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Veduta di Troia dalla riva dello Scamandro dopo gli scavi del demolendone accuratamente la vetta costituita da un pianoro lun-
1871-73 compiuti dal tedesco Heinrich Schliemann. go 233 metri e largo altrettanto. Solo tra i sette e i dieci m_etri
Dopo aver individuato le colline su cui sorgeva Troia, seguendo incontrerà gli strati troianì ... (Lettura alla fi.t;e del Canto prtmo,
alla lettera le descrizioni d1 Omero, inizia a proprie spese gli scavi cfr. pag. 50).
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Itinerari virgiliani in occasione del bimillenario
della morte (19 a. C. -1981)
Mantova - Roma- Napoli
appiamo per esperienza critica di- Ed è triste constatare che i non nume-
retta che la maggior parte della rosi lettori delle opere, in latino ed in
letteratura celebrativa ha un valore oc- traduzione italiana, sono giovani, ai
casionale e relativo, e che, quando si quali è stata imposta la conoscenza di
saranno spente le luci e l'eco degli ulti- Virgilio come un dovere scolastico, ug-
mi discorsi sarà svanita, ben poco ri- gioso ed obbligato, forse nella speran-
marrà nelle memorie ed ancor più nelle za che, così facendo, si salvi quel resi-
coscienze. duo di cultura, indispensabile alla vita
Infatti, in questo secolo buio e triste, di ciascuno di noi.
in cui si sono distrutti ad uno ad uno i È proprio pensando a questi giovani
sacri riferimenti del sapere antico per ed al detto che non esiste alcun futuro
far posto ad un'ignoranza presuntuo- senza la conoscenza del passato, che ci
sa, che spaccia per nuova cultura un siamo proposti di fare, in occasione
arido bagaglio di cognizioni tecniche, e del bimillenario virgiliano, un pellegri-
per libertà umana l'esperienza diuturna naggio nelle tre città italiane, in cui
di tutte le possibili corruzioni ed il di- sono avvenute le principali celebrazioni
sfrenarsi incontrollato dei sensi, chi ha per raccogliere le testimonianze più
il coraggio di leggere ancora Virgilio, il eloquenti e poi corredarne l'ENEIDE,
poeta della natura e del lavoro, il can- edita dall'Emsco.
tore che dalla guerra sa trarre un so- Così facendo, anche il nostro sarà un
gno ed un insegnamento di pace e di valido contributo alla conoscenza del
fraternità, e soprattutto la grande ani- grande Mantovano e nello stesso tem-
ma, ricca di forza morale e di spiritua- po un invito ai giovani e vecchi lettori
lità? Ben pochi. a seguire il monito dantesco:
ONORATE L' ALTISSIMO POETA:
L'OMBRA SUA TORNA CH'ERA DIPARTITA!
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Mantova
Si dice che Manto, figlia del celebre in-
dovino Tiresia ed indovina essa stessa,
dopo la caduta di Tebe, sua città nata-
le, vagasse lungamente per il mondo e
finalmente scegliesse come sua stabile
dimora là dove l'acqua del Mincio,
scendendo «giù pei verdi pascoli» si
«distende e s'impaluda» in una lama
incolta e deserta.
lvi «la Vergine cruda» lasciò «il suo
corpo vano» e fu sepolta.
Gli abitanti dei dintorni si riunirono
allora in quel luogo, facilmente defen-
dibile per la posizione e
<<fer la città sopra quell'ossa morte
e per colei che il luogo prima elesse
Mantova l'appellar senz'altra sorte».
L'itinerario culturale in memoria e co-
noscenza di Virgilio potrebbe comin-
ciare, dunque, dal XX canto dell'Infer-
no per poi continuare con alcune noti-
zie che lo storico Velleio Patercolo ci
dà in testimonianza dell'esistenza di
Mantova quattro secoli prima della proclamare capitano generale del po-
fondazione di Roma, come città facen- polo, inaugurando la signoria della fa-
te parte di una grande Confederazione miglia Bonacolsi, che fu sostituita nel
Etrusca formatasi sulla sinistra del Po. 1328 dai Gonzaga, i quali tennero il
Conquistata dai Galli, divenne in se- dominio della città sino al 1709, anno
guito colonia e municipio romano. Poi in cui gli Austriaci la aggregarono al
fu dominio dei Visigoti, dei Bizantini, proprio impero.
dei Longobardi, dei Franchi ed infine, Furono i Gonzaga a rendere Mantova
dopo essere stata in balia di diversi si- una grande capitale, ospitando alla loro
gnori, si resse a libero comune (1115) . corte fastosa letterati ed artisti, quali
Nel 1276 Pinamonte Bònacolsi si fece Leon Battista Alberti, il Mantegna, il
Fancelli, il Sansovino, Giulio Romano,
il Primaticcio, il Cellini, il Rubens, il
Francia, il Carracci, Claudio Montever-
di, il Poliziano, il Tasso, il Rinuccini ed
il Chiabrera, che nei grandissimi monu-
menti, sparsi un po' dappertutto, lascia-
rono l'indelebile segno della loro presen-
za e della loro attività creativa.
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Eneide: uccisione di Priamo.
OPE RE DI A . FALCHI
CON SERVATE NEL MUNICIPIO
DI VIRGILIO
Bucoliche: Titiro e Melibeo.
Eneide: duello tra Enea e Turno. Georgiche: Orfeo nell'Averno.
,....,..-~,,....,..,,.,. ~
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ALLA RICERCA DEL VOLTO
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a destra: Busto di Virgilio ergentesi sulla colonna
che i francesi eressero nel 1801 in Piazza Virgi-
liana. Ora si trova nella Sala Consiliare del Muni-
cipio di Mantova.
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Il monumento di Piazza Virgiliana a Mantova, che ebbe compimento nell'anno 192 7. Luca
Beltrami ne ideò il progetto, Emilio Ouadrelli modellò la s tatua del Poeta, il mantovano Giusepp
Menozzi i due gruppi allegorici. Il Comitato per l'erezione di un monumento a si era costituito in
Mantova cinquant'anni prima, nel 1877.
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mente illuminante per capire l' anima e dalla Cassa di Risparmio di Verona,
lo spirito di Virgilio: Vicenza e Belluno per il Bimillenario .
« In questa dolcezza profonda di pae- Sono sei, e rappresentano, con bella
saggio, corcato nel verde, egli aveva il evidenza, delle scene tratte dalle« Bucoli-
podere paterno, tra la collina e la palu- che», dalle «Georgiche» e dall' « Enei-
de giuncosa, oltre la quale tremolava de ».
la distesa del Mincio: qui aveva un vi- Ci viene data anche l'occasione di sfo-
gneto, un verziere e grasse terre da pa- gliare un prezioso volume, edito a cura
scolo; anche aveva nel podere sorgenti del Comune di Virgilio su « Virgilio al-
vive, e i suoi stagni popolati di cigni, e la ricerca del volto » di tre insignì stu-
fresche ombre di alberi, alle quali se- diosi, il Fiorini Galassi, il Guerra, lo
duto nella splendida primavera poteva Schiatti. È sulla scorta delle riprodu-
sentire il ronzìo delle . sue api dalla sie- zioni del libro che, tornati a Mantova,
pe vicina, ed il gemito dei colombi, ci mettiamo anche noi ad affrontare il
suo amore, dalla casa fra gli olmi; e difficile e stimolante quesito di dare un
mesto nella lontananza il canto del po- volto al nostro grande poeta.
tatore. Temperato e modesto crebbe in La ricerca non ci pare accademica e fi-
abitudini di silenzio e meditazione; e ne a se stessa, ma ripropone il naturale
dal consentimento del quieto paesaggio bisogno di effigiare colui, la cui opera
alla placida vita, dalla monotonia della abbiamo letto, amato ed ammirato.
natura con l'anima, aspirò una tristez- Eccoci dunque a Mantova di fronte alla
za serena, che è il fondo su cui ondeg- prima raffigurazione, il «Virgilio in
giano le fantasie, sorridenti tra le lacri- cattedra », posto all'esterno del Palazzo
me, della sua gioventù, il fondo da cui del Podestà nella Piazza Broletto. Esem-
si leva il pensiero melanconico ed alto pio dell'arte romanica veronese e scolpi-
della sua virilità». to nel 1227, non ci pare in alcun modo
Lasciato il monumento, ci ritroviamo fedele all'originale, tanto che riteniamo
poco dopo nel Municipio per ammirare i giusta la tradizione popolare che ravvisa
bronzei bassorilievi del Falchi, donati in questa immagine l'indovina Manto,
Il francobollo da
L. 600 emesso BltJttJUMrio VlrtU1411o 19 a. C. • JHJ
~lo tr• Il Comune di Vlr,Ulo (MN)
per ricordare il c l Comwt l at4lll2rll dl Fr11ttaml11tw~ Orta di Attllo,
bimillenario con &mt'Arpirw>, .s..ociw:~
/'annullo del 19
settembre 1981 .
Vir,Uio. f srJttmbre / Hl
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di cui abbiamo parlato. tre maggiori opere, le « Bucoliche , le
Migliore, anche se un po ' statica e pe- « Georgiche » e l'« Eneide » .
sante, la statua medioevale che trovia- Infatti sotto i gruppi sono scolpiti ri-
mo nel Museo di Palazzo Ducale . spettivamente i seguenti versi:
Nello stesso Museo ci soffermiamo in- Tu regere imperio populos , Roma ne, memento.
nanzi ad un busto del secolo XVI, Haec tibi erunt arte - pacis imponere morem.
scoperto dal letterato mantovano Giam- Parcere subiectis et debellare superbos.
battista Fiera (1469-1538) e definito da Aen. VI
lui «la vera similitudine di Virgilio». Tale tuum carmen nobi s, di vine poeta,
Concordiamo con la sua affermazione, Quale sopor fessis in gramine, qua le per aestum
Dulcis aquae saliente sitim restringere rivo .
contemplando l'atteggiamento pensoso,
Bue. V
la fronte alta e spaziosa, i tratti forti del
contadino padano, le guance scavate di Salve , magna pa rens frugum , Saturni a tellus
Magna virum ...
chi ha sofferto e peregrinato, la bocca
Georg. II
dolce ed amara insieme.
Gli altri busti che ammiriamo ci paio- Intorno al basamento della statua cor-
no un'interpretazione intellettualistica: rono gli endecasillabi danteschi:
quello del cortile del Palazzo Ducale
con i lineamenti duri di un legionario «Tu se' solo colui dal quale io trassi
lo bello stile che m'ha fatto onore ».
romano, quello di Palazzo Barco, ba-
rocca similitudine di un semidìo; il di- Tutta la composizione architettonica,
pinto di casa Pescasio ci sembra frivo- nel bianco marmo che la caratterizza,
lo; il busto della Sala Consiliare del appare austera e gentile, circondata co-
Municipio, leccata interpretazione neo- m'è da nere e verdi piante che la ren-
classica. dono ancor più suggestiva.
Non ci persuade il monumento nel C'è nell'opera il nobile proposito di
giardino del marchese Cavriani, in cui cogliere l'universalità di Virgilio, quel-
il Poeta è raffigurato in un atteggia- l 'universalità che riscontriamo trovan-
mento oratorio, che non risponde in done l'effigie nel Museo Nazionale di
modo assoluto alla sua indole schietta Atene, in quello di Boston, nel Museo
e modesta. di Corfù, all'Hermitage di Leningrado,
Diverso discorso per il monumento di ad Oxford ed a Coo, a Susa in Tunisia
Piazza Virgiliana, condotto a termine ed al Louvre di Parigi, senza contare
nel 1927. Qui non si tratta di indagare naturalmente Roma .
sul valore artistico, ma di ammirare in- Le poste italiane, con discutibile buon
condizionatamente lo sforzo che i gusto, hanno scelto, tra tanti , il Virgi-
Mantovani fecero per onorare il loro lio raffigurato nel mosaico di Treviri,
grande fratello. opera di Monno del III secolo d . C .,
La decisione di erigere un grande mo- per riprodurla su un imponente franco-
numento a Virgilio fu presa nel 1877 e bollo del valore di L. 600.
soltanto cinquant'anni dopo il piano L' A~sociazione Filatelica e Numismati-
venne completato. ca, In accordo con la Provincia di
Luca Beltrami ne ideò il progetto; Mantova è andata oltre ed ha curato
Emilio Quadrelli modellò la statua; l'emissione di una serie di bozzetti ,
Giuseppe Menozzi, i due gruppi alle- ispirati ai capolavori virgiliani, di gu-
gorici che vorrebbero simboleggiare le sto squisito.
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ASSO Cl i\ Il O N E N A Il O N A l. L l l L A n· L l C O- [l~ l N O FIl A • M l L,, N O
Ul<lOLO fiLA l LLICO NUMJSMA TI CO MANTOVANO- M t\ N l OVA
BIMILLENARIO r:"qYIRGILIANO IV -\ (
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Antonio Ruggero Giorgi: Contadini al lavoro.
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Per parte sua la Zecca Italiana, ricor- Roma
dando la moneta mantovana del 1257 e
quella del marchese Francesco II, c~ A Roma, oltre al Convegno Mondiale
niò un sesterzio in oro ed argento, n- scientifico di studi su Virgilio, sposta-
producendo la testa del Poeta, tratta tosi a Napoli e conclusosi in Vaticano,
da un'incisione del 1790. dopo essere stato in Campidoglio, con-
Tuttavia l'omaggio più alto e significa- vegno che ha visto la partecipazione
tivo è stato tributato in una mostra, dei più illustri «virgilianisti» viventi, il
allestita nelle Sale dell'Estivale del Pa- Bimillenario ha dato occasione di alle-
lazzo Ducale ed intitolata «Lo spirito stire una mostra intitolata «Enea nel
di Virgilio». Lazio - Archeologìa e mito».
Otto maestri - Aldo Bergonzoli, Rug- Una visita alla mostra è dunque d'ob-
gero Giorgi, Renato Guttuso, Giacomo bligo per chi voglia affrontare l'affa:
Manzù, Henry Moore, Augusto Mu- scinante tema di Enea, fondatore d1
rer, Ernesto Treccani - , ispirandosi al Lavinium, per poi vagliare le varie ipo:
messaggio universale che si fonda sul- tesi storiche e letterarie sul formarsi
l'amore, sulla giustizia, sulla pace e della leggenda che è all'origine della
sulla verità, hanno creato una serie di fondazione di Roma.
opere che rimarranno come patrimonio
primo del costituendo Museo della Nell'Eneide (Xl, 483) la preghiera delle matro
Grafica, nella Basilica di San Benedet- ne inizia cosi: Armipotens, praeses belli, Trito
to Po. nia virgo: sembra la migliore definizione dello
È veramente un godimento dell'occhio statua armata e caratterizzata dall'immagino
di Tritone.
e dello spirito ammirare queste opere,
pensare alla loro matrice comune d'_i-
spirazione e constatare come la poes1a
virgiliana vinca di venti secoli il si-
lenzio.
Queste verità ci hanno confermato nello
splendido catalogo della Mostra i saggi
di Giulio Argan e di Carlo Bo.
Né poteva mancare alla rassegna arti-
stica la musica.
Infatti nel teatro Accademico del Bib-
biena abbiamo avuto l'opportunità, ve-
ramente unica, di assistere ad uno dei
concerti su temi virgiliani dal Medioe-
vo al Barocco con l'esecuzione di brani
dello Scarlatti, del Marcello, del Vivai-
di e del Tartini.
Con questo viatico abbiamo lasciato
Mantova, una città d'arte che ha volu-
to ricordare il famoso figlio, dopo
duemila anni, come colui che ha aper-
to un itinerario eterno della spiritualità
umana.
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Il materiale raccolto risulta imponente
e proviene dagli scavi di Ardea, di Co-
ri, di Alba Longa, di Nemi, di Antem-
nae, di Nomentum, di E retum, di Ati-
na, di Norba e da altri di minore im-
portanza.
Ma i reperti più eloquenti sono quelli
trovati negli scavi di Lavinium (oggi
Pratica di Mare), che mostrano sen-
z'ombra di dubbio i contatti che il La-
zio centromeridionale e la Sabina ebbe-
ro nella tarda età del bronzo con il
mondo Miceneo, cui Troia ed Enea ap-
partennero. Il materiale rinvenuto nel
Santuario delle Tredici Are e nello He-
ron di Enea e raccolto in 25 anni di
scavi ne è la fedele testimonianza. Ba-
sterebbe a persuadercene la statua di
Minerva, la cui iconografia è del tutto
eccezionale nel repertorio delle figura-
zioni della dea.
