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PARADISO

È il terzo dei tre regni dell'Oltretomba cristiano visitato da Dante nel corso del viaggio, con la guida
di Beatrice: Dante ne dà una precisa collocazione spaziale come per Inferno e Purgatorio, anche se la sua
descrizione è molto lontana da quella di un luogo fisico e si fa più astratta man mano che l'ascesa procede.

Il poeta immagina la Terra sferica e immobile al centro dell'Universo, circondata da dieci Cieli che
costituiscono appunto il Paradiso (la sfera del fuoco separa il mondo terreno da quello celeste): i primi nove
Cieli sono sfere concentriche che ruotano attorno alla Terra, ciascuno governato da un'intelligenza angelica.

Nella descrizione del terzo regno dell'Oltretomba Dante si discosta nettamente dalla tradizione letteraria
precedente e sceglie una strada del tutto nuova, che differenzia la III Cantica anche dalle due precedenti.
Inferno e Purgatorio, infatti, erano luoghi fisici la cui raffigurazione aveva tratti plastici e materiali, dal
momento che il primo era una voragine che si apriva nel sottosuolo e il secondo una montagna altissima
che si ergeva su un'isola; il Paradiso, invece, pur avendo una precisa collocazione spaziale, è rappresentato
da Dante in modo astratto, immateriale, con una descrizione che si fa più rarefatta man mano che si sale e
ci si avvicina a Dio.

L’autore sottolinea a più riprese nella Cantica l'estrema difficoltà per i suoi mezzi umani di dare una
compiuta descrizione del regno santo che rappresenta una dimensione sovrumana e va oltre le normali
capacità terrene: tale difficoltà nasce anzitutto dal labile ricordo che della visione è rimasto nella sua
memoria, a causa della sproporzione tra le capacità del suo intelletto e l'altezza delle cose vedute, e poi dal
problema di esprimere a parole ciò che per sua natura è indescrivibile. Dante dichiara assai spesso che, pur
facendo ricorso a tutta la sua capacità poetica e a tutta la sua ispirazione umana, non potrà che
rappresentare una traccia dello spettacolo cui ha assistito e più volte, per rendere un'idea delle cose
descritte.

Le anime vengono allora a disporsi in sette gruppi disposti secondo la virtù che gli è propria, ma senza
distinzione tra i più beati

Dante ricorre ad uno stile che si sforza di estendere i limiti della lingua verso il sublime
PRIMO CANTO DEL PARADISO

Proemio della Cantica>Dante e Beatrice ascendono al Paradiso. Dubbi di Dante e spiegazione di Beatrice


circa l'ordine dell'Universo. È mezzogiorno di mercoledì 13 aprile 1300

Proemio 1-36 >Dante dichiara di essere stato nel Cielo del Paradiso (l'Empireo) che riceve maggiormente la
luce divina che si diffonde nell'Universo: lì ha visto cose difficili da riferire a parole, poiché l'intelletto
umano non riesce a ricordare ciò che vede quando penetra in Dio.

Il poeta tenterà di descrivere il regno e per questo invoca l'assistenza di Apollo, in quanto l'aiuto
delle Muse non gli è più sufficiente. Il dio pagano dovrà ispirarlo col suo canto, tanto da permettergli di
affrontare l'alta materia del Paradiso e meritare così l'alloro poetico. Apollo dovrebbe essere lieto che
qualcuno desideri esserne incoronato, poiché ciò accade raramente nei tempi moderni.

Ascesa di Dante e Beatrice (37-63)> Il sole sorge sull'orizzonte da diversi punti, ma quello da cui sorge
quando è l'equinozio di primavera si trova in congiunzione con la costellazione dell'Ariete, quindi i raggi del
sole allora sono più benefici per il mondo. Quel punto dell'orizzonte divide l'emisfero nord, in cui è già
notte, da quello sud, in cui è giorno pieno: in questo momento Dante vede  Beatrice rivolta a sinistra e
intenta a fissare il sole come farebbe un'aquila. L'atto della donna induce Dante a imitarla, proprio come un
raggio di sole riflesso si leva con lo stesso angolo del primo raggio, per cui il poeta fissa il sole più di quanto
farebbe sulla Terra. Nell'Eden le facoltà umane sono accresciute e Dante può vedere la luce aumentare
tutt'intorno, come se fosse spuntato un secondo sole.

Transumazione di Dante (64-81)> Il poeta si perde a tal punto nel suo aspetto che subisce una
trasformazione simile a quella di Glauco quando divenne una creatura marina, Dante esce dalla condizione
umana divinizzando come Beatrice. Dante non sa dire se, in questo momento, sia ancora in possesso del
suo corpo mortale o sia soltanto anima ma gli sembra che la luce del sole abbia acceso in modo
straordinario tutto lo spazio circostante.

