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La scuola toscana e Guittone d'Arezzo L'eredit dei poeti federiciani fu raccolta nell'Italia centrale dai cosiddetti poeti siculo

-toscani (solo grazie ai canzonieri toscani oggi possiamo leggere, seppure in forma non originale, la poesia dei Siciliani), e in un ambiente culturale pi avanzato: Firenze, dopo la battaglia di Campaldino (1289) era diventata una capitale economica europea, in fase di espansione per tutta la Toscana. Il maggior poeta fu Guittone d'Arezzo (1235-94). La tradizione siciliana viene dunque proseguita in Toscana perch molti intellettuali di questa regione erano vissuti per vario tempo alla corte di Federico II. Qui i componimenti ispirati al tema dell'amore non si discostano dai motivi cari ai siciliani e ai provenzali, per la preoccupazione -essendo le condizioni politico-sociali delle citt toscane molto sviluppate- quella di fare una lirica dotta, erudita, in uno stile complesso-difficile-ricercato. Inoltre non mancano i temi politici, soprattutto quelli dedicati a Firenze. Con il dissolversi della monarchia Sveva venne meno anche il centro culturale che era fiorito alla corte di Federico II ed aveva prodotto la poesia della Scuola Siciliana. Non si ferm, tuttavia, quell'intensa attivit letteraria che, in collegamento con la Scuola Siciliana, si era sviluppata in varie citt della Toscana e che rec un contributo decisivo allo sviluppo del volgare. Mentre la lirica dei Siciliani era legata all'ambiente ed alle professioni della corte, quella toscana riflette la realt della citt comunale ed i suoi poeti sono sempre, in qualche modo, parte della vita sociale e politica della loro citt, cosicch la loro arte si distinse, oltrech per la ricerca formale, per un forte senso civico. Tra i pi noti rappresentanti di questa scuola vi sono Bonagiunta da Lucca, Monte Andrea, Chiaro Davanzati e Guittone d'Arezzo (1230-1294). La produzione di Guittone comprende le Lettere e le Rime, importanti documenti di una letteratura d'arte in lingua volgare che si modella sui pi noti esempi di arte oratoria e stilistica. Nella famosa canzone "Ahi lasso, or stagion de doler tanto" Guittone rammenta la rovina di Firenze dopo la battaglia di Montaperti. Nello sforzo di arricchire il linguaggio egli assorb molte voci dialettali e termini di origine francese, provenzale e latina e cadde spesso nell'oscuro e nell'astruso, fatto che gli viene rimproverato da Dante. Ebbe comunque il merito di allargare la tematica della poesia siciliana ad un contenuto civile. I rimatori siculo-toscani Prestissimo i canzonieri manoscritti della poesia siciliana cominciarono a circolare in Toscana, forse ancora prima della morte di Federico II (1250). Copisti e poeti locali contribuirono gradualmente, con molte incertezze e differenza tra un luogo e l'altro, a trapiantare nel volgare toscano le rime provenienti dalla Magna Curia: del resto, negli anni in cui Federico era presente in Toscana, molti rimatori di qui si unirono al coro dei poeti di corte e le poesie furono scritte, pur con molti sicilianismi, del volgare, o nei volgari di questa regione. I codici che ci hanno trasmesso le rime dei siciliano, tra i quali il pi famoso il Vaticano 3793, ci hanno pure conservato le rime di poeti lucchesi, senesi, fiorentini, aretini, pisani, detti appunto siculo-toscani, che sono stati i tramiti del passaggio di quella grande esperienza lirica

in un territorio destinato a diventare in breve il vero crogiolo della nostra maggiore letteratura... I poeti toscani sembrano per lo pi prediligere, della poesia siciliana, la forma facile e cantabile della canzonetta, con innesti spesso efficaci di modi popolari e borghesi: in questo ambito viene accolto il tipo metrico della ballata, non usata dai siciliani. un trobar leu in cui si distingue particolarmente Buonagiunta Orbicciani , notaio di Lucca, ammiratore di Iacopo da Lentini, di cui imita la casistica della nascita e degli effetti del sentimento d'amore, con predilezione per le note psicologiche dell'oppressione amorosa, sentita per sempre, con anticipazioni quasi stilnovistiche, come esperienza privilegiata ed esclusiva... Probabilmente "colpa" di Dante se cos poco si parla dei poeti siculo-fiorentini, dal momento che il sommo poeta, bollando di municipalismo e selvatichezza stilistica tutto ci che avvenuto prima dello Stilnovo, ha praticamente cancellato la memoria di queste prime, importanti esperienze, addirittura tacendo il nome di poeti come Chiaro Davanzati e Monte Andrea . Ma anche i poeti fiorentini che vengono prima di Guittone d'Arezzo , che rappresenta un vero discrimine tra i siculo-toscani e ci che venuto dopo, sono degni di considerazione, da Neri de' Visdomini a Bondie Dietaiuti a Compiuta Donzella , la prima poetessa della nostra letteratura. Guittone d'Arezzo Le poche notizie sulla vita di Guittone le apprendiamo dai suoi versi e dalle sue Lettere. Egli nacque ad Arezzo intorno al 1230 da famiglia borghese; suo padre, Viva di Michele, era tesoriere del comune aretino. Fu di parte guelfa e non si stanc mai di propagandare le proprie convinzioni politiche nella sua opera, caratterizzata dalla prosecuzione della tradizione cortese e da alcuni importanti componimenti di argomento politico, da cui si evince la notizia di un suo esilio volontario a Bologna. La sua vita di uomo e la sua attivit di poeta sono entrambe scandite da una forte cesura: una crisi spirituale che lo condurr ad abbandonare la moglie e i tre figli, ancora in tenera et, per entrare nell'ordine dei cosiddetti frati gaudenti, e a ripudiare la sua produzione poetica amorosa per dedicarsi a una poesia d'impronta etico-religiosa. Sar Guittone stesso a sancire questa frattura, tanto che nel canzoniere Rediano (il manoscritto di gran lunga pi importante per la trasmissione della sua poesia) le liriche della prima fase portano la firma di Guittone, quelle della seconda di fra Guittone. Compose inoltre una canzone che tratta appunto della sua conversione e dei suoi nuovi interessi, Ora parr s'eo saver cantare, dove annuncia di essersi lasciato alle spalle la lirica d'amore per approdare a una poesia di ricerca morale e dottrinaria. L'aspetto che contraddistingue il percorso letterario di Guittone senza dubbio l'incessante ricerca formale: sia le liriche della giovinezza sia le liriche pi impegnate della maturit sono caratterizzate da una continua tensione verso una sempre nuova sperimentazione stilistica che, se rende talvolta la sua scrittura oscura e difficile, ha il gran merito di allargare di molto lo spazio poetico rispetto alla scuola siciliana e di esperire tutte le potenzialit espressive della lingua. Ben presto Guittone fu riconosciuto come un modello e un maestro da un'intera generazione di rimatori, tra cui spiccano Bonagiunta da Lucca e Chiaro Davanzati. Non trascurabile la sua raccolta di Lettere, che si configura come il primo epistolario della storia letteraria italiana; sono poco pi di una trentina, tutte successive alla conversione e indirizzate per la maggior parte ai confratelli su questioni religiose e morali.

