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CANTO I

Luogo: selva oscura


Smarrita la via della giustizia e del bene, Dante si ritrova nella selva oscura del peccato.
Dopo il turbamento iniziale, la prima luce dell’alba gli indica la cima di un colle che egli cerca
di raggiungere per trovare scampo dalle tenebre, ma, mentre faticosamente ne sale le
pendici, viene ostacolato da tre animali selvatici: prima una lonza e poi un leone gli sbarrano
la strada, infine una lupa lo costringe a retrocedere verso la valle. All’improvviso appare
l’ombra del poeta latino Virgilio, al quale Dante chiede aiuto contro la lupa che gli preclude la
via alla sommità del colle. Virgilio depreca la natura e l’operato della lupa, simbolo della
cupidigia che solo il veltro, emblema di un imperatore a venire, riuscirà a sconfiggere e a
eliminare da ogni città d’Italia e dell’impero. Egli quindi assicura a Dante che gli sarà guida
verso il colle della salvezza, ma lo condurrà per una via più difficile che attraversa l’Inferno e
il Purgatorio; da qui Dante potrà proseguire il viaggio per il Paradiso fino all’Empireo con
l’aiuto di un’anima più degna di lui (che, non avendo conosciuto in vita il cristianesimo, non
può aspirare alla città divina). Dante lo segue.
CANTO II
Luogo: il colle
Al momento di iniziare il racconto del viaggio nell’oltretomba, racconto non meno difficile di
quanto fu il viaggio stesso, Dante invoca l’aiuto delle muse perché sostengano lo sforzo
della narrazione. La discesa agli inferi con la guida di Virgilio inizia al calar del giorno, e l’ora
del tramonto rinnova in Dante le paure e insieme gli fa sorgere un dubbio: la visione dei
regni dell’oltretomba fu concessa soltanto a Enea e a san Paolo in virtù dei loro meriti e delle
missioni a loro affidate, ovvero la fondazione di Roma e dell’impero per l’uno, il
consolidamento della fede cristiana per l’altro; perché allora concedere un’analoga
possibilità proprio a lui, certo non altrettanto degno? e chi lo permette? Dante arriva a
temere che il viaggio sia follia, frutto di presunzione e di superbia. Virgilio lo rassicura, e gli
spiega di essere stato inviato in suo aiuto da Beatrice, scesa nel limbo per ordine di santa
Lucia, a sua volta interprete del desiderio della stessa Maria, madre di Dio. L’esortazione del
poeta libera Dante dalla paura e dalla viltà, e lo risolve ad affrontare il cammino.
CANTO III
Luogo: Antinferno: ignavi
La porta d’ingresso dell’Inferno reca un’iscrizione con parole terribili di dannazione e di
dolore, ma, nella più fitta oscurità, sono i lamenti dei dannati del vestibolo infernale a
muovere Dante alle lacrime: la prima schiera che incontra è quella degli ignavi, i pusillanimi
che per paura non seppero seguire il bene e che per viltà neppure perseguirono il male.
Senza essere propriamente dannati, come contrappasso per la scelta fra bene e male che
rifiutarono di fare in vita sono ora costretti a inseguire freneticamente un’insegna, mentre
degli insetti pungono i loro corpi nudi e dei vermi bevono il loro sangue misto alle lacrime.
Sono così spregevoli che Virgilio invita Dante a non occuparsene, e questi, benché ne
riconosca alcuni, evita persino di nominarli. Quindi i due raggiungono il fiume Acheronte,
dove una folla di anime attende il passaggio all’altra riva; Caronte, il traghettatore, intima a
Dante di allontanarsi dato che è destinato a un altro regno ultraterreno, ma si placa non
appena Virgilio indica nella volontà divina il motivo della sua presenza. Infine, la terra è
scossa da un terribile terremoto e Dante perde conoscenza.
CANTO IV
Luogo: I cerchio: Limbo: anime giuste non battezzate (spiriti magni)
Riprendendo i sensi, Dante si ritrova nel primo cerchio dell’Inferno, il limbo, dove dimorano
le anime di coloro che morirono prima di ricevere il battesimo o che vissero prima dell’era
cristiana e che quindi, benché non siano prive di meriti, non possono aspirare alla salvezza.
Fra questi si trovavano anche i patriarchi dell’Antico Testamento prima che Cristo, subito
dopo la resurrezione, venisse a liberarli per condurli con sé nell’Empireo. Da una zona di
luce che interrompe le tenebre si fanno avanti le anime di Omero, Orazio, Ovidio e Lucano
per accogliere con tutti gli onori il loro compagno Virgilio, e Dante si accoda, nella finzione
narrativa e nella legittimazione letteraria, alla compagnia dei poeti. I sei passano insieme in
rassegna gli spiriti magni dell’antichità, i poeti, i filosofi e gli eroi che si distinsero per le loro
opere e che nel limbo occupano un luogo privilegiato, un castello difeso da sette cinte
murarie; quindi Dante e Virgilio riprendono il viaggio.
CANTO V
Luogo: II cerchio: lussuriosi
All’entrata del secondo cerchio Minosse accoglie i peccatori e, dopo averli costretti a
confessare le loro colpe, indica loro la punizione divina avvolgendosi la coda intorno al corpo
