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Divina Commedia

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Disambiguazione – "La Divina Commedia" rimanda qui. Se stai cercando altri significati, vedi La
Divina Commedia (disambigua).

Divina Commedia

Titolo Comedìa
originale

Altri titoli Commedia

Frontespizio dell'edizione giolitina, la prima


intitolata La Divina Comedia (1555)

Autore Dante Alighieri

1ª ed. 1321
originale

Editio 11 aprile 1472


princeps

Genere poema

Sottogenere allegorico-didascalico
Lingua italiano volgare
originale

Protagonisti Dante Alighieri

Altri Virgilio, Beatrice, san


personaggi Bernardo, Stazio, santa
Lucia, Lucifero

Dante e Beatrice sulle rive del Lete (1889), opera del pittore venezuelano Cristóbal Rojas

La Comedìa, o Commedia, conosciuta soprattutto come Divina Commedia,[1] è un poema allegorico-


didascalico[2] di Dante Alighieri, scritto in terzine incatenate di endecasillabi (poi chiamate per
antonomasia terzine dantesche) in lingua volgare fiorentina.
Il titolo originale, con cui lo stesso autore designa il suo poema, fu Comedia (probabilmente pronunciata
con accento tonico sulla i); e così è intitolata anche l'editio princeps del 1472. L'aggettivo «Divina» le fu
attribuito dal Boccaccio nel Trattatello in laude di Dante, scritto fra il 1357 e il 1362 e stampato nel
1477. Ma è nella prestigiosa edizione giolitina, a cura di Ludovico Dolce e stampata da Gabriele Giolito
de' Ferrari nel 1555, che la Commedia di Dante viene per la prima volta intitolata come da allora fu
sempre conosciuta, ovvero "La Divina Comedia".
Composta secondo i critici tra il 1304/07 e il 1321, anni del suo esilio in Lunigiana e
Romagna,[3] la Commedia è il capolavoro di Dante ed è universalmente ritenuta una delle più grandi
opere della letteratura di tutti i tempi,[4] nonché una delle più importanti testimonianze della civiltà
medievale, tanto da essere conosciuta e studiata in tutto il mondo.
Il poema è diviso in tre parti, chiamate «cantiche» (Inferno, Purgatorio e Paradiso), ognuna delle quali
composta da 33 canti (tranne l'Inferno, che contiene un ulteriore canto proemiale). Il poeta narra di
un viaggio immaginario, ovvero di un Itinerarium mentis in Deum,[5] attraverso i tre regni ultraterreni che
lo condurrà fino alla visione della Trinità. La sua rappresentazione immaginaria
e allegorica dell'oltretomba cristiano è un culmine della visione medievale del mondosviluppatasi
nella Chiesa cattolica. È stato notato come tutte e tre le cantiche terminino con la parola «stelle»
(Inferno: "E quindi uscimmo a riveder le stelle"; Purgatorio: "Puro e disposto a salir a le
stelle"; Paradiso: "L'amor che move il sole e l'altre stelle").
L'opera ebbe subito uno straordinario successo e contribuì in maniera determinante al processo di
consolidamento del dialetto toscano come lingua italiana. Il testo, del quale non si possiede l'autografo,
fu infatti copiato sin dai primissimi anni della sua diffusione e fino all'avvento della stampa in un ampio
numero di manoscritti. Parallelamente si diffuse la pratica della chiosa e del commento al testo (si
calcolano circa sessanta commenti e tra le 100.000 e le 200.000 pagine),[6] dando vita a una tradizione
di letture e di studi danteschi mai interrotta: si parla così di "secolare commento". La vastità delle
testimonianze manoscritte della Commedia ha comportato un'oggettiva difficoltà nella definizione del
testo: nella seconda metà del Novecento l'edizione di riferimento è stata quella realizzata da Giorgio
Petrocchi per la Società Dantesca Italiana.[7] Più di recente due diverse edizioni critiche sono state
curate da Antonio Lanza[8] e Federico Sanguineti.[9]
La Commedia, pur proseguendo molti dei modi caratteristici della letteratura e dello stile medievali
(ispirazione religiosa, scopo didascalico e morale, linguaggio e stile basati sulla percezione visiva e
immediata delle cose), è profondamente innovativa poiché, come è stato rilevato in particolare negli
studi di Erich Auerbach, tende a una rappresentazione ampia e drammatica della realtà, espressa
anche con l'uso di neologismi creati da Dante come «insusarsi», «inluiarsi» e «inleiarsi».[10]
È una delle letture obbligate del sistema scolastico italiano.L'opera è formata in tutto da 100 canti. Il
primo canto della Divina Commedia funziona da proemio i successivi 99, ripartiti in 3 cantiche (Inferno,
Purgatorio e Paradiso), ognuna delle quali formata da 140 versi endecasillabi e divisa in 33 canti (33+1
la prima). Il totale dei versi è 14.223. Come si può notare, l'opera è impostata secondo il senso
dell'ordine gerarchico proprio delle "summae teologiche" (cioè dei trattati di teologia del tempo). Il tutto
è fissato sulla simbologia cristiana del numero 3 (Padre, Figlio e Spirito Santo, ovvero la Trinità) e dei
suoi multipli, dell'1 (Dio unico) e del 100 (totalità di Dio). La stessa struttura dell’universo ultraterreno
possiede a sua volta una spiegazione narrativa che precede la narrazione. Risale allo scontro tra il
Bene e il Male: da una parte Dio, dall’altra Lucifero. L’Inferno fu originato dalla caduta di Lucifero, guida
di una schiera di angeli ribelli a Dio. Gli angeli ribelli, sconfitti, furono scacciati dal Paradiso e
precipitarono nella terra. La terra si inabissò al suo arrivo, formando il vortice infernale, nelle cui
viscere, Lucifero rimane conficcato e prigioniero. Quella parte di terra che si ritirò all’arrivo di Lucifero
andò a formare, dall’altra parte, la montagna del Purgatorio, e dalla cima del Purgatorio, il giardino
dell'Eden, comincia il Paradiso, che si allarga, di cerchio in cerchio, verso la totalità rappresentata da
Dio.

Indice

 1Titolo
 2Argomento
o 2.1Inferno
o 2.2Purgatorio
o 2.3Paradiso
 3Data di composizione
 4Struttura
o 4.1Struttura cosmologica
o 4.2Struttura dottrinale
o 4.3Cronologia
 5Tematiche e contenuti
o 5.1Scienza e tecnologia nella Divina Commedia
o 5.2Le tre guide
 6Modelli e fonti
o 6.1Lingua
o 6.2Stile
o 6.3Studi e fonti
o 6.4Filosofia islamica
o 6.5Attualità della Divina Commedia
 7Storia della critica
o 7.1Tradizione manoscritta e proposte di edizioni critiche
 8Prime edizioni a stampa
o 8.1Le edizioni a stampa del Quattrocento (incunaboli)
o 8.2Le edizioni a stampa del Cinquecento (cinquecentine)
 9Edizioni moderne
o 9.1L'edizione Petrocchi
o 9.2Le ultime edizioni
 10Traduzioni
o 10.1Traduzioni in latino
o 10.2Traduzioni in inglese
o 10.3Traduzioni in francese
o 10.4Traduzioni in spagnolo
o 10.5Traduzioni in tedesco
o 10.6Traduzioni in altre lingue o dialetti
 11La Divina Commedia nell'arte
o 11.1Trasposizioni cinematografiche (lista parziale)
o 11.2Musica
o 11.3Pittura
o 11.4Scultura
o 11.5Altro
o 11.6Televisione
o 11.7Teatro
o 11.8Videogiochi
o 11.9Nel fumetto
 12Note
 13Bibliografia
 14Voci correlate
 15Altri progetti
 16Collegamenti esterni

Titolo[modifica | modifica wikitesto]


Probabilmente il titolo originale dell'opera fu Commedia, o Comedìa, dal greco κωμῳδία (kōmōdía,
composto di κώμη, villaggio, e ᾠδή, canto; letteralmente canto del villaggio). È infatti così che Dante
stesso chiama la sua opera (Inferno XVI, 128; XXI, 2). Nell'Epistola XIII (la cui paternità dantesca non è
del tutto certa), indirizzata a Cangrande della Scala, Dante ribadisce in latino il titolo dell'opera: Incipit
Comedia Dantis Alagherii, Florentini natione, non moribus ("Incomincia la Commedia di Dante Alighieri,
fiorentino di nascita, non di costumi").[11]

Esemplare dell'edizione giolitina de La Divina Comedia del 1555 appartenuto a Galileo Galilei, donatogli da don
Orazio Morandi (1570-1630) abate di Santa Prassede, con dedica ms. al verso della carta bianca di guardia: «Al
molto Ill.re S.r mio oss.mo / Il Sig.r Galileo Galilei // di s.ta Prassedia 1624 / Obbligatiss.o Serv.re / Don Orazio
Morandi» (Collezione Livio Ambrogio).

In essa vengono addotti due motivi per spiegare il titolo conferito: uno di carattere letterario, secondo
cui col nome di commedia era usanza definire un genere letterario che, da un inizio difficoltoso per il
protagonista, si conclude con un lieto fine, e uno stilistico. Infatti lo stile nonostante sia sublime, tratta
anche tematiche turpi tipiche di uno stile umile, secondo l'ottica cristiana di accogliere anche gli aspetti
più bassi del reale, pur di raggiungere il cuore di tutta l'umanità. Nel poema infatti si ritrovano entrambi
questi aspetti: dalla "selva oscura", allegoria dello smarrimento del poeta, si passa alla redenzione
finale, alla visione di Dio nel Paradiso; e in secondo luogo, i versi sono scritti in volgare e non in latino
che, sebbene esistesse già una ricca tradizione letteraria in lingua del sì, continuava ad essere
considerata la lingua per eccellenza della cultura.
L'aggettivo "divina", riferito alla Commedia per via dei temi riguardanti il divino, fu usato per la prima
volta da Giovanni Boccaccio nel Trattatello in laude di Dante, scritto circa quarant'anni dopo il periodo
in cui si pensa sia stato terminato il poema dantesco. La locuzione Divina Commedia, però, divenne
comune solo dalla metà del Cinquecento in poi, da quando Ludovico Dolce, nella sua edizione
del 1555, stampata a Venezia da Gabriel Giolito de' Ferrari, riprese nel titolo l'attributo datole dal
Boccaccio.
Il nome "Commedia" (nella forma comedìa) appare solo due volte all'interno del poema, mentre
nel Paradiso Dante lo definisce "poema sacro". Dante non rinnega il titolo Commedia, anche perché,
data la lunghezza dell'opera, le cantiche o i singoli canti vennero pubblicati volta per volta, e l'autore
non aveva la possibilità di revisionare ciò che già era stato reso pubblico. Il termine "Commedia"
dovette sembrare riduttivo a Dante nel momento in cui componeva il Paradiso, in cui lo stile, ma anche
la sintassi, sono profondamente cambiati rispetto ai canti che compongono l'Inferno; infatti nell'ultimo
canto, il sostantivo Commedia viene sostituito da poema sacro. Il discorso sulle palinodie, ovvero le
correzioni che Dante fa all'interno della sua opera, contraddicendo se stesso ma anche le sue fonti, è
molto più vasto ed esteso.
Nelle ultime edizioni, a partire da quella di Petrocchi (1966-67) fino a quelle di Lanza (1995), di
Sanguineti (2001) e di Inglese (2016), si assiste all'abbandono dell'attributo Divina nel titolo, dopo
quattro secoli di tradizione editoriale.

Argomento[modifica | modifica wikitesto]

Dante e il suo poema, affresco di Domenico di Michelino nella Cattedrale di Santa Maria del Fiore, Firenze (1465)

«Nel mezzo del cammin di nostra vita


mi ritrovai per una selva oscura,
ché la diritta via era smarrita.

Ahi quanto a dir qual era è cosa dura,


esta selva selvaggia e aspra e forte,
che nel pensier rinova la paura!

Tant'è amara che poco è più morte;


ma per trattar del ben ch'i' vi trovai,
dirò de l'altre cose ch'i' v'ho scorte.

Io non so ben ridir com'i' v'intrai,


tant'era pien di sonno a quel punto
che la verace via abbandonai.
Dante Alighieri, Inferno, I, vv. 1-12»

L'Inferno, la prima delle tre cantiche, si apre con un Canto introduttivo (che serve da proemio all'intera
opera), nel quale il poeta Dante Alighieri racconta in prima persona del suo smarrimento spirituale e
dell’incontro con Virgilio, che lo condurrà poi ad intraprendere il viaggio ultraterreno raccontato
magistralmente nelle tre cantiche. Dante si ritrae, infatti, "in una selva oscura", allegoria del peccato,
nella quale era giunto avendo smarrito la "retta via", la via della virtù, e giunto alla fine della valle
(“valle” come “selva oscura” sono allegorie entrambe dell’abisso della perdizione morale ed
intellettuale) scorge un colle illuminato dal sole "vestito già dei raggi del pianeta/che mena dritto altrui
per ogne calle".
Dante descrive con una similitudine il suo stato d’animo, come quello di chi salvatosi dai flutti giunge a
riva e si volge indietro a scrutare le acque pericolose alle quali è appena scampato, così l’animo del
poeta si volge a “rimirar lo passo” che non può essere superato da persona vivente. Ma ecco che, dopo
essersi riposato e poi incamminato lungo la spiaggia deserta verso il colle, mentre si appresta ad
affrontare la salita "quasi al cominciar de l'erta" gli si parano davanti, in sequenza, una lince (lonza) dal
pelo maculato, un leone ed una lupa. Le tre fiere sono il simbolo, rispettivamente, di lussuria, superbiae
cupidigia. La lince gli sbarra il cammino, impedendogli di avanzare e quasi forzandolo a tornare sui suoi
passi "‘mpediva tanto il mio cammino/ch'i' fui per ritornar più volte vòlto", il leone pareva andargli
incontro fiero, affamato e ruggente, mentre la lupa, ultima delle tre fiere a pararglisi davanti, incede
verso il poeta, respingendolo indietro, verso l’abisso dal quale Dante sta tentando di allontanarsi. Ed
ecco che, mentre Dante rovina indietro in “basso loco”, gli appare alla vista “chi per lungo silenzio parea
fioco”, qualcuno la cui immagine era resa più flebile dal lungo silenzio, cioè morto da lunghissimo
tempo. Dante invoca aiuto "«Miserere di me», gridai a lui" pur non riuscendo a distinguere se ciò che
scorge è una persona o un’ombra.
L’anima di Virgilio risponde "non omo, omo già fui" e si presenta dichiarando le sue origini Mantovane, il
tempo in cui visse e le sue opere, si che Dante lo riconosce. Trovandosi di fronte a cotanto personaggio
Dante, con una punta di vergogna, dichiarandosi suo discepolo e dichiarando l’opera sua figlia
dell’opera Virgiliana chiede aiuto per sfuggire alla lupa "la bestia per cu’ io mi volsi". Importante
sottolineare che l’atteggiamento di Dante nei confronti di Virgilio non è di deferenza ma di ammirazione
vera, Dante ha esplorato e conosce a menadito l’opera Virgiliana e la stessa Divina Commedia vi si
ispira e ne attinge direttamente. Virgilio redarguisce Dante riguardo alla strada che ha imboccato, che
non è quella giusta "a te convien tenere altro viaggio", si sofferma sulla natura mortifera e malvagia
della "bestia" che gli sbarra il cammino e accenna una profezia sibillina circa il "Veltro" che ricaccerà la
lupa nell'inferno dal quale proviene. Profezia che trova riscontro in altre profezie complementari molto
più avanti nell'opera enunciate da Beatrice (Purgatorio XXXIII 34-45) e da San Pietro (Paradiso XXVII
55-63), mentre sul Veltro, indubbiamente figura della provvidenza, innumerevoli teorie sono state
proposte per identificarlo con un personaggio storico definito (Cristo, Cangrande, Dante stesso, ecc.).
Infine Virgilio comunica al poeta smarrito che per il suo bene ("per lo tuo me’ " – dove “me’” sta per
meglio) Dante dovrà seguirlo e Virgilio gli farà da guida “per loco eterno”, prima nell’inferno "ove udirai
le disperate strida", poi in purgatorio "e vederai color che son contenti/nel foco, perché speran di
venire/quando che sia alle beate genti", ma non in paradiso. Essendo un’anima del limbo a Virgilio non
è permesso di ascendere fino a quelle altezze, un’anima più pura lo condurrà nell'ultima parte del
viaggio "anima fia a ciò più di me degna:/con lei ti lascerò nel mio partire" e quell’anima pura è,
ovviamente, Beatrice, sostituita da San Bernardo al termine del viaggio, in paradiso (Paradiso XXXI
105). Il gioco è fatto, Dante in nome di Dio e per salvarsi dalla misera condizione morale e intellettuale
nella quale si trova "a ciò ch'io fugga questo male e peggio" prega Virgilio di condurlo nei luoghi
ultraterreni che gli ha appena descritto "che tu mi meni là dov' or dicesti". L’ultimo verso non ha bisogno
di commenti, è chiarissimo, e ci spalanca le porte dell’opera intera: Allor si mosse, e io li tenni dietro.
Inferno[modifica | modifica wikitesto]
Lo stesso argomento in dettaglio: Inferno (Divina Commedia).
Sandro Botticelli, La voragine infernale - Disegni per la Divina Commedia

Il vero e proprio viaggio attraverso l'Inferno ha inizio nel Canto III (nel precedente Dante esprime i suoi
dubbi e le sue paure a Virgilio riguardo al viaggio che stanno per compiere e l'azione si svolge
sulla Terra presso la selva). Dante e Virgilio si trovano sotto la città di Gerusalemme, davanti alla
grande porta su cui sono impressi i versi celeberrimi che aprono questo canto. L'ultimo di quei versi:
"Lasciate ogne speranza, voi ch'intrate", incute nuovi dubbi e nuovo timore in Dante, ma il suo maestro
e guida gli sorride e lo prende per mano perché ormai bisogna andare avanti. In questo luogo senza
tempo e senza luce, l'Antinferno, stazionano per sempre gli ignavi, ossia quelli che in vita non vollero
prendere posizioni, ed ora sono ritenuti indegni sia di premio (Paradiso) che di castigo (Inferno) perché
il primo sarebbe macchiato della loro presenza e nel secondo sarebbero un motivo di possibile vanto.
La loro punizione consiste nel correre nudi dietro ad una bandiera senza stemma ed essere
perennemente punti da vespe e da mosconi; poco più in là, sulla riva dell'Acheronte (il primo fiume
infernale), stanno provvisoriamente le anime che devono raggiungere l'altra riva, in attesa che Caronte,
il primo guardiano infernale, le spinga nella sua barca e le traghetti di là.

