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Introduzione 3
Un Brahms progressivo 4
Storia di un Quintetto 5
… e Beethoven 8
L’Ableitungsrehie 16
Conclusioni 20
Introduzione
Il presente elaborato prende corpo a partire dalle mie personali esigenze esecutive di
pianista: quali sono gli strumenti compositivi più degni di nota messi in campo
dall’autore? Che ragione hanno? Da dove vengono tratti? Quali elementi
garantiscono organicità a una forma di allegro di sonata così densa e complessa?
Ritengo, infatti, in base a quanto constatato in prima persona in fase di studio e
concertazione, che conoscere la genesi, la costruzione e l’organizzazione di un brano
sia un fondamentale scalino da superare al di fuori della preparazione prettamente
strumentale per realizzare un’interpretazione sufficientemente efficace e
convincente.
Un Brahms progressivo
Uno dei principali elementi critici che costarono a Brahms il titolo di “accademico”
fu senza dubbio il suo approccio alla questione formale e al suo rapporto con il
passato: egli, infatti, stabilì continuità ereditaria con i modelli della generazione
barocca, in particolare con i due pilastri Bach e Handel, e della generazione classica
viennese, Haydn, Mozart e Beethoven.
La sua fu una delle soluzioni adottate in epoca romantica, che, in fiera opposizione,
vide l’apoteosi del programmaticismo, incarnato in Germania da Berlioz, Liszt e,
sotto altri aspetti, da Wagner. Uno dei presupposti che spinsero la ricerca formale
romantica verso quest’ultima concezione è forse da ritrovarsi in una generale (e, per
questioni pratiche, generalizzata) superamento dello spirito illuministico e razionale,
e una tendenza alla scissione dell’arte dai modelli classici, i cui principi di equilibrio
si declinarono nella loro forma più assoluta e immaterica nella Forma. Senza dubbio,
ad essere coinvolto in prima persona da tale smarrimento di orizzonti fu anche
Schumann, il quale trovò le “vie nuove” proprio in Brahms, forse uno degli ultimi
compositori a trattare il discorso formale secondo levigatissimi rapporti di
derivazione classica.
Sarebbe però poco corretto, come del resto avvenne nella sua contemporaneità,
attribuire all’amburghese il semplice trasferimento di un modello schematico
formale precedente come principio organizzatore del suo discorso musicale: il suo è
l’atto di un demiurgo che plasma la chora che ha ricevuto in eredità spirituale dal
barocco e dal classicismo viennese e che la modella secondo principi moderni, non
un’applicazione acritica di un passato tolto dalla naftalina. Si potrebbe dire, forse,
che Brahms è stato inconscio musicologo, che ha tratto insegnamento da un lavoro
storico sul fatto musicale per interiorizzarlo e renderlo parte integrante non solo del
suo essere compositore, ma anche interprete al pianoforte e alla direzione. Come
sostiene Daniele Mastrangelo1, “fu egli stesso musicologo allorché si trovò nella
necessità di immaginare una programmazione, di preparare il testo musicale che
avrebbe interpretato, oppure quando si pose il problema del ‘contesto’ sonoro, del
rapporto con ‘i moderni’, entro il quale avrebbe collocato la musica antica nel
singolo programma.” (Brahms e la musicologia del secondo Ottocento). Sempre
Mastrangelo2 riporta a tal proposito le parole di Max Kalbeck: “in un arco temporale
di tre anni suddivisi in una serie di 18 concerti non si trova quasi traccia degli
oratori e della cantate composte dai suoi contemporanei, mentre sono numerosi
quelli di due grandi maestri: Bach e Händel. Dalla fondazione della Società degli
amici della Musica viennese celebrata con il Samson (1814) fino al primo concerto
di Brahms era stato possibile ascoltare una dozzina di composizioni di Händel e di
Bach. Con Brahms vennero eseguiti quattro oratori di Händel, altrettante cantate di
1Daniele Mastrangelo, “Brahms e la musicologia del secondo Ottocento attraverso il rapporto con Philipp Spitta e
Gustav Nottebohm”
2 Ibidem
Bach e la Passione secondo Matteo, così che si può dire che in tre anni i viennesi
ascoltarono pressappoco lo stesso numero di opere di Bach e di Händel che avevano
ascoltato nei 58 anni precedenti.” Pare, oltretutto, che Brahms si divertisse
nell’ingannare i suoi illustri amici musicisti improvvisando nello stile di Bach.
