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Canto XXVII
Purgatorio,
XXVII, 142,
■ Sequenze narrative
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ferrarese, ® vv 1-15 L’ANGELO DELLA CASTITÀ
1474-1482, Mentre ormai il sole volge al tramonto, l’angelo della castità, dopo aver cantato la sesta
Ms. Urb. Lat. 365,
f. 176 v. delle beatitudini evangeliche (Beati mundo corde), invita i tre poeti a entrare nelle fiamme
Roma, Biblioteca della settima cornice, condizione necessaria al proseguimento del cammino.
Vaticana.
® vv 16-63 PASSAGGIO TRA LE FIAMME
Dante è però fortemente impaurito e, nonostante i ripetuti tentativi di Virgilio* di convin-
cerlo, si rifiuta di ubbidire. Si decide a farlo solo quando il maestro gli dice che il fuoco costi-
tuisce l’ultimo ostacolo che lo separa da Beatrice*. Dante stenta a sopportare il calore e Virgi-
lio lo conforta parlandogli di lei. Seguendo una voce che proviene dalla parte opposta, i poeti
superano la barriera di fuoco e vengono accolti da un angelo*, che li esorta a salire rapida-
mente prima che scenda la notte, durante la quale in Purgatorio è proibito procedere.
® vv 64-93 INIZIO DELLA SALITA E SOSTA AL CALAR DELLA NOTTE
Dopo aver percorso un breve tratto di strada, i tre poeti sono costretti a fermarsi in quan-
to il sole è tramontato. Si dispongono così a passare la notte; Dante si addormenta e Virgi-
lio e Stazio* vigilano su di lui.
® vv 94-108 SOGNO DI DANTE
Il poeta sogna una donna giovane e bella che va cogliendo fiori in una pianura, e che dice
cantando di essere Lia* (una delle due mogli di Giacobbe*, considerata il simbolo della
vita attiva) e di voler intrecciare una ghirlanda per farsi bella, mentre sua sorella Rachele*
(l’altra moglie di Giacobbe, considerata invece simbolo della vita contemplativa) non
abbandona mai lo specchio e vi sta sempre seduta davanti ad ammirarsi.
® vv 109-123 SALITA AL PARADISO TERRESTRE
Quando Dante si ridesta,Virgilio gli ricorda che tra poco raggiungerà il Paradiso terrestre,
dove potrà ottenere il bene che tutti gli uomini desiderano, ossia la perfetta felicità terre-
na. Alle parole di Virgilio, Dante sente accrescere in sé il desiderio di salire e procede di
passo in passo con maggior leggerezza, come se stesse volando.
® vv 124-142 ULTIME PAROLE DI VIRGILIO
Giunti all’ultimo gradino della scala, Virgilio guarda il discepolo e dichiara di aver esauri-
to il proprio compito di guida; Dante, ormai libero dal peccato, ha raggiunto il pieno
dominio di sé e non ha più bisogno di lui, che deve cedere il posto a Beatrice.
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■ Temi e motivi
Il muro di fuoco
Il canto riveste un’importante funzione di cerniera tra il Purgatorio vero e proprio, che
qui viene abbandonato, e l’Eden* (sul cui limitare si svolge una parte significativa dell’e-
pisodio), dove avrà luogo l’ultima e più intensa stazione dell’itinerario penitenziale.
Le fiamme della settima cornice costituiscono innanzitutto la pena dei lussuriosi, attraver-
so la quale si purifica come lussurioso, al pari di Guido Guinizzelli* e Arnaut Daniel*,
anche lo stesso Dante, probabilmente in quanto autore di una poesia d’amore troppo lega-
ta alla bellezza terrena. Le fiamme inoltre, cingendo interamente l’ultimo girone, sono la
barriera (il muro, v. 36), la «prova del fuoco» che tutte le anime devono necessariamente
attraversare per completare il proprio percorso di purificazione e accedere al Paradiso ter-
restre. È questa per Dante la prova più importante della prima parte del suo viaggio ultra-
terreno; la sua funzione rituale (dopo il giunco schietto, la confessione sulla porta, la pro-
gressiva cancellazione dei segni P sulla fronte, e prima dell’immersione nell’acqua di Letè*
ed Eunoè*) sottolinea il raggiungimento da parte del pellegrino del completo dominio di
sé, tanto da rendere inutile la presenza di Virgilio, ormai prossimo al definitivo congedo.
