DECAMERON
RIASSUNTO
integrale
PRIMA GIORNATA
INTRODUZIONE
Questa novella, narra che Saladino, sultano d'Egitto e di Siria, era molto
ricco, potente e saggio ma ultimamente, stava affrontando una carenza
economica. Siccome Saladino era una persona molto avara, cercò di
rivolgersi all'ebreo Melchisedech con l'astuzia affinché riuscisse ad ottenere
ciò che voleva con una parvenza di giustizia. Così fece venire Melchisedech
che era un usuraio di Alessandria, e gli domandò quale tra la religione
giudaica, quella saracena e la cristiana, secondo lui fosse quella vera.
Melchisedech però, oltre ad essere un fedele dell'ebraismo, era anche molto
astuto e capì subito che con una sua risposta poteva andare contro il
sultano. A questo punto l'usuraio, siccome doveva per forza dare una
risposta, gli raccontò una novelletta che esprimeva un paragone. Infatti
questa novelletta raccontava che un uomo ricco possedeva una pietra
preziosa e che alla sua morte la doveva dare in eredità a un figlio che
doveva essere molto fedele e responsabile. Questa pietra preziosa fu
tramandata per molte generazioni fino a quando, un discendente non
sapeva a chi dei tre figli dare la pietra preziosa, poiché erano tutti e tre
meritevoli dell'eredità. Così fece rifare due copie perfette della pietra
autentica da un abile orefice. Alla sua morte, ognuno dei tre figli ricevette
un anello e lo prese per vero, ma non si poté scoprire mai quali dei tre figli
avesse ricevuto la pietra autentica. Tutta questa novella servì per far capire
al sovrano che come l'eredità dell'uomo ricco era toccata a chissà chi fra i
tre figli, ancora oggi non si poteva sapere quale, tra le tre religioni
prevalenti, fosse quella autentica. Questa novella si conclude bene:
Saladino ammirò l'intelligenza di Melchisedech e gli disse francamente la
verità. L'ebreo prestò i soldi che servivano al sovrano. Saladino gli restituì
poi l'intera somma, aggiunse grandissimi doni e lo fece diventare suo
amico.
Messer Ermino de Grimaldi era l’uomo più ricco tra tutti i signori di Genova,
ma anche il più avaro. In quel tempo giunse in città un valente uomo di
corte, Guiglielmo Corsiere, che avendo sentito parlare dell’avarizia di
Ermino, volle andare a trovarlo. Ermino accolse Guiglielmo amichevolmente
e, mostrandogli la sua nuova abitazione, gli chiese: "Che cosa posso far
dipingere di mai visto prima d’ora?". Guiglielmo allora gli rispose che poteva
far dipingere la “Cortesia”. Avendo udito queste parole, messer Ermino si
vergognò talmente tanto che divenne il più affabile e compiacente uomo di
Genova.
NONA NOVELLA (ELISSA)
Una donna della Guascogna andò in pellegrinaggio al sepolcro e al suo
ritorno, giunta a Cipri, subì violenza da alcuni uomini. Ella pensò allora di
rivolgersi al re per ottenere un’adeguata vendetta, puravendo sentito dire
che il re era molto indulgente. Giunta al suo cospetto, gli raccontò la
vicenda e infine gli chiese come faceva a sopportare tutte le ingiurie che
fino ad allora aveva subito. Il re a quel punto, come svegliato da un lungo
sonno, si riscosse e stabilì che tutte le ingiurie, a cominciare da quella
patita della donna, fossero severamente punite.
CONCLUSIONE
SECONDA GIORNATA
In questa giornata si narrano le avventure di chi, colpito da molte avversità,
sia riuscito a raggiungere un lieto fine.
INTRODUZIONE
Dopo essersi svegliata, la compagnia si diletta sul prato. Dopo il pranzo e
qualche ballo, si siedono, e Filomena, regina della giornata, ordina a Neifile
di incominciare.
