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LETTERATURA ITALIANA

MEDIOEVO e ORIGINI DELLA LETTERATURA ITALIANA


Il concetto di Medioevo nasce da una riflessione degli umanisti del ‘400 impegnati a rivendicare
la loro cultura, giudicando il periodo in maniera negativa in quanto videro l’interruzione della
cultura classica. E’ per questo motivo che i termini “Medioevo” e “Medievale” vengono
interpretati in modo negativo per indicare un periodo di oscurantismo. Il Medioevo inizia nel 476
d.C. con il crollo dell’Impero Romano d’Occ. e la deposizione dell’ultimo imperatore Romolo
Augusto da parte del barbaro Odoacre. La fine di questo periodo si differenzia da vari punti di
vista:
- Umanisti  nel ‘300 con il loro padre della letteratura: Petrarca
- Storia politica  1453 caduta di Costantinopoli
1492 scoperta dell’America
- Storia religiosa  1517 Riforma protestante
Il Medioevo è il passaggio dalla disgregazione del mondo antico alla formazione della società
urbana.
Con la caduta dell’Impero Romano d’Occ. si svilupparono le società barbariche, di tipo agrario
con attività limitate e scarsamente produttive, rivolte all’autoconsumo. In tale società gli unici
centri culturali erano i monasteri, dove si svolgevano iniziative culturali partendo
dall’insegnamento di San Benedetto (Montecassino). Nel periodo medievale si affermò il
feudalesimo che si consolidò nel periodo di maggior insicurezza europea fino alla metà del
secolo XI. Con la nascita dell’Impero di Carlo Magno si avviò la Rinascita Carolingia,
riprendendo le attività culturali, l’economia e una parziale riorganizzazione delle strutture civili. Il
massimo sviluppo del feudalesimo si ebbe nei secoli XI e XII quando attraverso le Crociate si
ottennero dei nuovi territori portando alla Rinascita del secolo XII, in cui ripartirono gli scambi
commerciali e vi fu la rinascita del ceto mercantile. In Italia si formarono le Repubbliche
Marinare: Venezia, Genova, Amalfi, Pisa, e la nascita di una nuova struttura sociale e politica: il
Comune, che nasceva da un’aggregazione di poteri e privilegi.
Nel Medioevo vi fu la Tripartizione degli ordini:
- Oratores  Il clero, al quale spetta l’ambito religioso e culturale
- Bellatores  l’esercito, a cui spetta il controllo della violenza pubblica e privata
- Laboratores  agricoltori
Si sviluppò una nuova classe sociale  i borghesi. Oltre alla classe di cittadini che viveva di
diritti e privilegi, vi erano i cittadini poveri e meno istruiti.
Per quanto riguarda il mondo della cultura scritta, per molto tempo fu controllata dal clero, come
conservatore della tradizione latina. Il clero intermedio si occupava invece dell’uso pratico ed
attitudinale della scrittura. La produzione dei testi era molto limitata, inoltre, non esistendo la
stampa, i testi originali erano ricopiati sotto dettatura dagli amanuensi.
Per quanto riguarda la cultura orale, veniva trasmessa attraverso i giullari, sviluppando così il
volgare.
I luoghi della cultura erano: la scuola e le Università.
La letteratura ha origini proprio nel Medioevo, caratterizzato dalla presenza di un’ampia unità
culturale basata sul latino, e dallo svilupparsi delle lingue volgari: italiano, spagnolo, portoghese,
francese, rumeno e dialetto sardo, basate infatti sul latino, diviso in:
 Latino vulgaris  lingua del popolo
 Latino aulico  degli scrittori
L’italiano è volgare, ha una lunga storia legata alle vicende politiche d’Italia, che si
distinguevano tra le varie regioni, favorendo l’affermazione dei dialetti (il dialetto si fa lingua
quando diventa patrimonio di un popolo molto vasto). Il primo documento in lingua italiana è il
“Placito capuano” (rocito notarile) conservato nell’abbazia benedettina di Montecassino, le cui
prime parole sono: “Sao ko kelle terre, per kelli fini que ki contene, trenta anni le possette parte
Sancti Benedicti” (“Io so che quei confini contengono una parte del patrimonio dell’abbazia di
San Benedetto”). Ricordiamo anche l’Indovinello veronese.

Lo sviluppo delle lingue romanze portò alla creazione di una nuova letteratura che si sviluppò
nel mondo feudale in Francia. Con il forte sviluppo del volgare, il passaggio dall’orale allo scritto
fu inevitabile. Inizialmente le poesie in volgare erano accompagnate dalla musica in quanto
erano testi poetici cantati che recitavano i trovatori. Le letterature delle lingue romanze, in
particolare l’italiana, subirono l’imporsi della letteratura francese e di quella provenzale
d’Occitania, dando origine alle forme letterarie quali:
 canzone delle gesta cavalleresche (ricordiamo la “Chanson de Roland” per valorizzare le
gesta della classe feudale delle imprese militari, dedicando la morte del protagonista, Orlando,
a Carlo Magno)
 romanzo cortese (colui che si comportava secondo i valori della nobiltà),
Scritti sotto influenza delle lingue:
 d’oil  da cui deriva il francese attuale
 d’oc  di Occitania
La letteratura italiana è detta anche romanza (dal latino romanice, e dal francese romanz).
L’aria in cui si sono sviluppate queste lingue è detta Romània, per designare i popoli che si
esprimevano nella lingua di Roma. Con la nascita delle lingue volgari o romanze, la letteratura
latina subì un lento declino.
La letteratura italiana nasce dalla lingua stessa, dal popolo. Deriva infatti, in gran parte, da
tradizioni popolari, scritte e raffinate dai poeti. La letteratura italiana nacque nel Duecento, due
secoli più tardi rispetto alle altre letterature europee, perché ancorata alla conservazione del
latino, lingua della Chiesa. Lentamente poi si espanse nel corso del 1200 sostituendo il latino,
allora lingua della comunicazione colta ed ecclesiastica. Si estese soprattutto attraverso le
Università: la prima fu fondata a Napoli il 5 giugno 1224 tramite un editto, da Federico II di
Svevia, imperatore del S.R.I. e re di Napoli, amante del Sud convinto che la cultura,
l’intelligenza e la sensibilità si trovassero maggiormente al Sud; si impegnò per valorizzarle ed
organizzarle.
LETTERATURA RELIGIOSA
Fattore rilevante per la vita, e la cultura del 13° secolo è il Cristianesimo, la società medievale
infatti fa sì che il messaggio di Cristo sia trasmesso anche al di fuori dei monaci e del clero,
diffondendo la convinzione che il mondo, dominato dalla violenza e dalla prepotenza, possa
diventare cristiano; convinzione che però si scontra con i valori di chi detiene il potere e con le
strutture ufficiali della Chiesa, ed è costretta ad esprimersi in forme di eresia  dottrina
contraria ai princìpi della Chiesa. Nonostante ciò, la Chiesa avverte la necessità di inserirsi
maggiormente nella vita sociale, a tale scopo nascono gli ordini mendicanti:
 Domenicani  contraddistinti dalla predicazione e dalla lotta contro l’eresia
 Francescani  in stretto rapporto con l’esistenza di ogni giorno, ordine fondato da San
Francesco.
Alla sua morte l’ordine dei francescani si divise in due ordini:
1. Spirituali  predicavano una rigorosa fedeltà agli insegnamenti di Francesco per quanto
riguarda la povertà e la rinuncia ai beni materiali.
2. Conventuali  disposti a rifiutare la rigidità degli spirituali.
La posizione intransigente degli spirituali potrò a scontri con il papato che vedeva in essi una
minaccia all’obbedienza.
Ciò che distingue la letteratura religiosa dalle altre manifestazioni letterarie è il suo carattere
popolare: questa poesia era semplice ed elementare perché destinata al popolo. La letteratura
religiosa nel 1200 produce due effetti: nel campo letterario favorisce l'uso del volgare, in campo
religioso essa stimola un'ansia di rinnovamento, e da così luogo a vasti movimenti di religiosità
popolare.
Gli ordini mendicanti, in particolar modo i domenicani, come mezzi di cristianizzazione e lotta
contro l’eresia usavano gli exempla  esempio di episodi religiosi per educare la gente. Nel
Medioevo c’erano esempi che derivavano dalle parabole evangeliche. Si tratta del racconto di
una storia in cui il protagonista, grazie ad un determinato comportamento, raggiunge la
salvezza dell'anima. La letteratura religiosa sviluppò il genere della lauda  episodi della vita di
Dio e temi religiosi. Facevano parte di una grande tradizione popolare, venivano ripetute allo
stesso modo, e non erano scritte.

 MAGGIORI ESPONENTI
San Francesco d’Assisi, Jacopone da Todi, Tommaso d’Aquino
FRANCESCO D’ASSISI (1181 – 1226)
Nacque ad Assisi, in Umbria, da una famiglia benestante di mercanti di tessuti. Era un uomo
che si dedicava molto ai piaceri della vita. Gli capitò poi di ammalarsi, e nel periodo della
malattia scoprì la vocazione (crisi religiosa) in cui scoprì che niente ha valore dinanzi a Dio e
all’eternità, per cui si spogliò dei suoi abiti, abbandonò ogni ricchezza e visse in povertà
cercando l’indispensabile nel proprio essere, perché non conta ciò che c’è fuori, ma ciò che si
ha dentro (non l’involucro ma il nucleo, l’essenza). Creò così l’ordine dei francescani. Compì
numerosi viaggi avvalendosi di 12 discepoli, fondando il Primo ordine, seguito da quello
femminile delle Clarisse fondato con Santa Chiara. Al ritorno da un viaggio in Egitto, dove fallì la
sua opera di conversione, fondò il Terzo ordine. Francesco, che fu anche il santo delle prime
stigmate, era un individuo estremamente umano, avendo vissuto attivamente ed intensamente
la sua vita aveva una completa visione del mondo.

 PENSIERO e POETICA
Francesco è santo e poeta della gioia e dell’esultanza, dell’annullamento di sé per l’amore
divino  mira alla visione di Dio.

 OPERE
 Un anno prima della sua morte scrisse il “Cantico delle Creature”, primo testo letterario
volgare scritto (lingua umbra assisiate). Il Cantico è una preghiera a Dio, è diviso in 33 versi in
cui le creature intonano il loro canto a Dio ringraziandolo di aver donato loro la vita, e di aver
creato la natura, in cui ogni forma ha la sua espressività. Il messaggio che il Cantico fa recepire
è gioia ed entusiasmo per la bellezza del mondo, svolta con estrema naturalezza.

JACOPONE DA TODI (1236 – 1306)


Religioso e poeta. Nacque a Todi. Uomo facoltoso, esercitò la professione giurudica,
partecipando attivamente alla vita mondana, dalla quale si allontanò quando ad una festa
precipitò un pavimento, causando la morte di sua moglie. Svestendola, si accorse che portava il
cilicio; si trafiggeva per penitenza (fioretto per Dio). Quest’episodio portò Jacopone ad una crisi
spirituale e religiosa che trovò la sua espressione nella letteratura e l’ingresso negli ordini
francescani, da cui fu scomunicato a causa delle lotte contro Bonifacio VIII.

 PENSIERO e POETICA
A differenza di San Francesco, che fu il santo dell’esultanza e della gioia, Jacopone fu un
personaggio complesso e problematico, segnato dalla scoperta della visione della moglie che fu
sconcertante; diventò poeta penitenziale, attento a cogliere le forme del dolore e della
sofferenza e gli aspetti della religiosità in cui si riscontra sofferenza umana.
Il genere letterario praticato da Jacopone è quello della lauda  canto che si intonava al
Signore durante le processioni. Facevano parte di una grande tradizione popolare, venivano
ripetute allo stesso modo, e non erano scritte. Jacopone le trasformò in genere letterario,
rivoluzionando così la loro tradizione orale.

 OPERE
Le laudi che scrisse dopo la conversione si divisero in due filoni:
1. presenza ossessiva del corpo come fonte di peccato e perdizione
2. compone un mondo di luce e amore
 Il suo componimento più famoso è lo “Stabat Mater” (Madre ferma) che racchiude il più
grande dolore che si possa provare al mondo, indica la staticità della Vergine addolorata che
accoglie tra le braccia il Figlio sanguinante staccato dalla croce  resta immobile perché
folgorata dal dolore.

SCUOLA POETICA SICILIANA


Fondata da Federico II di Svevia nel 1200, il quale affermava che bisognava fondare una scuola
per insegnare a fare poesia, per conservare e tramandare il patrimonio culturale. Fondò così la
Scuola Poetica Siciliana, composta da poche persone ispirate che intendevano realizzarsi
attraverso la poesia (dall’infinito greco poein  fare parole, disporle in modo che abbiano un
significato, inventando la letteratura  creare una struttura metrica: concepito in modo da
formare un componimento, e prosodica: relativo allo studio di intonazione, timbro, suoni,
accento).
Nella Scuola poetica siciliana nascono due nuovi generi letterari:
 canzone
 sonetto  componimento poetico (dal provenzale sonet  suono)
composto da: 2 quartine  4 versi - 2 terzine  3 versi
Il I verso rima con il IV – Il II verso rima con il III (A-B-B-A)
La Sicilia, essendo una civiltà insulare, conserva tante civiltà linguistiche. I poeti siciliani usano
per i loro componimenti il siciliano nobile e cortese, non usano la lingua d’oc ma il linguaggio
locale, creando la prima poesia in volgare italiano. Il linguaggio del Regno delle Due Sicilie è
cortese perché c’è stato un regno, e quindi una corte, fino alla metà del 1800.
I poeti siciliani, come tutti quelli italiani sono cantautori  concepiscono le parole in funzione di
musicalità, essendo la musica breve ed efficace (si assimila subito e non annoia). Essi
compongono ispirati all’amore, dando alla letteratura italiana un codice letterario dell’amore che
inizia dagli occhi, vi è infatti uno stretto rapporto tra occhi e cuore, mediante il quale l’oggetto del
desiderio dagli occhi arriva al cuore in cui viene concepito il sentimento. La poesia siciliana è a
forte effetto  concentrata sul finale
I siciliani insegnano che la poesia deve essere costruita sui sensi (amore sensuale) e deve
essere insegnata con naturalezza, viverla e sognarla. Il maggior esponente è Jacopo da
Lentini, notaio, considerato anche il caposcuola e largamente noto perché a lui è attribuita
l'invenzione della forma metrica del sonetto.

DOLCE STILNOVO
Nello stesso periodo della Scuola poetica siciliana nasce il Dolce Stilnovo, nuovo movimento
poetico italiano armonioso e razionale nel campo della letteratura. La denominazione Dolce
Stilnovo si ricava dalle parole che Dante, nel canto 24° del Purgatorio, fa dire a Bonagiunta
Orbicciani, esponente della lirica volgare, che espia la sua pena nel girone dei golosi. Si
caratterizza per una profonda ricerca verso un'espressione raffinata e nobile dei propri pensieri,
è regolare l’uso di metafore e simbolismi. I poeti del Dolce Stilnovo si staccano dalla tradizione
siciliana e provenzale per creare uno stile più limpido definito appunto “dolce”. Aggiunsero
riferimenti morali e cattolici alla poesia, considerando la poesia siciliana troppo frivola e libertina.

 DIFFERENZE CON LA SCUOLA POETICA SICILIANA


Molte tematiche fondate dalla Scuola poetica siciliana, che teneva conto di quel che accadeva
in Europa, prendono spunti da terre lontane, e arrivano poi in Toscana, centro della lingua
letteraria italiana. I toscani hanno ingentilito il codice d’amore dei siciliani (occhi e cuore)
rendendolo più preciso e chiaro, elegante e raffinato, mentre la poesia dei siciliani è più diretta
ed immediata, meno intellettuale (razionalizzata dai fiorentini). Nel Dolce stilnovo la donna
appare in poche occasioni della vita sociale, consentendo un rapporto amoroso di incontri
fugaci. La donna stilnovistica non viene quasi mai raggiunta perché l’obiettivo dell’amore
stilnovistico è la continua tensione verso qualcosa di inafferrabile, è una donna vista come un
angelo e portatrice di salvezza.

 MAGGIORI ESPONENTI
Guido Guinizzelli, Guido Cavalcanti, Dante Alighieri

GUIDO GUINIZZELLI (1230 – 1276)


Poeta. Nacque a Bologna. Precursore dello Stilnovo, dotato di grande cultura, iniziò la sua
attività di poeta in uno stile guittoniano (Guittone d’Arezzo era un poeta che pensava che
l’amore cortese e la morale cristiana fossero inconciliabili, pensava infatti che la poetica siciliana
fosse solo un espediente per ottenere la soddisfazione dei desideri amorosi fisici) passando poi
ad uno stile nuovo e dolce.

 PENSIERO e POETICA
Nelle sue opere Guinizzelli esalta il valore della donna, dotata di una forza benefica che elimina
i pensieri cattivi. I modi con cui la donna si rivolge all’esterno sono lo sguardo e il saluto.

 OPERE
 “Al cor gentile rempaira sempre amore”  in cui la donna – angelo proveniente dal
Regno di Dio, può essere lodata come Dio stesso.
 “Il Canzoniere”  raccolta di poesie incentrate sul tema dell’amore.

GUIDO CAVALCANTI (1255 – 1300)


Poeta. Nacque a Firenze. Di origini nobili e amico di Dante, altezzoso ed amante della
solitudine, si occupò di filosofia e letteratura volgare. Nonostante fosse stato escluso dalle
cariche politiche partecipò ugualmente alla vita politica e alle lotte, venendo poi esiliato.

 PENSIERO e POETICA
Il tema delle opere di Cavalcanti è “l’amore che distrugge”, egli infatti concepisce l’azione
sconvolgente dell’amore, gli effetti che una donna può provocare ad un uomo, sia a livello fisico
che psichico. Concepiva l’amore come forza oscura e devastante che si impossessa dell’animo
umano provocando dolore. Fece della morte e della paura temi fondamentali per esprimere
l’amore come sbigottimento, per cui le sue poesie assumono un tono drammatico.

 OPERE
 “Il Canzoniere”  raccolta di poesie incentrate sui temi dell’angoscia e le lacrime che
conducono il corpo e l’anima alla distruzione.
DANTE ALIGHIERI (1265 – 1321)
Poeta e scrittore. Nacque a Firenze da una famiglia benestante guelfa. Manifestò sin da
giovane la passione per la letteratura, espressa con naturalezza e libertà. Ricevette una
raffinata educazione in gioventù, nonostante le non felici condizioni economiche della propria
famiglia. A 9 anni incontrò per la prima volta Beatrice. Le sue esperienze giovanili si compiono
tutte intorno alla sua figura, che sarà poi il cardine di tutte le sue opere successive. Alla morte di
Beatrice Dante passò un breve periodo di smarrimento che lo portò ad uscire dallo stilnovismo.
Per trovare conforto dopo la morte di Beatrice si dedicò anche alla filosofia, allo stesso tempo
approfondì la sua cultura poetica. Compì numerosi viaggi, approfondendo lo studio teologico e
filosofico. Da giovane partecipò ad alcune imprese militari che gli permisero di iscriversi,
nonostante la sua appartenenza alla nobiltà, alla corporazione dei medici. Assunse cariche
pubbliche schierandosi in una delle due spaccature della classe dirigente: i Bianchi, favorevoli
alla gestione autonoma della vita politica, contro i Neri, legati al potere del Papa. A seguito della
presa al potere dei Neri, Dante fu condannato all’esilio, iniziò così a spostarsi in Italia
settentrionale, dedicandosi a ciò che lui aveva sempre amato: la letteratura. Visse come uomo
di corte presso alcuni signori di varie regioni, fin quando morì nel 1321 a Ravenna. Anche se
viene raffigurato con la corona di alloro, in realtà non fu mai laureato.

 PENSIERO e POETICA
Fu un poeta che nacque dal Dolce Stilnovo, seguendo i passi di Guinizzelli e Cavalcanti con cui
Dante strinse uno stretto rapporto. A differenza di Guinizzelli e Cavalcanti, che scrissero i
Canzonieri e non organizzavano la poesia in una storia vera e propria, Dante scrisse una vita
nuova, una nuova costruzione letteraria che diede alla letteratura italiana il senso di una storia
organizzata, la storia di una vita nuova che si rinnovò grazie alla forza dell’amore per Beatrice.
Quest’amore è concepito come qualcosa che rivoluziona la vita, è l’unico sentimento per cui
conviene essere fedeli perché da un senso di appagamento
e completezza, che sostiene la vita stessa. Dante diventa, attraverso il suo modo di interpretare
la letteratura, testimone del proprio tempo.
La letteratura italiana non si può concepire senza Dante, perché ha raccontato tutte le fasi della
vita e le sensazioni provate che direttamente poteva conoscere. Dante tende sempre a portare
il discorso sulla commedia umana  non si possono cioè descrivere emozioni se non si sono
provate.
La vera rivoluzione di Dante è che fa poco spazio a sé stesso, parla raramente di sé, introduce
sempre i dialoghi usando un genere tra letteratura e teatro, dove i monologhi sono rari. Dante
infatti, nella Divina Commedia non è mai solo e ha sempre bisogna di aiuto. Il poeta ha capito
che la filosofia e la teologia annoiano e che l’unica salvezza possibile è la letteratura, scioglie
dunque le difficoltà della teologia creando un’enciclopedia poetica. Ad esempio, converte la
filosofia di d’Aquino in poesia, creando delle situazioni teatrali in cui dialogando è possibile
esprimere le più grandi verità di fede e religione (rappresenta la filosofia e la teologia in poesia).
Ha dimostrato così al mondo che non esiste nulla di più rivoluzionario della poesia e che non è
vero che le persone più importanti sono filosofi e teologi, bensì i poeti perché hanno creato uno
stile nuovo attraverso la poesia che trasforma un concetto in immagine.
Alla base del pensiero di Dante sta la visione religiosa della realtà, perché è questa a dare unità
a tutti i fenomeni. Da tale visione dipende la concezione della storia come una manifestazione
progressiva e lineare delle verità cristiane. Alla lotta tra Impero e Papato, Dante sostituisce un’
alternanza di funzioni nel garantire la felicità terrena e spirituale.

 OPERE
 “Le Rime”  sua prima opera, di stampo stilnovistico, incentrata sul amore e la gentilezza e
la donna vista come un miracolo.
 “La Vita Nuova”  titolo ispirato alla rivelazione di un’esperienza assoluta che da nuovi
significati alla vita e la rinnova, grazie ai suoi incontri con Beatrice, a cui dedica delle rime
raccolte in quest’opera. Il poeta loda la fanciulla dal loro primo incontro sino alla morte di lei,
decide dunque di esaltare la figura dell’amata e trasformare il proprio pensiero in uno spirito
peregrino capace di raggiungere il cielo per contemplarla da vicino.
 “De Vulgari Eloquentia”  affronta una trattazione del volgare cercando di convincere i
dotti al suo valore. Si divide in 2 libri:
1. Afferma l’artificialità del latino e la naturalezza del volgare, cercando di trovare un volgare
illustre che debba essere:
- cardinale  cardine di tutti i volgari
- aulicum  che possa essere parlato nelle regge italiane
- curiale  le sue regole saranno elaborate dalla curia
2. analizza il rapporto del volgare con la prosa e la poesia. La poesia è superiore alla prosa, ma
la forma più nobile da usare è la canzone. Il volgare viene distinto in: tragico, comico ed
elegiaco.
 “De Monàrchia”  opera principale dal punto di vista politico, in cui Dante getta le basi
politiche distinguendo il potere religioso della Chiesa e quello temporale monarchico. E’ un
trattato in latino, suddiviso in 3 libri: 1. esalta la necessità della monarchia universale
2. mostra l’origine divina dell’Impero romano la cui unificazione fu voluta da
Dio
per far sì che la parola di Cristo si potesse diffondere in un regime
universale
3. affronta il problema tra Papato e Impero, in cui afferma la superiorità del
secondo
al primo, in quanto l’Impero, essendo temporale, dovrebbe condurre gli
uomini ad
una “temporale felicità”, mentre il Papato condurrebbe gli uomini alla vita
eterna.
 “Il Convivio”  opera in volgare composta da 4 trattati a scopo di commentare in prosa
trattati dottrinali: 1. giustifica il titolo e il fine dell’opera, offendo a chi ha desiderio di conoscenza
le
spiegazioni delle canzoni
2. spiega senso letterale e allegorico (simbolico) di ogni canzone
3. lode all’amore e alla donna gentile
4. abbandona le rime d’amore per analizzare il concetto di nobiltà e Impero.

 “La Divina Commedia”  capolavoro di Dante, iniziata intorno al 1300. La parola


Commedia deriva dal latino Comedìa, il titolo originale era infatti “Commedia” . Dante diede
alla sua opera questo titolo rispettando una parola sacra del codice letterario e teatrale del suo
tempo.
La struttura del poema si basa sempre sul numero 3  Trinità: è infatti costituito da terzine su
sistemi di 3 strofe, ciascuna di 3 endecasillabi e ciascuna rima si ripete per 3 volte. Le terzine
costituiscono i canti che si raccolgono in 3 cantiche di 33 canti, eccetto l’Inferno che ne ha uno
in più, per un totale di 100.
La Commedia è un genere letterario del Medioevo secondo il quale un’opera comincia male e
finisce bene, è proprio su questo genere che Dante costruisce la sua Commedia  sprofonda
nell’Inferno, risale in Purgatorio e ascende in Paradiso. Converte inoltre la Commedia in senso
“verticale”, facendola diventare uno slancio verso l’alto (verticalizzazione).
Dante racconta il suo viaggio oltremondo come se lo avesse effettivamente compiuto, si rifà ai
grandi viaggi dell’antichità prendendo come modello Omero e Virgilio; nella Commedia però si
fa accompagnare solo da Virgilio, il Poeta Vate, che introdusse per primo il mondo precristiano,
mentre per Omero apparteneva tutto al mondo pagano.
Il linguaggio della Commedia è come originario: Dante trae spunto dalla letteratura latina o da
quella volgare, ma fa uso di termini toscani; il volgare italiano della Commedia diventa un
riferimento per la diffusione e lo sviluppo della lingua italiana, sia per la sintassi che per il
lessico.
- La discesa all’Inferno di Dante avviene al Lago d’Averno, inizia con lo smarrimento del poeta
in una selva oscura, verrà soccorso da Virgilio che lo guiderà alla conoscenza del male
nell’Inferno, diviso in 9 cerchi concentrici che accolgono i dannati secondo la gravità dei peccati
commessi. Il primo è il Limbo, ove dimorano giusti e bambini che non hanno ricevuto il
Battesimo.
Dopo il Limbo vi è la ripartizione dei peccati in ordine di gravità:
Incontinenti – Eretici – Violenti – Fraudolenti – Traditori
Al centro della Terra vi è Lucifero.
Tali anime sono condannate in eterno, rappresentano la corruzione civile e morale del mondo
contemporaneo.
- Dal centro della Terra Dante e Virgilio risalgono in superficie verso la montagna del
Purgatorio, diviso in 7 gironi in cui si scontano i peccati capitali:
Superbia – Invidia – Ira – Accidia – Avarizia – Gola – Lussuria

Nell’Antipurgatorio invece vi sono gli scomunicati e i pentiti in fin di vita. A differenza dell’Inferno,
i peccatori non restano in un solo girone, ma li attraversano guidati da un angelo. Questa volta
Dante non guarda da lontano i peccatori, ma espia le colpe insieme a loro, che attraversano i
gironi solo di giorno uniti da fiducia e amicizia.
- Alla sua risalita Dante viene accolto da Beatrice, che lo guida attraverso i 9 cieli del Paradiso,
dove nell’Empireo riposano i beati che hanno l’eterna visione di Dio. Il Paradiso indica la
presenza di santi ed intellettuali, e di persone che guardano gli aspetti sereni ed affettuosi della
vita terrena e i momenti più semplici e umili della stessa.
La Commedia è stata chiamata “Divina” da Boccaccio, che ammirava Dante, definito “Sommo
Poeta”.
A lui Boccaccio dedicò “La vita di Dante” e “Trattatello in laude di Dante”, e commentò per
la prima volta, a Firenze, i primi 17 canti dell’Inferno. Dante, grazie a Boccaccio, tornò, anche se
da morto, trionfante nella sua città; merito della sua “Divina” opera.
FRANCESCO PETRARCA (1304 – 1374)
Scrittore e poeta. Si colloca tra Stilnovismo e Umanesimo, e si può considerare il precursore di
quest’ultimo. Nacque ad Arezzo, in Toscana. A differenza di Dante che era un personaggio
“comunale” (appartenente cioè al comune di Firenze), Petrarca è un personaggio non legato al
comune, ma italiano ed europeo. Fu infatti uno dei primi scrittori ad attraversare l’Europa,
esprimendo l’immagine di un intellettuale non legato ad un luogo preciso ma appartenente a
tutto il mondo. Da piccolo si trasferì con la famiglia ad Avignone, dove conobbe Laura, la sua
musa ispiratrice. Fu mandato dal padre a studiare diritto, ma si appassionò agli scrittori latini,
che influenzarono la sua formazione artistica in quanto quasi tutte le sue opere furono scritte il
latino. Rimasto presto orfano, per far fronte alla situazione economica intraprese la carriera
ecclesiastica. Nel frattempo si diffondeva la sua fama di poeta, pensò di raggiungere la gloria
laureandosi (voleva che gli fosse posta sul capo una corona di alloro). Si recò dunque a Napoli
per sostenere l’esame al cospetto di re Roberto d’Angiò, grande cultore del mondo classico
nonché inventore della biblioteca. Sostenne l’esame ai Campi Flegrei, che il re ritenne adatti per
la grande tradizione classica. Superando l’esame, riguardante l’antichità e il mondo classico,
Petrarca coronò il suo sogno e fu incoronato in Campidoglio, a Roma. Ad Avignone, centro di
grande cultura e raffinatezza e sede dei papi che furono costretti a lasciare Roma, Petrarca
ebbe l’opportunità d frequentare la corte papale. Scalò il Monte Ventoso, con suo fratello, su cui
aprì le pagine della Bibbia e di Sant’Agostino, per poter stare più vicino al cielo. Per gli incarichi
diplomatici e la corruzione della corte avignonese Petrarca tornò in Italia, dove si spostò in varie
città fino a stabilirsi ad Arquà, vicino Padova.

 PENSIERO E POETICA
Petrarca era un personaggio profondamente convinto che chi studia non è uguale agli altri ma
merita rispetto ed ammirazione in quanto chi studia fatica e essere quindi considerato un genio
 chi indovina la propria vocazione, ciò per cui è veramente portato. La vocazione va
naturalmente alimentata con lo studio e l’applicazione. Egli è una figura rivoluzionaria in quanto
si fa portavoce di ideali politici, di giustizia e virtù. La filosofia morale di Petrarca si basa proprio
sulla virtù capace di opporsi alla confusione del mondo.
Petrarca infatti amava molto studiare, e si dedicò anche allo studio del greco, che prima non
veniva insegnato ma tradotto in latino dagli arabi, attraverso un monaco basilare calabrese,
nuovi arrivati cacciati dalla Grecia e rifugiatisi in Italia meridionale. Era convinto che solo
studiando si poteva conquistare la cultura, studiò gli autori antichi per capire il mondo
contemporaneo. Da poeta immodesto e superbo qual era, era convinto che la modestia fosse
una virtù stupida, e che bisognava riconoscere di essere geni a cui la vita terrena non basta. La
poesia di Petrarca è una poesia nuova perché comprende tante situazioni, è una poesia che va
oltre il Dolce stilnovo, si pone fuori il tempo e lo spazio, ha a che fare con un amore nuovo,
fortemente fisico in cui si svolge il rapporto occhi-cuore e amore e passione per Laura.
Egli usava il latino dei classici antichi, un latino profondamente raffinato reso più comunicativo
attraverso una serie di tecniche del linguaggio che consegnò all’Umanesimo. La sua opera è
caratterizzata da una scissione tra il latino e il volgare (per la prosa il latino, per la poesia il
volgare)
Era un Umanista in quanto amante degli scrittori antichi e del latino. Secondo Petrarca lo
scrittore latino moderno deve trarre frutto dagli scrittoti antichi, compiendo un’attività di ricerca
dei testi perduti.
Importante fu anche la sua attività di filologo (studiava i testi letterari).

 OPERE
 Lettere in latino  presentano la figura di Petrarca come un vero intellettuale, sono testi che
intrecciano la nozione autobiografica con la definizione della propria vita intellettuale.
Le lettere sono: “Familiares”, “Sine nomine”, “Varies”, “Seniles”.
 Prosa in latino  la prosa è lo strumento più alto a cui Petrarca si affida per esprimere la
sua figura di intellettuale. Tra queste ricordiamo “Africa”  poema epico in 9 libri dedicato a
Roberto d’Angiò e ispirato all’Eneide, in cui Petrarca risalta la grandezza di Roma e delle gesta
di Scipione l’africano.
 Trattati morali, storici e polemici  trattanti argomenti come gli antichi, l’umanesimo e
polemiche contro avversari che Petrarca vedeva come maligni.
 “Il Canzoniere”  raccolta di poesie da lui chiamate nuge (piccole cose), nonché unica
opera in lingua italiana del Petrarca. Il titolo originale era “Frammenti di cose volgari”, composto
da 366 sonetti divisi in 2 fasi: vita e morte di Laura, non cronologicamente ma
sentimentalmente. Ogni sonetto fu scritto accuratamente, essi rispecchiano i vari stati d'animo
del poeta, tra illusioni e disillusioni di un amore non corrisposto. Il tema principale del
Canzoniere è l'amore per Laura, ma si potrebbe anche intendere come il desiderio di gloria del
poeta poiché il nome Laura si può intendere anche come L'aura, cioè la gloria.
 “I Trionfi”  opera rimasta incompleta. Seguendo lo schema dell’Amorosa visione di
Boccaccio. Petrarca articola l’opera in una serie di Trionfi:
1. Amore  sogno del poeta sulla personificazione dell’amore su un carro trionfale seguito da
un corteo
di personaggi storici e mitologici
2. Pudicizia  Laura sottrae al carro molte illustri donne medievali
3. Morte  morte idealizzata di Laura
4. Fama  descrizione di uomini illustri
5. Tempo  riflessione sulla fugacità delle cose e dei giorni che passano
6. Eternità  rifugio dell’uomo di Dio
 “Secretum”  Petrarca, nonostante fosse un uomo colto e geniale, aveva un punto debole:
la religione, aveva infatti un’ossessione, quella di essere un genio e di mettersi addirittura in
concorrenza con Dio. Scrisse queste sue paure nel “Secretum” (Titolo originale  “De secreto
conflictu curarum mearum” – “Il segreto conflitto dei miei affanni). Fu divulgata dopo la sua
morte in quanto non era destinata al pubblico. L’opera attua un’analisi interiore dell’anima e
rappresenta un confronto dell’autore con sé stesso. L’opera parte con la visione di una donna
che impersona la verità, a cui si aggiunge Sant’Agostino in un dialogo che ha il compito di
svelare gli errori e i vizi dello scrittore, come il suo amore passionale per Laura e per la gloria.
Petrarca riconosce le accuse ma il dialogo si conclude senza una soluzione.

GIOVANNI BOCCACCIO (1313 – 1374)


Poeta e scrittore. Padre della prosa volgare, e con Petrarca e Dante, è stato lo scrittore più
importante del 1300. Nacque a Firenze o a Certaldo. Figlio illegittimo di un mercante fiorentino,
molto giovane si trasferì a Napoli con il padre per imparare il mestiere di mercante e banchiere
presso la succursale della Compagnia dei Bardi, di cui il padre era socio. A Napoli frequentò gli
ambienti mondani, partecipando alla vita culturale della città, esperienza che lo allontanò dal
commercio. Affascinato dalla letteratura cortese cavalleresca francese, diffusa presso la corte
angioina a Napoli, Boccaccio consolidò le proprie basi di letterato leggendo classici latini e
opere storiche e mitologiche. Iniziò un’intensa attività letteraria, sia in latino che in volgare,
concentrandosi soprattutto su scritti in volgare per l’ambiente cortese, costruendo dei miti
intorno alla propria persona, come la presunta relazione con Fiammetta, forse figlia illegittima
del re. Ma le difficoltà di trovare una sicura sistemazione a Napoli lo costrinsero a ritornare a
Firenze, dove si dedicò ad una nuova e intensa produzione letteraria. Sperava in un ritorno a
Napoli, ma dovette rinunciare a causa delle violenze che imperversavano nel Regno. Riuscì a
scampare all’epidemia di peste a Firenze, ed ottenne vari incarichi diplomatici dal governo della
città, per cui si spostò più volte tra Ravenna, Tirolo, Forlì, Avignone. Nel 1350 conobbe
Francesco Petrarca, con cui strinse amicizia. Ospitò a Firenze l’amico Leonzio Pilato, maestro
di greco. Contemporaneamente il papa lo autorizzò al sacerdozio. Un periodo di crisi politica
della città di Firenze portò Boccaccio alla rovina, si ritirò a Certaldo e si dedicò allo studio e alla
meditazione religiosa. Compì anche dei viaggi, tornò per un breve periodo a Napoli. In seguito
ad una nuova fase di distensione politica Boccaccio ebbe nuovi incarichi pubblici, tra cui il più
importante fu la lettura della Divina Commedia, che non portò a termine a causa della malattia e
della morte. Boccaccio amò vivere esperienze multiformi e mescolare molteplici culture,
dall’Umanesimo alla letteratura cortese.

 OPERE
 “Le Rime”  tra le sue prime opere, percorrono tutto l’arco della sua esistenza
- Del periodo napoletano ricordiamo:
 “Il Filocolo”  romanzo d’avventura in prosa in cui l’autore voleva alludere alle fatiche
d’amore di Florio e Biancifiore che riescono a concludere felicemente la loro storia dopo tante
peripezie.
 “Il Filostrato”  poemetto cavalleresco ispirato ai romanzi medievali francesi che narra gli
amori del giovane figlio di Priamo per una vedova prigioniera.
 “Il Teseida”  si ispira all’Eneide, unito alla tradizione cavalleresca romanza, affiancando il
tema dell’amore e delle armi.
- Del periodo fiorentino ricordiamo:
 “La commedia delle ninfe fiorentine”  romanzo pastorale in prosa, omaggio a Firenze e
alle donne della città, sotto il segno dell’amore e dell’allegoria cortese.
 “L’Amorosa visione”  poema diviso in 50 canti per la maggior parte dedicati a Fiammetta.
E’ un poema allegorico in cui Boccaccio interpreta autobiograficamente la potenza dell’amore
stilnovistico, coinvolgendo l’uomo nelle passioni terrene e nei sentimenti.
 “Il Ninfale fiesolano”  poemetto idillico dedicato alla fondazione di Firenze, ricco di spunti
mitologici.
 “Elegia di Madonna Fiammetta”  romanzo sentimentale. Si tratta di una lunga lettera in
prosa indirizzata da Fiammetta alle donne innamorate, raccontando le sue vicende amorose di
amante abbandonata da Panfilo. E’ il primo romanzo psicologico, in quanto Fiammetta esprime i
suoi sentimenti, il sentirsi tradita per la partenza del suo amante, il nascondere la sofferenza a
suo marito.
- Le ultime opere di Boccaccio comprendono testi eruditi, trattati scientifici e componimenti
poetici, in latino e in volgare, dedicati alle sventure degli uomini illustri, donne celebri,
pagani. Ricordiamo:
 “Trattatello in laude di Dante”  mostra Dante fisicamente, caratterialmente e
psicologicamente.
 “Esposizioni sopra la Commedia di Dante”  commento all’Inferno dantesco.
 “Corbaccio”  opera dove il tema dell’amore diventa aspra satira contro le donne, parte
della critica ha attribuito al titolo il significato del corvo simbolo di aggressività e all’opera un non
corrisposto amore senile dello scrittore, vendicandosi con la stesura dell’opera.
 “Il Decamerone”  capolavoro di Boccaccio. Raccolta di 100 novelle, che iniziò a comporre
dopo la peste scoppiata a Firenze nel 1348. Fu classificato come libro proibito a causa dei
riferimenti al piacere fisico, scandalosi per la Chiesa. L’autore parla in prima persona solo in 3
punti del Decameron: come introduzione alla I e alla IV giornata, e come conclusione. Il titolo
“Decamerone” è riferito alle 10 giornate in cui sono distribuite le novelle.
Il tema della novella racconta del diffondersi della peste, quando un gruppo di 7 ragazze e 3
ragazzi, incontratisi nella Chiesa di S. Maria Novella, decidono di lasciare Firenze e di rifugiarsi
in una villa in campagna dove Pampinea, una delle ragazze, decide che a turno ogni ragazzo
dovrà raccontare una novella al giorno per 10 giorni e ogni giorno verrà stabilito il tema della
novella. In realtà questi ragazzi convivono 14 giorni e non 10, perché il venerdì e il sabato sono
dedicati alla preghiera e alla cura personale delle ragazze. I temi che si alternano, sono quelli
della religione, le storie a lieto fine, gli amori infelici, la fortuna, la burla e la beffa, la cortesia e la
generosità. La maggior parte delle novelle sono ambientate in Toscana, altre in varie regioni
italiane ed europee.
Nel Decamerone, l’autore adatta modi, toni e linguaggi rispetto alla complessità e molteplicità
degli eventi, passando dallo stile tragico a quello comico e utilizzando equilibratamente lingua
letteraria e linguaggio comune. Nelle novelle di Boccaccio traspare l’esaltazione del mondo
terreno. L’autore non si pone problemi morali, considera la vita per quello che è senza
giustificarsi; è una novella libera che risponde ai ritmi della natura. Boccaccio pensava che la
letteratura deve piacere e non annoiare, le sue novelle colgono infatti il rapporto scrittore-lettore,
scrivendo in modo tale che nessuno abbandoni prematuramente la lettura (capisce che l’unico
motore del mondo è il piacere). Strumento essenziale è l’ironia con cui descrive situazioni e
personaggi.

Novella – Andreuccio da Perugia


Tra le novelle napoletane, narra di Andreuccio, mercante di cavalli che si reca a Napoli avendo
saputo dei mercanti economici. Arrivato a Napoli e recatosi al mercato, viene notato subito dai
mercanti per il suo distinguersi dagli altri. Alla vista dei fiorini contenuti nella borsa che lui
ingenuamente apre, Andreuccio viene avvicinato da due donne; quella anziana, che conosceva
il padre di Andreuccio, cominciò a parlargli, la giovane ascoltando escogita un sistema per
avvicinare Andreuccio, mandando una bambina a riferirgli che la donna, Fiordaliso, ha
intenzione di parlargli. I due si incontrano e, facendosi credere la sorella di Andreuccio,
Fiordaliso lo porta a casa sua, gli assegna una camera e un servitore. Recatosi in bagno prima
di andare a letto, a causa della rottura di una tavola del bagno Andreuccio cade nella colonna
fecale. Fiordaliso chiude il pavimento del bagno intrappolando Andreuccio, che riesce ad uscire
e prova a tornare in casa, ma viene cacciato dal protettore della donna. Avendo lasciato la
borsa in camera, tutto sporco vaga per Napoli e incontra due malfattori, che gli promettono di
ripulirlo e coinvolgerlo, per ripagarlo dei soldi perduti, in una rapina nella Chiesa Maggiore di
Napoli dov’è conservato un arcivescovo che porta al dito un anello dal valore inestimabile. Per
esser ripulito, Andreuccio viene calato in un pozzo, ma all’arrivo dei gendarmi i ladri si
allontanano; i gendarmi, che cercano di attingere acqua, scappano per la paura di aver trovato
Andreuccio nel pozzo. Lui e i ladri arrivano in Chiesa, i ladri mandano avanti Andreuccio, che
consegna dei tesori ai complici ma si tiene l’anello e resta bloccato sotto la teca. Al sopralluogo
di altri personaggi, scappano per paura, essendosi accorti della presenza di qualcuno.
Andreuccio riesce così a scappare con l’anello a Perugia.
La novella presenta 3 microsequenze: 1. rapporto di Andreuccio e Fiordaliso (imbroglio)
2. incontro con gli imbroglioni
3. fuga di Andreuccio
Questa novella spiega il “senso del vuoto”  Andreuccio precipita dal solaio di un gabinetto
nella colonna fecale che dà all’aria aperta, senso di vuoto ripreso nel vuoto del palazzo (2
ambienti verticali, chiusi e circolari che in qualche modo simbolizzano la circolarità della
novella). In questa novella è spiegato anche il senso della paura, creando ilarità in chi legge: lo
scopo di Boccaccio è far sorridere attraverso le situazioni in cui si trova Andreuccio. Dalle
novelle si capisce che sono 2 gli aspetti principali della vita: intelligenza e amore. L'uomo
insegue i suoi obiettivi, giusti o ingiusti, utilizzando l'intelligenza e l’amore, che Boccaccio
esprime in tutte le sue forme.

LA NOVELLA DALLE ORIGINI AL ‘500


La novella è un racconto breve che si differenzia dal racconto lungo (romanzo). Nasce in Italia
nel corso del Medioevo sulla scia di un genere chiamato exempla, di carattere religioso.
Dall’esempio religioso si è passati al racconto, esempio breve, che insegna ad aver prudenza.
La prima raccolta di novelle della letteratura italiana è il “Novellino”  primo documento
letterario in prosa narrativa, risalente al 1200, le cui novelle includono racconti che non sono fini
a sé stessi ma che hanno un contenuto esemplare  per dare un esempio ai lettori che devono
imparare a vivere, scritte in funzione ad una lezione morale. A distanza di un secolo Boccaccio
da alla novella un carattere fortemente letterario: a Boccaccio non importa la morale e trasforma
la novella in un racconto di gesta di personaggi che sono riusciti ad adoperare l’intelligenza. I
narratori dopo Boccaccio saranno presi da problemi di carattere morale, e torneranno alla
preoccupazione dell’esempio medievale. La novella nel corso del tempo subisce modifiche, è
tutto legato alla sua storia e a quella del personaggio che la crea.

 MAGGIORI NOVELLISTI
Masuccio Salernitano, Franco Sacchetti, Matteo Bandello
TOMMASO GUARDATI (1410 – 1475)
Scrittore e novellista. Nacque a Salerno. Più conosciuto come Masuccio Salernitano, è il
maggior narratore di novelle del 1400, nonché umanista napoletano. Pendolare tra Napoli e
Salerno, era segretario del principe San Severino di Salerno, che aveva il suo palazzo a Napoli
(l’attuale Chiesa del Gesù) (corte aragonese  Napoli  Dominazione spagnola).

 OPERE
 Masuccio scrisse il “Novellino”, nato come lettere che egli mandava alla corte di Napoli per
raccontare ciò che avveniva a corte, trasformate in racconti e organizzate nella raccolta. Il titolo
è ripetuto dalla prima raccolta di novelle, usa il diminutivo perché Masuccio volva che la novella
arrivasse alla gente con facilità.
Organizzazione della novella di Masuccio  sintesi – destinatario – novella – commento –
morale
Masuccio inventò il prototipo di “Giulietta e Romeo”, i protagonisti si chiamavano Mariotto e
Ganozza; questo modello arrivò a Shakespeare tramite Luigi da Porto che fece conoscere la
novella alla corte d’Inghilterra dove Shakespeare operava.

FRANCO SACCHETTI (1332 – 1400)


Poeta, scrittore e novellista. Nacque a Ragusa. Ricoprì vari incarichi pubblici.

 OPERE
 “Trecentonovelle”  non seguono un progetto unitario di contenuto come il “Decamerone”
e sono disposte secondo un ordine basato sui loro significati morali. Sacchetti scrisse le sue
novelle in rapporto ai fatti reali, dove uno dei temi principali è la beffa. Secondo la morale di
Sacchetti, bisogna tenersi sempre vicini alla realtà semplice e normale, disdegnando gli
atteggiamenti eroici ed eccessivi.

MATTEO BANDELLO (1485 – 1561)


Scrittore. Nacque ad Alessandria. Alternò la carriera ecclesiastica alle cariche a corte, finchè
non divenne vescovo. E’ stato tra i maggiori novellisti del 1500.

