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DIVINA COMMEDIA, RIASSUNTO - La Divina Commedia, composta tra il 1304

ed il 1321, è un poema diviso in tre parti (cantiche): Inferno, Purgatorio, Paradiso,


ognuna delle quali è composta da 33 canti (eccetto l'Inferno che ha invece un
ulteriore canto proemiale). E' stata scritta in fiorentino volgare ed il suo
successo contribuì al processo di consolidamento del dialetto toscano come lingua
italiana. Il poema è composto di circa ventimila versi di undici sillabe (
endecasillabi) , divisi in strofe di tre versi ( terzine), che compongono i cento canti del
poema: tutta la Commedia si articola inoltre in tre parti o cantiche.
Dante parla di un viaggio nel mondo dell'aldilà, ma il viaggio non è nel senso stretto
della parola infatti il viaggio è spirituale cioè della mente non del corpo. Poi l'opera è
formata da altre Allegorie ma sono tutte allegorie specifiche, come le tre fiere, che in
senso materiale sono la Lupa, Leone e Lonza, ma in senso allegorico sono i tre
peccati universali cioè Lussuria, Superbia e Avidità.
Ogni cantica è dedicata a uno dei tre regni dell’oltretomba cristiano ed è composta da
33 canti, a eccezione della prima che ha un canto in più di introduzione generale a
tutto il poema. Argomento dell’opera è, infatti, l’immaginario viaggio di Dante
attraverso Inferno, Purgatorio e Paradiso. Un viaggio doloroso ed esaltante al tempo
stesso, che egli compie con la guida di tre grandi anime. Il poeta latino Virgilio,
simbolo della saggezza e della ragione umana, lo accompagna attraverso Inferno e il
Purgatorio; l’amata Beatrice, simbolo della Grazia, lo accoglie sulla sommità del
Purgatorio e lo guida nel Paradiso, San Bernardo, infine, lo porta al cospetto di Dio.
Commedia è il titolo scelto da Dante per il suo poema, perché questo termine
indicava le opere che trattano argomenti vari e , a differenza delle tragedie, si
concludono felicemente.
E’ Giovanni Boccaccio, appassionato ammiratore di Dante, il primo a definire
“divina” l’opera, sia per la sua perfezione sia per l’argomento trattato. Solo nel 1555
però la Commedia diviene definitivamente Divina Commedia.

