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Ugo Foscolo

Ugo Foscolo nasce nel 1778 a Zacinto, nelle isole Ionie, di dominio veneziano. Il padre era italiano,
la madre greca. Studia a Dalmazia, dove apprende l’italiano e il latino. Alla base della sua
formazione ci fu soprattutto Petrarca, che egli considerava come un punto di riferimento. All’età di
dieci anni, alla morte del padre, la madre si trasferisce a Venezia ed egli la raggiunge quattro anni
dopo. A sedici anni inizia a frequentare l’università a Padova. Con l’ascesa di Napoleone in Italia,
Foscolo si arruola nell’esercito a diciotto anni e scrive un’ode, “A Bonaparte Liberatore”.
Nel 1797 Napoleone è costretto a firmare il Trattato di Campoformio con gli austriaci e il Veneto e
Venezia tornano sotto il loro dominio e questo appare agli occhi degli italiani come un tradimento.
Inizia a scrivere un romanzo epistolare (genere letterario molto diffuso, scritto sotto forma di lettere
in prima persona), intitolato “Le Ultime Lettere di Jacopo Ortis”. Si sposta a Milano, poi a Bologna e
infine partecipa alle guerre d’indipendenza contro gli austriaci nel Nord Italia. Si trasferisce in
Francia e nel 1806 torna in Italia dove scrive “I Sepolcri”. Si trasferisce a Firenze per due anni e
dopo la sconfitta di Napoleone a Lipsia tornano gli austriaci e Foscolo è costretto a scappare. Va
prima in Svizzera, poi in Inghilterra dove migliora “L’Ortis” e scrive saggi su Petrarca, Dante e
Boccaccio. Muore in miseria in un paese fuori Londra nel 1827. I resti furono poi trasferiti in Santa
Croce a Firenze dove si trovano ancora oggi.

La cultura e le idee
Nella formazione di Foscolo convergono le componenti tipiche della cultura del suo tempo: la
cultura classica, elementi preromantici e l’Illuminismo settecentesco. Ad una formazione frivola
basata sul gusto arcadico si aggiunge il modello dei grandi classici latini e greci, oltre a quelli
italiani, in particolare Dante e Petrarca. Due sono gli aspetti fondamentali della sua personalità: il
primo è l’abbandono agli impulsi dei sentimenti e delle passioni, che agitarono ininterrottamente la
sua vita; il secondo, in contrasto con il primo, è l’esigenza di un ordine e di un’armonia interiore.
Per questo egli è legato sia al Neoclassicismo che al Preromanticismo, pur avendo caratteristiche
piuttosto contrastanti. Mentre il Neoclassicismo ricercava la misura, l’armonia, la razionalità, il
Romanticismo metteva in primo luogo il sentimento, il bello come passione sconvolgente; erano
ricorrenti, infatti, tematiche cimiteriali e gotiche.
Foscolo nella sua concezione della vita segue, però, segue le dottrine materialistiche e
meccanicistiche dell’Illuminismo, secondo le quali il mondo è fatto di materia sottoposta
inevitabilmente a trasformazioni governate da leggi meccaniche. Il mondo quindi non è retto da
una superiore intelligenza, ma da una cieca forza meccanica. La morte segna l’annullamento totale
dell’individuo. Per i filosofi illuministi questa concezione materialistica della realtà era motivo di
ottimismo poiché liberava l’animo da ogni superstizione, dalla paura della morte, inducendoli a
vivere più serenamente. A Foscolo, invece, è ben presente il rischio insito in simili posizioni, vale a
dire la negazione di ogni valore superiore, ideale; non solo, ma il pessimismo che ne scaturisce
può facilmente generare indifferenza, fatalismo, passività. La visione generosamente attiva ed
eroica della vita, che è propria di Foscolo, induce in lui insoddisfazione per queste posizioni e lo
spinge a cercare alternative, a recuperare la dimensione ideale dell’esistenza, anche se egli non
arriva mai a superare teoreticamente le concezioni materialistiche e meccanicistiche.

Le opere maggiori

La prima opera importante di Foscolo è un romanzo epistolare, Ultime lettere di Jacopo Ortis. Il
romanzo epistolare è una forma di narrativa che aveva goduto di larga fortuna nel Settecento
europeo. Il racconto si costruisce attraverso una seria di lettere che il protagonista scrive all’amico
Lorenzo Alderani. Attraverso queste lettere, Foscolo narra le vicende dolorose dello spirito del suo
personaggio, che è travagliato dalla sorte della sua patria, Venezia, vilmente ceduta all’Austria e
da un suo infelice amore per una fanciulla, Teresa, già promessa sposa di un altro giovane.
Jacopo Ortis così per sfuggire all’amore e alle persecuzioni viaggia per molte regioni d’Italia; infine
tornerà a trovare Teresa e deciderà di uccidersi.