 OPERE
 “Le novelle”  novelle prive di contenuto morale perché ritenuto inutile dallo scrittore che
affermava che “il mondo va per i fatti suoi” e non si può essere tanto presuntuosi da insegnare a
qualcuno a vivere. Le sue novelle raccontano fatti della quotidianità, a volte con riferimenti
storici, che a volte è più eccezionale di ogni fantasia e basta proporla così com’è. Bandello
propone una varietà di ambienti, situazioni e personaggi. Il tono della narrazione passa da un
genere all’altro, in una lingua che abbandona i vezzi della corte per assumere la vivacità della
parlata popolare.
UMANESIMO & RINASCIMENTO
Nel 1400 nacque l’Umanesimo (studia humanitatis  studio delle materie umanistiche),
movimento intellettuale manifestatosi soprattutto in Italia, che precedette e accompagnò la
nascita del Rinascimento e la fine del Medioevo e portò conseguenti cambiamenti artistici,
letterari e scientifici. Nacque per primo in Italia, favorito soprattutto grazie alla formazione delle
Signorie, che aumentò la richiesta di personale colto e qualificato, e anche perché la formazione
dei Comuni favorì lo sviluppo economico e sociale, ma non era riuscita a darsi una spiegazione
politica e filosofica. L’Umanesimo nasce dalla politica, in particolar modo dai politici di Firenze.
Gli umanisti collegavano politica e cultura, considerata indispensabile ed una forma politica di
aggregazione: essere colti portava ad una maggiore civiltà e quindi ad un miglior funzionamento
della società. L’Umanesimo fiorentino è dunque civile, legato alla comunità cittadina e ai suoi
valori. Il sorgere dell’Umanesimo fu preannunciato da Petrarca e dal suo amore per il classico,
che ebbero grande influsso sulla diffusione del movimento. L’attività principale degli umanisti fu
la filologia: gli studiosi si occupavano d ricercare testi antichi per riscoprirne i valori umani.
L’Umanesimo, che proseguì nel 1500, divenne Rinascimento, originato proprio dal sentimento
di rinascita e rinnovamento. Si diffuse maggiormente nelle città centro-settentrionali, soprattutto
a Firenze. Fu data fondamentale importanza ai testi classici, soprattutto greci. Gli studi
umanistici furono sostenuti dai Medici a Firenze, gli Este di Ferrara, gli Sforza di Milano, i
Gonzaga di Mantova e altri nobili italiani. Il Rinascimento realizzò dei progressi anche in campo
scientifico, tecnologico e medico (teorie di Copernico, Brahe, Keplero, Galilei, invenzione della
stampa). Il Rinascimento era legato soprattutto alle corti principesche e alla vita artistica e
culturale. Centro della vita politica e dell’attività culturale era infatti la Corte, in cui si
elaboravano i contenuti e i valori della letteratura e dell’arte; l’intellettuale svolgeva figura di
grande rilievo negli ambienti cortigiani, non a caso il “Libro del Cortigiano” di Baldassarre
Castiglione divenne un manuale internazionale dell’uomo di corte. In particolar modo, centro
della cultura italiana rinascimentale era la corte di Firenze, con la signoria Medicea (Lorenzo).
Un’istituzione nuova, tipica del 1400, fu l’accademia. Siccome gli intellettuali volevano che la
cultura si producesse essenzialmente nello scambio di idee, nel confronto e nella discussione
libera, nacque l’esigenza di trovare un’istituzione. E siccome prevaleva l’imitazione dei classici,
si prese come riferimento l’accademia platonica, per il fatto che tutto il suo pensiero è basato
proprio sul dialogo. Persone dotte si riunivano per conversare, per discutere, per scambiarsi
opinioni. L’accademia si distinse dalle università, perché nell’accademia non si frequentavano
dei corsi rigidamente regolamentati ma era un luogo libero e nessuno prevaleva sugli altri.
A livello religioso, il Rinascimento si basava su una società laica.
Col Rinascimento emerse una vera e propria teoria dell'arte, il Classicismo, che prese le
mosse dall'ammirazione per gli antichi ma si sviluppò poi in modo autonomo e originale,
tendeva a valorizzare le opere greche e latine, come modello di perfezione e a creare dei codici
di comunicazione validi per tutte le corti italiane per superare le differenze tra i vari centri
culturali e i dialetti.
L’opera classicista si fondava sull’imitazione della natura: siccome la natura è immutabile,
anche l’arte deve esserlo; e una volta raggiunta la perfezione, non resta che imitarla. Il poeta
deve dare sì sfogo alla fantasia, ma deve rispettare regole precise. Il gusto classico è dominato
da un’idea di armonia, equilibrio, levigatezza. E’ escluso dalla letteratura tutto ciò che non
risponde ai canoni del bello, e che non sia degno (da qui il principio di separazione degli stili).
 CARATTERI GENERALI
 Disprezzo per il Medioevo ritenuto arretrato
 Fiducia nelle capacità umane
 Rispetto per l’antichità
 Uso del latino al posto del volgare
 Riscoperta dei testi antichi
 Edonismo  ricerca del piacere

 FONDATORI
- Coluccio Salutati  prima grande guida dell’Umanesimo fiorentino, divenuto cancelliere
della Rep. Di Firenze, fu evidente in lui un atteggiamento di continuità dei valori religiosi e
morali di Petrarca. Coluccio chiamò in Italia un greco, Emanuele Crisolore, ad insegnare la
sua lingua; iniziò così la conoscenza del greco in Italia, per permettere agli italiani di
impararlo e tradurre gli autori greci direttamente in italiano, senza prima tradurlo in latino
dagli arabi.
- Leonardo Bruni  successore di Salutati, è stato uno dei primi ad usufruire
dell’insegnamento del greco traducendo in latino Platone ed Aristotele.
- Poggio Bracciolini  grande amanuense, a lui si deve l'invenzione del carattere della
"minuscola umanistica rotonda". I suoi testi sono legati alla riscoperta del mondo latino
Si alternarono al governo di Firenze nel corso del 1300.

 MAGGIORI ESPONENTI
Umanesimo fiorentino:
- Lorenzo Valla  maggiore studioso di filologia e traduttore di classici, che ricercava proprio
nei testi antichi la chiarezza umana, Insistendo sul predominio dei valori interiori rispetto
all’ostentazione esteriore
- Leon Battista Alberti Architetto, scrittore e poeta, intraprese la carriera ecclesiastica.
Confrontò la sua cultura classica con diversi campi del sapere. Diede vita all’Umanesimo
volgare, affermando la lingua come la più autentica per la comunicazione. Tra i suoi valori,
spiccavano la felicità dell’uomo e la sua realizzazione familiare, dunque l’amore e l’amicizia, e la
famiglia, considerata virtù essenziale del nucleo sociale
- Lorenzo de’ Medici, Luigi Pulci, Angelo Poliziano, Pico della Mirandola, Marsilio Ficino
Umanesimo napoletano  Giovanni Pontano, Jacopo Sannazaro
Umanesimo cristiano  Erasmo da Rotterdam
LORENZO DE’ MEDICI (1449 – 1492)
Umani sta fiorentino. Nipote il Cosimo il Vecchio, nacque a Firenze da Piero di Cosimo e
Lucrezia Tornabuoni, alla morte del padre assunse il governo di Firenze. Consolidò la signoria
con abili riforme costituzionali fondate su un compromesso con le istituzioni democratiche
preesistenti: formalmente le conservò e valorizzò, in realtà le svuotò di ogni autonomia
decisionale. Partecipò attivamente alla vita politica del Regno. Raggiunse il culmine della
fortuna politica e divenne il supremo moderatore dei conflitti tra la Napoli aragonese, la Milano
degli Sforza e la Roma di Innocenzo VIII. Protettore di artisti filosofi e letterati, fu lui a
promuovere la Raccolta aragonese, l'antologia della lirica italica inviata a Ferdinando
d’Aragona. Gli fu attribuito l'appellativo di "il magnifico". Nonostante i suoi numerosi impegni,
partecipò attivamente alla vita culturale e fu uno dei massimi esponenti della cultura umanistica.

 OPERE
 “Nencia da Barberino”  racconto d’amore. Nonostante i tratti popolareschi, Lorenzo
sembra voler mantenere tuttavia un atteggiamento di distacco e di superiorità rispetto al mondo
rurale, tipico dei letterati di tradizione umanistica, che talvolta si rifanno alla realtà e attingono
alla vita popolare, senza però capirla. Un abisso di cultura infatti sembra separare
irrimediabilmente due mondi troppo diversi.
 “Trionfo di Bacco e Arianna”  componimento poetico conosciuto soprattutto per una
celebre frase: la felicità, dice il poeta, bisogna goderla nel momento in cui si presenta, perché
“di doman non c'è certezza”. La giovinezza e l'amore sono motivi ricorrenti. L'amore non è
spiritualizzato come nello stilnovismo ma è rappresentato come istinto, come trasporto
immediato, che ha radici nel fascino esercitato dal bello.

LUIGI PULCI (1432 – 1484)


Poeta. Per far fronte alla condizione di povertà della famiglia lavorò presso i Medici, ma fu
allontanato a causa del suo atteggiamento anticlericale (avversione per il clero).

 OPERE
 “Il Morgante”  poema che segue la narrazione dell’Orlando, in ottave, di argomento
cavalleresco. Un cantare popolare (quasi sempre in ottava, di origine popolare, recitato nelle
piazze cittadine, specie in Toscana nel secoli XIV e XV, da attori girovaghi, giullari o canterini,
con o senza accompagnamento musicale). Il protagonista è un gigante che si converte al
cristianesimo. Tema dominante è la comicità, il Pulci amava rendere comiche le situazioni
drammatiche.
ANGELO POLIZIANO (1454 – 1494)
Poeta ed umanista. Precettore dei figli di Lorenzo de’ Medici, segretario e cancelliere. Fu
allontanato dalla moglie di Lorenzo che considerava i suoi insegnamenti troppo umanistici e
laici. Si stabilì in altre corti, e ricongiuntosi con Lorenzo divenne insegnante di letteratura greca
e latina. Alla morte di Lorenzo, per una sistemazione più sicura, intraprese la carriera
ecclesiastica.

 OPERE
 “Le stanze per la giostra”  opera composta per celebrare la vittoria di Giuliano de’ Medici
in un ritorno militare, ma rimasta incompiuta per la morte di quest’ultimo. Vengono esaltate le
virtù umanistiche delle capacità politiche e militari, l’amore e la bellezza.
 “La favola di Orfeo ed Euridice”

GIOVANNI PONTANO (1429 – 1503)


Letterato e politico. Nacque in Umbria. Uno dei personaggi più importanti della cultura
aragonese con il suo Umanesimo laico e mondano. Ministro degli esteri, scrittore in latino, si
innamorò di Napoli in cui si trasferì e ne latinizzò la lingua.

 OPERE
 “Carmina”  libro in cui sono raccolti quasi tutti gli scritti dell’autore. Uscito postumo,
riassume tutti gli aspetti della vita dell’autore.
 “De Sermone”  sua ultima opera, sull’arte del discorso, in cui Pontano elabora il concetto
della conversazione e della meraviglia  mentre gli altri si accontentano della normalità e ci
stanno bene, i mediterranei invece non possono accontentarsi perché nati per meravigliare ed
essere meravigliati, andando oltre la realtà. Caratteristica fondamentale dell’Umanesimo
napoletano è infatti la meraviglia.

JACOPO SANNAZARO (1457 – 1530)


Poeta ed umanista. Nacque a Napoli. La sua vita fu tormentata da delusioni ed insoddisfazioni.
Compose vari scritti in occasione di spettacoli della corte aragonese. Con l’invasione dei
francesi a napoli, Sannazaro seguì in esilio Federico III d’Aragona, alla sua morte tornò a Napoli
dove visse fino alla fine nella sua villa di Mergellina donatagli dal sovrano.

 OPERE
 “L’Arcadia”  primo esempio di romanzo epistolare, ispirato a Virgilio. Opera in parte
autobiografica, dove l’autore interviene in prima persona nei panni di un pastore. E’ costituita da
parti narrative in prosa in forma di dialogo o monologo. Sannazaro, nell’opera, dipinge la figura
di narratore innamorato che vaga per le campagne ascoltando le canzoni amorose o tristi dei
pastori che incontra.
 “Il parto della Vergine”  in latino, legato al bisogno di conforto attraverso la pietà
religiosa.

ERASMO DA ROTTERDAM (1466 – 1536)


Teologo, umanista e filosofo. Maggior esponente dell’Umanesimo cristiano. Da giovane entrò
nell’ordine agostiniano, poi abbandonato. La sua continua ricerca verso gli studi e la sua forte
esigenza di libertà lo spinsero a viaggiare continuamente in Europa. Le opere di Erasmo
testimoniano grande erudizione e conoscenza del latino. Nelle sue opere attacca la corruzione
della Chiesa, per cui può essere considerato un precursore della Riforma. La sua battaglia
contro l’ignoranza e la superstizione affondava le radici nella sua posizione di umanista.

 OPERE
 “Elogio alla follia”  Erasmo afferma che la gente pensa che la follia sia una fatto negativo.
Esiste una follia cattiva (quella che i neuropsichiatri chiamano alienazione  non si riesce a
controllare il proprio corpo e la propria mente). Accanto a questa follia negativa c’è quella buona
 la creatività, ciò che nella letteratura diventa furore poetico o artistico: la nostra mente può
essere posseduta da forze positive che esaltano la potenzialità della creatività, ribaltando il
concetto della follia come fattore negativo.
Furore  momento in cui le parole corrispondono ai sentimenti. Erasmo spiega quindi il modo
in cui nasce la letteratura: il furore è un momento che colpisce all’improvviso e bisogna sfruttarlo
per creare.

POEMA EPICO – CAVALLERESCO


Narra le gesta eroiche dei cavalieri medievali, è caratterizzato dalla molteplicità di vicende
indipendenti. E’ costruito sull’ottava (8 versi). In esso sono generalmente presenti elementi
magici e fantastici. Il cavaliere narrato nel poema si basa su valori essenziali: fedeltà, lealtà,
coraggio, eroismo guerriero, saggezza. Venivano generalmente cantati da giullari nelle piazze,
o da girovaghi, che usavano linguaggi semplici, adatti a tutto il pubblico, facendo uso di
sorprese e iperboli per suscitare stupore e attenzione.

 MAGGIORI RAPPRESENTANTI
Matteo Maria Boiardo (fondatore), Ludovico Ariosto, Torquato Tasso.

MATTEO MARIA BOIARDO (1441 – 1494)


Poeta. Nacque a Reggio Emilia. Trascorse la fanciullezza a Ferrara. Dopo esser rimasto orfano
curò l’amministrazione del suo feudo. Svolse attività diplomatica a Roma e Napoli, maturando
l’intenzione di scrivere un Poema Epico Cavalleresco.

 OPERE
 “Il Canzoniere”  L’opera, organizzata in 3 libri divisi secondo temi specifici riguardanti
l’amore, riprende i modelli letterari di Petrarca e degli stilnovisti. Raccoglie le liriche in volgare
ispirate all’amore per Antonia Caprara.
 “L’Orlando Innamorato”  poema epico cavalleresco. Boiardo fonda questa gran
tradizione sulla scia dell’amore. L’Orlando è costruito infatti sulla passione e l’amore, elemento
centrale del poema ed in suo nome. L’opera fu divisa in 3 libri, di cui uno incompiuto, ed ebbe
numerose edizioni, e fu continuata da Ludovico Ariosto. Trattante i temi dell’amore (a cui ha
voluto dare grande importanza diventando elemento centrale), l’attrazione per il mondo fiabesco
e la nostalgia delle gesta cavalleresche, l’Orlando Innamorato è scritto in ottave, al suo interno
si intrecciano storie diverse, si alternano gli episodi, si uniscono fatti veri a quelli incantati. Molti
sono gli interventi ironici e comici, presenti in una sorta di novelle all’interno del poema. I temi
predominanti, tipici del poema epico cavalleresco, sono l’amore (esaltazione della figura di
Angelica) e la prodezza dei cavalieri.
Il poema inizia con la descrizione della corte, dell’entrata in scena della bella Angelica, e con
la descrizione di Gradasso, un comandante potente e ricco, il quale vuole conquistare la
spada di Orlando e per far ciò decide di partire alla volta della Francia con un esercito di
quindicimila cavalieri (il personaggio divenne poi così “caratteristico” che nel passare del
tempo il suo nome divenne simbolo di una persona sbruffona). Alla corte di Carlo Magno
sono presenti tutti i paladini provenienti da ogni parte del mondo. Vi è anche Orlando,
innamorato della principessa Angelica invitata a banchetto da Carlo Magno. Ella, dotata di
grande bellezza paragonata a quella di una stella luminosa, riesce a fare innamorare anche i
più duri di cuore. Nonostante l’apparenza, Angelica intende indebolire le forze cristiane per
far sì che Gradasso abbia via libera per poter raggiungere il suo scopo. Ella invita i paladini a
sfidarsi in un duello con suo fratello e chi vincerà la otterrà in sposa. Tutti cedono alla
tentazione, persino Orlando, il quale capisce che innamorarsi non è una cosa adatta ad un
tipo come lui che deve invece spendere tutta la sua vita a combattere per Dio, per il re e per
la patria. Tuttavia neanche il paladino francese riesce a resistere; l’unica persona che
capisce il vero intento di Angelica è un mago cristiano che legge nel cuore della dama e vede
quali sono le sue mire. Angelica fugge nel suo regno in Oriente, inseguita da Orlando e
Rinaldo che in una foresta trovano due fontane: una dell’odio, dove beve Rinaldo, e una
dell’amore. Orlando uccide il re dei Tartari che aveva rapito Angelica. L’imperatore
interrompe il duello promettendo la ragazza a chi combatterà più valorosamente contro i
Mori.

LUDOVICO ARIOSTO (1474 – 1533)


Poeta, scrittore e drammaturgo. Nacque a Reggio Emilia da nobile famiglia. Iniziò a studiare
diritto ma lo abbandonò presto per dedicarsi alla letteratura. Si trasferì a Ferrara, dove strinse
amicizia con Pietro Bembo e condivise con lui la passione per Petrarca e si interessò alla lirica
e alla poesia volgare. Rimasto orfano del padre, abbandonò gli studi per mantenere la famiglia;
per godere dei beni ecclesiastici divenne chierico, compì numerose missioni per conto del
cardinale Ippolito d’Este: fu a Firenze, Mantova, Roma. Al ritorno a Firenze si innamorò di una
donna sposata, che anni dopo sposò segretamente, quando lei era ormai vedova. Nel
frattempo, Ariosto stava lavorando alla sua opera maggiore, l’ “Orlando Furioso”, pubblicato
per la prima volta nel 1516. Nel 1517 fu licenziato dal cardinale per aver rifiutato di seguirlo in
Ungheria. Passò al servizio del duca Alfonso che gli promise, in un primo momento, di studiare
e rivedere il suo poema. Tuttavia il duca dovette sospendergli lo stipendio a causa della guerra
contro il papato, fu costretto ad accettare la carica di governatore della Garfagnana, infestata da
briganti e dalle lotte interne. Dopo tre anni di governo tornò a Ferrara, rimase lì fino alla morte,
nel 1533, leggendo i classici e correggendo l’Orlando.

 OPERE
 “Le Rime”  riferite alla tradizione volgare
 Grazie alla vita teatrale di Ferrara scrisse numerose commedie, che si svolgono in ambienti
borghesi e vedono protagonista la lotta tra giovani e vecchi. Ricordiamo:
1. “La Cassaria”
2. “I Suppositi”  dove Ariosto rivendica la necessità di imitare i classici
3. “Il Negroamante”  al centro della vicenda un mago imbroglione per ridicolizzare la magia
4. “La Lena”  protagonisti intrecci amorosi.
 Dopo la prima stesura dell’Orlando, Ariosto affrontò il tema della Satira. Ariosto ne scrisse 7,
indirizzandole a parenti e amici e presentando la condizione umana e le assurde ambizioni degli
uomini e le loro incoerenze. La struttura è quella di una chiacchierata informale, fa uso di ironia.
I temi centrali sono: - la condizione dell’intellettuale cortigiano,
- i limiti e gli ostacoli che essa pone alla libertà dell’individuo,
- aspirazione ad una vita appartata, dedita agli studi, lontana dalla vita di
corte.
Lo scrittore espone un concetto importante: la letteratura può essere molto vicina alla vita ed
aiuta a capirla.
 “L’Orlando Furioso”  capolavoro di Ariosto, nonché continuazione dell’ “Orlando
Innamorato”, che ebbe tre edizioni dove Ariosto modificò e rielaborò il testo in maniera più
ampia. La trama si sviluppa a partire dalla storia d’amore tra Angelica e Orlando dal punto in cui
essa si interrompeva. Arricchito di nuove avventure, l’ultima e definitiva edizione si compone di
46 canti, scritti in ottave, alternando linguaggi di matrice classica a molti ricavati da altri poeti
italiani. Le vicende del poema si possono dividere in 3 nuclei centrali: 1. Guerra del re africano
Agramante contro Carlo Magno;
2. Passione di Orlando per Angelica e la continua e vana ricerca
della donna
amata, che si risolve nella scoperta del suo tradimento e del
matrimonio
con Medoro, nella follia di Orlando e nella sua ripresa, grazie ad
Astolfo;
3. Nozze tra Bradamante, sorella di Rinaldo, e l’eroe saraceno
Ruggero,
divisi da infinite peripezie che si concludono con la conversione
di
Ruggero al cristianesimo.
Elemento caratterizzante dell'opera è certamente l'armonia nonostante la ricchezza di vicende e
personaggi, che vengono abilmente intrecciati dall'autore in un insieme di episodi, dove i
personaggi si incontrano e si separano a seconda degli eventi della grande guerra tra
musulmani e cristiani che fa da sfondo all'intero poema.
In un aggirarsi incessante su sentieri labirintici, temi dominanti dell’opera sono l’eroismo, visto
l’alto numero di duelli, e la follia, che colpirà Orlando, il quale perde il controllo della realtà sulla
scia dell’amore, provocandogli la perdita del senno per Angelica che non sposa lui. Il suo senno
finisce sulla Luna, conservato in un ampolla che il paladino Astolfo dovrà recuperare per far
tornare in sé Orlando. Al tema della follia si accompagna dunque anche la magia. Il poema
nasce con atto di fedeltà e amore verso la tradizione culturale e il mondo cortigiano. Vi è un
quadro vario della psicologia umana: passioni e sentimenti si avvicendano di continuo, senza
mai che uno prevalga sull’altro. Ariosto esclude dalle vicende terrene ogni intervento
provvidenziale o divino. Vi sono anche alcuni temi pessimistici: l’amore non corrisposto, i
desideri perseguiti affannosamente e mai appagati, il prevalere della fortuna (caso) sulla
capacità dell’uomo di dominare il proprio destino. Ariosto guarda con ironia le assurde vicende
degli uomini, vittime delle loro illusioni e passioni. A differenza di Boiardo, che nel suo Orlando
usa esclusivamente uno stile a sfondo cavalleresco, Ariosto vi aggiunge satira e realismo nelle
vicende.

TORQUATO TASSO (1544 – 1595)


Poeta e scrittore. Scrittore dell’età della Controriforma. Nacque a Sorrento da nobile famiglia di
madre toscana e padre bergamasco. Studiò legge e filosofia a Bologna e Padova, dove
compose il suo primo poema epico - cavalleresco, “Rinaldo”. Intanto, durante un breve
spostamento a Venezia iniziò a scrivere un poema sulla prima crociata, intitolato
provvisoriamente “Gierusalemme”. La sua vita fu contrassegnata da continui spostamenti,
dovuti anche alla sua inquietudine esistenziale soprattutto per la transizione dei periodi in cui ha
vissuto, caratteristica che influenzò tutte le sue opere. Era ancora molto giovane quando entrò
al servizio del cardinale d’Este e si trasferì a Ferrara alla corte del duca Alfonso II. Ben presto
terminò il poema sulla prima crociata, che sottopose all’opinione di alcuni critici, mentre
manifestava i primi segni di squilibrio mentale. Si autodenunciò infatti al Tribunale
dell’Inquisizione, che lo assolse. Dopo essersi spostato in varie città, tra cui Sorrento dove trovò
protezione dalla sorella, era colpito ripetutamente da violente crisi per cui fu ricoverato
nell’ospedale si Sant’Anna, dove rimase per 7 anni. Quando fu dimesso, si dedicò alla revisione
del suo capolavoro, la “Gerusalemme Liberata” , perché la Chiesa si accorse che la
Gerusalemme descritta dal Tasso era troppo libera, abbandonata ai piaceri dell’amore e dei
sensi. Venne così censurata, per cui Tasso fu costretta a riscriverla, chiamandola
“Gerusalemme conquistata”, contropera in cui tagliò episodi amorosi ed avventurosi,
passando da 20 a 24 canti.

 PENSIERO E POETICA
Tasso fu un poeta di transizione tra Rinascimento e Controriforma, che non gli permise di
essere uno spirito libero (come Ariosto), poiché la Chiesa, in opposizione alla riforma di Lutero,
non ammetteva che la vita fosse esclusivamente dei piaceri per evitare il peccato.
La poetica di Tasso è segnata dalla sua infelicità causata soprattutto dalla costrizione sociale.
Egli incarna la figura del poeta cortigiano, la sua vita si svolse nella corte, e ad esso era legata.
Riteneva infatti che solo a corte si potesse consacrare la fama di grande poeta;
contemporaneamente si ribellava alla vita di corte, attraverso rivolte, fughe e vagabondaggi.

 OPERE
 “Rinaldo”  Suo primo poema epico, racconta la giovinezza del cugino di Orlando,
anch’egli paladino di Carlo Magno.
 “Aminta”  In 5 atti, in cui si narra l’amore non corrisposto del pastore Aminta per la ninfa
cacciatrice Silvia, assistiti da due esperti d’amore: Tirsi (lo stesso Tasso) e Dafne. Nel momento
in cui Aminta tenta il suicidio, Silvia si rende conto di amarlo, così alla fine si sposano.
 “Re Torrismondo”  Opposto all’Aminta, narra del re dei Goti che sposa senza saperlo sua
sorella. Scoperta la cosa egli si suicida, dopo il suicidio di lei. Quest’opera rappresenta il
momento di delusione del poeta, del suo sentimento di sconfitta e solitudine.
 “Le Rime”  Per la produzione lirica, si ispira alla poesia classica di Petrarca, sistemate
negli anni di reclusione e divise in 4 parti: amorose, encomiastiche (lodi), religiose e musicali.
 “Gerusalemme Liberata”  poema epico in 20 canti in ottave, ispirato alla prima crociata in
Palestina. La vicenda è incentrata sul condottiero Goffredo di Buglione, che nel 6° anno di
guerra raduna i crociati, viene eletto comandante supremo e assedia Gerusalemme. Un
guerriero musulmano sfida a duello il crociato Tancredi, al fine di vincere la guerra. Il duello
però viene sospeso per il sopraggiungere della notte. I diavoli decidono di aiutare i musulmani,
la maga Armida riesce ad imprigionare tutti i migliori eroi cristiani, tra cui Tancredi, sostituito da
un altro crociato aiutato da un angelo. Il giorno del duello, che diventa una vera battaglia, i
crociati sembrano avere la peggio finchè non arriva Rinaldo con gli eroi che furono imprigionati,
volgendo la battaglia a loro favore. Goffredo ordina ai crociati di costruire una torre per
assediare Gerusalemme ma Argante e Clorinda, di cui Tancredi è innamorato, la incendiano.
Tancredi, durante un duello di notte, uccide Clorinda non avendola riconosciuta, per cui tenta di
suicidarsi. Il mago Ismeno impedisce, con un incantesimo, di far ricostruire la torre. Rinaldo,
fatto prigioniero da Armida, viene liberato e spezza l’incantesimo.
Tasso volle creare un poema eroico che si differenziasse da quello di Ariosto ritenuto troppo
irregolare. Tasso affermava che il poema doveva essere verosimile basandosi su uno sfondo
storico reale non troppo recente lasciando un margine di libera creatività.
Nell’opera vi è una netta contraddizione del Tasso nel mostrare, da un lato un mondo perfetto
fatto di sentimenti raffinati, dall’altro un profondo senso di delusione e sconfitta e analogamente
contrappone la celebrazione scenografica della religione ad una verità di fede più intima che si
manifesta nei sensi di colpa e nel bisogno di purificazione interiore. Questa sorta di
ambivalenze rappresenta un conflitto all’interno della stessa cultura, quella occidentale e
cristiana, dove i pagani la visione laica che si rifà al Rinascimento in contrasto con i cristiani
portatori del codice della controriforma che non accetta i punti di vista altrui e vuole imporre
un’unica verità di fede.
Le storie d’amore sono tutte impostate su dolorose separazioni. Nei suoi personaggi domani il
senso di solitudine e l’incapacità di esternare i sentimenti. Molte vicende sono guidate dal fato. Il
poema varia dalle vicende amorose, alle gesta eroiche dei cavalieri, alla magia.
Tasso afferma che il poema epico deve trarre materia dalla storia, e che deve dilettare il lettore.
Il diletto è assicurato dal meraviglioso, ma non di tipo fiabesco, bensì quello cristiano: gli
interventi di Dio, degli angeli, ma anche dell’Inferno, che appaiono verosimili al lettore. I concetti
devono riguardare le cose più grandi: Dio, eroi.

 Negli anni della prigionia Tasso si dedicò ai Dialoghi in prosa, intermedi tra poesia e
filosofia, che trattavano svariati argomenti, tra cui: corte, amore, bellezza, virtù. Oscillano tra il
carattere moralistico e quello mondano. Numerosi spunti sono dati dalla Controriforma e dal
Barocco. L’intento dello scrittore era quello di dare, attraverso una conversazione cortigiana,
un’immagine nobile di sé. I più famosi tra i dialoghi sono:
- “Il Messaggero”  in cui lo scrittore parla di un colloquio con uno spirito vissuto nel carcere
di Sant’Anna.
- “Il padre di famiglia”  Tasso si descrive come un viandante che in una notte di tempesta
si rifugia in una dimora di campagna. Si affronta il tema della vita precaria.

DAL CLASSICISMO AL MANIERISMO


Durante l’età del Rinascimento, dunque a partire dalla fine del ‘400, l’Italia subisce grandi
mutazioni. A livello artistico, il segno di una visibile mutazione è evidente da due sculture di
Michelangelo Buonarroti: 1. “La Pietà”  risalente a fine ‘400, levigata ed armoniosa
2. “La Pietà Rondanini”  risalente alla seconda metà del ‘500, non levigata,
inquieta e
sofferente.
Il periodo storico della letteratura del ‘500 vede il Rinascimento come continuazione
dell’Umanesimo, è caratterizzato una prima fase creativa (con Machiavelli, Ariosto, Castiglione
e Bembo) e da una fase più autoritaria che porterà il passaggio al Manierismo.
La situazione politica cambiò a partire dalla discesa di Carlo VIII per la conquista del Regno di
Napoli, le lotte tra Francia e Spagna indebolirono gli Stati italiani e le Signorie, gravemente in
crisi e in continua lotta per l’assenza si uno Stato unitario. Anche a livello religioso, l’esigenza di
una Riforma che ponesse fine all’assenteismo del clero e all’intromissione del Papato negli
affari politici, ribaltò la posizione della Chiesa. A seguito dei risvolti politici e religiosi si
elaborarono nuovi modelli culturali e nuovi modi di guardare la realtà, la concezione dell’uomo
naturalistica, esisteva cioè un rapporto organico tra l’uomo, il suo corpo, il suo stato sociale.
L’uomo e la società seguono cioè gli stessi ritmi, partecipando integralmente ai processi della
natura. Durante il Rinascimento si instaurarono le Corti, dove vivevano anche gli intellettuali e i
letterati e dove trovarono pubblico ideale capace di ascoltarli. Con la diffusione della stampa la
cultura assunse un’importanza rilevante in ogni Stato italiano. Col Rinascimento italiano si
afferma il Teatro erudito, nato dallo studio di classici greci e latini. Forme caratteristiche del
Teatro Rinascimentale sono: dramma pastorale, commedia umanistica, tragedia, sullo schema
della poetica aristotelica.
La corrente del Classicismo, che prevedeva la scelta del latino come unica lingua che
accomunasse filosofi e colti di tutt’Italia, si accompagnò all’uso del volgare illustre a seguito
della “questione della lingua”, per cui si ricercò una lingua letteraria nobile, distinta da quella
comune e si assunsero come modelli Petrarca per la poesia e Boccaccio per la prosa; in pratica
si propose la tradizione del “fiorentino illustre”.

 MODELLI CLASSICISTI
- Pietro Bembo  classicista veneziano, che nel suo “Prose della Lingua” raccomanda per
l’italiano l’imitazione dei classici della letteratura.
- Baldassarre Castiglione  Scrittore del “Libro del Cortigiano”  scritto in forma di
dialogo, è ambientato nella corte di Urbino nei primi anni del ‘500 dove illustri personaggi in 4
serate (4 libri) idealizzano il modello ideale del cortigiano: nobiltà, bellezza, naturale grazia,
cultura, abilità nella danza e nel canto, interesse per l’arte.

CULTURA DI OPPOSIZIONE, MANIERISMO, ANTICLASSICISMO


All’interno dell’età rinascimentale, verso la seconda metà del ‘500 (invasioni straniere, minaccia
della riforma protestante, importanza delle arti, sviluppo della stampa) alla tendenza estetica del
Classicismo diffusasi nel periodo dell’Umanesimo, si contrapposero:

 Cultura della contraddizione  mantiene legami con quella umanistica, ma mostra dei
limiti alla visione unitaria dell’uomo e della realtà. Questa tendenza si manifesta in ambienti
molto diversi,
 MAGGIORI ESPONENTI
Niccolò Machiavelli, Ludovico Ariosto
 Manierismo  insieme di correnti e manifestazioni che segnarono il passaggio dalla cultura
rinascimentale all’età barocca. Il termine è formato dalla parola maniera (dal francese manière
 usato per indicare sia il comportamento da assumere in società, sia le categorie sociali
caratterizzate da particolari tipi di comportamento). Caratteristica del movimento fu quella degli
scrittori di rendere propri i canoni del Classicismo, cercando la novità e l’originalità all’interno di
modelli già stabiliti. Introduce la variazione della forma e del contenuto imitando i modelli
classici.
 MAGGIORI ESPONENTI
Torquato Tasso

 Anticlassicismo  rifiuto totale dei modelli del Classicismo opponendosi ad esso, si


ricollega alle tradizioni popolari medievali e all’uso del dialetto.
 MAGGIORI ESPONENTI
- Ruzzante (rappresentante della fame e il mondo villano attraverso la figura teatrale del
contadino)
- Teofilo Folengo (scrittore dell’ “Opus macaronicum”  parodia del mondo classico)
- Pietro Aretino (scrittore di vicende scandalose, scritte in opposizione al mondo classico).

- In opposizione al classicismo si diffuse una letteratura plurilinguistica (anticlassica). Si diffuse


la “lingua maccheronica”, che si basa sulla grammatica del latino ma costruisce le frasi sulla
sintassi del volgare. Il termine “maccheronico” è ironicamente associato all’universo grasso del
cibo, dei bisogni fisici e materiali. Era prevalentemente usato per le forme comiche o parodie.

NICCOLO’ MACHIAVELLI (1469 – 1527)


Scrittore, filosofo e politico. Nacque a Firenze. Erede della tradizione fiorentina e
rappresentante della Cultura di contraddizione. Fu presto educato alla cultura umanistica. Iniziò
la sua carriera come cancelliere a seguito della caduta dei Savonarola (che alla fine del ‘400
avevano invaso Firenze, sostituendo la dinastia dei Medici alla Rep.). per svolgere le numerose
missioni militari e diplomatiche viaggiò in varie zone d’Italia e d’Europa, arrivando a conoscere
le varie strutture statali e militari, rendendosi conto della debolezza dello Stato fiorentino.
Quando i Medici ripresero il controllo, Machiavelli fu rimosso dai suoi incarichi.
Successivamente, accusato di aver preso parte ad una congiura contro i Medici, fu imprigionato
e liberato con un’amnistia. Iniziò a scrivere le sue più importanti opere storiche e letterarie. I
numerosi tentativi di guadagnarsi il favore dei Medici lo portarono a ricoprire nuovi incarichi
pubblici, da cui fu nuovamente escluso con una breve restaurazione della Rep. che considerava
Machiavelli troppo legato ai Medici.

 PENSIERO e POETICA
Dagli scritti di Machiavelli emerge l’immagine di un uomo fortemente legato alla cultura e alla
tradizione fiorentina. Machiavelli fu essenzialmente un filosofo della politica. Dopo la sua morte
le sue opere furono largamente apprezzate e anche contestate a seconda dei punti di vista. Sia
la Riforma protestante che la Controriforma videro nel realismo di Machiavelli il segno di
immoralità e per questo le sue opere furono inserite nell’indice dei libri proibiti, diffondendo
l’aggettivo “machiavellico”, sinonimo di ingannatore senza scrupoli. Successivamente il suo
insegnamento fu fondamentale per le basi politiche del pensiero moderno.

 OPERE
 “Il Principe”  trattato di politica di 26 capitoli scritto durante l’esilio ad Albergaccio e uscito
postumo. Nel libro delineò, per mantenere l'ordine e la concordia, le misure necessarie di un
principe per conquistare e conservare uno Stato e ottenere rispetto ed appoggio dei sudditi. Può
fare ricorso ad ogni mezzo, non dovrà necessariamente derivare i suoi principi da un ordine
morale superiore, la politica dovrà essere “autonormativa”, ovvero derivare la sua giustificazione
non già da principi a lei esterni, superiori e trascendenti (Dio e gli dei), quanto alla semplice
convenienza dell'azione: a volte, si potrebbe rendere necessario per il sovrano l'agire con
fermezza e violenza, nel caso, ad esempio, di una rivolta di corte, ma sempre tenendo presente
il bene superiore dell'unità e della concordia da opporre allo stato di anarchia, e comunque non
eccedendo in tirannia. “Il Principe”, secondo Machiavelli, è l’uomo che deve dominare il mondo,
e durante la divisione d’Italia del ‘500 solo un uomo forte o spietato avrebbe potuto mettere
ordine nella nazione disastrata (Machiavelli fu uno dei primi a concepire l’Unità d’Italia). Il
Principe sacrificava ogni forma di umanità per il bene comune; spietato, astuto, cinico, non deve
mai mostrare debolezza perché solo attraverso la forza può esprimere le sue capacità politiche.
Deve essere interessato solo al potere e sentirsi vincolato ad esso, superando gli ostacoli posti
dalla Fortuna.
Per Machiavelli, gli uomini non sono né buoni né cattivi, ma proprio per questo tendenti a
perseguire il proprio interesse, e quindi potenziali traditori. Il governante illuminato è meglio non
si faccia illusioni, meglio non riponga troppe speranze nell'uomo, meglio pensare all'uomo nel
senso della sua cattiveria: “il politico, se vuole riuscire nei suoi disegni, deve fare i suoi calcoli
per il caso peggiore: deve cioè presupporre che tutti gli uomini siano cattivi e che abbiano a
manifestargli la loro malignità alla prossima occasione”. Nel Principe, Machiavelli porta
l'esempio di Cesare Borgia come sovrano ideale. Nonostante fosse considerato da molti un
sovrano crudele, questa crudeltà permise di fatto alla Romagna di essere unita e "ridotta in
pace e in fede". Questo prova come anche la crudeltà, opportunamente rivolta a un fine (il fine
della pace e della concordia), possa essere un bene. La crudeltà deve essere usata
appropriatamente. Da quanto detto si evince la regola d'oro del pensiero di Machiavelli, e cioè
che “il fine giustifica i mezzi”, pur tuttavia facendo attenzione a non eccedere in crudeltà
gratuite, ed essere quindi molto cauti nel calcolare bene le conseguenze delle proprie azioni,
perché ogni azione genera di fatto una numero incalcolabile di reazioni che, se non pensate con
giudizio, possono anche condurre a uno scopo diverso da quello prefissato, quando non
addirittura disastroso
 “Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio”  riflessioni sui primi 10 libri della storia di
Roma di Tito Livio, in cui trattò il governo dei romani e si discostò dalla visione medievale della
storia, affermando che gli eventi sono frutto dei capricci degli uomini e della Fortuna. In
quest’opera Machiavelli si distacca dal pensiero del Principe e i Discorsi sono legati solo alla
preoccupazione dell’autore per il problema della gestione dello Stato. Nel primo identifica il
principato come unica forma di governo che può liberare l’Italia dalla crisi, nel secondo
considera la Rep. Come forma di governo ideale che può assicurare ai cittadini stessi diritti e
doveri.
 “La Mandragola”  commedia di 5 atti, satira sulla corruzione della società italiana
dell’epoca scritta durante l’esilio. La prima rappresentazione teatrale in occasione di carnevale,
avendo come tema principale la beffa, parla infatti di un uomo, innamorato di una donna
sposata che non riesce ad avere figli, che raggira il marito di questa donna per poter stare con
lei, offrendole una “pozione per la fertilità” a base di mandragola nociva per chiunque uomo
fosse stato con la donna, e fingendo così di sacrificarsi.
 “Dell’arte della guerra”  dialogo in cui domina la delusione dell’autore per l’impossibilità di
mettere in pratica i suoi progetti. Il dialogo si svolge tra Fabrizio Colonna, alterego dell’autore, e
un suo amico di infanzia, sostenendo la possibilità di adottare il modello romano alla Firenze
rinascimentale.
 “Istorie fiorentine”  diviso in 8 libri. Degli otto libri, il primo è un quadro generale della
storia d'Europa dalla caduta dell'impero romano, con il secondo libro inizia la vera e propria
storia di Firenze, tra la Signoria dei Medici e il conflitto fra Guelfi e Ghibellini.
FRANCESCO GUICCIARDINI (1483 – 1540)
Filosofo, storico e politico. Nacque a Firenze. Amico di Machiavelli e come lui erede della
tradizione toscana, visse pienamente la crisi della cultura fiorentina. Studiò diritto e divenne
avvocato, fu nominato ambasciatore presso la corte di Ferdinando il cattolico in Spagna.
Tornato a Firenze, dove i Medici presero il potere sotto la protezione degli spagnoli, fu nominato
da Leone X governatore di Modena e Reggio, e commissario dell’esercito pontificio. Fu in
seguito nominato presidente della Romagna. Significativa fu la sua azione diplomatica nella crisi
d’Italia, si adoperò per creare una lega tra papato, stati italiani e Francia contro l’eccessivo
potere di Carlo V. la Lega fu però sconfitta e i Medici furono temporaneamente cacciati da
Firenze. Al loro ritorno, Guicciardini fu nominato consigliere del duce Alessandro, ma al suo
assassinio si ritirò per scrivere la “Storia d’Italia” .

 OPERE
 “Storia d’Italia”  sua opera maggiore, racconta le vicende l’Italia a partire dalla formazione
della Lega di Cognac.
 “Considerazioni sui discorsi di Machiavelli”  opera in cui contesta alcune opinioni
dell’amico. Guicciardini considerava, al contrario di Machiavelli, inutile la storia, che non
conserva nessun valore esemplare, dal momento che nella storia non ci sono leggi né modelli
assoluti che permettano di comprendere e valutare la realtà (rifiuto della storia come maestra di
vita).
 “I Ricordi”  con quest’opera, Guicciardini è considerato il fondatore dell’aforisma morale e
politico. Pubblicati per la prima volta con il nome di “Avvenimenti”, in quest’opera Guicciardini
cerca di suggerire comportamenti consoni al cambiamento e all’instabilità del reale, per
accrescere la propria reputazione. Regola fondamentale è la discrezione: solo essendo discreti
ci si può adattare ed orientarsi. Il libro ha una netta divisione interna in pensieri che Guicciardini
sviluppa in periodi diversi della sua vita. In totale l'intero volume consta di 221 ricordi in ognuno
dei quali l'autore espone le sue idee sulla società, la politica ed i suoi personaggi. Possiamo
inoltre notare i legami che lo scrittore ha voluto porre tra i diversi pensieri, infatti anche se i
ricordi apparentemente sembrano scritti senza un ordine preciso, in realtà alcuni ideali sono
ripresi più volte dal Guicciardini, che li sviluppa con varie argomentazioni.

Differenze tra Machiavelli e Guicciardini


1. M.  affermava che la fortuna travolge ogni cosa ma agisce a metà
G.  affermava che la fortuna non può essere contrastata in nessun modo
2. M.  contrastava le sue preferenze, inizialmente preferiva la monarchia, poi la Rep.
G.  preferiva la monarchia anziché la Rep.
3. M.  affermava che l’uomo è di natura malvagio
G.  affermava che l’uomo è di natura buona ma vive in un contesto che lo spinge a far del
male
4. M.  fondamentali i classici
G.  per lui dai classici non si poteva trarre alcun insegnamento.
LA SOCIETA’ DI ANTICO REGIME
La seconda metà del ‘500 si caratterizzò per la Società di Antico Regime, dominata dalle
monarchie assolute e da dure repressioni di ogni forma di dissenso, e dotata di rigide strutture
sociali ed economiche controllate dalla nobiltà. In questo periodo fu riavviato il processo di
feudalizzazione, la società fu divisa in 3 strati: clero, nobiltà e borghesia. In quegli anni ebbe vita
la Controriforma, movimento di opposizione alla Riforma protestante, attraverso il Concilio di
Trento si eliminarono le forme più evidenti di corruzione, si codificarono norme e dogmi
comportamentali, si repressero le forme eretiche e furono assunti più efficaci controlli su ogni
forma religiosa. Con la Controriforma la Chiesa volle controllare ogni settore della vita sociale
ricorrendo all’assolutismo. Il potere della Chiesa era incentrato a Roma. Si svilupparono intanto
correnti non in perfetta armonia con la Chiesa di Roma: il Giansenismo  contro i gesuiti, che
insisteva sulla corruzione umana e sull’opposizione tra mali terreni e grazia divina; e Molinismo
 corrente dei gesuiti basata sul rapporto tra libertà umana e grazia divina. In ambito culturale,
la Controriforma diede estrema importanza all’educazione e all’istruzione, di cui si impadronì la
Chiesa diffondendo seminari e collegi, fondati dai gesuiti. La cultura dell’età della Controriforma
fu pressoché ecclesiastica, vincolata da valori cattolici imposti dalla Chiesa; si estese ad alto e
basso clero perché si riteneva intollerabile l’analfabetismo degli ecclesiastici. La Chiesa
assunse grande potere in campo culturale, fece anche stilare un indice di libri proibiti, e impose
che l’interpretazione della Bibbia fosse un compito ecclesiastico. I laici che invadevano il campo
dell’interpretazione biblica furono costretti a fare marcia indietro. La Chiesa difendeva la sua
cultura e la sua ideologia ad ogni costo, attraverso il Tribunale dell’Inquisizione che eliminò ogni
libertà di espressione filosofica e culturale e represse gli eretici (avvertivano il bisogno di
distacco dalle vecchie scienze e filosofie).

 I principali intellettuali considerati eretici furono:


- Galileo Galilei  scienziato e inventore del telescopio, obbligato dall’Inquisizione a firmare
l’abiura (ritrattazione di una teoria) perché la sua teoria eliocentrica, sulle basi di Copernico,
contrastava un passo della Bibbia.
- Giordano Bruno  filosofo napoletano, condannato al rogo perché accusato di diffondere
dottrine contrastanti con gli insegnamenti cattolici. Considerava il sole elemento infinito,
opponendosi alle teorie aristoteliche e sostenendo quelle di Copernico sull’infinità dell’Universo.
Bruno considerava Dio, non solo come creatore, ma anche come presenza in tutto ciò che ci
circonda, dando un’anima ad ogni cosa.
- Tommaso Campanella  scrittore calabrese. Affermava che la natura va conosciuta nei
suoi 3 princìpi: caldo, freddo, materia. Essendo tutti gli esseri formati da questi elementi, tutti
sono dotati di sensibilità, sostenendo che la conoscenza è possibile solo grazie all’azione
indiretta dei sensi. Teorizzò inoltre una città ideale governata da un re-sacerdote che si avvale
di 3 assistenti: Potenza, Sapienza, Amore.
BAROCCO
La seconda metà del ‘500 fu segnata dal passaggio, tramite il Manierismo, dal Rinascimento al
Barocco. Il termine ha origini incerte, ma si ipotizza venisse accostato negativamente alle forme
bizzarre e distorte non rispettose dell’armonia classica. Opposto all’arte rinascimentale, lo stile
artistico del Barocco non era interessato all’armonia e all’ordine della natura, ma all’eccezione e
alla stravaganza. Il Barocco si colloca in un contesto storico fatto di aspri conflitti e profonde
trasformazioni. Le guerre della Spagna contro Francia, Olanda, Inghilterra, le nuove scoperte
scientifiche e nuove teorie filosofiche influenzarono il Barocco, che non rappresenta una rottura
con l’Umanesimo, bensì una sua estrema regressione. Alle regole codificate della tradizione
rinascimentale come la regolarità, la composizione, l’equilibrio, la misura, la letteratura barocca
impose la libera invenzione fantastica, la ricerca del meraviglioso e del nuovo. La poetica
barocca non rispettava più le regole del mondo classico, volle suscitare meraviglia giocando
sull’effetto di imprevisto, gli esponenti del barocco affermavano infatti che bisognava rompere le
regole per accontentare i nuovi gusti del pubblico. La poetica barocca volle infatti adeguarsi al
pubblico e alle tendenze adattandosi di volta in volta alle attese dei lettori e suscitare effetti di
stupore e meraviglia su di essi. Bisognava che il poeta provocasse piacere nel lettore, e la
strada per ottenere tale effetto venne vista nello stupore che possono produrre le metafore e i
concetti. Mentre la metafora istituisce analogie tra i concetti distanti apparentemente
inconciliabili, il concetti spiega queste connessioni dando loro un senso. Il poeta barocco
cercava di stimolare un piacere pressoché intellettuale, mirando non solo a far provare delle
sensazioni al lettore, ma anche a farlo pensare a nuove cose, indurlo a strani collegamenti. Il
Barocco ha in comune con il Manierismo lo stravolgimento degli schemi equilibrati del
Classicismo con la differenza che nel Manierismo restano gli ideali estetici del Rinascimento,
mantenendo uguale la forma e alterando i contenuti, mentre nel Barocco viene ripudiato
totalmente il classico. Nel barocco le arti sono piegate ai voleri della Chiesa, per la letteratura
venne sostituita la poesia impegnativa con quella della meraviglia, per la paura del Tribunale
dell’Inquisizione.
I temi principali dell’arte barocca furono: l’arte, l’erotismo e il senso della morte, ma anche
l’attenzione per la quotidianità, eroi e vagabondi.

 MAGGIORI ESPONENTI
Giambattista Marino
GIAMBATTISTA MARINO (1569 – 1625)
Poeta e scrittore. Nacque a Napoli da una famiglia borghese. Sin da giovane si dedicò alla
carriera letteraria, carcando la protezione di nobili famiglie. Dopo esser stato due volte in
prigione fuggì da Napoli e vagabondò da Roma a Ravenna a Torino, dove si sistemò presso la
corte sabauda. Ma anche qui fu arrestato per aver scritto ingiurie verso il duca di Savoia. Dopo
la scarcerazione si sistemò presso la corte di Francia, dove visse per 8 anni lavorando alla sua
opera maggiore. Trascorse a Napoli i suoi ultimi anni.

 PENSIERO E POETICA
Marino, per il suo carattere eccessivo, la sua superbia e la sua presunzione fu spesso in
contrasto con i suoi colleghi. Durante il soggiorno parigino scrisse molte delle sue opere. Marino
riesce ad unire il linguaggio poetico all’uso delle figure, attraverso le quali esprime sensualità e
amore per il lusso. Da lui deriva la corrente del Marinismo  ricerca forzata della novità nelle
forme estetiche. Lo stesso fa con la musica, dimostrando che è possibile fare un’opera in
musica (“L’Adone”). Marino è stato un personaggio europeo, avendo portato la cultura
napoletana anche a Parigi.

