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CANTO I
Dante Alighieri fa svolgere al Canto I dell’Inferno una doppia funzione: il
canto apre la prima cantica dell’Inferno ma assume anche il ruolo di
prologo dell’intero poema.
Dante presenta la situazione iniziale e illustra le motivazioni del viaggio
nei tre regni di inferno, purgatorio e paradiso: smarritosi all’età di 35 anni
in una foresta buia e impervia, allegoria del peccato, egli racconta di
esserne uscito dopo un lungo viaggio di purificazione e redenzione
spirituale. Ad accompagnarlo per due terzi del viaggio è Virgilio,
dopodiché proseguirà Beatrice.
OBIETTIVO DEL CANTO
Dante esplicita:
- Situazione iniziale: perdita retta via, smarrimento nella selva; inizio
viaggio con la guida Virgilio
- Motivazioni viaggio: purificazione dell’anima di Dante. Il suo percorso
di redenzione deve essere modello per tutta l’umanità (viaggio
intrapreso per tutti)
- Struttura poema: itinerario viaggio (per bocca di Virgilio): Inferno,
Purgatorio e Paradiso
I PERSONAGGI
- DANTE. Emerge il duplice ruolo da subito: autore e personaggio.
-Dante agens (personaggio): compie il viaggio Inferno-Paradiso.
Deve ancora compiere il viaggio: appare insicuro, impaurito e pieno
di dubbi: ha bisogno di una guida che gli dia i giusti consigli.
-Dante auctor(autore): narratore dell’intera vicenda. Ha già vissuto
la vicenda (la sta raccontando a posteriori), possiede la verità ed è
sicuro e saggio.
A mano a mano che si va avanti con la storia, dante personaggio si
avvicina a dante autore perché sta compiendo il viaggio e inizia a
capire ciò che sta vivendo.
- TRE FIERE.A partire dal v.31, il cammino di Dante (in particolare, la
salita al colle) è ostacolato dall’arrivo di tre fiere, tre belve che gli
impediscono di proseguire e anzi lo fanno arretrare verso la selva. Sono
-lonza------------- lussuria
-leone-------------superbia
CANTO 2
Il secondo canto svolge una funzione proemiale nei confronti della prima
cantica (Inferno), sottolineata dall’invocazione e dalla protasi.
L’invocazione è alle muse (a cui Dante non crede, ma è un omaggio alla
classicità), al suo alto ingegno, lodando la sua intelligenza, e alla sua
memoria, per ricordare l’avvenuto. La protasi indica invece l’argomento
della Cantica.
Sono presenti tre macro-sezioni:
- Proemio
- Esposizione dubbi di Dante circa la sua predisposizione compiere un
viaggio di tale importanza
- Risposta di Virgilio, che spiega al poeta la divina natura
dell’itinerario che i due stanno per compiere e il seguente
convincimento di Dante
PROTAGONISTI
- Le tre donne: Beatrice, Santa lucia e la vergine Maria.
Rappresentano le tre forme della Grazia Divina:
-Maria: Grazia Preveniente (dono gratuito di Dio, agisce prima che
sia tutto perduto)
ANALISI
Dante invoca le muse---Versi 1-9.
Sta calando la notte e Dante-personaggio è tormentato e angosciato dal
pensiero del cammino che dovrà intraprendere. Dante-autore invoca
l’aiuto delle Muse, del proprio ingegno e della propria memoria, affinché
riesca nell’arduo compito di descrivere l’aldilà.
I TEMI
- L’invocazione alle muse. Il canto si apre con un’invocazione alle
Muse e ciò è dovuto al fatto che questo canto funge da proemio
dell’Inferno. Dante inoltre invoca anche “il suo alto ingegno”.
- La missione di Dante. Nel primo canto l’impedimento era fisico (le
tre belve), qui l’impedimento è mentale. Il timore è quello di non
essere degno di tale viaggio, oltre al confronto con Paolo ed Enea.
Poi accetta il viaggio grazie alla spiegazione di Virgilio che gli illustra
le ragioni “divine” del suo viaggio.
CANTO 3
In questo canto ci troviamo finalmente nell’Oltretomba, e ci troviamo
davanti alla Porta Infernale e la sua minacciosa scritta. Il luogo di
ambientazione è in particolare l’Antinferno, connotato da oscurità (Dante
non vede nulla) e continui lamenti, urla e pianti: a popolarlo sono gli
ignavi, coloro cioè che nella vita non sono stati in grado di prendere una
posizione, macchiandosi irrimediabilmente di viltà. Essi, come detto, sono
nell’Antinferno, che è il luogo che precede l’Inferno, quindi non sono
propriamente dannati, ma sono sottoposti comunque a una dura pena. In
questo canto incontriamo inoltre le anime che aspettano di essere
traghettate da Caronte nell’Inferno vero e proprio.
