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Dante: PURGATORIO

CANTO V:
luogo: antipurgatorio
Qui si trovano i negligenti morti per violenza, la loro pena è di attendere
nell’Antipurgatorio il tempo corrispondente agli anni vissuti sulla Terra.
Pena :sono costretti a stare nell’Antipurgatorio tanto tempo quanto vissero, girando
affannosamente intorno al monte e cantando il salmo Miserere
Tra le anime presenti Dante incontra Pia de’ Tolomei, Jacopo del Cassero e
Buonconte da Montefeltro.

Mentre Dante e Virgilio si allontanano dalla seconda schiera le anime notano l’ombra
proiettata dal corpo di Dante sul terreno e si meravigliano a gran voce. Dante si
ferma a guardare ma Virgilio lo ammonisce ricordandogli il rimprovero ricevuto in
precedenza da Catone ed esortandolo a proseguire il cammino senza distrazioni.
Nel frattempo un’altra schiera di anime, accortasi dell’ombra proiettata da
Dante,viene incontro ai due e due delle anime della schiera avanzano per chiedere
spiegazioni. Virgilio spiega che Dante è vivo e perciò proietta un’ombra e subito le
due anime corrono a dirlo al resto del gruppo. La schiera di anime rivela di essere
composta da spiriti negligenti, morti tutti per atti violenti e pentitosi soltanto in punto di
morte. Dante afferma di non riconoscere nessuno nella schiera ma promette che porterà
notizie di loro nel mondo dei vivi (topos del purgatorio → le anime chiedono a Dante di
pregare per loro in modo che possano abbreviare il percorso in purgatorio)
A questo punto Dante dialoga in successione con 3 anime:
1) JACOPO DEL CASSERO (vv.64-84) una delle anime si presenta con questo
nome. Storicamente il personaggio, di fazione guelfa, difese i fiorentini contro
i ghibellini di Arezzo. Fu podestà di Bologna (1296) e difese il Comune dai
tentativi espansionistici di Azzo VIII d’Este, marchese di Ferrara. Quando
però fu chiamato a prestare servizio come podestà di Milano (1298) nel
percorso per giungere alla città (cercava di evitare i territori degli Este) fu
raggiunto da sicari del marchese di Ferrara e ucciso nel padovano.
Raccomanda a Dante di ricordare il proprio destino ai parenti e ai conoscenti
di Fano
2) BUONCONTE DA MONTEFELTRO (vv.85-129) seconda anima a parlare con
Dante, si lamenta di non essere ricordato da nessuno dei suoi parenti.
storia: Buonconte, figlio di Guido da Montefeltro (che Dante aveva inserito
nel canto XXVII tra i consiglieri fraudolenti) fu tra i capi dei ghibellini di
Arezzo e guidò l’esercito nella guerra contro Firenze. racconta che morì nel
1289 nella battaglia di Campaldino, sulle rive dell’Arno a seguito di ferite gravi
riportate combattendo. Il cadavere di Buonconte non fu mai ritrovato e per questo si
generò una leggenda intorno alla sua morte. → nessuno sa come andarono realmente
i fatti, Dante ne fa una ricostruzione ipotetica, non necessariamente
corrispondente al vero
ferito a morte Buonconte si trascinò fino alla confluenza del fiume Archiano con
l’Arno, e qui morì invocando Maria (il perdono) → pentimento in extremis
Sottrasse l’anima al diavolo che si vendicò accanendosi sul corpo; scatenò
una tempesta e la pioggia fece straripare l’Archiano che travolse il corpo di
Buonconte trascinandolo nell’Arno dove fu ricoperto dai detriti del letto del
fiume.

