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Appunti, manuale e ossi di seppia (x esame)

Rapporto dei poeti con D’Annunzio


Come dante ha un ruolo nella poetica di pascoli (domande esame)
Esame: una domanda aperta, testo da commentare
19/01 15:30-18:30 primo appello T6
12/02 15:30-18:30 secondo appello T6

La lirica ha un linguaggio e una forma diversa dalla prosa. La lirica è un genere alto; la prosa è di consumo,
meno nobile della lirica. (Spreme=speranza; cor=cuor). Questo è il pensiero fino al 900. Il sonetto è una
forma metrica canonizzata aulica.

Carducci poeta vate, classico, dei greci e dei latini, poeta politico, civile che intrattiene un dibattito sociale
italiano, più canonizzato, aulico e alto possibile.
Govoni è diverso

Carducci – alla stazione in una mattina d’autunno.


X accompagna Lidia a prendere il treno alla stazione di Bologna. Lei parte, e per partire deve compiere una
serie di operazioni: compra il biglietto, lo convalida, ci sono i controllori. Siamo in stazione, c’è il treno, la
locomotiva.
Nel 1877 è ancora importante Carducci perché non nomina mai questi elementi nella poesia. La poesia non
può dire “biglietto”, perché in Italia c’è uno stile aulico ed elevato. Quindi come si fa?

Mentre timbra la tessera è come se stesse consegnando se stessa, i suoi ricordi degli anni della giovinezza
che non torneranno più
Abbiamo controllori, vigili incappucciati di nero, che si muovono nel buio e mazze di ferro (manganelli) che
si muovono come degli spettri, sembrando una processione funebre.
Tutto è enfatizzato per un pov che rimane sempre aulico e classico.

La poetica italiana fino all’800 si fa così: utilizza un lessico in un certo modo.


Non nomina il nome di Lidia nella scena in cui lei scompare.

Guardare e capire con gli occhi di un poeta del periodo, non con i nostri.
Lezione 26/09/2023 – lirica del secondo 800, ribellione alla tradizione. Il 900 e
Baudelaire.

La poesia “alla stazione in una mattina d’autunno”ispira ideale, che si occupa di oggetti nobili e se
non nobili, che li nobilita.

In Italia incontriamo due modi di fare poesia opposti. Da un lato Carducci, un poeta vate, dall’altra
gli scapigliati.

LA SCAPIGLIATURA
Emilio Praga e Arrigo Boito sono due capostipiti di questo movimento la scapigliatura e incarnano il
decadentismo.
Emilio Praga introduce in poesia argomenti, temi, soggetti di cui prima non si poteva parlare e lo fa
con l’obiettivo di scandalizzare i borghesi. Temi scandalizzanti, misogini. !!!Borghesi nuova
classe sociale associata a Baudelaire
Si ribellano rispetto alla tradizione lirica.
Tratta di temi violenti, macabri, spesso misogini per scandalizzare i borghesi. Il soggetto per
eccellenza della lirica, il soggetto amoroso, subisce una scossa. Non è più Laura, una donna
angelo che avvicina al divino; viene completamente spazzato via. Inoltre, per scandalizzare i
borghesi, il meccanismo che si attiva è quello dell’invettiva con quel soggetto femminile, da parte
del poeta. Questo soggetto può essere accusato di non essere leale o fedele e il poeta si sente
autorizzato a inveire contro la donna amata o la controparte femminile.

Carducci ≠ Praga

Opera di Praga postuma. Interlocutore è la donna.


Le sta augurando che dopo la morte, quando sarà ormai nella tomba, lei ripensi ad aver tradito il
poeta e di avergli mentito.
Non la sta elogiando, le sta dicendo “oh bugiarda, mi avevi promesso che saresti stata al mio
fianco, non hai mantenuto questa promessa” e per questo scatta l’invettiva del poeta.
Strutturata in maniera violenta. Le sta dando della poco di buono.
Il testo si chiude con questa profezia che dopo aver provato quel rimorso i vermi possano divorarle
il corpo. Cosa che Carducci non avrebbe mai scritto.
Aggettivo stecchita abbassa il livello di aulicità perché è quasi a livello parlato. Cranio non ha nulla
di lirico, aggettivo concreto che rimarca la concretezza del testo.

EMILIO PRAGA
PENOMBRE, 1864

Vendetta postuma

Quando sarai nel freddo monumento


immobile e stecchita,
se ti resta nel cranio un sentimento
di questa vita,

ripenserai l'alcova e il letticciuolo


dei nostri lunghi amori,
quand'io portava al tuo dolce lenzuolo
carezze e fiori.

Ripenserai la fiammella turchina


che ci brillava accanto;
e quella fiala che alla tua bocchina
piaceva tanto!

Ripenserai la tua foga omicida,


e gli immensi abbandoni;
ripenserai le forsennate grida,
e le canzoni;

Ripenserai le lagrime delire,


e i giuramenti a Dio,
o bugiarda, di vivere e morire
pel genio mio!

E allora sentirai l'onda dei vermi


salir nel tenebrore,
e colla gioia di affamati infermi
morderti il cuore.

A partire da questi due testi è inteso come a partire dagli anni 60 dell’800 avveniva dei
cambiamenti nella poesia. Questa seconda raccolta poetica di Praga. La prima si intitola tavolozza
del 1982 nella quale scrisse una ballata alla luna dove canta asco lirico per eccellenza e non ha
niente a che vedere con questa seconda raccolta.
Nel 1864 compare un’altra lirica specie ballata dove la luna viene definita come meretrice, definita
come una prostituta.
In questi anni i poeti italiani giocano a fare i poeti maledetti.
Praga muore alcolizzato a quasi 50 anni.

Negli anni 60, in Italia comincia a parlarsi di una raccolta poetica importante dei fiori del male di
Charles Baudelaire.
Nel secondo 800 il dibattito culturale in Italia avveniva tramite riviste letterarie. Ci sono molti
periodici nei quali gli intellettuali intervengono e dibattono tra di loro, anche in modo molto violento.
Si pensa che il problema di questa poesia è morale, non insegna nulla e c’era bisogno che
insegnasse qualcosa. Ci si chiede se l’arte ha il fine di insegnare qualcosa o se è semplicemente
arte. TEMA MOLTO DISCUSSO

Carducci rappresenta la sanità della lirica ed è attivissimo a livello civile. Quando lui lesse i testi
degli scapigliati si arrabbiò moltissimo. Lui pubblicò un intervento chiamato “10 anni a dietro” sulla
rivista il “fanfulla della domenica” perché vuole parlare dei testi degli scapigliati (quindi Praga,
ormai morto).
Infatti, si chiama dieci anni a dietro perché vuole discutere sulla poesia fatta negli anni 60.

Carducci, Dieci anni a dietro (1880):

Parliamo anche di Emilio Praga, il quale nel ’70 aveva già, si può dire, compiuta la sua ascensione in poesia. Quelli che allora
affettavano non parlarne, quelli che inorridivano alle sue stramberie […], quelli ora vociano innanzi a tutti e più di tutti il realismo
e la originalità sconfinata di Emilio Praga. Povero Praga, realista lui? […] coi languori delle fantasticherie, con la vaporosità della
linea, con la indeterminatezza dell’espressione, con l’astrattezza e la stranezza bizzarra e senza scopo delle metafore? Egli nella
terza generazione dei romantici fu il poeta più di tutti; ma in lui più di tutti covò la malattia ereditaria, sin che scoppiò d’un tratto
in quel temperamento amabilmente femmineo, e fu un filo fulminante. L’originalità del Praga! Sì, certo, il Praga ebbe una
originalità, ma non quella che dite voi! Avete letto Vittore Hugo, il Heine, il Baudelaire? Ma quello che voi nelle poesie
del Praga proclamate di più era già nell’Hugo, nel Heine, nel Baudelaire. […] Ma del Baudelaire ripete non pure le
innaturalezze e le irragionevolezze delle imagini e delle espressioni cercate ad effetto, non pure le bruttezze stupide
(dico così, perché proprio così), ma le mosse e le flessioni del verso, ma i metri ed i ritornelli. Quello fu il periodo acuto
della malattia.

Praga è morto, c’è qualcuno che lo vorrebbe riabilitare. Quando, invece, lui era in vita molti
sostenevano che Praga scriveva stramberie terribili; dopo la sua morte, la gente iniziò a pensare
che fosse originale e Carducci inizia ad attaccare.
Il germe, la malattia era il pericolo dell’imitazione che poteva occorrere in Italia dovuto agli
scapigliati e soprattutto Praga che cercava di imitare Baudelaire.

CURIOSITÀ
(Libro citato dalla prof) Bloom costruisce la teoria della storia letteraria tale per cui i poeti si
dividono in due categorie:
- poeti forti: modelli formativi, nel secondo ottocento italiano Carducci
- poeti deboli: poeti giovani, che iniziano dopo e si trovano alle spalle nei giganti.
Com’è possibile farsi strada nell’elitè dei letterati di quella portata? Per diventare un poeta
forte devo trovare un modo per relazionarmi con la tradizione.
Es. Se D’Annunzio è stimato significa che funziona, quindi devo assomigliare a lui;
altrimenti farò l’atto contrario, per non essere schiacciato dall’influenza di D’Annunzio
cercherò di scrivere nella maniera più possibile diversa dal suo modo, cercando di farmi
strada così.

Tentativo di Praga è di scrivere i suoi “fiorellini poetici” tenendo conto che Baudelaire verrà
ricordato come un grande maestro e Praga no!
Baudelaire
Alcolizzato, ha avuto molte donne nella vita, era in bolletta, escluso dalla società e dalla famiglia
stessa perché inizia a frequentare circoli letterari parigini in cui si consuma l’oppio. Ha modi strani,
la passione per il bizzarro (es. si tinge i capelli di verde)
Lui è un personaggio che non sembra appartenere a quella realtà.
La capitale francese è ormai abitata dai borghesi e questo cambia tutto per quanto riguarda la
poesia lirica.
Un altro elemento che ha creato moltissimo scandalo all’epoca è della compagna di Baudelaire;
egli ha avuto molte relazioni, anche con donne molto più grandi di lui, però una in particolare fece
scandalo. Parliamo Della relazione con Jeanne Duval, crea scandalo perché è cleola (mulatta), per
la quale arriva ad indebitarsi. Attraverso i fiori del male, lei porta una nuova estetica del mondo
femminile. Se prima si caratava la purezza del femminile, che avvicina al divino, ora si parla del
terrestre, del materiale, del sensuale e Baudelaire non ha paura nel farlo. Ha una bellezza esotica
e diversa dal canone. Infatti, lui parla molto dei capelli di lei, così scuri e neri da paragonarli al
mare. La rappresenta in alcune opere come una sfinge, un gatto, e in un'opera i augura di trovarla
un giorno nuda con un sacco di gioielli sfarzosi addosso.

Les Fleur du mal – 1857


Dopo due mesi dall’uscita viene condannata a processo al tribunale di Parigi perché ritenuta
immorale. È un libro che insegna ai giovani che non hanno esperienza per leggere con un criterio
quello che Baudelaire scrive e i giovani potrebbero essere tranviati perché lui scrive male cose.
Lui deve dimostrare davanti al tribunale che il suo libro non è immorale. Ma non ce la farà anzi, la
condanna dei fuori del male lo traumatizzerà. Il tribunale decise che lui doveva pagare
un'ammenda e anche l’editore e soprattutto la censura, perché 6 testi vengono obbligatoriamente
cancellati dalla raccolta.
Viene pubblicata la prima edizione e poi censurata e la seconda edizione verrà pubblicata priva di
questi 6 testi. Uno di questi testi, “donne dannate”, parlava di Delfina e Ippolita che intrattengono
un amore tra due donne.

CURIOSITÀ: Inizialmente lui non sapeva che nome dare alla raccolta. Lui sta pensando al titolo e
un suo amico gli consiglia “pilimbi(???)” o “le lesbiche”

Nel 1861 esce la seconda edizione epurata da quelle 6 opere censurate con l’aggiunta di una
sezione chiamata “i quadri di Parigi”. Questa sezione è importante perché aggiunge
un’innovazione a una importantissima raccolta baudelairiana perché la grande città entra in un
libro di poesia. Baudelaire canta in lirica la metropolitana di Parigi.
(≠ Carducci paesaggi marini, campestri, soggetti latini, greci…)
Inoltre, gli studiosi fanno un parallelismo tra Baudelaire e leopardi perché hanno degli elementi in
comune anche se i due non si conoscevano.

Questa nuova realtà spaventa il poeta. Per la prima volta il poeta si trova immerso in una realtà
che è densamente popolata; nelle grandi città si parla della folla in cui ci si sente degli estranei in
cui si vedono persone che non si rivedranno più, in cui i rapporti sociali cambiano.
Leopardi è nobile e Baudelaire vive in situazioni precarie per tutta la vita e si ritrova a
(soprav)vivere nella società borghese.
È una nuova generazione che ha a che fare con il capitalismo perché si etra nel mondo della
merce. Tutto è mercificato. La riflessione di Baudelaire gira molto attorno a questo.
Quando si arriva a un degrado sociale del genere, ciò che conta è il denaro, è arrivare al giorno
dopo e anche l’arte viene degradata a merce, vende per guadagnarsi il pane, perché non ha altro
da vendere se non questo, se non la propria arte. Ma chi compra poesia? Nessuno.
È il momento in cui l’artista comincia a mettere in crisi il proprio statuto: che utilità ha scrivere versi
in un mondo così, in questa società, in questa grande città?
La vita del poeta in epoca borghese e moderna è una vita di esclusione, di frustrazione, di
incomprensione.la grande città ha cambiato tutto.
(D’Annunzio insegue ancora il sogno del grande vate)

La città come cambia le sorti dell’arte contemporanea? Cambia a livello del soggetto: si canta di
Parigi, di incontri, apparizioni.
Questo vagare di Baudelaire senza meta, andare a zonzo come un vagabondando, e questo
movimento assume il nome di Flanerie e Baudelaire assume l’aspetto di un Flaneur
(passeggiatore, perditempo).
In questa dinamica di passeggio si muove Baudelaire.
Uno dei testi più famosi in cui si parla della città e cosa implica a livello poetico è un sonetto
intitolato “a una passante”

À une passante
La rue assourdissante autour de moi hurlait.
Longue, mince, en grand deuil, douleur majestueuse,
Une femme passa, d'une main fastueuse
Soulevant, balançant le feston et l’ourlet;

A UNA PASSANTE
Agile et noble, avec sa jambe de statue.
attorno a me urlava la strada assordante. Alta, sottile, in lutto stretto, maestosa nel suo dolore,
Moi,
una donna passò, sollevando con la mano superba il festone e l'orlo della gonna;
je buvais, crispé comme un extravagant,
Dans son oeil, ciel livide où germe
era così agile e nobile, con la sua gamba statuaria... Io bevevo, teso come un folle, nel suo
l'ouragan,
occhio, cielo livido in cui nasce l'uragano, la dolcezza che incanta e il piacere che uccide.
La douceur qui fascine et le plaisir qui tue.

Un lampo... poi la notte! - O fugace bellezza, il cui sguardo m'ha ridato improvvisamente la
Un éclair... puis la nuit! —
vita, non ti rivedrò che nell’eternità?
Fugitive beauté
Dont le
Altrove, ben lungi da qui, tardi, troppo tardi, forse mai ! Io non so dove fuggi, tu ignori dove io
regard m'a fait soudainement renaître,
vada. O te che avrei amato, o te che lo sapevi!
Ne te verrai-je plus que dans l’éternité?

[trad. di Attilio Bertolucci]


Ailleurs, bien loin d'ici!
trop tard! jamais peut-être!
Car j'ignore où tu fuis, tu ne sais où je vais,
Ô toi que j'eusse aimée, ô toi qui le savais!

Questo testo appartiene alla sezione “i quadri di Parigi” del 1861 e che scardina la figura del soggetto
femminile della Laura di Petrarca o della Silvia di leopardi.
La differenza dalla tradizione si nota dal fatto che qui la donna cantata è sconosciuta.
Tradurre in italiano i fiori del mare era ritenuta un’impresa impossibile, tant’è che ci hanno provato
tutti. Nonostante il contenuto sia originale la forma è classica. Questo è un sonetto di quartine di
alessandrini (verso illustre della tradizione francese). Il corrispettivo italiano è l’endecasillabo (come
la divina commedia), al massimo settenario. La forma illustre italiana è la canzone o il sonetto.
L’alessandrino ha 13 sillabe, l’endecasillabo 11. Quindi se vogliamo mantenere nobile lo statuto
baudelairiano traducendolo in lingua italiana dovremmo tradurlo in endecasillabi. Il problema. È che
tredici sillabe non ci stanno in undici. Però mancherebbe qualcosa che non possiamo aggiungere e
per questo è nato un dibattito tra i poeti traduttori: alcuni non volevano perdere l’illustre della poesia,
quindi, l’avrebbero tradotta in italiano in endecasillabi. Il sonetto, invece di avere 14 versi, il sonetto
ne aveva 17; da un lato si recuperava la tradizione illustre del verso, dall’altro la buttavamo via
perché la forma era difettata.
Secondo altri il verso era recuperabile, l’alessandrino non si poteva ridurre ad endecasillabo; quindi,
si traduceva in italiano con il doppio settenario che ha la stessa misura (13-13).
Altri, invece, hanno gettato la spugna.
FORMA
Nella prima quartina c’è un verso diverso dagli altri. Infatti, il primo verso coincide con il periodo
(punto). Gli altri tre versi proseguono con un discorso.
Noi ci rendiamo conto di essere a Parigi. L’unica informazione contestuale sull’ambiente in cui siamo.
Da per scontato di essere in un ambiente metropolitano, caratterizzato dal rumore. È una strada che
urla (personificata) ed è assordante che ci permette di definire com’è la scena. Tuttavia, è l’unico
verso che ha un punto fermo, quindi, viene in qualche modo evidenziato dalla sintassi.
In medias res fa un’apparizione una donna che passa. Però è strano l’anonimato di questa signora:
non ci viene detto come ha i capelli, di che colori ha gli occhi, di che colore è l’abito; sappiamo solo
che fa un gesto, quello di sollevare una gonna. Immaginiamo una gonna che è lunga fino ai piedi e
mentre sta passando (in velocità) si solleva la gonna. Di nuovo, l’unico elemento e gesto che compie
la donna è funzionale a dirci: siamo a Parigi. Un fan (??) = donna anonima. Di questa donna
sappiamo solo che è in lutto: non sorride.
Unico elemento che la distingue da tutte le altre fam (donne) che stanno passeggiando a Parigi.

