelle materie di legislazione concorrente, spetta alle Regioni la potest legislativa salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato. Tale concetto non sembra differire da quello elaborato dalla dottrina e dalla giurisprudenza circa il contenuto della legislazione concorrente: e cio che i principi fondamentali presuppongono una legge cornice e che le regioni, nel rispetto dei principi dettati, provvedono a legiferare. Tra le materie oggetto di legislazione concorrente prevista la istruzione, salva lautonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; la potest sussidiaria dello Stato La legge n. 3 gi in vigore e quindi si pone il problema della sorte delle leggi con essa incompatibili. Secondo le prime opinioni non di verifica unabrogazione automatica di tutte le leggi incompatibili emanate dallo Stato e attualmente di competenza della Regione, e ci per evitare vuoti normativi. Si ricorre al concetto di sussidiariet pi volte enunciato dalla legge. Secondo tale impostazione, fino a quando la legge regionale non regoli la materia ad essa spettante, rester in vigore la normativa statale.

3. Le competenze legislative in materia di istruzione La legge 3/2001 pone rilevanti problemi interpretativi, per quanto concerne i limiti delle Regioni nel legiferare e i rapporti con la legislazione statale. Gi sono allo studio sia modifiche legislative alle legge 3 (v. proposta Bossi), che un disegno di legge per lattuazione della medesima. Non essendo ancora legge, si ritiene opportuno trattare della materia scolastica avendo ad unico riferimento la legge 3/2001. Per quanto concerne la materia dellistruzione il problema pi rilevante che pone la legge 3 il rapporto tra la materia soggetta alla giurisdizione esclusiva dello Stato norme generali sullistruzione e quella soggetta alla legislazione concorrente. Rientra tra la legislazione concorrente, infatti, anche la materia dellistruzione, salva lautonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale. Occorre chiedersi al riguardo se lespressione norme generali sullistruzione sia pleonastica rispetto al termine istruzione previsto dalla legislazione concorrente, atteso che anche nel caso della legislazione concorrente lo Stato deve limitarsi a fissare i principi generali in materia, sebbene utilizzando le c.d. leggiquadro. Si ritiene al riguardo che la potest esclusiva statale sulle norme generali sullistruzione, per essere ben interpretata, debba essere letta in raccordo con lespressione contenuta sub m) della legge e cio che spetta esclusivamente allo Stato la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Poich, infatti, il diritto allistruzione riconosciuto come diritto sociale di tutti i cittadini (articolo 34

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Costituzione: la scuola aperta a tutti), spetta quindi allo Stato la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni rese dal servizio dellistruzione. Ci comporta il diritto-dovere dello Stato di prevedere parametri di valutazione validi su tutto il territorio nazionale; di garantire la libert di insegnamento; di tutelare le fasce di soggetti pi deboli (alunni portatori di handicap), nonch di garantire il diritto delle famiglie alla libert di scelta tra scuola pubblica e privata e i diritti-doveri degli alunni, nonch di definizione degli ordinamenti scolastici essenziali. Di conseguenza anche nelle materia di competenza esclusiva delle Regioni, le stesse incontreranno come limite - laddove si tratta di realizzazione di diritti sociali e civili - il potere statale di legificazione, che potr anche esprimersi in forma regolamentare (secondo la legge 3, infatti, il potere regolamentare attribuito allo Stato solo in materia di competenza esclusiva). ******** Si possono esaminare pi in dettaglio i vari ambiti relativi allistruzione al fine di verificare la suddivisione di competenze: a) inizio dellobbligo scolastico e sua durata; b) ordinamento scolastico; c) valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione professionale; d) nozione di credito scolastico e formativo; e) individuazione del contenuto essenziale dei piani di studio; f) esami di Stato; g) requisiti richiesti per labilitazione allinsegnamento; h) standard formativi richiesti per la spendibilit nazionale dei titoli professionali e per i passaggi dai percorsi formativi ai percorsi dellistruzione.

a) Inizio dellobbligo scolastico e sua durata Tale materia rientra nella competenza legislativa esclusiva statale sia sotto il profilo della sua appartenenza alle norme generali sullistruzione, sia sotto il profilo della sua riconduzione nellambito dei livelli essenziali di prestazione. La durata dellobbligo scolastico deve essere infatti ritenuta un principio generale e cardine dellistruzione da leggersi in correlazione allarticolo 3, allarticolo 5 ed allarticolo 33 della Costituzione. Tali norme, infatti, garantiscono una parit a tutti i cittadini nellinserimento nel mondo del lavoro e quindi una condizione di uguaglianza che deve essere tutelata da norme dello Stato in termini omogenei su tutto il territorio nazionale. Lassolvimento dellobbligo scolastico dovr essere assicurato in termini adeguati alle diverse situazioni ed et degli studenti, e a tal fine non si potr provvedere che con regolamento. b) Ordinamento scolastico Per ordinamento scolastico ci si intende riferire agli ordini ed ai gradi di scuole, alle tipologie ed ai relativi indirizzi di studio, che devono essere omogenei su tutto il territorio nazionale al fine di assicurare la mobilit degli studenti da una Regione allaltra. La definizione degli ordinamenti non pu che spettare, quindi, allo Stato, come potest legislativa esclusiva. c) Valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione professionale Fermo restando che la valutazione degli alunni compete ai docenti della classe frequentata, la valutazione del sistema educativo nel suo complesso, che richiede anche sistematiche verifiche dei livelli di apprendimento, dovr essere assicurata sulla base di criteri nazionali. d) Nozione di credito scolastico e di credito formativo Le prospettive di trasferimento alle Regioni dellistruzione professionale e lesigenza di conservare lomogeneit dei titoli professionali regionali, che devono restare spendibili su tutto il territorio nazionale, nonch di consentire il passaggio dal sistema di formazione professionale al sistema di istruzione, impone di adottare in tutto il sistema educativo ununit di misura uniforme, la cui definizione non pu che essere riservata allo Stato in quanto essa deve valere su tutto il territorio nazionale. e) Piani di studio Lo Stato deve stabilire la quota nazionale dei piani di studio, le relative discipline e attivit di insegnamento, il relativo monte ore, gli obiettivi nazionali di apprendimento degli alunni, lorario annuale complessivo

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comprensivo della quota nazionale obbligatoria e della quota riservata alle scuole; i criteri generali di flessibilit dei piani di studio; gli standard relativi alla qualit del servizio; gli indirizzi e i criteri generali circa la valutazione degli alunni; il riconoscimento dei debiti e dei crediti formativi. In base poi al nuovo progetto di modifica dellarticolo 117 della Costituzione, una quota dei piani di studio dovr essere determinata dalle Regioni. f) Esame di Stato Ai sensi dellarticolo 33 della Costituzione, lesame di Stato titolo necessario per accedere ai vari ordini e gradi di scuola, nonch titolo legale di studio su tutto il territorio nazionale. La disciplina relativa compete quindi allo Stato. g) Standard formativi Per quanto riguarda, poi, il settore dellistruzione e formazione professionale, fermo restando che esso rimesso alla potest legislativa e regolamentare delle Regioni, rientra nella potest legislativa esclusiva dello Stato la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, in quanto la fruizione del tipo di formazione di cui trattasi rientra anchessa nel novero dei diritti civili e sociali, per i quali devono essere assicurati livelli essenziali su tutto territorio nazionale, a norma dellarticolo 117, secondo comma, lett. m). Rientra pertanto nella competenza statale la definizione di standard minimi, richiesti per la spendibilit nazionale dei titoli professionali conseguiti allesito dei percorsi formativi, nonch per i passaggi dai percorsi formativi ai percorsi dellistruzione. Poich inoltre listruzione professionale una branca dellistruzione, compete allo Stato di dettare norme generali anche relativamente alla istruzione professionale (ordine degli studi, contenuti dei piani di studio, valutazione etc...). ********** Individuati gli ambiti di cui lo Stato ha il potere/dovere di emanare norme legislative di carattere generale, occorre ora determinare quando tale legislazione in materia scolastica richieda un ulteriore livello di normazione, come quello regolamentare, in assenza del quale si determinerebbe unassenza di disciplina su aspetti che caratterizzano gli elementi essenziali del sistema formativo. La fonte regolamentare si rende infatti necessaria in ragione della natura squisitamente tecnica della materia dellistruzione, che non pu essere disciplinata in tutto a livello legislativo. Tale ulteriore livello da individuare con riferimento ai seguenti aspetti: 1) determinazione delle modalit di valutazione dei crediti scolastici; 2) individuazione del contenuto dei curricoli scolastici per la quota nazionale (obiettivi specifici di apprendimento, discipline e attivit costituenti la quota nazionale del curricolo, orari, limiti di flessibilit interni nellorganizzazione delle discipline), perch si tratta di materie non riconducibili ad una fonte tendenzialmente rigida come quella legislativa, anche per i suoi profili prevalentemente tecnici; i piani di studio dovranno contenere un nucleo essenziale, omogeneo su base nazionale che rispecchi la cultura, le tradizioni e lidentit nazionale, e una quota da definirsi da parte delle regioni e degli istituti scolastici, pi strettamente collegata alle realt locali; 3) Struttura degli esami di Stato: egualmente dicasi per la struttura degli esami di Stato, che richiede una normazione puntuale e specifica, relativa allo svolgimento degli esami, alla modalit di scelta delle materie, alla composizione delle commissioni, alla valutazione dei crediti formativi e scolastici. Lo Stato, oltre a definirne i contenuti essenziali, dovrebbe altres con regolamento disciplinarne lo svolgimento, e ci, appunto, perch ai sensi dellarticolo 33 Costituzione (non modificato), rimane un esame di Stato, che serve per accedere ai vari ordini e gradi di scuola o per la conclusione di essi e per il riconoscimento del titolo legale di studio su tutto il territorio nazionale. ******** Rientrano nella legislazione concorrente tra Stato e Regione le materie relative alla istruzione, quali ad esempio: organizzazione scolastica; ordinamenti scolastici, obbligo scolastico, distribuzione delle scuole sul territorio (razionalizzazione della rete scolastica) ecc. Ci significa che lo Stato deve limitarsi a fissare i principi fondamentali o legge-cornice, senza entrare nei dettagli, i quali spettano alla normativa regionale. Sarebbe pertanto necessaria una ricognizione per verificare quanto -nella legislazione esistente- dovrebbe essere devoluto alla competenza regionale. E pur vero che, fino a che non interviene una legge regionale in applicazione del principio di sussidiariet sopra richiamato, devono ritenersi operanti le norme statali. Per quanto concerne ad es. listituzione di nuove scuole, larticolo 33 della Costituzione (che non ha subito

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modifiche), prevede che la Repubblica istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Tale formulazione non impedisce listituzione di scuole da parte delle autonomie, tenendo presente che in base alla nuova formulazione dellarticolo 114 Costituzione la Repubblica costituita: dai Comuni, dalle Province, dalle Citt metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato. Tuttavia tali scuole dovrebbero, secondo il dettato della Costituzione, rimanere statali (e non regionali). La normativa concorrente non opera nei seguenti casi: a) ...salva lautonomia delle istituzioni scolastiche La legge n. 3 costituzionalizza per la prima volta il principio della autonomia delle istituzioni scolastiche senza per definirne il contenuto. Dal contesto della norma pare per chiaro che tutto ci che concerne lautonomia delle scuole esula dalla competenza regionale; I principi generali in materia di autonomia devono essere dati dalla legge statale, rientrando tale materia nelle norme generali sullistruzione oggetto di competenza esclusiva dello Stato. Gi presente una normativa che stabilisce lambito e i limiti della autonomia didattica, organizzativa e gestionale delle istituzioni scolastiche (d.p.r. 275/1999; decreto ministeriale 44/2001) Tale normativa prevede che le scuole determinino anche parte dei curricoli obbligatori. La definizione degli ordinamenti scolastici essenziali spetta comunque allo Stato, dovendosi far rientrare nelle norme generali sullistruzione di competenza esclusiva dello Stato. Non sarebbe, quindi, costituzionale, una legge che svuotasse di significato il principio dellautonomia. Al contrario, sarebbe in linea con la costituzione una normativa che ne ampliasse i limiti, prevedendo eventualmente un maggiore potere di autorganizzazione, anche, se del caso, in relazione alla scelta del personale docente (e non solo alla sua gestione amministrativa) quantomeno per lo svolgimento della parte del curricolo di competenza delle scuole. b) ...con esclusione della istruzione e della formazione professionale secondo il vecchio testo dellarticolo117 listruzione professionale (intesa poi come formazione professionale), rientrava nella legislazione concorrente Stato-regione. Nel nuovo testo, la materia demandata alla legislazione esclusiva della Regione. Egualmente larticolo 116 del nuovo testo prevede che possono essere attribuite in materia di istruzione a Regione diverse da quelle a Statuto speciale forme e condizioni particolari di autonomia con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata. In entrambi i casi si deve ritenere per che valgano i limiti alla legislazione esclusiva rappresentati dalle norme costituzionali (tra cui il principio di unit della Repubblica), trattandosi di normativa ad esse subordinata, nonch i principi generali dellordinamento scolastico, secondo lelaborazione della Corte Costituzionale in materia di giurisdizione esclusiva, infine i limiti posti dal rispetto del servizio minimo di qualit delle prestazioni concernenti il diritto allistruzione, come sopra ricordato. Si pongono per delicati problemi interpretativi in particolare per quanto concerne la materia della istruzione professionale: il nuovo testo della Costituzione riporta ambedue i termini: istruzione e formazione professionale, ad evitare che in futuro possa riproporsi il problema se listruzione professionale sia o meno di competenza regionale. Per questo settore si pongono per delicati problemi interpretativi per quanto concerne listruzione tout court e listruzione professionale. Occorreranno quindi delle leggi che individuino con chiarezza tali confini. Le soluzioni possono essere diverse: dal prevedere il passaggio degli istituti professionali alle Regioni, allo stabilire che le Regioni possano istituire vere e proprie scuole di istruzione professionale.

4. La riforma del Titolo V della Costituzione in materia di funzioni amministrative. La legge costituzionale n. 3/2001, nel ridelineare il quadro delle competenze di Stato, Regioni, ed enti locali, incisivamente intervenuta in materia di funzioni amministrative, e di loro distribuzione. Il nuovo articolo 118 Costituzione prevede infatti che le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne lesercizio unitario, siano conferite a Province , Citt metropolitane, Regioni e Stato (...). La disposizione costituzionale chiarisce come leventuale conferimento delle funzioni amministrative normalmente spettanti ai Comuni - a Province, Citt metropolitane, Regioni o Stato, debba avvenire sulla base dei principi di sussidiariet, differenziazione ed adeguatezza. Punti focali della riforma dellassetto delle funzioni amministrative risultano dunque:

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- I Comuni divengono cuore amministrativo della Repubblica118, in quanto di norma titolari delle funzioni amministrative. - Risulta cos superato il c.d. principio del parallelismo, previsto nel vecchio testo dellarticolo 118 Costituzione, in base al quale alla potest legislativa in taluna materia, si accompagnava la titolarit delle funzioni amministrative nella materia medesima (nella specie: alle Regioni spettavano le funzioni amministrative nelle materie di propria potest legislativa, elencate nellarticolo 117 vecchio testo). - rispetto al precedente assetto istituzionale, che gi prevedeva il normale esercizio di funzioni da parte delle Regioni, attraverso delega delle stesse a Province , Comuni od altri enti locali, lattuale quadro istituzionale riformato prevede che Stato e Regioni (non possano, ma) debbono attribuire le proprie funzioni agli enti locali, salvo motivare espressamente le ragioni che giustifichino un eventuale trattenimento delle funzioni a livello di Provincia, Citt metropolitana, Regione o Stato. - Tale eventuale sottrazione di funzioni ai Comuni dovr, in base al dettato costituzionale, radicarsi in esigenze di esercizio unitario, valutate sulla base dei citati principi di sussidiariet, differenziazione ed adeguatezza.

4.1 Il precedente assetto costituzionale ed il superamento del principio del parallelismo Il previgente testo dellarticolo 118 Costituzione incentrava lattribuzione delle funzioni amministrative sul c.d. principio del parallelismo, in base al quale alla potest legislativa in taluna materia, si accompagnava la titolarit delle funzioni amministrative nella materia medesima. Pi dettagliatamente, il previgente assetto istituzionale, come delineato nel precedente titolo V della Costituzione, prevedeva che: - nelle materie oggetto di potest legislativa delle Regioni (legislazione concorrente, come delineata dallarticolo 117 vecchio testo), spettavano alle Regioni stesse anche le funzioni amministrative. Emergeva perci la scelta del Costituente di istituire un inscindibile nesso tra competenza legislativa, da un lato, e funzione amministrativa, dallaltro. - Il previgente articolo 118 faceva comunque salva la possibilit di attribuzione con leggi della Repubblica, a Province, Comuni od altri enti locali, delle funzioni inerenti materie di interesse esclusivamente locale. - Era inoltre fatta salva la possibilit di delega dallo Stato alle Regioni, con legge dello Stato, dellesercizio di altre funzioni amministrative, anche, dunque, in materie non oggetto di competenza legislativa regionale. - Infine, il dettato costituzionale (articolo 118 ult. comma, vecchio testo) prevedeva come il normale esercizio delle funzioni spettanti alle Regioni, avvenisse attraverso delega a Province, Comuni od altri enti locali, o valendosi dei loro uffici. Pur nel riconoscimento, operato con tale previsione, del ruolo degli enti locali (riconoscimento peraltro disatteso nella prassi amministrativa, che ha visto scarso ricorso a tale meccanismo di normale esercizio di funzioni, relegato piuttosto nelleccezione), necessario sottolineare come la delega costituzionalmente prevista operava sul mero piano dellesercizio di funzioni, lasciando immutata la loro titolarit, in capo alle Regioni. Come accennato, tale assetto istituzionale risulta oggi profondamente mutato, alla luce di modifiche cos sintetizzabili: 1) Superamento del cd. principio del parallelismo; 2) Trasformazione di quella che era mera facolt di attribuzione di funzioni rectius: di delega allesercizio delle stesse- agli enti locali, in un obbligo di attribuzione delle funzioni amministrative ai Comuni, salvo lesistenza di ragioni di esercizio unitario che giustifichino la permanenza delle funzioni stesse in capo a Province, Citt metropolitane, Regioni, Stato; 3) Lattuale attribuzione di funzioni agli enti locali, dunque, si iscrive non gi nel quadro di una delega, bens comporta lassunzione, per Comuni, ma anche per Province e Citt metropolitane, di titolarit delle funzioni stesse.

5. la distinzione tra funzioni proprie e funzioni conferite Il nuovo articolo 118 Costituzione individua due categorie di funzioni, di cui Comuni, Province e Citt metropolitane siano titolari: le funzioni amministrative proprie, e quelle conferite con legge statale o regionale. (I) funzioni proprie

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Lespressione di G. DAURIA, in Foro it., 2001.

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La categoria delle funzioni proprie appare di difficile individuazione concreta: il legislatore della riforma del Titolo V della Costituzione tace, difatti, ogni elemento indicativo in materia, rimandando allinterprete ogni valutazione in tema. Le difficolt interpretative permangono, in considerazione del dettato dellarticolo 117 Costituzione, lett. p), dove il legislatore della Riforma ha inserito, tra le materie oggetto di competenza legislativa esclusiva dello Stato, anche le funzioni fondamentali di Comuni, Province, Citt metropolitane. Risulta dunque opportuno chiedersi se funzioni proprie - cui, in via interpretativa, deve riconoscersi un qualche carattere di essenzialit a livello locale e funzioni fondamentali cui lo stesso carattere non potrebbe negarsi in definitiva siano da considerare categorie coincidenti. In tal caso, se si riconoscesse tale coincidenza, la normativa costituzionale apparirebbe contraddittoria, laddove si afferma da un lato la titolarit, in capo agli enti locali, di funzioni proprie, quasi ontologicamente loro spettanti, e perci distinte dalle funzioni conferite; e poi si affida lindividuazione di tali funzioni proprie ad altro soggetto istituzionale, lo Stato, attraverso la propria legislazione esclusiva. Tuttavia secondo la tesi prevalente le funzioni fondamentali e le funzioni proprie sarebbero la stessa cosa. (II) funzioni conferite Il conferimento di tale seconda categoria di funzioni avviene con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze. Tuttavia anche tale terminologia ambigua, non risultando chiara la distinzione tra funzioni fondamentali, proprie e conferite. Lanalisi del dettato costituzionale induce in definitiva a ritenere che spetti tuttora a scelte discrezionali dello Stato e delle Regioni lindividuazione delle funzioni da intestare agli enti locali. Risulta in tal senso ipotizzabile il sorgere di controversie tra enti locali, Stato e Regioni, circa le future scelte di allocazione delle funzioni da questi ultimi operate: ci sia nel senso di una rivendicazione, da parte degli enti locali -dei Comuni in primis - di funzioni loro non attribuite, sia, viceversa, nel senso di una ricusazione di compiti loro assegnati, in base ai menzionati principi di sussidiariet, adeguatezza e differenziazione, che determinino esigenze di esercizio unitario delle funzioni amministrative. In tali ipotesi di conflittualit, peraltro, gli enti locali risulterebbero per privi, rispetto agli altri soggetti istituzionali, di efficaci strumenti di tutela, non risultando loro possibile adire la Corte Costituzionale. Unica ipotesi di tutela, evincibile dalla nuova disciplina costituzionale, consiste nellipotizzare un azionarsi del Governo, quale garante delle autonomie locali, di fronte alla Consulta, attraverso promozione della questione di legittimit costituzionale, quando ritenga che una legge regionale ecceda la competenza della Regione (ledendo, eventualmente, le competenze degli enti locali; articolo 127 nuovo testo).

6. La legislazione ordinaria in materia di funzioni: il decreto legislativo 112/1998. La materia delle funzioni amministrative risultava gi interessata, anteriormente alla modifica del titolo V delle Costituzione, da un processo di profonda riforma, iniziato con la legge 142 / 1990 (legge sulle autonomie locali), e proseguita sino alla legge 59/1997 (ed ai decreti legislativi a questa seguiti), con la quale si dato avvio al c.d. terzo decentramento amministrativo, rovesciando il rapporto tra centro e periferia nella distribuzione delle funzioni amministrative. Tale rovesciamento, che ha visto un radicale ridimensionamento del ruolo dello Stato, in favore di Regioni ed enti locali, risulta reso operativo con decr. lgs. 31 marzo 1998, n. 112, recante Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59. Con tale decreto, si operato il consistente trasferimento delle funzioni di amministrazione a Regioni, Comuni, Province e Citt metropolitane, residuando in capo allo Stato i soli compiti tassativamente previsti dalle norme del decreto in ciascuna materia trattata. In via residuale, il decreto riconosce allo Stato poteri di indirizzo e coordinamento (articolo 4 decr. 112), e poteri sostitutivi, esercitabili in casi di accertata inattivit dellente titolare delle funzioni, in presenza di determinati requisiti ed attraverso apposito procedimento (articolo 5 decr. 112).

6.1 listruzione scolastica nel decreto legislativo 112/98. Il titolo IV (Servizi alla persona e alla Comunit), Capo III, del decreto 112/98, disciplina in modo specifico il conferimento delle funzioni amministrative a Regioni ed enti locali in materia di istruzione scolastica.

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Oggetto specifico di tale conferimento risulta la programmazione e gestione amministrativa del servizio scolastico, fatto salvo il trasferimento di compiti alle istituzioni scolastiche come previsto dallarticolo 21 della legge 59/97. Il legislatore definisce programmazione e gestione amministrativa del servizio scolastico, come linsieme delle funzioni e dei compiti volti a consentire la concreta e continua erogazione del servizio di istruzione (articolo 136 comma 1, decr.112), fornendo il contenuto definitorio del concetto di funzione, per la materia dellistruzione scolastica. In base alla lettera del decreto (articolo 137 decr. 112), risultano permanere in capo allo Stato i compiti e le funzioni concernenti: a) criteri e parametri per lorganizzazione della rete scolastica b) valutazione del sistema scolastico c) determinazione e assegnazione delle risorse finanziarie a carico del bilancio dello Stato e del personale delle istituzioni scolastiche d) conservatori di musica, accademie di belle arti, istituti superiori per le industrie artistiche, accademia nazionale di arte drammatica, nonch di danza, scuole ed istituzioni culturali straniere in Italia (categorie escluse, dunque, dal processo di conferimento agli enti locali). Risultano invece delegate alle Regioni le funzioni amministrative: a) di programmazione dellofferta formativa integrata tra istruzione e formazione professionale; b) di programmazione della rete scolastica a livello regionale (nei limiti delle risorse umane e finanziarie, ed in coordinamento con la programmazione con lofferta formativa integrata di cui alle lett. precedente); c) di suddivisione, anche sulla base delle proposte degli enti locali interessati, del territorio regionale in ambiti territoriali funzionali ad una migliore offerta formativa; d) di determinazione del calendario scolastico; e) dei contributi alle scuole non statali; f) di attivit di promozione nelle materie oggetto delle funzioni conferite; Risultano infine conferiti a Province e Comuni le funzioni in materia di: a) istituzione, soppressione, aggregazione, fusione di scuole, in attuazione degli strumenti di programmazione; b) redazione dei piani di organizzazione della rete di istituzioni scolastiche; c) supporto organizzativo, per prestazione del servizio di istruzione a portatori di handicap; d) piano di utilizzazione degli edifici e delle attrezzature, in accordo con le istituzioni scolastiche; e) sospensione delle lezioni in casi urgenti; g) costituzione e controllo sugli organi collegiali scolastici a livello territoriale. La ripartizione interna di tale ultimo blocco di funzioni tra Province e Comuni, vede le prime competenti in relazione allistruzione secondaria superiore, i secondi, invece, competenti relativamente ai gradi di scuola inferiori. ********************* La riforma costituzionale non lascia immutato tale quadro di allocazione. Si profilano, difatti, una serie di dubbi circa la conformit al nuovo testo costituzionale di tali previsioni legislative, gerarchicamente subordinate, in quanto fonti ordinarie, alle previsioni contenute in Costituzione. In particolare, sorgono dubbi circa le seguenti questioni: - la stessa dicitura del decreto legislativo, articolo 138, rubricato deleghe alle Regioni, appare attualmente dicitura impropria. Il concetto di delega, che si attagliava nello schema del decreto al vecchio articolo 118 Costituzione comma 2, mal si concilia con lattuale formulazione dellarticolo 118 Costituzione, e con lintero piano di redistribuzione delle competenze delineato dalla legge Costituzione 3/2001. Nellattuale assetto istituzionale, infatti, le Regioni risultano non gi destinatarie di deleghe funzionali da parte dello Stato, quanto esse stesse soggetto istituzionale che conferisce agli enti locali funzioni amministrative (non pi soggetto passivo della delega, bens soggetto attivo del conferimento). Inoltre, laddove le Regioni svolgano funzioni amministrative, tale esercizio avviene non gi a titolo di delega allesercizio (come era in passato), bens in forza della titolarit, in capo allente regionale, delle funzioni stesse, sulla base di esigenze di esercizio unitario che non permettano lattribuzione ai Comuni (articolo 118, Costituzione, comma 1). - la disciplina del trasferimento di funzioni a Province e Comuni (articolo 139 decr. 112) risulta difficilmente conciliabile con le nuove norme costituzionali. In primo luogo, lattribuzione di competenze amministrative a Comuni e Province avviene, nel decreto legislativo 112, ai sensi dellarticolo 128 Costituzione. Tale disposizione costituzionale risulta tuttavia attualmente soppressa, e con essa la centralit del soggetto istituzionale Stato, invece fortemente

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ridimensionata dalla riforma costituzionale. - Per quanto attiene ai profili contenutistici della distribuzione di funzioni amministrative, come delineata nel decreto legislativo del 1998, egualmente potrebbero venire sollevate questioni di compatibilit con la nuova disciplina costituzionale. Province e Comuni risultano, nel decreto 112/98, equiparati sotto il profilo dei compiti amministrativi; il nuovo articolo 118 Costituzione, appare invece sottolineare, nel comma primo, una centralit dei Comuni, rispetto agli altri enti locali, quanto ad attribuzione delle funzioni. Sotto il profilo contenutistico, inoltre, il decr. lgs. 112/98 riserva ampio spazio alle Regioni, quanto ad esercizio delle funzioni amministrative. Limportanza del ruolo rivestito, nellamministrazione dellistruzione, dalle Regioni, nel quadro del decreto, emerge ad unanalisi qualitativa dei compiti regionali: basti pensare ai compiti di programmazione (lett. a) e b) articolo 138 decr.), al tema dei contributi alle scuole non statali, alla suddivisione del territorio in ambiti funzionali strumentali al miglioramento dellofferta formativa (articolo 138 decr). La centralit dei Comuni, come delineata dal nuovo articolo 118 Costituzione, emerge, nel quadro del decreto 112, in maniera attenuata rispetto al testo costituzionale. Appare tuttavia necessario osservare come la materia dellistruzione scolastica, per la sua natura di servizio fondamentale, e di diritto di ogni cittadino (articolo 34 Costituzione), manifesti quelle esigenze di esercizio unitario, che giustificherebbero, ai sensi del nuovo articolo 118 Costituzione, un mantenimento in capo a Stato e Regioni di funzioni amministrative di particolare rilevanza (determinazioni di programmazioni essenziali; la stessa razionalizzazione della rete scolastica, difficilmente realizzabile a livello esclusivamente comunale). ******************** In conclusione, la normativa del decreto legislativo n. 112/98, in materia di distribuzione di funzioni per listruzione scolastica, pone fondati dubbi di conformit alla nuova disciplina costituzionale. Per tale ragione, risulta ipotizzabile una futura sottoposizione, dinanzi la Corte costituzionale, di questione di legittimit costituzionale, avente ad oggetto le norme del decreto esaminate, salvo il previo intervento del legislatore ordinario nel senso di un riallineamento della disciplina ordinaria al mutato assetto istituzionale.

7. Lautonomia finanziaria e la potest regolamentare degli enti destinatari di funzioni. Lattribuzione di funzioni, da parte di Stato o Regioni, agli enti locali, comporter la predisposizione, presso i nuovi soggetti istituzionali destinatari delle funzioni, della dotazione finanziaria necessaria allesercizio dellamministrazione. A tale proposito, larticolo 119 nuovo testo Costituzione stabilisce lautonomia finanziaria e patrimoniale di Comuni, Province, Citt metropolitane e Regioni. In tal senso, tali enti risultano investiti di capacit impositiva (applicazione di tributi ed entrate propri), al fine di finanziare integralmente le funzioni loro attribuite. Enti locali e Regioni risultano altres possibili beneficiari di risorse aggiuntive e di interventi speciali destinati dallo Stato, al fine di promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidariet sociale, la rimozione di squilibri economici e sociali. Un fondo perequativo istituito con legge dello Stato, a favore dei territori con minore capacit fiscale per abitante (articolo 119 Costituzione nuovo testo). Tali ultime previsioni costituzionali evidenziano, anche vigente il nuovo quadro istituzionale delineato dalla riforma, la persistenza di un ruolo dello Stato, quale garante delleffettiva realizzabilit delle funzioni amministrative differentemente attribuite. Ci trova conferma anche nella disposizione del nuovo articolo 120 Costituzione, comma secondo, ove si prevede che il Governo possa sostituirsi ad organi delle Regioni, delle Citt metropolitane, delle Province e dei Comuni, in caso tra gli altri- di tutela dellunit giuridica ed economica, particolarmente ai fini della tutela dei livelli essenziali di prestazioni concernenti i diritti civili e sociali. Tale previsione risulta suscettibile di applicazione in materia di esercizio di compiti amministrativi per listruzione scolastica, in ragione del carattere dellistruzione di diritto civile e sociale (articolo 34 Costituzione). Per lattivarsi di tale meccanismo di garanzia, risulta tuttavia necessario lintervento del legislatore ordinario, che disciplini procedure conformi ai principi di sussidiariet e di leale collaborazione (articolo 120 Costituzione, ult. comma), ed affronti la materia dei controlli evidentemente postulati da qualunque intervento statale- del tutto assente nel testo costituzionale riformato. ********* Corollario ulteriore di tale conferimento di funzioni agli enti locali, consiste nella contestuale attribuzione a

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Comuni, Province e Citt metropolitane della potest regolamentare in ordine alla disciplina dellorganizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite (articolo 117, comma 6). In materia di istruzione, prevedibile dunque la futura adozione, da parte degli enti locali, di atti regolamentari che disciplinino nel dettaglio le tipologie di funzioni, nonch le concrete modalit del loro esercizio.

8. Sussidiariet orizzontale e verticale Larticolo 118 Costituzione nuovo testo prevede, al comma terzo, che la legge statale disciplini forme di coordinamento fra Stato e Regioni, in determinate materie (immigrazione, ordine pubblico e sicurezza, tutela dei beni culturali), per quanto attiene evidentemente lesercizio delle funzioni amministrative. La disposizione espressione del principio di sussidiariet, in base al quale i compiti di gestione amministrativa della cosa pubblica devono essere affidati alla struttura pi vicina alla cittadinanza (dunque allente locale), lasciando alle strutture amministrative sovraordinate le sole funzioni che, per loro natura, non possono essere svolte localmente. In particolare, larticolo 118 comma 3, parte prima, risulta applicazione della c.d. sussidiariet verticale, regolativa dei rapporti enti locali/Governo, il cui intervento si renda necessario per ragioni di garanzia di organicit desercizio delle funzioni. Manca tra le materie in tal senso indicate, listruzione scolastica. La scelta cos operata dal legislatore costituzionale pone in evidenza il rischio circa il verificarsi di disomogeneit di programmazione ed esercizio dei compiti amministrativi. Resta salvo, tuttavia, il potere di intervento e sostituzione del Governo, ai sensi dellarticolo 120 comma 2 nuovo testo, gi esaminato (per finalit di tutela di unit giuridica e di prestazioni concernenti diritti civili e sociali). Emerge perci la discrasia tra una scelta del riformatore costituzionale che, sul piano della potest legislativa, si sforza di ancorare le norme generali sullistruzione nelle mani esclusive dello Stato, e poi, invece, sul piano delle funzioni, tralascia la materia scolastica, non consentendo allo Stato una legislazione (preventiva) di raccordo (fatto salvo il potere, meramente successivo, di sostituzione ex articolo 120). Sotto altro profilo, la disposizione costituzionale aggiunge che Stato, Regioni, Citt metropolitane, Province e Comuni favoriscono liniziativa autonoma dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attivit di interesse generale (articolo 118, comma 3, ult. parte) sulla base del principio di sussidiariet. Si tratta della c.d. sussidiariet orizzontale, inerente lassociazione allesercizio delle funzioni, principio che potr rivelarsi di ampia portata applicativa in materia di organizzazione, gestione e programmazione scolastica.

