Incipit
« Canto XIII, ove tratta de l’esenzia del secondo girone ch’è nel
settimo circulo, dove punisce coloro ch’ebbero contra sé medesimi
violenta mano, ovvero non uccidendo sé ma guastando i loro beni. »
(Anonimo commentatore dantesco del XIV secolo)
Il contrapasso
I suicidi sono trasformati in piante, forma di vita inferiore, perché essi
hanno rifiutato la loro condizione umana uccidendosi: perciò (per analogia)
non sono degni di avere il loro corpo. Perfino dopo il Giudizio Universale essi
saranno i soli a non rientrare nel proprio corpo, ma lo trascineranno e lo
appenderanno ai loro rami. La questione del sangue e delle ferite è solo un
accrescimento della pena o semmai va intesa come il fatto che essi, che
versarono il proprio sangue, ora lo vedono versato per mano altrui.
Gli scialacquatori, che distrussero le proprie sostanze, adesso (anche qui
per analogia) vengono fatti a pezzi (a brano a brano) da cagne fameliche.