PRIMA NOVELLA (NEIFILE)
Era da poco morto a Trivigi, sant’Arrigo dichiarato santo perché oltre che
essere stato un pio uomo, alla sua morte tutte le campane suonarono
contemporaneamente. Allora la gente meravigliata, portava nel luogo santo
ove era tenuta la salma, sia storpi sia ciechi e altri poveri, affinché fossero
miracolati dalla vicinanza del santo. In quel giorno arrivarono nella città tre
mercanti fiorentini: Stecchi, Martellino e Marchese che, incuriositi dalla folla,
vollero andare a vedere le spoglie del santo. Martellino trovò il modo per
passare indisturbati e senza noie: lui si sarebbe finto uno storpio e i due
compari l’avrebbero aiutato a reggersi. Arrivato vicino al corpo di
Sant’Arrigo, Martellino per burlarsi delle persone che lo guardavano
cominciò a fingersi miracolato, ritornando a poco a poco normale. Ma
riconosciuto da un suo compaesano stava per essere linciato dalla folla,
quando Marchese riuscì a portarlo via; e così tutti e tre fecero ritorno a
casa.
A Parigi in una locanda vi erano molti mercanti italiani che discorrevano sui
loro affari e sul fatto che, se avessero avuto l’occasione, non avrebbero
esitato a tradire le proprie mogli con una “scappatella”, poiché essi
ritenevano che anch’esse lo facessero. Soltanto uno, di nome Bernabò
Lomellin da Genova non concordava su ciò: infatti, si fidava ciecamente ed
era così innamorato di sua moglie Ginevra (Zinevra nel testo) che non
l’avrebbe mai tradita e che lei avrebbe fatto altrettanto. Udendo questo, un
altro mercante, Ambruogiuolo da Piacenza, volle dimostrare che, come tutte
le donne, anche Ginevra era volubile, scommettendo con Bernabò che
l’avrebbe sedotta in tre mesi e che gli avrebbe portato le prove di ciò che
aveva fatto; la posta era 5000 fiorini d’oro se avrebbe vinto, altrimenti ne
avrebbe dati 1000 a Bernabò. Fatto ciò, subito partì per Genova e trovò la
casa della donna. Accordatosi con una domestica, si nascose in un baule e
si fece portare nella stanza da letto di Ginevra. La notte, usciva dal baule,
memorizzava la stanza, rubava alcuni anelli e vestiti della donna. Una sera,
uscito come suo solito dal baule, scoprì Ginevra e notò che sotto la
mammella sinistra aveva un neo un po’ grande con dei peli biondi intorno;
essendo questo sufficiente per vincere la scommessa, la mattina seguente
uscì dal baule e ritornò di corsa a Parigi, dove, raccontato ciò che aveva
visto e mostrato a Bernabò ciò che aveva rubato, non gli rimase che
intascare la posta. A quel punto al povero Bernabò non rimase che ritornare
a Genova e, gonfio d’ira, stando da alcuni suoi parenti incaricare un suo
amico di uccidere Ginevra per punirla così dell’adulterio che non aveva
commesso. Secondo gli ordini di Bernabò, quello condusse Ginevra in un
luogo isolato e stava per ucciderla ma sotto le preghiere della donna, gli
raccontò l’accaduto e non la uccise; si fece però dare i suoi vestiti per
portarli a Bernabò in modo da fargli credere che l’aveva uccisa. Ginevra
subito fuggì da Genova, si travestì da maschio tagliandosi i capelli e
schiacciando il seno e si imbarcò sulla nave del catalano En Cararh come
marinaio, facendosi chiamare Sicuran de Finale. Ben presto riuscì ad
accattivarsi il capitano ed ad avere incarichi più importanti. Un giorno la sua
nave approdò ad Alessandria per consegnare un suo carico al sultano, al
quale, piacendogli molto le capacità di Silurano, convinse En Cararh a
lasciarglielo ai suoi ordini. Dopo poco tempo, a Silurano fu affidato il
compito di vigilare durante i mercati tra cristiani e arabi in Acri; mentre
perlustrava i mercati, notò che un mercante (Ambruogiuolo da Piacenza)
aveva dei vestiti che le appartenevano, subito gli chiese come faceva ad
averli; Ambruogiuolo rise e gli raccontò ciò che aveva già raccontato a
Bernabò. Allora Silurano, fingendo di apprezzare quella storia, portò
Ambruogiuolo affinché la raccontasse al sultano e fece anche convocare
Bernabò, anch’egli lì per affari. Allora smascherò l’inganno del mercante
facendolo minacciare dal sultano e rivelando la sua vera identità al marito e
agli altri. Il sultano allora obbligò Ambruogiuolo a risarcire Bernabò e inoltre
regalò alla coppia ritrovata ori, gioielli e molti 10000 denari: la coppia poté
così ritornare a Genova. Ambruogiuolo fu invece cosparso di miele, legato
ad un palo e lasciato nel deserto alla mercé degli insetti.