Seconda strofa
È uno sguardo che colpisce, potente, sguardo da cui si può generale una tempesta. Il cielo è scuro,
non è soleggiato.o radioso che allo stesso tempo può operare in modi distinti: può incarnare la
dolcezza con il femminile o uccidere. C’è qualcosa di contraddittorio, di non lineare, non c’è nulla di
tranquillizzante. Il poeta infatti reagisce con la finzione.
All’incontro sussegue la sparizione
Intravista per caso nella folla di Parigi, un elemento contraddittorio è questa donna che è riuscita ad
attirare l’attenzione scompare improvvisamente e non si rivedrà più; che per un attimo ha restituito
la vita a questo Flaneur (passeggiatore) malinconico che si sente esiliato dal mondo, dalla società
borghese. Questa fugace bellezza se n’è andata per sempre e non la rivedrà più se non nell’aldilà
della vita.

Dichiarazione finale
Io ti avrei amato e so che anche tu avresti anche amato me. Ti avrei amato e lo sapevi. Un lampo
che si spegne e dopo si perde.

Il problema che la modernità infligge all’amore.


In poesia l’amore è un sentimento di pienezza e di realizzazione, completezza e ricerca che si risolve
nella consapevolezza della perdita. Quel famoso avvicinamento al divino non si vedrà più, non ci si
sentirà più risolti, che ci dia un senso di divinità, di raggiungerla per completarsi.

Più che parlare delle grandi città, questo sonetto parla dell’epoca moderna, dei tempi in cui si
comincia a percepire di quella consapevolezza e comprensione di perché si è qui e dove si sta
andando. Si è soli: c’è la consapevolezza che l’altra parte non c’è, si sente frammentario, incompleto,
perché sa che è un qualcosa che non troverà mai.
Questo anticipa la psicoanalisi dell’800, uomo spaccato in parti. Saba era interessato alla dico analisi
e la perdita della centralità lo colpisce costantemente nonostante sia un poeta apparentemente facile
e piano.
Infine, l’ultima lirica dei fiori del male si intitola “il viaggio” e lui interroga questi viaggiatori che stanno
cercando qualcosa in giro per il mondo cercando di distrarsi dalla noia e dalla malinconia quotidiana .
Un benessere che non si raggiunge mai e scappa sempre dalle mani.
In questo testo, presuppone che questi viaggiatori vadano alla ricerca del benessere per scappare
dallo splint del mondo terrestre. Immagini esotiche nel testo che danno la promessa di un benessere
(es. Viaggio in india)
Esortazione ad andare verso l’ignoto, che non si può trovare in un luogo o in una persona. È
qualcosa che bisogna continuare a cercare.
L’ultima parte dei fiori del male è un nuovo mondo, non morte. Quindi c’è questo nostro tentativo a
cercare di andare oltre. Spinto dalla ricerca di qualcosa che non riesce mai ad afferrare.
Tema città, nuova concezione femminile

02/10/2023
Colui che produce letteratura si trova ai margini della società. In una società in cui il poeta viene
escluso il poeta, è naturale che la sua figura assuma un altro statuto.

Un luogo comune è quello della vergogna della poesia. La poesia non fa guadagnare, non fa vivere.
Genere di nicchia, da specialisti, di cui si parla ai convegni ma non al bar con gli amici.
Si parla soprattutto di testi inclusi nei poemetti in prosa di Baudelaire. Sono il corrispettivo in prosa
dei fiori del male; hanno un doppio titolo: spleen di Parigi, titolo da cui vediamo Parigi che è di nuovo
al centro (come nella passante. L’altra arte del titolo fa riferimento allo splin, sensazione angosciante
che vive il poeta nella grande città. Poemetti in prosa fa riferimento al genere con cui sono scritti i
brani. Piccole poesie in prosa.
Che cos’è una poesia in prosa? È un brano in prosa che si avvale della suggestività del linguaggio
poetico. Non sono racconti, sono brevi quaderni che tentano di condensare il potere suggestivo e
musicale nella poesia, nelle immagini e nel linguaggio. Primo tentativo di avvicinare due linguaggi di
due generi diversi.
La poesia ha un genere rigido, regole ferree; la prosa lascia molta più libertà nella gestione del testo.
La libertà della prosa e il potere evocativo del testo poetico.
Sono il corrispettivo dei fiori del male. Perché si tratta di piccoli quadri, scene parigine descritte da
Baudelaire.
Il soggetto non è canonico, nobile. Sono scene di banale quotidianità che però vogliono essere
descritte attraverso un linguaggio evocativo. Linguaggio che gioca con assonanze, rime interne
nascoste. Questo gioco di suoni creare un dettato musicale e ci si trova in contrasto tra la banalità,
schiettezza con un linguaggio che, invece, lo rende musicale ed evocativo, appunto.
Questo lo vediamo nel manifesto del disagio del poeta in epoca moderna. Si parla di scene
selezionate e nobilitate dal poeta, quadri soggettivi che possono essere insignificanti per noi, ma
che colpiscono solo la sua sensibilità.
Scene parigine, Flaneur, si scontra con immagini, apparizioni improvvise che colpisce la sensibilità.
Baudelaire si trova in una sagra, una fiera: ci sono pagliacci, mangia fuoco, ballerine, stranezze, fenomeni da
baraccone.

XIV • IL VECCHIO SALTIMBANCO


Dappertutto si spandeva il popolo in vacanza. Si metteva in mostra, se la godeva. Era una di quelle festività sulle quali da
sempre fanno conto i saltimbanchi, i giocolieri, gli ammaestratori di animali e i venditori ambulanti per compensare i periodi magri
dell'anno.
In quei giorni ho l'impressione che il popolo si dimentichi di tutto, sia del dolore sia del lavoro, e che diventi come un
bambino. Per i più piccoli è un giorno di vacanza, è l'orrore della scuola che viene rimandato di ventiquattr'ore. Per i grandi è un
armistizio concluso con le potenze malefiche della vita, una tregua nella contesa e nella lotta universali.
Neppure l'uomo di mondo e l'uomo occupato in lavori spirituali sfuggono facilmente all'influenza di questo giubileo
popolare. Assorbono senza volerlo la loro parte di atmosfera spensierata. Quanto a me, io non manco mai, da vero parigino, di
passare in rassegna tutte le bancarelle che vantano le loro offerte in queste ricorrenze festive.
La concorrenza che si facevano era davvero formidabile: strillavano, muggivano. Era un miscuglio di grida, un fragore di
ottoni, un'esplosione di razzi. Maschere e buffoni storcevano le facce cotte dal sole, raggrinzite dalla pioggia e dal vento; con
l'imperturbabile aplomb di attori sicuri del loro effetto, lanciavano le loro battute e le loro beffe, robuste e grevi come la comicità di
Molière. Gli Ercoli, fieri dell'enormità delle loro membra, il cranio senza fronte come scimmioni, si esibivano in pose statuarie
dentro le loro maglie lavate la sera prima per l'occasione. Le danzatrici, belle come fate, come principesse, facevano salti e
capriole alla luce fiammeggiante dei fanali che riempivano di scintille le loro vesti.
Tutto era luce, polvere, grida, gioia, tumulto; gli uni spendevano, gli altri guadagnavano, gli uni e gli altri ugualmente felici.
I bambini si attaccavano alle gonne materne per avere qualche bastoncino di zucchero filato, o salivano sulle spalle dei loro padri
per vedere meglio un giocoliere risplendente come un Dio. E dovunque, dominante su tutti i profumi, circolava un odore di frittura,
che era come l'incenso particolare di quella festa.

Descrizione di un momento gioioso. Il popolo in queste occasioni si dimentica del lavoro e queste
attrazioni riescono a coinvolger l’uomo di lettere. L’atmosfera fin qui descritta è felice. È una pausa
dallo splin. Anche questa è un’occasione di guadagno, perché i pagliacci ecc vendono la loro merce,
la loro performance e vengono pagati per fare questo. Hanno qualcosa da offrire a un pubblico
pagante.
Gioia, possibilità di guadagno sono i temi di questo primo pezzo. È una scena positiva
nonostante l’ambientazione. Tuttavia, verso la meta del testo il tono cambia.

In fondo, all'estremità della fila di bancarelle, come se per vergogna si fosse esiliato da tutti questi splendori, vidi un povero
saltimbanco, curvo, cadente, decrepito, un rudere d'uomo, addossato a uno dei pali della sua baracca: una baracca più miserabile
di quella del selvaggio più abbrutito, e la cui miseria era fin troppo illuminata da due mozziconi di candela sgocciolanti e fumosi.
Dovunque gioia, guadagno, sfrenatezza; dovunque, la certezza del pane per l'indomani; dovunque, un'esplosione frenetica
di vitalità. Qui, la miseria assoluta, la miseria (per colmo d'orrore) agghindata di comici stracci, contrasto inventato dalla necessità
più che dall'arte. Non rideva, il disgraziato! Non piangeva, non ballava, non gesticolava, non gridava; non cantava nessuna
canzone, né allegra né triste, non implorava. Era muto e immobile. Aveva rinunciato, abdicato. Il suo destino era compiuto.
Ma che sguardo profondo, indimenticabile mandava in giro sulla folla e le luci, su quel flusso che si fermava solo a qualche
passo dalla sua repulsiva miseria! Mi sentii la gola afferrata dalla stretta terribile dell'isteria, e mi sembrò che i miei sguardi fossero
offuscati da quelle lacrime ribelli che non vogliono scorrere. Che fare? A che scopo chiedere allo sventurato quale curiosità, quale
meraviglia avesse da mostrare in quelle tenebre maleodoranti, dietro la sua tenda sbrindellata? In verità, non osavo chiedere; e
anche se la ragione della mia timidezza dovesse farvi ridere, devo confessare che temevo di umiliarlo. Alla fine, m'ero appena
deciso a posare, passando, un paio di monete su una delle sue tavole sperando che indovinasse la mia intenzione, quando un
gran flusso di folla provocato da non so quale scompiglio mi trascinò lontano da lui.
E mentre rientravo, ossessionato da questa visione, tentai di analizzare il mio improvviso dolore, e mi dissi: Ho appena
visto l'immagine del vecchio uomo di lettere sopravvissuto alla generazione di cui fu il brillante animatore; del vecchio poeta senza
amici, senza famiglia, senza figli, degradato dalla povertà e dall'ingratitudine pubblica, e nella cui baracca la gente immemore non
vuole più entrare.

In questa apparizione c’è uno straccione, che non fa niente. Nessuno fa caso alla sua presenza, se
ne sta in disparte perché a rinunciato a vendere qualcosa, non aveva niente da offrire. Il poeta se
ne accorge e prova vergogna e imbarazzo. Baudelaire sta facendo la carità.
La folla lo trascina via e gli fa perdere il vecchio straccione. Torna a casa e riflettete su quanto
appena visto. C’è l’immagine di un vecchio poeta che fino alla generazione precedente viveva della
sua arte e che adesso non riesce a racimolare una moneta. C’è una sovrapposizione tra vecchio
saltimbanco, incapace di offrire qualsiasi cosa alla gente, e la situazione del poeta nella società
moderna. È la posizione del poeta che inizia ad assumere in questo contesto: umiliato, deriso,
schivato, incompreso. Utilizza la stessa parola (comico e brutto) e c’è una corrispondenza tra la
descrizione dell’”albatros” e la descrizione del vecchio poeta.

L’ALBATRO
Sovente, per diletto, i marinai catturano degli albatri, grandi uccelli marini che seguono, indolenti
compagni di viaggio, il bastimento scivolante sopra gli abissi amari.
Appena li hanno deposti sulle tavole, questi re dell'azzurro, goffi e vergognosi, miseramente trascinano ai loro fianchi le grandi,
candide ali, quasi fossero remi.

Com'è intrigato, incapace, questo viaggiatore alato! Lui, poco addietro così bello, com'è brutto e
Ridicolo (COMICO). Qualcuno irrita il suo becco con una pipa mentre un altro, zoppicando, mima l'infermo che prima volava.

E il Poeta, che è avvezzo alle tempeste e ride dell'arciere, assomiglia in tutto al principe delle nubi:
esiliato in terra, fra gli scherni, non può per le sue ali di gigante avanzare di un passo.

Troviamo situazioni diverse ma tutti gli elementi presenti anche nel vecchio saltimbanco.
C’è molta ironia sulla cecità dei borghesi che non si rendono conto che le lettere e la ossia hanno
un prezioso valore. Quest’ironia, Baudelaire la esercita apertamente ed è un’ironia che viene usata
per rivendicare il proprio ruolo, la propria dignità. Uno dei testi in cui si vede la rivendicazione della
propria dignità è la perdita dell’aureola. Cambio di statuto del poeta. Per aureola si intende il
ruolo del poeta e ciò che lo distingue da tutti gli altri. Con perdita si intende tutti quei sentimenti di
confusione del poeta. Perde l’aureola, l’investitura, il privilegio agli occhi degli altri e cerca di
mescolarsi tra gli uomini.
Altro quadro parigino. La scena si apre con un dialogo in medias res senza descrizioni. C’è un
incontro fortuito con questo interlocutore e gli viene domandato perché si trova in mezzo alle persone
normali, prendendolo in giro.

XLVI • L'AUREOLA PERDUTA

«Come! voi qui, mio caro? Voi in questo brutto posto? Voi, il bevitore di quintessenze! Voi, il mangiatore di ambrosia! C'è
invero di che restare sorpresi.
- Mio caro, sapete bene quanto mi terrorizzino le carrozze e i cavalli. Poco fa, mentre attraversavo il viale in tutta fretta
saltellando in mezzo al fango, in quel caos in movimento dove la morte arriva al galoppo da tutte le parti nello stesso tempo, per
un gesto brusco l'aureola mi è scivolata dalla testa nel fango del lastrico. Non ho avuto il coraggio di raccattarla. Giudicai meno
sgradevole perdere le mie insegne che farmi rompere le ossa. E poi, mi dissi, la disgrazia serve sempre a qualcosa. Ora posso
andarmene in giro in incognito, compiere azioni basse, darmi ai bagordi come i comuni mortali. Ed eccomi in tutto simile a voi,
come vedete!
- Dovreste almeno pubblicare un annuncio della perdita dell'aureola, o fare denuncia al commissariato.
- Proprio no! Mi trovo bene, qui. Solo voi mi avete riconosciuto. D'altronde la dignità mi disturba. E poi penso che qualche
cattivo poeta la raccatterà e se la metterà in testa spudoratamente. Che piacere far felice qualcuno! Soprattutto qualcuno la cui
felicità mi farà ridere! Pensate a X, o a Z! Ah, sarà davvero divertente!».

Lui risponde a tono con estrema ironia.


Baudelaire ci dice che pensare di essere poeti incoronati in un'epoca di Parigi è ridicolo. Lui è
d’accordo con questa perdita, gli va bene che qualcun altro possa trovare la sua aureola e possa
essere considerato un poeta, gesto che però fanno solo i cattivi poeti.
Non si comporta più come poeta che insegna qualcosa, che educa. Può comportarsi come “comuni
mortali”, ubriacarsi e la dignità lo disturba perché la gente normale non ha un peso da portare.
La figura del poeta è stata schiacciata ai tanti che abitano nella metropoli francese.
Lui ha preferito lasciare la corona perché è un titolo non più riconosciuto; quindi, per lui valeva la
pena farlo anziché farsi schiacciare.

Temi: grande città, nuova immagine femminile. Soggettività forte.


Lui scrive alla passante perché c’è una soggettività che si fa strada, lui ne parla perché ne vuole
parlare. Insieme a tutto questo c’è un profondo rinnovo della forma. C’è questo gioco di dialogo cn
la prosa, dei poemi in prosa.
La vergogna della poesia e allo stesso tempo l’idea di essere diversi, di non appartenere a questa
società, a questo tempo.
Corrispondenze
Il titolo del sonetto avvia la teoria delle corrispondenze, che avrà un successo strepitoso
Corrispondenze, poi con l’albatros, fa parte della prima sezione dei poemi dei fiori del male.
Testi in cui lui espone la sua idea di poesia nella società moderna. Nelle corrispondenze lui parla
delle possibilità del poeta in questa società. Il poeta si sente privilegiato. Le corrispondenze mettono
in luce che di tipo di privilegio si sta parlando

La Natura è un tempio ove pilastri viventi lasciano sfuggire a tratti confuse parole; l'uomo vi attraversa foreste di simboli, che
l'osservano con sguardi familiari.

Come lunghi echi che da lungi si confondono in una tenebrosa e profonda unità, vasta come la notte e il chiarore del giorno,
profumi, colori e suoni si rispondono.

Vi sono profumi freschi come carni di bimbo, dolci come òboi, verdi come prati - altri, corrotti, ricchi e trionfanti,

che posseggono il respiro delle cose infinite: come l'ambra, il muschio, il benzoino e l'incenso; e cantano i moti dell'anima e dei
sensi

Si insiste molto sulla prima quartina che imposta il discorso con un enunciato. La natura è un luogo
inanimato che, a tratti, parla. L’ambiente naturale (tutto ciò che vediamo, anche la città, ciò che
appare, non solo natura) ogni tanto entra di dirci qualcosa e si lascia sfuggire parole confuse.
L’uomo che ci passa attraverso è come se avesse davanti una serie di simboli apparentemente
indecifrabili.
Queste parole che il mondo si lascia sfuggire è qualcosa di difficile da interpretare, che si confondono
ma che se correttamente interpretati e tradotti dimostrano l’esistenza di un’unità, non sono parole
sfilacciate, perché al di là di questa apparenza, si trova un senso, una verità, rivelazione dove tutto
è perfettamente incastrato, profumi colori e suoni tutto si tiene. = il mondo, ciò che vediamo, può
significare qualcosa, una banale scena di quotidianità, però può assumere un significato particolare
e aggiuntivo. Infatti, il poeta, componendosi di simboli, è colui che può decifrare e lui solo può farlo.
Il poeta riesce a fare quello scatto in più e questa è la ricerca che la poesia intraprende utilizzando
più sensi possibili, alzando il livello di percezioni (profumi, colori, suoni). Non ci sono le immagini
però. Questi elementi non hanno a che fare con la plasticità dell’oggetto, il concreto. Qui si vogliono
utilizzare sensi diversi per descrivere la realtà che sono diversi dalla vista. Si gioca con la
commistione dei sensi e sensazioni.
Le ultime due terzine sembrano staccate dal testo perché ad un certo punto parla (o sembra) parlare
di altro. Queste terzine sono dedicate al profumo:
- es. Profumo verde. Ma cos’è il profumo verde? Si entra nel mondo della suggestività, senza
logica e con evocazione. Vuole essere evocativo senza essere logico.
- Es. Profumo corrotto
Tutto ha carattere soggettivo (attraverso un senso ma senza la vista) e senza logica. Non è una
descrizione di qualcosa per come appare ma per come potrebbe essere e si lascia anche al lettore
il potere di poter giocare con queste suggestioni.
I profumi non cantano, descrivono. La sensibilità del poeta riesce ad entrare.
Qui c’è un io che non sa più chi è e quel è il suo ruolo. Per Baudelaire il compito del poeta è leggere
oltre cui i comuni mortali non possono arrivare attraverso la suggestione di tante arti insieme. Il poeta
legge ciò che è nascosto e riesce a manipolare la realtà attraverso le parole e ha la capacità di
arrivare al di la e ha il compito di dimostrare ciò attraverso un linguaggio suggestivo.