Sogno di Dante
Compare inoltre nel canto l’ultimo dei tre sogni di Dante, dopo quelli dei canti IX e
XVIII-XIX, disposti nella cantica secondo una non casuale scansione novenaria (nove
canti a giornata), tutti introdotti dall’indicazione dell’ora prossima al mattino, quella in cui
i sogni si rivelano veritieri. Questo è l’unico a non essere bruscamente interrotto e ha trat-
ti idillici, in cui l’immagine di Lia* (vv. 97-99) e quella di sua sorella Rachele* (vv. 102-
103) prefigurano i tratti di Matelda*, la bella donna che apparirà realmente nel Paradiso ter-
restre.
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Fuor de la fiamma stava in su la riva, Stava fuori dal fuoco sull’orlo della cornice (in su la riva), e
e cantava ‘Beati mundo corde!’ cantava ‘Beati i puri di cuore’ (‘Beati mundo corde’) con voce
assai più limpida (viva) di quella umana.
9 in voce assai più che la nostra viva.
Poscia «Più non si va, se pria non morde, Poi (Poscia) «Non si può andare oltre (Più non si va), anime
anime sante, il foco: intrate in esso, sante, se prima (pria) il fuoco non fa sentire il suo morso (non
morde): entrate in esso, e ascoltate il canto (al cantar... non siate
12 e al cantar di là non siate sorde», sorde) che si ode al di là delle fiamme (di là)»,
ci disse come noi li fummo presso; ci disse non appena gli fummo vicino: per cui io, quando inte-
per ch’io divenni tal, quando lo ’ntesi, si le sue parole, rimasi atterrito (tal) come (qual) il condanna-
to a morte per propagginazione (colui che nella fossa è messo).
15 qual è colui che ne la fossa è messo.
Volsersi verso me le buone scorte; Le mie valide (buone) guide (scorte) si volsero verso di me; e
e Virgilio mi disse: «Figliuol mio, Virgilio mi disse: «Figlio mio, in Purgatorio (qui) può esserci
sofferenza, ma non morte.
21 qui può esser tormento, ma non morte.
Credi per certo che se dentro a l’alvo Sappi (Credi per certo) che se anche tu rimanessi per ben mille
di questa fiamma stessi ben mille anni, anni in mezzo (dentro a l’alvo) a questo fuoco, esso non
potrebbe privarti neppure di un capello (far d’un capel calvo).
27 non ti potrebbe far d’un capel calvo.
E se tu forse credi ch’io t’inganni, E se tu forse credi che io ti inganni, avvicinati alla fiamma
fatti ver’ lei, e fatti far credenza (fatti ver’ lei), e fatti dare una prova di ciò (fatti far credenza)
accostando con le tue stesse mani al fuoco il lembo della veste
30 con le tue mani al lembo d’i tuoi panni. (panni).
Pon giù omai, pon giù ogne temenza; Deponi (Pon giù) ormai, deponi ogni timore (temenza): volgi-
volgiti in qua e vieni: entra sicuro!». ti da questa parte: vieni ed entra sicuro!». Ma (E) continuavo
a star fermo (pur fermo) anche se (e) contro la voce della
33 E io pur fermo e contra coscïenza. coscienza.
Quando mi vide star pur fermo e duro, Quando mi vide ostinarmi a stare fermo e irrigidito (duro),
turbato un poco disse: «Or vedi, figlio: un poco turbato, disse: «Pensa ora, figlio: solo questo ostacolo
(muro) ti divide ormai da Beatrice».