 OPERE
 “La Lira”  raccolte liriche.
 “La Sampogna”  raccolta mitologica.
 “L’Adone”  il suo capolavoro. L’opera narra che Cupido, punito dalla madre Venere, la
colpisce con una delle sue frecce facendola innamorare del bel principe Adone, che con lei
visita il suo palazzo. I due si sposano, ma Marte geloso fa fuggire Adone. Quando i due si
ricongiungono, Adone viene aggredito da un cinghiale e muore. Venere trasforma il cuore di
Adone in un fiore.
Il poema è costruito in modo da valorizzare la risorse del linguaggio, creando le migliori
condizioni per la meraviglia, che ogni opera letteraria deve suscitare. La meraviglia si crea
moltiplicando le situazioni di un personaggio all’infinito, secondo la teoria dell’accumulo barocco
 aggregazione di elementi imprevisti per il lettore, al fine di sorprenderlo.
ARCADIA
Tra la fine del ‘600 e gli inizi del ‘700 il sistema sociale e culturale dell’antico regime entrò in
crisi. Si svolsero nuovi modelli culturali orientati verso una critica dell’autorità ed esigenza di
razionalità. La nuova conoscenza, per sfuggire all’errore, diede luogo alla critica  analisi dei
discorsi e dei fatti umani. La cultura, i cui membri venivano chiamati letterati, si diffondeva
ampiamente attraverso le gazzette periodiche. La ricerca di una poesia più razionale portò alla
fondazione dell’Arcadia (nome di una zona rocciosa greca), accademia letterata fondata dalla
regina Cristina di Svezia, la quale, dopo una delusione d’amore abbandonò la Svezia e si
rifugiò in esilio a Roma. Decise di dedicarsi interamente alla cultura, fondando l’Accademia,
riunì i personaggi principali dell’epoca e definì lo scopo principale dell’Accademia: opporsi
all’esagerazione del Barocco. La regina volle che questo movimento letterario si espandesse,
per cui furono create delle succursali dell’Accademia, delle colonie, con le stesse caratteristiche
della principale, dove gli intellettuali si incontravano e discutevano di letteratura. L’Arcadia
aveva il compito di far abbandonare il Barocco per ripristinare una lezione di sana bellezza e
purezza attraverso: semplificazione, nitidezza, rifiuto dell’uso eccessivo della metafora e
svincolo dai modelli petrarcheschi. Il modello dell’Arcadia fu quello bucolico – pastorale.

 MAGGIORI ESPONENTI
Metastasio, Antonio Muratori, Giuseppe Parini, Carlo Goldoni, Vincenzo Monti, Benedetto
Croce

IL TEATRO
Il ‘600 fu un secolo fondamentale dal punto di vista culturale, si scopre che la comunicazione si
fa emozione e getta le basi della varietà delle arti. Il ‘600 fu rilevante in particolar modo per il
Teatro, il mondo stesso veniva visto come teatro e la vita come rappresentazione. Da questi
punti di vista nasceva l’esigenza del “teatro nel teatro”. Si crearono generi non più legati ai
modelli classici, si definirono nuove professioni, dall’attore a quelle relative alla scenografia, alla
danza, alla musica; si costruirono teatri stabili.
 La forma drammatica della favola pastorale ebbe grande successo, soprattutto con
Giambattista Guarini, che intendeva suscitare piacere e meraviglia evitando i caratteri estremi
dei generi classici di commedia e tragedia.
 Nacque così la tragicommedia, la sua vicenda deve suscitare tensione tra gli spettatori,
sfiorare la tragedia, e risolversi in un comico lieto fine.
 Altro nuovo genere fu il melodramma  sperimentazione del recitare cantando. I primi
melodrammi furono “Dafne” ed “Euridice”, ma la sua forma esemplare la ritroviamo con
Metastasio  maggior rappresentante dell’Arcadia, che si pose il problema di dare al
melodramma, caratterizzato da atteggiamenti ridicoli, una dignità artistica e severità morale.
Distinse poesia da musica prediligendo la prima, pose sempre al centro delle sue opere la
figura dell’eroe, e l’amore come tema dominante.

CRITICA ED ERUDIZIONE
Gli elementi fondamentali della cultura della prima metà del ‘700 furono: erudizione,
ricostruzione di eventi nei minimi particolari, raccolta di notizie precise e concrete.

 MAGGIORI ERUDITI
- Ludovico Antonio Muratori  storico e scrittore, si dedicava all’analisi filologica delle fonti
per accertare l’autenticità dei documenti e verificare tra di loro gli esatti rapporti cronologici.
- Pietro Giannone  storico e pensatore politico, scomunicato per aver descritto i conflitti tra
Stato e Chiesa nell'Italia meridionale, sottolineando le prevaricazioni de potere religioso.
- Giambattista Vico

GIAMBATTISTA VICO (1668 – 1744)


Filosofo e storico. Molte notizie sono tratte dalla sua autobiografia. Nacque a Napoli da modesta
famiglia. Intraprese gli studi umanistici e per qualche anno fu precettore dei figli di un marchese,
acculturandosi anche grazie alla biblioteca del castello. Nello stesso tempo si iscrisse alla
facoltà di giurisprudenza a Napoli, esercitò avvocatura per 4 anni e fino alla morte fu insegnante
di retorica all’Università di Napoli.
Vico si distacca dalle correnti del suo tempo per isolarsi nella sua solitudine intellettuale.

 OPERE
 “De antiquissima italorium sapientia”  contenente la teoria del verum factum: secondo
Vico, si possono conoscere veramente solo le cose che si fanno, quindi la materia può essere
conosciuta completamente solo da Dio che l’ha creata. L’uomo può raggiungere piena
conoscenza solo nella matematica, in quanto è opera sua.
 “La Scienza Nuova”  capolavoro del Vico, in cui afferma che oltre alla matematica, anche
la storia è prodotta dall’uomo, e appare come un insieme ordinato di eventi, Vico cerca di
arrivare alla base di questi eventi. La nuova scienza è dunque una riflessione sul ciclo storico,
che deve avvenire attraverso la filologia (aspira al certo) e la filosofia (aspira al vero). Secondo
Vico i princìpi della nuova scienza vanno ricavati dalla mente dell’uomo, che si sviluppa
attraverso 3 età fondamentali:
1. età del senso  infanzia
2. età della fantasia  giovinezza
3. età della ragione  maturità
Ad ognuna di quelle fasi corrisponde un’epoca storica:
1. epoca degli dei  gli uomini credevano il vivere sotto divini governi
2. epoca degli eroi  dove si costituiscono Rep. aristocratiche
3. epoca degli uomini  tutti si riconoscono esser uguali.
Nonostante l’importanza dell’uomo come creatore della storia, Vico teorizzava anche la
presenza di una forza che agisce nella storia, insieme agli uomini: la Provvidenza.
Secondo Vico, questa scienza non è però sufficiente a risolvere i problemi della vita, perché
oltre ai problemi politici ci sono anche quelli di carattere esistenziale, la filosofia non può bastare
a risolvere i problemi della vita, ma ha bisogno di un supporto, come la poesia, Vico infatti
afferma che solo la poesia può salvare le persone dall’infelicità e dalla disperazione e può
frenare il mito della ragione, a cui bisogna opporre il sentimento  non si può solo ragionare
come fanno i cartesiani, ed è per questo che Vico si oppose alle teorie di Cartesio, che avevano
come cardine la ragione).
Inoltre, secondo il filosofo, la storia è fatta di corsi e ricorsi, ma non raggiunge mai l’ideale di
perfezione, si alterna a numerose vicende, per poi raggiungere l’apice e cadere nuovamente in
crisi, dal prestigio e la civilizzazione alla barbarie primitiva, e così via.
Nell’opera è presente un libro dedicato ad Omero, dove Vico sostenne che Omero non era
l’autore dell’Iliade e l’Odissea ma che i poemi fossero stati scritti da più aedi che si facevano
chiamare Omero.

ILLUMINISMO
La rivoluzione scientifica del ‘600 consentì un grande sviluppo delle conoscenze umane. Grazie
a scienziati come Galileo o Newton la mentalità razionale ebbe profonde conseguenze anche
sul comportamento dell’uomo e sulle sue idee. Per questo si sviluppò un nuovo movimento
culturale, agli inizi del ‘700, chiamato Illuminismo. Nato in Francia ma sviluppatosi
maggiormente in Inghilterra, si inseriva in un contesto storico in cui l’Europa era teatro di grandi
guerre che lasciavano le potenze europee in precario equilibrio, fino alla Rivoluzione francese.
L’Italia partecipava alle 3 guerre di successione, e fu sottomessa al dominio austriaco.
L’Illuminismo acquisì questo termine perché ispirato dai lumi della ragione, e si diffuse in modo
così vasto che il suo periodo prese il nome di età dei lumi.

 CARATTERI GENERALI
 Fiducia nella ragione che doveva illuminare ed istruire gli uomini librandoli dalle superstizioni,
dall’ignoranza e dai pregiudizi e conducendoli alla felicità edal progresso.
 Fiducia nella scienza, nel progresso e nella natura (fonte di ogni esperienza)
 Princìpi di libertà e tolleranza  ognuno deve essere padrone di sé stesso e libero da ogni
vincolo
 Attacco alla religione cattolica  vista come una religione del passato, che si imponeva a gli
uomini divenendo fonte di pregiudizio e superstizione. Gli illuministi teorizzarono una religione
naturale, raggiungibile solo mediante l’uso della ragione.

Gli illuministi contrapposero alla tradizione e all’autorità la libertà di pensiero, la tolleranza verso
le idee altrui, e l’uguaglianza.

 MAGGIORI ILLUMINISTI EUROPEI


- Immanuel Kant  tedesco, definì l’Illuminismo come libero uso della ragione, l’uomo doveva
cioè usare liberamente il proprio intelletto, senza farsi aiutare né condizionare.
- Montesquieu  francese, sostenne la separazione dei poteri (esecutivo, legislativo e
giudiziario) per evitare soprusi, e descrisse i 3 sistemi politici principali: Repubblica, monarchia
e dispotismo, retti rispettivamente dai princìpi di virtù, onore e paura.
OPERE  “Esprit de lois”
- Voltaire  francese, sostenitore della tolleranza, nemico dei privilegi e teorico del dispotismo
illuminato
OPERE  “Dizionario filosofico” - “Trattato sulla tolleranza”
- Rousseau  francese, propose una riforma dell’uomo e della società, basandosi sui princìpi
della democrazia diretta, affermò che l’uomo, pur obbedendo alla legge, deve essere libero,
padrone di sè stesso, e che non deve sottostare ad sovrano che lo rappresenti. Lo stesso vale
per i bambini, che devono sviluppare autonomamente la propria personalità.
OPERE  “Contratto sociale” - “Emilio”
- Diderot  ideatore dell’Enciclopedia, fondamentale per la divulgazione del sapere e della
cultura, che deve essere in possesso di tutti.
- Adam Smith  ideatore dell’economica politica, gettò le basi del liberismo: libero commercio
e libero scambio (senza dazi)

L’Illuminismo influenzò l’opinione pubblica con la diffusione delle idee tramite giornali e riunioni.
I sovrani d’Austria, Russia, Prussia, Napoli e Toscana intesero instaurare l’Illuminismo al vertice
dei loro regimi assoluti, dando vita all’assolutismo illuminato, caratterizzato da una serie di
riforme in ogni campo.

ILLUMINISMO IN ITALIA
In Italia, l’Illuminismo si diffuse maggiormente a Napoli, Milano e in Toscana, nella seconda
metà del ‘700 furono previste alcune riforme dell’assolutismo illuminato, come l’eliminazione dei
feudi, lo sviluppo dell’industria e la formazione dei piccoli proprietari terrieri. La diffusione
dell’Enciclopedia favorì l’aumento dell’alfabetizzazione.
Nel Regno di Napoli, la riforma illuminista era rivolta maggiormente ai problemi sociali ed
economici. A Napoli nel ‘700 giunse Carlo III di Borbone, di grande intelligenza politica,
appartenente ai sovrani illuminati. Carlo III si dedicò alle grandi opere di costruzione (Reggia del
Plebiscito) per rendere Napoli una città di altissimo livello politico e culturale. Notevole fu la
costruzione, nella piazza che porta il suyo nome, dell’Albergo dei poveri (che divenne Serraglio
 accoglieva i trovatelli esposti alla ruota)

 MAGGIORI ILLUMINISTI NAPOLETANI


- Antonio Genovesi, Mario Pagano, Gaetano Filangieri
- Ferdinando Galiani  filosofo ed economista, ambasciatore napoletano a Parigi, autore del
trattato “Della Moneta”, fondamentale per lo sviluppo della teoria monetaria moderna.

ANTONIO GENOVESI (1713 – 1769)


Scrittore, filosofo ed economista. Nacque a Castiglione, vicino Salerno. Padre dell’Illuminismo
italiano. Non era un letterato, insegnava commercio all’Università di Napoli, fu il primo
professore a tenere lezioni in italiano, e non in latino. Genovesi ha formato intere generazioni di
illuministi napoletani, ed intellettuali, come Giuseppe Maria Galanti e Francesco Longano. I
re crearono una stretta collaborazione tra la corte e gli intellettuali, diedero a Genovesi il
compito di viaggiare e conoscere il Regno di Napoli, vasto e sconosciuto ai sovrani (Regno di
Napoli  Campania, Molise, Puglia, Basilicata, Sicilia)
 MAGGIORI ILLUMINISTI LOMBARDI
Pietro Verri, Cesare Beccaria, Giuseppe Parini

PIETRO VERRI (1728 – 1797)


Economista, esponente dell’Accademia dei Pugni (chiamata così scherzosamente in seguito
alla diffusione di una voce secondo cui le discussioni si concludevano a botte) i cui obiettivi
erano quelli di elaborare una cultura aperta, fatta non più di valori da conservare, ma che fosse
in circolazione. Dall’Accademia, ad opera di Pietro e suo fratello Alessandro, nacque “Il Caffè”,
giornale ispirato alle riviste inglesi; il titolo rappresentava il punto di raccolta delle discussioni
che si tenevano in un caffè, luogo d’incontro per dibattiti. La rivista usciva ogni 10 giorni e tutti i
numeri venivano raccolti e rilegati a fine anno. Il Caffè sosteneva un rinnovamento sociale,
culturale e linguistico, in polemica con gli eruditi del tempo, e il superamento di leggi e istituzioni
obsolete, senza però affrontare le questioni religiose.

CESARE BECCARIA (1738 – 1794)


Filosofo ed economista, amico di Verri. Beccaria è l’autore del saggio “Dei delitti e delle
pene”, significativa opera tradotta in tutte le lingue europee, che denuncia gli eccessi del diritto
penale, in particolare la pena di morte e la tortura, invitando a proporzionare la pena al delitto.

GIUSEPPE PARINI (1729 – 1799)


Scrittore, nato da una modesta famiglia. Dopo aver frequentato le scuole dei Barnabiti proseguì
gli studi usufruendo di una piccola rendita di una zia, a patto che diventasse sacerdote. In
seguito divenne precettore presso le famiglie Serbelloni e Imbonati, per sfuggire alla miseria.
Acquistò particolare fama pubblicando “Il Giorno”, grazie al quale ottenne la direzione della
Gazzetta di Milano e la carica di professore alle Scuole Palatine. Nel frattempo scrisse e
pubblicò la sua raccolta di “Odi”, mentre restò incompiuta la stesura finale del “Giorno”. Nei
suoi ultimi anni di vita, durante la rivoluzione francese, fu nominato tra i membri della
municipalità, ma il soffocante controllo francese su ogni sua iniziativa lo spinse, ormai malato e
cieco, ad abbandonare l’incarico.

 PENSIERO E POETICA
La poesia di Parini si pone il compito di educare gli uomini all’uguaglianza sociale. La funzione
della poesia, secondo Parini, è quella di rispecchiare la realtà, la natura, stimolando la
riflessione. Per questo suo pensiero viene considerato più moralista che poeta. Da posizione di
“illuminato”, Parini si impegna a rimuovere i pregiudizi e le prepotenze nei rapporti tra gli uomini,
criticando l’alterigia dei nobili verso le classi meno abbienti.

 OPERE
 “Il Giorno”  poema satirico anti – aristocratico, rimasto incompiuto. Nel poema Parini finge
di essere precettore di un giovane nobile al quale deve insegnare come trascorrere bene il
tempo secondo il costume e la moda aristocratica. L’opera vuole essere una critica alla vita
frivola del mondo aristocratico. E’ diviso in 4 parti: 1. Mattino  si racconta il noioso risveglio del
nobile e la sua preparazione per uscire
e recarsi dalla dama di cui è l’accompagnatore
2. Mezzogiorno  durante il pranzo, è evidente il disprezzo dei nobili per la
casta
inferiore
3. Vespro  risaltano i pettegolezzi dei nobili mentre fanno visita agli amici
e fanno
giri in carrozza
4. Notte  i nobili prendono parte ad un ricevimento in cui sono presenti
personaggi
frivoli dai vizi sciocchi, detti imbecilli.
 22 Odi  divise in 3 fasi: 1. Il poeta si confronta con i problemi sociali
2. di tipo educativo, da cui emerge il rifiuto ad assumere
atteggiamenti servili nei confronti dei nobili
3. di tipo neoclassico, al centro delle odi vi sono nobiltà
d’animo e
dignità; appaiono i temi di bellezza e sentimenti,
mostrando ciò
che il poeta ama ma che non può vivere fino in fondo.
Le ultime
odi sono infatti dedicate alle donne.

CARLO GOLDONI (1707 – 1793) & IL TEATRO


La Venezia del ‘700 appare in decadenza a causa di numerosi conflitti e tensioni. Era però il
centro editoriale più attivo in Italia e una città-spettacolo, patria del carnevale e dei divertimenti.
Nuovi modelli di cultura circolavano soprattutto grazie ad un’ampia e ricca attività teatrale, che
iniziava ad ottobre e si chiudeva con il carnevale. Il teatro si costituì come vero e proprio
genere, dal mondo greco in poi era sempre stato considerato un genere minore, i teatranti infatti
non erano considerati veri e propri artisti ma rappresentavano una categoria minore, non
essendogli riconosciuta una vera e propria dignità d’arte. Dapprima il teatro era fatto da
compagnie ambulanti che improvvisavano per strade e piazze, avendo a disposizione solo un
Canovaccio (scaletta, promemoria per ricordare le fasi della rappresentazione).
Il maggior rappresentante del teatro veneziano del ‘700, fu Carlo Goldoni, commediografo del
periodo tra l’Arcadia e l’Illuminismo. Nacque a Venezia da famiglia borghese, studiò grammatica
e retorica a Perugia. Successivamente iniziò gli studi di giurisprudenza a Pavia, da dove fu
espulso in seguito allo scandalo provocato da una sua satira contro le donne della città.
Impiegatosi più volte come cancelliere, alla morte del padre riprese gli studi che aveva
abbandonato e si laureò. A Venezia iniziò a mostrare interesse per il teatro, iniziò a collaborare
con il San Samuele e a dirigere il San Giovanni Grisostomo. Divenne console della Rep. Di
Genova a Venezia, ma fu costretto a fuggire per debiti. Si stabilì a Pisa dove esercitò per 3 anni
la carriera giudiziaria. Dopo aver diretto altri teatri veneziani, si trasferì a Parigi per dirigere la
Comèdie Italienne. Vi restò fino alla morte.

 RIFORMA GOLDONIANA
Goldoni, inserendosi tra Arcadia e Illuminismo, accettava la natura e la semplicità della prima,
rifiutandone però la trattazione di argomenti superficiali, ma si inseriva nel secondo per
l’appartenenza dei suoi soggetti alla classe borghese, sempre protagonista delle sue opere.
La produzione commediografa di Goldoni è vastissima, generalmente le interpretazioni si
basano sui testi più celebri e diffusi. Nelle sue opere Goldoni passa dalla lingua al dialetto e
viceversa in relazione alle differenti situazioni in cui si trovano i personaggi. La prima
esperienza di Goldoni era legata alla Commedia dell’arte. Solo durante il periodo veneziano
Goldoni iniziò la sua riforma: obbligò gli attori a riferirsi ad un testo scritto, eliminò gradualmente
le maschere, inserendo la concretezza della classe borghese. Divise la commedia in scene e
atti e la basò sulle battute (dialoghi) e accanto ad esse inserì le didascalie (suggerimenti
sull’atteggiamento da assumere). Secondo Goldoni inoltre, la commedia deve insegnare il buon
senso borghese, con grande fiducia nella natura umana. La sua riforma provocò malcontento
tra gli attori, a cui furono eliminate le loro tradizioni.
Egli riteneva legittimo che l’individuo potesse affermarsi, indipendentemente dalla classe a cui
appartiene, attraverso l’onore e la reputazione. L’autore portava sempre in scena l’amore, da lui
considerato componente essenziale del mondo. Rappresentava storie realistiche, per far
immedesimare gli spettatori nei personaggi.

 OPERE
 “La Locandiera”  tra le maggiori commedie di Goldoni. Vede protagonista Mirandolina, tre
nobili e un cameriere. Due dei 3 nobili si invaghiscono di lei, il terzo la disprezza. Mirandolina si
finge d’accordo con lui nel disprezzare le donne e lo fa innamorare, ma lei, sotto i suoi occhi,
decide di sposare il cameriere.
 “Gli Innamorati”  mette in scena la forte gelosia
 “Il Campiello”  racconta la quotidianità del popolo veneziano
 “Rusteghi”, “Casa Nova”,”Sior Todero Brontolon”  illustrano il quadro domestico del
mondo mercantile veneziano
 “Baruffe Chiozzotte”  racconta la vita dei pescatori di Chioggia
 “Memorie”  autobiografia dell’autore

NEOCLASSICISMO
L’Illuminismo manteneva una certa continuità con la tradizione classica, ma lo sviluppo della
civiltà moderna e i progressi della scienza costringevano a riconoscere la distanza tra l’età
latina e greca da quella in cui si viveva. Da questo senso di distanza nacque, nella seconda
metà del ‘700, anni che preparavano alla rivoluzione francese, il movimento artistico del
Neoclassicismo, fase preparatoria del Romanticismo. Non si basava sui classici da imitare
assolutamente, ma ambiva attraverso ricerche a recuperare un’originale classicità del mondo
greco e latino, lasciandosi anche avvolgere da una vena di nostalgia per la distanza che
separava quel mondo da quello presente. Il Neoclassicismo trovò ampia diffusione nelle arti
figurative, importanti scoperte come le rovine di Pompei ed Ercolano portarono ad una serie di
studi definiti archeologia. Si cercavano concetti di bellezza per il puro piacere estetico. Alle
scoperte archeologiche si aggiunsero gli studi di arte classica. D’importanza fondamentale
furono le opere dell’archeologo tedesco Winkelmann, che sosteneva che l’arte greca realizzò
l’ideale di bello assoluto ed eterno, fornendo così i princìpi fondamentali dell’arte neoclassica:
l’arte e la letteratura devono mirare al bello ideale, trasfigurare la realtà in forme perfette, senza
mai eccedere. Il Neoclassicismo ebbe la sua massima espressione con lo scultore Antonio
Canova, ispiratori alle teorie dei Winkelmann. Negli anni che precedettero le rivoluzioni
americana e francese, si attenuò la fiducia nella ragione e nacquero le prime critiche,
sostituendo la fiducia di chi combatte per la ragione con la nostalgia per ciò che l’uomo era
costretto a perdere in battaglia. Si preferì distogliere l’attenzione sui problemi della società e
analizzare la propria persona. In ambito letterario, il Neoclassicismo si tradusse nel ricorso alla
mitologia e, quando il riferimento non era al passato ma al presente, all’allegoria. Il
neoclassicismo fu una continuazione dell’Illuminismo, quando l’uomo, dopo aver affrontato i
problemi sociali, si dedicava all’analisi individuale. In Italia si diffuse soprattutto a Milano. Tra i
generi preromantici dominati dai conflitti con il proprio io, ricordiamo le “Ultime lettere di
Jacopo Ortis”.

 MAGGIORI ESPONENTI
Vittorio Alfieri

VITTORIO ALFIERI (1749 – 1803)


Poeta, scrittore e drammaturgo. Nacque ad Asti da nobile famiglia. Entrò da bambino in
Accademia militare. Di indole ribelle ed insofferente ad ogni imposizione, compì numerosi viaggi
in Italia e in Europa, dove rimase scontento dall’aristocrazia e dalla società e affascinato invece
dalla natura e dai paesaggi nordici della Spagna. Nel periodo dei viaggi si dedicò alle letture
degli illuministi francesi. Tornato a Torino fece rappresentare la sua prima tragedia, “Antonio e
Cleopatra”, che segnò la scoperta della vocazione tragica. Iniziò a studiare la grammatica e i
classici greci e latini. Lesse classici da Dante a Tasso e si recò più volte in Toscana per
perfezionare la lingua, dove si trasferì definitivamente, rinunciando al titolo nobiliare. Legatosi
alla contessa d’Albany, Alfieri la seguì prima a Roma, poi in Inghilterra, infine in Francia. Negli
anni della rivoluzione, viste le difficoltà, tornò a Firenze, dove morì.
 PENSIERO E POETICA
Nella sua inquietudine Alfieri si avvicina al Romanticismo, ma l’avversione alla tirannia delle
corti d’Europa lo lega all’Illuminismo. Alfieri inizia a scrivere tragedie per esprimere la sua
solitudine, rinuncia alla ricchezza per dedicarsi alla letteratura, poiché vede anche nella
ricchezza una limitazione alla libertà, intesa come assenza di limitazione politica ed intellettuale.
Questa concezione di libertà è definita anarchismo libertario, poiché non esiste forma di
governo che possa garantire tale libertà (il suo infinito desiderio di libertà si scontra con tutto ciò
che lo limita).
La tragedia di Alfieri è costruita intorno all’eroe, che con la sua forza si impone ai personaggi
minori. Lo scopo dell’eroe è la continua lotta contro la tirannia, al fine di conseguire la tanto
ambita libertà. Secondo Alfieri, la tragedia deve essere breve, in 5 atti, con pochi personaggi e
al centro deve esservi sempre l’eroe. Alla base di ogni vicenda c’è il fato, capace di far agire gli
uomini.

 OPERE
 “Parigi sbastigliato”  ode scritta in Francia, durante il periodo della rivoluzione.
 “Il Saul” – “La Mirra”  tragedie, che vedono come tema centrale lo scontro tra il tiranno e
l’uomo libero che afferma la propria libertà a costo di morire. Ne “Il Saul”, tiranno e uomo libero
convivono nella stessa persona (sorta di lotta interiore), ne “ La Mirra” invece viene
rappresentato non da una figura esterna, ma dalla forza interiore di un sentimento. Queste
tragedie, apparentemente segnate da un profondo malessere, contribuiscono all’insegnamento
politico del Risorgimento.
 17 Satire  in cui condannava ogni strato della popolazione, tutto ciò che per lui
rappresentava i mali della società
 6 Commedie
 “La Vita”  sua autobiografia
 “Trattato sulla Tirannide”  una delle sue opere relative alla tirannia, dove poneva la paura
come motivo principale della tirannia; il tiranno è costretto continuamente ad esserlo a causa di
un possibile rovesciamento.

LETTERATURA E QUADRO STORICO DI FINE ‘700


Al modo neoclassico di guardare all’antico si aggiunse poi il classicismo rivoluzionario, verso la
fine del ‘700, con il crollo dell’Antico regime. Oltre ai risvolti politici ottenuti dalle rivoluzioni
americana e francese, iniziarono le critiche contro le idee illuministe. La rivoluzione francese
rifiutò l’autorità dell’antico regime ai fini di fondare una società basata su libertà, uguaglianza e
fratellanza; la rivoluzione americana diede via ad una società liberale basata sulla dignità del
lavoro e la concorrenza economica.
Il Libertinismo, che si diffuse maggiormente in Francia, era una corrente di pensiero secondo la
quale si viveva una condizione mondana, accettando il mondo aristocratico e assolutistico e
dedicando la propria vita alla ricerca del piacere materiale. In Italia non raggiunse mai elevati
livelli.
Pochi anni dopo la rivoluzione francese, scoppiò a Napoli la rivoluzione partenopea, ma i
tentativi di rivoluzione fallirono e segnarono la caduta della Rep. Partenopea; i rivoluzionari
furono impiccati pubblicamente, per insegnare al popolo a non ribellarsi (condanna di Piazza
Mercato). Al termine della rivolta fu restaurata la dinastia borbonica fino all’Unità d’Italia nel
1861, quando Napoli perse il suo prestigio di capitale e divenne una città dell’Unità.

 MAGGIORI PERSONAGGI
- Lorenzo da Ponte  poeta, libertino italiano, famoso per aver realizzato libretti per le opere
di Mozart, tra cui “Le nozze di Figaro” e “Così fa tutte”
- Vincenzo Cuoco  scrittore ed economista napoletano, spiega la rivoluzione partenopea
nel suo “Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799”. Essa fallì perché a
differenza della rivoluzione francese, era troppo lontana dai bisogni concreti della gente e legati
ad astratti princìpi di libertà ed uguaglianza. Cuoco affermava che l’Italia non era divisa solo a
livello territoriale, ma anche sul piano linguistico e civile e che a Napoli era presente la plebe
(stato primitivo) e non il popolo (capacità politica di decisione e reazione).
- Eleonora Fonseca Pimentel  scrittrice e patriota, ex membro dell’accademia dell’Arcadia,
che si impegnò nella diffusione di ideali rivoluzionari e posizioni politiche giacobine. Fu mandata
al patibolo da Maria Carolina.

PREROMANTICISMO
Contemporaneamente al Neoclassicismo prese vita il periodo del Preromanticismo,
preannunciando il famoso movimento ottocentesco. Si riscontrarono nella cultura italiana anche
tendenze che esteriormente appaiono opposte a quelle neoclassiche. Se il gusto neoclassico,
nell’arte e nella letteratura, è caratterizzato dalla compostezza e dalla calma, dal dominio
passionale e dall’armonia, dalla contemplazione di un bello oggettivo, queste altre tendenze si
manifestavano come esasperazione dei modelli passionali e soggettivi, amore per il primitivo e
l’esotico, per la natura selvaggia e atmosfere malinconiche dominate dalla presenza della
morte. Queste tendenze si diffusero ampiamente in Europa, attraverso alcuni autori come
Rousseau, ed in particolar modo Goethe.
Il romanzo goethiano scaturisce da un movimento attivo in Germania verso la seconda metà del
‘700, lo Sturm und Drang (impeto e assalto) contro il razionalismo illuministico, basato su una
cultura naturalistica, sugli istinti e la passionalità.

 MAGGIORI ESPONENTI
Vincenzo Monti, Ugo Foscolo

Neoclassicismo & Preromanticismo


Sono due correnti separate, presenti negli stessi anni ma diverse tra loro, anche se
scaturiscono da una stessa radice: due profonde crisi, una dovuta al crollo dell’antico regime,
nonché al disperato tentativo di salvarlo attraverso le riforme illuministe; l’altra dei deludenti anni
napoleonici.
Entrambe vanno viste allora come un’alternativa: Il Neoclassicismo con la sua bellezza e
armonia, lontano dagli orrori della storia, il Preromanticismo con la profondità dell’io e la natura
primitiva.

VINCENZO MONTI (1754 – 1828)


Tra i maggiori scrittori dell’età napoleonica. Nacque in Romagna. Lasciò gli studi di legge per
dedicarsi a quelli letterari, entrò a far parte dell’Accademia dell’Arcadia. Successivamente si
trasferì a Roma dove lavorò al servizio del nipote del papa. Con lo scoppio della rivoluzione
francese, dopo il primo schierarsi contro la rivoluzione, Monti iniziò invece ad accostarsi a quelle
idee. Si trasferì a da Roma a Milano ed ottenne un incarico nella Rep. Cisalpina. Fuggì a Parigi
in seguito alla calata degli austriaci. Tornato a Milano a seguito di Napoleone, divenne
professore di retorica, in seguito storiografo di corte. Dopo la sconfitta di Napoleone, che lui
ammirava, dedicò pari lodi ai nuovi sovrani. Negli ultimi anni di vita tradusse l’Iliade di Omero.

 PENSIERO E POETICA
Monti visse un’epoca di grandi trasformazioni politiche e sociali, fu per questo un poeta
ambiguo, tra opportunismo politico, incapacità di fare scelte e fragilità caratteriale. Fu un poeta
mondano, nonostante si ispirò a generi e materiali letterari svariati, le sue opere risultano
monotone. Fu sonciderato superficiale da diversi autori, e Leopardi lo definì poeta
dell’immaginazione ma non del cuore.

 OPERE
 “Prosopopea di Pericle”  ode in cui esaltò le scoperte archeologiche e lo splendore dello
Stato Pontificio.
 “La bellezza dell’Universo”  poema dedicato alle nozze del nipote del Papa, in cui Monti
fonde le suggestioni di vari poeti.
 “I Pensieri d’Amore” – “Al principe Sigismondo”  poesie d’amore
 “Aristodemo” – “Caio Gracco”  Tragedie
 “Il Prometeo”  dedicato al potere di Napoleone, definito appunto Prometeo, eroe
dell’incivilimento
 “Sermone sulla Mitologia”  risalente agli anni della Restaurazione, dove respinse, a
seguito della polemica tra classicisti e romantici, la ricerca romantica del vero, esaltando la
meraviglia classica e la mitologia antica.
UGO FOSCOLO (1778 – 1827)
Poeta. Nacque a Zante, antica Zacinto, a cui fu sempre legatissimo. Alla morte del padre la
famiglia ebbe gravi difficoltà economiche e si trasferì a Venezia. Iniziò lì il suo apprendistato
poetico e allacciò relazioni con numerosi letterati, iniziando a scrivere i primi versi che,
nonostante la sua povertà di cui andava fiero, lo resero molto popolare. Politicamente era
entusiasta dei princìpi della Rivoluzione francese e per questo dovette ritirarsi sui colli Euganei,
dove scrisse la tragedia “Tieste”. Poi lavorò a Bologna nella Rep. Cispadana e pubblicò l’ode
“A Bonaparte Liberatore”. Tornò a Venezia a seguito della formazione di un governo
democratico, di breve durata, ma quando Napoleone cedette la Rep. Di Venezia all’Austria con
il Trattato di Campoformio, si trasferì a Milano. Il “tradimento” di Napoleone fu un trauma che
segnò l’esperienza di Foscolo. A Milano conobbe Parini e Monti, che gli fece ottenere la
cattedra di eloquenza all’Università di Pavia, presto soppressa dal governo. Pubblicò intanto la
prima edizione de “Le ultime lettere di Jacopo Ortis”. A causa delle sue opposizioni al regime
napoleonico si procurò numerose inimicizie, fece rappresentare la tragedia “Aiace”, facendo
allusioni tiranniche a Napoleone. Si recò allora a Firenze, dove trascorse due anni sereni. Con
la sconfitta di Napoleone Foscolo tornò a Milano, ma rifiutò le proposte di collaborazione degli
austriaci e partì volontario in esilio in Inghilterra, dove morì.

 PENSIERO E POETICA
Visse a cavallo tra ‘700 e ‘800, durante la Rivoluzione francese. Del ‘700 prese il gusto
neoclassico e l’attaccamento al passato, del secolo dopo i valori di patriottismo, solidarietà e
amore, lotta per la libertà e coraggio nella vita, che fanno di lui il padre dell’Ottocento italiano.
Subì profondamente l’influenza di Rousseau, che lo spinse ad abbracciare posizioni giacobine e
al culto della natura come di tutto ciò che è autentico e positivo, alla naturale bontà dell’uomo
corrotta dalla società circostante. Più tardi, a seguito della delusione napoleonica, Foscolo si
staccò da questi princìpi, avvicinandosi a Machiavelli, che lo inducevano a credere, al contrario,
nel’originaria malvagità del’uomo. A queste concezioni pessimistiche si aggiunse il
materialismo, secondo il quale si crede che la realtà sia solo materia, escludendone lo spirito.
Foscolo pensava quindi, che la morte segnasse l’annullamento totale dell’uomo.
Foscolo, essendo ateo, era convinto che tutto finisse, che l’anima non fosse immortale, per
questo la sua visione della vita era pessimistica, in cui l’uomo, trascinato da una serie di eventi,
era costretto a lottare. Foscolo si salva solo attraverso l’ infinita poesia, si crea una propria
religione, quella delle illusioni. Da Vico prende spunto per il concetto di fantasia, capace di
trasfigurare la realtà delle cose.
Fondamentale nella poesia di Foscolo, oltre al mare, è il vento, che il poeta interpreta come la
leggerezza del mondo; Foscolo lo paragona alla poesia: insieme di parole che si congiungono
con altre inseminando la vita  capacità della poesia di essere polline dell’universo. Le sue
poesie danno infatti il senso di una natura vitalistica, hanno la carica del vento.

 OPERE
 “Le ultime lettere di Jacopo Ortis”  sua opera maggiore, che ha avuto 4 edizioni.
Foscolo inventa l’autore Jacopo Ortis, immedesimandosi pienamente in esso. È’ il primo
romanzo italiano, si tratta di un romanzo epistolare costruito sui sentimenti di due amori: l’amore
per una donna, fondamentale nella sua vita ma deludente perché sposerà un altro; e l’amore
per la patria altrettanto deludente. Il romanzo annuncia una sensibilità preromantica, ed è stato
paragonato alla tragedia alfieriana: il protagonista, data la tirannia di Napoleone che gli aveva
tolto la patria e la tirannia della convenzioni sociali che gli tolgono l’amata, decide allora di
librarsi dalle sofferenze con il suicidio. Dall’opera appare il periodo pessimistico di Foscolo, colto
da una grave crisi depressiva da cui, a differenza di Jacopo, si salverà con la stessa vita,
reagendo alla depressione semplicemente vivendo e ribaltando gli elementi negativi in fattori
positivi attraverso l’amore per la scrittura e la poesia.
 La sua rinascita è raccolta nei 12 “Sonetti”, attraverso i quali recupera le radici e le ragioni
della sua vita. Fanno parte dei Sonetti:
1. “Alla sera”  dedicato al calare della sera, quiete segreta percorsa da minacciosi bagliori e
da richiami negativi
2. “A Zacinto”  dedicato alla sua terra greca natìa, nel sonetto esprime tutto il suo amore per
la patria
3. “In morte del fratello Giovanni”  dedicato al fratello Giovanni morto suicida, dove
esprime tutta la sua tristezza

 2 Odi  della raccolta “Poesie” (di cui fanno parte anche i Sonetti). Dedicate all’esaltazione
della bellezza della donna. Esse sono:
1. “All’amica risanata”  dedicato ad un’amica. Discorso filosofico sulla bellezza ideale e al
suo effetto purificatore
2. “A Luigia Pallavicini caduta da cavallo”  omaggio galante ad una bella donna, deturpata
in viso per una caduta da cavallo.
 “Commento alla chioma di Bernice”  opera in cui Foscolo descrive tutta la sua passione
per la cultura classica.
 “Dei Sepolcri”  carme pubblicato durante il periodo milanese. Prese spunto dall’editto
napoleonico di Saint Claud che proibiva la sepoltura dei morti all’interno delle città e stabiliva
che le lapidi dovessero essere tutte della stessa misura. Foscolo si sofferma sul significato e la
funzione che la tomba assume per i vivi impostando il carme come la celebrazione di valori ed
ideali che danno significato ad una vita intera.
A causa delle critiche che l’opera ricevette, soprattutto dall’abate Guillon, Foscolo replicò con la
“Lettera a monsieur Guillon sulla sua incompetenza a giudicare i poeti italiani”,
spiegando i passaggi dei Sepolcri e dividendoli in 4 parti: 1. Importanza della sepoltura per i vivi
2. spiegazioni, nel tempo, del culto dei morti
3. celebrazione del valore della tomba
4. valore della poesia che conserva le memorie
dei caduti.
Foscolo, essendo poeta naturale e non religioso,m credeva che il ciclo vitale si concludesse con
la morte, così inventò un’altra vita immaginando un’aldilà per un grande uomo. Bisogna infatti,
secondo Foscolo, onorare i poeti e chi si è distinto nella vita per aver operato non solo per sé
stessi, ma anche per gli altri. Foscolo adotta un linguaggio meritocratico, vuole che i poeti
abbiano l’onore che meritano, per cui inventa il mito di Santa Croce, dove sono raccolte le urne
di alcuni poeti.
Tutto il carme è strutturato per episodi e non per concetti i ordine di logica, dal momento in cui
Foscolo procede con la logica della fantasia.
 Durante il suo soggiorno in Francia Foscolo, disilluso nelle speranze di realizzazione dei suoi
ideali, si costruisce un secondo Alter ego, Didimo Chierico. Dedicandosi alla traduzione del
“Viaggio sentimentale”, pose in appendice “Notizie intorno a Didimo Chierico”, in cui
presenta la sua “maschera” completamente diversa, in antitesi a Jacopo Ortis, indifferente verso
tutto e tutti, assumendo un atteggiamento dato dalla sfiducia nella possibilità di realizzazione di
quei valori per cui Foscolo aveva lottato. Didimo era un uomo che, dopo aver conosciuto lo
studio, la cultura e le città, si rese conto dell’inutilità di essi; un uomo che no volle più viaggiare
né conoscere persone nuove, ritirandosi nel suo privato e vivendo secondo le sue opinioni.
 “Le Grazie”  tra le sue ultime opere, carme rimasto incompiuto. Fu ispirato dalla scultura
delle Grazie di Antonio Canova. Rappresenta una sintesi totale delle tematiche fosco liane,
sviluppate sull’idea della bellezza, capace di vincere le barbarie della storia e quelle insediate in
ciascuno di noi, dunque capace di consolare l’uomo nel dolore dell’esistenza. Il carme si divide
in 3 inni:
I Inno  dedicato a Venere, segna il passaggio dell’uomo dallo stato primitivo alla civiltà
II Inno  dedicato alla dea dell’ingegno, si svolge durante un rito alle grazie, alla presenza di 3
sacerdotesse che incarnano 3 donne amate dal poeta, e rappresentano: musica, speranza,
poesia.
III Inno  dedicato alla dea della virtù che prepara un velo con cui le grazie possono difendersi
dall’amore violento e brutale.
L’opera, che appare distaccata e frammentata, ha avuto molteplici critiche, chi considerava la
frammentazione compromettente per il valore dell’insieme, che la considerava ad episodi.

ROMANTICISMO
Tra rivoluzioni e restaurazione di antiche istituzioni si affermò in Europa la società borghese e
industriale, mentre l’Italia lottava per la sua indipendenza nazionale. Fu proprio in questo
contesto storico, nella prima metà dell’Ottocento, che nacque il Romanticismo (dall’inglese
romantic che si riferiva in senso spregiativo ai vecchi romanzi cavallereschi, fu coniato in
francese romantique con cui si indicava le emozioni che si provavano a contatto con la natura,
mentre il romantik dei tedeschi si riferiva alla sensibilità moderna degli scrittori). Fu un
movimento artistico, culturale e letterario nato in Germania grazie ad alcuni intellettuali che,
stanchi del dominio della ragione, sentirono il bisogno di recuperare le radici del sentimento.
Alle radici di questo movimento vi fu dunque la crisi dei miti illuministici: ragione, progresso,
fiducia.
Le poetica romantica europee si contrapponeva alla concezione della letteratura che aveva
dominato precedentemente in Europa. Rifiuta regole, modelli e generi. Secondo i romantici la
poesia non è esercizio razionale od imitazione, ma libero sfogo alla fantasia, all’ispirazione ed
interpretazione individuale, secondo ciò che scaturisce dall’essere, è spontanea ed originale. La
poesia romantica, non essendo perfetta secondo gli schemi, può essere anche disarmonica,
irregolare, frammentaria. La disarmonia deriva dal cristianesimo, come affermava il poeta
tedesco Shlegel: la visione cristiana infatti, proponendo l’idea del peccato originale, ha dato
all’uomo la perdita della pienezza originaria, portandolo ad una sorta di tendenza al vago e
all’indefinito.
I confini della poetica si allargarono a vedere ciò che è “basso”e quotidiano, sovvertendo il
principio di separazione degli stili. Dal culto dello spontaneo nasce poi l’interesse per la poesia
primitiva e popolare, secondo i romantici l’arte muta nel tempo e la poesia deve corrispondere ai
sentimenti di un popolo in un determinato momento della storia.
I romantici scelsero di tornare al sentimento perché la ragione non aveva dato agli uomini la
pace e la felicità, non era riuscita ad impedire rivoluzioni e violenze, per cui fu considerata
deludente. Il Romanticismo fu di espressione borghese, unica classe politicamente e
culturalmente attiva del tempo. Lo scrittore romantico si rivolgeva al popolo che, escludendo
snob e plebe, indicava i vari ceti della borghesia. Tema centrale del mondo romantico era
l’Amore, fonte di felicità; ma i romantici amavano anche la luna, la notte, i mondi esotici e le
tradizioni misteriose.
Il Romanticismo sostenne anche gli ideali civili, come la libertà dei popoli dall’oppressione
politica e la rivendicazione del diritto di ogni individuo ad avere una propria dignità.
Coinvolse inoltre, in maniera sostanziale, la musica classica, capace di esprimere ciò che a
parole non si può esprimere, di suscitare forti passioni.

 CARATTERI GENERALI
 Sfiducia nella ragione
Individualismo  affermazione della posizione del singolo individuo nella realtà, disprezzo per
ogni tipo di società. L’artista romantico si presenta come ribelle solitario, che sfida titanicamente
ogni limite per affermare la propria individualità.
 Vittimismo  il poeta romantico si presenta come esule, spinto dalla malvagità altrui o dalla
propria inquietudine, a vagare di luogo in luogo.
 Affermazione dei valori nazionali  si presenta con caratteristiche diverse da nazione a
nazione.
 Rapporto con la natura  la realtà dell’uomo poteva ritrovarsi solo nella natura, luogo in cui
può compiere esperienze spirituali, ritrovando l’infinità dell’io interiore con quella del cosmo.
 Religione  ritrovamento dei valori religiosi e disprezzo per l’ateismo illuministico.
 Affermazione della fantasia in opposizione alla ragione
 Rivalutazione della storia del medioevo rispetto a quella dell’antichità e della mitologia
classica.

Il Romanticismo nacque con il filosofo tedesco Fichte, famoso per il “Discorso sulla nazione
tedesca”, in cui teorizzò il principio basilare della superiorità tedesca, pronta a recuperare la
tradizione.
Contro il razionalismo illuministico il popolo tedesco diede vita al movimento “Sturm und Drang”,
basato su una cultura naturalistica, sugli istinti e la passionalità. Questo movimento ebbe stretto
rapporto con il Romanticismo, le cui radici sono ne “L’Atheneum” dei fratelli Shlegel,
portavoce del Romanticismo tedesco, rivista diffusa in tutta Europa, diventando punto di
riferimento e suscitando la curiosità della nazione, la cui popolazione iniziava a spostarsi e
viaggiare spinta dalla curiosità.

ROMANTICISMO IN ITALIA
Un personaggio che viaggiava molto, e che restò colpita dal Romanticismo tedesco, fu la
scrittrice francese Anne-Louise Necker, figlia del direttore delle finanze francese, con lo
pseudonimo di Madame de Stael. Amante della cultura, da Parigi andò in Germania (voyage de
civilitation  viaggio di civiltà, che intraprendono le persone per rendersi conto della situazione
degli altri paesi). Madame de Stael scrisse il libro “Sulla Germania”, viaggiò anche in Italia e si
fermò a Milano nel 1816. Lì scrisse un articolo su una rivista milanese, “La biblioteca italiana”
trattante i problemi delle traduzioni, che si riferiva al problema dell’arretratezza culturale del
popolo italiano che si ostinava a tradurre gli scrittori antichi trascurando quelli contemporanei e
rischiando di non conoscerli, per la scarsa conoscenza delle lingue. Quindi invitava gli italiani a
diventare culturalmente più attivi partecipando alla grande intensità della cultura europea,
viaggiando per sprovincializzarsi, mobilitandosi in modo a aprire la mente a nuovi orizzonti. La
scrittrice accusò gli intellettuali di essere provinciali e attaccati al passato senza curarsi di una
nuova cultura che stava fiorendo. Questo scatenò dapprima una reazione violenta nella
popolazione poi la nascita della “questione romantica”, che proclamò la divisione in due fronti:
1. i sostenitori di Madame de Stael, il cui documento può essere riconosciuto nella “Lettera
semiseria al figlio Grisostomo” dello scrittore italiano Giovanni Berchet, in cui finge di
scrivere al figlio dispensando consigli letterari (svecchiamento della letteratura italiana)
2. oppositori di Madame  i classicisti, da cui nacque la “questione classico-romantica”,
sostenitori della teoria in base alla quale il popolo italiano possedeva una tradizione molto ricca
ed antica (classici greci e latini) e che tale patrimonio non poteva essere confuso con altre
tradizioni.
La soluzione a tale polemica fu trovata dal maggior esponente del Romanticismo italiano:
Alessandro Manzoni, che voleva una cultura unitaria e definì i caratteri del Romanticismo
italiano. Nelle sue opere “Lettera al marchese Cesare d’Azeglio” e a “Monsieur Chavet”,
Manzoni giunse ad una sorta di compromesso storico-letterario: la civiltà italiana è
autosufficiente, avendo prodotto nel corso della storia opere incomparabili da prendere in
considerazione nel resto d’Europa, gli italiani posseggono una grande tradizione che non ha
bisogno di appoggiarsi alle altre. Non si può oerò neanche trascurare la nuova cultura, bisogna
quindi viaggiare, imparare le lingue e tradurre.

