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Domande aperte – lett.

Italiana

1. Si descriva la produzione letteraria volgare riconducibile agli ordini religiosi del secolo XIII.
Nel XIII secolo nacquero gli ordini francescano e domenicano. San Francesco con Laudes
Creaturarum o Cantico di Frate sole (1224) in rime assonanzate. Volgare umbro. Veniva
probabilmente suonata con i giullari. Carattere umile. Inizio della tradizione letteraria italiana.
Jacopone da Todi: mistico ma più polemico (papi). Scrive le Laudes con temi: elogio di Cristo, della
povertà e castità, polemiche contro Bonifacio VIII.
Compagni dei Disciplinati: fondata da Raniero Fasani. Componevano laudi anonime in volgare
umbro che trattavano della vita di cristo e dei santi. Laudi che poi venivano messe in scene, cantate
e mentre si fustigavano per penitenza.
Tra i domenicani ricordiamo Jacopo Passavanti e Giordano da Pisa (però sono nel XIV)
2. Quali sono e di cosa trattano le opere di Dante in latino?
De Vulgari Eloquentia (progettati 4 libri ma scritti solo il primo e 14 capitoli del secondo): trattato in
cui si discute della questione della lingua. Dante passa in esame tutti i volgari italiani per cercare
quello migliore: mentre, infatti, il latino è la lingua artificiale per la comunicazione universale, il
volgare è migliore perché è una lingua naturale ma quindi variabile. Tale volgare dovrebbe essere
illustre (dare lustro a chi lo usa), cardinale (dev’essere un riferimento per gli altri volgari), curiale (le
regole decisa da una curia intorno a un sovrano), regale (degno di una reggia). Tra tutti il volgare
ideale è quello frutto di una sintesi tra le lingue usate dai letterati fino ad allora apparsi (lui
compreso); per lo stile tragico delle canzoni è adatto il fiorentino.
De Monarchia (tre libri): affronta la necessità di avere un imperatore universale che possa
assicurare la pace. Nell’opera viene anche affrontato il rapporto tra Impero e Papato: entrambi,
essendo sottoposti a Dio, sono necessari; il primo ha il potere temporale, il secondo per la salvezza
dell’uomo.
13 epistole (tra cui quella a Cangrande).
Egloghe
Questio de aqua et terra
3. Quali sono gli elementi fondamentali della biografia di Dante?
Non si hanno molte notizie della biografia di Dante in quanto non abbiamo autografi in cui parla di
sé; e uniche cose provengono dalle sue opere.
Nasce da famiglia guelfa nel 1265 a Firenze e sposa nel 1291 Gemma Donati. Due eventi importanti:
- Incontro con Beatrice prima a 3 anni e poi, più importante, a 18; gli incontri con lei segnaranno
la sua vita e la sua produzione letteraria nella Vita Nuova ma anche come guida nelle cantiche
del Purgatorio e del Paradiso. Alla sua morte, nel 1290, Dante si dedicherà alla filosofia;
- Mentre, in qualità di priore, si trova a Roma come ambasciatore del papa Bonifacio VIII, Carlo di
Valois invade Firenze uccidendo ed esiliando molti guelfi tra cui Dante. Da allora egli procederà
da ramingo di città in città, trovando particolare ristoro solo presso Cangrande della Scala a
Verona. È in questi anni che scriverà la maggior parte delle sue opere.

Muore a Ravenna nel 1321.

4. Quali sono gli elementi fondamentali della biografia di Petrarca?


Nasce ad Arezzo nel 1304. Trascorre la giovinezza in Provenza, località che influenzerà la sua lingua.
Nell’aprile del 1327 incontra, forse non realmente, Laura. Importante l’amicizia con Boccaccio e il
legame con la potente famiglia romana dei Colonna. Muore ad Arquà nel 1374.
Nella poetica italiana è importante perché fu uno dei poeti italiani più importanti per la sua
produzione (sia in latino che in volgare – che diede luogo al petrarchismo) e perché recuperò e
studiò molte opere classiche fino ad allora scomparse dando il via così all’Umanesimo.
5. Quali sono le opere di Petrarca in latino? Se ne traccino gli elementi fondamentali
Raccolte epistolari: - Rerum Familiarum Libri o Familiares (viaggi e incontri, descrizioni di luoghi e
persone); - Rerum Senilium Libri o Seniles (ripiegamento su sé stesso); Posteritati
Africa (9 libri invece che 12), poema epico in esametri in cui narra la seconda guerra punica sul
modello dell’Eneide per esaltare la grandezza di Roma repubblicana e la figura di Scipione l’Africano
Bucolicum Carmen: 12 egloghe scritte sul modello delle bucoliche di Virgilio
Epistole metrice: poesie di corrispondenza
De viris illustribus: biografie di uomini illustri costruite su modelli eroici in forma retoricamente
composta. Si scontra l’individuo eccezionale e l’implacabile ostilità della fortuna
Rerum memorandarum libri: raccoglie exempla sia da epoche lontane che vicine
Itineriarum syriacum: guida archeologico-geografica per la terra santa
De vita solitaria (2 libri): si esalta l’otium, la vita tranquilla e solitaria dell’intellettuale contrapposta
a quella frenetica della città.
De otio religioso: dedicata al fratello Gherardo, monaco, considera la vita monastica quella ideale
per il ripiegamento interiore e il contatto con il divino. Tuttavia appare un concetto solo ideale e
astratto
De remediis utriusque fortune: dialoghi in 2 libri. Nel primo presenta i rimedi contro i pericoli della
fortuna favorevole, nel secondo quelli contro i mali della sfortuna. Rapporto tra virtù e fortuna
Scritti polemici
Secretum (De secreto conflictu curarum meum). Dialogo con Sant’Agostino articolato in tre libri.
6. Si descriva la struttura del Rerum Vulgarium Fragmenta
Il Canzoniere comprende componimenti scritti da Petrarca in momenti diversi che, solo,
successivamente, vennero ricondotte in un macrotesto. Sono in tutto 366 componimenti (317
sonetti, 29 canzoni, 9 sestine, 7 ballate, 4 madrigali). I RVF sono frutto di un intenso lavoro di
correzione e perfezionamento stilistico: sono state individuate, tramite l’analisi dei codici, 9 fasi
elaborative. L’opera narra della progressiva conversione dell’anima del poeta: si parte dal giovanil
errore del primo sonetto per arrivare alla canzone finale dedicata alla Vergine. La prima parte
raggiunge la lirica 263 e segue i momenti della passione amorosa per Laura, la seconda dal 264 è
caratterizzata dal turbamento e dal disinganno per la morte della stessa. Divisione, tuttavia, non
legate alle rime in vita e in morte della donna.
7. Quali sono gli elementi fondamentali della vita di Boccaccio?
Nasce a Certaldo nel 1313, figlio illegittimo di mercante. Si trasferì diverse volte a Napoli,
partecipando così alla vita cortese della corte di Roberto d’Angiò. Tornò a Firenze nel 1340:
partecipò quindi di entrambe le culture letterarie, toscana e napoletana. Nel 1348 scoppia la peste
che lo porterà a iniziare l’anno successivo il Decameron (49-50). In quegli anni 50 strinse amicizia
con Petrarca. Nonostante i figli illegittimi avuti, scelse la condizione di chierico. Nel 1373 venne
chiamato dal comune fiorentino per una lettura con commento della Commedia. Morì nel dicembre
del 1375 a Certaldo.
8. Quali sono opere di Boccaccio che precedono il Decameron? A quali generi appartengono?
Rime
Caccia di Diana: poemetto in terza rima di 18 canti
Filocolo: romanzo d’avventura in prosa in 5 libri
Filostrato: poemetto cavalleresco in ottave
Teseida delle nozze d’Emilia: poema cavalleresco in ottava in 12 libri
Commedia delle Ninfe Fiorentine (Ninfale d’Ameto): prosa e poesie in terza rima, genere arcadico-
pasatorale
Amorosa Visione: poema allegorico in terza rima in 50 canti
Ninfale fiesolano: poemetto idillico in ottave
Elegia di Madonna Fiammetta: romanzo confessione-sentimentale in prosa; il primo romanzo
psicologico
9. Si descrivano i tratti principali de Il Pecorone
Il Pecorone è una raccolta di 50 novelle scritte da Giovanni Fiorentino; le novelle sono suddivise in
25 giornate, introdotte da un proemio e racchiuse in una cornice. I protagonisti sono Saturnina,
suora del convento di Forlì, e Auretto, un giovane di Firenze che, innamoratosi di lei, decide di farsi
monaco. Per trascorrere le giornate e resistere alla passione decidono di raccontarsi una novella al
giorno. È chiaro il riferimento a Boccaccio, mentre gli elementi storici sono ripresi da G. Villani.
10. Si delinei la funzione di modello del Decameron sulla narrativa successiva
Se con le copie manoscritte il Decameron si diffuse moltissimo, ancora maggiore fu la sua diffusione
grazie alla stampa. Esso divenne un vero e proprio modello di prosa volgare dopo che il Bembo
riconobbe nella lingua di Boccaccio l’esempio da seguire per la prosa. Oltre alla lingua, Boccaccio
influenzò anche per il modello (racconti in una cornice), il motivo che spinge i protagonisti a
raccontare (peste), l’attenzione verso la vita materiale e quotidiana. Esempi sono le
Trecentonovelle di Sacchetti, il Pecorone di Giovanni Fiorentino, i racconti di Sercambi.
11. Qual è l'importanza di Franco Sacchetti per il genere della novella?
Descrive la società fiorentina anche negli aspetti più materiali
Gusto della beffa e della battuta
Sapore del parlato fiorentino
300 novelle di cui ce ne restano poco più di 200
Intento moralizzante (conclusione esplicitamente didattica)
Storielle popolari messe per iscritto
12. Si descrivano i tratti essenziali dell'Eccerinus di Alberto Mussato
Dopo aver scritto la storia in latino di Enrico VII, scrisse un’opera teatrale, una tragedia storica,
anch’essa in latino, l’Eccerinus sulla figura di Ezzelino da Romano, tiranno che aveva invaso Padova.