36 tra Bëatrice e te è questo muro».
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Come al nome di Tisbe aperse il ciglio Come Piramo in punto di morte (in su la morte) aprì (aperse)
Piramo in su la morte, e riguardolla, gli occhi al nome di Tisbe, e la guardò un’ultima volta (riguar-
dolla), nel momento in cui il gelso divenne vermiglio,
39 allor che ’l gelso diventò vermiglio;
così, la mia durezza fatta solla, allo stesso modo, venuta meno (fatta solla) la mia ostinazione
mi volsi al savio duca, udendo il nome (durezza), mi volsi verso Virgilio (savio duca), udendo il nome
di Beatrice che sempre mi rifiorisce (rampolla) nella mente.
42 che ne la mente sempre mi rampolla.
Ond’ ei crollò la fronte e disse: «Come! Per questo egli scosse (crollò) il capo e disse: «Come! Vogliamo
volenci star di qua?»; indi sorrise (volenci) ancora starcene qui?»; poi sorrise come si fa al bam-
bino che si lascia convincere con la promessa di un frutto
45 come al fanciul si fa ch’è vinto al pome. (ch’è vinto al pome).
Poi dentro al foco innanzi mi si mise, Poi entrò (si mise) nel fuoco precedendomi, pregando Stazio,
pregando Stazio che venisse retro, che prima ci aveva tenuti divisi per un lungo tratto di cam-
mino (per lunga strada), di porsi dietro di me (venisse retro).
48 che pria per lunga strada ci divise.
Sì com’ fui dentro, in un bogliente vetro Non appena mi trovai in mezzo alle fiamme, mi sarei gettato
gittato mi sarei per rinfrescarmi, nel vetro incandescente (bogliente) per rinfrescarmi, tanto
grande e insopportabile (sanza metro) era lì dentro (ivi) il calo-
51 tant’ era ivi lo ’ncendio sanza metro. re (’ncendio).
Lo dolce padre mio, per confortarmi, Il dolce padre, per confortarmi, continuava a parlare (pur...
pur di Beatrice ragionando andava, ragionando andava) di Beatrice, dicendo: «Mi sembra (parmi)
già di vedere i suoi occhi».
54 dicendo: «Li occhi suoi già veder parmi».
Guidavaci una voce che cantava Ci guidava una voce che cantava dall’altra parte del fuoco (di
di là; e noi, attenti pur a lei, là); e noi, stando attenti solo ad essa, fuoriuscimmo della fiam-
ma nel punto in cui si riprendeva a salire (là ove si montava).
57 venimmo fuor là ove si montava.
‘Venite, benedicti Patris mei’, «Venite, o benedetti del Padre mio (‘Venite, benedicti Patris
sonò dentro a un lume che lì era, mei’)», risuonò (sonò) all’interno di uno splendore (lume) lì
apparso, così abbagliante (tal) che sopraffece la mia vista (che
60 tal che mi vinse e guardar nol potei. mi vinse) e non lo (nol) potei guardare.
«II sole tramonta (sen va)» soggiunse, «e scende la sera; non vi
«Lo sol sen va», soggiunse, «e vien la sera; fermate, ma affrettate (studiate) il passo, finché (mentre) la parte
non v’arrestate, ma studiate il passo, occidentale del cielo non diventi completamente buia (non si
63 mentre che l’occidente non si annera». annera)».