 MAGGIORI ESPONENTI
Alessandro Manzoni, Giacomo Leopardi

IL ROMANZO
Nell’età romantica si affermarono il Europa forme di romanzo innovative rispetto a quelle
apparse nel ‘700: il romanzo storico, inaugurato nel 1814 da Walter Scott, e quello realistico,
diffusosi negli anni ’30 da Balzac e Stendhal. Il romanzo storico riflette tipicamente l’interesse
del romanzo nei confronti della storia, proponendosi di ricostruire una determinata epoca del
passato attraverso la mescolanza di realtà e invenzione. Il romanzo realistico ha invece per
oggetto la realtà contemporanea.
Il romanzo si affermò tardivamente in Italia, sia per la persistenza di una tradizione letteraria che
guardava con disprezzo ai generi non consacrati dalla tradizione, sia per la lentezza con cui la
borghesia si imponeva come soggetto sociale e culturale. Difeso dai romantici, il romanzo
storico si diffuse a partire dal 1827, l’anno di pubblicazione della prima edizione dei “Promessi
Sposi”. Nei decenni successivi il romanzo storico invase il mercato, assumendo la caratteristica
propria di genere letterario. Il pubblico, composto non più da soli letterati ma anche da lettori
comuni, leggeva con interesse i nuovi romanzi immedesimandosi nei personaggi. Stentavano
invece ad imporsi altre forme di romanzo, come quello sociale di Antonio Ranieri (problemi
reali della realtà che ci circonda).
Solo dopo la seconda metà dell’Ottocento si affermarono i romanzi realistico (Realismo 
movimento della metà dell’Ottocento diffusosi principalmente in Francia, mediante il quale si
prediligeva la rappresentazione oggettiva della realtà) e contemporaneo, con Ippolito Nievo.

La categoria che Manzoni scopre nel romanzo è il verosimile  qualcosa che somigli al vero,
perché il vero in letteratura non esiste (ogni scrittore inventa il proprio vero scrivendo).
Interpreta dunque le sue opere in modo simile al vero ma non rappresenta mai la realtà così
com’è.
Per Manzoni il romanzo deve avere: 1. come oggetto  il vero
2. come mezzo  l’interessante
3. come fine  l’ utile
ALESSANDRO MANZONI (1785 – 1873)
Poeta e scrittore. Nacque a Milano dal conte Pietro e da Giulia Beccaria, figlia di Cesare.
La vita di Manzoni può essere divisa in 3 fasi: 1. Vita giovanile e libertina
2. maturità  conversione
3. grande maturità.
Separatisi i genitori, trascorse la fanciullezza e la giovinezza presso i collegi dei padri barnabiti,
dove ricevette la tradizionale educazione classica. In seguito si inserì nell’ambiente culturale
milanese, frequentando poeti come Foscolo e Monti. Dopo la morte di Carlo Imbonati, con cui la
mamma viveva, si trasferì da lei a Parigi, dove visse a contatto con intellettuali di pensiero
illuminista che influenzarono le sue idee politiche, morali e filosofiche e si accostò agli ideali
patriottici e rivoluzionari. A Parigi, il contatto con ecclesiastici giansenisti (religione che
contrappone il bene al male, senza intermedi né comunicazione tra i due). Il suo ritorno alla
fede cattolica è quasi un mistero, inquanto Manzoni fu sempre riservato in merito a questo
argomento. Grande influsso ebbe sicuramente sua moglie Enrichetta Blondel, che a Parigi si
convertì dal calvinismo al cattolicesimo. Quando lasciò Parigi, tornando definitivamente a
Milano, un profondo rinnovamento si era compiuto nella sua visione della realtà, ispirata al
cattolicesimo. Il rinnovamento coinvolse anche l’attività intellettuale e letteraria: abbandonò la
poesia classica, e si dedicò alla stesura degli “Inni Sacri”. Al suo ritorno in Italia, condusse una
vita appartata dedicandosi agli studi, le pratiche religiose, alla famiglia. Si avvicinò al movimento
romantico milanese. Questo il periodo della sua maggiore fase creativa. Con la pubblicazione
dei “Promessi Sposi” nel 1827 si concluse il periodo creativo di Manzoni. Dopodiché lo
scrittore assunse un atteggiamento di distacco verso il romanzo storico e la poesia. Approfondì
gli interessi storici e filosofici. Gli anni della maturità furono segnati da una serie di interminabili
lutti (moglie, padre, parecchi figli) e da dissapori familiari. Dopo la pubblicazione del romanzo
divenne un autore molto ammirato. Durante le cinque giornate di Milano seguì gli eventi politici
ma senza parteciparvi, fece stampare l’ode patriottica “Marzo 1821”, tenuta per anni nascosta.
Costituitosi il Regno d’Italia, fu nominato senatore. Pur essendo cattolico era contrario al potere
temporale della Chiesa e favorevole a Roma come capitale e accettandone la cittadinanza
onoraria. Negli anni della vecchiaia era ormai venerato dalla borghesia che lo considerava
modello da imitare, maestro, guida spirituale ed intellettuale. Morì a Milano nel 1873.

 PENSIERO E POETICA
Fondamentale, nel pensiero e nella poetica di Manzoni, fu la conversione al cattolicesimo.
Dapprima la sua poesia era di tipo classico e aulico, esprimeva una concezione atea e uno
spirito libertario e democratico. Il trasferimento a Parigi segna il distacco dal classicismo,
avvenuto con la conversione religiosa: contro l’esaltazione dell’età classica rivaluta il medioevo
cristiano, come vera matrice della civiltà moderna; alla concezione eroica ed aristocratica della
storia contrappose l’interesse per gli umili e la folla. Rifiuta lo scopo del puro piacere estetico e i
contenuti classici e mitologici, preferendo come oggetto  il vero, come mezzo 
l’interessante, come fine  l’ utile.
Nel corso del tempo Manzoni scopre “il sorriso di Dio”, solo la religione cattolica riesce tra il
bene e il male ad inserire l’intervento intermedio della Provvidenza.
Elemento preromantico a cui era legato Manzoni, era la caratteristica di descrivere determinati
argomenti in modo oscuro e cupo, definito “gotico” (es. Notte dell’Innominato  attraversa il
buio della sua vita, si salva al sorgere del sole).
Tutta la sua poetica sarà distaccata e in antitesi al mondo classico e mitologico, sarà opposta
alla tradizione aristotelica. I princìpi che lo guidano sono esposti chiaramente della sua “Lettera
a Monsieur Chavet”: in obbedienza al culto del “vero”, Manzoni afferma di non voler inventare
dei fatti per adattarvi i sentimenti, ma di voler spiegare ciò che gli uomini hanno davvero sentito
mediante le loro esperienze. Non c’è bisogno dunque di inventare i fatti.

 OPERE
- Prima della conversione:
 “Trionfo della libertà”, “Adda” e “I Sermoni”  poemi allegorici in cui esalta gli ideali
rivoluzionari, scagliandosi contro la tirannia.
 “In morte di Carlo Imbonati”  carme dedicato alla morte dell’Imbonati, che Manzoni
immagina gli appaia in sogno dandogli nobili lezioni di vita e di poesia.
- Dopo la conversione:
 “Osservazioni sulla morale cattolica”  in cui traspare una fiducia assoluta nella religione
come fonte di tutto ciò che è buono e vero, come punto di riferimento per ogni tipo di scelta in
ogni campo.
 Inni Sacri  Prima vera opera scritta dopo la conversione, scritta ancor prima della
questione tra classicisti e romantici. Gli Inni rompevano la tradizione classica dell’esaltazione
della mitologia e dell’antico. Manzoni considerava la mitologia come qualcosa di “falso”, e
decise di cantare temi aderenti al “vero”. Rifiutò il culto del mondo antico, troppo lontano dal
pubblico, e si propose di creare nuovi temi vivi nella coscienza contemporanea: i valori cristiani
radicati dei riti liturgici vengono considerati sempre presenti dai fedeli, anche se si rifanno a
eventi accaduti nel passato. Manzoni progettò 12 Inni, ma ne scrisse solo 5: “La Resurrezione” -
“Il Natale” - “La Passione” - “Il nome di Maria” - “La Pentecoste.
- Lirica patriottica:
 “Marzo 1821”  poesia patriottica scritta in base alla voce che correva, in base a cui i
piemontesi si stessero dirigendo di nascosto a Milano per cacciarne gli invasori. E’ stata scritta
per incitare il popolo italiano a combattere e liberarsi dalla tirannia straniera. E’ stata edita solo
molto tempo dopo l'essere stata scritta per paura di rischiare la censura austriaca e perfino
l'incarcerazione.
 “Il 5 maggio”  Quando Napoleone morì (5 maggio 1821) si seppe che durante l'esilio
aveva ricevuto i sacramenti cristiani. Manzoni fu molto colpito da questo particolare e nella sua
opera non vede Napoleone come il "genio della guerra" ma sotto l'aspetto spirituale. Manzoni
immagina la sofferenza di Napoleone rinchiuso su un'isoletta e come la Fede e Dio abbiano
avuto compassione nei suoi confronti.
- Tragedie:
 “Il conte di Carmagnola”  come il resto delle sue opere, anche le tragedie si collocano in
posizione di rottura con la tradizione. Manzoni colloca le tragedie dei suoi personaggi in un
determinato contesto storico. Manzoni trae spunto dalla storia per le sue tragedie, in quanto
affermava che in essa è presente il più ampio repertorio di soggetti drammatici.
Il Conte di Carmagnola si incentra sulla figura del capitano Francesco Bussone; al servizio del
duca di Milano ottiene numerose vittorie, passa poi al servizio di Venezia e ottiene una vittoria
proprio su Milano. Ma, vista la clemenza usata con i prigionieri, i veneziani lo accusano di
tradimento e lo condannano a morte. Manzoni evidenzia il conflitto tra l’uomo giusto e puro con
gli intrighi e le ingiustizie.
 “L’Adelchi”  si svolge nel contesto della guerra tra i Franchi e i Longobardi. Carlo, re dei
franchi, ha ripudiato Ermengarda, figlia del re dei Longobardi e sorella di Adelchi. Quando la
regina ripudiata torna dal padre lui giura di vendicarsi. Fallito un accordo col Papa, cui i
Longobardi avevano sottratto alcuni territori, si giunge alla guerra coi Franchi. L’esercito di Carlo
sorprende gli avversari e li sconfigge, nonostante la strenua difesa di Adelchi, che con i pochi
uomini rimastigli fedeli, tenta una disperata resistenza e viene ferito a morte. Con la sua
tragedia, sebbene attraverso la finzione storica, Manzoni intende lasciare ai contemporanei una
precisa indicazione: gli italiani non si aspettino aiuto dagli stranieri.

 “I Promessi Sposi”  Suo capolavoro, nonché primo romanzo storico in Italia. Manzoni
trovava nel romanzo lo strumento ideale per attuare i princìpi romantici, al fine di un
rinnovamento della cultura italiana. Il romanzo risponde perfettamente alla poetica del vero,
l’interessante e l’utile, in cui Manzoni sintetizza i princìpi romantici. In secondo luogo il romanzo,
essendo un genere nuovo e ignoto alla tradizione classica, permette allo scrittore di esprimersi
con piena libertà, senza esser contrastato dalle regole e gli schemi. Sceglie di rappresentare
una realtà umile, ignorata dal classicismo o vista solo in luce comica. Manzoni sceglie dunque
due semplici popolani come protagonisti e colloca i personaggi in un reale contesto storico. La
vicenda è ambientata nella Lombardia del ‘600, sotto la dominazione spagnola; dal quadro
storico emerge una realtà dominata dall’ingiustizia, dall’ignoranza. Tale ricostruzione indica per
antitesi quale sia l’ideale di società più equa e giusta in cui i ceti privilegiati non opprimano i più
deboli, bensì si adoperino spontaneamente a sostegno degli umili e questi ultimi sopportino con
pazienza le proprie miserie. La condizione perché ciò possa avvenire è che l’Italia sia libera
dalla dominazione straniera e sotto la guida di un potere statale forte, che dia importanza vitale
alla religione e che sia costruito sul liberismo.
Manzoni basa tutta la storia sul tema dell’Amore e attorno vi costruisce una serie di vicende e
situazioni da risolvere (storia fatta di intrighi). La vicenda inizio con una situazione di quiete e
serenità: i due sposi promessi, Renzo e Lucia, nel loro villaggio sulle rive del lago, pensano al
loro tranquillo avvenire. Ma l’idillio iniziale si tramuta presto in una serie concatenata di eventi
saranno chiamati ad affrontare. La condizione dei due giovani è insidiata dai soprusi di don
Rodrigo. Don Abbondio, il curato che deve celebrare il matrimonio, è minacciato dai bravi. La
mattina successiva Renzo si reca dal curato che gli dice che il matrimonio non potrà essere
celebrato a causa di Don Rodrigo. Lucia sfugge ad un rapimento ordinato da don Rodrigo e con
l'aiuto di Fra' Cristoforo si rifugia a Monza, in un convento. Qui suor Gertrude la inganna, e
permette che venga rapita dagli uomini di un criminale, l'Innominato, a cui si è rivolto don
Rodrigo. Portata al castello dell'Innominato, Lucia è inquietata e spaventata, per questo motivo
fa voto di castità alla Madonna pregandola di farla uscire sana e salva. Inoltre, la giovane donna
riesce a commuovere l'animo di quell'uomo. Grazie al nuovo Innominato, Lucia è libera e, più
avanti, viene ospitata nella casa di don Ferrante a Milano. Nel corso di questi avvenimenti
Renzo, che ha raggiunto Milano, viene coinvolto in una protesta contro la mancanza di pane e
sta per essere arrestato, ma la folla lo aiuta a fuggire. Riesce poi ad arrivare a Bergamo e a
trovare ospitalità e lavoro presso un cugino. Intanto agli orrori della guerra si aggiungono quelli
della peste: Renzo e Lucia si ammalano ma riescono a guarire. Finalmente dopo tante tragiche
vicende, i due promessi sposi si incontrano nel Lazzaretto di Milano, il luogo dove vengono
portati i malati di peste e dove Renzo, disperato, è andato a cercare Lucia. Con l'aiuto di frate
Cristoforo, che scioglie il voto alla Madonna, fatto in precedenza da Lucia, i due innamorati
possono coronare il loro sogno e sposarsi alla morte di don Rodrigo. Renzo apprenderà che è
inutile cercare di farsi giustizia da sé, ma piuttosto bisogna affidarsi alla Provvidenza, come ha
sempre fatto Lucia.
Il romanzo ha avuto tre stesure: 1. “Fermo e Lucia” (postumo)
2. “Gli Sposi Promessi”
3. “I Promessi Sposi”
Vi sono delle differenze tra le stesure, in particolar modo tra il 2° e il 3°, innanzitutto per quanto
riguarda la distribuzione delle sequenze e la loro impostazione, ma anche i personaggi hanno
fisionomie diverse. Inoltre nel Fermo vi è una netta distinzione tra positivo e negativo, mentre
nella 3° edizione essi sono più vicini. Sono in particolar modo presenti differenze linguistiche.
Nel corso delle 3 redazioni, Manzoni cerca di descrivere sempre più dettagliatamente ogni
sequenza, con lo scopo di fornire accurate descrizioni sui problemi politici, storici, economici e
culturali del tempo, riduce inoltre le sue posizioni critiche e polemiche, tentando di camuffarle
sotto il velo dell’ironia.
Alla questione della lingua Manzoni dedicò un’attenzione particolare, consapevole della
necessità di elaborare un idioma moderno, in grado di far circolare l’opera presso il vasto
pubblico. Tale lingua fu individuata nel fiorentino attuale, realmente parlato dalle persone colte.

 Pubblicò inoltre alcuni scritti linguistici e politici, dove esprimeva il suo pensiero in merito.

GIACOMO LEOPARDI (1798 – 1837)


Poeta, scrittore e filologo. Nacque a Recanati, nelle Marche, da nobile famiglia in condizioni
economiche precarie. Suo padre, austero e severo, era un conservatore, contrario alle idee
nuove e rivoluzionarie; sua madre, autoritaria e distaccata, si dedicava alla cura del patrimonio
dissestato. Inizialmente ricevette istruzione da precettori ecclesiastici, ma ben presto iniziò a
studiare da solo nella biblioteca del padre. Studiò continuamente per 7 anni, indebolendo il suo
fisico già fragile. Dotato di grande intelligenza, ebbe una vastissima cultura: imparò il latino, il
greco, l’ebraico, compose opere erudite, tradusse i classici e scrisse innumerevoli
componimenti poetici. Il suo pensiero fu influenzato dall’atteggiamento e dagli ideali del padre, e
le sue opere rispecchiavano il quadro di una cultura arcaica e superata, vista la biblioteca
contenente testi antichi e attardati. Ben presto abbandonò l’entusiasmo per gli antichi, iniziò la
conversione dall’erudizione al bello, cominciando ad appassionarsi ai moderni. Momento
fondamentale per la sua formazione fu l’amicizia con l’intellettuale Pietro Giordani, in cui ritrovò
l’affetto che in famiglia mancava. Nel frattempo, diventava sempre più insostenibile l’atmosfera
chiusa di Recanati e del suo palazzo, emerse in lui il bisogno di “evadere”. Tentò così invano di
fuggire, ma fu scoperto. Lo stato d’animo conseguente, alimentato da un’infermità agli occhi, lo
resero profondamente triste e malinconico e lo portarono a raggiungere la percezione della
nullità di tutte le cose (nucleo del suo pessimismo). Questa crisi lo avvicinò anche alla filosofia
(resta comunque un poeta), e iniziò la sua grande produzione di poesie, idilli, e di uno
“Zibaldone”, sorta di diario intellettuale. A 24 anni ottenne il permesso dal padre per andare a
Roma, dove ricevette una cocente delusione per gli ambienti letterari vuoti e il fastidio delle
grandezze monumentali. Tornò così a Recanati e scrisse le “Operette morali”, espressione del
suo pensiero pessimistico, e iniziò per Leopardi un periodo di inattività poetica. Ben presto gli fu
offerto lavoro presso la casa editrice Stella, che lo portò a soggiornare a Milano, Bologna,
Firenze e Pisa, dove ebbe il suo “risorgimento poetico” e scrisse “A Silvia” (grandi idilli). A
causa delle necessità economiche e della cagionevole condizione di salute, tornò a Recanati,
dove restò un anno e mezzo isolato da tutti ed immerso nella sua malinconia. Accettò un
mantenimento mensile da amici fiorentini, così tornò a Firenze ed entrò in contatto con la vita
sociale, culturale e politica, partecipandovi attivamente. A Firenze ricevette anche una
delusione d’amore e strinse grande amicizia con Antonio Ranieri, con cui si stabilisce a Napoli,
dove morì.

 PENSIERO E POETICA
Leopardi, solitario e amante della cultura, passava tantissimo tempo a studiare, in particolar
modo gli antichi, in particolar modo Virgilio. Leopardi si rende conto che Virgilio ha un modo di
poetare diverso rispetto ai tradizionali, mentre Omero è sempre chiaro, Virgilio più che
descrivere suggerisce attraverso delle parole che apparentemente sono semplici ma che dentro
di sé riescono a racchiudere un trande significato. Leopardi prova a tradurre Virgilio e si accorge
che la sua traduzione è sempre insufficiente, come se non avesse un senso compiuto perché
Virgilio elaborò un sistema letterario polivalente (le sue parole possono produrre significati
diversi). E’ proprio da Virgilio che Leopardi impara che la poesia non deve essere fine a sé
stessa, ma deve suggestionare.
Il complesso poetico leopardiano è legato ad un complesso filosofico, Leopardi trasforma il
pensiero filosofico in poesia, eredita questa facoltà da Vico.
Tutto il pensiero e l’opera di Leopardi si può seguire attraverso lo “Zibaldone”, il suo diario dei
pensieri. Al centro del pensiero di Leopardi si pone il principale motivo pessimistico: l’infelicità
dell’uomo. Egli è infelice perché aspira ad un piacere infinito, continuo; siccome nessun piacere
può soddisfare tale esigenza, nasce nell’uomo un senso di insoddisfazione perpetua. Per
Leopardi l’uomo è dunque continuamente infelice. Ma la natura, da sempre attenta al bene delle
sue creature, ha voluto offrire all’uomo una sorta di rimedio: le illusioni e l’immaginazione, grazie
alle quali vengono nascoste alle creature le loro effettive misere condizioni.
1° fase  Pessimismo storico
La prima fase del pessimismo leopardiano si basa sul conflitto tra natura e ragione, tra antichi e
moderni. Gli antichi, più forti fisicamente, erano capaci di azioni eroiche e magnanime. Il
progresso ha spento le illusioni e ha generato corruzione ed egoismo. La colpa dell’infelicità è
dunque attribuita all’uomo.
Leopardi attacca la società assumendo un atteggiamento titanico, considerandosi unico
sostenitore delle virtù antiche, in lotta contro l’abbietta società. Questa fase è definita
Pessimismo storico  la condizione negativa del presente viene vista come conseguenza di un
decadente processo storico.
2° fase  Sfiducia nella natura
La sua concezione di natura benigna e provvidenziale entra però in crisi, Leopardi si rende
conto che la natura mira, più che al benessere singolo, a conservare le specie sacrificando
anche il bene del singolo. Ne deduce che il male è piano della natura che ha spinto l’uomo ad
un desiderio continuo di felicità. E concepisce la natura non più in senso buono, ma come
meccanismo crudele il cui scopo è far soffrire l’uomo, che è solo vittima della sua stessa
crudeltà.
3° fase  Pessimismo cosmico
Dal momento in cui Leopardi arriva a pensare che la causa dell’infelicità dell’uomo sia la natura,
allora anche gli antichi erano vittime di essa. Ne deriva così un Pessimismo cosmico 
l’infelicità è una condizione assoluta.
Se nella realtà il piacere infinito non esiste, l’uomo può procurarselo con l’immaginazione, in
grado di guardare oltre gli ostacoli; immaginazione stimolata a livello poetico da immagini e
suoni vaghi, indefiniti, capaci di evocare sensazioni che ci hanno affascinato da fanciulli. La
poesia è dunque il recupero della visione immaginaria della fanciullezza attraverso la
“rimembranza”. Maestri in questo campo sono gli antichi, mentre ai moderni infelici è possibile
solo una poesia sentimentale che nasce dalla consapevolezza della miseria umana e dal
rimpianto di un’armonia perduta.
Nella lotta tra classicisti e romantici, Leopardi si schiera a favore dei primi, rimproverando ai
romantici italiani l’aderenza al “vero”. Leopardi è romantico perché come i romantici ammira ciò
che è spontaneo e originario, e per la tensione all’infinito, l’esaltazione dell’io, il titanismo, il
conflitto illusione-realtà, il culto della fanciullezza (Leopardi ha inventato il vero fanciullino,
affermando che l’unica età felice è la fanciullezza. La differenza con quello di Pascoli è che il
fanciullino di Leopardi è vero, amante della vita, quello di Pascoli esprime il senso di una
malattia decadente che inizia sin dalla fanciullezza). Ma è anche classico perché predilige la
lirica ed esalta le opere degli antichi.

 OPERE
 Le Canzoni  componimenti in stile classico dal linguaggio aulico. Le prime 5 sono
chiamate “civili” proprio perché affrontano tematiche in questo campo, si basano sul
pessimismo storico attaccando, in prima persona, l’età presente corrotta ed incapace. La più
significativa tra le canzoni civili è “Ad Angelo mai”, che oltre a raccogliere le tematiche
leopardiane di quel periodo, attacca il noioso “vero” che dissolve ogni immaginazione.
- Diverse sono “Il Bruto Minore” e “L’ultimo canto di Saffo”, dove Leopardi delega il
discorso a Bruto, uccisore di Cesare, e la poetessa greca Saffo. In queste canzoni si parla del
pessimismo cosmico di Leopardi, a cui si contrappone il singolo eroe che combatte
titanicamente contro la forza che l’opprime.
- “Alla Primavera” è un ritorno alla fanciullezza; “L’Inno ai Patriarchi” rievoca invece
l’umanità primitiva ed ingenua; “Alla sua donna” infine è dedicata al suo ideale di donna.
 Gli Idilli  insieme di alcuni componimenti raccolti poi nei “Canti”(comprendono anche le
Canzoni). Rappresentano l’espressione di sentimenti e dei momenti essenziali del suo animo,
della sua vita interiore.
1. “L’ Infinito”  capolavoro del Leopardi. Rappresenta l’immersione dell’io nella sensazione
dell’infinito, supremo piacere dell’immaginazione, creata dal rapporto tra un luogo preciso e
un’attenta misura del tempo e dello spazio. Il paesaggio naturale (ovvero “la siepe”) rappresenta
un limite esterno, da cui si può sfuggire rifugiandosi nell’immaginazione di spazi e profondità
inimmaginabili, che regalano la sensazione di infinito nell’anima.
2. “Alla Luna”  affronta il tema della ricordanza. Il poeta, rivolgendosi all’astro, torna indietro
nel tempo e ricorda la sua fanciullezza, perché solo il ricordo sembra lenire le sue sofferenze.
3. “La sera del dì di festa”  evoca la consapevolezza della vanità di ogni cosa, dalle realtà
più limitate fino ai grandi eventi della storia: il tempo tutto cambia e tutto alla fine cancella
nell'universale silenzio. In questa riflessione, il poeta forse trova il modo per placare la sua
disperazione.
4. “La vita solitaria”  si incentra sul tema della solitudine.
5. “Il sogno”  è un colloquio con una fanciulla morta, e affronta il motivo della giovinezza
spezzata e delle illusioni non realizzate.
 Le “Operette Morali”  chiusa la stagione delle canzoni e degli idilli, inizia per Leopardi un
periodo di inattività poetica, lamentando la fine delle illusioni giovanili e sprofondando in uno
stato di angoscia ed aridità. Si dedica così alla prosa filosofica, che si compendia nelle
“Operette Morali”, fase di passaggio al pessimismo cosmico. Ne deriva un abbandono degli
atteggiamenti titanici e un atteggiamento distaccato ed ironico nei confronti della realtà. Per lo
più scritte sotto forma di dialoghi tra personaggi reali o immaginari, le Operette sono la
descrizione concreta della vita e la dimostrazione che essa è ignobile e misera . La condizione
umana, la morte, il destino, la vana ricerca della felicità sono alcuni dei temi che ricorrono
nell'opera.
 “Il Risorgimento”  La poesia esprime nella prima metà la sensazione di inaridimento di
ogni capacità di sentire e di immaginare, provata ormai da anni da Leopardi. Poi con stupore, il
poeta si accorge che quanto pareva perso per sempre sta ritornando, e si riapre un mondo.
Questo non significa una rinnovata felicità; è impossibile, una volta raggiunta la conoscenza del
vero, credere ancora alle illusioni giovanili; ma al poeta è di conforto sentirsi ancora capace di
emozionarsi.
 I “Grandi Idilli”  un risvolto, chiamato “risorgimento poetico”, avvenne con il soggiorno di
Leopardi a Pisa, dando vita ai 6 “Grandi Idilli”, così chiamati come continuazione dei primi, ma
anche per differenziarli da questi.
1. “A Silvia”  poesia dedicata alla figlia del cocchiere di casa Leopardi, che morì
giovanissima di tisi. A lei si suole far riferimento come possibile fonte d'ispirazione di due delle
più alte liriche leopardiane: A Silvia e Le ricordanze. Nelle due vicende così diverse del poeta e
di Silvia si riflette la sorte universale dell'uomo sottoposto al duro inganno della Natura, che
prima illude i suoi figli con le promesse vaghe dell'avvenire, poi li condanna all'infelicità con
l'apparire del vero.
2. “Le Ricordanze”  poesia dedicata ai ricordi. Tornato nella casa paterna, il poeta ritrova
ovunque immagini e suoni che lo riportano al passato, ossia alla fanciullezza e alla prima
giovinezza, intessute di illusioni dolci, che poi dovettero cadere di fronte al "vero".
3. “Il Passero solitario”  La poesia si apre con la contemplazione serena di un paesaggio
primaverile, allietato da luci, colori, voli d'uccelli. Poi, il poeta si paragona al passero solitario
che non si unisce alla gioia di tutti: anch'egli isolato, distante, incapace di godere dell'unica
occasione di felicità concessa agli uomini, cioè la giovinezza.
4. “La quiete dopo la tempesta”  La poesia parla del sollievo alla fine di una tempesta,
quando tutta la natura, gli animali, gli uomini tornano sereni. Ma per Leopardi questa quiete
consiste semplicemente nella sospensione di ciò che ha causato paura o sofferenza, ogni
interruzione del dolore è effimera, ci si può salvare solo con la morte.
5. “Il sabato del villaggio”  Molto simile a “La quiete dopo la tempesta”. Descrive la gioia
delle persone il sabato, giorno prefestivo, ma riferisce alla società che la natura arriva presto a
stroncare ogni forma di piacere e di illusione. E invita a godere dei possibili piaceri della
fanciullezza, prima che arrivi la giovinezza che darà dolori e a cui seguirà la terribile vecchiaia.
6. “Canto notturno di un pastore errante dall’Asia”  il poeta, sotto le spoglie di un solitario
pastore che vaga nelle steppe asiatiche, di fronte alla luce della luna che lo segue in tutti i suoi
spostamenti, si abbandona ad un canto quasi implorante per chiedere aiuto alla natura. Il poeta
si rivolge proprio alla luna, che presente nel cielo da sempre, conosce il perché del succedersi
del tempo e delle stagioni della vita, il perché del dolore umano e dell’interrogarsi senso della
vita.
 Il “Ciclo di Aspasia”  scritto a seguito di una delusione d’amore a Firenze. Lì conobbe
una giovane donna sposata, frequentò la sua casa e se ne innamorò, ma non le rivelò mai il suo
amore, anche perché lei era innamorata di Antonio Ranieri, grande amico del poeta.
Comprende 5 poesie:
1. “Il pensiero dominante”  Dopo un anno di questa passione travolgente, ma tutta interiore
e silenziosa, il Leopardi nell'ambiente fiorentino maturò e scrisse la prima poesia ispirata dalla
passione amorosa per la bella signora.
2. “Amore e morte”  ripropone Amore e Morte come fratelli che si identificano con le cose
più belle dell'universo. Il primo dona il maggior piacere che l'uomo possa provare; la seconda
libera da ogni male. In tanti momenti l'innamorato, tormentato dalle pene amorose, è spinto ad
invidiare chi è morto.
3. “Consalvo”  diversa dalle altre, appare più severa e priva di sensibilità, distaccata dalle
tematiche dell’amore.
4. “Aspasia”  la donna ritorna con immagine superba nella mente del poeta.
5. “A sé stesso”  la conclusione del "Ciclo di Aspasia", ovvero come l'affermazione
drammatica che ormai al mondo non vi è più nulla per cui il cuore del poeta possa palpitare.
L'esperienza dell'amore si è conclusa con una delusione amarissima.
 Leopardi ha scritto anche alcune Satire  visto lo scempio della vita sociale, il poeta si serve
della risata, che tra tanti mali e sofferenze, appare una forza capace di opporsi alle menzogne
con cui l’uomo maschera la cruda realtà dei fatti. Ricordiamo “La Palinodia”  parodia ad un
marchese, che, dopo aver letto l’opera scrisse in una lettera a Leopardi che condivideva in parte
le sue idee e lo ringraziava, ma in realtà poi lo denigrava e lo offendeva.
 “La ginestra”  Scritta in una villa presso Torre del Greco, alle falde del Vesuvio, La
Ginestra conclude dei Canti leopardiani. Il tema centrale è quello della lotta dell'uomo contro la
natura e il paesaggio stesso del Vesuvio assume il simbolo della condizione umana. Il motivo
primario è quello della natura intesa come "matrigna" ma con la differenza che il poeta sembra
superare la sua solitudine soggettiva e trovare un nuovo concetto, quello di fraternità. La
ginestra diviene l'immagine dell'anima nobile e grande, aperta all'amore degli uomini, e,
insieme, il simbolo della poesia.
 “Il tramonto della Luna”  Raccolta di pensieri ricca di affermazioni poetiche e filosofiche.
Diversamente dallo Zibaldone, che restò sempre un quaderno privato, la raccolta nacque per
essere pubblicata. Negli ultimi anni di vita, con l'aiuto dell'amico Antonio Ranieri compose
questa scelta di aforismi di varia estensione, ma complessivamente brevi, in cui si manifesta
una sintesi delle convinzioni dell'autore sull'uomo e sulla società.
LA SCAPIGLIATURA
La seconda metà dell'Ottocento segna la fine del Risorgimento (processo di rinnovamento
culturale, politico e sociale che consentì la formazione dello stato nazionale in Italia) fondato sui
valori della storia e della patria. Il Romanticismo patriottico e le tendenze cattolico-liberali che
produssero le poesie e il romanzo storico sembravano aver esaurito i loro stimoli. Di fronte a
questa situazione di disagio e di insofferenza gli intellettuali italiani reagirono con atteggiamenti
differenti fra loro.
In campo letterario si prospettarono tre soluzioni:
1. (Scapigliatura) recuperare la moderna cultura europea
2. (Classicismo) restaurare le forme dell'umanesimo tradizionale
3. (Verismo - Realismo) dedicarsi all'esperienza del reale e del sociale.

La Scapigliatura fu un movimento artistico e letterario nato nel 1860, durò circa 20 anni; ebbe il
suo epicentro a Milano, in quanto era la città più progredita sotto l'aspetto economico e sociale
e si affermò poi in tutta Italia. Il termine è la libera traduzione del termine francese bohème (vita
da zingari), che si riferiva alla vita disordinata e anticonformista degli artisti parigini, e fu usato
per la prima volta da Carlo Righetti nel romanzo “La Scapigliatura”.
La Scapigliatura nella storia culturale dell'800 è una sorta di crocevia intellettuale, attraverso cui
filtrano correnti di pensiero, forme di letteratura straniera e temi letterari che contribuiscono a
rinnovare e sprovincializzare la cultura italiana. La Scapigliatura non fu mai una scuola o un
movimento organizzato con una poetica comune, fece emergere per la prima volta in Italia il
conflitto tra artista e società. L’ambiente sociale in cui si colloca è quello della nascente società
industriale, della frenetica vita cittadina, in cui è presente la contrapposizione tra una borghesia
avida di denaro e potere e la nascente classe operaia, gli scapigliati avvertivano il disagio di un
ceto intellettuale che non si riconosce più nei valori della cultura positivista, fiduciosa nelle
conquiste della scienza e del progresso. La società moderna, industriale e di massa, apparsero
vincolate alla legge del successo e del profitto, ridotta ad una vita d’abitudine conformistica e di
ottusità. La Scapigliatura fu allora espressione di anarchismo borghese: gli scapigliati non
accettavano le strutture borghesi, nelle quali vedevano la negazione dei loro ideali di arte e dei
valori in cui credevano, ma a cui non seppero proporre soluzioni.
Negli scapigliati fu evidente il contrasto tra l'"ideale" che si vorrebbe raggiungere e il "vero", la
cruda realtà. Gli scapigliati con il loro culto del vero, e con l'attenzione a ciò che è patologico e
deforme, e con il loro proposito di analizzarlo come anatomisti, introdussero in Italia il
Naturalismo. A livello artistico, cercarono un'arte nuova con cui esternare le sensazioni nuove
che provavano, aderendo a quella società moderna che li attraeva e, nello stesso tempo, li
respingeva. Perciò si accostarono ai poeti maledetti francesi: Baudelaire, Rimbaud e Verlaine
(che prendevano in considerazione gli aspetti orridi della realtà del loro tempo e vivevano in
modo sregolato e scandaloso) e ai naturalisti francesi che volevano la rappresentazione del
vero. Secondo gli scapigliati l'artista doveva conoscere la molteplicità delle espressioni
artistiche e fondere, nella letteratura, pittura, musica e tutte le forme d’arte.
Per la loro produzione letteraria, gli scapigliati non tolleravano preclusioni: la realtà va cantata in
tutti i suoi aspetti e viene estesa al subconscio, predominano i temi della letteratura noir, i vizi, il
suicidio.
Si affermò inoltre la necessità di contrapporre agli ideali romantici ormai in crisi, altri ideali. Si
opposero in ogni modo a Manzoni, simbolo di tutto ciò che gli scapigliati rifiutavano. Manzoni
rappresentava anche il modello di "intellettuale organico", che diede omogeneità e
consapevolezza della propria funzione elaborando un proprio progetto culturale, aderendo alla
realtà politica e sociale, con l’intento di trasformarla secondo gli ideali, liberali, di dignità e
indipendenza nazionale. Tutto questo venne rifiutato dagli scapigliati che si sentivano
inadeguati ad un ruolo di guida in un mondo che rifiutavano e contestavano. Introdussero in
Italia una letteratura non aulica, apertamente antiborghese, di un linguaggio vicinissimo al
parlato popolare, di forme poetiche vicine a quelle del Simbolismo aprendo così la via sia al
romanzo verista sia alla cultura decadente.

 MAGGIORI ESPONENTI
Carlo Righetti, Carlo Dossi, Arrigo Boito, Emilio Praga
RITORNO AL CLASSICISMO
Intorno al 1860, per fastidio verso il Romanticismo, soprattutto in Toscana e in Veneto, si
assistette a una ripresa del Classicismo come impegno civile contro le cadute conformistiche in
un’Italia che vedeva affievolirsi la spinta ideale del Risorgimento. Il classicismo sottendeva
anche una esigenza di Realismo, cioè di richiamo ai problemi concreti, per quanto filtrati
attraverso i modi di un linguaggio da tempo formalizzato.
Quest’opera di restaurazione letteraria in chiave classicistica ha il suo massimo interprete in
Giosuè Carducci, poeta della storia contemporanea e del passato che ripropose il mondo
antico come modello di virilità contro la decadenza presente.

GIOSUE’ CARDUCCI (1835 – 1907)


Poeta e scrittore. La tradizione classica e il nuovo interesse per la realtà si fondono con Giosuè
Carducci. Nacque in Versilia da una famiglia borghese. Trascorse la sua infanzia a stretto
contatto con la natura, per cui sentì una profonda nostalgia durante la sua vita. Laureatosi in
lettere a Pisa, divenne dapprima insegnante alle scuole secondarie, poi docente di letteratura
italiana a Bologna. Trascorse la sua vita tra l’insegnamento e la ricerca, partecipò attivamente
alla vita culturale di allora attraverso collaborazione con i periodici e sostenendo alcune
polemiche letterarie. Di forte spirito ribelle e patriottico , si trovò spesso a contestare la Destra,
la monarchia e la Chiesa. Negli anni della maturità però, con lo stabilizzarsi della situazione
italiana, moderò gradatamente le sue posizioni. Fu nominato senatore del Regno e accettò di
inaugurare un circolo monarchico, suscitando l’indignazione dei repubblicani. Sostenne la
politica autoritaria di Crispi e moderò anche la sua opposizione alla Chiesa arrivando a
riconoscere i valori del cristianesimo. Da patriottico e ribelle, divenne il poeta “vate” dell’ Italia
umbertina. Un anno prima di morire ottenne il premio Nobel per la poesia.

 PENSIERO E POETICA
L’opera carducciana, soprattutto quella giovanile, è profondamente influenzata dagli ideali
politici dell’autore. Animato da un fervente patriottismo, Carducci segue con entusiasmo il
processo risorgimentale, schierandosi su posizioni democratiche e repubblicane. All’indomani
dell’Unità d’Italia, il compromesso monarchico e l’affermazione della destra storica provocano in
lui una delusione cocente, documentata dalla sua prima produzione, molto polemica non solo
nei confronti della classe politica, ma anche verso la società italiana, giudicata priva di capacità
eroica. Carducci attaccò anche la Chiesa accusandola di arretratezza e oscurantismo mai
sconfitti dalla Ragione. Tale fiducia nel progresso colloca Carducci al Positivismo, l’ideologia
dominante del mondo borghese.
La poetica di Carducci, posta tra Classicismo e Realismo subisce un’evoluzione parallela a
quella ideologica. Negli anni giovanili egli contesta il Romanticismo sentimentale e cristiano,
ritenendolo espressione di una cultura della debolezza e della rassegnazione, e insieme con
altri intellettuali dà vita al gruppo degli “Amici pedanti” in difesa della tradizione classica.
Carducci volle che la poesia ispirasse ideali sani, per questo disdegnò i generi popolari come il
romanzo e si rifece ai classici. Le opere della maturità invece evidenziano l’affievolirsi dello
spirito polemico e civile: subentrano l’analisi interiore, la memoria dell’infanzia, l’evasione dalla
dura realtà. Nell’ultima produzione infine, prevalgono componimenti celebrativi della nazione, da
cui traspare una sensibilità decadente.
Notevole è la nostalgia per la Maremma, in cui ha vissuto la sua fanciullezza. Spesso nelle sue
opere vi sono richiami alla nostalgia e all’esotismo (desiderio di allontanarsi dal proprio
ambiente).

 OPERE
 “Juvenilia” e “Levia gravia”  di stampo classicista, sorta di esercizi di apprendistato
poetico con riferimenti all’antico e alla mitologia.
 “Giambi ed Epodi”  raccolta di poesie. Il titolo allude alle forme metriche usate dai poeti
antichi. Rappresentano le poesie in cui Carducci sfoga la sua ira, a volte anche con tono ironico
e beffardo, contro un’Italia vile ed inetta incapace alla tensione eroica, e contro l’oscurantismo
della Chiesa. In opposizione a quest’amara realtà, il poeta invoca eroi risorgimentali, come
Garibaldi. In queste poesie, Carducci si allontana dal linguaggio aulico del classico, portandosi
verso la lingua plebea.
 “Le Rime Nuove”  raccolta di poesie ispirate a fatti personali, alla storia e alla letteratura,
dotata di grande bellezza artistica. Molte infatti sono le odi dedicate a Omero, Virgilio, Dante,
Petrarca. Affini sono le poesie che rievocano eventi storici e passati, tra cui Roma antica, la
rivoluzione francese e il Risorgimento.
 “Le primavere elleniche” e “Ad Alessandro D’Ancona”  gruppi di poesie che esprimono
la volontà del poeta di fuggire dalla realtà rifugiandosi in un mondo che esprima gioia vitale e
bellezza. Proprio in concomitanza di questo mondo, ricorda la sua giovinezza, gli anni liberi,
spensierati e giocosi trascorsi nella natura aspra e selvaggia della Maremma. Tra le poesie più
famose ricordiamo “San Martino”  11 novembre, descrive questo giorno in un borgo della
Maremma Toscana. San Martino segna il termine del lavoro nei campi per i contadini e l’inizio
del travaso del vino nei tini, si descrive poi il quadro domestico al tramonto.
 “Odi barbare”  tre libri dove il poeta sperimenta una metrica “barbara”, non più classica,
cercando invero di conciliare il ritmo poetico italiano con quello del modo classico e usando il
verso libero, diverso dalle leggi della metrica. Presentano gli stessi motivi e rievocazioni delle
“Rime Nuove”, accentuando le tendenze evasive e il rifugio nel passato, Paradiso perduto di
bellezza e forza.
 “Rime e Ritmi”  ultima raccolta del poeta, contenente odi celebrative che consacrano
Carducci come poeta vate dell’Italia umbertina. Da questa raccolta l’animo del poeta appare
lievemente inquieto e smarrito, accostandosi così alla letteratura decadente.
 Saggi critici  All’attività di poeta Carducci affiancò quella di studioso e critico. Fu
influenzato da clima positivistico e appartenne alla corrente della critica storica, che puntava alla
ricostruzione dei fatti più che all’interpretazione dei testi.
 Epistolario  22 volumi di lettere.
NATURALISMO – POSITIVISMO
Il Verismo, nasce in Italia dal movimento letterario del Naturalismo francese, diffusosi a partire
dal 1870, con l’obiettivo di trasformare il romanzo in uno strumento di analisi scientifica della
realtà. Il presupposto ideologico di tale atteggiamento è dato dal Positivismo, espressione
ideologica della nuova società borghese che porta al rifiuto di ogni visione di tipo religioso e
idealistico e alla convinzione che la realtà sia fatta di componenti materiali, fisiche, chimiche e
biologiche regolate da leggi meccaniche spiegate scientificamente. Lo scrittore deve per cui
assumersi il compito di indagare la natura umana a livello scientifico, rinnegando i fenomeni
spirituali, dando così vita al romanzo sperimentale.
Precursori del Naturalismo furono Balzac, Flaubert e Zola, principale teorico del naturalismo.
Secondo Zola lo scrittore non doveva scrivere stando seduto al tavolo di lavoro, ma sarebbe
dovuto uscire in mezzo alla gente, per sperimentare le situazioni e frequentare i luoghi dove
avrebbe dovuto inserire i personaggi del romanzo: avrebbe dovuto studiare gli ambienti, le
reazioni della gente, limitandosi poi a scrivere quello che aveva appreso, proprio come uno
scienziato che riferisce il suo sperimento appena terminato.
I modi del Naturalismo dominarono la produzione narrativa e teatrale italiana del tardo
Ottocento, con un insieme di autori e opere che rappresentano le più diverse realtà regionali.

 MAGGIORI ESPONENTI
- Carlo Collodi  scrittore de “Le avventure di Pinocchio” , il più celebre della letteratura
italiana ottocentesca.
- Edmondo de Amicis  scrittore di “Cuore”  si configura come un diario tenuto da un
ragazzo di famiglia borghese che frequenta le elementari, al diario si intrecciano alcuni episodi
dei genitori e 9 racconti dettati dal maestro. Gli eventi del diario hanno come protagonisti i
compagni di classe di questo ragazzo e le loro famiglie.
- Matilde Serao  Amorosa interprete delle sofferenze e delle speranze del popolo
napoletano.
- Salvatore di Giacomo  Fu autore di molte notissime poesie in lingua napoletana che
costituiscono una parte importante della cultura popolare partenopea.
- Antonio Fogazzaro, Grazia Deledda
VERISMO
Il movimento francese del Naturalismo si afferma in Italia, verso gli anni 70 dell’Ottocento, con il
nome di Verismo (termine sostituito al Realismo, manifestatosi già nella metà dell’Ottocento).
Si affermò appena dopo l’Unità d’Italia, periodo in cui vi erano numerosi problemi, soprattutto a
livello sociale: 1. Le differenze tra Nord e Sud (questione meridionale)
2. la scarsa partecipazione dei contadini al Risorgimento e rifiuto per la nuova struttura
politico–sociale
3. l’accumulazione di capitali, da parte delle classi egemoni a spese dei contadini, per
fondare
l'industria italiana.
Il Verismo nacque a Milano, ma solo due scrittori siciliani, Capuana e Verga, riuscirono a
riprendere la lezione del Naturalismo in modo originale.
Richiamandosi al Naturalismo francese delle opere di Emile Zola, ma anche ad Alessandro
Manzoni e alla Scapigliatura, il movimento tendeva a descrivere la vita della gente umile, dei
reietti dalla società che si affannano nella lotta per la sopravvivenza, contro la fatalità del
destino.
Lo scrittore verista si occupava di situazioni reali e quotidiane (emigrazione, plebe meridionale)
cercava il vero attraverso l'analisi delle classi subalterne e prediligeva gli ambienti delle plebi
rurali perché non ancora contaminate dai pregiudizi della convenzione sociale; prediligeva gli
ambienti regionali e gli strati sociali della piccola borghesia. Il Verismo italiano ebbe una forte
caratterizzazione regionale e, poiché le realtà regionali italiane erano profondamente diverse,
diversi furono pure i temi e gli ambienti rappresentati dai veristi, a causa delle diversità regionali
rappresentate dagli scrittori anche il modo di scrivere cambiò nel verismo dando spazio ai
dialetti. Al nord, con l'affermarsi accanto ai ceti elitari, di una media e piccola borghesia, vi fu
l’ampliamento del numero degli autori e dei lettori e quindi varietà letterarie, dal romanzo di
consumo al romanzo di appendice. La nuova cultura positivista, i nuovi usi e modelli di
comportamento legati alla rivoluzione tecnologica, spostarono l'attenzione su nuovi tipi umani e
su nuovi problemi: protagonista dei romanzi e del teatro, accanto al contadino e al pescatore,
era l'impiegato; nuovi eroi erano lo scienziato, il medico e il maestro. I nuovi temi quelli della
famiglia, dell'adulterio.
Al sud, il verismo si interessò all'umile vita dei contadini e dei pastori con le loro passioni
elementari.
 CARATTERI GENERALI
 Accettazione delle leggi scientifiche che regolano la vita  lo scrittore cerca di scoprire le
leggi che regolano la società umana, muovendo dalle forme sociali più basse verso quelle più
alte, come fa lo scienziato in laboratorio.
 Attenzione alla realtà quotidiana  lo scrittore predilige una narrazione realistica e scientifica
degli ambienti e dei soggetti della narrazione, piuttosto che raccontare emozioni. L'artista deve
ispirarsi unicamente a fatti realmente accaduti e preferibilmente contemporanei.
 Necessità di una riproduzione obbiettiva ed integrale della realtà  secondo il principio
dell’impersonalità lo scrittore, pur immedesimandosi nei personaggi, non deve intervenire
personalmente, ma riportare la realtà così com’è.
 Semplicità del linguaggio  Il narratore, nel far parlare i suoi personaggi, usa un linguaggio
semplice e continuamente intercalato da espressioni popolaresche e proverbiali. La lingua e lo
stile devono essere aderenti ai personaggi.

 MAGGIORI ESPONENTI
Luigi Capuana, Giovanni Verga

LUIGI CAPUANA (1839 – 1915)


Scrittore, critico letterario e giornalista. Principale teorico del Verismo. Nacque a Catania da
famiglia agiata. Collaborò come critico letterario e teatrale per numerose riviste, a Firenze,
Milano e Roma. Fu proprio negli anni milanesi che, insieme a Verga, divulgò i princìpi nel
Naturalismo ed elaborò la poetica del Verismo. Parallelamente all’attività critica si dedicò alla
narrativa. Verso la fine del secolo Capuana si allontana dal legame arte – scienza, esaltando
l’autonomia della prima, perché suggestionato dalle correnti antipositiviste di fine secolo. Negli
ultimi anni insegnò all’Università di Catania, dove morì.

