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In linea generale, la dieresi considerata illecita nei seguenti casi: - con i dittonghi ascendenti ie, uo qualora provengano dalle vocali latine e, o brevi (cuore da cor) o dal dittongo ae (siepe da saepe); - se la i semiconsonante (jod) risalente a l latina (piano da planum), a rj latina (gennaio da Ianuarium), a j latina che produca in italiano la geminazione della consonante precedente ( rabbia da rabiem); - se la u semiconsonante (uau) risalente a u semiconsonante latina (uguale da aequalem), a u vocale latina (tacqui da tacui), a w germanica (guerra, guanto): - se la i semplice segno diacritico (cielo, foglia, giusto ). Fenomeni fonetici elisione caduta della vocale finale di una parola seguita da parola che inizia per vocale (tantera tanto era); aferesi caduta della vocale iniziale di una parola (rancia arancia); sincope caduta di una vocale allinterno di parola (spirto spirito); con la sincope viene evitata lipermetria; apocope caduta della vocale o dellintera sillaba finale di una parola ( ciel cielo; pie piede); stata utilizzata nella lirica sette-ottocentesca per ottenere versi tronchi con il troncamento di parole piane; prostesi aggiunta di una vocale o di una sillaba a inizio di parola (istesso stesso); epentesi aggiunta di una vocale o di una sillaba allinterno di parola (fantasimi fantasmi); utilizzata per rendere sdrucciole parole piane; epitesi o paragge, aggiunta di una vocale o di una sillaba in fine di parola tronca (fue fu). Nella metrica italiana il computo delle sillabe del verso sintende, per convenzione, eseguito sul verso piano, cio terminante con parola piana (sillaba tonica + sillaba atona), in quanto in italiano le parole piane sono quantitativamente prevalenti (in francese luscita normale delle parole tronca e il computo delle sillabe si effettua sul verso tronco). Se piano, endecasillabo sar un verso che misura undici sillabe con accento sulla decima sillaba; se lultima parola del verso sar sdrucciola (sillaba tonica + due sillabe atone), poich laccento resta sulla decima sillaba, il verso endecasillabo avr dodici sillabe (A egregie cose il forte animo accdono Foscolo, Sepolcri v. 151). Se il verso terminer con una parola tronca, lendecasillabo sar di sole dieci sillabe ( E come albero in nave si lev Inf. XXXI v. 145). Ci che distingue i versi italiani non il numero delle sillabe ma la posizione dellultimo accento. Ogni verso contraddistinto da un numero definito di posizioni; successiva allultima caratterizzata dallaccento ritmico pu esserci un numero di sillabe variabile da zero a tre. Oltre allaccento fisso, sempre collocato sulla penultima sillaba della variante piana di ciascun verso, i versi italiani presentano alcuni accenti interni, in numero variabile e generalmente mobili, cio su sillabe non obbligatoriamente determinate. Da questi accenti scaturisce il ritmo caratteristico di ciascun verso. Per esigenze di ritmo e di rima si ha a volte: sistole spostamento del normale accento della parola allindietro; diastole spostamento del normale accento della parola in avanti. Gli accenti ritmici non coincidono necessariamente con tutti gli accenti grammaticali delle parole comprese nel verso, anche se corrispondono, nella maggior parte dei casi agli accenti sintagmatici. Per distinguerlo dallaccento grammaticale, laccento metrico viene spesso definito ictus o arsi (in opposizione a tesi, termine utilizzato per i tempi deboli, non accentati del verso). In presenza di rime frante, lobbligo di accentare metricamente alcune sillabe pu anche determinare una radicale alterazione nella disposizione regolare, cio 2
