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Appunti del tutorato alla preparazione dell’esame di letteratura italiana a cura di Giovanni Accardi – chiunque utilizzi questo file è

invitato ad inserire nel sito https://presenzatutorato.unipv.it/ il seguente codice: 21MXVMA

Metrica
1 NOZIONI GENERALI
Per metrica s’intende l’insieme delle funzioni poetiche di cui è composto un testo poetico ed ogni
lingua ha delle proprie funzioni poetiche specifiche. Ogni testo poetico presenta una doppia
articolazione:

a) Una struttura metrico prosodica, secondo cui il discorso si organizza sulla base di
segmenti formalmente definiti: versi, strofe e rime.
b) Una struttura sintattico semantica, secondo cui il discorso si organizza sulla base di unità
di significato: frasi, proposizioni e periodi.

In poesia, spesso, questi due livelli di segmentazione coincidono: frasi / proposizioni / periodi
coincidono con versi / coppie di versi o strofe. Quando ciò non accade, ad esempio, si è di fronte ad
un’enjambement, ossia quando la fine di un verso spezza un sintagma coeso, grammaticalmente
unitario (è un fenomeno molto più forte negli endecasillabi rispetto ai settenari).

1.1 STRUTTURA METRICO PROSODICA


La struttura metrico prosodica di ogni testo si basa su 4 elementi:

1.1.1 Computo sillabico del verso


Si tratta della suddivisione in sillabe del verso in relazione alle sillabe metriche (e non quelle
grammaticali). In generale vale la regola 1 vocale = 1 sillaba, ma esistono dell’eccezioni: i
DITTONGHI [unione di una semivocale (i - u) e con un’altra vocale, assumendo quindi un valore
consonantico (e.g. siepe, sguardo)] e gli IATI [si tratta dello staccamento di due suoni vocalici
contigui e che quindi vengono pronunciati con due emissioni di fiato differenti. Si verificano in 2
casi: 1. con l’unione di due vocali forti (a – e – o) ed accento su una di esse (pa |è | se, be | à | to); 2.
con l’unione di una vocale forte (a – e – o) ed una debole (i – e) accentata (mor | mo | rì | o, tù | a)].

In poesia, dato che viene considerato un computo sillabico delle sillabe metriche, ossia di quelle
che effettivamente vengono pronunciate, possono anche verificarsi delle particolarità che danno
origine a diverse figure:

a) Sineresi: figura metrica per cui due vocali contigue all’interno di una parola che
normalmente formano uno iato vengono considerate come un’unica sillaba metrica. (un
trisillabo diviene un bisillabo)
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b) Dieresi: figura metrica per cui due vocali contigue all’interno di una parola che
normalmente formano un dittongo vengono considerate come due sillabe differenti (un
bisillabo diviene un trisillabo; es. quie | te – quï |e | te)
c) Sinalefe (^): figura metrica per cui la vocale finale e l’iniziale di due parole vicine si
fondono in un’unica sillaba (es. di geloso^amor).
d) Dialefe (˅): figura metrica per cui la vocale finale e l’iniziale di due parole vicine non si
fondono (es. fuggevole acquisto).

Queste particolarità dal punto di vista del computo sillabico delle sillabe metriche è possibile sono
affinando il proprio orecchio alla lettura in versi.

1.1.2 Prosodia
Per prosodia s’intende la disciplina che studia le regole della versificazione che concernono aspetti
fonetici, come accento e rima. Esistono due tipi di sillabe: toniche (accentate) ed atone (non
accentate).. Per accento s’intende il punto di massima emissione di fiato in una parola, in italiano
questo può essere: piano (se cade sulla penultima sillaba), tronco (se cade sull’ultima sillaba),
sdrucciolo (se cade sulla terzultima sillaba) o bisdrucciolo (se cade sulla quartultima sillaba). Dal
Settecento in poi, grazie alla rivoluzione metastasiana dei testi per il teatro musicale, sarà molto più
frequente l’allotropia metrica, ossia la combinazione di versi con uscita tronca e sdrucciola con
quelli con uscita piana (di norma i più comuni).
Affinché si voglia capire il metro specifico utilizzato per i versi di una composizione bisogna
considerare la posizione dell’ultimo accento tonico: difatti, ogni verso è caratterizzato da un
accento fisso ed obbligato sulla penultima sillaba metrica.