TERZA GIORNATA
Chi con abilità acquista una cosa desiderata o recupera quella perduta.
Una donna si era innamorata di un giovane che -aveva notato- era in buoni
rapporti con un frate. Il giorno dopo questa andò dal frate a confessarsi e
disse che questo suo amico la importunava anche se lei era sposata;
quando il frate rivide l'uomo, lo redarguì per il gesto ma egli si meravigliò
perché non aveva mai fatto una cosa di simile e così andò sotto casa della
donna a chiedere spiegazioni e quella si scusò e mostrò a lui tutto il suo
interesse e provò a sedurlo; una volta tornato a casa, la donna riandò dal
frate e le disse che quel suo amico le aveva fatto delle proposte indecenti.
Questi chiamò il giovane e lo sgridò di nuovo, allorchè egli capì subito che la
donna si serviva del frate per invitarlo; andò quella notte stessa da lei che
lo aspettava nella sua camera e si sollazzarono insieme con l'impegno di
ritrovarsi altre volte senza più ricorrere al frate.
Vicino Parigi vi era una donna, Giletta, figlia di un medico, che si era
innamorata del conte di Rossiglione e sapendo che egli era alla corte del Re
e che il re stava in fin di vita, preparò una pozione insegnatale dal padre e
disse al re che in cambio della guarigione le doveva dare in sposo quel suo
cortigiano. Così fu e sebbene controvoglia si sposarono però il conte si recò
a Firenze e disse alla moglie che non la amava e che voleva che la sua
futura moglie si presentasse a lui con il suo anello magico al dito e con un
suo figlio in braccio. In seguito la donna scoprì la donna che amava e le
disse se poteva chiedere al re farsi inviare in segno del suo amore l’anello e
se un giorno si sarebbe potuta sostituire a lei in cambio di una forte
somma. Questa che era povera accettò, e così nove mesi dopo si presentò
con l’anello e il figlio piccolo e il re riconosciutola e apprezzata la sua
tenacia la risposò.
Nella città di Capsa un signore ricco aveva una figlia quattordicenne bella e
avvenente che non essendo cristiana e avendo visto i suoi concittadini che
erano felici poiché servivano Dio, si ritirò nel deserto e andò da un eremita,
chiedendogli quale fosse il servigio più gradito da Dio; egli si invaghì di
questa, cedette alle tentazioni e le disse che il modo più indicato per servire
Dio era rimettere il diavolo nell’inferno e questo voleva dire che dovevano
avere un rapporto. Alla ragazza questo modo piacque molto e lo volle fare
molte altre volte e fu talmente contenta che raccontò ai suoi concittadini
che questo era un servigio molto gradito a Dio e tutti si sollazzarono
convinti di rendere omaggio al Signore.
QUARTA GIORNATA
PRIMA NOVELLA (FIAMMETTA)
Il principe di Salerno Tancredi aveva una figlia, Ghismunda, che era ormai
in età da marito, ma suo padre non si adoperava per trovarle un marito né
lei osava chiederlo. Un giorno si innamorò ricambiata di uno dei tanti uomini
della corte del padre, un giovane di umilissime origini di nome Guiscardo. I
due iniziarono a frequentarsi. Tramite un passaggio in una grotta, i due
giovane tutte le notti si incontravano nella camera della fanciulla. Tancredi
però aveva l’abitudine di andare dopo mangiato nella camera della figlia per
discorre con lei. Un giorno vi entrò e non trovando la figlia, si addormentò
sul suo letto sotto le lenzuola. Fu svegliato dall’incontro dei due amanti.