Primo dubbio di Dante (82-93)> Nel poeta si accende un fortissimo desiderio di conoscere l'origine del
suono e della luce, per cui Beatrice, che legge nella sua mente ogni pensiero, si rivolge subito a lui per
placare il suo animo. La donna spiega che Dante immagina cose errate, poiché non si trova più in Terra
come ancora crede: egli sta salendo in Paradiso, cadendo dalla sfera del fuoco in basso, fu tanto rapida
quanto lui che torna al luogo che gli è proprio (il Paradiso).

Beatrice ha risolto il primo dubbio di Dante, ma ora il poeta è tormentato da un altro e chiede alla donna
come sia possibile che lui, dotato di un corpo mortale, stia salendo oltre l'aria e il fuoco. Beatrice trae un
profondo sospiro, guarda Dante come farebbe una madre col figlio e spiega che tutte le cose dell'Universo
sono ordinate tra loro, così da formare un tutto armonico. In questo ordine le creature razionali (uomini e
angeli) scorgono l'impronta di Dio, che è il fine cui tendono tutte le cose. Questo fa sì che il fuoco salga
verso l'alto, che si muova il cuore degli esseri irrazionali, che la Terra stia coesa in se stessa. È pur vero,
spiega Beatrice, che talvolta la creatura non asseconda questo impulso e devia dal suo corso naturale in
virtù del suo libero arbitrio; così l'uomo talvolta si piega verso i beni terreni e non verso il Cielo, come una
saetta tende verso il basso e non verso l'alto.
PARAFRASI
1-9>La potenza di Colui (Dio) che muove ogni cosa si diffonde in tutto l'Universo e splende più in alcune
parti, meno in altre. Io fui nel Cielo (Empireo) che è più illuminato dalla sua luce, e vidi cose che chi scende
di lassù non sa né può riferire; infatti, avvicinandosi all'oggetto del suo desiderio (Dio), il nostro intelletto si
addentra tanto in profondità che la memoria non lo può seguire.
10-12>Tuttavia, l'argomento del mio canto sarà ciò che io riuscii a fissare nella mia mente del regno santo
(Paradiso).

13-27>O buono Apollo, concedimi la tua ispirazione per l'ultima Cantica, tanto quanto tu richiedi per
concedere l'agognato alloro poetico. Finora mi è stata sufficiente una sola cima del monte Parnaso
(l'ispirazione delle Muse); ma ora devo accingermi al lavoro rimasto con l'aiuto di entrambe (anche di
Apollo). Entra nel mio petto e ispirami, proprio come quando tirasti fuori Marsia dall'involucro delle sue
membra (lo scorticasti vivo). O virtù divina, se ti concedi a me quel tanto che basti a che io esprima una
traccia del regno dei beati impressa nella mia mente, mi vedrai venire ai piedi del tuo amato albero, e
incoronarmi con le sue foglie di cui tu e l'alto argomento del poema mi renderanno degno.

28-38>Capita così di rado, padre, che si colga l'alloro per il trionfo di un condottiero o di un poeta (per colpa
e vergogna della poca ambizione umana), che la fronda di Peneo (l'alloro) dovrebbe far nascere gioia nella
gioiosa divinità di Delfi (Apollo), quando è desiderata da qualcuno. Una grande fiamma segue una debole
scintilla: forse dopo di me altri, con voci migliori, pregheranno perché Cirra (Apollo) risponda.

39-44>La lanterna del mondo (il sole) sorge ai mortali da diversi punti dell'orizzonte: ma da quel punto in
cui quattro cerchi si intersecano formando tre croci, esso nasce in congiunzione con una stagione più mite e
con una stella propizia (l'Ariete, all'equinozio primaverile) ed esercita un più benefico influsso sul mondo.

45-55>Quel punto aveva fatto pieno giorno in Purgatorio e notte sulla Terra, e un emisfero era tutto bianco
e l'altro nero, quando vidi Beatrice voltata a sinistra e intenta a fissare il sole: un'aquila non lo fissò mai in
tal modo. E come il raggio riflesso è solito allontanarsi da quello di incidenza e salire in alto con lo stesso
angolo, come un pellegrino che vuole tornare in patria, così dal suo atteggiamento infuso nella mia facoltà
immaginativa nacque il mio, e fissai il sole al di là delle normali capacità umane.

56-67>Là nell'Eden sono permesse molte cose che non lo sono sulla Terra, grazie a quel luogo creato come
proprio della specie umana. Io non potei fissare il sole a lungo, ma neppure così poco da non vederlo
sfavillare tutt'intorno, come un ferro incandescente appena uscito dal fuoco; e subito sembrò che al giorno
ne fosse stato aggiunto un altro, come se Dio avesse adornato il cielo di un secondo sole.

68-75>Beatrice teneva lo sguardo fisso sulle ruote celesti; e io fissai a mia volta lo sguardo su di lei,
distogliendolo dal cielo. Nel guardarla divenni dentro tale quale diventò Glauco quando mangiò l'erba, che
lo trasformò in una divinità marina. Elevarsi al di là dei limiti umani non si potrebbe spiegare a parole:
perciò basti l'esempio mitologico a coloro ai quali la grazia divina riserva l'esperienza diretta.