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CAPITOLO V LAUTONOMIA FUNZIONALE DELLE ISTITUZIONI SCOLASTICHE FRA RIFORMA DEL TITOLO V, RIORDINO DEL SISTEMA FORMATIVO E COORDINAMENTO COMUNITARIO. 1. Premessa. Il duplice significato dellautonomia funzionale delle scuole negli interventi legislativi precedenti la modifica del titolo V nel contesto della riorganizzazione del sistema formativo e allinterno del processo di decentramento. Il nuovo titolo V della Costituzione conferisce allautonomia scolastica uno specifico statuto costituzionale, attraverso linciso, contenuto nellart. 117. c. 3 Cost. che, nel qualificare listruzione quale materia di legislazione concorrente, fa salva espressamente. lautonomia delle istituzioni scolastiche. Lart. 21 della Legge n. 59/97 aveva gi avviato un processo di realizzazione dellautonomia degli istituti, con il conferimento alle scuole della personalit giuridica (art. 21 c. 4), di alcune funzioni di gestione del servizio prima spettanti allamministrazione statale, centrale e periferica (art. 21 c. 1) e di rilevanti forme di autonomia sul piano didattico e organizzativo (art. 21 c. 7), pur nel rispetto di standards nazionali, organizzative per la riforma della scuola119. Allinterno del nuovo titolo V il riconoscimento dellautonomia viene tuttavia introdotto in forma esplicita 1 nel testo costituzionale e offre motivo di interrogarsi sulle sue molteplici implicazioni: sui suoi confini e le sue possibilit esplicative rispetto alle nuove e significative competenze acquisite dal sistema regionale e locale, sul suo significato allinterno del processo di riforma del sistema educativo di istruzione e formazione, avviato dalla legge delega 28 marzo 2003, n. 53, sulla coerenza di tale processo di riforma rispetto al contesto comunitario e infine sulla specificit del regime di autonomia funzionale ad essa riconosciuto anche in relazione allimpianto costituzionale originario, rappresentato dagli artt. 33 e 34 della Costituzione. Ai fini di un corretto inquadramento delle implicazioni istituzionali dello statuto costituzionale riconosciuto allautonomia scolastica, risulta opportuna unanalisi preliminare del suo significato e dei suoi contenuti negli indirizzi legislativi di riforma sullautonomia precedenti la modifica del titolo V. Allinterno di questi indirizzi infatti, la riforma del servizio distruzione nella direzione dellautonomia aveva assunto fondamentalmente una duplice valenza. Secondo una prima prospettiva, tale innovazione istituzionale rappresentava infatti il compimento di quellindirizzo riformista che, in misura pi incisiva a partire dal 1993, aveva individuato nellautonomia la direttrice di riforma pi importante120 dellamministrazione dellistruzione. Ladozione di un modello organizzativo fortemente ispirato a un governo ministeriale121 della scuola aveva infatti rappresentato un elemento di continuit122 nella storia dellamministrazione scolastica, sia pure con l'introduzione, negli anni '70, di moderati tratti di policentrismo attraverso gli istituti di partecipazione sociale al governo delle scuole123. Allinterno di tale modello, che aveva la funzione di veicolare lunificazione politica anche attraverso lunificazione culturale del Paese, gli Istituti scolastici assumevano la qualificazione di meri organi tecnici dello Stato124. Lavvio della riforma
Cfr. quanto emerso nel corso della Giornata di Studio in onore di Umberto Pototschnig, Trento, 14 maggio 2003. Secondo C. MARZUOLI, Istruzione e Stato sussidiario, in Dir. Pubbl. n. 1/2002, p. 145, la L n. 59/97, sul punto dellautonomia, era gi attuativa di un principio costituzionale, quello della libert di insegnamento ex art. 33 Cost. A parere di chi scrive tuttavia lesplicita menzione nel testo costituzionale ha comunque una portata innovativa ed estensiva di tale principio. 120 Su tale giudizio, v. ROCCELLA, Riforme amministrative, scuola e universit, in Le Regioni, 1994, 1051. Sulle ragioni che hanno portato a identificare nell'autonomia funzionale delle scuole la riforma fondamentale del sistema di istruzione v. A. PAJNO, nel commento all'art. 135 del D. lgs. 112/98, in G. FALCON, ( a cura di ), Lo Stato autonomista. Funzioni statali, regionali e locali nel decreto legislativo n. 112 del 1998 di attuazione della legge Bassanini n. 59/97, Bologna, Il Mulino, 1998, 442. Il compimento di tale indirizzo di riforma dovrebbe produrre anche un abbandono delle disattenzioni culturali che in passato avevano caratterizzato il dibattito dottrinale sulla scuola, come la scarsa sensibilit per il fenomeno amministrativo e per laspetto degli istituti scolastici come servizi pubblici. Sulla scarsa sensibilit manifestata nel dibattito costituente su tali profili, v. S. CASSESE, La scuola: ideali costituenti e norme costituzionali, in Giur. cost., 1974, 3614. 121 Sulle ragioni prevalenti che giustificarono lintervento dello Stato, secondo il modello dellorganizzazione ministeriale, nel settore dellistruzione fra la fine del 700 e la prima met dell. 800, v. G. ROSSI, La scuola di Stato, Roma, 1974; sul tema anche A. MURA, Istruzione pubblica, in Enc. Giur., vol. XVIII, Roma, 1988; id., La scuola della Repubblica, I, Roma, 1979; A. PIZZI, Individuo e Stato nellorganizzazione dellistruzione, Milano, Giuffr, 1974. 122 Sui tratti di continuit che hanno caratterizzato l'intervento pubblico, nel settore, fino alla met degli anni. 90, si veda M. GIGANTE, L'amministrazione della scuola, Padova, Cedam, 1988. 123 Per un tentativo di qualificare le scuole come realt giuridiche e istituzionali autonome, a seguito dellistituzione degli organi collegiali, v. U. POTOTSCHNIG, Un nuovo rapporto fra amministrazione e scuola, in Riv. giur. scuola 1975, 243; sui riflessi circa la loro configurazione comunitaria, A. PIZZORUSSO, La comunit scolastica nellordinamento repubblicano, in Foro it. , 1975, V, c. 221. Sulla partecipazione sociale al governo della scuola v. anche F. COCOZZA, Accentramento e decentramento nellamministrazione della pubblica istruzione, in Riv. trim. dir. pubbl, 1975, p. 1097; G. ZAGREBELSKY, Pubblicit e segretezza delle sedute dei consigli di circolo e di istituti: due diversi modi di concepire la natura e la funzione dei nuovi organi collegiali scolastici, in Foro it. , 1975, V, c. 147. 124 Sulla qualificazione degli istituti scolastici quali meri organi tecnici dello Stato v. M. S. GIANNINI, Diritto amministrativo (1993),
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nella direzione dellautonomia doveva invece imprimere una profonda rottura al tradizionale modello organizzativo e far acquisire al sistema un impianto di carattere decisamente policentrico. Infatti dapprima il distacco organizzativo degli Istituti dallamministrazione statale periferica, con lacquisizione di personalit giuridica, poi il trasferimento alle scuole delle funzioni di gestione del servizio dovevano implicare, oltre che un alleggerimento, un mutamento profondo del ruolo dellamministrazione statale, centrale e periferica. Le articolazioni amministrative dello Stato dovevano assumere infatti al centro un ruolo di indirizzo e di valutazione del sistema (art. 1 c., 3 lett., q) mentre in periferia, a fronte di un significativo snellimento, dovevano esercitare solo competenze di raccordo, supporto e collaborazione (secondo il criterio direttivo di cui allart. 12 lett. h) con gli enti territoriali locali125. Lemersione delle scuole, con lacquisizione di autonomia, anche come istituzioni dotate di una propria identit126 sul piano didattico e organizzativo, oltre a toglierle dal cono dombra della dipendenza gerarchica dal Ministero, le rendeva inoltre soggetti protagonisti - sotto il profilo didattico e pedagogico - degli insegnamenti in queste impartiti, in attuazione della garanzia apprestata alla libert di insegnamento dallart. 33 Cost. e attraverso una pi netta configurazione come servizio dellattivit da queste esplicata127. Lautonomia scolastica assumeva inoltre anche un significato nel pi ampio processo riformatore operato, sul piano della redistribuzione delle funzioni nel sistema amministrativo generale, dalle leggi Bassanini. Lautonomia funzionale delle scuole era infatti situata, dallart. 21 della Legge n. 59/97, allinterno del disegno di decentramento che investiva, anche nel settore dellistruzione, il sistema locale con il conferimento di compiti di programmazione e riorganizzazione della rete scolastica128. La collocazione delle scuole nel sistema locale e lesplicita finalizzazione della loro autonomia anche al coordinamento con il contesto territoriale (art. 21, c. 8) richiedeva la costruzione di un delicato equilibrio fra le due forme di autonomia. Lautonomia scolastica non doveva anzitutto tradursi in una nuova soggezione delle scuole rispetto al sistema locale ma la sua collocazione allinterno di questo implicava anche un esercizio delle competenze dei soggetti del sistema in forme concertate con le scuole stesse in modo che la loro offerta formativa potesse modularsi anche sulle specifiche istanze di qualificazione formativa espresse dal contesto produttivo locale. Gli esiti della riforma sullautonomia sono infine condizionati dalla sua collocazione nel disegno pi complessivo di riforma del Sistema educativo di istruzione e formazione ad opera del legislatore nazionale, i cui elementi di sviluppo sono stati enucleati dalla legge delega n. 53/2003. Questo innesto rappresenta infatti una condizione necessaria perch lautonomia non rappresenti una mera operazione di decentramento e di semplificazione amministrativa ma il momento centrale e fondante di un servizio distruzione riformato in grado di finalizzare meglio i propri interventi ad una pi soddisfacente garanzia del diritto allistruzione di cui allart. 34 Cost. 129 1. 2. Finalit e articolazione dellindagine. Nella Prima Parte di questo lavoro (pf. 2 e 3) si mette in luce come labbandono progressivo della linea d intervento iniziale, presente nellart. 21 della Legge n. 59/97, diretta a collocare la riforma dellautonomia quale elemento di snodo fondamentale della riforma complessiva del sistema formativo, sia stata responsabile di una sua implementazione riduttiva, come pura operazione di decentramento orientata ad una conduzione pi efficiente del servizio distruzione ma priva di incidenza sui suoi contenuti e le sue finalit di fondo. Nella Seconda Parte (pf. 4. 1, 2, 3) si identificano invece le linee istituzionali di fondo che
Milano, Giuffr, 212; G. ZANOBINI, Corso di diritto amministrativo, (1989) Milano, Giuffr. 125 Sulla necessit di spogliare gli apparati centrali di competenze gestionali e l'assunzione di "compiti di determinazione di standards e guidelines e funzioni di valutazione e audit " come condizione necessaria di un' effettiva realizzazione dell'autonomia degli istituti scolastici, v. S. CASSESE, Plaidoyer per un'autentica autonomia delle scuole, in Foro it. , 1990, 148. 126 V. M. GIGANTE, Listruzione, cit. , p. 512. 127 Sul fatto che la riforma dellautonomia abbia implicato una decisa adesione alla concezione della scuola come pubblico servizio, v. M. GIGANTE, Art. 33 della Cost... , cit. , 433. Sul fatto che lattivit di istruzione costituisca al tempo stesso una funzione e un servizio intesi come qualificazioni giuridiche concorrenti e non alternative, v. C. MARZUOLI, Istruzione: libert e servizio pubblico, in C. MARZUOLI, Istruzione e servizio pubblico, Bologna, Il Mulino, 2003, 25. 128 Lintento della legge delega era desumibile da molteplici elementi: a) l'esclusione dal conferimento di compiti riconducibili esclusivamente ad esigenze di sistema, attraverso un'adeguata declinazione del principio di sussidiariet verticale (art. 1 c. 3 lett. q); b) l'espressa menzione dei compiti oggetto di conferimento al sistema locale, all'art. 21, comma 18, come riferiti ("anche", e quindi non solo) alla programmazione e alla riorganizzazione della rete scolastica; c) l'esplicita previsione, nei criteri indicati nella delega per la riforma degli organi collegiali territoriali della P. I. , di una "valorizzazione del collegamento con le comunit locali", allart. 21, comma 15, lett. d); d) la prefigurazione di un riordino degli organi di rappresentanza periferica, sulla base degli stessi criteri di cui all'art. 12, cio "con funzioni di raccordo, supporto e collaborazione con le regioni e gli enti locali. Una diversa interpretazione formulata da A. SANDULLI, Il sistema nazionale di istruzione, Bologna, 2003, p. 76, per il quale nel settore dellistruzione la Legge n. 59/97 avrebbe di mira principalmente la costruzione di una relazione privilegiata fra Ministero e autonomie scolastiche riconoscendo un ruolo ancillare alle autonomie territoriali. 129 cfr. la voce istruzione statale, in Foro it. 1991, p. 214.

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convergono verso una rivalutazione dellautonomia scolastica quale perno fondamentale e irrinunciabile di un ridisegno complessivo del Sistema formativo. La riforma del titolo V (pf. 4. 1) pone anzitutto lautonomia scolastica, dotandola di uno statuto costituzionale, allart. 117, comma 3, quale momento irrinunciabile di contesto rispetto ad un ridisegno complessivo del Sistema educativo di istruzione e formazione ad opera del legislatore nazionale. Al tempo stesso lautonomia si configura anche come un vincolo rispetto al quale saranno tenute necessariamente a conformarsi le accresciute competenze acquisite dagli enti sub - statali nel settore dellistruzione. Le nuove coordinate costituzionali introducono infatti al tempo stesso un forte nesso e una linea di confine fra autonomia scolastica e decentramento. Lautonomia scolastica destinata inevitabilmente ad esplicarsi in un contesto di coordinamento con il sistema locale ma il processo di decentramento dovr avvenire senza comprimere le funzioni gi acquisite dagli Istituti scolastici e anzi implicher un esercizio di molte competenze acquisite dagli enti sub statali in forme concertate con le scuole stesse. Il coordinamento esercitato a livello europeo dalle istituzioni comunitarie (pf. 4. 2) ha indicato agli Stati membri alcune priorit imprescindibili cui informare i sistemi educativi nazionali per adeguarli a soddisfare non solo lobiettivo comunitario dellemploybility ma soprattutto le finalit formative e di integrazione sociale affidate allistruzione a livello comunitario130 . La realizzazione delle priorit individuate a livello europeo, quali laccesso pi flessibile ai servizi di istruzione e formazione sia in senso orizzontale, con passaggi fra le diverse filiere del sistema, che in senso verticale, lungo larco della vita (Long life learning) e il contributo della Comunit al miglioramento della loro qualit affidata specificamente a scuole autonome concepite come gli enti pi adeguati a perseguirle131. Nel momento in cui si scrive non si conosce ancora lo sviluppo definitivo che acquisir, tramite i decreti delegati, il sistema educativo di istruzione e formazione prefigurato dalla Legge n. 53/2003. Tuttavia i principi direttivi formulati per lesercizio della delega dalla legge n. 53/2003 consentono di prefigurarlo come un sistema integrato di istruzione e formazione orientato alla promozione di un apprendimento in tutto larco della vita, cio di formazione continua (art. 2. 1). In un sistema necessariamente caratterizzato dallapertura al contesto esterno e dallesigenza di una significativa interrelazione fra politiche della formazione, delloccupazione e del diritto allo studio lautonomia funzionale delle scuole rappresenta, per la sua specifica idoneit a costruire dinamiche di interrelazione con il contesto territoriale locale, il modello organizzativo pi adeguato allerogazione del servizio distruzione. Le linee di fondo delineate convergono verso una valorizzazione dellautonomia funzionale delle istituzioni scolastiche il cui significato viene infine identificato (pf. 5) nel rappresentare una formula organizzativa funzionale, in attuazione della garanzia riconosciuta alla libert dinsegnamento allart. 33 Cost., a personalizzare e differenziare le prestazioni erogate dal servizio sia in relazione alle specifiche attitudini e capacit dei destinatari132 che ai bisogni formativi espressi dal territorio perseguendo nel contempo gli obiettivi generali del Sistema nazionale distruzione. In questa prospettiva lautonomia scolastica rappresenta al tempo stesso una misura correlata alla garanzia della libert di insegnamento (art. 33 Cost. ) e un principio organizzativo funzionale ad una pi soddisfacente garanzia del diritto allistruzione (art. 34 Cost. ) attraverso un innalzamento della qualit del servizio erogato133 compatibile con luguaglianza degli utenti nella sua fruizione. I principi costituzionali di cui allart. 33 e 34 confermano in tal modo la loro idoneit a costituire norme dinamiche134 suscettibili di far progredire il sistema scolastico, attraverso i compiti affidati al legislatore attraverso lemanazione di norme generali, verso un assetto sempre pi orientato ad un pieno. sviluppo della persona umana. di cui listruzione costituisce una condizione fondamentale di realizzazione. 2. La prima fase. Gli elementi caratterizzanti del disegno politico sullautonomia scolastica e il suo inserimento nel riordino complessivo del sistema formativo. Lindirizzo politico diretto ad un riconoscimento di autonomia alle scuole, nel contesto di una pi generale

130 Sulle finalit riconosciute allistruzione a livello comunitario mi sia consentito il rinvio a M. COCCONI, Listruzione e la formazione professionale fra coordinamento comunitario e funzioni nazionali, Comunicazione al Convegno, Autonomia dellistruzione e autonomia regionale dopo la riforma del titolo V della Costituzione, Trento, 14 novembre, 2003. 131 Sulla politica europea dellistruzione e sui suoi riflessi sullordinamento italiano, mi sia consentito il rinvio a M. COCCONI, Il ruolo della politica comunitaria nel settore dellistruzione e della formazione professionale nella costruzione della dimensione sociale dellUnione Europea, di prossima pubblicazione in Riv. It. di Dir. Pubbl. Com. n. 6/2003. 132 Sul fatto che listruzione si svolga in una relazione che dovrebbe essere. la pi personalizzata possibile. v. C. MARZUOLI, cit. , 26. 133 Sul fatto che, pur nel quadro di una progressiva affermazione dellistruzione come servizio sia stata finora scarsa lattenzione manifestata in ordine alla qualit della prestazione e al rapporto di utenza, v. A. SANDULLI, Il sistema nazionale di istruzione, Bologna, Il Mulino, 2003, 236 e la bibliografia ivi riportata alle nn. 163,167. 134 Sulla connotazione degli artt. 33 e 34 Cost. come norme dinamiche e condizioni di validit dellordinamento scolastico v. U. POTOTSCHNIG, Insegnamento, istruzione e scuola, in Scritti scelti, Padova, Cedam, 1999, 666.

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riforma del modello di amministrazione, aveva avuto una prima elaborazione, a partire dal 1978, su impulso ministeriale e aveva poi assunto un rilievo pubblico nel 1990, nella Conferenza nazionale sulla scuola svoltasi a Roma per iniziativa del ministero della Pubblica Istruzione135. Il tema dellautonomia era stato poi inserito nella proposta legislativa di riforma della scuola secondaria superiore, mai giunta a definitiva approvazione136. Era solo nel 1993 tuttavia, all'interno della manovra di risanamento della finanza pubblica perseguita dal Governo Ciampi con la Legge 24 dicembre 1993, n. 537, che il disegno dell'autonomia veniva ripreso, allart. 4, e concepito come tassello del pi ampio processo di riforma amministrativa, che investiva anche il settore dell'istruzione. All'interno di tale manovra, l'indirizzo di riforma si concretizzava nell'attribuzione agli Istituti scolastici della personalit giuridica, attraverso il loro distacco organizzativo dall'amministrazione periferica, mentre veniva delegata al Governo l'attuazione dei principali corollari dellautonomia declinata in didattica, organizzativa e finanziaria. In tale contesto la riforma dellautonomia assumeva gi alcuni tratti caratterizzanti che si manterranno sostanzialmente immutati nei disegni di legge presentati nel corso della XII legislatura sullo stesso tema, che daltra parte recepivano il modello sostanzialmente unitario enucleato dal dibattito dottrinale sul tema137. Oltre al dato comune dellacquisizione della personalit giuridica e degli ambiti di declinazione dellautonomia, gli altri elementi ricorrenti nei disegni di legge, negli interventi normativi e nei documenti di indirizzo governativo presentati dallXI alla XII legislatura, erano rappresentati dalla necessit di dotare le scuole di un progetto distituto con cui esprimere la propria identit culturale e diversificare la propria offerta didattica, dallesigenza di ridefinire il ruolo del Capo dIstituto con lattribuzione di compiti di organizzazione e valorizzazione delle risorse umane e di responsabilit in ordine ai risultati e dallopportunit di riformare funzioni, composizione e competenze degli organi collegiali138. Il tema dellautonomia scolastica veniva inoltre associato, sia in unaudizione ministeriale139 che nellart. 3 del TU in materia di istruzione (il D. lgs. n. 297/1994) alla concezione della scuola come comunit che interagisce con la pi vasta comunit sociale e civica, che rappresentava, nel dibattito dottrinale, il fondamento dellistanza autonomistica140. Un ulteriore e significativo elemento di assonanza degli interventi normativi e degli atti di indirizzo sul tema dellautonomia era rappresentato infatti dalla necessit di vincolare anche il servizio pubblico dellistruzione al rispetto di standard predefiniti di qualit e alla successiva valutazione dei risultati raggiunti141. In quegli anni il disegno politico dellautonomia veniva inoltre collocato, quale punto di snodo fondamentale, nel contesto della linea politica di complessivo riordino del sistema nazionale d. istruzione, che prendeva le mosse dalla riforma del segmento della scuola secondaria superiore142. A partire dagli anni 80, in Italia, come in molti Paesi europei veniva infatti messo in discussione lassetto organizzativo dei sistemi di istruzione per la loro incapacit di adeguarsi ai mutamenti prodotti nel mercato del lavoro dallevoluzione scientifica e tecnologica, evidenziata dal carattere strutturale assunto dal fenomeno della disoccupazione giovanile. Mentre negli anni 60, nella fase di espansione della scolarizzazione, la priorit dei progetti di riordino era rappresentata dallesigenza di realizzare, attraverso listruzione, una maggiore eguaglianza delle opportunit143, nel ventennio successivo il cambiamento dei sistemi educativi veniva sollecitato, a livello politico, dalla riscoperta dellimportanza della formazione del capitale umano per uno sviluppo economico legato allinterdipendenza fra i Paesi e alla loro competizione nelleconomia globale144. Laccento della
Nel corso della quale fu tenuta la relazione di S. CASSESE, Plaidoyer per un autentica autonomia delle scuole, in Foro it. 1990, 147. Sui provvedimenti normativi e di indirizzo e sui disegni di legge che, a partire dalla XI legislatura, hanno affrontato il tema dell'autonomia scolastica, v. F. CARRICATO, Autonomia scolastica: una riforma possibile, in Le Regioni, 1997, 365. 137 Per gli orientamenti dottrinali di quegli anni, sul tema dellautonomia, v. Atti del Convegno su Lautonomia delle scuole : profili giuridici, economici, organizzativi, Trento, 8 aprile 1994. 138 Sugli elementi ricorrenti dellautonomia scolastica nei diversi interventi normativi v. F. CARRICATO, cit., 367- 68. 139 Il riferimento alla scuola come comunit contenuto in un. audizione del Ministro D. Onofrio del 2-3 agosto 1994. 140 Il disegno dellautonomia veniva inoltre inserito nel contesto di una riforma complessiva del sistema dellistruzione che doveva riguardare il riassetto degli organi collegiali (art. 4 lett. c. ), la riforma degli organismi di studio e di ricerca (art. 4 lett. n), la dirigenza scolastica (art. 4 lett h) e la riforma del Ministero, con le sue strutture periferiche. 141 Si veda lo Schema generale di riferimento della Carta dei servizi scolastici, emanato con D.P.C.M. 7 giugno 1995. Attualmente il riferimento legislativo alle Carte dei servizi rappresentato dallart. 11 del d.lgs. 30 luglio 1999, n. 286 che si sostituisce a quello fondato sul DPCM citato. Sulle carte dei servizi pubblici cfr. G. VESPERINI, S. BATTINI, La Carta dei servizi pubblici. Erogazione delle prestazioni e diritti degli utenti, Rimini, Maggioli, 1997. 142 Atto Camera n. 3158 dellXI legislatura, approvato dal Senato della Repubblica in data 22 settembre 1993, mai approvato in via definitiva. 143 Sul punto se veda lanalisi ampia e documentata di G. GONZI, La scuola in Italia dalla Costituente al centro sinistra (1946-1966), Parma, Casanova ed. , 1995, p. 106. 144 Per un. analisi delle politiche pubbliche sullistruzione in chiave europea v. S. VENTURA, La politica scolastica, Bologna, Il Mulino, 1998, 15 e ss. Sullorganizzazione scolastica in Europa, v. gli scritti di F. DAL PASSO (confronto europeo in generale), R. BIN, S. VASSALLO, S. VENTURA (Belgio e Olanda); A: TORRE, (Gran Bretagna), S. BEUSCART (Francia), X. BONAL (Spagna); A. TORRE (Gran Bretagna); G. RESCALLI, (Svezia), per gran parte in Le istituzioni del federalismo, 1999, n. 5. Sullincapacit dei sistemi scolastici di rispondere ai nuovi bisogni della produzione e alle nuove domande sociali e culturali, v. G. FRANCHI, T. SEGANTINI, La scuola che non
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riflessione istituzionale veniva quindi posto maggiormente sulla qualit e sulla produttivit dei sistemi di istruzione messa in discussione dai dati che evidenziavano lampiezza del fenomeno della dispersione scolastica e lincapacit dei diplomati di adeguarsi allofferta di lavoro esistente145. Il riconoscimento alle scuole, con lautonomia, della responsabilit della gestione dei propri interventi formativi, accompagnata da un coordinamento a livello nazionale per garantire il rispetto di standard qualitativi e da un decentramento di competenze in materia a livello locale veniva quindi giudicata, in Italia come in molti Paesi europei, la formula organizzativa pi adeguata per orientare il servizio distruzione a soddisfare la domanda proveniente dal mercato del lavoro146.

3. La seconda fase. Linserimento dellautonomia scolastica nel disegno di decentramento amministrativo e il suo progressivo scollamento dal progetto complessivo di riordino del sistema educativo. La linea dintervento dellautonomia veniva successivamente ripresa dallart. 21 della Legge n. 59/97 che intendeva collocarla nel contesto di un pi ampio processo di autonomia e di riorganizzazione del sistema formativo. Il disegno di riforma prendeva in questo caso le mosse dalla progressiva attribuzione alle istituzioni scolastiche autonome delle funzioni dellAmministrazione centrale e periferica in materia di gestione del servizio d. istruzione, pur nel rispetto dei livelli unitari e nazionali di fruizione del diritto allo studio nonch degli elementi comuni dellintero sistema scolastico pubblico in materia di gestione e programmazione147. Le istituzioni scolastiche dotate dei requisiti dimensionali necessari per il conseguimento dellautonomia venivano poi dotate di autonomia organizzativa e didattica (art. 21, c. 7) Per la prima volta inoltre, nella Legge n. 59/97, il disegno politico dellautonomia veniva accompagnato dallintento di valorizzare, anche nel settore dellistruzione non universitaria, il sistema locale, in coerenza con la sua ispirazione generale, attraverso un incremento delle funzioni destinate, attraverso i decreti attuativi, a Regioni ed enti locali, in materia di programmazione e di gestione del servizio. La risultante di tale indirizzo doveva essere un profondo ridisegno del ruolo dell'amministrazione statale, rivolta al centro all'espletamento di compiti funzionali alla soddisfazione delle esigenze di sistema (art. 21 c. 7 e 9) e residuale in periferia (art. 12 lett h) con un ruolo di supporto allautonomia delle scuole e di raccordo con il sistema locale148. In particolare, il ruolo riconosciuto a Province e Comuni dal legislatore delegato, allart. 139 del dlgs. 31 marzo 1998, n. 112, non appariva pi ancillare a quello statale, come in passato, ma propriamente locale149, esercitabile sia in relazione ai compiti gi attributi al sistema locale in materia di assistenza scolastica che in collegamento con gli altri servizi erogati dagli enti locali150. Il rafforzamento del nesso, gi stabilito dalla legge delega, fra istruzione e governo locale destinato a costituire una risorsa fondamentale per lautonomia scolastica in quanto, con lutilizzo delle forme di concertazione previste dai regolamenti attuativi, potr consentire agli istituti di modulare i propri interventi formativi anche in funzione delle politiche occupazionali definite dal sistema locale. Il disegno politico diretto a collocare lautonomia scolastica al crocevia fra il processo di riorganizzazione del sistema formativo e il processo di decentramento stato tuttavia progressivamente accantonato. Lattuazione di questo disegno era infatti affidata, com noto, ad una serie di decreti legislativi151 e regolamentari 152, per cui non era previsto un criterio temporale di
ho. Per una politica della piena scolarit, Firenze, Nuova Italia, 1994. 145 Su tali dati v. OCDE, Education 1960-1990. The OECD Perspective, Paris 1994. 146 Per un. analisi dellassetto organizzativo dei sistemi di istruzione in Europa negli anni 80, v. ancora S. VENTURA, cit. , 35. 147 Fra le specifiche declinazioni dellautonomia appariva fortemente ridimensionata lautonomia finanziaria (art. 21, c. 5) che veniva configurata unicamente come discrezionalit nellutilizzo della dotazione assegnata dallo Stato mentre assumevano maggior spessore lautonomia didattica e organizzativa (art. 21, c. 7) che si sostanziavano nelle forme di flessibilit necessarie a conformare lerogazione del servizio alle specifiche esigenze dellutenza e della collettivit in cui esso era collocato. 148 Lassunzione di un ruolo proprio in materia d. istruzione, da parte del sistema locale, insieme allaccrescimento di poteri delle istituzioni scolastiche, a seguito dellautonomia, avrebbe inoltre dovuto coniugarsi con il mutamento di ruolo e dimensione degli apparati statali, a livello centrale e periferico. Il riordino del Ministero dellistruzione disciplinato, sotto il profilo funzionale e organizzativo, dal Capo XI del d. lgs. n. 300/99, oltre a disattendere le proposte di riforma degli apparati statali formulate in previsione della sua emanazione, non appare tuttavia in completa sintonia con il disegno di decentramento verso le scuole e verso il sistema locale, Il ministero non sembrava infatti acquisire un ruolo di semplice indirizzo e valutazione ma di autentico governo del sistema, con la riallocazione di funzioni gi attribuite a regioni o enti locali o trasferite alle autonomie scolastiche. 149 Le principali competenze acquisite dal sistema locale afferiscono al dimensionamento territoriale delle scuole in conformit alle esigenze della collettivit rappresentata, attraverso i provvedimenti, attuativi dei piani regionali, di istituzione, fusione, aggregazione e soppressione di istituti (art. 139 lett. a) e alla redazione dei piani di organizzazione. 150 Sul rapporto pi stretto instaurato dalla l n. 59/97 fra listruzione e il governo locale, v. M. GIGANTE, Listruzione, cit., p. 517. 151 Diretti a identificare i compiti da conferire alle regioni e agli enti locali e quelli da mantenere allamministrazione statale, adottati ai sensi degli artt. 1 e 3 della legge e poi emanati con d.lgs. n. 112/98 e n. 300/99. 152 Da adottarsi ai sensi dellart. 21, c. 2, per le modalit di esercizio dellautonomia scolastica.

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coordinamento153. La scelta di procedere prima alla redazione del decreto attuativo dei conferimenti al sistema locale, in mancanza di un quadro di riferimento certo, per lassenza dei regolamenti cui era affidata, sotto aspetti diversi154, la disciplina pi puntuale dellautonomia funzionale155 ha conferito di fatto una priorit alla questione della definizione delle competenze fra i diversi soggetti istituzionali rispetto a quella di una pi complessiva definizione degli obiettivi del sistema educativo.

4. Lifelong learning: per molti ma non ancora per tutti Garantire l'opportunit a tutti di un "apprendimento lungo tutto l'arco della vita" oggi considerato il fattore chiave per favorire la competitivit e lo sviluppo economico. Dalla 1^ indagine europea sull'opinione dei cittadini rispetto al Lifelong learning (tab. 1) emerge che l'87,9% ha espresso il proprio disaccordo rispetto all'affermazione che "il lifelong learning non importante". I cittadini italiani sono perfettamente in linea con l'opinione prevalente, addirittura con l'88% d'individui in "disaccordo". I pi scettici sono gli Irlandesi, i Belgi ed i Greci. Tab. 1 - Il punto di vista dei cittadini europei sul Lifelong Learning - popolazione di 15 anni e pi (val. %)
% di cittadini che ritengono di non sapere % di cittadini che non sono d'accordo con l'affermazione. utilizzare "il lifelong "il lifelong "il lifelong learning rivolto computer strumenti/dispositivi lingue scientifico-tecnologici straniere learning non learning solo per principalmente alla mezza importante" i giovani" et" 76,6 87,9 95,3 76,7 90,0 86,3 75,6 88,0 90,5 81,7 78,1 83,9 80,2 90,4 85,5 87,9 72,0 95,5 84,6 72,4 82,0 83,0 70,3 75,1 88,7 82,5 77,1 68,2 89,1 94,8 86,2 81,8 67,3 83,7 60,2 70,0 21,9 84,7 71,5 75,5 72,0 87,9 70,7 72,8 81,7 88,2 83,3 69,5 43,1 20,9 37,6 62,8 49,6 42,4 40,6 45,0 30,4 23,8 36,7 66,6 35,8 19,2 34,8 40,6 (a) 61,9 39,0 42,4 69,2 71,6 63,2 64,9 60,2 40,1 46,3 54,2 71,9 36,9 31,4 52,2 55,2 (a) 48,9 18,2 52,6 49,6 72,9 57,6 68,7 60,1 2,9 25,9 43,5 67,9 47,5 16,7 72,8 57,5 (a) % di cittadini che hanno avuto accesso a qualche forma di educazione e formazione nel corso di 12 mesi 28,7 56,2 32,0 17,7 28,2 24,2 35,0 26,8 33,3 41,5 35,5 11,9 53,3 51,9 39,6 31,4 % di cittadini che non hanno avuto accesso alla formazione/educazione negli ultimi 12 mesi e non sono interessati 40,8 15,4 26,5 42,6 46,5 43,7 38,5 35,8 25,3 25,0 31,9 49,7 22,3 17,4 33,2 34,9

Belgio Danimarca Germania Grecia Spagna Francia Irlanda Italia Lussemburgo Olanda Austria Portogallo Finlandia Svezia Regno Unito Eu 15

(a) i cittadini che ritengono molto utile possedere queste competenze sono circa il 67% (computer), il 55% (utilizzo strumenti/dispositivi scientifico/tecnologici e il 61% (lingue straniere) Fonte: elaborazione Censis su dati Cedefop "Lifelong learning: citizens'views", 2003

La maggioranza dei cittadini europei ha un'idea corretta di lifelong learning come di un'opportunit rivolta a tutti, di tutte le et. La posizione degli italiani ambivalente: il 75,1% non d'accordo con l'affermazione che il "lifelong learning riguardi solo i giovani", dato inferiore alla media Ue (81,8%); il 75,5% in disaccordo con l'affermazione che "il lifelong learning rivolto principalmente alla terza et" (media europea: 69,5%). Il 31,4% ha partecipato ad almeno un'attivit di istruzione o formazione nel corso di un anno, ma un altro 20,2% avrebbe voluto farlo. Gli italiani si collocano al di sotto della media Ue, soprattutto in quanto a partecipazione effettiva (26,8% del totale). Coloro che, non toccati da iniziative formative nel corso dell'ultimo anno, si dichiarano non interessati affatto sono il 35,8% in Italia e il 34,9% nella media dei paesi membri.
Sulla mancanza di tale criterio di coordinamento e sui suoi effetti, v. CORPACI A. , Commento allart. 136, cit. , p. 456. Per la disciplina puntuale delle funzioni trasferite alle scuole, lintroduzione della disciplina concernente la determinazione dei requisiti dimensionali ottimali delle istituzioni scolastiche e le modalit di esercizio della loro autonomia. Per la posizione per cui il trasferimento di funzioni statali alle scuole avrebbe dovuto precedere il conferimento di funzioni dallamministrazione statale alle regioni e agli enti locali, v. PAJNO A., Lautonomia delle istituzioni scolastiche, in GDA, 1997, 438. 155 L'art. 135 d. lgs. n. 112/98 aveva individuato tuttavia una misura di salvaguardia dellautonomia funzionale precisando che il conferimento di funzioni al sistema locale, avente ad oggetto la programmazione e la gestione amministrativa del servizio scolastico, non avrebbe interessato le attribuzioni in materia trasferite direttamente alle singole scuole. In tal modo si intendeva evitare che l'attuazione del disegno di decentramento verso gli enti territoriali pregiudicasse sul nascere la rafforzata capacit d'iniziativa delle scuole, configurandole come organi o enti strumentali del sistema locale.
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In un'indagine Censis-Isfol su 1. 774 strutture di diversa natura che hanno offerto nel 2001-2002 corsi di formazione permanente, emerge che (tab. 2) il 40,7% degli utenti era in possesso del diploma e l'8,5% della laurea. Il peso di diplomati e laureati tra la popolazione italiana pari, rispettivamente, al 29,1% e al 7,2%. Quasi completamente fuori dai circuiti formativi rimangono coloro che hanno al massimo la licenza elementare (15,3% del totale contro un peso del 30,9% nella popolazione italiana). Tab. 2 - Utenza delle attivit di educazione permanente, per et, titolo di studio e principali soggetti d'offerta (val. %). Anno 2001-2002
Totale Fasce d'et 16-25 anni 26-40 anni 51-50 anni 51-65 anni oltre 65 anni Titolo di studio Nessuno o licenza elementare Licenza media Diploma di scuola secondaria superiore Laurea o titoli di livello universitario 25,4 41,3 21,2 8,6 3,5 15,3 35,5 40,7 8,5 Ctp 24,6 44,5 22,8 6,7 1,4 18,8 30,8 41,8 8,6 Istituti scolastici Universit popolari, Associazioni corsi serali della terza et, ecc. volontariato 49,1 37,4 10,9 2,3 0,3 2,5 75,6 18,9 3,0 3,0 8,0 19,0 37,7 32,3 9,9 35,2 44,9 9,9 31,1 40,1 14,4 9,6 4,8 6,5 23,2 55,0 15,3 di distr. % della Biblioteche comunali popolazione italiana >15 anni (2001) 24,6 14,0 25,3 28,2 37,3 15,9 10,7 21,7 2,1 20,2 30,9 32,8 29,1 7,2

Fonte: indagine Isfol-Censis, 2002

Inoltre, tra l'utenza delle attivit di formazione permanente vi una maggiore incidenza delle fasce d'et giovanili e centrali, in particolare i 26-40enni costituiscono il 41,3% del totale. Solo nelle universit popolari e della terza et vi una sensibile attenzione per le fasce d'et pi avanzate, anche se alla tradizionale offerta di corsi di cultura generale, di quasi esclusivo appannaggio dei cittadini con oltre 50 anni d'et, si andata affiancando negli ultimi anni l'offerta di corsi d'alfabetizzazione linguistica ed informatica che ha attirato presso queste strutture un'utenza pi giovane. Il rischio di un adeguamento passivo alla domanda esistente messo in evidenza anche dall'analisi dell'utenza dei centri territoriali permanenti, che attualmente costituiscono la realt pi concreta ed efficace nel campo dell'offerta istituzionale. Nel 2001-02 vi stato un ulteriore significativo aumento del volume di corsi e utenti, dovuto soprattutto al segmento dei corsi brevi, modulari, d'alfabetizzazione funzionale, i cui allievi sono passati dai 9. 737 del 2000-01 ai 12. 286 dell'anno seguente (+26,2%). Tuttavia, circa il 60% costituito da persone che hanno titoli di studio medio-alti (diploma o laurea), circa il 55% svolge un'attivit lavorativa, quasi il 47% ha tra i 25 ed i 40 anni, il 64% di sesso femminile: tutti dati che delineano un profilo tipico della popolazione a pi alta propensione formativa individuale.

