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La lirica ha un linguaggio e una forma diversa dalla prosa. La lirica è un genere alto; la prosa è di consumo,
meno nobile della lirica. (Spreme=speranza; cor=cuor). Questo è il pensiero fino al 900. Il sonetto è una
forma metrica canonizzata aulica.
Carducci poeta vate, classico, dei greci e dei latini, poeta politico, civile che intrattiene un dibattito sociale
italiano, più canonizzato, aulico e alto possibile.
Govoni è diverso
Mentre timbra la tessera è come se stesse consegnando se stessa, i suoi ricordi degli anni della giovinezza
che non torneranno più
Abbiamo controllori, vigili incappucciati di nero, che si muovono nel buio e mazze di ferro (manganelli) che
si muovono come degli spettri, sembrando una processione funebre.
Tutto è enfatizzato per un pov che rimane sempre aulico e classico.
Guardare e capire con gli occhi di un poeta del periodo, non con i nostri.
Lezione 26/09/2023 – lirica del secondo 800, ribellione alla tradizione. Il 900 e
Baudelaire.
La poesia “alla stazione in una mattina d’autunno”ispira ideale, che si occupa di oggetti nobili e se
non nobili, che li nobilita.
In Italia incontriamo due modi di fare poesia opposti. Da un lato Carducci, un poeta vate, dall’altra
gli scapigliati.
LA SCAPIGLIATURA
Emilio Praga e Arrigo Boito sono due capostipiti di questo movimento la scapigliatura e incarnano il
decadentismo.
Emilio Praga introduce in poesia argomenti, temi, soggetti di cui prima non si poteva parlare e lo fa
con l’obiettivo di scandalizzare i borghesi. Temi scandalizzanti, misogini. !!!Borghesi nuova
classe sociale associata a Baudelaire
Si ribellano rispetto alla tradizione lirica.
Tratta di temi violenti, macabri, spesso misogini per scandalizzare i borghesi. Il soggetto per
eccellenza della lirica, il soggetto amoroso, subisce una scossa. Non è più Laura, una donna
angelo che avvicina al divino; viene completamente spazzato via. Inoltre, per scandalizzare i
borghesi, il meccanismo che si attiva è quello dell’invettiva con quel soggetto femminile, da parte
del poeta. Questo soggetto può essere accusato di non essere leale o fedele e il poeta si sente
autorizzato a inveire contro la donna amata o la controparte femminile.
Carducci ≠ Praga
EMILIO PRAGA
PENOMBRE, 1864
Vendetta postuma
A partire da questi due testi è inteso come a partire dagli anni 60 dell’800 avveniva dei
cambiamenti nella poesia. Questa seconda raccolta poetica di Praga. La prima si intitola tavolozza
del 1982 nella quale scrisse una ballata alla luna dove canta asco lirico per eccellenza e non ha
niente a che vedere con questa seconda raccolta.
Nel 1864 compare un’altra lirica specie ballata dove la luna viene definita come meretrice, definita
come una prostituta.
In questi anni i poeti italiani giocano a fare i poeti maledetti.
Praga muore alcolizzato a quasi 50 anni.
Negli anni 60, in Italia comincia a parlarsi di una raccolta poetica importante dei fiori del male di
Charles Baudelaire.
Nel secondo 800 il dibattito culturale in Italia avveniva tramite riviste letterarie. Ci sono molti
periodici nei quali gli intellettuali intervengono e dibattono tra di loro, anche in modo molto violento.
Si pensa che il problema di questa poesia è morale, non insegna nulla e c’era bisogno che
insegnasse qualcosa. Ci si chiede se l’arte ha il fine di insegnare qualcosa o se è semplicemente
arte. TEMA MOLTO DISCUSSO
Carducci rappresenta la sanità della lirica ed è attivissimo a livello civile. Quando lui lesse i testi
degli scapigliati si arrabbiò moltissimo. Lui pubblicò un intervento chiamato “10 anni a dietro” sulla
rivista il “fanfulla della domenica” perché vuole parlare dei testi degli scapigliati (quindi Praga,
ormai morto).
Infatti, si chiama dieci anni a dietro perché vuole discutere sulla poesia fatta negli anni 60.
Parliamo anche di Emilio Praga, il quale nel ’70 aveva già, si può dire, compiuta la sua ascensione in poesia. Quelli che allora
affettavano non parlarne, quelli che inorridivano alle sue stramberie […], quelli ora vociano innanzi a tutti e più di tutti il realismo
e la originalità sconfinata di Emilio Praga. Povero Praga, realista lui? […] coi languori delle fantasticherie, con la vaporosità della
linea, con la indeterminatezza dell’espressione, con l’astrattezza e la stranezza bizzarra e senza scopo delle metafore? Egli nella
terza generazione dei romantici fu il poeta più di tutti; ma in lui più di tutti covò la malattia ereditaria, sin che scoppiò d’un tratto
in quel temperamento amabilmente femmineo, e fu un filo fulminante. L’originalità del Praga! Sì, certo, il Praga ebbe una
originalità, ma non quella che dite voi! Avete letto Vittore Hugo, il Heine, il Baudelaire? Ma quello che voi nelle poesie
del Praga proclamate di più era già nell’Hugo, nel Heine, nel Baudelaire. […] Ma del Baudelaire ripete non pure le
innaturalezze e le irragionevolezze delle imagini e delle espressioni cercate ad effetto, non pure le bruttezze stupide
(dico così, perché proprio così), ma le mosse e le flessioni del verso, ma i metri ed i ritornelli. Quello fu il periodo acuto
della malattia.
Praga è morto, c’è qualcuno che lo vorrebbe riabilitare. Quando, invece, lui era in vita molti
sostenevano che Praga scriveva stramberie terribili; dopo la sua morte, la gente iniziò a pensare
che fosse originale e Carducci inizia ad attaccare.
Il germe, la malattia era il pericolo dell’imitazione che poteva occorrere in Italia dovuto agli
scapigliati e soprattutto Praga che cercava di imitare Baudelaire.
CURIOSITÀ
(Libro citato dalla prof) Bloom costruisce la teoria della storia letteraria tale per cui i poeti si
dividono in due categorie:
- poeti forti: modelli formativi, nel secondo ottocento italiano Carducci
- poeti deboli: poeti giovani, che iniziano dopo e si trovano alle spalle nei giganti.
Com’è possibile farsi strada nell’elitè dei letterati di quella portata? Per diventare un poeta
forte devo trovare un modo per relazionarmi con la tradizione.
Es. Se D’Annunzio è stimato significa che funziona, quindi devo assomigliare a lui;
altrimenti farò l’atto contrario, per non essere schiacciato dall’influenza di D’Annunzio
cercherò di scrivere nella maniera più possibile diversa dal suo modo, cercando di farmi
strada così.
Tentativo di Praga è di scrivere i suoi “fiorellini poetici” tenendo conto che Baudelaire verrà
ricordato come un grande maestro e Praga no!
Baudelaire
Alcolizzato, ha avuto molte donne nella vita, era in bolletta, escluso dalla società e dalla famiglia
stessa perché inizia a frequentare circoli letterari parigini in cui si consuma l’oppio. Ha modi strani,
la passione per il bizzarro (es. si tinge i capelli di verde)
Lui è un personaggio che non sembra appartenere a quella realtà.
La capitale francese è ormai abitata dai borghesi e questo cambia tutto per quanto riguarda la
poesia lirica.
Un altro elemento che ha creato moltissimo scandalo all’epoca è della compagna di Baudelaire;
egli ha avuto molte relazioni, anche con donne molto più grandi di lui, però una in particolare fece
scandalo. Parliamo Della relazione con Jeanne Duval, crea scandalo perché è cleola (mulatta), per
la quale arriva ad indebitarsi. Attraverso i fiori del male, lei porta una nuova estetica del mondo
femminile. Se prima si caratava la purezza del femminile, che avvicina al divino, ora si parla del
terrestre, del materiale, del sensuale e Baudelaire non ha paura nel farlo. Ha una bellezza esotica
e diversa dal canone. Infatti, lui parla molto dei capelli di lei, così scuri e neri da paragonarli al
mare. La rappresenta in alcune opere come una sfinge, un gatto, e in un'opera i augura di trovarla
un giorno nuda con un sacco di gioielli sfarzosi addosso.