76-84>Se io ero solo ciò che tu, amore che governi il Cielo, creasti per ultima (l'anima razionale), lo sai tu
che mi sollevasti con la tua luce. Quando il movimento rotatorio dei Cieli, che tu rendi eterno col desiderio
delle ruote celesti di avvicinarsi a te, attirò la mia attenzione con l'armonia che tu regoli e stabilisci, il cielo
mi sembrò a tal punto acceso dalla luce del sole che la pioggia o un fiume non crearono mai un lago tanto
ampio.
85-97>La novità del suono e la luce intensa accesero in me il desiderio di conoscerne la causa, così acuto
come non lo sentii mai. Allora Beatrice, che leggeva nella mia mente come me stesso, prima che le
chiedessi qualcosa aprì la bocca per placare il mio animo turbato e disse: «Tu stesso ti rendi incapace di
comprendere con una falsa immaginazione, così che non vedi ciò che vedresti se te fossi liberato.Tu non sei
in Terra, come credi: ma un fulmine, lasciando la sua sede naturale (la sfera del fuoco), non corse così
velocemente come tu che torni al luogo che ti è proprio (l'Empireo)».

98- 103>Se io fui liberato dal primo dubbio grazie a quelle brevi e sorridenti parole, fui colto da un altro
dubbio, e dissi: «Ora la mia grande meraviglia si è placata; ma adesso mi stupisco di come io possa salire
oltre questi corpi leggeri (aria e fuoco)».

104-107>Allora lei, dopo un sospiro devoto, mi guardò con l'aspetto di una madre che si rivolge al figlio che
dice sciocchezze, e iniziò: «Tutte le cose create sono ordinate fra loro, e questa è la forma che rende
l'Universo simile a Dio.

108-119>In questo ordine le creature razionali (uomini e angeli) vedono l'impronta della virtù divina, che è
il fine ultimo di tutto l'ordine medesimo. In quest'ordine che dico tutte le nature ricevono la loro
inclinazione, in modi diversi, più o meno vicine al loro principio creatore (Dio);per cui tendono a diversi
obiettivi nell'ampiezza dell'Universo, e ciascuna è spinta da un istinto dato ad essa.

120-125>Questo istinto porta il fuoco verso l'alto; esso muove i cuori degli esseri irrazionali ed esso stringe
e rende coesa la terra; quest'istinto fa muovere non solo le creature prive di intelligenza, ma anche quelle
dotate di anima razionale.

126-131>La Provvidenza, che stabilisce tutto questo, fa sempre quieto con la sua luce il Cielo (Empireo) nel
quale ruota quello più veloce (Primo Mobile; Dio risiede nell'Empireo); e ci porta lì, come a un sito stabilito,
la forza di quell'istinto naturale che indirizza a buon fine ogni essere che muove.

132-140>È pur vero che, come la forma molte volte non corrisponde all'intenzione dell'artista, perché la
materia non risponde come dovrebbe, così talvolta la creatura razionale si allontana da questo corso,
avendo il potere (libero arbitrio) di piegare in altra direzione, pur così ben indirizzata; e come si può vedere
un fulmine che cade da una nuvola, così l'istinto naturale può far tendere l'uomo verso il basso, attirato dal
falso piacere dei beni terreni.

141-142>Non devi più stupirti, se giudico correttamente, per il fatto che tu sali, se non come di un fiume
che scorre dalla montagna a valle. Ci sarebbe da stupirsi se tu, privo di impedimenti, fossi rimasto a terra,
proprio come un fuoco che rimanesse quieto e non salisse verso l'alto». Dopo le sue parole, Beatrice rivolse
lo sguardo al Cielo.
ANALISI COMMENTATA>Come tutti i canti iniziali, attraverso la protasi esprime il contenuto della cantica.
Sottolinea che il suo viaggio è avvenuto davvero ma a causa delle difficoltà di ricordare decide di metterlo
per iscritto: è qui che spicca il tema centrale del Paradiso: l’ineffabilità, l’impossibilità di narrare quanto si è
visto a causa della limitatezza della memoria e del linguaggio degli umani.

Gli atti sovraumani che dante riesce a comprendere grazie all’ausilio di Beatrice sono molteplici: l’aumento
della luce (58-63), la capacità della donna divina di leggere nella mente (85-87) e andranno ad aumentare
nel trasumanar di Dante (70).

Nel paradiso non c’è spazio e non c’è tempo, non c’è paesaggio, non ci sono volti, non ci sono oggetti; i
beati sono tutti compresenti nella mente di Dio e non sono legati a nessuno dei nove celi. Infatti il passaggio
di Dante al primo cielo (58-63) avviene da un aumento di luce talmente innaturale da richiedere la
similitudine dei due soli nel cielo. Frequenti sono anche i dubbi teologici o naturalistici di Dante.

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