Voleva reagire d’impulso, ma gli venne in mente una vendetta più raffinata.
Il giorno seguente catturò il giovane e poi andò dalla figlia per dirle che
aveva scoperto la sua tresca amorosa e che Guiscardo era suo prigioniero.
La fanciulla disse che si sarebbe suicidata se il suo amato fosse morto.
Guiscardo fu ucciso dopo il colloquio. Il padre le inviò in una coppa d’oro il
cuore dell’amante che la fanciulla baciò più volte. La fanciulla bevendo una
pozione velenosa si suicidò e fu sepolta dal padre nel sepolcro di Guiscardo.
Nella città di Messina vi abitavano tre fratelli, ricchi mercanti, con la sorella
minore Elisabetta, fanciulla molto bella che loro non avevano ancora
maritato. Questa si innamorò di un giovane di nome Lorenzo che lavorava
presso il fondaco dei tre fratelli. Anche Lorenzo si innamorò di Elisabetta e i
due incominciarono frequentarsi segretamente. Il fratello maggiore
accortosi della relazione ne parlò agli altri due fratelli e tutti e tre , dopo
aver portato Lorenzo in luogo solitario lo uccisero e lo seppellirono. Una
notte comparve in sogno a Elisabetta Lorenzo che le diceva di essere stato
ucciso dai suoi fratelli e le rivelò dove era seppellito. Le fanciulla vi si recò,
scavò e taglio la testa dal corpo che dopo averla fasciata mise in un vaso e
ricoprì di terra e vi piantò delle piante. Spesso la fanciulla riversava lacrime
sul vaso e i fratelli avvertiti dai vicini, le tolsero il vaso e scoperta la testa la
sotterrarono. Dopo i tre fratelli partirono per Napoli affinché non si sapesse
la storia e la sorella continuando a versare amare lacrime morì.
SESTA NOVELLA (PANFILO)
QUINTA GIORNATA
INTRODUZIONE
Lizio da Valbona ebbe una sola figlia, Caterina, che ben presto ricambiò
l’amore di un certo Ricciardo Manardi, frequentatore della casa del padre;
l’unico problema era il luogo dove potersi incontrare e la soluzione venne in
mente al giovane innamorato…. I due si videro per la prima volta sul
balcone della casa di lei e, dopo molti baci, passarono la notte assieme.
Sfortunatamente però si addormentarono nudi e, quando si fece giorno,
Lizio li scoprì; questo, uomo molto costumato, non fece alcuna scenata, anzi
acconsentì il loro amore purché si fossero sposati. E così avvenne.
QUINTA NOVELLA (NEIFILE)
SESTA NOVELLA
Queste novelle narrano di come, con una pronta ed arguta risposta, un
uomo o una donna siano riusciti a togliersi d’impaccio o da una pericolosa
situazione
INTRODUZIONE
Rientrata in casa, la compagnia si prepara a mangiare quando Licisca,
serva di Filomena, e Tindare, servo di Filostrato cominciano a litigare poiché
lei afferma che le donne non arrivano mai vergini al matrimonio. Allora
Elissa, eletta regina per quel giorno, chiama Dioneo, affinché giudichi il
fatto. Dioneo dà ragione a Licisca. Finita la discussione, Elissa invita
Filomena ad iniziare.
