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siamo nella notte tra il 10 e l'11 aprile 1300 (Lunedì dell'Angelo), o secondo altri commentatori tra il 27

e il 28 marzo 1300, e poi nel mattino dell'11 aprile (28 marzo).

Il Canto funge da passaggio tra la prima parte della Cantica, dedicata per lo più all'Antipurgatorio, e la
seconda dedicata alle Cornici e al luogo del secondo regno dove le anime si purificano dai peccati, il che
corrisponde a un innalzamento della materia e di conseguenza a un affinamento dello stile poetico nei Canti
successivi (è Dante ad avvertire i lettori con l'appello ai vv. 70-72, che anticipa quelli simili che saranno assai
frequenti nel Paradiso). Questa sorta di piccolo proemio cade a metà circa del Canto, dopo che Dante si è
addormentato nella valletta all'inizio della notte e ha sognato un'aquila che lo ha ghermito sul monte Ida e
trasportato in alto, che come poi Virgilio spiegherà non era altri che santa Lucia che portava il poeta alla
porta del Purgatorio. L'episodio si apre con la famosa descrizione dell'aurora, assai problematica e
variamente interpretata, anche se probabilmente Dante allude al sorgere dell'aurora solare nell'emisfero
boreale cui corrisponde, nel Purgatorio, l'inizio della notte; il poeta si addormenta vinto dalla stanchezza e
verso l'alba, quando si credeva che i sogni fossero veritieri, fa il sogno dell'aquila, anch'esso variamente
interpretato e che forse è solo la traduzione in termini visivi dell'aiuto di Lucia che agevola Dante per la sua
via. Del resto l'aquila era l'uccello sacro a Giove e simbolo dell'autorità imperiale, il che ha poco a che fare
con il significato allegorico di Lucia (che qui, come già nel Canto II dell'Inferno, è la grazia illuminante che
assiste l'uomo per consentirgli di salvarsi). Il risveglio di Dante è traumatico in quanto non sa dove si trova,
per cui Virgilio deve rassicurarlo e indicargli la porta del Purgatorio dicendogli che ormai il viaggio è a buon
punto; Dante si scuote anche perché nel sogno gli sembrava di attraversare la sfera del fuoco e il calore lo
ha svegliato, e secondo alcuni commentatori è probabile che egli abbia in realtà sentito il calore del sole
che è già alto sull'orizzonte e lo colpisce una volta che Lucia lo ha deposto di fronte alla porta. Il sogno di
Dante anticipa gli altri due che farà negli altri pernottamenti in Purgatorio (nei Canti XIX e XXVII), anch'essi
allegorici e analogamente interpretati.
La seconda parte del Canto è ovviamente dedicata alla descrizione della porta custodita dall'angelo, nonché
del complesso rituale cui Dante deve sottoporsi prima di essere ammesso alle Cornici dall'angelo stesso. La
simbologia è connessa ovviamente al riconoscimento dei propri peccati e all'assoluzione da parte
dell'angelo, che riguarda Dante come tutti i penitenti che di lì devono passare: i tre gradini che conducono
alla porta corrispondono quasi certamente ai tre momenti del sacramento della confessione, ovvero
la contritio cordis (la consapevolezza dei peccati: è il primo gradino, di marmo bianco in cui Dante può
specchiarsi), la confessio oris (la confessione vera e propria: è il secondo gradino, di pietra scura e
screpolata, che rappresenta lo spezzarsi della durezza dell'animo) e la satisfactio operis  (la soddisfazione
per mezzo di opere: è il terzo gradino, rosso come l'ardore di carità necessario a rimediare ai peccati
commessi). Variamente interpretata anche la spada di cui l'angelo guardiano è armato, che forse è simbolo
della giustizia o dell'ufficio del sacerdote confessore: con essa l'angelo incide sulla fronte di Dante le
sette P che rappresentano ovviamente i sette peccati capitali, che il poeta dovrà purificare moralmente
durante l'ascesa del monte (esse saranno cancellate all'uscita da ogni Cornice). L'angelo ammette Dante in
Purgatorio e ne apre la porta con le due chiavi (una d'oro e l'altra d'argento) che tiene sotto la veste color
cenere, simbolo quest'ultima della mortificazione della penitenza o forse dell'umiltà del confessore: la
chiave d'oro rappresenta certo l'autorità di dare l'assoluzione che al confessore deriva da Dio e dalla Chiesa,
quella argentea (che secondo l'angelo vuol troppa / d'arte e d'ingegno) è invece la scienza e la sapienza che
il confessore stesso deve avere per valutare i peccati commessi. Dante sottolinea che entrambe sono state
date all'angelo da san Pietro e che se una delle due non funziona l'apertura della porta, ovvero
l'ammissione del peccatore al Purgatorio, è impossibile: è una velata polemica contro le facili indulgenze di
cui la Chiesa faceva mercato nel Trecento, come lo è il fatto che la porta si apre a fatica e producendo un
tremendo stridore, nel senso che il perdono di Dio è concesso solo a chi sinceramente si è pentito delle
proprie colpe e ciò avviene assai di rado.
Una volta varcata la soglia del Purgatorio, per Dante e la sua guida inizia un nuovo cammino che li porterà
alla tappa successiva, ovvero l'ingresso nell'Eden sulla cima del monte: anche allora ci sarà un innalzamento
dello stile, mentre qui Dante è colpito dal suono melodioso di alcune voci che intonano il Te Deum
laudamus, in modo tale che egli non ne sente tutte le parole (come quando in chiesa si canta in alternanza
al suono dell'organo). Siamo ormai entrati in una dimensione diversa da quella dell'Antipurgatorio,
dominata dalla serena rassegnazione delle anime che espiano attivamente le loro pene, come farà anche
Dante unendosi moralmente a loro: il passaggio in ogni Cornice avverrà secondo un cerimoniale fisso, in cui
il canto di Salmi o inni avrà una parte importante (ed è stato osservato come ciò renda il Purgatorio simile a
un enorme monastero, in cui ogni momento è scandito da uffici liturgici precisi: a ciò, forse, rimanda la
similitudine degli organi, peraltro molto discussa, che chiude questo Canto).