Es.

Cin|ta |di| ben|de| càn|di|de = verso sdrucciolo, accento sulla 6 a  settenario con 8 sillabe
grammaticali.

L’em|pio^a|lta|re^ab|bat|te|rò = verso tronco, accento sulla 7a  ottonario con 9 sillabe


grammaticali.

I tipi di versi utilizzati nella letteratura italiana possono essere:

a) PARISILLABI: il bisillabo (sillaba tonica in prima posizione); il quadrisillabo (sill. tonica in


terza pos.); il senario (due sill. toniche in seconda e quinta pos.); l’ottonario (due sill.
toniche in terza e settima pos.); il decasillabo (tre sill. toniche in terza, in sesta e nona pos.).

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b) IMPARISILLABI: il trisillabo (sill. tonica in seconda pos.); il quinario (sill. tonica in quarta
pos.); il settenario (due sill. toniche, la prima mobile, e l’ultima fissa in sesta pos.); il
novenario [tre sill. toniche, di cui due sempre mobili (se dattilico 2a, 5a; se giambico mobile
tra 1a e 6a, poi fisso in 4a; se trocaico mobile tra 1a e 5a, poi fisso in 3a) ed uno fisso in ottava
pos.]; l’endecasillabo (tre sill. toniche, di cui due mobili, ma quasi sempre in quarta e sesta
pos., e l’ultima fissa in decima pos.).

Esistono anche versi doppi derivanti dalla somma di due versi della stessa misura. Tra i più
frequenti troviamo: il doppio quinario (acc. fisso sulla 4a ed una cesura tra primo e secondo
emistichio), il dodecasillabo (acc. fissi su 2a e 5a, ossia la 11a), il martelliano (o doppio settenario,
nato per imitazione del verso alessandrino francese; troviamo un primo emistichio piano e rime
baciate ad ogni distico). Importante è ricordare che anche l’endecasillabo, fino a fine ‘500, era
considerato un verso doppio, composto da un settenario ed un quinario. A seconda della posizione
di quest’ultimo si riconoscono due tipi di endecasillabo: l’endecasillabo a maiore (settenario +
quinario) e l’endecasillabo a minore (quinario + settenario). Si nota quindi che l’endecasillabo è un
metro in cui è insito un settenario.

Inoltre, sempre in relazione alla prosodia dei versi possono verificarsi due tipi di fenomeni: la
diastole, ossia lo slittamento in avanti dell’accento (così, ad esempio una parola sdrucciola può
diventare piana; ùmile - umìle), e la sistole, ossia l’arretramento dell’accento (così, ad esempio,
una parola tronca può diventare piana; pietà - piéta)

1.1.3 Rima
Fino a questo punto si sono analizzato gli elementi poetici orizzontali, ma la poesia è fatta
soprattutto di un importante elemento poetico verticale: la rima, ossia l’uguaglianza perfetta tra
due o più parole a partire dalla vocale su cui cade l’accento. Una delle sue funzioni principali, fin
dalla letteratura delle origini, è quella di marcare la fine del verso. Ma ancor più importante è il
fatto che la rima costruisce relazioni tra le parole, ottenendo così sia un’uguaglianza concettuale
che un’uguaglianza sonora.

Nella nostra lingua la rima ha un’importante funzione strutturante, poiché, metricamente


parlando, ad ogni rima di tutte le strofe corrisponde una lettera (aggiunta a posteriori per motivi di
studio), con la quale è possibile definire il tipo di schema metrico verticale adottato dal poeta.