CURIOSITÀ: Inizialmente lui non sapeva che nome dare alla raccolta. Lui sta pensando al titolo e
un suo amico gli consiglia “pilimbi(???)” o “le lesbiche”
Nel 1861 esce la seconda edizione epurata da quelle 6 opere censurate con l’aggiunta di una
sezione chiamata “i quadri di Parigi”. Questa sezione è importante perché aggiunge
un’innovazione a una importantissima raccolta baudelairiana perché la grande città entra in un
libro di poesia. Baudelaire canta in lirica la metropolitana di Parigi.
(≠ Carducci paesaggi marini, campestri, soggetti latini, greci…)
Inoltre, gli studiosi fanno un parallelismo tra Baudelaire e leopardi perché hanno degli elementi in
comune anche se i due non si conoscevano.
Questa nuova realtà spaventa il poeta. Per la prima volta il poeta si trova immerso in una realtà
che è densamente popolata; nelle grandi città si parla della folla in cui ci si sente degli estranei in
cui si vedono persone che non si rivedranno più, in cui i rapporti sociali cambiano.
Leopardi è nobile e Baudelaire vive in situazioni precarie per tutta la vita e si ritrova a
(soprav)vivere nella società borghese.
È una nuova generazione che ha a che fare con il capitalismo perché si etra nel mondo della
merce. Tutto è mercificato. La riflessione di Baudelaire gira molto attorno a questo.
Quando si arriva a un degrado sociale del genere, ciò che conta è il denaro, è arrivare al giorno
dopo e anche l’arte viene degradata a merce, vende per guadagnarsi il pane, perché non ha altro
da vendere se non questo, se non la propria arte. Ma chi compra poesia? Nessuno.
È il momento in cui l’artista comincia a mettere in crisi il proprio statuto: che utilità ha scrivere versi
in un mondo così, in questa società, in questa grande città?
La vita del poeta in epoca borghese e moderna è una vita di esclusione, di frustrazione, di
incomprensione.la grande città ha cambiato tutto.
(D’Annunzio insegue ancora il sogno del grande vate)
La città come cambia le sorti dell’arte contemporanea? Cambia a livello del soggetto: si canta di
Parigi, di incontri, apparizioni.
Questo vagare di Baudelaire senza meta, andare a zonzo come un vagabondando, e questo
movimento assume il nome di Flanerie e Baudelaire assume l’aspetto di un Flaneur
(passeggiatore, perditempo).
In questa dinamica di passeggio si muove Baudelaire.
Uno dei testi più famosi in cui si parla della città e cosa implica a livello poetico è un sonetto
intitolato “a una passante”
À une passante
La rue assourdissante autour de moi hurlait.
Longue, mince, en grand deuil, douleur majestueuse,
Une femme passa, d'une main fastueuse
Soulevant, balançant le feston et l’ourlet;
A UNA PASSANTE
Agile et noble, avec sa jambe de statue.
attorno a me urlava la strada assordante. Alta, sottile, in lutto stretto, maestosa nel suo dolore,
Moi,
una donna passò, sollevando con la mano superba il festone e l'orlo della gonna;
je buvais, crispé comme un extravagant,
Dans son oeil, ciel livide où germe
era così agile e nobile, con la sua gamba statuaria... Io bevevo, teso come un folle, nel suo
l'ouragan,
occhio, cielo livido in cui nasce l'uragano, la dolcezza che incanta e il piacere che uccide.
La douceur qui fascine et le plaisir qui tue.
Un lampo... poi la notte! - O fugace bellezza, il cui sguardo m'ha ridato improvvisamente la
Un éclair... puis la nuit! —
vita, non ti rivedrò che nell’eternità?
Fugitive beauté
Dont le
Altrove, ben lungi da qui, tardi, troppo tardi, forse mai ! Io non so dove fuggi, tu ignori dove io
regard m'a fait soudainement renaître,
vada. O te che avrei amato, o te che lo sapevi!
Ne te verrai-je plus que dans l’éternité?
Questo testo appartiene alla sezione “i quadri di Parigi” del 1861 e che scardina la figura del soggetto
femminile della Laura di Petrarca o della Silvia di leopardi.
La differenza dalla tradizione si nota dal fatto che qui la donna cantata è sconosciuta.
Tradurre in italiano i fiori del mare era ritenuta un’impresa impossibile, tant’è che ci hanno provato
tutti. Nonostante il contenuto sia originale la forma è classica. Questo è un sonetto di quartine di
alessandrini (verso illustre della tradizione francese). Il corrispettivo italiano è l’endecasillabo (come
la divina commedia), al massimo settenario. La forma illustre italiana è la canzone o il sonetto.
L’alessandrino ha 13 sillabe, l’endecasillabo 11. Quindi se vogliamo mantenere nobile lo statuto
baudelairiano traducendolo in lingua italiana dovremmo tradurlo in endecasillabi. Il problema. È che
tredici sillabe non ci stanno in undici. Però mancherebbe qualcosa che non possiamo aggiungere e
per questo è nato un dibattito tra i poeti traduttori: alcuni non volevano perdere l’illustre della poesia,
quindi, l’avrebbero tradotta in italiano in endecasillabi. Il sonetto, invece di avere 14 versi, il sonetto
ne aveva 17; da un lato si recuperava la tradizione illustre del verso, dall’altro la buttavamo via
perché la forma era difettata.
Secondo altri il verso era recuperabile, l’alessandrino non si poteva ridurre ad endecasillabo; quindi,
si traduceva in italiano con il doppio settenario che ha la stessa misura (13-13).
Altri, invece, hanno gettato la spugna.
FORMA
Nella prima quartina c’è un verso diverso dagli altri. Infatti, il primo verso coincide con il periodo
(punto). Gli altri tre versi proseguono con un discorso.
Noi ci rendiamo conto di essere a Parigi. L’unica informazione contestuale sull’ambiente in cui siamo.
Da per scontato di essere in un ambiente metropolitano, caratterizzato dal rumore. È una strada che
urla (personificata) ed è assordante che ci permette di definire com’è la scena. Tuttavia, è l’unico
verso che ha un punto fermo, quindi, viene in qualche modo evidenziato dalla sintassi.
In medias res fa un’apparizione una donna che passa. Però è strano l’anonimato di questa signora:
non ci viene detto come ha i capelli, di che colori ha gli occhi, di che colore è l’abito; sappiamo solo
che fa un gesto, quello di sollevare una gonna. Immaginiamo una gonna che è lunga fino ai piedi e
mentre sta passando (in velocità) si solleva la gonna. Di nuovo, l’unico elemento e gesto che compie
la donna è funzionale a dirci: siamo a Parigi. Un fan (??) = donna anonima. Di questa donna
sappiamo solo che è in lutto: non sorride.
Unico elemento che la distingue da tutte le altre fam (donne) che stanno passeggiando a Parigi.
Seconda strofa
È uno sguardo che colpisce, potente, sguardo da cui si può generale una tempesta. Il cielo è scuro,
non è soleggiato.o radioso che allo stesso tempo può operare in modi distinti: può incarnare la
dolcezza con il femminile o uccidere. C’è qualcosa di contraddittorio, di non lineare, non c’è nulla di
tranquillizzante. Il poeta infatti reagisce con la finzione.
All’incontro sussegue la sparizione
Intravista per caso nella folla di Parigi, un elemento contraddittorio è questa donna che è riuscita ad
attirare l’attenzione scompare improvvisamente e non si rivedrà più; che per un attimo ha restituito
la vita a questo Flaneur (passeggiatore) malinconico che si sente esiliato dal mondo, dalla società
borghese. Questa fugace bellezza se n’è andata per sempre e non la rivedrà più se non nell’aldilà
della vita.
Dichiarazione finale
Io ti avrei amato e so che anche tu avresti anche amato me. Ti avrei amato e lo sapevi. Un lampo
che si spegne e dopo si perde.
Più che parlare delle grandi città, questo sonetto parla dell’epoca moderna, dei tempi in cui si
comincia a percepire di quella consapevolezza e comprensione di perché si è qui e dove si sta
andando. Si è soli: c’è la consapevolezza che l’altra parte non c’è, si sente frammentario, incompleto,
perché sa che è un qualcosa che non troverà mai.