L’opera probabilmente non fu mai rappresentata ma è dotata di un’intensa forza drammatica,
capacità di delineare la situazione e narrazione molto originale. Notevole anche il recupero dei
classici tipico dell’Umanesimo, di cui Mussato è un rappresentante. Come modello segue l’Ottavia
di Seneca.
13. Si descriva la produzione teatrale del XIII secolo
La produzione teatrale del XIII secolo fu scarsissima; le opere teatrali erano oggetto di divieto da
parte della Chiesa che le tollerava solo nel giorno di Carnevale. L’unica opera, una tragedia storica
in latino, degna di nota è l’Eccerinus di Mussato. È una sequela di declamazioni, canti e racconti ma
manca l’azione; fu definito un inno alla libertà padovana in quanto vi si legge un forte amore per la
patria.
14. Si descriva l'atteggiamento umanistico nei confronti dei classici citandone le figure di rilievo
L’Umanesimo fu contraddistinto da un forte interesse verso i classici: la letteratura volgare si
confronta con i classici greci e latini. Tale confronto si ebbe sia attraverso il ritrovamento di classici
dimenticati in qualche monastero (Rerum Natura di Bracciolini) sia il loro uso come fonti e modelli.
Atteggiamenti del genere ci furono in Coluccio Salutati, Lorenzo Valla, Marsilio Ficino, Leonardo
Bruni.
15. Si parli del Mecenatismo nell'Umanesimo
Con Mecenatismo s’intende la protezione data dai signori ad artisti, poeti e letterati del tempo. Uno
dei maggiori rappresentati di ciò fu Lorenzo il Magnifico.
16. Perché è importante Il Principe di Machiavelli da un punto di vista linguistico?
Lo stile e la lingua sono coerenti con l’essenzialità della forma: l’autore ricorre al fiorentino
contemporaneo e scrive in uno stile spezzato, poco curato nella forma, povero di artifici e
sottigliezze retoriche: in questo genere, dirà egli stesso, deve prevalere il contenuto sugli orpelli
retorici. Anche i paragoni e le metafore sono tutte basate sulla concretezza. Da forte sostenitore
nella prosa del fiorentino parlato, usò un lessico quotidiano, mai aulico. Esclusi la dedica e il
capitolo finale che hanno un tono più enfatico, il lessico è connotativo e fortemente espressivo. La
sintassi è molto articolata, con prevalenza di ipotassi; i titoli in latino secondo l’usanza dell’epoca
per dare maggior prestigio all’opera.
17. Quali sono le caratteristiche principali della Mandragola?
La mandragola si confronta con il teatro volgare di quegli anni con gande maturità, ponendosi come
il capolavoro di tutto il teatro del 500. Fu stampata nel 1518, pubblicata nel 1524 ed ebbe varie
rappresentazioni e riedizione durante tutta la vita dell’autore. Il prologo della commedia è in forma
di canzone e si rivolge agli spettatori con aggressività: intende mostrare come la scrittura della
commedia sia per l’autore l’unico modo di confrontarsi con la sua condizione presente.
La vicenda, in cinque atti in prosa, si svolge a Firenze dove il giovane Callimaco tenta di conquistare
Lucrezia…
La commedia è improntata a uno spirito beffardo e irriverente che attacca la morale e i valori
comuni: i rapporti tra i personaggi mostrano che il confronto tra gli uomini è possibile solo in forme
distorte e dominate dalla finzione. Insuperabile appare il limite tra la saviezza di chi conosce la
natura degli uomini e sa farne uso per i suoi scopi e la stupidità di chi non ha coscienza e può essere
soltanto usato dagli altri. Ogni personaggio presenta, però, un tipo diverso, secondo una gamma
ricca e sottile di modelli umani dal cui scontro nasce una comicità irresistibile e sinistra.
Protagonista della vicenda, nonostante non compaia quasi mai sulla scena, è Lucrezia che
rappresenta un personaggio savio: essa all’inizio appare come la donna di perfetta virtù ma, di
fronte all’inganno di Callimaco e alla stupidità di Nicia, ribalta la situazione e accetta la situazione
che le viene proposta. All’interno di un mondo dominato solo dall’interesse e dal desiderio lei, al di
sopra di ogni prospettiva morale, sa realizzare un ideale umano di cui più volte Machiavelli
sottolinea valore e difficoltà: la coesistenza dei contrari.
18. Si descriva la figura di Machiavelli dal punto di vista della produzione letteraria
Nicolò Machiavelli (Firenze, 1469 – ivi, 1527) è stato il principale prosatore e scrittore del
Cinquecento, nonché uomo politico e di stato della Repubblica di Firenze e dei Medici, nel tentativo
di trasformare l’esperienza accumulata sul campo in opere di pubblica utilità a cominciare dal
Principe, il trattato politico più importante del 500 e della letteratura italiana in genere. Machiavelli
è stato il fondatore della politica come scienza e il primo autore a separare la sfera dell’agire
pubblico da quella morale e religiosa, in modo così esplicito da attirare su di sé varie critiche tra cui
quelle della Chiesa. Importanti anche le sue opere storiche, i suoi trattati militari e gli scritti letterari
in senso stretto tra cui spicca la Mandragola, commedia in volgare in 5 atti (più prologo). Immensa
la sua influenza sul pensiero politico occidentale ed europeo; machiavelli è infatti considerato il
fondatore del pensiero politico moderno che, per la prima volta, ha separato le regole della prassi
governativa da quella morale e ha affermato che il capo di stato deve mantenere il proprio potere a
qualunque prezzo, anche compiendo operazioni delittuose che vanno contro i parametri etici. La
politica è l’esercizio di un potere coercitivo sugli altri; un’idea non nuova, risalente al realismo
politico della Roma antica, che venne messa nero su bianco da Machiavelli dando precetti di
robusta concretezza al principe che deve arrivare anche a imbrogliare e uccidere pur di mantenere
saldo il suo trono (atteggiamento definito, in senso negativo e di condanna come machiavellismo).
19. Si descrivano la figura e la produzione poetica di Jacopo Sannazzaro.
Jacopo Sannazzaro, napoletano (1450 ca.) visse la prima parte della sua vita presso la corte
aragonese stringendo una forte amicizia con Federico, il figlio del re Ferdinando. Seguì Ferdinando
anche nell’esilio in Francia e solo alla sua morte fece ritorno a Napoli. In età giovanile scrisse le
Farse, fastose rappresentazioni in cui vi erano allegorie per esaltare i principi o raffigurazioni di fatti
gloriosi per la cristianità. Da giovane scrisse anche molte liriche volgari, per lo più di amore e
ispirazione petrarchesca. Ebbe un grande amore per i classici e, grazie all’amicizia con Pontano,
entrò a far parte dell’Accademia pontaniana (fondata a Napoli nel 1443; l’Accademia dell’Arcadia è
del Settecento).
Fra le poesie latine ci sono cinque Piscatorie di virgiliana eleganza; i tre libri delle Elegie e i tre degli
Epigrammi. L’opera maggiore è l’Arcadia (composta intorno al 1480 e pubblicata nel 1504),
prosimetro pastorale in volgare, in cui in 12 egloghe e altrettanto prose racconta gli amori, le feste,
i giochi, i sacrifici e i costumi di una comunità di pastori. Gran parte del libro deriva dall’imitazione
di Virgilio, Omero, Ovidio.
Agli inizi del 500 questo genere, arcadico, bucolico e pastorale si imporrà come modello per i poeti
delle successive generazioni, fornendo un ampio repertorio di temi e situazioni ma soprattutto un
gusto per la descrizione pittorica e sensuale della natura e una visione schietta e serena della vita
dell’uomo.
20. Si descrivano figura e opera di Chiabrera
Nel Settecento e nell’Ottocento Chiabrera (1552-1638) fu visto come iniziatore di una tendenza
alternativa al concettismo del Marino, rivolta a una misura e a una razionalità ancora classicistiche:
egli mantenne uno stretto legame con i modelli classici, ma seppe ricavarne nuovi schemi, forme e
situazioni diversi da quelli del primo 500. Fu al servizio di varie corti anche se stabilì un legame più
forte con i Medici, attratto dal classicismo e dal manierismo fiorentino. Pubblicò un grandissimo
numero di opere poetiche di generi diversi: dal poema eroico al poemetto sacro e profano, dalla
tragedia alla favola boschereccia alle canzoni eroiche. Ambì a trasferire nella poesia volgare i
moduli della lirica greca sulla scia di ciò che aveva fatto Ronsard.
I suoi risultati maggiori si ebbero nelle strutture delle canzonette, modellate sulla lirica di
Anacreonte in cui raggiunse una musicalità graziosa, e in quelle della canzone eroica, modellate su
Pindaro.
Dalla sua sperimentazione metrica e dalla sua ricerca di musicalità prenderà le mosse una tendenza
al grazioso che si affermerà nel 700.
Uno di questi fu Gabriello Chiabera, nato nel 1552 a Savona; fu il massimo rappresentante di questa
corrente arcadica. Innamorato della cultura greca, applicò metri greci alla poesia italiana, imitando
soprattutto Pindaro, e trattando vari temi: dalla religione alla morale alla storia all’amore,
raggiungendo uno stile di cantabile leggerezza e di vivace sperimentalismo formale, tanto nelle
liriche (Pindariche, Anacreontiche ecc.) che nei poemi. Dedicò alcuni scritti proprio al nascente
teatro dell’opera lirica
21. Si descrivano figura e opera di Marino, con cenni al Marinismo
Giovanbattista Marino (1569-1625) è uno dei poeti più rappresentativi del Marinismo o
Secentismo, uno stile usato in poesia e nel dramma, che si caratterizzava per una tendenza
all’arguzia e all’ornato. La sua opera più importante è l’Adone, poema mitologico in ottave ricco di
digressioni narrative e scientifiche. La lingua che usa Marino è limpida e ricercatissima ma sempre
comprensibile; lo stile ricercatissimo per il numero di metafore e paragoni usati. Alla ricercatezza
del Marinismo si oppose l’Accademia dell’Arcadia, alla ricerca, invece, del purismo classico.
