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PURGATORIO - CANTO TERZO

Il terzo canto si apre con Dante che si avvicina a Virgilio per continuare il cammino: quest’ultimo è corrucciato per
il rimprovero di Catone, custode del Purgatorio, per essersi fermati ad ascoltare la musica di Casella, amico di
Dante (avvenuto nel canto precedente).

Il poeta, accorgendosi che la propria ombra è l’unica proiettata sul terreno, si spaventa e solleva lo sguardo
temendo che il maestro lo abbia abbandonato; Virgilio, accortosi di questo timore di Dante, lo rimprovera,
dicendogli che se non lo ha abbandonato fino a quel momento di certo non lo farà adesso che sono finalmente
giunti al Purgatorio. Virgilio spiega che le anime non hanno un’ombra in quanto i raggi del sole attraversano i loro
corpi senza alcun ostacolo. Il modo in cui questi corpi sono stati creati lo conosce soltanto Dio.

Giunti ai piedi della montagna del Purgatorio, i due poeti si accorgono che questa è estremamente ripida e non
può essere scalata. Virgilio si ferma quindi a riflettere su quale possa essere il percorso migliore per raggiungere la
vetta del monte; nel mentre, Dante vede in lontananza una folta schiera di anime avanzare verso di loro molto
lentamente: Dante esorta il maestro a guardare queste anime. Virgilio suggerisce di chiedere a loro indicazioni per
la via corretta da prendere e suggerisce di avvicinarsi a loro. Non appena iniziano ad avanzare verso la folla di
anime, queste si bloccano e tutte quante si addossano alla parete del monte. Virgilio chiede loro informazioni e
quando sentono la sua voce alcune di esse si staccano dalla parete del monte e avanzano verso i due poeti,
esattamente come avanzano le prime pecorelle di un gregge. Ma quando le anime notano che il corpo di Dante
proietta un’ombra, allora si fermano nuovamente piene di stupore e indietreggiano come le pecorelle quando
incontrano un ostacolo. Virgilio, intuendo cosa abbia spaventato le anime, dice loro che Dante è vivo e che non
c’è da preoccuparsi in quanto è lì in nome di Dio. A questo punto le anime rispondono alla richiesta di
informazioni di Virgilio e dicono ai due poeti che la loro direzione è quella giusta e li invitano a camminare
precedendo la loro schiera.

Mentre camminano, dante e Virgilio sono raggiunti da un’anima che invita Dante a riconoscerlo: l’anima è bella e
bionda, ed ha un aspetto nobile. Inoltre, ha una ferita che divide in due un sopracciglio del suo viso. Poi l’anima
mostra il proprio petto a Dante, rivelando una ulteriore ferita vicino al cuore. Si presenta come Manfredi di
Svevia, figlio di Federico II: racconta di aver trovato la morte a causa di due ferite mortali ma, poco prima di
morire, si è pentito nel suo ultimo istante di vita ed ha ottenuto il perdono. Tuttavia, il vescovo di Cosenza, spinto
da papa clemente IV, diseppellì il suo corpo e lo trasferì fuori dal regno di Napoli in quanto egli era stato
scomunicato. Manfredi spiega che il vescovo ha commesso un errore dato che la scomunica non impedisce la
salvezza se c’è speranza. Tuttavia, chi muore scomunicato deve trascorrere nell’antipurgatorio un tempo trenta
volte il tempo trascorso da scomunicato a meno che qualcuno con le sue preghiere non accorci questo tempo.
Per questo motivo Manfredi prega Dante di andare da sua figlia Costanza, madre dei sovrani di Sicilia e di
Aragona, per chiederle di pregare per lui e quindi abbreviare la sua permanenza nell’antipurgatorio.

Il personaggio di Virgilio assume un nuovo aspetto in confronto all’Inferno: il maestro, la guida, il “padre” qui è
fallibile, incerto, maldestro e smarrito. Goffo con Catone nel primo canto, distratto rispetto ai suoi doveri nel
secondo, nel terzo canto è affetto dal rimorso e si mostra particolarmente reattivo di fronte allo sconcerto di
Dante quando non vede la sua ombra. Virgilio si sta avventurando in un paesaggio che neanche lui conosce e in
una situazione che gli è ignota ed interdetta: l’attesa della salvezza.

Si tratta di una situazione spirituale estrema: da una parte il giudizio degli uomini, dall’altra quello di Dio; da una
parte il perdono della Chiesa, dall’altra quello divino. Manfredi, nemico della Chiesa, eretico ed epicureo come il
padre, si affida alla misericordia di Dio negli ultimi istanti della sua vita. Un conto è il giudizio degli uomini, un altro
è il segreto colloquio che ogni anima intrattiene, fino all’ultimo, con Dio.

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