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Canto 26 Inferno

SCHEMA
I temi
- critica contro firenze
- sete di conoscenza di Ulisse
- limiti del sapere umano

Quando? Mezzogiorno del 9 aprile 1300 ( sabato santo)

Dove? Nel VIII cerchio

Chi incontra? I consiglieri fraudolenti

Ulisse: astuto re di Itaca, artefice del cavallo di Troia, sfida Dio superando il limite prefissato da
quest'ultimo. Egli abbandona la moglie e il figlio per esplorare l'emisfero australe, appellandosi alla
conoscenza dell'ignoto. Dopo 5 minuti, scorge solo il monte del purgatorio, ma poi muore in una
tempesta voluta da Dio perché la nave affondò.

Diomede: re di Argo e compagno prediletto di Ulisse

All'inizio del canto Dante augura alla sua città un lungo castigo. Successivamente si sposta
nell'ottava bolgia dell'ottavo cerchio infernale, dove vengono puniti i consiglieri fraudolenti. Le
anime sono nascoste dalle fiamme come essi hanno nascosto le loro frodi. Dante si accorge di un'
unica fiamma con due punte, dentro la quale stanno Ulisse e Diomede. Dante prega Ulisse di parlare
della sua morte, di cui i poemi omerici non parlano. La vera colpa di Ulisse è stato svincolare la sua
ragione dalla fede. La ragione deve essere al servizio della fede. Il suo naufrago è il segno dei limiti
della mente umana. ("fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza": chi è
senza ragione umana è brutale, violento, grezzo; Ulisse lo disse ai suoi uomini per convincerli a
seguirlo nell'impresa).

CONTENUTI

Il ventiseiesimo canto dell'inferno si apre con una critica ironica alla città di Firenze, che all'interno
dell'Inferno è molto famosa.
I due pellegrini (Virgilio e Dante), nel frattempo, sono arrivati all'ottava bolgia dell'ottavo cerchio,
in cui sono puniti consiglieri fraudolenti.
Dante si sorprende per lo scenario che si trova davanti agli occhi: innumerevoli fiammelle si
muovono individualmente e dietro ognuna di esse si cela un consigliere fraudolento.
In particolare, l'attenzione di Dante è catturata da una fiammella a due punte ciò spinge il poeta a
chiedere a Virgilio di chi si tratti.
Virgilio risponde che s tratta di Ulisse e Diomede, che non sono separati nemmeno all'Inferno, allo
stesso modo in cui furono uniti durante la vita terrena a compiere molte azioni ingannevoli e
pertanto avendo anche peripezie.
Virgilio, spinto dalla curiosità di Dante, chiede a uno dei due di raccontare la loro vicenda e ciò che
ha portato alla loro morte.
Ulisse narra di come la sua curiosità di conoscere realtà diverse abbia superato anche la sua voglia
di ritornare nella sua terra natale e dai suoi familiari; per questo motivo lui e i suoi compagni
compirono un viaggio per esplorare, oltre le colonne d'Ercole, un emisfero disabitato.
Dopo mesi di navigazione naufragarono a causa di una bufera di vento.