22. Quale ruolo ha il poema cavalleresco nella produzione di Tasso?
Recupero quasi archeologico del poema cavalleresco; tale influsso si sente nel suo poema
maggiore, La Gerusalemme Liberata.
23. Si descrivano la figura e la produzione poetica di Torquato Tasso
Torquato Tasso nasce a Sorrento nel 1554 dove il padre Bernardo si trovava a servizio presso i
Sanseverino; trascorse un’infanzia dolorosa e infelice a cui farà spesso cenno nelle opere della
maturità. A seguito del padre, fra le varie corti d’Italia, completa i suoi studi in filosofia. Alla morte
del padre comincia la propria carriera cortigiana presso gli Estensi: a Ferrara vive un periodo di
tranquillità che corrisponde anche al periodo più fiorente dal punto di vista letterario. (rime, 1567;
Aminta, testo teatrale spensierato e favoleggiante, 1573).
Durante il periodo ferrarese rivide anche un poema in ottave abbozzato negli anni padovani: il
Goffredo che diventerà la Gerusalemme liberata. Si tratta di un poema epico-eroico in ottave per
cui sceglie un tema grande e attraente, non tanto antico né recente (la crociata era ancora un
attraente tema propagandistico: i papi raccoglievano soldi per la liberazione del Santo Sepolcro
ancora). In particolare lui riprende la liberazione del Santo Sepolcro a opera di Goffredo da Bouillon
nell’XI secolo (poema storico anche quindi). Lo tratta in uno stile alto e tragico secondo le regole di
unità (azione, luogo, tempo) aristoteliche. Il gusto dei paragoni, dei latinismi, delle antitesi
raggiunge punti spesso estremi, tanto che alcuni hanno parlato di Manierismo.
Il poema, comunque, subì molte critiche relative all’ortodossia dello stesso a causa della presenza
di contenuti ritenuti poco morali; tant’è che Tasso sottopose il testo all’esame dell’Inquisizione e,
una volta uscito da Sant’Anna, non lo riconobbe e lo cominciò a riscrivere da capo. Ne venne fuori
un nuovo poema, la Gerusalemme conquistata, con una trama rimaneggiata e con forti modifiche
che non riscosse lo stesso successo della prima versione per cui ancora oggi Tasso viene ricordato.
L’accusa, inoltre, segnerà psicologicamente il poeta che darà perfino segni di violenza terminando
la sua vita nel convento di Sant’Onofrio dove muore nel 1595.
24. Quale ruolo ha Gianbattista Vico nel contesto storico del suo tempo?
G. Vico rappresenta il risveglio della coscienza storica in Italia, in quanto ricerca l’universale
andamento della società. Percorre il soggettivismo Kantiano e il moderno idealismo, contro il
metodo analitico della filosofia cartesiana: non c’è vera scienza se non delle cose che la stessa
mente umana crea o conosce. Con lui la filologia, richiamata ai principi della filosofia, viene ridotta
a scienza, proprio nell’età in cui la speculazione si ribella al passato. Nella sua Scienza Nuova
investigò le leggi che governano il progresso dell’umanità, secondo le quali si svolgono i fatti storici.
A partire dallo studio psicologico dell’uomo cercò di inferire la natura comune a tutte le nazioni,
cioè le leggi universali della Storia, per le quali le civiltà sorgono, fioriscono e cadono. A partire dal
medesimo spirito che animò Vico sorse un tipo di investigazione diversa, quella delle fonti della
storia civile e letteraria d’Italia. La sua prosa è scorretta, oscura, involuta ma allo stesso tempo
potente, immaginosa e alta.
25. Quali generi letterari hanno utilizzato Ludovico Antonio Muratori e Gaetano Filangeri?
Ludovico Antonio Muratori può essere considerato il padre della storiografia italiana; fu esperto
soprattutto di medievistica. Nei suoi scritti raccoglie le cronache, le biografie, le carte, i diari sulla
storia italiana fra 500 e 1500 e discute le più oscure questioni storiche.
Filangieri è stato giurista e filosofo italiano; ritenuto uno dei più grandi pensatori viene ricordato
per la sua opera La scienza della legislazione.
26. Si descrivano la figura e l'opera di Vittorio Alfieri
Alfieri visse nella seconda metà del 700 (asti 1749, Firenze 1803); con lui nasce un nuovo tipo di
scrittore, un punto di svolta e di riferimento per il resto dei letterati italiani. Con lui nasce l’ideale
dell’io eroico, isolato, incompreso dalla società che non è all’altezza dei suoi ideali. Si dedia ai
generi più disparati: epigrammistica, poesia, trattatistica ma eccelle nei drammi teatrali (Saul,
Mirra).
27. Si descrivano la figura e l'opera di Ugo Foscolo
Ugo Foscolo nasce a Zante nel 1778 e muore a Londra nel 1827. Fu un entusiasta patriota ispirato ai
modelli classici. Tra le sue opere ricordiamo Le Lettere di Jacopo Ortis, ispirate al Werther di
Goethe, considerate il primo romanzo epistolare della letteratura italiana; sono l’espressione di una
storia d’amore mescolata al patriottismo: contengono sia lo sfogo personale di Foscolo sui propri
problemi amorosi, sia la critica a Napoleone per il trattato di Campoformio con cui cedeva vari
territori italiani (tra cui Zante) all’Austria. La sua opera più importante è I Sepolcri, poemetto in
endecasillabi sciolti scritto per protesta a una legge che impediva la sepoltura nelle mura cittadina.
Egli nel carme illustra l’ispirazione che i vivi possono trarre dall’esempio dei grandi morti e dalla
poesia.
Vanno poi ricordate le Grazie, poema incompiuto, che parla della bellezza e gentilezza come valori
fondanti di una civiltà; la traduzione del romanzo inglese Viaggio Sentimentale e i diversi sonetti in
cui si intrecciano temi personali e politici (per es. In morte del fratello Giovanni).
28. Quali sono le caratteristiche principali de I Sepolcri di Ugo Foscolo?
I sepolcri sono un poemetto di 295 endecasillabi sciolti presentato come una lettera rivolta a
Pindemonte in cui Foscolo critica la legge napoleonica che vietata la sepoltura dentro le mura
cittadine. In essa Foscolo difende l’importanza delle tombe dei grandi, fonte di esempio e
ispirazione per i cittadini; innovativa la struttura: 295 versi divisi in quattro parti, ognuna delle quali
affronta il tema da una prospettiva diversa: affettivo, storico, pubblico e morale. Accanto alle
sepolture, però, Foscolo sottolinea che c’è un altro modo per essere ricordati: grazie alla poesia.
Poesia che è eternatrice perché, mentre le tombe sono soggette all’usura del tempo, la poesia vive
per sempre e resiste al trascorrere del tempo.
29. Quali sono le caratteristiche principali del Saul di Alfieri?
Il Saul (1782) è una tragedia in 5 atti di Vittorio Alfieri. La storia è tratta dalla Bibbia e narra degli
ultimi momenti di vita del re Saul nella lotta contro i Filistei. Anche se l’argomento è biblico, non si
tratta di una tragedia religiosa ma, piuttosto, un dramma psicologico incentrato sulla
contraddittorietà di Saul. Egli è un tiranno che, dopo una sterminata brama di dominio, diventa un
eroe lasciandosi alle spalle una lunga vita di abiezioni e miseria, trovando il suo riscatto dalla
miseria delle passioni, della debolezza e della paura attraverso il suicidio eroico che non dovrà
essere inteso, quindi, come un atto vile e rinunciatario.
30. Come potrebbe essere descritto il realismo nell'arte secondo Manzoni?
Manzoni, maggiore rappresentante del romanticismo in Italia, tracciò la strada per una nuova
scuola fondata sull’espressione della verità storica e morale, intese non solo come un fine, ma
come la più suprema fonte di bellezza. È il realismo nell’arte che caratterizza la sua opera: egli
attinge dalla storia per le sue opere e la sua analisi narrativa tende a renderle il più possibile reali.
Per esempio, alla fine, non c’è un lieto fine ma la continuazione della vita quotidiana dei
personaggi.
31. Si descriva il processo di revisione operato da Manzoni dal Fermo e Lucia ai Promessi sposi del '42
La prima apparizione del romanzo di Manzoni è con il titolo Fermo e Lucia; il successivo romanzo
sotto il nome di Promessi sposi apparve prima nel 1827 e poi nel 1842. Il processo di revisione
scaturì dal voler rinnovare l’impianto stilistico e linguistico rispetto alla versione precedente; il
cambiamento più importante è il passaggio dal toscano al fiorentino colto.
32. Quali sono le caratteristiche principali del romanzo storico? Quale attenzione viene posta ai
personaggi?
Il romanzo storico è un’opera narrativa ambientata in un tempo passato di cui si riprendono usi,
costumi, condizioni sociali in modo da far rivivere quell’epoca nel modo più verosimile possibile. I
personaggi possono essere inventati o reali e a loro si dedica grande attenzione; vengono
presentati nei minimi particolari secondo una forte caratterizzazione: un personaggio viene
descritto e seguito in ogni tappa così da farlo diventare quasi un modello. Del personaggio vengono
indagate le più sottili pieghe del proprio animo.