A Prato accadde che una donna di nome Filippa, fu sorpresa dal marito fra
le braccia di Lazzarino dei Guazzagliotri, un nobile giovane di quella città. Il
marito, Rinaldo, denunciò allora la moglie e la trascinò in tribunale. Qui,
Filippa confessò con franchezza di essere stata sorpresa dal marito tra le
braccia del suo amante. Aggiunse però che quando era stata approvata la
legge che condannava a morte le adultere, le donne non erano state
chiamate a dire la loro e che quindi si trattava di una legge radicalmente
ingiusta. Inoltre chiese al marito se mai aveva mancato ai suoi doveri di
moglie. Rinaldo rispose allora che mai gli si era rifiutata. La donna quindi
affermò che se il marito aveva sempre ricevuto da lei ciò di cui aveva avuto
bisogno, cosa avrebbe dovuto fare lei di ciò che lui le aveva lasciato,
“avrebbe dovuto gittarlo a’ cani”? In seguito a ciò, dopo una grande risata
fu deciso di condannare al rogo le donne che avessero commesso adulterio
per denaro.
Un certo Fresco da Celatico aveva una nipote chiamata Cesca, una donna
altera e sussiegosa, che aveva la cattiva abitudine di criticare malevolmente
tutto e tutti, senza mai guardare se stessa. Un giorno Cesca se ne andò a
casa di Fresco e gli si sedette accanto, sbuffando e sospirando. Lo zio le
chiese come mai, in un giorno di festa, se ne fosse tornata a casa molto
prima del tempo. Cesca rispose che era tornata a casa perché, in quella
città, tutti gli abitanti, uomini e donne, erano talmente fastidiosi e
antipatici, che passando per la strada aveva la sensazione di incontrarsi con
la sventura fatta persona. Fresco le disse allora duramente: « Figliola, se le
persone antipatiche e spiacevoli ti danno tanto fastidio, segui il mio
consiglio: non ti specchiare mai ». Ma la ragazza, convinta di essere saggia,
ma in realtà molto stupida, non capì la frase di Fresco e affermò, che
avrebbe continuato a specchiarsi come tutte le donne.
SETTIMA GIORNATA
Un muratore che viveva a Napoli era sposato con una bella donna di nome
Peronella, la quale era innamorata di un giovane che si chiamava Giannello.
Tutte le mattine il marito andava a lavorare e la moglie incontrava Giannello
nella sua casa, ma un giorno inaspettatamente tornò a casa prima e una
volta bussato all’uscio, Peronella fece nascondere Giannello dentro un tino.
Lei si finse sorpresa del suo arrivo e chiedendo spiegazioni seppe che aveva
concluso un affare vendendo un tino per cinque gigliati, così lei, per non
farsi credere meno furba disse che anche lei aveva venduto un tino però a
sette gigliati a un uomo che aveva voluto entrarci dentro per vedere se era
sano. In quel momento uscì Giannello fingendosi il compratore e disse che
gli sembrava un po’ sporco, perciò la donna fece entrare il marito per pulirlo
e nel frattempo se la spassò con il giovane, poichè per l’arrivo improvviso
del marito non aveva potuto farlo la mattina e quando finì, Gianello pagò i
sette gigliati e se ne andò via felice.
Ad Arezzo vi era un bel giovane di nome Tofano che era molto geloso della
moglie la quale mal sopportava la sua gelosia e decise di andare con un
altro uomo e tutte le sere, puntualmente lo faceva ubriacare e lo metteva a
dormire così se la poteva intendere con il suo amante talvolta in casa sua,
talvolta in casa di lei. Un giorno il marito, capendo qualcosa, finse di
ubriacarsi e quando la donna andò a casa del suo amante, la chiuse fuori e
al suo ritorno non la faceva entrare. Cosicché la donna minacciò di buttarsi
dentro al pozzo così la gente avrebbe creduto che l’avesse buttata lui
mentre era ubriaco e direttasi verso il pozzo buttò una grande pietra,
provocando un tonfo enorme. Lui credendo che si fosse buttata, uscì di
corsa per salvarla, però lei, che si era nascosta dietro la porta, entrò in casa
e a sua volta lo chiuse fuori, giustificando la sua azione come una punizione
per la sua gelosia, così si riconciliarono e lui le promise che non sarebbe più
stato geloso.