Questo anticipa la psicoanalisi dell’800, uomo spaccato in parti. Saba era interessato alla dico analisi
e la perdita della centralità lo colpisce costantemente nonostante sia un poeta apparentemente facile
e piano.
Infine, l’ultima lirica dei fiori del male si intitola “il viaggio” e lui interroga questi viaggiatori che stanno
cercando qualcosa in giro per il mondo cercando di distrarsi dalla noia e dalla malinconia quotidiana .
Un benessere che non si raggiunge mai e scappa sempre dalle mani.
In questo testo, presuppone che questi viaggiatori vadano alla ricerca del benessere per scappare
dallo splint del mondo terrestre. Immagini esotiche nel testo che danno la promessa di un benessere
(es. Viaggio in india)
Esortazione ad andare verso l’ignoto, che non si può trovare in un luogo o in una persona. È
qualcosa che bisogna continuare a cercare.
L’ultima parte dei fiori del male è un nuovo mondo, non morte. Quindi c’è questo nostro tentativo a
cercare di andare oltre. Spinto dalla ricerca di qualcosa che non riesce mai ad afferrare.
Tema città, nuova concezione femminile
02/10/2023
Colui che produce letteratura si trova ai margini della società. In una società in cui il poeta viene
escluso il poeta, è naturale che la sua figura assuma un altro statuto.
Un luogo comune è quello della vergogna della poesia. La poesia non fa guadagnare, non fa vivere.
Genere di nicchia, da specialisti, di cui si parla ai convegni ma non al bar con gli amici.
Si parla soprattutto di testi inclusi nei poemetti in prosa di Baudelaire. Sono il corrispettivo in prosa
dei fiori del male; hanno un doppio titolo: spleen di Parigi, titolo da cui vediamo Parigi che è di nuovo
al centro (come nella passante. L’altra arte del titolo fa riferimento allo splin, sensazione angosciante
che vive il poeta nella grande città. Poemetti in prosa fa riferimento al genere con cui sono scritti i
brani. Piccole poesie in prosa.
Che cos’è una poesia in prosa? È un brano in prosa che si avvale della suggestività del linguaggio
poetico. Non sono racconti, sono brevi quaderni che tentano di condensare il potere suggestivo e
musicale nella poesia, nelle immagini e nel linguaggio. Primo tentativo di avvicinare due linguaggi di
due generi diversi.
La poesia ha un genere rigido, regole ferree; la prosa lascia molta più libertà nella gestione del testo.
La libertà della prosa e il potere evocativo del testo poetico.
Sono il corrispettivo dei fiori del male. Perché si tratta di piccoli quadri, scene parigine descritte da
Baudelaire.
Il soggetto non è canonico, nobile. Sono scene di banale quotidianità che però vogliono essere
descritte attraverso un linguaggio evocativo. Linguaggio che gioca con assonanze, rime interne
nascoste. Questo gioco di suoni creare un dettato musicale e ci si trova in contrasto tra la banalità,
schiettezza con un linguaggio che, invece, lo rende musicale ed evocativo, appunto.
Questo lo vediamo nel manifesto del disagio del poeta in epoca moderna. Si parla di scene
selezionate e nobilitate dal poeta, quadri soggettivi che possono essere insignificanti per noi, ma
che colpiscono solo la sua sensibilità.
Scene parigine, Flaneur, si scontra con immagini, apparizioni improvvise che colpisce la sensibilità.
Baudelaire si trova in una sagra, una fiera: ci sono pagliacci, mangia fuoco, ballerine, stranezze, fenomeni da
baraccone.
Descrizione di un momento gioioso. Il popolo in queste occasioni si dimentica del lavoro e queste
attrazioni riescono a coinvolger l’uomo di lettere. L’atmosfera fin qui descritta è felice. È una pausa
dallo splin. Anche questa è un’occasione di guadagno, perché i pagliacci ecc vendono la loro merce,
la loro performance e vengono pagati per fare questo. Hanno qualcosa da offrire a un pubblico
pagante.
Gioia, possibilità di guadagno sono i temi di questo primo pezzo. È una scena positiva
nonostante l’ambientazione. Tuttavia, verso la meta del testo il tono cambia.
In fondo, all'estremità della fila di bancarelle, come se per vergogna si fosse esiliato da tutti questi splendori, vidi un povero
saltimbanco, curvo, cadente, decrepito, un rudere d'uomo, addossato a uno dei pali della sua baracca: una baracca più miserabile
di quella del selvaggio più abbrutito, e la cui miseria era fin troppo illuminata da due mozziconi di candela sgocciolanti e fumosi.
Dovunque gioia, guadagno, sfrenatezza; dovunque, la certezza del pane per l'indomani; dovunque, un'esplosione frenetica
di vitalità. Qui, la miseria assoluta, la miseria (per colmo d'orrore) agghindata di comici stracci, contrasto inventato dalla necessità
più che dall'arte. Non rideva, il disgraziato! Non piangeva, non ballava, non gesticolava, non gridava; non cantava nessuna
canzone, né allegra né triste, non implorava. Era muto e immobile. Aveva rinunciato, abdicato. Il suo destino era compiuto.
Ma che sguardo profondo, indimenticabile mandava in giro sulla folla e le luci, su quel flusso che si fermava solo a qualche
passo dalla sua repulsiva miseria! Mi sentii la gola afferrata dalla stretta terribile dell'isteria, e mi sembrò che i miei sguardi fossero
offuscati da quelle lacrime ribelli che non vogliono scorrere. Che fare? A che scopo chiedere allo sventurato quale curiosità, quale
meraviglia avesse da mostrare in quelle tenebre maleodoranti, dietro la sua tenda sbrindellata? In verità, non osavo chiedere; e
anche se la ragione della mia timidezza dovesse farvi ridere, devo confessare che temevo di umiliarlo. Alla fine, m'ero appena
deciso a posare, passando, un paio di monete su una delle sue tavole sperando che indovinasse la mia intenzione, quando un
gran flusso di folla provocato da non so quale scompiglio mi trascinò lontano da lui.
E mentre rientravo, ossessionato da questa visione, tentai di analizzare il mio improvviso dolore, e mi dissi: Ho appena
visto l'immagine del vecchio uomo di lettere sopravvissuto alla generazione di cui fu il brillante animatore; del vecchio poeta senza
amici, senza famiglia, senza figli, degradato dalla povertà e dall'ingratitudine pubblica, e nella cui baracca la gente immemore non
vuole più entrare.
In questa apparizione c’è uno straccione, che non fa niente. Nessuno fa caso alla sua presenza, se
ne sta in disparte perché a rinunciato a vendere qualcosa, non aveva niente da offrire. Il poeta se
ne accorge e prova vergogna e imbarazzo. Baudelaire sta facendo la carità.
La folla lo trascina via e gli fa perdere il vecchio straccione. Torna a casa e riflettete su quanto
appena visto. C’è l’immagine di un vecchio poeta che fino alla generazione precedente viveva della
sua arte e che adesso non riesce a racimolare una moneta. C’è una sovrapposizione tra vecchio
saltimbanco, incapace di offrire qualsiasi cosa alla gente, e la situazione del poeta nella società
moderna. È la posizione del poeta che inizia ad assumere in questo contesto: umiliato, deriso,
schivato, incompreso. Utilizza la stessa parola (comico e brutto) e c’è una corrispondenza tra la
descrizione dell’”albatros” e la descrizione del vecchio poeta.
L’ALBATRO
Sovente, per diletto, i marinai catturano degli albatri, grandi uccelli marini che seguono, indolenti
compagni di viaggio, il bastimento scivolante sopra gli abissi amari.
Appena li hanno deposti sulle tavole, questi re dell'azzurro, goffi e vergognosi, miseramente trascinano ai loro fianchi le grandi,
candide ali, quasi fossero remi.
Com'è intrigato, incapace, questo viaggiatore alato! Lui, poco addietro così bello, com'è brutto e
Ridicolo (COMICO). Qualcuno irrita il suo becco con una pipa mentre un altro, zoppicando, mima l'infermo che prima volava.