In italiano esistono varie tipologie di rime [rima identica (Ennantir sì, che 'l piagar quasi a morte /
e perdonò lor morte), rima equivoca (O cameretta che già fosti un porto / che 'l dì celate per

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vergogna porto), rima inclusiva (sponda / onda) etc.], ma fondamentale è conoscere gli schemi
rimici:

a) Rima BACIATA: la rima si succede in versi consecutivi [AA BB CC…]

Meriggiare pallido e assorto A


presso un rovente muro d'orto, A
ascoltare tra i pruni e gli sterpi B
schiocchi di merli, frusci di serpi. B
(Eugenio Montale)

b) Rima ALTERNATA: i versi dispari rimano con i dispari ed i pari con i pari [ABAB]

Io m'aggio posto in core a Dio servire A


com'io potessi gire in Paradiso, B
al santo loco ch'aggio audito dire, A
u' si mantiene sollazzo, gioco e riso B
(Jacopo da Lentini)

c) Rima INCROCIATA: il primo verso rima col quarto ed il secondo col terzo [ABBA]

Non pianger più. Torna il diletto figlio A


a la tua casa. È stanco di mentire. B
Vieni; usciamo. Tempo di rifiorire. B
Troppo sei bianca: il volto è quasi un giglio A
(Gabriele d’Annunzio)

d) Rima INCATENATA, anche chiamata TERZA RIMA o TERZINA DANTESCA: il secondo verso di
ognuna rima col primo ed il terzo della terzina successiva [ABA BCB CDC]

e che faceva lì ciascun accorto B


Quando il settentrion del primo cielo, A di suo dover, come ‘l più basso face C
che né occaso mai seppe né orto B qual temon gira per venire a porto, B
né d’altra nebbia che di colpa velo, A
fermo s’affisse: la gente verace, C
venuta prima tra ‘l grifone ed esso, B
al carro volse sé come a sua pace; C
(Dante)

e) Rima RIPETUTA: la rima avviene tra il primo verso ed il quarto, tra il secondo ed il quinto,
tra il terzo ed il sesto [ABC ABC]:

Sperai che il tempo, e i duri casi, e queste A


Rupi ch'io varco anelando, e le eterne B
Ov'io qual fiera. dormo atre foreste, C

Sarien ristoro al mio cor sanguinente; A


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Ahi, vóta speme! Amor fra l'ombre inferne B


Seguirammi immortale, onnipotente. C
(Ugo Foscolo)

f) Rima INVERTITA: lo schema rimico viene ripresentato in maniera speculare [ABC CBA]

Mostrasi sì piacente a chi la mira, A


che dà per li occhi una dolcezza al core, B
che ‘ntender no la può chi no la prova; C

e par che de la sua labbia si mova C


un spirito soave pien d’amore, B
che va dicendo a l’anima: Sospira. A
(Dante)

g) Rima CONTINUATA: lo schema rimico ripresenta sempre la medesima rima [AA AA AA…]

1.1.4 Strofa
Per strofa s’intende il raggruppamento di un certo numero di versi per tipo di metro
(endecasillabo, settenario etc.) e/o schema rimico. Importante è sapere che esistono vari nomi per
chiamare le strofe: esistono le lasse (proprie dei testi narrativi), caratterizzate da un numero
variabile di versi (in genere omometrici), che di solito sono gli endecasillabi sciolti (ossia senza
rima); i movimenti (proprie dei testi lirici; un chiaro esempio sono le canzoni leopardiane, in cui la
forma canzone viene stravolta), caratterizzati anch’essi da un numero di versi variabile, ma anche
eterometrici; le stanze (proprie della ballata, della canzone, dell’ottava) quando si è di fronte ad un
numero fisso di versi distribuiti sempre allo stesso modo.

2 LE FORME METRICHE
La rima codifica delle forme metriche predeterminate. Queste possono essere:

- Omometriche: quelle in cui compare un unico tipo di verso (come il SONETTO o


l’OTTAVA);
- Eterometriche: quelle in cui compaiono più tipi di versi (come le CANZONI

PETRARCHESCHE);

- Polimetriche: quelle in cui si susseguono tanti tipi di verso dal quaternario


all’endecasillabo;
- Strofiche: quelle in cui viene ripetuta più volte la medesima struttura metrica (come la
BALLATA);

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- Astrofiche: quelle in cui non viene ripetuta la medesima struttura metrica (le lasse di un
testo narrativo o i movimenti di una CANZONE LEOPARDIANA);
- Modulari: quelle costituite da un modulo breve ripetuto più volte (come la TERZINA

DANTESCA);