A Rimini c’era un mercante molto ricco che era geloso oltre ogni misura
della moglie e non la faceva uscire di casa, né affacciarsi alla finestra. Ella,
poiché sapeva che accanto a loro viveva un giovane, per vendicarsi, quando
il marito usciva ispezionava tutta la casa finchè riuscì a trovare una fessura
dalla quale parlare al giovane. Avvicinandosi il Natale, la donna disse al
marito che si doveva confessare ed egli indicatole un confessore, si travestì
lui stesso da prete. Però la donna, capito l’inganno raccontò in confessione
che tutte le notti se la intendeva con un prete che ella amava e che con
orazioni particolari, faceva addormentare il marito ed entrava dalla porta. Il
marito, avendo udito tutto ciò fu molto indignato e si mise di guardia tutte
le notti fuori dal cancello, e nel frattempo lei chiamava il giovane dalla
fessura e si giaceva con lui tutte le notti. Dopo molto tempo che non era
riuscito a scorgere nessuno, interrogò la donna, la quale le disse che aveva
capito il travestimento e per punire la sua gelosia si era inventata la storia
del prete, e dal quel giorno in avanti il marito non fu più geloso e le
concesse di uscire quando ne avesse avuto voglia.
Ad Argo, nell’antica Grecia, vi era Nicostrato che aveva una moglie di molti
anni più giovane di lui, la quale si innamorò di un servo di nome Pirro; nei
giorni successivi mandò diverse serve da Pirro per manifestargli il suo
amore ma egli non voleva recare un offesa al re e in secondo luogo non
prestò fede alle parole della donna e così gli chiese tre prove: ella doveva
uccidere lo sparviero del marito, doveva inviargli una ciocca della barba e
un suo dente. Allora lei non perdendosi d’animo uccise prima lo sparviero e
tra le risa generali disse che era stufa del fatto che preferiva andare a
caccia con quello piuttosto che una notte d’amore con lei; poi gli strappò
una ciocca della barba e infine dicendogli che gli puzzava la bocca e che
secondo lei la causa era di un determinato dente, glielo estirpò e lo spedì al
suo amato. Così egli convinto dell’amore di lei fu disposto a giacersi con lei
tutte le volte che il re si fosse assentato.
OTTAVA GIORNATA
INTRODUZIONE
Quando sorse il sole dieci giovani passeggiarono lungo il prato per poi
andare alla messa. Ritornati a casa, dopo aver mangiato, si abbandonarono
al canto e alla danza, quindi la regina decise di far riposare la compagnia.
Passato mezzogiorno, si sedettero in cortile e la regina ordinò a Neifile di
raccontare.
CONCLUSIONE
Lauretta, finita l’ultima novella, si alzò e diede la corona ad Emilia che
impose per il giorno dopo un tema vario. I ragazzi dopo aver mangiato e
svagato se ne vanno a dormire.
NONA GIORNATA
Ciacco un uomo molto ghiotto, non potendo sostenere le spese della sua
ingordigia si mise a fare il cortigiano per mangiare a spese degli altri. Un
giorno incontrò al mercato del pesce Biondello che come lui si industriava
per mangiare. Incuriosito dalle due lamprede che stava comprando, Ciacco
gli chiese per chi fossero ed egli rispose che quel pesce era per la cena che
Corso Donati avrebbe offerto quella stessa sera ad alcuni suoi nobili amici.
Così Ciacco si diresse verso la casa di quest’ultimo e incontrandolo prima
del desinare si autoinvitò a cena. Si accorse però della beffa di Biondello dal
momento che il pesce non era di ottima qualità come lui aveva pensato.
Decise allora di fargliela pagare e chiese quindi ad un vagabondo di recarsi
da messer Filippo Argenti, uomo scontroso e irascibile, con un fiasco vuoto.
Gli raccomanda inoltre di chiedere del buon vino rosso per rallegrare la
compagnia di Biondello. Filippo Donati sentendosi preso in giro lo cacciò via.