E il Poeta, che è avvezzo alle tempeste e ride dell'arciere, assomiglia in tutto al principe delle nubi:
esiliato in terra, fra gli scherni, non può per le sue ali di gigante avanzare di un passo.
Troviamo situazioni diverse ma tutti gli elementi presenti anche nel vecchio saltimbanco.
C’è molta ironia sulla cecità dei borghesi che non si rendono conto che le lettere e la ossia hanno
un prezioso valore. Quest’ironia, Baudelaire la esercita apertamente ed è un’ironia che viene usata
per rivendicare il proprio ruolo, la propria dignità. Uno dei testi in cui si vede la rivendicazione della
propria dignità è la perdita dell’aureola. Cambio di statuto del poeta. Per aureola si intende il
ruolo del poeta e ciò che lo distingue da tutti gli altri. Con perdita si intende tutti quei sentimenti di
confusione del poeta. Perde l’aureola, l’investitura, il privilegio agli occhi degli altri e cerca di
mescolarsi tra gli uomini.
Altro quadro parigino. La scena si apre con un dialogo in medias res senza descrizioni. C’è un
incontro fortuito con questo interlocutore e gli viene domandato perché si trova in mezzo alle persone
normali, prendendolo in giro.
«Come! voi qui, mio caro? Voi in questo brutto posto? Voi, il bevitore di quintessenze! Voi, il mangiatore di ambrosia! C'è
invero di che restare sorpresi.
- Mio caro, sapete bene quanto mi terrorizzino le carrozze e i cavalli. Poco fa, mentre attraversavo il viale in tutta fretta
saltellando in mezzo al fango, in quel caos in movimento dove la morte arriva al galoppo da tutte le parti nello stesso tempo, per
un gesto brusco l'aureola mi è scivolata dalla testa nel fango del lastrico. Non ho avuto il coraggio di raccattarla. Giudicai meno
sgradevole perdere le mie insegne che farmi rompere le ossa. E poi, mi dissi, la disgrazia serve sempre a qualcosa. Ora posso
andarmene in giro in incognito, compiere azioni basse, darmi ai bagordi come i comuni mortali. Ed eccomi in tutto simile a voi,
come vedete!
- Dovreste almeno pubblicare un annuncio della perdita dell'aureola, o fare denuncia al commissariato.
- Proprio no! Mi trovo bene, qui. Solo voi mi avete riconosciuto. D'altronde la dignità mi disturba. E poi penso che qualche
cattivo poeta la raccatterà e se la metterà in testa spudoratamente. Che piacere far felice qualcuno! Soprattutto qualcuno la cui
felicità mi farà ridere! Pensate a X, o a Z! Ah, sarà davvero divertente!».
La Natura è un tempio ove pilastri viventi lasciano sfuggire a tratti confuse parole; l'uomo vi attraversa foreste di simboli, che
l'osservano con sguardi familiari.
Come lunghi echi che da lungi si confondono in una tenebrosa e profonda unità, vasta come la notte e il chiarore del giorno,
profumi, colori e suoni si rispondono.
Vi sono profumi freschi come carni di bimbo, dolci come òboi, verdi come prati - altri, corrotti, ricchi e trionfanti,
che posseggono il respiro delle cose infinite: come l'ambra, il muschio, il benzoino e l'incenso; e cantano i moti dell'anima e dei
sensi
Si insiste molto sulla prima quartina che imposta il discorso con un enunciato. La natura è un luogo
inanimato che, a tratti, parla. L’ambiente naturale (tutto ciò che vediamo, anche la città, ciò che
appare, non solo natura) ogni tanto entra di dirci qualcosa e si lascia sfuggire parole confuse.
L’uomo che ci passa attraverso è come se avesse davanti una serie di simboli apparentemente
indecifrabili.
Queste parole che il mondo si lascia sfuggire è qualcosa di difficile da interpretare, che si confondono
ma che se correttamente interpretati e tradotti dimostrano l’esistenza di un’unità, non sono parole
sfilacciate, perché al di là di questa apparenza, si trova un senso, una verità, rivelazione dove tutto
è perfettamente incastrato, profumi colori e suoni tutto si tiene. = il mondo, ciò che vediamo, può
significare qualcosa, una banale scena di quotidianità, però può assumere un significato particolare
e aggiuntivo. Infatti, il poeta, componendosi di simboli, è colui che può decifrare e lui solo può farlo.
Il poeta riesce a fare quello scatto in più e questa è la ricerca che la poesia intraprende utilizzando
più sensi possibili, alzando il livello di percezioni (profumi, colori, suoni). Non ci sono le immagini
però. Questi elementi non hanno a che fare con la plasticità dell’oggetto, il concreto. Qui si vogliono
utilizzare sensi diversi per descrivere la realtà che sono diversi dalla vista. Si gioca con la
commistione dei sensi e sensazioni.
Le ultime due terzine sembrano staccate dal testo perché ad un certo punto parla (o sembra) parlare
di altro. Queste terzine sono dedicate al profumo:
- es. Profumo verde. Ma cos’è il profumo verde? Si entra nel mondo della suggestività, senza
logica e con evocazione. Vuole essere evocativo senza essere logico.
- Es. Profumo corrotto
Tutto ha carattere soggettivo (attraverso un senso ma senza la vista) e senza logica. Non è una
descrizione di qualcosa per come appare ma per come potrebbe essere e si lascia anche al lettore
il potere di poter giocare con queste suggestioni.
I profumi non cantano, descrivono. La sensibilità del poeta riesce ad entrare.
Qui c’è un io che non sa più chi è e quel è il suo ruolo. Per Baudelaire il compito del poeta è leggere
oltre cui i comuni mortali non possono arrivare attraverso la suggestione di tante arti insieme. Il poeta
legge ciò che è nascosto e riesce a manipolare la realtà attraverso le parole e ha la capacità di
arrivare al di la e ha il compito di dimostrare ciò attraverso un linguaggio suggestivo.
„A arsène houssaye“ - l’ha messo solo per corrispondenze, per la città e per i tanti elementi diversi
del banale e del quotidiano, tanti elementi per cercare delle relazioni tra questi elementi
distanti/diversi)
Ultimo testo di Baudelaire. È la dedica come omaggio per lo splin di Parigi. Non ci interessa saper il
destinatario.
Ha una forte musicalità, considerato manifesto per questo intersecarsi delle arti.
Testi sciolti, composto da tanti quadri intercambiabili.
Sfogliando un volume si ritrova a leggere di epoche passate trovando qualcosa di analogo alla vita
moderna, applicandolo (l’analogo) ad esso.
Due elementi:
- la musica come sostegno al linguaggio; la ricchezza fonetica delle assonanze, ritornelli
interni, consonanti e vocali (che è un linguaggio analogico di suggestione).
- L’idea che una grande città possa rivelare dei rapporti tra elementi molto diversi l’uno
dall’altro, come il vecchio saltimbanco alla fiera che viene visto come un poeta. Capacità di
creare rapporti, analogie, corrispondenze nella poesia per associazione, per un processe
che tende ad avvinare elementi apparentemente discordanti attraverso il linguaggio.
Lezione 9/10
Tutto ciò si collega al
SIMBOLISMO
Corrente poetica che si fonda sulla teoria delle corrispondenze
PASCOLI
Come entra in elezione con le teorie del simbolismo?
Com’era tradizione continui ad evitare l’innovazione?
Lessico sempre aulico vs nuovo contenuto
Con pascoli, con una raccolta del 1903 „canti di Castelvecchio“, qualcosa nella lirica Italia cambia.
Pubblicate questo, alcione D’Annunzio, le fiale di
Pascoli nasce nel 1855 ed è un autore di transizione, legato a uno e l’altro secolo, però con pascoli
qualcosa cambia.
Lutto, perdita del padre, deve reggere le sorti di una famiglia numerosa e nel corso degli anni perde
altre forme di riferimento. Allievo di Carducci, nel 1905 ha la cattedra di lettere classiche . Si lega a
movimenti socialisti, passa un periodo in carcere e poi si rifugia nel nido familiare.
Differenze con D‘Annunzio.
Muore 1912
L’ambiente è importante.