un numero di volte corrispondente al numero del girone infernale al quale li invia. Dopo che
Virgilio ha superato la resistenza del giudice infernale al passaggio di Dante grazie a un
nuovo richiamo alla volontà divina, ai due si offre la vista della bufera che travolge i
lussuriosi, fra i quali si riconoscono alcuni protagonisti della storia e della letteratura classica
e medievale. Per soddisfare la curiosità di Dante, dalla schiera dei peccatori si staccano due
anime, Francesca da Polenta e Paolo Malatesta: le parole di Francesca che narrano
dell’adulterio e della morte violenta dei due commuovono Dante al punto di fargli perdere i
sensi.
CANTO VI
Luogo: III cerchio: golosi
Al risveglio Dante si ritrova nel terzo cerchio, dove i dannati per il peccato di gola giacciono
prostrati da una pioggia scura, mista di grandine e neve, e vengono dilaniati da Cerbero, un
mostruoso cane a tre teste con elementi umani. Non appena Virgilio ha placato la ferocia del
custode dandogli in pasto una manciata di terra, un dannato si leva a sedere e richiama
l’attenzione di Dante, dicendogli di essere fiorentino e di chiamarsi Ciacco. Alle domande di
Dante sul futuro di Firenze, sulla situazione presente e sulle cause della discordia attuale,
Ciacco risponde profetizzando un primo, effimero, successo dei guelfi bianchi seguito entro
breve tempo da una più duratura vittoria della parte nera; quindi il dannato esprime un
severo giudizio sulla condizione morale della città e indica nei vizi l’origine delle contese.
Infine, dopo aver dato notizie sul destino ultramondano di eminenti personaggi fiorentini,
Ciacco ricade a terra. Quindi Dante e Virgilio riprendono il cammino e, parlando della sorte
dei dannati dopo il giudizio universale, arrivano sul ciglio del quarto cerchio, dove li attende
Pluto.
CANTO VII
Luogo: IV cerchio: avari e prodighi -
V cerchio: iracondi e accidiosi
Per placare l’ira di Pluto il custode del cerchio che cerca di intimorirli pronunciando parole
misteriose, Virgilio invoca ancora una volta la volontà divina che permette a Dante, persona
viva, di attraversare il regno dei morti. Lungo il perimetro del quarto cerchio si fronteggiano
due schiere di dannati, i prodighi e gli avari, che spingono con il petto dei massi enormi e si
rinfacciano gli opposti peccati. In risposta a una domanda di Dante, Virgilio illustra la natura
e le funzioni della Fortuna, forza preposta da Dio alla ripartizione dei beni materiali fra gli
uomini, e contro le cui disposizioni peccano sia i prodighi, sia gli avari. Quindi i due
scendono nel quinto cerchio, invaso dal fiume Stige entro le cui acque paludose si dibattono
le anime degli iracondi, dilaniandosi a vicenda; completamente sommersi nel fango
giacciono invece gli accidiosi, rivelati solo dal ribollire dell’acqua in superficie.
CANTO VIII
Luogo: V cerchio: iracondi e accidiosi -
mura della città di Dite
Costeggiando la riva dello Stige Dante e Virgilio giungono ai piedi di una torre dalla cui
sommità partono segnali luminosi. Questi si rivelano essere avvisi di richiamo per Flegiàs, il
traghettatore infernale che, reprimendo l’ira, accetta i due sulla sua barca. Durante la
navigazione uno degli iracondi puniti nella palude si rivolge con arroganza a Dante: è il
fiorentino Filippo Argenti che, dopo un breve scambio di battute ingiuriose, tenta di assalire
la barca ma viene ricacciato da Virgilio nel fango dove è straziato dagli altri dannati. Infine la
barca approda davanti alle mura della città di Dite, rosseggiante per il fuoco, protetta da uno
stuolo di diavoli che impediscono a Dante e a Virgilio l’ingresso nel basso Inferno. Neppure
le parole di Virgilio riescono a persuadere i diavoli a piegarsi alla volontà divina: di fronte alla
loro ostilità e allo sconforto della sua guida Dante è preso dal terrore, anche se Virgilio lo
rassicura e gli preannuncia l’arrivo di qualcuno in grado di aiutarli.
CANTO IX
Luogo: mura della città di Dite -
VI cerchio: eretici
L’attesa davanti alle mura di Dite si protrae, e il terrore di Dante aumenta a causa di una
frase lasciata sospesa da Virgilio: questi cerca di confortarlo, raccontandogli di una sua
precedente discesa nel basso Inferno che lo ha reso esperto dei luoghi e dei comportamenti
dei suoi abitatori. Dall’alto di una torre si mostrano le tre furie, Megera, Tesifone e Aletto, che
minacciano l’arrivo di Medusa, figura mitologica capace di trasformare in pietra chiunque la
guardi: per evitare questo rischio a Dante, Virgilio lo fa girare e gli copre gli occhi.
Finalmente giunge il messo celeste ad aprire la porta del basso Inferno e a umiliare la
superbia dei diavoli. Dante e Virgilio entrano quindi nel sesto cerchio, una vasta pianura
disseminata di tombe scoperchiate e infuocate: nei sarcofagi giacciono gli eretici, distinti
nelle varie sette, e più o meno torturati dal calore del fuoco secondo la gravità della loro
eresia.

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