„A arsène houssaye“ - l’ha messo solo per corrispondenze, per la città e per i tanti elementi diversi
del banale e del quotidiano, tanti elementi per cercare delle relazioni tra questi elementi
distanti/diversi)
Ultimo testo di Baudelaire. È la dedica come omaggio per lo splin di Parigi. Non ci interessa saper il
destinatario.
Ha una forte musicalità, considerato manifesto per questo intersecarsi delle arti.
Testi sciolti, composto da tanti quadri intercambiabili.
Sfogliando un volume si ritrova a leggere di epoche passate trovando qualcosa di analogo alla vita
moderna, applicandolo (l’analogo) ad esso.
Due elementi:
- la musica come sostegno al linguaggio; la ricchezza fonetica delle assonanze, ritornelli
interni, consonanti e vocali (che è un linguaggio analogico di suggestione).
- L’idea che una grande città possa rivelare dei rapporti tra elementi molto diversi l’uno
dall’altro, come il vecchio saltimbanco alla fiera che viene visto come un poeta. Capacità di
creare rapporti, analogie, corrispondenze nella poesia per associazione, per un processe
che tende ad avvinare elementi apparentemente discordanti attraverso il linguaggio.

Lezione 9/10
Tutto ciò si collega al
SIMBOLISMO
Corrente poetica che si fonda sulla teoria delle corrispondenze

PASCOLI
Come entra in elezione con le teorie del simbolismo?
Com’era tradizione continui ad evitare l’innovazione?
Lessico sempre aulico vs nuovo contenuto
Con pascoli, con una raccolta del 1903 „canti di Castelvecchio“, qualcosa nella lirica Italia cambia.
Pubblicate questo, alcione D’Annunzio, le fiale di

Pascoli nasce nel 1855 ed è un autore di transizione, legato a uno e l’altro secolo, però con pascoli
qualcosa cambia.
Lutto, perdita del padre, deve reggere le sorti di una famiglia numerosa e nel corso degli anni perde
altre forme di riferimento. Allievo di Carducci, nel 1905 ha la cattedra di lettere classiche . Si lega a
movimenti socialisti, passa un periodo in carcere e poi si rifugia nel nido familiare.
Differenze con D‘Annunzio.
Muore 1912
L’ambiente è importante.
Prima raccolta di Pascoli è Myricae (1891). Raccolta che si incentra col paesaggio agreste, nulla a
che vedere con la città. È una riguarda che riguarda le piccole cose, i piccoli avvenimenti con un
tono non altisonante né eloquente. C‘è un tentativo di quotidianità, tono medio, poetica del basso
(non si cantano corti, damigelle, vestiti).
Si tratta di componimenti brevi, frammentari, talvolta sono componimenti dettati da illuminazioni
improvvise.
Non solo il lutto per la perdita del padre ma anche gli altri affetti con la famiglia e altri eventi familiari.

Come fa poesia pascoli e perché cambia qualcosa?


Il modo in cui cambia la poesia parte proprio dalla consapevolezza e illuminazione, la banalità del
quotiamo. Qualcosa accade e si apre una scena che non ha nessun significato per noi lettori, ma
aha significato perché il poeta la ritiene significativa quella scena (siamo nell‘individualismo,
soggettivo).

Il lampo – da Myricae
Descrive una scena notturna, pascoli in campagna e un lampo illumina il cielo.
Scena quotidiana, priva di contesto. Il poeta non ci dice dov‘è, non ci spiega gli elementi, spiega che
ce questa casa come tante illuminata dal lampo improvviso nella notte.
Contestò completamente anonimo, però oggi noi vendiamola. Conoscenza di questo testo perché
nell‘individualismo di pascoli ci dice che è importante questo testo.
Si tratta della velocità di un lampo, l‘elenco di aggettivi mima la rapidità, mima l‘apparire e lo sparire
della casa.
Riferimento con a una passante di Baudelaire. Significativa solo per l‘occhio di chi guarda, il lampo
e poi la notte.
È un quadro quasi impressionista.
Pascoli è un poeta simbolista perché una sezione di Myricae è intitolata „le gioie del poeta“, pascoli
ci dice ciò che il poeta deve fare e ciò che e contento di fare o che si accontenta di fare.
Testi meno noti ma che ci danno la visione del poeta.

Il mago – sezione le gioie del poeta


Il mago è il poeta stesso (deducibile dal titolo), poteri che il poeta ha oltre alla sfera dell’umanità.
Poesia come magia, crea un mondo più armonioso rispetto a quello reale.
È un ordine impartito dal poeta alla natura (paesaggio, contesto, ambiente in cui stiamo) affinché
cambi stagione e spunti la primavera.
La siepe fiorisce e il poeta sta trasformando la realtà attraverso le parole, la sta rendendo più bella
e piacevole. È un atto di magia, come se la parola avesse il potere di manipolare a suo piacimento.
I primi tre versi parlano di un argomento e gli ultimi quattro di altro.
Gli ultimi quattro versi: il poeta potrebbe spingersi a fare altro, ad esempio a cercare la gloria, però
non vuole, gli basta comunicare elemento naturale e stare per sé. È una comunione tra il poeta e
l’elemento naturale. Il poeta manda i suoi versi all’aurora che nasce, e non a un popolo, e intreccia
le sue corone (strofe) per i fanciulli, per coloro che desiderano apprende e che hanno sguardo di
apertura alla realtà.
C‘è un potere che il poeta può esercitare… altro potrebbe ma altro non vuole.
In quest’idea di sufficienza, in quest’idea che al poeta basti un discorso privato e intimista, un
discorso legato allo stiperò per la nascita della primavera o un lampo che squarcia la notte,
quest’idea viene ripresa anche in un testo che chiamata contrasto della medesima sezione.

Contrasto
Ritroviamo l’idea di sufficienza di prima
Costruito su due strofe che mette a confronto un modo e un modo di fare poesia

Prima strofa
Artista che attraverso materiali pregiati crea una bellissima fiala di vetro. (Attraverso materiali nobili
si forgia un oggetto). Una fiala che cambia colore che scintilla come un cielo primaverile (soleggiato
e poi pioggia —> gioco di colori che l’artista crea attraverso la manipolazione del reale.
Personaggio che se ne va e guarda la strada a testa china sui sassi e grazie a questi sassi crea
minerali preziosi.
Da una parte abbiamo oggetti nobili e materiali pregiati ma dall’altra parte si parte da qualcosa di
insignificante e lo si rende bello.
Il poeta è colui che riesce ad abbassarsi e raccogliere qualcosa di significativo solo per lui,
banalmente lasciato al caso e nobilitarlo con l’uso della parola.
Il primo artista è esibizionista, ma è facile ammirare un oggetto quando già in partenza è prezioso.
Il secondo artista, pascoli va a testa basta e sceglie qualcosa di umile. Il poeta trasforma qualcosa
di brutto in qualcosa di bello e può affinare e raffinare la realtà

Il fanciullino – le gioie del poeta


In ognuno di noi c‘è un residuo del modo di guardare le cose con gli occhi di un bambino.
Il fanciullino è si stupisce di tutto ciò che c’è attorno, che è curioso.
Ci sono due elementi del testo che esalta questo discorso (al di là dello stupore):
- Il fanciullo è potente, mette a nome tutto ciò che vede e sente. Ha molte parole da utilizzare,
prodigo, come se il pensiero fosse troppo e si condensasse in una parola sola.
Come fa a controllare questa realtà, a manipolarla a suo piacimento? Tirando fili, cose
apparentemente distanti si assomigliano.
Scopre nelle realtà delle corrispondenze che uniscono elementi di realtà, per la sua vista
accesa e acuta. Il fanciullino fa qualsiasi cosa per riconoscersi e ritrovarsi in questa
relazione.

Pascoli le corrispondenze le aveva lette.


La stessa idea del poeta come mago deve qualcosa al potere rivelatrice della parola, capacità di
vedere e arrivare con la vista la dove non tutti vedono.
Il poeta decodifica i simboli nascosti nella realtà, una realtà presa in considerazione anche con gli
elementi più insignificanti.
Adesso ci si affida alla suggestione che possa aprire un ordine di senso, di intuizione differente
rispetto alla logica.

Il lampo mostra la realtà immediatamente, diventa visione (capacità di vedere del poeta diversa
rispetto a quella dell’uomo comune).
Il poeta rivendica l‘inutile, l‘inoperoso. Un professore, un banchiere, non si stupisce di niente perché
sa tutto. Il contadino non ha il tempo per farlo, è operoso, è incalzato dal tempo e dalla necessità.
Ha un privilegio rispetto agli operai e di avere una disponibilità allo stupore.

Gloria era il primo testo che apriva Myricae.


Pascoli commenta la commedia di Dante e pensa che verrà ricordato solo per quello. Qui
immagina di avere un dialogo con un personaggio della commedia, Belacqua, che è l'emblema
della pigrizia, e finisce nell’antipurgatorio. Quando gli altri iniziano a scalare lui è l’unico che sta in
disparte e si riposa. È così forte questo sentimento di rinuncia e di tranquillità che quando vede
Dante invita lui a salire.
È un manifesto di rinuncia della fretta, della velocità del contemporaneo

Pascoli si riconosce il Belacqua, egli osserva i piccoli elementi della quotidianità e gli dà valore.
Rinuncia alla frenesia borghese, alla figura di vate (come d’annunzio). Rivendica l'individualismo,
cosa per lui è importante. Anche egli lascia la corona nel fango come Baudelaire e la lascia al
prossimo.
Dante non può essere favorevole a questo atteggiamento, Pascoli si con una prospettiva diversa.

Il bolide – canti di Castelvecchio 1903


Pascoli voleva essere ricordato
La presenza di dante è allusa.
Il bolide può essere considerato una lirica che augura distanza letterale. Qui Pascoli ribalta la visione
ordinaria del Cosimo e del dio onnipotente che teneva le fila nel mondo dantesco.
Qui tutto ciò non c'è più. La terra diventa come in “X agosto” un ammasso di roccia che vaga senza
meta nell’universo infinito dove il senso si perde, non ce un ordine divino che giustifichi le cose.
Questo testo è rappresentativo della svolta nei canti di Castelvecchio rispetto a Myricae perché
rappresenta un senso di smarrimento la ricordiamo come una raccolta incentrata sulla
concentrazione, e nei canti di Castelvecchio aumenta la riflessione tragica.
La morte del padre è un trauma e non è un evento pacificato che permette di renderlo pacifico.
Questo testo rappresenta una scena banale, pascoli sta camminando di notte nel paese di San
Mauro di Romagna. Passeggia di notte accanto al fiume, cin sono le rane che gracidano, l’acqua
che scroscia e lui qui si ricorda della prima volta di quando in gioventù ha pensato che anche lui
avrebbe dovuto morire. Ha preso coscienza che prima o poi dovrà morire e lui ricorda la rima vola
che passando questo sentiero si è sentito il cuore stringere pensando a quel giorno in cui lui non
passerà più per quel sentiero.
Lui immagina che qualcuno nascosto nella siepe potesse ucciderlo. Senza ragione potrebbe finire
la sua vita in solitudine.
Quella speranza che ci sia ancora qualcosa dopo nell’aldilà si ripresenta e quel momento viene
smorzata dal pensiero che aldilà lo aspettano i cari che ha perduto.
Pensiero di speranza che combatte l’idea di vuoto.
Il bolide fa riferimento a un meteorite che di notte passa e illumina il paesaggio (come nel lampo,
momento veloce in cui accade qualcosa di improvviso). In questa lirica questo passaggio ha un
significato, perché vedere un astro così grande passare davanti alla terra e illuminare tutto il
paesaggio fa provare a pascoli un forte senso di piccolezza e smarrimento.
Basterebbe un meteorite per spazzare via tutto ciò che noi abbiamo creduto nei secoli, onnipotente
o centrale. Tutto questo si rende conto che può essere spazzato via in un secondo.
Tutto annerò. Brillava, in alto in alto,
Mentre pensavo, e già sentia, sul ciglio
il cielo azzurro. In via con me non c’eri,
del fosso, nella siepe, oltre un filare
in lontananza, se non tu, Rio Salto.
di viti, dietro il grande olmo, un bisbiglio

Io non t’udiva: udivo i cantonieri


truce, un lampo, uno scoppio... ecco scoppiare
tuoi, le rane, gridar rauche l’arrivo
e brillare, cadere esser caduto,
d’acqua, sempre acqua, a maceri e poderi.
dall’infinito tremolìo stellare,

Ricordavo. A’ miei venti anni, mal vivo,


un globo d’oro, che si tuffò muto
pensai tramata anche per me la morte
nelle campagne, come in nebbie vane,
nel sangue. E, solo, a notte alta, venivo
vano: ed illuminò nel suo minuto

per questa via, dove tra l’ombre smorte


siepi, solchi, capanne, e le fiumane
era il nemico, forse. Io lento lento
erranti al buio, e gruppi di foreste,
passava, e il cuore dentro battea forte.
e bianchi ammassi di città lontane.

Ma colui non vedrebbe il mio spavento,


Gridai, rapito sopra me: Vedeste?
sebben tremassi all’improvviso svolo
Ma non v’era che il cielo alto e sereno.
d’una lucciola, a un sibilo di vento:
Non ombra d’uomo, non rumor di péste.

lento lento passavo: e il cuore a volo


Cielo, e non altro: il cupo cielo, pieno
andava avanti. E che dunque? Uno schianto;
di grandi stelle: il cielo, in cui sommerso
e su la strada rantolerei, solo...
mi parve quanto mi parea terreno.

E la Terra sentii nell’Universo.


no, non solo! Lì presso è il camposanto,
Sentii, fremendo, ch’è del cielo anch’ella.
con la sua fioca lampada di vita.
E mi vidi quaggiù piccolo e sperso
Accorrerebbe la mia madre in pianto.
errare, tra le stelle, in una stella.

Mi sfiorerebbe appena con le dita:

le sue lagrime, come una rugiada

nell’ombra, sentirei su la ferita.

Verranno gli altri, e me di su la strada

porteranno con loro esili gridi

a medicare nella lor contrada,

così soave! dove tu sorridi

eternamente sopra il tuo giaciglio

fatto di muschi e d’erbe, come i nidi!


Testo tragico, lui si sente solo, sta solo anticipando il pensiero rivolto alla figura paterna. Sente gli
operai del fiume (le rane che gracidano nel momento in cui scroscia l’acqua). Scatta il ricordo di
quando ai suoi 20 anni scatta un momento di tristezza pensando che lui un giorno sarebbe morto.
Lui camminava e avvertiva il “nemico”, il presagio di morte, di tragedia e di fine.
Si immagina uno scoppio, uno sparo che lo avrebbe fatto accasciare a terra e si sarebbe sentito
solo. Però in realtà lui non sarà da solo perché li vicino ci sono i suoi cari sepolti. Immagina la madre
che accorrerebbe a lui per accarezzarlo e curargli la ferita e dopo di lei tutti gli altri.
Mentre formulavo questi pensieri c’è stato un bagliore, uno scoppio, la presenza di questo meteorite
che va scomparendo dietro una collina e in quell’attimo illumina tutto ciò che sta attorno. C’è un
risveglio improvviso in questa contemplazione e si rivolge a loro come per chiedere se anche loro
avessero visto il bagliore ma lui si accorse di essere da solo. L’illusione è esplosa ed è crollata.
In quel momento Pascoli fissa il cielo e gli pare infinito, vuoto, nero e per un attimo percepisce quasi
la presenza sua sulla terra, come se si vedesse dall’alto. Come se il pianeta galleggiasse in questa
profonda oscurità.
Dante è solo alluso, perché in uno degli ultimi canti del paradiso è accompagnato da Beatrice. E lo
invita a guardare la terra dall’alto (momento di contemplazione). Fissa la terra e tutti gli torna sensato,
la struttura dei cieli è perfetta, così come la disposizione dei pianeti. Tutto è geometrico, rassicurante,
tutto è cosi perché deve essere così perché un’identità perfetta ha deciso così.
Nel testo i pascoli ce lo stesso momento di riflessione, vede e immagina dall’alto la terra da fuori
però le conclusioni sono opposte rispetto a quelle di Dante.

Alla cometa di Halley


Pascoli guarda le stelle.
Il passaggio della cometa di Halley è sempre stato citato da chi l’ha vista esempio Seneca però
sempre interpretato come un messaggio di sfortuna.
Anche Dante quando la vide fini per essere esiliato da Firenze.
Pascoli ammirando Dante e la cometa di Halley, pubblica questo scritto
Interpretata come un serpente che morde e lascia morte al suo passaggio.
L’unico che si oppone a questo passaggio è Dante che, come un supereroe, fa da guardia degli
esseri umani.

Guido Gozzano – 1893-1916


Vive tutta la vita a Torino e muore giovane di tubercolosi
Crepuscolare (malinconia, tristezza, rimpianti)
Gozzano, a differenza degli altri autori dei crepuscolari, è diverso perché il suo tratto fondamentale
è l’ironia.
Scene divertenti e ridicole.
Gozzano dà il suo meglio nei testi in forma lunga.
Non c’è un senso di suggestione in Gozzano. Racconta sempre una storia diversa
Raccolta principale:
• La via del rifugio (1907)
• I colloqui (1911)
È un poeta narrativo e lui scrive opere che raccontano tante storie con tanti personaggi, tutti i
personaggi ritornano e il poeta ci familiarizza.
Accontentarsi di piccole cose che fanno stare bene. Ha un attaccamento alla realtà concreta.

L’amica di nonna speranza - i colloqui


Nonna speranza, personaggio che torna in altre liriche accompagnata da un’amica Carlotta.
Gozzano immagina le due amiche da giovani che hanno terminato il collegio e stanno in una villa in
campagna. Carlotta che è corteggiata da Lord Byron
Gozzano è nato e appartiene al tempo sbagliato.
Il personaggio di Carlotta è affascinante e lui sostiene che potessero essere stata l’amore della sua
vita se non fosse che ora lei è vecchia e aveva 16 anni nel 1850 però rimane sempre a fantasticare
come sarebbe stato aver conosciuto l’amica di nonna nel 1850.