33. Si traccino le linee fondamentali del percorso di studi di Francesco Guicciardini
Studia giurisprudenza allo studio di Pisa che allora aveva sede a Firenze, poi a Ferrara e poi a
Padova fino al 1505;
sì addottora a Firenze dove aveva cominciato a insegnare Istituzioni civili;
per 7 anni esercita l’avvocatura difendendo istituzioni religiose e cittadine.
34. Quali sono i modelli culturali a cui si ispira Guicciardini da un punto di vista storiografico e
filologico?
Gli storici di eccezionale levatura che si erano distinti durante l’Umanesimo per aver dato spazio
alla valutazione e alla critica delle fonti. Un nuovo spirito filologico è per esempio presente in
Coluccio Salutati, Leonardo Bruni in cui il vaglio delle fonti si presenta occasionalmente. Grande
maestro di metodo fu poi Lorenzo Valla che aveva fatto della filologia lo strumento principe di
indagine in campo storico e documentario. Esemplare il caso della Donazione di Costantino.
35. Quali sono state le cariche politiche di Guicciardini?
1512: ambasciatore in Spagna della Repubblica di Firenze presso Ferdinando il Cattolico.
1515: membro della Signoria
1516: al servizio del Papa come avvocato concistoriale
1516: governatore di Modena nominato da Leone X
1517: diviene anche governatore di Reggio
1521: commissario generale dell’esercito di Leone X nella guerra contro la Francia a fianco
dell’imperatore
Sotto Adriano VI: esautorazione
1524: presidente della Romagna nominato da Clemente VII
1526: ministro e consigliere a Roma spinge Clemente all’adesione alla lega di Cognac, filofrancese
1526: luogotenente generale delle truppe della Chiesa: sconfitta della Lega, Sacco di Roma, caduta
dei Medici con instaurazione di governo repubblicano antimediceo
1530: Clemente VII ristabilisce la pace con Carlo V e lo incorono imperatore. Si apre intanto
processo a Guicciardini a Firenze condannato in contumacia.
Caduta Repubblica fiorentina: epurazione antimedicei
1531: governatore di Bologna
A Firenze niente più Signoria ma Consiglio di 4 membri con un Senato ristretto di 48 presieduto da
Alessandro de’ medici di cui diviene stretto consigliere
36. Si descriva l'opera di Guicciardini storico d'Italia nel contesto storico-letterario che l'ha preceduta
(con elementi biografici)
Guicciardini può essere considerato uno dei più grandi storici italiani, in modo particolare per la sua
opera (Storia d’Italia), pubblicata nel 1560, vent’anni dopo la sua morte. Un’opera senza eguali per
il metodo e l’atteggiamento storiografici adottati sia per l’influenza esercitata. Il contesto in cui
Guicciardini si inserisce non è sicuramente privo di stimoli; già nel Medioevo l’attività cronachistica
e storiografica non si era interrotta; durante l’umanesimo importanti storici diedero il loro
contributo grazie soprattutto a un uso critico delle fonti, scelte consapevolmente e non perché più
vicine cronologicamente e ideologicamente. Un nuovo spirito filologico è visibile per esempio in
Coluccio Salutati o Leonardo Bruni in cui le fonti vengono vagliate occasionalmente; ma il più
grande maestro, da tale punto di vista, è Lorenzo Valla che fece della filologia lo strumento principe
di indagine nel campo non solo linguistico ma anche storico e documentario (Donazione di
Costantino). In questo contesto si inserisce Guicciardini che, come consuetudine delle famiglie in
vista, dal 1508 al 1528 tenne un diario in cui annotava incarichi, onorari ecc. diario importante
soprattutto per la ricostruzione della sua carriera. Proprio in questo periodo, inoltre, cominciò a
lavorare a quella che potremmo definire la sua prima opera storiografica, le Storie fiorentine in cui
tracciava una storia di Firenze iniziando dal Tumulto dei Ciompi.
Scrisse nel periodo in cui era ambasciatore in Spagna (relazione, divenuta quasi un genere
letterario). Oltre alla relazione anche il Discorso di Logrogno con cui ipotizzava, dato il momento
storico vissuto da Firenze in cui i Medici erano stati cacciati per la seconda volta, la miglior forma di
governo per quella città.
Nel periodo di ozio forzato (Adriano VI) lavorò al Dialogo del reggimento di Firenze in cui discusse
della forma migliore di governo per la città fiorentina; su di esso tornò molte volte con correzioni e
revisioni.
Durante la repubblica fiorentina e la residenza in Finocchietto lavorò alle tre orazioni (Consolatoria,
Accusatoria, Defensoria) per difendere il proprio caso dall’accusa mossa dagli avversari politici. In
questi anni dovette probabilmente cominciare il lavoro delle Cose fiorentine.
Il confronto con l’amico Machiavelli lo spinse, nel 1530, a lavorare alle Considerazioni intorno ai
Discorsi di Machiavelli. Mentre, solo dal 1537, si dedica, fino alla morte, all’opera magna, una
summa delle proprie conoscenze, la Storia d’Italia.
37. In che senso la relazione può essere considerata un genere letterario?
La relazione stava diventando, nel periodo (1512) in cui Guicciardini scrisse la propria, un vero e
proprio genere letterario in cui lo scrittore non solo dava resoconto del proprio lavoro ma infittiva il
discorso con descrizioni dettagliate e elementi narrativi. Per esempio, tale può essere considerata la
relazione di Francesco Vettori in Germania, vivacissima e ricca di digressioni narrative. Anche
Guicciardini raccoglie nella sua relazione tutti gli elementi, psicologici e sociali, che possano definire
meglio ciò che accade o che, in prospettiva, dovrà accadere.
38. Si descrivano le tre orazioni: Consolatoria, Accusatoria e Difensoria
Furono composte durante la residenza in Finocchietto per difendersi della condanna in contumacia
emessa contro di lui. Nell’Accusatoria elenca le cause che potrebbero essergli state mosse per
l’azione diplomatica svolta nell’adesione alla Lega di Cognac; nella Difensoria si difende da quelle
stesse accuse.
39. Quale differenza intercorre tra le fonti utilizzate da Guicciardini nelle Storie fiorentine e quelle
utilizzate nella Storia d'Italia?
Nelle storie fiorentine le fonti sono gli archivi di famiglia e la propria esperienza personale; nella
Storia d’Italia, invece, oltre alla propria esperienza diretta lo storico farà uso di numerose e varie
fonti archivistiche e storiche.
40. Qual è e quale importanza riveste l'evento da cui partono le Storie fiorentine?
Le storie fiorentine partono dal 1378, anno del Tumulto dei Ciompi. Mentre Machiavelli vi vedeva
lo scontro di forze economico-sociali contrapposte, Guicciardini vi ravvisava l’inizio della ruina di
Firenze data dallo sfruttamento da parte dei magistrati della guerra del popolo salariato (popolo
magro). La scelta di questo evento simboleggia anche una scelta di metodo, in quanto così facendo
Guicciardini si distanzia dai predecessori Bruni e Bracciolini, non sceglie un metodo annalistico ma
organizza il materiale secondo la propria visione della storia fiorentina.
41. Come potrebbe essere descritto il ruolo di Lorenzo de' Medici in Guicciardini?
Verso Lorenzo c’è un atteggiamento ambivalente; egli è visto da una parte come il tiranno che
mascherò sotto una finta repubblica la propria egemonia, ma dall’altra come la personalità grazie
alla quale si mantenne la pace in Italia.
42. Come cambia la descrizione della morte di Lorenzo de' Medici nel passaggio tra le Storie
fiorentine di Francesco Guicciardini e la Storia d'Italia?
La morte di Lorenzo è l’elemento con cui Guicciardini può fare nelle sue opere osservazioni di tipo
storico, politico, psicologico. Nelle storie fiorentine la morte di lorenzo è annunciata da presagi
sinistri e anomali ma l’ambivalenza manifestata nei suoi confronti regge con difficoltà: alla sua
morte, Firenze si è liberata di un tiranno o ha perso reggente che aveva mantenuto la pace? Nella
storia d’Italia, invece, Lorenzo diventa un simbolo, il simbolo dell’equilibrio e anche la sua morte
diventa funzionale alla narrazione, in quanto con la sua morte decade la pace italiana. Nella storia
d’italia lui è descritto quasi senza personalità, perché non è importante il personaggio quanto la
funzione che svolge.
43. Come viene analizzata la crisi delle istituzioni fiorentine che coinvolse Guicciardini nello studio di
Felix Gilbert?
F. Gilbert descrive il quadro dei problemi delle istituzioni fiorentine al tempo di Guicciardini,
mettendo in evidenza come i Medici governarono attraverso un’egemonia mascherata da falsa
repubblica. Lui segnalava l’instabilità creata dai provvedimenti presi dopo i medici proprio per
eliminare quell’egemonia; per esempio aprire il consiglio unificato a chi avesse avuto il nonno o il
padre nel novero dei sorteggiabili della signoria o nei buonuomini o nei gonfalonieri significò sì, un
allargamento del diritto al voto, ma anche un più instabilità sia per le lotte interne al consiglio (in
cui erano rientrati anche i ceti medi) sia per gli attacchi esterni (di chi invece vi era rientrato).
44. Quali istituzioni fiorentine vengono analizzate nelle Storie fiorentine di Guicciardini? Chi vi
poteva accedere?
Consiglio del popolo e del comune fusi nel maggiore: nel consiglio unificato accedevano tutti coloro
il cui padre o nonno era stato nel novero dei sorteggiabili della signoria, nei dodici buonuomini o
nei sedici gonfalonieri.
Consiglio dei 70 e dei 100: istituiti dai medici, ne facevano parte i patrizi fiorentini a loro favorevoli
Signoria presieduta dal gonfaloniere
Consiglio dei dieci: politica estera e guerra
Consiglio degli otto di guardia: amministrazione e giustizia
Ufficiali di monte: debito pubblico, tasse
45. Chi sono gli "uomini savi" e qual è il loro compito secondo Guicciardini?
Gli uomini savi di cui parla Guicciardini sono i rappresentanti dell’aristocrazia cittadina che, secondo
lo storico, hanno l’esperienza per governare Firenze. Essi andranno a far parte del Senato.