Giovanni Stradano (1523-1605): Inferno, mappa

L'inferno dantesco è immaginato come una serie di anelli numerati, sempre più stretti, che si succedono
in sequenza e formano un tronco di cono rovesciato; l'estremità più stretta si trova in corrispondenza
del centro della Terra ed è interamente occupata da Lucifero che, movendo le sue enormi ali, produce
un vento gelido: è il ghiaccio la massima pena. In questo Inferno, ad ogni peccato corrisponde un
cerchio, ed ogni cerchio successivo è più profondo del precedente e più vicino a Lucifero; più grave è il
peccato, maggiore sarà il numero del cerchio.
Al di là dell'Acheronte si trova il primo cerchio, il Limbo. Qui stanno le anime dei puri che non ricevettero
il battesimo e che però vissero nel bene; vi si trovano anche — in un luogo a parte dominato da un
"nobile castello" — gli antichi "spiriti magni" che compirono grandi opere a vantaggio del genere umano
(Virgilio stesso è tra loro). Oltre il Limbo, Dante e il suo maestro entrano nell'Inferno vero e proprio.
All'ingresso sta Minosse, il secondo guardiano infernale che, da giudice giusto quale fu, indica in quale
cerchio infernale ogni anima dovrà scontare la sua pena, avvolgendo la coda tante volte quanti cerchi
l'anima dovrà scendere. Superato Minosse, i due si ritrovano nel secondo cerchio, dove sono puniti
i lussuriosi: tra essi le anime di Semiramide, Cleopatra, Elena di Troia ed Achille. Celebri i versi del
quinto canto su Paolo e Francesca[12] che raccontano la loro storia e passione amorosa. Ai lussuriosi,
travolti dal vento, succedono nel terzo cerchio i golosi; questi sono immersi in un fango puzzolente,
sotto una pioggia senza tregua, e vengono morsi e graffiati da Cerbero, terzo guardiano infernale; dopo
di loro, nel quarto cerchio, presidiato da Plutone, stanno gli avari e i prodighi, divisi in due schiere
destinate a scontrarsi per l'eternità mentre fanno rotolare massi di pietra lungo la circonferenza del
cerchio.
Dante e Virgilio giungono poi al quinto cerchio, davanti allo Stige (il secondo fiume infernale), nelle
fangose acque del quale sono puniti iracondi e accidiosi, e qui i protagonisti hanno un alterco
con Filippo Argenti; i due Poeti vengono traghettati sulla riva opposta dalla barca di Flegias, quinto
guardiano infernale. Lì, sull'altra sponda, sorge la Città di Dite, in cui sono puniti i peccatori consapevoli
del loro peccare. Davanti alla porta chiusa della città, i due sono bloccati dai demoni e dalle Erinni;
entreranno solo grazie all'intervento dell'Arcangelo Michele, e vedranno come sono puniti coloro "che
l'anima col corpo morta fanno", cioè gli epicurei e gli eretici in generale: essi si trovano all'interno di
grandi sarcofaghi infuocati; tra gli eretici incontrano il ghibellino Farinata degli Uberti, uno dei più famosi
personaggi dell'Inferno dantesco. Assieme a lui è presente Cavalcante dei Cavalcanti, padre di Guido,
amico di Dante.
Oltre la città, il poeta e la sua guida scendono verso il settimo cerchio lungo uno scosceso burrone
(burrato), alla fine del quale si trova il terzo fiume infernale, il Flegetonte, un fiume di sangue bollente
presidiato dai Centauri. Questo fiume costituisce il primo dei tre gironi in cui è diviso il VII cerchio. Vi
sono puniti i violenti contro il prossimo; tra essi il Minotauro, ucciso da Teseo con l'aiuto di Arianna.
Oltre il fiume, sull'altra sponda è il secondo girone, (che Dante e Virgilio raggiungono grazie all'aiuto del
centauro Nesso); qui stanno i violenti contro sé stessi, i suicidi, trasformati in arbusti secchi, feriti e
straziati per l'eternità dalle Arpie (tra loro troviamo Pier della Vigna); nel secondo girone stanno anche
gli scialacquatori, inseguiti e sbranati da cagne. L'ultimo girone, il terzo, è una landa infuocata, ed
ospita i violenti contro Dio nella Parola, nella Natura e nell'Arte, ossia i bestemmiatori (Capaneo),
i sodomiti (tra cui Brunetto Latini, maestro di Dante, quando il poeta era giovane) e gli usurai. A
quest'ultimo girone Dante dedicherà molti versi dal Canto XIV al Canto XVII.
Alla fine del VII cerchio, Dante e Virgilio scendono per un burrone (ripa discoscesa) in groppa
a Gerione, il mostro infernale dal volto umano, zampe leonine, corpo di serpente e coda di scorpione.
Così raggiungono l'VIII cerchio chiamato Malebolge, dove sono puniti i traditori in chi non si fida.
L'ottavo cerchio è diviso in dieci bolge; ogni bolgia è un fossato a forma di cerchio. I cerchi sono
concentrici, scavati nella roccia e digradanti verso il basso, alla base di essi si apre il Pozzo dei Giganti.
Nelle bolge sono puniti, nell'ordine, ruffiani e seduttori, adulatori, simoniaci, indovini, barattieri, ipocriti,
ladri, consiglieri fraudolenti — tra cui Ulisse e Diomede, i seminatori di discordia (Maometto) e i falsari.
Infine i due accedono al IX ed ultimo cerchio, dove sono puniti i traditori in chi si fida.
Questo cerchio è diviso in quattro zone, coperte dalle acque gelate di Cocito. Nella prima zona,
chiamata Caina (dal nome di Caino, che uccise il fratello Abele), sono puniti i traditori dei parenti; nella
seconda, Antenora (dal nome Antenore, il troiano che consegnò il Palladio ai nemici greci), stanno i
peccatori come lui, traditori della patria; nella terza, Tolomea (dal nome del re Tolomeo XIII, che al
tempo di Cesare fece uccidere il suo ospite Pompeo), si trovano i traditori degli ospiti; infine nella
quarta, Giudecca (dal nome di Giuda Iscariota, che tradì Gesù), sono puniti i traditori dei benefattori.
Nell'Antenora Dante incontra il Conte Ugolino della Gherardesca che narra della sua segregazione
nella Torre della Muda con i figli e la loro morte per fame, segregazione e morte volute dall'Arcivescovo
Ruggieri. Ugolino appare nell'Inferno sia come un dannato che come un demone vendicatore, che rode
per l'eternità il capo del suo aguzzino. Nell'ultima zona si trovano i tre grandi
traditori: Cassio, Bruto (che complottarono contro Cesare) e Giuda Iscariota; la loro pena consiste
nell'essere maciullati dalle tre bocche di Lucifero, che qui ha la sua dimora. Giuda si trova nella bocca
centrale, a suggello della maggiore gravità del proprio tradimento.
Scendendo lungo il suo corpo peloso, Dante e Virgilio raggiungono una grotta e scendono alcune
scale. Dante è stupito: non vede più la schiena di Lucifero e Virgilio gli spiega che ora si trovano
nell'Emisfero Australe. Attraversano quindi la natural burella, il canale che li condurrà alla spiaggia del
Purgatorio, alla base della quale usciranno poco dopo "a riveder le stelle".
Purgatorio[modifica | modifica wikitesto]
Lo stesso argomento in dettaglio: Purgatorio (Divina Commedia).

Il primo canto del Purgatorio illustrato da Gustave Doré

Usciti dall'Inferno attraverso la natural burella, Dante e Virgilio si ritrovano nell'emisfero


australe terrestre (che si credeva interamente ricoperto d'acqua), dove, in mezzo al mare, s'innalza la
montagna del Purgatorio, creata con la terra che avanzò dallo scavo del baratro dell'Inferno,
quando Lucifero fu buttato fuori dal Paradiso dopo la rivolta contro Dio. Usciti dal cunicolo, i due
giungono su una spiaggia, dove incontrano Catone Uticense, che svolge il compito di guardiano del
Purgatorio. Dovendo cominciare a salire la ripida montagna, che si dimostra impossibile da scalare,
tanto è ripida, Dante chiede ad alcune anime quale sia il varco più vicino; sono questi la prima schiera
dei negligenti, i morti scomunicati, che hanno dimora nell'antipurgatorio. Nella I schiera di negligenti
dell'antipurgatorio Dante incontra Manfredi di Sicilia. Assieme a coloro che tardarono a pentirsi per
pigrizia, ai morti per violenza e ai principi negligenti, infatti, essi attendono il tempo di purificazione
necessario a permettere loro di accedere al Purgatorio vero e proprio. All'ingresso della valletta dove si
trovano i principi negligenti, Dante, su indicazione di Virgilio, chiede indicazioni ad un'anima che si
rivela essere una sorta di guardiano della valletta, il concittadino di Virgilio Sordello, che sarà la guida
dei due fino alla porta del Purgatorio.
Giunti alla fine dell'Antipurgatorio, superata una valletta fiorita, i due varcano la porta del Purgatorio;
questa è custodita da un angelo recante in mano una spada fiammeggiante, che sembra avere vita
propria, e preceduto da tre gradini, il primo di marmo bianco, il secondo di una pietra scura e il terzo in
porfido rosso. L'angelo, seduto sulla soglia di diamante e appoggiando i piedi sul gradino rosso, incide
sette "P" sulla fronte di Dante, poi apre loro la porta tramite due chiavi (una d'argento e una d'oro) che
aveva ricevuto da San Pietro; quindi i due poeti si addentrano nel secondo regno.
Il Purgatorio è diviso in sette 'cornici', dove le anime scontano la loro inclinazione al peccato per
purificarsi prima di accedere al Paradiso. Al contrario dell'Inferno, dove i peccati si aggravavano
maggiore era il numero del cerchio, qui alla base della montagna, nella prima cornice, stanno coloro
che si sono macchiati delle colpe più gravi, mentre alla sommità, vicino al Paradiso terrestre, i peccatori
più lievi. Le anime non vengono punite in eterno, e per una sola colpa, come nel primo regno, ma
scontano una pena pari ai peccati commessi durante la vita.
Nella prima cornice, Dante e Virgilio incontrano i superbi, nella seconda gli invidiosi, nella terza gli
iracondi, nella quarta gli accidiosi, nella quinta gli avari e i prodighi. In questa cornice ai due viaggiatori
si unisce l'anima di Stazio dopo un terremoto e un canto Gloria in excelsis Deo (Dante riteneva Stazio
convertito al cristianesimo); questi si era macchiato in vita di eccessiva prodigalità: proprio in quel
momento egli, che dopo cinquecento anni di espiazione in quella cornice aveva sentito il desiderio di
assurgere al Paradiso, si offre di accompagnare i due fino alla sommità del monte, attraverso le cornici
sesta, dove espiano le loro colpe i golosi che appaiono magrissimi, e settima, dove stanno i lussuriosi
avvolti dalle fiamme. Dante ritiene che Stazio si sia convertito grazie a Virgilio e alle sue opere, che
hanno aperto gli occhi al poeta latino: egli, infatti, grazie all'Eneide e alle Bucoliche ha capito
l'importanza della fede cristiana e l'errore del vizio della prodigalità: come un lampadoforo, Virgilio ha
fatto luce a Stazio rimanendo però al buio; fuor di metafora, Virgilio è stato un profeta inconsapevole:
ha portato Stazio alla fede ma lui, avendo fatto in tempo solo ad intravederla, non ha potuto salvarsi, ed
è costretto a soggiornare per l'eternità nel Limbo. Ascesi alla settima cornice, i tre devono attraversare
un muro di fuoco, oltre il quale si diparte una scala, che dà accesso al Paradiso terrestre. Paura di
Dante e conforto da parte di Virgilio. Giunti qui, il luogo dove per poco dimorarono Adamo ed Eva prima
del peccato, Virgilio e Dante si devono congedare, poiché il poeta latino non è degno di guidare il
toscano fin nel Paradiso, e sarà Beatrice a farlo.
Quindi Dante s'imbatte in Matelda, la personificazione della felicità perfetta, precedente al peccato
originale, che gli mostra i due fiumi Lete, che fa dimenticare i peccati, ed Eunoè, che restituisce la
memoria del bene compiuto, e si offre di condurlo all'incontro con Beatrice, che avverrà poco dopo.
Beatrice rimprovera duramente Dante e dopo si offre di farsi vedere senza il velo: Dante durante i
rimproveri cerca di scorgere il suo vecchio maestro Virgilio che ormai non c'è più. Dopo avere bevuto
prima le acque del Lete e poi dell'Eunoè, infine, Dante segue Beatrice verso il terzo ed ultimo regno: il
Paradiso.
Paradiso[modifica | modifica wikitesto]
Lo stesso argomento in dettaglio: Paradiso (Divina Commedia) e cieli del Paradiso.

Libero da tutti i peccati, adesso Dante può ascendere al Paradiso e, accanto a Beatrice, vi accede
volando ad altissima velocità. Egli sente tutta la difficoltà di raccontare questo trasumanare, andare
cioè al di là delle proprie condizioni terrene, ma confida nell'aiuto dello Spirito Santo (il buon Apollo) e
nel fatto che il suo sforzo descrittivo sarà continuato da altri nel tempo (Poca favilla gran fiamma
seconda...canto I, 34).

Philipp Veit (1793-1887): San Bernardo di Chiaravalle

Il Paradiso è composto da nove cieli concentrici, al cui centro sta la Terra; in ognuno di questi cieli,
dove risiede un pianeta diverso, stanno i beati, più vicini a Dio a seconda del loro grado di beatitudine.
In verità, Dante capirà in seguito che le anime del Paradiso si trovano tutte nell'Empireo, a contemplare
Dio, e vengono incontro a lui nei vari cieli secondo il loro grado di beatitudine, per l'amore che nutrono
per lui e spiegare i vari misteri sacri. Inoltre, nessuna anima desidera una condizione migliore di quella
che già ha, poiché la carità non permette di desiderare altro se non quello che si ha, e non possono far
altro che volere ciò che Dio vuole ("in sua volontade è nostra pace", dice Piccarda); Dio, al momento
della nascita, ha donato secondo criteri inconoscibili ad ogni anima una certa quantità di grazia, ed è in
proporzione a questa che esse godono diversi livelli di beatitudine. Prima di raggiungere il primo cielo i
due attraversano la Sfera di Fuoco.
Nel primo cielo, quello della Luna, stanno coloro che mancarono ai voti fatti (Angeli); nel secondo, il
cielo di Mercurio, risiedono coloro che in Terra fecero del bene per ottenere gloria e fama, non
indirizzandosi al bene divino (Arcangeli); nel terzo cielo, quello di Venere, stanno le anime degli spiriti
amanti (Principati); nel quarto, il cielo del Sole, gli spiriti sapienti (Potestà); nel quinto, il cielo di Marte,
gli spiriti militanti dei combattenti per la fede (Virtù); e nel sesto, il cielo di Giove, gli spiriti governanti
giusti (Dominazioni)
Dante e Beatrice rivolti verso l'Empireo (Gustave Doré)

Giunti al settimo cielo, quello di Saturno dove risiedono gli "spiriti contemplativi" (Troni), Beatrice non
sorride più, come invece aveva fatto finora; il suo sorriso, infatti, da qui in poi, a causa della vicinanza a
Dio, sarebbe per Dante insopportabile alla vista, tanto luminoso risulterebbe. In questo cielo risiedono
gli spiriti contemplativi, e da qui Beatrice innalza Dante fino al cielo delle Stelle fisse, dove non sono più
ripartiti i beati, ma nel quale si trovano le anime trionfanti, che cantano le lodi di Cristo e della Vergine
Maria, che qui Dante riesce a vedere; da questo cielo, inoltre, il poeta osserva il mondo sotto di sé, i
sette pianeti e i loro moti e la Terra, piccola e misera in confronto alla grandezza di Dio (Cherubini).
Prima di proseguire Dante deve sostenere una sorta di "esame" in Fede, Speranza, Carità, da parte di
tre esaminatori particolari: San Pietro, San Giacomo e San Giovanni. Quindi, dopo un ultimo sguardo al
pianeta, Dante e Beatrice assurgono al nono cielo, il Primo Mobile o Cristallino, il cielo più esterno,
origine del movimento e del tempo universale (Serafini).
In questo luogo, sollevato lo sguardo, Dante vede un punto luminosissimo, contornato da nove cerchi di
fuoco, vorticanti attorno ad esso; il punto, spiega Beatrice, è Dio, e attorno a lui stanno i nove cori
angelici, divisi per quantità di virtù. Superato l'ultimo cielo, i due accedono all'Empireo, dove si trova
la rosa dei beati, una struttura a forma di anfiteatro, sul gradino più alto della quale sta la Vergine
Maria. Qui, nell'immensa moltitudine dei beati, risiedono i più grandi santi e le più importanti figure
delle Sacre Scritture, come Sant'Agostino, San Benedetto, San Francesco, e
inoltre Eva, Rachele, Sara e Rebecca.
Da qui Dante osserva finalmente la luce di Dio, grazie all'intercessione di Maria alla quale San
Bernardo (guida di Dante per l'ultima parte del viaggio) aveva chiesto aiuto perché Dante potesse
vedere Dio e sostenere la visione del divino, penetrandola con lo sguardo fino a congiungersi con Lui, e
vedendo così la perfetta unione di tutte le realtà, la spiegazione del tutto nella sua grandezza. Nel
punto più centrale di questa grande luce, Dante vede tre cerchi, le tre persone della Trinità, il secondo
del quale ha immagine umana, segno della natura umana, e divina allo stesso tempo, di Cristo.
Quando egli tenta di penetrare ancor più quel mistero il suo intelletto viene meno, ma in un excessus
mentis[13] la sua anima è presa da un'illuminazione e si placa, realizzata dall'armonia che gli dona la
visione di Dio, dell'amor che move il sole e l'altre stelle.