La mostra, il cui catalogo illustrativo è
quanto di più esauriente si possa desi-
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derare, è stata uno straordinario con- stmt miti.
tributo che Comune, Università di Ro- Qui Virgilio ha potuto celebrare in m()
ma e Ministero per i Beni Culturali ed do duplice l'uomo: dapprima quell•
Ambientali abbiano offerto agli studio- che, mediante il duro lavoro dei cam
si di tutto il mondo. pi, è divenuto autore di una civilt-
contadina, nella quale i valori della fa
tica diuturna, della pace e della fam i
glia emergono su tutti gli altri; pc
quello che, esule eroe senza patria, ar:
Napoli prodando ai Campi Flegrei, sarà inve
stito dalla Sibilla Cumana della subl=
Se le «Bucoliche» ci ricordano il paca- me missione di dare vita ad una nuov-
to e silente paesaggio nordico, all'om- stirpe ed a una nuova civiltà.
bra del più virgiliano tra gli alberi, il Perciò, certamente, la Campania è L
faggio, e paiono immerse in una luce regione che, ancor oggi, tra Napoli
di crepuscolo e di nostalgìa, !'«Eneide», Cuma, conserva miracolosamente ir
ed ancor più le «Georgiche», sono sta- tatte le testimonianze di una presen~
te ispirate e scritte in Campania, terra virgiliana: basta seguire l'itinerario cl:::
dove è bello cantare i frutti del lavoro un grande archeologo, il Maiuri, ci ac
agricolo, dove la «Saturnia tellus» mo- dita dal sepolcro di Virgilio all'antro <:::
stra la sua fecondità ed i suoi antichis- Cuma attraverso i Campi Flegrei, pc;
Cuma: l'Acropoli.
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calarci in un paesaggio ed in una cogliere il magnifico patrimonio di re-
atmosfera che ci portano a rivivere gli perti, venuto alla luce negli scavi delle
stati d'animo ed i sogni dai quali terme severiane o pescati nel mare an-
nacque l'immortale poema. tistante.
Cosicché quando saliamo ali' Acropoli Forse più che a Mantova, più che a
di Cuma, ci sentiamo fuori del tempo, Roma, Virgilio è ancor vivo qui, nei
in una dimensione storica e spirituale dintorni della «villula» di Posillipo o
simile a quella in cui Enea si presentò in quelli della casa del maestro Sirone,
alla Sibilla nel grande antro trapezoi- o ancora negli avanzi dei templi e nelle
dale, rimasto intatto dopo migliaia di statue acefale.
anni. Ma è vivo soprattutto nello spirito e
Plaudiamo allora alla Regione Campa- nell'insegnamento che ci ha lasciati.
nia che, oltre a convegni e pubblicazio- Abbiamo sentito dalla viva voce dei
ni, ha fatto formale promessa di fare contadini le leggende di un Virgilio
dei Campi Flegrei un parco archeologi- mago, di uno che dopo aver vissuto to-
co unico al mondo, e di istituire, nel talmente il suo tempo, ha anticipato la
castello di Baia, un Museo, m cui rac- storia ed il futuro.
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Napoli: il Parco Virgiliano. In alto, a destra, il p iccolo colombario rotondo è ritenuto la tomba del
Poeta.
Come testimonianza della predilezione che legò il Poeta a Napoli, sono sempre stati ricordati i
versi che si leggevano presso la tomba :
MANTUA ME GENUIT, CALABRI RAPUERE TENET NUNC
PARTENOPE, CENCINI PASCUA, RURA, DUCES.
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noi come colui che per volere divino Virgilio potrà quindi apparire loro, pur
salda il vecchio con il nuovo, l'antico a 2000 anni di distanza, la voce poetica
con il moderno. più attuale, più commisurata alle no-
Sulla sua modernità Ettore Paratore, stre esigenze spirituali».
Presidente del Convegno Mondiale, ha Noi, che ai giovani abbiamo dedicato
detto, rivolto ai giovani: «Del resto le nostre fatiche virgiliane, non esclusa
per poco che le nuove generazioni la presente, ci uniamo a lui, nella spe-
prendano in mano le opere virgiliane ranza che, spazzati via i troppi idoli,
adeguandosi all'attuale modo di inten- falsi e bugiardi, della pseudo civiltà
derle, è inevitabile che da esse risuoni- moderna, gli ideali del Mantovano tor-
no per loro gl'ideali della pace, della nino ad essere la luce che illumina ed il
fratellanza e del lavoro, che sono pro- . fuoco che riscalda.
prio quelli di cui vibra più intimamente CESARE MussiNI
la trepidante società contemporanea.
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Ai miei compagni
del tempo di scuola
e del dopo
coi quali ho sognato
quanto aspramente
va diventando realtà
l'Editore
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I giudizi della critica sulla traduzione di
Cesare Vivaldi sono riportati al fondo
del volume.
Ne hanno parlato:
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PUBLIO VIRGILIO MARONE
ENEIDE
Versione poetica di Cesare Vivaldi
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È veramente opportuno
per la migliore
comprensione e per
gustare di più questa
traduzione dell'Eneide,
leggere con gli allievf
la Presentazione e la
«Nota del Traduttore»
che seguono.
Si capirà soprattutto lo
spirito che ha animato
il lavoro di tutti.
Il Riassunto generale.
La suddivisione per Argomenti, con relativi Riassunti
nella colonna delle note.
Il Commento critico.
La «Galleria di ritratti».
Una pagina di «Raffronti di traduzione» della versione di
Annibal Caro con alcune delle versioni moderne: Guido Vi-
tali, Ed. Mursia, Milano - Adriano Bacchielli, Ed. Paravia,
Torino - Giuseppe Albini, Ed. Zanichelli, Bologna.
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PRESENTAZIONE
Anni fa, nel1932, seguii lungo la via Appia, dal Lazio a Palinuro e
più giù :fino al mare dall'altra parte a ritroso, il viaggio che aveva fatto
Enea, e più volte nei due sensi mi ero mosso tra Mrica e Italia. Percorrevo
i luoghi di Virgilio, l'orecchio teso alla sua inimitabile parola.
Perché inimitabile? Perché la parola d'un altro, bella o brutta che sia,
è inimitabile, non può caratterizzare e definire se non la persona cui ap-
partiene e che la esprime. Perché una parola che appartenga a una lingua
ha suono, cadenza, possibilità d'intreccio verbale che non possono trasfe-
rirsi in alcun modo ad altra lingua.
Perché Virgilio è il poeta più musicale che la storia delle lettere possa
ricordare, voglio dire il poeta più capace di distruggere, in soggettivo fluire
di musica e in sublime suggestione mentale, la materialità della parola.
Tutte queste difficoltà Vivaldi le conosceva benissimo, e il suo primo
merito è di avere ammesso con umiltà di non poterle risolvere e che nes-
suno mai avrebbe potuto risolverle.
Quanto un traduttore scrupoloso possa fare, l'ha fatto. Ha tradotto
con la maggiore fedeltà possibile il significato delle parole, e spesso, anche
nel loro semplice significato, esse non sono traducibili se non approssima-
tivamente. Ha fatto di più, ha cercato di portare la sua fedeltà al punto
di fare indovinare al lettore, per allusione, per eco, la musica, la portentosa
musica verbale di Virgilio.
Devo ancora intrattenermi su questa musica? Non finirei più. L'Eneide
è un viaggio nel tempo, di millenni. È un viaggio nello spazio di cui ab-
biamo indicato il percorso. Il lungo tempo, il succedersi dei luoghi, le
persone del passato, le persone del mito, intese come misure del tempo,
le persone sue contemporanee, tutto è presente nello spazio percorso dal
proprio passo, secondo le proprie sensazioni, le proprie emozioni, i propri
pensieri, il vivere della propria persona via via trasfuso, sorpreso e raffi-
gurato negli oggetti dall'inimitabile musica della sua parola.
La traduzione di Vivaldi, forse per la prima volta da parte d'un tra-
duttore, è un'opera che avvia a intendere veramente il testo originale, non
essendosi egli lasciato muovere se non dal desiderio di portare con essa a
termine un attento commento dettato da un intraducibile capo1avoro.
GIUSEPPE UNGARETTI
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NOTA DEL TRADUTTORE
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Nota deÌ traduttore 7
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8 Nota del traduttore
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Nota del traduttore 9
E Vivona:
... E già seduti
sono nell'aula dalle doppie valve.
Esso comincia...
Mi è parso invece logico - per evitare una nota a piè di pagina che spieghi
come si tratti qui di una stanza a due aperture, una a levante e una a
ponente, secondo lo schema dei templi- tradurre, come con altre parole
aveva fatto il Caro, così:
... Gli Dei prendono posto
nell'ampia sala aperta a levante e a ponente
e Giove dice ...
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ro Nota del traduttore
ho apposto alcuna nota, certo che il lettore che abbia frequentato almeno
le scuole medie non ne avrà bisogno.
Per chiarire questo punto mi sia concesso ancora un altro esempio;
di genere alquanto diverso, poiché riguarda la complessità di significati
e l'enorme concentrazione del linguaggio virgiliano. La maggioranza delle
traduzioni dell'Eneide, proprio perché non si preoccupano abbastanza di
far leggere e di far intendere il testo, tendono a dare interpretazioni uni-
voche a versi o a frasi che hanno invece uno « spessore » di significati
notevolissimo: Il celeberrimo verso del Canto primo
è tradotto da Caro:
Là 've umana miseria si compiagne.
E dall'Albini:
... Anche qui virtù si pregia
e piange la pietà sui casi umani.
E dal Vivona:
... Anche qui tenuta è in pregio
la virtù, son qui pur le umane sorti
onorate di pianto e le sventure
toccano i cuori ...
Un verso come quello citato è invece polisenso, e non può essere reso,
sia pure approssimativamente, se non si cerca di penetrare nello spirito
dell'originale, sciogliendone il nodo densissimo almeno in due (poiché
potrebbero essere di più) interpretazioni giustapposte. Ho quindi tra-
dotto cosi:
... Anche qui
si loda il merito, ci sono lagrime per le sventure,
le lagrime che intridono tutte le cose del mondo,
e i travagli degli uomini toccano i cuori ...
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Nota del traduttore n
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12 Nota del traduttore
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Nota del traduttore 13
sività ed ha una sua pienezza di vita, non può non apparire necessario
dal punto di vista del gusto contemporaneo.
Poema italico nel senso più profondo e più vero, di un'Italia tutta
riassunta nel Latium vetus, in una regione di tufi, di macchie, di boschi
neri di lecci, di contadini rudi ma anticamente civili, l'Eneide è dominata
dal grande, fisso occhio di Virgilio, il quale tutto osserva, su tutto indugia
- immagini del passato, del presente, dell'avvenire - e tutto riconduce
a una matrice naturale atavica, data sempre (per quanto si possa andare
a ritroso nel tempo) per pre-esistente. Siamo agli antipodi del « natura-
lismo » come lo si intende oggi: non si tratta di forma trovata nell'in-
forme ma, e sembra ovvio, di informe che diventa forma. Ma una tale
forma presuppone l'informe, la vita della natura minerale e vegetale a
livello precosciente (se si vuole a livello, per l'appunto, unicamente visivo)
e trascina dietro di sé l'informe come un'ombra protettrice. L'illustra-
zione storico-mitico-geografica che nel Canto ottavo Evandro fa dei colli
sui quali un giorno sorgerà Roma, pur ricalcando i luoghi comuni della
mitologia dell'età dell'oro commuove profondamente proprio perché sot·
tintende una siffatta concezione della natura, che non è tanto del pensiero
filosofico o cosmologico di Virgilio quanto del suo sentimento poetico:
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I4 Nota del tratluttore
rali non è schietto mito, come poteva esserlo per Omero, ma una meta-
fora ambigua: ambigua al punto da permettergli il recupero (richiesto
dal1a ragion di Stato) del pantheon italico senza contraddire irrimedia-
bilmente al proprio monoteismo orfico-pitagorico (affermato nel Canto
sesto) e al processo stoico per cui Enea da succubo del destino ne diviene
il cosciente esecutore. È un modo di «personificare», nel senso più
stretto della parola (persona=maschera), attingendo al folklore, all'etno-
grafia, alla tradizione magico-religiosa, che in epoca augustea almeno nelle
campagne era ancor viva, quel tanto che basti per giustificare cultural-
mente un'intuizione puramente poetica, non razionale, per rendere « ro-
mano» un modo di intendere la natura che non è romano, che forse non
è nemmeno mediterraneo, ma « padano » e, come è stato detto tante
volte, pre-romantico.
Solo da questo punto di vista, e da nessun altro, si potrebbe parlare
dell'Eneide come di un poema anche padano: specie se ci si sofferma a
considerare un canto (come il Canto ottavo) che nel tempo è forse il più
vicino alle Georgiche, insieme al Canto sesto. Ma si tratta pur sempre
d'un punto di vista eccessivamente marginale rispetto al complesso senso
della storia che anima tutto il libro (e che prevale di gran lunga, almeno
ideologicamente, sul senso della natura) perché sia il caso di insistervi.
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Nota del traduttore 15
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16 Nota del traduttore
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VIRGILIO, LE SUE OPERE, IL SUO TEMPO
Publio Virgilio Marone, massimo poeta del mondo latino e uno dei più
alti geni artistici esistiti, nacque nel Mantovano, ad Andes, piccolo centro
convenzionalmente identificato con l'odierna Pietole, il 15 ottobre del
70 a. C. Figlio di proprietari terrieri d'una certa agiatezza (nonostante la
tradizione leggendaria, fiorita attorno alla sua figura, lo voglia di umili
origini), Virgilio ebbe un'ottima educazione in scuole eccellenti; dapprima
a Cremona poi a Milano e finalmente a Roma, dove si recò tra i quindici
e i venti anni per ascoltare le lezioni di retorica del celebre maestro Epi-
dio, frequentate dai giovani della migliore aristocrazia romana, tra i quali
il giovanissimo e precocissimo Ottaviano, futuro imperatore Augusto non-
ché futuro protettore del poeta, di lui alquanto più anziano. Virgilio· :;e.guì
insomma il corso di studi proprio ai giovani avviati alla vita pubblica, alle
carriere politica e amministrativa, anche se ben presto, inK~rno ai venti
anni se non prima, la vocazione poetica lo distolse dai tribunali e dagli
uffici militari e civili.
La poesia del Virgilio esordiente si maturò nell'ambiente di cultura
ellenistica (anche se di spiriti ben latini) dei cosiddetti poetae novi; quei
«poeti nuovi», il cui maggiore esponente era un altro padano come Vir-
gilio, il veronçse Catullo, che si proponeva di rinnovare la poesia romana
importando metri, generi, soggetti e erudizione mitologica dalla grecità
alessandrina. Nella« Appendice virgiliana », raccolta di poesie e poemetti
attribuiti a Virgilio e dati come precedenti alle tre opere virgiliane ben
note, Bucoliche} Georgiche} Eneide, tra molti componimenti spuri e di
epoca più tarda di quella di Virgilio figurano però testi probabilmente
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18 Virgilio, le sue opere, il suo tempo
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Virgilio, le sue opere, il suo tempo 19
scrisse l'Eneide, che aveva compiuto (ma non revisionato e limato, tanto
da !asciarne qualche verso a metà) nel 19 a. C., quando la morte lo colse
a Brindisi, il 21 settembre, al ritorno di un viaggio in Grecia dove si era
recato a visitare i luoghi da lui cantati.
L'Eneide è un poema in dodici canti, i primi sei dedicati al viaggio di
Enea da Troia al Lazio e alle sue molte avventure, sul modello dell'Odis-
sea, e gli ultimi sei, sul modello dell'Iliade, dedicati allé battaglie sostenute
dall'eroe in suolo latino prima di fissarvi stabile dimora. Le ragioni poli-
tiche del poema, l'esaltazione della romanità, dei destini dell'impero e
della casa imperiale, sono continuamente presenti per tutto l'arco della
narrazione ma non la appesantiscono. Soprattutto perché la politica augu-
stea di riappacificazione generale nell'esaltazione non solo di Roma ma
dell'Italia tutta, corrispondeva profondamente allo spirito del poeta, can-
tore sl di guerre ma nella prospettiva di una lunga pace e di una futura
nuova età dell'oro. E la guerra vista da Virgilio è orrenda, guardata con
lo spavento di chi la odia e si risolve ad occuparsene solo perché spera che
Augusto abbia ristabilito la pace per sempre. Cosl n· poeta insinua nei
fierissimi schemi omerici di battaglia un tenero patetismo, un senso strug-
gente della morte, inutile e cieca anche se necessaria, foriera d'avvenire
ai « nipoti ».
Poema italico nel senso più profondo e più vero, di un'Italia tutta rias-
sunta in un antico Lazio che è vivo ancor oggi, regione di tufi, di macchie,
di neri boschi di lecci, di contadini rudi ma anticamente civili, l'Eneide
è dominata dal grande, fisso occhio di Virgilio, il quale tutto osserva, su
tutto indugia- immagini del passato, del presente, dell'avvenire- e tutto
riconduce a una matrice naturale atavica, a tutto preesistente. La forma
virgiliana presuppone l'inforn1e, la vita della natura minerale e vegetale a
livello precosciente, e trascina con sé l'informe, ricordo di uno stato idil-
lico anteriore alla storia, ombra protettrice. Cosl, ad esempio, l'illustra-
zione storico-mitico-geografica che nel canto ottavo Evandro fa dei colli
sui quali un giorno sorgerà Roma, pur ricalcando i luoghi comuni della
mitologia dell'età dell'oro commuove profondamente proprio perché sot-
tintende una siffatta concezione della natura, che non è tanto del pensiero
filosofico e cosmologico di Virgilio quanto del suo sentimento poetico. Un
se~timento poetico, come è stato detto molte volte, pre-romantico, « pa-
dano » più che mediterraneo.