Abbiamo quindi tre sezioni narrative
- La porta dell’Inferno: è l’ingresso ufficiale alla tematica infernale.
Sancisce l’immutabilità della condanna divina, non permettendo ad
alcuna anima di tornare indietro una volta varcata la soglia.
- Incontro con le anime degli ignavi: Dante per loro nutre grandissimo
disprezzo, a tal punto che non è dato loro un momento di interazione
o intervento, ma solo quello di descrizione di pena e colpa.
- La figura di Caronte: vero protagonista del Canto, ha una duplice
funzione.
PERSONAGGI
- Caronte è l’unico personaggio con uno spazio considerevole nel
canto. È il traghettatore delle anime dannate. È una figura
mitologica. Dante però decide di attuare una demonizzazione del
personaggio: infatti è molto aggressivo verso le anime e prova odio
verso tutti e anche verso sé stesso. Ha inoltre una doppia funzione:
TEMI
- La porta infernale.
La porta è quasi personificata e parla dicendo, tramite la scritta
soprastante, che si sta per entrare nel luogo dell’etterno dolore e che
una volta entrati non si può tornare indietro. Infatti le anime non
possono neanche morire e saranno lì per sempre.
- La colpa: l’ignavia.
Non sono mai stai in grado di prendere posizione, quando fare ciò è
uno dei compiti fondamentali dell’uomo. Il disprezzo di Dante per loro è
totale. Infatti chi si macchia di questo peccato non merita alcuna
considerazione e Dante perciò non si sofferma su nessuna anima,
accennando solamente a «colui / che fece per viltade il gran rifiuto».
- La legge del contrappasso.
La pena degli ignavi è correre incessantemente, nudi, dietro
un’insegna priva di significato, tormentati dalle punture di vespe e
mosconi fino a sanguinare, il loro sangue è raccolto da vermi
raccapriccianti che si muovono ai loro poeti.
Le pene sono descritte molto accuratamente e seguono la legge del
contrappasso, che si divide in:
Contrappasso per analogia: la pena è simile al peccato (ex: vita
ripugnante—vermi ripugnanti)
Contrappasso per contrasto: la pena rovescia le caratteristiche del
peccato (ex: come in vita non hanno seguito nulla, ora seguono senza
sosta un’inutile scritta)
CANTO 4
Ci troviamo nel limbo, cioè nel primo cerchio dell’Inferno. In questo
cerchio troviamo coloro che hanno vissuto prima di Dio e perciò non
possono essere salvati, sono peccatori di non essere stati battezzati. La
punizione assegnategli è l’eterno desiderio, l’eterna mancanza di Dio. La
pena non è quindi fisica, ma consiste nell’eterno e irrealizzabile desiderio
di poter vedere e contemplare Dio.
PERSONAGGI
CANTO 6
SINTESI NARRATIVA
A Dante e Virgilio si presenta il 3° cerchio dell'Inferno----Versi 1-33.
Dante riprende i sensi e si ritrova nel terzo Cerchio dell’Inferno, dove sono
punite le anime dei golosi: sommersi da una disgustosa fanghiglia, essi
CANTO 7
Siamo nel quarto cerchio, i cui protagonisti sono gli avari, cioè coloro che
in vita hanno pensato solo a guadagnare, e i prodighi, cioè coloro che
hanno dissipato oltre alle loro possibiltà.
Abbiamo prima di tutto l’incontro con Pluto, divinità pagana della
ricchezza e guardiano del cerchio. È una bestia, abbruttito e trasformato
in demone, inizia a parlare con un’invocazione a Satana. Al grido di Pluto
abbiamo una risposta di Virgilio, che ricorda la volontà divina del viaggio.
A quel punto Pluto si accascia e li lascia passare.
È un peccato ritenuto da Dante stesso pesante e importante, infatti la
pena consiste nello spingere macigni divisi in due schiere che si muovono
a semicerchio e quando si incontrano tra loro si insultano a vicenda. È
quindi una pena per analogia: come in vita si sono affannati per motivi
inutili, nell’Inferno trascinano inutilmente massi. Virgilio conferma come
molti avari sono stati uomini di Chiesa.