Nell’”esperimento” lui costringe sua cugina a travestirsi con i vestiti di Carlotta trovati nell’armadio e
nel momento in cui la vede così gli parte un momento di passione e fanno l’amore sul divano degli
zii. Lei è contenta perché vede che lui è felice tanto che le fa indossare una vecchia collana di
Carlotta con tanti pendenti per ogni città visitata e, baciandole il collo, le disse che stava percorrendo
tutte le città
Lui quando si accorge di ciò che stava immaginando scoppia in una grassa risata perché gli fa ridere
il fatto che lei sta al gioco, sta facendo ironia su di lei e su sé stesso.
Nostalgia del tempo che fu. Ciò che stato è passato e non tornerà più come un tempo di gioia e di
semplicità, quando la vita corrispondeva alle cose.
Sente qualcosa che lo frena, la letteratura mentre il passato per lui è un epoca serena. È un
sentimento di non essere nato nel tempo giusto e di non appartenere al proprio tempo di mercato,
consumo, corsa al denaro, all’occupazione. La poesia è inutile e lui inizia ad avvertire un senso di
vergogna per la poesia.
Il sentimento è filtrato dalla letteratura, lo si esprime, viene rielaborato, razionalizzato, non è più
completamente spontaneo, tanto che uno dei tratti è “impossibilità di amare”. Lui ha tantissime donne
che lo rincorrono e lui dice che non può amare perché non è capace e non è sufficiente.
Lui ha cercato il suo vero amore che lo facesse sentire realizzato però ha avuto tante storielle che
non lo facevano sentire realizzato.
Testo “a un’ignota” lo invia a una donna che non ha mai visto di cui però tutti parlano e lui dice che
sarebbe stata l’unica donna che avrebbe potuto amare
Un’altra lirica è dedicata a una leggenda dell’isola fantasma. Indiana diffondersi questa leggenda di
questo la che viene identificata sulle mappe e ogni volta che i marinai tornavano per attraccare l’isola
non c’era più. “L’isola mai trovata” e gli dedica un testo è “la più bella” quella che si cerca sempre
ma che non si trova mai.
Gozzano è auto esplicativo.

Il commesso farmacista
Ci da l’idea di come le poesie di Gozzano mettano in scena molti personaggi con una storia.
Il commesso farmacista è un borghese, ha la bottega, si alza la mattina, apre la bottega, fa i farmaci,
attende i clienti. Il commesso ha subito un lutto, si doveva sposare e la promessa sposa muore di
tubercolosi. Lei lavorava (sarta) e apparteneva a quell’ordine sociale.
Lui paga le spese del funerale ma subisce questo lutto e questa tristezza il farmacista la esorcizza,
la elabora scrivendo poesie per la giovane promessa sposa perduta per commemorare quel
sentimento e quell’amore. Se non che il commesso farmacista non è un poeta ma un borghese e
l’esercizio letterario condotto senza strumenti e l’educazione del letterato porta a dei risultati ridicoli.
C’è un elemento in più: i brutti versi del commesso farmacista sono versi spontanei, genuini, dettati
da un sentimento vero che Gozzano non riesce a provare, sentire la realtà senza lo stile, la tecnica.
Pur brutti, quei versi finiscono per essere più degni del poeta stesso che in quel momento si ente lui
un venditore e un venduto, vende la sua arte, la abbellisce, la processa, lo rende appetibile per un
eventuale pubblico. Fa sentire Gozzano un po’ finto vs il povero commesso farmacista.

Testo

Tabe letteraria: troppa letteratura, troppa riflessione. Serve spontaneità


Un inconsapevole come il commesso farmacista supera il savio (?) = poeta per eccezione
Commesso farmacista per quanto riguarda la spontaneità di colui che è davvero ancora connesso
al proprio tempo. Società vs poeta ormai auto-esiliato e condizionatodall‘idea di essere nato nel
tempo sbagliato.
Spontaneità, complicità vs tabe letteraria* il commesso farmacista.
In Gozzano ritornano gli stessi temi e personaggi.
Il commesso farmacista è un esempio di rapporto pacificato del mondo, della capacità di vivere nel
proprio tempo. È un borghese e riesce, nel paradosso, a tramontare la poesia più del poeta, in u
modo genuino, sentito, la capacità di provare davvero un sentimento e di aderire alle cose. Non è
un artefice, non è un poeta di commissione. La possibilità di fare poesia sta in un contesto privato.
Tutto questo per Gozzano non è possibile perché vive un rimpianto del passato che si manifesta
con una promessa di felicità infranta perché il passato è passato e non tornerà più, rimpiange una
società diversa e una possibilità di fare poesia diversa.

N.B. Nella signorina Felicita Gozzano si presenta non come poeta ma come avvocato (proprio per il
discorso che prova vergogna per la poesia)
La poesia era un qualcosa che inabilisce lo spirito, perché c’è troppa speculazione che ci allontana
dalla realtà, non ci fa godere le cose attorno a noi. Gozzano non apprezza le piccole cose del
quotidiano.
La malattia dell‘artista è simbolo della malattia mortale della poesia del mondo borghese, respinta,
rifiutata e negata. Si cerca un modo e una strada per proseguire questa vocazione.
Gozzano al trova contrapponendosi al modello di D’Annunzio. Mentre quest‘ultimo è colui che si
eleva e rifiuta la banaalità, la semplicità della vita di tutti i giorni, Gozzano ci cade dentro, ostenta
questo nuovo mondo e si maschera dentro (come nei panni dell‘avvocato) alla base di tutto ciò sta
la perdita dell‘aureola.

Se D’Annunzio contrappone la sua eccezionalità, il suo privilegio, l‘artificio la nobiltà che incanta la
banalità del mondo borghese, Gozzano al trova illusoria pretesa da parte di D’Annunzio,
rispondendo a tutto questo con l’uso dell‘ironia.

Lo scatto subito dal poeta a questo livello si riflette sia alla premessa dell’autoesilio sia alla rinuncia
di percorrere la strada che D’Annunzio sta percorrendo, la rinuncia al tentativo di essere un poeta
vate e allo stesso tempo la rinuncia di riscatto sul piano personale (incapace di provare un
sentimento vero)
È talmente estraniato dl proprio tempo che gli sembra di vivere una vita a metà, la promessa di una
felciità di realizzarla e arrivare a una realizzazione (la passante) promessa di eternità che si ferma
per un attimo e poi è destinato a fallire e ciò che rimane di fronte a questo fallimento è la nostalgia,
perché se fosse nato in un tempo giusto, momento diverso (x Gozzano nel 1850 quando ancora la
borghesia doveva ancora cambiare le sorti della civiltà), non qui ma altrove, non oggi ma in futuro o
forse in un passato perduto per sempre.
I personaggi di Gozzano
Carlotta, amica di nonna speranza
Poesia dei colloqui più famosa, intitolata “l’amica di nonna speranza”, una delle più famose perché
intreccia tutti i fili della poetica di Gozzano
Questo testo è considerato l’ emblema dello stile di Gozzano, stile fortemente narrativo.
Lui racconta delle storie. Avvicinamento tra lirica e prosa, tentativo di creare una congestione tra
generi che funzionano in maniera diversa.
È una poesia narrativa, botta e risposta, chiacchiere, stralci di dialogo senza risposta che mimano
una conversazione da salotto – i bei conversali di una volta (come li chiama lui).
Stile: abbassamento di tono, discorsività, mimare la rrealtà, nel concreto e nel banale. È una sorta
di romanzo

In questa poesia, Gozzano è a casa e trova un album di fotografia. In quest’album trova Carlotta
16enne e che Carlotta dedica alla sua amica speranza (nonna di Gozzano)
Nomi parlanti, lui fa molto speculazione sui nomi.
Carlotta dedica questa foto a nonna speranza e scrive sull’album “alla sua speranza la una Carlotta”,
le dedica la foto.
Lui vede la foto con delle signorine vestite a modo di quel tempo e comincia a fantasticare su come
fosse Carlotta nel 1850, immagina al vita della sua nona. E Carlotta in una società diversa rispetto
a quella in cui Gozzano si ritrova a vivere (commercialisti, farmacisti, notai, città industrializzata)
Invece Gozzano si fa un immagine di quella che era la società 60 anni prima di una società molto
meno intesa alala produzione, alla velocità, al bisogno di lavorare e produrre. Tanto che i genitori
delle due sono ricchi, vivono in una villa. Lui se la immagina popolata, che ospita delle celebrazioni,
bambini che corrono.
Lui fa un elenco di oggetti presenti nella villa che contrastinguevano il gusto dell’epoca.
- Ironia e nostalgia di Gozzano perché tutti questi oggetti sono distanti,sono oggetti desueti
che stridono nel presente
Lui si immagina la casa di Carlotta con gli oggetti tipici di quel momento (fotografie (matrimonio,
volti), quadri, riproduzioni, lampadari)

I.

Elementi desueti: pappagallo (Loreto), statuine che


Loreto impagliato ed il busto d’Alfieri, di Napoleone
raffiguravano personaggi storici, fiori incorniciati,
i fiori in cornice (le buone cose di pessimo gusto), orologi da taschino, portagioie.
Nel ricordo di tutti questi oggetti del passato
il caminetto un po’ tetro, le scatole senza confetti, considerata robaccia, lui rinasce con l’immaginazione
nel 1850, immagina di essere li quando è stata
i frutti di marmo protetti dalle campane di vetro,
fotografata Carlotta.

un qualche raro balocco, gli scrigni fatti di valve,


gli oggetti col monito salve, ricordo, le noci di cocco,

Venezia ritratta a musaici, gli acquerelli un po’ scialbi,


le stampe, i cofani, gli albi dipinti d’anemoni arcaici,

le tele di Massimo d’Azeglio, le miniature,


i dagherottìpi: figure sognanti in perplessità,
il gran lampadario vetusto che pende a mezzo il salone
e immilla nel quarzo le buone cose di pessimo gusto,

il cùcu dell’ore che canta, le sedie parate a damasco


chèrmisi.... rinasco, rinasco del mille ottocento cinquanta!

II.

Si immagina la giornata: bambini che corrono (i fratelli


I fratellini alla sala quest’oggi non possono accedere di speranza)
che cauti (hanno tolte le federe ai mobili. È giorno di gala).
Quel giorno c’è una festa e per il ricevimento tolgono
le lenzuola dal mobilio
Ma quelli v’irrompono in frotta. È giunta, è giunta in vacanza
la grande sorella Speranza con la compagna Carlotta!

Ha diciassett’anni la Nonna! Carlotta quasi lo stesso:


da poco hanno avuto il permesso d’aggiungere un cerchio alla gonna,
Crinoline: struttura che ampia il cerchio della gonna.
il cerchio ampissimo increspa la gonna a rose turchine.
È più la gonna è ampia e più la vita sembra stretta.
Hanno aggiunto il cerchio perché sta per entrare on
Più snella da la crinoline emerge la vita di vespa.
società e ha finito gli studi.
Moda 1850
Entrambe hanno un scialle ad arancie a fiori a uccelli a ghirlande;
divisi i capelli in due bande scendenti a mezzo le guancie.
Dopo cena quando l famiglia si riuniva davanti al
tavolo, suonava il pianoforte (tipica educazione)
Han fatto l’esame più egregio di tutta la classe. Che affanno
passato terribile! Hanno lasciato per sempre il collegio.
Primo elemento in comune con il commesso
farmacista. Per godere della musica si suonavano le
Silenzio, bambini! Le amiche - bambini, fate pian piano! ballate romantiche, quelle che assomigliano alla
le amiche provano al piano un fascio di musiche antiche. scrittura del commesso farmacista.
Torna la presa in giro del romanticismo.

Motivi un poco artefatti nel secentismo fronzuto


di Arcangelo del Leùto e d’Alessandro Scarlatti. Linguaggio vecchio 8core, suggello = ciarpame per
Gozzano)
Innamorati dispersi, gementi il core e l’augello,
languori del Giordanello in dolci bruttissimi versi:
Discorsi di un innamorato all’amata
Credimi senza di te il mio cuore piange, smettila di
...............
crearmi questo dolore
. . . caro mio ben
credimi almen!
senza di te
languisce il cor!
Il tuo fedel
sospira ognor,
cessa crudel
tanto rigor!
...............
Queste due giovani sedicenni hanno davanti la
possiblità, la vita, un futuro di immaginata felciità, in
questa semplciità adolescenziale, in questa non
consapevolezza di cos’è la vita davvero.
Carlotta canta. Speranza suona. Dolce e fiorita
Due sedicenni si interessano dell’amore, del principe
si schiude alla breve romanza di mille promesse la vita. azzurro. Stanno entrando in società e si chiedono
quale sia il loro futuro matrimoniale
O musica! Lieve sussurro! E già nell’animo ascoso
d’ognuna sorride lo sposo promesso: il Principe Azzurro,
Giovanni Prati famoso letterato
Davanti a questa promessa felicità, gozzano fa
lo sposo dei sogni sognati.... O margherite in collegio riferimento a tutti i momenti in cui in giardino le donne
24sfogliate per sortilegio sui teneri versi del Prati!
hanno fantasticato con le margherite (m’ama non
m’ama)

III. La scena cambia e arriva lo zio (parenti di Carlotta).


La stanno accompagnando in visita da speranza e i
suoi genitori.

Giungeva lo Zio, signore virtuoso, di molto riguardo,


ligio al passato, al Lombardo-Veneto, all’Imperatore;

giungeva la Zia, ben degna consorte, molto dabbene,


(Fratellini di speranza) i genitori dicono di salutare i
ligia al passato, sebbene amante del Re di Sardegna.... parenti in visita (restii perché i bambini sono
vergognosi e non vogliono salutare i parenti)
«Baciate la mano alli Zii!» dicevano il Babbo e la Mamma,
e alzavano il volto di fiamma ai piccolini restii.

«E questa è l’amica in vacanza: madamigella Carlotta Dialogo in questo salotto villa nobiliare. Si comincia a
parlare di contemporaneità (politica, avvenimenti,
Capenna: l’alunna più dotta, l’amica più cara a Speranza.»
notizie, gossip)
Chiacchiere di conoscenza…
«Ma bene.... ma bene.... ma bene....» diceva gesuitico e tardo
lo Zio di molto riguardo «.... ma bene.... ma bene.... ma bene....

Capenna? Conobbi un Arturo Capenna.... Capenna.... Capenna....


Sicuro! alla Corte di Vienna! Sicuro.... sicuro.... sicuro....»

«Gradiscono un po’ di moscato?» - «Signora sorella magari....»


E con un sorriso pacato sedevano in bei conversari.

«.... ma la Brambilla non seppe....» - «E pingue già per l’Ernani....


«La Scala non ha più soprani....» - «Che vena quel Verdi....
Giuseppe....»
Conversati sulla società dell’epoca, cantanti, attrici…
”che bei orecchini… si vengono da Parigi”…
«.... nel Marzo avremo un lavoro alla Fenice, m’han detto,
nuovissimo: il Rigoletto, Si parla d’un capolavoro.»
«.... Azzurri si portano o grigi?» - «E questi orecchini? Che bei Pettegolezzi sul re di Sardegna. Non è bello ma gli
piacciono le donne
rubini! E questi cammei...» - «la gran novità di Parigi....»

«.... Radetzky? Ma che? L’armistizio.... la pace, la pace che regna....»


«.... quel giovine Re di Sardegna è uomo di molto giudizio!»

L’argomento diventa osè e vengono invitate a uscire


«È certo uno spirito insonne, e forte e vigile e scaltro....» e giocare a volano.
«È bello?» - «Non bello: tutt’altro.» - «Gli piacciono molto le
donne....»

Le due ragazze fanno un inchino, ben educate, ed


«Speranza!» (chinavansi piano, in tono un po’ sibillino) escono a giocare in giardino
«Carlotta! Scendete in giardino: andate a giocare al volano.»
Gozzano crede che questa educazione, purezza del
femminile sia ormai perduta nel moderno

Allora le amiche serene lasciavano con un perfetto


inchino di molto rispetto gli Zii molto dabbene.
Mentre giocano iniziano a parlare tra di loro. Discorso
di 17enni nel 1850. Parlano tra di loro.
IV.
Si affacciano alla balconata che da sul lago
Trilustri= 15 anni (più meno i loro anni)
Oimè! che giocando un volano, troppo respinto all’assalto,
non più ridiscese dall’alto dei rami d’un ippocastano! Questi due versi sono significativi perché gozzano ci
mette davanti a una differenza totale da quel periodo
(1850) e quello in cui Gozzano vive.
S’inchinano sui balaustri le amiche e guardano il lago,
Poeta= occupazione di prestigio, è un buon partito,
sognando l’amore presago nei loro bei sogni trilustri. tanto che frequenta il salotto della contessa Maffei.
Il poeta a cui si fa riferimento è lord ??
«Ah! se tu vedessi che bei denti!» - «Quant’anni?...» «Ventotto.»
«Poeta?» - «Frequenta il salotto della contessa Maffei!»
Persino la luna sembra diversa in questo sogno
romantico rispetto a quella che gozzano vede. Luna
Non vuole morire, non langue il giorno. S’accende più ancora interlocutrice di poeti, del romanticismo. La luna
amata dal giovane Werner e non quella di Gozzano.
di porpora: come un’aurora stigmatizzata di sangue;
Passato —> presente

si spenge infine, ma lento. I monti s’abbrunano in coro:


il Sole si sveste dell’oro, la Luna si veste d’argento. Loro continuano a fantasticare.
Una delle due pensa di volare in questo quadro…

Romantica Luna fra un nimbo leggiero, che baci le chiome


dei pioppi, arcata siccome un sopracciglio di bimbo,

il sogno di tutto un passato nella tua curva s’accampa:


non sorta sei da una stampa del Novelliere Illustrato? Si perdono in questa oscurità in cui si sentono
sospese e ritorna il pensiero al poeta che le fa la corte.
Vedesti le case deserte di Parisina la bella?
Non forse non forse sei quella amata dal giovine Werther? Con carlotta si fa riferimento alla donna amata del
giovane Werner. Riferimento alla femminilità che si è
«.... mah! Sogni di là da venire!» - «Il Lago s’è fatto più denso
di stelle.» - «.... che pensi?» - «.... Non penso.» - «.... Ti piacerebbe persa. La femminilità che quel nome (Carlotta)
rimanda.
morire?»

«Sì!» - «Pare che il cielo riveli più stelle nell’acqua e più lustri.
Inchìnati sui balaustri: sognarne così, tra due cieli....»

«Son come sospesa! Mi libro nell’alto....» - «Conosce Mazzini....»


«E l’ami?...» - «Che versi divini!» - «Fu lui a donarmi quel libro, Carlotta rievoca il passato, il romanticismo, gli scali,
le carrozze

ricordi? che narra siccome, amando senza fortuna,


un tale si uccida per una, per una che aveva il mio nome.» Ritorna il poeta a parlare
Lui scambia i due romanzi, ha alluso a Werter e ora
parla dell’amata di Jacopo Ortis che è Teresa.
Carlotta! nome non fine, ma dolce che come l’essenze Le ultime lettere di Jacopo ortis sono ispirate ai dolori
resusciti le diligenze, lo scialle, la crinoline.... del giovane werter (si pensa che l’abbia plagiato)
quindi ora c’è uno scambio del personaggio.
Amica di Nonna, conosco le aiole per ove leggesti
Non ti vedo più giovane, sedicenne, pronta alla vita e
i casi di Jacopo mesti nel tenero libro del Foscolo. desiderosa di viverla. Tutto quello è passato, tutto
quello è impossibile da recuperare per Gozzano che
Ti fisso nell’albo con tanta tristezza, ov’è di tuo pugno
si sente di riuscire ad afferrare quasi un’aspettativa,
un trasporto genuino verso le cose tutto ciò resta in
la data: ventotto di giugno del mille ottocentocinquanta.
un libro di ricordi che a mano amano si ingiallisce.
Promessa di felicità che si trova solo nel passato o un
Stai come rapita in un cantico: lo sguardo al cielo profondo po’ più in là.
e l’indice al labbro, secondo l’atteggiamento romantico.