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20 Virgilio, le sue opere, il suo tempo
Nella cornice del Lazio si stagliano i più intensi eroi del poema, ecce-
zion fatta per Didone: Enea anzitutto, il suo rivale Turno, Camilla, Eu-
rialo e Niso, Evandro, Fallante e tanti altri minori, personaggi umani e
personaggi divini come Giuturna. Ed Enea è portavoce dei sentimenti pa-
cifici di Virgilio," è l'uomo che da succube del destino ne diviene, stoica-
mente, cosciente esecutore, che tutto affronta, anche la deprecata guerra
(alla quale vanamente s'oppone), anche il tradimento di Didone, cioè del-
l'amore, per condurre a termine un compito che gli viene imposto e che
non può non accettare. Tutto ciò non senza esitazioni, debolezze, penti-
menti profondamente umani; che ne riscattano la figura da ogni retorica
eroica facendola moderna, ancora oggi vera e vivissima.
c. v.
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CANTO PRIMO
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CANTO PRIMO
Lasciata la Sicilia, ove si era trattenuto con i suoi, ospite del troiano Aceste, Enea
si rimette in viaggio verso le coste tirreniche con venti navi. Giunone, implacabile
nemica della gente troiana, ancora una volta cerca di ostacolare il viaggio. All'uopo
si rivolge ad Eolo, re dei venti, e promettendogli in moglie la bellissima ninfa Deio-
pea, lo persuade a scatenare un terribile fortunale nel tratto di mare ove si trova la
piccola flotta degli esuli. Le navi sono sballottate, disalberate e private dei remi e
rimangono in balia delle onde. La tempesta è placata da Nettuno, che rimprovera i
venti di averla suscitata a sua insaputa.
Enea con sole sette navi riesce a prender terra sulla costa libica, rincuora i com-
pagni rimastigli, e procura loro del cibo, abbattendo sette cervi in un bosco vicino.
Nel frattempo Venere, madre di Enea, si duole con Giove dell'ostilità di Giunone e
lo prega di salvaguardare il figlio considerando l'alta missione che i fati gli hanno
assegnato come capostipite dell'impero di Roma. Giove la rassicura ed invia Mercurio
a Cartagine da Didone, regina della città, per predisporla ad accogliere benevolmente
i naufraghi. Venere, allora, nei panni di una giovane cacciatrice, appare al figlio, che,
con il fido Acate, si era recato a perlustrare i luoghi vicini alla spiaggia, e da lui inter-
rogata gli rivela il nome della terra africana ove si trova ed in breve gli narra la triste
storia della regina Didone, signora di quei luoghi. Avvolge poi il figlio e l'amico in
una densa nube che permetterà loro di giungere a Cartagine non visti.
La città appena costruita suscita l'ammirazione dei due eroi che, penetrati in un
tempio, sono commossi nello scorgervi raffigurate, tra le altre, le gesta della guerra
troiana.
Appaiono poi, quasi contemporaneamente, Didone ed i compagni delle altre navi
che Enea credeva morti o dispersi. La regina, richiestane da Enea, accorda ai troiani
ospitalità e li invita a banchetto nel suo palazzo.
Venere, che continua a vegliare sul figlio, fa in modo che Julo, figlio di Enea, inca-
ricato di portar doni a Didone, venga sostituito da Cupido con il compito di suscitare
nel cuore della vedova regina un'improvvisa fiamma d'amore.
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24 Canto primo
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CANTO PRIMO trastanti per condurre a ter-
mine la più alta impresa che
mai sia stata affidata ad un
La collera di Giunone (17-43) - Eolo e la tempesta (44-147) - uomo: quella di fondare un
L'aiuto di Nettuno (148-187) - Le spiagge di Libia: l'approdo impero che nel mondo non
(188-262)- Giove e Venere (263-297) -La predizione della gran-
dezza di Roma (298-3.56)- L'incontro tra Venere ed Enea (3.57-483) avrà eguali. Nemmeno Giu-
- Cartagine (484-.574) - L'incontro con Didone (.57.5-887). none, che è dea, riuscirà ad
opporsi a tale disegno per-
ché il fato è forza tremenda
che tutto piega alla sua vo-
lontà e che perciò si può
CANTO le armi, interpretare come la forza
canto l'uomo che primo da Troia della storia e l'ordine dell'u-
venne in Italia, profugo per volere del Fato niverso.
sui lidi di Lavinio. A lungo travagliato 8. i Penati di Troia: Pe-
s e per terra e per mare dalla potenza divina nati erano gli dèi tutelari
della famiglia e della patria.
a causa dell'ira tenace della crudele Giunone, Enea aveva portato con sé
molto soffri anche in guerra: finché fondò una città quelli di Troia.
e stabili nel Lazio i Penati di Troia, 10. e albana... Roma: la
origine gloriosa della razza latina razza latina nacque dalla fu-
10 e albana, e delle mura della superba Roma. sione dei Troiani con gli in-
digeni del Lazio. La razza
Musa, ricordami tu le ragioni di tanto albana prende il nome da
Alba, città fondata da Asca-
I. Canto le armi: le im- aver ucciso Turno in duello nio, che per più di tre secoli
prese di guerra. 5· dalla potenza divina: dominerà incontrastata sul
4· sui lidi di Lavinio: E- prima si era parlato di fato Lazio finch~ _!~.om2!g, figlio
nea, fuggendo da Troia, do- ora di potenza divina. Il di Rea Silvia, all>ana, fon-
vrà per volere del destino fatto è che Virgilio. vuoi su· derà la superba Roma, futu-
vagare sette anni per i mari bito dare al suo eroe quella ra dominatrice del mondo.
del Mediterraneo, prima di caratteristica che lo renderà n. Musa ... : è Calliope,
sbarcare sulle spiagge del tanto diverso dai personaggi musa della poesia epica, che
Lazio. Lavinio da Lavinia, omerici e cioè ch'egli, contrc. qui Virgilio invoca, com'è
figlia del re Latino, sposa in la sua indole e la sua natura, d'obbligo, perché lo ispiri e
seconde nozze di Enea, è la sarà costretto ad affrontare lo assista nella sua lunga fa-
città fondata dall'eroe dopo le prove più diverse e con- tica poetica.
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26 Canto primo
r 2. doloroso penare: le
ragioni dell'implacabile ira doloroso penare: ricordami l'offesa
di Giunone saranno ricorda- e il rancore per cui la regina del cielo
te al verso 34 e seguenti. costrinse un uomo famoso per la propria pietà
13. la regina del cielo: 15 a soffrire cosf, ad affrontare tali
Giunone come sposa di Gio-
ve era la prima tra le dee. fatiche. Di tanta ira son capaci i Celesti?
Qui il poeta si chiede, qua-
si stupito, come la regina
del cielo possa aver infìeri to
in modo tanto crudele su un La collera di Giunone
uomo, « insignem pietate »,
tanto pio come era stato e Vi fu un'antica città, abitata dai Tiri,
come sarà Enea. La pietas
per i romani si manifestava che fronteggiava l'Italia e le foci del Tevere
con la sottomissione volon- da lontano: Cartagine, ricchissima di mezzi
taria e completa al volere 20 e terribile in armi. Si dice che Giunone
degli dèi, con il culto della la preferisse a ogni terra, persino alla stessa Samo,
patria e con la generosità
verso i parenti: dunque non e vi tenesse le armi e il carro. Già da allora
si spiega la crudeltà di Giu- la Dea si adoperava con ogni sforzo a ottenerle,
none. se mai lo consentano i Fati, l'impero del mondo.
LA COLLERA DI GIUNONE
25 Ma aveva saputo che dal sangue troiano
(17-43). - Giunone, nemica sarebbe nata una stirpe destinata ad abbattere
irriducibile del popolo Tra- le rocche di Cartagine; che un popolo dal vasto
iano, studia il modo di dan- dominio e forte in guerra sarebbe venuto a distruggere
neggiare la flotta di Enea la Libia: tale sorte filavano le Parche.
che veleggia dalla Sicilia ver-
so l'I talia. 30 Temendo l'avvenire e memore della guerra
che aveva combattuto un tempo sotto Troia
17. Tiri: da Tiro, anti- per i suoi cari Argivi, Giunone conservava
chissima città della Fenicia ancora vive nell'anima altre cause di rabbia
e celebre mercato orientale
per l'esporta2ione della por- e di fiero dolore: le restano confitti
pora. 35 nel profondo del cuore il giudizio di Paride,
19. Cartagine: la fiera ne-
mica della Roma futura vie-
ne qui presentata ln tutta era venerata in modo parti- mente gli abitanti di Argo,
la sua potema ed il suo ful- colare in un grande tempio. città del Peloponneso. In
gore come il preannunzio 22. vi tenesse le armi e senso lato Omero intende
della terribile minaccia che il carro: in segno di predi- tutti i Greci, anche chiamati
costituirà per la forza ro- lezione per il popolo carta- Achei da Acheo, re di Ftia.
mana nelle tre guerre puni- ginese che aveva per lei uno 35· il giudizio di Paride:
che. Si spiega dunque il per- speciale culto. Paride, secondo figlio di
ché i Romani, quando la eb- 29. le Parche: erano tre, Priamo e di Ecuba, fu chia-
bero vinta e distrutta, ne fe- Cloto, Lachesi ed Atropo. mato ad assegnare il pomo
cero arare le rovine a signi- La prima filava il filo del- d'oro alla più bella tra le
ficare che nessuno avrebbe l'esistenza umana, la secon- tre dee: Giunone, Venere e
potuto ricostruirla. da Io avvolgeva, la terza lo Minerva. Paride lo assegnò
2r. Samo: isola del Mar troncava secondo la volontà a Venere che in segno di ri-
Ionio, in cui era fama che dei fati. conoscenza gli promise la
Giunone fosse nata e dove 32. Argivi: erano propria- più bella donna del mondo:
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Canto primo 27
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28 Canto primo
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Canto primo 29
lOS e rotolando enormi ondate contro le spiagge.
Gridano di terrore gli uomini, le sartie
stridono. Nubi improvvise nascondono il cielo e la luce
agli occhi dei Troiani: si stende nera una notte
sul mare. La volta celeste tuona, l'aria balena
110 di fulmini frequenti e tutto, nell'acqua e nel cielo,
minaccia ai marinai una morte imminente.
Enea si sente agghiacciare le membra di paura,
gemendo leva le mani verso le stelle e dice:
« O mille volte beato chi ebbe la fortuna 106. sartie: le corde con
11S di morire davanti agli occhi di suo padre cui manovrare le vele.
sotto le mura di Troia! O Tidide, il pio forte 116. O Tidide: Diomede,
figio di Tideo, dopo Achille
dei Greci, avessi potuto spirare sotto i tuoi colpi il più forte dei Greci, duel-
nei campi d'Ilio, dove, ucciso dal figlio di Teti, lò con Enea sotto le mura
il forte Ettore giace, dove giace l'immenso di Troia. II nostro eroe fu
120 Sarpedonte ed il fiume Simoenta travolge salvato da morte soltanto
dall'intervento della madre
tanti scudi, tanti elmi, tante salme d'eroi! » Venere.
Ed ecco che una raffica stridente d'Aquilone 118. dal figlio di Teti: A-
colpisce la sua vela e solleva le onde chille.
120. Sarpedonte: re della
sino al cielo. Si spezzano i remi, la prua gira Licia, alleato di Troia, fu
12S e la nave presenta il fianco ai cavalloni; ucciso in duello da Patro-
una montagna d'acqua sopravviene impetuosa. clo. - Simoenta: uno dei
I marinai son sospesi in cima ai flutti, altri vedono due fiumi che attraversano
la regione circostante Troia;
tra le onde impazzite la terra del fondo; l'altro era lo Scamandro.
la tempesta sconvolge persino la sabbia. 122. Aquilone o Borea: è
130 Tre navi portate da Noto si schiantano contro gli scogli il vento del nord.
che gli !tali chiamano Are (scogli sperduti nell'acqua, I 3 r. Are: sono scogli in-
sidiosi, chiamati di Egimu-
dal dorso immenso che sfiora la superficie del mare); ro, al largo di Cartagine.
Euro ne spinge altre tre contro banchi di sabbia, Come si vede la tempesta
e le circonda di un monte di sterile arena. ha completamente cambia-
13S Un'onda enorme colpisce dall'alto sulla poppa, to la rotta delle navi, spin- -
gendole verso sud.
davanti agli occhi di Enea, la nave che portava 137. i Lici ed il fido
i Lici e il fido Oronte; il timoniere è strappato Oronte: come abbiamo vi-
dal suo posto e gettato in mare a capofitto; sto sopra, i Lici erano stati
un gorgo fa roteare la nave per tre volte alleati dei Troiani ed ora
ne dividono la sorte. Oron-
140 finché un rapido vortice la ingoia nel profondo. te ne era il capo, amico fe-
Pochi naufraghi nuotano sull'immensa distesa dele di Enea.
sparsi qua e là, fra le tavole galleggianti, i relitti 141. ~ un verso giusta-
mente famoso, divenuto pro-
dei tesori di Troia, le armi dei guerrieri. verbiale: « apparent rari
E già la tempesta vinceva il solido scafo nantes in gurgite vasto».
14S di Ilioneo, insieme a quelli del forte Acate, di Abante, 145-146. Ilioneo, Acate,
del vecchio Alete: tutti imbarcano l'acqua nemica Abante, Alete: sono i co-
mandanti di altrettante navi,
dal fasciame sconnesso e non tengono piu. che ritroveremo in seguito.
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30 Canto primo
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Canto primo 3I
qùando in mezzo a una folla s'è accesa la rivolta da venire a vie di fatto. Del
e l'ignobile plebe infuria, sassi volano resto per tornare sulla op-
portunità del primo termi-
180 e tizzoni, il furore arma tutte le mani, ne di confronto, il cittadino
ma ecco i rivoltosi vedono un personaggio che ha dato prova di grande
illustre per i suoi meriti e per la sua pietà amore verso la patria e che
e ammutoliscono, tendono l'orecchio; quegli frena può vantare meriti perso-
nali, non è indegno d'una
con le parole gli animi, intenerisce i cuori: tal quale reverenza che suo!
185 cos( il fragore del mare cessò quando Nettuno essere attribuita agli dèi. Ab-
volto lo sguardo alle acque, sotto il cielo sereno biamo dunque ~pecificamen
te esaltata qui la "pietas in
volava sul rapido carro lanciando i cavalli sbrigliati. patriam", dopo quella ge-
nerica attribuita all'eroe del
poema, che si manifesta ver-
so i parenti, la patria e gli
Le spiagge di Libia: l'approdo dèi » (Masera).