 OPERE
 “Studi sulla letteratura contemporanea”  2 volumi sull’elaborazione della poesia verista.
 “Gli Ismi contemporanei”  saggio con cui ha gettato le basi del Verismo.
 “Giacinta”  romanzo che segue le vicende di una donna che, a causa di problemi familiari
pregiudizi sociali, viene affetta da un’alterazione psichica che la porta al suicidio. Rappresenta il
malessere della donna che lotta contro la chiusa e mediocre società.
 Capuana ha scritto circa 300 novelle organizzate in raccolte, tra cui: “Le Paesane” e “Per
l’Arte”. Quasi tutte le sue novelle interessano singoli casi psicologici, con riferimenti anche a
casi fantastici e parapsicologici, dà molta importanza inoltre al folclore locale.
Capuana ha scritto anche alcune fiabe  di sua invenzione, ricche di ritornelli, cadenze e
cantilene. Rimangono forse l'opera più felice di Capuana.
 “Il marchese di Roccaverdina”  suo ultimo romanzo, ambientato nel mondo contadino
siciliano. Il romanzo intreccia motivi di carattere sociologico a psico-patologico. La storia narrata
è quella del marchese di Roccaverdina che, per ragioni di convenienza sociale, dà in sposa la
giovane contadina che tiene in casa a un suo sottoposto che si impegna a rispettarla come una
sorella ma che in seguito uccide, lasciando che venga incolpato un altro contadino.

GIOVANNI VERGA (1840 – 1922)


Scrittore. Nacque a Catania da agiati proprietari terrieri. Compì i primi studi con maestri privati,
da alcuni assorbì patriottismo e gusto romantico. Abbandonò gli studi di legge per dedicarsi al
giornalismo. Durante gli anni giovanili si interessa alla letteratura moderna, in particolar modo ai
romanzi francesi. Da giovane si recò per la prima volta a Firenze, dove vi fece ritorno anni dopo
per liberarsi dai limiti della sua cultura provinciale e venire a contatto con la vera società
letteraria italiana. Si trasferì poi a Milano, centro culturale più attivo d’Italia ed entrò a contatto
con la Scapigliatura. Fu a Milano che avvenne la svolta verso il Verismo ed iniziò un’intensa
attività di produzione letteraria; Verga capì che il vero artista deve star tra la gente e i paesaggi.
Dopo periodi alternati tra Milano e Catania, fa ritorno definitivamente in Sicilia per mettere a
fuoco le esperienze dei suoi viaggi. Si dedicò poi alla cura delle sue proprietà e fu ossessionato
dalle preoccupazioni economiche. Le sue posizioni politiche si fecero sempre più chiuse e
conservatrici, partecipò alla prima guerra mondiale e al dopoguerra, pur restando distaccato
dagli interessi politici. Morì nel 1922, anno della salita al potere del fascismo.

 PENSIERO E POETICA
Verga, in quanto massimo esponente del Verismo, descrive la realtà così com'è
quotidianamente, come ci appare e appare a lui tutti i giorni, senza veli, senza maschere, senza
bugie, tanto che mostra anche l'aspetto più crudo e duro della stessa, perché anche quello fa
parte della realtà. Alla base del pensiero di Verga c'è la concezione secondo la quale gli uomini
sono sottoposti ad un destino crudele, che li condanna non solo all'infelicità e al dolore ma
anche ad una condizione di immobilismo nell'ambiente familiare, sociale ed economico in cui
sono trovati nascendo. Chi cerca di uscire dalla condizione in cui il destino lo ha posto, non
trova la felicità sognata, anzi va incontro a sofferenze maggiori.
- La produzione letteraria di Verga inizia con alcuni romanzi influenzati dalla Scapigliatura, in
quanto i temi trattati sono la passione, la polemica antiborghese e la protesta per
l’emarginazione degli artisti nella società. Con la pubblicazione di “Rosso Malpelo” inizia la
“conversione”, segnata dall’insoddisfazione per gli ambienti mondani e per il sentimentalismo
romanzesco, a cui preferisce il naturalismo e una nuova maniera narrativa, ispirata ad una
rigorosa impersonalità nella raffigurazione del vero. Secondo Verga, l’autore deve eclissarsi,
rinunciando ad esprimere giudizi ed immedesimandosi nel personaggio, entrando nell’ambiente
e condividendo linguaggio e mentalità rappresentati. Secondo Verga, l’autore non deve
intervenire perché non ha il diritto di giudicare e di criticare gli eventi: chi scrive deve quindi
usare la tecnica dell’impersonalità, che si configura come il modo più adatto per esprimere una
realtà di fatto, ovvero la presenza incontrastata del male nel mondo. La vita è infatti una dura
lotta per la sopravvivenza e quindi per la sopraffazione, un meccanismo crudele che schiaccia i
deboli e permette ai forti di vincere: è questa la legge della natura, la legge del più forte, che
nessuno può modificare perché non ci sono alternative.

 OPERE
- Una formazione romantica e patriottica portò Verga alla stesura di 3 romanzi storico-
patriottici, mai pubblicati.
- I primi romanzi mondani, rappresentano la pericolosità del fascino femminile sull’uomo:
 “Una peccatrice”  dove la passione per una contessa, riduce al fallimento e alla miseria
un commediografo catanese.
 “Storia di una capinera”  storia di un amore impossibile di una donna costretta a farsi
monaca.
 “Eva”, “Tigre reale” ed “Eros”  narrano degli effetti deleteri che può avere una donna su
un uomo.
 “Nedda”  Verga tenta per la prima volta di rappresentare il mondo bucolico siciliano,
narrando le disgrazie di una contadina.
 “Vita dei campi”  raccolta di novelle rappresentanti la difficile situazione dei ceti disagiati
in Sicilia, Verga si schiera dalla parte degli umili; egli, nato a Catania, conosce i problemi della
sua terra e condivide la condizione di coloro che lottano ogni giorno per sopravvivere.
Le novelle sono:
- “Rosso malpelo”  storia di un minatore emarginato dai compagni e dalla famigli. Prova
rancore per la morte del padre, avvenuta in miniera e rifà la sua stessa esperienza di vita,
preparando lentamente la sua morte, che avverrà in circostanze simili. Il suo carattere è
scontroso, violento: "malpelo" è appunto un appellativo popolare che indica un cattivo carattere.
Rappresenta lo sfruttamento delle classi disagiate.
- “Fantasticheria” – “Pentolaccia” – “Guerra dei Santi” – “La lupa” – “Jeli il pastore” –
“L’amante di Gramigna” – “Cavalleria rusticana”( Molto famosa anche per la sua riduzione
in opera teatrale da parte dello stesso Verga e per il melodramma di Mascagni).
 “Ciclo dei Vinti”  contemporaneamente a “Vita dei campi”, Verga progetta un ciclo di 5
romanzi con lo scopo di delineare un quadro generale della società italiana moderna, dai ceti
popolari alla borghesia, all’aristocrazia. L’intento è quello di mostrare le leggi di sopraffazione
che vigono nella società, incentrando la narrazione sui “vinti”. Ne pubblicherà solo due:
1. “I Malavoglia”  il romanzo più conosciuto di Verga. In esso lo scrittore vuole rappresentare
i desideri che spingono gli uomini a cambiare stato sociale, a migliorare le proprie condizioni di
vita e dunque in generale il problema del progresso. Due i temi principali de I Malavoglia:
l’attaccamento alla famiglia e l’importanza della roba intesa come beni, possedimenti e
ricchezze.
La storia si svolge alla fine del 1800 nel piccolo paese siciliano di Aci Trezza, all’indomani
dell’unità d’Italia. Il paese, con le sue attività agricole o marittime, è proprio lo sfondo ideale per
rappresentare la condizione dei personaggi imprigionati in una fascia economica da cui è
impossibile uscire. Le classi più umili sono travolte dal progresso e soccombono perdendo le
antiche usanze, i valori tradizionali e senza riuscire ad adeguarsi alla società moderna. La
famiglia Toscano, conosciuta come i Malavoglia, erano tutti buona e brava gente di mare,
proprio all’opposto di quel che sembrava dal nomignolo.
Il giovane ‘Ntoni parte per la leva militare perché disgustato dalle condizioni estreme di
un’esistenza il cui peso non riesce a sopportare, gettando l’intera famiglia nel tormento,
lasciando la sensazione che valori come la casa, la famiglia, l’onestà e l’onore, da sempre
perseguiti, non abbiano più ragion d’essere. Il nonno padron ‘Ntoni, tenta un affare acquistando
a credito un carico di lupini da trasportare sulla Provvidenza, la loro barca. Ma un naufragio
provoca la morte di Bastianazzo, figlio di padron ‘Ntoni, e la perdita dei lupini. Alla famiglia
rimane perciò il debito della merce perduta. Questo l’inizio di una catena di disgrazie che
coinvolgerà tutti i componenti della famiglia. Verga, nella prefazione del libro, parla proprio della
rottura di un equilibrio dato dalla tradizione immobile e abitudinaria di una famiglia semplice a
causa dell’irrompere della fiumana del progresso. Tra il romanzo e l’autore non si percepisce
alcun filo, Verga non si intromette nella narrazione e lascia spazio alla tecnica impersonale e al
suo pessimismo di ateo considerando i privilegi dello spirito religioso senza alcun valore
consolatorio.
2. “Mastro – don Gesualdo”  Secondo romanzo del “Ciclo dei Vinti”. La vicenda si svolge a
Vizzini, dove si ambientano molte delle opere di Verga tra cui la novella Cavalleria rusticana.
L’ambiente, rispetto ai Malavoglia, è più elevato socialmente, a metà tra borghesia e
aristocrazia. Se Verga ne “I Malavoglia”, lasciava aperta la speranza e la fiducia nell’esistenza
di un valore positivo come quello del focolare domestico in cui poter trovare rifugio e conforto,
questo secondo romanzo non ammette né salvezza né riscatto. Il pessimismo è totale e permea
tutto il racconto.
Il romanzo descrive l’ascesa sociale del muratore Gesualdo Motta, che diventa imprenditore e
proprietario terriero. Ma i privilegi economici e sociali acquisiti con rinunce e duro lavoro
finiscono per essere la sua condanna. E’ un lavoratore e lottatore instancabile che in nome di
ricchezza, denaro, terre, in nome della roba, sacrifica ogni forma di affetto disinteressato,
restando solo. Sposa una nobile decaduta, che gli da una figlia, ma entrambe gli resteranno
sempre estranee e lontane: la figlia non solo lo disprezzerà per le sue umili origini, ma sposerà
un uomo che dissiperà tutte le ricchezze che egli ha accumulato. Nell’appellativo mastro-don è
racchiuso il destino di Gesualdo: è diventato don per la povera gente e addirittura per la sua
famiglia d’origine, ma per i nobili, per chi non si è conquistato la ricchezza, egli è rimasto
mastro. E’ respinto dalla famiglia proprio per questo suo essersi elevato; è disprezzato dai nobili
che non dimenticheranno mai la sua bassa estrazione. Estraneo per il mondo da cui proviene
ed estraneo per quello di cui entra far parte.
Mastro-don Gesualdo assiste al crollo completo delle sue aspirazioni e della sua vita e risulta un
vinto, sconfitto da una legge più forte che non consente a nessuno di essere diverso da quello
che è.
 Tra “I Malavoglia” e “Mastro-don Gesualdo” Verga scrisse “Novelle rusticane” e “Per le
vie”  ambientate rispettivamente nelle campagne siciliane e nella città milanese, proprio per
porle a confronto, opponendo la frivolezza del mondo cittadino ai valori di quello contadino.
Della prima fa parte la novella “La roba”  vede protagonista Mazzarò, che nella sua vita
accumula ricchezze ed è tormentato dalla morte che prima o poi incomberà. Questo tormento lo
porterà alla follia dal momento in cui non vuole separarsi dalla sua roba.
Della seconda fa parte “Il marito di Elena”  analisi delle irrequietudini di una donna della
piccola borghesia, che con i suoi sogni e le sue ambizioni conduce il devoto marito alla rovina.
- Raccolte degli ultimi anni:
 “Vagabondaggio”  12 novelle ispirate nuovamente al mondo bucolico.
 “I ricordi del capitano d’Arce”  novelle ispirate all’ambiente mondano.
 “Don Candeloro”  novelle sul mondo degli attori girovaghi.
 Lavorò inoltre per il teatro, portando sulla scena alcune sue opere, e rappresentò “Dal tuo al
mio”, in cui si assiste all'evolversi del suo pensiero sociale. Egli infatti, quando il movimento
operaio si rafforzò e cominciò ad organizzarsi, passò da una adesione commossa alla
diffidenza. Il romanzo descrive il voltafaccia di un operaio che, avendo sposato la figlia del
padrone, si trova sia economicamente che socialmente dalla parte finora contestata.

DECADENTISMO
Il Decadentismo è l’insieme dei movimenti artistici e letterari nato in Francia e sviluppatosi in
Europa a partire dalla seconda metà dell'Ottocento fino agli inizi del XX secolo che si
contrappose al Positivismo.
Il termine deriva dalla parola francese décadent, che significa appunto decadente, e si riferisce
al sonetto "Languore" su un periodico francese intitolato "Il gatto nero" dal poeta francese
Paul Verlaine, in cui affermava di identificarsi con l’atmosfera ai tempi del crollo dell’Impero
romano, immerso nel vuoto e nella noia e nel disfacimento di tutta una civiltà.
Il termine “decadente” fu inizialmente usato con significato dispregiativo da parte della critica
tardo-ottocentesca per identificare una nuova generazione di poeti considerati al di fuori della
norma sia nella produzione artistica sia nella pratica di vita. La critica ufficiale, per descrivere
questi atteggiamenti assunti da alcuni intellettuali, usò tale termine proprio per ricordare la
sensazione di crollo di una civiltà, ma gli intellettuali che facevano parte di quel gruppo
ribaltarono il significato, arrivando ad indicare un privilegio spirituale per indicare la propria
diversità nei riguardi del presente e la propria estraneità nei riguardi della società.
Questo tema della "decadenza sociale" fu ripreso da un gruppo di scrittori, che intitolarono una
rivista con il nome di "Le Decadent", che trattava proprio i vari aspetti della crisi. Nello stesso
anno, Verlaine pubblica "Poètes maudits", opera dedicata ai tre suoi amici Corbière,
Mallarmé, e Rimbaud, che divennero noti con il nome di Poeti maledetti.
I poeti esprimevano lo smarrimento della coscienza e la crisi dei valori di fine Ottocento che
erano stati sconvolti dall'avvento del positivismo, dalla rivoluzione industriale, e da un
progressivo scatenarsi degli imperialismi. In questo periodo l'uomo si sentiva in contrasto con la
società che lo circonda, insensibile e distaccata di fronte alle sue esigenze. Il positivismo,
movimento dedito al progresso e alla ricerca scientifica, non fu più capace di dare risposte
all'uomo, e le scoperte scientifiche vennero sentite quasi come dei limiti, perché incapaci di
spiegare gli interrogativi umani e capaci solamente di classificare e categorizzare. Maggiore
esponente del Decadentismo fu Charles Baudelaire, autore de “I fiori del male”, secondo il
quale la realtà è quella che si nasconde dietro l’apparenza. L’intuizione, cioè l’inconscio è lo
strumento attraverso il quale si può accedere alla realtà oppure vi si poteva accedere anche
attraverso i vari stati d’alterazione dell’io come: la nevrosi, la follia, l’allucinazione, l’incubo
provocati dall’alcol e dalle droghe.
La nascita di nuove correnti spiritualistiche e irrazionalistiche, così come nuove filosofie con
Schopenhauer e Kierkegaard, e in Italia con Giovanni Gentile e Benedetto Croce, aiutarono
a screditare ulteriormente il positivismo e la scienza in generale, favorendo la ricerca spirituale e
interiore. Inoltre, la nascita della psicoanalisi di Sigmund Freud fu interpretata come una base
scientifica del Decadentismo, in quanto riusciva a spiegare i vari istinti e riflessi inconsci che
erano alla base della creazione poetica e letteraria di ogni artista decadente. L'eroe decadente
si chiude infatti sempre più in se stesso, cercando di ascoltare quelle voci interiori e quelle
folgorazione che lo portavano a trovare le famose corrispondenze che collegano in modo
misterioso tutte le cose. L'artista decadente, ammettendo che la realtà non è conoscibile
attraverso le teorie scientifiche e quindi con la ragione ma che la si può individuare nella vera
essenza del mondo, che si trova al di là della realtà sensibile, si abbandona all'empatia e
all'irrazionalità. Si ricorreva a mezzi materiali quali droghe e alcool, i quali hanno la facoltà,
secondo questi artisti, di svincolare l'inconscio dalla materialità e permettergli di cogliere la vera
essenza che si cela dietro il mondo sensibile.
Altra forma di estasi e di enfasi per l'inconscio è rappresentata dal panismo, ovvero, l'artista
diviene un tutt'uno con il Tutto, ne diviene parte integrante, si annulla pienamente in esso,
elevandosi al rango di divinità.
I decadenti annoverano un'altra forma di estasi le epifanie: un particolare della realtà
apparentemente insignificante si carica di grandi significati, estremamente intensi, affascinando
l'artista, il quale crede di essere in contatto con una realtà ultraterrena, vivendo una sorta di
manifestazione divina.
Il Decadentismo è caratterizzato da una nuova tipologia di poeta: esso non è più il vate che
guidava il popolo del Romanticismo, né il promotore della scienza come nell'Illuminismo o
cantore della bellezza nel Rinascimento. Diventa veggente, cioè colui che vede e sente mondi
arcani ed invisibili in cui si chiude. Il poeta è un artista solitario, capace di scavare nell'interiorità
umana e nel mistero dell'ignoto. Anche la parola poetica cambia: non si usa più per descrivere
sentimenti ma, soprattutto, per decifrare sensazioni e per illuminare l'oscuro che è in noi. Da qui
la grande importanza della poesia come mezzo per esprimere il proprio intimo. Caratteristica
generale è quindi un forte senso d'individualismo e soggettivismo.
L'arte è l'organo di conoscenza per eccellenza, per non dire l'unico; ammessa l'impossibilità di
conoscere la realtà più profonda mediante l'esperienza, la ragione, la scienza, il decadente
pensa che soltanto la poesia, per il suo carattere di immediata intuizione, possa attingere al
mistero della vita, esprimere le rivelazioni dell'ignoto.
Tra gli eroi decadenti troviamo la figura dell’inetto, uomo senza volontà afflitto da una malattia
interiore che lo rende incapace di vivere. Davanti a lui si aprono quindi due strade: il suicidio e il
sogno.
Alla tendenza a considerare la malattia e la morte come condizioni di privilegio e di distinzione
dalla massa, si contrappone spesso uno sfrenato vitalismo; qui emerge la figura del superuomo
(teorizzato dal filosofo tedesco Nietzsche) l’individuo votato a imprese eccezionali che
s’impegna a realizzare se stesso.
Un’altra figura molto importante tra gli eroi decadenti è la figura del dandy, individuo vestito in
modo stravagante. I dandies erano gli esponenti della cultura dell’apparenza, dell’estetismo
decadente.

CORRENTI DECADENTI
Il Decadentismo diede origine a diverse correnti o poetiche particolari. Fra le tante sono
presenti:
- Simbolismo  movimento artistico sviluppatosi in Francia nel XIX secolo, tende ad una
descrizione soggettiva piuttosto che ad una oggettiva, come accadeva nel realismo, predilige il
lato misterioso e onirico piuttosto che quello scientifico e reale. Ha come riferimento la
compostezza classica e l’imitazione di modelli antichi. Per questi poeti l’arte deve essere
incontaminata dalle problematiche sociali. Il poeta non deve descrivere la realtà, ma cogliere e
trasmettere le impressioni più vaghe e indefinite, suggerire emozioni e stati d’animo, penetrare
l’intima essenza delle cose. Bisogna utilizzare accordi musicali lievi, immagini sfumate, parole
non descrittive ma evocatrici.
L’intuizione fondamentale del Simbolismo è che sotto la realtà apparente, quella percepibile con
i sensi, si nasconde una realtà più profonda e misteriosa, a cui si può giungere solo per mezzo
della poesia. La nuova generazione di poeti manifesta la propria sfiducia nella scienza che non
è capace di penetrare nelle oscure profondità dell’animo umano, né di spiegare i desideri
dell’inconscio, i sogni, ecc. Per questo il poeta può penetrare queste realtà attraverso
l’intuizione. Per questi nuovi contenuti della poesia i simbolisti elaborarono un linguaggio nuovo,
non più logico, che permetteva di portare alla luce i misteriosi legami esistenti tra le cose più
diverse; questo perché la parola deve avere la capacità di comunicare le molteplici emozioni. A
tale scopo i poeti simbolisti ricorsero spesso a figure retoriche quali la metafora, l’analogia e la
sinestesia. In Italia, Giovanni Pascoli fu il simbolista per eccellenza.
- Estetismo  Viene spesso considerata la più frivola delle correnti affini al Decadentismo, in
quanto il solo scopo è quello di esaltare il gusto del bello e dell'arte, tanto da mettere i valori
sociali e familiari in secondo piano. Il Decadentismo ereditò dal movimento la ricerca del bello,
inteso non solo come ciò che rispetta particolari caratteri di armonia, proporzione e misura, ma
anche ciò che è meraviglioso, eccentrico, stravagante. L'Esteta è colui che vive ricercando la
bellezza, e che giudica la realtà che lo circonda mediante parametri puramente estetici,
disprezzando ciò che è brutto o non originale. Vi è inoltre una predilezione per l'esotico, per il
lontano, per le culture orientali, per le stravaganze e soprattutto per l'immaginazione, fomentata
dall'uso di droghe, che, a differenza della realtà, è perfetta.
D’annunzio fu il maggior esteta.
- Superomismo  teorizzato dal filosofo Nietzsche. Sia esteta che superuomo di distaccano
dalla massa, il primo per isolarsi mostrando sdegno verso la realtà, il secondo per dominarla in
nome di una superiorità fondata comunque sul culto del bello.
- Panismo  tendenza del confondersi e mescolarsi con il Tutto e con l'assoluto, due concetti
chiave del decadentismo. In riferimento al dio greco Pan, divinità dei boschi e tutte quelle che
hanno a che fare con la natura.

Decadentismo & Romanticismo


Il Decadentismo è considerato un proseguimento in forma più estrema di alcuni temi trattati dal
Romanticismo come: il sogno, l’immaginazione e la fantasia. Con i romantici, inoltre
condividevano tutto ciò legato alla dimensione irrazionale. Il decadente come il romantico vive il
contrasto tra ciò che è reale e l’irreale. Questa continua tensione si traduce poi in stati d’animo
malinconici, tendenti al vittimismo quindi all’autodistruzione. Il Decadentismo, a differenza del
Romanticismo che si entusiasma e lotta per la fuga verso la realtà, è contrassegnato da un
senso di stanchezza e smarrimento.

 MAGGIORI ESPONENTI
Antonio Fogazzaro, Gabriele d’Annunzio, Giovanni Pascoli
ANTONIO FOGAZZARO (1842 – 1911)
Poeta e scrittore. Maggior teorico del Decadentismo. Nacque a Vicenza da una ricca famiglia.
Fu educato dai religiosi. Durante le vacanze si recava spesso dai nonni al Lago di Lucano,
immerso nella natura e la quiete. Studiò legge e si laureò a Torino, dove si trasferì con la
famiglia. Iniziò ad esercitare avvocatura ma fu sempre più attratto dalla letteratura. Una volta
sposato con una contessa, e avendo avuto tre figli, di cui uno morto molto giovane, tornò a
Vicenza dove si stabilì definitivamente. Dopo un periodo di crisi religiosa tornò alla fede
impegnandosi sul problema della conciliazione tra cattolicesimo e scienza, tenendo anche
numerosi dibattiti in merito. Aderì al modernismo, movimento riformatore di tipo cattolico, che
mirava a conciliare il cristianesimo con gli sviluppi della modernità. Fu nominato senatore ma
non svolse mai attività politica.

 PENSIERO E POETICA
Fogazzaro, cattolico moderato, mantenne una viva sensibilità romantica e fedeltà agli ideali
risorgimentali; e nella sua in quieta ricerca di un rapporto tra tradizione cattolica e cultura
moderna si accostò alle tendenze riformatrici del cattolicesimo. Per queste contraddizioni anche
la sua poetica, di stampo naturalistico, appare indefinita, piena di personaggi problematici.
Fogazzaro cerca di ritrarre la realtà e di definire stati d’animo, misteri, casi intellettuali e morali
che lo avvicinano al Decadentismo.

 OPERE
 “Malombra”  suo primo successo. Il libro fu ignorato dalla maggior parte delle riviste
letterarie ma lodato da Verga, che lo definì una delle più belle concezioni romantiche mai
apparse in Italia.
In uno spettrale castello sulle rive di un lago lombardo vive, segregata dallo zio, la marchesa
Marina di Malombra. Per caso Marina viene in possesso di una lettera scritta da sua nonna,
anch’ella segregata dal marito, come punizione per essersi innamorata di un giovane ufficiale.
Marina finisce per identificarsi con la nonna e rivive la tragedia della sua morte. In uno stato di
allucinazione, la marchesina comincia a credere di essere la reincarnazione della nonna. In
preda alla follia ucciderà lo zio e lo scrittore Corrado Silla, che di lei si era innamorato,
credendolo la reincarnazione dell’ufficiale.
 “Piccolo mondo antico”  si svolge nel periodo del Risorgimento, il protagonista è un
giovane di idee liberali, Franco Maironi, che vive con la nonna. Franco sposa una ragazza di
modeste condizioni, Luisa, malgrado la contrarietà della nonna che minaccia di diseredare il
nipote. Dopo il matrimonio i due hanno una figlia e vanno ad abitare sul lago di Lugano, con uno
zio. Tra Franco e Luisa vi sono profonde differenze caratteriali: entrambi hanno aspirazioni
liberali, ma lui si affida alla fede, lei è per la severa giustizia. Il contrasto si evidenzia in merito
alla sorte di un testamento che toglieva le proprietà alla nonna di lui. Franco preferisce non
farne niente, Luisa invece vuole affrontare la marchesa. Ma proprio in quel giorno la bambina
affoga nel lago, e questa tragedia allontana ancor di più i due coniugi. Luisa rinfaccia al marito il
suo idealismo e le sue credenze religiose che lo portano al perdono e alla rassegnazione;
Franco preferisce staccarsene completamente per consacrarsi interamente alla causa
patriottica. Ma dopo tre anni di lontananza Franco, alla vigilia della sua partenza per la guerra,
chiede a Luisa un ultimo incontro. I due si incontrano all’Isola Bella, alla presenza del vecchio
zio morente. Luisa e Franco avranno un altro figlio.
 “Piccolo mondo moderno”  protagonista è il figlio di Franco uomo contraddittorio,
combattuto tra un ostentato amore dei sensi e una missione da svolgere per il bene della
Chiesa.
 “Il Santo”  protagonista è nuovamente il figlio di Franco a contatto con religiosi e cattolici
al fine di riformare la Chiesa.
 “Leila”  sorta di testamento spirituale, estremo tentativo di conciliare il cattolicesimo
moderno con il rispetto per la cristianità antica.

GABRIELE D’ANNUNZIO (1863 – 1938)


Scrittore e politico. Maggiore esponente dell’Estetismo. Tutta la vita di d’Annunzio può
considerarsi il suo primo capolavoro. Nacque a Pescara da famiglia borghese. Studiò al collegio
Cicognini di Prato. Ad appena 16 anni pubblicò la sua prima raccolta di poesie, “Primo vere”.
Trasferitosi a Roma per frequentare l’università, abbandonò presto gli studi per dedicarsi alla
vita mondana. Acquistò subito notorietà per le sue opere scandalose e per la sua vita altrettanto
libertina ed avventurosa. In questi anni d’Annunzio si creò la maschera dell’esteta, dell’individuo
superiore, sensibile, che rifiuta la mediocrità e si rifugia in un mondo di pura arte. Negli anni ’90
però questa fase attraversò una crisi, d’Annunzio cercò nuovi miti, come quello del superuomo,
un mito di bellezza ed eroismo, ispirandosi alle teorie di Nietzsche. D’Annunzio voleva creare
l’immagine di una vita eccezionale, principesca, circondato da lusso e oggetti preziosi, e tanti
amori, come quello con l’attrice Eleonora Duse. In realtà questo suo egocentrismo ed
atteggiamenti scandalosi avevano un preciso obiettivo, quello di essere al centro della scena
per guadagnare, viste le difficoltà economiche. D’annunzio non si accontentò più dell’estetica,
volle anche darsi alla politica. Per questo divenne deputato di destra, esponendo il suo
disprezzo per i princìpi democratici e il sogno del dominio di una nuova aristocrazia. Passo
però, molto presto, allo schieramento di sinistra. Desideroso a tutti i costi di imporsi come vate
sulla folla, ricorse alla rappresentazione teatrale, mettendo in scena “Città morta”. Proprio
mentre si affermava e si diffondeva il suo personaggio, fu costretto a fuggire in Francia a causa
dei creditori. Allo scoppio della prima guerra mondiale d’Annunzio tornò in Italia, organizzando
una campagna interventista per spingere l’Italia in guerra. Attirò l’attenzione su di sé con il volo
su Vienna: dall'aereo lanciò tanti volantini tricolori in forma di protesta, l'Italia era sotto il domino
dell'Austria e con questo gesto volle esprimere il suo dissenso. Nel dopoguerra capeggiò una
marcia di volontari su Fiume, sfidando lo Stato Italiano, ma fu cacciato. Tentò di imporsi come
duce, ma vi sottrasse il posto Benito Mussolini. Il fascismo lo esaltò come padre della patria, ma
lo guardò anche con sospetto, per questo fu confinato in una villa di Gardone, che d’Annunzio
trasformò in una sorta di museo a sé stesso, il Vittoriale degli Italiani. Qui trascorse il resto della
sua vita.

 PENSIERO E POETICA
D’Annunzio esordì molto giovane, attraversando un cinquantennio di cultura italiana ed
influenzandola profondamente tanto da dar vita al dannunzianesimo, fenomeno che riprendeva
tutti gli aspetti dello stile dannunziano. Il poeta cerca una fusione dei sensi e dell'animo con le
forze della vita, accogliendo in sé e rivivendo l'esistenza molteplice della natura, con piena
adesione fisica, prima ancora che spirituale. E' questo il "panismo dannunziano", quel
sentimento di unione con il tutto, presente in molte sue poesie, in cui riesce ad aderire con tutti i
sensi e con tutta la sua vitalità alla natura, s'immerge in essa e si confonde con questa stessa.
L'estetismo è in definitiva il culto del bello, in pratica vivere la propria vita come se fosse
un'opera d'arte, o al contrario vivere l'arte come fosse vita. Quest'atteggiamento, preso dal
Decadentismo francese, è corrispondente cioè alla personalità del poeta, che deve distinguersi
dalla normalità, dalle masse. La sua vocazione poetica si muta poi in esibizionismo: abbiamo
allora l'esaltazione del falso primitivo, dell'erotismo o quella sfrenata del proprio io, indicata nei
due aspetti dell'estetismo e del superomismo, scoperto dalla lettura di Nietzsche. Il superuomo
assomiglia all'esteta, ma non deve essere legato a princìpi sociali e morali. Per questo motivo si
vuole elevare al di sopra della massa, assume la funzione di “vate” per strappare la nazione alla
mediocrità ed avviarla verso un futuro imperialista.
Lo stile con cui scrive le sue opere è aulico e ricercato.

 OPERE
 “Primo vere”  (primavera) sua opera prima, scritta a 16 anni, negli anni della “primavera”
della sua vita. Si ispirò a Carducci.
- Opere di d’Annunzio esteta:
 “Canto novo”  decide di non imitare altri poeti e di creare una sua poesia, un nuovo stile
letterario. E’ una poesia in cui d’Annunzio comincia a sperimentare tecniche nuove, cercando di
prendere dalle parole suoni e significati e di suscitare nel lettore un rapporto di tipo sensoriale.
 “Intermezzo di rime”, “Isotteo” e “Chimera”  raccolte ispirate alla lussuria e all’amore
dei sensi.
 “Terra vergine” e “Le novelle della Pescara”  raccolte in cui disprezza la vita contadina,
considerata selvaggia e primitiva.
 “Il Piacere”  suo primo romanzo. Ambientato nella Roma bene, protagonista è il conte
Andrea Sperelli, grande esteta come d’Annunzio. Poeta, pittore, musicista, ma soprattutto
raffinato artefice di piacere, egli ha stabilito la sua dimora nel palazzo Zuccari a Trinità de'
Monti: passa le sue giornate tra occupazioni mondane, si circonda di persone eleganti e di
oggetti preziosi. Andrea è tormentato dal ricordo di una relazione complicata e sensuale con
Elena Muti, troncata dall'improvvisa partenza della donna da Roma. Dopo un breve periodo di
isolamento, si tuffa in una nuova serie di avventure, finché un rivale geloso lo sfida a duello e lo
ferisce. Resta in convalescenza nella villa di una ricca cugina. Qui conosce una donna casta e
sensibile, Maria Ferres, moglie di un ministro. Per lei si illude di avere un amore spirituale, ma
presto il loro rapporto sarà come quello che aveva con Elena. Durante una relazione, Andrea si
lascia sfuggire il nome dell'antica amante: Maria fugge inorridita.
D’Annunzio mira a creare un romanzo psicologico, che più che gli eventi esteriori dell’intreccio,
risalta i complessi processi interiori del personaggio.
- Del periodo della bontà (crisi dell’Estetismo):
 “L’Innocente”  il romanzo si presenta come la confessione di un nobiluomo romano, che
costantemente analizza sé stesso e le proprie passioni, insidiato continuamente dalla sensualità
e dalla finzione non riesce a comunicare con gli altri. Ucciderà poi suo figlio.
- Dal disgusto per la pura estetica, e la scoperta di Nietzsche e del superuomo, nascono altre
opere:
 “Il trionfo della morte”  romanzo che indaga sul male interiore del protagonista, vittima di
continui turbamenti psicologici che contrappongono da un lato la sua grande voglia di vita,
dall’altro il fascino che ha la morte su di lui, impedendogli di vivere serenamente e portandolo al
suicidio. Tale romanzo risalta la figura dell’inetto decadente, malato, debole e gelosamente
chiuso in sè stesso, per il quale la realtà umana si rivela senza speranza, vuota ed inutile.
Persino l'amore alla fine non è capace di dare alcuna consolazione ed al protagonista non
rimane altra scelta che quella di porre fine al "mal di vivere" che gli è insopportabile.
- Dal disgusto per la pura estetica, e la scoperta di Nietzsche e del superuomo, nascono altre
opere:
 “Le Vergini delle rocce”  narra di un nobile disgustato dalla società borghese in cui vive,
regolata solo dalla legge del profitto che distrugge valori della civiltà. Decide quindi di lasciare
un erede che riporti la società ai vecchi valori nobiliari. Quindi vuole lasciare un Superuomo alle
future generazioni e per questo va a cercare una donna adatta alla procreazione. Si reca nei
luoghi in cui ha passato l'infanzia e riallaccia i rapporti con una famiglia nobile del posto, dove vi
sono 3 donne: una bella, una pura, una acculturata. Claudio non riesce a decidere nessuna
delle tre donne e fallisce.
 “Il fuoco”  romanzo autobiografico, che descrive la complessa e tempestosa relazione di
D'Annunzio con Eleonora Duse.
“Forse che si, forse che no”  narra di un uomo, altro alter ego del d’Annunzio, che realizza
la sua volontà eroica nel volo aereo. Ma sarà ancora una volta una donna, con la sua
indecisione e la sua indifferenza, a condurlo alla disperazione. Tuttavia, quando sembra voler
soccombere precipitando con l’aereo in mare, al protagonista torna la voglia di vivere, riuscendo
a compiere un grande impresa approdando sulle coste sarde.
Le opere del periodo del superomismo esaltano le velleità attivistiche dei protagonisti, che però
restano quasi sempre deboli perché attratti dalla decadenza e dalla morte, rappresentate da
due figure femminili. D’Annunzio scopre che spesso, proprio nelle persone colte e nobili
possono scatenarsi meccanismi di perversione, irrazionali e inediti.
- Le opere drammatiche:
 Per esaltare la sua figura di vate, estendendo il suo personaggio al pubblico, d’Annunzio
scrisse ed inscenò anche delle rappresentazioni teatrali, tra cui “Città morta” e “La figlia di
Iorio”.
 “Laudi del cielo, del mare, della terra e degli eroi”  rappresentano un ambizioso
progetto con il compito di diffondere il "verbo del vate". Questo doveva essere la "somma" della
sua visione divisa in sette libri, ma rimase incompiuta e ne pubblicò solo 4, più un 5° postumo.
I libri sono:
1. “Maia”  L'intento di D'Annunzio era quello di raccogliervi tutte le diverse fasi della vita. Il
poema è la trasfigurazione mitica di un viaggio in Grecia, visto come un'immersione nel passato
mitico alla ricerca di un vivere sublime. Il mito classico ha il compito di riscattare il presente,
caduto nel più totale squallore; per questo l'orrore della civiltà industriale si trasforma in una
nuova bellezza e forza che D'Annunzio propone con un inno alla modernità capitalistica ed
industriale.
2. “Elettra”  presenta una propaganda politica diretta. Anche qui c'è un passato ed un futuro
di gloria e grandezza, contrapposti alla degradazione del presente che deve essere riscattato .
3. “Alcyone”  al discorso politico viene sostituito il tema della fusione con la natura. Il libro è
come un diario di una vacanza estiva, infatti le liriche si ordinano in modo organico, come se
emulassero lo scorrere della stagione, in cui l'Io del poeta si identifica con le varie presenze
della natura. Questa esperienza non è che una manifestazione dell'ideologia superomistica,
perchè solo a pochi eletti è concesso il contatto con la natura.
4. “Merope”  dedicato all'impresa coloniale in Libia.
5. “Asterope”  comprende una raccolta delle poesie della prima guerra mondiale.
- Ultima fase, in cui d’Annunzio si accosta alla poesia lirica ed autobiografica:
 “Il Notturno”  dalle annotazioni prese da D'Annunzio in un periodo di cecità ed immobilità
forzata, in conseguenza di un incidente aereo che gli aveva provocato il distacco della retina.
L'opera consta di annotazioni frammentarie, che emergono dalle percezioni della realtà
circostante, dalle visioni, dalle fantasie e dai ricordi che si susseguono disordinatamente.
All'interno di un fiorire di sensazioni e di immagini si alternano e si intrecciano due motivi: il
rimpianto dell'adolescenza e della vita in genere consumata e perduta. Il "Notturno", nato come
diario, si arricchisce di sogni, ricordi, visioni, che ci propongono comunque un D'Annunzio
lontano da qualsiasi dimensione superumana e tensione capace di attuare un sincero
ripiegamento interiore esposto in una forma espressiva nuova e per lui inedita: il frammento.
GIOVANNI PASCOLI (1855 – 1912)
Poeta. Nacque in Romagna da una famiglia della piccola borghesia rurale, quarto di 10 fratelli. Il
padre Ruggiero era amministratore della tenuta La Torre, di proprietà dei principi Torlonia, ed
era un uomo onesto e stimato. La fanciullezza del poeta trascorse serena tra San Mauro, la
Torre e Savignano, dove iniziò gli studi elementari. L'uccisione del padre avvenuta mentre
tornava da Cesena dove si era recato per ragioni del suo Ufficio, gettò nella disperazione la
famiglia allora felice e segnò definitivamente l'animo di Giovanni. In seguito morì la sorella
maggiore Margherita, poi la madre stroncata dal duplice dolore, poi ancora due fratelli, e la
famiglia dovette affrontare lunghi periodi di ristrettezze. Giovanni tuttavia non abbandonò gli
studi. Conseguì a Cesena la maturità e grazie ad una borsa di studio poté iscriversi alla facoltà
di lettere dell'Università di Bologna, dove ebbe tra gli insegnanti Carducci. Per aver partecipato
ad una dimostrazione studentesca perse il sussidio e non si poté iscrivere al terzo anno. Si
diede alla politica e visse stentatamente con l'aiuto di un fratello minore, che aveva ottenuto a
Bologna un piccolo impiego. Arrestato per motivi politici, rimase per più di tre mesi in carcere
fino al processo che lo assolse. Riprese gli studi e conseguì la laurea iniziando subito la carriera
di insegnante a Matera, poi a Massa, dove visse con le sorelle, ricostruendo il tanto desiderato
nido familiare, strappatogli via troppo presto, poi a Livorno. Nel frattempo iniziò la sua carriera
universitaria a Pisa e Messina, e quando Carducci lasciò la cattedra di letteratura italiana a
Bologna, Pascoli fu chiamato a sostituirlo. Negli ultimi anni, si mise in competizione con
Carducci e d’Annunzio, suo amico, nella funzione di poeta vate. Arrestò la sua attività di poeta
alla notizia di aver contratto un cancro allo stomaco, che lo portò alla morte.

 PENSIERO E POETICA
Pascoli ebbe una concezione dolorosa della vita, sulla quale influirono due fatti principali: la
tragedia familiare e la crisi di fine ottocento. Il 10 agosto del 1867 gli fu ucciso il padre. Alla
morte del padre seguirono quella della madre, della sorella maggiore, Margherita, e di due
fratelli. Questi lutti lo segnarono a vita e gli ispirarono il mito del "nido" familiare da ricostruire,
del quale fanno parte i vivi e idealmente i morti, legati ai vivi dai fili di una misteriosa presenza.
In una società sconvolta dalla violenza e in una condizione umana di dolore e di angoscia
esistenziale, la casa è il rifugio nel quale i dolori e le ansie si placano.
L'altro elemento che influenzò il pensiero di Pascoli, fu la crisi che si verificò verso la fine
dell'Ottocento. Pascoli, nonostante fosse un seguace delle dottrine positivistiche, non solo
riconobbe l'impotenza della scienza nella risoluzione dei problemi umani e sociali, ma l'accusò
anche di aver reso più infelice l'uomo, distruggendogli la fede in Dio e nell'immortalità
dell'anima, che erano stati per secoli il suo conforto.
Pertanto Pascoli inizia la su indagine sul mondo dell'ignoto e dell'infinito, sul problema
dell'angoscia dell'uomo, del significato e del fine della vita; sa cogliere il mistero al di là delle
cose più banali, caricandole di sensi simbolici. Egli però conclude che tutto il mistero
nell'universo è che gli uomini sono creature fragili ed effimere, soggette al dolore e alla morte.
Pertanto esorta gli uomini a bandire, nei loro rapporti, l'egoismo, la violenza, la guerra, ad unirsi
e ad amarsi come fratelli nell'ambito della famiglia, della nazione e dell'umanità.
La poetica di Pascoli è espressa ne “Il Fanciullino”: Vi è in tutti noi un fanciullo, il "sentimento
poetico" che ci riporta all’età infantile, non all’età adulta quando la lotta per la vita ci impedisce
di ascoltarlo (l’età veramente poetica è dunque quella dell’infanzia). Infatti, è tipico del fanciullo
vedere tutto con meraviglia, tutto come per la prima volta; scoprire la poesia nelle cose, nelle
più grandi come nelle più umili, nei particolari che svelano la loro essenza, il loro sorriso e le
loro lacrime. Il sentimento poetico, che è di tutti, fa sentire gli uomini fratelli, pronti a deporre gli
odi e le guerre e ad abbracciarsi (socialismo basato sull’amore tra gli uomini e solidarietà tra i
membri di una stessa patria).
Lo stile con cui scrive le sue opere si basa sul plurilinguismo.

 OPERE
 “Myricae”  ha avuto 5 edizioni. Il titolo è una citazione di un’opera virgiliana. Si tratta di
componimenti brevi, che all’apparenza si presentano come quadretti di vita campestre, attenti a
cogliere particolari quali un colore, un suono, che si caricano di mistero e suggestione,
sembrano alludere ad una realtà ignota che si colloca al di là di essi.
Spesso l’atmosfera che avvolge queste realtà evocano l’idea della morte, uno dei temi più
presenti nella raccolta è il ritorno dei morti familiari. I lutti di famiglia infatti influenzano tutta la
poeta di Pascoli, incentrata sulle onomatopee, il valore simbolico dei suoni, la sperimentazione
di un nuovo sistema metrico.
 “Il Fanciullino”  opera significativa del Pascoli: esiste dentro di noi un fanciullino che
nell’infanzia si confonde con noi, ma, anche con il sopraggiungere della maturità, non cresce e
continua a far sentire la sua voce ingenua e primigenia, suggerendoci quelle emozioni e
sensazioni che solo un fanciullo può avere. Spesso, però, questa parte che non è cresciuta non
viene più ascoltata dall’adulto. Il poeta invece è colui che è capace di ascoltare e dare voce al
fanciullino che è in lui e di provare di fronte alla natura le stesse sensazioni di stupore e di
meraviglia proprie del bambino o dello stato primigenio dell’umanità. Il fanciullino prova
sensazioni che sfuggono alla ragione, ci spinge alle lacrime o al riso in momenti tragici o felici,
ci salva con la sua ingenuità, è sogno, visione, astrazione. La poesia ha un compito civile e
sociale: il poeta in quanto tale esprime il fanciullino ed ispira i buoni e civili costumi e l’amor
patrio, senza fare comizi, senza dedicarsi alla politica nel senso classico, ma solo grazie al suo
sguardo puro ed incantato.
 “I Canti di Castelvecchio”  raccolta di poesie. Il titolo pare voglia creare un collegamento
con i "Canti" leopardiani, suggerendo così, l'ambizione ad una poesia più elevata.
Castelvecchio è la frazione di Barga nel quale Pascoli aveva acquistato una casa in cui
soggiornò molto a lungo, dedicandosi alla poesia e agli studi di letteratura classica. Qui gli parve
di aver finalmente ricostituito il "nido" distrutto di San Mauro. I Canti di Castelvecchio sono fitti di
richiami autobiografici e di rappresentazioni della vita in campagna.
 “Primi e Nuovi Poemetti”  Trasporta in un codice universale l’asprezza delle esperienze
personali. In questa raccolta è presente il richiamo alla vita rustica assieme all’elogio della
mediocritas, intesa come una vita vissuta lontano dagli eccessi e in una serena "mediocrità".
 “Poemi conviviali”  poesia classicista dedicata al mito del mondo greco antico,
nell’intento di diffondere il patrimonio mitico nella civiltà moderna, per stabilire un nesso
passato-presente.
 Odi e Inni  liriche di ispirazione storica e sociale, costituiscono secondo alcuni la parte più
debole della produzione pascoliana, in quanto il poeta non riesce ad esprimere fino in fondo la
drammaticità della situazione sociale presente.
 Studi su Dante  Pascoli con questi studi sulla poetica dantesca intende riproporre il
modello salvifico che è alla base della Commedia: sarebbe un viaggio attraverso la
disperazione, che viene poi illuminato dalla poesia, che guida l’uomo e gli permette di ritrovare
la propria fanciullezza e la natura libera ed innocente.

Differenze tra d’Annunzio e Pascoli


1. D.  assimila il romanzo realista e psicologico, il Decadentismo francese e la filosofia di
Nietzsche
P.  non è influenzato in modo specifico da alcuna corrente letteraria
2. D.  disprezzo per la società borghese a cui reagisce con il mito dell’esteta
P.  fedele alla società borghese, alla solidarietà
3. D.  disprezzo per le masse, ideologia aristocratica e imperialista
P.  socialismo basato sull’amore tra gli uomini e solidarietà tra i membri di una stessa patria
4. D.  concepisce l’arte come valore assoluto
P.  concepisce la poesia come fattore di miglioramento morale
5. D.  fa uso di un linguaggio alto ed aulico
P.  fa uso del plurilinguismo (mescolanza lessicale).

LETTERATURA DEL ’900


CREPUSCOLARISMO
Agli albori del Novecento, tra lo sviluppo industriale, il rafforzamento dell’Unità d’Italia, il governo
di Giolitti e la questione meridionale, si affermò il gruppo dei poeti crepuscolari. Fu una delle
correnti che scaturì dalla crisi del Positivismo, che portò una conseguente esigenza di
rinnovamento culturale. Il termine crepuscolare fu coniato dal critico Giuseppe Borgese per
indicare quei poeti che avvertirono la crisi spirituale del tempo come un crepuscolo
nell’imminenza del tramonto. Questi poeti rimpiangevano d’esser nati e, in attesa della morte,
cantavano gli aspetti più banali e insignificanti del quotidiano, avvolgendo uomini e cose in una
nuvola di malinconia. Privi di fede e di speranza, i crepuscolari si rifugiarono nel grigiore delle
cose comuni, quasi col pudore di chi vuol nascondersi agli occhi degli altri per non farsi veder
piangere. La poesia crepuscolare afferma che la vita non è un’opera da plasmare con il gesto
eroico, è uno spazio ristretto, angusto, da superare con l’arte, da far rivivere attraverso la
letteratura.
I crepuscolari negarono alla poesia ogni ruolo sociale e civile, rifiutano il concetto di poeta vate
e considerano la tradizione e il Classicismo, cui si ispirarono in modi diversi Carducci, Pascoli e
D’Annunzio, un’esperienza completamente conclusa. I poeti erano accomunati da una
malinconica inquietudine che nasceva dalla totale sfiducia in ogni ideale religioso, politico e
sociale.
I crepuscolari amavano osservare la loro vita quotidiana, il lento inseguirsi dei giorni tutti uguali
e vuoti di senso, ricordare sentimentalmente il passato, sognare una vita semplice e serena. Si
esprimevano con un atteggiamento stanco, con un lessico volutamente semplice.

 MAGGIORI ESPONENTI
Guido Gozzano

GUIDO GOZZANO (1883 – 1916)


Poeta. Nacque a Torino da famiglia borghese. Si scrisse alla facoltà di legge, che ben presto
lasciò per dedicarsi alla letteratura. Appassionato di Schopenhauer e Nietzsche e di salute
cagionevole, non ebbe mai un vero lavoro. Intrattenne fitta corrispondenza con una scrittrice
torinese di cui si innamorò, e a causa della tubercolosi fu costretto ad alternare la vita a Torino
con frequenti soggiorni al mare e intraprese per lo stesso motivo un lungo viaggio in India.

