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CANTO XXVI

riassunto:
In questo passaggio troviamo Dante e Virgilio che riprendono il loro faticoso cammino dopo aver affrontato la bolgia dei
ladri.

Presto si trovano ad attraversare l’ottava cerchia infernale, quella in cui sono puniti i consiglieri fraudolenti: dall’alto del
ponte che sovrasta la bolgia, Dante vede tante fiamme che bruciano, ognuna delle quali nasconde un peccatore, e
viene particolarmente colpito dalla vista di Ulisse e Diomede.

Quando chiede a Virgilio di parlare con uno di loro, è proprio la voce di Ulisse ad uscire dalla punta più alta della sua
fiamma: così il poeta lo sente raccontare che, dopo aver sostato presso la maga Circe, invece di tornare direttamente a
casa non riuscì a resistere dalla voglia di esplorare il Mediterraneo occidentale fino alle colonne d’Ercole, limite del
mondo conoscibile, e convinse i suoi compagni stanchi e affaticati a seguirlo, con un discorso che ne infiammò lo
spirito. Un consiglio che, invece, li portò alla morte: la nave infatti affondò, e fu solo Ulisse a sopravvivere.

Oltre all’arroganza e la curiosità, è anche un’altra la colpa che condanna l’eroe greco: Ulisse si trova all’Inferno, infatti,
per aver ideato la grande menzogna del cavallo di Troia, che permise la vittoria della guerra grazie a una bugia.

Da questo confronto capiamo che Dante, verso questi peccatori, prova una certa riverenza: la loro colpa infatti, e quella
di Ulisse, è un un peccato di intelligenza, che va punito ma che non fa perdere all’essere umano le proprie prerogative
e non lo rende simile ad una bestia senza controllo.

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