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INTRODUZIONE PARADISO

il terzo dei tre regni dell'Oltretomba cristiano visitato da Dante nel corso del viaggio, con la guida di Beatrice: Dante ne d una
precisa collocazione spaziale come per Inferno e Purgatorio, anche se la sua descrizione molto lontana da quella di un luogo
fisico e si fa pi astratta man mano che l'ascesa procede. Il poeta immagina la Terra sferica e immobile al centro dell'Universo,
circondata da dieci Cieli che costituiscono appunto il Paradiso (la sfera del fuoco separa il mondo terreno da quello celeste): i
primi nove Cieli sono sfere concentriche che ruotano attorno alla Terra, ciascuno governato da un'intelligenza angelica, mentre il
X (l'Empireo) immobile e si estende all'infinito, essendo la sede di Dio, degli angeli e dei beati. I primi sette Cieli prendono il
nome del pianeta che ruota insieme ad essi (Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove, Saturno), mentre l'VIII il Cielo delle
Stelle fisse e il IX il Primo Mobile, detto cos in quanto il primo Cielo a muoversi e a imprimere il movimento a tutti gli altri.
Dai primi otto Cieli nasce un influsso generato dalla stella che presente in ognuno di essi e che si riverbera sulla Terra e su tutte
le creature. Nel X Cielo dell'Empireo risiede Dio, circondato dai nove cori angelici e dalla candida rosa dei beati. Questi sono
divisi in sette schiere, a seconda dell'influsso celeste che hanno subto in vita, e sono gli spiriti difettivi, quelli operanti per la
gloria terrena, gli spiriti amanti, i sapienti, i combattenti per la fede, gli spiriti giusti, gli spiriti contemplanti. Anche se i beati
risiedono normalmente nell'Empireo assieme a Dio e agli angeli, nel Paradiso (per ragioni di simmetria compositiva e di pi
agevole comprensione per il lettore) essi compaiono a Dante nel Cielo dalla cui stella hanno subto l'influsso: cos, ad esempio, gli
spiriti difettivi compaiono nel I Cielo della Luna, gli spiriti amanti invece nel III Cielo di Venere, e cos via. Nel Cielo delle Stelle
Fisse Dante assiste al trionfo di Cristo e di Maria, quindi gli appaiono le anime di san Pietro, san Giacomo, san Giovanni, che
esaminano il poeta rispettivamente sulla fede, sulla speranza e sulla carit. Superato l'esame, Dante viene ammesso al Primo
Mobile dove assiste allo sfavillio e al canto dei nove cori angelici, descritti come altrettanti cerchi lucenti che circondano un punto
luminosissimo. Beatrice fornisce a Dante spiegazioni dottrinali circa la natura degli angeli, quindi lei e il poeta accedono
all'Empireo, dove i beati si mostrano tutti in forma... di candida rosa: essi sono disposti in seggi che si allargano via via verso
l'alto, e Dante osserva che i punti pi lontani appaiono con la stessa nitidezza di quelli pi vicini. Beatrice conduce Dante al centro
della rosa e gli mostra che i seggi vuoti sono ormai pochi, tra cui quello gi destinato all'imperatore Arrigo VII di Lussemburgo,
su cui posta la corona imperiale. A questo punto Beatrice riprende il suo seggio all'interno della rosa, accanto a Rachele, mentre
il suo posto come guida di Dante rilevato da san Bernardo di Chiaravalle. Questi invita Dante a contemplare la gloria di Maria,
quindi fornisce al poeta alcune spiegazioni circa la composizione della rosa e invoca l'assistenza della Vergine perch interceda
presso Dio e ammetta Dante alla visione dell'Altissimo. La Cantica e il poema si chiudono con la descrizione di questa visione.