Quel giorno - malinconia - vestivi un abito rosa,


per farti - novissima cosa! - ritrarre in fotografia....

Ma te non rivedo nel fiore, amica di Nonna! Ove sei


o sola che, forse, potrei amare, amare d’amore?

L’esperimento
Carlotta è una figura che Gozzano sogna nella vita che però non può avere.
Questa mancanza è alla base dell’esperimento.
Testo più ironico di tutte le poesie di Gozzano. L’esperimento consiste nel far trasìvestire la cugina
con i vestiti di Carlotta apre riscuotiate l’immagine. Gozzano vuole provare a raggiungere quel
desiderio, a soddisfare il desiderio: possedere Carlotta.
La scena si apre vedendo il nome di lei, la firma sul quaderno di quando andava in collegio.
L’evocazione del nome (oggetto: fotografia, firma) apre l’immaginazione.

17/10

L’ipotesi
Immagine femminile per eccellenza in Gozzano è Felicita. È un testo che precede la signora felicita
ed è dedicato a lei
Rappresenta semplicità, pudore, figura candida, figura femminile desiderabile e per questo
assomiglia molto a Carlotta, è una figura genuina.
L’amica di nonna speranza era un desiderio proiettato nel passato ma che non si può fare nulla,
questo invece è un desiderio proiettato nel futuro. Ci racconta una storia, una scena in cui bozzano
si immagina che guarito dalla tubercolosi invecchia. Nell’amica di nonna speranza cera un'immagine
di gioventù mentre ora abbiamo un'immagine di un gruppo di anziani. Lui viaggia per fuggire al
viaggio ultimo: la morte. Lei vive in un mondo di semplicità, cuce, canta, mentre lui è un borghese,
intellettuale. Vivono due realtà diverse, tant’è che quando lui chiede di sposarlo lei singhiozza perché
pensa sia poveretta per lui. Alla fine, lui se ne va.
L’ipotesi ha un altro tipo di conclusione, di futuro. Lui da giovane, nel momento in cui compone il
testo immagina di essere guarito dal viaggio alle Canarie ed è andato a ritrovare felicita. È tornato
da lei e i due hanno portato a compimento la promessa di matrimonio, si sono sposati, hanno vissuto
insieme e ora vivono la loro vecchiaia. In questa immagine iena di aver trovato quella felicità che
cercava in tutta la sua vita, che si trova nella figura di Felicita. Vive una semplice vita in campagna
a Torino, villa distante dal frastuono della città dove vive semplicemente con lei, gli basta questa
esistenza, è appagato. Si immagina appagato perché è il suo sogno, la sua ipotesi. Non c’è più
da faticare.
Si immagina una sera in cui è in compagnia di felicita e i suoi amici (sono i personaggi dei colloqui:
c’è il curato, il sindaco) e chiacchierano del tempo, sono nostalgici.
Ad un certo punto c’è un discorso in cui si parla del più del meno e si parla di Odisseo, re delle
tempeste, e felicita, immagina semplice, non è una donna colta, non ha mai studiato, è attaccata
alle piccole cose, al quotidiano e nella sua semplicità non conoscendo la storia ingenuamente
domanda chi fosse lui e cosa facesse.
E dopo qualche risata degli uomini colti e letterati, le raccontano la storia di Odisseo.
Qui tutto viene stravolto perché Ulisse viene immaginato come un contemporaneo, con le necessita,
propensioni e desideri di un personaggio del 1910. Non più un veliero con una grande nave in legno
ma Ulisse viaggia a bordo di uno yacht e si immagina che il percorso compiuto da lui sia un percorso
tra spiaggia e festaiole con cui Ulisse passa del tempo di qualità. Quando è arrivata la vecchiaia e
dopo essersi fatto perdonare da Penelope va alla ricerca della fortuna in America attraversando
l’Atlantico. Nella società moderna ce bisogno dei soldi, bisogna arricchirsi e cercare la fama.
La terra che vede non è l’America ma le porte del purgatorio e la nave sprofonda a testa in giu
andando all’inferno dove Ulisse giace.
Gozzano sta prendendo in giro D’Annunzio, perché poco prima aveva intrapreso un viaggio nelle
isole greche con uno yacht e per celebrare questo suo viaggio scrive una raccolta di liriche dove si
propone il nuovo Ulisse. Gozzano sta facendo una parodia di D’Annunzio.
Rapporto dei poeti con D’Annunzio
Come dante ha un ruolo nella poetica di pascoli (domande esame)

I.

Io penso talvolta che vita, che Che vita potrei avere se la morte (la signora vestita di nulla) non si stesse avvicinando
vita sarebbe la mia,
se già la Signora vestita di
nulla non fosse per via... Tranquillità, pacatezza, non leggere romanzi, aderenza alle cose (aspetti in comune che
riprendono l’amica di nonna speranza).
E penso pur quale Signora
m’avrei dalla sorte per moglie,
se quella tutt’altra Signora non
già s’affacciasse alle soglie.

Felicita prega, digiuna, canta, è fresca, vive felicità fantesca= da cameriera. Vive secondo il suo
nome, il nome di felicita come Carlotta a cui Gozzano ispira qualcosa di più (diversa da Elena muti
tipa di D’Annunzio). Nel nome di felicita lui trova la speranza di trovare la felicità (gioco di parole)
II.

Sposare vorremmo non quella


che legge romanzi, cresciuta
tra gli agi, mutevole e bella, e
raffinata e saputa...
Ma quella che vive tranquilla,
serena col padre borghese
in un’antichissima villa remota
del Canavese...

Ma quella che prega e digiuna


e canta e ride, più fresca 5
dell’acqua, e vive con una
semplicità di fantesca,

ma quella che porta le chiome


lisce sul volto rosato
e cuce e attende al bucato e
vive secondo il suo nome:

un nome che è come uno


scrigno di cose semplici e
buone,
che è come un lavacro benigno
di canfora spigo e sapone... 10

un nome così disadorno e bello


che il cuore ne trema;
il candido nome che un giorno
vorrò celebrare in poema,

il fresco nome innocente come


un ruscello che va:
Felìcita! Oh! Veramente
Felìcita!... Felicità...

III.

Quest’oggi il mio sogno mi


canta figure, parvenze
tranquille
d’un giorno d’estate, nel mille
e... novecento... quaranta.

(Adoro le date. Le date:


incanto che non so dire, Sono cambiate delle cose e alcune sono rimaste le stesse. Non c’è più l’ansia della gioventù di
ma pur che da molto passate o doversi sistemare, di doversi costruire una vita di agio.
molto di là da venire.)

Sfioriti sarebbero tutti i sogni Casa sua era circondata da piante da frutto
del tempo già lieto 5 Quando si è vecchi non bisogna preoccuparsi di nulla, i figli hanno lasciato la casa e vivono la loro
(ma sempre l’antico frutteto vita. Ogni tanto scrivono per far sapere come va la vita
darebbe i medesimi frutti).

Sopita quell’ansia dei venti


anni, sopito l’orgoglio
(ma sempre i balconi ridenti
sarebbero di caprifoglio).

Lontano i figli che crebbero,


compiuti i nostri destini
(ma sempre le stanze
sarebbero canore di
canarini). 10 La gioia si è sposata e aspetta un bambino

Vivremmo pacifici in molto


agiata semplicità;
riceveremmo talvolta notizie
della città... Figlio impiegato e borghese

la figlia: "...l’evento s’avanza,


sarete Nonni ben presto:
entro fra poco nel sesto mio
mese di gravidanza..." Tutto normale, normalità rassicurante e senza picchi di dramma. Ecco di cos’è fatta la vita davvero,
cosa vorrebbe apprezzare Gozzano: essere felici con poco. Ma è un sogno impossibile.
il figlio: "...la Ditta ha ripreso
le buone giornate. Precoci 15
guadagni. Non è più dei soci
quel tale ingegnere svedese".

Vivremmo, diremmo le cose Si gioca a briscola


più semplici, poi che la Vita
è fatta di semplici cose, e non
d’eleganza forbita.
Dopo anni di speculazione, dopo anni a. Domandarsi il senso dell’esistenza,
Gozzano è ateo, cosa c’è di più rassicurante e borghese credere, andare a messa, avere
IV.
collegamenti con quel tipo di persone, non intellettuali.
Da me converrebbero a sera il
Sindaco e gli altri ottimati,
e nella gran sala severa si
giocherebbe, pacati.

Da me converrebbe il Curato,
con gesto canonicale.
Sarei - sui settanta - tornato
nella gioventù clericale,

poi che la ragione sospesa a


lungo sul nero Infinito5
non trova migliore partito che Tornano gli amici della gioventù ormai trasformati, c’è chi ha i capelli grigi, chi non li ha più.
ritornare alla Chiesa.

V.

Verreste voi pure di spesso, da


lungi a trovarmi, o non vinti
ma calvi grigi ritinti superstiti
amici d’adesso... Come loro sono cambiati anche Gozzano è cambiato, quante volte ha cambiato idea,
trasformazione continua nel corso dell’esistenza.
E tutta sarebbe per voi la casa
ricca e modesta;
si ridesterebbero a festa le sale
ed i corridoi... Tema sala da pranzo. Noi ci siamo ancora. E ci godiamo i piaceri della vita.
Semplicità nel godere la fetta di torta, del vino, tanto più si va avanti con l’età bisogna evitare
Verreste, amici d’adesso, per qualche sgarro.
ritrovare me stesso, 5
ma chi sa quanti me stesso
sarebbero morti in me stesso!

Che importa! Perita gran parte


di noi, calate le vele,
raccoglieremmo le sarte
intorno alla mensa fedele.
Si immagina la villa spoglia, non aristocratica, i lampadari di cristallo. La cucina. Casta, semplice,
essenziale come un refettorio che però rimanda questa immagine di una cucina dei nonni e ricorda
Però che compita la favola a lui com’era la cucina dei nonni quando andava in visita e percepiva degli odori e profumi
umana, la Vita concilia tipicamente della casa dei nonni.
la breve tanto vigilia dei nostri
sensi alla tavola. 10

Ma non è senza bellezza


quest’ultimo bene che avanza
ai vecchi! Ha tanta bellezza la
sala dove si pranza!

La sala da pranzo degli avi più


casta d’un refettorio
e dove, bambino, pensavi tutto
un tuo mondo illusorio.

La sala da pranzo che sogna


nel meriggiar sonnolento 15
tra un buono odor di cotogna,
di cera da pavimento,

di fumo di zigaro, a nimbi... La


sala da pranzo, l’antica C’è una bella temperatura, è una calda sera d’estate e si mangia fuori.
amica dei bimbi, l’amica di
quelli che tornano bimbi!

VI.

Ma a sera, se fosse deserto il


cielo e l’aria tranquilla
si cenerebbe all’aperto, tra i
fiori, dinnanzi alla villa.

Non villa. Ma un vasto edifizio


modesto dai piccoli e tristi
balconi settecentisti fra il
rustico ed il gentilizio...

Si cenerebbe tranquilli
dinnanzi alla casa modesta 5
nell’ora che trillano i grilli, che
l’ago solare s’arresta

tra i primi guizzi selvaggi dei


pippistrelli all’assalto
e l’ultime rondini in alto,
garrenti negli ultimi raggi. Ci sono gli amici, si chiacchiera e, per attaccare bottone, si parla del tempo.

E noi ci diremmo le cose più


semplici poi che la vita Botta e risposta, non sappiamo chi parla e dialoghi che rendono narrativa la scena.
è fatta di semplici cose e non Forse arriverà un temporale, e il monaco benedettino si mette il cappuccio per sottolineare il
cambio di meteo.
d’eleganza forbita: 10

"Il cielo si mette in corruccio... È caduto un insetto nel bicchiere


Si vede più poco turchino..."
"In sala ha rimesso il
cappuccio il monaco
benedettino." Felicita fa la sua comparsa che viene descritta muoversi tra gli ospiti.

"Peccato!" - "Che splendide


sere!" - "E pur che domani si
possa..."
"Oh! Guarda!... Una
macroglossa caduta nel tuo
bicchiere!" Felicita è sempre in movimento, attiva, precisa, si impegna e fa avanti e indietro dalla sala da
pranzo per controllare che le cuoche non brucino nulla.
Mia moglie, pur sempre
bambina tra i giovani capelli
bianchi, 15
zelante, le mani sui fianchi
andrebbe sovente in cucina. Porta in alto il dolce come un trofeo, perché è fiera della crostata.
Cliché di una cena tra persone semplici.
"Ah! Sono così malaccorte le
cuoche... Permesso un istante" Arriva il contadino che porta un cesto di frutta appena raccolta.
per vigilare la sorte d’un dolce
pericolante...

Riapparirebbe ridendo fra i


tronchi degli ippocastani Il frutto è la bellezza semplice che si può cogliere, di cui si può godere, per cui non serve una
vetusti, altoreggendo l’opera estenuante ricerca per arrivare ad avere l’oggetto prezioso. È incertezza del fiore, realtà concentra
delle sua mani. 20 di cui tutti possono godere: basta poco, dice Gozzano.

E forse il massaio dal folto


verrebbe del vasto frutteto,
recandone con viso lieto La felicità per lui è questa: mangiare la mela dal proprio melo.
l’omaggio appena raccolto.

Bei frutti deposti dai rami in


vecchie fruttiere custodi Elenco dei frutti
ornate a ghirlande, a episodi
romantici, a panorami!

Frutti! Delizia di tutti i sensi!


Bellezza concreta 25
del fiore! Ah! Non è poeta chi
non è ghiotto dei frutti!
E l’uve moscate più bionde
dell’oro vecchio; le fresche
susine claudie, le pesche gialle
a metà rubiconde,

l’enormi pere mostruose, le


bianche amandorle, i fichi Nostalgia
incisi dai beccafichi, le mele
Parlano di relazioni passate, infatuazioni, di chi non c’è più, amici d’infanzia. Quadro banale
che sanno di rose 30

emanerebbero, amici, un tale


aroma che il cuore Sfingi: farfalle notturne. Epistole tomologiche: studia ogni tipo di farfalla
ricorderebbe il vigore dei Sfingi testa di morto. Suggestiva per lui perché rappresenta la morte
nostri vent’anni felici.

E sotto la volta trapunta di Si parla di amore


stelle timide e rare
oh! dolce resuscitare la
giovinezza defunta!

Parlare dei nostri destini, Si parla di letteratura


parlare di amici scomparsi 35 Si dice che anche la letteratura invecchia
(udremmo le sfingi librarsi sui
cespi di gelsomini...)
Hanno nominato gli eroi ed esce il nome del re delle tempeste
Parlare d’amore, di belle d’un
tempo... Oh! breve la vita!
(la mensa ancora imbandita
biancheggierebbe alle stelle).

Parlare di letteratura, di versi


del secolo prima:
"Mah! Come un libro di rima
dilegua, passa, non dura!" 40 Felicia capta il nome del re delle tempeste e domanda chi è e cosa facesse. “Donnina che pensa”
è ironica, tirata maschilista (anche se non troppo, perché si rivolge a lui in modo tenero e di invidia)
"Mah! Come son muti gli eroi perché lei non è colta. Fatti nel verso dopo le dà dell’ignorante.
più cari e i suoni diversi!
È triste pensare che i versi
invecchiano prima di noi!"

"Mah! Come sembra lontano


quel tempo e il coro febeo
con tutto l’arredo pagano, col
Re-di-Tempeste Odisseo..."

Or mentre che il dialogo ferve


mia moglie, donnina che
pensa, 45
per dare una mano alle serve
sparecchierebbe la mensa.

Pur nelle bisogna modeste


ascolterebbe curiosa;
- "Che cosa vuol dire, che cosa
faceva quel Re-di-Tempeste?"

Allora, tra un riso confuso (con


pace d’Omero e di Dante)
diremmo la favola ad uso della
consorte ignorante. 50

Il Re di Tempeste era un tale


che diede col vivere scempio
un bel deplorevole esempio
d’infedeltà maritale,
che visse a bordo
d’un yacht 55
toccando tra liete brigate
le spiaggie più frequentate
dalle famose cocottes...
Già vecchio, rivolte le vele
al tetto un giorno lasciato, 60
fu accolto e fu perdonato
dalla consorte fedele...
Poteva trascorrere i suoi Non si può vivere senza denaro, voi siete uomini contemporanei e non potete vivere senza.
ultimi giorni sereni,
contento degli ultimi beni 65
come si vive tra noi...
Ma né dolcezza di figlio,
né lagrime, né pietà
del padre, né il debito amore
Prende in giro D’Annunzio. (Detto prima)
per la sua dolce metà 70
gli spensero dentro l’ardore
della speranza chimerica
e volse coi tardi compagni
cercando fortuna in America...
- Non si può vivere senza 75
danari, molti danari...
Considerate, miei cari
compagni, la vostra semenza! -
Vïaggia vïaggia vïaggia
vïaggia nel folle volo 80
vedevano già scintillare
le stelle dell’altro polo...
vïaggia vïaggia vïaggia Il sogno di Gozzano continua e pensa che cosa avrebbe potuto riservargli la vecchiaia.
vïaggia per l’alto mare:
si videro innanzi levare 85
un’alta montagna selvaggia...
Non era quel porto illusorio
la California o il Perù,
ma il monte del Purgatorio
che trasse la nave all’in giù. 90
E il mare sovra la prora
si fu rinchiuso in eterno.
E Ulisse piombò nell’Inferno
dove ci resta tuttora...

Io penso talvolta che vita, che


vita sarebbe la mia, 95
se già la Signora vestita di
nulla non fosse per via.
Io penso talvolta...

23/10

Totò Merùmeni – i colloqui


Una dele caratteristiche della poetica di bozzano, nel mettere tanti personaggi pensa di fare tanti
alter ego. Questi vanno in due direzioni
- Positiva, gozzzno immagina un gemello sano, forte, vitale (il più atto, adatto alla vita, colui
che ha davvero una chance e la coglie)
- Negativa: Totò merùmeni è un alter ego gozzaniano che però rinuncia alla vocazione
letteraria, rinuncia al sogno. È il gemello disilissuso che deve fare conto al mondo illuso della
realtà. L suo nome in realtà è una traslitterazione comica di un espressione greca che
significa “il punitore di se stesso”, colui che fa la propria rovina, che si distrugge con le stesse
mani. Protagonista di una commedia di Terenzio (?) e poesia di Baudelaire.