L’INFERNO
L'Inferno dantesco viene rappresentato come una voragine a forma d'imbuto,
scaturita dal fatto che Lucifero essendo ribelle a Dio fu precipitato dal cielo. L'Inferno
si caratterizza al suo ingresso da una porta sovrastata da una scritta ammonitrice
"Perdete ogni speranza o voi che entrate", da cui si passa in una campagna buia
chiamata anti-inferno, delimitata dalle acque del fiume Acheronte. L'Inferno si
divide in nove cerchi, in cui si trovano i peccatori che erano sottoposti a delle pene
che richiamavano per analogia o per contrasto le colpe di cui si erano macchiati(legge
del contrappasso). Il primo cerchio era chiamato limbo, in esso si trovano gli spiriti
del mondo pre-cristiano, ai quali era negata la visioni di Dio, in quanto Pagani. Il
Purgatorio è immaginato da Dante come un'alta montagna a forma di cono che sorge
agli antipodi di Gerusalemme, s'innalza al di sopra dell'Inferno. Il Purgatorio accoglie
le anime che si erano pentite in fin di vita, e che quindi sono in attesa di una
purificazione.
Primo Canto
Luogo: Selva oscura
Figure allegoriche: Lonza, Leone e Lupa
Dante si smarrisce nella selva oscura dei suoi errori e peccati. Quando
spera di poter salire sulla cima di un colle e rivedere la luce del sole, il
cammino gli è sbarrato da tre fiere, simboleggianti lussuria, superbia ed
avarizia, ed è costretto a retrocedere. Gli appare Virgilio, il suo modello di
poeta, che lo invita a seguire un'altra strada: occorre attraversare il regno
degli inferi, e poi il Purgatorio. Poi Dante potrà ascendere al Paradiso,
dove Virgilio, non essendo stato battezzato, dovrà lasciarlo ad un'altra
guida.
Terzo canto
Luogo: Antinferno, riva del fiume Acheronte
Custode: Caronte, traghettatore
Peccatori: Ignavi, angeli neutrali
Pena: Correre nudi dietro ad un’insegna vuota
Virgilio e Dante si trovano di fronte alla porta dell'inferno, che nella parte
superiore porta incisa la famosa scritta conclusa con la sentenza "Lasciate
ogne speranza, voi ch'intrate".Entrambi attraversano l'uscio penetrando
così nel mondo infernale. L'ambiente buio, e si sentono subito pianti,
lamenti e grida dei dannati . Quell'anticamera dell'inferno accoglie gli
ignavi, coloro che vissero senza prendere mai una posizione, né buona né
cattiva, inutili a sé stessi ed alla società. Tra le anime dannate si trovano
anche gli angeli che nella guerra tra Dio e Lucifero non si schierarono né
dall'una né dall'altra parte. Gli ignavi si lamentano della loro sorte perchè
trascurati da tutti con disprezzo per non aver lasciato in vita nessun
ricordo di sé. Sono continuamente punzecchiati da mosconi e vespe.
Sono anche costrette ad inseguire una insegna che cambia rapidamente
posizione in ogni momento. Tra le anime Dante riesce a vedere quella di
Celestino V, colui che per vigliaccheria aveva ceduto alla carica papale
lasciando il posto a Bonifacio VIII, che il poeta ritiene responsabile del
male di Firenze e del suo esilio. Questo papa voleva che la chiesa avesse
anche il potere temporale. Dante guarda poi sul fiume Acheronte
l'immensa schiera di anime pronte ad essere traghettate sull'altra sponda
da Caronte.
Il traghettatore infernale si fa rispettare, subito urla contro i dannati,
minacciandoli e spaventandoli con percosse, poi si rivolge a Dante per
impedirgli il viaggio.
Quinto canto
Luogo: Secondo cerchio
Custode: Minosse, giudice
Peccatori: Lussuriosi
Pena: Bufera infernale
All' entrata del secondo cerchio Minosse assegna ai peccatori il luogo in
cui sconteranno la loro pena. Al suo interno gli spiriti dei lussuriosi sono
trascinati da una tempesta incessante. Paolo e Francesca, amanti infelici
uccisi dal marito di lei, raccontano a Dante la loro storia; questi si
commuove e sviene nuovamente.
Settimo canto
Il quarto cerchio, custodito dal demone Pluto, il dio greco della ricchezza,
è quello degli avari e dei prodighi, condannati a spingere col petto pesanti
macigni. In questo canto, inoltre, la fortuna è considerata uno strumento
del volere divino che toglie e dona agli uomini secondo un disegno ed è
maledetta.

Varie allegorie:
La selva oscura, è il simbolo dello smarrimento, invece il colle che è illuminato dai
raggi del sole, sarà il simbolo della virtù. Infatti per sopravvivere al male, prima
dell’intervanto divino (rappresentato dalla fede e personificato in Beatrice), l’uomo
ha bisogno della ragione. La ragione serve per espiare i propri peccati e viene
personificata in Virgilio.
Virgilio e Beatrice sono delle allegorie che raffigurano la ragione e la fede. La valle
invece rappresenta la selva dove si è smarrito. Dante parla del sole dietro la collina
chiamandolo “pianeta”, lo chiama così perché secondo il sistema tolomaico , il sole
ruotava attorno alla terra, posta al centro dell’universo. Il sole, qui rappresenta la
grazia divina, quindi già sulla terra lui pensa di poter aspirare alla felicità.

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