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Inferno, Canto I
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Interpretazione complessiva
Il canto I dell’Inferno è di introduzione all’intero poema, presenta quindi la situazione iniziale e
spiega le ragioni del viaggio allegorico: Dante vi compare nella duplice veste di personaggio reale,
che in un determinato momento storico si smarrisce in una selva (a metà della sua vita, quindi
nell'anno 1300 quando stava per compiere 35 anni), e in quella di ogni uomo che in questa vita è
chiamato a compiere un percorso di redenzione e purificazione morale per liberarsi dal peccato e
guadagnare la beatitudine. Sul piano allegorico, dunque, la selva rappresenta proprio il peccato
(essa è infatti descritta come selvaggia e aspra e forte, spaventosa al solo ricordo e poco meno
amara della morte stessa), mentre su quello letterale è un luogo in cui chi compie un viaggio rischia
realisticamente di smarrirsi per essere uscito dalla diritta via, per cui i lettori del tempo di Dante
potevano trovare familiare un paesaggio simile (all'epoca le zone boscose erano assai estese e
selvatiche, come per esempio in Maremma: cfr. Inf., XIII, 7-9). Altrettanto realistici gli altri
elementi del paesaggio simbolico, a cominciare dal colle che allegoricamente raffigura la via alla
felicità terrena, cioè al possesso delle virtù cardinali (fortezza, temperanza, prudenza e giustizia) per
le quali la ragione umana è sufficiente, e che Dante tenta inutilmente di scalare vedendo sorgere il
sole dietro la sua vetta (esso rappresenta la via verso la salvezza, oltre all'ovvia considerazione che
il nuovo giorno dissipa le paure della notte e ridona al poeta nuova speranza). Le tre fiere che
sbarrano il passo al poeta e lo ricacciano verso la selva sono invece le tre principali disposizioni
peccaminose: la lonza è la lussuria, il leone è la superbia, la lupa è l’avarizia-cupidigia, secondo
una tradizione già attestata dai commentatori medievali, e anch'esse ovviamente rappresentano tre
animali selvaggi che non erano certo impossibili da incontrare in un effettivo viaggio attraverso una
foresta (tranne naturalmente il leone, ma nulla conferma che il viaggio dantesco avvenga in Italia e
d'altronde vari interpreti hanno ipotizzato che questi luoghi si trovino in realtà nei pressi di
Gerusalemme, sotto la quale si spalanca la voragine infernale). Più pericolosa è la lupa-avarizia,
radice di tutti i mali e per Dante causa prima del disordine politico e morale che regnava in Italia
all’inizio del Trecento, di cui è simbolo del resto anche la selva, mentre va ricordato che in molti
passi del poema egli si scaglia con forza contro la corruzione del mondo politico ed ecclesiastico del
suo tempo, causata principalmente proprio dall'avidità di denaro. La lupa si rivela un ostacolo
insuperabile e Dante lentamente scivola nuovamente verso la selva, cioè il peccato.
La seconda parte del Canto vede come protagonista Virgilio, che sarà la prima guida di Dante nel
viaggio ultraterreno e che è allegoria della ragione umana dei filosofi antichi, guida sufficiente a
condurre l’uomo al pieno possesso delle virtù cardinali: egli giunge in soccorso del poeta in modo
inaspettato, come un'apparizione spettrale, tanto che Dante gli chiede timoroso se sia ombra od omo
certo. La risposta del poeta latino è una vera e propria prosopopea, un'elegante auto-presentazione
in cui Virgilio non fa direttamente il proprio nome (sarà Dante a citarlo al termine delle sue parole)
e si manifesta come l'autore dell'Eneide, il poema che era considerato il capolavoro della letteratura
latina e il cui protagonista, Enea, è centrale nella tradizione classico-cristiana, in quanto fondatore
della stirpe romana e, indirettamente, di quella Roma che sarà centro dell'Impero e della Chiesa.