Data di composizione[modifica | modifica wikitesto]


Caronte, illustrazione di Gustave Doré.

«[...] Caron, non ti crucciare:


Vuolsi così colà dove si puote
ciò che si vuole, e più non dimandare.»
(Inf. III 95-96)
Non conosciamo con esattezza in che periodo Dante scrisse ciascuna delle cantiche della Commedia:
gli studiosi hanno formulato ipotesi anche contrastanti in base a prove e indizi talvolta discordanti. In
linea di massima la critica odierna colloca:

 L'inizio della stesura dell'Inferno nel biennio 1304-05 oppure in quello


1306-07, in ogni caso dopo l'esilio (1302) mentre il poeta si trovava
in Lunigiana. Salvo l'eccezione del riferimento al papato di Clemente
V (1305-14), spesso indicato come un possibile ritocco post-
conclusione, non vi si trovano accenni a fatti successi dopo il 1309. Al
1317 risale la prima menzione in un documento (un registro di atti
bolognese, sulla cui copertina era trascritta un'intera terzina
dell'Inferno, i versi 95-96 del Canto III, con il celebre "Vuolsi così colà
dove si puote..."), mentre i manoscritti più antichi che ci sono pervenuti
risalgono al 1330 circa, una decina di anni dopo la morte di Dante.
 La scrittura del Purgatorio secondo alcuni si accavallò con l'ultima
parte dell'Inferno e in ogni caso non contiene riferimenti a fatti accaduti
dopo il 1313. Tracce della sua diffusione si riscontrano già nel 1315-
16.
 Il Paradiso viene collocato tra il 1316 e il 1321, data della morte del
poeta.
Non ci è pervenuta alcuna firma autografa di Dante, ma sono conservati tre manoscritti
della Commedia copiati integralmente da Giovanni Boccaccio, il quale non si servì di una fonte
originaria, ma di manoscritti a loro volta copiati. Si deve anche immaginare che Dante si spostò molto in
vita per via dell'esilio, quindi non poté portarsi dietro molte carte: probabilmente, pertanto, i manoscritti
originali si dispersero sin dalle prime diffusioni.

Struttura[modifica | modifica wikitesto]


La Divina Commedia è composta da tre cantiche che comprendono un totale di cento canti: la prima
cantica (Inferno) è di 34 canti (33 hanno argomento l'Inferno; uno, il primo, è proemio all'opera intera),
le altre due cantiche, Purgatorio e Paradiso, sono di 33 canti ciascuna. Il primo canto dell'Inferno viene
considerato un prologo a tutta l'opera: in questo modo si ha un canto iniziale più 33 canti per ciascuna
cantica, con un chiaro riferimento numerico alla Trinità.
Tutti i canti sono scritti in terzine incatenate[14] di versi endecasillabi. La lunghezza di ogni canto va da
un minimo di 115 versi ad un massimo di 160; l'intera opera conta complessivamente 14.233 versi. La
Divina Commedia è dunque superiore in lunghezza sia all'Eneide virgiliana (9.896 esametri), sia
all'Odissea omerica (12.100 esametri), ma più breve dell'Iliade omerica (15.683 esametri). In ogni caso,
se altre opere, anche molto più lunghe, sono state composte dalla tradizione e dai vari poeti che nel
tempo le hanno ampliate ed arricchite, la Divina Commedia è un'opera straordinaria perché frutto
dell'intelletto di un solo uomo, autore di tutti e 14.233 i versi.
La Commedia è anche una drammatizzazione della teologia cristiana medievale, arricchita da una
straordinaria creatività immaginativa. La struttura ha tra i suoi modelli un resoconto arabo del mi'raj,
l'ascensione al cielo di Maometto, la cui traduzione latina nota in Europa come Liber Scalae
Machometi venne fatta nel 1264 da Bonaventura da Siena, un dotto con cui collaborò per un certo
tempo Brunetto Latini, uno dei maestri di Dante[15][16]
Struttura cosmologica[modifica | modifica wikitesto]
La struttura testuale della Commedia coincide esattamente con la rappresentazione cosmologica
dell'immaginario medievale.[17] Il viaggio all'Inferno e nel monte del Purgatorio rappresentano infatti
l'attraversamento dell'intero pianeta, concepito come una sfera, dalle sue profondità alle regioni più
elevate; mentre il Paradiso è una rappresentazione simbolico-visuale del cosmo tolemaico.
L'Inferno era rappresentato all'epoca di Dante come una cavità di forma conica interna alla Terra, allora
concepita come divisa in due emisferi, uno di terre e l'altro di acque. La caverna infernale era nata dal
ritrarsi delle terre inorridite al contatto con il corpo maledetto di Lucifero e delle sue schiere, cadute dal
cielo dopo la ribellione a Dio. La voragine infernale aveva il suo ingresso esattamente
sotto Gerusalemme, collocata al centro della semisfera occupata dalle terre emerse, ovvero
dal continente euroasiatico. Agli antipodi di Gerusalemme, e quindi al centro della semisfera acquea, si
ergeva l'isola montagnosa del Purgatorio, composta appunto dalle terre fuoriuscite dal cuore del mondo
all'epoca della ribellione degli angeli. In cima al Purgatorio, Dante colloca il Paradiso terrestre del
racconto biblico, il luogo terrestre più vicino al cielo. Come si vede, Dante riprende dalla
concezione tolemaica l'idea di una Terra sferica, ma le sovrappone un universo sostanzialmente pre-
tolemaico, privo di simmetria sferica. Alla sfericità della Terra, infatti, non corrisponde una simmetria
generale nella distribuzione delle terre emerse e della presenza umana; le direzioni passanti per il
centro della Terra non sono equivalenti: quella che passa per Gerusalemme e per la montagna del
Purgatorio ha un ruolo privilegiato, il che richiama le concezioni della Grecia arcaica, ad esempio
di Anassimandro.
Il Paradiso è strutturato secondo la rappresentazione cosmologica nata all'epoca ellenistica con gli
scritti di Tolomeo, e risistemata dai teologici cristiani secondo le esigenze della nuova religione. Nel suo
rapimento celeste dietro l'anima di Beatrice, Dante attraversa dunque i nove cieli del cosmo
astronomico-teologico, al di sopra dei quali si distende il Pleroma infinito (Empireo) in cui ha sede la
Rosa dei Beati, posti a diretto contatto con la visione di Dio. Ai nove cieli corrispondono nell'Empireo
i nove cori angelici che, col loro movimento circolare intorno all'immagine di Dio, provocano il relativo
movimento rotatorio del cielo a cui ciascuno di essi è preposto - questo secondo la dottrina dell'Atto
Puro o Primo Mobile desunta dalla Metafisica di Aristotele.
La struttura cosmologica della Commedia è strettamente connessa alla struttura dottrinale del poema,
per cui la collocazione dei tre regni, e, al loro interno, l'ordine delle anime (ovvero delle pene e delle
grazie), corrisponde a precisi intendimenti di ordine morale e teologico.
Dante e Virgilio all'Inferno, dipinto di William-Adolphe Bouguereau (1850)

In particolare, la topografia dell'Inferno comprende i seguenti luoghi:

 Un ampio vestibolo o Antinferno, dove vengono puniti coloro che


nessuno vuole, né Dio né il demonio: gli ignavi.
 Il fiume Acheronte, che separa il vestibolo dall'Inferno vero e proprio.
 Una prima sezione costituita dal Limbo, immerso in una tenebra
perenne.
 Una serie di cerchi meno scoscesi in cui patiscono i peccatori
incontinenti.
 La città infuocata di Dite, le cui mura circondano la voragine finale.
 Il cerchio dei violenti in cui scorre il fiume sanguigno del Flegetonte.
 Un burrone scosceso, che dà all'ottavo cerchio, chiamato Malebolge: il
cerchio dei fraudolenti.
 Il pozzo dei Giganti.
 Il lago ghiacciato di Cocito, dove sono immersi i traditori.
La topografia del Purgatorio è invece così strutturata: un Antipurgatorio, costituito da una spiaggia, su
cui vengono traghettate le anime dall'angelo nocchiero che le preleva alla foce del Tevere, e da una
valletta fiorita; specularmente all'Inferno, in essa attendono di iniziare la loro purificazione i negligenti, i
tardi cioè a pentirsi. Il purgatorio vero e proprio è un monte scosceso, formato da ampi dirupi
e cerchi rocciosi, a ciascuno dei quali è preposto un angelo guardiano. Sulla cima del monte c'è il
Paradiso terrestre, che ha l'aspetto di una foresta rigogliosa, popolata di figure allegoriche.
I nove cieli del Paradiso sono i sette del sistema tolemaico
- Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove, Saturno - più il cielo delle Stelle fisse e del Primo Mobile.
Struttura dottrinale[modifica | modifica wikitesto]
La struttura dottrinale coincide con l'impianto teologico-filosofico proprio della poetica di Dante. La
complessità degli schemi adottati dal poeta richiede che la materia venga trattata in apposite voci di
approfondimento.

 Struttura dell'Inferno
 Struttura del Purgatorio
 Struttura del Paradiso
Cronologia[modifica | modifica wikitesto]
Le date in cui Dante fa svolgere l'azione della Commedia si ricavano dalle indicazioni disseminate in
diversi passi del poema.
Il riferimento principale è Inferno XXI, 112-114: in quel momento sono le sette del mattino del Sabato
Santo del 1300, 9 aprile[18] o, secondo altri commentatori, del 26 marzo del 1300.[19] L'anno è
confermato da Purgatorio II, 98-99, che fa riferimento al Giubileo in corso. Tenendo questo punto
fermo, in base agli altri riferimenti si ottiene che:

 alla mattina dell'8 aprile (Venerdì Santo) o del 25 marzo, Dante esce
dalla "selva oscura" e inizia la salita del colle, ma viene messo in fuga
dalle tre fiere e incontra Virgilio.
 Al tramonto, Dante e Virgilio iniziano la visita dell'Inferno, che dura
circa 24 ore[20] e termina quindi al tramonto del 9 aprile o del 26 marzo.
Nel superare il centro della Terra, però, i due poeti passano al "fuso
orario" del Purgatorio (12 ore di differenza da Gerusalemme[21] e 9 ore
dall'Italia), per cui è mattina quando essi intraprendono la risalita, che
occupa tutto il giorno successivo.
 All'alba del 10 aprile (domenica di Pasqua) o del 27 marzo, Dante e
Virgilio iniziano la visita del Purgatorio, che dura tre giorni e tre
notti:[22] all'alba del quarto giorno, 13 aprile o 30 marzo, Dante entra nel
Paradiso Terrestre e vi trascorre la mattina, durante la quale lo
raggiunge Beatrice.
 A mezzogiorno, Dante e Beatrice salgono in cielo. Da qui in avanti non
vi sono più indicazioni di tempo, salvo che nel cielo delle stelle fisse
trascorrono circa sei ore (Paradiso XXVII, 79-81). Considerando un
tempo simile anche per gli altri cieli, si ottiene che la visita del Paradiso
duri due-tre giorni. L'azione terminerebbe di conseguenza il 15 aprile o
il 1º aprile.
Quindi con un tempo totale stimato in sette giorni di viaggio.

Tematiche e contenuti[modifica | modifica wikitesto]