- Chiuse: quelle molto irregimentate e riconducibili a forme-tipo di per sé ben definite dal
punto di vista della struttura metrica prosodica (come il SONETTO e la TERZA RIMA, che per il
suo essere incatenata è anche modulare);
- Aperte: quelle meno rigidi che tendono ad essere più libere nella loro struttura metrico
prosodica

Dunque, se la prosa descrive la realtà, la metrica del verso conferisce musicalità ed armonia alla
realtà. La forma metrica in poesia crea un canale di comunicazione, attraverso il ritmo e
l’euritmia fonetica, tra il reale e la sua percezione soggettiva. La forma metrica è extra-ordinaria
rispetto alla prosa che è la rappresentazione linguistica ordinaria del reale. Per questo assume un
carattere sacrale che rende percepibile attraverso il suono l’invisibile, il metafisico e l’ineffabile.
Chi sua la metrica, il poeta/musico, svolge un ruolo sciamanico perché attraverso il suono, la nenia,
il ritmo fa da tramite tra il mondo visibile ed il mondo dell’invisibile trascendente.

Per questo, il messaggio veicolato dalla forma metrica va oltre il rapporto convenzionale tra
significante e significato e si completa con un senso ad esso conferito anche dal ritmo e dal suono
del metro adottato. Dal punto di vista tecnico, quindi, un SONETTO, come una BALLATA, una
CANZONE etc. è una forma metrica.

2.1 SONETTO
Corrisponde alla prima forma metrica della tradizione occidentale codificata dal punto di vista dei
suoi componenti. Difatti, un SONETTO è sempre composto da 14 endecasillabi, suddivisi in 2
quartine e 2 terzine. La disposizione delle rime delle quartine e delle terzine è variegata nella
tradizione, ma meno dispersiva rispetto a quella di altre forme metriche come la CANZONE.

Esempio:

S’i’ fosse foco, arderei ’l mondo; A


s’i’ fosse vento, lo tempesterei; B QUARTINA 1
s’i’ fosse acqua, i’ l’annegherei; B
s’i’ fosse Dio, mandereil’en profondo; A

s’i’ fosse papa, sare’ allor giocondo, A


ché tutti cristïani imbrigherei; B QUARTINA 2
s’i’ fosse ’mperator, sa’ che farei? B
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A tutti mozzarei lo capo a tondo. A

S’i’ fosse morte, andarei da mio padre; C


s’i’ fosse vita, fuggirei da lui: D TERZINA 1
similemente farìa da mi’ madre. C

S’i’ fosse Cecco, com’i’ sono e fui, D


torrei le donne giovani e leggiadre: E TERZINA 2
e vecchie e laide lasserei altrui. D

Cecco Angiolieri, Sonetti

2.2 CANZONE PETRARCHESCA


È una forma strofica che sviluppa un discorso unitario articolato in più stanze. Quest’ultime sono
di numero variabile e presentano il medesimo schema metrico (identica formula sillabica ed
identica disposizione ritmica). Ogni stanza si articola in due parti (anche se alle volte risultano
indivisibili):

- La FRONTE, a sua volta suddivisa in 2 PIEDI.


- Il SIRMA, a sua volta suddivisa in 2 VOLTE.

Questa forme di CANZONE può anche essere seguita da una strofa conclusiva, chiamata
CONGEDO/COMMIATO/TORNADA: questa è l’ultima strofa in cui il poeta, generalmente, cambiando
destinatario, si rivolge al componimento stesso. La struttura interna di ogni singola stanza per
questo tipo di FORMA CANZONE è molto libera nel momento in cui il poeta deve deciderla, ma, nel
momento in cui viene stabilita una strutturazione interna, questa dev’essere rispettata per il resto del
componimento (sta proprio qui la grande differenza con la CANZONE LEOPARDIANA).

Donne ch’avete intelletto d’amore,


i’ vo’ con voi de la mia donna dire, PIEDE
non perch’io creda sua laude finire,
ma ragionar per isfogar la mente.
5 Io dico che pensando il suo valore,
Amor sì dolce mi si fa sentire, PIEDE FRONTE
che s’io allora non perdessi ardire,
farei parlando innamorar la gente.
E io non vo’ parlar sì altamente, -----------------------------
10 ch’io divenisse per temenza vile; VOLTA
ma tratterò del suo stato gentile SIRMA
a respetto di lei leggeramente,
donne e donzelle amorose, con vui, VOLTA
ché non è cosa da parlarne altrui.