Nel giorno del giudizio, in cui le anime risorgeranno, gli avari saranno con
il pugno chiuso (per analogia) e i prodighi con i capelli tagliati
(contrappasso per aver vissuto appannandosi dietro a beni legati alla
Fortuna/Sorte).
Abbiamo una discussione sulla Fortuna, scaturita da una domanda di
Dante che chiede cosa sia questa. Essa amministra i beni materiali e ha
fatto impazzire questi peccatori.
CANTO 8
Siamo ancora nel quinto cerchio.
Dante e Virgilio stanno andando verso una torre che vedono davanti a
loro, scorgono due fuochi in cima alla torre e un fuoco che risponde ai
segnali di questi da lontano.
Il primo evento del canto è l’arrivo di un nuovo nocchiere: Flegiàs, che
raggiunge i due protagonisti sfrecciando sulla sua barca. Inizialmente
aggredisce Dante credendolo un dannato, poi Virgilio lo rimprovera. Egli è
il guardiano degli iracondi.
Egli trasporta Dante e Virgilio per la palude, ma ad un tratto un iracondo
si aggrappa alla barca e Dante sta per cadere nella palude. Virgilio salva
tutto. Costui è Filippo Argenti, conoscente di Dante e fiorentino, famoso
per i suoi scatti d’ira. È un personaggio storico importante: quando Dante
nel 1307 rifiutò di tornare a Firenze, i beni degli Alighieri furono confiscati
dalla famiglia dei Guelfi neri degli Argenti. Viene subito aggredito da altri
dannati che lo straziano.
Virgilio e Dante, scesi dalla barca, sono ai piedi della città di Dite, con le
sue torri infuocate e i diavoli a protezione. Dante è spaventato, Virgilio no
ma esce “sconfitto” dal dialogo coi diavoli.
CANTO 9
Stiamo per entrare nel sesto cerchio, quello degli eretici.
Inizialmente i due, dopo il viaggio avvenuto nell’ottavo canto, si trovano
ai piedi della città di Dite. Questa città è lo spartiacque tra alto e basso
Inferno. Il loro passaggio è ostacolato dalla presenza di diavoli.
CANTO 10
Il canto si svolge all’interno del sesto cerchio, nella città di Dite: da qui
Dante inizia la discesa verso i peccati più gravi, quelli legati alla malizia.
In questo canto la colpa è quella dell’eresia e anche una delle sue
diramazioni: la corrente filosofica dell’epicureismo.
I dannati con cui Dante dialoga sono due: Farinata degli Uberti e
Cavalcante de Cavalcanti. Dante e le due anime sono tutte di Firenze, che
diventa “sfondo” del canto. Infatti la parte centrale del canto è la profezia
dell’esilio da parte di Farinata a Dante.
PERSONAGGI
- Farinata degli Uberti: fiorentino, è il personaggio principale del canto
ed è il primo a parlare con Dante. In vita fu il massimo esponente dei
ghibellini a Firenze. // STORIA: fu un personaggio cardine nella vita
politica della città. Nel 1248, grazie all’aiuto dell’imperatore di
Federico II di Svevia, riuscì a sconfiggere ed esiliare i guelfi dalla
città. Dopo la morte dell’imperatore, però, i guelfi si prendono la
rivincita e vincendo tornano a Firenze cacciando i Ghibellini e in
particolare gli Uberti, che vanno a Siena. Farinata organizza le
truppe ghibelline senesi e sconfigge quelle guelfe fiorentine nella
CANTO 11
Dante e Virgilio giungono all’orlo del sesto cerchio. I due però
indietreggiano subito, colpiti dal fetore proveniente dal basso e si
riparano dietro a una grande tomba, quella di Papa Anastasio II, un
seguace della eresia monofisita. Virgilio approfitta della pausa forzata per
spiegare a Dante i tre cerchi che dovranno ancora incontrare e le anime
al loro interno, mentre lui si abitua al fetore.
In particolare, nel settimo cerchio abbiamo i violenti, i quali sono divisi in
tre gironi: i violenti verso il prossimo (omicidi e predoni), contro sé stessi
(suicidi e scialacquatori) e contro Dio, natura ed arte (bestemmiatori,
sodomiti e usurai). Invece nell’ottavo e nel nono cerchio, abbiamo i
fraudolenti. Nell’ottavo sono puniti coloro che frodarono persone che si
fidavano di loro, i quali sono divisi in 10 bolge; nel nono cerchio sono
CANTO 12
CANTO 13
Siamo nel settimo cerchio nel secondo girone., dove troviamo i violenti
contro sé stessi, sia contro il loro corpo (suicidi) sia contro i propri beni
(scialacquatori). Ci troviamo, in particolare, in un bosco infernale, buio e
fitto e siamo all’alba del sabato Santo.