→ la disputa tra un angelo/santo e un diavolo per il possesso di un’anima dopo la


morte, è tipica delle leggende popolari medioevali. → già nell’inferno, canto
XXVII Dante aveva descritto la disputa tra S.Francesco e un diavolo per il
possesso dell’anima del padre di Buonconte, Guido da Montefeltro (poi vinta
dal diavolo, infatti Dante lo incontra nelle Malebolge)
↳ Il conflitto tra bene e il male e tra peccato e grazia divina sono concetti astratti resi
poi concreti e visibili dalla personificazione nella disputa tra angeli e demoni.
3) PIA DE’ TOLOMEI: di Siena, sposò il signore di Nello dei Pannocchieschi
(per beneficio di inventario), podestà di Lucca e Volterra. Fu relegata dal
marito in un castello in Maremma. Sarebbe stata uccisa nel 1297 da un
sicario del marito; alcuni dicono per gelosia mentre altri per poter sposare
liberamente una donna appartenente ad una famiglia più ricca e potente,
Margherita Aldobrandeschi.
→ Dante accetta la prima versione dei fatti poichè, implicitamente instaura un
collegamento con Francesca (Canto V, inferno) → vittime di uomini che hanno tradito; il
loro amore sacrificato per interessi economici e sociali.

CANTO VI:
luogo: Antipurgatorio
peccatori: spiriti negligenti morti per violenza
L’inizio del canto VI si collega alla fine del canto precedente dove Dante ha
incontrato i pentiti dell’ultima ora (spiriti negligenti)
→ le anime si affollano intorno a Dante perchè si accorgono che è vivo e gli chiedono
preghiere di suffragio nel mondo dei vivi
Dunque Dante pone una questione a Virgilio: le anime chiedono le preghiere ai vivi
per abbreviare la loro espiazione MA Dante, facendo riferimento a un passo
dell’Eneide di Virgilio sembra di capire che le preghiere non possano modificare il
giudizio divino: quindi le anime sono illuse o Dante ha interpretato male il
passo?
Il passo a cui si riferisce Dante è la catabasi del libro VI
↳ Enea disceso negli inferi con la Sibilla, incontra il compagno PALINURO , rimasto
insepolto dopo la morte e per questo costretto a vagare per 100 anni nella Selva
degli Insepolti, prima di attraversare l’Acheronte. Enea dunque supplica la Sibilla di
farlo risalire subito ma lei risponde che i fati stabiliti dagli Dei non si possono piegare
con le preghiere.
“Desine fata deum flecti sperare precando” = è inutile che la volontà degli dei venga
piegata con la preghiera. → la condizione di Palinuro si può accostare a quella delle anime
nell’Antipurgatorio
Virgilio spiega quindi a Dante che l’ardore di carità che ispira le preghiere dei vivi per
i defunti può davvero modificare la sentenza divina, quindi le speranze di queste
anime non sono vane.
→ nell’Eneide la preghiera non aveva effetto perchè pronunciata da pagani e essendo rivolta
a divinità pagane non c’era modo che arrivasse a Dio.
↳ interpretazione allegorica-religiosa di un testo classico (non interpretazione filologica)