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Appendice normativa sullautonomia scolastica

APPENDICE NORMATIVA SULLAUTONOMIA SCOLASTICA


Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 gennaio 1994 Principi sullerogazione dei servizi pubblici Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 19 maggio 1995 Prima individuazione dei settori di erogazione dei servizi pubblici ai fini dellemanazione degli schemi generali di riferimento di Carte dei servizi pubblici. Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 7 giugno 1995 Schema generale di riferimento della Carta dei servizi scolastici Direttiva del Ministro della pubblica istruzione n.254 del 21 luglio 1995 Direttiva relativa alla Carta dei servizi scolastici Legge 28 dicembre 1995, n.549 Misure di razionalizzazione della finanza pubblica Legge 15 marzo 1997, n. 59 Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa. Legge 18 dicembre 1997, n. 440 Istituzione del Fondo per larricchimento e lampliamento dellofferta formativa e per gli interventi perequativi. decreto del Presidente della Repubblica 2 marzo 1998, n. 157 Regolamento recante norme di attuazione dellarticolo 1, comma 20, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, concernente laggregazione di istituti scolastici di istruzione secondaria superiore. decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno 1998, n. 233 Regolamento recante norme per il dimensionamento ottimale delle istituzioni scolastiche e per la determinazione degli organici funzionali dei singoli istituti, a norma dellarticolo 21 della Legge 15 marzo 1997, n. 59. decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275 Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dellarticolo 21 della Legge 15 marzo 1997, n. 59. Legge 22 marzo 2000, n.69 Interventi finanziari per il potenziamento e la qualificazione dellofferta di integrazione scolastica degli alunni con handicap. decreto ministeriale 26 giugno 2000, n.234 Regolamento recante norme in materia di curricoli nellautonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dellarticolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n.275. Decreto-Legge 28 agosto 2000, n.240, convertito con modificazioni dalla legge 27 ottobre 2000, n.306 Disposizioni urgenti per lavvio dellanno scolastico (Articolo 2). decreto ministeriale 1 febbraio 2001, n.44 Regolamento concernente le Istruzioni generali sulla gestione amministrativo-contabile delle istituzioni scolastiche.

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Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 gennaio 1994 (156). Princpi sullerogazione dei servizi pubblici

omissis OGGETTO: AMBITO DI APPLICAZIONE E DEFINIZIONI La presente direttiva dispone i principi cui deve essere uniformata progressivamente, in generale, lerogazione dei servizi pubblici. Ai fini della presente direttiva sono considerati servizi pubblici, anche se svolti in regime di concessione o mediante convenzione, quelli volti a garantire il godimento dei diritti della persona, costituzionalmente tutelati, alla salute, allassistenza e previdenza sociale, alla istruzione e alla libert di comunicazione, alla libert e alla sicurezza della persona, alla libert di circolazione, ai sensi dellarticolo 1 della legge 12 giugno 1990, n. 146, e quelli di erogazione di energia elettrica, acqua e gas. Ai principi della direttiva si uniformano le pubbliche amministrazioni che erogano servizi pubblici. Per i servizi erogati in regime di concessione o mediante convenzione e comunque svolti da soggetti non pubblici, il rispetto dei principi della direttiva assicurato dalle amministrazioni pubbliche nellesercizio dei loro poteri di direzione, controllo e vigilanza. Le amministrazioni concedenti provvedono ad inserire i contenuti della presente direttiva negli atti che disciplinano la concessione. Gli enti erogatori dei servizi pubblici, ai fini della presente direttiva, sono denominati soggetti erogatori I. I principi fondamentali. 1. Eguaglianza. 1. Lerogazione del servizio pubblico deve essere ispirata al principio di eguaglianza dei diritti degli utenti. Le regole riguardanti i rapporti tra utenti e servizi pubblici e laccesso ai servizi pubblici devono essere uguali per tutti. Nessuna distinzione nellerogazione del servizio pu essere compiuta per motivi riguardanti sesso, razza, lingua, religione ed opinioni politiche. Va garantita la parit di trattamento, a parit di condizioni del servizio prestato, sia fra le diverse aree geografiche di utenza, anche quando le stesse non siano agevolmente raggiungibili, sia fra le diverse categorie o fasce di utenti. 2. Leguaglianza va intesa come divieto di ogni ingiustificata discriminazione e non, invece, quale uniformit delle prestazioni sotto il profilo delle condizioni personali e sociali. In particolare, i soggetti erogatori dei servizi sono tenuti ad adottare le iniziative necessarie per adeguare le modalit di prestazione del servizio alle esigenze degli utenti portatori di handicap. 2. Imparzialit. 1. I soggetti erogatori hanno lobbligo di ispirare i propri comportamenti, nei confronti degli utenti, a criteri di obiettivit, giustizia ed imparzialit. In funzione di tale obbligo si interpretano le singole clausole delle condizioni generali e specifiche di erogazione del servizio e le norme regolatrici di settore. 3. Continuit. 1. Lerogazione dei servizi pubblici, nellambito delle modalit stabilite dalla normativa regolatrice di settore, deve essere continua, regolare e senza interruzioni. I casi di funzionamento irregolare o di interruzione del servizio devono essere espressamente regolati dalla normativa di settore. In tali casi, i soggetti erogatori devono adottare misure volte ad arrecare agli utenti il minor disagio possibile. 4. Diritto di scelta. 1. Ove sia consentito dalla legislazione vigente, lutente ha diritto di scegliere tra i soggetti che erogano il servizio. Il diritto di scelta riguarda, in particolare, i servizi distribuiti sul territorio. 5. Partecipazione. 1. La partecipazione del cittadino alla prestazione del servizio pubblico deve essere sempre garantita, sia per tutelare il diritto alla corretta erogazione del servizio, sia per favorire la collaborazione nei confronti dei soggetti erogatori.

156

In G.U. 22 febbraio 1994, n. 43.

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2. Lutente ha diritto di accesso alle informazioni in possesso del soggetto erogatore che lo riguardano. Il diritto di accesso esercitato secondo le modalit disciplinate dalla legge 7 agosto 1990, n. 241. 3. Lutente pu produrre memorie e documenti; prospettare osservazioni; formulare suggerimenti per il miglioramento del servizio. I soggetti erogatori danno immediato riscontro allutente circa le segnalazioni e le proposte da esso formulate. 4. I soggetti erogatori acquisiscono periodicamente la valutazione dellutente circa la qualit del servizio reso, secondo le modalit indicate nel titolo successivo. 6. Efficienza ed efficacia. 1. Il servizio pubblico deve essere erogato in modo da garantire lefficienza e lefficacia. I soggetti erogatori adottano le misure idonee al raggiungimento di tali obiettivi. II. Gli strumenti. 1. Adozione di standard. 1. Entro tre mesi, i soggetti erogatori individuano i fattori da cui dipende la qualit del servizio e, sulla base di essi, adottano e pubblicano standard di qualit e quantit di cui assicurano il rispetto. 2. I soggetti erogatori definiscono standard generali e standard specifici di qualit e quantit dei servizi. I primi rappresentano obiettivi di qualit che si riferiscono al complesso delle prestazioni rese. I secondi si riferiscono a ciascuna delle singole prestazioni rese allutente, che pu direttamente verificarne il rispetto. 3. Gli standard sono accompagnati da una relazione illustrativa nella quale si descrivono, tra laltro, le modalit previste per il loro conseguimento; i fattori principali esterni al soggetto erogatore e indipendenti dal suo controllo che potrebbero incidere significativamente sul conseguimento degli standard; i metodi di valutazione utilizzati per fissare o rivedere gli standard, con una previsione relativa alle valutazioni future. Nella relazione i soggetti erogatori determinano, altres, gli indici da utilizzare per la misurazione o la valutazione dei risultati conseguiti; forniscono una base di comparazione per raffrontare i risultati effettivamente ottenuti con gli obiettivi previsti; descrivono gli strumenti da impiegarsi al fine di verificare e convalidare i valori misurati. 4. Gli standard sono sottoposti a verifica con gli utenti in adunanze pubbliche. 5. Losservanza degli standard non pu essere soggetta a condizioni. Essi sono derogabili solo se i risultati sono pi favorevoli agli utenti. 6. Gli standard sono periodicamente aggiornati, per adeguarli alle esigenze dei servizi. Le nuove regole devono essere adottate e seguite avendo cura di ridurre al minimo le conseguenze disagevoli per gli utenti. 7. I soggetti erogatori adottano ogni anno piani diretti a migliorare progressivamente gli standard dei servizi. 2. Semplificazione delle procedure. 1. Al fine di razionalizzare e rendere conoscibili gli atti relativi alla disciplina e alla prestazione dei servizi pubblici, i soggetti erogatori provvedono alla razionalizzazione, alla riduzione e alla semplificazione delle procedure da essi adottate. 2. I soggetti erogatori sono tenuti a ridurre, per quanto possibile, gli adempimenti richiesti agli utenti e forniscono gli opportuni chiarimenti su di essi. Inoltre, adottano, ove possibile, formulari uniformi e provvedono alla semplificazione e allinformatizzazione dei sistemi di prenotazione e delle forme di pagamento delle prestazioni. 3. Informazione degli utenti. 1. I soggetti erogatori assicurano la piena informazione degli utenti circa le modalit di prestazione dei servizi. In particolare: a) rendono noto agli utenti, tramite appositi avvisi e opuscoli chiari e facilmente leggibili, le condizioni economiche e tecniche per leffettuazione dei servizi; b) pubblicano gli esiti delle verifiche compiute, secondo le modalit di cui al successivo paragrafo 5 di questo titolo, sul rispetto degli standard; c) informano tempestivamente, anche mediante i mezzi di informazione, gli utenti circa ogni eventuale variazione delle modalit di erogazione del servizio; d) curano la pubblicazione di testi in cui siano inclusi tutti gli atti che disciplinano lerogazione dei servizi e

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regolano i rapporti con gli utenti. Le modificazioni che si rendono successivamente necessarie sono inserite nei testi esistenti e sono adeguatamente divulgate; e) predispongono appositi strumenti di informazione, tramite lattivazione di linee di comunicazione telefoniche e telematiche, di cui verificano periodicamente il buon funzionamento. 2. In ogni caso, devono essere assicurate, e periodicamente verificate, la chiarezza e la comprensibilit dei testi, oltre che la loro accessibilit al pubblico. 3. Gli utenti hanno diritto ad ottenere informazioni circa le modalit giuridiche e tecniche di espletamento dei servizi e ad accedere ai registri e agli archivi, nei modi e nei termini previsti dalle leggi e dai regolamenti in vigore. 4. Gli utenti sono informati delle decisioni che li riguardano, delle loro motivazioni e delle possibilit di reclamo e degli strumenti di ricorso avverso di esse. 4. Rapporti con gli utenti. 1. I soggetti erogatori e i loro dipendenti sono tenuti a trattare gli utenti con rispetto e cortesia e ad agevolarli nellesercizio dei diritti e nelladempimento degli obblighi. I dipendenti sono tenuti, altres, ad indicare le proprie generalit, sia nel rapporto personale, sia nelle comunicazioni telefoniche. 2. I soggetti erogatori istituiscono, ai sensi dellarticolo 12 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, come sostituito dallarticolo 7 del decreto legislativo 23 dicembre 1993, n. 546, appositi uffici volti a curare le relazioni con il pubblico, presso i quali siano disponibili tutte le informazioni utili agli utenti. 3. Lapertura degli uffici destinati ai rapporti con il pubblico deve essere assicurata anche nelle ore pomeridiane. 4. Le procedure interne degli uffici non devono restringere le condizioni di esercizio dei diritti degli utenti. 5. Dovere di valutazione della qualit dei servizi. 1. Per valutare la qualit del servizio reso, specie in relazione al raggiungimento degli obiettivi di pubblico interesse, i soggetti erogatori svolgono apposite verifiche sulla qualit e lefficacia dei servizi prestati, in conformit ai criteri determinati nella relazione che accompagna gli standard, ai sensi del paragrafo 1, comma 3, di questo titolo. 2. Entro e non oltre il 31 marzo di ciascun anno, i soggetti erogatori predispongono una relazione sui risultati conseguiti nel precedente esercizio, sottoponendola al Comitato di cui al titolo successivo, e danno ad essa adeguata pubblicit. La relazione dovr, tra laltro, analizzare i risultati conseguiti in rapporto agli standard stabiliti per lesercizio in questione; definire gli standard per lesercizio in corso in rapporto anche ai risultati conseguiti nellesercizio oggetto di relazione; descrivere le ragioni delleventuale inosservanza degli standard e i rimedi predisposti; indicare i criteri direttivi cui il soggetto erogatore si atterr nella redazione dei piani di miglioramento progressivo degli standard, previsti dal comma 7, paragrafo 1, di questo titolo. 3. La relazione predisposta entro il 31 marzo 1995 dovr includere i risultati effettivamente conseguiti nellesercizio 1994, quella seguente dovr includere i risultati effettivamente conseguiti negli esercizi 1994 e 1995, mentre tutte le relazioni successive dovranno includere i risultati effettivamente conseguiti nei tre esercizi precedenti. 4. I soggetti erogatori, al fine di acquisire periodicamente la valutazione degli utenti sulla qualit del servizio reso, ai sensi del paragrafo 5, comma 4, del titolo I, predispongono apposite schede a lettura ottica, e ne curano linvio agli utenti; indicono riunioni pubbliche con la partecipazione degli utenti di una determinata zona o di una determinata unit di erogazione del servizio; effettuano, a campione, interviste con gli utenti, anche immediatamente dopo lerogazione di un singolo servizio. 5. I risultati delle verifiche effettuate sono pubblicati in unapposita sezione della relazione di cui al precedente comma 2 e di essi i soggetti erogatori tengono conto per identificare le misure idonee ad accrescere lefficienza dei servizi e il raggiungimento degli obiettivi di pubblico interesse. 6. Rimborso. 1. I soggetti erogatori assicurano agli utenti forme di rimborso nei casi in cui possibile dimostrare che il servizio reso inferiore, per qualit e tempestivit, agli standard pubblicati. 2. Le procedure di rimborso devono essere tali da non rendere difficile, per complessit, onerosit o durata, lesercizio del diritto dellutente. Esse sono soggette alla vigilanza del Comitato di cui al titolo successivo. 3. Fatta salva lapplicazione delle norme vigenti, i soggetti erogatori si rivalgono nei confronti del

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dipendente al quale imputabile, per dolo o per grave negligenza, il mancato rispetto degli standard. III. La tutela. 1. Procedure di reclamo. 1. I soggetti erogatori prevedono procedure di reclamo dellutente circa la violazione dei principi sanciti nella presente direttiva e danno ad esse piena pubblicit. 2. Le procedure di reclamo devono essere accessibili, di semplice comprensione e facile utilizzazione; svolgersi in tempi rapidi, predeterminati dai soggetti erogatori; assicurare unindagine completa ed imparziale circa le irregolarit denunciate e garantire allutente uninformazione periodica circa lo stato di avanzamento dellindagine stessa; prevedere una risposta completa allutente e forme di ristoro adeguate, ivi compreso il rimborso di cui al paragrafo 5 del precedente titolo, per il pregiudizio da questi subito per linosservanza dei principi della presente direttiva; consentire ai soggetti erogatori di tenere conto delle doglianze degli utenti al fine del miglioramento della qualit del servizio. Le procedure di reclamo sono soggette alla vigilanza del Comitato di cui al titolo successivo. Ai fini indicati, i soggetti erogatori si uniformano alle disposizioni dei commi successivi. 3. Ciascun soggetto erogatore istituisce, ai sensi dellarticolo 20 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, come sostituito dallarticolo 6 del decreto legislativo 18 novembre 1993, n. 470, un ufficio interno di controllo, denominato ai sensi della presente direttiva ufficio. Lo stesso obbligo si estende a ciascuna delle articolazioni territoriali dellente, dotate di autonomia nella determinazione delle condizioni di erogazione del servizio. Lufficio esercita le funzioni di valutazione dei risultati conseguiti dal soggetto erogatore, ai sensi del citato articolo 20 del decreto legislativo n. 29 del 1993 e successive modificazioni. Esso, inoltre, riceve i reclami presentati dallutente circa la violazione dei principi sanciti nella presente direttiva. 4. Il reclamo pu essere presentato dallutente in via orale, per iscritto, via fax o telefonicamente. Nella predisposizione del reclamo, lutente pu avvalersi dellassistenza degli uffici per le relazioni con il pubblico di cui al paragrafo 4, comma 2, del titolo precedente. 5. Al momento della presentazione del reclamo, lufficio comunica allutente il nominativo del dipendente responsabile dellindagine, i tempi previsti per lespletamento della stessa, i mezzi dei quali dispone nel caso di risposta sfavorevole. 6. Lufficio riferisce allutente con la massima celerit, e comunque non oltre trenta giorni dalla presentazione del reclamo, circa gli accertamenti compiuti, indicando altres i termini entro i quali il soggetto erogatore provveder alla rimozione delle irregolarit riscontrate o al ristoro del pregiudizio arrecato. Trascorsi quindici giorni, lufficio informa comunque lutente circa lo stato di avanzamento dellindagine. 7. Lufficio riferisce semestralmente al Comitato di cui al paragrafo successivo sulla quantit e il tipo di reclami ricevuti e sul seguito dato ad essi dal soggetto erogatore. Dei reclami ricevuti il soggetto erogatore tiene conto nelladozione dei piani di miglioramento progressivo degli standard, di cui al paragrafo 1, comma 7, del precedente titolo. 2. Comitato permanente per lattuazione della Carta dei servizi pubblici. 1. Al fine di garantire losservanza dei principi e delle procedure di cui ai paragrafi precedenti, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, un Comitato permanente per lattuazione della Carta dei servizi pubblici, di seguito denominato Comitato. 2. Il Comitato composto da tre esperti di riconosciuta indipendenza e di notoria esperienza nel settore dei servizi pubblici. 3. Ai fini indicati nel comma 1, e fatte salve le competenze attribuite dalla legge a distinti organismi, il Comitato: a) richiede ai soggetti erogatori atti e documenti, convoca riunioni con gli amministratori e i dirigenti degli stessi; b) valuta lidoneit degli standard di qualit del servizio adottati dai soggetti erogatori a realizzare i principi stabiliti nella direttiva e, indica, se del caso, le correzioni da apportare. Nella fase di prima attuazione propone ai soggetti erogatori un calendario degli adempimenti, eventualmente differenziato per settore, zone geografiche, tipo di prestazioni; c) vigila sullosservanza degli standard, e segnala ai soggetti erogatori le eventuali difformit riscontrate. Nei casi di mancata ottemperanza, il Comitato pu proporre al Ministero competente ladozione delle misure sanzionatorie adeguate; d) valuta ladeguatezza delle procedure di reclamo e delle misure di ristoro previste nel caso di pregiudizio recato allutente dalla mancata osservanza della direttiva;

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e) promuove ladozione delle misure dirette alla semplificazione dei rapporti tra i soggetti erogatori e gli utenti; f) promuove ladozione delle misure dirette ad assicurare la possibilit di scelta dellutente; g) acquisisce dati e informazioni sul gradimento degli utenti. A tale scopo, verifica i sistemi di rilevazione del gradimento apprestati da ciascun soggetto ai sensi del paragrafo 5 del titolo precedente e ne acquisisce gli esiti; h) determina le procedure attraverso le quali gli utenti sono consultati in ordine agli standard relativi ai singoli servizi e al rispetto di tali standard da parte degli enti erogatori; i) propone annualmente al Presidente del Consiglio dei Ministri lattribuzione di attestati di qualit ai soggetti che si siano distinti quanto ad efficienza del servizio reso, qualit degli standard, osservanza degli stessi, gradimento degli utenti; l) controlla lesattezza, la completezza e la comprensibilit delle comunicazioni che i soggetti di erogazione del servizio rendono al pubblico; m) rende pubblici annualmente i risultati del proprio lavoro; n) propone al Presidente del Consiglio dei Ministri le misure regolamentari e legislative idonee a migliorare la protezione dei diritti dellutente. 4. Per lassolvimento dei suoi compiti, il Comitato pu avvalersi del supporto tecnico degli uffici competenti della Presidenza del Consiglio, del Dipartimento della funzione pubblica, del Ministero della pubblica istruzione, del Ministero delluniversit e della ricerca scientifica e tecnologica, del Ministero della sanit, del Ministero delle poste e delle telecomunicazioni, del Ministero dellinterno, del Ministero dei trasporti e della navigazione. 3. Sanzioni per la mancata osservanza della direttiva. 1. Per i servizi erogati da pubbliche amministrazioni, linosservanza dei principi della presente direttiva valutata ai fini dellapplicazione delle sanzioni amministrative e disciplinari previste a carico dei dirigenti generali, dei dirigenti e degli altri dipendenti dagli articoli 20, commi 9 e 10, e 59 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, cos come modificati, rispettivamente, dallarticolo 6 del decreto legislativo 18 novembre 1993, n. 470, e dallarticolo 27 del decreto legislativo 23 dicembre 1993, n. 546. 2. Per i servizi erogati in regime di concessione o mediante convenzione e comunque erogati da soggetti non pubblici, linosservanza dei principi della presente direttiva costituisce inadempimento degli obblighi assunti contrattualmente dai soggetti erogatori.

IV. Impegni del Governo. Il Governo si impegna ad adottare tutte le misure legislative, regolamentari ed amministrative necessarie a dare piena effettivit ai principi contenuti nella presente direttiva.

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Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 19 maggio 1995 (157). Prima individuazione dei settori di erogazione dei servizi pubblici ai fini della emanazione degli schemi generali di riferimento di Carte dei servizi pubblici

omissis

In attuazione dellarticolo 2, comma 1, del decreto-legge 12 maggio 1995, n. 163, sono individuati i seguenti settori di erogazione di servizi pubblici, ai fini della emanazione degli schemi generali di riferimento di Carte dei servizi pubblici: Sanit; Assistenza e previdenza sociale; Istruzione; Comunicazioni; Trasporti; Energia elettrica; Acqua; Gas.

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In G.U. 29 maggio 1995, n. 123.

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Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 7 giugno 1995 (158). Schema generale di riferimento della Carta dei servizi scolastici. omissis

Articolo1 In attuazione dellarticolo 2, comma 1, del Decreto-Legge 12 maggio 1995, n. 163, emanato lallegato schema generale di riferimento, denominato: Carta dei servizi della scuola, predisposto dal Dipartimento della funzione pubblica, dintesa con il Ministero della pubblica istruzione. Articolo 2 I soggetti erogatori di servizi scolastici adottano, ai sensi dellarticolo 2, comma 2, del Decreto-Legge 12 maggio 1995, n. 163, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le relative Carte dei servizi, sulla base dei principi indicati dalla Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 gennaio 1994 e dello schema generale di riferimento, dandone adeguata pubblicit agli utenti e inviandone copia al Dipartimento della funzione pubblica. Articolo 3 Ai sensi della Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 gennaio 1994, il Comitato permanente per lattuazione della carta dei servizi, istituito presso il Dipartimento della funzione pubblica, valuta gli standard di qualit adottati dai soggetti erogatori e indica, se del caso, le correzioni da apportare. Articolo 4 Il Dipartimento della funzione pubblica adotta iniziative di monitoraggio sullattuazione del presente decreto e provvede ad inserirne i risultati nella relazione annuale al Parlamento sullo stato della pubblica amministrazione, predisposta ai sensi dellarticolo 30 della Legge 28 ottobre 1970, n. 775 e successive modificazioni ed integrazioni. I risultati del monitoraggio sono, altres, trasmessi ai servizi di controllo interno. CARTA DEI SERVIZI DELLA SCUOLA Principi e criteri di attuazione, finalit, materiale illustrativo giugno 1995 Principi fondamentali La carta dei servizi della scuola ha come fonte di ispirazione fondamentale gli articoli 3, 33 e 34 della Costituzione italiana. 1. Uguaglianza. 1.1. Nessuna discriminazione nellerogazione del servizio scolastico pu essere compiuta per motivi riguardanti sesso, razza, etnia, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni psico-fisiche e socioeconomiche. 2. Imparzialit e regolarit. 2.1. I soggetti erogatori del servizio scolastico agiscono secondo criteri di obiettivit ed equit. 2.2. La scuola, attraverso tutte le sue componenti e con limpegno delle istituzioni collegate, garantisce la regolarit e la continuit del servizio e delle attivit educative, anche in situazioni di conflitto sindacale, nel rispetto dei principi e delle norme sanciti dalla legge e in applicazione delle disposizioni contrattuali in materia. 3. Accoglienza e integrazione. 3.1. La scuola si impegna, con opportuni ed adeguati atteggiamenti ed azioni di tutti gli operatori del servizio, a favorire laccoglienza dei genitori e degli alunni, linserimento e lintegrazione di questi ultimi, con particolare riguardo alla fase di ingresso alle classi iniziali e alle situazioni di rilevante necessit. Particolare impegno prestato per la soluzione delle problematiche relative agli studenti lavoratori, agli

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In G.U. 15 giugno 1995, n. 138.

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stranieri, a quelli degenti negli ospedali, a quelli in situazione di handicap, a quelli presenti nelle istituzioni carcerarie. 3.2. Nello svolgimento della propria attivit, ogni operatore ha pieno rispetto dei diritti e degli interessi dello studente. 4. Diritto di scelta, obbligo scolastico e frequenza. 4.1. Lutente ha facolt di scegliere fra le istituzioni che erogano il servizio scolastico. La libert di scelta si esercita tra le istituzioni scolastiche statali dello stesso tipo, nei limiti della capienza obiettiva di ciascuna di esse. In caso di eccedenza di domande va, comunque, considerato il criterio della territorialit (residenza, domicilio, sede di lavoro dei familiari, ecc.). 4.2. Lobbligo scolastico, il proseguimento degli studi superiori e la regolarit della frequenza sono assicurati con interventi di prevenzione e controllo dellevasione e della dispersione scolastica da parte di tutte le istituzioni coinvolte, che collaborano tra loro in modo funzionale ed organico. 5. Partecipazione, efficienza e trasparenza. 5.1. Istituzioni, personale, genitori, alunni, sono protagonisti e responsabili dellattuazione della Carta, attraverso una gestione partecipata della scuola, nellambito degli organi e delle procedure vigenti. I loro comportamenti devono favorire la pi ampia realizzazione degli standard generali del servizio. 5.2. Le istituzioni scolastiche e gli enti locali si impegnano a favorire le attivit extrascolastiche che realizzino la funzione della scuola come centro di promozione culturale, sociale e civile, consentendo luso degli edifici e delle attrezzature fuori dellorario del servizio scolastico. 5.3. Le istituzioni scolastiche, al fine di promuovere ogni forma di partecipazione, garantiscono la massima semplificazione delle procedure ed uninformazione completa e trasparente. 5.4. Lattivit scolastica, ed in particolare lorario di servizio di tutte le componenti, si informa a criteri di efficienza, di efficacia, flessibilit nellorganizzazione dei servizi amministrativi, dellattivit didattica e dellofferta formativa integrata. 5.5. Per le stesse finalit, la scuola garantisce ed organizza le modalit di aggiornamento del personale in collaborazione con istituzioni ed enti culturali, nellambito delle linee di indirizzo e delle strategie di intervento definite dallamministrazione. 6. Libert di insegnamento ed aggiornamento del personale. 6.1. La programmazione assicura il rispetto delle libert di insegnamento dei docenti e garantisce la formazione dellalunno, facilitandone le potenzialit evolutive e contribuendo allo sviluppo armonico della personalit, nel rispetto degli obiettivi formativi nazionali e comunitari, generali e specifici, recepiti nei piani di studi di ciascun indirizzo. 6.2. Laggiornamento e la formazione costituiscono un impegno per tutto il personale scolastico e un compito per lamministrazione, che assicura interventi organici e regolari.

Parte I 7. Area didattica. 7.1. La scuola, con lapporto delle competenze professionali del personale e con la collaborazione ed il concorso delle famiglie, delle istituzioni e della societ civile, responsabile della qualit delle attivit educative e si impegna a garantirne ladeguatezza alle esigenze culturali e formative degli alunni, nel rispetto di obiettivi educativi validi per il raggiungimento delle finalit istituzionali159. 7.2. La scuola individua ed elabora gli strumenti per garantire la continuit educativa tra i diversi ordini e gradi dellistruzione, al fine di promuovere un armonico sviluppo della personalit degli alunni. 7.3. Nella scelta dei libri di testo e delle strumentazioni didattiche, la scuola assume come criteri di riferimento la validit culturale e la funzionalit educativa, con particolare riguardo agli obiettivi formativi, e la rispondenza alle esigenze dellutenza. Nella programmazione dellazione educativa e didattica i docenti, nella scuola dellobbligo, devono adottare, con il coinvolgimento delle famiglie, soluzioni idonee a rendere possibile unequa distribuzione dei testi scolastici nellarco della settimana, in modo da evitare, nella stessa giornata, un sovraccarico di materiali didattici da trasportare. 7.4. Nellassegnazione dei compiti da svolgere a casa, il docente opera in coerenza con la

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Vedi ora D.P.R. 24 giugno 1998, n. 249, in G.U. 29 luglio 1998, n. 175, che pone ta i diritti dello studente la qualit della formazione culturale e professionale.

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programmazione didattica del consiglio di interclasse o di classe, tenendo presente la necessit di rispettare razionali tempi di studio degli alunni. Nel rispetto degli obiettivi formativi, previsti dagli ordinamenti scolastici e della programmazione educativo-didattica, si deve tendere ad assicurare ai bambini, nelle ore extrascolastiche, il tempo da dedicare al gioco o allattivit sportiva o allapprendimento di lingue straniere o arti. 7.5. Nel rapporto con gli allievi, in particolare con i pi piccoli, i docenti colloquiano in modo pacato e teso al convincimento. Non devono ricorrere ad alcuna forma di intimidazione o minaccia di punizioni mortificanti. 7.6. Progetto educativo e programmazione. La scuola garantisce lelaborazione, ladozione e la pubblicizzazione dei seguenti documenti: A. Progetto educativo distituto160. Il P.E.I., elaborato dalle singole scuole, contiene le scelte educative ed organizzative e i criteri di utilizzazione delle risorse e costituisce un impegno per lintera comunit scolastica. Integrato dal regolamento distituto, definisce, in modo razionale e produttivo, il piano organizzativo in funzione delle proposte culturali, delle scelte educative e degli obiettivi formativi elaborati dai competenti organi della scuola. In particolare, regola luso delle risorse di istituto e la pianificazione delle attivit di sostegno, di recupero, di orientamento e di formazione integrata. Contiene, inoltre, i criteri relativi alla formazione delle classi, allassegnazione dei docenti alle stesse, alla formulazione dellorario del personale docente e A.T.A. (amministrativo, tecnico, ausiliario), alla valutazione complessiva del servizio scolastico. Il regolamento distituto comprende, in particolare, le norme relative a: - vigilanza sugli alunni; - comportamento degli alunni e regolamentazione di ritardi, uscite, assenze, giustificazioni; - uso degli spazi, dei laboratori e della biblioteca; - conservazione delle strutture e delle dotazioni. Nel regolamento sono, inoltre, definite in modo specifico: - le modalit di comunicazione con studenti e genitori con riferimento ad incontri con i docenti, di mattina e di pomeriggio (prefissati e/o per appuntamento); - le modalit di convocazione e di svolgimento delle assemblee di classe, organizzate dalla scuola o richieste da studenti e genitori, del comitato degli studenti e dei genitori, dei consigli di intersezione, di interclasse o di classe e del Consiglio di Circolo o di istituto; - il calendario di massima delle riunioni e la pubblicizzazione degli atti.

INFORMAZIONI ALLUTENZA SUL P.E.I.161 Redazione entro il Pubblicizzazione Mediante Entro il Copia depositata presso Duplicazione presso la segreteria al costo di Legge B. Programmazione educativa e didattica. Programmazione educativa. La programmazione educativa, elaborata dal collegio dei docenti, progetta i percorsi formativi correlati agli obiettivi e alle finalit delineati nei programmi. Al fine di armonizzare lattivit dei consigli di intersezione, di interclasse o di classe, individua gli strumenti per la rilevazione della situazione iniziale e finale e per la verifica e la valutazione dei percorsi didattici. Sulla base dei criteri espressi dal consiglio di circolo o distituto, elabora le attivit riguardanti lorientamento, la formazione integrata, i corsi di recupero, gli interventi di sostegno.

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Vedi ora D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275, che allarticolo 3 ha unificato tutti gli struenti di pianificazione nel Piano dellofferta formativa, Queste prescrizioni sono superate dallarticolo 3 del D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275, , che allarticolo 3 dispone che il piano dellofferta formativa consegnato agli alunni e alle famiglie allatto delliscrizione.

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INFORMAZIONI ALLUTENZA SULLA PROGRAMMAZIONE EDUCATIVA Redazione entro il Pubblicizzazione mediante entro il Copia depositata presso Duplicazione presso la segreteria al costo di Legge Programmazione didattica. Elaborata ed approvata dal consiglio di intersezione, di interclasse o di classe: - delinea il percorso formativo della classe e del singolo alunno, adeguando ad essi gli interventi operativi; - utilizza il contributo delle varie aree disciplinari per il raggiungimento degli obiettivi e delle finalit educative indicati dal consiglio di intersezione, di interclasse o di classe e dal collegio dei docenti; - sottoposta sistematicamente a momenti di verifica e di valutazione dei risultati, al fine di adeguare lazione didattica alle esigenze formative che emergono in itinere. INFORMAZIONI ALLUTENZA SULLA PROGRAMMAZIONE DIDATTICA Redazione entro il Pubblicizzazione mediante entro il Copia depositata presso Duplicazione presso la segreteria al costo di L. Contratto formativo. Il contratto formativo la dichiarazione, esplicita e partecipata, delloperato della scuola. Esso si stabilisce, in particolare, tra il docente e lallievo ma coinvolge lintero consiglio di interclasse o di classe e la classe, gli organi dellistituto, i genitori, gli enti esterni preposti od interessati al servizio scolastico. Sulla base del contratto formativo, elaborato nellambito ed in coerenza degli obiettivi formativi definiti ai diversi livelli istituzionali: lallievo deve conoscere: - gli obiettivi didattici ed educativi del suo curricolo; - il percorso per raggiungerli; - le fasi del suo curricolo; il docente deve: - esprimere la propria offerta formativa; - motivare il proprio intervento didattico; - esplicitare le strategie, gli strumenti di verifica, i criteri di valutazione; il genitore deve: - conoscere lofferta formativa; - esprimere pareri e proposte; - collaborare nelle attivit. Parte II 8. Servizi amministrativi. 8.1. La scuola individua, fissandone e pubblicandone gli standard e garantendone altres losservanza ed il rispetto, i seguenti fattori di qualit dei servizi amministrativi: - celerit delle procedure; - trasparenza; - informatizzazione dei servizi di segreteria; - tempi di attesa agli sportelli; - flessibilit degli orari degli uffici a contatto con il pubblico. 8.2. Ai fini di un miglior servizio per lutenza, si pu derogare dagli standard fissati.

Standard specifici delle procedure.

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8.3. La distribuzione dei moduli di iscrizione effettuata a vista nei giorni previsti, in orario potenziato e pubblicizzato in modo efficace. 8.4. La segreteria garantisce lo svolgimento della procedura di iscrizione alle classi in un massimo di 10 minuti dalla consegna delle domande. 8.5. Il rilascio di certificati effettuato nel normale orario di apertura della segreteria al pubblico, entro il tempo massimo di tre giorni lavorativi per quelli di iscrizione e frequenza e di cinque giorni per quelli con votazioni e/o giudizi. 8.6. Gli attestati e i documenti sostitutivi del diploma sono consegnati, a vista, a partire dal terzo giorno lavorativo successivo alla pubblicazione dei risultati finali. 8.7. I documenti di valutazione degli alunni sono consegnati direttamente dal capo di istituto o dai docenti incaricati entro cinque giorni dal termine delle operazioni generali di scrutinio. 8.8. Gli uffici di Segreteria - compatibilmente con la dotazione organica di personale amministrativo garantiscono un orario di apertura al pubblico, di mattina e di pomeriggio, funzionale alle esigenze degli utenti e del territorio. Il consiglio di circolo o di istituto delibera in merito sulla base delle indicazioni degli utenti e dei loro rappresentanti. Lufficio di direzione o di presidenza riceve il pubblico sia su appuntamento telefonico sia secondo un orario di apertura comunicato con appositi avvisi. 8.9. La scuola assicura allutente la tempestivit del contatto telefonico, stabilendo al proprio interno modalit di risposta che comprendano il nome dellistituto, il nome e la qualifica di chi risponde, la persona o lufficio in grado di fornire le informazioni richieste. Per linformazione vengono seguiti i seguenti criteri: 8.10. Ciascun istituto deve assicurare spazi ben visibili adibiti allinformazione; in particolare sono predisposti: - tabella dellorario di lavoro dei dipendenti (orario dei docenti; orario, funzioni e dislocazione del personale amministrativo, tecnico, ausiliario - A.T.A.); - organigramma degli uffici (presidenza, vice presidenza e servizi); - organigramma degli organi collegiali; - organico del personale docente e A.T.A.; - albi distituto. Sono inoltre resi disponibili appositi spazi per: - bacheca sindacale; - bacheca degli studenti; - bacheca dei genitori. 8.11. Presso lingresso e presso gli uffici devono essere presenti e riconoscibili operatori scolastici in grado di fornire allutenza le prime informazioni per la fruizione del servizio. 8.12. Gli operatori scolastici devono indossare il cartellino di identificazione in maniera ben visibile per lintero orario di lavoro. 8.13. Il regolamento distituto deve avere adeguata pubblicit mediante affissione.

Parte III 9. Condizioni ambientali della scuola. 9.1. Lambiente scolastico deve essere pulito, accogliente, sicuro.Le condizioni di igiene e sicurezza dei locali e dei servizi devono garantire una permanenza a scuola confortevole per gli alunni e per il personale. Il personale ausiliario, specie quello delle scuole materne ed elementari, deve adoperarsi per garantire la costante igiene dei servizi. La scuola si impegna, in particolare, a sensibilizzare le istituzioni interessate, comprese le associazioni dei genitori, degli utenti e dei consumatori, al fine di garantire agli alunni la sicurezza interna ed esterna (questultima, nellambito del circondario scolastico). 9.2. Ogni scuola individua i seguenti fattori di qualit riferibili alle condizioni ambientali, e ne d informazione allutenza: - Numero, dimensione (superficie, cubatura e numero degli alunni) e dotazioni (cattedra, banchi, lavagne, armadietti, ecc.) delle aule dove si svolge la normale attivit didattica. - Numero, tipo, dimensione (superficie e cubatura), dotazioni (macchine e attrezzature, posti alunno, ecc.), orario settimanale di disponibilit e di utilizzo effettivo delle aule speciali e dei laboratori.

