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I sonetti di Ugo Foscolo

Foscolo scrisse i suoi dodici sonetti nel 1802.

Il sonetto nasce presso la scuola siciliana tra il 1230 ed il 1250 presso la corte federiciana. Lo Stupor Mundi
stabilì la sua corte in Sicilia, luogo d’incontro e fusione di diverse culture per la sua centralità nel
Mediterraneo, dove creò una scuola di poeti e intellettuali che erano parte integrante della sua corte.
La denominazione di Scuola siciliana, che possiamo far risalire a Dante (De vulg. eloq. I, XII, 4), indica un
movimento letterario che durante i primi tre quarti del XIII sec diede luogo a una vasta produzione lirica in
volgare, e che si svolse con centro nella corte di Federico II re di Sicilia e dei suoi discendenti,
particolarmente di Manfredi.
I poeti della scuola siciliana erano considerati i veri fondatori della letteratura italiana: questi poeti erano in
primis dei funzionari dello Stato, notai o magistrati e, per loro, l’attività poetica rappresenta un’evasione
dalla realtà. A differenza dei trovatori, non erano poeti professionisti, e la diversa situazione politico-sociale
in cui si trovano ad operare ha importanti ricadute stilistiche e tematiche sulla loro produzione.

Tra i maggiori rappresentanti della scuola siciliana:


Giacomo da Lentini o Jacopo da Lentini (Lentini, 1210 circa- Lentini 1260 circa), è stato il maggior esponente
della Scuola Siciliana, fiorita nel XIII secolo presso la corte di Federico II di Svevia. Alla corte ha lavorato
come funzionario in qualità di Notaio imperiale. Nell’ambito della letteratura delle Origini, la sua
produzione poetica di stile elevato e di argomento amoroso, è stata la più vasta e l’unica perché aveva
influenzato immensamente gli scrittori dell’epoca seguente. Egli aveva una formazione culturale di
carattere giuridico, ci sono manoscritti poetici che tramandano il suo nome nella forma Notaro Giacomo. La
lingua utilizzata da Jacopo da Lentini, e dagli altri poeti siciliani, è il volgare italiano, che è essenzialmente
un siciliano colto depurato da ogni componente dialettale.  Nella sua poesia il tema trattato è l’amore, con
grande originalità, utilizzando il sonetto.

Sonetto significa appunto “piccolo suono”. Tale componimento ha una struttura chiusa e definita in 14
versi, sempre endecasillabi, nella letteratura italiana sono sempre ripartiti in due quartine e tue terzine.
Soprattutto agli esordi lo schema della rima era per lo più di tipo alternato (ABAB, ABAB). Sarà con gli
Stilnovisti che comparirà la rima incrociata (ABBA, ABBA) per poi diventare la forma prevalentemente scelta
dai poeti. Le terzine sono sempre contrassegnate da un cambiamento della rima.
Specialmente nella Scuola Siciliana le terzine possono avere due varianti: le rime replicate (CDE, CDE) e le
rime alternate (CDC, CDC).

Il SONETTO rappresenterà per sempre la macchina perfetta della poesia, capace di interpretare temi
giocosi, ironici, impegnati, esistenziali o filosofici.

L’Ottocento laico, romantico e liberale, si apre con i sonetti di Foscolo. I sonetti generalmente prendono
come titolo il primo verso, ma per comodità vengono assegnati loro dei titoli.

· PRIMO SONETTO “Alla Sera”. In questo sonetto è evidente il motivo romantico: i romantici amano
la notte poiché nella notte gli occhi della mente penetrano nelle viscere della natura e captano lo
spirito del mondo. La realtà sta stretta alla mente romantica, la quotidianità è una gabbia e un
limite della conoscenza ma, attraverso gli occhi della mente si può comprendere il logos del mondo
e l’io della natura. La sensibilità di Foscolo è una sensibilità romantica, nonostante egli sia un
ILLUMINISTA che non crede all’io della natura.
· SECONDO SONETTO “Di sé stesso”. Altrettanto tipicamente romantico è il forte senso dell’ego. I
Romantici sono egocentrici, nel loro pensiero è evidente l’egotismo, il voler essere al centro. Dei
dodici sonetti di Foscolo, sei sono dedicati a sé stesso.