Dante e Virgilio si avviano verso la VALLETTA DEI PRINCIPI → schiere di spiriti


negligenti di principi distratti da questioni terrene. Di fronte all’entrata vedono un’anima
seduta che se ne sta in disparte con aria altezzosa.
↳ Virgilio si rivolge a quest’anima per chiedergli la strada: l’anima invece di rispondere
mantiene un atteggiamento altero e distaccato e chiede da dove venga
↳ Virgy allora inizia la sua risposta dicendo “Mantua” e l’anima appena sente la parola
“Mantova”, abbandona l’atteggiamento serioso, si alza in piedi e si butta al collo di Virgilio.
L’anima è SORDELLO DA GOITO (provincia di Mantova), un mantovano che si
getta al collo di Virgilio in quanto suo compatriota
Sordello nasce a Goito agli inizi del 1200. Era probabilmente un nobile e fu trovatore
in lingua provenzale. Fu al servizio di grandi signori da cui ebbe onori e titoli feudali
Questo gesto di Sordello fornisce a Dante lo spunto per riflettere sulla situazione
dell’Italia del suo tempo, afflitta da continue lotte di fazione tanto che in Italia non
solo non c’è pace tra una città e l’altra ma neanche tra abitanti della stessa città
↳ Dante sfoga la sua indignazione sulla situazione attuale, attraverso un’ APOSTROFE
(personificazione) all’Italia e ai responsabili di questa situazione:
1) GLI ITALIANI che dovrebbero sentire lo spirito di solidarietà tra concittadini e
invece in ogni città italiana ci sono fazioni in lotta.
Le leggi e le norme che regolano la vita civile ci sono e hanno il loro
fondamento nel CORPUS IURIS CIVILIS di Giustiniano (codice del diritto
civile messo insieme da Giustiniano)
MA a cosa servono le leggi se nessuno le rispetta?
2) GLI UOMINI DI CHIESA (Chiesa/papa) che non permettono all’imperatore di
esercitare il suo potere in Italia
3) L’IMPERATORE poichè ha rinunciato ad occuparsi della parte “più bella” del
suo impero (Italia) e si occupa solo della parte tedesca, lasciando che l’Italia
precipiti nell’anarchia e nel disordine
“donna di provincia” (domina provinciarum) appellativo dato all’Italia nel corpus iuris civilis
→ italia personificata
Viene usata la parola “bordello” per descrivere la situazione in Italia→ ad argomento
basso(=situazione politica italiana) corrisponde un registro linguistico basso.
metafora per far capire la situazione in Italia:
popolazioni italiche → cavallo imbizzarrito che dovrebbe essere tenuto a freno dalle briglie
leggi → briglie
trono imperiale/potere → sella
Le leggi in Italia ci sono ma non c’è nessuno che le rispetta e nessuno che le fa
rispettare.
ANALISI POLITICA DI DANTE non acuta, perché pensare ad un’autorità imperiale e
universale che governi su tutto è ANACRONISTICO e IRREALIZZABILE (visione
passatista). Dante invoca una punizione dal cielo per l’imperatore che ha
abbandonato l’Italia.
La Chiesa, che ostacola l’imperatore nell'esercitare la sua autorità imperiale in italia
(gli impedisce di salire in sella)--> La Chiesa dovrebbe infatti dedicarsi alle attività
spirituali, invece si intromette negli affari politici ostacolando l’imperatore
nell’esercizio del potere.
Imperatore Alberto d’Asburgo→ lIII RESPONSABILE: imperatore
Dopo Federico II la casa imperiale non si è più preoccupata dell’Italia, ma si è
preoccupata solo della parte tedesca dell’impero.

CANTO VIII
È l’ora del tramonto e una delle anime si rivolge ad Oriente e sollevando le mani al
cielo intona un inno seguita poi dalle altre anime. L’inno che viene intonato è l’inno
“te lucis ante”.
(Un inno è una preghiera) di Sant'ambrogio che invoca l’aiuto del cielo contro le
tentazioni notturne. La notte è infatti il momento in cui il demonio agisce e tenta
l’uomo. Al termine dell’inno dall’alto scendono due angeli in veste verde e con spade
fiammeggianti, ma senza la punta, che si pongono all'imboccatura della valletta, uno
da una parte e l’altro dall’altra. Sordello spiega che gli angeli sono mandati ogni sera
dal cielo a difendere le anime dal serpente tentatore che ad ogni tramonto si insinua
nella valletta strisciando nel piano fiorito
-Serpente: ripresentarsi della tentazione
-Erba e fiori fra cui si striscia: simboli dei piaceri mondani
-Angeli mandati dal cielo: simbolo della GRAZIA DIVINA sempre pronta a soccorrere
chi si pente
-Veste verdi: speranza
-Spade spuntate: servono a difendere e non offendere( simbolo della giustizia fu Dio,
mitigata dalla misericordia)