46. In quale occasione e con quali finalità viene redatta l'opera di Guicciardini conosciuta come
Discorso di Logrogno?
È una delle opere redatte durante il periodo spagnolo (1512), quando i Medici nel 1494 vennero
cacciati per la seconda volta da Firenze a seguito della discesa in Italia di Carlo VIII e della viltà di
Piero de’ Medici. La repubblica popolare di Savonarola che si instaurò non era certo condivisa da
Guicciardini che nel discorso cercò di teorizzare quale fosse la migliore soluzione politica per
Firenze (argomento che tornerà più volte nelle opere di Guicciardini).
47. Quale ruolo ha la famiglia Medici, secondo quanto Guicciardini annota nel Discorso di Logrogno?
Il loro ruolo è quello di governare Firenze e di farlo nel modo più pragmatico possibile, accrescendo
il potere della famiglia nel popolo. I loro consiglieri saranno i savi aristocratici, i tecnici, coloro che
hanno studiato e sanno come si regge un governo.
48. Perché Guicciardini utilizza il genere del dialogo nel Reggimento di Firenze?
Sceglie il dialogo, nel senso di disputa, e non il trattato poiché le scelte che ognuno difende sono
veramente coscienti, in quanto si sono affermate a spese di altre idee e concezioni. Il Dialogo del
reggimento di Firenze è appunto un dialogo sulla migliore forma di governo per Firenze tra il padre
di Guacciardini, Bernardo del Nero (alter ego dell’autore e rappresentante della vecchia nobiltà),
Soderini (sostenitore del governo popolare) e Capponi (ottimati).
49. Quali sono le caratteristiche del sistema politico di Firenze su cui insiste Guicciardini, secondo
l'analisi di De Capraris?
Ciò che caratterizza il perfetto governo secondo Guicciardini nell’analisi di de Capraris è l’equilibrio
su cui si fondano gli elementi costituenti; i vari poteri, infatti, sono simmetrici e si muovono in un
sistema di limiti ben preciso. Il consiglio grande è l’organismo maggiore, lui tutela la libertà però ad
esso fa da argine il senato in quanto le leggi e le decisioni più importanti devono prima passare dal
senato e poi andare al consiglio popolare. A sua volta il senato è controllato dal gonfaloniere e
dall’esecutivo: questi però sono controllati dal senato da cui vengono eletti. Tuttavia senato e
gonfaloniere non possono neanche allearsi ai danni del consiglio grande, perché è quest’ultimo che
decide, in via definitiva, di decisioni importanti e dell’elezione stessa del gonfaloniere.
Questo in riferimento al Dialogo del reggimento di Firenze in cui riprende il sistema descritto nel
discorso di Logrogno
50. Quali sono i tempi di redazione del Dialogo sopra il reggimento di Firenze?
Il Dialogo sopra il reggimento venne scritto tra il 1521 e il 1526 ed è ambientato nel 1494, anno
della morte di Lorenzo.
51. Quale ruolo ha lo stato della Chiesa in Guicciardini e qual è la differenza col pensiero di
Machiavelli?
Secondo entrambi lo stato della Chiesa fu un ostacolo alla formazione di una monarchia nazionale,
tuttavia per Guicciardini questo ebbe, a sua volta, una conseguenza positiva, cioè il fiorire sul
territorio italiano delle diverse città.
52. In quale scritti Guicciardini fa riferimento - implicitamente o esplicitamente - alle idee di
Machiavelli?
Implicitamente nel Dialogo del Reggimento di Firenze; esplicitamente nelle Considerazioni intorno
ai Discorsi di Machiavelli.
53. Da chi e quando venne pubblicato lo scritto Cose fiorentine di Francesco Guicciardini?
Roberto Ridolfi, 1945
54. Quali elementi vengono suggeriti come centrali, nelle Cose fiorentine di Francesco Guicciardini,
da R. Ridolfi?
Roberto Ridolfi è l’editore critico dell’opera che si occupò delle Cose fiorentine pubblicandolo nel
1945 con un titolo scelto da lui stesso. Egli ci riferisce di come Guicciardini scrisse l’opera, usando
fascicoli molto grandi con ampi margini in cui annotava di continuo dubbi, correzioni, discordanze.
Alcune note sono vere e proprie note critiche. Ci riferisce che cita storici fiorentini e non, spesso,
come si fa modernamente, con delle sigle. Come uno storico moderno, Guicciardini lavora all’opera
usando una mole importante di fonti, spesso testi non divulgati per le stampe. E tutti gli autori sono
citati e utilizzati secondo un forte acume critico. Oltre agli storici, inoltre, continua Ridolfi, usa fonti
documentarie (per es. le Commeissioni di Rinaldo degli Albizzi) in modo totalmente innovativo
rispetto all’epoca.
Questo tipo di scrittura diventa sempre più ingarbugliata, piena di note e correzioni, man mano che
la storia raccontata si avvicina a quella vissuta dall’autore stesso: le fonti citate aumentano, tuttavia
la narrazione diventa più lacunosa e sommaria man mano che si va avanti.
Come gli storici classici ricorre alle orazioni dei personaggi e riferisce, continuamente, dei conflitti in
cui versa Firenze.
55. Come va inteso il termine "ricordo" in Guicciardini?
Il termine ricordo contiene e supera altri termini pur utilizzati da Guicciardini: proverbio, detto,
massima. Qui si tratta di brevi pensieri, raccomandazioni, avvertimenti; non sono memorie ma cosa
da ricordare, consigli che da Guicciardini. Ricordo è riflessione
56. Si descrivano tempi di riscrittura e nuclei principali dei Ricordi di Francesco Guicciardini
I Ricordi cominciano a essere scritti dal 1512 e su di essi lo storico vi ritornerà con riformulazioni,
correzioni, nuovi nuclei scrittori per 20 anni così da arrivare da una decina di ghiribizzi del primo
nucleo a più di 200. Vari sono i temi: i sudditi, il principe, il funzionamento degli stati, andamento e
durata delle guerre, rapporto uomo/fortuna, esatto significato di un proverbio o di un detto,
irrazionalità dei miracoli; spiccano poi i ricordi sulla natura discontinua della storia, sull’assenza di
norme universali, sull’impossibilità di una regola unitaria e sull’inevitabilità del destino.
57. Quale rapporto intercorre tra la concezione della Storia d'Italia e i Ricordi, in Guicciardini?
La disintegrazione teorica dei Ricordi si riallaccia alla ricostruzione della Storia; come nei Ricordi
non vi era intento dogmatico o meccanico così nella Storia non vuole fornire modelli o valori: il suo
intento è raccontare la rovina dell’Italia annullando la distanza tra passato e presente e rendendo al
lettore illuminata la zona degli avvenimenti trascorsi.
58. In che senso la Storia d'Italia di Guicciardini può essere definita come "opus magnum" risultante
delle opere precedenti?
Il rapporto con le fonti, indice di un lavoro storiografico consapevole delle difficoltà di ricostruire
l’identità del passato (sperimentato nelle Cose fiorentine), la volontà di circoscrivere esattamente i
fatti, secondo il loro profilo individuale (sviluppata analiticamente nel confronto con Machiavelli
attraverso le Considerazioni), il riconoscimento del sopraggiungere repentino dei casi e della loro
sorprendente e variegata morfologia (ribadita nei Ricordi).
59. Quale influenza ebbe la concezione della storia e della storiografica di Cicerone su Guicciardini?
Per Guicciardini le idee di Cicerone erano una summa delle regole da seguire nella stesura del
proprio lavoro. La storia, così, si spoglia della grande aura per diventare essenzialmente teatro in
cui si scontrano volontà diverse, ma tutte più o meno legittime, per fondare la propria grandezza.
Grande ruolo ha l’ambizione, un sentimento vitale e indispensabile per ogni politico che agisce con
delirio e potenza.
60. Perché e dove Guicciardini utilizza la tecnica del "discorso diretto"?
Il discorso diretto, giù usato nelle Cose fiorentine, viene utilizzato nella Storia d’Italia per i temi di
natura politica e militare per far esprimere, direttamente ai personaggi, le loro idee.
61. Quale funzione della storiografica emerge dalla Storia d'Italia di Guicciardini?
La storiografia deve solo rendere presente ai lettori un tempo passato presentandone tutti gli
elementi che lo hanno caratterizzato. Non c’è idea di progresso, né un fine da raggiungere nella
storia, ma solo disordine e irrazionalità; a tale disordine si oppone l’ordine dell’interpretazione che
va a concatenare i fatti di modo che si possa costruire una serie senza lacune.
62. Quale ruolo ha il concetto di "declino nella ciclicità" nella concezione storiografica di
Guicciardini?
Il declino nella ciclicità, cioè la decadenza, la morte è qualcosa di inevitabile per ogni civiltà, anche
per quelle che, un tempo, sono state chiare e famose. A sopravvivere però dev’essere la memoria
di quella grandezza in modo da generare nella mente dei vincitori compassione e non acerbità.
63. Qual è il rapporto tra passato prossimo e passato remoto nel Proemio della Storia d'Italia di
Guicciardini?
Il passaggio dal passato prossimo (ho deliberato) al passato remoto (cominciarono) marca la
distanza fra il momento dell’accadere, delle res gestae, e il momento del narrare, dello scrivere.
64. Con quale parola inizia il Proemio della Storia d'Italia di Guicciardini? Si commenti
Il proemio della storia d’Italia inizia in modo superbo, con la parola Io. In questo modo l’autore
assume su di sé le esperienze sovrapersonali che ordina e interpreta secondo la propria
discrezione; è la varietà degli eventi che viene organizzata dalla mente tucididea dello storico.