Elementi di poesia VD (a.s. 2012-2013) grammaticale, degli accenti. Lictus pu cadere, e spesso cade, su parole vuote come pronomi, a ggettivi possessivi, articoli, congiunzioni o preposizioni. versi ad accentazione mobile versi che ammettono una maggiore mobilit e libert degli accenti interni; (es. settenari ed endecasillabi) versi ad accentazione fissa versi che presentano un numero limitato di combinazioni e di varianti per gli accenti che danno origine a versi sostanzialmente differenti e reciprocamente incompatibili (es. ottonario giambico e trocaico, decasillabo anapestico o trocaico). Da ricordare che: 1. i versi italiani possono presentare due ictus consecutivi, cio due sillabe consecutive fornite di accento ritmico; 2. tra un ictus e laltro, precedente o successivo, e prima dellictus iniziale, possono trovarsi anche pi di due posizioni atone, cio prive di ictus. Caratteristica della poesia la segmentazione ritmica, cio la divisione del testo in porzioni dette versi la cui struttura determinata da fattori ritmico-musicali e non logico-sintattici. In poesia non obbligatorio che fine di verso coincida con fine di frase o di una sua parte. Il discorso metrico si organizza secondo leggi proprie, diverse da quelle che regolano il discorso logico, e periodo metrico e periodo logico possono non coincidere con il primo che pu andare oltre il verso successivo. Tale artificio prende il nome di enjambement, raro nella poesia delle origini destinata al canto o alla recitazione e trasmessa oralmente, ma molto presente nella successiva poesia italiana soprattutto a partire dal XVI secolo. Si considera metricamente significativo lenjambement che separa due parti del discorso connesse sul piano logico (ad esempio sostantivo-aggettivo; soggetto-verbo; verbo-complemento oggetto). Non tutti gli enjambements hanno la stessa intensit. rejet lett. rigetto, definita la porzione di periodo o di sintagma che, oltrepassando la misura del verso, viene a collocarsi allinizio del verso successivo; enjambement intestrofico si verifica quando la separazione riguarda elementi appartenenti a due periodi strofici distinti (ultimo verso di una strofe e primo della strofe successiva). La rima e le sue funzioni Si definisce rima dal latino rithmus quella figura di omoteleuto (similiter desinens, secondo la terminologia dei teorici medioevali) per cui due o pi parole risultano foneticamente identiche dallultima vocale tonica alla fine. Sono in rima: soggiorno-intorno pericolo-cunicolo citt-piet. Per sineddoche la parola rime passata a indicare gli stessi componimenti poetici in lingua volgare (cfr. Petrarca). Per convenzione ammessa fin dalla poesia delle origini la rima tra due varianti aperta e chiusa di una medesima vocale (bne balne) e quella tra la s sorda e sonora (cosa rosa), mentre evitata la rima tra la z sorda e sonora (olezza carezza), pur se praticata a volte in Dante. Oltre alla rima semplice, la metrica italiana prevede limpiego di un gran numero di rime speciali:
derivativa se collega due voci etimologicamente connesse (es. strugge: distrugge; la rima derivativa per sua natura anche ricca); equivoca se concerne parole identiche foneticamente ma diverse grammaticalmente e/o semanticamente: ad esempio conte (sostantivo maschile): conte (participio passato arcaico: note, conosciute). Se l'identit fonetica si ottiene giustapponendo elementi distinti graficamente e grammaticalmente (es. chiama: chi ama), la rima si dice equivoca contraffatta; facile rima resa agevole dalla facilit di esecuzione ( e quindi solitamente evitata, in quanto segno di trascuratezza formale): si identifica in genere con la rima desinenziale ( tra parole di uguale desinenza: udire:partire) e con la rima suffissale (tra parole dotate di uguale suffisso: lietamente: aspramente); franta o spezzata o composta se la terminazione in rima risulta distribuita in due o pi parole distinte (es. in Dante: chiome: oh me!). grammaticale quando due o pi coppie di rime sono grammaticalmente connesse; ad esempio le coppie sembra: rimembra e sembrava: rimembrava; 3
Lidentit delle terminazioni finali pu non essere assoluta ma si pu avere: assonanza se c identit dellultima vocale tonica ma diversit parziale o totale dei fonemi successivi; consonanza quando sono diverse le ultime vocali toniche ma uguali i fonemi tassativamente per le consonanti successivi (sparviere-gire); rima imperfetta se lidentit delle terminazioni quasi assoluta (solitario-aria). Le rime si organizzano secondo strutture fisse e ricorrenti, le pi frequenti delle quali sono:
rima baciata: se i versi sono strutturati a coppie di rime uguali: AA BB CC ; rima alterna: schema ABAB; rima incatenata: schemi ABA BCB CDC ...; ABbC CDdE EFfG e simili; rima rinterzata: quando a un endecasillabo segue un verso breve con la medesima rima Aa, Bb, Cc .