La storia di Totò
Lui abita in una villa (primo elemento che ci fa capire che e un altererò di bozzano è che la villa è
del nonno di bozzano), splendida, molto frequentata dall elite della società del 1850 e che adesso è
una villa in decadenza nella periferia torinese. Quest villa è invecchiata, morto il nonno è disabitata
per molti anni e dopo vari anni toto ci è tornato a vivere,dopo che ha attraversato questa disillusione
della vocazione letteraria.
Lui dopo anni di studi doveva andare a lavorare ma che non ripagava. Nella società borghese e
moderna non è ne una professione di prestigio ne remunerata.
Quando lui si trova a scegliere tra il lavoro vero e la vocazione poetica e Totò sceglie l’esilio. Lui si
chiude in questa villa vivendo una vita semplice consumando il denaro che aveva. Disposizione dalla
famiglia e viveva una vita inoperosa scrivendo versi solo per se stesso (versi consolatori).
In questo toto presenta un’immagine dell’auto esiliato, rinuncia a vivere la vita che ci si aspetta da
lui (ossia una vita operosa, intenta al commercio, bottega… una vita vera!)
Tutti i sogni di Totò si infrangono. Vive una vita triste.
Qui bozzano scrive il percorso di rinuncia di Totò ma anche….?

I. Descrizione della villa

La villa per eccellenza, libro della scuola che ti


Col suo giardino incolto, le sale vaste, i bei insegna le cose più semplici, elementari. Adesso,
balconi secentisti guarniti di verzura, invecchiata pensa a migliori gironi a quando era
una villa vitale, frequentata, gruppi di visitatori,
la villa sembra tolta da certi versi miei,
banchetti
sembra la villa-tipo, del Libro di Lettura....

Pensa migliori giorni la villa triste, pensa


gaie brigate sotto gli alberi centenari,
banchetti illustri nella sala da pranzo immensa
e danze nel salone spoglio da gli antiquari.

Ma dove in altri tempi giungeva Casa Ansaldo, Mentre arrivavano le carrozze delle casate, dei
Casa Rattazzi, Casa d’Azeglio, Casa Oddone, nobili alla villa, adesso arriva un’automobile (1911),
s’arresta un automobile fremendo e sobbalzando, e bussano alla porta. Qualcuno va ad aprire, si
sente un passo (animale domestico).
villosi forestieri picchiano la gorgòne.
La porta si schiude e la gente vede che vive Totò e
vede una amsdre malata, zio demente = famiglia
S’ode un latrato e un passo, si schiude cautamente con cui Totò vive.
la porta.... In quel silenzio di chiostro e di caserma
vive Totò Merùmeni con una madre inferma,
una prozia canuta ed uno zio demente. Descrizione Totò

Gozzano aveva 25 anni quando aveva scritto


II.
questo testo e per questo si pensa che Totò
rappresentasse un alter ego. (Lui pensa che dopo i
25 anni inizia il declin, già il tempo della giovinezza
Totò ha venticinque anni, tempra sdegnosa, è finito)
Scarso cervello scarsa morale
molta cultura e gusto in opere d’inchiostro,
Totò non è dante, non è un poeta illuminato. Per
scarso cervello, scarsa morale, spaventosa questo Totò sceglie di ritrarsi, le forze gli mancano,
chiaroveggenza: è il vero figlio del tempo nostro. non è il più atto. Lui è un figlio del 1900, sia per
come si trova a vivere (società in cui bisogna
alvorare) ma anche per il suo carattere.
Non ricco, giunta l'ora di «vender parolette» Lui, non ricco, giunta l’ora di fare della propria
(il suo Petrarca!...) e farsi baratto o gazzettiere, vocazione la propria professione (il suo Petrarca
Totò scelse l’esilio. E in libertà riflette perché amava il canzoniere), o di farsi
commerciante (giornalista senso negativo, che va a
ai suoi trascorsi che sarà bello tacere.
vendere gazzette sulla strada) lui scelse l’esilio e di
ritrarsi nella villa. Adesso è libero e nessuno gli
Non è cattivo. Manda soccorso di danaro chiede niente, vive la sua vita in tranquillità.
al povero, all’amico un cesto di primizie;
non è cattivo. A lui ricorre lo scolaro Totò non è cattivo, non è egoista.
pel tema, l’emigrante per le commendatizie.
Intellettuale (gelido), gozzano fa ironia su questa
bontà. Chi si dice buono in realtà è un inetto. La
Gelido, consapevole di sè e dei suoi torti,
bontà non paga nella società moderna.
non è cattivo. È il buono che derideva il Nietzsche Rima è l’elemento importante, da il rimo nel testo
«....in verità derido l’inetto che si dice poetico (Nietzsche dice abbassa l’aulicità)
buono, perchè non ha l’ugne abbastanza forti....»
Gozzano non vive solo con questa famiglia ma
anche con animaletti con cui gioca sull’erba
Dopo lo studio grave, scende in giardino, gioca Makakita è una scimmietta e questi compagni sono
coi suoi dolci compagni sull’erba che l’invita; gli altri personaggi di cui si circonda: gatto,
scimmia, ghiandaia. Passa le sue giornate così,
i suoi compagni sono: una ghiandaia rôca,
studia un po e poi gioca in giardino. Non è cattivo…
un micio, una bertuccia che ha nome Makakita....

III.
La vita ha tolto a Totò tutte le speranze che
sognava da giovane (attrici, principesse slave
forestiere esotiche) e ora le relazioni uniche che
La Vita si ritolse tutte le sue promesse.
Totò intrattiene è una frequentazione con questa
Egli sognò per anni l’Amore che non venne, 18enne che vive nella casa.
sognò pel suo martirio attrici e principesse,
ed oggi ha per amante la cuoca diciottenne.
= scena di purezza e gioventù che è densa di
significato.
Intrattengono una notte d’amore. Felicità
Quando la casa dorme, la giovinetta scalza, quotidiana.
fresca come una prugna al gelo mattutino,
giunge nella sua stanza, lo bacia in bocca, balza
su lui che la possiede, beato e resupino....

Lui non riesce ad essere felice, perché la tabe


IV.
letteraria non gli permette di assorbire la felicità.
L’hanno lentamente bruciato la capacità di vivere,
del gioire del poco, della semplciità del quotidiano.
Come le rovine del fuoco, le braci dopo l’incendio,
Totò non può sentire. Un lento male indomo
c’è qualcosa che luccica nel camino quasi spento.
inaridì le fonti prime del sentimento; Dopo l’incendio qualcosa ancora brilla, cosi come
l’analisi e il sofisma fecero di quest’uomo Totò anima bruciata dalla letteratura si consola
ciò che le fiamme fanno d’un edificio al vento. producendo qua e la dei versi che non sono
destinati al pubblico ma fini a se stessi (come il
commesso farmacista però lui è un letterato)
Ma come le ruine che già seppero il fuoco
esprimono i giaggioli dai bei vividi fiori,
quell’anima riarsa esprime a poco a poco
una fiorita d’esili versi consolatori....
L’esilio è tutto ciò che gli rimane dopo tristi vicende.
V. Non lo rende felice, quasi, al felciità forse sta in
quell’isolamento, un sogno che però si è infranto
per sempre e medita come un eremita.
Così Totò Merùmeni, dopo tristi vicende, La vita dello spirito, la vita vera= la letteratura
quasi è felice. Alterna l’indagine e la rima. Il tempo passa in fretta
Chiuso in sè stesso, medita, s’accresce, esplora, intende
la vita dello Spirito che non intese prima. Lui scrive in disparte auto esiliato, sorride (ma è un
sorriso malinconico davanti alla disfatta come per
dire ok ce l’ho fatta), aspetta e vive, aspettando di
Perchè la voce è poca, e l’arte prediletta morire.
immensa, perchè il Tempo - mentre ch’io parlo! - va,
Totò opra in disparte, sorride, e meglio aspetta.
E vive. Un giorno è nato. Un giorno morirà.

Tenerezza e lato tragico. Idea rinuncia, imposbilità ad amare, svolgersi della storia, mettere
vari personaggi, immagine della scimmia, tema impossibilità del lavoro, concretezza della
moneta e lavoro vs ciò che non e spendibile (letteratura, poesia) ciò che fa ridere i borghesi.

La via del rifugio (1907)


Altro personaggio, Marta. Diversa rispetto alle altre donne che gozzano incontra, non è oggetto di
desidero ma diventa una sibilla, una divinità, colei che potrebbe rivelare a Gozzano il suo destino.

Elenco di arredamento, c’è una volpe che fa da soprammobile, ci sono delle stampe dell’uccisione
del Dürer, malinconica, soggetto che si tiene la testa sul mento, tutta l’atmosfera assume connotati
magici, onirici. C’è profumo di sigarette egizie, essenze, diventa antro della sibilla il salotto di Marta.
Lei ha un tagliacarte e sta tagliando le pagine di un libro.
Gozzano preso da questo ambiente onirico comincia a fantasticare domandandosi qual è il libro che
occupa così tanto Marta.. quel libro è un po’ il libro degli oracoli, una volta aperto potrebbe dire cosa
succederà, qual è il destino di gozzano.
Lui parla da solo, come se parlasse con Marta ma Marta non lo guarda e comincia a lamentarsi della
sua impossibilità di amare. Scocca la mezzanotte (l’ora delle fate)
Il responso. Descrizione casa
Scena inizia in medias res, la scena diventa
fantastica a partire dell’arredamento
«Or vado, Marta; suona la mezzanotte...» O casa Scocca la mezzanotte, ci sono oggetti particolari:
di pace, o dolce casa di quell’amica buona... fiori, carte, volumi, stampe, volpe col naso allinsù.
Profumo (nell’ipotesi si parla del profumo della
cucina, in felicita che lo riporta a quando era
L’alta lucerna ingombra segnava in luce i rari bambino ed essenze parigine, esotiche)
pizzi dei suoi velari, ergendosi nell’ombra 4 Ha una tunica, è una specie di divinità.
Sotto quella chioma (ha i capelli raccolti)
come un piccolo sole... Durava nella stanza
l’eco d’una speranza data senza parole.

Nella zona di luce v’erano fiori, carte,


volumi, sogni d’arte... Contro una stampa truce 8

del Durero, una grigia volpe danese il terso


muso tendeva verso l’alto, con cupidigia.

C’era un profumo mite che mi tornava bimbo:


... un gracile corimbo di primule fiorite. 12

E c’era una blandizie mondana acuta fine:


... di essenze parigine, di sigarette egizie...
C’era un profumo forte che inebbriava i sensi:
... i bei capelli densi come matasse attorte... 16

Sotto il prodigio nero di quella chioma unica,


vestita di una tunica molle, di foggia «impero»,
Tagliava le pagine

Marta teneva gli occhi assorti ed un pugnale


fra mano, e non so quale volume sui ginocchi. 20

Tagliava, china in non so che taciturna indagine,


lentamente le pagine del gran volume intonso. Questa operazione già allude a una violenza sul
libro (lei con il pugnale e taglia tra un a pagina e
l’altra e non lo ascolta)
«La mezzanotte, Marta...» Non mi rispose, udivo
soltanto il ritmo vivo del ferro nella carta. 24 Marta la vede nel mistero e pensa che magari se lui
esponesse la sua problematica magari lei potrebbe
dire la verità.
La taciturna amica con quel volume austero
Marta è una figura con la quale ci si può confidare.
m’apparve nel mistero d’una sibilla antica.

«Se le dicessi? Sa ella, forse, il responso,


forse nel libro intonso legge la Verità!» 28

E a quella donna, avezza a me come a un fratello


Si lamenta.
buono, mi parve bello dire la mia tristezza.
Un artefice maligno ha preso la chiave. E l’ha
gettata, ha preso la chiave che apre la possibilità di
«Ah! Se potessi amare! — Vi giuro, non ho amato sentire qualcosa.
ancora: il mio passato è di menzogne amare. 32

— Mi piacquero leggiadre bocche, ma non ho pianto


mai, mai per altro pianto che il pianto di mia Madre.

Come una sorte trista è sul mio cuore, immagine


(se vi piace l’immagine un poco secentista) 36

d’un misterioso scrigno d’ogni tesoro grave,


me ne gittò la chiave l’artefice maligno,

Se qualcuna possiede la chiave di questo scrigno,


l’artefice maligno, in chi sa quali abissi...
per lei ci sarebbero tutte le gioie di un sentimento
Marta, se rinvenissi la chiave dello scrigno! 40 appena aperto come i fiori che sbocciano nel
deserto.
Se al cuore che ricusa d’aprirsi, una divota
rechi la chiave ignota dentro la palma chiusa,

Marta di che sono buono, non cattivo. Gozzano dice:


per lei che nel deserto farà sbocciare fiori ho avute troppe storie d’amore e me ne sono
saran tutti i tesori d’un cuore appena aperto. 44
approfittto con al scusa che prima o poi avrebbe
trovata quella giusta (si sta giustificando)
Perchè, Marta, non sono cattivo, non è vero?
O Marta non è vero, dite, che sono buono? La aveva cercata nelle mani di tante donne, non
avendola trovata e quindi si accontwentava di quello
che cera, rapporto carnale (gozzano che finge di
Molte mani soavi apersi a poco a poco
essere un giovane romantico e invece l’abbandona
come si fa nel gioco, ma non trovai le chiavi. 48 perchè sa di non esserlo)

O dita appena tocche, forse amerò domani! Questa menzogna pesa.


e abbandonai le mani e ribaciai le bocche...

Ma pesa la menzogna terribilmente! O maschera


fittizia che mi esaspera nell’anima che sogna! 52

Perchè, Marta, non sono cattivo, non è vero? Sentiva di amarle tutte ma non è cattivo perché non
O Marta non è vero, dite, che sono buono? sente un sentimento. Lui sente un sentimento di
tenerezza che le fa amare tutte. Pensa che con
questa dichiarazione ingenua adolescente pensa
Tutte, persin le brutte, mi danno un senso lento che Marta si metta a ridere. “Cosa vuoi che sia
di tenerezza... Sento» — risi — «di amarle tutte! 56 ingannare una giovane”
Nb. Ha in mano un coltello
Non sorridete, Marta?» Non sorrideva. Udivo
Forse gli può dire la verità.
soltanto il ritmo vivo del ferro nella carta.

Spero sia un sentimento vero, e si domanda se


E ripensavo: — Sa ella, forse, il responso,
l’amore arriverà.
forse nel libro intonso legge la Verità. — 60

«Nel cuore senza fuoco già l’anima è più stanca,


più d’un capello imbianca, qui, sulla tempia, un poco.

Ogni sera più lunge qualche bel sogno è fatto:


aspetta il cuore intatto l’amore che non giunge. 64

O beva chi non beve, doni chi si rifiuta


prima che sia compiuta la mia favola breve!

Fanciullo, e verrai tu, compagno alato della


seconda cosa bella — il non essere più — 68

Arriverà anche per me l’amore?


verrai con bende e dardi, anche, Fanciullo, a me? Sta immaginando che lei ha finto di tagliare, ha
O amare prima che si faccia troppo tardi! aperto il libro e ha trovato una risposta

L’amore giungerà, Marta?» (Nel Libro intonso,


pensavo, ecco il responso lesse di Verità) 72

«l’Amore come un sole» (durava nella stanza


l’eco d’una speranza data senza parole) Lui vede speranza, che lei gli dica che possa trovare
l’amore vero. Se pure. è il mio male, questo (tisi) si
può guarire. Se si può guarire l’amore arriverà.
«irraggerà l’assedio dell’anima autunnale,
se pure questo male non è senza rimedio...» 76 Finale tragico, schietto. Ha un pugnale, toglie il
pugnale dalla carta e glielo porge. Se è cosi
necessario avere un risponso, ucciditi.
Ella dal Libro, in quiete, tolse l’arme, mi porse
l’arme. Rispose: «Forse! — Perchè non v’uccidete?».
Mani, bocche, scrigno, la chiave… è una risposta definitiva sul senso della vita. La verità anon la
possiamo sapere, nemmeno la sibilla lo sa. Se la vita non ci dice niente tutto ciò che possiamo fare
è togliersela. Si vive con la non certezza rispetto a l futuro, noi sappiamo di non sapere. Il responso
di verità non c’è e non ce lo da nemmeno al poesia, la letteratura, il letteralismo.. l’uomo del 900 è
un uomo senza certezze. Questo finale spegne qualsiasi possibikità di certezze.
Marta è un personaggio particolare, non è la classica controparte femminile che crede a gozzano e
si fa schernire e usare. È colei che lo smentisce.

Gozzano è un serpente che si morde la coda in chiave onirica, racconto di una scena, uso del
dialogo, tema: imposbilita di amare per eccesso di intellettualismo, tragicità mascherata da comico
che poi esplode nella morte ?
Non è solo ironia, ma non è solo ironia.
“Non sono cattivo” agisce in gozzano stesso, gioca con i suoi testi (viene anche dal testo di prima di
Totò)

Lezione 24/10 – la signorina Felicita


È stato scritto il 10 luglio (ossessione per le date, come ne ‘’L’amica di nonna Speranza’’), giorno
dell’onomastico di Felicita. Gozzano pensa come lei stia trascorrendo questa giornata. Il termine
signorina riprende il fatto che lei non sia ancora sposata.
Gozzano parla con sé stesso attraverso la poesia. Come in un romanzo, contestualizza l’ambiente
paesistico e famigliare.
Poli opposti che Gozzano si diverte a far scontrare, da qui si genera l’ironia.
LA SIGNORINA FELICITA
OVVERO
LA FELICITÀ.
10 luglio: Santa Felicita. --> Ossessione per le date

i.
Signorina Felicita, a quest’ora
scende la sera nel giardino antico --> Atmosfera serale nel giardino, descrizione della casa dove
3della tua casa. Nel mio cuore amico i due si sono conosciuti. Era una villa di splendore con un
scende il ricordo. E ti rivedo ancora, vasto giardino, alberi da frutto, poltrone eleganti...
e Ivrea rivedo e la cerulea Dora
6e quel dolce paese che non dico. Splendore della vitalità di ieri VS Malinconia del ricordo

Signorina Felicita, è il tuo giorno!


A quest’ora che fai? Tosti il caffè:
9e il buon aroma si diffonde intorno?
O cuci i lini e canti e pensi a me,
all’avvocato che non fa ritorno?
12E l’avvocato è qui: che pensa a te. --> Avvocato (mestiere prestigioso) vs Poeta
Pensa i bei giorni d’un autunno addietro,
Vill’Amarena a sommo dell’ascesa --> La Marchesa era l’ex-proprietaria della Vill’Amarena,
15coi suoi ciliegi e con la sua Marchesa una villa immaginata ispirandosi al Meleto
dannata, e l'orto dal profumo tetro
di busso e i cocci innumeri di vetro --> Rimando al cimitero (tema della morte)
18sulla cinta vetusta, alla difesa....