Prima raccolta di Pascoli è Myricae (1891). Raccolta che si incentra col paesaggio agreste, nulla a
che vedere con la città. È una riguarda che riguarda le piccole cose, i piccoli avvenimenti con un
tono non altisonante né eloquente. C‘è un tentativo di quotidianità, tono medio, poetica del basso
(non si cantano corti, damigelle, vestiti).
Si tratta di componimenti brevi, frammentari, talvolta sono componimenti dettati da illuminazioni
improvvise.
Non solo il lutto per la perdita del padre ma anche gli altri affetti con la famiglia e altri eventi familiari.
Il lampo – da Myricae
Descrive una scena notturna, pascoli in campagna e un lampo illumina il cielo.
Scena quotidiana, priva di contesto. Il poeta non ci dice dov‘è, non ci spiega gli elementi, spiega che
ce questa casa come tante illuminata dal lampo improvviso nella notte.
Contestò completamente anonimo, però oggi noi vendiamola. Conoscenza di questo testo perché
nell‘individualismo di pascoli ci dice che è importante questo testo.
Si tratta della velocità di un lampo, l‘elenco di aggettivi mima la rapidità, mima l‘apparire e lo sparire
della casa.
Riferimento con a una passante di Baudelaire. Significativa solo per l‘occhio di chi guarda, il lampo
e poi la notte.
È un quadro quasi impressionista.
Pascoli è un poeta simbolista perché una sezione di Myricae è intitolata „le gioie del poeta“, pascoli
ci dice ciò che il poeta deve fare e ciò che e contento di fare o che si accontenta di fare.
Testi meno noti ma che ci danno la visione del poeta.
Contrasto
Ritroviamo l’idea di sufficienza di prima
Costruito su due strofe che mette a confronto un modo e un modo di fare poesia
Prima strofa
Artista che attraverso materiali pregiati crea una bellissima fiala di vetro. (Attraverso materiali nobili
si forgia un oggetto). Una fiala che cambia colore che scintilla come un cielo primaverile (soleggiato
e poi pioggia —> gioco di colori che l’artista crea attraverso la manipolazione del reale.
Personaggio che se ne va e guarda la strada a testa china sui sassi e grazie a questi sassi crea
minerali preziosi.
Da una parte abbiamo oggetti nobili e materiali pregiati ma dall’altra parte si parte da qualcosa di
insignificante e lo si rende bello.
Il poeta è colui che riesce ad abbassarsi e raccogliere qualcosa di significativo solo per lui,
banalmente lasciato al caso e nobilitarlo con l’uso della parola.
Il primo artista è esibizionista, ma è facile ammirare un oggetto quando già in partenza è prezioso.
Il secondo artista, pascoli va a testa basta e sceglie qualcosa di umile. Il poeta trasforma qualcosa
di brutto in qualcosa di bello e può affinare e raffinare la realtà
Il lampo mostra la realtà immediatamente, diventa visione (capacità di vedere del poeta diversa
rispetto a quella dell’uomo comune).
Il poeta rivendica l‘inutile, l‘inoperoso. Un professore, un banchiere, non si stupisce di niente perché
sa tutto. Il contadino non ha il tempo per farlo, è operoso, è incalzato dal tempo e dalla necessità.
Ha un privilegio rispetto agli operai e di avere una disponibilità allo stupore.
Pascoli si riconosce il Belacqua, egli osserva i piccoli elementi della quotidianità e gli dà valore.
Rinuncia alla frenesia borghese, alla figura di vate (come d’annunzio). Rivendica l'individualismo,
cosa per lui è importante. Anche egli lascia la corona nel fango come Baudelaire e la lascia al
prossimo.
Dante non può essere favorevole a questo atteggiamento, Pascoli si con una prospettiva diversa.
Nell’”esperimento” lui costringe sua cugina a travestirsi con i vestiti di Carlotta trovati nell’armadio e
nel momento in cui la vede così gli parte un momento di passione e fanno l’amore sul divano degli
zii. Lei è contenta perché vede che lui è felice tanto che le fa indossare una vecchia collana di
Carlotta con tanti pendenti per ogni città visitata e, baciandole il collo, le disse che stava percorrendo
tutte le città
Lui quando si accorge di ciò che stava immaginando scoppia in una grassa risata perché gli fa ridere
il fatto che lei sta al gioco, sta facendo ironia su di lei e su sé stesso.
Nostalgia del tempo che fu. Ciò che stato è passato e non tornerà più come un tempo di gioia e di
semplicità, quando la vita corrispondeva alle cose.
Sente qualcosa che lo frena, la letteratura mentre il passato per lui è un epoca serena. È un
sentimento di non essere nato nel tempo giusto e di non appartenere al proprio tempo di mercato,
consumo, corsa al denaro, all’occupazione. La poesia è inutile e lui inizia ad avvertire un senso di
vergogna per la poesia.
Il sentimento è filtrato dalla letteratura, lo si esprime, viene rielaborato, razionalizzato, non è più
completamente spontaneo, tanto che uno dei tratti è “impossibilità di amare”. Lui ha tantissime donne
che lo rincorrono e lui dice che non può amare perché non è capace e non è sufficiente.
Lui ha cercato il suo vero amore che lo facesse sentire realizzato però ha avuto tante storielle che
non lo facevano sentire realizzato.
Testo “a un’ignota” lo invia a una donna che non ha mai visto di cui però tutti parlano e lui dice che
sarebbe stata l’unica donna che avrebbe potuto amare
Un’altra lirica è dedicata a una leggenda dell’isola fantasma. Indiana diffondersi questa leggenda di
questo la che viene identificata sulle mappe e ogni volta che i marinai tornavano per attraccare l’isola
non c’era più. “L’isola mai trovata” e gli dedica un testo è “la più bella” quella che si cerca sempre
ma che non si trova mai.
Gozzano è auto esplicativo.
Il commesso farmacista
Ci da l’idea di come le poesie di Gozzano mettano in scena molti personaggi con una storia.
Il commesso farmacista è un borghese, ha la bottega, si alza la mattina, apre la bottega, fa i farmaci,
attende i clienti. Il commesso ha subito un lutto, si doveva sposare e la promessa sposa muore di
tubercolosi. Lei lavorava (sarta) e apparteneva a quell’ordine sociale.
Lui paga le spese del funerale ma subisce questo lutto e questa tristezza il farmacista la esorcizza,
la elabora scrivendo poesie per la giovane promessa sposa perduta per commemorare quel
sentimento e quell’amore. Se non che il commesso farmacista non è un poeta ma un borghese e
l’esercizio letterario condotto senza strumenti e l’educazione del letterato porta a dei risultati ridicoli.
C’è un elemento in più: i brutti versi del commesso farmacista sono versi spontanei, genuini, dettati
da un sentimento vero che Gozzano non riesce a provare, sentire la realtà senza lo stile, la tecnica.
Pur brutti, quei versi finiscono per essere più degni del poeta stesso che in quel momento si ente lui
un venditore e un venduto, vende la sua arte, la abbellisce, la processa, lo rende appetibile per un
eventuale pubblico. Fa sentire Gozzano un po’ finto vs il povero commesso farmacista.
Testo
N.B. Nella signorina Felicita Gozzano si presenta non come poeta ma come avvocato (proprio per il
discorso che prova vergogna per la poesia)
La poesia era un qualcosa che inabilisce lo spirito, perché c’è troppa speculazione che ci allontana
dalla realtà, non ci fa godere le cose attorno a noi. Gozzano non apprezza le piccole cose del
quotidiano.
La malattia dell‘artista è simbolo della malattia mortale della poesia del mondo borghese, respinta,
rifiutata e negata. Si cerca un modo e una strada per proseguire questa vocazione.
Gozzano al trova contrapponendosi al modello di D’Annunzio. Mentre quest‘ultimo è colui che si
eleva e rifiuta la banaalità, la semplicità della vita di tutti i giorni, Gozzano ci cade dentro, ostenta
questo nuovo mondo e si maschera dentro (come nei panni dell‘avvocato) alla base di tutto ciò sta
la perdita dell‘aureola.
Se D’Annunzio contrappone la sua eccezionalità, il suo privilegio, l‘artificio la nobiltà che incanta la
banalità del mondo borghese, Gozzano al trova illusoria pretesa da parte di D’Annunzio,
rispondendo a tutto questo con l’uso dell‘ironia.