Per il verso lungo, in generale lendecasillabo, viene utilizzata la maiuscola, per il verso breve la minuscola con in basso a destra della lettera un numero a indicarne la misura sillabica. monorimi versi, almeno tre, caratterizzati dalla medesima rima, detta rima continuata; rima interna quella che interessa due parole allinterno del verso; rima al mezzo quella che si instaura tra una parola posta in fine di verso e una collocata alla fine del primo
Elementi di poesia VD (a.s. 2012-2013) versi con ritmo ascendente in cui il primo accento cade dopo una o pi sillabe atone iniziali; versi con ritmo discendente con la prima sillaba tonica seguita da una o pi sillabe atone.
in genere limitatamente ai soli versi imparisillabi: verso intero endecasillabo; verso rotto di misura inferiore allendecasillabo, in genere settenario o quinario. Nel fare riferimento al ritmo di un verso si adotta linterpretazione qualitativa, ossia accentuativa, dei piedi stessi ma per questi ultimi ci si riferisce a quelli della tradizione antica ( giambo, trocheo, dattilo, anapesto). Origine dellendecasillabo deriva direttamente dal decasillabo epico francese, verso caratterizzato in origine dalla cesura fissa dopo la quarta sillaba e dalla rigida divisione in due emistichi autonomi; il decasillabo epico francese fu sottoposto, nella lirica provenzale del XII secolo, a profonde trasformazioni (impiego di cesure in sedi variabili e abolizione dellautonomia degli emistichi) che lo avvicinarono all elasticit strutturale tipica dellendecasillabo italiano. verso ipometro di misura inferiore rispetto a quella che dovrebbe assumere; verso ipermetro di misura superiore rispetto a quella che dovrebbe assumere. Lipometria e lipermetria sono valutabili solo in rapporto a un pi ampio contesto metrico, con il conseguente crearsi di un fenomeno di anisosillabismo. Per le sillabe mancanti o eccedenti si parla di: anacrusi quando sillabe in pi sono collocate a inizio di verso; catalessi a proposito di versi ipometri mancanti di una o pi sillabe nella parte finale. Se lultimo piede ha solo due delle tre sillabe si parla di catalessi in disyllabam, se uno di catalessi in syllabam. verso libero se il verso non riconducibile in nessun modo a un verso di misura tradizionale. Versi imparisillabi (caratterizzati da un ampio margine di libert nella disposizione degli accenti interni) endecasillabo il verso pi utilizzato nella tradizione poetica; pur avendo assunto nel corso dei secoli le pi diverse conformazioni ritmiche, si presenta in genere in tre versioni fondamentali caratterizzate dalle seguenti strutture accentative: 1. accenti di 6a e di 10a Nel mezzo del cammin di nostra vita (Inf. I, v. 1) 2. accenti di 4a, 8a e 10a Mi ritrovai per una selva oscura (Inf. I, v. 2) 3. accenti di 4a, di 7a e di 10a Rota descende, ma non me naccorgo (Inf. XVII, v. 116); per il suo ritmo peculiare viene detto endesillabo dattilico altre combinazioni possibili sono: 1. accenti di 2a, di 7a e di 10a 2. accenti di 2a, di 4a, di 7a e di 10a 3. accenti di 2a, di 6a, di 7a e di 10a detto a maiore se, cadendo il primo ictus principale sulla sesta sillaba, il verso presenta come primo emistichio un settenario (accenti di 6a e di 10a); a minore se il suo primo emistichio un quinario, ossia se il primo ictus principale cade sulla quarta sillaba (con accenti di 4 a, 8a e 10a e con accenti di 5