Possiamo dividere il canto in tre macro sezioni:
CANTO 14
L’amore verso la patria spinge Dante a raccogliere le misere fronde del
fiorentino morto suicida. Dante e Virgilio si trovano nel terzo girone del
settimo cerchio, dove abbiamo una landa sabbiosa infuocata e deserta
colpita da una pioggia di fiamme. Sono puniti tre di tipi di anime, tutte
appartenenti ai violenti: contro Dio(bestemmiatore), la cui punizione è
stare fermi immobili e sdraiati a ustionarsi; contro l’arte (gli usurai),
seduti sull’orlo; contro la natura (i sodomiti), i cui dannati camminano
senza tregua.
Tra i bestemmiatori, abbiamo l’incontro con il gigantesco Capaneo. Egli fu
uno dei sette re che assediarono Tebe, ma osò sfidare Giove e fu da lui
ucciso. Infatti, sfida gli dei perché ritiene la fede una paura. Capaneo è la
sintesi dei tre mali contro Dio, in quanti lui li ha tutti:
- negazione di Dio: bestemmiando Dio, affermi che esiste, perciò stai
negando la superiorità di Dio. Perciò non sono atei, ma si sentono
superiori a Dio;
- atto della bestemmia;
- disprezzo interiore della Divinità: lui si crede davvero superiore ad
essa.
CANTO 15
Dante, proseguendo lungo il fiume del terzo girone del settimo cerchio,
incontra i sodomiti, i quali camminano incessantemente. Tra loro,
abbiamo l’incontro con Brunetto Latini, maestro di Dante. Il dialogo
avviene a distanza, in quanto Dante altrimenti si scotterebbe, perciò lui è
sull’orlo mentre Brunetto corre nel fiume. Egli confermerà la profezia
dell’esilio. Poi parlano di Firenze, riprendendo le tre faville di Ciacco
(avarizia invidia superbia), sottolineando il degrado morale della Firenze
di inizio 300. Preannuncia infatti che tutti saranno contro di lui. Poi chiede
a Dante di ricordarlo anche tramite il suo Tresor e fugge inseguendo gli
altri dannati. È un dannato, come Pier delle Vigne, trattato con rispetto,
come evinciamo dai picchi letterari.
La colpa non è solo l’omosessualità, ma anche la pederastia, cioè il
rapporto sessuale tra maestro e allievo, in cui il maestro abusa del suo
potere e del suo carisma per sedurre il giovane. Quindi, l’errore è
soprattutto il fatto che non sono relazioni libere ma condizionate dallo
stato sociale e dal concetto di inferiore/superiore. Non abbiamo fonti
certe, però, sul motivo della presenza nel cerchio di Brunetto, il quale
grazie a Dante è passato alla storia come “il sodomita”.
CANTO 16
Dante è sull’orlo del settimo cerchio, dove abbiamo la cascata del
Flegetonte. Dalla sabbia retrostante, ormai superata, sia alzano tre anime
CANTO 17
Appare quindi Gerione, il mostro che con il suo puzzo appuzza il mondo,
nonché traghettatore volante. Impersona la frode, peccato punito nel
luogo da cui proviene. Dante prova per lui ribrezzo. Ha infatti la faccia di
un uomo giusto -volto ingannevole-, ma un corpo serpentino decorato
persiano. Ha una coda scorpione, simbolo di chi tradisce all’improvviso.
Attracca sull’orlo con le zampe pelose e Virgilio lo colpisce con la corda.
Esso era un re di un’sola iberica ucciso da Ercole. Non era cattivo, ma
Boccaccio dice che era un re fraudolento che ammazzava i suoi ospiti.
Dubbio se è simbolico o invenzione dantesca.
Si vedono poi gli usurai, violenti contro l’arte e puniti nel settimo cerchio
in quanto sfruttarono il lavoro altrui da parassiti. Piangono e cercano di
fare schermo con le mani del sangue che esce dal loro corpo. Infatti
abbiamo il paragono con i cani che grattano gli insetti. Appesi ai loro
corpi, ci sono gli stemmi delle loro casate, che non smettono di guardare
(per analogia, come fecero in vita). Sono due fiorentini e un padovano;
uno di loro prova a parlare a Dante ma termina con gesti bovini.