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J2 Canto primo
205. e i Troiani ... : non 205 e i Troiani, sbarcati fuori di sé dalla gioia
par vero ai superstiti di di toccar terra, si accampano sulla spiaggia sognata
calcare ancora la terra, una
terra « sognata » quando di· e allungano a terra le membra stillanti di salsedine.
speravano ormai di aver sal· Subito Acate sprigiona dalla selce la fiamma
va la vita. Vien loro na- e dà fuoco alle foglie, ammucchiandovi intorno
turale di stendersi sulla te- 210 legna ben secca. I Troiani, stanchi di tante avventure,
pida rena per riposare e per
sentirsi a poco a poco rivi- traggono dalle stive, col frumento avariato,
vere. le mole, preparandosi ad asciugare al fuoco
208. Subito Acate ... : Aca- le biade recuperate dal mare e a macinarle.
te, saggio amico e consiglie- Intanto Enea s'inerpica su una rupe ed osserva
re di Enea, il fido per ec- 215 l'orizzonte marino per gran tratto, se mai
cellema, come lo chiamerà
più tardi Virgilio, si dà su- riesca a vedere Anteo sbattuto dal vento e le frigie
bito da fare per ritemprare biremi, Capi o le in~egne di Calco sulle alte poppe.
le forze degli scampati, ac- Nessuna nave è in vista, ma lungo il lido egli scorge
cendendo un fuoco e inci- tre cervi erranti: interi branchi vengono appresso
tando a sbarcare le provviste
al fine di preparare un pa- 220 ed una lunga schiera pascola per le valli.
sto caldo e ristoratore. Cade L'eroe si ferma e, preso l'arco e le rapide frecce
qui a proposito una fine os- che il fido Acate portava, abbatte i tre capi-branco
serva2ione del Saint-Beuve:
« Si è rilevata la differenza dalle teste arroganti, adorne di corna ramose;
di tono che c'è tra i parti- indi scompiglia gli altri seguendoli tra i boschi
colari descrittivi di Virgilio 225 frondosi con i dardi, né interrompe la caccia
e gli analoghi particolari che prima d'aver disteso al suolo sette enormi
si leggono in Omero, non
proprio sulla selce da cui si corpi, in numero eguale a quello delle navi.
fa sprigionare il fuoco (Ome- Tornato al porto divide la preda tra i compagni.
ro non ne ha parlato), ma Distribuiti i vini - di cui l'ospite Aceste
sui preparativi abituali dei 230 aveva caricato molte anfore sul lido
pasti, di cui egli mai si di-
mentica. In effetti non si di Trinacria, regalo ai Troiani partenti-
può dire che Omero descriva ne consola in tal modo i cuori addolorati:
queste circostanze della vi- «O amici (siamo avvezzi da tempo alle sventure),
ta quotidiana; egli le rac-
conta e non cerca affatto né
di nobilitarle, né di ador- c'è tra gli usi del suo tem- altre navi.
narle, né di abbellii-le con po e quelli del suo soggetto; 216-217. Anteo, Capi e
l'espressione. In Omero, in- e quando fa accendere il fuo- Caìco: tre tra i più impor-
somma, si tratta di un parti- co dal fido scudiero di Enea, tanti comandanti delle navi
colare naturale o inevitabi- egli adorna, abbellisce, ren- disperse.
le della vita, ch'egli ripete de poetica questa semplice 223. dalle teste arroganti:
nei suoi versi ogni qualvolta operazione, ben sapendo che « capita alta ferentes » sono
lo incontra per istrada, è per Mecenate e per il letto- i capi branco.
un'abitudine; in Virgilio è re delicato essa sarà motivo 233. O amici ... : è un'o-
già yna curiosità. Il peeta di sorriso ». perazione piccioletta che ci
di corte di Augusto non 214. Intanto Enea ... : ben- richiama quella dantesca di
può fare a meno, quando si ché forse più provato degli Ulisse nel canto XXVI del-
trova di fronte a queste u- altri, l'eroe sente la respon- l'Inferno. Anche qui la sof-
mili circostanze reali, di ri- sabilità del capo e subito si ferenza e i disagi sono ne-
cordarsi del contrasto che preoccupa della sorte delle cessari per acquistar « virtu-
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Canto primo 33
o voi che avete sofferto malanni ben piu gravi: de fermissima nel proprio
23S un Dio metterà fine anche a questi! Con me gra.ude destino.
vedeste da vicino il furore di Scilla, 236. Scilla: bellissima nin-
fa, innamorata di Glauco e
gli scogli risonanti nel profondo, vedeste trasformata dalla rivale Cir-
le rupi dei Ciclopi. Coraggio, allontanate ce in un mostro con sei te-
ogni triste paura: un giorno ci sarà ste di cane, che insidiava i
240 gradito rievocare, forse, questi travagli. naviganti che entravano nel-
lo stretto di Messina e li di-
Traverso tante vicende, traverso tanti pericoli vorava.
andiamo verso il Lazio, dove i Fati ci additano 238. Ciclopi: giganti, figli
sedi tranquille e dove, per volere dei Fati di Urano e della Terra. Era-
risorgeranno alfine i dominii di Troia. no monocoli ed abitavano
presso l'Etna. Famoso tra
24S Tenete duro e serbatevi ad eventi migliori! » essi Polifemo, protagonista
Cosi parlava Enea. In mezzo agli affannosi di uno degli episodi più
pensieri simula in volto la speranza, nel cuore drammatici dell'Odissea.
soffocando il dolore profondo. I suoi compagni 246. In mezzo ... : Enea è
si iufaticano intorno alla preda ed al cibo. scosso e provato dalla prova
recente: non conosce la
2SO Spellano gli animali mettendo a nudo le carni, sorte di dodici navi di com-
alcuni le tagliano a pezzi e ancora palpitanti pagni, non sa quale terra lo
le infilzano negli spiedi, altri accendono il fuoco ospiti: trema pensando al
e pongono sul lido le caldaie di bronzo. domani ma si fa forza e so-
prattutto conforta i soprav-
Poi si rimettono in forze col cibo, stesi sull'erba vissuti, aprendo loro il
2SS si saziano di grassa carne e di vino vecchio. cuore alla speranza.
Spenta la fame e tolte le mense, parlano a lungo 253. le caldaie di bronzo:
dei compagni perduti: incerti tra speranza il poeta attribuisce ai Tro-
iani usi romani nel far cuo-
e timore si chiedono ~e ritenerli vivi cere la carne, mentre invece
o morti, liiunti all'ultimo di tutti i mali, sordi tutti i popoli antichi man-
260 a ogni loro richiamo. Il pio Enea piu degli altri giavano le carni degli ani-
piange in cuor suo la sorte del fiero Oronte, quella mali soltanto arrostite.
259. ultimo di tutti i ma-
di Lico e Amico, e il forte Gia e il forte Cloanto. li: la morte paganamente in-
tesa.
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34 Canto primo
266. fissò gli occhi alla Li- fissò gli occhi alla Libia. E Venere tristissima,
bia: bella questa contempla- soffusa di lagrime le pupille lucenti,
zione di Giove, « aethere
summo » dal suo altissimo gli disse: « O tu che reggi con eterno dominio
trono celeste, che scorre con le vicende divine ed umane, e atterrisci
lo sguardo assorto il regno 210 col fulmine i tuoi sudditi, dimmi che cosa han fatto
dei mortali. contro di te il mio Enea ed i Teucri, pei quali
268. «O tu ... »: la perora-
zione di Venere in favore dopo tante sciagure si chiude l'universo
del figlio è appassionata, ma a causa dell'Italia? Certo, tu m'hai promesso
anche abile e dialetticamen- che un giorno, dopo molto volgere d'anni, di qui,
te sottile. Accenna appena 275 dal rinnovato sangue di Teucro avranno origine
in primo luogo a Giunone
ed al suo tenace rancore, ed i potenti Romani, padroni assoluti
insiste sulla promessa che il di tutte le terre e dd mare; che cosa
padre degli dèi le ha fatto t'ha fatto cambiare parere? Ed io che mi consolavo
di permettere ad Enea lo della caduta di Troia e della sua rovina
sbarco in Italia e la fonda-
zione di un regno da cui di- 280 pensando allieto avvenire! Ma ora un'eguale sfortuna
scenderà la potenza di Ro- perseguita quei valorosi, spinti da tante disgrazie.
ma. Perché dunque il figlio Altissimo re, quale termine porrai alle loro fatiche?
prediletto deve ancora af-
frontare tante prove? Antenore, scampato agli Achei, poté pure
272. si chiude l'universo: entrare nel golfo illirico, spingersi senza pericolo
pare che nessuna terra li vo- 285 in territorio liburnico sin oltre le sorgenti
glia ospitare. del Timavo che simile a un mare impetuoso
282. fatiche: nel senso di erompe dalla montagna per nove bocche, con alto
travagli, traversie, dolori.
frastuono, e inonda i campi di un'acqua risonante.
283. Antenore: di nobile
famiglia troiana, parente di Qui Antenore ha fondato Padova e stabilito
Priamo, accolse nella pro- 290 una colonia troiana, dando il suo nome al popolo:
pria dimora Menelao ed U- qui ha appeso le armi d'Ilio, qui riposa tranquillo
lisse, quando vennero amba-
sciatori a Troia per trattare in una placida pace. Ma noi, che siamo tuo sangue,
della restituzione di Elena. noi, ai quali prometti la reggia del cielo,
Fu sempre fautore della pa- perdute le navi (o sventura!) siamo lasciati a noi stessi
ce con i Greci, ma non ven- 295 e tenuti lontani dalle spiagge d'Italia
ne ascoltato per cui, si dice,
che favorl il rapimento del per l'ira di una Dea. Questo sarebbe il premio
Palladio da parte di Ulisse e della nostra pietà, il nostro nuovo regno? »
persuase i Greci ad introdur-
re il fatale cavallo entro le luogo ove oggi sorge Pado- tutti di cui ha sposato la
mura. Dopo la distruzione va, da lui fondata, secondo causa e la cui attuale sorte
di Troia fuggl con alcune la leggenda. la riempie di mestizia c di
navi ed un gruppo di esuli 290. dando il suo nome sdegno appena contenuto.
navigò lungo le coste dell~ al popolo: quello di Veneti, 296. l'ira di uw Dea: Vir-
Dalmazia (Illiria) e dopo che pare derivato da Eneti, gilio dice « unius », quasi
una lunga marcia nel paese popolo dell'Asia Minore che che Venere temesse di pro-
dei Liburni, tra Dalmazia ed si unl ad Antenore nella fu- nunciare il nome di Giuno-
Istria, arrivò alle sorgenti ga da Troia. ne. Ma l'accenno, anche se
del Timavo, erompenti da 292. Ma noi, che siamo rapido, è incisivo e violento.
nove bocche del sottosuolo tuo sangue: la dea si associa 297. pietà; devozione ver-
carsico, e si spinse sino al al figlio Enea ed ai Troiani so gli dèi.
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Canto primo 35
La predizione della grandezza di Roma 304. sino alle stelle del cie-
lo: secondo la leggenda, E-
nea morl in guerra C!JI1ttQ.
Il padre eli tutti, col riso con cui rasserena il cido gli Etruschi e fu considerato
e le tempeste, sfiorò d'un lieve bacio le labbra dai Latini come un dio e
300 della figlia c le disse: « Non avere paura adorato con il nome di
Giove Indiget~ ··
o Citerea, immutato è il destino dei tuoi.
3II. vittoria sui Rutuli:
Tu vedrai la città e le mura promesse sono qui enumerate in pochi
eli Lavinio, alzerai il magnanimo Enea versi le vicende belliche che
sino alle stelle dd cido: non ho cambiato parere. saranno oggetto di canto de-
305 L'eroe (te lo dirò, poiché sei preoccupata, gli ultimi sei libri del poe-
ma. Di tutti i popoli latini
svelandoti i segreti dd lontano futuro) che Enea dovrà affrontare so-
combatterà in Italia una gran guerra, domando no qui citati soltanto i Ru-
popoli fieri, darà alla sua gente leggi tuli il cui re Dauno, con il
figlio Turno, sarà il più fie-
e salde mura, finché la terza estate l'avrà ro nemico dell'eroe.
310 visto regnare sul Lazio, finché tre freddi inverni 312. As.canio: finché Tro-
saranno trascorsi dal giorno della vittoria sui Rutuli. ia esistette era stato chiama-
to Ilo, poi Julo, ora Asca-
Ma Ascanio, che adesso si chiama anche Julo (era Ilo nio. Da lui discenderà la
finché il trono d'Ilio durava), compirà gens I ulia, cui appartennero
nd volgere dei mesi trenta anni eli regno, Cesare ·ed Augusto.
315 trasferirà da Lavinio la capitale a Albalonga 317. Là per trecento anni:
che fortificherà con potenti muraglie. il numero era sacro per i
popoli antichi come lo fu
Là per trecento anni governeranno gli Ettoridi per i cristiani. Enea regnerà
fin quando la regale sacerdotessa Rea Silvia tre anni, Ascanio trenta ed
per opera eli Marte partorirà due gemelli. i suoi successori trecento.
320 Allora Romolo, lieto eli cingersi i fianchi
3xli. Rea Silvia: chiamata
da Virgilio Ilia, dunque di
eli una pelle eli lupa (sua nutrice), riunendo stirpe troiana, figlia di re
la propria gente alzerà le mura sacre a Marte; Numitore, re di Alba. Ella
chiamerà gli abitanti Romani, dal suo nome. era sacerdotessa di Vesta.
320. di cingersi i fianchi:
Al loro dominio non pongo né limiti eli spazio secondo la leggenda Romo-
325 né di tempo: ho promesso un impero infinito. lo, dopo la morte della lupa
che gli era stata nutrice, ne
LA PREDIZIONE DELLA Giov~ invia Mercurio a Car- vesti la pelle per gratitudine
GRANDEZZA DI RoMA (298- tagine per predisporre l'ani- e ricordo perenne.
3.56). - Enea prima o poi mo di Didone a ben accoglie- 323. dal suo nome: Virgi-
sbarcherà sulle spiagge del re i naufraghi. lio, come già Livio, fa di-
Lazio e vi fonderà Lavinio. scendere il nome di Roma
Dopo di lui regnerà Ascanio, 301. Citerea: Citera (oggi dal fondatore. Invece forse
che costruirà Alba Longa. Cerigo) era un'isola a sud è il contrario: ruma nell'an-
Qui si succederanno per tre del Peloponneso, nelle cui tichissima lingua latina si-
secoli i suoi discendenti fin- acque era nata Venere. gnificava « fiume »; Roma
ché Romolo fonderà Roma. 303. Lavinio: città che « Città sul fiume » e Romolo
Da Romolo si giungerà ad Enea fonderà nel Lazio e « fanciullo del fiume ».
Augusto, fondatore del gran- che cosl chiamerà in onore 32,. un impero infinito:
de impero che riunirà tutte di Lavinia, sua seconda mo- « imperium sine fine » non
le genti. Dopo la predizione, glie. è un'affermazione retorica,
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36 Canto primo
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Canto primo 37
Mercurio, volando per l'aria sulle rapide ali, L'INCONTRO TllA VENERE
arriva in un .momento alle spiagge di Libia. ED ENEA (357-483). - Dopo
Subito esegue gli ordini, e per sua volontà un sonno agitato, all'alba E-
nea e il fido Acate partono
i Fenici depongono ogni umore malvagio; per una nuova esplortl%ione.
3SS Didone piu di ogni altro assume sentimenti In un bosco incontrano, sot-
pacifici e benevoli per gli esuli troiani. to le sembianze di una ver-
gine cacciatrice, V enere eh:!
li informa di Didone e del
suo popolo e delle vicende
L'incontro tra Venere ed Enea che hanno spinto in questa
Intanto Enea, che aveva trascorso l'intera notte te"a la regina dei Tiri. Enea
na"a a sua volta le proprie
meditando il da farsi, appena nata la luce tristi vicende e ne è dalla
decise di esplorare quei luoghi ignoti, cercando madre consolato. Liz dea poi
360 su quali coste il vento l'abbia costretto a approdare, scompare q1sì com'era ap-
parsa, ma prima avvolge il
se vi abitino uomini oppure solo fiere figlio in una nube, perché
(poiché le vede incolte), e riferire ai compagni. possa, non visto, entrare in
Nasconde la sua flotta in un'insenatura Cartagine.
boscosa, sotto una rupe concava, in modo che gli alberi
369-370. una vergine di
365 le proiettino intorno un'ombra densissima; Sparta: la madre appare al
poi s'inoltra nei campi in compagnia di Acate figlio nelle vesti di cacciatri-
brandendo due giavellotti dalla punta di ferro. ce, simile ad una fanciulla
In mezzo a un bosco gli venne incontro Citerea spartana, cioè allenata viril-
mente a portare le armi e
in veste di fanciulla, armata come una vergine ad affrontare i pericoli della
370 di Sparta, somigliante alla tracia Arpàlice caccia. - Arpalice: figlio del
quando stanca i cavalli superando alla corsa re tracio Arpalico, famoso
)'alato Euro. Teneva, come usano i cacciatori, per l'abilità nella caccia ed in
genere negli esercizi bellici.
attaccato alle spalle un arco maneggevole, 372. l'alato Euro: vento
sciolti al vento i capelli e nude le ginocchia, dell'aurora che spira da o-
375 i lembi della veste legati con un nodo. riente.
« Giovani - disse per prima - avete forse visto 378. faretra: astuccio che
conteneva le frecce.
passare di qui qualcuna delle mie sorelle, 38r. Ed il figlio: l'in-
armata di faretra, vestita di una pelle contro tra madre e figlio, le
macchiettata di lince, e inseguire gridando loro parole, la descrizione
380 la fuga di un cinghiale dalla bocca schiumosa? » fresca e vivace della dea ci
richiamano alla mente l'epi-
Ed il figlio: « Non ho né visto né sentito sodio dell'Odissea del canto
le tue sorelle, o vergine. Che nome devo darti? VI che ha per protagonisti
n tuo volto non è mortale, la tua voce Ulisse e Nausicaa. Omero,
per la verità, era riuscito a
ha un suono piu che umano. Creatura divina, ·dare naturalezza e veridicità
385 sei DiJna o una Ninfa? Assistici, chiunque al racconto, mentre qui Vir-
tu sia, ed allevia il nostro affanno doloroso; gilio è alquanto più forzato,
spiegaci finalmente in quale punto del mondo anche se letterariamente più
squisito e raffinato.
siamo stati gettati, sotto che ciclo: erriamo 384. Creatura divina: E-
sbattuti qua e là dal vento e dagli immensi flutti, nea intuisce che la vergine
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38 Canto primo
cacciatrice che gli è apparsa 390 senza sapere nulla del luogo e dei suoi abitanti.
d'improvviso ha in sé qual- Te ne saremo grati, e un giorno per mano nostra
cosa di soprannaturale e cadranno molte vittime davanti ai tuoi altari! »
che si trova innanzi ad una
dea. Di qui il suo confidarsi « Non mi considero degna di tali onori - rispose
spontaneo e la richiesta di Venere. - Noi fanciulle di Tiro usiamo portare
aiuto con la promessa di sa- 395 la faretra e calzare alte uose purpuree.
crifici futuri su altari divini.