· TERZO SONETTO: tema politico-educativo. Napoleone, giunto a Milano, propone al Gran Consiglio
Cisalpino di eliminare l’insegnamento della lingua latina dalla scuola. Foscolo si scaglia contro tale
proposta.

· SESTO SONETTO “All’amata” ISABELLA RONCIONI.

· OTTAVO SONETTO: dedicato a Firenze, capitale nazionale della letteratura.

· NONO SONETTO: A Zacinto.

· DECIMO SONETTO: in morte del fratello Giovanni.

· UNDICESIMO SONETTO: “Alle muse”.

ALLA SERA
Due quartine e due terzine, quattordici versi endecasillabi variamente rimati. Rima alternata nelle quartine
(ABAB), CDC DCD nelle terzine.
In questo caso, l’alternanza delle rime rivela un tratto della personalità dell’io poetico, personalità segnata
dagli opposti. “quiete/liete” si contrappone a “inquiete/secrete”. Nei versi 9,11, 13, la “o” dolce,
pacificatrice di ORME, TORME, DORME, si contrappone alla “u” tenebrosa, raffigurante il baratro, dei versi
10, 12 e 14 (FUGGE, STRUGGE, RUGGE).

Forse perché della fatal quïete


Tu sei l’immago, a me sí cara vieni,
O Sera! E quando ti corteggian liete
Le nubi estive e i zeffiri sereni,                     4

E quando dal nevoso aere inquïete


Tenebre e lunghe all’universo meni,
Sempre scendi invocata, e le secrete
Vie del mio cor soavemente tieni.                 8

Vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme


Che vanno al nulla eterno; e intanto fugge
Questo reo tempo, e van con lui le torme    11

Delle cure onde meco egli si strugge;


E mentre io guardo la tua pace, dorme
Quello spirto guerrier ch’entro mi rugge.     14

La sera è cara al poeta sia quando essa è primaverile e mite “E quando ti corteggian liete
Le nubi estive e i zeffiri sereni” ma anche quando il cielo è plumbeo o nevoso e le tenebre non sono
pacificatrici ma inquiete “E quando dal nevoso aere inquïete, Tenebre e lunghe all’universo meni”.
L’endiadi al verso 5 serve proprio a creare quel senso di espansione.
La sensibilità romantica si riflette sulla natura, si specchia in essa. La condizione psicologica trova conferma
nella natura che mostra i suoi due volti: le lievi nubi estive e le tenebre.
La sera, per Foscolo “Sempre scendi invocata” ed essa è in grado di tenere soavemente le “Vie del mio cor”.
Durante la notte, il poeta giunge al suo “io” più recondito e profondo. Atrraverso la notte, le corde più
interne della sua psiche possono viaggiare nell’infinito. La sera viene associata all’immagine della “fatal
quiete”. Essa scende nel poeta, si intromette nella sua anima e lo placa. Il piacere che ne deriva, consiste
proprio in quel “Vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme
Che vanno al nulla eterno”. Una volta sopraggiunta la notte, Foscolo si incammina verso il Nulla eterno.
Ancora una volta si nota la concezione illuministica di un mondo eterno e vuoto. Non esiste un “io” della
natura.
Il poeta si dedica alla contemplazione, dal greco “τέμνω”, tagliare. La contemplazione è quello spazio sospe-
so al cui interno nasce l’estasi del poeta che recide il suo contatto con la realtà per recarsi altrove. Il “salto
intuitivo” romantico, si rivela decisivo per recarsi in questo mondo contemplativo.
Il tempo quotidiano “pesante” diventa “leggero” nello stato di contemplazione    : “Vagar mi fai co’ miei
pensier su l’orme /Che vanno al nulla eterno; e intanto fugge/Questo reo tempo, e van con lui le torme”.
L’io poetico tormentato abbandona la realtà e il “reo tempo” pesante, colpevole delle sue preoccupazioni
inizia a scorrere più velocemente, a fuggire e porta via con se le “torme”, le preoccupazioni.
Foscolo, come tutti i Romantici, insegue il desiderio (e questo poi si riflette anche nel suo tentativo di
seguire solo la fase di innamoramento a discapito di ogni amore più stabile). Il Romantcismo non contempla
la stabilità, è border, sulla linea del confine, si passa dai sentimenti di più alta euforia alla depressione.
Nel periodo romantico si parlerà di SEHNSUCHT, desiderio dell’Infinito che nasce dalla lontananza
dall’oggetto del proprio desiderio. Foscolo può raggiungere l’infinito solo usando un immagine, egli non fa
direttamente quel viaggio spazio-temporale e, per questo, Foscolo è il poeta della SENSIBILITA’, a differenza
di Dante e Leopardi, POETI DELLA VISIONE. Foscolo deve usare un’immagine per raggiungere l’infinito e
saziare il suo desiderio. Leopardi, invece, vedrà davvero quell’Infinito.
· Sensibilità romantica.
· Filosofia illuminista.
· Recupero della tradizione lirica italiana (sonetto) e linguaggio petrarchesco.
IN MORTE DEL FRATELLO GIOVANNI PAG 95