65. C'è ricerca di simmetria nel Proemio della Storia d'Italia di Guicciardini? Quali altre considerazioni
stilistiche si possono fare?
C’è una costante ricerca della simmetria e della concinnitas finalizzata alla tendenza, quasi
maniacale, di distinguere (varietà e grandezza, documenti ed esempi: tutto in due, niente è
univoco). Altre considerazioni stilistiche sono:
- Uso raro di figure retoriche e di linguaggio figurato (le uniche del proemio sono l’ipallage
franzesi e l’immagine del mare in tempesta. Poi avranno luogo anche l’immagine del malato e
del medico e della peste con associato il fuoco);
- Uso insistito dei suffissi superlativi;
- Accoppiamento di parole con la stessa radice.
66. Sulla base della lettura del Proemio della Storia d'Italia, quali rilievi di carattere linguistico si
possono fare rispetto all'uso della lingua di Guicciardini rispetto ai canoni cinquecenteschi?
Guicciardini rivide l’opera più volte proprio per uniformarsi ai nuovi canoni linguistici dettati da
Pietro Bembo. Tuttavia nella sua opera permangono molti fiorentinismi (cominciorono, amorono) e
latinismi
67. Con quali immagini Guicciardini descrive la situazione di crisi e le sue possibili soluzioni?
Il malato (l’Italia) e il medico (il politico).
68. Ci sono tracce di elementi lucreziani nel Proemio della Storia d'Italia di Guicciardini?
Si; l’immagine del mare in tempesta e dello storico che lo guarda distaccato dalla terraferma
riprende proprio i concetti del De Rerum Natura di Lucrezio: per entrambi il naufragio è la guerra e
la terraferma è il luogo dell’osservazione distaccata, della sapienza.
69. Quale ruolo viene dato alla memoria da Guicciardini nel Proemio della Storia d'Italia?
Assieme allo scrivere, la memoria è un dato fondamentale nel binomio che sta alla base della storia
d’Italia: è una fonte dell’opera. Infatti, pur servendosi di fonti storiche e archivistiche, l’arco
temporale descritto nell’opera è quello che lo storico ha vissuto direttamente per cui la sua
memoria, la sua esperienza personale sarà una fonte importante per scrivere la storia. È l’autopsia,
ricordata per lo storico greco Tucidide, che indica proprio la narrazione di eventi a cui lo storico ha
assistito personalmente.
70. Quale importanza rivestono le proposizioni subordinate in Storia d'Italia I,1?
Il ricorso a subordinate esplicite è molto frequente in Guicciardini; esse, con i loro connettivi,
vogliono tenere coeso un discorso spesso molto ampio e dilatato. Quelle esplicite poi ne
contengono spesso altre implicite: la gerarchia della sintassi vuole così rispecchiare la gerarchia e
l’importanza dei fatti storici.
71. Quale immagine di Lorenzo de' Medici emerge dalla Storia d'Italia di Guicciardini?
Differentemente dalle opere precedenti, l’immagine di Lorenzo de’ Medici è acritica e positiva.
Lorenzo non è più il tiranno, ma l’artefice della concordia generale. Tale visione nella storia d’Italia
è comunque funzionale alla narrazione di una Firenze, un’Italia e un’Europa immerse in una
situazione al culmine della pace.
72. Quale immagine della morte di Lorenzo de' Medici emerge dalla Storia d'Italia di Guicciardini?
L’immagine che emerge è una morte improvvisa, in cui ha un ruolo importante la fortuna, che
rompe gli equilibri fino ad allora mantenuti. Una morte acerba per Lorenzo, ancora giovane, e per
Firenze, che sotto di lui era straordinariamente fiorita, e incomodissima per l’Italia che perse lo
stato di pace.
73. Quale rapporto ha la Storia d'Italia con l'annalistica?
La tradizione che vuole dare alla Storia d’Italia un’impostazione annalistica in realtà non è fondata;
questo perché, anche essendoci date cronologiche nell’opera, esse non corrispondono alla
divisione in libri e capitoli esistente, fatta da editori e critici ottocenteschi: l’impostazione
annalistica quindi non andrebbe a corrispondere alla realtà. Inoltre tutte le date sono sempre
inserite in una narrazione più ampia quindi non gli dà un’impostazione annalistica. L’organizzazione
dell’opera non è cronologica ma narrativa, funzionale, cioè, alla comprensione degli eventi.
74. Quale immagine di Piero de' Medici emerge dalla Storia d'Italia di Guicciardini?
Un’immagine negativa: Pietro è colui che, promuovendo un’intesa maggiore con una forza politica
dello scacchiere (gli Aragonesi a discapito dei Milanesi), rompe gli equilibri che il padre era riuscito
a creare.
75. Quale rapporto intercorre tra narrare e fare storia nella Storia d'Italia di Guicciardini?
Un rapporto di stretta dipendenza perché il modo in cui Guicciardini narra la storia influenza il suo
modo di fare la storia cioè di interpretarla, di presentarla, di riconsegnarcela.
76. Si descriva il rapporto tra Guicciardini e la famiglia Medici
Guicciardini nei confronti dei Medici non fu legato come un servo ai padroni; al contrario, anche in
quanto svolse spesso i suoi incarichi in provincia, mantenne una certa indipendenza che lo portò a
mantenere chiari quali fossero i propri diritti e i propri doveri senza per forza doversi assoggettare a
un’autorità assoluta ma facendo sentire il proprio pensiero. Ciò traspare, per esempio, nei Carteggi
e in particolare quando gli venne affidato l’incarico a Bologna e non quello in Romagna.
77. Si ricostruiscano le circostanze della Storia d'Italia attraverso i Ricordi e i rapporti coi Medici
La storia d’Italia viene scritta quando ormai Guicciardini, anziano e esautorato da incarichi politici, si
dedica alla sua opera. Questo avviene proprio quanto il suo ultimo protettore, Clemente VII muore:
lo storico appartiene a una classe ormai obsoleta, che nessuno difende, è visto come un “nemico”
dall’imperatore, un sostenitore dell’ordine precedente; per questo non avrà nessun ruolo nella
politica di Cosimo de Medici.
78. Quale era la posizione di Guicciardini storico e di Guicciardini politico di fronte alla situazione
italiana? Si risponda utilizzando anche un suo autoritratto
Storico: con la morte di Lorenzo e poi la discesa di Carlo VIII comincia un declino inevitabile della
penisola. Analizza il cambiamento
Politico: l’imprudenza e la smodata ambizione dei principi hanno portato alla situazione attuale.
Prudenza, ambizione e abilità possono dare un posto nella storia ma c’è sempre la fortuna.
Situazione in cui quella costituzione mista che Guicciardini voleva non può essere più pensabile; la
sua classe è ormai, amaramente, destituita. Condanna il cambiamento
79. Microstorie e cambiamento: si descrivano i caratteri narrativi della Storia d'Italia
- Frequente uso di storie in piccola scala;
- Tecnica narrativa focalizzata sul cambiamento;
- Immagini accuratamente dettagliate
- Un quadro succede a un altro rapidamente: velocità narrativa
- Narrazione irrequieta ma allo stesso tempo composta
80. Si descriva la tecnica del ritratto nella Storia d'Italia prendendo ad esempio il ritratto di Lorenzo
de Medici
Il ritratto nella storia d’Italia non è più la cesura statica che interrompeva la narrazione ma è
funzionale alla narrazione stessa; per esempio quello di Lorenzo è molto breve, sono delineati solo
alcuni tratti ed è sempre inserito con altre persone. Perché nella storia il ritratto di Lorenzo serve
solo a evidenziare il simbolo che è Lorenzo, cioè del garante della pace.
81. Si descriva la tecnica del ritratto nella Storia d'Italia prendendo ad esempi i ritratti di Leone X e
Clemente VII
Nella Storia d’Italia il ritratto non è più quello tipico del primo Rinascimento in cui i vizi e le virtù del
personaggio descritto offrono al lettore una chiara visione. Al contrario è un ritratto molto più
dinamico che parte da un presupposto (Clemente VII sarà migliore di Leone X) per poi portare il
lettore ad ammettere il contrario (Leone X è stato migliore). I suoi ritratti sono fatti di virtù
ambivalenti, osservazioni particolari, svariate figure che si mischiano: tutto questo crea un
profondo senso del movimento. Rende lo storico consapevole del suo lettore e questo, a sua volta,
viene manipolato nelle sue aspettative e comprensioni. Tale visione parziale è destinata non tanto
al pubblico convenzionale quanto alla riflessione di un solo lettore.
82. Si descriva il concetto di impeto nella Storia d'Italia
Il concetto di impeto, ripreso dalla teoria medioevale del moto secondo cui tutti gli oggetti hanno
dentro di sé l’impeto, cioè l’energia, appare più volte nella Storia d’Italia applicato ai più diversi
contesti: le storie umane, l’artiglieria ecc. Impeto implica, dunque, energia e movimento e
nell’opera di Guicciardini è strettamente connesso al cambiamento; anche se l’autore è un uomo
che crede nella prudenza, nella Storia d’Italia, diversamente da prima, crede che anche la forza
(riprendendo esempi come Capponi o Giulio II) possa portare al successo, anche se spesso con
conseguenze nefaste.
83. Si descriva il linguaggio della Storia d'Italia alla luce dell'affermazione "il linguaggio di Guicciardini
è la sua firma"
Quello di Guicciardini è un linguaggio complesso così come lo è il suo modo di fare storia; è molto
semplice riconoscere e distinguere il linguaggio di questo autore dagli storici del tempo: complesso,
manierato, freddamente toccante, è solo suo. Si distingue nettamente dai periodi meno elaborati di
Nerli o dalla prosa più energica di Machiavelli. Le frasi qui sono elaborate e complesse, più lente;
andando avanti le frasi si complicano perché vogliono spiegare tutto quello che viene detto senza
dare spazio più di tanto alle convenzioni retoriche di simmetrica e di equilibrio. Sono descrizioni
lunghe le sue che vogliono mettere insieme tutti gli elementi necessari per descrivere un singolo
evento: spesso una frase occupa un intero paragrafo.