 Personale universale (redenzione dell'umanità).
 Autobiografico: redenzione dell'anima del poeta dopo il periodo di
traviamento (selva oscura).
 Redenzione politica: l'umanità con la guida della ragione (Virgilio) e
dell'impero raggiunge la felicità naturale (Paradiso terrestre = giustizia
e pace).
 Redenzione religiosa: con la guida della Teologia (Beatrice) e della
fede (San Bernardo) si arriva alla felicità ultraterrena (Paradiso).
Nella Divina Commedia, Dante si prefigge il ruolo di poeta vate in quanto universalizza il proprio viaggio
verso la purificazione, per tutti gli uomini. Leggendo, infatti, la Divina Commedia ogni uomo ripercorre il
viaggio dantesco purificandosi anch'esso dai sette vizi capitali.
Dante rappresenta cielo e terra, ma la terra trova nel poema una rappresentazione nuova, una
profonda comprensione della realtà umana. In Dante è presente un modo nuovo e disincantato di
percepire la storia: il racconto storico abbraccia il corso dei secoli con la storia dell'Impero romano e
cristiano, delle lotte fiorentine tra guelfi bianchi e neri, una larga considerazione prospettica della storia
della Chiesa e della storia contemporanea del papato.
L'osservazione della natura è accurata e armoniosa, accentuata nel suo valore prospettico, ricca e
determinata. Le note geografiche[23] e visive si succedono.
Il paragone è lo strumento con cui il poeta ritrae il reale mediante un intreccio di notazioni varie e reali.
La natura dantesca scaturisce sempre da un riferimento personale ed è, non di rado, attratta nell'orbita
drammatica della rappresentazione. Tutto in Dante ha un valore soggettivo, il poema non è solo la
storia dell'anima cristiana che si volge a Dio, ma anche la vicenda personale di Dante, inestricabilmente
intrecciata agli avvenimenti che narra. Dante è sempre attore e giudice.
Il poeta ci presenta l'uomo nella sua complessità e ne mostra il rapporto con Dio, alla luce della
tradizione ebraico-cristiana la quale si innestava su quella classica, greca e latina.[24]
La profezia religiosa e politica si sviluppa su un terreno di esperienze personali, dichiaratamente
espresse, e di aspirazioni precise. Dante sovrappone la profezia ai fatti concreti e non li dimentica, né
insegue sogni vaghi e irrealizzabili di rinnovamento come i profeti medievali, infatti il suo
vagheggiamento di un rinnovamento religioso, morale e politico ha obiettivi ben precisi: una ritrovata
moralità della Chiesa, la restaurazione dell'Impero, la fine delle lotte civili nelle città.
L'allegoria e la concezione figurale sono il fondamento del poema ed il segno più scoperto del suo
medievalismo; il mondo è raffigurato suddiviso: da un lato la realtà storica e concreta, dall'altro il
sopramondo, ossia il significato della realtà storica trasferita sul piano morale e su quello ultraterreno. Il
costante riferimento al sopramondo attesta la subordinazione medievale di ogni realtà a un fine morale
e religioso. Siffatta subordinazione è rigida e imperante e nell'assoluto valore dell'allegoria, nella fedeltà
ai modi e allo stile ereditati dalla letteratura precedente è il medievalismo di Dante.
I sesti canti del poema sono di contenuto politico, secondo una visione che si amplia
da Firenze (Ciacco, Inferno), all'Italia (Sordello da Goito, Purgatorio), all'impero (Giustiniano, Paradiso).
Nell'Inferno è presente un dialogo fra Dante e Ciacco in cui viene condannata la decadenza morale e
civile di Firenze ("superbia, invidia e avarizia sono/ le tre faville c'hanno i cuori accesi"; Inf. VI, vv.74-
75). Nel Purgatorio è Dante stesso che affronta la tematica politica. Il poeta, in veste di autore, in una
digressione deplora gli imperatori germanici suoi contemporanei poiché non si occupano più del
"giardino dell'impero" ("giardin de lo imperio"; Purg. VI, v. 105), cioè dell'Italia ("Che val perché ti
racconciasse il freno / Iustinïano, se la sella è vòta?"; Purg. VI, vv.88-89).
Nel Paradiso la tematica è quella della legittimità dell'impero universale, istituzione voluta dalla
Provvidenza, garante di pace e di giustizia, ed è affidata all'imperatore bizantino Giustiniano,
personaggio fondamentale della storia antica, colui che aveva riordinato le leggi romane (Corpus iuris
civilis) consentendo la loro trasmissione alle epoche successive. Quindi sia i guelfi, simpatizzanti per
la monarchiafrancese (i gigli gialli; Par. VI, v. 100), opponendosi all'impero, sia i ghibellini, che
strumentalizzano il pubblico segno per interessi privati e particolari, sono in errore ed ostacolano i
disegni della Provvidenza. Il pensiero politico del poeta ruota perciò attorno alle istituzioni del Papato e
dell'Impero e alle loro funzioni, motivi già trattati nel Convivio e nel De Monarchia.[25]
Dal punto di vista filosofico Aristotele è "il maestro di color che sanno" (Inferno, IV,131), il cui pensiero,
ripreso e interpretato in chiave cristiana da Alberto Magno e Tommaso d'Aquino, è fondamentale
nella filosofia dantesca. "Un peso maggiore sulla base dottrinale della Commedia lo assume
il neoplatonismo, soprattutto perché in esso, soprattutto ad opera dei Padri della
Chiesa alessandrini (per esempio Origene, III secolo) e dello stesso Pseudo-Dionigi l'Areopagita (V
secolo) si fusero concezioni cristiane e platoniche sulla base di un criterio sincretistico. A questo
proposito va notato che la disposizione e la struttura stessa di Inferno e Paradiso risentono in modo
determinante delle dottrine neoplatoniche: Satana è collocato nel punto del cosmo più lontano
da Dio ed è caratterizzato dalla brutalità meccanica tipica delle creature che costituiscono l'ultimo
gradino della scala degli esseri, in cui prevale la materia.
Quanto al criterio complementare, fatto proprio da figure fondamentali come sant'Agostino che
considera l'influsso divino in termini di irradiazione di luce, esso è assunto da Dante come grande
sistema di collegamento della terza cantica, accogliendo le suggestioni che erano venute
dalla metafisica della luce, elaborata in particolare dalla Scuola di Chartres (XII secolo) e
dal teologo inglese Roberto Grossatesta (XIII secolo) nonché da san Tommaso e san Bonaventura.
Per quanto riguarda l'ordine delle gerarchie angeliche, Dante abbandona la proposta di Gregorio
Magno (VI secolo), le cui dottrine aveva utilizzato nella sistemazione delle pene purgatoriali, per
passare alla Gerarchia celeste dello Pseudo-Dionigi a conferma dell'importanza strutturale della
cultura neoplatonica della Commedia.[26][27][28]
Un tema ricorrente nella Commedia è la profezia.[29][30] Il profetismo era largamente diffuso ai tempi del
poeta, come del resto lo fu durante tutto il Medioevo ed era caratterizzato da un'attesa escatologica.
Inoltre nel 1300 papa Bonifacio VIII indisse il primo Giubileo, segno di una volontà di rinnovamento
spirituale. Nel XII secolo, in un clima di rinnovamento spirituale, il profetismo si sviluppò in due principali
direzioni: una, legata ad un diretto contatto con Dio da ricondurre alla monaca benedettina Ildegarda di
Bingen ed alle sue "visioni"; l'altra, che ebbe il suo maggior esponente in san Bernardo di Chiaravalle,
avente come base l'esame della complessa realtà del proprio tempo con il fine di apportarvi
miglioramenti dettati dalla carità.[31] "Ad alimentare questo clima di attesa e di speranze contribuì inoltre
il commento all'Apocalisse del francescano Pietro di Giovanni Olivi (Pierre Olieu, 1248-1298), le cui
idee Dante conobbe frequentando a Firenze la scuola conventuale francescana di Santa Croce, dove
conobbe anche uno dei suoi più ferventi discepoli, Ubertino da Casale (1259 - 1330 circa). Proprio nel
1300 Dante colloca il suo viaggio nell'oltretomba, non a caso strutturato in forma di visione, attraverso
cui denunciare agli uomini i mali del mondo e della Chiesa e indicandone allo stesso tempo i correttivi,
mostrando a tutti gli uomini quale fosse la giusta strada da percorrere per il rinnovamento dello spirito.
Il profetismo della Commedia, oltre che richiamarsi in generale alla Bibbia ha radici nel gioachimismo,
col quale condivide la visione di una profonda decadenza dei valori e della corruzione della Chiesa,
identificata con la prostituta dell'Apocalisse di Giovanni (Purg. XXXII, 160), e l'esigenza di combatterle
nella speranza di un rinnovamento. Garanzia di tale speranza sono la gravità del dolore sopportato da
coloro che sono rimasti fedeli a Cristo e la promessa di Cristo stesso di non abbandonarli, nonché la
certezza, basata sull'Apocalisse di Giovanni, della sconfitta finale dei malvagi. Dante ritiene infatti non
lontana la fine dei tempi: Vedi nostra città quant'ella gira;/vedi li nostri scanni sì ripieni,/che poca gente
più ci si disira (Par. XXX 130 - 132). Come Gioacchino da Fiore e la linea spirituale
del francescanesimo, anche Dante, nel suo messaggio profetico, prospetta "l'ideale di una Chiesa
povera e aderente ai princìpi evangelici, che dopo Cristo è stato sostenuto solo da San Francesco,
ritenuto per questo da Dante un secondo Cristo (v. Paradiso XI), iniziatore di una svolta decisiva nella
storia cristiana. Mentre però il gioachimismo identificava nell'Ordine francescano l'artefice del processo
di redenzione, Dante se ne distacca, escludendo che il rinnovamento potesse scaturire dall'interno della
Chiesa. Egli basa invece il proprio messaggio profetico sul veltro (Inferno I, 101), ossia un riformatore
laico voluto da Dio (identificabile con l'imperatore), unica forza in grado di realizzare il piano
provvidenziale svelato a Dante nell'oltretomba".[32] In varie occasioni alcuni personaggi incontrati da
Dante durante il suo viaggio oltremondano, grazie alla loro capacità di prevedere il futuro,
preannunciano al poeta il suo esilio. Dopo Ciacco (Inferno, VI, vv. 58-75), il primo che pronuncia contro
Dante "parole gravi" è Farinata degli Uberti (Inferno X, 79 e ss.); seguono Brunetto Latini (Inferno XV,
61-72); Vanni Fucci (Inferno XXIV, 140-151);Corrado Malaspina (Purgatorio VIII, 133-139); Oderisi da
Gubbio(Purgatorio XI, 139-141); Bonagiunta Orbicciani (Purgatorio, XXIV, 43-48); Forese
Donati (Purgatorio XXIV, 88-90) e infine Cacciaguida nel Paradiso (canto XVII).
Il ricorso alla profezia consente a Dante-personaggio (agens) anche di anticipare narrativamente la
drammatica evoluzione che il Dante scrittore (auctor) vede dispiegarsi sotto i suoi occhi. Nella
Commedia sono dunque disseminate molte profezie post-eventum, che riguardano fatti della biografia
dell'autore (l'esilio) o collettivi (per esempio il trasferimento della sede papale ad Avignone ad opera
di Papa Clemente V sotto la pressione dei sovrani di Francia). Tuttavia il messaggio di Dante riguarda
anche un misterioso piano provvidenziale, personificato dall'enigmatico veltro, che interverrebbe a
punire i responsabili della corruzione morale, come la curia papale e il re di Francia.[33][34] I vari
commenti sull'Apocalisse fioriti nel Medioevo influirono notevolmente sull'atteggiamento profetico di
Dante nel suo poema. La prima linea di sviluppo di tali commenti è molto attenta all'interpretazione
letterale del testo e mira ad una interpretazione in senso morale (san Girolamo, Beda il
Venerabile, Riccardo di San Vittore, Alberto Magno). La seconda linea si basa su
un'interpretazione allegorica e tende a vedere rappresentata nel testo apocalittico una successione
storica delle vicende della Chiesa. Questa linea interpretativa ha i suoi maggiori esponenti
in Gioacchino da Fiore e Pietro di Giovanni Olivi, i cui commenti probabilmente influenzarono molto
Dante. Dante si riferisce a san Giovanni e all'Apocalisse di Giovanni nell'Inferno (XIX, 106-111) e nel
Paradiso (XXXII, 127-128). Nella processione mistica del Paradiso terrestre (Purgatorio, XXIX) vari
elementi sono ripresi dal testo di san Giovanni (i sette candelabri, i ventiquattro seniori, i quattro
animali, il drago, ecc.) ed il libro dell'Apocalisse di Giovanni viene rappresentato simbolicamente come
un vecchio solo, che avanza dormendo, con la faccia arguta (Purgatorio, XXIX, 143-144).[35]
Un'altra tematica frequentemente rintracciabile nel poema è il valore-simbolo del numero. Secondo
la Bibbia, Dio ha organizzato il cosmo secondo criteri armonici: "tu hai tutto disposto con misura,
calcolo e peso" (Sapienza 11, 21). I Padri della Chiesa avevano dedicato grande attenzione
alla numerologia, come attestano le opere Libro dei numeri di Isidoro di Siviglia e il libro XV (De
Numero) dell'enciclopediadi Rabano Mauro. Dante aveva già sperimentato il simbolismo del nove,
multiplo del tre simbolo della Trinità, nella Vita Nuova, dove lo applica a Beatrice: i due si incontrano la
prima volta a nove anni, Beatrice rivolgerà il suo primo saluto all'ora nona, ecc.
Nella Commedia i canti sono 100 numero perfetto poiché rappresenta il 10 (moltiplicato per se stesso)
denotante compiutezza. Dieci sono Le zone dell'Inferno (nove più l'antinferno); dieci le zone del
Purgatorio (antipurgatorio, formato da spiaggia più primi due balzi, poi le sette cornici ed infine il
paradiso terrestre); dieci sono le zone del Paradiso (sette cieli planetari, cielo delle stelle fisse, Primo
Mobile, Empireo). Il numero simbolico trinitario 3 si trova nel numero delle cantiche, nei versi in terzine,
nelle tre guide (Publio Virgilio Marone, Beatrice, San Bernardo) oltre che nelle tre facce di Lucifero,
nelle tre fiere del primo canto dell'Inferno, nei tre gradini della porta del Purgatorio. Tre sono i gruppi di
peccatori nell'Inferno (incontinenti, violenti, fraudolenti); nel Purgatorio le anime sono divise fra coloro
che indirizzarono il loro amore su un oggetto sbagliato, quelli che furono poco solleciti al bene e quelli
che amarono troppo i beni mondani; nel Paradiso i beati sono divisi fra gli spiriti che furono dediti alla
ricerca della gloria terrena, gli spiriti attivi e gli spiriti contemplativi. Per quanto concerne il 9, i cerchi
dell'Inferno sono nove, le cornici del Purgatorio 7, a cui si devono aggiungere Antipurgatorio e Paradiso
Terrestre, 9 sono le sfere dei cieli (il decimo, l'Empireo, non è un luogo fisico).
La musica è un altro motivo ricorrente nel poema ed è quindi una presenza frequente nella Commedia.
Nel Medioevo le teorie musicali furono influenzate dal trattato De Musica di Severino Boezio che si
rifaceva alla dottrina di Pitagora e al principio di proporzione basato sul numero. L'atmosfera terrifica e
dolente dell'Inferno è caratterizzata dalla disarmonia (III, 22-28; V, 46; XX, 8-9; XXXII, 36). Nel
Purgatorio il canto delle anime ha effetto catartico (purificatorio), creando effetti di rasserenamento ed i
riferimenti musicali hanno valore etico. Lo si vede in vari canti: la canzone intonata dal
musico Casella(II, 107-108); poi in II, 47; V, 24; VIII, 13-18; X, 58-60; XII, 110-111; XXIII, 11-12. Nel
Paradiso Terrestre la musica è frequente con le sue melodie (lo stormire delle foglie XXVIII, 13-18;
l'apparizione di Matelda XXVIII 40-42; XXVIII 85; la melodia XXIX, 22-23; XXXI, 97-99; XXXII, 61-63). Il
Paradiso è la cantica in cui la musica, intrecciandosi con le immagini luminose, costituisce la sostanza
della cantica stessa. Numerosi sono gli esempi di una celeste musica polifonica: XXVII, 1-6, VI, 124-
126; VIII, 16-20; X, 139-148; XIV, 28-32 e 118-123; XVII, 43-44; XXVIII, 118-120; XXIII, 97-102 e 109-
111; XXVIII, 118-120; XXXII, 95-98; XXXIII, 68-75.[36][37]
La rappresentazione della luce è frequente nel poema e ad essa si contrappongono le tenebre. Tutte le
divinità dell'antichità si identificavano con la luce ed il Bene: il Bel semitico, il Ra egizio, l'Ahura
Mazdāiranico, il Bene di Platone. Attraverso il neoplatonismo la luce entra nella tradizione
cristiana soprattutto grazie a Sant'Agostino e a Dionigi l'Areopagita in cui sono frequenti le immagini
di Dio come luce, fuoco, fontana luminosa. Nella filosofia Scolastica fu elaborata la "teologia della luce"
da Roberto Grossatesta e san Bonaventura da Bagnoregio nel XIII secolo. L'Inferno è invece il regno
delle tenebre. Dante si smarrisce nella selva oscura (I, 2) e cerca di salire su un colle illuminato
dal sole (I, 13-18, 37-43). La prima cantica è il regno che scaturisce dalla privazione di Dio e quindi è
senza luce. L'Inferno è cieco mondo (IV, 13; XXVII, 25), cieco / carcere (X, 58-59; XXII, 103), valle
buia (XII, 86), "loco d'ogne luce muto" (V, 28). I cerchi infernali sono scuri (XXV, 13), l'aria è morta (I,
17), nera (V, 51), sanza tempo tinta (III, 29); l'acqua dell'Acheronte è bruna (III, 118) e quella
dello Stige "buia assai più che persa" (VII, 103); la vegetazione della selva dei suicidi è di color
fosco (XIII, 4). Attraverso la scura natural burella (Inf. XXXIV, 98) Dante e Virgilio giungono
nel Purgatorio dove la luce riconquista lo spazio. Il sole è simbolo di Dio, l'alto Sol (Purg. VII, 26), l'alto
lume (Purg. XIII, 85). Dante giunge sull'Antipurgatorio alle prime ore del mattino (I, 13-30; 107, 115),
l'ascesa alla montagna avviene al sorgere del sole (II, 1) e l'arrivo sul Paradiso Terrestre al momento
dello splendere della luce (XXVII, 112, 133). Il sole concede ai due poeti di vedere l'accesso alla
montagna (I, 107-108). La luce solare è presente in vari passi (XIII, 16-18; XVII, 70-75). Ovviamente è il
Paradiso il regno della luce che è la sostanza stessa del regno celeste. Dante guidato
da Beatrice, allegoria della grazia e della teologia, sale per lo ciel di lume in lume (XVII, 115) attraverso
la materia eterea dei cieli: Luna (II, 34-36), Mercurio (V, 94-96), Venere (VIII, 13-15), Sole (X, 41),
Marte (XIV, 85-86), Giove (XVIII; 68-69), Saturno (XXI, 13). I cieli sono fatti di materia eterea e pertanto
riflettono all'esterno la luce che ricevono dal sole (III, 109-111; VIII, 19; X, 40-42). Gli angeli vengono
rappresentati come fuochi (IX, 77), facelle (XXIII, 94), scintille (XXVIII, 91), splendori (XXIX, 138). I
beati hanno un corpo etereo e sono luci, lumi, faville (VIII, 8; XVIII, 101), stelle cadenti (XV,
16), rubini (XIX, 4-6), gioie (IX, 37), lapilli (XX, 16), fuochi (XX, 34; XXII, 119), fiammelle (XXI,
136), lucerne (VIII, 19; XXIII, 28), lampe (XVII, 5). Dio è etterna luce (V, 7-8), viva luce (XIII, 55-57). Dio
è definito "lume" (XXXIII, 43, 110), "Sol dei beati" (IX, 8; XV, 76; XVIII, 105; XXX, 126) e
nell'Empireo appare a Dante come "stella", punto luminoso molto acuto (XXVIII, 16-18; XXX, 11),
"favilla pura" che illumina i cori angelici (XXVIII, 37-39). Nell'Empireo Dante può contemplarlo come
"trina luce....'n unica stella" (XXXI, 28). La Candida rosa dei beati è fatta di luci e fiamme splendenti
(XXXI, 1-24) e, alla fine del poema, all'arcobaleno è associata la sostanza stessa della luce divina
(XXXIII, 116-120).[38]
Nel poema dantesco frequente è l'invettiva. Le più famose sono le seguenti: Ciacco contro Firenze
(Inferno - Canto sesto); contro i papi simoniaci (Inferno - Canto diciannovesimo); contro Pistoia (Inferno
- Canto venticinquesimo); contro Firenze (Inferno - Canto ventiseiesimo); contro Pisa e contro Genova
nel canto del conte Ugolino (Inferno - Canto trentatreesimo); Sordello da Goito contro l'Italia ed invettiva
contro l'imperatore tedesco Alberto d'Asburgo (Purgatorio - Canto sesto); Marco Lombardo contro la
corruzione umana, contro Papato e Impero (Purgatorio - Canto sedicesimo); contro la cupidigia
(Purgatorio - Canto ventesimo); Giustiniano contro guelfi e ghibellini (Paradiso - Canto sesto); San
Tommaso d'Aquino contro la corruzione fra i domenicani (Paradiso - Canto undicesimo); San Pietro
contro la corruzione nella Chiesa (Paradiso - Canto ventisettesimo).
Il poema dantesco riprende quindi i seguenti motivi: il topos del viaggio nell'oltretomba presente nella
poesia epica greco-latina; il topos del viaggio-percorso di formazione presente nel romanzo cortese-
cavalleresco; il tema della fine del mondo presente nel francescanesimo e nei movimenti ereticali
medievali. La Divina Commedia contiene inoltre la sintesi della poetica dantesca espressa attraverso il
valore profetico dell'opera confermato dalla guida e presenza di Beatrice, attinto dalla forza
trascendente di Dio che conduce ad un rinnovamento morale. La sintesi della poetica dantesca è
espressa anche da una nuova teoria dell'amore secondo una prospettiva di itinerario verso Dio che
porta ad un rinnovamento morale e spirituale.
Scienza e tecnologia nella Divina Commedia[modifica | modifica wikitesto]
Nel poema dantesco vi sono diversi riferimenti alla scienza ed alla tecnologia. I temi affrontati
nell'ambito della fisica sono: la gravità (Inferno - Canto trentaduesimo, vv. 73-74 e Inferno - Canto
trentaquattresimo, vv. 110-111); la precessione degli equinozi (Inferno - Canto trentunesimo, vv. 78-
84); le luci telluriche (Inferno - Canto terzo, vv. 130-135 e Purgatorio - Canto ventunesimo, v. 57); le
grandi frane (Inferno - Canto dodicesimo, vv. 1-10); la formazione dei cicloni (Inferno - Canto nono, vv.
67-72); la Croce del Sud (Purgatorio - Canto primo, vv. 22-27); l'arcobaleno (Purgatorio - Canto
venticinquesimo, vv. 91-93); il ciclo dell'acqua (Purgatorio - Canto quinto, vv. 109-111 e Purgatorio -
Canto ventottesimo, vv. 121-123); la relatività del moto (Inferno - Canto trentunesimo, vv. 136-141
e Paradiso - Canto ventinovesimo, vv. 25-27); la propagazione della luce (Purgatorio - Canto secondo,
vv. 99-107); le due velocità di rotazione (Purgatorio - Canto ottavo, vv. 85-87); gli specchi al piombo
(Inferno - Canto ventitreesimo, vv. 25-27); la riflessione della luce (Purgatorio - Canto quindicesimo, vv.
16-24). Sono presenti riferimenti ai dispositivi militari (Inferno - Canto ottavo, vv. 85-87); all'accensione
del fuoco con esca e acciarino (Inferno - Canto quattordicesimo, vv. 34-42), al mimetismo (Paradiso -
Canto terzo, vv. 12-17). Nel settore tecnologico ci sono riferimenti alla cantieristica navale (Inferno -
Canto ventunesimo, vv. 7-19); alle dighe degli olandesi (Inferno - Canto quindicesimo, vv. 4-9). Vi sono
inoltre riferimenti ai mulini (Inferno - Canto ventitreesimo, vv. 46-49); agli occhiali (Inferno - Canto
trentatreesimo, vv. 99-101); agli orologi (Paradiso - Canto decimo, v. 139-146 e Paradiso - Canto
ventiquattresimo, vv. 13-15) nonché alla bussola magnetica (Paradiso - Canto dodicesimo, vv. 29-
31).[39]
Le tre guide[modifica | modifica wikitesto]
Le tre guide ultraterrene di Dante: Virgilio, Beatrice e San Bernardo