RAPPRESENTAZIONE
I beati conservano un aspetto umano solo nel I Cielo, dove appaiono a Dante quali figure evanescenti e simili a
immagini riflesse nell'acqua, mentre gi nel II Cielo essi sono sagome completamente avvolte dalla luce e
indistinguibili dall'occhio; pi avanti gli spiriti si presenteranno come pura luce, il cui maggiore splendore significher
la gioia di poter parlare con il viaggiatore. A partire dal IV Cielo i beati formeranno delle figure geometriche dalla
simbologia associata alla schiera cui appartengono, come gli spiriti sapienti che formano due corone che circondano
Dante e Beatrice e danzano al suono di una musica melodiosa, o quelli combattenti che formano una croce; gli spiriti
giusti del Cielo di Giove disegneranno una scritta che esorta i regnanti in Terra ad amare la giustizia, per poi creare
un'aquila simbolo dell'autorit imperiale, mentre gli spiriti contemplanti creeranno una scala d'oro che si erge altissima
e rappresenta l'ascesi spirituale. Nell'Empireo, poi, tutti i beati formeranno la candida rosa descritta come un fiume o
un lago di luce, i cui seggi sono evocati da Beatrice ma non descritti fisicamente. Estremamente stilizzata e astratta
anche la descrizione della mente di Dio che Dante osserva alla fine della Cantica, con i tre cerchi che nascono l'uno
dall'altro (il mistero della Trinit) e l'effigie umana che si distingue su un fondo dello stesso colore (l'incarnazione del
divino). Dante sottolinea a pi riprese nella Cantica l'estrema difficolt per i suoi mezzi umani di dare una compiuta
descrizione del regno santo che rappresenta una dimensione sovrumana e va oltre le normali capacit terrene: tale
difficolt nasce anzitutto dal labile ricordo che della visione rimasto nella sua memoria, a causa della sproporzione
tra le capacit del suo intelletto e l'altezza delle cose vedute, e poi dal problema di esprimere a parole ci che per sua
natura indescrivibile. Dante dichiara assai spesso che, pur facendo ricorso a tutta la sua capacit poetica e a tutta la
sua ispirazione umana, non potr che rappresentare una traccia dello spettacolo cui ha assistito e pi volte, per rendere
un'idea delle cose descritte, costretto a usare delle complesse similitudini mitologiche ipotizzando delle situazioni
impossibili in natura. Questa poetica dell'inesprimibile, come stata definita, deriva in parte dallo Stilnovo e in
particolare dalla poesia di Cavalcanti , che spesso nei suoi versi dichiarava la propria incapacit a descrivere
pienamente la bellezza della donna-angelo: Dante si era gi rifatto a questa scelta stilistica nella Vita nuova, nella
descrizione del suo amore mistico per Beatrice, che qui viene recuperata per dare corpo alla visione del Paradiso e
depurata da ogni elemento di ambiguit che ancora aveva nei versi giovanili (la fase dello Stilnovo per molti versi
superata). In ultima analisi la poesia del Paradiso, come dell'intero poema, una poesia ispirata da Dio, poich Dante
si considera l'autore umano di un'opera cui stato chiamato in virt di un eccezionale privilegio e alla quale secondo
le sue parole hanno posto mano e cielo e terra (dunque in maniera analoga ai libri della Bibbia, i cui autori avevano
agito sotto la diretta ispirazione dello Spirito Santo). Dante cosciente dell'assoluta novit tematica e stilistica della
Cantica e afferma pi volte con orgoglio questo primato poetico che rivendica per se stesso, in quanto poeta che solca
con la nave del suo ingegno un mare che non stato mai percorso da nessun altro.
CANTO I
PROEMIO DELLA CANTICA (1-36)
Dante dichiara di essere stato nel Cielo del Paradiso (l'Empireo) che riceve maggiormente la luce divina che si
diffonde nell'Universo: l ha visto cose difficili da riferire a parole, poich l'intelletto umano non riesce a ricordare ci
che vede quando penetra in Dio. Il poeta tenter di descrivere il regno santo nella III Cantica e per questo invoca
l'assistenza di Apollo, in quanto l'aiuto delle Muse non gli pi sufficiente. Il dio pagano dovr ispirarlo col suo canto,
come fece quando vinse il satiro Marsia, tanto da permettergli di affrontare l'alta materia del Paradiso e meritare cos
l'alloro poetico. Apollo dovrebbe essere lieto che qualcuno desideri esserne incoronato, poich ci accade raramente
nei tempi moderni; Dante si augura che il suo esempio sia seguito da altri poeti dopo di lui.