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- Numero, dimensione (superficie e cubatura), dotazioni e media delle ore di utilizzazione settimanale distinta per attivit curricolari e per attivit extracurricolari delle palestre. - Numero, dimensioni, con indicazione del numero massimo di persone contenibile, dotazione delle sale (posti a sedere, microfoni, schermi per proiezione, ecc.) e media delle ore di utilizzazione settimanale distinta per attivit curricolari ed extracurricolari delle sale per riunioni. - Numero, dimensione e dotazioni dei locali di servizio (per fotocopie, per stampa, sala docenti, ecc.). - Numero, dimensioni, dotazioni di libri e riviste, orario settimanale di apertura e modalit per la consultazione e il prestito delle biblioteche. - Numero dei servizi igienici, con indicazione dellesistenza di servizi igienici per handicappati. - Esistenza di barriere architettoniche. - Esistenza di ascensori e montacarichi. - Esistenza e descrizione di spazi esterni attrezzati e non (posteggi, impianti sportivi, ecc.). - Piano di evacuazione delledificio in caso di calamit. 9.3. I fattori di qualit devono essere riferiti a ciascuna delle sedi che facciano parte della stessa istituzione. Parte IV 10. Procedura dei reclami e valutazione del servizio. 10.1. Procedura dei reclami. I reclami possono essere espressi in forma orale, scritta, telefonica, via fax e devono contenere generalit, indirizzo e reperibilit del proponente. I reclami orali e telefonici debbono, successivamente, essere sottoscritti. I reclami anonimi non sono presi in considerazione, se non circostanziati. Il capo di istituto, dopo avere esperito ogni possibile indagine in merito, risponde, sempre in forma scritta, con celerit e, comunque, non oltre quindici giorni, attivandosi per rimuovere le cause che hanno provocato il reclamo. Qualora il reclamo non sia di competenza del capo di istituto, al reclamante sono fornite indicazioni circa il corretto destinatario. Annualmente, il capo di istituto formula per il consiglio una relazione analitica dei reclami e dei successivi provvedimenti. Tale relazione inserita nella relazione generale del consiglio sullanno scolastico. 10.2. Valutazione del servizio. Allo scopo di raccogliere elementi utili alla valutazione del servizio, viene effettuata una rilevazione mediante questionari opportunamente tarati, rivolti ai genitori, al personale e - limitatamente alle scuole secondarie di secondo grado - anche agli studenti. I questionari, che vertono sugli aspetti organizzativi, didattici ed amministrativi del servizio, devono prevedere una graduazione delle valutazioni e la possibilit di formulare proposte. Nella formulazione delle domande, possono essere utilizzati indicatori forniti dagli organi dellamministrazione scolastica e degli enti locali. Alla fine di ciascun anno scolastico, il collegio dei docenti redige una relazione sullattivit formativa della scuola che viene sottoposta allattenzione del consiglio di circolo o di istituto. Parte V 11. Attuazione. 11.1. Le indicazioni contenute nella presente Carta si applicano fino a quando non intervengano, in materia, disposizioni modificative contenute nei contratti collettivi o in norme di legge.162 11.2. Il Ministro della pubblica istruzione cura, con apposita direttiva, i criteri di attuazione della presente Carta.

Le indicazioni contenute nella carta dei servizi sono state in gran parte superate dalle normativa di rango primario e secondario che ha dato attuazione allautonomia scolastica. Restano cionondimeno di grande interesse perch permettono di ricostruire le tappe della riforma.
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DIRETTIVA MINISTRO PUBBLICA ISTRUZIONE 21 luglio 1995, n. 254(163) Articolo 1 1. Ai sensi dellarticolo 2 del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 7 giugno 1995, pubblicato sulla G.U. 15 giugno 1995, n. 138, le istituzioni scolastiche adottano, entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore del predetto decreto, una Carta dei servizi scolastici, sulla base dei principi indicati nello schema generale di riferimento recepito nel decreto medesimo, nonch della Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 gennaio 1994, pubblicata sulla G.U. 22 febbraio 1994, n. 43. 2. La Carta dei servizi scolastici adottata dal consiglio di circolo e di istituto, che a tal fine acquisisce preventivamente il parere del collegio dei docenti. Questultimo ha carattere vincolante per gli aspetti pedagogici-didattici. 3. Nelle materie oggetto di specifica disciplina sia nel regolamento di circolo o di istituto sia nella Carta dei servizi scolastici, le istituzioni scolastiche adeguano i propri regolamenti interni di circolo o di istituto, di cui allarticolo 6, lett. a, del decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1974, n. 416, ai principi ed alle disposizioni contenute nella Carta di istituto. 4. La Carta dei servizi scolastici, adottata dalle singole istituzioni scolastiche, adeguatamente pubblicizzata, anche mediante affissione allalbo dellistituto, presso il personale della scuola, i genitori e gli alunni. Copia di essa invitata alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della funzione pubblica, per la successiva valutazione degli standard di qualit indicati nelle singole Carte di istituto e per il previsto monitoraggio circa le modalit di attuazione delle stesse. Altra copia della Carta in argomento inviata anche al provveditore agli studi, al sovrintendente scolastico regionale, che la porter a conoscenza delle segretaria regionale degli ispettori tecnici, e al distretto scolastico competenti. 5. Le istituzioni scolastiche legalmente riconosciute, pareggiate o parificate adottano la Carta dei servizi sulla base del predetto schema generale di riferimento, tenendo conto dellesigenza di eventuali adattamenti. Articolo 2 1. I capi di istituto promuovono apposite riunioni con genitori, studenti, docenti, personale ATA e associazioni dellutenza del servizio; con, leventuale partecipazione gratuita anche di esperti, al fine di favorirne la piena collaborazione tra tutte le componenti delle singole istituzioni scolastiche per la migliore riuscita delliniziativa. 2. I provveditori agli studi promuovono, con la presenza degli ispettori operanti nellambito territoriale, specifici incontri dei capi di istituto, a livello distrettuale, intesa a favorire il pi ampio scambio di esperienze nella fase di avvio delliniziativa e a definire soluzioni concordate per i problemi eventualmente emersi nellattuazione delle singole Carte di istituto. 3. Nellambito dei programmi di attivit e dei conseguenti piani di lavoro predisposti per gli ispettori tecnici operanti a livello regionale, devono essere previsti specifici interventi di assistenza alle scuole, volti a promuovere la necessaria informazione sulle disposizioni contenute nello schema di riferimento della Carta dei servizi scolastici a fornire eventuali orientamenti applicativi, sulla base delle indicazioni a tal fine elaborate dalle segreterie centrali e regionali degli ispettori, a rilevare periodicamente le concrete modalit di attuazione delle singole Carte di istituto e i problemi eventualmente emersi. Le modalit di attuazione delle singole Carte dei servizi scolastici, le difficolt eventualmente rilevate, le eventuali proposte utili al miglior perseguimento degli obbiettivi in essa previsti, costituiscono oggetto di uno specifico capitolo della relazione predisposta annualmente dal corpo ispettivo sullandamento generale dellattivit e dei servizi scolastici, ai sensi dellarticolo 4, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1974, n. 417. 4. Le Direzioni generali, Ispettorati e Servizio scuola materna, i provveditori agli studi, i sovrintendenti scolastici regionali, la segreteria tecnica centrale e le segreterie tecniche regionali degli ispettori, ciascuno per la parte di rispettiva competenza, promuovono le condizioni necessarie per la piena attuazione dei principi e delle disposizioni contenuti nel citato schema generale di riferimento della Carta dei servizi scolastici, recepiti nelle singole Carte dei servizi predisposte da ciascuna istituzione scolastica. Per i medesimi fini possono altres essere promosse apposite conferenze di servizio o stipulati specifici accordi, ai sensi degli artt. 14 e 15 della Legge 7 agosto 1990, n. 241, con gli enti locali cointeressati nellerogazione del servizio scolastico.

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Trasmessa con circolare ministeriale 21 luglio 1995, n.255.

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Legge 28 dicembre 1995, n.549 (164) Misure di razionalizzazione della finanza pubblica omissis .. 20. Gli istituti secondari superiori, anche di diverso ordine e tipo, o le loro sezioni staccate o coordinate, possono essere aggregati tra loro, al fine di consentire la creazione di istituti rispondenti alle condizioni stabilite dallarticolo 51, comma 4, del testo unico approvato con Decreto legislativo 16 aprile 1994, n.297, e dotati di personalit giuridica e di autonomia amministrativa. Con regolamento da emanare ai sensi dellarticolo 17 della legge 23 agosto 1988, n.400, e successive modificazioni, sono stabilite: a) le modalit di funzionamento del nuovo consiglio di istituto e larticolazione del collegio dei docenti in sezioni corrispondenti alle scuole aggregate; b) la redistribuzione, tra soggetti obbligati, degli oneri riguardanti le spese di funzionamento; c) la conservazione delle denominazioni delle scuole aggregate. (165) omissis

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Pubblicata nella Gazz. Uff. 29 dicembre 1995, n.302, S.O. Il regolamento stato emanato con il D.P.R. 2 marzo 1988, n.157.

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Legge 15 marzo 1997, n. 59(166). Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa

Capo IV Articolo 21 1. Lautonomia delle istituzioni scolastiche e degli istituti educativi si inserisce nel processo di realizzazione della autonomia e della riorganizzazione dellintero sistema formativo. Ai fini della realizzazione della autonomia delle istituzioni scolastiche le funzioni dellAmministrazione centrale e periferica della pubblica istruzione in materia di gestione del servizio di istruzione, fermi restando i livelli unitari e nazionali di fruizione del diritto allo studio nonch gli elementi comuni allintero sistema scolastico pubblico in materia di gestione e programmazione definiti dallo Stato, sono progressivamente attribuite alle istituzioni scolastiche, attuando a tal fine anche lestensione ai circoli didattici, alle scuole medie, alle scuole e agli istituti di istruzione secondaria, della personalit giuridica degli istituti tecnici e professionali e degli istituti darte ed ampliando lautonomia per tutte le tipologie degli istituti di istruzione, anche in deroga alle norme vigenti in materia di contabilit dello Stato. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli istituti educativi, tenuto conto delle loro specificit ordinamentali. 2. Ai fini di quanto previsto nel comma 1, si provvede con uno o pi regolamenti da adottare ai sensi dellarticolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400(167), nel termine di nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sulla base dei criteri generali e principi direttivi contenuti nei commi 3, 4, 5, 7, 8, 9, 10 e 11 del presente articolo. Sugli schemi di regolamento acquisito, anche contemporaneamente al parere del Consiglio di Stato, il parere delle competenti Commissioni parlamentari. Decorsi sessanta giorni dalla richiesta di parere alle Commissioni, i regolamenti possono essere comunque emanati. Con i regolamenti predetti sono dettate disposizioni per armonizzare le norme di cui allarticolo 355 del testo unico approvato con decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, con quelle della presente legge. 3. I requisiti dimensionali ottimali per lattribuzione della personalit giuridica e dellautonomia alle istituzioni scolastiche di cui al comma 1, anche tra loro unificate nellottica di garantire agli utenti una pi agevole fruizione del servizio di istruzione, e le deroghe dimensionali in relazione a particolari situazioni territoriali o ambientali sono individuati in rapporto alle esigenze e alla variet delle situazioni locali e alla tipologia dei settori di istruzione compresi nellistituzione scolastica. Le deroghe dimensionali saranno automaticamente concesse nelle province il cui territorio per almeno un terzo montano, in cui le condizioni di viabilit statale e provinciale siano disagevoli e in cui vi sia una dispersione e rarefazione di insediamenti abitativi. (168) 4. La personalit giuridica e lautonomia sono attribuite alle istituzioni scolastiche di cui al comma 1 a mano a mano che raggiungono i requisiti dimensionali di cui al comma 3 attraverso piani di dimensionamento della rete scolastica, e comunque non oltre il 31 dicembre 2000 contestualmente alla gestione di tutte le funzioni amministrative che per loro natura possono essere esercitate dalle istituzioni autonome. In ogni caso il passaggio al nuovo regime di autonomia sar accompagnato da apposite iniziative di formazione del personale, da una analisi delle realt territoriali, sociali ed economiche delle singole istituzioni scolastiche per ladozione dei conseguenti interventi perequativi e sar realizzato secondo criteri di gradualit che valorizzino le capacit di iniziativa delle istituzioni stesse. 5. La dotazione finanziaria essenziale delle istituzioni scolastiche gi in possesso di personalit giuridica e di quelle che lacquistano ai sensi del comma 4 costituita dallassegnazione dello Stato per il funzionamento amministrativo e didattico, che si suddivide in assegnazione ordinaria e assegnazione perequativa. Tale dotazione finanziaria attribuita senza altro vincolo di destinazione che quello dellutilizzazione prioritaria per lo svolgimento delle attivit di istruzione, di formazione e di orientamento proprie di ciascuna tipologia e di ciascun indirizzo di scuola. Lattribuzione senza vincoli di destinazione comporta lutilizzabilit della dotazione finanziaria, indifferentemente, per spese in conto capitale e di parte corrente, con possibilit di variare le destinazioni in corso danno. Con decreto del Ministro della pubblica istruzione, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sentito il parere delle commissioni parlamentari competenti, sono individuati i parametri per la definizione della
In G.U.17 marzo 1997, n. 63. Legge 23 agosto 1988, n. 400, recante Disciplina dell'attivit di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in Gazzetta Ufficiale 12 settembre 1988, n. 214, S.O. 168 Per il dimensionamento ottimale delle istituzioni scolastiche, vedi il D.P.R. 18 giugno 1998, n.233.
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dotazione finanziaria ordinaria delle scuole. Detta dotazione ordinaria stabilita in misura tale da consentire lacquisizione da parte delle istituzioni scolastiche dei beni di consumo e strumentali necessari a garantire lefficacia del processo di insegnamento-apprendimento nei vari gradi e tipologie dellistruzione. La stessa dotazione ordinaria, nella quale possono confluire anche i finanziamenti attualmente allocati in capitoli diversi da quelli intitolati al funzionamento amministrativo e didattico, spesa obbligatoria ed rivalutata annualmente sulla base del tasso di inflazione programmata. In sede di prima determinazione, la dotazione perequativa costituita dalle disponibilit finanziarie residue sui capitoli di bilancio riferiti alle istituzioni scolastiche non assorbite dalla dotazione ordinaria. La dotazione perequativa rideterminata annualmente sulla base del tasso di inflazione programmata e di parametri socio-economici e ambientali individuati di concerto dai Ministri della pubblica istruzione e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sentito il parere delle commissioni parlamentari competenti. (169) (170) 6. Sono abrogate le disposizioni che prevedono autorizzazioni preventive per laccettazione di donazioni, eredit e legati da parte delle istituzioni scolastiche, ivi compresi gli istituti superiori di istruzione artistica, delle fondazioni o altre istituzioni aventi finalit di educazione o di assistenza scolastica. Sono fatte salve le vigenti disposizioni di legge o di regolamento in materia di avviso ai successibili. Sui cespiti ereditari e su quelli ricevuti per donazione non sono dovute le imposte in vigore per le successioni e le donazioni. (171) 7. Le istituzioni scolastiche che abbiano conseguito personalit giuridica e autonomia ai sensi del comma 1 e le istituzioni scolastiche gi dotate di personalit e autonomia, previa realizzazione anche per queste ultime delle operazioni di dimensionamento di cui al comma 4, hanno autonomia organizzativa e didattica, nel rispetto degli obiettivi del sistema nazionale di istruzione e degli standard di livello nazionale. (172) 8. Lautonomia organizzativa finalizzata alla realizzazione della flessibilit, della diversificazione, dellefficienza e dellefficacia del servizio scolastico, alla integrazione e al miglior utilizzo delle risorse e delle strutture, allintroduzione di tecnologie innovative e al coordinamento con il contesto territoriale. Essa si esplica liberamente, anche mediante superamento dei vincoli in materia di unit oraria della lezione, dellunitariet del gruppo classe e delle modalit di organizzazione e impiego dei docenti, secondo finalit di ottimizzazione delle risorse umane, finanziarie, tecnologiche, materiali e temporali, fermi restando i giorni di attivit didattica annuale previsti a livello nazionale, la distribuzione dellattivit didattica in non meno di cinque giorni settimanali, il rispetto dei complessivi obblighi annuali di servizio dei docenti previsti dai contratti collettivi che possono essere assolti invece che in cinque giorni settimanali anche sulla base di unapposita programmazione plurisettimanale. (173) 9. Lautonomia didattica finalizzata al perseguimento degli obiettivi generali del sistema nazionale di istruzione, nel rispetto della libert di insegnamento, della libert di scelta educativa da parte delle famiglie e del diritto ad apprendere. Essa si sostanzia nella scelta libera e programmata di metodologie, strumenti, organizzazione e tempi di insegnamento, da adottare nel rispetto della possibile pluralit di opzioni metodologiche, e in ogni iniziativa che sia espressione di libert progettuale, compresa leventuale offerta di insegnamenti opzionali, facoltativi o aggiuntivi e nel rispetto delle esigenze formative degli studenti. A tal fine, sulla base di quanto disposto dallarticolo 1, comma 71, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, sono definiti criteri per la determinazione degli organici funzionali di istituto, fermi restando il monte annuale orario complessivo previsto per ciascun curriculum e quello previsto per ciascuna delle discipline ed attivit indicate come fondamentali di ciascun tipo o indirizzo di studi e lobbligo di adottare procedure e strumenti di verifica e valutazione della produttivit scolastica e del raggiungimento degli obiettivi. 10. Nellesercizio dellautonomia organizzativa e didattica le istituzioni scolastiche realizzano, sia
Sulla dotazione finanziaria distituto vedi anche larticolo 6 del D.P.R. 18 giugno 1998, n.233. I periodi terzo e successivi del comma 5 sono stati introdotti dallarticolo 2, comma 3 del decreto legge 28 agosto 2000, n.240 convertito con modificazioni dalla legge 27 ottobre 2000, n.306. Larticolo 2 del predetto decreto legge ha inoltre previsto, al comma 2, finanziamenti straordinari alle istituzioni scolastiche per lacquisto di attrezzature informatiche per completare il programma di sviluppo delle tecnologie didattiche avviato dal Ministero della pubblica istruzione e per garantire un adeguato supporto tecnologico allavvio dellautonomia scolastica. 171 Sullabrogazione delle disposizioni che prevedono autorizzazioni preventive per laccettazione di donazioni, eredit e legati vedi anche larticolo 13 della legge 15 maggio 1997, n.127 come modificato dallarticolo 2 della legge 16 giugno 1998, n.191 e poi sostituito dallarticolo 1 della legge 22 giugno 2000, n. 192, che testualmente dispone: 1. L'articolo 17 del codice civile e la legge 21 giugno 1896, n. 218, sono abrogati. Sono altres abrogati l'articolo 600, il quarto comma dell'articolo 782 e l'articolo 786 del codice civile, nonch le altre disposizioni che prescrivono autorizzazioni per l'acquisto di immobili o per accettazione di donazioni, eredit e legati da parte di persone giuridiche, ovvero il riconoscimento o autorizzazioni per l'acquisto di immobili o per accettazione di donazioni, eredit e legati da parte delle associazioni, fondazioni e di ogni altro ente non riconosciuto. 2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche alle acquisizioni deliberate o verificatesi in data anteriore a quella di entrata in vigore della presente legge. 172 Lautonomia delle istituzioni scolastiche stata disciplinata con il regolamento emanato con D.P.R. 8 marzo 1998, n.275. 173 Vedi nota precedente.
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singolarmente che in forme consorziate, ampliamenti dellofferta formativa che prevedano anche percorsi formativi per gli adulti, iniziative di prevenzione dellabbandono e della dispersione scolastica, iniziative di utilizzazione delle strutture e delle tecnologie anche in orari extrascolastici e a fini di raccordo con il mondo del lavoro, iniziative di partecipazione a programmi nazionali, regionali o comunitari e, nellambito di accordi tra le regioni e lamministrazione scolastica, percorsi integrati tra diversi sistemi formativi. Le istituzioni scolastiche autonome hanno anche autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo nei limiti del proficuo esercizio dellautonomia didattica e organizzativa. Gli istituti regionali di ricerca, sperimentazione e aggiornamento educativi, il Centro europeo delleducazione, la Biblioteca di documentazione pedagogica e le scuole ed istituti a carattere atipico di cui alla parte I, titolo II, capo III, del testo unico approvato con decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, sono riformati come enti finalizzati al supporto dellautonomia delle istituzioni scolastiche autonome.(174) 11. Con regolamento adottato ai sensi del comma 2 sono altres attribuite la personalit giuridica e lautonomia alle Accademie di belle arti, agli Istituti superiori per le industrie artistiche, ai Conservatori di musica, alle Accademie nazionali di arte drammatica e di danza, secondo i principi contenuti nei commi 8, 9 e 10 e con gli adattamenti resi necessari dalle specificit proprie di tali istituzioni.(175) 12. Le universit e le istituzioni scolastiche possono stipulare convenzioni allo scopo di favorire attivit di aggiornamento, di ricerca e di orientamento scolastico e universitario. 13. Con effetto dalla data di entrata in vigore delle norme regolamentari di cui ai commi 2 e 11 sono abrogate le disposizioni vigenti con esse incompatibili, la cui ricognizione affidata ai regolamenti stessi. Il Governo delegato ad aggiornare e coordinare, entro un anno dalla data di entrata in vigore delle predette disposizioni regolamentari, le norme del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, apportando tutte le conseguenti e necessarie modifiche.(176) 14. Con decreto del Ministro della pubblica istruzione, di concerto con il Ministro del tesoro, sono emanate le istruzioni generali per lautonoma allocazione delle risorse, per la formazione dei bilanci, per la gestione delle risorse ivi iscritte e per la scelta dellaffidamento dei servizi di tesoreria o di cassa, nonch per le modalit del riscontro delle gestioni delle istituzioni scolastiche, anche in attuazione dei principi contenuti nei regolamenti di cui al comma 2. abrogato il comma 9 dellarticolo 4 della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (177) (178). 15. Entro il 30 giugno 1999 il Governo delegato ad emanare un decreto legislativo di riforma degli organi collegiali della pubblica istruzione di livello nazionale e periferico che tenga conto della specificit del settore scolastico, valorizzando lautonomo apporto delle diverse componenti e delle minoranze linguistiche riconosciute, nonch delle specifiche professionalit e competenze, nel rispetto dei seguenti criteri (179) (180): a) armonizzazione della composizione, dellorganizzazione e delle funzioni dei nuovi organi con le competenze dellamministrazione centrale e periferica come ridefinita a norma degli articoli 12 e 13 nonch con quelle delle istituzioni scolastiche autonome; b) razionalizzazione degli organi a norma dellarticolo 12, comma 1, lettera p); c) eliminazione delle duplicazioni organizzative e funzionali, secondo quanto previsto dallarticolo 12, comma 1, lettera g); d) valorizzazione del collegamento con le comunit locali a norma dellarticolo 12, comma 1, lettera i); e) attuazione delle disposizioni di cui allarticolo 59 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, nella salvaguardia del principio della libert di insegnamento. 16. Nel rispetto del principio della libert di insegnamento e in connessione con lindividuazione di

Per gli istituti regionali di ricerca, sperimentazione e aggiornamento educativi vedi anche larticolo 76 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n.300. I predetti istituti sono stati riformati con il regolamento emanato con D.P.R. 6-3-2001 n. 190, Regolamento concernente l'organizzazione degli Istituti regionali di ricerca educativa, a norma dell'articolo 76 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, Pubblicato nella Gazz. Uff. 23 maggio 2001, n. 118. Per il Centro europeo delleducazione e la Biblioteca di documentazione pedagogica vedi anche il decreto legislativo 20 luglio 1999, n.258. Relativamente alle scuole ed istituti a carattere atipico v. anche la legge 22 marzo 2000, n. 69, che, allarticolo 1, comma 2, ha destinato uno specifico finanziamento alla realizzazione della riforma delle predette istituzioni. 175 Le Accademie ed i Conservatori di musica sono stati oggetto, con la legge 21 dicembre 1999, n.508, di specifica, distinta riforma per cui il regolamento previsto dal comma 11 non stato pi emanato. 176 Comma abrogato dallarticolo 1, comma 4, lettera d) della legge 24 novembre 2000, n.340. 177 Con il decreto ministeriale 1 febbraio 2001, n.44 stato emanato il regolamento concernente le Istruzioni generali sulla gestione amministrativo-contabile delle istituzioni scolastiche. 178 Il comma 9 dellarticolo 4 della legge n.537 del 1993 stato inserito nellarticolo 27, comma 5, del T.U. n.297/1994, con conseguente rinovellazione. Per chiarire definitivamente lavvenuta abrogazione, il predetto comma 5 stato successivamente compreso tra le abrogazioni individuate dallarticolo 17 del D.P.R. 8 marzo 1999, n.275. 179 Alinea cos modificato prima dallarticolo 1 della legge 16 giugno 1998, n.191 e poi dallarticolo 9 della legge 8 marzo 1999, n.50. 180 In attuazione della delega contenuta nel presente comma stato emanato il decreto legislativo 6 marzo 1998, n.59, in Gazzetta Ufficiale 26 marzo 1998, n.71, il cui contenuto confluito negli articoli 25-bis, 25-ter e 28-bis del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n.29.
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nuove figure professionali del personale docente, ferma restando lunicit della funzione, ai capi distituto conferita la qualifica dirigenziale contestualmente allacquisto della personalit giuridica e dellautonomia da parte delle singole istituzioni scolastiche. I contenuti e le specificit della qualifica dirigenziale sono individuati con decreto legislativo integrativo delle disposizioni del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, da emanare entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, sulla base dei seguenti criteri: a) laffidamento, nel rispetto delle competenze degli organi collegiali scolastici, di autonomi compiti di direzione, di coordinamento e valorizzazione delle risorse umane, di gestione di risorse finanziarie e strumentali, con connesse responsabilit in ordine ai risultati; b) il raccordo tra i compiti previsti dalla lettera a) e lorganizzazione e le attribuzioni dellamministrazione scolastica periferica, come ridefinite ai sensi dellarticolo 13, comma 1; c) la revisione del sistema di reclutamento, riservato al personale docente con adeguata anzianit di servizio, in armonia con le modalit previste dallarticolo 28 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29; d) lattribuzione della dirigenza ai capi distituto attualmente in servizio, assegnati ad una istituzione scolastica autonoma, che frequentino un apposito corso di formazione. 17. Il rapporto di lavoro dei dirigenti scolastici sar disciplinato in sede di contrattazione collettiva del comparto scuola, articolato in autonome aree. 18. Nellemanazione del regolamento di cui allarticolo 13 la riforma degli uffici periferici del Ministero della pubblica istruzione realizzata armonizzando e coordinando i compiti e le funzioni amministrative attribuiti alle regioni ed agli enti locali anche in materia di programmazione e riorganizzazione della rete scolastica. 19. Il Ministro della pubblica istruzione presenta ogni quattro anni al Parlamento, a decorrere dallinizio dellattuazione dellautonomia prevista nel presente articolo, una relazione sui risultati conseguiti, anche al fine di apportare eventuali modifiche normative che si rendano necessarie. 20. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano con propria legge la materia di cui al presente articolo nel rispetto e nei limiti dei propri statuti e delle relative norme di attuazione. 20-bis. Con la stessa legge regionale di cui al comma 20 la regione Valle dAosta stabilisce tipologia, modalit di svolgimento e di certificazione di una quarta prova scritta di lingua francese, in aggiunta alle altre prove scritte previste dalla legge 10 dicembre 1997, n. 425. Le modalit e i criteri di valutazione delle prove desame sono definiti nellambito dellapposito regolamento attuativo, dintesa con la regione Valle dAosta. abrogato il comma 5 dellarticolo 3 della legge 10 dicembre 1997, n. 425.(181) (182)

Comma aggiunto dallarticolo 1 della legge 16 giugno 1998, n.191. In attuazione di quanto disposto dal presente comma, vedi il D.P.R. 7 gennaio 1999, n.13, recante Regolamento concernente modalit e criteri di valutazione delle prove degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore nella Valle d'Aosta, in Gazzetta Ufficiale 29 gennaio 1999, n. 23. 182 Comma cos modificato dallarticolo 7 della legge 15 maggio 1997, n.127.
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Legge 18 dicembre 1997, n. 440(183) Istituzione del Fondo per larricchimento e lampliamento dellofferta formativa e per gli interventi perequativi. (184) (185)

Articolo 1 (Fondo per larricchimento e lampliamento dellofferta formativa e per gli interventi perequativi) 1. A decorrere dallesercizio finanziario 1997, istituito nello stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione un fondo denominato Fondo per larricchimento e lampliamento dellofferta formativa e per gli interventi perequativi destinato alla piena realizzazione dellautonomia scolastica, allintroduzione dellinsegnamento di una seconda lingua comunitaria nelle scuole medie, allinnalzamento del livello di scolarit e del tasso di successo scolastico, alla formazione del personale della scuola, alla realizzazione di iniziative di formazione postsecondaria non universitaria, allo sviluppo della formazione continua e ricorrente, agli interventi per ladeguamento dei programmi di studio dei diversi ordini e gradi, ad interventi per la valutazione dellefficienza e dellefficacia del sistema scolastico, alla realizzazione di interventi perequativi in favore delle istituzioni scolastiche tali da consentire, anche mediante integrazione degli organici provinciali, lincremento dellofferta formativa, alla realizzazione di interventi integrati, alla copertura della quota nazionale di iniziative cofinanziate con i fondi strutturali dellUnione europea. 2. Le disponibilit di cui al comma 1 da iscrivere nello stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione sono ripartite, sentito il parere delle competenti commissioni parlamentari, con decreti del Ministro del tesoro, anche su capitoli di nuova istituzione, su proposta del Ministro della pubblica istruzione, in attuazione delle direttive di cui allarticolo 2. Le eventuali disponibilit non utilizzate nel corso dellanno sono utilizzate nellesercizio successivo.

Articolo 2 (Direttive del Ministro) 1. Con una o pi direttive del Ministro della pubblica istruzione, sentito il parere delle competenti commissioni parlamentari, sono definiti: a) gli interventi prioritari;
In Gazzetta Ufficiale del 23 dicembre 1997, n. 298. Il Fondo istituito con la legge n.440 stato oggetto delle seguenti disposizioni legislative successive: larticolo 1, comma 8 della legge 20 gennaio 1999, n.9 sullelevazione dellobbligo scolastico, che ha disposto un incremento della dotazione del Fondo finalizzata alla sperimentazione dellautonomia didattica e organizzativa; larticolo 68 della legge 17 maggio 1999, n.144, che, nellistituire lobbligo formativo fino al 18 anno di et, ha disposto, al comma 4, lincremento del Fondo a quel fine. Lo stesso comma ha inoltre stabilito che, a decorrere dallanno 2000, per le finalit di cui alla legge n.440 si provvede ai sensi dellarticolo 11, comma 3, lettera d) della legge 5 agosto 1978, n.468 e successive modificazioni (e cio, in sostanza, lentit del Fondo determinata annualmente con la legge finanziaria; tale determinazione del Fondo deve tener conto, evidentemente, degli incrementi disposti dalle eventuali disposizioni legislative successive, come ad esempio quella di seguito citata); larticolo 1, comma 1 della legge 22 marzo 2000, n.69,, che ha disposto un incremento del Fondo, destinato al potenziamento ed alla qualificazione dellofferta di integrazione scolastica degli alunni in situazioni di handicap. 185 A seguito della legge n.440 sono stati adottati dal Ministero della pubblica istruzione i seguenti atti: lettera circolare, prot. n.27814/BL del 19 maggio 1998, con la quale sono state sollecitate le istituzioni scolastiche a perseguire, attraverso progetti autonomamente attivati, alcune finalit considerate prioritarie; sono state date quindi indicazioni alle scuole in ordine alla definizione degli ambiti dei progetti, alla loro predisposizione, alle modalit della loro adozione, allassistenza ed al supporto nella loro realizzazione, al loro monitoraggio ed alla loro valutazione; la Direttiva n. 238 del 19 maggio 1998, emanata a norma dellarticolo 2 della legge n. 440, relativa allutilizzazione, per lanno 1998, delle disponibilit del Fondo ed allindicazione degli interventi prioritari; il decreto ministeriale n. 251 del 29 maggio 1998, che ha autorizzato le scuole a sperimentare in via transitoria, in attesa dellemanazione delle norme regolamentari sullautonomia previste dallarticolo 21 della legge n. 59/1997, un programma nazionale negli ambiti organizzativi e didattici consentiti dallordinamento allora vigente; la Direttiva n.252 del 29 maggio 1998, sostitutiva della precedente Direttiva n. 238, sopra indicata; la C.M. n.414 (prot. n.32253/BL) del 14 ottobre 1998, con la quale stato autorizzato, per gli istituti di istruzione secondaria superiore, per lanno scolastico 1999/2000, solo il rinnovo per le prime classi, anche con modifiche, delle sperimentazioni gi in precedenza autorizzate; la stessa circolare ha quindi comunicato la determinazione ministeriale di non accogliere, per il medesimo anno scolastico, richieste di nuove sperimentazioni; il decreto ministeriale n.179 del 19 luglio 1999, concernente la proroga, per lanno 1999/2000, dellefficacia del decreto ministeriale n.251/98, con la previsione peraltro, in attesa del nuovo regime di autonomia decorrente dallanno scolastico 2000/2001, di un superamento della logica della sperimentazione, per ambiti separati, dellorganizzazione scolastica, come era previsto nel medesimo decreto ministeriale n.251/98; la Direttiva n.180 del 19 luglio 1999, n.180, concernente lutilizzazione, per lanno 1999, delle disponibilit finanziarie del Fondo, e lindicazione degli interventi prioritari.
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b) i criteri generali per la ripartizione delle somme destinate agli interventi e le modalit della relativa gestione; c) indicazioni circa il monitoraggio, il supporto, lassistenza e la valutazione degli interventi.

Articolo 3 (Progetti integrati) 1. Nella ripartizione dei fondi per le iniziative che richiedono il coinvolgimento degli enti locali data la precedenza a progetti conseguenti ad accordi nei quali gli enti locali abbiano dato la concreta disponibilit ad assolvere agli obblighi loro spettanti per legge, ovvero a quelli deliberati da reti di scuole.

Articolo 4 (Dotazione del fondo) 1. La dotazione del fondo di cui allarticolo 1 determinata in lire 100 miliardi per lanno 1997, in lire 400 miliardi per lanno 1998 e in lire 345 miliardi annue a decorrere dallanno 1999. Allonere relativo agli anni 1997, 1998 e 1999 si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1997-1999, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per lanno 1997, alluopo parzialmente utilizzando, per lire 100 miliardi per ciascuno degli anni 1997, 1998 e 1999, laccantonamento relativo al Ministero della pubblica istruzione e per lire 300 miliardi per lanno 1998 e lire 245 miliardi per lanno 1999, laccantonamento relativo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. 2. Il Ministro del tesoro autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

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decreto del Presidente della Repubblica 2 marzo 1998, n. 157.(186) Regolamento recante norme di attuazione dellarticolo 1, comma 20, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, concernente laggregazione di istituti scolastici di istruzione secondaria superiore

Articolo 1 (Aggregazione di scuole) 1. Gli istituti scolastici di istruzione secondaria superiore, anche di diverso ordine e tipo, e le sezioni staccate e le sedi coordinate, aggregati in attuazione dellarticolo 1, comma 20, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, costituiscono ununica istituzione scolastica dotata di personalit giuridica e di autonomia amministrativa, anche se trattasi di aggregazioni e fusioni tra istituti ad amministrazione statale. 2. La nuova istituzione viene costituita ai sensi dellarticolo 1, comma 70, della legge 23 dicembre 1996, n. 662(187), con decreto definitivo del competente provveditore agli studi, sentiti gli enti locali interessati e i consigli scolastici provinciali, in attuazione del decreto del Ministro della pubblica istruzione, emanato di concerto con i Ministri del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e per la funzione pubblica, sentita la conferenza dei presidenti delle regioni, con il quale sono definiti criteri e parametri generali per la riorganizzazione graduale della rete scolastica.

Articolo 2 (Denominazione dellIstituto) 1. Gli istituti facenti parte dellunica istituzione scolastica conservano ciascuno la propria originaria identit e denominazione. 2. A tal fine listituzione costituita ai sensi dellarticolo 1 viene cos identificata: Istituto statale di istruzione ...(a)... = ...(b)... =, precisando in (a) i diversi ordini di istruzione e in (b) la sede legale: comune, via o piazza, numero civico. 3. La suddetta denominazione viene apposta su tutti gli atti dalla nuova istituzione scolastica, ivi compresi diplomi e attestati.

Articolo 3 (Patrimonio) 1. Per gli immobili utilizzati come sede degli istituti aggregati trovano applicazione le norme di cui alla legge 11 gennaio 1996, n. 23(188), e alla legge 8 agosto 1996, n. 431(189). 2. I beni appartenenti alle istituzioni scolastiche aggregate ed i beni mobili statali passano nel patrimonio della nuova istituzione scolastica; gli istituti scolastici aggregati conservano luso dei beni mobili esistenti allatto della aggregazione. 3. Passano anche nella propriet della nuova istituzione scolastica la titolarit di eventuali crediti degli istituti aggregati, ferme restando le finalit ad essi connessi.