Il viaggio ultraterreno di Dante richiede l'appoggio di una guida, in quanto il protagonista rappresenta
l'uomo smarrito in conseguenza del peccato e pertanto incapace di recuperare da solo la retta via. Per
l'intero cammino che si svolge attraverso il baratro dell'Inferno e su per la montagna del Purgatorio la
guida prescelta è Virgilio, l'antico poeta latino autore dell'Eneide. Egli, sebbene pagano, per l'alto valore
morale della sua poesia, rappresenta la saggezza naturale, la ragione della cui luce l'uomo ha bisogno
per riscattarsi e rendersi disponibile a comprendere la Rivelazione.
Comunque la figura di Virgilio non rimane chiusa in una schematica funzione allegorica; essa, in virtù
della capacità poetica di Dante, assume il ruolo di un personaggio di grande rilievo: ora egli si anima di
sollecitudine paterna e riesce a rassicurare con la sua rasserenante protezione Dante sbigottito dagli
orrori dell'Inferno, ora, specialmente nel Purgatorio, resta soggetto all'incertezza, al timore e vive un
suo dramma personale, in quanto diversamente da Dante egli è escluso dalla salvezza. Il suo compito
si conclude nel Paradiso terrestre in quanto Virgilio, estraneo al mondo della fede, non può guidare
Dante a comprendere il mistero divino che gli si svelerà nel Paradiso. Per questo occorre l'intervento
della Grazia, della scienza teologica, che viene rappresentata dalla nuova guida, Beatrice, la quale
condurrà Dante dalla cima del Purgatorio alle soglie dell'Empireo.
Anche nel caso di Beatrice il significato allegorico si arricchisce di componenti che fanno della sua
figura un personaggio altamente poetico. Beatrice è pur sempre la donna angelica che ha illuminato la
giovinezza del poeta: adesso, divenuta beata, risplende di una luce che si esprime nel suo sguardo e
nel suo sorriso, rendendola bella in modo indicibile. Beatrice spiega al poeta con un linguaggio dotto
ardui problemi teologici, ma lo fa salire attraverso i cieli con la forza del suo sorriso, cioè con la forza di
un amore che è il riflesso di quello divino.
Dopo aver condotto Dante all'interno dell'anfiteatro occupato dai beati, Beatrice ritorna al suo seggio da
dove appare al poeta cinta di un'aureola luminosa e il ruolo di guida viene assunto nel momento
conclusivo del viaggio da San Bernardo, il quale per la sua vita dedita, già in Terra,
alla contemplazione, appare singolarmente adatto a sostenere Dante nel momento in cui, con l'aiuto
della preghiera di tutti i beati, e in particolare della Vergine, riuscirà ad entrare in diretta comunione con
la viva presenza di Dio.

Modelli e fonti[modifica | modifica wikitesto]


Lingua[modifica | modifica wikitesto]
Uno dei problemi più ardui della filologia italiana è lo studio della lingua dei principali autori della nostra
tradizione letteraria. Tale problema è connesso strettamente allo studio della tradizione
manoscrittadelle opere. Nel caso di Dante, la questione è molto più complessa e delicata in quanto nel
poema dantesco si è tradizionalmente identificata l'origine stessa della lingua italiana. La definizione di
"padre della lingua italiana", spesso utilizzata per Dante, non è solo una teoria della critica
contemporanea; generazioni di lettori, a partire dai primi commentatori fino ai moderni esegeti, non
hanno potuto fare a meno di confrontarsi, anche quando hanno anteposto alla Commedia altri modelli
linguistici e letterari, con il poema sacro. Ad esempio, la teorizzazione del Bembo nelle Prose della
volgar lingua, in quanto fondamentalmente normativa, tendeva a canonizzare un modello linguistico più
vicino a Petrarca che a Dante. Ciononostante, nelle Prose, il poema è comunque il testo più importante
cui fare riferimento, anche e soprattutto in prospettiva critica, per la sua ricchezza linguistica e lessicale.
Tuttavia, l'importanza irrinunciabile della Commedia è dimostrata dal peso attribuito al poema dantesco
nella compilazione del primo Vocabolario degli Accademici della Crusca. Poiché il numero di citazioni
della Commedia supera di gran lunga quello di qualsiasi altra opera e poiché è evidente che l'influenza
di un vocabolario sullo sviluppo storico di una lingua è senz'altro superiore a quello di ciascuna singola
opera, ne risulta dimostrata la centralità del poema per la coscienza linguistica e letteraria italiana.
La storia della tradizione manoscritta dimostra d'altronde quanto il processo di copia del poema abbia
contribuito fin dalle origini alla formazione di un volgare letterario italiano. Però l'esatta forma della
lingua dantesca è ancora oggetto di studio e di dibattito, così come accade per le maggiori opere della
letteratura antica. Solitamente, viene considerata una soluzione efficace basarsi sulla lingua del
testimone più antico di un'opera.
Nel caso della Commedia, si tratta del manoscritto Trivulziano 1080.[40]
Stile[modifica | modifica wikitesto]
Dante non si può scindere dalla tradizione poetica provenzale, come dalla poesia provenzale non si
può separare lo Stil Novo di cui Dante fu insigne rappresentante. Stile e linguaggio danteschi derivano
da modi caratteristici della letteratura latina medievale: giustapposizione sintattica (brevi elementi
successivi) cesure, stacchi, uno stile che non conosce la fluidità e il modo mediato e legato dei
moderni. Dante ama l'espressione concentrata, il rilievo visivo e rifugge dai legami logici, il suo
linguaggio è essenziale.
A differenza di Petrarca che utilizzava un linguaggio semplice e puro, caratterizzato da un ristrettissimo
numero di parole, secondo un criterio unilinguistico, Dante nella Commedia adotta una grande
ampiezza di lessico e di registri stilistici, dal più basso e "comico" nel senso medioevale del termine, al
più alto e "sublime". Si parla dunque di plurilinguismo dantesco.
Studi e fonti[modifica | modifica wikitesto]
Sull'istruzione di Dante la ricerca è tuttora aperta; quasi sicuramente non frequentò regolarmente
un'istituzione di studi superiori, e tuttavia la sua opera dimostra perfetta conoscenza delle discipline
delle Arti, insegnate come base comune a tutte le facoltà universitarie. È stata avanzata l'ipotesi di suoi
contatti con un gruppo di filosofi averroisti bolognesi. Quasi sicuramente studiò la poesia toscana, nel
momento in cui la Scuola poetica siciliana, un gruppo culturale originario della Sicilia, stava
cominciando ad essere conosciuta in Toscana. I suoi interessi lo portarono a scoprire i menestrelli ed i
poeti provenzali e la cultura latina.
Evidente è la sua devozione per Virgilio (Tu se' lo mio maestro e 'l mio autore, / tu se' solo colui da cu'io
tolsi / lo bello stilo che m'ha fatto onore, Inferno v. 85 canto I)) anche se la Divina Commedia mette in
gioco una complessa tradizione classica e cristiana esaltando la cultura del Nostro; volendo ricordare
alcune fonti si può iniziare dal verso 32 dell'Inferno "Io non Enea, io non Paulo sono" in cui sono
presentati i due testi chiave sui quali si basa la sua opera: l'Eneide, (in particolare il canto VI) e
la Seconda lettera ai Corinzi di san Paolo, là dove racconta del suo rapimento estatico.
Numerosi altri testi agiscono sulla fantasia di Dante, dal Commentario di Macrobio al Somnium
Scipionis (su una parte del libro VI della Repubblica di Cicerone), in cui viene narrata la visione delle
sfere celesti e la dimora delle grandi anime, all'Apocalisse di S. Giovanni, come la meno
nota Apocalisse apocrifa di s. Paolo (condannata da sant'Agostino, ma molto diffusa nel basso
Medioevo) che contiene alcune descrizioni delle pene infernali e la prima generica definizione
dell'esistenza del Purgatorio. Il tema della visione ebbe grande fortuna nel Medioevo, e molti di questi
racconti d'esperienze mistiche erano noti a Dante, come la Navigatio sancti Brendani, la Visio Tnugdali,
il Purgatorio di san Patrizio e i Dialoghi di san Gregorio Magno. Vanno pure menzionate le seguenti
"visioni" medievali: la Visione di Ansello (secolo XII) e la Visione di Eynsham (secolo XII). Bisogna
ricordare altresì il viaggio oltremondano (catabasi) di Drythelm nella Storia ecclesiastica
d'Inghilterra scritta da Beda il Venerabile nel secolo VIII. In essa l'anima del protagonista, guidata da
uno spirito luminoso, visita i luoghi infernali dei dannati dove teme di essere presa dai diavoli ma viene
salvata dallo spirito-guida e condotta ad ammirare i prati luminosi e profumati delle anime elette che
cantano cori celestiali. Dopo questa esperienza oltremondana l'anima rientra nel corpo e il protagonista
vive una vita santa per meritarsi la beatitudine celeste.[41][42] Nella Leggenda del viaggio di tre santi
monaci al Paradiso terrestre (X secolo) si racconta invece di tre monaci di enorme bontà che dal fiume
di Sion arrivano al Paradiso terrestre la cui porta è custodita da un cherubino. All'interno incontrano i
profeti Enoch ed Elia. Poi ripartono credendo di essere vissuti all'interno del Paradiso terrestre tre giorni
mentre in realtà vi hanno trascorso tre anni.[43]
Anche la coeva escatologia ebraica sembra essere stata presente a Dante: in particolare, si pensa
abbia potuto leggere le opere di Hillel da Verona, che trascorse gli ultimi anni della sua vita a Forlì,
morendovi poco prima dell'arrivo di Dante in quella città.
Molto spesso è Dante, presentando i vari autori nella sua opera, a lasciare una visione superficiale
della sua biblioteca; ad esempio, nel cielo del Sole (canti X e XII) del Paradiso incontra due corone di
spiriti sapienti, e tra questi mistici, teologi, canonisti, filosofi vi si ritrova Ugo di San Vittore,
Graziano, Pietro Lombardo, Gioacchino da Fiore ecc.
Altre fonti più recenti e di più superficiale incidenza nella Commedia vanno considerati i rozzi poemetti
di Giacomino da Verona (De Ierusalem coelesti e De Babilonia civitate infernali) il Libro delle tre
scritture di Bonvesin de la Riva, con la descrizione dei regni dell'Aldilà, e la Visione del
monaco cassinese Alberico. Da ricordare anche il poemetto allegorico-didascalico Detto del Gatto
lupesco (XII secolo), viaggio allegorico di un cavaliere-eroe che deve superare tre ostacoli, simbolo del
male, per raggiungere la beatitudine eterna.[44]
Sulla biblioteca classica di Dante ci si deve accontentare di deduzioni interne ai suoi testi, delle citazioni
dirette e indirette che essi contengono; si può affermare che accanto al nome di Virgilio
compaiono Ovidio, Stazio e Lucano, cui seguono i nomi di Tito Livio, Plinio, Frontino, Paolo Orosio, che
già erano presenti, con l'aggiunta di Orazio e l'esclusione di Stazio, nella Vita Nuova (XXV, 9-10), così
ci si accorge che questi erano i poeti più diffusi e più letti nelle scholae medievali lasciando aperta
l'ipotesi di una loro frequentazione da parte di Dante.
Filosofia islamica[modifica | modifica wikitesto]
Nel 1919 il professor Miguel Asín Palacios, studioso e prete cattolico spagnolo, pubblica La Escatología
musulmana en la Divina Comedia, un saggio sui parallelismi fra i contenuti dell'antica filosofia
islamica e il testo di Dante. Secondo Palacios, Dante si sarebbe ispirato ai trattati spirituali del celebre
mistico Ibn Arabi e ai contenuti dell'Isrāʾ e Miʿrāj, narrante l'ascesa notturna di Maometto al Cielo
(miʿrāj). Il Kitab al-Miraj (Libro dell'Ascensione), tradotto in latino dall'arabo nel 1264 con il titolo di Liber
Scalae Machometi ("Il Libro della Scala di Maometto", in arabo Isrāʾ e Miʿrāj) conterrebbe significative
similitudini con l'opera di Dante.[45]
Secondo il filosofo Frederick Copleston, il rispetto nutrito da Dante nei confronti di Averroè ("Averrois,
che'l gran comento feo" Commedia, Inferno, IV, 144), Avicenna e Sigieri da Brabante sarebbe il frutto di
un "notevole debito" del poeta nei confronti della filosofia islamica.[46]
Secondo la filologa Maria Corti, Brunetto Latini, mentore di Dante, potrebbe aver
incontrato Bonaventura da Siena, traduttore in latino del Kitab al Miraj, durante un suo soggiorno alla
corte di Alfonso X. Secondo la Corti, Latini avrebbe potuto fornire a Dante una copia del Miraj.[47]
Attualità della Divina Commedia[modifica | modifica wikitesto]
Il poema dantesco è un'altissima testimonianza della civiltà medievale, sintesi di modelli culturali,
cosmologici, storico - filosofici e teologici di quella civiltà. L'opera però possiede anche una sua
perenne validità ed ha una fondamentale funzione storica e civile. Scrive lo storico Giuliano
Procacci:[48] "Attraverso Dante venne per la prima volta posta in evidenza e resa esemplare la
particolare funzione pedagogica e civile assolta dagli intellettuali nella formazione di una koiné italiana
(la lingua italiana, ovvero il volgare illustre) e, leggendo la Divina Commedia, il pubblico colto italiano
ebbe per la prima volta la netta sensazione di appartenere a una civiltà che, pur nella sua varietà e nel
suo policentrismo, possedeva dei fondamenti comuni". Dante concepì poi l'opera come una missione
morale che trasmettesse valori quali l'ordine, la giustizia, la pace, la libertà, la razionalità, la dignità
morale. Si tratta di un sistema di valori contrapposto alle logiche di molti poteri politici e religiosi nonché
alla logica del profitto della borghesia mercantile. Il poema dantesco contiene inoltre l'analisi di problemi
eterni per l'uomo quali il Bene e il Male, la vita e la morte, la vita ultraterrena.

Storia della critica[modifica | modifica wikitesto]


Lo stesso argomento in dettaglio: b:Divina Commedia/Storia critica.

L'opera ebbe grande fortuna già nei primi anni in cui venne diffusa: a parte il fiorire di manoscritti e
citazioni, alcune ancora precedenti alla morte di Dante, già nel XIV secolo vengono composti commenti
all'intera opera o solo all'Inferno. Fra i primi commentatori annoveriamo anche i figli di
Dante, Jacopo e Pietro Alighieri, ma anche Giovanni Boccaccio che negli ultimi anni della sua vita
tenne delle letture pubbliche, le Esposizioni sopra la Comedia.
Tradizione manoscritta e proposte di edizioni critiche [modifica | modifica wikitesto]
Dal punto di vista filologico, il caso della Commedia è tra i più complessi nel panorama delle lingue
romanze per la vastità delle testimonianze e per la conseguente difficoltà di stabilire con certezza i
rapporti tra i manoscritti. I manoscritti oggi noti sono infatti circa ottocento (un registro è consultabile sul
sito www.danteonline.it a cura della Società Dantesca Italiana, dove è possibile inoltre visionare
direttamente un ampio numero di codici). Per i manoscritti più antichi del poema (1330-1350) si
possono quindi distinguere, secondo lo stemma codicum approntato da Giorgio Petrocchi per la sua
edizione del 1966-7: una tradizione fiorentina molto antica (rappresentata sostanzialmente dal
manoscritto Trivulziano 1080, datato 1337 e dalle postille collazionate dall'umanista Luca Martini su una
stampa cinquecentesca, da un codice approntato da un pievano, Forese Donati, databile al 1330 circa),
una tradizione toscana occidentale, una tradizione emiliana e infine una ulteriore tradizione fiorentina,
alla quale si può ricondurre la maggioranza dei manoscritti trecenteschi e quattrocenteschi.[49] Dopo
l'edizione a cura di Giorgio Petrocchi il dibattito sulla tradizione manoscritta si è ravvivato in reazione
all'edizione di Federico Sanguineti, che suscitò vivaci critiche e adesioni. Quindi una nuova edizione,
con una rinnovata indagine dei rapporti genetici tra i manoscritti, è stata annunciata da Paolo
Trovato.[50]
È probabile tuttavia che la Commedia sia stata inizialmente diffusa per cantiche o gruppi di canti; non
sarebbe quindi mai esistito un originale esplicitamente pubblicato dall'autore; in questo senso vanno
citati gli studi di Riccardo Viel,[51] che ritiene impossibile disegnare un unico stemma codicum dell'opera,
dovendosi procedere per singole Cantiche o addirittura per gruppi di canti. Alla tradizione toscana
derivata dal codice Trivulziano 1080 si ispira invece l'edizione curata da Antonio Lanza.[8] Negli ultimi
anni, infine, in prospettiva del 2021, data del settecentenario della morte del poeta (1321-2021), sono
state avanzate ulteriori tre proposte per una nuova edizione critica del poema dantesco, su basi molto
diverse fra di loro, se non opposte: la prima di Enrico Malato, è una proposta 'vandelliana' (da Giuseppe
Vandelli, curatore dell'edizione del 1921 della Commedia) o empirica: denuncia una profonda sfiducia
nei confronti di qualsiasi tentativo di razionalizzazione stemmatica dei manoscritti a causa della
contaminazione; lo studioso propone pertanto di basarsi sul testo Petrocchi corretto di volta in volta - in
base al senso del passo o alle fonti sottese ad esso - a seconda delle esigenze esegetiche e testuali.[52]
Una proposta 'bedieriana' (dal nome di critico francese J. Bédier) invece è quella di Luigi Spagnolo che
propone di basarsi su un codex optimus (precisamente il Fior. Pal. 319), ossia un manoscritto ritenuto il
migliore o comunque rappresentativo di una tradizione indipendente e di qualità più elevata rispetto alle
tradizioni concorrenziali.[53] Da ultimo è stata avanzata, da parte di Angelo Eugenio Mecca, una
proposta lachmanniana (come quella di Trovato) ma su basi 'barbiane' (da Michele Barbi, che propose
l'utilizzo di loci selecti, ossia passi scelti, per sistemare in gruppi e famiglie tutti i manoscritti noti
della Commedia): Mecca sostiene l'accantonamento dell'idea dell'esistenza di un archetipo per
la Commedia, che resta non dimostrabile né storicamente probabile; la diffusione della Commedia per
cantiche separate se non per blocchi di canti, cosa che deve indurre il critico a tracciare
prudenzialmente tre stemmi, uno per cantica; l'articolazione della tradizione della Commedia in tre
subarchetipi, al posto dei due finora riconosciuti (α e β, rispettivamente tradizione toscana e
settentrionale), ossia: tradizione toscana (α), tradizione emiliano-romagnola (Urb e affini: ε), tradizione
lombardo-veneta (Mad Rb e affini: σ); la selezione come testimoni-base della futura edizione critica
della Commedia di un numero congruo di testimoni, rappresentativi di tutti e tre i subarchetipi
riconosciuti; l'adozione della lezione genuina secondo il criterio della maggioranza (due subarchetipi
contro uno).[54]