Il carme I Sepolcri è un’opera didascalica e lirica; didascalica, perché mira a inculcare il culto delle
tombe, dimostrandone il valore ideale e l’unità civile; lirica perché esprime i sentimenti profondi del
poeta. Afferma che le tombe sono, dal punto di vista razionale, inutili, perché con la morte finisce
tutto; ma contro le affermazioni della ragione insorge il sentimento, il quale afferma che le tombe
sono necessarie, perché sono "tramite di corrispondenza di amorosi sensi tra l’estinto e i vivi", e
segno della sopravvivenza ideale dell’estinto nel ricordo dei vivi.

Nel 1803 Foscolo pubblica Le Poesie, che comprendono due odi e dodici sonetti.

Le due odi sono “A Luigia Pallavicini caduta da cavallo” e “All’amica risanata”. Le odi
rappresentano le tendenze più neoclassiche della poesia foscoliana. Al centro di entrambe vi è il
vagheggiamento della bellezza femminile. Mentre l’ode “A Luigia Pallavicini” conserva
maggiormente un carattere di omaggio galante e settecentesco alla bella donna, “All’amica
risanata” ha più alte ambizioni e vuol proporsi come un discorso filosofico sulla bellezza ideale.

L’ultimo grande capolavoro è la raccolta di dodici sonetti. Il sonetto era un breve componimento
poetico, tipico della letteratura italiana, formato da due quartine e due terzine. I sonetti sono più
vicini alla materia autobiografica e alla passionalità dell’Ortis. Tra questi sonetti spiccano tre
autentici vertici poetici: “Alla sera”, “In morte del fratello Giovanni” e “A Zacinto”. In essi sono
presenti i temi tipici della poesia foscoliana, come l’esilio, il sepolcro, la bellezza rasserenatrice.
Le ultime lettere di Jacopo Ortis

La composizione impegnò a lungo l’autore.


La vicenda prende inizio in coincidenza con il Trattato di Campoformio con il quale Napoleone
cedette all’Austria Venezia, che perdeva così la sua secolare indipendenza. Animato da ideali
patriottici e deluso da Napoleone, Jacopo Ortis si è ritirato sui Colli Euganei. Qui si innamora di
Teresa, ma il padre di lei intende darla in moglie al mediocre ma ricco Odoardo per sanare le
difficili condizioni economiche della famiglia e Teresa è ferma nell’obbedienza. Jacopo tenta di
dominare la passione allontanandosi da lei e viaggiando per l’Italia. Il racconto del viaggio occupa
la seconda parte del romanzo. Tra le soste più importanti vi sono quella a Milano, dove Jacopo
incontra il vecchio Parini, e quella a Ventimiglia, dove si svolge una meditazione pessimistica sulla
storia e sulla società umana. Tornato ai Colli Euganei dopo aver appreso delle avvenute nozze di
Teresa, la incontra per l’ultima volta, strappandole un bacio; quindi si pugnala al cuore.
La struttura e molti temi del romanzo rimandano ai grandi modelli europei di romanzo epistolare, e
soprattutto al Werther di Goethe. Pur avendo elementi in comune con queste opere, tuttavia è
evidente l’originalità del romanzo. Tale originalità si fonda innanzitutto sul taglio autobiografico
dell’Ortis, nel quale Foscolo proietta il proprio carattere impetuoso e passionale, nonché le proprie
esperienze politiche e sentimentali.
Nell’Ortis si avverte la crisi della cultura illuministica. E’ venuta meno ogni fiducia positiva nei valori
civili e nella storia. E’ come se gli ideali stessi della rivoluzione francese fossero già inariditi e
superati. E’ venuta a mancare la fiducia nel razionalismo illuministico. Un oscuro turbamento
minaccia il soggetto spingendolo alla rovina e all’autodistruzione. Questa forza irrazionale si
manifesta negli stati d’animo e nella sensibilità eccessiva del protagonista. Tutto questo dimostra
la caratteristica preromantica.
Il pessimismo presente, però, non impedisce che la trama contenga anche ambiziosi propositi di
redenzione. E’ importante il tema del sacrificio (parola con la quale si apre il romanzo) che si basa
su riferimenti evangelici.
Le illusioni presenti nel romanzo sono principalmente due, correlate fra loro: l’amore e la poesia.
La prima è rappresentata da Teresa. La promessa che ella contiene in sé, di una vita armoniosa e
felice, contraddice le condizioni concrete nelle quali una simile vita sarebbe chiamata a svolgersi: è
una promessa impossibile. Il banale destino borghese della donna, moglie di un proprietario
terriero senza personalità, chiude questa contraddizione e ne svela il meccanismo senza
speranza.
Alla poesia spetta il compito di superare i contrasti interiori e di purificare le passioni; di trasmettere
un senso di equilibrio, di armonia e di durata capace di vincere le oscure forze che regolano la vita
umana e il suo consumarsi. Ma il tentativo della poesia è per Jacopo un tentativo mancato ed egli
deve prendere atto dell’impossibilità di affidarsi alla consolazione. Dietro il fallimento di Jacopo si
rispecchia la difficoltà di Foscolo a esprimere attraverso un risultato concreto la proprio ispirazione.
Per quanto riguarda l’aspetto stilistico Foscolo non aveva una tradizione narrativa cui fare
riferimento. Si è ispirato molto spesso, infatti, a modelli lirici piuttosto che a modelli romanzeschi.
Manca il senso dell’azione e dell’intreccio e la definizione dei personaggi e la loro evoluzione sono
sacrificate dall’esclusività posta su Jacopo. L’interiorità di questi è l’unica caratteristica messa
veramente a fuoco.
Il fallimento delle sue passioni (quella politica e quella amorosa) lo porta al suicidio, che non è
improvviso, ma voluto e meditato, per concludere una vita ormai vista come dolore e impotenza.
Ma non è negazione della vita, bensì bisogno di libertà, come segno di protesta.