393· Non mi considero ... :
Questo è un regno fenicio, una città di Agenore
Venere continua nella finzio- sorta in terra dci Libi razza indomabile in guerra.
ne perché non ritiene ancora Ne è regina Didone, partita un giorno da Tiro
giunto il momento di farsi fuggendo suo fre.tello. Lunga a narrare è l'ingiuria
riconoscere.
395· alte uose purpuree: 400 da lei patita, lunghe le sue peripezie;
alti calzari di cuoio usati dai te le racconterò per sommi capi. Sicheo
cacciatori per difendersi dai il piu ricco di terra di tutti i Fenici,
rovi e dagli spini e per po- era suo sposo amatissimo. Regnava su Sidone
ter camminare con sicurezza
in luoghi accidentati. il fratello di lei Pigmalione, malvagio
396. Agenore: Agenore, 405 piu di chiunque. Ci fu una lite tra i due.
figlio di Belo e padre di Fe- L'atroce tiranno, accecato dalla brama dell'oro,
nice, che dette il suo nome sorprese Sicheo e lo trafisse. davanti agli altari
al popolo che governò, fu
avo di Didone e di Pigma- senza curarsi del grande amore di sua sorella.
lione, fondatore di Didone e Per molto tempo celò il delitto ingannando
di Tiro, città dalla quale e- 410 con vane speranze l'amante addolorata.
rano fuggiti i costruttori di Ma in sogno la misera vide l'immagine del marito
Cartagine.
397· Libi, indomabili in insepolto: levando l il viso pallidissimo
guerra: accenna a tutti quei le mostrò gli empi altari e il petto squarciato dal ferro,
popoli, come i Numidi, i le rivelò il segreto delitto familiare.
Getuli ed altri che abitavano 415 Poi la persuase a fuggire, a lasciare la patria;
la fascia costiera mediterra-
nea che va dall'attuale Ma- per facilitarle il viaggio le indicò antichi tesori
rocco all'Egitto. nascosti sottoterra, una ricchezza ignorata
399· Lunga a na"are ... : il d'oro e d'argento: Didone, scossa da tali notizie,
sintetico «per sommi capi», si preparò alla fuga, scegliendo compagni fidati
racconto delle avventure di
Didone, ha in sé tutti gliele- 420 tra quelli che temevano o odiavano il tiranno.
menti di certo romanzo av- I congiurati assalirono navi già pronte a salpare
venturoso moderno ed anche caricandole d'oro: i bene dell'avaro
il pathos tragico ed insieme tiranno sono rapiti per mare, ed una donna
elegiaco di un dramma sce-
spiriano. I personaggi, Si- è a capo dell'impresa. Poi giunsero nei luoghi
cheo il buono e l'amato, Pig- 425 dove adesso vedrai innalzarsi le mura
malione l'avaro assetato d'o- gigantesche e la rocca della nuova Cartagine.
ro e di potere, Didone l'a-
mante addolorata ma forte e Comprarono tanta -terra quanto una pelle di toro
decisa, sono sbozzati con po-
chi tratti efficaci; non man- 427. una pelle di toro: ba, re dei Getuli, di vender-
cano anche i congiurati, o- Si narrava che Didone, sbar- le un tratto di territorio per
diatori dei tiranni ed amanti cata in Africa, dopo l'avven- potervi fondare una città.
della libertà. turosa fuga, chiedesse a Jar- J arba le concesse in modo
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Canto primo 39
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40 Canto primo
468-47r. Disse ... nell'ince- di quei dodici cigni, che l'aquila di Giove
dere: dopo aver rassicurato calando dall'alto dd cielo aveva disperso per l'aria:
e rincuorato il figlio, Vene- 460 ora si vedono, in fila lunga, o scegliere il luogo
re, cosi com'era improvvisa-
mente apparsa, scompare, ma dove posarsi o scrutare il luogo già scdto.
qualche attimo prima rivela Come quei cigni scherzano battendo le ali
la sua vera identità non tan- gioiosamente e volano in circolo, cantando,
to dallo splendore del collo
e dai capelli odorosi d'am- cosi le tue navi e i compagni o sono già fermi in porto
brosia, quanto dal regale in- 465 o vi entrano a vele spiegate. Va' dunque avanti
cedere: « et vera incessu pa- [tranquillo,
tuit dea». dirigi pure i tuoi passi dove la strada ti porta! »
477· d'aria opaca: di una
fitta nebbia. Lo stesso espe- Disse, e volgendosi indietro rivelò lo splendore del
diente aveva usato Minerva [collo,
per celare Ulisse agli occhi i suoi capelli odorosi d'ambrosia spirarono
dei Feaci, mentre si recava un profumo divino, la veste le discese
alla reggia di Alcinoo (Odis- 470 fluente sino ai piedi: si rivelò vera Dea
cea, canto V~I).
480. Pafo: nell'isola di nell'incedere. Enea riconobbe la madre
Cipro, ove sorgeva uno vedendola andar via e le disse: « Crudele
splendido tempio a lei dedi- anche tu, perché inganni continuamente il figlio
cato, per cui spesso viene con mentite semhianze? Perché non posso stringerti
chiamata Ciprigna.
475 la mano, sentirti parlare, risponderti a viso aperto? »
Cosi dicendo si mosse verso le mura lontane.
CARTAGINE (484-574). -
Alta su un colle, appare agli Venere cinse i viandanti d'aria opaca, li avvolse
occhi di Enea ed Acate la d'un fitto velo di nebbia perché nessuno potesse
nuova città, i cui cittadini vederli o toccarli o fermarli o chiedere le ragioni
appaiono intenti a comple-
tarne la struttura. L'eroe li 480 del loro arrivo. Quindi la Dea volò sino a Pafo,
invidia, perché essi, profu- rivide lieta quel luogo diletto dove sorge
ghi come lui, hanno ormai in suo onore un gran tempio, e dove cento altari
una patria ed una casa. En- profumati di fresche ghirlande bruciano incenso.
tra in città ed ammira subito
il maestoso tempio, eretto in
onore di Giunone, nel cui Cartagine
interno, sulle pareti, sono Enea ed Acate intanto aflrettavano il passo
raffigurati in grandi dipinti
le scene salienti della guerra 485 lungo il sentiero. E già erano in cima a un colle
di Troia. sovrastante Cartagine, dirimpetto alla rocca
che sorg~ un po' piu in basso. Enea ammira i palazzi
488. il lastrico delle vie: (un tempo capanne), le porte, il lastrico delle vie.
le vie lastricate di pietre. I Tiri pieni d'ardore lavorano con gran chiasso:
489. I Tiri ... : bellissima la
descrizione della gente tiria
che con fervore intende a ad un piano regolatore. In- che segue dell'alveare, ripor-
costruire la nuova città con fatti ci sono le opere pub- tato per intero dalle Geor-
una distribuzione del lavoro bliche e quelle private, le giche (canto IV), in cùi ogni
calcolata, per cui nulla è la- militari e le civili, quelle ape svolge un preciso e de-
scito al caso, ma tutto obbe- commerciali e le altre de- terminato compito, è assai
disce, diremo noi moderni, stptate al culto. Il paragone calzante ed immediato.
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Canto primo 41
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42 Canto primo
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Canto primo 43
570 le armi dd nero Memnone. Pentesilea furiosa il suo seguito. Assisa sul tro-
guidava le sue Amazzoni dagli scudi lunari: no, la regina si appresta alle
la vergine guerriera - una cintura d'oro udienze, quando con grande
clamore di popolo viene con-
sotto il seno scoperto - ardeva nella mischia dotto al suo cospetto un
ed osava combattere coi guerrieri piu prodi. gruppetto di Troiani, che E-
nea riconosce tra quelli
ch'egli credeva morti duran-
L'incontro con Didone te la tempesta. Parla di loro
il più saggio, Ilionèo, che
575 Mentre il dardanio Enea osserva queste scene chiede ospitali/~. Didone lo
mirabili e stupisce, assorto in contemplazione, rassicura sulla sorte loro. In
la regina Didone, splendida di bellezza, quell'istante, dissoltaSi la nu-
be che lo teneva celato, Enea
avanza verso il tempio tra una schiera di giovani. appare a tutti, splendido di
Come Diana guida le danze sulle rive forza e di bellezza. Saluta i
580 ddl'Eurota o sui gioghi dd Cinto e mille Oreadi compagni disperu, e si rivol-
le si addensano intorno seguendola (la Dea ge alla regina con parole di
avanza, la faretra sull'omero, piu alta ringraziamento. Ella invita
tutti a palazzo ad uno splen-
di tutte le altre Ninfe, e Latona ne gode dido convito. Enea vi parte-
nel segreto dd cuore): cosi Didone, lieta, cipa con i suoi e con il figlio-
585 camminava tra i suoi, sollecita dei lavori letto Ascanio, al quale Vene-
e dd regno che sorge. Poi prese posto su un trono re sostituisce il dio dell'amo-
proprio in mezzo al santuario, davanti alla cella re, Cupido, che accende il
cuore di Didone di una ir-
della Dea, circondata dal suo corpo di guardia. resistibile passione per l'eroe
La regina sedeva in giudizio, rendeva troiano. Dopo la rituale li-
590 giustizia e assegnava equamente i lavori bagione, Didone invita Enea
da compiersi, quando Enea d'improvviso a narrare la sua storia dalla
vide giungere in me?.zo a una gran folla Anteo, caduta di Troia all'approdo
sulle coste libiche
Sergesto; il forte Ooanto ed altri Troiani
che la nera tempesta aveva disperso pel mare
.580. Eurota: fiume che
S9S e aveva gettato lontano, su spiagge diverse. bagna Sparta, città nella
Stupirono ad un tempo lui e Acate, perplessi quale Diana era particolar-
tra la gioia e il timore: bruciano dalla voglia mente onorata. - Cinto:
di stringere loro le mani, ma il non sapere monte dell'isola di Delo, aJle
come andranno le cose li turba. Stanno quieti, pendici del quale era nata
la dea. - Oreadi: ninfe mon·
600 avvolti dalla nube, a aspettare che sorte tane che seguivano Diana
toccherà ai loro compagni, a sentire in qual lido durante la caccia.
abbian lasciato la flotta, perché siano venuti .583. Latona ne gode: co-
- uomini scelti da tutte le navi - a implorare pietà, me tutte le madri, Latona
contempla compiaciuta la
.570. Pentesilea: figlia di L'INCONTRO CON DIDONE sua fiera e bellissima figlia.
Marte e regina del popolo (57.5-887). - Mentre Enea 592-593. Anteo ... Sergesto,
guerriero femminile · delle contempla ammirato e com- Cloanto: alcuni fidi e valo-
Amazzoni. Anch'ella fu uc· mosso gli affreschi, ecco en- rosi compagni che credeva
eisa da Achille. trare nel tempio Didone con dispersi nella tempesta.
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44 Canto primo
dirigendosi al tempio tra i gridi della folla.
604. tra i gridi della folla: 60S Quando furono entrati ed ebbero il permesso
gridi non certamente bene- di parlare a Didone, Ilioneo, il più autorevole,
voli, perché la sventura e le
traversie avevano reso i Car- cominciò a dire con calma: « O regina, cui Giove
taginesi diffidenti ed ostili ha concesso fondare una nuova città
verso gente sconosciuta. e reggere superbe popolazioni, noi miseri
6o6. Ilioneo: è il più di- 610 Teucri, sbattuti dai venti per ogni mare, veniamo
plomatico, colui che tra gli
esuli possiede il dono della a supplicarti: vieta che si dia fuoco alle navi,
parola fluente e suasiva. risparmia un popolo pio, esamina il nostro caso
. 609. superbe... miseri... : con attenzione e pietà. Noi non siamo venuti
nota l'efficace contrapposi- a devastare con le armi i Penati dei Libi,
zione dei due aggettivi. I
Cartaginesi hanno ripreso or- 61S né a rapirvi la roba, fuggendo poi in mare
mai forza e fiducia in se come pirati: non siamo cosJ crudeli, né tanta
stessi, i Troiani invece sono protervia si addice a un popolo vinto.
ancora prostrati dalle re- Si stende sulle acque una terra che i Greci chiamano
centi disavventure e dub-
biosi del loro futuro. potente nelle armi, dal suolo fertilissimo; [Esperia,
618. Esperia: i Greci chia- 620 un tempo la abitarono gli Enotri, e si dice
mavano cosi l'Italia perché che i loro discendenti l'abbian chiamata Italia
posta ad occidente (Espero). dal nome di un loro re. Era la nostra meta ...
620. Enotri: popolo che Quando a un tratto Orione impetuoso, sorgendo
abitava la parte sud occi-
dentale della nostra peni- dai flutti, ci cacciò su bassifondi nascosti
sola. 62S e scatenando i venti ci disperse lontano,
623. Orione: la costella- vinti dal mare, per onde e scogli inaccessibili:
zione di Orione portava le siamo approdati in pochi alla vostra riviera.
tempeste autunnali.
Ma che gente è la tua? Che barbaro costume
629. Un barbaro costu-
me: Ilioneo è abilissimo ci impedisce di scendere a terra e di fermarci
con queste parole nell'appel- 630 sulla spiaggia? Perché farci guerra? Se avete
larsi alla coscienza civile dei in poco conto il genere umano e le armi degli uomini,
Cartaginesi, oltreché alla lo- temete almeno gli Dei che ricordano e giudicano
ro pietà di uomini devoti
alla divinità. il bene e il male. Enea, l'uomo piu giusto, pietoso,
633. il bene ed il male: prode di tutti i mortali, è il nostro re. Se i Fati
è la legge della nemesi sto- 63S ancora lo serbano in vita, se respira, se ancora
rica oppure del contrappas- non riposa tra le ombre crudeli della morte,
so, per la quale in vita e
soprattutto in morte si è pu- non abbiamo paura di nulla; né dovrai certo pentirti
niti o premiati a seconda d'aver gareggiato con lui in cortesia. Vi sono
delle azioni nei confronti dei città ed armi troiane anche al paese dei Siculi,
propri simili. 640 dove regna l'illustre Aceste di sangue dardanio.
638. non abbiamo paura
di nulla: da queste parole Lasciaci trarre a riva la flotta sconquassata
arguiamo come Enea sia ve- dai venti aggiustarla con travi tagliate dalle selve,
ramente il capo della sua fabbricarci dei remi; per poi salpare lieti
gente; non tanto·. temuto, verso l'Italia e il Lazio, se ci sarà concesso
quanto amato e rispettato
per le doti dell'animo e della 64S - trovati il re e i compagni - di andare verso l'Italia.
mente. Se non c'è piu salvezza, se il mare della Libia
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Canto primo 45
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46 Canto primo
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Canto primo 47
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48 Canto primo
772-804. Il fatto che Ve- furioso, sino in fondo alle ossa; poiché
nere, come spiegherà meglio
in seguito, non si fidi di Giu- teme l'ambigua casa, la falsità dei Tiri,
none, è accettabile: fra don- la crudeltà di Giunone, e non riesce a dormire
ne, perché di donne si tratta 175 con quel pensiero la notte. Cosi dice ad Amore:
e non di dee, che inseguono «Figlio, che sei la mia forza e il mio solo potere,
opposte mète la diffidenza è
d'obbligo. Questo spiega co- che non temi le folgori del Padre onnipotente,
me ella invii il figlio Cupido io vengo supplichevole a chiedere il tuo aiuto.
in una delle sue solite mis- Enea, tuo fratello, è sbattuto dal mare
sioni quantunque l'interven- 780 su tutte le spiagge per l'odio di Giunone:
to del piccolo dio dell'amore
appaia in definitiva super- lo sai bene, sovente ne hai sofferto con me.
fluo. Infatti per una natura In quel momento lo accolse la fenicia Didone
solitaria ed appassionata co- e lo trattiene con molti complimenti: ma temo
me quella di Didone, l'arrivo
di Enea, la sua prestanza, l'ospitalità di Giunone, che certo non starà
l'aureola di sventura e di do- 185 inoperosa in un'ora cosi grave e difficile.
lore dalla quale è coronato a- Allora penso di prendere la regina al mio laccio
vrebbero egualmente acceso e infiammarla d'amore, perché non diventi nemica
la fantasia ed il cuore della
vedova regina. Ma non di- dei Troiani per colpa di qualche altro Celeste,
mentichiamo che in un poe- e sia presa d'affetto per Enea come me.
ma, come l'Eneide, la mitolo- 790 Ascolta come potrai assolvere il tuo incarico.
gia doveva trovar posto d'au-
torità ed ogni occasione era Per invito del padre, Ascanio, mia maggiore
buona per farvela entrare, cara preoccupazione, sta per andare in città
come avviene qui, abbastan- · portando i doni scampati alle fiamme ed al mare:
za felicemente. io lo addormenterò, poi lo nasconderò
773· l'ambigua casa: Ve- 195 nel sonno in un luogo sacro, sui monti di Citera
nere non ha fiducia nella
casata di Didone, a causa o sull'Ida, sicché non possa in alcun modo
del delitto di Pigmalione, e scoprire le mie trame o nuocere ai miei disegni·.
nella lealtà dei Cartaginesi, Per una sola notte ne imiterai con arte
ma teme in modo particolare
l'odio di Giunone é le sue l'aspetto; sei fanciullo, potrai con facilità
subdole arti. 800 assumere quei noti lineamenti: cos{
79r. mia maggiore ... : è quando Didone, felice, ti accoglierà nel suo grembo
naturale che Venere parli co- tra i fumi del vino e del pranzo regale,
me una nonna preoccupata
dell'avvenire del nipote, ma quando ti abbraccerà riempiendoti di baci,
è strano per noi che siamo le soffierai nel cuore un fuoco velenoso ».
abituati ad immaginare la 80S Amore obbedisce subito alle parole materne
dea come eternamente gio- e, deposte le ali, si diverte ad incedere
vane e fanciulla.