Per rifarsi a famosi esempi della produzione del Brahms compositore, ci si potrebbe
rifare al grande lavoro sulla Passacaglia nel Finale della Quarta Sinfonia, la scrittura
e la fuga delle Variazioni su tema di Handel op. 24, gli straordinari canoni delle
Variazioni su tema di Schumann op. 9, la produzione sonatistica di età giovanile (le 3
Sonate per pianoforte), la grande maggioranza della musica da camera, che viene
proseguita per tutto il corso della sua vita (dal Trio op. 8 alle Sonate per clarinetto e
pianoforte op. 120) e le 4 Sinfonie.
Storia di un Quintetto
3 Musgrave, Michael. "Brahms the Progressive: Another View." The Musical Times 124, no. 1683 (1983): 291-94
Come sostiene Thomas Dunhill4, infatti, “Brahms, come Bach prima di lui, a volte
sembra concepire la musica solamente come tale, senza curarsi del tipo di organico
che avrebbe scelto” e forse la storia della strumentazione di questo brano ben
rappresenta tale tendenza.
Clara di nuovo scrive a Brahms, sostenendo che anche la nuova Sonata per due
pianoforti non riesce a soddisfare le esigenze timbriche del materiale: «Il lavoro è
stupendamente grandioso [...], però non è una sonata, ma un lavoro le cui idee avresti
potuto - e dovuto - spargere come da una cornucopia su tutta l'orchestra. Molte delle
idee migliori si perdono sul pianoforte [...]. Subito, la prima volta, che lo suonammo,
ebbi l'impressione di un adattamento, ma mi pensai prevenuta e non ne parlai. Caro
Johannes, dà retta, rifallo ancora una volta».
Brahms decide quindi di fare una sintesi delle due versioni precedenti: mantiene la
densità sonora tipica del pianoforte, che già aveva utilizzato con successo nella
musica da camera con il Trio op. 8 e i Quartetti op. 25 e op. 26, e l’espressività degli
strumenti ad arco.
Riprende il lavoro nell’estate del 1864, per completarlo nel novembre dell’anno
successivo.
4 Dunhill, Thomas F. "Brahms's Quintet for Pianoforte and Strings." The Musical Times 72, no. 1058 (1931): 319-22:
“Brahms, like Bach before him, seems (at all events in his early years) to have conceived his music at times merely as
music, without reference to the form of setting it should take.”
L’influenza classica: Schubert…
Il punto di contatto più evidente tra Brahms e Schubert si trova, come sostiene
anche Frisch, nella medesima figurazione di acciaccatura del Finale del Quintetto
per archi di Schubert e nella coda dello Scherzo (III movimento) del Quintetto di
Brahms.
Brahms
Schubert
Webster sostiene che anche la transizione di Brahms abbia affinità strutturali con
quelle di Schubert: in una tipica transizione di Schubert, infatti, il processo di
5 Webster, James. "Schubert's Sonata Form and Brahms's First Maturity (II)." 19th-Century Music 3, no. 1 (1979): 52-63
e passim: “from the time Brahms settled in Vienna, his love for Schubert is well documented. As early as his first visit in
1862-63 - years of a significant Schubert renaissance - he rhapsodized about meeting people who had known
Schubert, learned numerous Schubert works, acquired Schubert autographs, and corresponded with his publisher
Rieter-Bideremann about the possibility of renting Schubert’s music. […] Kalbeck transmits Brahms’s opinion from 1887
that Schubert, not Schumann or Mendelssohn, was Beethoven’s real successor”
spostamento del centro tonale avviene tardivamente e spesso viene accompagnato
da modulazione a toni lontani. In Brahms accade che la prima modulazione
strutturale avvenga 7 misure dall’inizio della transizione, che ne conta in totale 11.
Nelle 4 misure successive, inoltre, il discorso armonico è costituito da un II-V7 in re
bemolle (enarmonicamente do#) e una successione cromatica nel basso, che passa
momentaneamente a regioni tonali molto distanti da do#. Entrambe le variabili
precedentemente citate a proposito di Schubert, dunque, (tardività del processo di
modulazione e utilizzo di toni lontani) rispecchiano la scrittura brahmsiana.