186 In Gazzetta Ufficiale 26 maggio 1998, n.120, emanato in attuazione dellarticolo 1, comma 20, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, che testualmente dispone: 20. Gli istituti secondari superiori, anche di diverso ordine e tipo, o le loro sezioni staccate o coordinate, possono essere aggregati tra loro, al fine di consentire la creazione di istituti rispondenti alle condizioni stabilite dall'articolo 51, comma 4, del testo unico approvato con D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297, e dotati di personalit giuridica e di autonomia amministrativa. Con regolamento da emanare ai sensi dell'articolo 17 della Legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, sono stabilite: a) le modalit di funzionamento del nuovo consiglio di istituto e l'articolazione del collegio dei docenti in sezioni corrispondenti alle scuole aggregate; b) la redistribuzione, tra soggetti obbligati, degli oneri riguardanti le spese di funzionamento; c) la conservazione delle denominazioni delle scuole aggregate. 187 In G.U. 28 dicembre 1996, n. 303 188 In G.U. 19 gennaio 1996, n. 15 189 In G.U. 23 agosto 1996, n. 197

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Articolo 4 (Inventari) 1. Allatto della aggregazione, per ogni istituto aggregato viene redatto lelenco dei beni in uso, che, ai sensi del comma 2 dellarticolo 3, passano nel patrimonio della nuova istituzione. Tale elenco utilizzato per lo scambio di consegne tra i capi di istituto e costituisce titolo valido per il discarico dei beni dallinventario di provenienza e per limpianto dellinventario della nuova istituzione o per il carico nellinventario dellistituto aggregante. 2. Lo scambio di consegne tra capi distituto deve riguardare anche i beni mobili in uso, di propriet degli enti locali o di altri enti, da descrivere in apposito elenco, una copia del quale dovr essere rimessa allente proprietario.

Articolo 5 (Nomina di commissario.) 1. Il provveditore agli studi, allatto della costituzione del nuovo istituto nomina un commissario per lamministrazione straordinaria delle competenze di cui allarticolo 9 del decreto del Ministro della pubblica istruzione, di concerto con il Ministro del tesoro, 28 maggio 1975, pubblicato nel supplemento ordinario n. 1 al Bollettino ufficiale - parte I - del Ministero della pubblica istruzione, n. 24-25 del 12-19 giugno 1975, che resta in carica sino allentrata in funzione del consiglio di istituto.(190) 2. Non si fa luogo alla nomina del commissario di cui al comma 1, qualora vengano aggregate sezioni staccate e/o sedi coordinate ad istituzione scolastica presso la quale sia in funzione il consiglio di istituto; in tal caso si proceder subito al rinnovo di detto organo collegiale.

Articolo 6 (Consiglio di istituto) 1. Viene costituito un unico consiglio di istituto secondo la normativa di cui allarticolo 8 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, con le attribuzioni previste dallarticolo 10 del medesimo decreto legislativo. 2. Le elezioni dei rappresentanti delle componenti docenti, genitori, alunni e del personale amministrativo, tecnico e ausiliario in seno al consiglio distituto hanno luogo sulla base di liste di candidati contrapposte senza distinzione di scuola e secondo le norme di cui alla parte I - titolo 1 - capo VI del citato decreto legislativo n. 297 del 1994. 3. Nel consiglio di istituto viene comunque riservato almeno un seggio ad ognuna delle componenti docenti, genitori e alunni di ciascuna delle scuole comprese nellaggregazione. 4. Il personale amministrativo, tecnico, ausiliario dipendente dagli enti locali esercita il diritto di elettorato insieme al corrispondente personale dello Stato.

Articolo 7 (Collegio dei docenti) 1. Per lesercizio delle competenze di cui allarticolo 7 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, viene costituito un unico collegio dei docenti articolato in tante sezioni quante sono le scuole presenti nella nuova istituzione. 2. Per pareri e deliberazioni relative a questioni e problematiche specifiche, ad esempio, adozione dei libri di testo, iniziative di sperimentazione, ecc., riferite alla singola scuola il capo di istituto convoca solo la corrispondente sezione; in tali casi le pronunce hanno valenza circoscritta ai singoli ordini di scuola. 3. Lattivit di ciascuna sezione deve essere coerente con il piano annuale delle attivit formative dellistituto e con la programmazione didattico - educativa generale, la cui elaborazione compete al collegio plenario dei docenti, ai sensi dellarticolo 7, comma 2, del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297. 4. I collaboratori del preside sono eletti, a norma dellarticolo 7, comma 2, lettera h), del citato decreto legislativo n. 297 del 1994, sulla base del numero complessivo degli alunni dellistituzione scolastica,
190 In materia di gestione amministrativo-contabile delle istituzioni scolastiche v. ora il regolamento emanato con decreto ministeriale 1 febbraio 2001, n.44.

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avendo cura di assicurare per quanto possibile la rappresentanza dei docenti di tutte le scuole aggregate. Tra i collaboratori eletti il capo distituto sceglie il vicario, avendo cura di far cadere la sua scelta su persona appartenente ad ordine di scuola diverso dal proprio.

Articolo 8 (Comitato per la valutazione del servizio) 1. Il collegio dei docenti elegge dal suo seno, ai sensi dellarticolo 11 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, il comitato per la valutazione del servizio degli insegnanti, assicurando per quanto possibile la rappresentanza dei docenti appartenenti alle differenziate tipologie scolastiche della aggregazione.

Articolo 9 (Bilancio) 1. La gestione finanziaria, amministrativa e contabile degli istituti aggregati si realizza attraverso un unico bilancio ed regolata dalla disciplina contenuta nel decreto del Ministro della pubblica istruzione, di concerto con il Ministro del tesoro, 28 maggio 1975, pubblicato nel supplemento ordinario n. 1 al Bollettino ufficiale - parte I - del Ministero della pubblica istruzione, n. 24-25 del 12-19 giugno 1975.(191) 2. I rapporti giuridici di debito e di credito, gli obblighi contrattuali e le disponibilit finanziarie, fondo cassa, che fanno capo allistituto aggregato titolare di autonomia, che cessa con laggregazione, sono trasferiti in testa alla nuova istituzione scolastica. Ove occorra, nel bilancio di questultima, saranno apportate le variazioni alle previsioni e sar operato il necessario assestamento. 3. Ulteriori istruzioni concernenti la disciplina degli aspetti di gestione e finanziari, nonch la gestione della fase transitoria del passaggio alla istituzione aggregata, saranno oggetto, se necessario, di specifiche disposizioni del Ministro della pubblica istruzione, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica.

Articolo 10 (Ripartizione degli oneri tra i soggetti obbligati) 1. Nelle ipotesi in cui nellaggregazione siano comprese scuole per le quali, ai sensi della normativa vigente, gli oneri relativi alle spese di funzionamento e quelli relativi al personale amministrativo, tecnico e ausiliario facciano carico a pi soggetti, questi procederanno alla relativa ripartizione a mezzo di apposita convenzione, da stipularsi tra il provveditore agli studi e gli enti interessati ai sensi dellarticolo 51, comma 6, del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, in proporzione alla loro partecipazione alle spese prima dellaggregazione; ai fini suddetti gli enti interessati potranno anche costituirsi in consorzio.

Articolo 11 (Province di Bolzano e Trento regione Sicilia e Valle dAosta) 1. Restano ferme le competenze delle province di Bolzano e di Trento, della regione Sicilia e della regione Valle dAosta in ordine allattuazione, con propria normativa, del disposto dellarticolo 1, comma 20, della legge 28 dicembre 1995, n. 549(192), con riferimento agli istituti rientranti nella propria competenza.

191

192In

Vedi nota precedente. G.U. 29 dicembre 1995, n. 302, S.O.

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decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno 1998, n. 233 (193). Regolamento recante norme per il dimensionamento ottimale delle istituzioni scolastiche e per la determinazione degli organici funzionali dei singoli istituti, a norma dellarticolo 21 della Legge 15 marzo 1997, n. 59 (194). Articolo1. (Finalit) 1. Il raggiungimento delle dimensioni ottimali delle istituzioni scolastiche ha la finalit di garantire lefficace esercizio dellautonomia prevista dallarticolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59, di dare stabilit nel tempo alle stesse istituzioni e di offrire alle comunit locali una pluralit di scelte, articolate sul territorio, che agevolino lesercizio del diritto allistruzione.(195) 2. Il dimensionamento altres finalizzato al conseguimento degli obiettivi didattico-pedagogici programmati, mediante linserimento dei giovani in una comunit educativa culturalmente adeguata e idonea a stimolarne le capacit di apprendimento e di socializzazione. 3. Il raggiungimento delle dimensioni stabilite a norma del comma 1 ha lulteriore finalit di assicurare alle istituzioni scolastiche la necessaria capacit di confronto, interazione e negoziazione con gli enti locali, le istituzioni, le organizzazioni sociali e le associazioni operanti nellambito territoriale di pertinenza. Articolo 2. (Parametri) 1. Lautonomia amministrativa, organizzativa, didattica e di ricerca e progettazione educativa riconosciuta alle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, ivi comprese quelle gi dotate di personalit giuridica, che raggiungono dimensioni idonee a garantire lequilibrio ottimale tra domanda di istruzione e organizzazione dellofferta formativa. A tal fine sono definiti, a norma dellarticolo 3, gli ambiti territoriali, di ampiezza differenziata a seconda del grado di istruzione, nei quali va assicurata la permanenza e la stabilit delle suddette istituzioni, con particolare riguardo alle caratteristiche demografiche, geografiche, economiche, socio-culturali del territorio, nonch alla sua organizzazione politico- amministrativa. 2. Ai fini indicati al comma 1, per acquisire o mantenere la personalit giuridica gli istituti di istruzione devono avere, di norma, una popolazione, consolidata e prevedibilmente stabile almeno per un quinquennio, compresa tra 500 e 900 alunni; tali indici sono assunti come termini di riferimento per assicurare lottimale impiego delle risorse professionali e strumentali. 3. Nelle piccole isole, nei comuni montani, nonch nelle aree geografiche contraddistinte da specificit etniche o linguistiche, gli indici di riferimento previsti dal comma 2 possono essere ridotti fino a 300 alunni per gli istituti comprensivi di scuola materna, elementare e media, o per gli istituti di istruzione secondaria superiore che comprendono corsi o sezioni di diverso ordine o tipo, previsti dal comma 6; nelle localit sopra indicate che si trovino in condizioni di particolare isolamento possono, altres, essere costituiti istituti comprensivi di scuole di ogni ordine e grado. Lindice massimo di cui al comma 2 pu essere superato nelle aree ad alta densit demografica, con particolare riguardo agli istituti di istruzione secondaria con finalit formative che richiedono beni strutturali, laboratori ed officine di alto valore artistico o tecnologico. 4. Nellambito degli indici, minimo e massimo, stabiliti dal comma 2, la dimensione ottimale di ciascuna istituzione scolastica definita in relazione agli elementi di seguito indicati: a) consistenza della popolazione scolastica residente nellarea territoriale di pertinenza, con riferimento a ciascun grado, ordine e tipo di scuola contemplato dallordinamento scolastico vigente; b) caratteristiche demografiche, orografiche, economiche e socio- culturali del bacino di utenza; c) estensione dei fenomeni di devianza giovanile e criminalit minorile; d) complessit di direzione, gestione e organizzazione didattica, con riguardo alla pluralit di gradi di scuole o indirizzi di studio coesistenti nella stessa istituzione, ivi comprese le attivit di educazione permanente, di istruzione degli adulti e di perfezionamento o specializzazione, nonch alla conduzione di
In Gazzetta Ufficiale 16 luglio 1998, n. 164. Con riferimento al D.P.R. n.233/1998sono state emanate dal Ministero della pubblica istruzione le seguenti circolari: 29 luglio 1998, n. 335; 1 ottobre 1998, n. 404; 12 novembre 1999, n. 272; 23 dicembre 1999, n. 314; 13 aprile 2000, n. 116. 195 In materia di programmazione del servizio scolastico e della rete scolastica, di programmazione dellofferta formativa integrata, di istituzione, aggregazione, fusione e soppressione di scuole, di piani di organizzazione della rete scolastica, v. anche gli articoli: 16 (Definizioni), 137 (Competenze dello Stato), 138 (Deleghe alle regioni) e 139 (Trasferimenti alle province ed ai comuni) del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, che hanno delineato lassetto delle competenze dello Stato, delle regioni e degli enti locali nelle materia predette.
193 194

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aziende agrarie, convitti annessi, officine e laboratori ad alta specializzazione o con rilevante specificit. 5. Qualora le singole scuole non raggiungano gli indici di riferimento sopra indicati sono unificate orizzontalmente con le scuole dello stesso grado comprese nel medesimo ambito territoriale o verticalmente in istituti comprensivi, a seconda delle esigenze educative del territorio e nel rispetto della progettualit territoriale. 6. Per garantire la permanenza, negli ambiti territoriali definiti ai sensi dellarticolo 3, di scuole che non raggiungono, da sole o unificate con scuole dello stesso grado, dimensioni ottimali, sono costituiti istituti di istruzione comprensivi di scuola materna, elementare e media. Allo stesso fine e per assicurare la pi efficace corrispondenza tra gli istituti di istruzione secondaria superiore e le caratteristiche del territorio di riferimento, nonch tra la necessaria variet dei percorsi formativi proposti da ciascun istituto e la domanda di istruzione espressa dalla popolazione scolastica, si procede alla unificazione di istituti di diverso ordine o tipo che non raggiungono, separatamente, le dimensioni ottimali e insistono sullo stesso bacino dutenza, ivi comprese le sezioni staccate e scuole coordinate dipendenti da istituti posti in localit distanti e compresi in altri ambiti territoriali di riferimento; tali istituzioni assumono la denominazione di istituto di istruzione secondaria superiore.(196) 7. Nelle province il cui territorio per almeno un terzo montano, in cui le condizioni di viabilit statale e provinciale siano disagevoli e in cui vi sia dispersione e rarefazione di insediamenti abitativi sono concesse deroghe automatiche agli indici di riferimento previsti dal comma 2, anche sulla base di criteri preventivamente stabiliti dalle regioni, in sede di conferenza provinciale convocata a norma dellarticolo 3. 8. Gli indici minimi di riferimento previsti dal comma 3 sono applicabili anche agli istituti secondari di istruzione artistica, professionale e tecnica con indirizzi formativi particolarmente specializzati e a diffusione limitata nellambito nazionale e regionale. 9. Le disposizioni contenute nei commi 3, 4, 5, 6 e 8 non si applicano alle scuole e istituti di istruzione statali con lingua dinsegnamento slovena. A tali scuole sar attribuita lautonomia scolastica ai fini dellesercizio del diritto allo studio, anche in assenza dei parametri minimi di cui allarticolo 2, comma 3, e sulla base della distribuzione territoriale degli allievi che le frequentano. Nellattribuire lautonomia alle scuole con lingua dinsegnamento italiana, site negli stessi ambiti territoriali, le conferenze provinciali terranno conto delle decisioni assunte nei confronti delle scuole con lingua dinsegnamento slovena. 10. Gli indici di riferimento previsti dai commi 3, 5, 6 e 8 si applicano agli istituti di istruzione che comprendono scuole con particolari finalit, funzionanti ai sensi dellarticolo 324 del testo unico approvato con decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, con il dovuto riguardo alle specifiche esigenze formative degli alunni frequentanti le suddette scuole.

Articolo 3. (Piani provinciali di dimensionamento) 1. I piani di dimensionamento delle istituzioni scolastiche previsti dallarticolo 21, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59 (197), al fine dellattribuzione dellautonomia e personalit giuridica, sono definiti in conferenze provinciali di organizzazione della rete scolastica, nel rispetto degli indirizzi di programmazione e dei criteri generali, riferiti anche agli ambiti territoriali, preventivamente adottati dalle regioni. 2. Entro il 31 ottobre 1998 il presidente della provincia, anche in assenza degli indirizzi e dei criteri di cui al comma 1, convoca la conferenza provinciale alla quale partecipano, oltre alla provincia, i comuni e le comunit montane; ad essa partecipano di diritto il dirigente competente della amministrazione periferica della pubblica istruzione e il presidente del consiglio scolastico provinciale, assicurando il coinvolgimento di tutti i soggetti scolastici interessati. Ove il presidente della provincia non provveda tempestivamente alla convocazione, questa pu essere fatta dal sindaco del comune capoluogo di provincia o, in mancanza, dal dirigente del competente ufficio periferico dellamministrazione scolastica. 3. Nella prima riunione sono determinate le modalit operative per la predisposizione e la successiva discussione e definizione delle proposte avanzate dai soggetti partecipanti alla conferenza provinciale, compresi i criteri per la promozione di incontri e accordi per ambiti territoriali ristretti. 4. Gli ambiti territoriali di riferimento e le dimensioni ottimali delle istituzioni scolastiche sono
196 Relativamente agli istituti di istruzione secondaria superiore, v. anche lart. 1, comma 20 della legge 28 dicembre 1995, n. 549, ed il relativo regolamento di attuazione emanato con il D.P.R. 2 marzo 1998, n. 157 riportato . 197 Riportato in Appendice.

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individuati dalle conferenze previste dai precedenti commi. 5. I dirigenti competenti della amministrazione periferica della pubblica istruzione predispongono la documentazione necessaria per la conferenza provinciale di organizzazione, con tutti gli opportuni elementi di informazione; gli stessi dirigenti, altres, acquisiscono e comunicano alle conferenze provinciali di cui al comma 3 eventuali pareri e proposte dei consigli scolastici distrettuali e degli organi collegiali degli istituti distruzione interessati. I dati, i documenti e le informazioni di cui sopra, unitamente alle proposte formulate, sono contemporaneamente trasmessi alle regioni e ai consigli provinciali e distrettuali competenti per territorio. 6. Il piano di dimensionamento delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado approvato dalle conferenze provinciali entro il 31 dicembre 1998, anche in assenza degli indirizzi e dei criteri di cui al comma 1. 7. I piani contengono anche proposte specifiche per le zone di confine tra province o regioni, allo scopo di garantire le migliori condizioni di fruibilit del servizio scolastico. 8. Le regioni approvano il piano regionale di dimensionamento entro il 28 febbraio 1999, sulla base dei piani provinciali assicurandone il coordinamento, nel rispetto degli organici prestabiliti, ai sensi dellarticolo 5, comma 1, e dei parametri di riferimento previsti dallarticolo 2. Le regioni deliberano sui casi previsti dal comma 7, previa intesa, ove necessario, con le regioni confinanti. 9. I piani, possono essere modificati nel corso dellanno successivo alla loro approvazione e hanno, comunque, completa e definitiva attuazione entro linizio dellanno scolastico 2000- 2001(198).

Articolo 4. (Attribuzione della personalit giuridica e dellautonomia) 1. I dirigenti dellamministrazione scolastica periferica adottano, in attuazione dei piani approvati dalle regioni, i provvedimenti conseguenti, ivi compresi quelli di riconoscimento dellautonomia alle singole istituzioni scolastiche e di attribuzione della personalit giuridica alle istituzioni scolastiche che ne siano prive. 2. Agli enti locali attribuita ogni competenza in materia di soppressione, istituzione, trasferimento di sedi, plessi, unit delle istituzioni scolastiche che abbiano ottenuto la personalit giuridica e lautonomia. Tale competenza esercitata su proposta e, comunque previa intesa, con le istituzioni scolastiche interessate con particolare riguardo al raggiungimento delle finalit di cui allarticolo 1, comma 2, nel rispetto delle competenze di cui allarticolo 137 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. 5. Organici pluriennali. 1. La consistenza complessiva degli organici del personale della scuola, ivi compresi i dirigenti scolastici, predeterminata a livello nazionale per il triennio 1998-2000 a norma delle vigenti disposizioni, articolata su base regionale e ripartita per aree provinciali o sub-provinciali. Le successive rideterminazioni sono attuate ai sensi della normativa in vigore, in relazione alle funzioni di programmazione e riorganizzazione della rete scolastica attribuite alle regioni dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, tenendo conto: a) del numero degli alunni previsti, distinti per et e per ordine e grado di scuole; b) del numero degli istituti previsti, delle loro dimensioni e dellarticolazione delle stesse istituzioni sul territorio; c) delle caratteristiche demografiche e orografiche di ciascuna regione; d) degli indici di disagio economico e socio-culturale; e) degli obiettivi correlati alleconomia regionale e allevoluzione del mercato del lavoro; f) della distribuzione per ambiti disciplinari del personale in servizio. 2. Entro il limite della dotazione organica provinciale complessiva lorganico funzionale di ciascuna istituzione scolastica definito dai dirigenti dellamministrazione scolastica periferica, in conformit ai criteri e ai parametri generali stabiliti a norma del comma 1, sulla base dei seguenti dati di riferimento ed elementi di valutazione: a) numero degli alunni e delle classi previste, distinti per anno di corso e indirizzo di studi; b) insegnamenti da impartire nelle classi previste in relazione agli obiettivi formativi previsti dai corrispondenti curricoli; c) esigenze di sostegno degli alunni portatori di handicap;

198

Sullavvio del nuovo regime di autonomia delle istituzioni scolastiche v. anche larticolo 2, comma 2 del D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275.

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d) attivit didattiche finalizzate al recupero della dispersione scolastica e degli insuccessi formativi, alla sperimentazione di nuovi metodi didattici e di nuovi ordinamenti e strutture curricolari, alladattamento dei percorsi formativi, secondo criteri di flessibilit e modularit, alle esigenze di personalizzazione dei processi di apprendimento, alle caratteristiche delleconomia regionale o locale e allevoluzione del mercato del lavoro; e) azioni di supporto socio-psico-pedagogico, organizzativo e gestionale, di ricerca educativa e scientifica di orientamento scolastico e professionale e di valutazione dei processi formativi, tenuto conto anche delleventuale articolazione della funzione docente sulla base di particolari profili di specializzazione; f) esigenze specifiche delle istituzioni che operano in zone a rischio di devianza giovanile e criminalit minorile, ovvero nelle comunit montane e nelle piccole isole; g) prevedibili necessit di copertura dei posti di insegnamento vacanti e di sostituzione degli insegnanti assenti per periodi di durata inferiore allintero anno scolastico. 3. Le risorse umane necessarie per le finalit indicate alle lettere d), e), f) e g) del comma 2, sono attribuite alle singole istituzioni scolastiche o a reti di scuole, anche sulla base delle richieste e dei progetti formativi delle stesse istituzioni. 4. Nei limiti delle dotazioni organiche assegnate i dirigenti scolastici, nel rispetto delle competenze degli organi collegiali della scuola, procedono alla formazione delle classi e, in conformit ai principi e criteri stabiliti con la contrattazione collettiva decentrata a livello nazionale e territoriale, attribuiscono ai singoli docenti le funzioni da svolgere. 5. Le scuole annesse ad istituti di educazione statale non hanno personalit giuridica distinta dagli istituti di appartenenza. La dotazione organica di istituto relativa alle suddette scuole, considerata nella sua entit complessiva, determinata ai sensi dei commi 1 e 2. 6. Gli organici di cui al comma 1, per le scuole e gli istituti di istruzione statali in lingua slovena delle province di Gorizia e Trieste sono separatamente determinati e distinti dallorganico complessivo riferito alla regione di appartenenza.

Articolo 6 (Dotazione finanziaria di istituto)(199) 1. Gli stanziamenti iscritti nello stato di previsione della spesa del Ministero della pubblica istruzione per il funzionamento amministrativo e didattico delle istituzioni scolastiche sono ripartiti, con decreto del Ministro della pubblica istruzione, su base regionale, in proporzione alla popolazione scolastica e al numero di istituti di istruzione. Essi sono articolati a livello provinciale o subprovinciale e sono distinti in assegnazioni ordinarie e perequative. Le assegnazioni perequative sono calcolate in relazione alle condizioni demografiche, orografiche, economiche e socio- culturali del territorio. Sui criteri di ripartizione delle assegnazioni perequative sentito il parere della conferenza unificata Stato-regioni-citt e autonomie locali. 2. Le dotazioni finanziarie determinate ai sensi del comma 1 sono assegnate alle singole istituzioni dai dirigenti degli uffici periferici dellamministrazione scolastica, in conformit ai criteri generali e agli indici di riferimento fissati dal decreto di cui allo stesso comma 1. 3. Le istituzioni scolastiche utilizzano le risorse finanziarie a loro assegnate senza altro vincolo di destinazione che quello dellutilizzazione prioritaria per lo svolgimento delle attivit di istruzione, di formazione e di orientamento proprie di ciascun grado, ordine e tipo di scuola, nel rispetto delle competenze attribuite, nelle stesse materie, alle regioni e agli enti locali con il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. 4. Le disposizioni del presente articolo non escludono lapporto di ulteriori risorse finanziarie da parte dello Stato, delle regioni, degli enti locali, di altri enti e di privati per lattuazione di progetti promossi e finanziati con risorse a destinazione specifica. 5. Lo Stato, le regioni, gli enti locali, le istituzioni scolastiche ed altri soggetti pubblici e privati possono stipulare accordi di programma per la gestione di attivit previste dai commi 3 e 4.

Articolo 7 (Esclusioni)

199

Sulla dotazione finanziaria distituto v. larticolo 21, comma 5 della legge 15 marzo 1997, n. 59 come integrato dallarticolo 2, comma 3 del decreto legge 28 agosto 2000, n. 240, convertito con modificazioni dalla legge 27 ottobre 2000, n. 306.

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1. Le disposizioni di cui al presente regolamento non si applicano alle accademie di belle arti, di danza e di arte drammatica, ai conservatori di musica, agli istituti superiori per le industrie artistiche, alle scuole italiane allestero e agli istituti di educazione, salvo il disposto dellarticolo 5, comma 5. 2. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano disciplinano con proprie leggi le materie di cui al presente regolamento, nel rispetto e nei limiti dei propri statuti e delle relative norme di attuazione. 3. In mancanza di norme statutarie o di attuazione dei relativi statuti, che attribuiscano alle regioni a statuto speciale competenza legislativa in materie disciplinate dal presente regolamento, si applicano le disposizioni dei precedenti articoli.

Articolo 8. (Abrogazioni) 1. Ai sensi dellarticolo 21, comma 13, della legge 15 marzo 1997, n. 59 (200), sono abrogati gli articoli 442, comma 3, e 548, comma 5, del testo unico approvato con decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e larticolo 1, comma 22, della legge 28 dicembre 1995, n. 549.

200

Riportato in Appendice.

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decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275 (201) Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dellarticolo 21 della Legge 15 marzo 1997, n. 59 (202) TITOLO I Istituzioni scolastiche nel quadro dellautonomia Capo I - Definizioni e oggetto Articolo 1 (Natura e scopi dellautonomia delle istituzioni scolastiche) 1. Le istituzioni scolastiche sono espressioni di autonomia funzionale e provvedono alla definizione e alla realizzazione dellofferta formativa, nel rispetto delle funzioni delegate alla Regioni e dei compiti e funzioni trasferiti agli enti locali, ai sensi degli articoli 138 e 139 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. A tal fine interagiscono tra loro e con gli enti locali promuovendo il raccordo e la sintesi tra le esigenze e le potenzialit individuali e gli obiettivi nazionali del sistema di istruzione. 2. Lautonomia delle istituzioni scolastiche garanzia di libert di insegnamento e di pluralismo culturale e si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il successo formativo, coerentemente con le finalit e gli obiettivi generali del sistema di istruzione e con lesigenza di migliorare lefficacia del processo di insegnamento e di apprendimento.

Articolo 2. (Oggetto) 1. Il presente regolamento detta la disciplina generale dellautonomia delle istituzioni scolastiche, individua le funzioni ad esse trasferite e provvede alla ricognizione delle disposizioni di legge abrogate. 2. Il presente regolamento, fatta salva limmediata applicazione delle disposizioni transitorie, si applica alle istituzioni scolastiche a decorrere dal 1 settembre 2000.(203) 3. Le istituzioni scolastiche parificate, pareggiate e legalmente riconosciute entro il termine di cui al comma 2 adeguano, in coerenza con le proprie finalit, il loro ordinamento alle disposizioni del presente regolamento relative alla determinazione dei curricoli, e lo armonizzano con quelle relative allautonomia didattica, organizzativa, di ricerca, sperimentazione e sviluppo e alle iniziative finalizzate allinnovazione. A esse si applicano altres le disposizioni di cui agli articoli 12 e 13.(204) 4. Il presente regolamento riguarda tutte le diverse articolazioni del sistema scolastico, i diversi tipi e indirizzi di studio e le esperienze formative e le attivit nella scuola dellinfanzia. La terminologia adottata tiene conto della pluralit di tali contesti.

Capo II Autonomia didattica e organizzativa, di ricerca, sperimentazione e sviluppo Articolo 3 (Piano dellofferta formativa)

201 In G.U. 10 agosto 1999, n. 186, S.O. n.152/L. E da ricordare che in precedenza, in attesa dellemanazione dei regolamenti di cui allart. 21 della legge n. 59 del 1997 tra cui per lappunto il D.P.R. n. 275/1999 le istituzioni scolastiche erano state autorizzate a sperimentare lautonomia didattica e organizzativa, con lart. 1, comma 8 della legge 20 gennaio 1999, n. 9 sullelevazione dellobbligo scolastico e con lart. 8 del decreto ministeriale 9 agosto 1999, n. 323. Lart. 12, comma 1 dello stesso D.P.R. 275/1999 ha consentito alle istituzioni scolastiche in via transitoria, fino al 31 agosto 2000, lesercizio dellautonomia. 202 Riportato in Appendice. 203 V. al riguardo anche larticolo 3, comma 9 del D.P.R. 18 giugno 1998, n.233. 204 Sulla corrispondenza degli ordinamenti delle scuole parificate, pareggiate e legalmente riconosciute agli ordinamenti delle scuole statali v. anche larticolo 346 (scuole parificate) e gli articoli 352, 355 e 356 (scuole legalmente riconosciute e pareggiate) del testo unico. Per quanto concerne la corrispondenza degli ordinamenti delle scuole paritarie a quelli delle scuole statali v. larticolo 1, commi 2. 3, 4 e 5 della legge 10 marzo 2000, n.62.

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1. Ogni istituzione scolastica predispone, con la partecipazione di tutte le sue componenti, il Piano dellofferta formativa. Il Piano il documento fondamentale costitutivo dellidentit culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche ed esplicita la progettazione curricolare, extracurricolare, educativa ed organizzativa che le singole scuole adottano nellambito della loro autonomia. 2. Il Piano dellofferta formativa coerente con gli obiettivi generali ed educativi dei diversi tipi e indirizzi di studi determinati a livello nazionale a norma dellarticolo 8 e riflette le esigenze del contesto culturale, sociale ed economico della realt locale, tenendo conto della programmazione territoriale dellofferta formativa(205). Esso comprende e riconosce le diverse opzioni metodologiche, anche di gruppi minoritari, e valorizza le corrispondenti professionalit. 3. Il Piano dellofferta formativa elaborato dal collegio dei docenti sulla base degli indirizzi generali per le attivit della scuola e delle scelte generali di gestione e di amministrazione definiti dal consiglio di circolo o di istituto, tenuto conto delle proposte e dei pareri formulati dagli organismi e dalle associazioni anche di fatto dei genitori e, per le scuole secondarie superiori, degli studenti. Il Piano adottato dal consiglio di circolo o di istituto. 4. Ai fini di cui al comma 2 il dirigente scolastico attiva i necessari rapporti con gli enti locali e con le diverse realt istituzionali, culturali, sociali ed economiche operanti sul territorio. 5. Il Piano dellofferta formativa reso pubblico e consegnato agli alunni e alle famiglie allatto delliscrizione.

Articolo 4. (Autonomia didattica.) 1. Le istituzioni scolastiche, nel rispetto della libert di insegnamento, della libert di scelta educativa delle famiglie e delle finalit generali del sistema, a norma dellarticolo 8 concretizzano gli obiettivi nazionali in percorsi formativi funzionali alla realizzazione del diritto ad apprendere e alla crescita educativa di tutti gli alunni, riconoscono e valorizzano le diversit, promuovono le potenzialit di ciascuno adottando tutte le iniziative utili al raggiungimento del successo formativo. 2. Nellesercizio dellautonomia didattica le istituzioni scolastiche regolano i tempi dellinsegnamento e dello svolgimento delle singole discipline e attivit nel modo pi adeguato al tipo di studi e ai ritmi di apprendimento degli alunni. A tal fine le istituzioni scolastiche possono adottare tutte le forme di flessibilit che ritengono opportune e tra laltro: a) larticolazione modulare del monte ore annuale di ciascuna disciplina e attivit; b) la definizione di unit di insegnamento non coincidenti con lunit oraria della lezione e lutilizzazione, nellambito del curricolo obbligatorio di cui allarticolo 8, degli spazi orari residui; c) lattivazione di percorsi didattici individualizzati, nel rispetto del principio generale dellintegrazione degli alunni nella classe e nel gruppo, anche in relazione agli alunni in situazione di handicap secondo quanto previsto dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104(206); d) larticolazione modulare di gruppi di alunni provenienti dalla stessa o da diverse classi o da diversi anni di corso; e) laggregazione delle discipline in aree e ambiti disciplinari. 3. Nellambito dellautonomia didattica possono essere programmati, anche sulla base degli interessi manifestati dagli alunni, percorsi formativi che coinvolgono pi discipline e attivit, nonch insegnamenti in lingua straniera in attuazione di intese e accordi internazionali. 4. Nellesercizio della autonomia didattica le istituzioni scolastiche assicurano comunque la realizzazione di iniziative di recupero e sostegno, di continuit e di orientamento scolastico e professionale, coordinandosi con le iniziative eventualmente assunte dagli enti locali in materia di interventi integrati a norma dellarticolo 139, comma 2, lett. b), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. Individuano inoltre le modalit e i criteri di valutazione degli alunni nel rispetto della normativa nazionale ed i criteri per la valutazione periodica dei risultati conseguiti dalle istituzioni scolastiche rispetto agli obiettivi prefissati.
La programmazione territoriale dellofferta formativa un concetto sostanzialmente coincidente con quello della programmazione della rete scolastica e si raccorda con quello della programmazione dellofferta formativa integrata tra istruzione e formazione professionale; luna e laltra programmazione sono state delegate alle regioni con larticolo 138, comma 1, lettera a) del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.112. 206 Si ricorda che le norme in materia di integrazione scolastica degli alunni in situazioni di handicap, di cui alla legge 5 febbraio 1992, n.104, sono state in gran parte trasfuse negli articoli 312 e segg. del testo unico.
205

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5. La scelta, ladozione e lutilizzazione delle metodologie e degli strumenti didattici, ivi compresi i libri di testo, sono coerenti con il Piano dellofferta formativa di cui allarticolo 3 e sono attuate con criteri di trasparenza e tempestivit. Esse favoriscono lintroduzione e lutilizzazione di tecnologie innovative. 6. I criteri per il riconoscimento dei crediti e per il recupero dei debiti scolastici (207) riferiti ai percorsi dei singoli alunni sono individuati dalle istituzioni scolastiche avuto riguardo agli obiettivi specifici di apprendimento di cui allarticolo 8 e tenuto conto della necessit di facilitare i passaggi tra diversi tipi e indirizzi di studio, di favorire lintegrazione tra sistemi formativi, di agevolare le uscite e i rientri tra scuola, formazione professionale e mondo del lavoro. Sono altres individuati i criteri per il riconoscimento dei crediti formativi relativi alle attivit realizzate nellambito dellampliamento dellofferta formativa o liberamente effettuate dagli alunni e debitamente accertate o certificate. 7. Il riconoscimento reciproco dei crediti tra diversi sistemi formativi208 e la relativa certificazione sono effettuati ai sensi della disciplina di cui allarticolo 17 della legge 24 giugno 1997, n. 196(209), fermo restando il valore legale dei titoli di studio previsti dallattuale ordinamento.

Articolo 5. (Autonomia organizzativa) 1. Le istituzioni scolastiche adottano, anche per quanto riguarda limpiego dei docenti, ogni modalit organizzativa che sia espressione di libert progettuale e sia coerente con gli obiettivi generali e specifici di ciascun tipo e indirizzo di studio, curando la promozione e il sostegno dei processi innovativi e il miglioramento dellofferta formativa. 2. Gli adattamenti del calendario scolastico sono stabiliti dalle istituzioni scolastiche in relazione alle esigenze derivanti dal Piano dellofferta formativa, nel rispetto delle funzioni in materia di determinazione del calendario scolastico esercitate dalle Regioni a norma dellarticolo 138, comma 1, lettera d) del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112(210). 3. Lorario complessivo del curricolo e quello destinato alle singole discipline e attivit sono organizzati in modo flessibile, anche sulla base di una programmazione plurisettimanale, fermi restando larticolazione delle lezioni in non meno di cinque giorni settimanali e il rispetto del monte ore annuale, pluriennale o di ciclo previsto per le singole discipline e attivit obbligatorie. 4. In ciascuna istituzione scolastica le modalit di impiego dei docenti possono essere diversificate nelle varie classi e sezioni in funzione delle eventuali differenziazioni nelle scelte metodologiche ed organizzative adottate nel piano dellofferta formativa.