Lo scatto subito dal poeta a questo livello si riflette sia alla premessa dell’autoesilio sia alla rinuncia
di percorrere la strada che D’Annunzio sta percorrendo, la rinuncia al tentativo di essere un poeta
vate e allo stesso tempo la rinuncia di riscatto sul piano personale (incapace di provare un
sentimento vero)
È talmente estraniato dl proprio tempo che gli sembra di vivere una vita a metà, la promessa di una
felciità di realizzarla e arrivare a una realizzazione (la passante) promessa di eternità che si ferma
per un attimo e poi è destinato a fallire e ciò che rimane di fronte a questo fallimento è la nostalgia,
perché se fosse nato in un tempo giusto, momento diverso (x Gozzano nel 1850 quando ancora la
borghesia doveva ancora cambiare le sorti della civiltà), non qui ma altrove, non oggi ma in futuro o
forse in un passato perduto per sempre.
I personaggi di Gozzano
Carlotta, amica di nonna speranza
Poesia dei colloqui più famosa, intitolata “l’amica di nonna speranza”, una delle più famose perché
intreccia tutti i fili della poetica di Gozzano
Questo testo è considerato l’ emblema dello stile di Gozzano, stile fortemente narrativo.
Lui racconta delle storie. Avvicinamento tra lirica e prosa, tentativo di creare una congestione tra
generi che funzionano in maniera diversa.
È una poesia narrativa, botta e risposta, chiacchiere, stralci di dialogo senza risposta che mimano
una conversazione da salotto – i bei conversali di una volta (come li chiama lui).
Stile: abbassamento di tono, discorsività, mimare la rrealtà, nel concreto e nel banale. È una sorta
di romanzo
In questa poesia, Gozzano è a casa e trova un album di fotografia. In quest’album trova Carlotta
16enne e che Carlotta dedica alla sua amica speranza (nonna di Gozzano)
Nomi parlanti, lui fa molto speculazione sui nomi.
Carlotta dedica questa foto a nonna speranza e scrive sull’album “alla sua speranza la una Carlotta”,
le dedica la foto.
Lui vede la foto con delle signorine vestite a modo di quel tempo e comincia a fantasticare su come
fosse Carlotta nel 1850, immagina al vita della sua nona. E Carlotta in una società diversa rispetto
a quella in cui Gozzano si ritrova a vivere (commercialisti, farmacisti, notai, città industrializzata)
Invece Gozzano si fa un immagine di quella che era la società 60 anni prima di una società molto
meno intesa alala produzione, alla velocità, al bisogno di lavorare e produrre. Tanto che i genitori
delle due sono ricchi, vivono in una villa. Lui se la immagina popolata, che ospita delle celebrazioni,
bambini che corrono.
Lui fa un elenco di oggetti presenti nella villa che contrastinguevano il gusto dell’epoca.
- Ironia e nostalgia di Gozzano perché tutti questi oggetti sono distanti,sono oggetti desueti
che stridono nel presente
Lui si immagina la casa di Carlotta con gli oggetti tipici di quel momento (fotografie (matrimonio,
volti), quadri, riproduzioni, lampadari)
I.
II.
«E questa è l’amica in vacanza: madamigella Carlotta Dialogo in questo salotto villa nobiliare. Si comincia a
parlare di contemporaneità (politica, avvenimenti,
Capenna: l’alunna più dotta, l’amica più cara a Speranza.»
notizie, gossip)
Chiacchiere di conoscenza…
«Ma bene.... ma bene.... ma bene....» diceva gesuitico e tardo
lo Zio di molto riguardo «.... ma bene.... ma bene.... ma bene....
«Sì!» - «Pare che il cielo riveli più stelle nell’acqua e più lustri.
Inchìnati sui balaustri: sognarne così, tra due cieli....»
L’esperimento
Carlotta è una figura che Gozzano sogna nella vita che però non può avere.
Questa mancanza è alla base dell’esperimento.
Testo più ironico di tutte le poesie di Gozzano. L’esperimento consiste nel far trasìvestire la cugina
con i vestiti di Carlotta apre riscuotiate l’immagine. Gozzano vuole provare a raggiungere quel
desiderio, a soddisfare il desiderio: possedere Carlotta.
La scena si apre vedendo il nome di lei, la firma sul quaderno di quando andava in collegio.
L’evocazione del nome (oggetto: fotografia, firma) apre l’immaginazione.
17/10
L’ipotesi
Immagine femminile per eccellenza in Gozzano è Felicita. È un testo che precede la signora felicita
ed è dedicato a lei
Rappresenta semplicità, pudore, figura candida, figura femminile desiderabile e per questo
assomiglia molto a Carlotta, è una figura genuina.
L’amica di nonna speranza era un desiderio proiettato nel passato ma che non si può fare nulla,
questo invece è un desiderio proiettato nel futuro. Ci racconta una storia, una scena in cui bozzano
si immagina che guarito dalla tubercolosi invecchia. Nell’amica di nonna speranza cera un'immagine
di gioventù mentre ora abbiamo un'immagine di un gruppo di anziani. Lui viaggia per fuggire al
viaggio ultimo: la morte. Lei vive in un mondo di semplicità, cuce, canta, mentre lui è un borghese,
intellettuale. Vivono due realtà diverse, tant’è che quando lui chiede di sposarlo lei singhiozza perché
pensa sia poveretta per lui. Alla fine, lui se ne va.
L’ipotesi ha un altro tipo di conclusione, di futuro. Lui da giovane, nel momento in cui compone il
testo immagina di essere guarito dal viaggio alle Canarie ed è andato a ritrovare felicita. È tornato
da lei e i due hanno portato a compimento la promessa di matrimonio, si sono sposati, hanno vissuto
insieme e ora vivono la loro vecchiaia. In questa immagine iena di aver trovato quella felicità che
cercava in tutta la sua vita, che si trova nella figura di Felicita. Vive una semplice vita in campagna
a Torino, villa distante dal frastuono della città dove vive semplicemente con lei, gli basta questa
esistenza, è appagato. Si immagina appagato perché è il suo sogno, la sua ipotesi. Non c’è più
da faticare.
Si immagina una sera in cui è in compagnia di felicita e i suoi amici (sono i personaggi dei colloqui:
c’è il curato, il sindaco) e chiacchierano del tempo, sono nostalgici.
Ad un certo punto c’è un discorso in cui si parla del più del meno e si parla di Odisseo, re delle
tempeste, e felicita, immagina semplice, non è una donna colta, non ha mai studiato, è attaccata
alle piccole cose, al quotidiano e nella sua semplicità non conoscendo la storia ingenuamente
domanda chi fosse lui e cosa facesse.
E dopo qualche risata degli uomini colti e letterati, le raccontano la storia di Odisseo.
Qui tutto viene stravolto perché Ulisse viene immaginato come un contemporaneo, con le necessita,
propensioni e desideri di un personaggio del 1910. Non più un veliero con una grande nave in legno
ma Ulisse viaggia a bordo di uno yacht e si immagina che il percorso compiuto da lui sia un percorso
tra spiaggia e festaiole con cui Ulisse passa del tempo di qualità. Quando è arrivata la vecchiaia e
dopo essersi fatto perdonare da Penelope va alla ricerca della fortuna in America attraversando
l’Atlantico. Nella società moderna ce bisogno dei soldi, bisogna arricchirsi e cercare la fama.
La terra che vede non è l’America ma le porte del purgatorio e la nave sprofonda a testa in giu
andando all’inferno dove Ulisse giace.
Gozzano sta prendendo in giro D’Annunzio, perché poco prima aveva intrapreso un viaggio nelle
isole greche con uno yacht e per celebrare questo suo viaggio scrive una raccolta di liriche dove si
propone il nuovo Ulisse. Gozzano sta facendo una parodia di D’Annunzio.
Rapporto dei poeti con D’Annunzio
Come dante ha un ruolo nella poetica di pascoli (domande esame)
I.