Prime edizioni a stampa[modifica | modifica wikitesto]


Frontespizio dell'editio princepsdella Divina Commedia (11 aprile 1472)

L'editio princeps della Divina Commedia fu finita di stampare a Foligno l'11 aprile 1472 dal tedesco
di Magonza Johannes Numeister e dal folignate Evangelista Mei(come risulta dal colophon), che alcuni
identificano con il mecenate folignate Emiliano Orfini, altri con il tipografo Evangelista Angelini. Tuttavia,
a breve distanza dall'editio princeps di Foligno, sempre nello stesso anno, escono altre due edizioni
della Divina Commedia: a Jesi (o a Venezia, il luogo è dubbio) per le stampe di Federigo de' Conti da
Verona; e infine a Mantova, dai tipografi tedeschi Georg e Paul Butzbach, curata dall'umanista
Colombino Veronese.[55]
Le edizioni a stampa del Quattrocento (incunaboli) [modifica | modifica wikitesto]
Nel corso del Quattrocento vengono stampate in tutto 15 edizioni della Divina
Commedia (quattrocentine o, più comunemente, incunaboli, da un termine latino che significa "in culla"
e con cui convenzionalmente si indicano tutte le stampe realizzate da metà Quattrocento all'anno 1500
compreso). Da un punto di vista filologico le edizioni si dividono in due gruppi: quelle derivate
dall'edizione di Foligno, ma più o meno corretta o modificata (in tutto quattro edizioni), e quelle derivate
dall'edizione di Mantova (undici in tutto); nel secondo gruppo rientra anche la più famosa edizione del
secolo, destinata ad avere molte ristampe e grande successo anche nei secoli successivi, soprattutto
nel Cinquecento: si tratta della stampa curata dall'umanista fiorentino Cristoforo Landino (Firenze,
1481).[56] Va ricordata anche l'edizione stampata da Vindelino da Spira (Venezia, 1477), che contiene
la Vita di Dante, ossia il Trattatello in laude di Dante, del Boccaccio, all'interno del quale compare per la
prima volta l'espressione "divina commedia".
Le edizioni a stampa del Cinquecento (cinquecentine) [modifica | modifica wikitesto]

Frontespizio a occhiello dell'aldina(agosto 1502)


Gabriele Giolito de' Ferrari (ritratto eseguito da Tiziano, 1554) pubblicò nel 1555 la prima edizione a portare il titolo
"Divina Comedia".[57]

Il Cinquecento si apre con un'edizione famosissima, destinata ad imporsi su tutte le altre e a diventare il
modello di tutte le edizioni della Divina Commedia dei secoli successivi, fino al XIX secolo
compreso: Le terze rime di Dante, a cura di Pietro Bembo per la tipografia di Aldo Manuzio (Venezia,
agosto 1502), ristampata poi tale e quale nel 1515. In tutto furono 30 le edizioni dantesche del secolo (il
doppio del secolo precedente), la maggior parte delle quali stampate a Venezia. Fra esse si ricordano
l'edizione di Lodovico Dolce, stampata a Venezia da Gabriele Giolito de' Ferrari nel 1555, che fu la
prima ad attribuire l'aggettivo "Divina" a "Commedia" (tra i possessori più illustri di questa edizione
troviamo Galileo Galilei, la cui copia ci è pervenuta fino ad oggi); l'edizione curata da Antonio
Manetti (Firenze, Giunta, 1506); quella con il commento di Alessandro Vellutello (Venezia, Francesco
Marcolini, 1544); e infine l'edizione curata dall'Accademia della Crusca (Firenze, 1595).[58]

Edizioni moderne[modifica | modifica wikitesto]


Il Seicento fu il secolo della grande crisi per Dante e la Divina Commedia, che non venne molto letta né
apprezzata: sono solo tre le edizioni della Divina Commedia stampate nell'intero secolo. Nel Settecento
rinascono gli studi danteschi che raggiungono il loro apice nel secolo successivo, in particolare con una
nuova edizione della Crusca (Firenze, Le Monnier 1837-1839); e con l'edizione critica curata dal
tedesco Karl Witte nel 1862.[59] Fra Ottocento e Novecento le figure più importanti per gli studi relativi
all'edizione critica della Divina Commedia furono l'inglese Edward Moore (1835-1916); e gli
italiani Michele Barbi, Giuseppe Vandelli e Mario Casella. Degli ultimi due si ricordano le rispettive
edizioni della Divina Commedia, le più importanti prima di quella realizzata da Giorgio Petrocchi.[60]
L'edizione Petrocchi[modifica | modifica wikitesto]
L'edizione critica ancor oggi di riferimento è quella di Giorgio Petrocchi,[61] tale edizione non segue
precipuamente i canoni lachmanniani: Petrocchi ritiene impossibile tracciare uno stemma codicum viste
la diffusa contaminazione, già frequente in testimoni molto alti, e la perdita di tutta la prima tradizione
manoscritta, dalla morte di Dante (1321) al primo testimone rimastoci, Triv, datato 1337. Pertanto
Petrocchi, dopo aver eliminato tutti i codici successivi al 1355 come codices descripti nonché corrotti
dall'intervento destabilizzante di Giovanni Boccaccio come copista, ritiene di poter risalire non tanto al
testo originale, quanto alla vulgata, ossia al testo conosciuto all'altezza di quel periodo. Tuttavia, negli
ultimi anni, l'esistenza di questo "sbarramento cronologico del Boccaccio" è stata contestata, con il
risultato che l'edizione di Petrocchi è stata giudicata infondata dal punto di vista filologico.[62]
Le ultime edizioni[modifica | modifica wikitesto]
Oltre l'edizione critica a cura di Giorgio Petrocchi, esiste un'edizione a cura da Antonio Lanza,[8] di
tipo bédieriano, basata sostanzialmente sul manoscritto Trivulziano, scelto in base allo stemma
disegnato da Petrocchi stesso.
Successivamente è apparsa l'edizione di e Federico Sanguineti,[9][63] che invece si basa su un impianto
di tipo lachmanniano, ovvero su un procedimento teso all'esame esaustivo della tradizione manoscritta
e alla decifrazione dei rapporti tra i codici. In pratica, come è stato sottolineato da più parti,[64] l'edizione
giunge essenzialmente alla pubblicazione di un unico manoscritto (l'Urbinate lat. 366). Infatti
Sanguineti, dopo aver scartato i testimoni recentiores in base ad errori comuni, senza tuttavia averne
scientificamente dimostrato l'apografia, traccia uno stemma bipartito, di cui il ramo beta è rappresentato
praticamente solo dal manoscritto Urbinate Urb, che pertanto conta da solo per il 50% per
l'accertamento della lezione da mettere a testo.
Ultima in ordine di tempo è l'edizione di Giorgio Inglese.[65] Sostenendo l'impossibilità di un'edizione
bedieriana per la Commedia, e vista la precoce contaminazione, egli ha pertanto concentrato la propria
attenzione sulla revisione dello stemma Petrocchi, di cui risulta, a parte alcune modifiche (quali l'ipotesi
di una contaminazione extrastemmatica), la sostanziale validità, pur nella maggiore attenzione dedicata
alla famiglia settentrionale. È netto il favore concesso al ramo fiorentino che deriverebbe in ultima
analisi dal codice migrato nel 1322 a Firenze nella bisaccia di Jacopo Alighieri. Per quanto riguarda il
testo, Inglese si affida ancora a più antichi testimoni.[66]

Traduzioni[modifica | modifica wikitesto]


La Divina Commedia ha avuto innumerevoli traduzioni in lingue ed epoche diverse: qui se ne ricordano
alcune.
Traduzioni in latino[modifica | modifica wikitesto]

 Fratris Johannis de Serravalle translatio et comentum totius libri Dantis


Aldigherii cum textu italico fratris Bartholomæi a Colle eiusdem ordinis
nunc primum edita, a cura di Marcellino da Civezza M.O. e Teofilo
Domenichelli M.O., 3 voll., Prati, ex officina libraria Giachetti, 1891.[67]
Traduzioni in inglese[modifica | modifica wikitesto]

 The Divina Commedia, consisting of the Inferno, Purgatorio and


Paradiso, translated into English verse, with preliminary essays, notes,
and illustrations, by the rev. Henry Boyd, 3 voll., London, Cadell,
Davies, 1802.
 The Vision, or Hell, Purgatory and Paradise, translated by the rev. H.F.
Cary, London, Frederick Warne, 1814.
 The Divine Comedy, translated by Henry Wadsworth Longfellow, 3
voll., Boston, Ticknor and Fields, 1867.
Traduzioni in francese[modifica | modifica wikitesto]

 L'Enfer, poème, Traduction nouvelle par Antoine de Rivarol, A


Londres, et se trouve a Paris, chez Mérigot le jeune, 1783.
 La Divine Comédie, Traduction nouvelle, accompagnée de notes,
par Pier Angelo Fiorentino, Paris, Librairie de Charles Gosselin, 1840.
 La Divine Comédie, precedée d'une introduction sur la vie, les
doctrines et les oeuvres du Dante, par F. Lamennais, 3 voll., Paris,
Paulin et le Chevalier, 1855.
Traduzioni in spagnolo[modifica | modifica wikitesto]

 La Divina Comedia, Traducción en verso ajustada al original con


nuevos comentarios por Bartolomé Mitre, Buenos Aires, Jacobo
Peuser, 1894.
 La Divina Comedia, Traducción, prólogos y notas de Angel J.
Battistessa, 2 voll., Buenos Aires, Carlos Lohlé, 1972.
 Comedia, Texto original y traducción, prólogo y notas por Ángel
Crespo, Barcelona, Seix Barral, 1973.
 La Divina Comedia, Prologo de Angel Chiclana Cardona, Madrid,
Espasa-Calpe. 1979.
Traduzioni in tedesco[modifica | modifica wikitesto]

 Die Göttliche Komödie, übersezt und erklärt von Karl Ludwig


Kannegiesser, 3 voll., Leipzig, F. A. Brockhaus, 1832.
 Göttliche Komödie, übersetzt von Otto Gildemeister, Stuttgart, Berlin,
Cotta, 1905.
 Die Göttliche Komödie, Deutsch von Karl Vossler, München, Wilhelm
Goldmann, 1962.
Traduzioni in altre lingue o dialetti[modifica | modifica wikitesto]

 La prima traduzione in assoluto in prosa fu quella di Enrique de


Villena, in castigliano, nel 1428, l'anno dopo seguita dalla prima
traduzione in versi, in catalano, da parte di Andreu Febrer. Giovanni
Peterlongo (1856-1941) l'ha tradotta in esperanto.[68] Mons. Pádraig de
Brún (1889-1960) ne ha fatto una traduzione in gaelico irlandese, che
venne pubblicata postuma.[69]
 A Divina Comédia, tradûta in léngua zeneyze cu 'i segni da pronúnçia
[da Angelico Federico Gazzo], Zena, Stampaya da zuventù, 1909.

La Divina Commedia nell'arte[modifica | modifica wikitesto]

Giuseppe de Liguoro e Giovanni Pastrone, due registi che hanno realizzato una trasposizione cinematografica
della Commedia.

Trasposizioni cinematografiche (lista parziale)[modifica | modifica wikitesto]


 Francesca da Rimini (The Two Brothers), regia di William V.
Ranous (1907).
 Il conte Ugolino, regia di Giuseppe De Liguoro (1908).
 Il conte Ugolino, regia di Giovanni Pastrone (1909).
 Pia de' Tolomei, regia di Mario Caserini (1910).
 Francesca di Rimini, regia di Ugo Falena (1910).
 Guelfi e ghibellini (Wanda Soldanieri), regia di Mario Caserini (1910).
 L'Inferno, regia di Giuseppe Berardi e Arturo Busnengo (1911).
 L'Inferno, regia di Giuseppe De Liguoro, Adolfo Padovani, Francesco
Bertolini (1911).
 Dante e Beatrice, regia di Mario Caserini (1913).
 Beatrice (1919).
 Dante nella vita e nei tempi suoi, regia di Domenico Gaido (1921).
 Dante's Inferno (1924).
 Maciste all'Inferno, regia di Amleto Palermi (1926).
 La nave di Satana (Dante's Inferno), regia di Harry Lachman (1935).
 Pia de' Tolomei, regia di Esodo Pratelli (1941).
 Il conte Ugolino, regia di Riccardo Freda (1949).
 Paolo e Francesca (Francesca da Rimini), regia di Raffaello
Matarazzo (1950).
 47 morto che parla, regia di Carlo Ludovico Bragaglia -
con Totò e Silvana Pampanini (1950).
 Totò all'inferno, regia di Camillo Mastrocinque (1955).
 Maciste all'Inferno, regia di Riccardo Freda (1962).
 Vita di Dante, regia di Vittorio Cottafavi (1965).
 Paolo e Francesca, regia di Gianni Vernuccio (1971).
 La divina commedia (A Divina Comédia), regia di Manoel de
Oliveira (1991).
 Al di là dei sogni (1998), diretto da Vincent Ward.
 Inferno, regia di Ron Howard (2016), tratto dall'omonimo romanzo
di Dan Brown.
 Nell'estate 2017 la casa di produzioni cinematografiche Palomar, di
Carlo Degli Esposti, acquista il primo soggetto originale del duo di
romanzieri Monaldi & Sorti: una fiction tv sulla vita di Dante Alighierie
la Divina Commedia con sceneggiatura degli stessi Monaldi & Sorti e
la partecipazione di Roberto Benigni, prevista per il 2021 nel 700mo
anniversario della morte di Dante.[70]
Musica[modifica | modifica wikitesto]

 Belisario (1835-1836), opera lirica di Gaetano Donizetti. Il


generale Belisario, protagonista dell'opera, fu descritto da Dante come
perfetto esempio del guerriero di Dio nel sesto canto del Paradiso.
 Après une Lecture de Dante: Fantasia quasi Sonata (1849) di Franz
Liszt.
 Dante-Symphonie (1855-1856), poema sinfonico di Franz Liszt.
 Francesca da Rimini (1876) fantasia sinfonica di Pëtr Il'ič Čajkovskij.
 Francesca da Rimini (1906) opera lirica di Sergej Vasil'evič
Rachmaninov su libretto di Modest Il'ič Čajkovskij.
 Francesca da Rimini (1914), opera in quattro atti di Riccardo
Zandonai su libretto di Tito Ricordi II liberamente
adattato dall'omonima tragedia di Gabriele D'Annunzio. Come nei due
componimenti precedenti, anche qui si fa riferimento al noto
personaggio dell'Inferno dantesco.
 Gianni Schicchi, (1917-1918), opera comica di Giacomo Puccini.
 Inferno (1973), album dei Metamorfosi.
 Paradiso (2004), album dei Metamorfosi.
 La canzone Dante's Inferno del gruppo heavy metal americano Iced
Earth è chiaramente ispirata alla divina commedia. La canzone è
presente nell'album Burnt Offerings, la cui copertina è un'incisione di
Gustave Doré, tratta dall'edizione da lui illustrata della Commedia nel
1857.
 From Hell to Heaven (2008) è un'opera rock-sinfonica ispirata alla
Divina Commedia. Composta da Andrea Bezzon con gli arrangiamenti
di Andrea 'Urpilo' Guarnieri e le orchestrazioni di Fabrizio Castania.
 Argenti vive di Caparezza del 2014
 Una commedia divina, 58º Zecchino d'Oro.
 Anche singoli versi della Commedia hanno ispirato versi di canzoni
dell'età contemporanea. In Ricominciamo (1979) di Adriano
Pappalardo si canta: "... non sono capace di stare a guardare questi
occhi di brace", con riferimento al verso dantesco dell'Inferno "Caron
dimonio, con occhi di bragia".
Pittura[modifica | modifica wikitesto]

La barca di Dante (E. Delacroix) (1798-1863). Iracondi e accidiosi nella palude stigia

La Divina Commedia nella Valle delle Pietre dipinte è un'opera pittorica di Silvio Benedetto, realizzata
negli anni novanta su 110 massi in travertino di 1,50 per 2,50 metri, dipinti in più facciate, sulla grande
opera di Dante. Pur privilegiando il lato frontale, la pittura si sviluppa su tutti i lati della pietra. Tuttavia
nessun lato dei poliedri dovrebbe essere letto autonomamente. Si trova a Campobello di Licata[71]
Scultura[modifica | modifica wikitesto]

 Monumento a Dante a Trento di Cesare Zocchi (1896): oltre a Dante


sono rappresentate immagini da Inferno, Purgatorio e Paradiso.
Altro[modifica | modifica wikitesto]

 Celebre fu la famosa Lectura Dantis di Carmelo Bene (1981); Bene si


cimentò molte volte con la lettura pubblica della Commedia.
 Il romanzo-saggio PHI del neuroscienziato Giulio Tononi è
ampiamente ispirato alla Divina Commedia, tanto da rivisitare l'intero
viaggio e universo dantesco in chiave neuroscientifica.
 Magic: the gathering dedica una ristampa della carta sogni del mondo
sotterraneo a Dante e Virgilio.[72]
Televisione[modifica | modifica wikitesto]

 Nel 1987 la RAI affidò a Vittorio Sermonti la registrazione radiofonica


di tutti i cento canti della Commedia di Dante, introdotti e glossati dallo
stesso Sermonti, grazie anche alla collaborazione di Gianfranco
Contini. La registrazione venne portata a termine nel 1992. Nel '95
iniziò le letture pubbliche presso la Basilica di San Francesco, a
Ravenna, con il tributo di migliaia di spettatori. Il ciclo di letture venne
replicato altre volte a Roma, Firenze, e in diversi Paesi esteri.