Un’ulteriore relazione con Schubert è da ritrovarsi nella Sonata D960, dove il trillo
nel basso che risolve per cromatismo discendente anticipa alcune relazioni formali
successive, tra cui il II elemento del I gruppo tematico in solb maggiore, poi usato
come VI abbassato in preparazione della dominante e al ritorno del I elemento, e la
relazione fa# (enarmonicamente solb) - fa tra la transizione e il II gruppo tematico.
… e Beethoven
È quindi possibile sostenere che la prima frase del Quintetto di Brahms sia una sorta
di sintesi delle tensioni del I periodo dell’Appassionata di Beethoven
Una relazione forse ancora più profonda è nell’uso strutturale che entrambi fanno
del motivo reb-do:
Tratto comune, comunque, rimane una logica formale di fondo: nella narrazione
dialettica tradizionalmente classica della forma sonata, il rapporto di contrasto
tonale vigente nell’esposizione giungeva a una sintesi tonale nella ricapitolazione,
con l’assimilazione di entrambi i gruppi tematici alla tonalità di impianto. Ma
nell’Appassionata e nel Quintetto di Brahms la riconduzione si discosta decisamente
da tale visione utilizzando mezzi molto simili tra loro:
- misure 17-22: è un doppio processo, che investe in due diverse forme il pianoforte
e il quartetto d’archi. Nel pianoforte ha come base il motivo legato a due della
mano destra e si realizza tramite l’utilizzo reiterato della sola figurazione finale,
che poi si riassume ulteriormente nella ripetizione degli accordi. Negli archi ha
come base le due quartine di semicrome tra misura 17 e 18, che vengono
inizialmente presentate ai due violini in ottava a distanza di una misura, poi (m.
19) subito riproposte da violino II e viola e infine vengono riassunte in una sola
quartina alternata tra violino I e violino II.
- Misure 23-32: il frammento melodico di base si trova nelle misure 23-26 al violino
I. In una prima fase questo viene suddiviso tra viola (mm. 27-28) e violino I (29),
dove viene interrotto dalla reiterazione di quest’ultima misura enarmonicamente
modificata (solb-fa#, reb-do#) per l’esigenza strutturale di spostarsi verso la
dominante di do# minore, tonalità del II gruppo tematico. Viene sottratta alla
forma raggiunta a misura 30 la semiminima finale (la croma del punto e la croma
do#) nella misura successiva e di nuovo viene sottratta una semiminima, ora
quella iniziale. Questo processo, oltre al progressivo allargamento degli intervalli e
alla progressione cromatica del basso crea una grande situazione di attesa e
tensione, utile a preparare, come già detto, la dominante del II tema.
- Anche nella già citata coda avviene un processo riduttivo, con una realizzazione
decisamente più articolata, visto l’obiettivo di disorientare la sensazione arsi-tesi
del passaggio.
6 Ivi: “specifically, the end of the development exhibit what Schoenberg called the culmination of a process of
liquidation: a fractured motivic character that in these sonata forms arises out of the rhythmic augmentation of melodic
fragments from the first theme. […] the liquidation is a crucial part of the articulation since it creates, as Robert P.
Morgan has notated (The Delayed Structural Downbeat and Its Effect on the Tonale and Rhythmic Structure of Sonata
Form Recapitulation), a “thematic ‘vacuum’ which needs to be filled by the return to the main theme, much as the
dominant needs to be resolved by the tonic”
liquidazione”: un carattere motivico smembrato che in queste forme sonata nasce
dall’aumentazione ritmica di frammenti melodici derivati dal primo tema. […] La
liquidazione è una parte cruciale del processo di articolazione formale, in quanto
crea, come ha notato Robert P. Morgan, un “vuoto tematico” che necessita di essere
riempito dal ritorno del tema principale, allo stesso modo in cui la dominante
necessita di essere risolta dalla tonica”
In Brahms viene realizzata simile sotto certi aspetti e differente sotto altri.