Canto XI
Alla cornice dei SUPERBI Dante dedica 3 canti X-XI-XII—>nel primo canto di questa
trilogia e nell’ultima sono descritti rispettivamente:
Umiltà : massi che li costringono a tenere la testa basta, contrappasso per ANTITESI:tutta la
vita hanno tenuto la testa (correggere tendenza sbagliata) + sono costretti a guardare
esempi di superbia punita e di umiltà premiata
Nel canto X sono descritti esempi di umiltà premiata, scolpiti sulla parete rocciosa della
cornice:
1) umili parole di Maria al momento dell’ annunciazione “ecco la serva del
signore”(esempio dal nuovo testamento)
2) Re david danza davanti al carro dell’alleanza —> umiliò la sua attività regale davanti
alla grandezza di Dio (es dal vecchio testamento)
3) imperatore traiano che scende da cavallo per ascoltare le richieste di una vedova
(esempio dall’antichità classica)
Nel canto XII sono descritti gli esempi di superbia che sono scolpiti sul pavimento della
cornice (la superbia viene così calpestata)
Sono molti di più rispetto agli esempi di umiltà, 13(Lucifero cacciata dei cieli, la caduta di
Troia, etc, non li ha detti tutti)
Testo:
Vedea
O
Mostrava
Al centro di questa trilogia Dante incontra 3 anime che rappresentano tre diverse sfumature
di superbia:
1) superbia nobiliare —>Umberto Aldobrandesco
2) superbia artistica —> Oderisi da Gubbio
3) superbia politica —> Provenzano Salvani
La scelta di un queste forme di superbia non è casuale, ma ha delle implicazioni
autobiografiche: Dante si riconosce colpevole del peccato di superbia legata alle origini
aristocratiche (antenato di Dante era cacciaguida, un cavaliere), la sua vocazione letteraria e
all’attività politica. Si immedesima a tal punto con i penitenti della cornice che quando gli
parla piega la testa, così da condividere in modo simbolico la loro condizione.
Umberto Aldobrandesco
Fu un feudatario avversario del comune di Siena che cercava di impadronirsi dei feudi su cui
la sua famiglia governava per concessione imperiale. Ci sono due diverse versioni riguardo
la sua morte:
-morì in battaglia difendendo il suo castello dai senesi
-fu ucciso da un sicario mandato dai senesi

Oderisi da Gubbio
Fu un celebre miniatore (in genere erano anonimi e uno di questi fu lui). Lavorò alla scuola
di Bologna e probabilmente incontrò Dante.

Provenzano Salvani
Fu un politico senese il quale, dopo aver guidato Siena alla vittoria contro i fiorentini nella
battaglia di Montaperti, divenne l’uomo politico più potente di Siena.

Canto XI
Il canto XI inizia con una versione dantesca del “Padre nostro”(Dante aggiunge dei
commenti), che diventa il padre dei superbi. Questa preghiera viene fatta dalle
anime per i mortali—> Dante da una considerazione: visto che loro fanno preghiere
per noi, anche noi dovremmo farne per loro (in poche parole sponsorizza le
preghiere di suffragio).
-Virgilio è in difficoltà nell’orientarsi nel purgatorio, e quindi chiede
indicazioni(allegoria della ragione non supportata dalla fede)
Dante in questo canto da prova di SPERIMENTALISMO LINGUISTICO
Rende il concetto di ETÀ INFANTILE
Attraverso il suo linguaggio, di cui riporta due espressioni(pappo, dindi) + un termine
francese(alluminar) che inserisce all’interno di un poema epico in volgare, Dante dà
prova di sperimentalismo linguistico.
Dante immagina che Provenzano si pentì in punto di morte, e che difficilmente
qualcuno avrebbe pregato per un uomo così presuntuoso
Allora, se si è pentito solo in punto di morte, come mai si trova già in
Purgatorio?
Oderisi spiega a Dante che in gesto di umiltà compiuto da Provenzale in vita quando
era al culmine del suo potere gli ha fatto meritare la misericordia di Dio. Il re Carlo
D'Angiò aveva catturato in battaglia un caro amico di Provenzano, e gli fu fissato un
caro riscatto da consegnare entro un termine stabilito, in caso contrario sarebbe
stato ucciso. Il prigioniero chiese aiuto a Provenzale, il quale non avendo in quel
momento tutta la somma, pur di aiutare l’amico, lasciò la sua usuale superbia e si
umiliò andando a chiedere l’elemosina nella piazza di Siena.
Dante mette poi in evidenza quanto sia effimera e di poca durata la fama che si
guadagna sulla terra, infatti si chiede: “fra mille anni cosa cambierà che tu sia
diventato famoso o meno?”
Che tu diventi vecchio ed abbia avuto il tempo di diventare famoso in qualche
campo, o che tu sia morto troppo giovane per conseguirla non importerà niente
→ Concetto di idea infantile per METONIMIA attraverso il suo linguaggio di cui Dante
riporta due espressioni(dindi,pappo)

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