Articolo 6. (Autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo) 1. Le istituzioni scolastiche, singolarmente o tra loro associate, esercitano lautonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo tenendo conto delle esigenze del contesto culturale, sociale ed economico delle realt locali e curando tra laltro: a) la progettazione formativa e la ricerca valutativa; b) la formazione e laggiornamento culturale e professionale del personale scolastico; c) linnovazione metodologica e disciplinare;
Si ricorda che larticolo 193-bis del testo unico, introdotto dallarticolo 2, comma 1 del decreto legge 28 giugno 1995, n.253 convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto 1995, n. 352, aveva previsto interventi didattici ed educativi per il recupero di debiti scolastici. Tale articolo stato ricompreso tra le norme abrogate dallarticolo 17 del D.P.R. n.275. La legge 10 dicembre 1997, n.425 (articoli 3 e 5) ed il relativo regolamento emanato con D.P.R. 23 luglio 1998, n.323 (articolo 11) hanno introdotto e disciplinato il credito scolastico nello svolgimento dellesame di Stato. 208 In materia di riconoscimenti di crediti tra i sistemi formativi e relative certificazioni v. anche larticolo 8, comma 1, lettera g) di questo stesso D.P.R.; larticolo 1, comma 4 della legge 20 gennaio 1999, n.9 larticolo 9 del decreto ministeriale 9 agosto 1999, n.323, larticolo 68, commi 2 e 5 della legge 17 maggio 1999, n.144; gli articoli 6 e 8 del D.P.R. 12 luglio 2000, n.257; il paragrafo 1, punti 2 e 3 e i paragrafi 4 e 5 dellAccordo tra Governo, regioni, province, comuni e comunit montane, in materia di obbligo di frequenza delle attivit formative, di cui al Provvedimento 2 marzo 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.161 del 12 luglio 2000. 209 Larticolo 17 della legge 24 giugno 1997, n.196, in G.U. 4 luglio 1997, n. 154, S.O. ha riordinato la materia della formazione professionale. Le norme regolamentari di attuazione, oggetto del predetto articolo, non sono state, a tuttoggi, emanate. 210 Larticolo 138, comma 1, lettera d), ha delegato alle regioni la determinazione del calendario scolastico modificando quindi implicitamente le corrispondenti norme dellarticolo 74 del testo unico, che prevedevano lesercizio di quella funzione da parte degli organi dellamministrazione scolastica.
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d) la ricerca didattica sulle diverse valenze delle tecnologie dellinformazione e della comunicazione e sulla loro integrazione nei processi formativi; e) la documentazione educativa e la sua diffusione allinterno della scuola; f) gli scambi di informazioni, esperienze e materiali didattici; g) lintegrazione fra le diverse articolazioni del sistema scolastico e, dintesa con i soggetti istituzionali competenti, fra diversi sistemi formativi, ivi compresa la formazione professionale(211). 2. Se il progetto di ricerca e innovazione richiede modifiche strutturali che vanno oltre la flessibilit curricolare prevista dallarticolo 8, le istituzioni scolastiche propongono iniziative finalizzate alle innovazioni con le modalit di cui allarticolo 11. 3. Ai fini di cui al presente articolo le istituzioni scolastiche sviluppano e potenziano lo scambio di documentazione e di informazioni attivando collegamenti reciproci, nonch con il Centro europeo delleducazione, la Biblioteca di documentazione pedagogica e gli Istituti regionali di ricerca, sperimentazione e aggiornamento educativi; tali collegamenti possono estendersi a universit e ad altri soggetti pubblici e privati che svolgono attivit di ricerca.

Articolo 7. (Reti di scuole.) 1. Le istituzioni scolastiche possono promuovere accordi di rete o aderire ad essi per il raggiungimento delle proprie finalit istituzionali. 2. Laccordo pu avere a oggetto attivit didattiche, di ricerca, sperimentazione e sviluppo, di formazione e aggiornamento; di amministrazione e contabilit, ferma restando lautonomia dei singoli bilanci; di acquisto di beni e servizi, di organizzazione e di altre attivit coerenti con le finalit istituzionali; se laccordo prevede attivit didattiche o di ricerca, sperimentazione e sviluppo, di formazione e aggiornamento, approvato, oltre che dal consiglio di circolo o di istituto, anche dal collegio dei docenti delle singole scuole interessate per la parte di propria competenza. 3. Laccordo pu prevedere lo scambio temporaneo di docenti, che liberamente vi consentono, fra le istituzioni che partecipano alla rete i cui docenti abbiano uno stato giuridico omogeneo. I docenti che accettano di essere impegnati in progetti che prevedono lo scambio rinunciano al trasferimento per la durata del loro impegno nei progetti stessi, con le modalit stabilite in sede di contrattazione collettiva. 4. Laccordo individua lorgano responsabile della gestione delle risorse e del raggiungimento delle finalit del progetto, la sua durata, le sue competenze e i suoi poteri, nonch le risorse professionali e finanziarie messe a disposizione della rete dalle singole istituzioni; laccordo depositato presso le segreterie delle scuole, ove gli interessati possono prenderne visione ed estrarne copia. 5. Gli accordi sono aperti alladesione di tutte le istituzioni scolastiche che intendano parteciparvi e prevedono iniziative per favorire la partecipazione alla rete delle istituzioni scolastiche che presentano situazioni di difficolt. 6. Nellambito delle reti di scuole, possono essere istituiti laboratori finalizzati tra laltro a: a) la ricerca didattica e la sperimentazione; b) la documentazione, secondo procedure definite a livello nazionale per la pi ampia circolazione, anche attraverso rete telematica, di ricerche, esperienze, documenti e informazioni; c) la formazione in servizio del personale scolastico; d) lorientamento scolastico e professionale. 7. Quando sono istituite reti di scuole, gli organici funzionali di istituto possono essere definiti in modo da consentire laffidamento a personale dotato di specifiche esperienze e competenze di compiti organizzativi e di raccordo interistituzionale e di gestione dei laboratori di cui al comma 6. 8. Le scuole, sia singolarmente che collegate in rete, possono stipulare convenzioni con universit statali o private, ovvero con istituzioni, enti, associazioni o agenzie operanti sul territorio che intendono dare il loro apporto alla realizzazione di specifici obiettivi. 9. Anche al di fuori dellipotesi prevista dal comma 1, le istituzioni scolastiche possono promuovere e partecipare ad accordi e convenzioni per il coordinamento di attivit di comune interesse che coinvolgono, su progetti determinati, pi scuole, enti, associazioni del volontariato e del privato sociale. Tali accordi e convenzioni sono depositati presso le segreterie delle scuole dove gli interessati possono prenderne visione ed estrarne copia.
Sullintegrazione fra i diversi sistemi formativi v. anche larticolo 9 e la relativa nota .

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10. Le istituzioni scolastiche possono costituire o aderire a consorzi pubblici e privati per assolvere compiti istituzionali coerenti col Piano dellofferta formativa di cui allarticolo 3 e per lacquisizione di servizi e beni che facilitino lo svolgimento dei compiti di carattere formativo.

Capo III Curricolo nellautonomia Articolo 8 (Definizione dei curricoli)(212) 1. Il Ministro della pubblica istruzione, previo parere delle competenti commissioni parlamentari sulle linee e sugli indirizzi generali, definisce a norma dellarticolo 205 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione, per i diversi tipi e indirizzi di studio: a) gli obiettivi generali del processo formativo; b) gli obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni; c) le discipline e le attivit costituenti la quota nazionale dei curricoli e il relativo monte ore annuale; d) lorario obbligatorio annuale complessivo dei curricoli comprensivo della quota nazionale obbligatoria e della quota obbligatoria riservata alle istituzioni scolastiche; e) i limiti di flessibilit temporale per realizzare compensazioni tra discipline e attivit della quota nazionale del curricolo; f) gli standard relativi alla qualit del servizio; g) gli indirizzi generali circa la valutazione degli alunni, il riconoscimento dei crediti e dei debiti formativi; h) i criteri generali per lorganizzazione dei percorsi formativi finalizzati alleducazione permanente degli adulti, anche a distanza, da attuare nel sistema integrato di istruzione, formazione, lavoro, sentita la Conferenza unificata(213). 2. Le istituzioni scolastiche determinano, nel Piano dellofferta formativa il curricolo obbligatorio per i propri alunni in modo da integrare, a norma del comma 1, la quota definita a livello nazionale con la quota loro riservata che comprende le discipline e le attivit da esse liberamente scelte. Nella determinazione del curricolo le istituzioni scolastiche precisano le scelte di flessibilit previste dal comma 1, lettera e). 3. Nellintegrazione tra la quota nazionale del curricolo e quella riservata alle scuole garantito il carattere unitario del sistema di istruzione ed valorizzato il pluralismo culturale e territoriale, nel rispetto delle diverse finalit della scuola dellobbligo e della scuola secondaria superiore. 4. La determinazione del curricolo tiene conto delle diverse esigenze formative degli alunni concretamente rilevate, della necessit di garantire efficaci azioni di continuit e di orientamento, delle esigenze e delle attese espresse dalle famiglie, dagli enti locali, dai contesti sociali, culturali ed economici del territorio. Agli studenti e alle famiglie possono essere offerte possibilit di opzione. 5. Il curricolo della singola istituzione scolastica, definito anche attraverso una integrazione tra sistemi formativi sulla base di accordi con le Regioni e gli Enti locali negli ambiti previsti dagli articoli 138 e 139 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, pu essere personalizzato in relazione ad azioni, progetti o accordi internazionali. 6. Ladozione di nuove scelte curricolari o la variazione di scelte gi effettuate deve tenere conto delle attese degli studenti e delle famiglie in rapporto alla conclusione del corso di studi prescelto Articolo 9 (Ampliamento dellofferta formativa) 1. Le istituzioni scolastiche, singolarmente, collegate in rete o tra loro consorziate, realizzano ampliamenti dellofferta formativa che tengano conto delle esigenze del contesto culturale, sociale ed economico delle realt locali. I predetti ampliamenti consistono in ogni iniziativa coerente con le proprie finalit, in favore dei propri alunni e, coordinandosi con eventuali iniziative promosse dagli enti locali, in favore della popolazione giovanile e degli adulti.
212

213Sulle

La prima definizione dei curricoli a norma dellarticolo 8 avvenuta con il decreto ministeriale 26 giugno 2000, n.234. v. anche larticolo 9, commi 1 e 4, nonch lO.M. n.455 del 29 luglio 1997 diramata con C.M. n.456 in pari data; lAccordo tra Governo, regioni, province, comuni e comunit montane, di cui al Provvedimento 2 marzo 2000; le Linee-guida di cui alla Direttiva del Ministro della pubblica istruzione n. 22 del 6 febbraio 2001.

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2. I curricoli determinati a norma dellarticolo 8 possono essere arricchiti con discipline e attivit facoltative che per la realizzazione di percorsi formativi integrati(214), le istituzioni scolastiche programmano sulla base di accordi con le Regioni e gli Enti locali. 3. Le istituzioni scolastiche possono promuovere e aderire a convenzioni o accordi stipulati a livello nazionale, regionale o locale, anche per la realizzazione di specifici progetti. 4. Le iniziative in favore degli adulti possono realizzarsi, sulla base di specifica progettazione, anche mediante il ricorso a metodi e strumenti di autoformazione e a percorsi formativi personalizzati. Per lammissione ai corsi e per la valutazione finale possono essere fatti valere crediti formativi maturati anche nel mondo del lavoro, debitamente documentati, e accertate esperienze di autoformazione. Le istituzioni scolastiche valutano tali crediti ai fini della personalizzazione dei percorsi didattici, che pu implicare una loro variazione e riduzione. 5. Nellambito delle attivit in favore degli adulti possono essere promosse specifiche iniziative di informazione e formazione destinate ai genitori degli alunni.

Articolo 10 (Verifiche e modelli di certificazione) 1. Per la verifica del raggiungimento degli obiettivi di apprendimento e degli standard di qualit del servizio il Ministero della pubblica istruzione fissa metodi e scadenze per rilevazioni periodiche. Fino allistituzione di un apposito organismo autonomo le verifiche sono effettuate dal Centro europeo delleducazione, riformato a norma dellarticolo 21, comma 10, della legge 15 marzo 1997, n. 59.(215) (216) 2. Le rilevazioni di cui al comma 1 sono finalizzate a sostenere le scuole per lefficace raggiungimento degli obiettivi attraverso lattivazione di iniziative nazionali e locali di perequazione, promozione, supporto e monitoraggio, anche avvalendosi degli ispettori tecnici. 3. Con decreto del Ministro della pubblica istruzione sono adottati i nuovi modelli per le certificazioni, le quali, indicano le conoscenze, le competenze, le capacit acquisite e i crediti formativi riconoscibili, compresi quelli relativi alle discipline e alle attivit realizzate nellambito dellampliamento dellofferta formativa o liberamente scelte dagli alunni e debitamente certificate.

Articolo 11 (Iniziative finalizzate allinnovazione) 1. Il Ministro della pubblica istruzione, anche su proposta del Consiglio nazionale della pubblica istruzione, del Servizio nazionale per la qualit dellistruzione, di una o pi istituzioni scolastiche, di uno o pi Istituti regionali di ricerca, sperimentazione e aggiornamenti educativi(217), di una o pi Regioni o enti locali, promuove, eventualmente sostenendoli con appositi finanziamenti disponibili negli ordinari stanziamenti di bilancio, progetti in ambito nazionale, regionale e locale, volti a esplorare possibili innovazioni riguardanti gli ordinamenti degli studi, la loro articolazione e durata, lintegrazione fra sistemi formativi, i processi di continuit e orientamento. Riconosce altres progetti di iniziative innovative delle singole istituzioni scolastiche riguardanti gli ordinamenti degli studi quali disciplinati ai sensi dellarticolo 8. Sui progetti esprime il proprio parere il Consiglio nazionale della pubblica istruzione. 2. I progetti devono avere una durata predefinita e devono indicare con chiarezza gli obiettivi; quelli attuati devono essere sottoposti a valutazione dei risultati, sulla base dei quali possono essere definiti nuovi
In materia di programmazione territoriale dellofferta formativa, di offerta formativa integrata, di percorsi integrati o di interventi integrati v. anche larticolo 3, comma 2; larticolo 4, comma 4; larticolo 6, comma 1, lettera g); e larticolo 8, comma 5, nonch: larticolo 21, comma 10 della legge 15 marzo 1997, n.59 ; larticolo 1, comma 1 e larticolo 3 della legge 18 dicembre 1997, n.440, ; larticolo 40, comma 1, ultimo periodo della legge 27 dicembre 1997, n.449; larticolo 138, comma 1, lettera a) e larticolo 139, comma 2, lettere b), ed f) del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.112; larticolo 4, comma 3, lettera c), larticolo 6 e larticolo 7 del decreto ministeriale 9 agosto 1999, n.323; il Provvedimento 2 marzo 2000 concernente lAccordo tra governo, regioni, province, comuni e comunit montane, in materia di frequenza delle attivit formative in attuazione dellarticolo 68 della legge 17 maggio 1999, n.144; larticolo 7 del D.P.R. 12 luglio 2000, n.257, che identifica le tipologie fondamentali dei percorsi formativi integrati promuovibili dalle istituzioni scolastiche. 215 Il Centro europeo delleducazione, ora Istituto nazionale per la valutazione del sistema dellistruzione, stato riformato con il decreto legislativo 20 luglio 1999, n. 258., e riorganizzato con il D.P.R. 21 settembre 2000, n.313. 216 Larticolo 21 della legge 15 marzo 1997, n.59 riportato 217 Gli Istituti regionali di ricerca, sperimentazione e aggiornamento educativi (IRRSAE), ora Istituti regionali di ricerca educativa (IRRE) sono stati riformati con il D.P.R. [a data odierna non pubblicato]., in attuazione dellarticolo 76 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n.300.
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curricoli e nuove scansioni degli ordinamenti degli studi, con le procedure di cui allarticolo 8. Possono anche essere riconosciute istituzioni scolastiche che si caratterizzano per linnovazione nella didattica e nellorganizzazione. 3. Le iniziative di cui al comma 1 possono essere elaborate e attuate anche nel quadro di accordi adottati a norma dellarticolo 2, commi 203 e seguenti, della legge 23 dicembre 1996, n. 662(218). 4. riconosciuta piena validit agli studi compiuti dagli alunni nellambito delle iniziative di cui al comma 1, secondo criteri di corrispondenza fissati con decreto del Ministro della pubblica istruzione che promuove o riconosce le iniziative stesse. 5. Sono fatte salve, fermo restando il potere di revoca dei relativi decreti, le specificit ordinamentali e organizzative delle scuole riconosciute ai sensi dellarticolo 278, comma 5, del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297(219).

Capo IV Disciplina transitoria Articolo 12 (Sperimentazione dellautonomia) 1. Fino alla data di cui allarticolo 2, comma 2, le istituzioni scolastiche esercitano lautonomia ai sensi del decreto del Ministro della pubblica istruzione in data 29 maggio 1998, i cui contenuti possono essere progressivamente modificati ed ampliati dal Ministro della pubblica istruzione con successivi decreti. 2. Le istituzioni scolastiche possono realizzare compensazioni fra le discipline e le attivit previste dagli attuali programmi. Il decremento orario di ciascuna disciplina e attivit possibile entro il quindici per cento del relativo monte orario annuale. 3. Nella scuola materna ed elementare lorario settimanale, fatta salva la flessibilit su base annua prevista dagli articoli 4, 5 e 8, deve rispettare, per la scuola materna, i limiti previsti dai commi 1 e 3 dellarticolo 104 e, per la scuola elementare, le disposizioni di cui allarticolo 129, commi 1, 3, 4, 5 e 7, e allarticolo 130 del decreto legislativo del 16 aprile 1994, n. 297. 4. Le istruzioni generali di cui allarticolo 21, commi 1 e 14, della legge 15 marzo 1997, n. 59, sono applicate in via sperimentale e progressivamente estese a tutte le istituzioni scolastiche dallanno finanziario immediatamente successivo alla loro emanazione.

Articolo 13 (Ricerca metodologica) 1. Fino alla definizione dei curricoli di cui allarticolo 8 si applicano gli attuali ordinamenti degli studi e relative sperimentazioni, nel cui ambito le istituzioni scolastiche possono contribuire a definire gli obiettivi specifici di apprendimento di cui allarticolo 8, riorganizzando i propri percorsi didattici secondo modalit fondate su obiettivi formativi e competenze. 2. Il Ministero della pubblica istruzione garantisce la raccolta e lo scambio di tali ricerche ed esperienze, anche mediante listituzione di banche dati accessibili a tutte le istituzioni scolastiche.

TITOLO II Funzioni amministrative e gestione del servizio di istruzione Capo I Attribuzione, ripartizione e coordinamento delle funzioni

218 Larticolo 2, commi 203 e segg, individua le tipologie di accordi sulla cui base possono essere regolati gli interventi che coinvolgono una molteplicit di soggetti pubblici e privati ed implicano decisioni istituzionali e risorse finanziarie a carico delle amministrazioni statali, regionali e delle province autonome nonch degli enti locali. 219 Larticolo 278, comma 5 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, che compreso tra le norme individuate come abrogate dallarticolo 17 dello stesso D.P.R. n. 275, prevede il riconoscimento del carattere di scuola sperimentale a plessi, circoli o istituti. Il comma 5 del presente articolo fa salve solo le specificit gi riconosciute, mentre dallabrogazione dellarticolo 278 discende che non pi possibile accordare tale riconoscimento.

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Articolo 14 (Attribuzione di funzioni alle istituzioni scolastiche) 1. A decorrere dal 1 settembre 2000 alle istituzioni scolastiche sono attribuite le funzioni gi di competenza dellamministrazione centrale e periferica relative alla carriera scolastica e al rapporto con gli alunni, allamministrazione e alla gestione del patrimonio e delle risorse e allo stato giuridico ed economico del personale non riservate, in base allarticolo 15 o ad altre specifiche disposizioni, allamministrazione centrale e periferica. Per lesercizio delle funzioni connesse alle competenze escluse di cui allarticolo 15 e a quelle di cui allarticolo 138 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, le istituzioni scolastiche utilizzano il sistema informativo del Ministero della pubblica istruzione. Restano ferme le attribuzioni gi rientranti nella competenza delle istituzioni scolastiche non richiamate dal presente regolamento.(220)(221) 2. In particolare le istituzioni scolastiche provvedono a tutti gli adempimenti relativi alla carriera scolastica degli alunni e disciplinano, nel rispetto della legislazione vigente, le iscrizioni, le frequenze, le certificazioni, la documentazione, la valutazione, il riconoscimento degli studi compiuti in Italia e allestero ai fini della prosecuzione degli studi medesimi, la valutazione dei crediti e debiti formativi, la partecipazione a progetti territoriali e internazionali, la realizzazione di scambi educativi internazionali. A norma dellarticolo 4 del regolamento recante lo Statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 24 giugno 1998, n. 249, le istituzioni scolastiche adottano il regolamento di disciplina degli alunni.(222) 3. Per quanto attiene allamministrazione, alla gestione del bilancio e dei beni e alle modalit di definizione e di stipula dei contratti di prestazione dopera di cui allarticolo 40, comma 1, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, le istituzioni scolastiche provvedono in conformit a quanto stabilito dal regolamento di contabilit di cui allarticolo 21, commi 1 e 14, della legge 15 marzo 1997, n. 59, che pu contenere deroghe alle norme vigenti in materia di contabilit dello Stato, nel rispetto dei principi di universalit, unicit e veridicit della gestione e dellequilibrio finanziario. Tale regolamento stabilisce le modalit di esercizio della capacit negoziale e ogni adempimento contabile relativo allo svolgimento dellattivit negoziale medesima, nonch modalit e procedure per il controllo dei bilanci della gestione e dei costi.(223) 4. Le istituzioni scolastiche riorganizzano i servizi amministrativi e contabili tenendo conto del nuovo assetto istituzionale delle scuole e della complessit dei compiti ad esse affidati, per garantire allutenza un efficace servizio. Assicurano comunque modalit organizzative particolari per le scuole articolate in pi sedi. Le istituzioni scolastiche concorrono, altres, anche con iniziative autonome, alla specifica formazione e aggiornamento culturale e professionale del relativo personale per corrispondere alle esigenze derivanti dal presente regolamento. 5. Alle istituzioni scolastiche sono attribuite competenze in materia di articolazione territoriale della scuola. Tali competenze sono esercitate a norma dellarticolo 4, comma 2, del regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno 1998, n. 233. 6. Sono abolite tutte le autorizzazioni e le approvazioni concernenti le funzioni attribuite alle istituzioni scolastiche, fatto salvo quanto previsto dallarticolo 15. Ove allo scadere del termine di cui al comma 1 non sia stato ancora adottato il regolamento di contabilit di cui al comma 3, nelle more della sua adozione alle istituzioni scolastiche seguitano ad applicarsi gli articoli 26, 27, 28 e 29 del testo unico approvato con decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297. 7. I provvedimenti adottati dalle istituzioni scolastiche, fatte salve le specifiche disposizioni in materia di disciplina del personale e degli studenti, divengono definitivi il quindicesimo giorno dalla data della loro pubblicazione nellalbo della scuola. Entro tale termine, chiunque abbia interesse pu proporre reclamo allorgano che ha adottato latto, che deve pronunciarsi sul reclamo stesso nel termine di trenta giorni, decorso il quale latto diviene definitivo. Gli atti divengono altres definitivi a seguito della decisione sul reclamo.

Disposizioni in materia di decentramento di compiti alle istituzioni scolastiche e di semplificazione erano state introdotte gi con lat. 23, commi 4,5,6,7,8 e 9 della legge 23 dicembre 1994, n. 724. In relazione allavvio del decentramento di competenze alle istituzioni scolastiche v. la Circolare M.P.I. n.205 (Gabinetto) del 30 agosto 2000. 221 Lart. 1, comma 77 della legge 23 dicembre 1996, n. 662 aveva introdotto il c.d. budget, assegnato alle scuole dai provveditori agli studi, per il pagamento delle spese per le supplenze brevi e saltuarie. 222 Per il D.P.R. 24 giugno 1998, n. 249, in G.U. 29 luglio 1998, n. 175. 223 Il regolamento di contabilit stato adottato con decreto ministeriale 1 febbraio 2001, n.44.
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Articolo 15 (Competenze escluse) 1. Sono escluse dallattribuzione alle istituzioni scolastiche le seguenti funzioni in materia di personale, il cui esercizio legato ad un ambito territoriale pi ampio di quello di competenza della singola istituzione, ovvero richiede garanzie particolari in relazione alla tutela della libert di insegnamento: a) formazione delle graduatorie permanenti riferite ad ambiti territoriali pi vasti di quelli della singola istituzione scolastica; b) reclutamento del personale docente, amministrativo, tecnico e ausiliario con rapporto di lavoro a tempo indeterminato; c) mobilit esterna alle istituzioni scolastiche e utilizzazione del personale eccedente lorganico funzionale di istituto; d) autorizzazioni per utilizzazioni ed esoneri per i quali sia previsto un contingente nazionale; comandi, utilizzazioni e collocamenti fuori ruolo; e) riconoscimento di titoli di studio esteri, fatto salvo quanto previsto nellarticolo 14, comma 2.(224) 2. Resta ferma la normativa vigente in materia di provvedimenti disciplinari nei confronti del personale docente, amministrativo, tecnico e ausiliario.

Articolo 16(225) (Coordinamento delle competenze) 1. Gli organi collegiali della scuola garantiscono lefficacia dellautonomia delle istituzioni scolastiche nel quadro delle norme che ne definiscono competenze e composizione. 2. Il dirigente scolastico esercita le funzioni di cui al decreto legislativo 6 marzo 1998, n. 59, nel rispetto delle competenze degli organi collegiali. 3. I docenti hanno il compito e la responsabilit della progettazione e della attuazione del processo di insegnamento e di apprendimento. 4. Il responsabile amministrativo assume funzioni di direzione dei servizi di segreteria nel quadro dellunit di conduzione affidata al dirigente scolastico. 5. Il personale della scuola, i genitori e gli studenti partecipano al processo di attuazione e sviluppo dellautonomia assumendo le rispettive responsabilit. 6. Il servizio prestato dal personale della scuola ai sensi dellarticolo 15, comma 1, lettera d), purch riconducibile a compiti connessi con la scuola, resta valido a tutti gli effetti come servizio di istituto.

TITOLO III Disposizioni finali Capo I Abrogazioni Articolo 17 (Ricognizione delle disposizioni di legge abrogate) 1. Ai sensi dellarticolo 21, comma 13, della legge 15 marzo 1997, n. 59, sono abrogate con effetto dal 1 settembre 2000, le seguenti disposizioni del testo unico approvato con decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297; articolo 5, commi 9, 10 e 11; articolo 26; articolo 27, commi 3, 4, 5, 6, 8, 10, 11, 14, 15, 16, 17, 18, 19 e 20; articolo 28, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 7, limitatamente alle parole: e del consiglio scolastico distrettuale, 8 e 9; articolo 29, commi 2, 3, 4 e 5; articolo 104, commi 2, 3 e 4; articoli 105 e 106; articolo 119, commi 2 e 3; articolo 121; articolo 122, commi 2 e 3; articoli 123, 124, 125 e 126; articolo 128, commi 2, 5, 6, 7, 8 e 9; articolo 129,
Sulle competenze dellamministrazione centrale e periferica della pubblica istruzione v. ora il D.P.R. 6 novembre 2000, n. 347 e il decreto ministeriale 30 gennaio 2001.. 225 Larticolo vuole essere, sostanzialmente, una sorta di rinvio riepilogativo alle competenze ed ai distinti ruoli o funzioni delle varie categorie di componenti della comunit scolastica, nel nuovo contesto ordinamentale dellautonomia scolastica, evidenziandone le reciproche interrelazioni.
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commi 2, 4, limitatamente alla parola: settimanale e 6; articolo 143, comma 2; articoli 144, 165, 166, 167 e 168; articolo 176, commi 2 e 3; articolo 185, commi 1 e 2; articolo 193, comma 1, limitatamente alle parole e ad otto decimi in condotta; articoli 193-bis e 193-ter; articoli 276, 277, 278, 279, 280 e 281; articolo 328, commi 2, 3, 4, 5 e 6; articoli 329 e 330; articolo 603. 2. Resta salva la facolt di emanare, entro il 1 settembre 2000 regolamenti che individuino eventuali ulteriori disposizioni incompatibili con le norme del presente regolamento.

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Legge 22 Marzo 2000, n. 69(226) Interventi finanziari per il potenziamento e la qualificazione dellofferta di integrazione scolastica degli alunni con handicap

...omissis... Articolo 1. 1. Il Fondo di cui alla legge 18 dicembre 1997, n. 440, incrementato della somma di lire 25.369 milioni per il 2000 e lire 21.273 milioni annue a decorrere dal 2001, destinati al potenziamento ed alla qualificazione dellofferta di integrazione scolastica degli alunni in situazioni di handicap, con particolare attenzione per quelli con handicap sensoriali. 2. Lintero incremento di cui al comma 1 destinato per il 55 per cento alla realizzazione della riforma delle scuole e degli istituti a carattere atipico di cui allarticolo 21, comma 10, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e alla realizzazione degli interventi da questi programmati, compresi i corsi di alta qualificazione dei docenti, anche avvalendosi dellesperienza degli istituti che si sono tradizionalmente occupati delleducazione dei ragazzi e degli adulti con deficit sensoriale. Le risorse residue, pari al 45 per cento, sono destinate al finanziamento di interventi realizzati ai sensi del comma 3 del presente articolo. La ripartizione di risorse di cui al presente comma rimane ferma anche dopo linsediamento dei nuovi organi di gestione degli istituti suddetti. 3. Fino alla data di insediamento dei nuovi organi di gestione degli istituti di cui al comma 2, il Ministero della pubblica istruzione autorizzato ad utilizzare in tutto o in parte le disponibilit per gli interventi in favore degli alunni in situazioni di handicap, con particolare attenzione per quelli con handicap sensoriali di cui al comma 1, per finanziare progetti di integrazione scolastica degli alunni e di formazione del personale docente, anche nellambito di sperimentazioni dellautonomia didattica ed organizzativa. I progetti sono predisposti e realizzati dalle istituzioni scolastiche anche in collegamento con gli istituti di cui al comma 2 del presente articolo attualmente funzionanti, i quali possono a tal fine promuovere i necessari accordi, ovvero dal Ministero della pubblica istruzione mediante convenzioni con istituti specializzati nello studio e nella cura di specifiche forme di handicap che accettino di operare nel settore dellintegrazione scolastica. 4. Le risorse destinate agli interventi in favore degli alunni di cui al comma 1 sono aggiuntive rispetto a quelle ordinariamente destinate allintegrazione scolastica. Articolo 2. 1. Allonere derivante dalla presente legge si provvede, per gli anni 2000, 2001 e 2002, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2000-2002, nellambito dellunit previsionale di base di parte corrente Fondo speciale dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per lanno 2000, allo scopo parzialmente utilizzando laccantonamento relativo al Ministero della pubblica istruzione quanto a lire 17.869 milioni per lanno 2000 e lire 13.773 milioni per ciascuno degli anni 2001 e 2002 e laccantonamento relativo al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica quanto a lire 7.500 milioni per ciascuno degli anni 2000, 2001 e 2002. 2. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

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In G.U.28 marzo 2000, n. 73.

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decreto ministeriale 26 giugno 2000, n. 234 (227). Regolamento, recante norme in materia di curricoli nellautonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dellarticolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275.

IL MINISTRO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE di concerto con IL MINISTRO DEL TESORO, DEL BILANCIO E DELLA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA ...omissis... Adotta il seguente regolamento: Articolo1 Curricoli delle istituzioni scolastiche autonome. 1. A decorrere dal 1 settembre 2000, e sino a quando non sar data concreta attuazione alla legge 10 febbraio 2000, n. 30, gli ordinamenti e relative sperimentazioni funzionanti nellanno scolastico 1999/2000, sia per quanto riguarda i programmi di insegnamento che lorario di funzionamento delle scuole di ogni ordine e grado, ivi compresa la scuola materna, costituiscono, in prima applicazione dellarticolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, i curricoli delle istituzioni scolastiche alle quali stata riconosciuta autonomia a norma dellarticolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59. 2. Ai curricoli come definiti nel comma 1 si applicano tutti gli strumenti di flessibilit organizzativa, didattica e di autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo, secondo quanto previsto dal piano dellofferta formativa di ciascuna istituzione scolastica. Articolo2. Obiettivi specifici di apprendimento. 1. Nellmbito dei curricoli di cui allarticolo 1 ciascuna istituzione scolastica, pu riorganizzare, in sede di elaborazione del piano dellofferta formativa, i propri percorsi didattici secondo modalit fondate su obiettivi formativi specifici di apprendimento e competenze degli alunni, valorizzando lintroduzione di nuove metodologie didattiche, anche attraverso il ricorso alle tecnologie multimediali. 2. Al termine dellanno scolastico ogni istituzione scolastica valuta gli effetti degli interventi di cui al comma 1, che devono tendere al miglioramento dellinsegnamento e dellapprendimento al fine di far conseguire a ciascun alunno livelli di preparazione adeguati al raggiungimento dei gradi pi elevati dellistruzione ed allinserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro. Articolo3 Quota nazionale e quota riservata alle istituzioni scolastiche. 1. La quota oraria nazionale obbligatoria dei curricoli di cui allarticolo 1 pari all85% del monte ore annuale delle singole discipline di insegnamento comprese negli attuali ordinamenti e nelle relative sperimentazioni. 2. La quota oraria obbligatoria dei predetti curricoli riservata alle singole istituzioni scolastiche costituita dal restante 15% del monte ore annuale; tale quota potr essere utilizzata o per confermare lattuale assetto ordinamentale o per realizzare compensazioni tra le discipline e attivit di insegnamento previste dagli attuali programmi o per introdurre nuove discipline, utilizzando i docenti in servizio nellistituto, anche in attuazione dellorganico funzionale di cui alla normativa citata in premessa, ove esistente in forma strutturale o sperimentale. 3. Il curricolo obbligatorio realizzato utilizzando tutti gli strumenti di flessibilit organizzativa e didattica previsti dal decreto del Presidente della Repubblica n. 275 del 1999. 4. In particolare le istituzioni scolastiche, nellmbito degli strumenti di flessibilit di cui al comma 3, rilevate le diverse esigenze formative degli alunni, promuovono, anche con percorsi individuali, la valorizzazione degli alunni pi capaci e meritevoli ed il recupero di quelli che presentano carenze di preparazione, e garantiscono efficaci azioni di continuit e di orientamento didattici.

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In G.U.. 25 agosto 2000, n. 198.

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5. Ladozione, nellmbito del piano dellofferta formativa, di unit di insegnamento non coincidenti con lunit oraria non pu comportare la riduzione dellorario obbligatorio annuale, costituito dalle quote di cui ai commi 1 e 2, nellmbito del quale debbono essere recuperate le residue frazioni di tempo.

Articolo 4. Curricoli delle singole istituzioni scolastiche. 1. In applicazione dellarticolo 1 restano confermati gli ordinamenti e relative sperimentazioni in atto in ciascuna istituzione scolastica nellanno scolastico 1999/2000, con le specificit di cui ai commi seguenti. 2. Per la scuola materna, sino a quando non sar data concreta attuazione alla legge 10 febbraio 2000, n. 30, sono confermati gli orientamenti delle attivit educative adottati con decreto 3 giugno 1991 del Ministro della pubblica istruzione, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 138 del 15 giugno 1991. 3. In attesa della ridefinizione dellorario di funzionamento della scuola dellinfanzia in relazione agli standard concernenti la qualit del servizio di cui allarticolo 8, comma 1, lettera f), del decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, ciascuna istituzione scolastica, valorizzando la flessibilit didattico-organizzativa gi sperimentata a partire dalla circolare ministeriale n. 70, protocollo n. 639 del 25 febbraio 1994, individua tutte le modalit atte a garantire lutilizzazione ottimale dellorganico dei docenti da assegnarsi nella misura di due per ogni sezione funzionante ad 8-10 ore giornaliere e, in relazione a particolari situazioni di fatto esistenti, nella misura di uno per ogni sezione ad orario ridotto, fermo restando lorario obbligatorio di servizio dei docenti. 4. Nellistruzione tecnica ed artistica - nellmbito dellofferta formativa dei rispettivi settori - le istituzioni scolastiche possono adottare - nei limiti della dotazione organica determinata dai relativi decreti emanati di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica - i progetti sperimentali coordinati a livello nazionale, ancora esistenti alla data dellanno scolastico 1999/2000, sia nel caso in cui si trovino ad attuare percorsi di ordinamento rispetto ai quali a livello nazionale vi un progetto sperimentale coordinato, sia che intendano sostituire indirizzi sperimentali autonomi gi autorizzati, sia nel caso di nuova istituzione di un indirizzo per il quale vi un progetto sperimentale coordinato.

Articolo 5 Adempimenti delle scuole. 1. Lattuazione delle disposizioni di cui al presente regolamento non comporta ladozione di decreti autorizzativi. 2. Le istituzioni scolastiche dovranno comunque comunicare ai competenti uffici centrali e periferici del Ministero della pubblica istruzione le scelte curricolari effettuate in base allarticolo 4, al fine di consentire allamministrazione e al suo sistema informativo la predisposizione delle procedure connesse alla gestione del personale.

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Decreto-Legge 28 agosto 2000, n. 240 (228). Disposizioni urgenti per lavvio dellanno scolastico 2000-2001

Articolo 1. ...omissis...

Articolo 2. (Disposizioni per la piena attuazione dellautonomia scolastica a decorrere dal 1 settembre 2000) 1. I capi di istituto di cui allarticolo 25-ter, comma 5, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, introdotto dallarticolo 1 del decreto legislativo 6 marzo 1998, n. 59, che hanno assolto lobbligo di formazione mediante la frequenza degli appositi moduli previsti dalla stessa disposizione, sono inquadrati nei ruoli regionali dei dirigenti scolastici e assumono la qualifica dirigenziale alla data del 1 settembre 2000, con attribuzione nominale della sede di titolarit a tutti gli effetti giuridici ed economici, mantenendo la loro posizione giuridica. 2. Il Ministero della pubblica istruzione destina alle istituzioni scolastiche finanziamenti straordinari per lacquisto di attrezzature informatiche per completare il programma di sviluppo delle tecnologie didattiche avviato dal Ministero stesso e per garantire un adeguato supporto tecnologico allavvio dellautonomia scolastica. Allonere previsto dalla presente disposizione, valutato in lire 69,5 miliardi per lanno 2000, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2000-2002, nellmbito dellunit previsionale di base di conto capitale Fondo speciale dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per lanno 2000, allo scopo parzialmente utilizzando laccantonamento relativo al medesimo Ministero. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. 2bis. ...omissis... 3. Allarticolo 21, comma 5, della legge 15 marzo 1997, n. 59, sono aggiunti, infine, i seguenti periodi: Lattribuzione senza vincoli di destinazione comporta lutilizzabilit della dotazione finanziaria, indifferentemente, per spese in conto capitale e di parte corrente, con possibilit di variare le destinazioni in corso danno. Con decreto del Ministro della pubblica istruzione, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sono individuati i parametri per la definizione della dotazione finanziaria ordinaria delle scuole. Detta dotazione ordinaria stabilita in misura tale da consentire lacquisizione da parte delle istituzioni scolastiche dei beni di consumo e strumentali necessari a garantire lefficacia del processo di insegnamento-apprendimento nei vari gradi e tipologie dellistruzione. La stessa dotazione ordinaria, nella quale possono confluire anche i finanziamenti attualmente allocati in capitoli diversi da quelli intitolati al funzionamento amministrativo e didattico, spesa obbligatoria ed rivalutata annualmente sulla base del tasso di inflazione programmata. In sede di prima determinazione, la dotazione perequativa costituita dalle disponibilit finanziarie residue sui capitoli di bilancio riferiti alle istituzioni scolastiche non assorbite dalla dotazione ordinaria. La dotazione perequativa rideterminata annualmente sulla base del tasso di inflazione programmata e di parametri socio-economici e ambientali individuati di concerto dai Ministri della pubblica istruzione e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica.

