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Tesi 7 Guido d’Arezzo

Tesi 7

Guido d’Arezzo e la teoria della solmisazione e il sistema musicale medievale

Guido d’Arezzo era un monaco benedettino vissuto dal 991- al 1033 d.c.
Fu un grande didatta della musica del tempo e operò prima nel'abbazia di Pomposa, presso
Ferrara, poi ad Arezzo, lavorò anche a Roma da Papa Giovanni XIX e creò un metodo di
solfeggio cantato assai pratico per i giovani cantori

Scrisse il Micrologus nel 1026, trattato che godette della massima diffusione fino al XV secolo.
Fu scritto per la preparazione teoretica dei cantores.
Su questo libro ci sono preziosi consigli pratici sulle esecuzioni, sugli intervalli consonanti e
dissonanti, sul sistema modale e la composizione di buone melodie, di organa eccetera.

Aggiunse al tetracordo della scala diatonica, un tono in più, al grave e un tono in più, all’acuto, e
individuò un sistema mnemonico per far ricordare l’esatta intonazione della serie dei sei suoni
formanti la scala diatonica, che era costituita da 5 intervalli, quattro di tono T e uno di semitono S

L'obiettivo di Guido D'Arezzo era quello di trovare un sistema che consentisse al cantore di intonare
un canto senza averlo mai visto prima. Per imparare le note, bisognava dare loro un nome,
dunque il canto doveva essere scisso dal testo.
Allora, prese l'inno a S. Giovanni, molto conosciuto perché S. Giovanni era il protettore dei cantori,
staccò dal contesto le sillabe e le note iniziali dei versetti costituirono un esacordo:
1. (UT) QUEANT LAXIS
2. (RE)SONARE FIBRIS
3. (MI)RA GESTORUM
4. (FA)MULI TUORUM
5. (SOL)VE POLLUTI
6. (LA)BII REATUM
7. (S)ANCTE (J)OANNES
Si creò dunque la combinazione di tre esacordi per raggiungere l'intera estensione vocale della voce
umana.
- ut re mi fa sol la = esacordo naturale
- sol la si do re mi fa = esacordo duro
- fa sol la sib do re = esacordo molle

Si ebbero perciò
3 esacordi duri (in cui ut coincide con il nostro sol),
2 esacordi naturali (in cui ut coincide con il nostro do) e
2 esacordi molli (in cui ut coincide con il nostro fa).

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Solmisazione

Nella pratica musicale esistevano però anche altri due semitoni, corrispondenti ai nostri la-sib
e si-do. Come indicarli? Guido risolse il problema applicando all'esacordo, una mutazione, in tale
modo, tutti i semitoni venivano sempre indicati con le note mi-fa, anche se il suono cantato non
corrispondeva al nome effettivo della nota intonata.

Il nome solmisazione viene da sol e mi, sillabe sulle quali si effettua la mutazione, nel passaggio
dell'esacordo naturale all'esacordo molle. Ogni volta che si incontra un semitono bisogna cantarlo
con le sillabe MI -FA anche se i suoni intonati corrispondono a suoni diversi.

La scala completa di 8 suoni veniva dunque cantata con la mutazione di un esacordo in un altro
esacordo in questo modo

I° grado UT si intona UT e si canta la sillaba UT

II°grado -RE si intona RE e si canta la sillaba RE

III°grado -MI si intona MI e si canta la sillaba MI

IV°grado -FA si intona FA e si canta la sillaba FA

V°grado - SOL si intona SOL ma si canta sillaba UT inizio mutazione nuovo esacordo

VI°grado - LA si intona LA ma si canta la sillaba RE

VII°grado - SI si intona SI ma si canta la sillaba MI

VIII°grado - DO si intona UT ma si canta la sillaba FA

Quando avveniva la mutazione, le note sol la si do, venivano intonate, ma cambiate con il nome
delle sillabe ut re mi fa.

L'importanza della solmisazione era data dal fatto che essa consentiva ai cantori di leggere e
intonare canti nuovi o comunque sconosciuti.

Per quei canti la cui estensione era compresa nell'ambito di un esacordo, i cantori ne affrontarono lo
studio applicando ad ogni suono le corrispondenti sillabe esacordali:
Quando i cantori si erano fissati bene nell'orecchio gli intervalli, essi sostituivano alle sillabe
esacordali il testo liturgico originario.

Trovandosi invece ad affrontare una melodia che superava l'ambito di un esacordo, essi
procedevano nello stesso modo, ma applicando la mutazione degli esacordi.

la mutazione veniva effettuata nei punti in cui si passava da un esacordo all'altro, e consisteva
nella sostituzione delle sillabe dell'esacordo da cui si proveniva con le sillabe del nuovo
esacordo.

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Qundi nella solmisazione, dovunque si incontrava un semitono, esso veniva indicato con le sillabe
mi-fa
Ciò rimase in uso fino alla fine del ‘500 quando si utilizzò il sistema della scala su otto suoni e si
indicava la nota Si per denominare il VII grado.

Huber Waerlant ad Anversa introdusse il SI , mentre fu Giovanni Battista Doni a sostituire


l’ut con il Do.

Guido prevedeva inoltre l’utilizzo delle lettere alfabetiche per contraddistinguere la esatta
posizione delle note di appartenenza utilizzando il tipo di notazione detta diastematica

Pertanto alla nota ut dell’esacordo naturale corrispondeva la lettera C alla quale seguivano poi le
successive D E F G ..
Tale notazione è utilizzato anche oggi nei paesi anglosassoni.

Mano guidoniana

Per facilitare ai cantori la pratica della solmisazione venne inventata la cosiddetta mano
guidoniana: sulla mano sinistra venivano scritte le sillabe iniziali delle note. Le iniziali delle note
venivano scritte sulle falangi.

Non si sa con certezza se questo procedimento, sia stato ideato dallo stesso Guido, ma la
rappresentazione della mano guidoniana fu molto in utilizzata nei secoli successivi nei vari manuali
e trattati.

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Il musica Ficta

Successivamente a partire dal XIII secolo. Furono introdotti i suoni cromatici estranei alla scala
diatonica.
Il sistema delle alterazioni cromatiche, fu designato col nome di falsa mutazione o musica ficta

Bibliografia :

M.Carrozzo C.Cimagalli, Storia della Musica Occidentale Volume 1, Armando Roma 2008
pp.67- 79

E.Surian, Manuale di Storia della Musica Volume 1, Rugginenti Torino 2006,

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pp.142-149

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