Dritta salia la via per entro ’l sasso ® vv 64-93 INIZIO DELLA SALITA E SOSTA AL CALAR
verso tal parte ch’io toglieva i raggi DELLA NOTTE
La scala scavata nella roccia (per entro ’l sasso) saliva diritta
66 dinanzi a me del sol ch’era già basso. verso levante (tal parte) cosicché io (con la mia ombra) inter-
rompevo (toglieva) davanti a me i raggi del sole che era ormai
E di pochi scaglion levammo i saggi, basso all’orizzonte.
che ’l sol corcar, per l’ombra che si spense, E facemmo in tempo a salire (levammo i saggi) solo pochi gradi-
ni (scaglion), che io e le mie guide (saggi) ci accorgemmo (sen-
69 sentimmo dietro e io e li miei saggi. timmo) che il sole era tramontato (corcar) alle nostre spalle (die-
tro), per il fatto che la mia ombra era scomparsa (si spense).
E pria che ’n tutte le sue parti immense E prima (pria) che l’orizzonte fosse divenuto in tutta la sua
fosse orizzonte fatto d’uno aspetto, immensa estensione (’n tutte le sue parti immense) di uno stes-
so colore scuro (d’uno aspetto), e la notte avesse occupato tutte
72 e notte avesse tutte sue dispense, le zone a lei assegnate (tutte sue dispense),
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ciascun di noi d’un grado fece letto; ciascuno di noi si distese (fece letto) su un gradino (grado); poi-
ché la natura del monte ci affranse ché la legge (natura) del monte ci tolse (ci affranse) la forza
(possa) e la gioia (diletto) di salire ancora (più).
75 la possa del salir più e ’l diletto.
Quali si stanno ruminando manse Come (Quali) rimangono tranquille (manse) a ruminare le
le capre, state rapide e proterve capre, che erano state rapide e ardite (proterve) sulle balze del
monte (sovra le cime) prima (avante) di aver mangiato (pranse),
78 sovra le cime avante che sien pranse,
tacite a l’ombra, mentre che ’l sol ferve, mentre se ne stanno silenziose (tacite) all’ombra, fintanto che
guardate dal pastor, che ’n su la verga il sole arde (ferve), sorvegliate dal pastore, che si è appoggiato
al suo bastone (verga) e concede loro (serve) riposo (di posa);
81 poggiato s’è e lor di posa serve;
e quale il mandrïan che fori alberga, e come il mandriano, che rimane lontano dal paese (che fori
lungo il pecuglio suo queto pernotta, alberga), trascorre la notte (pernotta) accanto al suo gregge
(pecuglio) addormentato (queto), vigilando perché le belve
84 guardando perché fiera non lo sperga; (fiera) non lo disperdano (sperga),
tali eravamo tutti e tre allotta, allo stesso modo ce ne stavamo allora (allotta) tutti e tre, io
io come capra, ed ei come pastori, come una capra, ed essi come i pastori, chiusi (fasciati) da ogni
lato (quinci e quindi) dalle alte pareti (grotta).
87 fasciati quinci e quindi d’alta grotta.
Poco parer potea lì del di fori; Da lì si poteva scorgere (parer potea) solo una piccola parte di
ma, per quel poco, vedea io le stelle cielo (Poco... del di fori); ma, per quel poco che si poteva, io
vedevo le stelle più luminose (chiare) e numerose (maggiori)
90 di lor solere e più chiare e maggiori. del solito (di lor solere).
«Sappia qualunque il mio nome dimanda «Chiunque domanda il mio nome sappia che io sono Lia, e
ch’i’ mi son Lia, e vo movendo intorno vado (vo) muovendo intorno a me le mie belle mani per
farmi una ghirlanda.
102 le belle mani a farmi una ghirlanda.
Per piacermi a lo specchio, qui m’addorno; Qui io mi adorno di fiori (m’addorno) per compiacermi guar-
ma mia suora Rachel mai non si smaga dandomi allo specchio; ma mia sorella (suora) Rachele non
distoglie mai l’occhio (mai non si smaga) dal suo specchio (mira-
105 dal suo miraglio, e siede tutto giorno. glio), e sta sempre seduta davanti ad esso (siede tutto giorno).