Il giorno seguente Ciacco incontrò Biondello e gli dice che Filippo Argenti lo
stava cercando. Accadde poi che Biondello salutasse Filippo il quale però
ricordatosi della beffa del giorno precedente lo picchiò in malo modo.
Biondello intuì la vendetta di Ciacco e decise che mai più si sarebbe beffato
di lui.
DECIMA GIORNATA
INTRODUZIONE
PRIMA NOVELLA(NEIFILE)
SECONDA NOVELLA(ELISSA)
TERZA NOVELLA(FILOSTRATO)
Viveva in Oriente un uomo nobile e ricco di nome Natan che, desideroso di
essere conosciuto per le sue opere, aveva edificato uno sfarzoso palazzo
dove ricevere e ospitare coloro che per viaggio passavano nei luoghi vicini.
Grazie a quest’immensa opera, la fama di Natan si sparse in tutto Oriente,
suscitando l’invidia di un certo Mitridanes, un uomo altrettanto ricco. Questi
sebbene avesse costruito un palazzo simile a quello di Natan, diventando
anche lui molto famoso, comprende l’impossibilità di superarlo e intuisce
che l’unico modo possibile era ucciderlo. Così, deciso di assassinare Natan,
dirigendosi verso il suo palazzo, lo incontra casualmente sul cammino.
Ignorando chi realmente fosse, gli chiede informazioni e Natan, saputa la
destinazione del forestiero, nascondendo la sua identità, finge di essere un
servo di lui stesso e si offre di accompagnarlo a palazzo. Qui, interrogato
Mitridanes, conosce lo scopo cui lui ambiva e, senza dimostrarsi spaventato
né tanto meno rivelando chi fosse, decide addirittura di aiutarlo
nell’impresa, rivelandogli che Natan era solito, ogni mattina, passeggiare da
solo in un bosco vicino. La mattina seguente, Natan, segnato ormai il suo
destino, si dirige nel bosco e aspetta che Mitridanes lo trovi e lo uccida.
Questi non tarda ad arrivare, ma quando vede Natan e capisce che colui che
la notte prima lo aveva ospitato, servito e aiutato era proprio quello che
stava per uccidere, il rimorso e la vergogna lo fermano dall’impresa. Natan
si dimostra comunque deciso e esorta Mitridanes a ucciderlo, perché
infondo lui era ormai vecchio e poco gli rimaneva da vivere, ed era onorato
che la sua morte potesse rendere migliore qualcun altro. Mitridanes,
commosso dalle parole di Natan, decide di non ucciderlo e, riconosciuta la
sua magnanimità, ritorna a palazzo insieme a lui, si congeda e ritorna alla
propria dimora.
QUARTA NOVELLA(LAURETTA)
Nella nobilissima Bologna, viveva un certo Gentil de’ Carisendi, il quale era
innamorato di donna Catalina, moglie di Niccoluccio Caccianimico, e non era
ricambiato. La donna, a quel tempo gravida, fu colpita da una grave
malattia, e in breve tempo in lei scomparse ogni segno di vita e, poiché il
bambino che portava in grembo era stato concepito da poco, i parenti
decisero di seppellirla. Gentile, saputa questa notizia, come segno estremo
del suo amore, decide di profanare la tomba di Catalina per porgerle un
bacio, non avendo potuto farlo mentre lei era in vita. Facendo ciò, si
accorge miracolosamente che Catalina, sebbene molto debole, era ancora in
vita e decide di trasportarla a casa sua per curarla. Qui Catalina e il
bambino nel suo grembo guariscono completamente e la fanciulla partorisce
un bel figlio maschio. Gentile decide allora di invitare a pranzo alcuni amici
per mostrare loro Catalina, la cosa più cara che aveva, perché aveva saputo
che questa fosse un’usanza dei Persi per onorare gli amici cari. Prima di
chiamare Catalina, Gentile chiede un parere agli amici, domanda loro se
fosse giusto che un uomo richiedesse indietro un suo servo, che aveva
abbandonato perché malato, all’uomo che l’aveva trovato e curato. Un
uomo risponde per tutti che non era legittimo perché, abbandonando il suo
servo, il primo uomo non aveva più nessun diritto su di lui. L’uomo che
aveva risposto era proprio Niccoluccio Caccianimico, il marito di Catalina e
quando questa viene mostrata agli invitati e avendo Gentile sottolineato che
il servo della domanda precedente rappresentava la fanciulla, capisce che
rispondendo aveva perso tutti i diritti sulla moglie e sul figlio. Ma Gentile,
notando il dispiacere e le lacrime sul viso di Niccoluccio, decide di rinunciare
a Catalina, porgendola al marito, guadagnandosi l’amicizia della coppia e
dei loro parenti.