[…]

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Canzone, io so che tu girai parlando


a donne assai, quand’io t’avrò avanzata.
Or t’ammonisco, perch’io t’ho allevata
60 per figliuola d’Amor giovane e piana,
che là ’ve giugni tu diche pregando:
"Insegnatemi gir, ch’io son mandata
a quella di cui laude so’ adornata". CONGEDO
E se non vuoli andar sì come vana,
65 non restare ove sia gente villana:
ingegnati, se puoi, d’esser palese
solo con donne o con omo cortese,
che ti merrano là per via tostana.
Tu troverai Amor con esso lei;
70 raccomandami a lui come tu dei.

Dante, Rime

2.3 SESTINA e SESTA RIMA


È un tipo particolare di canzone formata da 6 strofe di 6 endecasillabi sciolti, in cui si insiste
sull’ordinata ripetizione dei rimanti con uno schema particolare. Ecco un esempio di SESTINA

LIRICA:

Al poco giorno e al gran cerchio d’ombra A


Son giunto, lasso! Ed al bianchir de’ colli, B
quando si perde lo color ne l’erba; C
e’l mio disio però non cangia il verde, D
si è barbato ne la dura petra E
che parla e sente come fosse donna. F

Similmente questa nova donna F


si sta gelata come neve a l’ombra; A
che non la move, se non come petra, E
il dolce tempo che riscalda i colli B
e che li fa tornar di bianco in verde D
perché li copre di fioretti e d’erba. C
Dante, Rime

Esiste poi la SESTA RIMA utilizzata, soprattutto, per i testi narrativi. Segue sempre lo schema
rimico ABABCC (altri schemi sono da considerarsi solo come strofe di sei versi). Eccone un
esempio (che come si noterà presenterà dell’eccezioni)

Io, qui in turrite case A


ràbido cane t'attendo: B
miro le stelle invase A
da un celestiale sgomento; C

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e in aere deserto il cielo D


morir sul tuo rapido gelo. D

Là, dove son romite E


valli monotone, spente, E
acque lacustri e trite E
stagnandovi sonnolente E
nasci, e per sete del mondo F
balzi nel cielo profondo. F

Carlo Betocchi, Al vento d’inverno in Roccastrada

2.4 TERZA RIMA


Forma metrica caratterizzata da terzine di endecasillabi a rima incatenata (ABA BCB CDC…)

Per me si va ne la città dolente, A


per me si va ne l’etterno dolore, B
per me si va tra la perduta gente. A

Giustizia mosse il mio alto fattore: B


fecemi la divina podestate, C
la somma sapienza e ’l primo amore. B

Dinanzi a me non fuor cose create C


se non etterne, e io etterno duro. D
Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate C

Dante, Commedia - Inferno

2.5 OTTAVA RIMA


Forma strofica in cui ogni stanza è formata da otto endecasillabi. Se la stanza è tutta in rima
alternata si tratta di un’OTTAVA SICILIANA (ABABABAB), se invece nel distico finale vi è una
rima baciata si tratta di un’OTTAVA TOSCANA (ABABABCC). Questa è la forma metrica utilizzata
nella poesia narrativa: ricordiamo i cantari tre-quattrocenteschi, le sacre rappresentazioni (quelle
di Feo Belcari ad esempio), i poemi cavallereschi cinquecenteschi (l’Orlando Furioso dell’Ariosto
e la Gerusalemme liberata del Tasso) etc.

Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori, A


le cortesie, l’audaci imprese io canto, B
che furo al tempo che passaro i Mori A
d’Africa il mare, e in Francia nocquer tanto, B
seguendo l’ire e i giovenil furori A
d’Agramante lor re, che si diè vanto B
di vendicar la morte di Troiano C

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sopra re Carlo imperator romano. C

Ludovico Ariosto, Orlando Furioso, canto I

Qui, d'Atropos il colpo ricevuto, A


giace di Roma Giulia Topazia, B
dell'alto sangue di Cesare arguto A
discesa, bella e piena d'ogni grazia, B
che, in parto, abbandonati in non dovuto A
modo ci ha: onde non fia già mai sazia B
l'anima nostra il suo non conosciuto A
Dio biasimar che fè sì gran fallazia. B

Giovanni Boccaccio, Epitaffio di Giula Topazia

2.6 ODE
Nata nei primi anni del ‘500 come un’importante variazione della CANZONE PETRARCHESCA,

rispecchia quelle che sono le odi di Pindaro (poeta greco): alla STROFE segue un’ANTÌSTROFE di
egual forma e con le stesse rime (corrispondenti ai due PIEDI simmetrici della CANZONE) e poi un
EPÒDO con rime e schema diversi (l’equivalente della SIRMA). In questo periodo è una forma che
viene chiamata ODE PINDARICA e veniva felicemente usata per strutturare internamente le CANZONI.

Con Bembo la forma viene ripresa e la sua struttura viene cristallizzata: quartine di endecasillabi
e settenari a rima incrociata. Questa Sarà una forma che avrà una grande evoluzione nel ‘700,
tanto da non presentare più uno schema rigido. Grande utilizzo ne farà il Parini.

Qual fra le mense loco A


versi otterranno, che da nobil vena B
scendano; e all’acre foco A
dell’arte imponga la sottil Canema, B
Meditante lavoro C
Che sia di nostra età pregio e decoro? C

Non odi alto di voci D


I convitati sollevar tumulto, E
che fra i Centauri feroci D
fa rammentar, quando con empio insulto E
all’ospite di liti F
sparsero e guerra i nuziali riti? F

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[…]

Parini, Odi, La recita de’ versi

2.7 DISCORDO
Forma metrica caratterizzata dal fatto che i vari movimenti sono fortemente eterostrofici, sia dal
punto di vista del numero dei versi, sia dal computo sillabico, sia dalla disposizione delle rime. È
una forma che ha creato seri problemi anche per i copisti, tant’è che spesso i vari movimenti non
sono mai separati tra loro.

Aï faux ris , pour quoi traï aves


Oculos meos ? Et quid tibi feci,
che fatta m'hai così spietata fraude?
Iam audi[vi]ssent verba mea Greci!
E selonch autres dames vous saves
che ngannator non è degno di laude.
Tu sai ben come gaude
Miserum eius cor qui prestolatur:
je li sper anc , e pas de moi non cure.
Ai Dieus, quante malure
atque fortuna ruinosa datur
a colui che, aspettando, il tempo perde,
né già mai tocca di fioretto il verde! [...]

2.8 BALLATA
Forma metrica probabilmente introdotta dai siculo-toscani e dagli stilnovisti. È una forma strofica
articolata in una strofa iniziale, chiamata RIPRESA, seguita da una stanza composta da 2
MUTAZIONI (i PIEDI della CANZONE) ed una VOLTA (equivalente della SIRMA), l’ultimo verso della
quale rima con il primo della RIPRESA (si parla quindi di un connettore rimico).

Si distinguono diversi tipi di BALLATE a seconda del numero di versi della RIPRESA: la BALLATA

GRANDE è quella con RIPRESA di 4 versi; la BALLATA MEZZANA è quella con RIPRESA di 3 versi; la
BALLATA MINORE è quella con RIPRESA di 2 versi; la BALLATA PICCOLA è quella con RIPRESA di 1
solo verso endecasillabo; la BALLATA MINIMA è quella con RIPRESA di 1 verso unico, quinario,
settenario od ottonario; la BALLATA STRAVAGANTE è quella con RIPRESA costituita da più di 4
versi.