796. Ida: monte al centro con l'andatura di Julo. Venere intanto diffonde
di Creta, ove era nato Giove. per le membra di Ascanio un placido sopore
804. velenoso: la passio- e, tenendolo caldo nel suo grembo, lo porta
ne che sconvolge e turba co- 810 negli alti boschi dell'Ida, dove la profumata
me un veleno.
maggiorana lo accoglie, proteggendone i sogni
Su. maggiorana: erba aro-
matica che cresceva in gran coi suoi fiori odorosi e la sua dolce ombra.
copia_ a Cipro. E già Cupido, secondo il desiderio di Venere,
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Canto primo 49
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50 Canto primo
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Canto primo 51
Ho tratto alla luce, a una profondità di otto o nove metri, la cinta muraria della
città di Troia, che parte dalle Porte Scee, e scavando presso questa muraglia, imme-
diatamente accanto al Palazzo di Priamo, ho urtato contro un grosso oggetto di rame,
di forma assai singolare, che attrasse tanto più la mia attenzione in quanto credetti
di scorgere dentro ad esso dell'oro. Sopra l'oggetto di rame si trovava uno strato di
ceneri rosse e macerie calcinate, duro come la pietra, dello spessore di un metro e
mezzo, sul quale gravava la muraglia della fortezza, alta sei metri, formata di grosse
pietre e fango secco, e costruita probabilmente nei primi tempi dopo la distruzione
di Troia.
Per primo estrassi dalle macerie un grande scudo di rame, simile a un piatto di
portata ovale, al cui centro si trova una borchia circondata da una scanalatura. Que-
sto scudo è lungo circa mezzo metro, è completamente liscio e bordato da un orlo
alto quattro centimetri. La borchia (omphalos) è alta sei centimetri e ha un diametro
di circa undici centimetri. Il secondo oggetto da me estratto era un bacile di rame
con due manici orizzontali. Il terzo una piastra di rame, dello spessore di un centi-
metro, larga sedici centimetri e lunga quarantaquattro; ad un'estremità presenta due
ruote :fisse con asse. La piastra è fortemen~e incurvata in due punti: tuttavia io credo
che queste curvature siano dovute al calore del fuoco, cui l'oggetto fu esposto du-
rante l'incendio. Su di essa è saldato un vaso d'argento alto dodici centimetri e largo
altrettanto, ma penso che anche questo sia avvenuto solo per caso durante l'incendio.
Il quarto oggetto estratto era un vaso di rame. Segui una coppa rotonda di oro pu-
rissimo, che misurava quindici centimetri di altezza e quattordici di diametro, e rag-
giungeva il peso di quattrocentotré grammi, con una decorazione a zig-zag, iniziata e
non compiuta, al collo; un calice anch'esso di oro puro, alto nove centimetri e del
peso di duecentoventisei grammi, e un altro calice d'oro, a forma di nave, con due
grossi manici, alto nove centimetri, largo e lungo diciotto centimetri e del peso
esatto di seicento grammi.
Presenta ai lati due imboccature, una di sette centimetri e una di tre: probabil-
mente chi offriva il calice ricolmo beveva prima dall'imboccatura piccola, per la-
sciare l'ospite, in segno di onore, bere all'imboccatura maggiore. Questo grande calice
d'oro è fuso, mentre i manici, non massicci, sono applicati e saldati. Invece il calice
d'oro più semplice, e la coppa d'oro, sono sbalzati a martello.
Trovai inoltre sei oggetti di argento purissimo, pure sbalzato col martello, in
forma di grandi lame, con un'estremità arrotondata e l'altra tagliata in forma di mez-
zaluna. Con tutta probabilità si tratta dei « talenti » omerici, che potevano essere
solo di piccole dimensioni, poiché per esempio Achille, come primo premio nella
lotta, offre un'ancella, come secondo un cavallo, come terzo un bacile e come quarto
due talenti di oro. Inoltre trovai tre grandi vasi d'argento ... Parte sopra e parte ac-
canto agli oggetti d'oro e d'argento, trovai tredici lance di bronzo. Alla loro estre-
mità inferiore è praticato un foro, in cui per la maggior parte dei casi è ancora infilato
il chiodo, o bullone, con cui la punta della lancia era fissata nell'asta di legno. Le
lance troiane erano quindi del tu~to diverse da quelle greche e romane, poiché in
queste l'asta veniva infilata nella lancia, in quelle la lancia nell'asta ... Poiché io trovai
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Oggetti rinvenuti a Troia: I, 2, 3: diademi in oro; 4, 5, 6: orecchini d'oro; 7: vaso
d'argento con coperchio; 8: tazza in oro e argento; 9: boccetta d'oro; IO: tazza in
oro; II: vaso d'argento (molto danneggiato dal fuoco); 12: tazza d'argento; 13: coppa
d'oro con due anse; I4: chiave di rame della cassa !ignea contenente il tesoro; 15: pezzi
d'argento puro; I6: ornamenti d'oro; I7: collana formata di vari piccoli oggetti d'oro
appartenenti al tesoro di Priamo.
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Canto primo 53
tutti questi oggetti insieme, l'uno accanto all'altro o l'uno dentro l'altro sì da formare
un mucchio rettangolare, presso il muro di cinta, penso che con tutta probabilità si
trovavano in una grande casa di legno, come secondo l'Iliade ne esistevano nel pa-
lazzo di Priamo. E questo mi sembra tanto più certo in quanto, proprio accanto agli
oggetti, rinvenni una chiave di rame lunga dieci centimetri, il cui ingegno; lungo e
largo cinque centimetri, presenta una straordinaria somiglianza con la grande chiave
di cassa delle banche. Cosa assai singolare, questa chiave doveva avere un anello di
legno, come dimostra l'estremità del fusto, che è interrotta ad angolo retto, come
nelle lame dei pugnali. Probabilmente qualche membro della famiglia di Priamo accu-
mulò in gran fretta il tesoro nella cassa, e lo portò via senza aver tempo di togliere
la chiave dalla serratura; ma sulle mura fu raggiunto dalla mano del nemico o dal
fuoco e dovette abbandonare la cassa, che fu subito coperta per un metro e mezzo
dalla cenere rossiccia e dalle pietre del palazzo reale che sorgeva n accanto.
Forse appartenevano all'infelice che tentò invano di salvare il tesoro, gli oggetti
rinvenuti alcuni giorni prima in una stanza del palazzo reale, immediatamente ac-
canto al luogo di ritrovamento del tesoro, ossia un elmo e un vaso d'argento, in cui
era infilato un elegante calice di electron (ambra). L'elmo era a pezzi, ma può essere
forse rimesso insieme, poiché ne abbiamo ritrovato tutti i frammenti. Le due parti
superiori (il phalos) sono intatte.
Che il tesoro sia stato raccolto frettolosamente, con ansia tremante, in un terri-
bile pericolo di vita, ci dimostra fra l'altro anche il contenuto del vaso d'argento più
grande, nel cui fondo ho trovato due splendidi diademi d'oro, una fascia frontale e
quattro mirabili pendagli da orecchini d'oro, di alto pregio artistico. Sopra vi erano
Cinquantasei orecchini a cerchietto, pure d'oro, di forme assai eleganti, e ottomila-
settecentocinquanta piccoli anelli d'oro, prismi e dadi traforati, bottoni d'oro, ecc.,
che evidentemente appartenevano ad altri gioielli. Seguirono poi sei bracciali d'oro,
e sopra tutto questo, due piccoli calici d'oro. Trovai anche nello stesso vaso due bloc-
chetti d'oro, entrambi lunghi cinque centimetri, di cui ognuno presentava ventun fori.
Colui che tentò di salvare il tesoro ebbe fortunatamente l'accortezza di mettere
ritto nella cassa il grande vaso d'argento pieno dei gioielli che abbiamo descritto, in
modo che neppure una perla ne è sfuggita e tutto è rimasto intatto.
(da HEINRICH SCHLIEMANN, Autobiografia di un· archeologo alla ricerca del mondo
omerico, Schwarz Editore, Milano).
Commento critico
Ciò che subito colpisce sin dai primi versi del poema è il chiaro e costante rife-'
rimento agli schemi poetici di Omero. Abbandonata la dolce contemplazione e le fer-
vide opere dei boschi e dei campi, che aveva ispirato l'atmosfera e la poesia delle
Bucoliche e delle Georgiche, Virgilio, apprestandosi a cantare le gesta del suo eroe,
non può a meno di ritornare al grande maestro dell'epica antica. È un atto di umiltà
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.54 Canto primo
e di meditato omaggio. Tuttavia se la via esteriore prescelta è quella più cauta e più
saggia, l'animo dei personaggi che via via si presentano sulla scena e partecipano al-
l'azione è nuovo, come nuova è la finalità ultima dell'intero poema, enunciata solen-
nemente sin dal proemio. Infatti Enea non assomiglia minimamente né ad Ulisse né
ad Achille, né in genere agli eroi che Omero ci ha descritti e fatti conoscere. La
« pietas » fa di lui più che un vero guerriero un sacerdote, che combatte e prega per
portare a termine la più alta missione che i Fati abbiano assegnato ad un uomo:
quella di fondare una stirpe che darà vita .all'impero di Roma cui si inchineranno
tutte le genti della terra.
Il dichiarato fine encomiastico dell'opera, anche se spesso è elemento fastidioso
di scoperta retorica, come nel colloquio fra Giove e Venere, non incide del tutto
negativ.tmente, per la sincerità degli accenti e per la fede profonda che Virgilio mani-
festa nella missione di Roma « caput mundi ». Il secondo elemento che caratterizza
la novità dei contenuti sta nel modo con cui vengono presentati e fatti agire gli Dei.
Essi hanno perso il decoro e la maestà che solennizzavano i loro interventi nei poemi
omerici. Qui appaiono talmente umanizzati, cioè in preda agli stati d'animo più co-
muni tra i mortali, da perdere qualsiasi attributo del trascendente.
Si veda l'odio cieco ed insensato di Giunone nei confronti dei Troiani, le sue
smanie di vendetta e di morte, la sua vana lotta contro i Fati. Forse Virgilio, come
tanti altri romani attenti a cogliere le note più profonde dell'evoluzione dei tempi,
avvertiva l'anacronismo della religione pagana, incapace di soddisfare le nuove e più
profonde esigenze della coscienza e dello spirito.
Ma la grande e vera novità che caratterizza il primo canto, e poi l'intero poema,
sta nella capacità dell'autore di addentrarsi nella psicologia dei personaggi, nel co-
gliere gli stati d'animo dal lirico al drammatico, dall'amoroso al tragico; nel dipin-
gere in vasti affreschi i quadri possenti della natura, che a tali stati d'animo fanno
da grandioso sfondo.
Si veda a questo proposito la descrizione della tempesta, della cala tranquilla
che accoglie i naufraghi, dell'apparizione della madre Venere nel bosco frondoso,
della pace che Nettuno riporta sul mare. E ci si soffermi soprattutto sull'incontro tra
Enea e Didone e sul susseguirsi incalzante ed in crescendo dei sentimenti che com-
muovono e turbano l'animo dell'infelice regina, preludio alla sconvolgente passione
ed alla tragedia.
Ci sono a volte qua e là nella narrazione dei momenti di stanchezza e di scarsa
vena poetica, ma in genere, considerato che l'avvio di una cosi possente opera dovette
essere travagliato e faticosissimo, si può senz'altro ritenere questo primo canto in
gran parte felice e altamente positivo soprattutto per la sapienza costruttiva che dal
tono tragico ed apocalittico della tempesta trascorre ad un'atmosfera pensosa e di
pace per concludersi nella gioia del convito e nel dolce canto di Iopa.
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Canto primo 55
Galleria di ritratti
Enea.
Riportiamo una felice rappresentazione dei caratteri salienti della figura di Enea,
dovuta alla penna di Concetto Marchesi:
«Enea, "Romanae stirpis origo ", è l'antenato del popolo a cui era destinate
l'impero del mondo. Questo era già nel poema di Ennio, il quale faceva Romolo
figlio della figlia di Enea, nipote immediato di Enea, mentre Virgilio deve frapporre
la serie dei Re Albani stabiliti dagli annalisti. Quello che mancava nel poema di Ennio
era la profetica vita di Roma alla cui nascita cospira tutto il mondo mediterraneo, di
quella Roma fatale inesistente nella storia ed esistente già nei travagli e nelle vi-
cende di tante moltitudini di uomini.
«Enea era già nell'Iliade. Nato sul monte Ida dagli amori del re pastore Anchise
con Afrodite, è discendente di Assaraco, parente del ramo cadetto di Priamo che,
geloso di lui, non ha giusta considerazione dei suoi meriti e cerca di screditarlo
presso il popolo che lo ama e lo onora al pari di un dio. Combatte contro i Greci a
capo di milizie dardanie. Nei cimenti di guerra non manca di audacia né teme di af-
frontare i più formidabili eroi: e la divinità interviene sempre a proteggerlo. Una volta
combatte con Diomede, e la madre, Venere, lo trae a salvamento avvolgendolo nel suo
peplo lucente: un'altra volta lo protegge da Diomede, Apollo, che poi lo spinse ad
affrontare Achille. Bravamente combatte Enea contro l'invincibile eroe difeso dai
numi davanti alla cui asta una volta egli si salvò a stento fuggendo dall'Ida; e mori-
rebbe ora senza l'aiuto di Poseidone, il quale sa che la stirpe di Dardano, cara a
Giove, non può perire e che la forza di Enea e dei suoi discendenti regnerà sui Tro-
iani: e diffusa una nube davanti agli occhi del Pelide, si porta via in salvo il figlio
di Anchise e lo ammonisce a non più cimentarsi con Achille: "Quando egli sarà
morto, allora tu affronta pure audacemente i più valorosi campioni, perché nessun
altro degli Achei può essere padrone delle tue spoglie". Nell'Iliade, dunque, Enea
è già un predestinato, favorito dagli dèi. Nell'Eneide - dove ha pure un'intimità di
vita ignota agli eroi omerici - egli è l'eroe stordito in continuo potere della divinità.
Essa lo fa partire, lo fa fermare: lo nasconde, lo svela: lo salva dalle armi dei nemici,
lo getta tra le braccia di una regina innamorata: lo spinge nel regno dei morti, lo
fa sospirare e combattere senza che lui voglia, sempre. Il lettore dell'Eneide non sa
che cosa farebbe Enea se gli Dei non avessero cura o necessità di lui. Niente farebbe,
perché egli ha bisogno dei numi p~ agire: agli è un "pius ": sacerdote in abito di
guerriero. Gli manca la volontà perché gli manca l'empietà.
« Nessun eroe conobbe in una notte sola tanta angoscia e tanto stordimento di
umano dolore, e nessun poeta pose mai una sua creatura in mezzo a tanta verità di
sventura. Quando Troia pare inabissarsi tutta nelle fiamme e nel sangue, egli deve
pensare alla casa patema e ai Penati Troiani: allorché è una salvezza morire, egli
deve salvarsi; mentre gli altri eroi non hanno che urli di strage e rantoli di morte,
egli deve ancora avere delle lacrime; e deve portare sulle spalle il padre Anchise,
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56 Canto primo
che regge i Penati della patria, e condurre per mano il piccolo figlio e trarsi dietro la
moglie Creusa, e aver paura, lui che ha le mani grondanti di sangue nemico, per quel
vecchio, per quel bambino, per quella sposa. Le sue armi brillano nella nette, mentre
romba l'incendio e infuria la strage; ma il suo cuore deve trepidare di pietà, in mezzo
alla sterminata ferocia degli uomini e all'implacato odio dei numi.
«Ha visto i grandi numi del cielo imperversare su quel lembo della sua terra:
Nettuno che svelle con l'enorme tridente la città da lui cinta di mura, Giunone che
chiama inferocita i Greci alla strage, Pallade che fa vibrare i baleni micidiali della
sua temibile Gorgone. E ha visto nell'incubo di quella notte il volto di Elena argiva;
tacita ed immota, nel tempio di Vesta, lei, la femmina adultera; ed ha sentito le
parole di Venere, la madre sua che gli parlava amorevole con la bocca rosata: un
colore di rosee labbra divine egli ha perfino dovuto vedere a mezzo a tutto quel rosso
di sangue e di fuoco. E non impazzisce l'eroe tra cosi fantastiche mostruosità. Egli è
travolto dall'immanità del suo destino; ha perduto in quella notte la sua vita indi-
viduale, è divenuto uno strumento del Fato, ed è curvo sotto quel peso. Ha momenti
di furore, ma è più grande e continuo il suo timore: il timore di chi subisce la ferrea
necessità di conservarsi per gli altri».