 POETICA
Gozzano non assume pose da letterato e scrive le sue rime, segnate dalla tristezza e dal
sentimento della morte, con ironico distacco. Alla base dei suoi versi vi è un romantico desiderio
di felicità e di amore che si scontra presto con la quotidiana presenza della malattia, della
delusione amorosa, della malinconia che lo porta a desiderare vite appartate e ombrose e
tranquilli interni casalinghi. Verrà definito da Montale “poeta dello choc”, per la mescolanza di
linguaggi comuni con quelli classici di Petrarca e Dante, inseriti in contesti stranianti.

 OPERE
 “La via del rifugio”  sua prima raccolta di poesie. Dal titolo era comprensibile che la
poesia rappresentava per l’autore un rifugio dalla vita mondana e dalle passioni, e la rinuncia ai
desideri.
 “I colloqui”  raccolta di poesie in cui traspare il desiderio giovanile dell’autore di felicità e
amore,di comunicazione, bellezza, contatto col mondo femminile.
 “Le due strade”  incontro tra presente e passato (confronto tra una ragazzina e una
donna matura)
 “L’amica di nonna speranza”  il poeta prende spunto da vecchie stampe e vecchie foto
per rievocare la società borghese ottocentesca.
 “Le farfalle”  Gozzano trae spunto dalla vita effimera delle farfalle per riferirsi alla stessa
delicata vita della poesia, continuamente minata dalla natura artificiale costruita dall’uomo.

LE AVANGUARDIE
All’inizio del secolo esplosero a livello europeo le “Avanguardie”, movimenti artistici che
intendevano rompere definitivamente i ponti con le forme più tradizionali della letteratura.
Benedetto Croce giudicò molto severamente quasi tutti gli scrittori contemporanei, influenzando
così un largo numeri di critici accademici. Nel contempo, intorno agli anni Venti, si diffondeva
una tendenza antinovecentesca, ostile ai caratteri sperimentali tipici del primo novecento, a
cui aderì Umberto Saba.
La letteratura italiana nel Novecento fu fortemente influenzata, più ancora che in altri secoli, da
fattori storico-politici e socioculturali. Sul primo versante non si può sottovalutare che, durante il
ventennio fascista, la libera circolazione delle idee fu impedita o fortemente limitata, e che
perciò il dibattito letterario fu condizionato e tornato in primo piano alla fine della seconda guerra
mondiale, con una massiccia adesione degli scrittori alle ideologie di sinistra. Sul versante
socioculturale, la grande influenza del filosofo e critico Benedetto Croce, tra i pochissimi
intellettuali a rimanere indipendente dal fascismo, si oppose ai nuovi movimenti culturali.
Tuttavia anche sotto il regime fascista rimase vivace l’interesse per il confronto letterario, grazie
soprattutto alle riviste fiorentine. Tra i caratteri fondamentali del Novecento letterario italiano vi è
l’interazione fra la lingua nazionale, impostasi dopo l’unità, e i dialetti, ovvero le vivaci lingue
legate alle tante realtà socioculturali della nazione. Questa interazione portò spesso all’uso di
un bilinguismo, ben evidente per esempio in molti poeti del primo Novecento. Dalla seconda
metà del secolo, però, la scelta dei dialetti risultava soprattutto difensiva o per opposizione
contro la globalizzazione. L’intersezione dei dialetti diventa, nel secondo Novecento, molto più
affine al plurilinguismo colto, e basato magari sul rapporto anche con lingue morte. Un’altra
caratteristica della nostra letteratura è la notevole divaricazione tra il destino della poesia e
quello della narrativa: mentre la prima è senz’altro dotata di una propria tradizione, la seconda
appare continuamente rinnovata e di fatto azzerata. Non è vero, come spesso si afferma, che
non esiste una narrativa italiana di alto valore. È vero però che è difficile che il romanzo italiano
svolga una funzione simile a quella che ha avuto, e in parte continua ad avere, nelle grandi
nazione europee e negli Stati Uniti, ossia quella di proporre una ricostruzione della società nel
suo insieme.
Fondamentale nel primo Novecento fu la diffusione di quotidiani e riviste che manifestavano i
princìpi rinnovatori del periodo, tra questi ricordiamo “Solaria”, Rivista letteraria fondata nel
1926 a Firenze da Alberto Carocci, che ne fu anche direttore. Vi collaborarono numerosi
scrittori. Peculiarità di “Solaria” fu l'attenzione alla letteratura europea, e in particolare alla
narrativa, in un periodo di forte chiusura culturale dettata dal fascismo. Sulla rivista furono
tradotti e recensiti e autori come Marcel Proust, Franz Kafka, James Joyce, Thomas Mann,
Thomas Stearns Eliot. Sulla rivista comparvero opere di Umberto Saba, Italo Svevo, Salvatore
Quasimodo, Cesare Pavese e Saba oltre che di Emilio Gadda ed Elio Vittorini. Dal 1930 in poi
si accentuò l'esigenza di una letteratura radicata nel presente e legata a tematiche civili e
sociali. Alcuni numeri vennero sequestrati dalla censura fascista, tra cui quello contenente “Il
garofano rosso”, il primo romanzo di Vittorini. L'ultimo numero uscì nel 1936.
Ricordiamo poi “Lacerba”, “Il Leonardo”, “La Voce”.

FUTURISMO
Legate ai primi anni del ‘900 furono alcune tendenze letterarie accomunate dal rifiuto della
tradizione, chiamate “Avanguardie storiche”. Tra esse ricordiamo il Futurismo, l’unico
movimento di avanguardia italiano fondato dal poeta e scrittore Filippo Marinetti, egli scrisse il
“Manifesto del Futurismo” per la fondazione del movimento, contenente i suoi princìpi. In
seguito, al movimento aderirono anche diversi artisti. Caratteristica principale di tale movimento
fu la volontà di rottura con tutto ciò che appariva vecchio, obsoleto, romantico e conformista,
cioè tutti i difetti avversati dal movimento fascista. In esso si proclama la fede nel futuro e nella
civiltà delle macchine, si affermano gli ideali della forza, del movimento, della vitalità, del
dinamismo e dello slancio e si spronano i letterati a comporre opere nuove, ispirate all'ottimismo
e ad una gioia di vivere aggressiva e prepotente. In esso si proclamò la fede nel futuro e nella
civiltà delle macchine, si affermarono gli ideali della forza, del movimento, della vitalità, del
dinamismo e si spronarono i letterati a comporre opere nuove, ispirate all'ottimismo e ad una
gioia di vivere aggressiva e prepotente. Si auspicava inoltre la nascita di una letteratura
rivoluzionaria, liberata da tutte le regole, anche quelle della grammatica, dell'ortografia e della
punteggiatura. La loro necessità di liberarsi del passato e il loro desiderio di incendiare musei e
biblioteche vennero proclamate con enfasi e violenza: dall'esaltazione del movimento si passò
all'esaltazione euforica della guerra, vista come espressione ammirabile di uomini forti e virili. I
futuristi sostennero la necessità dell'intervento nella prima guerra mondiale, aderirono
all'impresa di Fiume e ai primi sviluppi del fascismo. Il Futurismo non si presentò solo come un
movimento artistico e letterario, chi si sentiva futurista credeva nell’azione e nel progresso. Per
diffondere questo ideale i futuristi svolgevano particolari serate durante le quali c’erano
convegni teatrali a metà tra la rappresentazione e li comizio.

 MAGGIORI ESPONENTI
Filippo Marinetti, Umberto Boccioni

ESPRESSIONISMO
Altra corrente delle avanguardie è l’Espressionismo, nata in Francia e volta ad esprimere
sensazioni ed emozioni, condizioni spirituali o esistenziali, più che a rappresentare la realtà
oggettiva. Tale scopo viene perseguito enfatizzando elementi della composizione artistica,
come il colore o il tratto di contorno delle figure in un’opera pittorica, e in genere mediante la
forte caratterizzazione di vari aspetti formali o contenutistici, che porta spesso a una
deformazione espressiva. Già dalla fine degli anni Dieci del Novecento l’espressionismo era
ormai sentito come una tendenza, un’inclinazione stilistica diffusa in tutta Europa. Negli anni
dell’ascesa del nazismo e del fascismo, tale modalità espressiva apparve a molti come la forma
più adatta a ritrarre l’angoscia, il disgusto e il senso di smarrimento davanti all’assurda violenza
in atto. Messa al bando dal regime nazista come “arte degenerata”, la produzione artistica di
molti di questi pittori venne in parte distrutta o dispersa. Alcuni artisti emigrarono negli Stati
Uniti, altri rimasero in Europa proseguendo in segreto le loro ricerche espressive.

LUIGI PIRANDELLO (1867 – 1936)


Poeta, scrittore e drammaturgo. Nacque a Girgenti, attuale Agrigento, da famiglia borghese di
tradizione risorgimentale e garibaldina, nel podere di campagna chiamato Caos. Frequentò le
università di Palermo, Roma e Bonn: si laureò a Bonn in Filologia. In Germania subì l’influenza
degli autori romantici. Tornò in Italia e si stabilì a Roma, dove strinse amicizia con Luigi
Capuana che lo inserì nel mondo letterario. A Roma scrisse il suo primo romanzo: “L’esclusa”.
A Girgenti sposò Antonietta Portulano da cui ebbe tre figli. Una crisi delle aziende familiari di
zolfo rovinò il suo patrimonio e quello della moglie, che ne fu tanto sconvolta da averne per
sempre la mente scombinata. A seguito del dissesto, Pirandello si dedicò all'insegnamento: fu
professore di letteratura italiana nell'Istituto superiore di magistero di Roma. Pirandello per i
primi 15 anni del ‘900 scrisse solo novelle, romanzi e saggi critici; che gli diedero un discreto
successo, ricordiamo “il fu Mattia Pascal”, “Novelle per un anno”, e “Uno, nessuno e centomila.
Decide poi di concentrare il suo lavoro sulla creazione di opere teatrali, che gli diedero fama
mondiale. Dopo l'assassinio di Matteotti, si iscrisse al partito nazionale fascista, fatto che fece
molto scalpore, e divenne membro dell'Accademia d'Italia. Durante questi anni viaggiò molto,
soprattutto negli Stati Uniti e in Europa, ma al ritorno in Italia venne criticato dai fascisti. Nel
1934 ebbe il Nobel per la Letteratura, ma il regime decise di non interessarsi di lui perché le sue
opere non erano in linea con gli ideali fascisti; quindi Pirandello, tenendo un discorso sull'arte,
espresse il suo totale dissenso nei confronti del regime, spiegando che l'arte deve essere libera
e non condizionata da nessun tipo di politica o regime. Grande appassionato di cinematografia,
mentre assisteva a Cinecittà alle riprese di un film tratto dal suo "Il fu Mattia Pascal", si ammalò
di polmonite. Morì a Roma, mentre lavorava a “I giganti della montagna”. Il regime fascista
avrebbe voluto esequie di Stato. Vennero invece rispettate le sue volontà espresse nel
testamento: voleva che nessuno lo accompagnasse, né parenti né amici, ma solo l’infimo carro,
il cavallo, il cocchiere. Per sua volontà il corpo fu cremato, per evitare postume consacrazioni
cimiteriali e monumentali. Le sue ceneri furono sparse per il "Caos".

 PENSIERO E POETICA
Uno dei massimi drammaturghi del Novecento, le sue opere sono le più rappresentate al
mondo. Anche Pirandello, come il contemporaneo Svevo, è uno scrittore isolato, difficile da
inserire in uno specifico movimento letterario. Questo è dovuto alle vicende spesso travagliate
della sua vita, che lo orientarono ad una riflessione sull’esistenza, sul ruolo dell’uomo nella
società e sul destino che lo attende, per giungere a concludere che non c’è soluzione positiva
alla crisi che sconvolge i singoli individui e la società. Rifiuta il ruolo positivo e attivo in cui
credono altri uomini di cultura del primo Novecento, nel suo pessimismo Pirandello osserva la
crisi in cui si dibatte la sua epoca, e coglie acutamente l’alienazione dell’uomo moderno, senza
credere nella possibilità concreta di un cambiamento o di un riscatto. Nella vita Pirandello
avverte da un lato disordine e caos, dall’altro percepisce disgregazione e frammentazione.
Questi elementi, però, non si fermano alla realtà esterna: anche l’individuo, al suo interno,
manca di unità e di compattezza, si disgrega in frammenti. Tuttavia, secondo lo scrittore,
ciascuno di noi tende a fissarsi in una forma che vorrebbe presentarsi come unitaria e
compatta. Inoltre, tutti coloro che ci osservano, ci attribuiscono una forma diversa da quella in
cui noi stessi ci riconosciamo; per di più, anche la società, con le sue regole e istituzioni, ci
impone una "maschera". Di conseguenza, ognuno tende a deformare la realtà secondo la
personale visione del mondo, e l’immagine di ciascuno cambia con il mutare della prospettiva.
Solo l’ipocrisia delle istituzioni, delle ideologie e delle regole che l’uomo stesso si è dato tiene
uniti questi frammenti. L’uomo non riesce ad andare oltre apparenze, né a conoscere ciò che è
racchiuso in quelle forme di cui egli è responsabile ma anche prigioniero; per questo si dibatte,
impotente, nella loro trappola, ed è costretto a subire quelle leggi che sente false, ma che
rappresentano la sua unica possibile identità. Dal contrasto tra la vita e la forma nasce il
relativismo psicologico, che si esprime in due sensi: orizzontale, ovvero nel rapporto
interpersonale, e verticale, ovvero nel rapporto che una persona ha con sé stessa. Gli uomini
nascono liberi ma il Caso interviene nella loro vita precludendo ogni loro scelta: l'uomo nasce in
una società dove ad ognuno viene assegnata una parte secondo la quale deve comportarsi.
Pirandello è probabilmente l'autore che meglio rappresenta il periodo che va dalla crisi
successiva all'Unità d'Italia all'avvento del fascismo. Sul piano letterario il suo punto di partenza
fu il Naturalismo. Fin dal primo momento però l'oggetto delle rappresentazioni pirandelliane non
furono le classi popolari bensì la piccola borghesia.
Al centro della concezione pirandelliana sta il contrasto tra apparenza e sostanza. Qualsiasi
rappresentazione del mondo si rivela inadeguata alla verità della vita, percepita come un flusso
continuo, caotico e inarrestabile. In un mondo dominato dal caso e privo di senso, Pirandello
conferisce alla letteratura il compito di mostrare l'inadeguatezza degli strumenti logico-linguistici
di interpretazione della realtà. L’arte viene così messa in dubbio a dispetto le mistificazioni e i
falsi miti costruiti dagli scrittori del decadentismo, a cominciare da D'Annunzio.
L'analisi dell'identità condotta da Pirandello lo portò a formulare la teoria della disgregazione
dell'io: quando si arriva alla perdita dell'identità si entra nella follia, tema centrale in molte opere,
nel quale Pirandello inserisce addirittura una ricetta per la pazzia: dire sempre la verità
infischiandosene dei riguardi e delle maniere, delle ipocrisie e delle convenzioni sociali. Questo
comportamento porterà presto all'isolamento da parte della società e, agli occhi degli altri, alla
pazzia.
Tutta l’opera di Pirandello è costruita anche sul tema ironico, in quanto la condizione
dell’individuo e della società è talmente disperata che non resta altro che raccontarla con un
velo di sarcasmo.

 OPERE
 “L’esclusa”  il romanzo è incentrato su un personaggio femminile ed è dedicato alla
contraddizioni tra la società e le aspirazioni di una donna moderna e libera, priva di affermare la
propria autenticità personale a causa della poco felice condizione femminile.
 “Il turno”  romanzo comico in cui si intrecciano delle storie assurde, tra un uomo anziano
e la figlia che aspetta il su “turno” (morte del padre) per sposare uno svampito.
 “Il fu Mattia Pascal”  romanzo che gli ha il dato successo. Mattia Pascal vive in un
immaginario paese ligure, dove il padre ha lasciato in eredità alla moglie e ai due figli una
discreta fortuna. A gestire l'intero patrimonio è un avido e disonesto amministratore, la cui
nipote, Romilda, viene messa incinta da Mattia, che viene costretto a sposare Romilda e a
convivere con la suocera che lo disprezza, considerandolo un inetto. Mattia ottiene un lavoro
come bibliotecario ma dopo un po' di tempo, infelice per il lavoro umiliante e per il matrimonio
infelice, decide di fuggire in Francia. Una volta a Montecarlo e fermatosi a giocare alla roulette,
in seguito ad una serie di vincite fortunate, diventa ricco. Deciso a ritornare a casa per riscattare
la sua proprietà e vendicarsi dei soprusi della suocera, un altro fatto muta il suo destino. Mentre
è in treno legge per caso su un giornale che nel suo paese natale è stato ritrovato in un mulino il
cadavere di Mattia Pascal. Sebbene sconvolto, comprende presto che, credendolo tutti ormai
morto, può crearsi un'altra vita. Così, con il nome inventato di Adriano Meis si stabilisce a
Roma. Si innamora, ricambiato, di Adriana e sogna di sposarla e di vivere un'altra vita, ma
presto si rende conto che la sua esistenza è fittizia. Infatti, non essendo registrato all'anagrafe,
è come se non esistesse e pertanto non può sposare Adriana, non può denunciare un furto
subìto e non può svolgere alcuna delle normali attività quotidiane, poiché privo di identità. Finge
così un suicidio e ritorna al suo paese come Mattia Pascal. Sono intanto trascorsi due anni e
arrivato al paese, Mattia viene a sapere che la moglie si è risposata con il suo amico e ha avuto
una bambina. Si ritira così dalla vita e trascorre le sue giornate nella biblioteca polverosa dove
lavorava in precedenza a scrivere la sua storia e ogni tanto si reca al cimitero per portare sulla
tomba del "fu Mattia Pascal" una corona di fiori.
L’esperienza di Mattia Pascal diviene paradigma della sconfitta universale dell'uomo, incapace
di liberarsi delle maschere artificiali che regolano i rapporti sociali, condannato all’immobilità
della propria condizione. La storia di Mattia ha anche un importante e pessimistico retroscena:
in soli due anni tutti i suoi conoscenti lo dimenticano, la famiglia non sembra disperarsi della sua
morte e la moglie si risposa. Anche se la sua morte è stata una finta, Mattia ha perso tutto e non
può sperare di riottenerlo. La nostra società dimentica presto, sostituisce e va avanti.
 “L’Umorismo”  saggio in cui Pirandello distingue il comico dall'umorismo. Il primo nasce
dal contrasto tra l'apparenza e la realtà. L'umorismo, invece nasce da una meno superficiale
considerazione della situazione. Mentre quindi il comico genera quasi immediatamente la risata
perché mostra subito la situazione evidentemente contraria a quella che dovrebbe normalmente
essere, l'umorismo nasce da una più ponderata riflessione che genera una sorta di
compassione da cui si origina un sorriso di comprensione. Nell'umorismo c'è il senso di un
comune sentimento della fragilità umana da cui nasce un compatimento per le debolezze altrui
che sono anche le proprie. L'umorismo è meno spietato del comico che giudica in maniera
immediata.
 “I vecchi e i giovani”  romanzo sociale di ambientazione siciliana. È la Sicilia sconvolta
dalle lotte di classe tra i clericali e la classe dirigente. I personaggi del romanzo interpretano i
diversi aspetti della complessa situazione storica che stanno vivendo, rappresentano un
contrasto di concezioni e di ideali che si risolve nel contrasto tra due generazioni: quella vecchia
che ha fatto l'Unità e che vede perduta l'eredità del Risorgimento, e quella più giovane e
disillusa. Ne “I vecchi e i giovani” l'autore esprime un giudizio storico molto severo sul processo
di riunificazione dell’Italia e dello Stato nato da essa: parla di tre “fallimenti collettivi” riferendosi
al Risorgimento, all'unità, e al socialismo.
 “Suo marito”  indagine critica del mondo intellettuale attraverso i protagonisti: una
scrittrice che giunge al successo sostenuta dal marito.
 “Quaderni di Serafino Gubbio operatore”  in questo romanzo si narra la vicenda di
Serafino, un cineoperatore che annota in un diario tutti gli avvenimenti che riguardano quelli che
lavorano nel suo ambiente e soprattutto la storia di un'attrice russa, grande seduttrice di uomini.
Nella scena finale del romanzo Serafino riprende meccanicamente con la sua cinepresa una
scena terribile: l'amante dell’attrice sta girando una scena in cui deve uccidere una tigre;
tuttavia, invece di rivolgere l'arma verso l'animale, egli uccide l’amante per vendicarsi della sua
insensibilità verso gli uomini e per gelosia. Rimane però ucciso a sua volta, sbranato dalla
stessa tigre. Serafino, che sta filmando la scena, diviene muto per lo shock e rinuncia ad ogni
forma di sentimento e di comunicazione.
Il romanzo presenta una serie di riflessioni sull'inutilità della vita nell'era della macchina:
l'esistenza viene presentata come una corsa, tutto è all'insegna della fretta, non c'è tempo per
riflettere neanche sul significato della morte. Secondo Pirandello la meccanizzazione ha ormai
reso schiavo l'uomo ed è responsabile della perdita di gran parte dei valori. La meccanizzazione
ha tolto la possibilità di dare un senso alla vita: è questo il significato dell'afasia (mutismo) di cui
rimane vittima Serafino a causa dello shock per aver assistito all'orribile spettacolo dell'uomo
sbranato da una tigre mentre continuava a riprendere la scena.
 “Novelle per un anno”  scritte in seguito ad un contratto che stipulò con il Corriere della
sera, con cui s'impegnò a scriverne una al giorno per un intero anno per motivi economici.
Pirandello non portò completamente a termine il lavoro. Molto spesso, le novelle pirandelliane
rappresentano il primo abbozzo per riprendere poi trame e personaggi nei contesti più ampi dei
suoi romanzi e dei suoi pezzi di teatro.
L'esposizione di un evento singolare fornisce all'autore l'occasione di esprimere le tematiche
legate al dramma dell'esistenza. Un fatto oppure un avvenimento anche accidentale o poco
importante costringe i protagonisti alla riflessione sulla vita. Durante l'esposizione della storia,
essi si ritrovano spesso in un modo o nell'altro in uno stato di assoluta impotenza. Si tratta
spesso di personaggi con problemi economici e familiari, che vivono in condizioni molte volte
disumane, tematiche conosciute bene dall'autore. Nelle novelle di Pirandello troviamo inoltre il
pensiero dell'autore sulla questione sociale, inclusa nella visione tragica della vita. Vede l'uomo
come una creatura smarrita, che cerca la verità e la luce ma non può arrivarvi. Da ciò nasce
però un sentimento molto vivo di fraternità con gli uomini nel dolore.
 Pirandello scrisse anche numerose opere teatrali, divenne famoso proprio grazie al teatro
che chiama teatro dello specchio, perché in esso viene raffigurata la vita vera, amara, senza la
maschera dell'ipocrisia e delle convenienze sociali, di modo che lo spettatore si guardi come in
uno specchio così come realmente è, e diventi migliore. Scriverà moltissime opere, alcune della
quali rielaborazioni delle sue stesse novelle, che vengono divise in base alla fase di
maturazione dell'autore:
1. Il teatro siciliano  Pirandello è alle prime armi e ha ancora molto da imparare. Anch'essa
come le altre presenta varie caratteristiche di rilievo e in questo caso abbiamo il fatto che esso è
scritto tutto, interamente in dialetto Siciliano perché considerato dall'autore più vivo dell'italiano
ed esprime di più l'aderenza alla realtà. Ricordiamo: “Liolà” e “Pensaci, Giacomino”.
2. Il teatro umoristico  Mano a mano che l'autore si distacca dal verismo e si avvicina al
decadentismo si ha l'inizio della seconda fase con il teatro umoristico con numerosi paradossi,
infatti Pirandello presenta personaggi che spezzano le certezze del mondo borghese
introducendo la versione relativistica della realtà in cui lui vorrebbe trovare la dimensione
autentica della vita al di là della maschera. Lo scopo del drammaturgo è quello di “denudare le
maschere”. Ricordiamo: “Il giuoco delle parti”.
3. Il teatro nel teatro  Nella fase del teatro nel teatro le cose cambiano radicalmente, per
Pirandello il teatro deve parlare anche agli occhi non solo alle orecchie, a tal scopo ripristinerà
una tecnica teatrale di Shakespeare, il palcoscenico multiplo, in cui vi può per esempio essere
una casa divisa in cui si vedono varie scene fatte in varie stanze contemporaneamente; inoltre
nel teatro nel teatro si vede il mondo trasformarsi sul palcoscenico. Pirandello abolisce anche il
concetto della quarta parete, cioè la parete trasparente che sta tra attori e pubblico: in questa
fase, infatti, Pirandello tende a coinvolgere il pubblico che non è più passivo ma che rispecchia
la propria vita in quella agita degli attori sulla scena. Le opere della 3° fase appaiono spesso a
sfondo grottesco  rappresentazione strana, deformata della realtà, a cui è sottesa
un'intenzione satirica o parodistica; il passaggio da un fatto banale ad una serie di significati per
arrivare ad una situazione più complessa.
4. Il teatro dei miti  ricordiamo “I giganti della montagna”.
 “Sei personaggi in cerca d’autore”  il capolavoro teatrale di Pirandello, appartenente alla
3° fase.
All'entrata nel teatro, gli spettatori trovano il palcoscenico non coperto dal sipario, al buio e
vuoto, quasi in via di allestimento. La rappresentazione inizia con l'entrata del direttore-
capocomico, seguito dagli attori, che entrano alla spicciolata. Era in programma, infatti, la prova
de “Il giuoco delle parti”, altro dramma di Luigi Pirandello. Dopo l'inizio della prova, vengono
annunciati i sei personaggi (Padre, Madre, Figliastra, Bambina, Giovinetto, Figlio) che chiedono
che venga rappresentata sulla scena la loro storia, il loro dramma. Egli spiega al capocomico
come, dopo essere stati creati da un autore, siano stati rifiutati ed abbandonati da questo
nonostante i numerosi tentativi di convincerlo a terminare il dramma. Essi, quindi, sono in cerca
di un autore che possa rappresentare sulla scena il loro dramma.
Il loro dramma è questo: la Madre, dopo aver dato alla luce il Figlio, si è innamorata del
segretario del Padre, che si è fatto da parte; dalla nuova unione nascono tre figli. Dopo molti
anni il Padre, inconsapevole, incontra la Figliastra in una casa d'appuntamenti. Il rapporto
incestuoso è evitato per il sopravvenire della Madre sconvolta di trovare la figlia in quel luogo e
per giunta con il Padre. Il Padre vergognoso accoglie in casa tutta la famiglia, ma si crea una
situazione insostenibile: il Figlio si chiude in un mutismo ostile, la bambina cade nella vasca e il
ragazzo, che l'ha spiata morire senza intervenire, si uccide con una rivoltellata. Il Capocomico
è, suo malgrado, affascinato dalla materia teatrale che gli viene proposta. Ma qui si crea il
secondo dramma dei personaggi. Essi non si riconoscono nella recitazione degli attori: solo loro
possono rappresentare, o meglio vivere, la tragedia che è poi la loro realtà.
Il dramma si identifica con l’arte: i personaggi cercano l’armonia perduta per colpa della vita
stessa e l’unico posto che regala serenità è l’arte, che riesce a dare anche alle cose più
caotiche un loro ordine ed equilibrio.
- Pirandello scrisse alcune tragedie, che colgono sempre di più il senso della ricerca di ciò che
si cela dietro la maschera.
 “Enrico IV”  famosa tragedia della 3° fase. La tragedia narra di un giovane gentiluomo che
impersona Enrico IV di Germania durante una cavalcata in cui cade da cavallo, batte la testa e
impazzisce. Per 12 anni si crede davvero l'imperatore. Poi guarisce e comprende che il suo
rivale in amore, ormai sposato con l’amata Matilde, lo ha fatto cadere intenzionalmente. Decide
così di fingere di essere ancora pazzo, di immedesimarsi nella sua maschera per non voler
vedere la realtà dolorosa. Dopo 20 anni dalla caduta, Matilde con la famiglia e uno psichiatra
vanno a trovare Enrico IV. Lo psichiatra, per farlo guarire, prova a ricostruire e ripetere la caduta
da cavallo. La scena viene così allestita, ma al posto di Matilde recita la figlia. Enrico IV si
ritrova così di fronte la ragazza, che è esattamente uguale alla madre Matilde da giovane, la
donna che Enrico aveva amato e che amava ancora. Ha così uno slancio che lo porta ad
abbracciare la ragazza, ma il suo rivale, non vuole che sua figlia sia abbracciata da Enrico IV e
si oppone. Enrico IV lo trafigge con la spada uccidendolo e, per sfuggire alla prigione, decide di
fingersi pazzo per sempre.
 “Vestire gli ignudi”  Il dramma è la storia di chi sentendosi nudo, giudicandosi
insignificante, si riveste dei panni, fossero pure sporchi e laceri, che gli altri gli fanno indossare.
É la storia di Ersilia che sentendosi niente, per essere qualcosa, accetta di essere quella che gli
altri hanno voluto che fosse e attraversa una serie di spiacevoli vicende, tentando il suicidio.
Costretta a subire l’aggressività di alcuni personaggi, si avvelena.
 “I giganti della montagna”  dramma rimasto incompiuto. La pièce narra la vicenda di un
gruppo di disadattati che trovano rifugio in una villa chiamata La Scalogna e incontrano una
compagnia di attori in procinto di mettere in piedi la rappresentazione di un pezzo teatrale.
Viene quindi richiamato il principio di teatro nel teatro usato da Pirandello.
 “Uno, nessuno e centomila”  romanzo che narra di Vitangelo, dalla banale constatazione
che il naso che egli crede di avere è diverso da quello che sua moglie gli riconosce, parte per
un viaggio dentro e fuori di sé che lo conduce ad una riflessione sull’intera esistenza e alla follia.
Vitangelo si rende conto che gli altri lo vedono in una maniera diversa da come lui stesso crede
di essere. Non esiste solo un Vitangelo, ma ne esistono tanti quanti sono gli esseri umani con i
quali stabilisce anche una minima e fugace relazione. Non esiste un io autentico e oggettivo.
Scoprire di non essere per gli altri quell’Uno che crede di essere per sé accende in lui il
desiderio di distruggere queste forme a lui estranee per scoprire il vero sé. Tenta di distruggere
le errate convinzioni della gente, a cominciare da quelle della moglie. In questo romanzo
troviamo la situazione di ogni uomo, che in realtà è:
Uno: perché ogni persona crede di essere un individuo unico con caratteristiche particolari;
Centomila: perché per ogni persona ha una personalità diversa
Nessuno perché se l'uomo ha 100.000 personalità invero non ne possiede nessuna, nel
continuo cambiare non è capace di fermarsi nel suo vero "io".
Rendendosene conto, l’uomo reagisce in modo differente:
1. accetta la maschera, che lui stesso ha messo o con cui gli altri lo identificarlo. Ha provato a
mostrarsi per quello che lui crede di essere ma, dopo l'esperienza di vedersi attribuita una
nuova maschera, si rassegna. Accetta passivamente il ruolo da recitare che gli si attribuisce
sulla scena dell'esistenza.
2. non si rassegna alla sua maschera però accetta il suo ruolo con un atteggiamento ironico,
aggressivo o umoristico.
3. vuole togliersi la maschera che gli è stata imposta e reagisce con disperazione. Non riesce a
strapparsela ed allora se è così che lo vuole il mondo, egli allora sarà quello che gli altri credono
di vedere in lui e non si fermerà nel mantenere questo suo atteggiamento sino alle ultime e
drammatiche conseguenze. Si chiuderà in una solitudine disperata che lo porta al dramma, alla
pazzia o al suicidio.
ITALO SVEVO (1861 – 1928)
Scrittore. Nacque a Trieste da famiglia borghese. Il suo vero nome era Ettore Schmitz ed era il
quinto di otto figli. Ettore intraprese gli studi commerciali, così come voleva il padre. A 12 anni
andò a studiare, con i fratelli, in un collegio tedesco e frequentò a Trieste l'Istituto Commerciale
ma l'anno seguente, per dissesti economici familiari, dovette impiegarsi in banca dove lavorò
per vent'anni. Per arrotondare le entrate fece inoltre l'insegnante e il giornalista. Le ore libere le
occupava studiando letteratura, la sua passione, e iniziò a scrivere, ma i suoi primi libri vennero
accolti con freddezza dalla critica e dal pubblico. Deluso dalla letteratura, Svevo trascorse un
lungo periodo di silenzio. Sposò una sua cugina ed entrò come socio nella ditta commerciale
del suocero, di cui assunse poi la direzione. Svevo a Trieste conobbe Joyce, divenne il suo
insegnante di inglese oltre che amico ed estimatore. Nello stesso periodo avvenne la sua
scoperta della psicoanalisi: Svevo se ne appassionò, leggendo molti libri di Freud, e tentando
persino un’autoanalisi. Anche il suo capolavoro, La coscienza di Zeno, frutto di anni di lavoro e
di riflessione passò fra l'indifferenza della critica. Finalmente il successo letterario giunse
quando una rivista francese dedicò un numero allo scrittore triestino. La fama dalla Francia si
diffuse ben presto anche in Italia, grazie a Eugenio Montale, che parlò di Svevo in termini
entusiastici. Italo Svevo morì in seguito a un incidente automobilistico.

 PENSIERO E POETICA
Persona scontrosa, Svevo, come Pirandello, è un autore “isolato”, non del tutto appartenente ad
una determinata corrente di pensiero. La cultura di Svevo poggia sulla conoscenza dei classici
italiani tedeschi e francesi, la filosofia di Schopenhauer e la frequentazione del pensiero di
Freud. In lui è il trapasso dal Naturalismo a una descrizione del reale più analitica e introversa. I
dati realistici, la raffigurazione dei vari ceti, la rappresentazione dell'ambiente vanno incontro a
una crescente interiorizzazione, usati come specchi per chiarire i complessi e contraddittori moti
della coscienza. Da Freud, Svevo riprende la propensione a valersi di tecniche scientifiche di
conoscenza e dello studio dell'inconscio e il rifiuto di qualunque ottica di tipo metafisico,
spiritualistico o idealistico. Ma Svevo rifiuta sempre di aderire totalmente al sistema teorico di
Freud: accetta la psicoanalisi come tecnica di conoscenza, ma la respinge sia come visione
totalizzante della vita, sia come terapia medica. Anche da Schopenhauer Svevo riprende alcuni
strumenti di analisi e di critica, ma non la soluzione filosofica ed esistenziale: non accetta cioè la
proposta di una saggezza da raggiungersi attraverso la rinuncia alla volontà, e il soffocamento
degli istinti vitali. Il rifiuto della psicoanalisi come terapia rivela una difesa dei diritti dei cosiddetti
"ammalati" rispetto ai "sani". La nevrosi, per Svevo, è anche un segno positivo di non
rassegnazione e di non adattamento ai meccanismi alienanti della civiltà. Per questo l'ultimo
Svevo, in opposizione all'uomo efficiente ma del tutto integrato nei meccanismi della società
borghese, difende la propria "inettitudine" e la propria nevrosi, viste come forme di resistenza
all'alienazione circostante. Al centro delle sue storie vi è sempre un solo personaggio, un
individuo infelice, incapace di affrontare la realtà e a cui soccombe; nello stesso tempo, il
singolo tenta di nascondere a sé stesso la sua inettitudine, sognando evasioni, cercando
diversivi, giustificazioni, compensi. Svevo smonta l'io del protagonista, rivelando ironicamente e
talvolta comicamente la sua fluente instabilità, in cui passato e presente, ricordi e desideri, si
intrecciano e condizionano reciprocamente.

 OPERE
 “Una vita”  Alle origini il romanzo venne presentato alla casa editrice con il titolo "Un
inetto", in seguito Svevo fu invitato a modificare il titolo del romanzo, reintitolandolo così "Una
vita". Il romanzo presenta nello schema una storia tardoverista, configurandosi come racconto
di un vinto, cioè di un uomo sconfitto dalla vita. Alfonso è sconfitto non da cause esterne,
sociali, ma interiori, proprie del suo modo di essere. Il protagonista incarna la figura dell'inetto,
cioè di un uomo caratterizzato non da un'incapacità generica, ma da una volontà precisa di
rifiutare le leggi sociali e la logica della lotta per la vita.
Il romanzo narra di Alfonso Nitti, trasferitosi dalla campagna a Trieste, trova un impiego in
banca, ma non riesce a stabilire contatti umani e vede le sue ambizioni economiche e letterarie
frustrate. Vive una relazione con la figlia del proprietario della banca. Potrebbe sposarla, ma
preso dall'inettitudine fugge al paese natale inventando la scusa di dover dare conforto alla
madre malata. In seguito alla morte della madre è convinto di aver trovato finalmente il suo
modo di vivere che consiste nel dominare le passioni. In realtà il protagonista è ben presto furia
di queste ultime. Infatti ritornato a Trieste, rivede l’amante e le scrive una lettera, questa però si
è sposata con suo cugino scatenando la gelosia di Alfonso. La donna non risponde a questa
lettera. Il protagonista così si suicida, conscio del suo fallimento.
 “Senilità”  romanzo pubblicato a spese dell'autore, che però non ottenne alcun successo.
Narra la storia di Emilio Brentani, conosciuto per aver scritto un romanzo, lavora come
impiegato in una compagnia di assicurazioni. Vive in un appartamento con la sorella. Emilio
conosce Angiolina, di cui si innamora, e ciò lo porta a trascurare la sorella e un amico, che non
crede nell'amore e cerca di convincere Emilio a intrattenere una relazione frivola con Angiolina.
Emilio dimostra invece tutto il suo amore nei confronti di questa donna, arrivando anche a
trascurare gli indizi degli amici che cercavano di avvertirlo dei suoi numerosi tradimenti. Finchè
il suo amico e sua sorella si innamorano. Emilio, geloso della sorella, che in seguito si ammala
di polmonite, allontana l’amico. Emilio segue la sorella malata, ma col pensiero sempre rivolto
ad Angiolina, arrivando anche ad abbandonare la sorella più volte per andare ad un
appuntamento con lei. Dopo la morte della sorella, Emilio smette di frequentare Angiolina, pur
amandola. Viene poi a sapere che Angiolina è fuggita con il cassiere di una banca. Anni dopo,
nel ricordo, Emilio vede le due donne fuse in una singola persona, con l'aspetto dell'amata e il
carattere della sorella. Anche in questo romanzo compare la figura dell’inetto, che non è riuscito
ad intrattenere buone relazioni con nessuno dei suoi cari, perdendoli tutti.
 “La coscienza di Zeno”  Deluso dall'insuccesso letterario, Svevo decide di dedicarsi
esclusivamente al commercio. Ma a seguito dell’incontro con Joyce e alla scoperta di Freud
riprende a scrivere, pubblicando “La coscienza di Zeno”. L'opera, più costruita sulla forma del
diario che del romanzo, riassume l'esperienza umana di Zeno, il quale racconta la propria vita in
modo così ironicamente disincantato e distaccato che l'esistenza gli appare tragica e insieme
comica. E’ una brillante commedia e per comprendere che l'unico mezzo per essere sani è la
persuasione di esserlo.
II romanzo si apre con lo psicanalista che induce il paziente Zeno Cosini, vecchio commerciante
triestino, a scrivere un'autobiografia come contributo al lavoro psicanalitico. Poiché il paziente si
è sottratto alle cure prima del previsto, il dottore per vendicarsi pubblica il manoscritto. Zeno si
impegna così a scrivere il suo memoriale, raccolto intorno ad alcuni temi ed episodi, quali la
volontà di smettere di fumare, il difficile rapporto con il padre, il rifiuto avuto da due donne e
l’indecisione tra la moglie e l’amante, tutte esperienze fallite clamorosamente. Zeno,
abbandonato lo psicanalista, scrive un altro capitolo, intitolato Psico-analisi. Egli spiega i motivi
dell'abbandono della cura e si dichiara guarito, grazie alla capacità di convivere con la propria
malattia, come una persuasione di salute. Il finale è duplice: il primo comporta la dichiarazione
di Zeno di essere "guarito" perché è un uomo ricco e di successo. Il secondo è contenuto nelle
due pagine conclusive del romanzo e sembra non avere un collegamento con il personaggio
"Zeno". Pertanto ci si affida a due interpretazioni. Nella prima il mondo sarà distrutto da un
esplosivo collocato al centro della terra  simbolo dell'impossibilità di risolvere il problema
esistenziale dell'uomo. La seconda sarebbe di tipo socio-politico: quel mondo è la classe
borghese che cadrà su se stessa.
 Opere postume  di queste opere, di discreto successo, ricordiamo:
- “La novella del buon vecchio e della bella fanciulla”  Storia di un vecchio innamorato di
una fanciulla di cui lui si occupava. Il carattere e bonario del racconto non deve trarre in
inganno: Svevo delinea la realtà dei rapporti, degli alibi che accampano i personaggi. "la bella
fanciulla" simbolo della giovinezza porta alla morte il vecchio, mentre "il buon vecchio" con le
sue accortezze di bontà che nascondono l'interesse e il tornaconto è produttore di degrado e
corruzione.
- Ancora postumi sono i racconti di “Corto viaggio sentimentale” e “Saggi e pagine
sparse” che comprendono frammenti di una possibile continuazione della storia di Zeno.
 Svevo scrisse anche numerosi testi teatrali, mai rappresentati perché non ebbero successo.

IDEOLOGIA E POLITICA
All’affermazione di nuove correnti letterarie si accompagnò la distruzione delle guerre mondiali e
la diffusione dei regimi totalitari,come il fascismo. Grandi contributi intellettuali al rinnovamento
dell’Italia durante e dopo il fascismo dettero, in modo particolare Benedetto Croce, Antonio
Gramsci e Francesco Flora, giornalista, ermetico e allievo di Croce.

BENEDETTO CROCE (1886 – 1952)


Filosofo, storico, scrittore e politico italiano, principale ideologo del Liberalismo. Nato a
Pescasseroli negli Abruzzi, non era laureato. Aveva studiato in casa, dove la famiglia perse la
vita nel terremoto. Legato per tutta la vita a Napoli, Benedetto Croce era dotato di una enorme
capacità lavorativa, durata fino alla morte. Teorico dello storicismo e dell'idealismo, è
conosciuto per la sua teoria delle quattro sfere dello spirito: la morale, la politica, l'estetica e
l'etica; ognuna di queste ha, secondo Croce, una propria autonomia, ma tutte godono della
circolarità dello spirito. Giolittiano, senatore di nomina regia, fu ministro della Pubblica istruzione
nel dopoguerra. Legato da amicizia con Giovanni Gentile, padre ideologico del fascismo,
Croce ruppe questa amicizia quando Gentile pubblicò il Manifesto degli intellettuali fascisti. Per
tutta la vita partecipò vivamente e attivamente alla politica lottando contro il fascismo, che lo
portò anche all’esilio. Croce si oppose al Decadentismo, convinto che fosse estremamente
pericoloso perché dava eccessiva importanza agli impulsi dell’anima, e cercò di bloccarlo per
non dare eccessivo spazio ai personaggi decadenti. Difendeva invece Giosuè Carducci, poeta
dei gesti eroici. Croce si scagliò contro la mancanza di ideali e valori costruttivi, deprecando
l’autocommiserazione, la mancanza di impegno e il culto della sola forma esteriore, da lui
giudicato cinico e immorale. L’eccessivo interesse dato alla malattia e la crisi sarebbe stato
positivo, secondo Croce, se equilibrato da forze politiche propositive e voglia di fare, com’era
accaduto con il Romanticismo, ma nel Decadentismo si esauriva in una lamentela fine a se
stessa.

ANTONIO GRAMSCI (1891 – 1937)


Politico, filosofo e giornalista. Fu uno dei fondatori del Partito comunista italiano. Iscrittosi al
Partito socialista divenne giornalista del quotidiano del partito, e successivamente fondò un
settimanale culturale, “L’Ordine Nuovo“, indirizzato alla classe operaia e vicino alle posizioni
dell’Internazionale comunista.
Gramsci fu uno degli organizzatori degli scioperi e delle occupazioni delle fabbriche nell’Italia
settentrionale. Gli scioperi non ottennero i risultati sperati e, all’interno del Partito socialista,
l’insuccesso venne ad aggravare una crisi già in corso: Gramsci fondò il Partito comunista
d’Italia, che si proponeva di unire la classe operaia e le masse contadine del Mezzogiorno, nel
perseguimento di obiettivi comuni.
Organizzò l’opposizione parlamentare contro l’instaurazione della dittatura fascista di Benito
Mussolini.
Al decreto di Mussolini dello scioglimento di ogni movimento politico, Gramsci venne arrestato,
rifiutando di inoltrare domanda di grazia. Agli anni del carcere risalgono le sue Riflessioni sulla
storia intellettuale e politica dell’Italia e sul marxismo, ma esse furono note soltanto dieci anni
dopo la sua morte, in seguito alla liberazione dell’Italia dal fascismo.

LETTERATURA DEL PRIMO DOPOGUERRA


La letteratura del primo dopoguerra si aprì con un ritorno all’ordine, agli equilibri formali e al
valore della tradizione in senso classicistico. Massima promotrice di questa tendenza fu la
rivista romana “La Ronda”. Due le figure di maggior spicco di questa esperienza letteraria: il
poeta e narratore Vincenzo Cardarelli e il critico Emilio Cecchi. In contrasto con la cultura del
fascismo, una decisa apertura europea si deve alla rivista fiorentina “Solaria”. Qui si creava quel
mito dell’America divenuto fondamentale a partire dagli anni Trenta. In questa età assunse
grande rilievo la lirica, presentata perlopiù come esperienza assoluta di un io lirico che vaga
solitario, in una sorta di odissea individuale, negli spazi della civiltà moderna. I letterati del
tempo si ispirarono anche alla corrente artistica del Surrealismo francese, nato negli anni
Venti, cerca di dare corpo a tutti gli stati psichici che creano nell'immaginazione dell'uomo zone
di smarrimento o di "spaesamento", come i temi forniti dal sogno, dal subconscio, dal caso,
dalla follia.
Il romanzo novecentesco è di tipo sperimentale che espone gli stati d’animo dell’uomo, il quale
non può conoscere la realtà (psicologie complesse e personaggi disorientati). L’attenzione dello
scrittore si sposta all’interno dell’animo umano. Il romanzo novecentesco è ampiamente
influenzato dagli studi sulla psicanalisi e dal cinema, dove l’uomo moderno esprime sé stesso e
descrive i suoi sogni. Uno dei personaggi più rappresentati è l’inetto, il tempo non è lineare e
non scorre in ordine cronologico, così come gli spazi esistono in funzione del personaggio che li
guarda.

 MAGGIORI ESPONENTI
- Alberto Savinio, Achille Campanile
- Dino Buzzati  giornalista, narratore e drammaturgo lombardo. Buzzati si rifece al modello
narrativo di Franz Kafka: anche le sue storie rappresentano infatti con lucida esattezza vicende
surreali, spesso ai limiti del sogno, che tendono ad assumere valore di simbolo. Le sue opere
sono quasi sempre dominate da un'atmosfera di oscura oppressione, di angoscia di fronte agli
incomprensibili meccanismi del destino e delle stesse istituzioni sociali.

UMBERTO SABA (1883 – 1957)


Poeta e scrittore. Nacque a Trieste da nobile famiglia. La madre, ebrea, fu abbandonata dal
marito prima della nascita del figlio. Saba conobbe il padre solo da adulto ma ne rifiutò il
cognome, assumendone uno come omaggio alla razza materna ("Saba"pane, in ebraico).
Senza aver terminato gli studi, lavorò come praticante in una casa di commercio triestina.
Esordì come poeta con l'edizione privata de “Il mio primo libro di poesia”, ma la sua prima
vera uscita fu con “Poesie”. Soggiornò a Firenze e collaborò con una rivista. Fu militare
durante la prima guerra mondiale, ma non al fronte. Dopo la guerra divenne proprietario di una
libreria antiquaria. Presso la sua Libreria pubblicò “il Canzoniere”, che la critica accolse con
freddezza. Contemporaneamente peggiorarono le sue condizioni psichiche, già da anni
sofferente di nevrosi, fu si sottopose a cure psicoanalitiche spesso intense. Con la
promulgazione delle leggi razziali fu costretto a rifugiarsi prima a Parigi poi a Firenze dove
Montale e altri intellettuali antifascisti lo protessero. Subito dopo la guerra fu pubblicata la
seconda edizione del Canzoniere, destinata a ottenere massimi e unanimi consensi. La fama
non l'aiutò a vincere le crescenti crisi depressive che lo costrinsero a un quasi totale isolamento
e al ricovero in una clinica romana. Alla morte della moglie si stabilì a Gorizia dove rimase fino
alla morte.

 PENSIERO E POETICA
Saba non ha una chiara corrente di appartenenza, si mantenne infatti sempre estraneo alle
correnti dominanti. La sua immagine è quella di un poeta solitario e coerente, contrario ai miti
dannunziani, i futuristi ed ermetici. Saba ha sempre dichiarato di aver cercato nella propria
opera la verità, quella più profonda e nascosta, di cui noi stessi non abbiamo chiara
consapevolezza e che solo l'esperienza del dolore può rivelarci. La poesia diventa quindi
strumento per la ricerca della verità interiore e si serve di versi chiari e trasparenti che fa
apparire un mondo e lo rischiara. Il colloquio confidenziale con la realtà si arricchisce in seguito
di toni lirici e si volge ai temi della gioia, del dolore, della morte e gradatamente la poesia
diviene riflessione esistenziale ed accettazione rassegnata del tempo che fugge.
Nelle ultime raccolte, accanto alla contemplazione della vita si insinuano il ricordo e la nostalgia
del passato. I temi delle opere sono sempre gli stessi, poiché per Saba la vita è immutabile:
l'uomo, ed in questo segue il pensiero di Leopardi, spera sempre un domani migliore, anche se
sa che il nuovo giorno porterà le stesse sofferenze di quello trascorso. Saba è conosciuto per la
fedeltà ai propri temi, la ricchezza sentimentale, l'impegno umano, l'itinerario spirituale. La sua
poesia è, soprattutto, storia della sua esistenza, contemplata con la fermezza di chi sa trovare
nel dolore e nella pena il segno del destino umano, in nome del quale si sente unito agli altri
uomini. Il fondo costante di Saba è la consapevolezza malinconica di una esistenza immutabile
e la malinconia è alleviata dalla contemplazione delle cose quotidiane, dal sentirsi vivere,
dall'accettare le passioni come sempre diverse e sempre le stesse.