Forse, per il lettore moderno, l'unica possibilità è quella di arrovellarsi per decifrare il complesso
simbolismo dell'episodio narrato, nel dubbio se fosse davvero tutto così comprensibile per i lettori
contemporanei della Commedia. Da qui nasce l'asciuttezza di molti commenti, specialmente per la scuola,
che si limitano a rubricare in tabelline le immagini forgiate da Dante e la loro probabile spiegazione: l'aquila
è forse la Giustizia (sulle cui orme corre la Ragione), forse l'Impero, forse la Chiesa, forse l'unione delle due
cose; il risveglio verso il mare e il paragone con Achille sono preannuncio di una grande epopea e di gesti
memorabili, a meno che il mare non rappresenti l'immensità di Dio; i tre gradini sono quasi concordemente
visti come l'esame di coscienza, la confessione e la riparazione ai peccati; il giudice vestito di cenere,
l'Umiltà necessaria ad ogni confessore, con la Grazia divina e con la propria Sapienza apre la porta,
anteceduta da una soglia di diamante indicante l'inflessibilità del confessore (oppure la solidità dell'autorità
su cui poggia), al perdono celeste, ricordando al penitente i suoi peccati (le sette P); persino per quanto
riguarda l'inno che conclude il canto, non è ben chiaro se si tratti di polifonia a cappella oppure di una o più
voci intervallate a interludi strumentali.

Questi sono solo alcuni fra i simboli e solo alcune fra le ipotesi; comunque, molte parti non sono ancora
decrittate in modo certo. La narrazione simbolica del cammino di redenzione dell'uomo, ad ogni modo, è
certamente il tema del canto e viene svolto in modo partecipe e per nulla banale; l'autore stesso si fa
"umilmente" simbolo ed antonomasia dell'Uomo che, accettando di mortificarsi e di piegarsi fiducioso ad
un Dio misericordioso, ma dalle vie potenti e misteriose, apre finalmente il suo cammino verso la
beatitudine del Paradiso.
 Verso 1 “la concubina di Titone” è male identificata perché potrebbe essere aurora lunare o solare.

Se dovesse leggersi Titone, allora si farebber riferimento a Eos una dea bellissima e capricciosa, che
si innamora follemente di Titone e supplica il padre Zeus di renderlo immortale ma dimentica di
chiedere l'eterna giovinezza per il suo amante, perciò il soggetto sarebbe il sole.

A meno che titone non debba leggersi Titan e titano è “colui che dimora nei cieli”, perciò il soggetto
diventerebbe la luna.

