A questo poeta viene attribuita l’invenzione del sonetto. Di solito i testi antichi venivano
intitolati dal primo verso del componimento.
Amore è un desio che ven da’ core (desiderio che proviene dal cuore)
e lo core li dà nutricamento.
Qui troviamo tutti gli elementi caratteristici della scuola poetica siciliana.
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L’origine dell’amore viene spiegata nel 3-4 verso. Il poeta dice che sono gli occhi a generare
in prima istanza l’amore, nasce dalla vista, vedere l’oggetto amato. L’accrescimento di questo
sentimento è invece determinato dal cuore
Questa lirica amorosa riflette i valori, i comportamenti, la vita della società aristocratica della
corte di Federico II, quindi anche le sue regole interne. La donna che viene cantata è oggetto
della poesia siciliana, la donna che vive all’interno della corte, ed è una figura idealizzata, nel
senso che della donna si può avere la vista, l’immagine ma rimane comunque una figura
lontana, un’aspirazione della mente. Concezione dell’amore fortemente idealizzato quello
cortese.
Può accadere a volte che l’uomo si innamori senza vedere la donna che ama, soltanto per la
fama che gli giunge per la sua bellezza e la sua virtù (ciò che sente dire di lei è sufficiente
alcune volte a suscitare in lui amore), ma quell’amore che prende interamente l’animo
dell’uomo e lo possiede con furore, con grande passione, può nascere soltanto dalla vista. Ciò
avviene perché gli occhi trasmettono al cuore l’immagine di ciò che si vede, buona o cattiva
che sia, com’è fatta realmente. La fama invece può essere ingannevole, le voci che ci
giungono di una persona possono essere errate.
Il cuore, che riceve questa rappresentazione oggettiva della realtà esterna, elabora e giunge a
concepire quel piacere che genera il desiderio di cui ha parlato all’inizio, nel primo verso.
Nell’ultimo verso dice che questo amore regna fra la gente, quell’amore che ha una durata
eterna.
La poesia siciliana è una poesia amorosa ma anche molto speculativa, ragionata, che tende a
spiegare cosa sia “amore”, la sue origini, il suo insediamento all’interno dell’essere umano.
Dante nel “de Vulgari Eloquentia” dice che in Italia esistono 14 volgari, 7 a destra e 7 a
sinistra della dorsale appenninica (Appennini che separano il taglio da nord a sud). 7 sul
versante tirrenico e 7 su quello adriatico. Ne prende in esame uno per uno analizzandolo e
vedere se uno di questi possa essere degno di essere la lingua della comunicazione culturale.
In questo momento storico il volgare siciliano è maggiormente differenziato rispetto agli atri
volgari, però il sonetto di Giacomo da Lentini può essere tranquillamente scambiato con un
testo toscano linguisticamente.