 OPERE
 “Il Canzoniere”  raccolta di tutte le sue poesie. I temi della sua poesia sono: Trieste, la
città natale, il mare, simbolo di fuga ed avventure spirituali, gli affetti personali e familiari, le
memorie dell'infanzia, il rapporto con la natura e le riflessioni sull'attualità. Il Canzoniere è
progettato secondo un itinerario poetico che segue fedelmente quello della vita dell'autore, che
lasciò le poesie in ordine cronologico come una sorta di romanzo della sua vita. La struttura del
Canzoniere si pone quindi come parallela al flusso continuo e ininterrotto della vita dell'autore,
narrandone poeticamente gli eventi significativi.
 “Prose”  accoglie tutta la produzione in prosa: romanzi, racconti e le 7 novelle.
 “Storia e cronistoria del Canzoniere”
 “Ernesto”  uscito postumo. Ambientato in una Trieste di fine secolo, è rievocazione e
descrizione di inquietudini e ambigue curiosità adolescenziali con una forte componente
autobiografica. Il protagonista, Ernesto, è un ragazzo di idee socialiste, che vive con la madre,
studia il violino e legge molto. Fa anche il praticante presso un venditore di farina. Qui inizia dei
rapporti amorosi puramente fisici e scandalosi. Nell'ultimo capitolo, Ernesto ad un concerto
incontra un giovane bello e sicuro di sé col quale sente un irresistibile bisogno di parlare, di
comunicare. Il capitolo si conclude proprio sull'avvio di questa comunicazione.

ERMETISMO
Sviluppatosi durante il ventennio fascista, intorno agli anni Venti, dove si realizzò un
rinnovamento del linguaggio, che apparve diverso e svincolato dagli schemi tradizionali della
poesia. Il termine, che deriva da Ermete, dio delle scienze occulte, fu coniato dal critico
letterario Francesco Flora, per indicare che si trattava di una poesia pura, chiusa (ermetica) e
fuori dagli schemi. L’Ermetismo esprimeva il bisogno di recuperare la purezza originaria degli
individui, la loro primitiva semplicità e forza d'animo. Il compito della poesia ermetica era di
portare alla luce l'essenza segreta del reale, scoprendo i lati più nascosti dell'animo umano e
delle cose, testimoniando la sofferenza esistenziale. La poesia ermetica interpreta una
condizione spirituale nuova e legata alle vicende storiche italiane ed esprime il disagio
dell'uomo sui problemi della società. I poeti ricorrevano all'uso della metafora e dell'analogia per
rendere carichi di significati i loro messaggi.
I poeti ermetici perseguono l'ideale di una “poesia libera pura” da ogni finalità pratica, senza
scopo educativo, che rivelasse la verità con estrema sincerità. Il tema centrale della poesia
ermetica è il senso della solitudine disperata dell'uomo moderno che ha perduto fede negli
antichi valori, nei miti della civiltà romantica e positivistica e non ha più certezze a cui ancorarsi
saldamente. Egli vive in un mondo incomprensibile sconvolto dalle guerre e offeso dalle
dittature per tanto il poeta ha una visione della vita sfiduciata, priva di illusioni. Costoro rifiutano
la parola come atto di comunicazione per lasciarle solo il carattere evocativo. La poesia degli
ermetici è una poesia di stati d'animo, di ripiegamento interiore espresso in un tono raccolto e
sommesso. Il linguaggio ermetico non è mai narrativo, ma diventa sintetico, ricco di immagini
rapide e rivelatrici, sviluppate in periodi e versi brevissimi. Inoltre spesso il poeta ermetico per
trasmettere in modo diretto il suo messaggio e sollecitare nel lettore immagini insolite e
suggestive.
Il nuovo poeta non ha più miti e certezze in cui credere, perciò va alla ricerca di parole
essenziali, scabre e secche che meglio descrivano il loro stato d'animo; per poter far questo
ricorrono alla poetica dell’analogia e alla sinestesia. L'analogia si può considerare una metafora
in cui è stato soppresso il primo termine di paragone (es.: da "accarezzo i tuoi capelli neri come
la notte" a "accarezzo la tua notte").

 MAGGIORI ESPONENTI
- Giuseppe Ungaretti (padre dell’Ermetismo)
- Eugenio Montale, Salvatore Quasimodo
- Alda Merini  poetessa milanese. I suoi versi, insieme delicati e irruenti, esprimono una
sofferta ansia ascetica (una vita caratterizzata dal rifiutare i piaceri terreni e vivere in austerità.
Gli ascetici percepiscono le loro pratiche come virtù e le ricercano per raggiungere maggiore
spiritualità. Molti asceti credono che l'azione di purificare il corpo aiuti a purificare l'anima, e a
ottenere perciò un maggiore legame con ciò che è divino pace interiore).
- Maria Luisa Spaziali (amante di Montale)
- Mario Luzi  poeta fiorentino, ultimo rappresentante dell’Ermetismo. La sua poetica si
caratterizzò per il contrasto tra tempo ed eternità, e tra apparenza ed essenza, la denuncia di
una società vuota, senza valori, senza sicurezza e senza significato. Nella produzione del poeta
si avverte la speranza che la solitudine del poeta possa essere superata dall'amore.

GIUSEPPE UNGARETTI (1888 – 1970)


Poeta e scrittore. Nacque ad Alessandria d’Egitto, dove la famiglia, di origine toscana, si era
trasferita per lavoro. Da giovane lasciò l'Egitto e si recò a Parigi, nel tragitto vide per la prima
volta l'Italia. Dopo un soggiorno a Parigi, dove frequentò per due anni la Sorbona, tornò in Italia
per prendere l'abilitazione all'insegnamento del francese. Interventista, allo scoppio della prima
guerra mondiale si arruolò volontario e combatté sul Carso e sul fronte francese. Già prima
della guerra aveva scritto alcune liriche pubblicate su “Lacerba”, mentre al termine della guerra
scrisse la prima poesia su di essa. Dopo la guerra Giuseppe Ungaretti visse ancora a Parigi,
dove lavorò all'Ambasciata d'Italia. Tornato in Italia, Ungaretti collaborò all'Ufficio stampa del
Ministero degli Esteri. Aderendo al fascismo firmò il "Manifesto degli intellettuali fascisti". In
questi anni svolse un’intensa attività su quotidiani e riviste francesi e italiane e realizzò diversi
viaggi in Italia e all'estero per varie conferenze, ottenendo nel frattempo vari riconoscimenti
ufficiali. Convertitosi al cristianesimo e accettò l'incarico di corrispondente per "La gazzetta del
popolo", compiendo numerosi viaggi. Si trasferì poi in Brasile, dove insegnò Letteratura Italiana
presso l'Università di San Paolo. Esponente dell'Ermetismo si avvicinò poi gradualmente alla
tradizione classica rivelando come sua più alta ambizione la fiducia nella parola del poeta,
unico punto fermo nel naufragio universale. Provato da vari lutti che lasciano il segno nella sua
tematica poetica, venne nominato "Accademico d'Italia" e gli venne affidata la cattedra di
Letteratura Italiana a Roma. Alla caduta del fascismo fu sottoposto ad una dura critica per la
sua adesione al regime. Morì a Milano dopo una vecchiaia attivissima.

 PENSIERO E POETICA
Alla base della formazione di Ungaretti c’è il Simbolismo francese. Per il poeta la poesia è
testimonianza assoluta dell’uomo, è sacra, resiste a tutte le violenze della storia. Tutta
l’esperienza di Ungaretti è dominata dalla poetica dell’analogia. In un primo periodo riduce al
minimo la parola, i componimenti sono brevissimi, poi l’espressione diventa ampia ed estesa,
volta a recuperare le forme più eleganti e tradizionali, ispirandosi a Petrarca e Leopardi, avvolge
complessi intrecci che mirano ad evocare qualcosa di sacro e misterioso. Sul piano umano il
poeta procede da un'iniziale constatazione della solitudine e del dolore dell'uomo alla
riconquista delle certezze offerte dalla fede, alla coscienza di ripercorrere, nell'esperienza
dolorosa della propria esistenza, una strada che è comune a tutti gli uomini.

 OPERE
 “L’Allegria”  al centro della raccolta è l'esperienza della Grande Guerra combattuta dal
poeta in trincea. Si presenta come un diario del tempo di guerra, e ognuno dei componimenti è
seguito dall'indicazione del luogo e della data. La poesia assume la forma di un viaggio, che
rappresenta la volontà di rialzarsi nonostante gli orrori della guerra mondiale, è il mezzo per
affermare la propria dignità e umanità, per ritrovare se stessi dopo la catastrofe. Dalle poesie,
scarne e brevi, traspare il triste destino umano contro una realtà che gli è ostile. Il titolo
dell’opera allude alla paradossale vitalità del poeta, che si impone tra morte e distruzione. Sullo
sfondo desolato della guerra, misto a momenti di meditazione morale, sentimentale e
nostalgica, le parole appaiono brevi e semplici in quanto avanti alla distruzione, neanche le più
auliche parole poetiche possono far nulla.
 “Sentimento del tempo”  raccolta di poesie il cui tema centrale è la percezione tra il
presente, il passato, e l'eterno. Il discorso di Ungaretti si fa più complesso, ricco di preziosità, di
termini ricercati, con un recupero della punteggiatura, avvicinandosi molto al Barocco Romano,
metafora della condizione della vita, che è creazione e distruzione.
 “Il Dolore”  raccolta di poesie incentrate sul dolore del poeta, causato soprattutto dalla
morte del figlio e del fratello, a cui si aggiunge la lacerante esperienza dalla visione dell'Italia
straziata dalla guerra. La morte di un bimbo di nove anni lo porta a considerare la natura sotto
un aspetto nuovo. Gli si configura così in modo preciso la violenza che la vita stessa comporta.
Per esprimere l'angoscia di tale scoperta e la sofferenza nella sopportazione della vita,
Ungaretti modula il suo canto su un tono nuovo utilizzando la parola gridata o l'affanno reso con
dei puntini di sospensione.
Prima di morire, le sue poesie, aggiunte ad altre, sono state inserite nella raccolta “Vita di un
uomo”.
SALVATORE QUASIMODO (1901 – 1968)
Poeta. Nacque in provincia di Ragusa da un ferroviere, per questo era costretto a spostarsi
frequentemente con la propria famiglia. Lasciò la Sicilia alla volta di Roma, dove visse con una
donna. Si spostò poi a Firenze, dove conobbe Montale, e a Imperia. Nel frattempo iniziava la
sua vasta produzione, che ebbe grande successo. Intrecciò relazioni amorose e burrascose con
donne già sposate e più grandi di lui e da una di queste donne ebbe una figlia, fin quando
conobbe una danzatrice, scoprendo l’amore autentico, da cui nacque un figlio. Quasimodo era
incapace di fedeltà coniugale e il poeta e la sua donna scelsero di vivere divisi. Non partecipò
alla resistenza ma si accostò alla politica come militante, e soprattutto come scrittore. Negli
ultimi anni della sua vita gli fu conferito il Nobel per la Letteratura. Si trovava ad Amalfi quando
fu colpito da un ictus, che gli provocò la morte.

 POETICA
La produzione di Quasimodo può essere divisa in 3 fasi: 1. Periodo ermetico
2. periodo traduttore
3. periodo civile: rinuncia al linguaggio
lirico
e si rinnova dopo aver sperimentato
la trad.
Nella prima fase della sua evoluzione preferì l'ambientazione in una Sicilia dal sapore mitico,
che non viene meno nei successivi momenti della sua storia spirituale. In seguito la sua opera
cominciò a riflettere in modo più diretto l'opposizione al regime fascista e l'orrore della guerra.
Prevalse poi un andamento di carattere narrativo, non legato a temi di cronaca.
Quasimodo è tra i maggiori interpreti della condizione dell'uomo moderno. Aderì all'Ermetismo
per la sua esigenza di concretezza e perché vide nella nuova poesia un sussidio contro il
Romanticismo, il sentimentalismo, l'autobiografismo e qualcosa di utile per il raggiungimento di
una più acuta visione delle cose; il suo ermetismo risultò in ogni caso originale, poiché egli aderì
ad un linguaggio scarno ma non privo di sfumature musicali e caratterizzato da un velo di
tristezza. Le tragiche esperienze del conflitto indussero in particolare il poeta ad allontanarsi
dagli aspetti più rigidi dell'Ermetismo, ad abbandonare le meditazioni solitarie e ad avvicinarsi a
tutti gli uomini, nel tentativo di aiutarli nella ricostruzione degli antichi valori. In questo periodo è
significativa la volontà dell'autore di agire per la trasformazione della realtà e per la
realizzazione di un mondo migliore. Questo ideale illumina tutta la produzione dell'autore e che
partecipò costantemente al rinnovamento della letteratura.

 OPERE
 “Acque e terre” e “Ed è subito sera”  raccolte di poesie in cui Quasimodo sviluppò i temi
connessi con la solitudine, con lo sradicamento dell'uomo, che egli individuava anche nella sua
personale condizione di esule legato al mondo della sua infanzia, ossia ad una dimensione di
bontà e di sanità non più raggiungibile.
 Collegato al legame affettivo che lo univa al mondo siciliano, fu l’interesse per il mondo
greco. Pubblicò infatti molti libri di Traduzioni dei classici greci.
 “Giorno dopo giorno” e “La vita non è un sogno”  raccolte di poesie a seguito della
guerra, in cui l’autore si sente chiamato ad arricchire la propria poesia con un’attenzione alla
realtà sociale, nell’ambizioso proposito di collaborare, con i valori eterni della poesia, a
“rinnovare” l’uomo.

EUGENIO MONTALE (1896 – 1981)


Poeta, giornalista e critico musicale. Nacque a Genova da una famiglia di commercianti.
(Montale  toponimo: posto di montagna). Frequentò le scuole tecniche e intraprese studi di
canto, la sua passione, che dovette interrompere nel per andare al fronte. Tornò dopo la guerra
a Genova dove si dedicò agli studi di poesia e lesse molti scrittori, convinto da sua sorella. A
Genova scrisse “Ossi di seppia”. Si trasferì a Firenze per lavorare presso una casa editrice. Fu
nominato direttore del Gabinetto scientifico-letterario Vieusseux, incarico che dovette lasciare
dieci anni dopo per non aver aderito al fascismo. Montale aveva mostrato il suo dissenso
firmando il manifesto degli intellettuali antifascisti promosso da Benedetto Croce. A Firenze
ebbe assidui contatti con Vittorini, Gadda. Collaborò a numerose riviste. Nell’ambiente fiorentino
maturò la sua più intensa produzione letteraria. Dopo la guerra ebbe numerosi incarichi presso
redazioni di giornali, tra cui il “Corriere della sera”. Dopo un lungo periodo di silenzio poetico
scrisse “La bufera e altro”, nel frattempo continuarono i suoi impegni nelle redazioni. Nominato
senatore a vita, ebbe il Nobel per la Letteratura, per la sua poesia che, con grande sensibilità
artistica, ha interpretato i valori umani sotto il segno di una visione della vita senza illusioni.

 PENSIERO E POETICA
Consapevole che la conoscenza umana non può raggiungere l'assoluto nemmeno tramite la
poesia, Montale scrive poesia perché questa possa essere una sorta di strumento d'indagine
della condizione esistenziale negativa dell'uomo novecentesco. La poesia di Montale assume il
valore di testimonianza e un preciso significato morale: Montale esalta chi compie in qualsiasi
situazione storica e politica il proprio dovere. Non credeva all'esistenza di leggi immutabili e
fisse che regolassero l'esistenza dell'uomo e della natura; da qui deriva la sua coerente sfiducia
in qualsiasi teoria filosofica, religiosa, ideologica che avesse la pretesa di dare un
inquadramento generale e definitivo, la sua diffidenza verso coloro che proclamavano fedi
sicure. Montale matura negli anni della giovinezza una visione prevalentemente negativa della
vita, la sua poetica è quella del “negativo”, esprime inquietudini e tensioni di gran parte della
cultura del Novecento, il diffuso disagio esistenziale nei confronti della realtà del regime. Il suo è
un universo di sconfitta e disillusione; questa condizione umana è impossibile da sanare se non
in momenti eccezionali, eventi che Montale definisce miracoli, in cui si rivela la verità delle cose,
il senso nascosto dell'esistenza. Rispetto a questa visione, la poesia si pone per Montale come
espressione profonda e personale della propria ricerca di dignità e del tentativo più alto di
comunicare fra gli uomini. Il poeta non si propone come guida spirituale o morale per gli altri;
attraverso la poesia egli tenta di esprimere la necessità dell'individuo di vivere nel mondo
accogliendo con dignità la propria fragilità, incompiutezza, debolezza. Alcuni caratteri
fondamentali del linguaggio poetico montaliano sono i simboli: nella poesia di Montale
compaiono oggetti che assumono il valore di simboli della condizione umana, segnata dal
malessere esistenziale, e dall'attesa di un avvenimento, un miracolo, che riscatti questa
condizione rivelando il senso e il significato della vita. Il simbolo della poesia di Montale è
l’anguilla, animale fugace e scivoloso, paragonabile alla vita, che fugge in ogni dove per essere
rincorsa.
Molte poesie di Montale nascono da melodrammi italiani, vista la sua passione per la musica.
Montale usa un metodo ristretto ed essenziale di spiegazione, bisogna afferrare direttamente
l’essenza delle cose, poiché l’essenzialità è segno di naturalezza ed autenticità. Si distaccò dai
poeti accademici e laureati che non usavano le parole in funzione di sentimento, ma di un
piacere fine a sé stesso. Montale, persona scontrosa, pensava che la poesia non deve
necessariamente piacere (Svevo), parlava della quotidianità ed usava un linguaggio nuovo. Pur
essendo scontroso, dalle sue poesie traspare un velo di ironia. I paesaggi di Montale sono i
canali, luoghi alternativi rispetto al paesaggio ufficiale.

 OPERE
 “Ossi di seppia”  raccolta di poesie in cui Montale attinge l'impossibilità nella lirica, di dare
una risposta all'esistenza. Lo stesso titolo dell'opera designa l'esistenza umana, logorata dalla
natura. In tal modo Montale capovolge l'atteggiamento fondamentale della poesia: il poeta non
può trovare e dare risposte o certezze; sul destino dell'uomo incombe la "Divina Indifferenza",
ciò che non mostra alcuna partecipazione emotiva nei confronti dell'uomo.
Il tema è centrato sulla figura del mare e sul rapporto ambiguo di attrazione/repulsione che il
poeta intesse con esso. Fondamentale per l’autore è infatti il mare, in quanto ha trascorso parte
della sua vita nelle Cinque Terre. Il titolo della raccolta vuole evocare i relitti che il mare
abbandona sulla spiaggia, come gli ossi di seppia che le onde portano a riva; qualcosa di simile,
vuole dirci il poeta, sono le sue poesie; in un'epoca che non permette più ai poeti di lanciare
messaggi, di fornire un'interpretazione compiuta della vita e dell'Uomo. Le poesie di questa
raccolta traggono lo spunto iniziale da una situazione, da un episodio della vita del poeta, da un
paesaggio, come quello della Liguria, per esprimere temi più generali: la rottura tra individuo e
mondo, la difficoltà di conciliare la vita con il bisogno di verità, la consapevolezza della
precarietà della condizione umana. Si affollano in queste poesie oggetti, presenze spesso umili
che non compaiono solitamente nel linguaggio dei poeti, alle quali Montale affida la sua analisi
negativa del presente ma anche la non rassegnazione, l'attesa di un miracolo. Montale sogna
una poesia ridotta al minimo, come dice il titolo stesso “all’osso”, sostiene che la poesia deve
essere scabra ed essenziale.
Il manoscritto autografo di Ossi di Seppia è attualmente conservato presso il Fondo Manoscritti
dell'Università di Pavia.
 “Le Occasioni”  in questa raccolta il mondo poetico di Montale appare desolato, oscuro,
dolente, privo di speranza, infatti, tutto ciò che circonda il poeta è guardato con pietà e con
misurata compassione. Il poeta indaga le ragioni della vita, l'idea della morte, l'impossibilità di
dare una spiegazione valida all'esistenza. In questa raccolta il poeta ricorda alcune figure
femminili a cui affida la propria speranza. La figura della donna viene perseguita da Montale
attraverso un'idea lirica della donna-angelo, messaggera di Dio, salvatrice che riscatta il poeta
dalla mediocrità del presente, una sorta di Beatrice moderna. I tratti che servono per descriverla
sono rarissimi, ed il desiderio è interamente una visione dell'amore che si configura come
platonico (che è soltanto ideale e non si traduce nella realtà).
 “La bufera e altro”  importante raccolta di poesie. Deriva il proprio titolo dalle aggiunte
successive alla prima e più importante sezione, intitolata “Finisterre”. A questa andarono via
via aggiungendosi altri componimenti, tra i quali “Piccolo testamento” e “Il sogno del
prigioniero”, che chiudono la raccolta sotto il titolo di “Conclusioni provvisorie”.
Composte nel clima di sconvolgimento della seconda guerra mondiale, da un Montale
estremamente pessimista e sfiduciato nei confronti della storia, le liriche di questa raccolta
vedono come grande protagonista nuovamente la figura femminile della donna angelica di
reminiscenza dantesca e più in generale, della poetica stilnovista. In molte occasioni egli si
rivolge, in una serie di drammatici dialoghi con l'assente, all'ebrea americana Irma Brandeis, da
lui soprannominata Clizia, come la ninfa di cui narra Ovidio nelle sue Metamorfosi e che in
molte poesie incarna la figura salvifica della "donna angelo".
Al tono colloquiale e narrativo delle prime raccolte subentra una sintassi molto più complessa. I
segni divini della figura femminile sono originati in difesa dalla guerra, le ideologie che ne sono
la causa non sono altro che la manifestazione concreta del "male di vivere" che coglie l'uomo e
lo fa soggiacere alle amare leggi della natura, negativa in assoluto.
 “Satura”  Secondo Montale il fascismo e la società di massa sono i segni del tramonto
della civiltà, che coinvolge ora anche la fine della poesia; con la conclusione della “Bufera”
Montale non scrive più poesie. Il ritorno alla poesia avviene con “Satura”, su basi in gran parte
nuove. Si assiste a una violenta critica dei mali della società di massa e nel rifiuto di qualsiasi
consolazione poetica. Dal punto di vista dello stile è abbandonato il tono alto, la metrica
tradizionale è respinta e lo stile si rivolge al parlato della prosa. Secondo una metafora dello
stesso autore, “i primi tre libri sembrano scritti in frac, il quarto sembra scritto in pigiama”. Al
mito femminile di Clizia è qui sostituito quello della moglie morta, chiamata affettuosamente
Mosca per la reale somiglianza all'insetto. E la poesia rimane nel suo inutile opporsi a un
mondo ormai indecoroso
 “Farfalla di Dinard”  raccolta di brevi racconti con lo scopo di ironizzare il mondo degli
snob e dell’alta borghesia.
 “Prime alla Scala” e “Fuori di casa”  articoli di critica musicale.
 “Auto da fè”  riflessione sulle trasformazioni culturali in corso.
 “Diario del ’71 e del ‘72”  riprende gli stessi sconsolati temi di “Satura”.
CARLO EMILIO GADDA (1893 – 1973)
Scrittore. Nacque a Milano a via Manzoni (di cui era un grande appassionato) da famiglia
agiata. Fece a Milano tutti i suoi studi fino a quelli di ingegneria, in cui conseguì la Laurea.
Dovette presto guadagnarsi da vivere perché il padre, industriale, fu ridotto in precarie
condizioni economiche a causa di investimenti sbagliati. Combattente nella prima guerra
mondiale negli alpini, fu fatto prigioniero e vide morire suo fratello. Esercitò la professione di
ingegnere in Italia e all'estero. Tornato in Italia, divenne sovrintendente alla costruzione della
centrale elettrica del Vaticano. Si trasferì a Milano fin quando lasciò la professione di ingegnere
e si stabilì a Firenze, dove iniziò la sua collaborazione alla rivista fiorentina “Solaria”. Negli ultimi
anni visse a Roma, dove lavorò per un programma radiofonico della RAI, presso cui era stato
assunto come giornalista. E' morto a Roma.

 PENSIERO E POETICA
Gadda ha profondamente rinnovato la narrativa italiana novecentesca attraverso un originale
uso e mescolanza di dialetti, gerghi e linguaggi diversi e attraverso un continuo stravolgimento
delle strutture romanzesche tradizionali. Nutrito di cultura umanistica e scientifica, e di passione
morale e civile decisamente antifascista, di un personale freudismo, di sarcasmo ma anche
pietà verso l'uomo, di private angosce e di interesse per gli altri, Gadda è stato subito
considerato un grande scrittore sperimentale e un classico nello stesso tempo. Tutta l’opera
letteraria di Gadda si svolge sulla tendenza al frammento, alla concentrazione su una singola
situazione piuttosto che alla costruzione completa. Il non-finito è essenziale nella narrativa di
Gadda, che preferisce lasciare il senso di incompiutezza perché l’immagine del tutto si ha solo
attraverso la moltiplicazione di particolari frantumanti ch non possono davvero saldarsi. Le
opere di Gadda, caratterizzate da quello che è stato definito "pasticcio" linguistico, sono state
sottoposte da Gadda a un continuo processo di revisione linguistico e espressivo, ciò in parte
anche il carattere non concluso delle sue opere maggiori. (collegamenti con Manzoni  nato a
via Manzoni, milanese come lui, e come lui sperimenta romanzi gialli)

 OPERE
 “Giornale di guerra e prigionia”  scritto durante la guerra, non fu un’opera di precise
intenzioni letterarie. E’ una sorta di diario in cui Gadda mirava a confrontare gli eventi bellici e
l’esperienza personale, osservando la squallida realtà della vita in trincea e della prigionia.
Gadda individua la guerra come male non solo personale, ma anche a livello sociale.
 “Meditazione milanese”  trattato filosofico, scritto durante il corso di laurea in filosofia, in
cui Gadda cercava di collegare il metodo di conoscenza scientifica a quello di costruzione
letteraria. Segna lo spartiacque tra due periodi dell'esperienza e della vita intellettuale di Gadda.
Da una parte le incertezze, le curiosità di un'intelligenza versatile, intenta alla poesia e attratta
dall'analisi matematica, dall'economia, dell'antropologia, coinvolta nei problemi della tecnica
narrativa e dell'etica; dall'altra, la scelta necessaria della letteratura. Per tale trattato si basò
sulle teorie di Leibniz, fondamentale sia per la nascita della logica formale moderna, sia per la
filosofia del linguaggio in quanto progettò la costruzione di una lingua universale modellata sul
calcolo matematico, nella quale i nessi fra i simboli dovevano esprimere le relazioni logiche fra i
concetti. Inoltre egli distinse i giudizi logici in “verità di ragione” e “verità di fatto”.
Le prime sono necessarie, sono verità a priori; tuttavia, esse non dicono nulla circa la realtà
esistente di fatto, come ad esempio la definizione del triangolo, che prescinde completamente
dal fatto che in natura vi sia una simile figura. Le seconde invece sono verità non deducibili a
priori dalla ragione, si fondano sull’esperienza. Verità di questo secondo tipo sono rette dal
“principio di ragion sufficiente”, secondo cui nulla accade senza che vi sia una ragione o una
causa che giustifichi l’evento.
 “La Madonna dei filosofi”  saggio pubblicato sulla rivista “Solaria”, che segna l’inizio della
sua attività letteraria e della sua sperimentazione linguistica.
 “Il castello di Udine”  raccolta di racconti e testi, ricordi e frammenti autobiografici, e
descrizioni del periodo sperimentale di “Solaria”.

 “L’Adalgisa”  descrive la Milano d'inizio secolo, la borghesia grande e piccola e i ceti


popolari inin chiave comica. Uno spirito corrosivo quello di Gadda in grado di cogliere e colpire
le ipocrisie, le fisime e le borie di una società in crisi. Romanzo che intreccia l'incastro di
generazioni e classi sociali, i personaggi ritratti con affetto e perfidia, il gusto del ricordo e della
reminiscenza personale e familiare, le straordinarie capacità mimetiche della lingua gaddiana.
 “Quer pasticciaccio brutto de via Merulana”  il romanzo più famoso di Gadda. Durante i
primi anni del fascismo, a Roma, il commissario della Francesco Ingravallo indaga prima su un
furto di gioielli di un’anziana signora veneta, e poi sull'omicidio della ricca signora Balducci, da
lui conosciuta poco prima del delitto e di cui è forse innamorato. Il luogo del furto e dell'omicidio
è un palazzo di via Merulana, conosciuto anche come "palazzo degli ori", poco distante dal
Colosseo. L'indagine si avvia nell'ambiente familiare della signora Balducci, in particolare marito
e cugino e si allarga ai Castelli Romani da dove provengono le domestiche della signora e altre
donne. Il giallo non ha soluzione e non si chiude con la scoperta del colpevole: Gadda stesso
sosteneva di non sapere chi fosse; secondo la sua concezione, la realtà è troppo complessa
per essere spiegata e ricondotta ad una logica razionalità, la vita è un caos disordinato, un
"pasticciaccio" di cose, persone e linguaggi, orrori e stupidità, della società. Ovvero un garbuglio
di cause che debilita la ragione del mondo. Gadda non poteva scegliere metafora più adatta per
indicare un delitto, e un luogo più idoneo di ambientazione della Roma capitale sopraffatta dal
male oscuro: il fascismo, la morte, il furto, le cattiverie degli uomini.
 “La cognizione del dolore”  romanzo incompiuto. Rappresenta una storia sarcastica e
disperata sullo sfondo di un paese immaginario del Sudamerica, il Madrigal, anagramma
dell’autore. Protagonista è l’ingegnere Gonzalo Pirobutirro, che ha perso il fratello in guerra.
Vive con l'anziana madre, con cui spesso litiga, in campagna, odiando il mondo circostante e
nutrendo velleità letterarie. Dopo aver rifiutato la protezione da parte di un gruppo di reduci di
guerra, al ritorno da un viaggio di lavoro ritrova la madre morta, vittima di percosse.
Attraverso la figura dell'ingegnere Gonzalo Pirobutirro, l'autore ricerca le oscure ragioni del suo
atroce rancore, del suo odio verso l'ipocrisia del mondo e della sua tragica, solitudine, con un
linguaggio che unisce italiano letterario e aulico, dialetto lombardo popolare e borghese,
spagnolo, trasmettendo al lettore terribili e straordinarie emozioni. I romanzi incompleti di Gadda
sembrano alludere ad una sorta di anti-provvidenza manzoniana che invece di scovare gli
imbrogli li complica sempre di più sino a rompere il filo narrativo. Molti sono i motivi
autobiografici del romanzo, a cominciare dal triste rapporto di Gadda con i genitori, con l'ombra
del fratello morto, con la patria italiana, e il suo "mestiere" di ingegnere-scrittore. Lo sfondo
autobiografico di Gadda si fonde all'Italia del primo dopoguerra e dell'avvento del fascismo, che
riflette il caos ed i mali della società italiana, convogliati nel fascismo.
 “Eros e Priapo: da furore a cenere”  saggio sul fascismo, anche in forma parodica, cui
aveva inizialmente aderito, ma dal quale aveva lentamente preso le distanze già prima della
seconda guerra mondiale e della caduta del regime. Gadda lancia la sua accusa al regime,
quella di aver avuto come programma la cancellazione della vita. Al centro di tutto la figura di
Priapo, divinità fallica che per Gadda simboleggia lo sfoggio maschilista ed esibizionistico del
fascismo. L'altra divinità del titolo del saggio, Eros, riconduce alle fasi dello sviluppo del
bambino secondo la teoria della psicoanalisi. Gadda mette in parallelo la psicologia legata
all'eros e il fascino che hanno subito gli italiani per la figura di Mussolini.
Gadda considera il fascismo una manifestazione di mancanza di cultura nazionale.
Nel romanzo non viene mai menzionato il termine "fascismo", né il nome di Mussolini, al quale
Gadda fa riferimento con numerosi e differenti nomignoli come, ad esempio, «furioso babbeo»;
lo stesso autore si cita come “De Madrigal”. A differenza di altri scrittori italiani, il distacco dal
fascismo di Gadda non si configura come semplice rimozione dei valori mussoliniani e adozione
di nuovi o diversi ideali. Gadda sente il bisogno di capire cosa il fascismo sia stato, praticando
una vera e propria psicanalisi.

NEOREALISMO
Il Neorealismo è stato un movimento culturale sviluppatosi in Italia tra il 1940 e il 1950 che si è
espresso soprattutto nella narrativa e nel cinema.
La Seconda Guerra Mondiale e la conseguente lotta antifascista sono gli eventi storici che
fanno da sfondo ad un nuovo profondo rivolgimento culturale e letterario. Come mai prima
d'ora, il nesso con la realtà socio-politica è direttamente determinante anche nell'elaborazione
della nuova poetica.
In Italia, nel secondo dopoguerra, si accese negli intellettuali il bisogno di un impegno concreto
nella realtà politica e sociale del paese. L'antifascismo represso prima, e poi l'adesione ai moti
di rivolta popolare determinarono in molti scrittori l'esigenza di considerare la letteratura come
una manifestazione e uno strumento del proprio impegno. In questa atmosfera emersero dei
giudizi negativi riguardo l'Ermetismo e il Decadentismo, ripudiando la tendenza ad evadere in
altre dimensioni (astratte, fantastiche, metafisiche), e l’astensione, da parte dell’Ermetismo, dal
confronto politico-culturale con il fascismo e, tanto più che la maggior parte degli ermetici si era
astenuta anche dal partecipare alla Resistenza, mantenendo anche in questo caso un
atteggiamento di distacco ed isolamento che pareva perdere una parte delle ragioni ideali che
prima erano state attribuite. Gli stessi ermetici cessarono di costruire un gruppo omogeneo e
accolsero anch'essi in parte le premesse di una poesia civilmente impegnata. Questo diffuso
bisogno di impegno concreto nel reale diede origine a romanzi ispirati alla Resistenza e ad
importanti dibattiti che ebbero per tema il ruolo e i doveri degli intellettuali nella società, il
passato rapporto degli intellettuali col fascismo e quello attuale col Partito Comunista Italiano. In
questi stessi anni si diffuse la conoscenza del pensiero del filosofo e politico Antonio Gramsci,
che esercitò un influsso considerevole sull'elaborazione letteraria del secondo dopoguerra
(Gramsci pensava che "il potere" nella società italiana di allora doveva trasferirsi ad una nuova
èlite i partiti, operando con criteri nuovi). Il Neorealismo non fu una scuola, ma un insieme di
voci che si unirono per un solo ideale.
Il Neorealismo in Italia è sorto come conseguenza della crisi tra il 1940 e il 1945 che, con la
guerra e la lotta antifascista, cambiò l'intera società italiana. Ebbe un modo di guardare il
mondo, di una morale e di una ideologia nuove che erano proprie dell'antifascismo.
Alcuni partiti, come quello comunista, si organizzarono creando case editrici, tra cui l’Einaudi di
Torino, punto di riferimento per la letteratura del ‘900 (per la prosa, mentre per la poesia la
Mondadori) che fu diretta da molti letterati del momento. A Torino nacquero anche i più
importanti giornali politici e culturali: - “Menabò” (libro prima che venga pubblicato, allo stato
non definitivo)
- “Politecnico” (facoltà di ingegneria) ebbe questo titolo perché si volle fare in modo
che la
cultura umanistica si collegasse con quella tecnica e scientifica (Vittorini capì che la
tecnologia avrebbe dominato il mondo).
La poetica del Neorealismo, da un punto di vista tecnico e formale, appare molto povera e priva
di elementi innovatori. Il Neorealismo fu il primo movimento letterario che sentì il bisogno di
appoggiarsi al cinema per far emergere situazioni che la letteratura aveva protetto. I protagonisti
furono, in particolare, Rossellini (Roma città aperta), Vittorio De Sica, De Filippo; e attori presi
dal popolo, senza esperienza, ma che meglio si calano nella parte (riportare la realtà al
cinema).

 MAGGIORI ESPONENTI
- Corrado Alvaro, Elio Vittorini (padre del Neorealismo), Cesare Pavese, Alberto Moravia,
Giorgio Bassani, Leonardo Sciascia, Italo Calvino
- Elsa Morante  (1912 – 1985) scrittrice. Si legò negli anni della guerra ad Alberto Moravia e
poi, per un breve tempo, a Luchino Visconti. Esordì scrivendo eleganti cronache di costume per
riviste culturali e pubblicando il primo volume di racconti, “Il gioco segreto”, dopo il matrimonio
con Moravia, si dedicò alla costruzione di un grande romanzo familiare, “Menzogna e
sortilegio”, uscì in pieno neorealismo, ma risulta assolutamente irriducibile ai modelli del
neorealismo letterario. Basato su una storia d’amore, si costruisce intorno al contrasto
insanabile fra realtà e illusioni, fra un mondo rappresentato nella sua concreta durezza e i
fantasmi mentali dei protagonisti, di cui la stessa letteratura è l’ultima, paradossale
incarnazione. In seguito la Morante pubblicò pochissimi libri, tutti capaci di concentrare realtà e
magia.
CORRADO ALVARO (1895 – 1956)
Poeta, scrittore e giornalista. Nacque in Calabria. Studiò in un collegio di Gesuiti. Partecipò alla
prima guerra mondiale durante la quale venne gravemente ferito. Si dedicò al giornalismo sin
da giovanissimo coi giornalini universitari e scolastici, iniziò la carriera da professionista con
"900" e dopo la caduta del fascismo diresse il quotidiano "Risorgimento". Morì a Roma dove si
era stabilito fin dagli anni trenta.

 PENSIERO E POETICA
Scrittore di grande serietà morale. Pur essendo un intellettuale aperto all'Europa, grazie ai suoi
soggiorni all'estero ed i suoi incarichi lavorativi sopratutto in Francia, egli è profondamente
radicato alla sua terra e sin dalle prime opere manifesta la necessità di narrare la realtà umile,
povera e dolorosa della Calabria sempre con i toni lirici ed evocativi di chi vive oramai lontano.
La sua poesia parlava volentieri di una Calabria mitica, fuori dal tempo, nettamente in contrasto
con il mondo caotico delle metropoli. La sua terra era divenuta una sorta di paradiso perduto. Il
realismo di Alvaro erroneamente scambiato per un atteggiamento politico ed ideologico, che gli
ha causato molti problemi con il regime di Mussolini, la critica del tempo alimentava i sospetti
del regime, per cui lo stesso Alvaro di sua decisione rinunciò a parecchi incarichi di prestigio.

 OPERE
 “Gente in Aspromonte”  considerata tra le più alte espressioni della letteratura
meridionalistica e tra le più significative del nuovo realismo del Novecento. Opera in 13 racconti
tutti incentrati su contadini, pastori, emigranti, gente povera ed oppressa dai problemi legati alla
sopravvivenza. Da una parte riprende il filone dell’opera di Verga, dall’altra se ne distacca per le
influenze del realismo magico. Quella di Alvaro è, infatti, una rievocazione filtrata dalla memoria,
che trasfigura il dato storico reale della condizione dei pastori calabresi in una dimensione
favolosa che sconfina nel mito. Nella lontananza di un paesaggio che è caro all’autore, prende
corpo la realtà umile e dolorosa di un mondo fuori dalla storia, in cui si consuma la vita di
povertà e fatica di personaggi chiusi nei confini angusti d’un piccolo paese. Entità mitica e
lontana, la Calabria appare come immobile e fuori dal tempo in una rappresentazione più lirica
che polemica.
La famiglia del pastore Argirò vive in una condizione di sottomissione al padrone delle terre e
delle mandrie, in un rapporto quasi feudale. Nella speranza di poter migliorare il proprio stato e
di permettere ad almeno uno dei figli di cambiar vita ed accedere agli studi, Argirò fa enormi
sacrifici, eppure è costretto a rinunciare a causa di una serie di incidenti. Consapevole
dell’ingiustizia subita dal padre e della condanna all’inferiorità della sua famiglia e tutti coloro
che vivono come lui, il figlio si ribella uccidendo le bestie del padrone e distribuendone le carni
ai pastori, e consegnandosi poi ai carabinieri per poter parlare con la giustizia.

ELIO VITTORINI (1908 – 1966)


Scrittore. Nacque a Siracusa. Figlio di un ferroviere, interruppe gli studi tecnici e scappò dalla
Sicilia per lavorare, come edile, in Friuli. Iniziò a collaborare a varie testate ed entrò in contatto
con il gruppo di “Solaria”, per la quale pubblicò il suo primo racconto. Fu poi a Firenze, dove
lavorò come correttore di bozze in un quotidiano e imparò l’inglese, interessandosi alla narrativa
americana e traducendo subito alcuni romanzi sottoposti a censura dal regime, fu espulso dal
partito fascista. Con la guerra civile di Spagna, in cui fascisti e repubblicani vennero a conflitto
aperto, egli poté vedere chiaramente la differenza tra l'oppressione e la libertà. Si trasferì poi a
Milano, dove proseguì la sua attività di traduttore e di redattore di case editrici; le sue posizioni
politiche furono di radicale opposizione al regime. Dopo aver preso parte attiva alla Resistenza,
ingaggiò una battaglia per liberare la letteratura da ogni funzione servile nei confronti dei partiti.
Mentre pubblicò diversi altri romanzi proseguì l’attività editoriale: inventò per Einaudi la collana
de “I gettoni”. Dopo la fine della seconda guerra mondiale, partecipò a quel momento di
entusiasmo e di ottimismo liberale, che portò al Neorealismo, come espressione di un nuovo
clima culturale. In merito al rinnovamento diresse la rivista “Il Politecnico” e diede vita, assieme
a Calvino, il “Menabò”, in cui s’avvia il dibattito sullo sperimentalismo letterario degli anni ’60. Le
elezioni politiche del 1948 imprimevano una svolta conservatrice alla politica italiana: la cultura
si ritrovava di nuovo isolata ed era costretta a cercare nuove vie per adeguarsi alla realtà
sociale del Paese. Di qui l'attività infaticabile di Vittorini, che con la collana “I gettoni” cercava di
vedere attuata nei più giovani scrittori una letteratura attenta ai problemi sociali autentici della
realtà contemporanea. Morì per una grave malattia dopo una vita attivissima.

 PENSIERO E POETICA
Vittorini fu il padre della corrente neorealista. In Vittorini agisce un forte radicalismo intellettuale,
costantemente impiegato a verificare i valori della cultura e dell'arte con le istanze della società.
In lui matura un impulso che lo spinge ad una continua innovazione delle forme e dei contenuti.
Lo svecchiamento apportato da Vittorini nel panorama culturale italiano fu importantissimo e
decisivo. Vittorini, a differenza dei suoi compatrioti siciliani che tendono a “conservare”, volle
dare alla Sicilia una nuova realtà con l’aiuto della letteratura americana, semplice e pratica;
bisognava cercare la novità nei popoli nuovi. Per questo motivo Vittorini rifiutò il Gattopardo di
Tomasi, affermando che il testo rappresentava una vecchia Sicilia.

 OPERE
 “Il garofano rosso”  tra i suoi primi romanzi. Sullo sfondo degli avvenimenti della storia
italiana del tempo, protagonista è un ragazzo borghese, che ama di un sentimento platonico
una sua compagna di liceo. Un garofano rosso diviene il simbolo del loro amore. Oltre a vivere
l'esperienza politica fascista, il giovane si profila una difficile scelta fra l'amore puro e l'amore
sensuale. Ambientato nei primi anni del fascismo, Vittorini ci descrive le reazioni che suscitò il
fascismo presso i giovani, il fascino che esercitò sulle giovani generazioni.
 “Conversazione in Sicilia”  Vittorini diceva che non esistevano i libri, ma il libro. In una
sola opera si può mettere la sostanza. “Conversazione in Sicilia” è "il libro" di Vittorini.
Conversazione nasce dall'acquisita coscienza che il fascismo controlla la società nazionale e si
espande a livello internazionale, ma anche dalla speranza che in qualche modo fosse possibile
combatterlo come stava avvenendo in Spagna. Il presente, dominato dal fascismo, è tristezza e
dolore, violenza, impossibilità di vivere e di ribellarsi. Il romanzo mette anche in evidenza,
inoltre, i problemi del Meridione, della Sicilia, dove la questione di fondo è la sopravvivenza.
Vittorini scelse protagonisti immaginari per dichiarare apertamente antifascismo. Quindi egli si
rivolse a sé stesso, alla ricerca dei propri ricordi infantili, seppelliti nella memoria; ecco perché il
viaggio si svolge in Sicilia, la terra dell'infanzia, il mondo del passato, della certezza e della
speranza. Ma “Conversazione” non è un libro di memorie, perché Vittorini, assumendo il nome
del protagonista Silvestro, non racconta fatti di sé bambino, ma racconta di un viaggio che
l'adulto compie nel mondo dell'infanzia: quindi si ha un personaggio carico di presente (l'adulto
Silvestro), che viaggiando ricorda. E, siccome Silvestro ha i suoi problemi di adulto, di
intellettuale, povero che vive sotto il fascismo, ecco che la problematica politica e sociale
compare nel libro come dominante.
Secondo Vittorini-Silvestro, il mondo potrebbe essere abitato felicemente dagli uomini; tuttavia
esso è "offeso", perché nella società umana coloro che detengono il potere esercitano una
violenza continua sui più deboli. Il contrasto è dunque è fra deboli e potenti, fra offesi e violenti.
La filosofia di Vittorini considera politici il maggior problema, e nel romanzo si discute sui rimedi
da usare per combattere l'offesa. I furori esprimono la rabbia in corpo all'autore per le ingiustizie
del mondo che sembrano irrimediabili; sono furori astratti perché non si legano a un piano
d'azione concreto; non eroici, perché non ispirano gesti di rivolta, ma arrecano invece
abbattimento e prostrazione. Altro tema importante è quello dell'America, che rappresenta il
mito del paese felice; esso sta in fondo alla fantasia di ogni siciliano povero, un lume di
speranza in una vita disperata. L'opposizione al fascismo negli anni Trenta sono deboli,
disarmate, con poche possibilità di vittoria. Il rimedio migliore che viene proposto è L'acqua
viva, cioè una teoria capace di spiegare agli uomini gli avvenimenti storici e di progettare un
mondo nuovo e migliore. Il vino è un simbolo negativo, cioè rappresenta l'illusione nella quale
gli oppressi talora si cullano, finendo col dimenticare la loro condizione di miseria. Il vino dà una
beatitudine apparente, addormenta ed ubriaca. Esso è tutto ciò che distoglie l'uomo dalla lotta.
Il vino è dolce, consola gli uomini delle loro disgrazie: la consolazione è la peggior nemica degli
uomini, perché li rende inermi.
 “Uomini e no”  romanzo dedicato alla Resistenza.
 “Le donne di Messina”  il romanzo presenta la vita, le speranze e i conflitti di una
comunità utopica, sorta in un villaggio abbandonato per opera di un gruppo di sbandati.
CESARE PAVESE (1908 – 1950)
Poeta e scrittore. Nacque in provincia di Cuneo da una famiglia della piccola borghesia di
estrazione contadina. Pavese era un ragazzo timido, amante dei libri, della natura e sempre
pronto ad isolarsi dagli altri, a nascondersi. Orfano di padre all'età di sei anni, ricevette una
educazione austera. Compì gli studi a Torino sotto influenza antifascista. Studiò letteratura
inglese e dopo la laurea fece il traduttore. Cominciò a lavorare presso la Einaudi, ma fu
arrestato perché coinvolto in attività antifasciste e condannato al confino, dove iniziò a lavorare
ad un diario: "Il mestiere di vivere" e al ritorno dal confino sfiorò il suicidio perché la donna da
lui amata si era sposata. Dopo la caduta del fascismo si rifugiò con la famiglia nel Monferrato e
continua la sua produzione. Ottenne il Premio Strega per il volume "La bella estate". Pavese
entrò in depressione, il suo carattere fragile e introverso, caratterizzato da difficili rapporti
umani, lo portò al suicidio, in una camera d’albergo a Torino lasciando solo un'annotazione sul
comodino della stanza “Perdono tutti e a tutti chiedo perdono”.

 PENSIERO E POETICA
Pavese è stato tra gli scrittori più amati del dopoguerra, anche per via del mito avviato con il
suicidio. Simbolo contraddittorio dell'impegno politico e del disagio esistenziale, la figura di
Pavese è condizionata dall'intreccio vita- letteratura. Fu molto legato al mondo classico ed
interessato alla mitologia. Pavese accoglie la classicità che si rimodernizza attraverso la
tradizione popolare. Il popolo ha delle tradizioni che nono conosce nemmeno, ma che
trasmettono la cultura classica  il popolo ha conservato i miti inconsapevolmente. Compito
dell’intellettuale è dare coscienza critica a ciò che si fa inconsapevolmente. La scrittura di
Pavese è molto diretta ed immediata. Anche lui si ispira al mito dell’America, attraverso gli studi
americani cerca di trovare un linguaggio che non abbia eccessiva esperienza, che sia fresco.