Io penso talvolta che vita, che Che vita potrei avere se la morte (la signora vestita di nulla) non si stesse avvicinando
vita sarebbe la mia,
se già la Signora vestita di
nulla non fosse per via... Tranquillità, pacatezza, non leggere romanzi, aderenza alle cose (aspetti in comune che
riprendono l’amica di nonna speranza).
E penso pur quale Signora
m’avrei dalla sorte per moglie,
se quella tutt’altra Signora non
già s’affacciasse alle soglie.
Felicita prega, digiuna, canta, è fresca, vive felicità fantesca= da cameriera. Vive secondo il suo
nome, il nome di felicita come Carlotta a cui Gozzano ispira qualcosa di più (diversa da Elena muti
tipa di D’Annunzio). Nel nome di felicita lui trova la speranza di trovare la felicità (gioco di parole)
II.
III.
Sfioriti sarebbero tutti i sogni Casa sua era circondata da piante da frutto
del tempo già lieto 5 Quando si è vecchi non bisogna preoccuparsi di nulla, i figli hanno lasciato la casa e vivono la loro
(ma sempre l’antico frutteto vita. Ogni tanto scrivono per far sapere come va la vita
darebbe i medesimi frutti).
Da me converrebbe il Curato,
con gesto canonicale.
Sarei - sui settanta - tornato
nella gioventù clericale,
V.
VI.
Si cenerebbe tranquilli
dinnanzi alla casa modesta 5
nell’ora che trillano i grilli, che
l’ago solare s’arresta
23/10
La storia di Totò
Lui abita in una villa (primo elemento che ci fa capire che e un altererò di bozzano è che la villa è
del nonno di bozzano), splendida, molto frequentata dall elite della società del 1850 e che adesso è
una villa in decadenza nella periferia torinese. Quest villa è invecchiata, morto il nonno è disabitata
per molti anni e dopo vari anni toto ci è tornato a vivere,dopo che ha attraversato questa disillusione
della vocazione letteraria.
Lui dopo anni di studi doveva andare a lavorare ma che non ripagava. Nella società borghese e
moderna non è ne una professione di prestigio ne remunerata.
Quando lui si trova a scegliere tra il lavoro vero e la vocazione poetica e Totò sceglie l’esilio. Lui si
chiude in questa villa vivendo una vita semplice consumando il denaro che aveva. Disposizione dalla
famiglia e viveva una vita inoperosa scrivendo versi solo per se stesso (versi consolatori).
In questo toto presenta un’immagine dell’auto esiliato, rinuncia a vivere la vita che ci si aspetta da
lui (ossia una vita operosa, intenta al commercio, bottega… una vita vera!)
Tutti i sogni di Totò si infrangono. Vive una vita triste.
Qui bozzano scrive il percorso di rinuncia di Totò ma anche….?
Ma dove in altri tempi giungeva Casa Ansaldo, Mentre arrivavano le carrozze delle casate, dei
Casa Rattazzi, Casa d’Azeglio, Casa Oddone, nobili alla villa, adesso arriva un’automobile (1911),
s’arresta un automobile fremendo e sobbalzando, e bussano alla porta. Qualcuno va ad aprire, si
sente un passo (animale domestico).
villosi forestieri picchiano la gorgòne.
La porta si schiude e la gente vede che vive Totò e
vede una amsdre malata, zio demente = famiglia
S’ode un latrato e un passo, si schiude cautamente con cui Totò vive.
la porta.... In quel silenzio di chiostro e di caserma
vive Totò Merùmeni con una madre inferma,
una prozia canuta ed uno zio demente. Descrizione Totò
III.
La vita ha tolto a Totò tutte le speranze che
sognava da giovane (attrici, principesse slave
forestiere esotiche) e ora le relazioni uniche che
La Vita si ritolse tutte le sue promesse.
Totò intrattiene è una frequentazione con questa
Egli sognò per anni l’Amore che non venne, 18enne che vive nella casa.
sognò pel suo martirio attrici e principesse,
ed oggi ha per amante la cuoca diciottenne.
= scena di purezza e gioventù che è densa di
significato.
Intrattengono una notte d’amore. Felicità
Quando la casa dorme, la giovinetta scalza, quotidiana.
fresca come una prugna al gelo mattutino,
giunge nella sua stanza, lo bacia in bocca, balza
su lui che la possiede, beato e resupino....
Tenerezza e lato tragico. Idea rinuncia, imposbilità ad amare, svolgersi della storia, mettere
vari personaggi, immagine della scimmia, tema impossibilità del lavoro, concretezza della
moneta e lavoro vs ciò che non e spendibile (letteratura, poesia) ciò che fa ridere i borghesi.
Elenco di arredamento, c’è una volpe che fa da soprammobile, ci sono delle stampe dell’uccisione
del Dürer, malinconica, soggetto che si tiene la testa sul mento, tutta l’atmosfera assume connotati
magici, onirici. C’è profumo di sigarette egizie, essenze, diventa antro della sibilla il salotto di Marta.
Lei ha un tagliacarte e sta tagliando le pagine di un libro.
Gozzano preso da questo ambiente onirico comincia a fantasticare domandandosi qual è il libro che
occupa così tanto Marta.. quel libro è un po’ il libro degli oracoli, una volta aperto potrebbe dire cosa
succederà, qual è il destino di gozzano.
Lui parla da solo, come se parlasse con Marta ma Marta non lo guarda e comincia a lamentarsi della
sua impossibilità di amare. Scocca la mezzanotte (l’ora delle fate)
Il responso. Descrizione casa
Scena inizia in medias res, la scena diventa
fantastica a partire dell’arredamento
«Or vado, Marta; suona la mezzanotte...» O casa Scocca la mezzanotte, ci sono oggetti particolari:
di pace, o dolce casa di quell’amica buona... fiori, carte, volumi, stampe, volpe col naso allinsù.
Profumo (nell’ipotesi si parla del profumo della
cucina, in felicita che lo riporta a quando era
L’alta lucerna ingombra segnava in luce i rari bambino ed essenze parigine, esotiche)
pizzi dei suoi velari, ergendosi nell’ombra 4 Ha una tunica, è una specie di divinità.
Sotto quella chioma (ha i capelli raccolti)
come un piccolo sole... Durava nella stanza
l’eco d’una speranza data senza parole.
Perchè, Marta, non sono cattivo, non è vero? Sentiva di amarle tutte ma non è cattivo perché non
O Marta non è vero, dite, che sono buono? sente un sentimento. Lui sente un sentimento di
tenerezza che le fa amare tutte. Pensa che con
questa dichiarazione ingenua adolescente pensa
Tutte, persin le brutte, mi danno un senso lento che Marta si metta a ridere. “Cosa vuoi che sia
di tenerezza... Sento» — risi — «di amarle tutte! 56 ingannare una giovane”
Nb. Ha in mano un coltello
Non sorridete, Marta?» Non sorrideva. Udivo
Forse gli può dire la verità.
soltanto il ritmo vivo del ferro nella carta.
Gozzano è un serpente che si morde la coda in chiave onirica, racconto di una scena, uso del
dialogo, tema: imposbilita di amare per eccesso di intellettualismo, tragicità mascherata da comico
che poi esplode nella morte ?
Non è solo ironia, ma non è solo ironia.
“Non sono cattivo” agisce in gozzano stesso, gioca con i suoi testi (viene anche dal testo di prima di
Totò)
i.
Signorina Felicita, a quest’ora
scende la sera nel giardino antico --> Atmosfera serale nel giardino, descrizione della casa dove
3della tua casa. Nel mio cuore amico i due si sono conosciuti. Era una villa di splendore con un
scende il ricordo. E ti rivedo ancora, vasto giardino, alberi da frutto, poltrone eleganti...
e Ivrea rivedo e la cerulea Dora
6e quel dolce paese che non dico. Splendore della vitalità di ieri VS Malinconia del ricordo
ii.
Quel tuo buon padre - in fama d’usuraio -
quasi bifolco, m’accoglieva senza --> Il padre persegue il proprio utile nell’ambito lavorativo
3inquietarsi della mia frequenza, e finanziario. L'ipotecario è morto e la famiglia di Felicita
mi parlava dell’uve e del massaio, rischia la bancarotta. Il padre chiude un po’ l’occhio per la
mi confidava certo antico guaio frequentazione della figlia perché l’avvocato l’avrebbe
6notarile, con somma deferenza. aiutato con la burocrazia.
iii.