14 Maggio – Bacio con Teresa


O quante volte ho ripigliato la penna, e non ho potuto continuare: mi sento un po' calmato e torno
a scriverti. - Teresa giacea sotto il gelso - ma e che posso dirti che non sia tutto racchiuso in
queste parole? Vi amo. A queste parole tutto ciò ch'io vedeva mi sembrava un riso dell'universo: io
mirava con occhi di riconoscenza il cielo, e mi parea ch'egli si spalancasse per accoglierci! deh! a
che non venne la morte? e l'ho invocata. Sì; ho baciato Teresa; i fiori e le piante esalavano in quel
momento un odore soave; le aure erano tutte armonia; i rivi risuonavano da lontano; e tutte le cose
s'abbellivano allo splendore della Luna che era tutta piena della luce infinita della Divinità. Gli
elementi e gli esseri esultavano nella gioja di due cuori ebbri di amore - ho baciata e ribaciata
quella mano - e Teresa mi abbracciava tutta tremante, e trasfondea i suoi sospiri nella mia bocca,
e il suo cuore palpitava su questo petto: mirandomi co' suoi grandi occhi languenti, mi baciava, e
le sue labbra umide, socchiuse mormoravano su le mie - ahi! che ad un tratto mi si è staccata dal
seno quasi atterrita: chiamò sua sorella e s'alzò correndole incontro. Io me le sono prostrato, e
tendeva le braccia come per afferrar le sue vesti - ma non ho ardito di rattenerla, né richiamarla.
La sua virtù - e non tanto la sua virtù, quanto la sua passione, mi sgomentava: sentiva e sento
rimorso di averla io primo eccitata nel suo cuore innocente. Ed è rimorso - rimorso di tradimento!
Ahi mio cuore codardo! - Me le sono accostato tremando. - Non posso essere vostra mai! - e
pronunciò queste parole dal cuore profondo e con una occhiata con cui parea rimproverarsi e
compiangermi. Accompagnandola lungo la via, non mi guardò più; né io avea più cuore di dirle
parola. Giunta alla ferriata del giardino mi prese di mano la Isabellina e lasciandomi: Addio,
diss'ella; e rivolgendosi dopo pochi passi, - addio.
Io rimasi estatico: avrei baciate l'orme de' suoi piedi: pendeva un suo braccio, e i suoi capelli
rilucenti al raggio della Luna svolazzavano mollemente: ma poi, appena appena il lungo viale e la
fosca ombra degli alberi mi concedevano di travedere le ondeggianti sue vesti che da lontano
ancor biancheggiavano; e poiché l'ebbi perduta, tendeva l'orecchio sperando di udir la sua voce. -
E partendo, mi volsi con le braccia aperte, quasi per consolarmi, all'astro di Venere: era anch'esso
sparito.
Il testo riporta le sensazioni descritte da Jacopo, provocate dal bacio con Teresa. Questo bacio
segna la separazione da Teresa e Jacopo non osa trattenerla né richiamarla. Alla bellezza della
natura unisce la bellezza dell’arte e della poesia. L’esperienza di amore per Jacopo si configura
come estasi e la natura che lo circonda vive con lui quel momento di indescrivibile piacere.
Si sente colpevole nell’essere stato lui a provocare quel bacio e prova rimorso.
Il brano è carico di romanticismo e di sentimento.
“Vivrei anche solo di questo adesso, che arrivi pure la morte, non ho più bisogno di nulla”.

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