Elementi di poesia VD (a.s. 2012-2013) 4a, 7a e 10a). Quando si hanno due forti ictus di 4a e di 6a, non possibile stabilire se lendecasillabo a maiore o a minore; si parla di endecasillabo ancipite. La cesura, ossia la pausa metrica tra due emistichi del verso, individuabile soltanto nei regolari endecasillabi a minore e a maiore, oltre a quelli con accenti di 6a 7a, in cui si pu compiere con facilit la divisione in quinari e settenari. settenario pu avere, prima dellultimo accento che cade sulla sesta sillaba, uno o due accenti interni la cui posizione molto libera; Chi la chiam con fede (Petrarca, RVF CCCLXVI) quinario pu avere, oltre allaccento sulla quarta sillaba, un accen to interno o sulla prima o sulla seconda sillaba; mentre ne calici/ il vin scintilla (Carducci, A Satana, vv. 5-6) trisillabo il pi breve tra i versi italiani canonici; novenario lunico tra i versi imparisillabi a poter essere compreso tra i ver si ad accenti fissi; presenta tre varianti principali con schema accentuativo rigido: 1. novenario dattilico, o novenario propriamente detto, con accenti di 2a, 5a e 8a Il giorno fu pieno di lampi (Pascoli, La mia sera, v. 1) 2. novenario giambico con accenti di 4a e 8a Allor dir la donna mia (Dante, Per una ghirlandetta, v. 13) 3. novenario trocaico, o anapestico, con accenti di 3a, 5a e 8a Sono apparse in mezzo ai viburni (Pascoli, Il gelsomino notturno, v. 3) Versi parisillabi (caratterizzati da accenti fissi, con poche varianti dalla struttura ritmica rigida e perci considerati, a partire da Dante, inadatti alla pi alta poesia lirica) decasillabo ne sono attestate due varianti: 1. decasillabo anapestico (pi frequente) con accenti di 3a, 6a e 9a Soffermati sullarida sponda (Marzo 1821, v. 1) 2. decasillabo trocaico con accenti principali di 3a, 7a e 9a nella poesia delle origini ottonario ne sono attestate due varianti: 1. ottonario trocaico (canonico) con accenti di 1a, 3a, 5a e 7a Questo monte gira intorno (Poliziano, Orfeo, v. 321) 2. ottonario dattilico con accenti principali di 1a, 4a e 7a Voci dal borgo alle croci (Pascoli, Lor di notte, v. 13) senario molto meno usato, ha due accenti fissi di 2a e 5a Sul chiuso quaderno (Zanella, Sopra una conchiglia fossile nel mio studio, v. 1) quadrisillabo molto meno usato, ha generalmente un solo accento principale di 3 a pi uno secondario su una delle due sillabe precedenti Su le carte (Carducci, RN Alla rima, v. 2) Caratteri particolari hanno i versi doppi che, pur se attestati fin dal XIII secolo, occupano un posto di secondaria importanza nella tradizione poetica. Si tratta di versi costituiti da due emistichi di identica misura, tra i quali non ammessa la sinalefe. I due emistichi come nei versi latini detti asinrteti sono metricamente indipendenti e separati da una cesura fissa e obbligatoria. Il primo emistichio pu essere anche tronco o sdrucciolo, senza che ci pregiudichi la struttura ritmica del verso. I pi importanti sono il doppio quinario (Grazie, arridetemi, riso soltanto Foscolo, Il piacere, v. 1) e il doppio settenario (Le donne ti disiano pulzelle maritate Cielo dAlcamo, Contrasto, v. 2, detto anche alessandrino o martelliano); molto meno usati sono il doppio senario o dodecasillabo (Dagli atri muscosi, dai fri cadenti Manzoni, Adelchi, coro I, v. 1), il doppio ottonario (Quando cadono le foglie, quando emigrano gli augelli Carducci, GE La sacra di Enrico V, v. 1) e il 6