Parole chiave - Rima siciliana La rima siciliana consiste nella possibilit di far rimare la e chiusa con la i (per esempio avere: servire) e la o chiusa con la u (uso: amoroso). Queste rime - gli esempi ora proposti sono tratti dalla produzione diGiacomo da Lentini - scaturiscono in realt dalla toscanizzazione dei testi della Scuola siciliana eseguita dal copista del ms. Vat. Lat. 3793 (o da quello degli antigrafi di tale codice); nell'originale, esse suonavano in realt aviri: serviri e usu: amurusu. Nel vocalismo siciliano, infatti e, i [lunga], i [breve] danno i, mentre o, u [lunga], u [breve] danno u. In toscano, invece, gli esiti vocalici sono diversi, e il copista, riducendo il testo (com'era normale) al proprio sistema linguistico, produceva rime "anomale" quali, appunto, avere: servire e uso: amoroso. Ritenendo tali rime avallate dai prestigiosi poeti siciliani, anche i poeti toscani duecenteschi, talora, se ne servirono: propriamente, anzi, di rime siciliane si pu parlare, per le ragioni suddette, solo in testi non siciliani. Va aggiunto, inoltre, che anche la possibilit (ammessa nella poesia italiana di ogni epoca) di far rimare e aperta con e chiusa, o aperta con o chiusa, pu essere considerata, a rigore, una forma di rima siciliana, poich il vocalismo siciliano non conosce la distinzione tra vocali aperte e vocali chiuse (tutte le e e le o sono infatti aperte, e il sistema vocalico, pertanto, comprende solo cinque individui) (Bausi 1993: 76).

Rima Siciliana La Rima Siciliana un particolare tipo di rima che si incontra nella poesia dei secoli Duecento e Trecento, e che vede rimare tra loro parole che a rigore non dovrebbero rimare. In particolare vengono fatte rimare la vocale i con la e chiusa e la vocale u con la o chiusa. Per comprendere le ragioni di questo fenomeno bisogna risalire alle origini della tradizione poetica italiana. La prima scuola poetica italiana, come noto, fior in Sicilia, e pertanto in volgare siciliano che furono scritte le prime poesie della letteratura italiana. Le rime della poesia siciliana erano ovviamente realizzate in base ai suoni delle parole nella parlata siciliana, spesso piuttosto diversi da quelli che le stesse parole avevano nel resto dellItalia. Per fare un esempio possiamo prendere il verbo gire (andare): questo verbo in Sicilia poteva benissimo rimare con il verbo gaudire (godere). Gire gaudire infatti una rima perfetta. Quando per queste poesie giunsero nelle mani dei copisti toscani, che sono coloro che le hanno tramandate ai poeti successivi, e da loro fino a noi, questi copisti intervennero sulle parole, adeguandole ai suoni del volgare toscano.

Tornando al nostro esempio: gire rimase gire (che si diceva cos anche in toscano), gaudire per divenne gaudere (perch cos si diceva godere in toscana). Le rime formate con gire e gaudire che si trovavano nelle poesiaa quel punto risultarono tutte falsate. I poeti che arrivarono in seguito, non sapendo come si era verificato il fenomeno, finirono col credere che quelle rime sbagliate fossero un tratto caratteristico della poesia della Scuola Siciliana, e, nel tentativo di imitare i poeti Siciliani, cominciarono ad inserirle anche nelle loro poesie. In questo modo quelle rime imperfette, da errori di copia che erano, divennero un tratto ricorrente della tradizione poetica del Duecento e del Trecento.

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