Sei quasi brutta, priva di lusinga --> Felicita non rispetta i canoni di bellezza dell’epoca; passa le
nelle tue vesti quasi campagnole, giornate facendo faccende di casa. Ha i capelli d’oro raccolti
3ma la tua faccia buona e casalinga, in piccole trecce; riferimento alla bellezza fiamminga, dove le
ma i bei capelli di color di sole, donne venivano rappresentate in ambienti domestici.
attorti in minutissime trecciuole,
6ti fanno un tipo di beltà fiamminga....
Vedevo questa vita che m’avanza: --> Mentre ricorda la morte vicina, si consola con la visione di
chiudevo gli occhi nei presagi grevi; Felicita.
57aprivo gli occhi: tu mi sorridevi,
ed ecco rifioriva la speranza!
v.
Ozi beati a mezzo la giornata,
nel parco dei Marchesi, ove la traccia
3restava appena dell’età passata! --> Età passata, ricordo, desiderio di vivere qualcosa di genuino
Le Stagioni camuse e senza braccia,
fra mucchi di letame e di vinaccia, --> La distanza mentale si corona con quella fisica con la partenza
6dominavano i porri e l’insalata. di lui alle Canarie.
vi.
Tu m’hai amato. Nei begli occhi fermi
luceva una blandizie femminina;
3tu civettavi con sottili schermi, --> Gli occhi di Felicita emanano una certa luce quando guarda
tu volevi piacermi, Signorina; Gozzano. Modi di fare >>> Bellezza fisica
e più d’ogni conquista cittadina
6mi lusingò quel tuo voler piacermi!
Ed io non voglio più essere io! --> Desiderio di fuga dalla malattia. Felicita è la sua medicina.
vii.
viii.
6/11
Crepuscolari
Dal clown tragico al “saltimbanco dell’anima mia”
(tra crepuscolari e futuristi)
Corrado Govoni
Parliamo di pagliacci, saltimbanco
Governi è l‘opposto
Per lui, i pagliacci, i clown cominciano ad assumere una maschera tragica, sono l’esempio vivente
di quel vecchi saltimbanco di abudelarie che rappresentando idealmente il poeta decaduto ad
esprimere una decadenza di una condizione.
Il poeta inizia a sentirsi un pagliaccio, un fenomeno da baraccone, che vende la sua arte per farne
spettacolo
Quest’idea interagisce profondamente con l’immaginario di Govoni
Nel primo testo troviamo l’immagine di una musa che è completamente stravolta, una musa nobile,
pura, austera, ben vestita che ispira bellezza al poeta. Questa è una musa che non ha niente a che
vedere con tutto ciò
Stessa espressione am diverso approccio di palazzeschi, il tema del carnevale, dei salti in banco
assume una sfumatura di piena gioia, piena risata, piena positività.
È interessante che attraverso un unico tema due autori affrontino le condizioni del poeta nel
contemporaneo.
Govoni lo fa da un pov tragico, macabro (gli aborti: prima pascoliano e po in debito con la
scapigliatura) mentre palazzeschi usa l’immagine del buffone (in cui lui stesso si tara) per dar Euro
schiffo al poeta della modernità in un poeta quasi di derisione. Si sta facendo di questo poeta
(buffone) un’arma.
„Voi mi avete dato del pagliaccio e adesso guardatemi esibire)
Govoni, in questa versione quasi violenta di palazzeschi, troviamo già dei punti e dei segnali
dell’arrivo del futurismo.
Testi pubblicati prima della pubblicazione del manifesto futurista del 1909 però già si inizia ad
alludere.
Nei testi di Govoni troviamo
- Malinconia crepuscolare: d’eliminazione più in minore del dettato poetico, più oscura e allo
stesso temp una violenza espressiva che avvina Govoni al futurismo
- Tradizione la musa classica profondamente dissacrata
- Tutto ciò ruota attorno al tema della prostituzione della poesia di fronte alla società
borghese (quando si leggono i testi si vede il vecchio saltimbanco di audelaire)
Da i fuochi d‘artifizio
Pierroto è la maschera in cui i poeti si rivedono
(Faccia bianca occhi molto neri)
Immagine di un smalto (tubercolosi è la malattia per eccellenza dei crepuscolari, che impedisce la
presa di potere nella propria vita, una tempra forte)
Maschera di carnevale, la maschera declinata in chiave magica e funziona a tutti gli effetti come
altererò del poeta
Il poeta è un vecchio pagliaccio caduto in decadenza, deve far divertire e dire le cose che piacciono
al pubblico.
Ciclo di poesia in cui le maschere vengono di nuove riscritte, riscrittura della tradizione e vengono
declinate secondo il amcabro la violenza che poi verrà descritta negli aborti
Colombina diventa una prostituita
Pierroto tisico
La gran mascherata
Carneval-Funeral
Il testo mette insieme antitesi per cui Govoni trasforma la gioia in tragica decadenza
Nei primi versi fa riferimento a un convento (immagine crepuscolare, solitudine, castità, purezza, lo
stare al i cuore, beatitudine che sta ai conventi) e viene messa insieme ad altri due versi della prima
strofa dell’ultima quartina che ci ricordano il bolide. Non hanno niente a che vedere le due quartine
insieme. La terra è una palla che ruota senza una direzione ne un ordine, in preda al caos, però
pascoli pensava quest’immagine nel finale del bolide (ammasso di roccia che ruota perduta nella
galassia9 lo sguardo di Govoni descrive l’immagine del poeta maledetto.
Chi sono?
Son forse un poeta?
No, certo.
Non scrive che una parola, ben strana,
la penna dell'anima mia:
5 "follia".
Son dunque un pittore?
Neanche.
Non ha che un colore
la tavolozza dell'anima mia:
10 "malinconia".
Un musico, allora?
Nemmeno.
Non c'è che una nota
nella tastiera dell'anima mia:
15 "nostalgia".
Son dunque... che cosa?
Io metto una lente
davanti al mio cuore
per farlo vedere alla gente.
20 Chi sono?
Il saltimbanco dell'anima mia (mi vendo, sono il vostro pagliaccio, sono quello che
vi fa ridere)
Tutto ciò che rimane al poetaè. Ridere, fare ridere, essere pagliaccio.
Palazzeschi prova a rispondere della propria direzione: cosa resta da fare ai poeti? Rideee di fronte
al dolore, di fronte alla aparalisi ma non è quella rista a mezza bocca di gozzano
In palazzeschi è pura aggressione, schiaffo società e ribellione nel suo essere attore di se stesso
Il poeta si diverte,
pazzamente,
smisuratamente!
Non lo state a insolentire,
lasciatelo divertire
poveretto,
queste piccole corbellerie
sono il suo diletto.
Cucù rurù,
rurù cucù,
cuccuccurucù!
Farafarafarafa,
tarataratarata,
paraparaparapa,
laralaralarala!
Bubububu,
fufufufu.
Friu!
Friu!
bilobilobilobilobilo
blum!
Filofilofilofilofilo
flum!
Bilolù. Filolù.
U.
Aaaaa!
Eeeee!
Iiiii!
Ooooo!
Uuuuu!
A! E! I! O! U!
Ma giovanotto,
ditemi un poco una cosa,
non è la vostra una posa,
di voler con così poco
tenere alimentato
un sì gran foco?
Huisc...Huiusc...
Huisciu… sciu sciu,
Scikoku… koku koku
Sciu
Ko
Ku.
Labala
falala
falala
eppoi lala…
e lalala lalala.
Ahahahahahahah!
Ahahahahahahah!
Ahahahahahahah!
Palazzeschi è a una festa, sis ente male e va fuori in giardino. Ha un malessere psicologico. Sente
delle voci e sono dei fiori, aiuola di fiori che gli parla. Simile a alice nel paese delle meraviglie però
ogni fiore anziché antipatici fanno pettegolezzi sugli altri fiori. Ci si trova in questo giardino di orrore,
di squallido, di scena di bassezza totale.
L ortensia è un oca
Il giglio pensi sia puro però è pederasta
La Rosa rivendica la sua professione (prostituta) ecc