Ell’ è d’i suoi belli occhi veder vaga Ella è tanto desiderosa (vaga) di contemplare i suoi begli occhi,
com’ io de l’addornarmi con le mani; come io di adornarmi con le mani; l’atto di contemplare
(veder) appaga lei, quello dell’operare (ovrare) appaga me».
108 lei lo vedere, e me l’ovrare appaga».
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le tenebre fuggian da tutti lati, le tenebre fuggivano da tutte le parti (lati), e con esse svaniva
e ’l sonno mio con esse; ond’ io leva’mi, anche il mio sonno; per cui io (ond’io), vedendo (veggendo) i
miei due grandi maestri già in piedi, mi alzai (leva’mi).
114 veggendo i gran maestri già levati.
«Quel dolce pome che per tanti rami «Quel dolce frutto della felicità (pome) che per tante strade
cercando va la cura de’ mortali, (rami) gli uomini cercano affannosamente (cercando va la cura
de’ mortali), oggi placherà (porrà in pace) tutti i tuoi desideri
117 oggi porrà in pace le tue fami». (fami)».
Virgilio inverso me queste cotali Virgilio rivolse (usò) queste solenni (cotali) parole nei miei
parole usò; e mai non furo strenne confronti (inverso me); e non ci furono (furo) mai buone novel-
le (strenne) tali da procurarmi un piacere pari (iguali) a questo.
120 che fosser di piacere a queste iguali.
Tanto voler sopra voler mi venne Un così grande desiderio (voler) si aggiunse a quello prece-
de l’esser sù, ch’ad ogne passo poi dente di pervenire sulla cima (de l’esser sù), che poi ad ogni
passo mi sentivo (sentia) crescere lo slancio (penne) per la sali-
123 al volo mi sentia crescer le penne. ta (volo).
e disse: «Il temporal foco e l’etterno e disse: «Figlio, hai visto le pene (foco) temporanee (del Pur-
veduto hai, figlio; e se’ venuto in parte gatorio) e quelle eterne (dell’Inferno); e sei giunto in un
punto (in parte) dove io con le mie sole forze (per me) non rie-
129 dov’ io per me più oltre non discerno. sco a distinguere oltre (più oltre non discerno).
Tratto t’ho qui con ingegno e con arte; Ti ho condotto (Tratto) fino a qui col mio ingegno e con la
lo tuo piacere omai prendi per duce; maestria che ne deriva (arte); prendi ormai come guida (per
duce) la tua naturale inclinazione (piacere); sei fuori dalle vie
132 fuor se’ de l’erte vie, fuor se’ de l’arte. ripide (erte), sei fuori da quelle strette (arte).
Vedi lo sol che ’n fronte ti riluce; Vedi il sole che ti illumina la fronte (’n fronte ti riluce); vedi
vedi l’erbette, i fiori e li arbuscelli l’erbetta, i fiori e gli arboscelli che qui la terra produce spon-
taneamente (sol da sé).
135 che qui la terra sol da sé produce.
Mentre che vegnan lieti li occhi belli Finché (Mentre) non ti appariranno (vegnan) per accoglierti
che, lagrimando, a te venir mi fenno, lietamente (lieti) i begli occhi di Beatrice, i quali, con le loro
lacrime (lagrimando), mi spinsero (mi fenno) a soccorrerti (a te
138 seder ti puoi e puoi andar tra elli. venir), ti puoi sedere e andare tra gli alberi e i fiori (tra elli).
Non aspettar mio dir più né mio cenno; Non attendere più le mie parole (mio dir) né i miei gesti (mio
libero, dritto e sano è tuo arbitrio, cenno): il tuo volere (arbitrio) è ormai libero dalle passioni,
indirizzato al bene (dritto) e purificato (sano), e sarebbe (fora)
141 e fallo fora non fare a suo senno: errore (fallo) non assecondarlo (fare a suo senno):
per ch’io te sovra te corono e mitrio». perciò io consacro (corono e mitrio) te signore di te stesso (te
sovra te)».
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