Virgilio rimprovera Dante del fatto che non sale il dilettoso monte che è principio di ogni felicità e
il poeta fiorentino risponde indicando Virgilio come il suo maestro, colui da cui ha tratto l'alto stile
tragico che gli ha dato la fama, invocando poi il suo aiuto contro la lupa-avarizia che lo riempie di
terrore e costituisce uno sbarramento insuperabile: la successiva risposta di Virgilio si divide in due
parti, la prima delle quali dedicata alla profezia del «veltro» che ricaccerà la lupa nell'Inferno da
dove è uscita (per le molte interpretazioni di questo personaggio si veda oltre), la seconda al viaggio
nell'Oltretomba che Dante dovrà affrontare se vuole scampare da questo loco selvaggio, e in cui
sotto la sua guida visiterà Inferno e Purgatorio, mentre se vorrà visitare anche il Paradiso dovrà
attendere la guida di Beatrice, in quanto Virgilio è pagano e non è quindi ammesso nel regno di quel
Dio che non ha conosciuto. Allegoricamente Beatrice raffigura la grazia santificante e la teologia
rivelata, che sola può portare l'uomo alla salvezza, mentre è affermata fin dall'inizio l'insufficienza
della ragione naturale, che è in grado di condurre l'uomo al possesso delle virtù cardinali e a una
condotta onesta, ma non di arrivare alla beatitudine eterna: è questa l'ossatura allegorica dell'intero
poema e la cosa diverrà chiara già dal Canto II, in cui Virgilio rievocherà l'incontro con Beatrice nel
Limbo e spiegherà che il viaggio di Dante è voluto da Dio, dunque non è folle in quanto non
affrontato col solo ausilio della ragione dei filosofi che Virgilio rappresenta. La scelta di questo
personaggio come guida nella prima parte del viaggio è stata molto discussa, in quanto Dante
avrebbe potuto scegliere un filosofo come Aristotele o un personaggio storico come Catone
Uticense, ma Virgilio nel Medioevo era ritenuto un pensatore al pari degli altri grandi filosofi
antichi, inoltre si riteneva che avesse intravisto alcune verità del Cristianesimo e le avesse
preannunciate nelle sue opere (specie nella famosa Egloga IV: cfr. Purg., XXII, in cui Stazio
dichiara di essere diventato cristiano grazie alla lettura di quei versi); egli era anche il principale
scrittore dell'età di Augusto, sotto il cui Impero il mondo aveva conosciuto pace e giustizia,
indispensabili secondo il pensiero medievale affinché potesse diffondersi il Cristianesimo, per cui
l'autore dell'Eneide era in realtà una scelta quasi obbligata come maestro e guida di Dante nel
viaggio attraverso i primi due regni ultraterreni. È interessante inoltre osservare che dopo questo
primo incontro fra discepolo e maestro si creerà un rapporto di reciproco intenso affetto, per cui
Virgilio accudirà Dante come un figlio e questi ricambierà le cure con profondo rispetto e
deferenza, fino al momento della separazione in cui Dante si abbandonerà a un pianto disperato
(Purg., XXX, 40 ss.). Il Canto si chiude con Dante che, pieno di speranza e di buoni propositi, si
accinge a seguire la sua guida per giungere nei luoghi che gli ha preannunciato, salvo poi (all'inizio
del Canto seguente) venire assalito da dubbi e timori, che Virgilio fugherà raccontando del suo
incontro con Beatrice.
Testo Parafrasi
Nel mezzo del cammin di nostra vita A metà del percorso della vita umana (all'età di 35 anni),
mi ritrovai per una selva oscura, mi ritrovai per una oscura foresta, poiché avevo smarrito
ché la diritta via era la giusta strada.
smarrita. 3
Ahi quanto a dir qual era è cosa dura Ahimè, è difficile descrivere com'era quella foresta,
esta selva selvaggia e aspra e forte selvaggia, inestricabile e tremenda, tale che al solo
che nel pensier rinova la pensiero fa tornare la paura.
paura! 6
È così spaventosa che la morte lo è poco di più: ma per
Tant’è amara che poco è più morte; descrivere il bene che vi trovai dentro, dirò quali altre
ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai, cose ho visto in essa.
dirò de l’altre cose ch’i’ v’ho
scorte. 9
Non sono in grado di spiegare come vi sia entrato, tanto
Io non so ben ridir com’i’ v’intrai, ero pieno di sonno nel momento in cui lasciai la giusta
tant’era pien di sonno a quel punto strada.
che la verace via
abbandonai.
12 Ma dopo che fui arrivato ai piedi di un colle, là dove
finiva quella valle che mi aveva rattristato il cuore di
Ma poi ch’i’ fui al piè d’un colle paura, alzai lo sguardo e vidi la sua vetta già illuminata
giunto, dai raggi del sole, che conduce ogni uomo sulla giusta
là dove terminava quella valle strada.
che m’avea di paura il cor
compunto, 15
così l’animo mio ch’ancor fuggiva, Dopo che ebbi riposato un poco il corpo stanco, ripresi a
si volse a retro a rimirar lo passo camminare lungo il pendio deserto del colle, in modo tale
che non lasciò già mai persona che il piede più saldo era sempre quello più basso.
viva. 27
Ed ecco che apparve, quasi all'inizio della salita, una
Poi ch’èi posato un poco il corpo lasso, lonza snella e molto agile, ricoperta di pelo maculato; e
ripresi via per la piaggia diserta, non si allontanava di fronte a me, anzi, impediva a tal
sì che ’l piè fermo era sempre ’l più punto il mio cammino che io pensai più volte di tornare
basso. 30 indietro.