Roberto Benigni sul palco a Padovaper Tutto Dante, 23 giugno 2008

 Tutto Dante; è una tournée teatrale curata dal Premio Oscar Roberto
Benigni, iniziata nel 2006 con letture e commenti dei canti più famosi
della Divina Commedia. Per questa opera di divulgazione della
Commedia, nel 2007 Benigni era stato indicato come candidato al
Premio Nobel per la Letteratura.[73] La tournée è stata riadattata per
la televisione: la serie "Tutto Dante-La Divina Commedia in TV" ha
debuttato su Rai 1 il 29 novembre 2007 con la lettura del Quinto Canto
dell'Inferno con un share di oltre dieci milioni di telespettatori. Le altre
letture si sono tenute invece in seconda serata sempre su Rai Uno.
Teatro[modifica | modifica wikitesto]

 Fra i molti adattamenti teatrali, il più degno di nota è probabilmente La


Divina Commedia (opera) Musical, realizzato nel 2007 dal
compositore Marco Frisina e rappresentato dalla data della sua uscita
nei più prestigiosi teatri italiani.
 Dal 2011 varie edizioni notturne sulle sponde del fiume Alcantara si è
interpretato l'Inferno Dantesco.[74]
Videogiochi[modifica | modifica wikitesto]

 Dante's Inferno (Beyond 1986) commodore 64


 Tamashii no Mon - Dante no Shinkyoku yori (魂の門 ダンテ「神曲」よ
り, letteralmante: Cancello delle anime ~ Dante Divina
Commedia) Koei 1993.
 Devil May Cry serie della Capcom si ispira alla tematica della Divina
Commedia.
 Bayonetta della SEGA 2009.

 Dante's Inferno (EA). Riguarda la versione videoludica della prima


cantica della Divina Commedia. Il genere di questo videogioco è
azione, avventura dinamica. L'uscita è avvenuta il 12 febbraio 2010 in
Nord America e in Europa.
 Agony di Madmind Studio 2017 e da Tomasz Dutkiewicz
 Sinner: Sacrifice for Redemption di Another Indie 2018, si distacca
molto dal personaggio Dante ma resta saldo ai peccati e all'Inferno.
Nel fumetto[modifica | modifica wikitesto]
L'Inferno è stato oggetto di due parodie Disneyane.

 La prima, probabilmente la più fedele all'originale, è uscita in sei


puntate su Topolino nº 7 - 8 - 9 - 10 - 11 - 12 dell'ottobre, novembre e
dicembre 1949, gennaio, febbraio e marzo 1950. La storia, ad opera
completa, di Guido Martina, si intitola L'inferno di Topolino. È anche
famosa poiché si tratta della prima storia della rivista interamente
scritta e disegnata da un autore italiano.
 L'inferno di Paperino, testo e disegni di Giulio
Chierchini originariamente pubblicato su Topolino numero 1654 del 9
agosto 1987 è una libera trasposizione di parte dell'Inferno dantesco in
cui l'autore nonché disegnatore traspone nei vari gironi figure di
peccatori quali: burocrati, persone che hanno inquinato l'ambiente,
automobilisti non rispettosi delle norme, piromani, disturbatori della
quiete altrui ecc. Il protagonista è Paperino che impersona un ipotetico
Dante Alighieri accompagnato nel suo percorso da Arkimedio Poeta,
trasposizione di Virgilio. Parte del testo è scritto richiamando lo stile
Dantesco delle terzine incatenate di versi endecasillabi, proposte in
simil lingua volgare fiorentina. Pur essendo gran parte dei personaggi
di pura fantasia, l'autore cita alcune figure chiave quali Caron Dimonio,
le Erinni, e la figura di Lucifero che però viene rinominato Belzebù.
Così come la frase lasciate ogni speranza o voi che
entrate... diventa scordatevi del tempo o voi ch'entrate posta
all'ingresso del girone dove scontano la pena coloro hanno abusato di
timbri e carte bollate a danno altrui. L'aspetto forse più curioso e
interessante è che probabilmente si tratta di una delle pochissime
storie a fumetti di casa Disney in cui si cita l'Aldilà e vengono
rappresentati personaggi trapassati.
Il numero 153 di Martin Mystère, intitolato appunto "Diavoli dell'inferno!", ruota attorno ai Fedeli
d'amore che sarebbe stato un gruppo iniziatico al quale avrebbe preso parte lo stesso Dante. Nel
racconto si descrive anche l'apertura della porta dell'Inferno attraverso un oggetto che
raffigura Bafometto e che sfrutta alcune proprietà di meccanica quantistica ("emana un tipo di energia
che permette di comunicare con l'orizzonte degli eventi del buco nero..."); inoltre si dice che ognuno
vede l'Aldilà in modo differente (Dante aveva una spiccata fantasia in questo) e che il "primo
passaggio" corrisponderebbe a una particolare frequenza (non citata nel racconto).
L'autore giapponese Gō Nagai, per il suo capolavoro Devilman, ha dichiarato più volte di essere stato
ispirato dalla Divina Commedia di Dante. Non a caso, Go Nagai chiamò Mao Dante il manga che
divenne poi il prototipo di Devilman. Inoltre, in Devilman vengono esplicitamente citati il Sommo Poeta
e il suo immortale capolavoro. Go Nagai ha anche scritto una trasposizione fumettistica della stessa
opera intitolata "La Divina Commedia" in cui si ripercorrono tutte le vicende di dante dall'inferno al
paradiso, l'opera è suddivisa in 3 volumi.
Infine Marcello Toninelli, che iniziò la sua esperienza fumettistica con una sua versione di Dante, ha
realizzato negli anni novanta una parodia della Commedia.
L'annual pubblicato nel 1980 degli X-Men vede una parte degli stessi attraversare l'inferno dantesco
per salvare la vita di Nightcrawler. Ci sono alcune piccole differenze però con l'originale, non si cita il
Limbo, Minosse viene mostrato all'interno di una specie di nightclub e con abiti
moderni, Tempesta viene attaccata dalle Arpie nel Secondo Cerchio mentre in realtà sono nel Settimo
(nel girone dei suicidi) e Nightcrawler, che avendo ucciso un fratello, anche se adottivo, dovrebbe stare
nella Caina, in realtà viene imprigionato nella Giudecca, e il finto Satana ha tre teste mentre
nell'originale ha una testa sola ma tre volti.

Note[modifica | modifica wikitesto]


1. ^ Nel Medioevo le opere non avevano un vero e proprio "titolo" ed erano
spesso indicate dal loro «incipit» nei manoscritti. Uno dei più famosi
dell'opera di Dante era: Incipit Comoedia Dantis Alagherii, Florentini
natione, non moribus ("Qui comincia la commedia di Dante Alighieri,
fiorentino di stirpe, ma non di costumi"). Dante volle designare il suo
poema come «Comedia» per il fatto che in esso vi è una progressione
"dal male al bene": l'opera inizia in un contesto segnato da negatività e
con linguaggio e contenuti "bassi" (l'Inferno) e termina con linguaggio e
contenuti "alti" e con la soluzione del dramma iniziale dell'autore (nel
Paradiso).
2. ^ http://www.treccani.it/vocabolario/didascalico/
3. ^ sulla discussa cronologia della composizione si veda: E. Cecchi, N.
Sapegno, Storia della Letteratura italiana, vol. II, Il Trecento, Garzanti,
Milano, 1965, p. 69
4. ^ v. Harold Bloom, Il canone occidentale, Bompiani, Milano, 1996; Erich
Auerbach, Studi su Dante, Feltrinelli, Milano 1964; ecc. È inclusa ad
esempio fra i Grandi Libri del Mondo Occidentale e nel 2002 è stata
inserita nella lista de I 100 libri migliori di sempre secondo Norwegian
Book Club.
5. ^ Secondo il teologo francescano Bonaventura da Bagnoregio nella sua
opera più famosa L'itinerario della mente verso Dio (1259) il «viaggio»
spirituale verso Dio è frutto di una illuminazione divina, che proviene dalla
«ragione suprema» di Dio stesso. Per giungere a Dio quindi l'uomo deve
passare attraverso tre gradi, che tuttavia devono essere preceduti
dall'intensa e umile preghiera.
6. ^ Gaetano Manca, I commenti di Jacopo Alighieri, Jacopo della Lana e
Boccaccio alla 'Divina Commedia' di Dante e il Dartmouth Dante Project.
Comunicazione tenuta alla 19ª Conferenza annuale dell'American
Association of Italian Studies, Eugene, Oregon, 15-17 aprile 1999, pag. 2.
7. ^ La Commedia secondo l'antica vulgata, a cura di Giorgio Petrocchi, 4
voll., Milano, A. Mondadori, 1966-67.
8. ^ Salta a:a b c La Commedìa, Nuovo testo critico secondo i più antichi
manoscritti fiorentini a cura di Antonio Lanza, Anzio, De Rubeis, 1995.
9. ^ Salta a:a b Dantis Alagherii Comedia, Edizione critica per cura di Federico
Sanguineti, Firenze, Edizioni del Galluzzo, 2001.
10. ^ Neologismi in "Enciclopedia dantesca, Treccani.it
11. ^ Le Epistulae di Dante su Liber Liber, su liberliber.it. URL consultato il 3 aprile
2008 (archiviato dall'url originale il 27 aprile 2008).
12. ^ Paolo Malatesta e Francesca da Rimini
13. ^ «... estasi per cui la mente esce di sé e perviene a un potenziamento di
sé» (T. Di Salvo, Paradiso, Zanichelli, 1988, p. 622)
14. ^ Per un approfondimento sulla rima dantesca risulta utile il "Rimario" di
Luigi Polacco ne " La Divina Commedia" della Società Dantesca Italiana
col commento scartazziniano, Ed. Ulrico Hoepli, Milano.
15. ^ Giorgio Vercellin, Il profeta dell'islam e la parola di Dio, giunti editore
2000, pag. 28
16. ^ don Miguel Asin - Palacios, La Escatologia Musulmana en la Divina
Commedia, Madrid, 1919
17. ^ Sulla cosmologia di Dante, si veda l'intervista video a Giorgio Stabile,
nell'Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche.
18. ^ Natalino Sapegno (a cura di), La Divina Commedia - Vol. I. Inferno,
Firenze, La Nuova Italia, p.4, ISBN non esistente.
19. ^ p. 286, La Divina Commedia - Inferno,, a cura di Vittorio Sermonti,
Milano, Bruno Mondadori, 1996, ISBN 88-424-3077-3. e Manfredi
Porena (commentata da), Canto I, nota finale 1, in La Divina Commedia
di Dante Alighieri - Vol. I. Inferno, Nuova edizione riveduta e ampliata,
Bologna, Zanichelli, ristampa maggio 1968, pp. 14-16, ISBN non
esistente.
20. ^ Si desume da Inferno XXXIV, vv. 68-69, cfr. M. Porena, Inferno Canto
XXXIV, nota al v. 68, p.312
21. ^ Le date successive sono riferite alle 12 ore di fuso orario contate
all'indietro; se si contano in avanti si deve passare al giorno successivo.
22. ^ Purgatorio, canto IX, vv.1-12; Canto XIX, vv.1-9; canto XXVII, vv.88-93
23. ^ Importante per la geografia dantesca l'opera di Alfred Bassermann
24. ^ Dio e l'uomo nella Divina Commedia - Treccani Portale Archiviato il 16
febbraio 2013 in Internet Archive.
25. ^ Il pensiero politico di Dante nei versi della Commedia - Treccani
Portale Archiviato il 4 luglio 2013 in Internet Archive.
26. ^ Riccardo Merlante, Stefano Prandi, Percorsi danteschi, ed. La Scuola,
Brescia, 1997, p. 21.
27. ^ Bruno Nardi, Dante e la cultura medievale, Bari, Laterza, 1985
28. ^ Étienne Gilson, La filosofia nel Medio Evo, Firenze, La Nuova Italia,
1983
29. ^ Bruno Nardi, Dante profeta, in «Dante e la cultura medievale», Bari,
Laterza, 1983.
30. ^ N. Mineo, Profetismo e Apocalittica in «Dante», Catania, Facoltà Lettere
e Filosofia, 1968
31. ^ Riccardo Merlante, Stefano Prandi, Percorsi danteschi, pag.189,
Editrice La Scuola, 1997.
32. ^ Da Percorsi danteschi, cit., p. 190.
33. ^ Corrado Bologna, Paola Rocchi, Rosa fresca aulentissima, Antologia
della Commedia, edizione rossa, ed. Loescher, pag. 15
34. ^ Le profezie dell'esilio Archiviato il 19 febbraio 2013 in Internet Archive.
35. ^ Riccardo Merlante, Stefano Prandi, Percorsi danteschi, pag. 20, Editrice
La Scuola, 1997.
36. ^ R. Monterosso, Musica, in Enciclopedia dantesca
37. ^ Bruno Nardi, "La novità del suono e 'l grande lume", in "Saggi di filosofia
dantesca", Firenze, La Nuova Italia, 1967
38. ^ Percorsi danteschi, Riccardo Merlante, Stefano Prandi, ed. La Scuola,
1997, pagg. 235-246.
39. ^ Medioevo, marzo 2015; Dante, sommo ingegnere, pag. 65-87.
40. ^ La Lingua della Commedia - Treccani Portale Archiviato il 26 giugno
2015 in Internet Archive.
41. ^ The Incredible Vision of St. Drythelm — Classical Christianity
42. ^ Regina Mundi - Il Purgatorio nel Magistero
43. ^ Il Viaggio Dei Tre Monaci Al Paradiso Terrestre
44. ^ Gatto Lupesco - Biblioteca Classica Uroboro
45. ^ Il Libro della Scala, Enciclopedia Dantesca, Istituto dell'Enciclopedia
italiana Treccani
46. ^ Frederick Copleston (1950). A History of Philosophy, Volume 2.
London: Continuum. p. 200.
47. ^ Intervista a Maria Corti
48. ^ Giuliano Procacci,Storia degli italiani, Laterza, Bari, 1971)
49. ^ Dante Alighieri, Commedia. Inferno, a cura di G. Inglese, Carocci,
Roma, 2007, pp. 385-396
50. ^ P. Trovato (a cura di), Nuove prospettive sulla tradizione della
Commedia, Una guida filologico-linguistica al poema dantesco, Firenze,
Cesati, 2007.
51. ^ R. Viel, Ecdotica e Commedia: le costellazioni della tradizione
nell’Inferno e nel Paradiso dantesco, “Culture, livelli di cultura e ambienti
nel Medioevo occidentale”, Atti del convegno triennale della SIFR,
Bologna, 5-8 ottobre 2009, a cura di F. Benozzo, G. Brunetti, P. Caraffi,
A. Fassò, L. Formisano, G. Giannini, M. Mancini, Roma, Aracne, 2012,
pp. 991-1022..
52. ^ E. Malato, Per una nuova edizione commentata delle opere di Dante,
«Rivista di Studi danteschi», 4, 2004, pp. 3-160.
53. ^ L. Spagnolo, La tradizione della 'Comedìa'. I, «Studi e Problemi di
Critica testuale», 80 (2010), pp. 9-90; ID., La tradizione della 'Comedìa'.
II, «Studi e Problemi di Critica testuale», 81 (2010), pp. 17-46. Obbiezioni
alla proposta dello studioso si possono però trovare in A. E. Mecca, Un
nuovo canone di loci per la tradizione della Commedia? A proposito di
uno studio di Luigi Spagnolo, «Studi Danteschi» 77 (2012), pp. 359-387.
54. ^ A. E. Mecca, Appunti per una nuova edizione critica della Commedia,
«Rivista di Studi Danteschi» 13 (2013), 2, pp. 267-333.
55. ^ Le prime tre edizioni della Divina Commedia sono riunite (insieme a
un'edizione napoletana curata da Francesco del Tuppo verso il 1478
circa) nel volume Le prime quattro edizioni della Divina Commedia, per
cura di G. J. Warren lord Vernon, Londra, T. & W. Boone 1858.
56. ^ A. E. Mecca, La tradizione a stampa della Commedia: gli incunaboli,
"Nuova Rivista di Letteratura Italiana" 13 (2010), 1-2, pp. 33-77.
57. ^ (EN) 1555, Venice: GABRIELE GIOLITO DE' FERRARI,
su www3.nd.edu. URL consultato il 6 settembre 2018.
58. ^ A. E. Mecca, La tradizione a stampa della Commedia: dall'aldina del
Bembo (1502) all'edizione della Crusca (1595), "Nuova Rivista di
Letteratura Italiana" 16 (2013), pp. 9-59 (elenco di tutte le stampe e
analisi di ognuna dal punto di vista filologico).
59. ^ La Divina Commedia di Dante Allighieri ricorretta sopra quattro dei più
autorevoli testi a penna, a c. di K. Witte, Berlino, Decker 1862.
60. ^ Rispettivamente La Divina Commedia, a cura di G. Vandelli, Firenze,
Società Dantesca Italiana 1921; e La Divina Commedia, Testo critico a
cura di M. Casella, Bologna, Zanichelli 1923.
61. ^ La Commedia secondo l'antica vulgata, Milano, A. Mondadori, 4 voll.,
1966-67)
62. ^ Si veda in particolare A. E. Mecca, Il canone editoriale dell'antica
vulgata di Giorgio Petrocchi e le edizioni dantesche del Boccaccio,
in Nuove Prospettive sulla tradizione della Commedia. Seconda Serie
(2008-2013), a c. di E. Tonello e P. Trovato, Monterotondo (RM),
Libreriauniversitaria.it Edizioni 2013, pp. 119-182; Idem, L'influenza del
Boccaccio nella tradizione recenziore della Commedia. Postilla critica,
in Boccaccio editore e interprete di Dante, Atti del Convegno
internazionale, Roma 28-30 ottobre 2013, Roma, Salerno Editrice 2014,
pp. 222-254.
63. ^ Il curatore ha poi apportato correzioni al testo critico in Dantis Alagherii
Comedia. Appendice bibliografica 1988-2000, per cura di Federico
Sanguineti, Firenze, Edizioni del Galluzzo, 2005.
64. ^ Cfr. ad esempio M. Veglia, Sul testo della Commedia (da Casella a
Sanguineti), in «Studi e problemi di critica testuale», a. LXVI 2003, pp. 65-
119; P. V. Mengaldo, Una nuova edizione della Commedia, in «La parola
del testo», a. V 2001, fasc. 2 pp. 279-289.
65. ^ Commedia: Inferno, revisione del testo e commento di Giorgio Inglese,
Roma, Carocci, 2007; Commedia: Purgatorio, revisione del testo e
commento di Giorgio Inglese, Roma, Carocci, 2011; Commedia. Opera
completa. Revisione del testo e commento di Giorgio Inglese, Roma,
Carocci, 2016.
66. ^ Paolo Pellegrini, «Inglese. Il testo offerto da Giorgio Inglese
nell'edizione commentata del poema di Dante per Carocci, ha passato il
vaglio di buona parte della tradizione manoscritta, sulla base di Petrocchi:
il «ramo» fiorentino è prevalente», Alias Domenica, Il Manifesto, 26 marzo
2017, p.8
67. ^ La traduzione latina con commento fu portata a termine nel 1417
durante il Concilio di Costanza su richiesta di alcuni prelati o addirittura
dall'allora Re Sigismundo di Lussemburgo.
68. ^ Dante Alighieri, La Divina Commedia-La dia komedio. Testo esperanto
a fronte (traduzione di Giovanni Peterlongo), SIEI, 1980.
69. ^ (GA) Dainté Ailígiéiri, An Choiméide Dhiaga, traduzione di Pádraig de
Brún, Dublino, An Clóchomhar, 1997, pp. 380 p..
70. ^ Forse in arrivo una fiction su Dante e la Divina Commedia! (Dante),
in diggita. URL consultato il 9 novembre 2017.
71. ^ “...Un luogo, La Valle delle Pietre Dipinte, dove il pittore, scultore e
uomo di teatro Silvio Benedetto, argentino che vive in Italia da molto
tempo, ha realizzato dal 1992 ad oggi un progetto straordinario,
coraggioso e apparentemente impossibile: illustrare su centodieci blocchi
di marmo, ciascuno con due facce spianate e un peso di parecchie
tonnellate, tutta la Divina Commedia nell'ordine in cui l'ha scritta Dante
Alighieri. Dopo sette anni l'opera è finita, s'inaugura oggi e manca solo
l'ultimo tocco che verrà completato in agosto: un tunnel che segnerà la
fine del viaggio e nel quale i visitatori entreranno per poi riaffiorare sulla
superficie davanti all'ultima grande pietra con il famoso distico... " e quindi
uscimmo a riveder le stelle". L'itinerario comincia dall'Inferno, continua
con il Purgatorio e finisce con il Paradiso, lungo una strada in cui cambia
anche il terreno sul quale il viaggiatore cammina: prima è una distesa di
lava nera sbriciolata, poi diventa ciottoli, quindi ghiaia e infine erba, con lo
sfondo della campagna siciliana, fra campi di grano e macchie di fichi
d'India...” Fabrizio Zampa, Il Messaggero/Cultura & spettacoli, 31 luglio
1999.
72. ^ (EN) Sogni del Mondo Sotterraneo, su Scryfall Magic Card Search. URL
consultato il 4 novembre 2018.
73. ^ Nobel, Benigni e Dylan tra i candidati, La Repubblica, 21 settembre
2007. URL consultato il 25 maggio 2015.
74. ^ L’Inferno in paradiso alle Gole dell’Alcantara: la riuscita messinscena
diretta da Giovanni Anfuso. URL consultato il 1º ottobre 2018.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]