Articolo 3 ...omissis...

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In G.U. 30 agosto 2000, n. 202, convertito con modificazioni dalla legge 27 ottobre 2000, n.306.

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decreto ministeriale 1 febbraio 2001, n.44 Regolamento concernente le Istruzioni generali sulla gestione amministrativo-contabile delle istituzioni scolastiche. 229 TITOLO I GESTIONE FINANZIARIA CAPO I PRINCIPI E PROGRAMMA ANNUALE Articolo 1 (Finalit e principi) 1. Il presente decreto detta le istruzioni generali sulla gestione amministrativo-contabile delle istituzioni scolastiche cui stata attribuita personalit giuridica ed autonomia a norma dellarticolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e del decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno 1998, n. 233. 2. Le risorse assegnate dallo Stato, costituenti la dotazione finanziaria di istituto sono utilizzate, a norma dellarticolo 21, comma 5, della legge n. 59 del 1997 e dellarticolo 6, comma 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 233 del 1998, senza altro vincolo di destinazione che quello prioritario per lo svolgimento delle attivit di istruzione, di formazione e di orientamento proprie dellistituzione interessata, come previste ed organizzate nel piano dellofferta formativa (P.O.F.), nel rispetto delle competenze attribuite o delegate alle regioni e agli enti locali dalla normativa vigente. Le istituzioni scolastiche provvedono altres allautonoma allocazione delle risorse finanziarie derivanti da entrate proprie o da altri finanziamenti dello Stato, delle regioni, di enti locali o di altri enti, pubblici e privati, sempre che tali finanziamenti non siano vincolati a specifiche destinazioni.

Articolo 2 (Anno finanziario e programma annuale) 1. Lesercizio finanziario ha inizio il 1 gennaio e termina il 31 dicembre; dopo tale termine non possono essere effettuati accertamenti di entrate ed impegni di spesa in conto dellesercizio scaduto. 2. La gestione finanziaria delle istituzioni scolastiche si esprime in termini di competenza ed improntata a criteri di efficacia, efficienza ed economicit e si conforma ai principi della trasparenza, annualit, universalit, integrit, unit, veridicit. E vietata la gestione di fondi al di fuori del programma annuale fatte salve le previsioni di cui allarticolo 20 e allarticolo 21. 3. Lattivit finanziaria delle istituzioni scolastiche si svolge sulla base di un unico documento contabile annuale - di seguito denominato programma - predisposto dal dirigente scolastico - di seguito denominato dirigente - e proposto dalla Giunta esecutiva con apposita relazione e con il parere di regolarit contabile del Collegio dei revisori, entro il 31 ottobre, al Consiglio distituto o di circolo, di seguito denominati Consiglio di istituto. La relativa delibera adottata dal Consiglio distituto entro il 15 dicembre dellanno precedente quello di riferimento, anche nel caso di mancata acquisizione del predetto parere del collegio dei revisori dei conti entro i cinque giorni antecedenti la data fissata per la deliberazione stessa. 230 4. Nella relazione sono illustrati gli obiettivi da realizzare e la destinazione delle risorse in coerenza con le
In G.U. 9 marzo 2001, n. 57, S.O. 49/legge Emanato in attuazione dellarticolo 21, commi 1 e 14, della legge 15 marzo 1997, n.59. Le precedenti istruzioni sono state emanate con il decreto interministeriale 28 maggio 1975 (Supplem. Ord. N.1 al Bollettino Ufficiale del Ministero della pubblica istruzione n.24-25 del 12-19 giugno 1975) Larticolo 12, comma 4 del D.P.R. 8 marzo 1999, n.275, richiamato dallarticolo 62 del presente regolamento, stabilisce che Le istruzioni generali di cui allarticolo 21, commi 1 e 14, della legge 15 marzo 1997, n.59, sono applicate in via sperimentale e progressivamente estese a tutte le istituzioni scolastiche dallanno finanziario immediatamente successivo alla loro emanazione. Le istruzioni del presente regolamento dunque, allo stato, e salvo eventuali innovazioni, essendo state emanate nel 2001, si dovrebbero applicare dallanno 2002. Istruzioni contabili in connessione allavvio, dal 1 settembre 2000, dellautonomia delle scuole ed allattribuzione della personalit giuridica a norma del D.P.R. 18 giugno 1998, n.233, , sono state impartite con C.M. n.187 del 21 luglio 2000 e con C.M. n.253 del 10 novembre 2000, entrambe del Servizio per gli affari economici del Ministero. 230 Il Consiglio di Stato (Sez, II), con parere n.1603/99 del 27 ottobre 1999, ha affermato che le competenze, in materia di gestione finanziaria-contabile, dei consigli di istituto e delle giunte esecutive, cos come indicate dallarticolo 10 del T.U. 16 aprile 1994, n.297, sono da ritenere superate ex lege dalla nuova normativa (articoli 3 e 25-bis del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n.29 e successive modificazioni; articolo 45, commi 1 e 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.80) che ha devoluto la competenza sulla gestione finanziaria-contabile ai dirigenti scolastici. Il Consiglio ha peraltro precisato nello stesso parere, che resta ferma la competenza dei consigli di istituto per la nomina di giunte esecutive, per la preparazione dei lavori del consiglio e per la cura e lesecuzione delle relative delibere ex articolo 10 del T.U. n.297 del 1994. Lorgano consultivo ha ravvisato comunque opportuna una iniziativa legislativa sulla ripartizione delle competenze tra organi collegiali e dirigenti scolastici.
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previsioni del piano dellofferta formativa (P.O.F.) e sono sinteticamente illustrati i risultati della gestione in corso alla data di presentazione del programma, rilevati dalle schede di cui al comma 6, e quelli del precedente esercizio finanziario. 5. Nel programma sono indicate tutte le entrate, aggregate secondo la loro provenienza nonch gli stanziamenti di spesa aggregati per le esigenze del funzionamento amministrativo e didattico generale, per i compensi spettanti al personale dipendente per effetto di norme contrattuali e/o di disposizioni di legge, per le spese di investimento e per i singoli progetti da realizzare. Le spese non possono superare, nel loro complessivo importo, le entrate. Nel caso in cui in istituti di istruzioni secondaria superiore funzionino, unitamente ad altri corsi di studio di istruzione secondaria superiore, corsi di studio che richiedano beni strumentali, laboratori ed officine dalto valore artistico o tecnologico, le maggiori risorse per il raggiungimento degli obiettivi di tali corsi, purch coerenti con il piano dellofferta formativa (P.O.F.), confluiscono in uno specifico progetto. 6. Ad ogni singolo progetto compreso nel programma e predisposto dal dirigente per lattuazione del piano dellofferta formativa (P.O.F.), allegata una scheda illustrativa finanziaria, redatta dal direttore dei servizi generali e amministrativi, di seguito denominato direttore231, nella quale sono riportati larco temporale in cui liniziativa deve essere realizzata, nonch i beni e i servizi da acquistare. Per ogni progetto, annuale o pluriennale, deve essere indicata la fonte di finanziamento, la spesa complessiva prevista per la sua realizzazione e le quote di spesa attribuite a ciascun anno finanziario, fatta salva la possibilit di rimodulare queste ultime in relazione allandamento attuativo del progetto, mediante il riporto nella competenza dellesercizio successivo delle somme non impegnate al 31 dicembre dellesercizio di riferimento, anche prima dellapprovazione del conto consuntivo. 7. Ai fini della tempestiva elaborazione del programma lufficio scolastico regionale provvede a comunicare alle istituzioni scolastiche, anche sulla base dei finanziamenti assegnati per i precedenti esercizi, una dotazione certa di risorse finanziarie, fatte salve le eventuali integrazioni conseguenti allapprovazione della legge di bilancio dello Stato. 8. Lapprovazione del programma comporta autorizzazione allaccertamento delle entrate ed allassunzione degli impegni delle spese ivi previste. Le entrate accertate ma non riscosse durante lesercizio e le spese impegnate e non pagate entro la fine dellesercizio costituiscono, rispettivamente, residui attivi e passivi. 9. Il programma affisso allalbo dellistituzione scolastica entro quindici giorni dallapprovazione ed inserito, ove possibile, nellapposito sito WEB dellistituzione medesima.

Articolo 3 (Avanzo di amministrazione) 1. Nel programma, iscritto, come prima posta di entrata, lavanzo di amministrazione presunto al 31 dicembre dellesercizio che precede quello di riferimento. 2. Al programma allegata una tabella dimostrativa del predetto avanzo di amministrazione. 3. In apposito prospetto sono indicati i singoli stanziamenti di spesa correlati allutilizzazione del presunto avanzo di amministrazione. Detti stanziamenti possono essere impegnati solo dopo la realizzazione delleffettiva disponibilit finanziaria e nei limiti dellavanzo effettivamente realizzato.

Articolo 4 (Fondo di riserva) 1. Nel programma deve essere iscritto, tra le spese, un fondo di riserva, da determinarsi in misura non superiore al 5 per cento della dotazione finanziaria ordinaria. 2. Il fondo di riserva pu essere utilizzato esclusivamente per aumentare gli stanziamenti la cui entit si dimostri insufficiente, per spese impreviste e per eventuali maggiori spese, conformemente a quanto previsto dallarticolo 7, comma 3. 3. Non consentita lemissione di mandati di pagamento a valere sul fondo di riserva. 4. I prelievi dal fondo di riserva sono disposti con provvedimento del dirigente, salva ratifica del Consiglio distituto per la conseguente modifica del programma, da adottare entro i successivi 30 giorni.

231 Sulle competenze e sul profilo professionale del direttore dei servizi generali e amministrativi v. larticolo 25-bis, comma 5, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n.29 e successive modificazioni e larticolo 34 del contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al quadriennio 1998-2001 ed al biennio economico 1998-1999 del comparto Scuola, con annessa Tabella A, punto D/2.

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Articolo 5 (Partite di giro) 1. Le partite di giro comprendono sia le entrate che le spese che si effettuano per conto di terzi le quali, costituendo al tempo stesso un debito ed un credito per listituzione scolastica, non incidono sulle risultanze economiche del bilancio, sia la dotazione del fondo di cui allarticolo 17.

Articolo 6 (Verifiche e modifiche al programma) 1. Il consiglio distituto verifica, entro il 30 giugno, le disponibilit finanziarie dellistituto nonch lo stato di attuazione del programma, al fine delle modifiche che si rendano necessarie, sulla base di apposito documento predisposto dal dirigente. 2.Il Consiglio, altres, con deliberazione motivata, su proposta della giunta esecutiva o del dirigente, pu apportare modifiche parziali al programma in relazione anche allandamento del funzionamento amministrativo e didattico generale ed a quello attuativo dei singoli progetti. 3. Sono vietati gli storni nella gestione dei residui nonch tra gestione dei residui e quella di competenza e viceversa. 4. Le variazioni del programma, di entrata e di spesa, conseguenti ad entrate finalizzate, e gli storni, conseguenti a delibere del Consiglio di istituto, possono essere disposte con decreto del dirigente, da trasmettere per conoscenza al Consiglio di istituto. 5. Durante lultimo mese dellesercizio finanziario non possono essere apportate variazioni al programma, salvo casi eccezionali da motivare. 6. Il direttore, al fine di rendere possibili le verifiche di cui al comma 1, predispone apposita relazione sulle entrate accertate e sulla consistenza degli impegni assunti, nonch dei pagamenti eseguiti.

CAPO II REALIZZAZIONE DEL PROGRAMMA ANNUALE

Articolo 7 (Attivit gestionale) 1. Spetta al dirigente la realizzazione del programma nellesercizio dei compiti e della responsabilit di gestione di cui allarticolo 25-bis del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, come integrato dal decreto legislativo 6 marzo 1998, n. 59, secondo le modalit ivi indicate. 2. Il dirigente, sulla base delle codifiche stabilite nella modulistica di cui allarticolo 30, imputa le spese al funzionamento amministrativo e didattico generale, ai compensi spettanti al personale dipendente per effetto di norme contrattuali e/o di disposizioni di legge, alle spese di investimento ed ai progetti, nei limiti della rispettiva dotazione finanziaria stabilita nel programma annuale e delle disponibilit riferite ai singoli progetti. A tal fine, le schede di cui allarticolo 2, comma 6, sono costantemente aggiornate a cura del direttore, con riferimento alle spese sostenute. 3. Nel caso in cui la realizzazione di un progetto richieda limpiego di risorse eccedenti la relativa dotazione finanziaria, il dirigente pu ordinare la spesa eccedente, nel limite massimo del 10% della dotazione originaria del progetto, mediante lutilizzo del fondo di riserva, ai sensi dellarticolo 4.

Articolo 8 (Esercizio provvisorio) 1. Nei casi in cui il programma annuale non sia stato approvato dal Consiglio di istituto prima dellinizio dellesercizio cui lo stesso si riferisce, il dirigente provvede alla gestione provvisoria nel limite di un dodicesimo, per ciascun mese, degli stanziamenti di spesa definitivi del programma relativo al precedente esercizio, per la prosecuzione dei progetti gi approvati e per il funzionamento didattico e amministrativo generale. Qualora il programma non sia stato approvato entro 45 giorni dallinizio dellesercizio, il dirigente ne d immediata comunicazione allUfficio scolastico regionale, cui demandato il compito di nominare,

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entro i successivi 15 giorni, un commissario ad acta che provvede al predetto adempimento entro il termine prestabilito nellatto di nomina.

Articolo 9 (Riscossione delle entrate) 1. Le entrate sono riscosse dallistituto che gestisce il servizio di cassa a norma dellarticolo 16, previa emissione di reversali dincasso da parte dellistituzione scolastica. 2. Listituto cassiere, conformemente a quanto previsto nella convenzione di cui allarticolo 16, non pu rifiutare la riscossione di somme destinate allistituzione scolastica, ancorch non siano state emesse le relative reversali, salvo a richiedere, subito dopo la riscossione, la regolarizzazione contabile allistituzione scolastica. 3. La riscossione delle rette, delle tasse, dei contributi e dei depositi di qualsiasi natura poste a carico degli alunni effettuata anche mediante il servizio dei conti correnti postali. 4. Le somme versate sul conto corrente postale sono trasferite, con frequenza non superiore al trimestre, sul conto corrente bancario presso listituto cassiere. Sul predetto conto corrente postale non possono essere ordinati pagamenti.

Articolo 10 (Reversali di incasso) 1. Le reversali sono firmate dal dirigente e dal direttore. Il loro contenuto il seguente: a) lordine rivolto allistituto cassiere di incassare una certa somma di denaro; b) il numero progressivo, lesercizio finanziario e la data di emissione; limporto in cifre e lettere della somma da riscuotere e la sua provenienza contraddistinta da apposito codice; la causale della riscossione; il nome ed il cognome o la denominazione del debitore.

Articolo 11 (Impegni, liquidazione delle spese ed ordinazione dei pagamenti) 1. Formano impegni sugli stanziamenti di competenza le sole somme dovute dallistituzione scolastica a seguito di obbligazioni giuridicamente perfezionate. Gli impegni assunti possono riferirsi soltanto allesercizio in corso; essi non possono eccedere lo stanziamento dello specifico aggregato. 2. Per le spese correnti e per quelle connesse ai progetti di cui allarticolo 2, comma 6, possono essere assunti impegni a carico dellesercizio successivo ove ci sia indispensabile per assicurare la continuit dei servizi e dellesecuzione dei progetti. 3. Limpegno delle spese assunto dal dirigente. 4. La liquidazione della spesa, consistente nella determinazione dellesatto importo dovuto e del soggetto creditore, effettuata dal direttore, previo accertamento, nel caso di acquisto di beni e servizi o di esecuzione di lavori, della regolarit della relativa fornitura o esecuzione, sulla base dei titoli e dei documenti giustificativi comprovanti il diritto dei creditori. 5. I pagamenti sono ordinati mediante mandati tratti sullistituto cassiere o effettuati a mezzo della carta di credito, con immediata contabilizzazione.

Articolo 12 (Mandati di pagamento) 1. I mandati sono firmati dal dirigente e dal direttore. Il loro contenuto il seguente: a) lordine rivolto allistituto cassiere di pagare una determinata somma di denaro ad una persona o ente; b) il numero progressivo e data di emissione, limporto in cifre e in lettere della somma da pagare, la causale del pagamento, i dati anagrafici o identificativi e i dati fiscali del creditore o della persona abilitata a rilasciare quietanza, il progetto al quale la spesa si riferisce, la codifica della spesa come prevista nella modulistica di cui allarticolo 30; c) nel caso in cui riguardi il pagamento delle retribuzioni fondamentali e accessorie, lindicazione delle ritenute che su di esse gravano. 2. Ogni mandato di pagamento sempre corredato dei documenti giustificativi relativi alla causale. In caso di lavori, forniture e servizi, il mandato corredato, altres, dei documenti comprovanti la regolare

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esecuzione degli stessi e delle relative fatture. 3. Sulle fatture riguardanti lacquisto di beni soggetti ad inventario annotata lavvenuta presa in carico con il numero dordine sotto il quale i beni sono registrati. Ad esse, , inoltre, allegato il verbale di collaudo redatto a norma dellarticolo 36.

Articolo 13 (Modalit di estinzione dei mandati) 1. I mandati sono estinti mediante: accreditamento in conto corrente bancario, intestato al creditore; b) accreditamento o versamento su conto corrente postale, intestato al creditore; c) vaglia postale: in tal caso deve essere allegata al titolo la ricevuta di versamento rilasciata dallagenzia postale; d) su richiesta del creditore, mediante pagamento in contanti da parte dellistituto cassiere, ovvero con assegno circolare. 2. Le dichiarazioni di accreditamento, che sostituiscono la quietanza del creditore, devono risultare sul mandato di pagamento da annotazione recante gli estremi relativi alle operazioni ed il timbro e la firma dellistituto cassiere.
a)

Articolo 14 (Pagamento con carta di credito) 1. Lutilizzazione della carta di credito, nel limite dellassegnazione allo scopo disposta nel programma annuale e con losservanza delle vigenti disposizioni in materia di autorizzazione alla spesa, consentita, qualora non sia possibile o conveniente ricorrere alle procedure ordinarie, per lesecuzione delle spese relative: - allorganizzazione di viaggi di istruzione; - alla rappresentanza dellistituto scolastico in Italia e allestero; - allorganizzazione e partecipazione a seminari e convegni. 2. Titolare della carta di credito il dirigente, il quale ne pu altres autorizzare luso da parte del direttore o di docenti in servizio presso listituzione scolastica. 3. Per i pagamenti cos effettuati, il direttore provvede al riscontro contabile entro 5 giorni dal ricevimento dei relativi estratti conto. 4. I rapporti con gli istituti di credito o con altri enti emittenti le carte di credito sono disciplinati con apposita convenzione, da inserirsi eventualmente nellatto di affidamento di cui allarticolo 16.

Articolo 15 (Conservazione dei mandati e delle reversali) 1. Gli originali delle reversali e dei mandati, corredati dei documenti giustificativi, sono conservati e ordinati per progetti e per il funzionamento amministrativo-didattico generale presso lufficio di segreteria delle singole istituzioni e conservati agli atti per non meno di dieci anni.

CAPO III SERVIZI DI CASSA

Articolo 16 (Affidamento del servizio) 1. Il servizio di cassa e quello di custodia e amministrazione di titoli pubblici, anche esteri e privati, di propriet dellistituzione scolastica, affidato ad un unico istituto di credito ovvero ad altri soggetti abilitati per legge, in essi compresa la Poste italiane S.p.A, mediante apposita convenzione, stipulata dal dirigente alle migliori condizioni del mercato per quanto concerne i tassi attivi e passivi e le spese di tenuta conto, comparate, in caso di sostanziale parit, con altri benefici concessi dal predetto istituto, sulla base di uno schema tipo predisposto dal Ministero della pubblica istruzione, dintesa con il Ministero del tesoro, del

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bilancio e della programmazione economica. 2. Laffidamento del servizio viene effettuato mediante le procedure ad evidenza pubblica con modalit che rispettino i principi della concorrenza. 3. Resta salva la possibilit di stipulare contratti di gestione finalizzata delle risorse finanziarie a norma dellarticolo 48.

Articolo 17 (Fondo per le minute spese) 1. Alle minute spese si provvede col fondo che, a tal fine, viene anticipato, con apposito mandato in conto di partite di giro, dal dirigente al direttore, nel limite stabilito dal Consiglio di istituto in sede di approvazione del programma annuale. 2. Ogni volta che la somma anticipata sia prossima ad esaurirsi, il direttore presenta le note documentate delle spese sostenute, che sono a lui rimborsate con mandati emessi a suo favore, imputati al funzionamento amministrativo e didattico generale e ai progetti. Il rimborso deve comunque essere chiesto e disposto prima della chiusura dellesercizio finanziario. 3. Il direttore contabilizza cronologicamente tutte le operazioni di cassa da lui eseguite nellapposito registro di cui allarticolo 29, comma, 1, lettera f).

CAPO IV CONTO CONSUNTIVO

Articolo 18 (Conto consuntivo) 1. Il conto consuntivo si compone del conto finanziario e del conto del patrimonio; allo stesso sono allegati: a) lelenco dei residui attivi e passivi, con lindicazione del nome del debitore o del creditore, della causale del credito o del debito e del loro ammontare; b) la situazione amministrativa che dimostri: il fondo di cassa allinizio dellesercizio; le somme riscosse e quelle pagate, tanto in conto competenza quanto in conto residui; il fondo di cassa alla chiusura dellesercizio, lavanzo o il disavanzo di amministrazione; c) il prospetto delle spese per il personale e per i contratti dopera; d) il rendiconto dei singoli progetti; e) il rendiconto delleventuale azienda agraria o speciale; f) il rendiconto delleventuale convitto annesso. 2. Il conto finanziario, in relazione allaggregazione delle entrate e delle spese contenute nel programma di cui allarticolo 2, comma 3, comprende: le entrate di competenza dellanno accertate, riscosse o rimaste da riscuotere, e le spese di competenza dellanno, impegnate, pagate o rimaste da pagare. 3. Il conto del patrimonio indica la consistenza degli elementi patrimoniali attivi e passivi allinizio ed al termine dellesercizio, e le relative variazioni, nonch il totale complessivo dei crediti e dei debiti risultanti alla fine dellesercizio. 4. Il prospetto delle spese per il personale e per i contratti dopera, conseguenti allo svolgimento ed alla realizzazione dei progetti, evidenzia la consistenza numerica del personale e dei contratti dopera, lentit complessiva della spesa e la sua articolazione, in relazione agli istituti retributivi vigenti ed ai corrispettivi dovuti. 5. Il conto consuntivo, predisposto dal direttore entro il 15 marzo ed sottoposto dal dirigente allesame del Collegio dei revisori dei conti, unitamente ad una dettagliata relazione che illustra landamento della gestione dellistituzione scolastica e i risultati conseguiti in relazione agli obiettivi programmati. Esso, corredato della relazione del collegio dei revisori dei conti, sottoposto, entro il 30 aprile, allapprovazione del Consiglio di istituto. 6. Il conto consuntivo approvato dal Consiglio di istituto in difformit dal parere espresso dal Collegio dei revisori dei conti, trasmesso, entro il 15 maggio, allUfficio scolastico regionale, corredato di tutti gli allegati, del programma annuale, con relative variazioni e delibere, nonch di una dettagliata e motivata relazione, ai fini delladozione dei provvedimenti di competenza. 7. Nel caso in cui il Consiglio di istituto non deliberi sul conto consuntivo entro 45 giorni dalla sua

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presentazione, il dirigente ne d comunicazione al Collegio dei revisori dei conti e al dirigente dellUfficio scolastico regionale, che nomina un commissario ad acta per il relativo adempimento. 8. Il conto consuntivo, corredato degli allegati e della delibera di approvazione, conservato agli atti dellistituzione scolastica. 9. Tale conto affisso allalbo dellistituzione scolastica entro quindici giorni dallapprovazione ed inserito, ove possibile, nellapposito sito WEB dellistituzione medesima.

Articolo 19 (Armonizzazione dei flussi informativi) 1. Le istituzioni scolastiche adottano le misure organizzative necessarie per la rilevazione e lanalisi dei costi e dei rendimenti dellattivit amministrativa, collegando le risorse umane, finanziarie e strumentali impiegate con i risultati conseguiti e le connesse responsabilit dirigenziali. 2. Le rilevazioni e le risultanze delle attivit sopra indicate sono utilizzate dallistituzione scolastica interessata e dallUfficio scolastico regionale.

CAPO V GESTIONI ECONOMICHE SEPARATE

Articolo 20 (Aziende agrarie e aziende speciali) 1. La gestione dellazienda agraria o speciale annessa allistituzione scolastica costituisce una specifica attivit del programma annuale, della quale il programma stesso indica riassuntivamente le entrate, le spese, comprensive dei costi di cui al comma 3, e le modalit di copertura delleventuale disavanzo. 2. La predetta gestione deve essere condotta secondo criteri di rendimento economico, di efficacia, efficienza e di economicit, pur soddisfacendo alle esigenze pratiche e dimostrative con particolare riferimento allinsegnamento di tecniche della gestione aziendale e della contabilit agraria. 3. La relazione di cui allarticolo 2, comma 3, deve indicare in particolare: lindirizzo economico produttivo; gli obiettivi che si intendono perseguire; le attivit didattiche che possono svolgersi con lutilizzazione delle superfici e delle risorse umane e strumentali dellazienda, con i relativi costi; le entrate e le spese complessive che lazienda prevede rispettivamente di riscuotere e sostenere e, qualora non sia possibile prevedere il pareggio, le risorse finanziarie tratte dagli appositi accantonamenti dellazienda o dalleventuale avanzo di amministrazione, secondo quanto previsto dal comma 8, dellistituzione scolastica necessarie per conseguirlo. La dimostrazione delle entrate e delle spese resa nella scheda illustrativa finanziaria da predisporre a norma dellarticolo 2, comma 6. 4. La direzione dellazienda agraria spetta di norma al dirigente scolastico. Qualora ricorrano speciali circostanze la direzione dellazienda pu essere affidata, dal dirigente, ad un docente particolarmente competente, che sottopone allapprovazione del dirigente stesso le proposte riguardanti lindirizzo produttivo e la gestione economica. 5. Al fine di non compromettere il perseguimento dei criteri di gestione di cui al comma 2 lattivit didattica, che pu riferirsi a tutte le attivit produttive dellazienda, si svolge, di norma, su una superficie limitata dellazienda stessa, predeterminata dal dirigente. Gli eventuali utili rinvenienti dalla predetta attivit sono destinati, nellordine, alla copertura dei relativi costi ed al miglioramento ed incremento delle attrezzature didattiche. Qualora le stesse attivit non producano utili, i relativi costi sono posti a carico del programma dellistituzione scolastica. 6. Le scritture contabili dellazienda sono distinte da quelle dellistituzione scolastica e sono tenute con il metodo della partita doppia e con i registri e libri ausiliari che si rendono necessari. In relazione alle dimensioni ed alle capacit produttive dellazienda pu essere aperto, presso listituto di credito che gestisce il servizio di cassa dellistituzione scolastica a norma dellarticolo 16, un distinto conto corrente per il servizio di cassa dellazienda. 7. Lutile prodotto dallazienda, accantonato in un apposito fondo dello stato patrimoniale, destinato, prioritariamente, alla copertura di eventuali perdite di gestione. 8. Ove non sia possibile provvedere a norma del comma 7, la perdita di gestione pu essere coperta, previa delibera del consiglio di istituto, mediante prelevamento dallavanzo di amministrazione. Qualora la perdita di gestione sia dovuta a cause permanenti o non rimuovibili e non sia possibile un

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ridimensionamento strutturale dellazienda, il consiglio di istituto ne dispone la chiusura, con la destinazione delle necessarie attrezzature alle attivit didattiche. 9. Il rendiconto dellazienda deve dare la dimostrazione della gestione finanziaria, nonch dei risultati economici conseguiti nellanno. Il rendiconto si compone dello stato patrimoniale e del conto economico. Al rendiconto dellazienda agraria sono allegati: a) un prospetto del movimento nella consistenza del bestiame; b) un prospetto riassuntivo del movimento delle derrate e scorte di magazzino; c) una relazione illustrativa del responsabile dellazienda sui risultati conseguiti. Al rendiconto dellazienda speciale sono allegati la relazione illustrativa di cui alla lettera c) del precedente periodo ed un prospetto sulla consistenza dei prodotti finiti ed in corso di lavorazione. 10. Alle aziende agrarie si applica il regime fiscale previsto per i produttori agricoli che svolgono le attivit di cui allarticolo 2135 del Codice civile, salvo che non sia diversamente disposto.

Articolo 21 (Proventi derivanti dalla vendita di beni e da servizi a favore di terzi) 1. Le istituzioni scolastiche, organizzate per la vendita di beni o servizi a favore di terzi, di cui allarticolo 33, comma 2, lettera e), prevedono espressamente, nel programma annuale, uno specifico progetto la cui scheda finanziaria indica le voci che compongono le entrate e le spese, per il quale la relazione di cui allarticolo 2, comma 4, deve indicare i criteri di amministrazione e le modalit della gestione, che deve essere improntata al rispetto del principio di cui allarticolo 2, comma 5, secondo periodo. 2. Le predette attivit e servizi sono oggetto di contabilit separata da quella dellistituzione scolastica. Nella scheda finanziaria deve essere prevista, a favore dellistituzione scolastica, una quota di spese generali, di ammortamento e deperimento delle attrezzature, nonch leventuale eccedenza di entrate, rispetto alle spese, che costituisce incremento dellavanzo di amministrazione dellistituzione scolastica. I relativi movimenti finanziari sono rilevati, nella contabilit della medesima istituzione, in specifiche voci di entrata e di spesa classificate attivit per conto terzi. 3. Qualora i proventi non coprano tutti i costi previsti il consiglio di istituto dispone limmediata cessazione della vendita di beni e delle attivit a favore di terzi. 4. Per le attivit previste dal presente articolo, sono dovuti i tributi nella misura e con le modalit previste dallordinamento tributario.

Articolo 22 (Gestione dei convitti annessi alle istituzioni scolastiche) 1. La gestione delle attivit convittuali costituisce specifico progetto del programma annuale da realizzare, di norma, con le entrate ad esso finalizzate. Il programma annuale corredato da una scheda finanziaria illustrativa delle varie entrate e spese relative al funzionamento delle attivit. 2. La gestione delle attivit convittuali improntata al principio della economicit e dellutilizzo ottimale delle strutture, al fine di ridurre i costi a carico dei convittori. 3. In caso di squilibri finanziari della gestione dellattivit convittuale che persistano per pi di tre esercizi finanziari, listituzione scolastica, previa consultazione con lente locale di riferimento e con delibera del consiglio distituto, dispone la cessazione dellattivit, destinando le strutture ad un utilizzo economico produttivo. 4. Al fine della gestione ottimale delle strutture e di una maggiore valorizzazione delle risorse professionali, fatto salvo il normale funzionamento delle attivit istituzionali, listituzione pu svolgere attivit e servizi a favore di terzi con le modalit ed i limiti previsti dallarticolo 21. Gli utili di gestione sono destinati a ridurre la retta dei convittori nonch a coprire la quota di spese generali imputabile a dette attivit e servizi, comprensiva della quota di ammortamento delle attrezzature.

TITOLO II GESTIONE PATRIMONIALE - BENI E INVENTARI Articolo 23 (Beni) 1. I beni che costituiscono il patrimonio delle istituzioni scolastiche si distinguono in immobili e mobili secondo le norme del Codice civile. I beni sono descritti negli inventari in conformit alle disposizioni

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contenute nei successivi articoli. 2. Per i beni appartenenti al patrimonio dello Stato e degli Enti locali che sono concessi in uso alle istituzioni scolastiche e iscritti in distinti inventari, si osservano le disposizioni impartite dagli enti medesimi.

Articolo 24 (Inventari) 1. I beni mobili si iscrivono, nel relativo inventario, in ordine cronologico, con numerazione progressiva ed ininterrotta e con lindicazione di tutti gli elementi che valgano a stabilirne la provenienza, il luogo in cui si trovano, la quantit o il numero, lo stato di conservazione, il valore e leventuale rendita. 2. Ogni oggetto contrassegnato col numero progressivo col quale stato iscritto in inventario. 3. Sono descritti in distinti inventari i beni immobili, i beni di valore storico-artistico, i libri ed il materiale bibliografico, i valori mobiliari. 4. Non si iscrivono in inventario gli oggetti fragili e di facile consumo, cio tutti quei materiali che, per luso continuo, sono destinati a deteriorarsi rapidamente ed i beni di modico valore. 5. Non si inventariano altres, pur dovendo essere conservati nei modi di uso o con le modalit previste dal regolamento dellistituzione, i bollettini ufficiali, le riviste ed altre pubblicazioni periodiche di qualsiasi genere, i libri destinati alle biblioteche di classe. 6. Qualsiasi variazione, in aumento o in diminuzione, dei beni soggetti ad inventario annotata, in ordine cronologico, nellinventario di riferimento. 7. Linventario tenuto e curato dal direttore, che assume le responsabilit del consegnatario, fatto salvo quanto previsto dallarticolo 27. 8. Quando il direttore cessa dal suo ufficio, il passaggio di consegne avviene mediante ricognizione materiale dei beni in contraddittorio con il consegnatario subentrante, in presenza del dirigente e del presidente del Consiglio di istituto. Loperazione deve risultare da apposito verbale. 9. Almeno ogni cinque anni si provvede alla ricognizione dei beni ed almeno ogni dieci anni al rinnovo degli inventari e alla rivalutazione dei beni.

Articolo 25 (Valore di beni inventariati) 1. Ad ogni bene iscritto in inventario attribuito un valore che corrisponde: al prezzo di fattura, per i beni acquistati, ivi compresi quelli acquisiti dallistituzione scolastica al termine di eventuali operazioni di locazione finanziaria o di noleggio con riscatto; al prezzo di costo, per quelli prodotti nellistituto; al prezzo di stima, per quelli ricevuti in dono. 2. I titoli del debito pubblico, quelli garantiti dallo Stato e gli altri valori mobiliari pubblici e privati, si iscrivono al prezzo di borsa del giorno precedente quello della compilazione o revisione dellinventario - se il prezzo inferiore al valore nominale - o al loro valore nominale - qualora il prezzo sia superiore -, con lindicazione, in ogni caso, della rendita e della relativa scadenza.

Articolo 26 (Eliminazione dei beni dellinventario) 1. Il materiale mancante per furto o per causa di forza maggiore, o reso inservibile alluso, eliminato dallinventario con provvedimento del dirigente, nel quale deve essere indicato lobbligo di reintegro a carico degli eventuali responsabili. 2. Al suddetto provvedimento allegata copia della denuncia presentata alla locale autorit di pubblica sicurezza, qualora trattasi di materiale mancante per furto, o il verbale redatto dalla commissione di cui allarticolo 52, comma 1, nel caso di materiale reso inservibile alluso.

Articolo 27 (Custodia del materiale didattico, tecnico e scientifico, dei laboratori e delle officine) 1. La custodia del materiale didattico, tecnico e scientifico dei gabinetti, dei laboratori e delle officine affidata, dal direttore, su indicazione vincolante del dirigente, ai rispettivi docenti, mediante elenchi

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descrittivi compilati in doppio esemplare, sottoscritti dal direttore e dal docente interessato, che risponde della conservazione del materiale affidatogli. Loperazione dovr risultare da apposito verbale. 2. Qualora pi docenti debbano valersi delle stesse collezioni o dei vari laboratori, la direzione attribuita ad un docente indicato dal dirigente. Il predetto docente, quando cessa dallincarico, provvede alla riconsegna, al direttore, del materiale didattico, tecnico e scientifico avuto in custodia.

3.

Articolo 28 (Le opere dellingegno) 1. Spetta allistituto scolastico il diritto dautore sulle opere dellingegno prodotte nello svolgimento delle attivit scolastiche rientranti nelle finalit formative istituzionali. 2. E sempre riconosciuto agli autori il diritto morale alla paternit dellopera, nei limiti della sezione seconda del Capo terzo del Titolo primo della legge 22 aprile 1941, n. 633, e successive modificazioni. Lo sfruttamento delle opere dellingegno prodotte nel corso delle attivit curriculari deliberato dal consiglio di istituto. 4. Lo sfruttamento delle opere dellingegno prodotte nel corso delle attivit non curriculari egualmente deliberato dal consiglio di istituto. Tuttavia, i coautori possono autonomamente intraprendere le iniziative dirette allo sfruttamento economico, qualora il consiglio di istituto non abbia intrapreso le iniziative in tal senso nel termine di novanta giorni dallinvito rivolto dagli autori dellopera. 5. E riconosciuto ai coautori e alle istituzioni scolastiche la partecipazione paritaria ai proventi dello sfruttamento economico dellopera. 6. Il dirigente dellistituzione scolastica provvede agli adempimenti prescritti dalla legge per il riconoscimento del diritto dellistituto, nonch per il suo esercizio, osservate, quando occorre, le norme di cui allarticolo 33. 7. Nel caso della redazione di programmi per elaboratore che si distinguano per originalit, il dirigente dellistituzione scolastica sottopone allesame del consiglio di istituto proposte per leventuale utilizzazione economica della creazione, anche attraverso la distribuzione in rete del programma.