7 Smith, Peter H. "Liquidation, Augmentation, and Brahms's Recapitulatory Overlaps." 19th-Century Music 17, no. 3
(1994): 237-61: “A pervasive feature of Brahms’s sonata forms is his blurring of the articulation that can result from a
simultaneous return of the first theme and the tonic at the beginning of the recapitulation. To avoid the potential
redundancy of a large-scale restatement and to individualize the realization of a formal convention, he frequently begins
the recapitulation by drawing consequences from characteristic features of the main theme not fully realized in the
exposition. In the process, he extends developmental activity into a part of sonata form often characterized by a return
to expository stability and creates a formal overlap between the retransition and the recapitulation”.
stabilità dell’esposizione e crea una sovrapposizione formale tra la riconduzione e la
ricapitolazione”.
Il canone è un altro processo che viene più volte utilizzato nel trattare il materiale,
soprattutto in fase elaborativa. Sebbene possa essere considerato un saggio di
virtuosismo compositivo, in questo caso viene a tutti gli effetti trattato come un
normale procedimento elaborativo, quasi al pari delle progressioni, molto comuni in
un prototipo di sviluppo di stile classico.
- Di nuovo compare da misura 137 nella forma di un canone non rigoroso tra la
figurazione della mano destra, che deriva dal II gruppo tematico, e la sua
inversione nella mano sinistra;
Viene poi distribuito da misura 145 tra il quartetto d’archi e il pianoforte
A misura 154 viene realizzato tra la mano sinistra, violino I (che ne espone solo la
testa) e mano destra
L’Ableitungsrehie
Per comprendere ancora più a fondo il processo con cui Brahms realizza unità
strutturale è necessario indagare il concetto di Ableitungsreihe. Frisch cita il lavoro
sull’op. 25 di Brahms compiuto da Velter8, che “traccia una elaborata Ableitungsreihe,
8 Klaus Velter, “Schoenbergs Instrumentation: Bachscher und Brahmsscher Werke als Dokumente seines
Traditionsverstaendnisses” (Regensburg, 1976).
una catena di derivazioni in cui ogni tema successivo o idea di transizione si
sviluppa dalla precedente”9.
È possibile individuare una simile organizzazione, decisamente meno rigorosa,
anche nell’op. 34:
9 Walter M. Frisch, “Brahms’s Sonata Structures and the Principle of Developing Variation” p. 40-41
- Di nuovo tra la transizione e il I elemento del II gruppo tematico è presente una
sorta di Knupftechnik, che investe due livelli della scrittura: il motivo sol#-la-sol#,
strettamente derivato dal motivo principale do-reb, viene utilizzato sia
nell’accompagnamento della mano sinistra del pianoforte che nella linea melodica
di pianoforte, violino I e conseguenti raddoppi di tutto l’organico. Viene dunque a
crearsi una contemporanea sovrapposizione dello stesso inciso declinato in due
diversi schemi ritmici
- il legame motivico tra II gruppo tematico e coda è invece da ritrovarsi nel disegno
melodico degli archi, che ricorda molto da vicino numerosi episodi del II episodio
del II tema
- la prima sezione dello sviluppo (mm. 91-121) si viene a formare grazie
all’elaborazione della figurazione di terza riempita presente nel tema ed elaborata
nella coda da misura 77. In una prima fase (mm. 96-108) viene sovrapposta
all’elaborazione dell’intero I elemento del I gruppo tematico, poi (mm. 109-121)
al pianoforte si crea un secondo elemento (b), caratterizzato da un ampliamento
intervallare dal grado congiunto alla quarta giusta, che entra in alternanza
dialogica con l’inversione del motivo di terza al cello (a’).
a’
a b
Webster, James. "Schubert's Sonata Form and Brahms's First Maturity (I,II).” 19th-Century Music 3,
no. 1 (1979)
Daniele Mastrangelo, “Brahms e la musicologia del secondo Ottocento attraverso il rapporto con
Philipp Spitta e Gustav Nottebohm”
Musgrave, Michael. "Brahms the Progressive: Another View." The Musical Times 124, no. 1683
(1983)
Dunhill, Thomas F. "Brahms's Quintet for Pianoforte and Strings." The Musical Times 72, no. 1058
(1931)
Klaus Velter, “Schoenbergs Instrumentation: Bachscher und Brahmsscher Werke als Dokumente
seines Traditionsverstaendnisses”