 OPERE
 Dopo la laurea Pavese avviò un’intensa attività di traduzioni di scrittori statunitensi
 “Lavorare stanca”  sua prima raccolta di versi, poesia contemporaneamente realista e
simbolica ispirata alle opere americane. Fu quasi ignorata dalla critica. Un giovane operaio di
una fabbrica da cui fugge in una fredda mattina di febbraio, perché nell'aria sente l’arrivo della
primavera e corre a sdraiarsi sulle colline e “nessuno voleva seguirlo." Gli ultimi versi di questa
poesia, fan capire che i compagni della fabbrica, nonostante le parole dure, sentono che quel
ragazzo ha fatto qualcosa che non sarà facilmente accantonabile; ora avvertono dentro una
pena nuova, un sentimento inquieto che non conoscevano. La stanchezza è intesa in due tipi:
una fisica, l'altra mentale, l'arrugginirsi dei sentimenti verso la natura ed una rassegnazione alla
propria condizione attuale.
 “Il carcere”, “Paesi tuoi” e “La spiaggia”  il suo esordio narrativo, prove di un realismo
autobiografico, che evidenziano alcuni temi tipici di tutta l'opera pavesiana: la solitudine, il
“proprio” paese.
 Nelle opere del dopoguerra da un lato si ribadisce il tema della campagna vissuta come mito
innocente e selvaggio di un mondo dell'infanzia ancora incontaminato, dall'altro, in un
superamento di quel tono idilliaco che spesso aveva caratterizzato le prime opere, si arricchisce
la problematica psicologica e sociale. Ricordiamo:
- “Prima che il gallo canti”  comprende “La casa in collina”, romanzo raccontato in prima
persona con risvolti autobiografici, in cui il protagonista si rifugia nella sua casa sulla collina a
seguito degli orrori della guerra.
- “La bella estate”  comprende tre racconti:
1. Appunto “La bella estate”  la storia dell'iniziazione all'amore di una giovane popolana, che
viene introdotta da una donna più matura e più scaltra.
2. "Il diavolo sulle colline"  romanzo in un gruppo di giovani studenti vive una insolita
esperienza nella villa di un rampollo di una ricca famiglia borghese tarato dalla droga e dalla tisi
3. "Tre donne sole"  narra di una donna che, dopo essersi costruita una fortunata posizione,
torna a Torino e viene travolta da un mondo di rapporti falsi e corrotti, riesce a trovare un punto
di equilibrio in un giovane operaio che vive di lavoro come lei.
 “I Dialoghi con Leucò”  dialogo tra i personaggi della mitologia classica sulla sofferenza
umana, fino alla ricerca di una costruzione di una società che sappia vivere civilmente,
recuperando i le radici mitiche.
 “La luna e i falò”  una delle sue ultime opere, protagonista è un uomo ormai maturo, che
torna dall'America alle colline delle Langhe da dove era emigrato in cerca di fortuna. Solo il
paesaggio è rimasto uguale. Per il resto la realtà è mutata, ed è amara. Ritrova un vecchio
compagno e insieme rivivono i ricordi di un tempo, i volti di persone ormai scomparse. Ma
tornando sulle tracce dell’infanzia, egli scopre che distruzione e incendi hanno dominato sulle
colline durante la guerra. E’ inutile ricordare i bei momenti, prima o poi la realtà crudele irrompe.

ALBERTO MORAVIA (1907 – 1990)


Scrittore. Il suo vero cognome era Pincherle (Moravia era il cognome della nonna paterna),
nacque a Roma da una famiglia benestante. A nove anni si ammalò di tubercolosi ossea, che
condizionò la sua vita fino all´adolescenza in quanto fu costretto a seguire irregolarmente gli
studi e trascorse lunghi periodi a letto. La malattia alimentò la passione per la lettura e la
scrittura. Scrisse la sua prima opera a 22 anni: “Gli indifferenti”, che riscosse grande
successo. Cominciarono i problemi anche con il fascismo, perché la descrizione della società
borghese basata sul vuoto dei valori e sull´indifferenza che usciva dal romanzo non andava
d´accordo con il regime. Divenne amico dello scrittore Corrado Alvaro, una delle voci più forti
del dissenso antifascista. Intraprese una serie di viaggi in Europa e in America, allo scopo di
sfuggire al clima asfissiante che si andava instaurando in Italia. Intanto il suo romanzo, “Le
ambizioni sbagliate” fu bloccato dalla censura, ma Moravia continuò comunque la sua
produzione narrativa. Con l´avvento delle leggi razziali, lo scrittore ebbe dei problemi viste le
sue origini ebree. Sposò la scrittrice Elsa Morante e insieme si nascosero sulle montagne
vicino Latina. Dopo la fine della guerra Moravia si stabilì a Roma; continuavano ad uscire i suoi
romanzi e intanto iniziò con la moglie a collaborare a quotidiani e periodici. gli venne assegnato
il Premio Strega per “Il conformista”. Intanto la Chiesa bocciò lo scrittore per le sue idee e per
l´argomento scabroso dei suoi libri, che vennero posti all´Indice dei libri proibiti. Ma il successo
cresceva e i suoi libri furono tradotti all´estero e ne vennero tratti dei film. Dopo la crisi del
rapporto con la Morante, Moravia si legò ad una scrittrice, poi ad una donna molto più giovane.
Intanto si intensificarono i viaggi all´estero e le corrispondenze giornalistiche, soprattutto in Asia
e in Africa, dove scrisse una serie di opere in cui viene contrapposta la civiltà europea e
occidentale ad una civiltà che non ha conosciuto e non ha subito il cosiddetto progresso.
L´ultima opera di Moravia, la raccolta di racconti “La villa del venerdì”, uscì l’anno della sua
morte, a Roma, per arresto cardiaco.

 PENSIERO E POETICA
La passione civile e la curiosità culturale, che hanno accompagnato Moravia per tutta la sua
attività letteraria, lo rende scrittore impegnato sempre verso la razionalità. L'opera di Moravia è
legata al realismo ed egli indaga le patologie delle classi sociali, specialmente dell'alta e della
media borghesia. Una vena antiborghese connota i romanzi dello scrittore romano, che
ritraggono spesso una borghesia la quale conduce una vita inautentica, aderendo a falsi miti e
convincimenti, puramente esteriori e conformistici: il denaro, il potere, il successo.
Moravia riesce a descrivere in modo minuziosamente oggettivo le varie realtà, come nella
tradizione della narrativa verista. Lo stile della sua prosa è spoglio, le parole povere e comuni.
Ogni proposizione della sua prosa corrisponde a singole osservazioni psicologiche per
affermare uno stato d'animo particolare. Il suo è uno stile esclusivamente da narratore che non
si compiace di effetti lirici.
Nelle opere più tarde la sua prosa diventa sempre più scarna legata ad una struttura dialogica
che rende più evidente il monologo interiore. La narrativa di Moravia è espressione della crisi di
valori di un secolo.

 OPERE
 “Gli Indifferenti”  primo romanzo di Moravia. Gli indifferenti sono giovani che simulano
sentimenti ma non li provano realmente, perché tormentati dal tarlo dell’indifferenza 
crudeltà+cinismo= indifferenza della società. Protagonista è un meschino arrivista che
intrattiene una relazione con una donna solo a scopi economici, circuisce la figlia della sua
compagna e maltratta il fratello di quest’ultima, che tenterà invano di ucciderlo. Alla fine tutti
dovranno adattarsi, se pur soffrendo, all’indifferenza di quest’uomo.
L'"indifferenza" si manifesta nel romanzo come incapacità di vivere, superficialità. Nel romanzo
Moravia riesce a rendere con perfetto neorealismo le meschinità e le ipocrisie di una società,
come quella della borghesia, inautentica, convenzionale, in un clima di costante menzogna. I
due giovani fratelli soffrono, ma si adattano passivamente al protagonista, personaggio immune
da qualsiasi ripensamento, è solamente disposto, con ogni mezzo, a raggiungere i suoi scopi.
Egli rispecchia, nella descrizione che ne fa Moravia, la sgradevolezza anche nei tratti fisici. Sul
piano formale il romanzo fornisce un esempio di prosa sagace, precisa, realistica in aperto
contrasto con quella dominante in quel periodo e nel precedente, con un linguaggio scarno ed
essenziale. Un certo alone di scandalo, per la scabrosità della vicenda non fu estraneo al
successo del romanzo, ma ciò che disturbò maggiormente la classe dirigente fu la sincerità con
cui Moravia era riuscito a denunciare il falso moralismo fascista che inneggiava agli ideali sani e
morali della borghesia. Il romanzo venne concepito da Moravia come una grottesca tragedia.
 “Agostino”  scritto durante il periodo fascista, romanzo breve in cui Moravia sfata il mito
dell’adolescenza, che è solo un intreccio di atti crudeli e sconci. Narra di un tredicenne
borghese che vive un rapporto di simbiosi con la madre, che rappresenta per lui il mondo e la
sicurezza. Ma durante una vacanza al mare, compare un giovane che rompe la loro armoniosa
convivenza. La madre trascura suo figlio per la sua nuova conoscenza e il figlio si distacca da
lei per frequentare un gruppo di ragazzini disposti ad ogni tipo di esperienza.
 “La noia”  tra i romanzi più famosi di Moravia. Narra di un pittore legato da un rapporto di
dipendenza economica e affettiva dalla ricca madre, si innamora di una modella, diventandone
l’amante, in cui cerca un po’ di comprensione. Ma lei è sfuggente, inafferrabile e si lega ad un
altro. Il pittore allora tenta il suicidio, mascherato da incidente automobilistico, ma quando si
riprende, dopo essere stato vicino alla morte, è un'altra persona, rasserenata e rassegnata alla
propria impotenza: la realtà non può essere posseduta, non può essere capita, ma solo
contemplata.
 “Il conformista”  La vicenda si svolge durante il fascismo in Italia. La narrazione è in terza
persona e racconta la vita del protagonista dalla fanciullezza alla morte. Il libro è un’analisi
psicologica del personaggio protagonista. La storia parla della perdita dell'innocenza che
avviene in ciascuna persona e degli eventi che seguono: la vita è protesa verso un recupero
dell'innocenza originaria. Marcello è un bambino che si diverte giocando con il vicino e quando
lui non c'è gioca con una piccola fionda. Gli piace spezzare i gambi dei fiori e colpire le
lucertole. Questi giochi lo preoccupano però, perché comincia a credersi capace di arrivare ad
uccidere perfino un uomo in futuro. Anche l'amico disapprova tutto ciò e lo condanna cosicché
Marcello, che sperava in nella comprensione dell'amico, comincia ad odiarlo tanto che un giorno
desiderando di ucciderlo colpisce il suo gatto. Comincia però l'inverno e Marcello va a scuola
per la prima volta. Un giorno durante il tragitto scuola-casa, incontra un uomo che lo invita a
casa con la scusa di regalargli una pistola come a lui piaceva tanto, e tenta di approfittare di lui.
Continuamente turbato dal ricordo di questo fatto, compie tutte le scelte guidato dal desiderio di
cambiare, di diventare normale, per riconquistare l'innocenza che aveva perso.
 “La romana”  romanzo che si pone dal punto di vista di un personaggio popolare, una
donna saggia che si mantiene sana e distaccata dal mondo corrotto.
 “Racconti romani”  rappresentazione burlesca della vita quotidiana di Roma.
 “L’uomo come fine e altri saggi”  Tra le critiche giornalistiche del dopoguerra, in cui
dominano problematiche di tipo intellettuale.
 Continuò poi la sua produzione con romanzi minori ispirati alla vita borghese. E’ celebre
anche per aver scritto “La Ciociara”  storia di una donna e sua figlia che vivono in Ciociaria
l’esperienza di distacco dell’Italia dalla Germania.
GIORGIO BASSANI (1916 – 2000)
Scrittore. Nacque a Bologna da una famiglia di religione israelita, visse a Ferrara , poi a Roma.
Si laureò in Lettere a Bologna. Iniziò a pubblicare sotto pseudonimo a causa delle leggi
antisemite e trascorse alcuni mesi in carcere a causa del suo antifascismo. Uscito dal carcere si
sposò. Lavorò per una rivista letteraria romana. Fu lui nel 1958 a “scoprire” “Il Gattopardo” di
Tomasi di Lampedusa, già rifiutato dalla Einaudi, e a permetterne la pubblicazione, alla
Feltrinelli, dove lavorò. Bassani fu accusato da alcuni redattori della neo-avanguardia milanese
(tra cui Valerio Riva) di voler trasferire presso altro editore autori e manoscritti della Feltrinelli e
per questo organizzarono la forzatura dei cassetti privati dello scrittore. Bassani ottenne intanto
una serie di riconoscimenti ufficiali: Premio Strega per “Cinque storie ferraresi”, Premio
Viareggio per “Il giardino dei Finzi-Contini”, Premio Campiello per “L'airone”. Quest'ultimo
premio fu devoluto a Italia Nostra di cui divenne presidente dopo aver lasciato la Rai. Morì dopo
lunga malattia, all'ospedale San Camillo di Roma. Fu sepolto a Ferrara, al cimitero ebraico.

 PENSIERO E POETICA
La sua opera di narratore, complessa e analitica, vuole rappresentare abitudini e mentalità della
comunità israelitica borghese e benestante di Ferrara, gli orrori delle persecuzioni nazifasciste e
razziste di cui fu vittima, la crudeltà e le sconfitte della storia e l'incantesimo dell'infanzia,
l'invalicabile separazione tra i vari strati sociali, la solitudine dell'uomo e la felicità del sogno. La
prosa, lenta, lirica e rammemorante, ama indagare le pieghe segrete, le cause più intime degli
eventi narrati: sempre eventi psicologici prima che fatti reali. Bassani scrive queste atroci realtà
soprattutto per non dimenticare, per tenere sempre vivo nella memoria il ricordo delle
sofferenze che lui stesso e la società hanno dovuto subire.

 OPERE
 “Le 5 storie ferraresi”  scritte nel periodo di residenza a Ferrara. Le cinque storie,
diversa l’una dall’altra, presentano le consuetudini della vita borghese dell’anteguerra coinvolta
da un generale malessere a seguito degli eventi storici e politici del tempo. Protagonisti sono
personaggi semplici, borghesi ferraresi ed ebraici, schiacciati dalla crudele realtà perché si
oppongono ad essa e alle sue ipocrisie e le sue cattiverie.
 “Gli occhiali d’oro”  romanzo in prima persona, in cui Bassani narra gli avvenimenti che
lo circondano, mantenendo sempre il senso della propria coscienza. Egli assiste al suicidio di
un medico emarginato perché di preferenze sentimentali diverse.
 “Il giardino dei Finzi-Contini”  romanzo che segue le persecuzioni razziali subite da una
famiglia ebraica. Ne fu tratto un film, per la regia di Vittorio De Sica. Il romanzo è ambientato a
Ferrara, raccontato da un narratore che torna con la memoria agli anni dell’adolescenza e
dell’università, la storia ruota intorno ad una famiglia ebraica tra le più illustri di Ferrara in cui l’io
narrante bambino, per la prima volta, varcava i cancelli della splendida villa dal parco immenso
sino alla tragica sorte di distruzione e morte nei campi di sterminio nazisti. Il ricordo si focalizza
su Micol, la secondogenita della famiglia, amata dal narratore nei lunghi pomeriggi trascorsi nel
giardino della villa, a ricreare un mondo protetto in cui ancora dei ragazzi ebrei potevano
giocare a tennis. Un mondo che stava per andare perduto, come perduto fu l’amore tra i due
ragazzi, perché lui non ebbe mai il coraggio di darle un bacio e perché lei pensava che l’amore
fosse crudele.
Il romanzo rappresenta quella parte incantata del nostro passato, che più amiamo, per poterlo
continuare a vivere e, al tempo stesso, testimonia gli orrori della persecuzione razziale e la
crudeltà della storia.

LEONARDO SCIASCIA (1921 – 1989)


Scrittore e politico. Nacque in provincia di Agrigento. Iniziò presto a accostarsi alla letteratura e
alla cultura, grazie alla biblioteca privata degli zii, maestri delle elementari. Durante il periodo di
frequentazione delle magistrali si avvicinò all'antifascismo e allargò le sue letture interessandosi
agli autori nordamericani. Fece una breve esperienza come impiegato negli uffici per l'ammasso
obbligatorio del grano, cosa che lo portò a dare uno sguardo alla realtà del mondo contadino.
Iniziò subito dopo la sua attività di insegnante elementare. Dopo entrò nel mondo letterario a
tempo pieno, come scrittore e organizzatore culturale, interessandosi molto a Pirandello e
scrivendo alcuni saggi su di lui. Negli anni ‘70 Sciascia si impose all'attenzione per il vivace
dibattito politico, divenne deputato al Parlamento italiano e poi a quello europeo.

 PENSIERO E POETICA
Sciascia, attraverso la sua narrativa, aspira a cercare una vita sociale libera dall’inganno e dalla
violenza., libera da quelle forme di potere che adoperano soprusi e imbrogli. La Sicilia e la sua
vita sociale, dominate dalla presenza soffocante della mafia, hanno costituito per Sciascia
riferimenti fondamentali ed esemplari delle tendenze più perverse della realtà italiana. La Sicilia,
come per molti altri narratori siciliani, ha rappresentato per Sciascia la metafora del mondo, un
mondo che sembra una trappola, in cui la ragione, negata dagli abusi di potere è costretta
continuamente a cercare sé stessa per difendere la giustizia. Per questo, la narrativa di
Sciascia si intreccia con la saggistica.

 OPERE
 “Le parrocchie di Regalpetra”  tra i suoi primi libri, punto di partenza dell’indagine della
storia e della vita in Sicilia. (A cui segue poi “Gli zii di Sicilia”).
 “Il giorno della civetta”  romanzo breve. Un capitano di polizia indaga su un omicidio di
mafia. Egli scopre la verità, ma questa viene "sfasciata" da un rispettabile personaggio. Il
capitano sarà trasferito e la "verità" della mafia prenderà il sopravvento. Opera di grande valore
formativo, in cui l'impegno a lottare contro la criminalità, contro la mafia e la sua cultura vede
spesso protagonisti la scuola e i giovani.
 “Il consiglio d’Egitto”, “A ciascuno il suo” e “Il contesto”  ancora romanzi gialli che
vedono protagonisti personaggi con l’intento di ricostruire la verità dei fatti, ma che dovranno
scontrarsi con la falsificazione e l’imbroglio, e soprattutto i soprusi.
 “Morte dell’inquisitore”  opera incompiuta perché lo stesso autore aspettava di scoprire
altro sultem trattato. E' inoltre il libro dove Sciascia ha disegnato la figura di un suo antenato
ideale, l'eretico Diego La Matina, in cui ha denunciato gli orrori dell’Inquisizione.
 “Todo modo”  romanzo in cui un pittore di fama si troverà a osservare ciò che avviene in
un edificio isolato, dove venivano praticati “esercizi spirituali” che Ignazio di Loyola prescriveva
di praticare todo modo, al fine di cercare e trovare la volontà divina. Ma in realtà ciò che
perseguono non è la volontà divina, ma il delitto. “Todo modo” è in assoluto uno dei libri più
chiari nell’esporre la viscosità del potere che la politica italiana ha avuto per lunghi anni il
funesto privilegio di produrre.
 “Candido ovvero un sogno fatto in Sicilia”  riscrittura del romanzo “Candide” di Voltaire.
Sorta di autobiografia ironica in cui Sciascia ripercorre le delusioni del suo rapporto con il
mondo politico.
 Tra le sue ultime opere ricordiamo le ricostruzioni di casi di cronaca di vicende passate o
attuali:
“Atti relativi alla morte di Raymond Roussel”, “La scomparsa di Majorana”
 “Il cavaliere e la morte”  tra i suoi ultimi gialli. Il tema più ricorrente è quello della malattia,
un cancro che affligge il protagonista ma anche la società corrotta in cui vive. Restano ormai
pochi giudici e poliziotti che ancora combattono contro una società ormai marcia e perduta, fatta
di compromessi tra “giustizia” e mafia.

ITALO CALVINO (1923 – 1985)


Scrittore. Nacque a Cuba ma visse la sua infanzia e l´adolescenza a San Remo, tra la stazione
sperimentale di floricultura diretta dal padre e la casa di campagna di famiglia. I genitori gli
impartirono un’educazione razionalistica e laica. Dopo la maturità si iscrisse alla facoltà di
Agraria a Torino, dove insegnava anche il padre, ma non era davvero interessato. Dopo
l´armistizio dell´8 settembre 1943 la Liguria si trova sotto l´occupazione tedesca; partecipò alla
lotta partigiana sulle Alpi Marittime, e i genitori vennero anche arrestati per un breve periodo dai
tedeschi. Durante la resistenza aderì al Partito Comunista e dopo la guerra svolse attività
politica e cominciò a scrivere racconti, legandosi agli ambienti letterari milanesi (Vittorini) e
torinesi (la casa editrice Einaudi). Si iscrisse a Lettere di Torino e si laureò. Dopo aver scritto
brevi racconti, sottoponendoli alla Einaudi, scrisse “Il sentiero dei nidi di ragno”,che ottenne
successo. Alla morte di Pavese, Calvino prese il suo posto alla Einaudi. Siccome i critici gli
stroncavano i suoi tentativi di romanzi e racconti di stampo neorealista, allora si dedicò alla
narrativa fiabesca, pubblicando nella collana "Gettoni" il “Visconte dimezzato”. Ottenne
grande successo e si dedicò dunque alla stesura di “Fiabe italiane” della tradizione popolare,
prese da varie regioni e tradotte dai dialetti. Intanto, in seguito agli irrigidimenti ideologici che
avevano frantumato l´unità del fronte antifascista, Calvino uscì dal Partito Comunista. Diresse
con Vittorini il “Menabò” e intraprese numerosi viaggi all’estero. All’apice della carriera e del
successo, fu chiamato dall’Università di Harward per la cattedra di letteratura, ma morì lo stesso
anno per un ictus, lasciando incomplete le “Lezioni americane”

 PENSIERO E POETICA
Nelle opere di Calvino dominano il grottesco, il fiabesco, l'amara ironia sui mali contemporanei.
Dalla metà degli anni '60 partecipa al gruppo di scrittori che si muovono in territori di frontiera tra
scienza, costruzione e narrativa. Ciò che rileva questo gruppo di ricercatori è la natura artificiale
del linguaggio e delle regole. Il tema principale di tutta la sua produzione è il fiabesco. Anche
nelle opere di ispirazione realistica l´elemento fiabesco non è mai del tutto escluso. Calvino è
stato un personaggio internazionale, divideva la sua vita tra Torino e Parigi e portava la sua
esperienza all’estero. Si interessò anch’egli alla letteratura americana, scrisse anche un saggio
in merito, rimasto incompleto. Anche Calvino, come Pavese, si interessò a ricostruire la
tradizione popolare, convinto che il popolo conservasse valori e tradizioni che non sempre sono
stati presi in considerazione. Cercò la tradizione nelle più importanti fiabe italiane, quelle
tramandate oralmente, e lui stesso ne scrisse molte, perché capì che nelle fiabe in realtà si
nasconde una gran quantità di cultura. Fu dunque un grande studioso di Demoetnoantropologia
(recupero della tradizione popolare attraverso le fiabe del popolo). Calvino cerò di conciliare i
grandi problemi del popolo con un ambito fiabesco.
Inoltre condusse una battaglia contro il progresso, che non comporta sviluppo, ma che elimina
la naturalezza della tradizione ottocentesca (es: luce della luna vs luce della lampadina).

 OPERE
 “Il sentiero dei nidi di ragno”  primo romanzo di Calvino. È l' opera più legata ai codici
del Neorealismo ed è autobiografica. La storia infatti, viene raccontata da un bambino,
proiezione dell' autore giovanissimo allo scoppio della guerra e narratore perfetto perché
permette a Calvino di orientare lo stile verso quel fiabesco e avventuroso che risulteranno due
delle componenti essenziali della sua tecnica di scrittura. Essa narra di Pin, un ragazzo che,
nonostante la crudeltà della guerra riesce a mantenere la sua entità fanciullesca e la sua
freschezza. La chiave di tutto il romanzo è il ritrovamento di una pistola, che egli considera
quasi un oggetto dai poteri magici; nelle peripezie che egli affronta per nascondere l'oggetto,
riposto dopo vari tentativi in un viottolo di montagna che lui chiama appunto "il sentiero dei nidi
di ragno", incontra e conosce una banda di partigiani, alla quale si unisce e con la quale vive
diverse avventure, pur non rinunciando alla sua fantasia ed innocenza di fanciullo.
L'opera rappresenta un modo di affrontare il tema della narrativa neorealistica molto particolare,
un modo di osservare la vita partigiana come una favola di bosco, variopinta e diversa da altre
rappresentazioni.
 “Ultimo viene il corvo”  raccolta di racconti, come “Il sentiero dei nidi di ragno”, frutto
dell'esperienza partigiana in cui i motivi storico-resistenziali si fondono con il preminente gusto
fiabesco-avventuroso. L'opera prende il nome da uno dei racconti..
 “Fiabe italiane”  è appunto una raccolta di fiabe italiane. Il titolo completo dell'opera, che
ne chiarisce la natura, è “Fiabe italiane raccolte dalla tradizione popolare durante gli ultimi cento
anni e trascritte in lingua dai vari dialetti da Italo Calvino”.
 “I nostri antenati”  raccolta di tre romanzi brevi:
1. “Il visconte dimezzato”  il narratore rievoca la storia dello zio tagliato in due da un colpo
di cannone mentre combatteva contro i turchi. Le due parti del corpo sono ritrovate in diversi
momenti, ma la prima metà mostra un'indole crudele, infierisce sui sudditi; la seconda metà
cerca di riparare i misfatti dell'altra parte. I due visconti dimezzati giungono al duello; un medico
approfitta per riunire le due metà e restituire un visconte in cui bene e male sono di nuovo
mescolati insieme.
2. “Il barone rampante”  narra di Cosimo, che su un albero si costruisce un mondo per
conto suo dove vive mille avventure. I bambini lo schermiscono, i familiari lo disprezzano,
uomini di cultura lo vengono a trovare attratti dalla sua bizzarria di voler vedere dall'alto quanto
accade sulla terra. Vecchio, in punto di morte si aggrappa alla fune di una mongolfiera e
scompare mentre attraversa il mare.
3. “Il cavaliere inesistente”  una suora narra, ai tempi di Carlo Magno, di un cavaliere giusto
e nobile d’animo, ma senza corpo, fatto solo di armatura che va in giro per il mondo e che trova
la forza di essere cosciente attraverso un incredibile sforzo di volontà. Così vengono narrate le
avventure del cavaliere in un medioevo fantastico, dai risvolti ironici e fiabeschi. Egli suscita
sentimenti di invidia nei sottoposti e colleghi e amore in donne come Bradamante, amazzone
stanca di tutti gli uomini esistenti.
Il racconto rappresenta la solitudine dell’uomo; evidenzia il vuoto di umanità che pervade il
mondo che ci circonda; racconta dei rapporti tra essere e sentire attraverso una narrazione
fantastica.
 “Marcovaldo”  raccolta di racconti cui dà il titolo il nome del protagonista. Il manovale
Marcovaldo vive avventure sul filo del limite della realtà in una città che ricorda Torino e dove è
sparita ogni traccia di verde, tra oggetti strani e paesaggio puramente industriale.
 “La giornata di uno scrutatore”  romanzo breve. È la storia di Amerigo, uno scrutatore
che vede crollare i suoi ideali "progressivi" e illuministici di una ragione che trionferà su tutti i
problemi e su tutte le ingiustizie. Lo scrutatore presta servizio in un seggio in un istituto di
Torino, dove votano gli ospiti incapaci, senza speranze di riscatto.
Questo romanzo, insieme a "La speculazione edilizia" rappresentano la società italiana negli
anni a seguito delle distruzioni della guerra e poi alle prime ricostruzioni.
- Libri sulla combinatoria narrativa (unisce fiaba a spunti neorealisti, scientifici o di cronaca):
 “Le Cosmicomiche”  Le narrazioni contenute in questo libro sono nate
dall’immaginazione di Calvino, ma sono anche storie basate su ipotesi teoriche, avanzate dalla
scienza per dare una spiegazione sull'origine del nostro mondo. I racconti sono divisi in: 4 storie
sulla luna, 4 sul sole, sulle stelle e le galassie, 4 sull'evoluzione e 4 sul tempo e lo spazio. Ogni
cosmicomica inizia con un passo, tratto da un libro scientifico, che serve da introduzione al
discorso di un personaggio fantastico che non si può definire umano: egli oggi vive in un mondo
post-moderno, ma c'era già quando l'uomo non esisteva. Questo strano essere risponde ad un
nome impronunciabile (Qfwqf).
Il titolo generale del libro di Calvino, Cosmicomiche, deriva dall'unione di due aggettivi diversi:
"cosmico" e "comico". Lo scrittore spiega che le sue storie, che trattano argomenti molto seri,
sono anche raccontate in chiave ironica: in questo modo il genere "comico" aiuta a capire
meglio il "cosmico".
Le Cosmicomiche non appartengono alla categoria dei libri fantascientifici, perché la
fantascienza ha come argomento eventi che si ipotizza possano accadere in futuro. Non si
tratta dunque di un libro "storico" e neppure "contemporaneo". Calvino rappresenta nei suoi
scritti un periodo pre-terrestre e pre-umano. Egli spiega la teoria dell'origine dell'universo e le
prospettive di una sua probabile fine.
 “Ti con zero”  Il titolo riprende l´espressione che in fisica indica l´istante iniziale di un
processo. In questo volume il vecchio Qfwfq, protagonista delle Cosmicomiche, racconta
l´origine della vita.

 “Il castello dei destini incrociati”  racconto in cui il protagonista arriva in un castello e si
siede a tavola in un banchetto in cui tutti i commensali hanno perso la parola, ma possono
raccontare le loro storie combinando i tarocchi di un mazzo che il castellano mette a
disposizione. Tutti a turno raccontano storie, casi che riassumono il senso del destino umano.
 “Le città invisibili”  in questo libro L´imperatore Kan, fondatore dell’Impero cinese, e il
suo ambasciatore Marco Polo si ritrovano dopo il tramonto sulle terrazze della reggia e qui il
veneziano descrive al sovrano fantastiche città da lui visitate: città in realtà immaginarie e nelle
quali si può leggere la sua patria lontana, Venezia. Alla fine la descrizione delle città riporta alla
descrizione del mondo come un unico inferno, pur suddiviso in tanti gironi diversi
 “Se una notte d’inverno un viaggiatore”  il libro si rivolge direttamente al lettore,
presentandosi come il suo romanzo, costruito in base al suo rapporto col libro. Mentre il lettore
legge “Se una notte d’inverno un viaggiatore” si accorge che contiene pochissime pagine.
Mettendosi alla ricerca del resto, si imbatte in altri 9 inizi diversi. Il romanzo si costruisce sulle
avventure del lettore. Come sintetizza nella premessa (“Credete di leggere ‘Se una notte
d'inverno un viaggiatore’. E invece no.”), l’autore gioca con il lettore trascinandolo in dieci storie
diverse che s’interrompono ad ogni capitolo, dieci incipit immaginari di romanzi che esauriscono
le possibilità dei generi letterari in cui Calvino si cala con maestria. Filo conduttore e cornice alla
narrazione, è la storia del lettore e della lettrice: incontratisi in libreria ed entrambi incappati in
questa specie di scherzo della casa editrice, che ha pubblicato “Se una notte d’inverno un
viaggiatore” con un testo che non è quello, cercano di scoprire il mistero, di rimettere insieme il
romanzo e di mettersi insieme loro.
- Nelle sue ultime opere, visto l’avanzare di una società sempre più frammentata, Calvino
sente il bisogno di occuparsi di situazioni marginali e imprevedibili della cultura e
dell’esperienza.
 “Collezione di sabbia”  è una raccolta di saggi. Si tratta di una scelta di articoli e scritti
d'occasione che Calvino inviò da Parigi ai giornali italiani ai quali collaborava; uscì nella collana
"Saggi Blu" di Garzanti, casa editrice con la quale lo scrittore aveva iniziato a collaborare dopo
la crisi della Einaudi. L'autore vi raccolse impressioni ricevute durante le sue visite ai musei
parigini, riflessioni sorte da "cose viste" o da letture fatte, resoconti di viaggi in paesi dell'Asia e
dell'America, a contatto con inedite visioni del mondo e della vita.
 “Palomar”  Il signor Palomar (dal nome dell'osservatorio astronomico in California), vede i
fatti minimi della vita quotidiana in una prospettiva cosmica. Scruta oggetti ed eventi della realtà
e li descrive, nel continuo tentativo di avvicinarsi alla saggezza. Ogni volta, sembra sul punto di
raggiungere una conoscenza soddisfacente di ciò che sta descrivendo, ma, puntualmente, nota
ulteriori particolari che, con la loro caotica variabilità, rimettono in discussione tutte le
conclusioni a cui è appena giunto. Proprio quando la ragione sembra sconfitta, Palomar
persevera invece nel tentativo di organizzare la realtà in un livello superiore di ordine: anche il
caos, forse, si può racchiudere in una teoria. In questa continua ricerca, volta ad estendere i
limiti della conoscenza umana Palomar si avventura come un esploratore. Sente che è proprio
dovere cercare di orientarsi e ci prova con coraggio. La saggezza resta irraggiungibile, ma vale
la pena cercare di raggiungerla.
 “Lezioni americane  libro basato su di una serie di lezioni scritte da Italo Calvino per un
ciclo di 6 lezioni all'università di Harvard, ma mai tenutosi a causa della morte di Calvino.
Quando morì, aveva finito tutte le lezioni tranne l'ultima. Il libro venne pubblicato postumo. Le
“Lezioni americane” offrono appunti utili per orientarsi nelle trasformazioni che apparivano
davanti ai suoi occhi. In tutte le Lezioni Calvino sottolinea la sua predilezione per testi brevi.
Ogni lezione prende spunto da un valore della letteratura che Calvino considerava importante e
che considerava alla base della letteratura per il nuovo millennio: Leggerezza, Rapidità,
Esattezza, Visibilità, Molteplicità, Coerenza.

NEOAVANGUARDIA o SPERIMENTALISMO
La Neoavanguardia è un movimento letterario italiano nato negli anni ’60 del Novecento, che si
caratterizza per la forte tensione nella sperimentazione formale. A partire dalla fine degli anni
Cinquanta, gli anni del boom economico e della definitiva trasformazione della società italiana in
società fortemente industrializzata, in una situazione letteraria caratterizzata dall'esaurimento
della fase neorealistica e da un rifiuto della storia come oggetto di ispirazione e
rappresentazione e per il coinvolgimento degli intellettuali nei meccanismi dell'industria
editoriale, nacque la Neoavanguardia. Gli scrittori compresi in questo movimento, dopo
esperienze separate sul piano sia della produzione letteraria sia della teoria e della critica e
dopo la pubblicazione di un'antologia di poeti Novissimi (Sanguineti, Pagliarani, Giuliani, Porta,
Balestrini), nel 1963 si riunirono a Palermo e si organizzarono in corrente, autodefinendosi
Gruppo ‘63. Gli scrittori della neo-avanguardia, muovendo dal rifiuto delle idee dei neorealisti,
si richiamarono alle poetiche sperimentalistiche delle avanguardie storiche. Il movimento
consiste nella repulsione del mondo attuale. I poeti della Neoavanguardia, notando che l’Italia è
dominata dall’economia e dalla politica, non possono far altro che deridere questo mondo, per
mostrare che questi due ambiti perdono l’intelligenza che i poeti continuano ad avere.
Negli scrittori della Neoavanguardia il rifiuto della precedente letteratura si traduce in un rifiuto
dell'ideologia come chiave interpretativa della realtà: nessuna ideologia è in grado di offrire una
interpretazione esauriente del mondo e non possono che produrre falsi significati. La realtà,
nella neo-avanguardia, deve essere recuperata attraverso un'operazione essenzialmente
affidata al linguaggio. Ma il linguaggio della società odierna, la società capitalistica avanzata,
dei mass media, della pubblicità, dell'industria editoriale, è incapace ormai di farsi portatore di
significati autentici e di reale comunicazione fra gli uomini. Per questo una crisi invade il poeta,
che non crede più nelle tecniche tradizionali di scrittura poetica, che oggi viene ormai umiliata e
usata per i peggiori scopi, quali pubblicità e propaganda.
Con il linguaggio di cui dispone e nel contesto in cui si trova a vivere, il poeta contemporaneo
non potrà far altro che comunicare caos, cioè una riproduzione immediata ed enfatizzata della
mancanza di significato, dell'inautenticità della comunicazione normale. Parole in libertà, parole
casualmente radunate e disposte sulla pagina, reperti del mondo della comunicazione, pratica
del nonsense, rifiuto del significato, sono tra le soluzioni formali più radicali adottate da molti
esponenti di questo movimento.

 MAGGIORI ESPONENTI
- Pier Paolo Pasolini, Edoardo Sanguineti, Umberto Eco, Antonio Porta,
- Elio Pagliarani  poeta italiano appartenente al Gruppo 63. La poesia di Pagliarani affronta
temi realistici, come quello del lavoro, dell'economia e della vita delle classi subalterne.

PIER PAOLO PASOLINI (1922 – 1975)


Poeta e regista. Nacque a Bologna. Dopo un'infanzia trascorsa in piccoli paesi del Veneto e in
Emilia, al seguito del padre ufficiale dell'esercito, compì gli studi liceali e universitari a Bologna.
Il forte legame con la madre friulana e gli studi di filologia romanza, lo spinsero a cercare nel
dialetto materno un mezzo con cui esprimere un delicato e fantastico mondo poetico. Nacquero
così le sue prime poesie, in friulano. La guerra costrinse Pasolini e la madre a ripararsi a
Casarsa, vicino Pordenone. Qui organizzò un periodico di letteratura in dialetto friulano, a difesa
delle lingue regionali come forme specifiche della coscienza storica nazionale. Si iscrisse al
Partito Comunista Italiano e iniziò a pubblicare opere in italiano. Nel frattempo insegnò nella
scuola media, collaborando a diverse riviste locali. Accusato di corruzione di minorenni fu
sospeso dall'insegnamento e espulso dal PCI. Si trasferì a Roma con la madre. Si intensificò la
sua attività di saggista e polemista, attraverso anche interventi politici pubblicati sul settimanale
e sul quotidiano “Il Corriere della Sera”. In questo passaggio dalla letteratura all'analisi dei
fenomeni sociali e di costume accentuò la sua vocazione a porsi come voce diversa,
anticonformista, alla ricerca continua di una verità, in politica come in arte, nei rapporti umani
come nel linguaggio quotidiano. Fu ucciso alla periferia di Roma. La sua morte sancì la sua
estraneità, che testimoniò il trauma prodotto dalle trasformazioni della società e della cultura tra
gli anni '50 e '60.

 PENSIERO E POETICA
Il percorso intellettuale e umano di Pasolini ha tre grossi “centri”: dopo l'esperienza poetica, che
dall'uso del dialetto lo porta all'uso dell'italiano e a una riflessione sul suo rapporto con
l'ideologia marxista, il nucleo dell'esperienza cinematografica lo spinge concretamente a
interrogarsi su una serie di problemi fondamentali: il rapporto tra produzione intellettuale e
industria, e tra opera d'arte e pubblico. Dunque il senso e le caratteristiche dell'opera d'arte nel
contesto di una modifica profonda della composizione sociale dell'Italia e dell'occidente in quegli
anni. A partire dalla metà degli anni '60 si coglie un decennio in cui Pasolini si pone su posizioni
sempre più individualistiche rispetto ai processi in atto, tutti per lui inaccettabili. Non è solo un
isolamento, ma anche la riflessione su una sconfitta, e su una impossibilità di identificarsi con le
nuove realtà della società borghese, del capitalismo industriale e del consumo di massa.
All'interno di un'ideologia genericamente di sinistra, Pasolini ha cercato di coniugare marxismo
e spiritualità cristiana, nostalgia dei valori del mondo rurale e denuncia della violenza delle
strutture sociali dell'occidente industrializzato. Con la sua prosa, ricca di paradossi o proposte
apocalittiche elaborò parecchie provocazioni, demistificando ideologie e comportamenti
inglobati dalla cultura neocapitalistica.
Molto legato alla tradizione popolare, tentò di riprodurre la stessa popolarità e serenità friulana a
Roma, ma grandi città come Roma sono difficili da accostare alla realtà della campagna
friulana.
Pasolini è definito un Alighieri che attraversa l'inferno senza Virgilio.

 OPERE
- Pasolini poeta:
 “La meglio gioventù”  le poesie del primo periodo in lingua friulana sono raccolte in
questo volume, poi rivisitato e riscritto in italiano. L'opera è articolata in due parti: “Poesia a
Casarsa”, di carattere autobiografico, traccia il cammino creativo dell’autore; e quella che dà il
titolo al volume, che racconta il Friuli attraverso la condizione di miseria e di sfruttamento dei
contadini nel dopo guerra. Le due sezioni dell'opera non corrispondono a criteri cronologici ma
mettono in evidenza due momenti della poetica friulana dell'autore.
 “L'usignolo della chiesa cattolica”  raccolta di versi funerei e barocchi, tesi a registrare
la durezza del mondo e dei rapporti sociali.
 “Le ceneri di Gramsci”  Il titolo si estende, da un poemetto immaginato davanti alla
tomba di Gramsci nel Cimitero degli Inglesi a Roma, il tema è quello riguardante l’ipocrisia del
marxismo, e una drammatica riflessione sulla vita sociale degli anni’50. La poetica si muove
sullo sfondo di una vita popolare, sviluppatasi in contrasto tra un io legato a radici borghesi,e la
storia che va avanti, impegnandosi per la trasformazione del mondo.
 Nelle successive raccolte il poeta segue il carattere negativo della storia, il degrado della
società, rievocando nostalgicamente un fantastico mondo contadino.
- Pasolini narratore. Per Pasolini la narrativa è descrivere la realtà che lo circonda:
 “Ragazzi di vita” e “Una vita violenta”  racconta la giornata di un gruppo di giovani
lavoratori romani, mossi da esigenze come la fame, la paura, la solidarietà, vanno dalle borgate
di Roma verso il centro, tra incontri, eventi comici, tragici, grotteschi. I giovani alternano una
violenza gratuita a una generosità patetica: uno dei protagonisti salva una rondine che stava per
annegare ma non potrà far nulla dinanzi ad un bambino travolto dalla corrente del fiume. Con
questi romanzi l’opinione pubblica lo codificò come “provocatore”.
 “Il sogno di una cosa”  romanzo comprendente elementi autobiografici e
rappresentazione della vita dei giovani friulani alla fine della guerra, tra desideri, aspirazioni e
delusioni politiche:
- Pasolini regista. Il passaggio al cinema segna un abbandono della narrativa letteraria e la
ricerca di una più profonda narrativa, materiale, che lo metta in rapporto diretto con la realtà.
Scelse così il cinema. Tra i suoi film più importanti ricordiamo: “Accattone”, “Mamma Roma”,
“Uccellacci e uccellini”,
“Salò e le 120 giornate di Sodoma, “Decameron”.
- Pasolini saggista. Negli anni ’50 Pasolini si dedicò anche alla critica letteraria, ma
fondamentali sono i saggi degli ultimi anni, in cui Pasolini volle attaccare la nuova società
consumistica e le mutate forme di potere. Aggredisce come un corsaro la realtà degradata dio
cui egli stesso è parte, scagliandosi contro con l’ereticità di un luterano. Causa del crollo degli
antichi valori, della degradazione sono, secondo Pasolini, la televisione e la scuola di massa, il
68 che spinse all’aggressione borghese. La cosa ancor più grave è l’adattamento della società
a questo degrado, e che ormai non è più possibile tornare al passato.
- Ricordiamo, in particolare:
 “Scritti corsari”  raccolta di interventi il cui tema centrale è la società italiana e i suoi mali.
Lui, figura solitaria, crudo e sincero analista, si scontra con quel mondo di perbenismo e
conformismo che è responsabile del degrado culturale della società. Controcorrente, riesce ad
esprimere, con grande chiarezza e senza fraintendimenti, tesi politiche di grande attualità
tutt'oggi, trattando tematiche sociali alla base dei grandi scontri culturali dell'epoca come
l'aborto e il divorzio.
“Lettere luterane”, “Il caos” e “Le belle bandiere”.
 Si interessò inoltre di programmi radiofonici e alcuni testi teatrali, scrivendo tragedie in versi
che proiettano nel mito la complessità delle problematiche psicologiche e ideologiche tipiche
della sua opera.

EDOARDO SANGUINETI (1930)


Poeta, scrittore, traduttore e critico letterario. Nacque a Genova. All’età di 4 anni si trasferì con
la famiglia a Torino. Gli venne diagnosticata una grave malattia cardiaca, ma la diagnosi si
rivelò sbagliata. Da quel momento praticò molta attività fisica per recuperare il tono muscolare.
A Torino crebbe con Luigi Cocchi, suo zio, importante punto di riferimento per la formazione del
futuro poeta. Studiò al liceo classico. Nello stesso anno della morte della madre incontrò la sua
futura moglie, da cui ebbe 4 figli. Conseguita la laurea, fu pubblicato il suo “Laborintus”. Nel
1963 nacque a Palermo il "Gruppo 63", movimento critico letterario, a cui aderì Sanguineti. Due
anni dopo ottenne la cattedra di Letteratura italiana moderna e contemporanea a Torino. Sciolto
il "Gruppo 63", Sanguineti si candidò alle elezioni per la Camera dei deputati nelle liste del Pci.
Si trasferì poi per lavoro a Salerno con la famiglia, in seguito a Genova dove iniziò un periodo di
grande impegno politico: fu eletto consigliere comunale e deputato della Camera. Ha
collaborato con numerosi giornali, tra cui “Il Giorno” e “L’Unità” e ha intrapreso numerosi viaggi.
E’ stato nominato da Scalfaro Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine di gran merito della
Repubblica Italiana. Nel 2000 ha lasciato l’Università. Nella sua lunga carriera di letterato ha
ricevuto numerosi premi e riconoscimenti. E’ membro di numerose accademie europee.

 PENSIERO E POETICA
Nella sua poesia è andato progressivamente emergendo un registro parodico-ironico,
tendenzialmente diaristico, che si esercita sulle occasioni della vita quotidiana. la sua poesia è
stata considerata strana, disincantata, autoironica. Nella società attuale, costruita sui rapporti,
contatti, spostamenti, l’esistenza del poeta, il suo impegno politico e culturale, sembra non
avere motivazione, dal momento in cui, secondo Sanguineti stesso, afferma di trovarsi in un
mondo privo di significato, di finalità. La nostra vita rischia di essere sempre uguale, ripetitiva.
Non si riesce a far nulla di diverso da quello che la società ci impone, per questo tutti siamo
costretti ad indossare una “maschera meccanica”. Il poeta può anche essere sgradevole, a
differenza dei suoi predecessori, in quanto non ha nessun compito se non deridere di questa
società.

 OPERE
 “Laborintus”  suo primo romanzo. Riprende il discorso delle avanguardie storiche,
convinto che solo nel linguaggio disarticolato e informale dell'avanguardia risieda la verità
occulta dell'arte nell'età dell'industria culturale. Si tratta di un monologo intellettuale, di un io che
compie un percorso attraverso oggetti, citazioni, dati ed esclamazioni, che si fa strada nel
labirinto della psicologia, della cultura e della storia tra materiali di ogni tipo.
 “Capriccio italiano”  romanzo di grande successo, tradotto in tedesco, francese, inglese.
Il nucleo principale del romanzo è una crisi coniugale tra Edoardo e sua moglie, che è incinta
del terzo figlio. La crisi, che si ricomporrà con la nascita del figlio. Il racconto ha inizio con una
festa in un albergo. Dopo la festa, i coniugi si ritirano in camera: il protagonista si addormenta e,
al risveglio, non trova più la moglie. Poco dopo, un amico gli comunica che la donna è stato
vittima di un misterioso incidente, e si recano nel luogo dove è ricoverata. Da questo punto in
poi si intrecciano vicende vissute o sognate, il racconto si snoda dapprima attraverso le passate
esperienze amorose del narratore, poi nella rievocazione di alcuni momenti della vita coniugale,
infine attraverso una serie di luoghi (percorsi realmente o in sogno) che comunicano per mezzo
di una serie di cunicoli, porte, stretti passaggi. Temi ricorrenti sono: la morte, l'eros, il gioco, la
paternità e la malattia.
 “Il gioco dell’oca”  in questo romanzo paragona la vita al gioco dell’oca, perché la vita,
proprio come il gioco, è un complicato labirinto.
 Sanguineti ha anche scritto libretti per musica, soggetti per balletti e una riduzione
dell’Orlando furioso. Nell’anno delle celebrazioni per il centenario verdiano ha pubblicato un
volumetto, “Verdi in technicolor”, dove scrive il melodramma di Verdi nella tradizione del grande
realismo europeo.
 Ha dedicato parecchie poesie all’eros.
 Tutte le poesie di Sanguineti sono raccolte in “Segnalibro. Poesie 51-81”.

UMBERTO ECO
Piemontese, rappresentante dello Sperimentalismo. Laureatosi in filosofia, è stato insegnante
presso varie facoltà italiane e all’estero, fino ad insegnare semiotica alla facoltà di Bologna. E’
membro di numerosi comitati ed associazioni ed ha ottenuto numerosi premi, tra cui il premio
Strega. I suoi campi d’interesse sono molteplici, dalla storia alla comunicazione di massa.

 OPERE
 Ha esordito nella narrativa con “Il nome della Rosa”  romanzo giallo-gotico di
ambientazione medievale e conventuale, che gli ha dato grande successo e da cui è stato tratto
un film.
Nel 1300 circa, in un monastero benedettino del Nord Italia, giungono il frate francescano
inglese Guglielmo da Baskerville e un novizio, per aiutare a sanare la frattura tra Papato e
Impero, sostenitore dei francescani. Nella settimana di permanenza in monastero, avvengono
morti misteriose che sembrano ruotare attorno alla biblioteca e ad un misterioso manoscritto: il
secondo libro perduto della poetica di Aristotele, che tratta della commedia. Tutti questi omicidi
sono stati progettati dal bibliotecario, che non voleva che né frati, né altri venissero a
conoscenza di questo libro ritenuto maledetto, perché il riso e lo scherzo avrebbero distratto i
princìpi di austerità e serietà dei dogmi, avvelenando così ogni pagina del libro. Alla fine,
scoperta ogni cosa, i due protagonisti di allontanano mentre la biblioteca si incendia a causa del
bibliotecario che, tentando di mangiare le pagine del libro, fa cadere accidentalmente un lumino.

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