(dalla Letteratura Latina, Casa Editrice Principato).
Giunone.
Era già stata a suo tempo mortalmente ostile ai Troiani a causa del giudizio di
Paride a favore di Venere nella nota gara di bellezza. Il suo odio si trasferisce ora
e si concentra sugli Eneadi e sul loro capo, figlio della dea rivale. In lei Virgilio ha
personificato la causa e la fonte di tutti gli ostacoli, naturali e psicologici, che si
opporranno di volta in volta al volere del Fato. La dea in tal modo assume nello svi-
luppo dell'azione un'importanza determinante: le sue gelosie, i suoi stratagemmi,
la sua implacabile avversione nei confronti dell'eroe e il non confessarsi mai vinta
daranno l'avvio alla maggior parte degli avvenimenti.
Forse nell'amarezza ch'ella prova dopo il fallimento di ogni macchinazione, ·sta
la sua vera originalità di personaggio, che, tuttavia, più che divino, ci appare troppo
umano per assurgere ad una vera dignità artistica. Il lottare poi inutilmente contro
la volontà dei Fati non le conferisce infine alcun rilievo di grandiosità; anzi la smi-
nuisce ai nostri occhi, per il suo vano astio ed il suo inconcludente corruccio.
Venere.
Come Giunone è attenta a non perdere occasione per creare guai ai Troiani e
ad Enea in particolare, cosi Venere è altrettanto vigilante a parare i colpi inferti dalla
rivale ed a proteggere in ogni modo il figlio adorato.
Per ottenere ciò, ella non si serve tanto della sua inarrivabile bellezza, quanto
di tutta l'astuzia e di tutte le sottigliezze di cui può essere capace una donna ed in
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Canto primo 57
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58 Canto primo
Raffronti di traduzione
Haec ubi dieta, cavum conversa cuspide montem Cosi rispose e capovolta l'asta
impulit in latus: ac venti velut agmine facto, colpl nel fianco il cavernoso monte;
quae data porta, ruunt et terras turbine perf/ant. i venti, per lo sbocco disserrato,
Incubuere mari totumque a sedibus imis si avventarono in groppo impetuoso
una Eurusque Notusque ruunt creberque procellis e turbinando corsero la terra.
Africus et vastos volvunt ad litora {luctus: E rapidi piombarono sul mare,
insequitur clamorque virum stridorque rudentum. e il Noto e il procelloso Africo e l'Euro
Eripiunt subito nubes caelumque diemque lo sconvolsero fin dal più profondo,
T eucrorum ex oculis: ponto nox incubat atra. lo cacciarono ai lidi in onde immani.
Intonuere poli et crebris micat ignibus aether Urlo d'uomini, stridere di gòmene
praesentemque viris intentant omnia mortem. lacerò l'aria; un improvviso nembo
(vv. 81-91) tolse agli occhi dei Teucri il cielo e il giorno
ed un notturno orror gravò sul mare.
Cosi dicendo, al cavernoso monte Tutto il cielo tuonò, l'aria si accese
con lo scettro d'un urto il fianco aperse, di baleni incalzanti, e tutto intorno
onde repente a stuolo i vènti usciro. era minaccia d'imminente morte.
Avean già co' lor turbini ripieni Traduzione di Guido Vitali
di polve e di tumulto i colli e i campi;
quando quasi in un gruppo ed Euro e Noto
s'avventaron nel mare, e fin da l'imo
lo turbar si, che ne f~r valli e monti:
monti, ch'al ciel quasi di neve aspersi,
sorti l'un dopo l'altro, a mille a mille
volgendo, se ne gian caduchi e mobili
con suono e con ruina i liti a frangere.
Il grido, lo stridore, il cigolare
de' legni, de le sarte e de le genti,
i nugoli che 'l cielo e 'l di velavano,
la buia notte, ond'era il mar coverto,
i tuoni, i lampi spaventosi e spessi,
tutto ciò che s'udla, ciò che vedevasi
rappresentava orror, perigli e morte.
Traduzione di Annibal Caro
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CANTO SECONDO
L'episodio di Laocoonte.
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CANTO SECONDO
Mentre scende la notte, nel profondo silenzio degli astant~, Enea inizia il racconto
della distruzione di Troia,-benché egli soffra terribilmente nel rievocare il sanguinoso
dramma della sua città e del suo popolo.
Su suggerimento di Minerva, i Greci, stanchi e logorati dalla lunga guerra, deci-
dono di ricorrere all'inganno per prendere la città, che vittoriosamente aveva respinto
i loro decennali assalti.
Costruiscono perciò un colossale cavallo di legno, nell'interno del quale nascon-
dono un gruppo di guerrieri; poi fingono di partire lasciandolo sulla spiaggia come
un voto agli dèi. Si nascondono dopo qualche ora di navigazione dietro l'isola di
Tenedo ed attendono il momento propizio per ritornare. I Troiani, accortisi della
partenza dei nemici, escono esultanti dalle porte è circond~no stupefatti il gran ca-
vallo. I più saggi fra loro fiutano un inganno e consigliano di distruggerlo; anzi, uno
di essi, Laocoonte, scaglia la lancia contro il simulacro che rimbomba.
Intanto sopraggiungono dei pastori che trascinano in catene un greco prigionkro,
Sinone, che gli Achei avevano abbandonato ad arte perché traesse maggiormente in
inganno i Troiani.
Costui, portato innanzi al re Priamo, confessa d'essere fuggito dai suoi compagni
che volevano immolarlo per rendere propizio il viaggio di ritorno in patria. Viene
creduto, liberato ed interrogato sul mistero del cavallo. Sinone abilmente risponde
dicendo che i Greci l'avevano costruito in riparazione del sacrilegio compiuto rubando
il Palladio, e di averlo fatto in misura gigantesca perché non potesse essere portato
nella città, che avrebbe reso inespugnabile.
Si verifica poi un fatto prodigioso, voluto da Minerva, nemica dei Troiani, che
sembra confermare le parole di Sinone. Mentre Laocoonte sta sacrificando sulla riva
del mare un toro per ringraziare Nettuno della partenza dei Greci, due spaventosi
serpenti emergono dalle acque e avviluppano nelle loro spire i due figli e Laocoonte
stesso, ch'era accorso in loro difesa. Fatto questo, i mostri strisciano sin nel tempio di
Minerva e si raggomitolano ai piedi del simulacro della dea.
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62 Canto secondo
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CANTO SECONDO sanguinosa guerra, i Greci,
ispirati da Minerva, decido-
no di rico"ere all'inganno
Il cavallo di legno (1-74)- Sinone (75-249)- Laocoonte (2.5o-29o)- per far cadere Troia. Costrui-
Il cavallo nella città (291-.576)- La morte di Priamo (.577-8.5.5)"- La scono un gigantesco cavallo
fuga (8.56-974).
di legno, lo riempiono d'ar-
mati e fingono di notte di
partire. All'alba i Troiani e-
n cavallo di legno scono festanti dalle mura e
si chiedono il perché della
partenza dei nemici ma so-
TACQUERO tutti: prattutto la spiegazione del
gli occhi intenti al viso di Enea simulacro. I più saggi diffi-
pendevano dalle sue labbra. Dal suo posto d'onore,. dano e vi fiutano l'inganno.
bene in vista, l'eroe cominciò in questi termini: un·o di loro, Laocoonte, giun-
S Regina, tu mi chiedi di rinnovare un dolore ge a scagliare la lancia contro
il ventre del cavallo.
inesprimibile; mi ordini di dire come i Greci
abbian distrutto Troia, le sue ricchezze, il suo regna x. Tacquero tutti: è il ta-
degno di pianto, e narrarti tutte le cose tristi citiano « conticuere omnes ~.
che ho visto coi miei occhi ed alle quali tanto il silenzio che nella grande
lO ho preso parte! Chi potrebbe trattenersi sala del convito si fa dopo
le conversazioni e i canti, e
dalle lagrime a un tale racconto, fosse pure che precede il breve e con-
soldato dd duro Ulisse o Mirmidone o Dolope? citato poemetto tragico della
E già l'umida notte precipita dal cido, caduta di Troia, quasi fosse
le stelle, tramontando, ci persuadono al sonno_ l'ideale continua2i.one e chiu-
sa dell'Iliade omerica.
1S Ma se proprio desideri conoscere le nostre .5· Regina: è un altro degli
disgrazie ed ascoltare brevemente l'estrema esametri famosi che diver-
sciagura di Troia, quantunque il mio animo ranno proverbiali: « infan-
dum, regina, iubes renovare
inorridisca al ricordo e rilutti di fronte dolorem ~.
a cos{ grave dolore, parlerò. 12. Mirmidone o Dolope:
sono tribù bellicose, guida-
h CAVALLO DI LEGNO(I-74) astanti, Enea inizia a raccon- te in guerra da Achille e dal
-Nel profondo silenzio degli tare. Stanchi della lunga e figlio Pirro.
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64 Canto secondo
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Canto secondo 65
e le difese fin dentro le nostre case e piombare 65. sia quel che sia: av-
dall'alto sulla città, o c'è sotto qualche,altra venga che può, anche l'ira
di qualche dio.
diavoleria: diffidate del cavallo, o Troiani, 65. Temo ... : altro detto
6S sia quel che sia! Temo i Greci, anche se portano doni ». famosissimo che è passato,
Cosi detto scagliò con molta forza la grande attraverso i secoli, nell'uso
comune del linguaggio di
lancia nel ventre ricurvo del cavallo di legno. cultura: « timeo Danaos et
L'asta s'infisse oscillando, le vuote cavità dona ferentes! ». La sua lo-
del fianco percosso mandarono un gemito gica è ineccepibile: niente
70 rimbombando. Ah, se i Fati non fossero stati che venga dai Greci può es-
sere accolto senza un legit-
contrari e le nostre menti accecate Laocoonte timo dubbio.
ci avrebbe convinto a distruggere il covo 70. Ah, se i Fati ... : è la
dei Greci; e tu ora, Troia, saresti ancora in piedi, constatazione della ferrea
e tu, rocca di Priamo, ti leveresti in alto! legge della storia, governata
dai Fati. Solo il dolore del-
l'esule e la sua nostalgica
commozione possono giusti-
Sinone ficarla.
1S Ma ecco dei pastori troiani trascinare SINONE ( 75-249) - Mentre
davanti al re, fra le urla, un giovane sconosciuto si discute, giunge un gruppo
dalle mani legate dietro la schiena: s'era di pastori che trascinano un
consegnato da solo ai pastori per dare greco prigioniero: Sinone. In-
te"ogato da Priamo, inventa
l'ultimo tocco all'inganno e aprire Troia agli Achei, una splendida e abile storia
80 risoluto nell'animo a condurre a buon fine che convince e impietosisce
le sue frodi o soccombere a una morte sicura. i Troiani, che lo liberano e
La gioventu troiana accorre da ogni parte gli domandano quale sia la
finalità della costruzione del
verso di lui, gli fa ressa intorno per vederlo, cavallo. Sinone, aggiungendo
fa a gara ad insultarlo. menzogna a menzogna, spie-
85 Ora ascolta le insidie ga che il cavallo rappresenta
il voto riparatore della pro-
degli Argivi ed impara a conoscerli tutti fanazione del tempio di Mi-
dal crimine di uno solo ... nerva con il furto del Palla-
Quando inerme, impaurito, si fermò tra di noi dio. Le proporzioni gigante-
guardando le schiere frigie, disse: « Ormai quale terra, sche avrebbero dovuto impe-
dirne il trasporto nell'inter-
90 quali mari potranno accogliermi? Che cosa no della città, perché il sacro
può fare un infelice che non ha posto al mondo simulacro l'avrebbe resa ine-
dove Stare tra i Greci, e il cui sangue gli ostili spugnabile.
Troiani ora reclamano per vendetta? ». Quel pianto
87. dal crimine di uno
frenò la nostra rabbia, ci calmò. Lo esortiamo solo: veramente Sinone, che
9S a raccontarci chi sia, da che sangue discenda, s'è prestato volontariamente
per qual motivo stia U: ci dica perché e come a recitare una cosl difficile
dovremmo fidarci di un Greco prigioniero. parte, con il rischio di una
morte atroce, è degno di
Finalmente, deposto ogni timore, disse: grande ammirazione: il suo
«O re, confesserò la verità, qualsiasi è un eroismo calcolato.
100 cosa accada: anzitutto sono di stirpe argolica, xoo. argolica: per greca
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66 Canto secondo
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Canto secondo 67
i nembi risuonavano per tutto il vasto cielo. 146. d'una vergine uccisa:
Inquieti mandiamo Euripilo a interrogare l'oracolo la flotta greca, riunita in
!4S di Apollo, ed egli ne torna con questo triste responso: Aulide, non riusciva a far
vela verso Troia a causa dei
- Placaste i venti col sangue d'una vergine uccisa venti avversi, susciti da Dia-
quando la prima volta veniste alle spiagge di Troia, na, di cui Agamennone ave-
o Danai: ora dovete implorare un ritorno va ucciso una cerva sacra.
Calcante profetò che per
felice con altro sangue, sacrificare un'anima placare la dea occorreva sa-
!SO d'Argo! -.Tutti stupirono quando la voce giunse crificare la figlia di Agamen-
alle orecchie del popolo, un gelido tremore none, Ifigenia, e cosi fu de-
corse per tutte le ossa: chi mai dovrà morire, ciso. Ma Diana ebbe pietà
della fanciulla, la sostitul
chi sarà mai la vittima reclamata da Apollo? con una cerva e la fece sua
A questo punto Ulisse trascina fra la gente sacerdotessa, trasportandola
!SS che urlava sbigottita l'indovino Calcante: in Tauride, l'attuale Crimea.
gli chiede spiegazioni sul volere dei Numi. 164. Tutti assentirono: an-
notazione psicologica molto
E molti mi avvertivano della frode crudele acuta: l'incubo che gravava
di quell'ingannatore, prevedendo in silenzio sulla vita di ognuno è di-
l'avven'ire. Calcante tace per dieci giorni sciolto e tutti sono ben lieti,
160 chiuso in sé, rifiutando di nominare alcuno, senza chiedersi il perché e il
come, che la vittima sia sta-
di mandare qualcuno a morire. Alla fine, ta designata. :E. proprio il ca-
quasi per forza, spinto dalle grida di Ulisse, so di dire: mors tua, vita
parla come d'accordo, mi destina all'altare mea!
del sacrificio. Tutti assentirono, lieti x68. le bende... : le vitti-
ce erano preparate al sacri-
16S permisero che ciò che ognuno temeva per sé ficio fasciando loro le tem-
ricadesse su un altro. E già si avvicinava pie con sacre bende e spar-
l'infausto giorno, già per me si preparavano gendo sul loro capo farina
abbrustolita e sale.
il sacrificio, le bende da mettere intorno alle tempie,
I75· Gli Atridi: i figli di
il frumento salato: mi strappai alla morte, Atreo, Menelao e Agamen-
170 lo confesso, spezzai le corde e nella notte none, per vendicarsi uccide-
mi nascosi tra l'erba e il fango d'uno stagno, ranno forse i miei figli e mio
padre. Questa supposizione,
finché non facessero vela, pregando che partissero. conoscendo l'animo vendica-
Non spero piu oramai di rivedere la patria tivo dei due re, è psicologi-
né i cari figli né il padre tanto desiderato: camente di grande effetto
17S gli Atridi forse vorranno fare su loro vendetta ed anticipa la pietosa implo-
razione di aver salva la vita.
della mia fuga, espiando con quel sangue la colpa 178. che sanno la verità:
di non avermi ucciso. Perciò ti prego, o re, è il colmo dell'ironia rag-
per i Celesti e gli Dei che sanno la verità, giunto dall'abile discorso di
per la fede, se c'è ancora un po' di fede Simone. Implora i Greci di
aver salva la vita in nome
180 tra i mortali, pietà di tante mie miserie, degli dèi che conoscono la
pietà del mio cuore che soffre senza nessuna colpa •· verità! Come ognun ben ve-
Gli doniamo la vita, commossi da tante lagrime, de la simulazione si serve
senza esitare di giuramenti
lo compatiamo molto. Lo stesso Priamo comanda sacri pur di ottenere l'effetto
che gli sian tolti i legami e le manette, e gli dice desiderato.
