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ANALISI E COMMENTO: PARADISO CANTO III

Il Canto presenta la prima schiera di beati incontrati da Dante nel I Cielo e la protagonista assoluta è
Piccarda Donati, che spiega al poeta il motivo per cui lei e le altre anime sono rilegate nel Cielo più
basso e qual è la legge che regola i diversi gradi di beatitudine in Paradiso. La collocazione in Cielo
di Piccarda era già stata preannunciata dal fratello Forese nel Purgatorio. Dante non riconosce
subito Piccarda e se ne scusa adducendo il diverso aspetto di queste anime rispetto a quello che
avevano in vita, per cui non è stato a rimembrar festino. In effetti gli spiriti difettivi, che in vita non
portarono a compimento il voto e perciò godono del più basso grado di felicità eterna, sono gli unici
beati a mostrarsi a Dante con un'immagine vagamente umana, talmente evanescente da sembrare
riflessi nell'acqua: Dante ricorre a una doppia preziosa similitudine per descrivere queste figure
diafane, quella di volti riflessi su un vetro o su uno specchio d'acqua tersa e quella di perle bianche
che si distinguono appena sulla bianca fronte di una giovane donna. Il ricorso alla mefatora
dell'acqua più avanti sarà anche usato per quanto riguarda la scomparsa di Piccarda e degli altri
beati, che sarà assimilata a quella di un corpo che affonda nell'acqua profonda. Beatrice dichiara che
gli spiriti difettivi sono confinati in questo I Cielo per manco di voto: il poeta chiede infatti a
Piccarda di rivelare il proprio nome e la sorte sua e degli altri beati, per cui la giovane si presenta e
spiega che essi godono il grado più basso di beatitudine, proprio perché indotti o forzati in vita a
non rispettare il proprio voto, come nel suo caso il voto di castità seguente alla monacazione.
Questo naturalmente accende in Dante la curiosità di sapere se i beati desiderino un più alto grado
di beatitudine e la domanda fa sorridere le anime, dal momento che un simile desiderio sarebbe
impossibile in Paradiso. La risposta di Piccarda precisa una legge che coinvolge tutti i beati del
terzo regno, ovvero il fatto che essi ardono della virtù di carità e quindi, grazie ad essa, non possono
che conformarsi alla volontà di Dio che li cerne, li colloca in quella posizione; se i loro desideri
fossero discordi da quelli divini ciò sarebbe incompatibile con la loro condizione stessa di beati,
proprio perché verrebbe meno l'ardore di carità che è premessa indispensabile alla beatitudine.
L'ultima parte del Canto è dedicata a Piccarda personaggio, la fanciulla conosciuta da Dante a
Firenze e costretta dal fratello Corso a sposarsi contro il suo volere, rapita de la dolce chiostra ad
opera di Corso medesimo e dei suoi complici, definiti da lei uomini... a mal più ch'a bene usi (con
sereno distacco dalle vicende terrene e senza l'ombra di rancore verso l'ingiustizia patita). Piccarda
rievoca la sua vicenda umana per spiegare quale voto non ha portato a termine e per farlo indica a
Dante due diverse donne, che costituiscono due diversi esempi di devozione religiosa: la prima è
santa Chiara d'Assisi, la fondatrice delle Clarisse alla cui regola Piccarda si era votata, mentre la
seconda è l'imperatrice Costanza d'Altavilla, la madre di Federico II di Svevia che ha subìto il suo
stesso destino e ora risplende accanto a lei in questo Cielo. Dante accoglie la leggenda della
monacazione di Costanza e dell'obbligo impostole di sposare Enrico VI, matrimonio da cui era nato
Federico II (accusato dalla pubblicistica guelfa di essere l'Anticristo in quanto frutto di un'unione
peccaminosa, come del resto suo figlio Manfredi); il fatto era totalmente falso, tuttavia non
impedisce a Dante di collocare la donna in Paradiso come, del resto, Manfredi in Purgatorio, a
significare che la via della salvezza non è necessariamente legata alle vicende terrene o alla
condanna della Chiesa, come più volte è stato affermato nella II Cantica e sarà ancora ribadito nella
III, specie nei Canti dedicati al problema della giustizia. La spiegazione di Piccarda accende due
nuovi dubbi in Dante, relativi all'inadempienza del voto e alla collocazione effettiva dei beati in
Paradiso; ma la guida di Dante abbaglia la sua vista lo rende a dimandar più tardo.

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