ASCESA DI DANTE E BEATRICE (37-63)
Il sole sorge sull'orizzonte da diversi punti, ma quello da cui sorge quando l'equinozio di primavera si trova in
congiunzione con la costellazione dell'Ariete, quindi i raggi del sole allora sono pi benefici per il mondo. Quel punto
dell'orizzonte divide l'emisfero nord, in cui gi notte, da quello sud, in cui giorno pieno: in questo momento Dante
vede Beatrice rivolta a sinistra e intenta a fissare il sole come farebbe un'aquila. L'atto della donna induce Dante a
imitarla, proprio come un raggio di sole riflesso si leva con lo stesso angolo del primo raggio, per cui il poeta fissa il
sole pi di quanto farebbe sulla Terra. Nell'Eden le facolt umane sono accresciute e Dante pu vedere la luce
aumentare tutt'intorno, come se fosse spuntato un secondo sole.
TRASUMANAZIONE DI DANTE (64-81)
Dante distoglie lo sguardo dal sole e osserva Beatrice, che a sua volta fissa il Cielo. Il poeta si perde a tal punto nel
suo aspetto che subisce una trasformazione simile a quella di Glauco quando divenne una creatura marina:
impossibile descrivere a parole l'andare oltre alla natura umana, perci il lettore dovr accontentarsi dell'esempio
mitologico e sperare di averne esperienza diretta in Paradiso. Dante non sa dire se, in questo momento, sia ancora in
possesso del suo corpo mortale o sia soltanto anima, ma di certo fissa il suo sguardo nei Cieli che ruotano con una
melodia armoniosa e gli sembra che la luce del sole abbia acceso in modo straordinario tutto lo spazio circostante.
PRIMO DUBBIO DI DANTE (82-93)
Nel poeta si accende un fortissimo desiderio di conoscere l'origine del suono e della luce, per cui Beatrice, che legge
nella sua mente ogni pensiero, si rivolge subito a lui per placare il suo animo. La donna spiega che Dante immagina
cose errate, poich non si trova pi in Terra come ancora crede: egli sta salendo in Paradiso e nessuna folgore,
cadendo dalla sfera del fuoco in basso, fu tanto rapida quanto lui che torna al luogo che gli proprio (il Paradiso).
SECONDO DUBBIO: LORDINE DELLUNIVERSO
Beatrice ha risolto il primo dubbio di Dante, ma ora il poeta tormentato da un altro e chiede alla donna come sia
possibile che lui, dotato di un corpo mortale, stia salendo oltre l'aria e il fuoco. Beatrice trae un profondo sospiro,
quindi guarda Dante come farebbe una madre col figlio che dice cose insensate e spiega che tutte le cose dell'Universo
sono ordinate tra loro, cos da formare un tutto armonico. In questo ordine le creature razionali (uomini e angeli)
scorgono l'impronta di Dio, che il fine cui tendono tutte le cose. Tutte le creature, infatti, sono inclini verso Dio in
base alla loro natura e tendono a fini diversi per diverse strade, secondo l'impulso che dato loro. Questo fa s che il
fuoco salga verso l'alto, che si muova il cuore degli esseri irrazionali, che la Terra stia coesa in se stessa; tale
condizione comune alle creature irrazionali e a quelle dotate di intelletto. Dio risiede nell'Empireo come vuole la
Provvidenza, e Dante e Beatrice si dirigono l in quanto il loro istinto naturale li spinge verso il loro principio, che
Dio. pur vero, spiega Beatrice, che talvolta la creatura non asseconda questo impulso e devia dal suo corso naturale
in virt del suo libero arbitrio; cos l'uomo talvolta si piega verso i beni terreni e non verso il Cielo, come una saetta
tende verso il basso e non verso l'alto. Dante, se riflette bene, non deve pi stupirsi della sua ascesa proprio come di un
fiume che scorre dalla montagna a valle; dovrebbe stupirsi del contrario, se cio non salisse pur privo di impedimenti,
come un fuoco che sulla Terra restasse fermo. Alla fine delle sue parole, Beatrice torna a fissare il Cielo

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