QUINTA NOVELLA(EMILIA)
SESTA NOVELLA(FIAMMETTA)
Questa novella parla di una vicenda capitata a messer Neri degli Uberti con
il re Carlo 1° D’ Angiò. Messer Neri decise di ritirarsi in un luogo solitario
per finire nella calma i suoi giorni, così comprò un appezzamento di terra
dove costruirvi una casa e un bellissimo giardino con un laghetto con dei
pesci nel mezzo. Le voci sulla bellezza di questo giardino arrivarono al re
che, incuriosito, decise di andarlo a vedere. Messer Neri ospitò umilmente il
re e i suoi quattro compagni con una tavola ricca di bevande apparecchiata
nel giardino. Ad un certo punto due giovani e belle fanciulle uscirono dalla
casa e con delle reti entrarono nel laghetto e ne uscirono poco dopo con
dell’ottimo pesce da mettere sul fuoco. Uscirono dall’acqua con i loro bianchi
vestiti così bagnati da lasciar intravedere quanto di più bello avevano, e il
re, osservandole, ne rimase colpito. Durante il viaggio verso casa e nei
giorni seguenti il re non riuscì a pensare ad altro che a Ginevra la bella e ad
Isotta la bionda (questi i nomi delle fanciulle), innamorandosi perdutamente
della prima. Facendosi sempre più strada l’ idea di sposare la fanciulla, uno
dei suoi consiglieri, capendo la gravità di questa vicenda se fosse avvenuta,
disse al re che maritare le figlie di messer Neri sarebbe stato un grave
errore, e che doveva vincere la “guerra” contro se stesso e le sue passioni;
così, alla fine il re fece sposare le due con grandi baroni a cui donò anche
delle province.
SETTIMA NOVELLA(PAMPINEA)
Questa novella narra di una giovane fanciulla che nel giorno in cui il
vittorioso re Pietro dà una festa in paese, affacciandosi dalla finestra della
sua casa, vede e si innamora pazzamente del re, non sapendo che quello
fosse tale. Venutolo a sapere cade in malattia peggiorando periodicamente.
Quando la sua situazione si sta facendo critica, pensa che non vuol morire
senza aver prima fatto sapere al re del suo amore, e così chiede di vedere
un cantore che possa riferire a corte quanto detto: così va a trovarla
Minuccio e dopo appena tre giorni che era andato dalla fanciulla, aveva
creato una canzone da presentare al re. Così la canta al re che, colpito dalla
volontà della fanciulla, chiede di vederla e dopo averci parlato, preso dalla
compassione, si impegna a farla sposare con un giovane barone così da
farla felice.
OTTAVA NOVELLA(FILOMENA)
NONA NOVELLA(DIONEO)
DECIMA NOVELLA(PANFILO)
Nell’ ultima novella viene raccontata la storia del marchese di Saluzzo che
sposa Griselda malvolentieri seguendo le preghiere dei suoi uomini.
Griselda, figlia di un villano, viene sottoposta dal marchese a struggenti
prove di fedeltà: il marchese finge di avergli ucciso i figli, finge di non
essere più innamorato di lei e le porta dentro casa una donna facendola
passare per la sua amante e finge addirittura di risposarsi. Dopo addirittura
dodici anni, con i figli ormai grandi e maritati, svela tutto a Griselda e con
lei trascorre la vecchiaia.