Elementi di poesia VD (a.s. 2012-2013) doppio novenario (Si schiude alla breve romanza di mille promesse la vita - Gozzano, VR Lamica di nonna Speranza, v. 46). metro nellaccezione ristretta, schema metrico di un componimento ; in questo senso il sonetto, la canzone e lottava sono altrettanti metri, cio corrispondono a strutture formali precise ed esattamente definite allinterno della nostra tradizione poetica. metri strofici prevedono lorganizzazione del componimento in periodi metrici rigidamente strutturati, detti appunto strofe (il singolare pu essere strofa o, alla greca, strofe); di norma le strofe si ripetono pi volte, identiche nella struttura, anche se non mancano forme monostrofiche. A determinare la struttura della strofa la disposizione dei versi e, insieme con essa, quella delle rime; a eccezione dei metri barbari, non esistono nella metrica italiana metri strofici che non siano rimati. Tra le forme strofiche, dette anche per la loro rigorosa strutturazione forme chiuse, si annoverano il sonetto, la canzone, la ses tina, la terza rima, lottava, il madrigale e la ballata antichi. Con termini grecizzanti, si parla di strofe tetrastiche o tetrastici, di strofe pentastiche, di esastiche, di eptastiche a seconda del numero di versi che compongono la strofe. Distico e tristico o terzetto (da non confondere con terzina che designa una precisa forma metrica) si definiscono, rispettivamente, periodi metrici costituiti da due e da tre versi. metri astrofici presentano una struttura elastica e libera e non prevedono una di sposizione fissa di versi e di rime n segmenti metrici rigidi e uguali. Rientrano tra le forme astrofiche, dette anche aperte per la loro libera conformazione, lendecasillabo sciolto, la sequenza di endecasillabi e settenari tipica della favola pastorale, la ballata e il madrigale cinquecenteschi, la canzone libera leopardiana e il verso libero. lassa metro astrofico in cui i versi o sono monorimi (lassa rimata) o sono collegati dalla medesima assonanza ( lassa assonanzata); derivata dalla poesia epica francese medievale, tale forma caratterizza certi testi della poesia italiana delle origini ed stata recuperata da Carducci, Pascoli e DAnnunzio. Si definiscono lasse gruppi variamente estesi di versi della stessa misura. prosimetri testi misti di parte in prosa e di parti in poesia (Vita Nuova e Convivio di Dante); polimetri componimenti in cui si alternano metri vari e diversi ( Egloga I del Sannazaro). forme isometriche o omometriche tutte quelle forme nelle quali compare uno e un solo tipo di verso, come la terzina, la sestina, lottava, il sonetto nella sua variante pi comune, in generale tutti metri di soli endecasillabi; forme anisometriche o eterometriche forme in cui sono impiegati versi di varia misura, come avviene nella canzone, nella ballata e nel madrigale, che possono tuttavia essere anche isometriche. I fenomeni metrici, cos come quelli stilistici, retorici e fonetici, sono in qualche misura dei veri e propri significanti , cio sono essi stessi portatori di significato non meno importanti ai fini della piena comprensione del testo, di quelli affidati agli strumenti del discorso logico. Spesso il dato metrico si presenta semanticamente neutro , cio il suo significato non si configura come del tutto autonomo e autosufficiente ma dipende strettamente dal significato logico del passo o dellintero componimento. Ai fenomeni metrici demandata talora lespressione e la rappresentazione formale di significati precisi , incaricati di affiancare, integrare, correggere o con traddire quelli trasmessi dal contenuto della poesia. La rima instaura tra le parole rapporti fonici e strutturali che si rivelano talvolta anche produttori di senso. Il verso e lenjambement sono da considerarsi significanti metrici adatti a sottolineare le pi diverse sfumature di significato. Anche la carica semantica dei metri in molti casi evidente e viene sottolineata dagli stessi poeti (come terzina dantesca con le sue implicazioni numerologiche e trinitarie).
Elementi di poesia VD (a.s. 2012-2013) Da F. Bausi M. Martelli, La metrica italiana. Teoria e storia, casa editrice Le Lettere, Firenze 1993