84. Si descrivano i caratteri classicisti e anticlassicisti della Storia d'Italia
Classici: discorsi retorici e narrativa annalistica; tono nobile e serio
Anticlassici: mancanza di semplicità. Sottolineatura etica ed elemento ideale
85. Si descriva sinteticamente il "giudicio" di Guicciardini secondo il suo commentatore Porcacchi
La prima più lunga considerazione sulla Storia d’Italia è quella di Tommaso Porcacchi, scrittore,
curatore di testi ed editore che, nel 1547 in accompagno all’edizione Angelieri, cura questa nota
rappresentativa della figura del letterato ormai prestata all’industria della stampa.
Porcacchi comincia il suo “giudicio” dicendo quali sono le tre cose che uno storico deve collocare
(come secondo Socrate nel Bene) Bellezza, Misura e Verità. Egli le va, quindi, rintracciando (non per
convincere sé stesso, sa già che la Storia d’Italia è eccellente, ma per farlo capire ai lettori)
nell’opera guicciardiniana.
Per quanto riguarda la bellezza egli dice che questa è ottenuta attraverso più elementi che
concorrono a renderla non solo bella, ma anche utile. Esse sono:
- la spiegazione delle ragioni di un evento, le prove di un concetto sostenuto (Guicciardini spiega
ogni volta le cose che dice);
- nel giudicio, cioè nell’ordine e nella disposizione degli eventi, cosa che rende la storia molto
simile alla poesia;
- nelle descrizioni di tutto ciò che viene narrato, dei luoghi, dei popoli, delle loro leggi e
consuetudini, anche in questo la storia si avvicina alla poesia;
- le concioni, cioè le orazioni del genere deliberativo (egli ricorda quella di Mercurio Gattinara
inserita da Guicciardini come esempio perfetto di tale genere);
- la gravità delle sentenze e la diversità dell’eloquenza.

In merito alla Misura si ha scegliendo un oggetto nobile e memorabile sorretto da informazioni vere
e dettagliate; inoltre, non solo non devono essere dette bugie, ma, anche, non deve essere taciuta
la verità per un secondo fine (come l’adulazione, l’odio, l’amore…). A tal proposito dice che
l’argomento scelto da Guicciardini è nobile e memorabile (la storia dell’Italia e delle cose avvenute)
e anche le informazioni da lui espresse lo sono sia perché avute grazie agli incarichi rivestiti nella
sua carriera sia per l’analisi fatta di altre fonti storiche e documentarie, sia perché li visse in prima
persona; spesso anche usando fonti inedite per l’epoca o fonti che gli altri ignoravano (si veda il
caso, citato dal Porcacchi, del discorso del marchese di Mantova prigioniero dei veneziani).

Infine la verità, la cosa più importante, secondo la quale lo storico deve narrare i fatti come
realmente accaduti altrimenti la sua diventerebbe una favola e non una storia. In questo riferisce
che Guicciardini fu veridico e sincero. Tuttavia, dice che, anche se ci sono macchie, date dall’incuria
o dalla distrazione umana, non si può far di tutta l’erba un fascio, cioè tacciare tutta l’opera di
falsità per piccoli errori. Considerando, peraltro, l’utile che si può ricavare dalla lezione di
Guicciardini.

86. Si descriva la funzione di Virgilio come preparatio ad gratiam secondo la concezione aristotelica
L’anima, o meglio la volontà, che deve ricevere la forma deve attraversare prima una fase di
preparazione per essere pronta a ricevere quella forma. Tale fase preparativa nella Divina
Commedia è rappresentata da Virgilio che, potendo godere solo della luce naturale della ragione,
non può vedere Beatrice e la grazia soprannaturale. La giustizia chi Virgilio può dare a Dante non
supera la definizione aristotelica perché i suoi limiti coincidono proprio con la sapienza pagana dei
filosofi; Virgilio può arrivare solo fino a dove arriva il lumen naturale
87. Si descriva l'analogia tra Beatrice e Cristo nella Commedia
L’apparizione di Beatrice tra i canti XXIX e XXX del Purgatorio è accompagnato da chiari segni
dell’avvento di Cristo (Cristo tuttavia è rappresentato dal Grifone poiché una totale identità tra
Dante e Beatrice sarebbe stata un sacrilegio). Già nella Vita Nova Beatrice moriva ricordando la
morte di Cristo e poi saliva in cielo circondata dagli angeli e dal grido di Osanna; ora Beatrice arriva
su un carro trionfale sotto la luce del sole nascente: Beatrice rappresenta l’analogia con l’avvento di
Cristo nel presente (cfr. ricorda i tre avventi di cristo secondo San Bernardo) e con la Grazia che si
accompagna alla luce (come da tradizione nella teologia cristiana). In questa analogia Beatrice
appare accompagna dalle sette ancelle rappresentanti le 4 virtù cardinali e le tre teologali.
88. Quale concezione medievale del tempo è alla base della Commedia e qual è il ruolo della Storia
nella Commedia?
La concezione medievale del tempo su cui si basa la Commedia è quella di Sant’Agostino che
rintracciava nell’anima la presenza di tre dimensioni temporali (presente, passato e futuro) tutte
riconducibili al presente perché sentiti e pensati in un presente. La Storia nella commedia diventa
una sorta di parallelismo dell’opera stessa: quello che sta accadendo nella Commedia è quello che è
già accaduto nella storia: Dante è l’umanità che si prepara a ricevere la Grazia santificante
(Beatrice) e in questo processo è preparato da Virgilio (che simboleggia nella storia la civiltà
romana e pagana di Augusto che ha portato al mondo la giustizia). Nella commedia quindi c’è un
senso letterale (Beatrice che incontra Dante), un senso morale (Cristo che viene) e un senso storico
(l’impero romando di Augusto che ha portato la giustizia).
89. Quale concezione della felicità è alla base della figura di Beatrice nel luogo in cui Dante la
incontra nella Commedia?
Dante nella concezione della felicità riprende Aristotele e l’Etica Nicomachea; però mentre per
Aristotele la felicità perfetta si raggiunge con lo stadio soprannaturale della contemplazione, Dante
va oltre intendendo come felicità lo stadio delle virtù rappresentato dall’avvento di qualcosa: la
Sapienza, la grazia, Cristo, la contemplazione: sono tutti nomi con cui viene indicata Beatrice.
90. Quale parallelismo si può riscontrare tra Virgilio: Lia e Beatrice: Rachele secondo le auctoritates
medievali?
Lia rappresenta la vita attiva, la giustizia; ed è proprio a questo che Virgilio conduce Dante, l’unica
cosa a cui può portarlo con il suo lume naturale. Questo è una preparazione a quello che
rappresenta Rachele, la contemplazione che si può raggiungere grazie a Beatrice, contemplazione e
grazia.
91. Fino a che punto il realismo dantesco conduce il parallelismo Virgilio: Lia e Beatrice: Rachele? Che
cosa aggiungono le virtù che accompagnano Beatrice?
Il parallelismo Virgilio: Lia e Beatrice: Rachele resiste fino a che consideriamo la giustizia come la
poteva intendere Virgilio, cioè attraverso il lume naturale della ragione. Se però vogliamo parlare
della giustizia perfetta, allora questo parallelismo non tiene più e dobbiamo dire che anche la
perfezione della vita attiva può essere raggiunta, assieme alla grazia e alla contemplazione, sempre
con Beatrice. Segno inequivocabile di ciò è che Beatrice quando appare è accompagnata sia dalle
virtù cardinali che rappresentano la vita attiva sia da quelle teologali (fede, speranza, carità) che
rappresentano quella contemplativa. Esse rappresentano quelle virtù provenienti da un ordine
transumano, che eccede quello rappresentato da Virgilio e che non è “imparato” (come per i
filosofi) ma è concesso dall’alto ed è accompagnato dall’amore.
92. Il paradiso terrestre: luogo reale o allegoria di una situazione dell'anima? Spiega la soluzione
individuata dal realismo dantesco.
Entrambi perché Dante segue quella visione letterale dei Padri della Chiesa secondo cui il Paradiso
terrestre è un luogo reale che il sommo poeta colloca al centro esatto dell’emisfero meridionale, su
una montagna circondata di acque creata dalla caduta di Lucifero. Ma è anche allegoria perché,
come si vede dalla presenza delle 4 stelle sul cielo del monte Eden che rappresentano le 4 virtù
cardinali, giungendo sul monte si riacquista quella grazie che Adamo ed Eva persero con il peccato
originale.
93. Quali sono i riferimenti indicati da Dante stesso rispetto all'innalzamento dello stile? In quali
opere e con quali riferimenti?
Lettera a Cangrande in cui dice che Orazio permetteva agli autori di comedia di scrivere nello stesso
stile della tragedia.
Inoltre anche nella Commedia stessa, precisamente in Purgatorio IX, afferma che, innalzandosi la
materia deve rendersi più alta ed eletta anche la materia.
94. L'ingresso nel sesto cerchio dell'Inferno: in che modo è articolata la scena?
Siamo nel canto X e Virgilio e Dante stanno camminando in uno stretto sentiero tra le tombe
scoperchiate e ardenti; Virglio gli spiega che si tratta degli avelli in cui giacciono eretici e atei e gli
dice che gli concederà di interloquire con qualcuno dei dannati. A questo punto, riconoscendone
l’accento toscano, un’anima (quella di Farinata) si erge con Oh tosco rivolgendosi a Dante.