 Verso 4 di gemme la sua fronte era lucente : la fronte è l’orizzonte che fronteggia l’aurora o l’apice
della calotta celeste?
 Verso 5,6 poste in figura del freddo animale
che con la coda percuote la gente : costellazione pesci o scorpione?
 Verso 7, 8 e 9 : e la notte, de’ passi con che sale,
fatti avea due nel loco ov’eravamo,
e ’l terzo già chinava in giuso l’ale; : cioè delle 6 ore che impiega a transitare in
salita dal tramonto equinoziale ore 18 alla mezzanotte, ne erano passate 2 e la terza stava
finendo. A meno che per passo non si intenda la durata di una vigilia, che è di due ore, oppure
non si intenda grado, che vale 4 minuti primi.

Insomma, il nono canto è probabilmente quello più martoriato della divina commedia e per
l’interpretazione ci si affida all’opinione dei migliori specialisti moderni, che leggono nelle terzine : che
è aurora la concubina di Titone, e si affaccia al balcone d’oriente illuminata dalla costellazione dello
scorpione. Ed erano più o meno le otto e tre quarti della sera.

Il verso della rondinella da inizio a una serie di favole antiche :

La prima è la metamorfosi di Procne, secondo la tradizione greca, Procne diventa l'usignolo che
lamenta l'uccisione del figlio Iti, mentre Filomela si trasforma nella rondine che con la lingua tagliata
può emettere soltanto un balbettio.

La seconda è la storia di Ganimede, rapito da Zeus in forma di aquila divina per poter servire come
coppiere sull'Olimpo. Dante dice di sentirsi rapito come Gaimede, e che il suo avvicinarsi al sole l’avesse
svegliato cosi come Achille, (terza favola, già parte del canto di ulisse e di chirone) che si svegliò senza
sapere dove fosse poiché la madre lo trasportò in braccio mentre dormiva.

Prima dell’alba quando non ci sono proccupazioni, la virtù immaginativa del sognante impressionabile ai
moti celesti (veicoli fisici della verità incorruttibile)

sogno no riguarda eventi futuri ma metafora di evento simultaneo, precognizione del presente,

l’aquila con le penne d’oro come s lucia nel prologo in cielo dell’inferno, figura allegorica della grazia
illuminante, qui strumento dell’ascesi, ardore fisico della grazia

azione liturgica dell angelo portiere che ufficia all ingresso è una sequenza di gesti, formule e figure
sacramentali. Lazione rappresenta il sacramento della penitenza, l’angelo è il confessore e dante il
penitente. La spada dell angelo confessore rappresenta le sue competenze giudiziarie. I tre gradni sono le
fasi del sacramento, il rpimo è la contrizione prescritta al fedele che specchiatosi nel suo cuore ricorda i
peccati di cui si pente, ecco perché marmo bianco rifrangente. Il secondo la confessione orale e il color nero
sangue, della pietra vulcanica, dimostra la tinta della vergogna che riceve il peccatore confessando, la pietra
crepata ci dimostra che dentro come fuori si deve vergognare. Il terzo è l’opera di penitenza e il suo colore
rosso fuoco significa l ardore della carità. La porta di diamante è la pace di dio ripristinata nel suo splendore
dalla remisisone dei peccati. Le 7 p valgono i 7 vizzi capitali, che l esercizio della penitenza cancellerà. La
veste cenere e polverosa dell angelo indica l umilta con cui il confessore deve svolgere il suo compito, le
due chiavi consegnate all angelo da pietro sono la doppia prerogativa che la chiuesa delega al coonfessore,
quella d oro la più preziosa è la facoltà discrezionale di asssolvere dai peccati, quella d argento è la piu
difficile da usare, ed è la scienza e l inteliggenza necessaria al sacerdote per sciogliuere responsabilmente i
peccati a patto che il penitente si umili nel rimorso. L avviso dell angelo di non voltarsi indietro significa di
non tornare sui nostri peccati ( fa riferimento all episodio della moglie di lot, che fuggì verso Zoar; ma,
durante la fuga, per aver contravvenuto all'ordine di non voltarsi a guardare, fu tramutata in una
statua di sale) (fa riferimento anche alla favola di orfeo e euridice) Il fragore della porta di
remissione è dovuto al disuso e proporzionale allo sforzo che costa spalancarla. Il primo suo no
che avverte dante

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