I testi che noi leggiamo della scuola poetica siciliana non li possiamo leggere nella loro veste
linguistica originale, così come sono stati scritti dall’autore, in quel siciliano illustre, in quella
lingua diversa dal toscano, perché i testi della scuola siciliana hanno subito una storia
particolare di travestimento linguistico nel corso del tempo immediatamente dopo la fine di
questa esperienza letteraria. Intorno alla metà del 200 quando la scuola poetica siciliana ha
finito di esistere lasciò una traccia, un segno, l’eco della sua importanza aveva superato i
confini della Sicilia e dell’Italia meridionale. Dell’esperienza poetica siciliana se ne parlava
dappertutto nell’Italia duecentesca. In modo particolare se ne parlava a Firenze e quindi si
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aveva bisogno e desiderio di conoscere veramente questa letteratura di cui tanto si parlava. La
stampa ancora non era stata inventata, allora i testi letterari e di altro genere venivano
divulgati attraverso la trascrizione manoscritta, esistevano i copisti, i quali su commissione
svolgevano questo lavoro di copiatura. Succedeva però che i testi erano scritti in volgare
siciliano, in una lingua diversa dal toscano e allora il copista spinto da varie esigenze (il
lettore doveva comprendere ciò che leggeva, così come il copista) ha modificato, adattato la
lingua originale con quella toscana, ha sostituito le forme del volgare siciliano con quelle
toscane, opera di travestimento linguistico. E per questo motivo noi oggi leggiamo i testi
siciliani in lingua toscana. Fino ad oggi non possediamo una documentazione che ci possa
fornire l’idea di com’era il volgare siciliano nei primi anni del 1200. Tuttavia noi anche in
assenza di documenti oggettivi possiamo in qualche modo ricostruire la storia dei
componimenti siciliani travestiti linguisticamente. Ci sono all’interno dei testi della scuso, a
siciliana dei segnali che ci mostrano come questi testi furono oggetto di manipolazione da
parte di chi li ha tramandati in forma manoscritta. Questi segnali sono rappresentati dalle
“rime imperfette”. Qui la metrica gioca un ruolo importante. Una cosa alla quale non
rinunciavano mai i poeti antichi era la rima perfetta (perfetta coincidenza delle sillabe di due
parole da quella accentata in poi…”cuore-amore”). Accade che nei testi della scuola siciliana
questa rima non sia perfetta, ma sia una rima imperfetta:
Esempio:
- Freddura - dimora
Nel momento in cui il copista è arrivato a dover trascrivere in toscano la parola “friddura”
(parola per lui poco consueta) l’ha tradotta in “freddura”. Quando invece ha trovato “dimura”
ha dovuto trasformarlo in “dimora” e facendo ciò ha perso la rima
Soprattutto nella parte finale dei versi si può avere una rima imperfetta, la quale è il segnale
del fatto che questi testi fossero in origine scritti in una lingua diversa da come la leggiamo
noi.
Nel 1500 questi testi originali della scuola siciliana dovevano ancora circolare se è vero che
un filologo (Giovanni Maria Barbieri ) di quel periodo ebbe tra le mani uno di questi
manoscritti e ricopiò in maniera più fedele di quanto lo avevano fatto i copisti medievali.
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mi ritornu in cantari,
ca forsi levimenti
di lu troppu taciri;
ca senza dimustranza
Questo testo anche se non riprende in maniera perfetta la lingua siciliana si avvicina molto
alla lingua originale. Già nei primi versi possiamo notare alcune caratteristiche del siciliano
illustre, ovvero la ripresa di parole che derivano dal francese e dal provenzale (“longiamenti”
- francese, “allegranza” - provenzale etc…)
In conclusione dice che è doveroso che ogni uomo innamorato debba esprimere la sua gioia
con la poesia, l’unico strumento che può dimostrare quella gioia che genera amore quando si
insedia nell’uomo.
Giovanni Maria Barbieri ci consente di valutare la distanza che esiste tra i testi originali
siciliani e i loro successivo adattamento alla lingua toscana.
La scuola poetica siciliana rappresenta la parte aulica della produzione letteraria delle nostre
origini. Fino ad oggi questa storia si è sviluppata su un doppio piano, registro espressivo. Da
un lato abbiamo la poesia aulica, sublime e dall’altro abbiamo la poesia comica, che prende
in esame aspetti che sono completamente diverse se non l’opposto rispetto a quelle oggetto
della poesia aulica.
Il tema amoroso è trattato in maniera diversa nella poesia comica poiché la dimensione
umana alla quale si guarda è un’altra. La poesia aulica nasceva e si consumava all’interno
della cerchia di persone che vivevano all’interno della corte di Federico II. I poeti comici
hanno lo sguardo verso una parte diversa della società. Non significa che la poesia comica sia
meno artisticamente curata di quella aulica ma ha una impostazione diversa. Troviamo poeti
anche qui raffinati, co gusto e capacità espressive no indifferenti, con un’estrema padronanza
dei propri elementi espressivi che adattano alle loro finalità.
Cielo D’Alcamo: è un poeta colto e raffinato nonostante scriva una poesia appartenente al
filone comico