TITOLO III SCRITTURE CONTABILI E CONTABILITAINFORMATIZZATA

Articolo 29 (Scritture contabili ) 1. I documenti contabili obbligatori sono: il programma annuale; b) il giornale di cassa; c) i registri dei partitari delle entrate e delle spese; d) il registro del conto corrente postale; e) gli inventari; f) il registro delle minute spese; g) il registro dei contratti stipulati a norma dellarticolo 31, comma 3; h) il conto consuntivo. 2. Nel giornale di cassa si trascrivono tutte le operazioni di pagamento e di riscossione, nel giorno in cui sono emessi i relativi mandati e reversali. 3. Nei registri partitari si aprono tanti conti quante sono le aggregazioni individuate sulla base di quanto previsto dallarticolo 2, comma 5, e si annotano le operazioni di accertamento o di impegno e quelle di incasso o di pagamento. 4. I documenti di cui al comma 1, anche se tenuti con sistemi automatizzati od a fogli mobili, devono essere composti da pagine numerate, munite del timbro dellistituzione e siglate dal direttore. A chiusura dellesercizio il direttore attesta il numero delle pagine di cui i documenti sono composti. 5. Della tenuta della contabilit, delle necessarie registrazioni e degli adempimenti fiscali responsabile il direttore.
a)

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Articolo 30 (Modulistica e contabilit informatizzata) 1. Il Ministero della pubblica istruzione stabilisce i modelli necessari per assicurare lomogeneit dei documenti contabili di cui allarticolo 29, nonch dei sistemi di gestione amministrativo-contabile, finanziaria e patrimoniale, di rendicontazione e di riscontro, di monitoraggio dei dati relativi alla gestione e allandamento dei flussi finanziari e di rilevazione dei costi. Relativamente ai documenti di cui alle lettere a) e h) del comma 1 del medesimo articolo 29, la suddetta predisposizione compiuta dintesa con il Ministero del Tesoro, del bilancio e della programmazione economica. 2. Il Ministero della pubblica istruzione predispone, nellambito del proprio sistema informativo, un pacchetto applicativo, coerente con la modulistica di cui al comma 1, per la tenuta con tecnologie informatiche, della contabilit delle istituzioni scolastiche, in collegamento con lamministrazione scolastica. 3. Il pacchetto pu essere utilizzato anche per ottenere lelenco dei fornitori di beni e servizi, con lindicazione dei relativi crediti e debiti; i flussi di cassa distinti per tipologia di entrata e di spesa; lanalisi delle spese distinte per tipologia. Esso contiene meccanismi di segnalazione automatica di anomalie e disfunzioni che consentono anche interrogazioni mirate dallesterno da parte dei revisori. 4. Il pacchetto, che costantemente aggiornato, accompagnato da un manuale per la sua utilizzazione guidata, eventualmente compreso nel pacchetto stesso, con illustrazione di tutte le procedure e dei prodotti che possono essere ottenuti. 5. La contabilit in partita doppia, utilizzata dalle aziende agrarie e dalle aziende speciali, tenuta secondo programmi forniti dal Ministero della pubblica istruzione.

TITOLO IV ATTIVITA NEGOZIALE

CAPO I PRINCIPI GENERALI

Articolo 31 (Capacit negoziale) 1. Le istituzioni scolastiche, anche attraverso gli accordi di rete di cui allarticolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n.275, per il raggiungimento e nellambito dei propri fini istituzionali, hanno piena autonomia negoziale, fatte salve le limitazioni specifiche poste da leggi e regolamenti, nonch dalle presenti disposizioni. 2. Nellambito dellautonomia negoziale di cui al comma 1, le istituzioni scolastiche possono stipulare convenzioni e contratti, con esclusione dei contratti aleatori e, in genere delle operazioni finanziarie speculative, nonch della partecipazione a societ di persone e societ di capitali, fatta salva la costituzione e la partecipazione a consorzi, anche costituiti nella forma di societ a responsabilit limitata. 3. I contratti sono stipulati nelle forme previste dalle relative disposizioni di legge e, nel caso vi sia libert di forma, mediante scambio di corrispondenza secondo luso del commercio. Il presente comma non si applica alle spese di cui allarticolo 17. 4. E fatto divieto alle istituzioni scolastiche di acquistare servizi per lo svolgimento di attivit che rientrano nelle ordinarie funzioni o mansioni proprie del personale in servizio nella scuola, fatto salvo quanto previsto dallarticolo 33, comma 2, lettera g) e dallarticolo 40.

Articolo32 (Funzioni e poteri del dirigente nella attivit negoziale) 1. Il dirigente, quale rappresentante legale dellistituto, svolge lattivit negoziale necessaria allattuazione del programma annuale, nel rispetto delle deliberazioni del Consiglio distituto assunte ai sensi dellarticolo 33. 2. Il dirigente pu delegare lo svolgimento di singole attivit negoziali al direttore o ad uno dei collaboratori individuati a norma dellarticolo 25-bis, comma 5, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modificazioni e integrazioni. Al direttore compete, comunque, lattivit negoziale connessa alle

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minute spese di cui allarticolo 17. 3. Il dirigente, nello svolgimento dellattivit negoziale, si avvale della attivit istruttoria del direttore. 4. Nel caso in cui non siano reperibili tra il personale dellistituto specifiche competenze professionali indispensabili al concreto svolgimento di particolari attivit negoziali, il dirigente, nei limiti di spesa del relativo progetto e sulla base dei criteri di cui allarticolo 33, comma 2, lettera g), pu avvalersi dellopera di esperti esterni.

Articolo 33 (Interventi del Consiglio di istituto nellattivit negoziale) 1. Il Consiglio di istituto delibera in ordine: a) alla accettazione e alla rinuncia di legati, eredit e donazioni; b) alla costituzione o compartecipazione a fondazioni; allistituzione o compartecipazione a borse di studio; c) allaccensione di mutui e in genere ai contratti di durata pluriennale; d) ai contratti di alienazione, trasferimento, costituzione, modificazione di diritti reali su beni immobili appartenenti alla istituzione scolastica, previa verifica, in caso di alienazione di beni pervenuti per effetto di successioni a causa di morte e donazioni, della mancanza di condizioni ostative o disposizioni modali che ostino alla dismissione del bene; e) alladesione a reti di scuole e consorzi; f) allutilizzazione economica delle opere dellingegno; g) alla partecipazione della scuola ad iniziative che comportino il coinvolgimento di agenzie, enti, universit, soggetti pubblici o privati; h) alleventuale individuazione del superiore limite di spesa di cui allarticolo 34, comma 1; i) allacquisto di immobili. 2. Al Consiglio di istituto spettano le deliberazioni relative alla determinazione dei criteri e dei limiti per lo svolgimento, da parte del dirigente, delle seguenti attivit negoziali: a) contratti di sponsorizzazione; b) contratti di locazione di immobili; c) utilizzazione di locali, beni o siti informatici, appartenenti alla istituzione scolastica, da parte di soggetti terzi; d) convenzioni relative a prestazioni del personale della scuola e degli alunni per conto terzi; e) alienazione di beni e servizi prodotti nellesercizio di attivit didattiche o programmate a favore di terzi; f) acquisto ed alienazione di titoli di Stato; g) contratti di prestazione dopera con esperti per particolari attivit ed insegnamenti; h) partecipazione a progetti internazionali. 3. Nei casi specificamente individuati dal comma 1, lattivit negoziale subordinata alla previa deliberazione del Consiglio di istituto. In tali casi, il dirigente non pu inoltre recedere, rinunciare o transigere se non previamente autorizzato dal Consiglio di istituto. In tutti gli altri casi, il dirigente ha il potere di recedere, rinunciare e transigere, qualora lo richieda linteresse dellistituzione scolastica.

Articolo 34 (Procedura ordinaria di contrattazione) 1. Per lattivit di contrattazione riguardanti acquisti, appalti e forniture il cui valore complessivo ecceda il limite di spesa di EURO 2000 oppure il limite preventivamente fissato dal Consiglio distituto, quando non risulti altrimenti disposto dalle norme di cui al capo secondo del presente titolo, il dirigente procede alla scelta del contraente, previa comparazione delle offerte di almeno tre ditte direttamente interpellate. Resta salvo, comunque, quanto previsto dal comma 5. 2. Linvito a presentare unofferta deve contenere, oltre ai criteri di aggiudicazione, lesatta indicazione delle prestazioni contrattuali, nonch i termini e le modalit di esecuzione e di pagamento. 3. Losservanza dellobbligo di cui al presente articolo esclusa quando non sia possibile acquisire da altri operatori il medesimo bene sul mercato di riferimento dellIstituto. 4. E sempre possibile il ricorso alle procedure di gara disciplinate dalle norme generali di contabilit dello Stato. 5. Le istituzioni scolastiche sono tenute ad osservare le norme dellUnione Europea in materia di appalti e/o forniture di beni e servizi. 6. Le funzioni di ufficiale rogante, per la stipula degli atti che richiedono la forma pubblica, sono

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esercitate dal direttore o da funzionario appositamente da lui delegato.

Articolo 35 (Pubblicit, attivit informative e trasparenza dellattivit contrattuale) 1. Copia dei contratti e delle convenzioni conclusi con lordinaria contrattazione messa a disposizione del Consiglio di istituto nella prima riunione utile ed affissa allalbo della scuola. 2. Una relazione sullattivit negoziale svolta dal dirigente dellistituzione scolastica presentata alla prima riunione successiva del Consiglio di istituto. Il dirigente riferisce, nella stessa sede, sullattuazione dei contratti e delle convenzioni. 3. E assicurato lesercizio del diritto di accesso degli interessati alla documentazione inerente lattivit contrattuale svolta o programmata, ai sensi degli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241. 4. Il direttore provvede alla tenuta della predetta documentazione. 5. Il rilascio delle copie della documentazione in favore dei membri del Consiglio di istituto e degli altri organi dellistituto gratuito ed subordinato ad una richiesta nominativa e motivata.

Articolo 36 (Collaudo) 1. I lavori, le forniture e i servizi sono soggetti a collaudo finale, da eseguirsi, entro 60 giorni dalla loro ultimazione, consegna o esecuzione, ad opera del personale della scuola munito di adeguata competenza tecnica. A tal fine, il dirigente nomina un collaudatore singolo o apposite commissioni interne. Del collaudo redatto apposito verbale. 2. Per le forniture di valore inferiore a EURO 2000, latto formale di collaudo sostituito da un certificato che attesta la regolarit della fornitura, rilasciato dal dirigente o, su sua delega, dal direttore, o da un verificatore alluopo nominato. 3. Per i contratti inerenti alla fornitura di servizi periodici, redatto dal direttore apposito certificato di regolare prestazione. 4. Il saldo del pagamento dei lavori pu essere disposto solo dopo lemissione del certificato di collaudo o del certificato di cui al comma 2. Alla stessa data il dirigente pu procedere allo svincolo delle garanzie eventualmente prestate. 5. Per il collaudo di opere pubbliche, si procede secondo quanto previsto, al riguardo, dalla normativa sui lavori pubblici, salvo quanto previsto dal comma 1. CAPO II SINGOLE FIGURE CONTRATTUALI

Articolo 37 (Disposizione generale) 1. Le istituzioni scolastiche applicano le norme del presente capo nei casi espressamente contemplati, nonch in quelli che, pur non rientrando nelle singole previsioni, sono assimilabili al caso regolato.

Articolo 38 (Alienazione di beni e fornitura di servizi prodotti dallistituzione scolastica) 1. Le istituzioni scolastiche, nellesercizio dei compiti di formazione ed educativi, hanno facolt di svolgere attivit di servizi per conto terzi, nonch di alienare i beni prodotti nellesercizio di attivit didattiche o di attivit programmate. 2. La vendita avviene con le modalit stabilite dal Consiglio di istituto, che provvede a determinare le condizioni contrattuali di fornitura e le garanzie richieste ai terzi per ladempimento delle obbligazioni assunte verso listituto.

Articolo 39 (Concessione di beni in uso gratuito) 1. La istituzione scolastica, per assicurare il diritto allo studio, su richiesta degli esercenti la potest

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genitoriale e degli alunni maggiorenni, pu concedere, in uso gratuito, beni mobili e libri, nonch programmi software, di cui sia licenziataria, con autorizzazione alla cessione duso. 2. La istituzione scolastica provvede a pubblicizzare, mediante affissione allalbo, lelenco dei beni che possono essere concessi in uso gratuito ed i criteri di assegnazione e preferenza deliberati dal Consiglio di istituto. 3. La concessione in uso non pu determinare, per listituzione scolastica, lassunzione di oneri eccedenti il valore di mercato del bene ed subordinata alla assunzione di responsabilit per la utilizzazione del bene da parte del beneficiario ovvero, se minore o interdetto, degli esercenti la rappresentanza legale. 4. La concessione sempre revocabile e non pu mai estendersi oltre i periodi di tempo predeterminati.

Articolo 40 (Contratti di prestazione dopera per larricchimento dellofferta formativa) 1. La istituzione scolastica pu stipulare contratti di prestazione dopera con esperti per particolari attivit ed insegnamenti, al fine di garantire larricchimento dellofferta formativa, nonch la realizzazione di specifici programmi di ricerca e di sperimentazione. 2. Il Consiglio di istituto, sentito il collegio dei docenti, disciplina nel regolamento di istituto le procedure e i criteri di scelta del contraente, al fine di garantire la qualit della prestazione, nonch il limite massimo dei compensi attribuibili in relazione al tipo di attivit e allimpegno professionale richiesto.

Articolo 41 (Contratti di sponsorizzazione) 1. Le istituzioni scolastiche possono concludere accordi di sponsorizzazione con soggetti pubblici o privati. 2. E accordata la preferenza a soggetti che, per finalit statutarie, per le attivit svolte, ovvero per altre circostanze abbiano in concreto dimostrato particolare attenzione e sensibilit nei confronti dei problemi dellinfanzia e della adolescenza. 3. E fatto divieto di concludere accordi di sponsorizzazione con soggetti le cui finalit ed attivit siano in contrasto, anche di fatto, con la funzione educativa e culturale della scuola.

Articolo 42 (Contratti di fornitura di siti informatici) 1. Nella stipulazione di accordi diretti a garantire la fruizione, da parte dellistituzione scolastica, di un proprio sito, raggiungibile attraverso laccesso a reti informatiche, deve essere garantita la identificazione del fruitore responsabile di ogni accesso. Alluopo fornita, a cura dellistituzione scolastica, una chiave di accesso individuale ai responsabili nei singoli casi dellaccesso alla rete. 2. La stipulazione dei contratti di fornitura dei siti deve tenere conto, ai fini della valutazione di convenienza, anche del costo della fornitura del servizio di utenza telefonica. 3. Possono essere stipulate convenzioni con operatori che assicurino la fruizione di accessi individuali agli studenti. In tal caso, la valutazione di convenienza operata tenendo conto di tale possibilit.

Articolo 43 (Contratti di concessione in uso dei siti informatici). 1. E in facolt della istituzione scolastica ospitare sul proprio sito informatico istituzioni di volontariato, associazioni tra studenti, collegamenti verso altre istituzioni scolastiche, o enti di interesse culturale. 2. E sempre assicurata la parit di accesso e la libert di espressione. 3. Nella domanda di ammissione deve essere individuato un soggetto responsabile della attivit e dei contenuti immessi sul sito gestito dalla istituzione scolastica. 4. Possono essere stipulati contratti di sponsorizzazione del sito, subordinatamente al rispetto delle condizioni di cui allarticolo 41. 5. Nella stipulazione dei contratti, delle convenzioni e dei patti di cui al presente articolo, deve essere sempre riservata al dirigente la facolt di disattivare il collegamento quando le attivit siano in contrasto,

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anche di fatto, con la funzione educativa e culturale della scuola.

Articolo 44 (Contratti di comodato) 1. Listituzione scolastica pu ricevere in comodato da enti ed istituzioni, soggetti pubblici o privati, beni da utilizzare nello svolgimento della attivit educativa e formativa. 2. Qualora il bene non sia immediatamente fruibile per gli scopi di cui al comma 1, e necessiti di lavori di adeguamento o di particolari condizioni od impieghi di personale, la durata del comodato deve essere tale da rendere economicamente conveniente limpiego delle risorse dellistituzione scolastica.

Articolo 45 (Contratti di mutuo) 1. Limpegno complessivo annuale per il rimborso dei mutui non pu eccedere, sommato allimpegno per canoni di contratti di locazione finanziaria, il quinto della media dei trasferimenti ordinari dello Stato nellultimo triennio. 2. La durata massima dei mutui quinquennale. 3. In relazione agli assegnati finanziamenti di progetti comunitari e di formazione integrata superiore, dei quali sia pervenuta formale comunicazione, le istituzioni scolastiche possono chiedere, in attesa della materiale erogazione dei fondi, anticipazioni bancarie alle condizioni stabilite da apposita convenzione, stipulata dal Ministero della pubblica istruzione con le associazioni bancarie o a condizioni migliori. Articolo 46 (Manutenzione degli edifici scolastici) 1. Nei casi in cui la manutenzione ordinaria degli edifici scolastici e delle loro pertinenze delegata alle istituzioni scolastiche dallente locale, ai sensi dellarticolo 3, comma 4, della legge 11 gennaio 1996, n. 23, per laffidamento dei relativi lavori, si applicano le norme del presente regolamento. Listituzione scolastica fornisce allente locale competente la conseguente rendicontazione. 2. Listituzione scolastica pu anticipare i fondi necessari allesecuzione di lavori urgenti e indifferibili dandone immediata comunicazione allente locale competente, ai fini del rimborso.

Articolo 47 (Contratti di locazione finanziaria) 1. Le istituzioni scolastiche, previa valutazione di convenienza da operarsi a cura del dirigente hanno facolt di stipulare contratti di locazione finanziaria per la realizzazione di finalit istituzionali, con esclusione dellacquisizione della disponibilit di beni immobili. 2. E sempre vietata la stipulazione di contratti di locazione finanziaria su beni precedentemente alienati al concedente dallistituto scolastico o da terzi. 3. Quando listituzione scolastica non abbia interesse ad esercitare il potere di riscatto del bene, pu determinarsi ad esercitarlo allorch, a seguito di richieste provenienti dal personale dellistituzione stessa o da studenti, vi sia la possibilit di trasferirlo ai predetti soggetti, previa applicazione delle procedure di cui allarticolo 52 ad un prezzo non inferiore a quello di riscatto. In tal caso le procedure di cui al predetto articolo sono espletate prima dellesercizio del potere di riscatto.

Articolo 48 (Contratti di gestione finalizzata delle risorse finanziarie) 1. La istituzione scolastica, nellambito delle risorse finanziarie disponibili, e con esclusione di quelle trasferite dallo Stato, dagli enti locali e dallUnione europea, compatibilmente con la continuit dellerogazione del servizio educativo e formativo, pu stipulare contratti di gestione finanziaria finalizzata. 2. Tali contratti possono essere stipulati unicamente con istituzioni professionali di settore, abilitate allesercizio delle attivit bancarie e finanziarie. 3. La attivit contrattuale di cui al comma 1 deve essere finalizzata alla conservazione e allincremento di risorse finanziarie non immediatamente impiegabili, da destinarsi ad una specifica opera di interesse dellistituzione scolastica.

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4. I contratti di gestione devono sempre assicurare la conservazione del capitale impegnato ed un rendimento non inferiore a quello dei titoli di Stato con scadenza semestrale, al netto delle commissioni medie praticate dagli istituti bancari. 5. I contratti di gestione devono prevedere forme di riscatto anticipato, a condizione che sia sempre garantita la conservazione del capitale e degli interessi medio-tempore maturati, decurtati degli importi dovuti a titolo di commissione.

Articolo 49 (Compravendita di beni immobili) 1. Salvo quanto previsto dallarticolo 33, lalienazione di beni immobili di propriet dellistituto sempre disposta con le procedure di gara disciplinate dalle norme generali di contabilit dello Stato. 2. Laggiudicazione definitiva subordinata al mancato esercizio del diritto di prelazione da parte di coloro che ne hanno diritto. 3. Le istituzioni scolastiche possono acquistare beni immobili esclusivamente con fondi derivanti da attivit proprie, da legati, eredit e donazioni.

Articolo 50 (Uso temporaneo e precario delledificio scolastico) 1. La utilizzazione temporanea dei locali dellistituto forniti dallente locale competente pu essere concessa a terzi, con losservanza dellarticolo 33, comma 2, lettera c), a condizione che ci sia compatibile con la destinazione dellistituto stesso ai compiti educativi e formativi. 2. Con la attribuzione in uso, lutilizzatore assume la custodia del bene e risponde, a tutti gli effetti di legge, delle attivit e delle destinazioni del bene stesso, tenendo nel contempo esente la scuola e lente proprietario dalle spese connesse allutilizzo. 3. Ledificio scolastico pu essere concesso solo per utilizzazioni precarie e previa stipulazione da parte del concessionario, di una polizza per la responsabilit civile con un istituto assicurativo.

Articolo 51 (Appalti per lo smaltimento di rifiuti speciali) 1. Qualora nellesplicazione delle attivit scolastiche vengano prodotti rifiuti che per legge devono essere assoggettati a trattamento speciale, il dirigente provvede a concludere gli opportuni accordi con enti, aziende pubbliche e concessionari idonei al trattamento di rifiuti. 2. E consentito il ricorso a ditte operanti sul libero mercato solo ove non sia possibile fruire del servizio di smaltimento pubblico. Articolo 52 (Vendita di materiali fuori uso e di beni non pi utilizzabili) 1. I materiali di risulta, i beni fuori uso, quelli obsoleti e quelli non pi utilizzati sono ceduti dallistituzione previa determinazione del loro valore, calcolato sulla base del valore di inventario, dedotti gli ammortamenti, ovvero sulla base del valore dellusato per beni simili, individuato da apposita commissione interna. 2. La vendita avviene previo avviso da pubblicarsi nellalbo della scuola e comunicato agli alunni, sulla base delle offerte pervenute entro il termine assegnato. Laggiudicazione fatta al migliore offerente. 3. Nel caso in cui la gara sia andata deserta i materiali fuori uso possono essere ceduti a trattativa privata o a titolo gratuito e, in mancanza, essere distrutti. 4. I soli beni non pi utilizzati possono essere ceduti direttamente a trattativa privata ad altre istituzioni scolastiche o ad altri enti pubblici.

CAPO III ALTRE ATTIVITA NEGOZIALI

Articolo 53

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(Fondazioni) 1. Possono essere istituite fondazioni mediante conferimento di beni di valore storico non pi utilizzati per finalit di insegnamento, ivi compresi i beni librari, le opere prodotte nel corso delle attivit didattiche, i beni provenienti da successioni, donazioni, legati. 2. Le finalit delle fondazioni sono di conservazione e valorizzazione dei beni conferiti, nonch di promozione della conoscenza del patrimonio artistico e culturale, anche mediante la creazione e gestione di spazi espositivi e biblioteche, nonch mediante lo sfruttamento dei diritti di riproduzione. 3. Nellatto di fondazione devono essere previste norme che assicurino lunit di indirizzo gestionale tra listituzione scolastica e la fondazione.

Articolo 54 (Borse di studio) Le istituzioni scolastiche, ferma la competenza degli enti locali in materia di diritto allo studio, possono integrare con proprie risorse, gestite anche mediante i contratti di cui allarticolo 48, i trasferimenti degli enti locali, ovvero assegnare borse di studio annuali o infrannuali agli studenti, sulla base di preventivi criteri deliberati dal Consiglio di istituto, su proposta, per i profili didattici, del collegio dei docenti.

Articolo 55 (Donazioni, eredit, legati) 1. Le istituzioni scolastiche possono accettare donazioni, legati ed eredit anche assoggettate a disposizioni modali, a condizione che le finalit indicate dal donante, dal legatario o dal de cujus non contrastino con le finalit istituzionali. 2. Nel caso di donazioni, legati ed eredit finalizzati alla ristrutturazione di edifici di propriet dellente locale, listituzione concorda con lente stesso le modalit di utilizzazione delle risorse. 3. Nel caso di legati, eredit e donazioni finalizzate alla concessione di borse di studio, le istituzioni scolastiche ricorrono ove possibile ai contratti di gestione finalizzata delle risorse finanziarie di cui allarticolo 48, al fine di mantenere il valore del capitale. 4. Listituzione scolastica pu motivatamente rinunciare allaccettazione di legati. 5. La durata della locazione dei beni immobili pervenuti allistituzione scolastica per effetto di successioni a causa di morte e donazioni non pu mai eccedere i nove anni. 6. Il contratto deve contenere una clausola di recesso contrattuale che assicuri la disponibilit del bene per le mutate esigenze dellistituzione scolastica riconosciute nel programma annuale, garantendo un periodo di permanenza minimo del conduttore.

Articolo 56 (Progetti integrati di istruzione e formazione) 1. Al fine di realizzare progetti integrati di istruzione e formazione, che richiedono la collaborazione con altre agenzie formative pubbliche e private, anche partecipando a programmi regionali, nazionali o comunitari, le istituzioni scolastiche, singolarmente o nella forma dellaccordo di rete di cui allarticolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n.275, possono: a) stipulare convenzioni con universit, regioni ed enti pubblici; b) stipulare intese contrattuali con associazioni e privati; c) partecipare ad associazioni temporanee con agenzie pubbliche e private che realizzino collaborazioni sinergiche per lattuazione di particolari progetti di formazione. 2. Le intese di collaborazione con soggetti pubblici, per la gestione di percorsi formativi integrati sono regolate con convenzioni. Queste devono stabilire, tra loro, i rapporti finanziari ed i reciproci obblighi e garanzie. Qualora siano trasferite ad altri soggetti risorse finanziarie per assicurare la gestione unitaria delle attivit, la rendicontazione delle spese avviene allinterno del sistema contabile del soggetto gerente, il quale, entro 15 giorni dal termine di detta rendicontazione, invia agli altri soggetti finanziatori copia della medesima. 3. Le intese di collaborazione con agenzie formative private, devono risultare da atto scritto, nel quale, ai fini della pi ampia integrazione dei soggetti e delle risorse, sono delineati gli aspetti organizzativi del progetto da realizzare, sono definite le competenze di ciascun soggetto, nonch le attivit amministrate da ciascuno e lammontare delle risorse da impiegare allo scopo.

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4. Le intese di cui al precedente comma possono prevedere la gestione unitaria delle risorse finanziarie, affidate ad uno dei soggetti partecipanti allintesa, da attuarsi mediante un organo paritetico responsabile, del quale deve far parte il dirigente od un suo delegato. Entro 15 giorni dalla chiusura dellanno e/o delle attivit di cui trattasi, deve essere rimessa allistituzione scolastica copia della rendicontazione circa lutilizzo delle risorse comuni, se queste sono state affidate ad altro soggetto, da allegare al conto consuntivo. Le intese dovranno stabilire anche a quale dei soggetti partecipanti, al termine della collaborazione, passer la propriet degli eventuali beni durevoli acquistati.

TITOLO V CONTROLLO DI REGOLARITA AMMINISTRATIVA E CONTABILE

Articolo 57 (Esercizio della funzione) 1. Ai controlli di regolarit amministrativa e contabile di cui allarticolo 2 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286 provvede un Collegio dei revisori dei conti, nominato dallufficio scolastico regionale. Il collegio composto da tre membri, dotati di adeguata professionalit, di cui uno designato dal Ministero della pubblica istruzione, uno dal Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato - con funzioni anche di Presidente, ed uno designato dintesa tra i competenti enti locali. In caso di mancata designazione, la nomina predisposta dallufficio scolastico regionale, attingendo al registro dei revisori contabili. I componenti durano in carica 3 anni, salvo conferma, che nello stesso ambito territoriale pu avvenire per una sola volta. In caso di rinuncia o di cessazione di un membro, il nuovo nominato scade con quelli in carica. 2. Ad uno stesso Collegio affidato il riscontro di pi istituti, anche di diverso ordine e grado, aventi sede in un medesimo ambito territoriale. Laggregazione operata dallUfficio scolastico regionale tenuto conto: a) della dimensione complessiva dei flussi finanziari amministrati; b) della vicinanza e/o del facile collegamento tra le diverse sedi; c) della situazione geografica e ambientale in cui gli istituti operano. 3. Ai revisori dei conti spetta un compenso determinato con decreto del Ministero della pubblica istruzione di concerto con il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. Agli stessi sono corrisposti, in quanto dovuti, lindennit di missione ed il rimborso spese secondo le disposizioni vigenti in materia. 4. Il compenso, lindennit ed il rimborso spese ai membri del collegio sono corrisposti da un istituto scolastico individuato nellambito territoriale dellUfficio scolastico regionale con il provvedimento di nomina del Collegio. 5. Per le designazioni di propria competenza, il Ministero della pubblica istruzione provvede alla tenuta di un apposito elenco nel quale sono iscritti, a domanda, i dipendenti appartenenti a qualifica non inferiore a quelle ricomprese nellarea funzionale C del contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al comparto dei ministeri per il quadriennio 1998-2001, nonch i dipendenti, di qualifica immediatamente inferiore che siano iscritti nel registro dei revisori contabili. Lelenco comprende una apposita sezione nella quale possono chiedere di essere iscritti revisori contabili esterni allamministrazione per lattribuzione degli incarichi eccedenti.

Articolo 58 (Compiti dei revisori dei conti) 1. Il Collegio dei revisori dei conti vigila sulla legittimit, regolarit e correttezza dellazione amministrativa. 2. Il Collegio esprime il parere di regolarit contabile sul programma annuale proposto dalla Giunta esecutiva ai sensi dellarticolo 2, comma 3. 3. Il Collegio procede, con visite periodiche - anche individuali - da compiersi almeno due volte nellanno presso ciascuna istituzione scolastica compresa nellambito territoriale di competenza, alla verifica della legittimit e regolarit delle scritture contabili e della coerenza dellimpiego delle risorse con gli obiettivi individuati nel programma e nelle successive variazioni di questultimo, nonch alle verifiche di cassa. 4. Il Collegio esamina il conto consuntivo della gestione annuale in merito al quale: a) riferisce sulla regolarit della gestione finanziaria e patrimoniale, secondo gli elementi tratti dagli atti

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esaminati e dalle verifiche periodiche effettuate nel corso dellesercizio; b) rileva il livello percentuale di utilizzo della dotazione finanziaria e delle dotazioni annuali di ciascun progetto distituto; c) evidenzia i risultati della gestione finanziaria e patrimoniale; d) esprime parere sul conto, con particolare riguardo alla concordanza dei risultati esposti con le scritture contabili; e) e) correda la relazione con tabelle di rilevazione dei costi (personale, strumenti, servizi esterni, ecc.) inerenti alle attivit e ai progetti realizzati nellistituto, finalizzate allanalisi costi/benefici da parte dellamministrazione scolastica, nonch con altre notizie e dati richiesti dallamministrazione vigilante. Articolo 59 (Funzionamento del Collegio dei revisori dei conti) 1. Le riunioni del Collegio, ai fini degli adempimenti di cui allarticolo 58, commi 2 e 4, si svolgono su iniziativa del presidente, cui compete la convocazione, ovvero quando ne facciano richiesta congiuntamente gli altri due membri. Esse possono tenersi in una qualsiasi delle sedi scolastiche comprese nellambito territoriale di competenza. 2. Per le deliberazioni assunte dal Collegio, il membro dissenziente deve indicare nel verbale i motivi del proprio dissenso. Non consentita lastensione. 3. Le verifiche periodiche di cui allarticolo 58, comma 3, avvengono sulla base di una programmazione annuale concordata collegialmente. 4. Per lesercizio delle funzioni dei revisori, le istituzioni scolastiche sono tenute a mettere a disposizione di tutti gli atti e i documenti necessari per lesercizio delle funzioni di controllo. 5. Lufficio scolastico regionale promuove gli opportuni interventi, al fine di assicurare lomogeneit dellesercizio della funzione del Collegio dei revisori.

Articolo 60 (Verbali) 1. Lattivit dei revisori dei conti deve essere verbalizzata. I verbali, per ciascuna istituzione scolastica, sono raccolti in apposito registro a pagine numerate progressivamente, che custodito dal direttore o da un suo delegato. 2. Copia del verbale relativo allesame del conto consuntivo, corredato della documentazione indicata allarticolo 18, deve essere inviata allufficio scolastico regionale ed alla competente ragioneria provinciale dello Stato. Ai predetti uffici devono essere inviati altres copia dei verbali relativi ad eventuali anomalie riscontrate nel corso della gestione per ladozione dei provvedimenti di competenza. TITOLO VI ATTIVITA DI CONSULENZA CONTABILE Articolo 61 (Ufficio scolastico regionale) 1. Lufficio scolastico regionale fornisce alle istituzioni scolastiche assistenza e supporto in materia amministrativo-contabile, anche sulla base delle indicazioni generali predisposte e diramate dal Servizio per gli affari economico-finanziari del Ministero della pubblica istruzione. TITOLO VII DISPOSIZIONI FINALI Articolo 62 (Applicazione delle nuove istruzioni contabili) 1. Le istruzioni generali contenute nel presente regolamento si applicano con le modalit e nei termini di cui allarticolo 12, comma 4 del decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n.275.

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Appendice normativa sullautonomia scolastica

INDICE CAPITOLO I. LE ISTITUZIONI SCOLASTICHE AUTONOME 1. Organizzazione scolastica e istruzione 2. La autonomia in generale 3. Lautonomia delle scuole anteriormente alla legge delega 59/97 4. La legge delega 59/97 e la normativa di attuazione 5. Lattribuzione della personalit giuridica a tutte le scuole 6. Lautonomia didattica, organizzativa della scuola 6. 1. La individuazione delle discipline oggetto di insegnamento (Curricolo obbligatorio e facoltativo) 6. 2. Le modalit di insegnamento 6. 3. I tempi dellinsegnamento 6. 4. La rete tra scuole 7. La natura giuridica dellente scuola 8. I rapporti con il Ministero riformato 8. 1. La organizzazione previgente al decreto legislativo 300/1999 8. 2. Le modifiche introdotte dal decreto legislativo 300/1999 e del regolamento di attuazione (decreto del Presidente della Repubblica 347/2000) 8. 3. La riforma degli organi collegiali territoriali 8. 4. La responsabilit per i risultati del dirigente scolastico CAPITOLO II. LAUTOGOVERNO DELLISTITUZIONE SCOLASTICA 1. La organizzazione della scuola e la libert di insegnamento 2. Il governo collegiale dellistituzione scolastica 3. Organi collegiali e competenze del dirigente scolastico 4. La riforma degli organi collegiali 5. La progettualit della scuola: il P.O.F. CAPITOLO III. LA SOGGETTIVIT E LA GESTIONE DEI BENI 1. Personalit giuridica e titolarit dei beni 2. La autonomia finanziaria 2. 1. La attuale gestione finanziaria 2. 2. Le nuove istruzioni generali sulla gestione amministrativo -contabile delle istituzioni scolastiche 3. Lattivit negoziale 3.1. la conclusione del contratto CAPITOLO IV. LEGISLAZIONE STATALE E REGIONALE IN MATERIA DI ISTRUZIONE SECONDO LA Legge 3/2001 1. legislazione esclusiva e concorrente, concetti 2. la legge costituzionale 2001 n. 3: le modifiche al titolo V della Costituzione 3. Le competenze legislative in materia di istruzione 4. La riforma del Titolo V della Costituzione in materia di funzioni amministrative 4.1. Il precedente assetto costituzionale ed il superamento del principio del parallelismo 5. la distinzione tra funzioni proprie e funzioni conferite 6. La legislazione ordinaria in materia di funzioni: il decr. legislativo 112/1998 6.1. Listruzione scolastica nel decr. 112/98 7. Lautonomia finanziaria e la potest regolamentare degli enti destinatari di funzioni 8. Sussidiariet orizzontale e verticale APPENDICE NORMATIVA SULLAUTONOMIA SCOLASTICA Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 gennaio 1994 Principi sullerogazione dei servizi pubblici Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 19 maggio 1995 Prima individuazione dei settori di erogazione dei servizi pubblici ai fini dellemanazione degli schemi generali di

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riferimento di Carte dei servizi pubblici Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 7 giugno 1995 Schema generale di riferimento della Carta dei servizi scolastici Direttiva del Ministro della pubblica istruzione n.254 del 21 luglio 1995 Direttiva relativa alla Carta dei servizi scolastici Legge 28 dicembre 1995, n.549 Misure di razionalizzazione della finanza pubblica Legge 15 marzo 1997, n. 59 Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa. Legge 18 dicembre 1997, n. 440 Istituzione del Fondo per larricchimento e lampliamento dellofferta formativa e per gli interventi perequativi. decreto del Presidente della Repubblica 2 marzo 1998, n. 157 Regolamento recante norme di attuazione dellarticolo 1, comma 20, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, concernente laggregazione di istituti scolastici di istruzione secondaria superiore. decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno 1998, n. 233 Regolamento recante norme per il dimensionamento ottimale delle istituzioni scolastiche e per la determinazione degli organici funzionali dei singoli istituti, a norma dellarticolo 21 della Legge 15 marzo 1997, n. 59. decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275 Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dellarticolo 21 della Legge 15 marzo 1997, n. 59. Legge 22 marzo 2000, n.69 Interventi finanziari per il potenziamento e la qualificazione dellofferta di integrazione scolastica degli alunni con handicap. decreto ministeriale 26 giugno 2000, n.234 Regolamento recante norme in materia di curricoli nellautonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dellarticolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n.275. Decreto-Legge 28 agosto 2000, n.240, convertito con modificazioni dalla legge 27 ottobre 2000, n.306 Disposizioni urgenti per lavvio dellanno scolastico (Articolo 2). decreto ministeriale 1 febbraio 2001, n.44 Regolamento concernente le Istruzioni generali sulla gestione amministrativo-contabile delle istituzioni scolastiche. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE INDICE

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