RIASSUNTO
Ci troviamo esattamente nell'ottavo girone, la bolgia, dell'ottavo cerchio, dove sono messi i
cosiddetti "consilieri fraudolenti" (episodio del cavallo di Troia).
Il più grande esempio di colui che attraverso le parole è riuscito a tessere inganni è Ulisse.
Il canto si apre con un'invettiva nei confronti di Firenze, perché si collega con il canto precedente,
un attacco ironico che sottolinea il fatto che Firenze sia così famosa perché molti fiorentini sono
degni dell'inferno.
Dante infatti vi ha trovato cinque cittadini che si sono distinti in negativo perché sono stati dei
grandi ladri.
Egli si augura anche che la fine di Firenze avvenga presto: se quello che si dice è veritiero, io mi
auguro che quello che desidera Prato (la fine di Firenze) si verifichi subito.
Abbiamo poi la descrizione di queste scale rocciose dove si è arrampicato con la guida di Virgilio.
Guardando dall'alto il fondo di questa bolgia, vedono che le anime appaiono come dei punti di luce.
Come il contadino, quando termina il lavoro sui campi, si riposa e vede le lucciole (al verso 25),
allo stesso modo Dante vede le anime come delle luci.
Lo stesso capita al profeta Eliseo quando vede il suo maestro Elia allontanarsi su un campo
infuocato: Eliseo vedeva solo un punto luminoso, come fa adesso Dante quando, sporgendosi dalla
cima delle scale, vede questi punti luminosi che sono le anime.
Eliseo viene indicato con il verso: "colui che si vengiò co li orsi".
Si racconta che Eliseo, essendo stato canzonato a causa della sua calvizie, provocò una vendetta
divina.
Due orsi spuntarono e fecero una strage, perciò la perifrasi di questo verso.
Queste anime si presentano come punti luminosi perché sono avvolte da fiamme.
Secondo la legge del contrappasso, le lingue infuocate rappresentano quell'incendio metaforico che
le anime provocarono con le parole false che pronunciarono, con i loro inganni orditi da parole.
Questa fiamma che brucia sta a indicare quanto bruci l'inganno e rappresenta la forza diabolica della
parola.
Ognuna di queste fiamme nasconde un'anima.
Dante è spaventato, perché inerpicarsi su questa roccia è molto difficile, infatti si sporge per
guardare le anime.
Viene colpito soprattutto da una di queste fiamme, che ha la punta biforcuta (verso 49). L'anima si
presenta sì come una fiamma, ma sembra divisa, biforcuta, a due punte, così che sembra sorgere
dalla pira dove c'è un riferimento alla lotta tra Teocle e Polinice.
Entrambi avevano l'ambizione di governare su Tebe e furono perciò condannati al rogo.
Si racconta anche che l'odio tra questi due fratelli provocò la divisione della fiamma sulla quale
stavano bruciando.
L'immagine di quest'anima biforcuta viene comparata a quella dei due fratelli.
Virgilio spiega a Dante che in quella fiamma sono racchiuse due anime: quella di Ulisse e quella di
Diomede, che hanno agito insieme.
Ulisse e Diomede sono stati coloro che hanno pianificato l'inganno del cavallo di Troia.
Da quel varco che fu realizzato per far entrare il cavallo uscì Enea, che diede vita alla creazione di
Roma.
Le altre colpe di Ulisse e Diomede: Achille era stato portato via dalla madre che voleva sottrarlo
alla guerra, perché altrimenti sarebbe morto. Ulisse e Diomede scoprirono Ulisse e lo portarono via.
Nel frattempo Deidamia si era innamorata di Achille, ma fu da lui abbandonata perché Ulisse e
Diomede lo portarono via con la forza, per farlo tornare in guerra.
Un'altra colpa di Ulisse e Diomede riguarda il Palladio.
Il Palladio era l'immagine della dea Pallade che proteggeva la città di Troia.
Diomede e Ulisse sottrassero il palladio.
Dante fa di Ulisse il simbolo della conoscenza e sottolinea la differenza fra due diversi tipi di
conoscenza: la conoscenza basata solo sulla razionalità, sul rapporto con la ragione, e la conoscenza
di Ulisse.
Dante vuole parlare con queste due anime, ma Virgilio gli chiede di tacere e gli dice che avrebbe
parlato lui, quasi Dante non fosse degno di parlare con queste due anime.
Ma perché Dante non poteva parlare con queste due anime?
Dante non conosceva il greco, quindi forse il problema era la lingua.
Si è anche pensato che Virgilio, che aveva esaltato Ulisse nelle sue opere, faccia da cerniera tra la
cultura greca e quella Medioevale. Quando la fiamma arriva, Virgilio prende a parlare.
Virgilio vuole sapere come si concluse la vita di Ulisse, come è morto.
La punta più alta della fiamma, che rappresenta Ulisse comincia a parlare.
Nella visione Dantesca Ulisse è un po' diverso rispetto all'immagine tradizionale che si dà di lui.
Dante parla delle colonne d'Ercole, che segnavano i confini della terra conosciuta di allora. Quello
che c'era al di là delle colonne, era popolato da mostri terribili. Ulisse vuole conoscere il mondo al
di là delle colonne e convince i suoi compagni a intraprendere questo viaggio; Ulisse ammette di
aver condannato anche i suoi compagni.
Non si possono conoscere le cose divine solo con la forza della ragione.
Il canto si conclude con il naufragio di Ulisse: egli riesce a malapena a vedere un'altissima
montagna, quella del Purgatorio, prima che un enorme vortice faccia naufragare lui e i suoi
compagni, mentre il mare si chiude sulla sua barca.

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