L’animalità è infatti tipica del 17° canto, in comune anche con Gerione.
CANTO 18
Siamo nell’ottavo cerchio. Abbiamo al centro un pozzo largo e profondo,
tutt’intorno dieci canali concentrici, le bolge, scavalcati da ponticelli di
pietra che convergono al pozzo centrale, che è tipo un castello circolare.
In questo cerchio è punito il peccato della frode.
Nella prima bolgia, abbiamo i dannati che si muovono in due sensi di
marcia e sono frustrati dai demoni. Sono i ruffiani e i seduttori.
Dante incrocia con gli occhi un peccatore che prova a nascondersi, però
Dante si ferma, lo riconosce e lo chiama per nome: è Venedico
Caccianemico. Egli confessa di essere stato lui a indurre la sorella a
concedersi a un marchese, storia sconcia nota a tutta Bologna. Un
demone poi interrompe la narrazione.
Salgono dunque alla seconda bolgia. Guardano l’altro senso di marcia
della prima bolgia, notando un uomo che non lacrima. È Giasone, l’eroe
che si impossessò del vello d’oro. Durante la navigazione, ingannò la
figlia del re di Lenno, e questa è la seduzione per cui è punito. È trattato
con rispetto, ha un atteggiamento magnanimo e fiero: è l’unico, insieme a
Ulisse, trattato così nel Basso Inferno.
Passano dunque a guardare la seconda bolgia, dove sono puniti i
lusingatori. Qui, i dannati si dibattono da soli e abbiamo un terribile tanfo.
I peccatori sono inoltre immersi nello sterco. Tra i dannati, talmente
sporco che non è chiaro se è laico o ecclesiastico, abbiamo Alessio
Interminelli da Lucca, riconosciuto da Dante e punito per le sue lusinghe.
Infine, un'altra dannata si accoscia in piedi e si graffia con le unghie
sporche: è Taide, la meretrice, inesauribile adulatrice e seduttrice. Infine,
i poeti, stanchi, si allontanano.
CANTO 19
I due arrivano dunque al ponte che scavalca la terza bolgia. Abbiamo i
simoniaci, accusati da Dante proprio per aver reso la Chiesa uno
CANTO 20
Siamo nella quarta bolgia, dove sono puniti gli indovini. Sul fondo della
bolgia, Dante osserva una processione di dannati che avanzano
gemendo, mentre la loro testa è rivolta all’indietro. È la loro pena per
contrasto: in vita vollero prevedere il futuro, ora sono costretti a guardare
indietro. Nella condanna, dunque, un rimando all’umiltà intellettuale. I
loro corpi nudi sono descritti con parole dure, ma Virgilio sgrida Dante
perché si è lasciato commuovere. È una situazione ricorrente nella
Commedia. Il corpo riacquisisce dignità nel corso dell’opera, la quale
termina con Dio fatto uomo.
Virgilio addita alcuni indovini: per esempio, Tiresia e Manto, sulla quale si
sofferma, in quanto a lei è legata la nascita di Mantova. La donna giunse
da Tebe in Italia, fino agli stagni del Mincio, dove si stabilì per fare le sue
CANTO 21
I due poeti giungono dunque al ponticello che scavalca la quinta bolgia, in
cui sono puniti i barattieri, cioè coloro che fecero commercio dei pubblici
uffici, cioè della propria carica politica, arrivando però a contaminare, con
la corruzione, l’intera comunità. La bolgia è buia e cupa a causa della
pece bollente sul fondo, dove sono immersi i dannati che inoltre sono
colpiti dai diavoli. È considerata una pena pesantissima, a tal punto che è
situata sotto la simonia. Infatti Dante è stato accusato da Firenze di
volere soldi per il proprio lavoro, e perciò ha rifiutato il “perdono” di
Firenze concessogli dopo l’esilio, cioè la multa e la processione.
Dante descrive i diavoli con simpatia, come simboleggiano i loro nomi,
divertenti e non certo paurosi. Dante ha comunque paura e si nasconde,
mentre Virgilio parla con il capo dei Malebranche (nome dei diavoli), cioè
Malacoda, ricordandogli la volontà divina del viaggio. Dante esce dunque
dal nascondiglio e Malacoda usa la sua autorità per evitare che venga
uncinato dagli altri diavoli. Poi Malacoda fornisce informazioni sul ponte
della sesta bolgia, dicendo che è crollato e mentendo dunque ai due, in
quanto i ponti sono crollati tutti. Comunque fornisce dieci diavoli di scorta
ai due, mettendo a capo Barbariccia della spedizione.