Il fratello Giovanni si è suicidato:depressione d8 questa generazione che si deve affacciare al risorgimento.


Ugo che sta in esilio non può partecipare alle esequie del fratello e gli dedica un sonetto, che è un remake
di quello Catulliano (carme 101).

Basta guardare i versi di Catullo per capire che l’accento di Catullo è puntato sulla triste morte del fratello.
(Ut...cinerem,...). Il culto dei morti permette la continuazione del dialogo tra chi è vivo e chi è morto: per la
visione meccanicistica della natura non c’è più un aldilà non c’è più un anima ma la disgregazione della
materia e basta , ma nell’ambito della società umana i riti permettono il dialogo. Qui si può cogliere la
rassegnazione, il dolore stemperato dal tempo, ma anche la pacificazione di chi può svolgere questo. Il
culto dei morti per noi è una consolazione, è proprio della specie umana, nessuna specie umana ha
sviluppato una tale ritualità.

Giovani ribelli che denunciano la generazione dei padri, invece per il culto dei morti viene compiuto
secondo il rito dei ladri: continuazione della specie, è per la prima volta che Catullo non parla male del mos
maiorum. In tutte le comunità c’è il culto dei morti solo se c’è l’idea che il mondo continua dopo: libagioni,
piante verdi, la luce, sono elementi ben auguranti, perché li si vede la cura del divino nei confronti del
morto: l’acqua, la linfa della vita attraverso i fiori, sono elementi che ci riportano al,a vita e all’attenzione di
vivi nei confronti dei nostri defunti, continuità memoriale, biologica, ma in noi ci sono i defunti, ci sono
tracce del dna dei morti, non muoiono mai...

“Me” v.2: l’accento cade sul soggetto, sul vivo, qui c’è un dispiacere per il vivo, perché Foscolo non può
nemmeno assolvere al culto dei morti, mentre Catullo, rassegnato, ha il culto dei morti come consolazione,
Foscolo no e se lo da come augurio di potere andare.

Qui compare un terzo protagonista che è la madre, e che non esiste nel carme di Catullo.

Deluse palme: aggettivi e Sono associati alla parti come un’ipallage

Avversi numi:destino avverso

Vocazione alla morte, anche nell’altro sonettò, è una tensione di vita che non trova realizzazione e allora
questa tensione invita forte e nel contempo frustrata trova il suo tetto nell’idea della morte: si sta talmente
soffrendo che un punto di quiete si deve trovare. L’invocazione della morte in trasparenza ci parla della
vita.

Vv13-14: profezia:morirà da solo in terra straniera e l’augurio eè che gli stranieri possano restituire alla
madre le ossa (madre che invecchia vede i due figli morti: non muore mai, è la madre patria, dal cui grembo
si esce e si ritorna).
A ZACINTO.

Il canto presenta delle rime che alternano acque e onde : isotopia acquorea, sistema fonico pensato. Nelle
prima due terzine si gioca sulla rima acquorea, perché il tema centrale è ZACINTO, isola primaverile, fertile,
feconda.