Era in penser d’amor quand’ i’ trovai A (anarimo)


due foresette nove. b
RIPRESA
L’una cantava: «E’ piove b
gioco d’amore in noi». c
----------------------------------------------------------- 11
MUTAZIONE 1
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Era la vista lor tanto soave D


e tanto queta, cortese e umìle, E
ch’i’ dissi lor: «Vo’ portate la chiave D
MUTAZIONE 2
di ciascuna vertù alta e gentile. E
STANZA
Deh, foresette, no m’abbiate a vile E
per lo colpo ch’io porto; f VOLTA
questo cor mi fue morto f
poi che ’n Tolosa fui.» c (siciliana)
[RIPRESA] -----------------------------------------------------------

[…]

Guido Cavalcanti

2.9 SERVENTESE CAUDATO


Forma strofica due-trecentesca. Formata da strofette formate da una serie monorima di versi.
Questi sono più lunghi rispetto all’ultimo di ogni strofetta (la cauda), che anticipa la rima del
raggruppamento monorimo successivo.

Altissima regina incoronata A


della superna glorïa beata, A
chiamoti, madre, per mia avocata, A
con tutto 'l cuore. b

Benedetta sie tu a tutte l'ore, B


etterna sposa del divino amore, B
io ingrato misaro peccatore B
a te m'apiglio. c

Celestiale regina, el mio periglio, C


provede, madre, pregando 'l tuo Figlio, C
che me die gratia ch'i' sie suo famiglio, C
fedel amante. d
Bianco da Siena, lauda CXVII vv. 1-12

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2.10 MADRIGALE
Si tratta di una forma metrica che contraddistingue un componimento breve (che di solito non
supera i 13 versi) composto da soli endecasillabi o endecasillabi e settenari. Le rime sono mobili
ed è frequente che il distico finale sia in rima baciata. Si riconosce soprattutto per la tipologia di
temi trattati: perlopiù amorosi e bucolici.

Vediamo un caso in cui è possibile fare la seguente suddivisione:

Qual rugiada o qual pianto A

Quai lagrime eran quelle B

Che sparger vidi dal notturno manto A

E dal candido volto de le stelle? B


-----------------------------------------------------------
E perché seminò la bianca luna C

Di cristalline stelle un puro nembo D

A l’erba fresca in grembo? D

Perché ne l’aria bruna C


-----------------------------------------------------------
S’udían, quasi dolendo, intorno intorno E

Gir l’aure insino al giorno? E

Fûr segni forse de la tua partita, F

Vita de la mia vita? F

T. Tasso, Rime d’amore, III

Un altro esempio da Petrarca, musicato poi da Jacopo da Bologna, rende chiare le varie possibilità
presentabili da questo tipo di forma metrica:

Non al suo amante piú Dïana piacque, A

quando per tal ventura tutta ignuda B

la vide in mezzo de le gelide acque, A


-----------------------------------------------------------
ch’a me la pastorella alpestra et cruda B

posta a bagnar un leggiadretto velo, C

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Appunti del tutorato alla preparazione dell’esame di letteratura italiana a cura di Giovanni Accardi – chiunque utilizzi questo file è
invitato ad inserire nel sito https://presenzatutorato.unipv.it/ il seguente codice: 21MXVMA

ch’a l’aura il vago et biondo capel chiuda, B


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tal che mi fece, or quand’egli arde ’l cielo, C

tutto tremar d’un amoroso gielo. C

2.11 FROTTOLA
È una forma metrica utilizzata soprattutto per la messa in musica di repertorio polifonico tre-
cinquecentesco: è molto facile da riconoscere, ma vi sono così tante varietà metriche che alle volte
sembra di trovarsi di fronte a tutt’altro. È caratterizzata da rime insistite ed un susseguirsi
irregolare di misure lunghe e brevi, che possono svariare dall’endecasillabo al bisillabo, con
preponderanza di quelle brevi. Contrariamente alla struttura metrico prosodica, quella sintattico
semantica va verso il buffonesco, l’irridente o il polemico: si trovano infatti molte espressioni
sentenziose, proverbiali e popolaresche.

Pelegrin sono che vegno da terra, che spiace a lo ’ntelletto,


e passo su per terra, che conosce ’l diffetto;
e vo a terra tu cerchi qui il diletto
a terra di viver e di stare,
a terra d’acquistare,
a terra, di regnare,
ché la mia guerra d’amare
non ha triegua né pace. e di durare possente.
O volontà fallace,
io una via ti piace […]

Franco Sacchetti, Il libro delle rime

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