Il canto ha un linguaggio comico-grottesco. Infatti, i canti 21 e 22 sono
il trionfo dello stile comico.
La pena: sono immersi nella pece nera e bollente, feriti e torturati dai
diavoli qualora tentassero di salire in superficie per trovare un po’ di
sollievo. La condanna richiama, per analogia, la bassezza della colpa di
cui si sono macchiati: la pece è infatti viscida come la baratteria, e
arriva a coprire interamente i loro corpi così come i barattieri hanno
tentato di coprire le proprie malefatte.
CANTO 23
Dante e Virgilio scappano vedendo i Malabranche impigliati nella pece.
Nonostante provino a inseguirli furiosi, imboccano un percorso tortuoso
che li porta alla sesta bolgia, dove sono puniti gli ipocriti. La punizione di
questi peccatori sta nel procedere camminando pianissimo indossando
una maschera e una veste dorate esternamente ma di piombo (e dunque
pesantissime) all’interno. Infatti furono che celarono una vita malvagia
con apparenze virtuose. Molti di loro furono ecclesiastici. Alcuni dannati
sono puniti in maniera peggiore, come quelli, per esempio, che hanno
condannato a morte Cristo e perciò sono crocifissi per terra; come Caifa.
Abbiamo inoltre l’incontro con il toscano Catalano de Malavolti, un frate
gaudente (anche qui punita la Chiesa), punito per aver mal governato la
città ed essersi comportato ingiustamente nei confronti dei nemici.
Virgilio gli chiede dunque come uscire dalla bolgia, Caetano risponde
dicendo che i ponti sono crollati tutti e di risalire lungo la parete di roccia.
CANTO 24
Virgilio sta dunque cercando una via d’uscita dalla bolgia degli ipocriti e
trova la base del ponte crollato. Perciò conduce Dante nella scalata della
sesta bolgia, esortandolo a superare con la grandezza dello spirito le
debolezze e la fatica del corpo.
Scorgono dunque una moltitudine di serpenti, tra i quali corrono i ladri,
con le mani legate dietro la schiena dalle stesse serpi. Avviene dunque un
episodio terribile e prodigioso: uno di loro viene morso sul collo,
immediatamente si accende, brucia e si incenerisce; ma la cenere si
raccoglie da sola e si ricrea la precedente figura umana. Dante per
spiegare ciò richiama al mito della fenice che risorge dalle proprie ceneri.
La pena è per contrappasso: natura subdola che accomuna ladri e
serpenti, incaricati di legare le mani che compirono le rapine. Abbiamo
continue metamorfosi, infatti vengono derubati della personalità e della
forma corporea. Dopo di essa, il dannato è smarrito e angosciato per
pochi attimi, poi costui è interrogato da Virgilio: è il violento pistoiese
Vanni Fucci, soprannominato “bestia” macchiatosi di molti furti. Egli è
punito tra i ladri perché svaligiò con atto sacrilego la sacrestia del duomo
di Pistoia. Infastidito per essere stato riconosciuto, si rivolge a Dante in
CANTO 25
Vanni Fucci fa un gesto osceno a Dio stesso ed è subito punito, infatti le
serpi lo avvinghiano crudelmente e mentre Dante inveisce contro Pistoia,
il dannato scompare nella bolgia. Sopraggiunge richiamandolo il furioso
centauro Caco, avvolto da serpenti, sulla schiena ha un drago
lanciafiamme. Per descriverlo, Dante ricorre a varie fonti classiche e
tradizionali popolaresche, fondendole, dando così vita a un’originale
descrizione di Caco, il quale fu giustiziato dalle mazzate di Ercole.
I poeti sono poi richiamati da tre ladri fiorentini, ma uno di loro viene
assalito da un serpente con 6 piedi, che lo avvinghia e lo morde. Avviene
una fusione tra l’uomo e il rettile in un unico essere mostruoso. Nel
frattempo, un altro serpente si avvinghia sull’ombelico di un altro
dannato, e da quel momento le bocche degli esseri iniziano a fumare e
avviene una duplice metamorfosi: l’uomo diventa serpente e viceversa.
Dante descrive questo fenomeno con minuzia di particolari: gara classica
con Ovidio e Lucano. Il dannato, ripresa la forma umana, sputa e poi dice
il nome dell’altro: Guoso Donati. Un terzo dannato è Puccio Sciancato,
nobile bandito da Firenze. Manifesta l’orgoglio del poeta, che descrive con
maestria la doppia metamorfosi e la presenza di Dio in tutti gli
avvenimenti, il quale sovverte l’ordine da lui stesso creato.