Vill’Amarena! Dolce la tua casa


in quella grande pace settembrina!
21La tua casa che veste una cortina
di granoturco fino alla cimasa:
come una dama secentista, invasa
24dal Tempo, che vestì da contadina.

Bell’edificio triste inabitato! --> Suggestività dell’edificio antico e inabitato


Grate panciute, logore, contorte!
27Silenzio! Fuga delle stanze morte!
Odore d’ombra! Odore di passato! --> Gozzano presta particolare attenzione agli odori
Odore d’abbandono desolato!
30Fiabe defunte delle sovrapporte! --> Figure mitologiche affrescate sull’architrave della porta d’ingresso
Ercole furibondo ed il Centauro,
la gesta dell’eroe navigatore,
33Fetonte e il Po, lo sventurato amore
d’Arianna, Minosse, il Minotauro, --> Elenco dei personaggi mitologici, rimando al passato
Dafne rincorsa, trasmutata in lauro
36tra le braccia del Nume ghermitore....

Penso l’arredo - che malinconia! -


penso l’arredo squallido e severo,
39antico e nuovo: la pirografia
sui divani corinzi dell’Impero,
la cartolina della Bella Otero
42alle specchiere.... Che malinconia!

Antica suppellettile forbita!


Armadi immensi pieni di lenzuola --> Arredamento antico
45che tu rammendi pazïente.... Avita
semplicità che l’anima consola,
semplicità dove tu vivi sola --> Genuinità, semplicità e purezza nella sottomissione al padre
48con tuo padre la tua semplice vita!

ii.
Quel tuo buon padre - in fama d’usuraio -
quasi bifolco, m’accoglieva senza --> Il padre persegue il proprio utile nell’ambito lavorativo
3inquietarsi della mia frequenza, e finanziario. L'ipotecario è morto e la famiglia di Felicita
mi parlava dell’uve e del massaio, rischia la bancarotta. Il padre chiude un po’ l’occhio per la
mi confidava certo antico guaio frequentazione della figlia perché l’avvocato l’avrebbe
6notarile, con somma deferenza. aiutato con la burocrazia.

«Senta, avvocato....» E mi traeva inqueto


nel salone, talvolta, con un atto
9che leggeva lentissimo, in segreto. Apparenza (avvocato) VS Sostanza (animo di poeta)
Io l’ascoltavo docile, distratto --> IRONIA
da quell’odor d’inchiostro putrefatto,
12da quel disegno strano del tappeto,
da quel salone buio e troppo vasto....
«.... la Marchesa fuggì.... Le spese cieche....» --> Alternazione tra pensiero e discorso attraverso frasi
15da quel parato a ghirlandette, a greche.... brevi e concise. Momenti di distrazione.
«dell’ottocento e dieci, ma il catasto....»
da quel tic-tac dell’orologio guasto....
18«....l’ipotecario è morto, e l’ipoteche....»

Capiva poi che non capivo niente


e sbigottiva: «Ma l’ipotecario
21è morto, è morto!!...» - «E se l’ipotecario Contemplazione della natura VS Mondo borghese
è morto, allora....» Fortunatamente
tu comparivi tutta sorridente:
24«Ecco il nostro malato immaginario!» --> Titolo di una commedia di Molière

iii.
Sei quasi brutta, priva di lusinga --> Felicita non rispetta i canoni di bellezza dell’epoca; passa le
nelle tue vesti quasi campagnole, giornate facendo faccende di casa. Ha i capelli d’oro raccolti
3ma la tua faccia buona e casalinga, in piccole trecce; riferimento alla bellezza fiamminga, dove le
ma i bei capelli di color di sole, donne venivano rappresentate in ambienti domestici.
attorti in minutissime trecciuole,
6ti fanno un tipo di beltà fiamminga....

E rivedo la tua bocca vermiglia


così larga nel ridere e nel bere,
9e il volto quadro, senza sopracciglia,
tutto sparso d’efelidi leggiere
e gli occhi fermi, l’iridi sincere --> L’azzurro è un colore nobile che però qui viene paragonato
12azzurre d’un azzurro di stoviglia.... alle stoviglie, oggetto comune e quotidiano.
Tu m’hai amato. Nei begli occhi fermi --> Lui apprezzava che lei fosse invaghita di lui più di quanto
rideva una blandizie femminina. volesse essere corrisposto dalle donne che era solito
15Tu civettavi con sottili schermi, frequentare, cioè le femmes-fatale.
tu volevi piacermi, Signorina:
e più d’ogni conquista cittadina
18mi lusingò quel tuo voler piacermi!

Ogni giorno salivo alla tua volta


pel soleggiato ripido sentiero.
21Il farmacista non pensò davvero --> Il commesso farmacista li fece conoscere; nessuno si sarebbe
un’amicizia così bene accolta, aspettato che sarebbero diventati così buoni amici.
quando ti presentò la prima volta
24l’ignoto villeggiante forestiero.

Talora - già la mensa era imbandita -


mi trattenevi a cena. Era una cena
27d’altri tempi, col gatto e la falena --> Acherontia Atrophos: cattivo presagio, elemento di contrasto nella
e la stoviglia semplice e fiorita scena tranquilla e conviviale.
e il commento dei cibi e Maddalena --> Serva anziana
30decrepita, e la siesta e la partita....
Per la partita, verso ventun’ore
giungeva tutto l’inclito collegio
33politico locale: il molto Regio
Notaio, il signor Sindaco, il Dottore; --> Il notaio, il sindaco e il dottore si riuniscono per giocare a carte.
ma - poichè trasognato giocatore - Gozzano preferiva starsene in cucina tra gli odori suggestivi delle
36quei signori m’avevano in dispregio.... classiche cucine campagnole, in compagnia di Felicita.

M’era più dolce starmene in cucina


tra le stoviglie a vividi colori:
39tu tacevi, tacevo, Signorina:
godevo quel silenzio e quegli odori --> Gli odori consolano il suo animo dalla frenesia della vita moderna
tanto tanto per me consolatori,
42di basilico d’aglio di cedrina....

Maddalena con sordo brontolio


disponeva gli arredi ben detersi,
45rigovernava lentamente ed io, --> Mentre Gozzano scrive, Felicita sistema le stoviglie
già smarrito nei sogni più diversi,
accordavo le sillabe dei versi
48sul ritmo eguale dell’acciottolio.
Sotto l’immensa cappa del camino
(in me rivive l’anima d’un cuoco
51forse....) godevo il sibilo del fuoco; --> In sottofondo si sente il bruciare della legna nel camino e il
la canzone d’un grillo canterino canto di un grillo
mi diceva parole, a poco a poco,
54e vedevo Pinocchio, e il mio destino....

Vedevo questa vita che m’avanza: --> Mentre ricorda la morte vicina, si consola con la visione di
chiudevo gli occhi nei presagi grevi; Felicita.
57aprivo gli occhi: tu mi sorridevi,
ed ecco rifioriva la speranza!

Giungevano le risa, i motti brevi --> Ritorno alla realtà


60dei giocatori, da quell’altra stanza.
iv.
--> Il solaio è un luogo tipico del crepuscolarismo. Tra gli oggetti troviamo una tela che raffigura la dama, ex-marchesa della villa. Tra le
stampe ce n’è una che rappresenta Torquato Tasso con una corona d’alloro; Felicita scambia questa corona con un ramo di ciliegio. Gozzano ride
così tanto che arresta il passo dalla visita della soffitta. Si fermano a contemplare il paesaggio che si colora con il tramonto. Il poeta vorrebbe
fermare il tempo però non può perché è già ora di cena e Felicita, più concreta e religiosa, lo esorta a scendere.
La dama della villa si fa ritrarre in una tela in una posa erotica pur non avendo abbastanza denaro da sfamarsi (apparenza borghese VS triste
verità, Madame Bovary).

Bellezza riposata dei solai


dove il rifiuto secolare dorme!
3In quella tomba, tra le vane forme --> Descrizione del solaio vecchio e desueto
di ciò ch’è stato e non sarà più mai,
bianca bella così che sussultai,
6la Dama apparve nella tela enorme:

«È quella che lasciò, per infortuni,


la casa al nonno di mio nonno.... E noi --> Racconto della storia della Marchesa. Questo quadro porta
9la confinammo nel solaio, poi sfortuna; alcuni sostengono di averla vista girare nei corridoi
che porta pena.... L’han veduta alcuni della casa. La villa fu ereditata dal nonno del nonno di Felicita.
lasciare il quadro; in certi noviluni
12s’ode il suo passo lungo i corridoi....»
Il nostro passo diffondeva l’eco
tra quei rottami del passato vano,
15e la Marchesa dal profilo greco,
altocinta, l’un piede ignudo in mano, --> Rievocazione dell’antica Grecia, nobiltà decaduta (peplo
si riposava all’ombra d’uno speco indossato da Felicita)
18arcade, sotto un bel cielo pagano.

Intorno a quella che rideva illusa


nel ricco peplo, e che morì di fame,
21v’era una stirpe logora e confusa:
topaie, materassi, vasellame,
lucerne, ceste, mobili: ciarpame
24reietto, così caro alla mia Musa!

Tra i materassi logori e le ceste


v’erano stampe di persone egregie;
27incoronato delle frondi regie --> Stampa di Torquato Tasso, Felicita fraintende perché
v’era Torquato nei giardini d’Este. distante dall’ambiente speculativo letterario.
«Avvocato, perchè su quelle teste
30buffe si vede un ramo di ciliegie?»
Io risi, tanto che fermammo il passo,
e ridendo pensai questo pensiero:
33Oimè! La Gloria! un corridoio basso, --> Snaturazione, ottica estranea al mondo poetico; Tasso viene
tre ceste, un canterano dell’Impero, paragonato a una testa buffa.
la brutta effigie incorniciata in nero --> L’alloro rappresenta la Gloria Poetica, di cui Felicita non
36e sotto il nome di Torquato Tasso! conosce nemmeno l’esistenza.

Allora, quasi a voce che richiama,


esplorai la pianura autunnale --> Vill’Amarena si trova in una posizione privilegiata. Riferimento
39dall’abbaino secentista, ovale, al Paradiso; i due guardano dall’alto gli altri.
a telaietti fitti, ove la trama
del vetro deformava il panorama
42come un antico smalto innaturale.

Non vero (e bello) come in uno smalto


a zone quadre, apparve il Canavese:
45Ivrea turrita, i colli di Montalto,
la Serra dritta, gli alberi, le chiese;
e il mio sogno di pace si protese
48da quel rifugio luminoso ed alto.
Ecco - pensavo - questa è l’Amarena,
ma laggiù, oltre i colli dilettosi,
51c’è il Mondo: quella cosa tutta piena
di lotte e di commerci turbinosi,
la cosa tutta piena di quei «cosi
54con due gambe» che fanno tanta pena....

L’Eguagliatrice numera le fosse,


ma quelli vanno, spinti da chimere
57vane, divisi e suddivisi a schiere
opposte, intesi all’odio e alle percosse:
così come ci son formiche rosse,
60così come ci son formiche nere....

Schierati al sole o all’ombra della Croce,


tutti travolge il turbine dell’oro;
63o Musa - oimè - che può giovare loro
il ritmo della mia piccola voce?
Meglio fuggire dalla guerra atroce
66del piacere, dell’oro, dell’alloro....
L’alloro.... Oh! Bimbo semplice che fui,
dal cuore in mano e dalla fronte alta! --> L’alloro era assegnato per compiacere i gusti del mercato,
69Oggi l’alloro è premio di colui non per sé stessi (d’Annunzio).
che tra clangor di buccine s’esalta,
che sale cerretano alla ribalta
72per far di sé favoleggiar altrui....

«Avvocato, non parla: che cos’ha?»


«Oh! Signorina! Penso ai casi miei,
75a piccole miserie, alla città....
Sarebbe dolce restar qui, con Lei!...»
«Qui, nel solaio?...» - «Per l’eternità!»
78«Per sempre? accetterebbe?...» - «Accetterei!»

Tacqui. Scorgevo un atropo soletto


e prigioniero. Stavasi in riposo
81alla parete: il segno spaventoso
chiuso tra l’ali ripiegate a tetto.
Come lo vellicai sul corsaletto
84si librò con un ronzo lamentoso.
«Che ronzo triste!» - «È la Marchesa in pianto....
La Dannata sarà, che porta pena....»
87Nulla s’udiva che la sfinge in pena
e dalle vigne, ad ora ad ora, un canto:
O mio carino tu mi piaci tanto,
90siccome piace al mar una sirena....

Un richiamo s’alzò, querulo e rôco:


«È Maddalena inqueta che si tardi:
93scendiamo: è l’ora della cena!» - «Guardi,
guardi il tramonto, là.... Com’è di fuoco!... --> Morale religiosa di Felicita, valori cattolici (verginità)
Restiamo ancora un poco!» - «Andiamo, è tardi!»
96«Signorina, restiamo ancora un poco!...» --> Crepuscolo, transizione dal giorno alla notte

Le fronti al vetro, chini sulla piana,


seguimmo i neri pipistrelli, a frotte; --> Gozzano invita Felicita a guardare le stelle, ma lei si alza
99giunse col vento un ritmo di campana, di scatto per evitare che gli ospiti e il padre pensassero male.
disparve il sole fra le nubi rotte;
a poco a poco s’annunciò la notte
102sulla serenità canavesana....
«Una stella!...» - «Tre stelle!...» - «Quattro stelle!...»
«Cinque stelle!» - «Non sembra di sognare?...»
105Ma ti levasti su quasi ribelle
alla perplessità crepuscolare:
«Scendiamo! È tardi: possono pensare
108che noi si faccia cose poco belle....»

v.
Ozi beati a mezzo la giornata,
nel parco dei Marchesi, ove la traccia
3restava appena dell’età passata! --> Età passata, ricordo, desiderio di vivere qualcosa di genuino
Le Stagioni camuse e senza braccia,
fra mucchi di letame e di vinaccia, --> La distanza mentale si corona con quella fisica con la partenza
6dominavano i porri e l’insalata. di lui alle Canarie.

L’insalata, i legumi produttivi


deridevano il busso delle aiole;
9volavano le pieridi nel sole --> Poesia tendente alla prosa, molto descrittiva
e le cetonie e i bombi fuggitivi....
Io ti parlavo, piano, e tu cucivi
12innebriata dalle mie parole.
«Tutto mi spiace che mi piacque innanzi!
Ah! Rimanere qui, sempre, al suo fianco,
15terminare la vita che m’avanzi
tra questo verde e questo lino bianco!
Se Lei sapesse come sono stanco --> Voglia di una donna lontana dal canone Dannunziano
18delle donne rifatte sui romanzi!

Vennero donne con proteso il cuore:


ognuna dileguò, senza vestigio.
21Lei sola, forse, il freddo sognatore --> L’impossibilità di amare è dovuta alla troppa speculazione
educherebbe al tenero prodigio:
mai non comparve sul mio cielo grigio
24quell’aurora che dicono: l’Amore....» --> Desiderio di un amore puro

Tu mi fissavi.... Nei begli occhi fissi


leggevo uno sgomento indefinito;
27le mani ti cercai, sopra il cucito,
e te le strinsi lungamente, e dissi:
«Mia cara Signorina, se guarissi --> Proposta di matrimonio; la malattia è una limitazione al futuro
30ancora, mi vorrebbe per marito?» L’ironia esplode con l’ingenuità di Felicita
«Perchè mi fa tali discorsi vani?
Sposare, Lei, me brutta e poveretta!...» Bellezza semplice VS Bellezza artificiosa
33E ti piegasti sulla tua panchetta
facendo al viso coppa delle mani, --> Gozzano si stupisce del pianto di Felicita, così vero da sembrare
simulando singhiozzi acuti e strani falso.
36per celia, come fa la scolaretta. --> Ingenua, un po’ bambina, forse un rimando a Carlotta.

Ma, nel chinarmi su di te, m’accorsi


che sussultavi come chi singhiozza
39veramente, né sa più ricomporsi:
mi parve udire la tua voce mozza --> Rima dantesca del 28esimo canto dell’Inferno.
da gli ultimi singulti nella strozza:
42«Non mi ten....ga mai più.... tali dis.... corsi!» --> Enorme modernità poetica

«Piange?» E tentai di sollevarti il viso


inutilmente. Poi, colto un fuscello, --> Si rallegra subito con il solletico
45ti vellicai l’orecchio, il collo snello.... --> Ricordo del collo della cugina ne l’Esperimento
Già tutta luminosa nel sorriso
ti sollevasti vinta d’improvviso,
48trillando un trillo gaio di fringuello.
Donna: mistero senza fine bello! --> Celebrare il mistero della donna o ironia della figura della donna,
cliché maschilista.

vi.
Tu m’hai amato. Nei begli occhi fermi
luceva una blandizie femminina;
3tu civettavi con sottili schermi, --> Gli occhi di Felicita emanano una certa luce quando guarda
tu volevi piacermi, Signorina; Gozzano. Modi di fare >>> Bellezza fisica
e più d’ogni conquista cittadina
6mi lusingò quel tuo voler piacermi!

Unire la mia sorte alla tua sorte


per sempre, nella casa centenaria!
9Ah! Con te, forse, piccola consorte
vivace, trasparente come l’aria, --> Riferimento a Totò Mercumeni
rinnegherei la fede letteraria
12che fa la vita simile alla morte....
Oh! questa vita sterile, di sogno! --> Il vivere di illusioni e immaginazioni allontana la realtà concreta.
Meglio la vita ruvida concreta
15del buon mercante inteso alla moneta,
meglio andare sferzati dal bisogno,
ma vivere di vita! Io mi vergogno,
18sì, mi vergogno d’essere un poeta!

Tu non fai versi. Tagli le camicie


per tuo padre. Hai fatta la seconda --> Felicita si fida più della sua esperienza diretta che delle poche
21classe, t’han detto che la Terra è tonda, nozioni teoriche apprese nei suoi 2 anni di scuola.
ma tu non credi.... E non mediti Nietzsche.... Le teorie di Nietzsche vengono riprese da d’Annunzio, poeta
Mi piaci. Mi faresti più felice odiato da Gozzano.
24d’un’intellettuale gemebonda....

Tu ignori questo male che s’apprende --> Canto di Paolo e Francesca


in noi. Tu vivi i tuoi giorni modesti,
27tutta beata nelle tue faccende.
Mi piaci. Penso che leggendo questi
miei versi tuoi, non mi comprenderesti,
30ed a me piace chi non mi comprende.
Ed io non voglio più essere io!
Non più l’esteta gelido, il sofista, --> Vuole essere uno dei tanti, uno comune, sconosciuto
33ma vivere nel tuo borgo natio,
ma vivere alla piccola conquista Sofista (teoria) VS Farmacista (concretezza)
mercanteggiando placido, in oblio
36come tuo padre, come il farmacista....

Ed io non voglio più essere io! --> Desiderio di fuga dalla malattia. Felicita è la sua medicina.

vii.