Questa isola ha dato inoltre il Natale a venere, he è la des della fecondità, della maternità, dell’eros e della
bellezza, della bellezza rigenerante della natura, una bellezza rigenrante della natura che diventa anche
origine di civilta. Venere nasce dell’amore e porta la civiltà nell’isola: simbolo dell’educazione civile
dell’umanità “all’apparire di Venere”.

Le sponde di ZACINTO sono dette sacre: religione della patria: fede della piatra. Nel risorgimento si
prendono tutti i termini religiosi ma in senso laico. La patria è sacra perché il concetto di patria è insito nella
comunità umana. Se c’è una comunità umana, c’è una patria, quindi la patria è inviolabile, e sacra. Se non
c’è l’hai la devi costruire: PRINCIPIO DI POPOLO NAZIONE DI GIAMBATTISTA VICO., per giambattista
Vico il popolo è quello che ha stessa lingua, cultura. A partire da Foscolo fino alle radici, mondo greco e
classico. Il mito recuperato da Foscolo è una esigenza di rivelare, rilanciare le origini della nostra cultura e
del nostro essere popolo, tanto più lui che in quell’isola è nato. Il mito serve per avvalorare il principio di
popolo nazione rispetto all’Italia, erede di Romolo, Remo, Roma, Dante, Galilei, Machiavelli, Michelangelo e
non ha la patria: fa un bagno nelle origini.

“Ne più mai”: triplice negazione, la certezza da parte di questo individuò che mai più tornerà nella sua
patria. È un futuro di negazione, l’io poetico sta dicendo che non la vedrà unità la patria. Queste due opere
si specchiano luna nell’altra, questo pessimismo nel giovane Ugo che sente che non tornerà più nella terra
ove nacque.

“Ove il mio corpo fanciulletto giacque”: giacque è un misto di acque che è la generazione e giacquè che è la
morte. La madre eterna è quello che gli ha dato i natali. Il nascere e il morire trova il senso nel.......

ZACINTO si lega al mito, il greco mare, Venere, ...isole feconde: il sorriso di Venere rende la terra fertile e
questo incivilisce gli umani, consente lo sviluppo, anche in etica. È una fecondità naturale e morale: questa
vita dell’isola trovo il suo cantore, cioè Omero( perifrasi).

“Diverso esiglio”: Ulisse ormai noto, di fama ma anche di peregrinazioni e sventure, baciò la sua isola
Natale,Itaca.

Invece tu nient’altro se non il canto avrai: Ulisse tornerà nella patria, invece Foscolo non riesce e quindi alla
patria dice che gli rimarrà solo il canto. Nessuno potrà andare a piangere sulla sua tomba: illacrimata, no
culto.

Vedersi morire lontano dalla patria con una tomba illacrimata, perché nessuno potrà andare a piangere
sulla sua tomba. Sonetto della patria perduta, come anche “un di non andrò sempre fuggendo”.
Motivi sono classicisi: il mito, con omero, Ulisse: Ulisse è figlio di omero invece Foscolo si sente
contemporaneamente Ulisse e omero insieme e si sente al apri di Ulisse ma la differenza è che non rientra
più nella sua patria. Il richiamo di fondo è ad Omero: poesia è voce del popolo, e qua il desiderio è la patria.
Il mito classico è messo a servizio di questo progetto per dimostrare il principio di popolo nazione e che
quindi gli italiani hanno bisogno di una patria: una patria che non sarà vista da Foscolo: è la stessa cosa di
Jacopo Ortis: senza patria non c’è culto dei morti. Nell’impianto era romanico, altalenanti tra gioia e
dolore. Tante subordinate: è un periodare a spirale con una serie di subordinate che si originano una
dall’altra: è una spirale romantica.

EPITAFFIO FINALE.

Iniziò: onde acque,...isola, luogo mitico ideale per eccellenza. Rime romantiche, motivi romantici.

Esiglio, figlio: la “i” dá il senso di strangolamento, soffocamento

La “u”

Lingua: petrarchesca.

RITRATTO DI FOSCOLO:fronte solcata , capelli rossi, ardito a specchio: cammina sicuro di se,

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