Dante, con gusto medioevale per il mostruoso, descrive i dannati: il fuoco
sulle bocche che si fonde, sguardi forzati a scontrarsi, parti anatomiche
che si alterano mostruosamente, fischiano e sputano.
CANTO 26
Il Canto XXVI dell’Inferno, noto anche come il “Canto di Ulisse”, è
ambientato nell’ottava Bolgia dell’ottavo Cerchio. Qui sono puniti i
consiglieri di frode; in particolar modo, la narrazione si concentra su una
celebre anima che si è macchiata di questo peccato: stiamo parlando di
Ulisse, l’eroe acheo colpevole non solo di aver ordito quegli inganni che
ben conosciamo grazie ai poemi omerici (l’ideazione del cavallo di Troia,
ad esempio), ma anche di aver trascinato la sua compagnia di amici alla
morte, per mezzo di una persuasiva orazione. È dunque da un lato eroe
mitico e saggio, protagonista di Iliade e Odissea, dall’altro un personaggio
ingannatore. Dante inoltre non aveva letto le due grandi opere, a
differenza dell’Eneide, ma decide comunque di collocarlo all’inferno.
CANTO 27
Siamo ancora nell’ottava bolgia. La fiamma di Ulisse si allontana e ne
arriva un’altra, che riesce a parlare nonostante le fiamme. È uno spirito
romagnolo che chiede novità sulla sua terra. Dante riferisce che i conflitti
persistono da sempre, ma in quel momento non sono in atto guerre
palesi. Poi passa in rassegna le città principali. Dante aveva a cuore la
Romagna e perciò gli chiede di presentarsi; la fiamma dunque mugghia e
CANTO 28
Affacciandosi sulla nona bolgia, Dante vede un immenso campo di
battaglia, in cui i dannati, cioè i seminatori di discordia, sono mutilati e
mostrano le loro ferite sanguinolente. Tutto ciò è descritto con rime
aspre. In particolare, Dante è colpito da un dannato squarciato
verticalmente: è Maometto, che si apre il petto e si lamenta, descrivendo
a sua volta la pena di Alì, che invece ha il volto spaccato. La presenza di
Maometto nella bolgia è dovuta alla falsa credenza medioevale che
all’origine dell’islamismo ci fosse un prelato cristiano, che organizzò una
cospirazione in quanto offeso di non essere stato nominato papa.
Virgilio spiega come questi dannati sono squartati da un diavolo dotato di
spada. Poi, mentre fanno il giro della bolgia, la ferita si rimargina, in modo
da essere nuovamente aperte dal diavolo, in un ciclo eterno.
Maometto si rivolge ai due profetizzando una tragica fine per Fra Dolcino,
che poi fu messo al rogo nel 1307. Poi un altro dannato con la gola
squarciata, Pier da Medicina, annuncia un tradimento imminente contro
due nobili; poi apre la bocca al suo vicino mostrandone la lingua mozzata.
Costui è Curione, colui che spinse Cesare alla guerra civile.
Si presente dunque un dannato con le mani tagliate, è il fiorentino Mosca
dei Lamberti, cittadino illustre punito per una vendetta privata; Dante
infatti conferma la malasorte della sua famiglia.
Poi arriva la più orribile vista: un dannato che cammina tenendo in mano
la sua testa mozzata come una lanterna: è Bertran de Born, poeta cortese
che seminò discordia tra il re inglese Enrico II e il figlio. Punito per
contrappasso: la innaturale divisione causata con quella tra capo e corpo.
CANTO 30
Dante passa improvvisamente dal linguaggio popolaresco a quello alto di
Ovidio, orchestrando una lunga similitudine mitologica, rievocando la
follia di Adamanto e di Ecuba quando persero i figli, per descrivere due
dannati che accorrono mordendo gli altri spiriti. Capocchio viene
azzannato al collo e trascinato a terra, mentre Griffolino spiega che i due
dannati sono Gianni Schicchi e Mirra, entrambi falsari di persone. Il primo,
fiorentino, entrò nel letto di un morto per sostituirlo e dettare un falso
testamento. Mirra invece si finse un’altra donna per sedurre il padre.