 Divina Commedia (DjVu), Foligno, Johann Neumeister, 1472.
 Bruno Nardi, Saggi e note di critica dantesca, Milano, Ed. Dante
Alighieri, 1930; Firenze, La Nuova Italia, 1967²
 Antonino Pagliaro, Ulisse. Ricerche semantiche sulla Divina
Commedia, 1967, D'Anna, (due volumi)
 Ernesto Giacomo Parodi, Poesia e storia nella «Divina Commedia» (a
cura di Gianfranco Folena e Pier Vincenzo Mengaldo), Venezia, Neri
Pozza, 1965
 D'Arco Silvio Avalle, Modelli semiologici nella «Commedia» di Dante,
Milano, Bompiani, 1975
 Charles S. Singleton, La poesia della «Divina Commedia», Bologna, il
Mulino, 1978
 Arnaldo Di Benedetto, Dante e Manzoni. Studi e letture, Salerno,
Laveglia, 1999 (seconda edizione), pp. 9–66
 Carlo Ossola, Introduzione alla Divina Commedia, Venezia, Marsilio,
2012
 Stefano Carrai, “Dante e l'antico. L'emulazione dei classici nella
«Commedia»”, Firenze, Sismel - Edizioni del Galluzzo, 2012 (Società
internazionale per lo studio del Medioevo latino)

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]


 Viaggio immaginario
 Lapidi della Divina Commedia di Siena

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

 Wikisource contiene il testo completo della Divina Commedia


 Wikiquote contiene citazioni dalla Divina Commedia
 Wikibooks contiene testi o manuali sulla Divina Commedia

 Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla Divina


Commedia
 Storia della critica della Divina Commedia, su Wikibooks

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]


Quadro generale

 La Divina Commedia Sito con commento ai Canti sul testo "La


Commedia secondo l'antica vulgata" a cura di Giorgio Petrocchi,
biografia di Dante Alighieri e illustrazioni di Gustave Doré

 Divina-commedia.it Riassunto, introduzione critica e parafrasi di tutti i


canti della Divina Commedia
Codice dantesco miniato su pergamena. Manoscritto n.2 conosciuto
come Phillipps 9589, conservato presso la Biblioteca del Centro
Dantesco dei Frati Minori Conventuali di Ravenna.
 Salvatore Lorusso, Mariangela Vandini, Chiara Matteucci, Il codice
dantesco “Phillipps 9589”: indagine sullo stato di conservazione e
monitoraggio microclimatico dell'ambiente di collocazione, Quaderni di
Scienze della Conservazione (ora Conservation Science in Cultural
Heritage, Vol.6, 2006, Bologna.
 Testo della Divina Commedia scaricabile in diversi formati dal sito
di Liber Liber
 Sito su Dante a cura della Società Dantesca Italiana, contiene
un'estesa bibliografia e l'elenco dei manoscritti esistenti, (alcuni dei
quali sono visibili on-line in riproduzioni facsimili)
 La Divina Commedia nell'interpretazione epistemica Tratta dal sito
dell'episteme
 World of Dante contiene il testo italiano e la traduzione inglese di Allen
Mandelbaum, una galleria, mappe dal Museo Casa di Dante, un
timeline, music, e materiali per l'insegnamento della Divina Commedia
 Mapping Dante Una mappa digitale interattiva con i luoghi menzionati
nella Commedia.
 iGoogle Gadget Divina Commedia gadget da aggiungere alla tua
pagina di iGoogle che mostra una terzina casuale del poema.
 La Divina Commedia di Aligi Sassu, su archivioaligisassu.eu.
 Browse By Language: Friulian - Project Gutenberg, su gutenberg.org.
 La Divina Commedia illustrata dal Botticelli, su scrinium.org.
 La Divina Commedia di Dante del Progetto Gutenberg è disponibile
per il download libero su Internet Archive
 Dante's Inferno, translated by the Rev. Henry Francis Cary, M. A., and
illustrated with the designs of M. Gustave Doré, Cassell, Petter, Galpin
& Co., New York, London and Paris, s. d.
 Purgatory and Paradise, translated by the Rev. Henry Francis Cary, M.
A., and illustrated with the designs of M. Gustave Doré, Thompson &
Thomas, Chicago, 1901.
 Testo e sintesi dei canti, con schede dei protagonisti e dei personaggi
citati, su ladante.it (archiviato il 9 maggio 2006).
Relativamente ai commenti alla Divina Commedia

 (1322 - Jacopo Alighieri) Chiose alla cantica dell'Inferno di Dante


Allighieri attribuite a Iacopo suo figlio ora per la prima volta date in
luce, Firenze, tipografia di Tommaso Baracchi, 1848.
 (1324 - Graziolo Bambaglioli) Il commento all'Inferno di Graziolo
de Bambaglioli dal codice sandanielese con le aggiunte e varianti
del senese, Udine, Doretti, 1892.
 (1324-28 - Jacopo della Lana) Comedia di Dante degli Allagherii
col commento di Jacopo della Lana bolognese, 3 voll., Bologna,
Tipografia Regia, 1866: vol. 1, vol. 2, vol. 3.
 (1325[?] - Anonimo lombardo) Diego Parisi, Le chiose
dell'Anonimo Lombardo al Purgatorio. Edizione critica secondo il
ms. Canonici Miscellanei 449. Tesi di dottorato di ricerca in
Filologia, Linguistica e Letteratura, Università degli studi di Roma
"Sapienza", 2011-12.
 (1327-28[?] - Guido da Pisa) Michele Rinaldi, Le Expositiones et
glose super Comediam Dantis di Guido da Pisa. Edizione critica.
Dottorato di ricerca in Filologia moderna, Università degli Studi di
Napoli Federico II, 2011.
 (1333 - L'ottimo commento, prima stesura) L'ottimo commento
della Divina Commedia. Testo inedito d'un contemporaneo di
Dante citato dagli Accademici della Crusca, 3 voll., Pisa presso
Niccolò Capurro, 1827-29: vol. 1, vol. 2, vol. 3.
 (1338 - L'ottimo commento, ultima stesura) L'ultima forma
dell'«Ottimo commento». Chiose sopra la Comedia di Dante
Allegieri fiorentino tracte da diversi ghiosatori. Edizione critica a
cura di C. Di Fonzo, Inferno, Ravenna, Longo, 2008.
 (1337[?] - Anonimo selmiano) Chiose anonime alla prima cantica
della Divina Commedia di un contemporaneo del poeta pubblicate
per la prima volta (...) da Francesco Selmi con riscontri di altri
antichi commenti editi ed inediti e note filologiche, Torino,
Stamperia Reale, 1865.
 (1340-42 - Pietro Alighieri, prima stesura) Petri Allegherii super
Dantis ipsius genitoris comoediam commentarium. Nunc primum in
lucem editum, Vincenzo Nannucci (a cura di), Florentiae apud
Guilielmum Piatti, 1845.
 (1344-55[?]) - Pietro Alighieri, seconda stesura) Silvana
Pagano, Petri Allegherii super Dantis ipsius genitoris Comoediam
Commentarium. Tesi di Laurea, Facoltà di Lettere, Università di
Firenze.
 (1359-64 - Pietro Alighieri, terza e ultima stesura) Comentum
super poema Comedie Dantis: A Critical Edition of the Third and
Final Draft of Pietro Alighieri's “Commentary on Dante's 'Divine
Comedy,'”, Massimiliano Chiamenti (a cura di), Tempe, Arizona,
Arizona Center for Medieval and Renaissance Studies, 2002.
 (1350-75[?] - Codice cassinese) Il codice cassinese della Divina
Commedia per la prima volta letteralmente messo a stampa per
cura dei Monaci Benedettini della badia di Monte Cassino,
Tipografia di Monte Cassino, Monte Cassino, 1865.
 (1355[?] - Chiose ambrosiane) Le Chiose Ambrosiane alla
“Commedia,”, Luca Carlo Rossi (a cura di), Pisa, Scuola Normale
Superiore, 1990.
 (1369-73 - Guglielmo Maramauro) Expositione sopra l'“Inferno” di
Dante Alighieri, Giacomo Pisoni e Saverio Bellomo (a cura di),
Padova, Antenore, 1998.
 (1370[?] - Chiose Cagliaritane) Le Chiose Cagliaritane, scelte ed
annotate da Enrico Carrara, Città di Castello, S. Lapi Tipografo-
Editore, 1902.
 (1373-75 - Giovanni Boccaccio) Il comento alla Divina Commedia
e gli altri scritti intorno a Dante, 3 voll., Domenico Guerri (a cura
di), Bari, Gius. Laterza & figli, 1918: vol. 1, vol. 2, vol. 3.
 (1375-80 - Benvenuto da Imola) Comentum super Dantis Aldigherij
Comoediam, nunc primum integre in lucem editum, 5 voll.,
Jacobus Philippus Lacaita (a cura di), Florentiae, typis G. Barbera,
1887: vol. 1, vol. 2, vol. 3, vol. 4, vol. 5. Si veda anche Luca
Fiorentini, Il commento dantesco di Benvenuto da Imola.
L'elaborazione letteraria delle fonti storiografiche e cronistiche.
Tesi di dottorato di ricerca in Filologia, Linguista e Letteratura,
Università degli Studi di Roma "Sapienza", 2010-11 e Domenico
Pantone, Benvenuto Rambaldi da Imola: dantista in progress. Tesi
di dottorato di ricerca, culture letterarie, filologiche, storiche,
Università di Bologna, 2013.
 (1385-95 - Franscesco da Buti) Commento di Francesco da Buti
sopra La Divina Commedia di Dante Allighieri, 3 voll., Crescentino
Giannini (a cura di), in Pisa pei fratelli Nistri, 1858-62: vol. 1, vol.
2, vol. 3.
 (1390[?] - Chiose Vernon) Chiose sopra Dante. Testo inedito ora
per la prima volta pubblicato, Firenze nella tipografia Piatti, 1846.
 (1400[?] - Anonimo fiorentino) Commento alla Divina Commedia
d'Anonimo Fiorentino del secolo XIV, ora per la prima volta
stampato, 3 voll., Pietro Fanfani (a cura di), Bologna, G.
Romagnoli, 1866-74: vol. 1, vol. 2, vol. 3.
 (1405 - Filippo Villani) Expositio seu comentum super “Comedia”
Dantis Allegherii, Saverio Bellomo (a cura di), Firenze, Le Lettere,
1989.
 (1416-17 - Giovanni Bertoldi) Translatio et Comentum totius libri
Dantis Aldigherii, cum textu italico Fratris Bartholomaei a Colle
eiusdem Ordinis, nunc primum edita, Fr. Marcellino da Civezza &
Fr. Teofilo Domenichelli (a cura di), Prati, Giachetti, 1891.
 (1440 - Guiniforto delli Bargigi) Inferno della Commedia di Dante
Alighieri col comento di Guiniforto delli Bargigi, tratto da due
manoscritti inediti del secolo decimo quinto, G. Za[c]cheroni (a
cura di), Marsilia, L. Mossy & Firenze, G. Molini, 1838.
 (1555-68 - Torquato Tasso) Postille di Torquato Tasso alla Divina
Commedia di Dante Alighieri, Pisa presso Niccolò Capurro, 1831.
Vedi anche La Divina Commedia di Dante Alighieri postillata da
Torquato Tasso, 3 voll., Pisa co' caratteri di F. Didot, 1830: vol. 1,
[vol. 2], [vol. 3]; Postille alla Divina Commedia, edite sull'autografo
della R. Biblioteca Angelica, Enrico Celani (a cura di), Città di
Castello, Lapi, 1895.
 (1825 - Ugo Foscolo) Discorso sul testo e su le opinioni diverse
prevalenti intorno alla storia e alla emendazione critica della
Commedia di Dante, Londra, Guglielmo Pickering, 1825.
 (1837 - Niccolò Tommaseo) Commedia di Dante Alighieri con
ragionamenti e note di Niccolò Tommaseo, 3 voll., Milano,
Francesco Pagnoni tipografo editore, 1865: vol. 1, vol. 2, vol. 3.
 Luigi Rocca, Di alcuni commenti della Divina Commedia composti
nei primi vent'anni dopo la morte di Dante, Firenze, Sansoni, 1891.
 Dartmouth Dante Project , 70 commentari dal 14° secolo
 Princeton Dante Project
Audio

 Iacopo Vettori Lettura integrale della Divina Commedia in MP3


(licenza Creative Commons)
 LibriVox Lettura integrale della Divina Commedia in MP3 (licenza
Creative Commons)
 Lettura di Lino Pertile, Professore di Lingue e Letterature
Romanze, Harvard University.
 Liber Liber Lettura integrale di Veniero Jenna della "Commedia"
Dantesca.
mostra

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