Ma tu perché ritorni a tanta noia? Tu sei il mio maestro e il mio modello; tu sei il solo da cui
perché non sali il dilettoso monte io trassi il bello stile che mi ha reso celebre.
ch’è principio e cagion di tutta gioia?»
78
Vedi la belva che mi ha fatto voltare; aiutami da lei,
«Or se’ tu quel Virgilio e quella fonte famoso sapiente, poiché essa fa tremare ogni goccia del
che spandi di parlar sì largo fiume?», mio sangue».
rispuos’io lui con vergognosa
fronte. 81
«Tu devi compiere un altro viaggio,» mi rispose dopo
«O de li altri poeti onore e lume, avermi visto piangere, «se vuoi salvarti da questo luogo
vagliami ’l lungo studio e ’l grande selvaggio.
amore
che m’ha fatto cercar lo tuo
volume. 84 Infatti, la belva che ti fa urlare non lascia passare nessuno
per la sua strada, ma lo impedisce al punto di ucciderlo.
Tu se’ lo mio maestro e ’l mio autore,
tu se’ solo colui da cu’ io tolsi
lo bello stilo che m’ha fatto onore. E ha un'indole così malvagia e malefica che non può mai
87 soddisfare la sua bramosia, e dopo ogni pasto ha più fame
di prima.
Vedi la bestia per cu’ io mi volsi;
aiutami da lei, famoso saggio, Sono molti gli animali a cui si accoppia, e saranno sempre
ch’ella mi fa tremar le vene e i di più, finché arriverà il cane da caccia (veltro) che la
polsi». 90 farà morire con dolore.
«A te convien tenere altro viaggio,» Costui non baderà alle ricchezze materiali, ma solo a
rispuose, poi che lagrimar mi vide, quelle spirituali e la sua nascita avverrà tra feltro e feltro.
«se vuo’ campar d’esto loco
selvaggio; 93
Sarà la salvezza di quell'umile Italia, per cui morirono in
ché questa bestia, per la qual tu gride, battaglia Eurialo e Niso, Turno, la vergine Camilla.
non lascia altrui passar per la sua via,
ma tanto lo ’mpedisce che
l’uccide; 96 Costui le darà la caccia per ogni città, finché l'avrà
rimessa nell'Inferno da dove l'invidia (del demonio) la
e ha natura sì malvagia e ria, fece uscire per la prima volta.
che mai non empie la bramosa voglia,
e dopo ’l pasto ha più fame che pria. Perciò io penso e giudico per il tuo bene che tu debba
99 seguirmi, e io ti farò da guida; e ti porterò via di qui per
guidarti in un luogo dell'Oltretomba, dove udirai le grida
Molti son li animali a cui s’ammoglia, disperate e vedrai le antiche anime dei dannati, ciascuno
e più saranno ancora, infin che ’l veltro dei quali invoca la morte definitiva.
verrà, che la farà morir con
doglia. 102
Di quella umile Italia fia salute E se poi tu vorrai salire a visitare questi ultimi, allora ci
per cui morì la vergine Cammilla, sarà un'anima più degna di me per farti da guida: quando
Eurìalo e Turno e Niso di me ne andrò, ti lascerò con lei.
ferute. 108
Infatti, quell'imperatore (Dio) che regna lassù, non vuole
Questi la caccerà per ogne villa, che io entri nella sua città, in quanto fui ribelle alla sua
fin che l’avrà rimessa ne lo ’nferno, legge (fui pagano).
là onde invidia prima
dipartilla. 111
Dio ha autorità in tutto l'Universo e in Paradiso governa;
Ond’io per lo tuo me’ penso e discerno qui c'è la sua città e il suo alto trono; oh, felice colui che
che tu mi segui, ed io sarò tua guida, sceglie per risiedere in quel luogo!»
e trarrotti di qui per loco etterno,
114 E io gli dissi: «Poeta, in nome di quel Dio che non hai
conosciuto e affinché io fugga questo male e altri
ove udirai le disperate strida, peggiori, ti chiedo di condurmi là dove hai detto, così che
vedrai li antichi spiriti dolenti, io veda la porta di San Pietro e coloro che descrivi tanto
ch’a la seconda morte ciascun miseri».
grida; 117
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