Più in là si scorge un dannato con il ventre così gonfio da sembrare un
liuto, deformato dall’idropisia, e si lamenta della sete incessante che lo
tormenta. Rivolgendosi ai poeti, rivela essere Maestro Adamo, ricco
falsario messo al rogo per quell’attività illecita. Maledice i nobili che lo
indussero a falsificare i fiorini e che vorrebbe vedere puniti vicino a lui. Di
fianco, abbiamo due dannati, presentati da Adamo: uno dei due è Sinone,
il quale mentì sulla vera natura del cavallo di Troia. Si sente offeso e
CANTO 31
Siamo nel pozzo dei giganti, tra l’ottavo cerchio dei fraudolenti e il nono
dei traditori. Incontriamo i giganti, dannati e guardiani del pozzo, di
corporatura smisurata, stanno infissi dall’ombelico in giù ed emergono dal
pozzo centrale come torri immani. Sono costretti all’immobilità assoluta.
Dotati di intelligenza e di volontà, alcuni di loro hanno osato scalare
l’Olimpo. L’immobilità e il silenzio a cui sono costretti è, per contrappasso,
l’immensa forza fisica, ma anche la superbia.
Virgilio e Dante escono dalla decima bolgia e insieme attraversano
l’ampio argine. Tutto molto offuscato. Dante sente un corno e alte torri
emergersi in lontananza. Virgilio comunica che si tratta dei giganti posti
nel pozzo infernale, che fuoriescono dall’ombelico in giù. Dante si
avvicina a Nembrot, il primo gigante che incontra, il quale, vedendo i due
avvicinarsi, urla e si dimena con una lingua a noi non nota. Dante è molto
spaventato alla sua vista, il gigante è tutto sproporzionato e Virgilio pensa
che la natura abbia fatto bene a non far più nascere esseri come questi.
Attraverso la forza fisica e la ragione avrebbero rappresentato un
pericolo. Si recano poi da Fialte, incatenato per le braccia per aver osato
sfidare Giove. Dante vorrebbe vedere Briareo ma Virgilio gli dice che è
troppo lontano. Si devono invece recare da Anteo che li farà discendere
nel fondo del pozzo infernale.
Virgilio prega Anteo di calarli giù in basso, nel nono cerchio, quello del
Cocito gelato. Il gigante afferra i due e li cala lievemente sul fondo
infernale. Dante si stava cagando addosso dalla paura.
CANTO 32
Dante inizia il 32esimo canto con un’invocazione alle muse, temendo di
non essere in grado di descrivere il nono cerchio dell’inferno. Il fondo
dell’universo dove vengono puniti i traditori. Dante sente una voce che gli
dice di far attenzione a non urtare le teste dei dannati. Davanti a lui
appare un lago ghiacciato, tipo vetro. Nella prima zona di Cocito, la Caina,
i traditori dei parenti, sono immersi nel ghiaccio, tengono la testa
all’ingiù, tremano e hanno freddo. Dante incontra due anime che sono
CANTO 33
Il canto 33 dell’Inferno è il più lungo della prima cantica. Si presenta come
il continuo del precedente. La vicenda si svolge in due delle zone del nono
cerchio:
- l’Antenora, che punisce i traditori della patria o del partito e che fa
da sfondo tragico del racconto del conte Ugolino.
- La Tolomea, che punisce i traditori degli ospiti e degli amici,
all’interno Dante parla con frate Alberigo.
SINTESI NARRATIVA
Il peccatore che Dante ha incontrato nel canto precedente è il Conte
Ugolino, mentre il suo avversario l’arcivescovo Ruggeri. Fu quest’ultimo
ad attirarlo in trappola e, attraverso l’inganno, a rinchiuderlo nella torre
pisana della Muda con i suoi due figli e i suoi due nipoti. Fu qui che i
cinque, uno dopo l’altro, morirono di fame. Non appena terminato il suo
racconto, il conte Ugolino storce gli occhi e riprende a rodere il cranio
dell’arcivescovo Ruggieri.
A questo punto, Dante si abbandona ad una dura invettiva contro Pisa,
città che fa da sfondo alla tragedia del conte Ugolino: il poeta si augura
che le isole dell’Arno si muovano arrivando a chiudere la foce, in modo
tale da annegare tutti i pisani. Infatti, sebbene il conte Ugolino si fosse
macchiato della colpa del tradimento della Patria avendo ceduto alcuni
castelli a Firenze e Lucca, i suoi giovani familiari erano innocenti e non
meritavano una così cruda morte.
CANTO 34
- Sintesi narrativa
Virgilio avverte Dante che si stanno avvicinando a vessilli del re Lucifero.
Dante scorge in lontananza una struttura simile a un mulino a vento. I