Il farmacista nella farmacia


m’elogïava un farmaco sagace:
3«Vedrà che dorme le sue notti in pace:
un sonnifero d’oro, in fede mia!»
Narrava, intanto, certa gelosia
6con non so che loquacità mordace.

«Ma c’è il notaio pazzo di quell’oca!


Ah! quel notaio, creda: un capo ameno!
9La Signorina è brutta, senza seno,
volgaruccia, Lei sa, come una cuoca....
E la dote.... la dote è poca, poca:
12diecimila, chi sa, forse nemmeno....»
«Ma dunque?» - «C’è il notaio furibondo
con Lei, con me che volli presentarla
15a Lei; non mi saluta, non mi parla....»
«È geloso?» - «Geloso! Un finimondo!...»
«Pettegolezzi!...» - «Ma non Le nascondo
18che temo, temo qualche brutta ciarla....»

«Non tema! Parto.» - «Parte? E va lontana?»


«Molto lontano.... Vede, cade a mezzo
21ogni motivo di pettegolezzo....»
«Davvero parte? Quando?» - «In settimana....»
Ed uscii dall’odor d’ipecacuana
24nel plenilunio settembrino, al rezzo.

Andai vagando nel silenzio amico,


triste perduto come un mendicante.
27Mezzanotte scoccò, lenta, rombante
su quel dolce paese che non dico.
La Luna sopra il campanile antico
30pareva «un punto sopra un I˙i gigante».
In molti mesti e pochi sogni lieti,
solo pellegrinai col mio rimpianto
33fra le siepi, le vigne, i castagneti
quasi d’argento fatti nell’incanto;
e al cancello sostai del camposanto
36come s’usa nei libri dei poeti.

Voi che posate già sull’altra riva,


immuni dalla gioia, dallo strazio,
39parlate, o morti, al pellegrino sazio!
Giova guarire? Giova che si viva?
O meglio giova l’Ospite furtiva
42che ci affranca dal Tempo e dallo Spazio?

A lungo meditai, senza ritrarre


la tempia dalle sbarre. Quasi a scherno
45s’udiva il grido delle strigi alterno....
La Luna, prigioniera fra le sbarre,
imitava con sue luci bizzarre
48gli amanti che si baciano in eterno.
Bacio lunare, fra le nubi chiare
come di moda settant’anni fa!
51Ecco la Morte e la Felicità!
L’una m’incalza quando l’altra appare;
quella m’esilia in terra d’oltremare,
54questa promette il bene che sarà....

viii.

Nel mestissimo giorno degli addii


mi piacque rivedere la tua villa.
3La morte dell’estate era tranquilla
in quel mattino chiaro che salii
tra i vigneti già spogli, tra i pendii
6già trapunti di bei colchici lilla.

Forse vedendo il bel fiore malvagio


che i fiori uccide e semina le brume,
9le rondini addestravano le piume
al primo volo, timido, randagio;
e a me randagio parve buon presagio
12accompagnarmi loro nel costume.
«Vïaggio con le rondini stamane....»
«Dove andrà?» - «Dove andrò! Non so.... Vïaggio,
15vïaggio per fuggire altro vïaggio....
Oltre Marocco, ad isolette strane,
ricche in essenze, in datteri, in banane,
18perdute nell’Atlantico selvaggio....

Signorina, s’io torni d’oltremare,


non sarà d’altri già? Sono sicuro
21di ritrovarla ancora? Questo puro
amore nostro salirà l’altare?»
E vidi la tua bocca sillabare
24a poco a poco le sillabe: giuro.

Giurasti e disegnasti una ghirlanda


sul muro, di viole e di saette,
27coi nomi e con la data memoranda
trenta settembre novecentosette....
Io non sorrisi. L’animo godette
30quel romantico gesto d’educanda.
Le rondini garrivano assordanti,
garrivano garrivano parole
33d’addio, guizzando ratte come spole,
incitando le piccole migranti....
Tu seguivi gli stormi lontananti
36ad uno ad uno per le vie del sole....

«Un altro stormo s’alza!...» - «Ecco s’avvia!»


«Sono partite....» - «E non le salutò!...»
39«Lei devo salutare, quelle no:
quelle terranno la mia stessa via:
in un palmeto della Barberia
42tra pochi giorni le ritroverò....»

Giunse il distacco, amaro senza fine,


e fu il distacco d’altri tempi, quando
45le amate in bande lisce e in crinoline,
protese da un giardino venerando,
singhiozzavano forte, salutando
48diligenze che andavano al confine....
M’apparisti così, come in un cantico
del Prati, lacrimante l’abbandono
51per l’isole perdute nell’Atlantico;
ed io fui l’uomo d’altri tempi, un buono
sentimentale giovine romantico....

54Quello che fingo d’essere e non sono!

6/11
Crepuscolari
Dal clown tragico al “saltimbanco dell’anima mia”
(tra crepuscolari e futuristi)

Corrado Govoni
Parliamo di pagliacci, saltimbanco
Governi è l‘opposto
Per lui, i pagliacci, i clown cominciano ad assumere una maschera tragica, sono l’esempio vivente
di quel vecchi saltimbanco di abudelarie che rappresentando idealmente il poeta decaduto ad
esprimere una decadenza di una condizione.
Il poeta inizia a sentirsi un pagliaccio, un fenomeno da baraccone, che vende la sua arte per farne
spettacolo
Quest’idea interagisce profondamente con l’immaginario di Govoni
Nel primo testo troviamo l’immagine di una musa che è completamente stravolta, una musa nobile,
pura, austera, ben vestita che ispira bellezza al poeta. Questa è una musa che non ha niente a che
vedere con tutto ciò
Stessa espressione am diverso approccio di palazzeschi, il tema del carnevale, dei salti in banco
assume una sfumatura di piena gioia, piena risata, piena positività.
È interessante che attraverso un unico tema due autori affrontino le condizioni del poeta nel
contemporaneo.
Govoni lo fa da un pov tragico, macabro (gli aborti: prima pascoliano e po in debito con la
scapigliatura) mentre palazzeschi usa l’immagine del buffone (in cui lui stesso si tara) per dar Euro
schiffo al poeta della modernità in un poeta quasi di derisione. Si sta facendo di questo poeta
(buffone) un’arma.
„Voi mi avete dato del pagliaccio e adesso guardatemi esibire)
Govoni, in questa versione quasi violenta di palazzeschi, troviamo già dei punti e dei segnali
dell’arrivo del futurismo.
Testi pubblicati prima della pubblicazione del manifesto futurista del 1909 però già si inizia ad
alludere.
Nei testi di Govoni troviamo
- Malinconia crepuscolare: d’eliminazione più in minore del dettato poetico, più oscura e allo
stesso temp una violenza espressiva che avvina Govoni al futurismo
- Tradizione la musa classica profondamente dissacrata
- Tutto ciò ruota attorno al tema della prostituzione della poesia di fronte alla società
borghese (quando si leggono i testi si vede il vecchio saltimbanco di audelaire)

Gli aborti, 1907


Raccolta di Govoni troppo poco studiata, titolo scapigliato
Nelle fiale del 1903 faceva ilpascoliano
Qui le immagini sono macabre, violente, qualità che investe la stessa musa che viene mostrata
come povera, deve vendersi, simile al vecchio saltimbanco
Alla musa C‘è il crepularismo, c‘è baudelaire
[…] Scaltra mendicante che raccoglie i suoi stracci
O dolce musa, anima mia, vita mia, La musa non risiede più in Olimpo o in scenari
ora è che tu abbandoni la tua agresti come un tempo ma passeggia
solitudine Immagini di povertà, di decadenza, rachitici
e vada per il mondo bambin che piangono e la musa gira in
come una scalza mendicante elemosina
che con sé non ha che i suoi cenci
50e il suo vergine canto,
e contro il suo petto
il suo povero organetto
come un bimbo poppante
che ininterrottamente piange.
[…]
Davanti alle grigie case dei poveri La gioia è banale e bisogna convincere che il
dove sono i vecchi impotenti nobile bisogna chiamare solo il dolore
tremanti intorno a un debole fuoco Siamo allo stacco esistenziale dei crepuscolari
dove sono i rachitici bambini con immaginiche vertono sulla malinconia e
85che piangono sui lor trastulli infranti fanno perno sulla povertà: il vecchi
dove sono i pallidi convalescenti saltimbanco.
che aspettano il sole,
tu in elemosina offri un poco
della tua allegria vagabonda;
90davanti alle case dei ricchi
dove sono gli spensierati amanti
dove sono le belle dame
regine tra i fiori e i brillanti,
dove ridono i convitati
95e trangugiano inebriati
occhi e calici spumanti,
tu sotto le finestre
insinua la più fine tua malinconia
e che la gioia è banale persuadi
100e che nobile solo è il dolore.

Da i fuochi d‘artifizio
Pierroto è la maschera in cui i poeti si rivedono
(Faccia bianca occhi molto neri)
Immagine di un smalto (tubercolosi è la malattia per eccellenza dei crepuscolari, che impedisce la
presa di potere nella propria vita, una tempra forte)
Maschera di carnevale, la maschera declinata in chiave magica e funziona a tutti gli effetti come
altererò del poeta
Il poeta è un vecchio pagliaccio caduto in decadenza, deve far divertire e dire le cose che piacciono
al pubblico.
Ciclo di poesia in cui le maschere vengono di nuove riscritte, riscrittura della tradizione e vengono
declinate secondo il amcabro la violenza che poi verrà descritta negli aborti
Colombina diventa una prostituita

Pierroto tisico

È stato un raffreddore preso a un ballo in Quadro di una maschera brutta, è tisico,


maschera povero, caduto in decadenza li resta solo
che l’à ridotto a questo punto – all’etisia –. danzare con la nostalgia
Addio bei giorni della risata, la realtà è diversa
Addio veglie incipriate! addio frasche! Quest’immagine risultava molto spesso nella
Or bisogna danzare con la nostalgia. eccitazione di questo tema
Immagine grottesca di pierroto che in modo
grottesco fa rifermento al poeta decaduto
Mentre passeggia con le mani nelle tasche
dei suoi gualciti pantaloni a fantasia
girando le fontane specchia nelle vasche
il funerale della sua galanteria.

Quando tossisce la farina ed il belletto


gli si sciolgono per il viso dimagrato
e le lagrime sembran bolle di sapone;

e poichè non à più neanche il fazzoletto


si soffia il naso, con un guanto che à rubato,
il suo naso verde come un peperone. –
e poi lo getta – e là! –

Colombina prostituta (testo)


Rappresentazione della donna angelo che viene ripresa in decadenza rovescio macabro squallido
dell’amore del poeta. Una donna che non è più purezza, luminosità, gioia, ma è squallido: è costretta
a fare la prostituta, si conced a tutti ed è la rappresentazione della donna moderna.
Violenza espressiva, una nostalgia, una paralisi che iniziava. Tingersi di qualcosa di oscuro, di
violento, di anti tradizionale. Stiamo ribaltando la tradizione, scioccando i pubblico. Lo stiamo
facendo con la nostra condizione

La gran mascherata

La vita non è che una insipida e banale mascherata


che trascorre le vie dei giorni e nell’andare si trascina
dietro gli stracci flaccidi della sua noia imbellettata
infilati a vessilli in cima a le aste della sua dottrina.

Segue con i suoi tamburi bolsi una banda disgraziata


di pagliacci che distribuiscono coriandoli e farina.
Le illusioni si mostrano la loro piaga fasciata.
E le passioni, come scimmie, ognuna spulcia la vicina.

Le malattie si riposano negli abbeveratoi


della scienza ciarlatanesca come in piscine probatiche
o sopra il letamaio più prossimo di qualche religione.

Un carro che conducono degli uomini truccati a buoi


chiude il cortèo, pien di puttane che si scoprono le natiche
da cui pendono tanti grappoli di cuori di cartone.
Vita di passioni illusioni. L’illusione è destinata a fallire. Le passioni vengonontrasformte in
un’immagine macabra, scioccante, da zoo (scimmie che spulciano)
Le malattie si riposano, giacciono, stanno vengono studiate dalla scienza o sopra al letamaio
prossimo di qualche religione della propria cura parlato però come lo stravolgimento che
quest’immagine subisce è in chiave grottesco, parodica, violenta.

Carneval-Funeral

Mentre le talpe delle suore dormon nel decrepito convento


con le lampade accese nelle tane delle celle,
la terra rotola ubriaca sotto il firmamento
come una palla inverminita sotto un albero fruttifero di stelle.

Per una via verso i più infernali paradisi


nel suo domino nero passa un lento funerale
con le maschere di corone d’elicrisi:
è un carnevale funerale o un funerale carnevale?

Il testo mette insieme antitesi per cui Govoni trasforma la gioia in tragica decadenza
Nei primi versi fa riferimento a un convento (immagine crepuscolare, solitudine, castità, purezza, lo
stare al i cuore, beatitudine che sta ai conventi) e viene messa insieme ad altri due versi della prima
strofa dell’ultima quartina che ci ricordano il bolide. Non hanno niente a che vedere le due quartine
insieme. La terra è una palla che ruota senza una direzione ne un ordine, in preda al caos, però
pascoli pensava quest’immagine nel finale del bolide (ammasso di roccia che ruota perduta nella
galassia9 lo sguardo di Govoni descrive l’immagine del poeta maledetto.

La poesia ha perso, sta perdendo di un procedere logico.


Soluzione analogica: idee, spunti, immagini.
Banda di pagliacci che guida il corteo della banda mascherata viene seguita da illusioni, malattie
che si riposano negli abbeveratorio come se fossero bestie. Sono insieme di immagini distanti, tutto
analogico, anche se non capiamo tutti questi versi noi visivamente riusciamo quasi ad
mmaginarcelo, ha un impatto. Immagini diversi, processi analogici e non logici possono far scaturire
e far nascere impressioni nuove. Immagini diverse.
Palazzeschi
Inizia la sua produzione come crepuscolare poi si iscrive ai futuristi, seguace di ambienti a cui dedica
l’incendiario
Il titolo ha già qualcosa da dire rispetto alala poesia
Gli aborti fanno riferimento ai testi di Govoni: sono scarti, lavora con materiali brutti
L’incendiario fa riferimento a una nuova produzione nei confronti della tradizione e della società ed
è una postura di tavola rasa, bruciamo tutto i passato e tutto ciò che sappiamo con enorme sorriso
stampato sulla faccia.
La domanda torna ma la risposta è diversa: non sono il poeta, sono un pagliaccio, un saltimbanco
dell’anima mia.
Sono quest, lasciatemi divertire.

Chi sono?
Son forse un poeta?
No, certo.
Non scrive che una parola, ben strana,
la penna dell'anima mia:
5 "follia".
Son dunque un pittore?
Neanche.
Non ha che un colore
la tavolozza dell'anima mia:
10 "malinconia".
Un musico, allora?
Nemmeno.
Non c'è che una nota
nella tastiera dell'anima mia:
15 "nostalgia".
Son dunque... che cosa?
Io metto una lente
davanti al mio cuore
per farlo vedere alla gente.
20 Chi sono?
Il saltimbanco dell'anima mia (mi vendo, sono il vostro pagliaccio, sono quello che
vi fa ridere)

Tutto ciò che rimane al poetaè. Ridere, fare ridere, essere pagliaccio.
Palazzeschi prova a rispondere della propria direzione: cosa resta da fare ai poeti? Rideee di fronte
al dolore, di fronte alla aparalisi ma non è quella rista a mezza bocca di gozzano
In palazzeschi è pura aggressione, schiaffo società e ribellione nel suo essere attore di se stesso

Maschera buffa ma anche auto ironica


La poesia di palazzeschi è teatro, si finge qualcun altro, inventa situazioni teatrali, si mette una
maschera del pagliaccio impazzito, del saltimbanco comico, un joker

Manifesto stilato da Aldo palazzeschi pubblicato sull’acerba e si aggiunge al lungo evento di


manifesti futuristi (decine e decine di manifesti oltre al 1909 ce quello della pittura, musica…)
LASCIATEMI DIVERTIRE (da L’incendiario, 1910)

Tri tri tri,


fru fru fru,
uhi uhi uhi,
ihu ihu ihu.

Il poeta si diverte,
pazzamente,
smisuratamente!
Non lo state a insolentire,
lasciatelo divertire
poveretto,
queste piccole corbellerie
sono il suo diletto.

Cucù rurù,
rurù cucù,
cuccuccurucù!

Cosa sono queste indecenze?


Queste strofe bisbetiche?
Licenze, licenze,
licenze poetiche!
Sono la mia passione.

Farafarafarafa,
tarataratarata,
paraparaparapa,
laralaralarala!

Sapete cosa sono?


Sono robe avanzate,
non sono grullerie,
sono la… spazzatura
delle altre poesie.

Bubububu,
fufufufu.
Friu!
Friu!

Ma se d'un qualunque nesso


son prive,
perché le scrive
quel fesso?

bilobilobilobilobilo
blum!
Filofilofilofilofilo
flum!
Bilolù. Filolù.
U.

Non è vero che non voglion dire,


voglion dire qualcosa.
Voglion dire...
come quando uno
si mette a cantare
senza saper le parole.
Una cosa molto volgare.
Ebbene, così mi piace di fare.

Aaaaa!
Eeeee!
Iiiii!
Ooooo!
Uuuuu!
A! E! I! O! U!

Ma giovanotto,
ditemi un poco una cosa,
non è la vostra una posa,
di voler con così poco
tenere alimentato
un sì gran foco?

Huisc...Huiusc...
Huisciu… sciu sciu,
Scikoku… koku koku
Sciu
Ko
Ku.

Come si deve fare a capire?


Avete delle belle pretese,
sembra ormai che scriviate in giapponese.

Abì, alì, alarì.


Riririri!
Ri.

Lasciate pure che si sbizzarrisca,


anzi è bene che non la finisca.
Il divertimento gli costerà caro:
gli daranno del somaro.

Labala
falala
falala
eppoi lala…
e lalala lalala.

Certo è un azzardo un po' forte,


scrivere delle cose così,
che ci son professori oggidì
a tutte le porte.

Ahahahahahahah!
Ahahahahahahah!
Ahahahahahahah!

Infine io ò pienamente ragione,


i tempi sono molto cambiati,
gli uomini non domandano più nulla
dai poeti,
e lasciatemi divertire!

È un movimento, una postura violenta.

I fiori (poemi, 1909)

Palazzeschi è a una festa, sis ente male e va fuori in giardino. Ha un malessere psicologico. Sente
delle voci e sono dei fiori, aiuola di fiori che gli parla. Simile a alice nel paese delle meraviglie però
ogni fiore anziché antipatici fanno pettegolezzi sugli altri fiori. Ci si trova in questo giardino di orrore,
di squallido, di scena di bassezza totale.
L ortensia è un oca
Il giglio pensi sia puro però è pederasta
La Rosa rivendica la sua professione (prostituta) ecc

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