95. Si commenti l'espressione «allor surse» del verso 52 del Canto X dell'Inferno
Con le parole “allor surse” Cavalcante interrompe il discorso di Farinata per intromettersi nella
discussione; è il secondo cambiamento di scena che interrompe la scena in modo netto e repentino
similmente all’”et ecce” presente nello stile illustre della Bibbia. Quest’espressione appartiene a
delle forme paratattiche che pongono i membri uniti in un rapporto estremamente dinamico.
Cavalcante, senza alcun ritegno, non può aspettare che il discorso di Farinata si concluda e si
intromette con parole di pianto e con disperazione, ponendosi in netto contrasto con la figura
solenne e grave di Farinata.
96. Stile sublime e parlato: qual è la sintesi operata da Dante sulla base del modello biblico?
Più volte, sia nella Commedia ma anche nel De Vulgari eloquentia, Dante si dirà debitore degli
antichi per lo stile illustre del volgare; allo stesso tempo, però, non manca di usare nella sua opera
espressioni e termini direttamente derivati dal linguaggio parlato. Tuttavia la sintesi che opera sta
proprio nella lingua creata, nell’aver saputo unire le due tradizioni senza rinunciare a nessuna delle
due: mantenendo con grande continuità quella gravitas del tono che non mette in dubbio a quale
livello stilistico ci si trovi. Egli comunque, nonostante sia consapevole del tratto stilistico raggiunto,
lo definisce scolasticamente e con un termine nuovo poema sacro.
sicuramente non disdegna espressioni proprie del linguaggio parlato: ad esempio
il “da me stesso non vegno”, oppure il “Volgiti: che fai?” di Virgilio, che produce
l’effetto di un discorso spontaneo e non stilizzato. Si trovano espressioni sciolte
dai loro legami che sarebbero pensabili in una qualunque conversazione
quotidiana di livello stilistico inferiore. Nello stesso tempo, accanto ad essi si
trovano espressioni d’altissimo pathos, anche linguisticamente sublimi nel senso
antico. In complesso la mira stilistica è rivolta senza dubbio allo stile sublime e
ciò si avverte immediatamente da ogni riga del poema, per quanto comune possa
essere il linguaggio nel quale è scritto. La gravitas del tono di Dante è mantenuta
con tale continuità da non poter dubitare un solo momento a quale livello stilistico
ci si trovi.
Certamente sono stati gli antichi a fornire a Dante il modello dello stile illustre, a
lui per primo; egli stesso parla in molti luoghi, nella Commedia e nel De Vulgari
Eloquentia, di quanto sia debitore ad essi per lo stile illustre della lingua volgare.
Ma nello stesso tempo è innegabile che il concetto che Dante ha del sublime si
distingue essenzialmente da quello dei suoi antichi modelli, non meno nei
soggetti che nella forma linguistica.
I soggetti che la Commedia presenta offrono una mescolanza di sublime e
d’infimo che agli antichi sarebbe sembrata mostruosa: si trovano insieme
personaggi della storia recente o addirittura contemporanea. Comuni e oscuri.
Molto di frequente essi vengono rappresentati realisticamente e senza ritegni
nella loro cerchia di vita umile e in genere Dante non conosce limiti nella
rappresentazione esatta e schietta del quotidiano, del grottesco e del repellente;
cose che in sé non potevano venire considerate sublimi nel senso antico, lo
diventano con lui per la prima volta, attraverso il modo in cui le ordina e dà loro
forma.
Molti autorevoli critici, anzi epoche intere di gusto neoclassico, si trovano a
disagio di fronte a questo realismo troppo crudo pur nel sublime. Il contrapporsi
delle due tradizioni, l’antica che separa gli stili e la cristiana che li mescola, non
appare mai così chiaro come in questo potente temperamento che riacquista la
coscienza di ambedue, anche dell’antica a cui mira, senza poter rinunciare
all’altra. Nella tarda antichità i dotti sentirono come violazione dello stile anche gli
scritti biblici; precisamente allo stesso modo gli umanisti dovettero poi sentir
l’opera del loro maggiore predecessore, di colui che per primo aveva di nuovo
letto i poeti antichi per amore della loro arte e assunto in sé il loro tono, che per
primo aveva abbracciato e attuato il pensiero del volgare illustre, della grande
poesia nella lingua materna
97. Con quale speciale tipo di sublimità Dante caratterizza lo stile della Commedia?
L’unitarietà dell’intero sistema creato: teoretico, pratico ed estetico (più generi in uno). L’unità
dell’aldilà si riflette sull’unità dello stile illustre
98. In che modo Farinata e Cavalcante sono il risultato del realismo dantesco?
Perché agiscono come viventi anche se sono nella condizione di defunti: il loro sguardo è rivolto alla
realtà terrena. Le figure conservano il loro carattere storico e reale (realismo figurale). Tali figure,
apparse sulla terra, trovano il loro compimento nell’aldilà che può essere il castigo, l’espiazione o il
premio.
99. Come si può descrivere il realismo dantesco in rapporto al realismo figurale a partire dal
personaggio di Catone?
Si spiega perché la figura del personaggio in terra trova compimento nell’aldilà: così Catone che in
terra si uccise pur di non vivere senza libertà, si trova, anche se pagano, alle porte del Purgatorio
diventando tutore della libertà degli eletti nel regno ultraterreno.
100. In che senso si può definire "estrema" la fonetica di Inferno I,1?
Poiché riporta due vocali fortemente diverse (i e u) agli estremi dei versi iniziali. Si contrappongono,
cioè, la vocale più chiara possibile e quella più scura possibile.
101. Come si può descrivere il fonosimbolismo dei primi cinque versi di Inferno I e quali le sue
implicazioni?
In Dante il fonosimbolismo ha una funzione non fine a sé stessa ma proiettata a comunicare
qualcosa sul piano contenutistico. Ad esempio agli estremi dei primi due versi si oppongono due
vocali opposte (i e u) in una fonetica estrema e disordinata che vuole simboleggiare la disperazione
e la mancanza di speranza di Dante arrivato nell’Inferno; nei primi versi dunque è visibile una
differenziazione fonetica estrema. Tale disordine continua ai versi successi con le assonanze e le
consonanze che nei primi 5 versi sono imperfette (solo nel corso del canto le assonanze staccate
diventano perfette e si concatenano); al quinto verso la forma passiva esprime un tabù che
simboleggia la distruzione della salvezza, lo smarrimento dell’anima.
102. Come descrive Contini il concetto di assonanza nella sua analisi di Inferno I?
Contini distingue tra assonanza limitrofa (quella che vi è tra due versi consecutivi) e staccata (tra
due versi che non si susseguono immediatamente). L’assonanza limitrofa è sempre imperfetta
(spesso è identica solo la vocale accentata) nel primo canto; l’assonanza staccata invece è
frequentemente imperfetta ma in alcuni casi è perfetta. Inoltre, procedendo nel canto, si notano
delle concatenazioni, nel senso che gruppi di versi presentano tutti una assonanza o una
consonanza.
Tutto questo, che Contini definisce limite armonico, non è qualcosa di casuale ma è funzionale a ciò
che si vuole esprimere, cioè che il I canto inizia all’insegna del caos, del disordine e della
disperazione ma pian piano si va coagulando ottenendo una luce di speranza simboleggiata
dall’elemento d’ordine. Si passa dal disordine alla compattezza armonica, dalla disperazione a un
barlume di speranza.
103. Come si possono descrivere gli eventi linguistici sull'asse della combinazione di Jacobson
che caratterizzano il primo canto dell'Inferno?
Ripetizioni, allitterazioni, uso di termini astratti per concreti e viceversa.
104. Quali citazioni bibliche troviamo in Inferno I? Quali dai classici latini?
Siracide (ecclesiastico), Geremia, Apocalisse. Eneide, De Civitate dei.
105. Quale richiamo si può vedere, in Inferno I, del Roman de la Rose?
Tono profetico, miniature.
106. Descrivi il tema della visione nell'iconografia romanza comprendente la Commedia.
La visione è centrale nell’iconografia romanza; la miniatura di cui i romanzi sono corredati serve a
dire al lettore che sta assistendo a una visione. Dante usa la visione per dire al lettore che è in
presenza non di un semplice sogno ma di un evento profetico.
107. Qual è il ruolo della musica nella descrizione del paesaggio che Dante fa nel Paradiso?
Esprime il sovraumano: la musica delle parole accompagna la descrizione del paradiso in un ritmo
sempre più pieno e più sovrano che si configura come un’ascensione musicale.
108. Quali caratteristiche possiedono le descrizioni del paesaggio in Purgatorio e Paradiso?
Il purgatorio viene descritto con il sole che tramonta, tramonto che vuole indicare il ripiegamento
dell’anima su sé stessa e l’inesorabile scorrere del tempo. Nella descrizione del paradiso sono
invece fondamentali la musica, la poesia e la luce.
109. Quali sono le figure metriche utilizzate da Dante nella Commedia? Si definiscano, anche
con esempi
- Sinalefe (esta selva selvaggia e aspra e forte),
- Dialefe esta selva selvaggia e aspra e forte
Tant’era pieno di sonno a quel punto
O Alberto tedesco ch’abbandoni
E tu che se’ costì anima viva
Vedi colà un angel che si appresta
- Dieresi Dolce color d’oriental zaffiro
A te conviene tenere altro viaggio
- Sineresi Lo ciel perdei che per non aver fé

110. Si descrivano le caratteristiche principali di metrica e prosodia della Commedia


Dante nella Commedia usa la cosiddetta terza rima o terzina dantesca o terzina incatenata. Essa è
costituita da 3 versi endecasillabi in cui il primo e il terzo rimano tra di loro, mentre il secondo rima
con il primo e il terzo della terzina successiva. Ogni canto del poema termina con un ulteriore verso
che chiude la rima con il secondo verso della terzina che lo precede. Cristo rima sempre e solo con
sé stessa.

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