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68 Canto secondo
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Canto secondo 69
225 alla patria Micene, cercano nuove armi, l'aggettivo possessivo si ar-
Dei propizi e ben presto, rinavigato il mare, guisce che Sinone si consi-
dera ormai troiano.
giungeranno improvvisi: cosi Calcante interpreta
i presagi. Calcante ancora li ha convinti LAOCOONTE (250-290) - l..e
a lasciar qui il cavallo al posto dd Palladio parole di Sinone vengono re-
230 per riparare l'offesa alla Dea ed espiare se più credibili e quasi con-
il triste sacrilegio; e ha ordinato di farlo fermate da un prodigio divi-
no. Infatti mentre Laocoon-
cosi grande, cosi ben contesto di travi te sacrifica sulla spiaggia un
- una mole che si alzi sino al cielo - perché toro a Nettuno per ringra-
non possa passare attraverso le porte, ziar/o della partenza dei Gre-
235 perché i Troiani non riescano a introdurlo in città ci, arrivano dal mare due
serpenti, che prima avvolgo-
a proteggere il popolo col santo, antico culto. no nelle loro mortali spire i
Ché se le vostre mani violano il dono sacro figlioletti del sacerdote, poi
di Minerva (gli Dei ritorcano su Calcante, soffocano lo stesso Laocoon-
prima, questo presagio!) una disgrazia estrema te che s'era precipitato ad
aiutarli. I due serpenti, '10i,
240 ne verrebbe all'impero di Priamo ed ai Troiani; si rifugiano nel tempio di
invece se riuscirete a spingere il cavallo Minerva ai piedi del simula-
sino in cima alla rocca, sarete vittoriosi, cro della dea. Ormai i Troia-
ni sono persuasi: il cavallo
porterete la guerra fin sotto le mura di Pelope: sarà con tutti gli onori por-
ecco quale destino attende i nostri nipoti ». tato nell'interno della città
245 Grazie all'arte insidiosa dello spergiuro Sinone ed issato sulla rocca.
la storia fu creduta: e coloro che Achille
250. molto più spavento-
e il Tidide e dieci anni e migliaia di navi so: grave era stata l'impres-
non riuscirono a vincere, li vinsero la frode sione destata dal racconto di
e le lagrime finte d'un Greco ingannatore. Sinone, ma determinante sa-
rà l'orrenda fine di Laocoon-
te e dei suoi figli che riem-
Laocoonte pirà di sacro terrore l'animo
degli astanti e porterà alla
decisione di introdurre il ca-
250 Allora un altro evento molto più spaventoso vallo nella città. Nessun dub-
sopraggiunse improvviso a turbarci: infelici! bio quindi che, colpendolo,
Eletto sacerdote di Nettuno, Laocoonte la volontà degli dèi si era
manifestata con chiarezza
sacrificava ai piedi dell'altare solenne crudele e violenta.
del Dio un enorme toro. Ed ecco (inorridisco 254. Ed ecco ... : la rappre-
255 nel dirlo) due serpenti, venendo da Tenedo sentazione dei due serpenti
per l'alta acqua tranquilla, si levano sull'oceano che avanzano svettando con
i petti sul mare e levando
con spire immense e s'avviano insieme verso la spiaggia: le loro spire imniense, quasi
i loro petti svettano tra i flutti, le sanguigne preambolo della tragedia im-
creste sorpassano J'onde, il resto del loro corpo minente, con le code che fru-
stano il mare, è maraviglio-
samente poetica per la con-
243. le mura di Pelope: dette poi il nome alla regio- citazione incalzante dell'azio-
di Argo e di Micene, co- ne del Peloponneso. ne. Qui per vero si ha la
struite dal re Pdope, che 244. i nostri nipoti: dal- dimostrazione di come la
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70 Canto secondo
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Canto secondo ]I
mentre intorno fanciulle non sposate e fanciulli 296. mentre intoriUJ fan-
ciulle ... : il contrasto tra la
cantano gli inni, felici di toccare per gioco lieta e festante turba di
le funi con le mani. La macchina s'avanza, fanciulle e di fanciulli che
scivola minacciosa in mezzo alla città. a gara cantano e la cupa e-
300 O patria, casa di Dei, e voi mura dardanie norme macchina da guer-
ra, piena di armati e mi-
che tanta guerra ha reso famose: quattro volte nacciosa nel lento incedere,
si fermò al limitare della porta e altrettante è singolare e dimostra quan-
le armi nel suo ventre tuonarono sinistre! to Virgilio sia fine psicolo-
Noi non pensiamo a nulla e andiamo avanti, ciechi go ed artista nell'audace ac-
costamento.
305 nella nostra follia, finché non sistemiamo 304. ciechi nella nostra
il mostro maledetto dentro la santa rocca. follia: meglio in sintesi non
Anche Cassandra allora apri la bocca - mai si potrebbe dire circa l'at-
creduta dai Troiani, per volere d'Apollo - teggiamento di tutto il po-
polo troiano.
e ci predisse il fatale imminente destino.
306. maledetto... santa:
310 Quel giorno per noi doveva essere l'ultimo: nota il marcato valore an-
ma (infelici!) adorniamo di fronde festive titetico fra i due aggettivi,
i templi degli Dei per tutta la città. anche nella loro risonanza
Intanto il cielo gira su se stesso, la notte verbale.
307. Cassandra: la più
erompe dall'oceano, avvolgendo di fitta gentile e bella delle figlie
315 tenebra terra e cielo e inganni dei Mirmidoni: di Priamo. Apollo, da lei
in ogni casa i Troiani esultanti si sono respinto, le concesse il do-
taciuti, un duro sonno avvince i loro corpi. no della profezia, ma con-
temporaneamente la con-
E già l'armata greca avanzava da Tenedo dannò a non essere creduta
nell'amico silenzio della tacita luna e ascoltata. Fu trascinata
320 in ordine perfetto, avviandosi ai lidi schiava in Micene da Aga-
ben noti, e già la nave ammiraglia levava mennone.
315. Mirmidoni: sta per
la fiamma d'un segnale luminoso: Sinone, Greci.
protetto dagli ostili disegni degli Dei, 317. un duro sonno: do-
furtivamente allora libera i Greci chiusi po tante emozioni, fatiche
325 nel ventre del cavallo, aprendo gli sportelli e festeggiamenti tutti dor-
di pino. Spalancata la macchina fa uscire mono profondamente.
all'aperto i guerrieri: si calano con una fune, 319. della tacita luna:
Troia fu presa, si dice, du-
lieti di abbandonare quella stiva, Tessandro rante un plenilunio.
e Stenelo, il feroce Ulisse ed Acamante, 328. Tessandro: eroe sco-
330 Toante e Neottolemo Pelide, Macaone nosciuto. Stenelo, figlio di
il grande e Menelao, ed infine Epeo &tesso Capaneo. Acamante e Toan-
artefice dell'inganno. Invadono la città te: anche questi sconosciu-
ti. Neottolemo Pelide. Pir-
seppellita nel sonno e nel vino: massacrano ro, figlio di Achille. Ma-
i guardiani, spalancano le porte e fanno entrare caone, figlia di Esculapio.
335 come d'accordo i compagni, riunendosi con essi. Epeo, valente guerriero e
costruttore abilissimo, con
Era l'ora in cui giunge agli stanchi mortali l'aiuto di Minerva, del ca-
il primo sonno e serpeggia gradito nei loro corpi vallo.
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72 Canto secondo
341. i fori delle briglie: per dono degli Dei: ed ecco, in questo sonno
Achille, dopo aver ucciso
Ettore, il più valido di- mi sembrò comparisse davanti un tristissimo
fensore di Troia, lo legò 340 Ettore, pieni gli occhi di gran pianto, insozzato
per i piedi al suo cocchio di sanguinosa polvere, i fori delle briglie
di guerra e lo trascinò in- nei piedi tumefatti; come quando, una volta,
torno alle mura della città,
affinché i difensori vedes- fu trascinato in furia dalla biga d'Achille.
sero quale triste fine aveva Ahi, com'era ridotto! Com'era diverso dall'Ettore
fatto il loro campione. 345 che tornò vittorioso di Patroclo, vestito
345· vestito dell'armi di dell'armi del Pelide, dopo avere scagliato
Pelide: ricorda l'episodio
dell'Iliade in cui Achille, le fiaccole troiane contro le navi greche!
che si era ritirato dalla lot- Aveva incolta la barba, i capelli grommosi
ta per un dissidio con Aga- di sangue e per il corpo le infinite ferite
mennone, impresta le sue 350 riportate morendo sotto le mura patrie.
armi al carissimo amico Pa-
troclo. In singolar tenzone Allora mi sembrò di piangere, parlando
Patroclo viene ucciso da Et- a quell'ombra per primo con mestissima voce:
tore, che lo spoglia delle «O luce della Troade, suprema speranza
preziose armi, le indossa e
aprendosi un varco tra i dei Teucri, perché tanto hai tardato? Da quali
nemici riesce ad incendiare 355 regioni sei venuto, Ettore troppo atteso?
molte delle loro navi, tirate Cosi ti rivediamo, stanchi, dopo infiniti
a secco sulla spiaggia. travagli dei Troiani e d'Ilio, dopo tanti
348. grommosi: cosparsi
di sangue raggrumato. lutti amari dei tuoi? Che cosa ha sfigurato
361. le mie vane doman- il tuo volto sereno? Perché queste ferite? »
de: nel sogno Enea crede l60 Nulla rispose: senza degnare d'attenzione
che Ettore viva ancora e in le mie vane domande. Ma traendo dal petto
questa verità gli rivolge do-
mande oziose ed inutili. Ma un profondo sospiro mi disse: « Fuggi, fuggi
le parole dell'eroe lo ripor- o figlio di una Dea, salvati dalle fiamme!
teranno immediatamente alla Il nemico è padrone delle mura e già Pergamo
dura realtà della tragedia,
che si è già iniziata. 365 precipita dalla sua altezza. Abbiamo fatto anche troppo
364. Pergamo: la rocca per la patria e per Priamo: se Troia avesse potuto
sorgeva sulla parte più alta difendersi con mani mortali sarebbe bastata
della città, dominandola. la mia. Ilio ti affida i suoi sacri Penati:
371. dopo tanti viaggi... : è prendili, che accompagnino la tua sorte futura,
la predizione della lunga
odissea di Enea per i mari 370 cerca per loro le mura che erigerai superbe
del Mediterraneo, la cui na- dopo tanti viaggi faticosi sul mare! »
vigazione durerà per i pri- E colle proprie mani mi porse le sacre bende,
mi sei canti del poema. il fuoco eterno, l'effigie della potente Vesta.
372. le sacre bende: il si-
mulacro di Vesta con il ca- Intanto la città è dovunque sconvolta
po adorno delle sacre ben- 375 dalla tragedia e benché la casa di mio padre
de, il fuoco che doveva ar- sorga in luogo appartato e protetto dagli alberi
dere perennemente e che in pure il chiasso e le grida diventano sempre
Roma sarà tenuto acceso da
speciali sacerdotesse chiama- piu chiari e s'avvicina lo strepitò delle armi.
te Vestali. Mi riscuoto dal sonno e salgo in cima al tetto,
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Canto secondo 73
380 le orecchie tese. Come quando infuria la fiamma 389. Deifobo: uno dei fi-
tra le biade sul soffio dei venti, o un vorticoso gli di Priamo che, morto
Paride, sposò Elena. Fu uc-
torrente gonfio d'acqua montana allaga i campi, ciso e crudelmente mutilato
abbatte i coltivati, distruggendo il lavoro da Menelao.
dall'aratro, e trascina a precipizio alberi, 391. Ucalegonte: uno de-
385 rami rotti, covoni, sassi; ignaro il pastore gli anziani di Troia che com-
ponevano il senato della
trasalisce a sentire dall'alto di una rupe città.
quel terribile rombo. Tutto allora compresi: 407. Noi Teucri fummo:
l'inganno di Sinone e le insidie dei Greci. nel verso virgiliano la vici-
E già il grande palazzo di Deifobo crolla na distruzione di Troia ri-
suona in tutta la sua solen-
390 vinto dal fuoco, gil brucia la vicinissima ne tragicità: « fuimus Troes,
casa di Ucalegonte; la vampa dell'incendio fuit Ilium et ingens gloria
fa risplendere il mare sigeo per largo tratto. Teucrorum ».
Si levano grandi urla e un clangore di trombe. 409. ha dato tutto ad Ar-
go: ha concesso ai Greci tut-
Fuori di me mi armo, senza sapere dove te le fortune e la vittoria
395 correre cosi armato: ma il mio cuore è smanioso finale. C'è una grande ama-
di riunire una schiera di amici per combattere rezza nelle parole di Enea
salendo verso la rocca. Mi trascinano l'ira nel constatare come anche il
padre degli dèi sia stato cru-
e il furore, e ricordo che è bello morire in guerra. delmente avverso alla sua pa-
In qud momento arriva Panto, gran sacerdote tria e l'abbia condannata
400 dd santuario di Apollo, sfuggito ai dardi greci. alla distruzione.
412. fuoco ed insulti: la
Porta con le sue mani i sacri arredi, i vinti metamorfosi di Sinone che
Numi e il suo nipotino; corre fuori di sé da umile e timoroso si tra-
a casa mia. « Dov'è il piu grave pericolo - sforma nel nemico baldanzo-
gli chiedo- o figlio d'Otris? La rocca è ancora no- so che non solo distrugge
ed uccide, ma soprattutto in-
[stra? » sulta coloro che gli hanno
405 Mi risponde, gemendo: «È venuto l'estremo concesso la vita, gli hanno
giorno, l'ora fatale di Troia, inevitabile. creduto ed hanno avuto la
Fummo! Noi Teucri fummo, Pergamo fu, la grande dabbenaggine di considerar-
lo uno di loro, ci illumina
gloria troiana fu!. .. Ora piu nulla: Giove sulle mostruose capacità del-
crudde ha dato tutto ad Argo. I Greci dominano l'animo umano e ci rende
410 sulla città incendiata; il superbo cavallo scettici verso il nostro pros-
simo. Sinone impartisce an-
alto in mezzo alle mura vomita gente armata; che a noi una dura lezione
vittorioso Sinone semina fuoco e insulti. di cinismo.
Altri sono alle porte a migliaia e migliaia, 413. migliaia e migliaia:
quanti mai non ne vennero dalla grande Micene. è un'esagerazione dovuta al-
la lontananza dei terribili
41 s Altri ancora sorvegliano in armi le strettoie ricordi che rivivono nella
dei vicoli: una siepe di ferro dalle punte memoria di Enea e ingigan-
lucenti sorge ovunque, mortale. Resistono appena tiscono le loro proporzioni.
le sentinelle alle porte, combattendo alla cieca ». 418. alla cieca: perché nel
buio della notte, rotto dagli
Spinto da tali parole e dal volere dei Numi incendi, distinguono con fa-
420 mi getto tra le fiamme e l'armi ove mi chiamano tica gli amici dai nemici.
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74 Canto secondo
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Canto secondo
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76 Canto secondo
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Canto secondo 77
Proprio davanti al vestibolo, sulla soglia, trionfa 578. Pi"o: figlio di Achil-
Piero lucente d'armi di bronzo scintillante. le e di Deidamia. Fu con-
Cosf torna alla luce, pasciutosi d'erbe dotto a Troia da Ulisse per-
ché l'oracolo aveva predetto
580 velenose, il colubro che le brume invernali che soltanto la presenza di
costrinsero a nascondersi in una tiepida tana lui avrebbe permesso la
sottoterra: splendente di gioventù, tutto nuovo, presa della città. j;; famoso
perduta la vecchia pelle, contorce il dorso viscido, come guerriero spietato e
crudele: infatti scannò Pria-
alto nel sole, il petto eretto, dardeggiando mo e precipitò dalle mura
585 la lingua triforcuta. Insieme a Piero assaltano il piccolo Astianatte.
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78 Canto secondo
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Canto secondo 79
per l'età con le armi da troppo tempo deposte;
cinge un'inutile spada per morire tra i Greci.
630 Al centro del palazzo, in cortile, all'aperto
sotto il cielo, sorgeva un grande altare e accanto 630. Al centro del palaz-
zo... : è propriamente l'atrio
un antichissimo alloro che dava ombra ai Penati. della casa romana che aveva
Qui sedevano in gruppo attorno all'altare, un'apertura sul tetto per la
abbracciando le immagini divine, la regina luce e rassomigliava perciò
ad un cortile sul quale si af-
635 Ecuba con le figlie: sembravano colombe facciavano, protette da un
fuggite a precipizio dalla nera tempesta. peristilio, le camere da Ietto
Ed Ecuba, visto Priamo vestito di quelle armi e di soggiorno. Qui era il
adatte a un giovane, disse: « Infelice marito, focolare: infatti il nome di
atrio deriva da ater, nero,
quale follia ti ha indotto ad impugnare spada cioè dal nero del fumo sulle
640 e lancia? Dove corri? Questa tragica ora pareti; qui si ricevevano i
non ha bisogno d'armi come le tue, del braccio forestieri e gli ospiti. L' aper-
tura del tetto era chiamata
d'un vecchio. Ettore stesso (se il mio Ettore fosse impluvium, alla quale corri-
vivo e presente) nulla potrebbe. Vieni, allora, spondeva una vasca detta
l'ombra di questo altare proteggerà te e tutti, compluvium, in cui si racco-
645 o tutti moriremo! ,.. Cosi dicendo trasse glieva l'acqua piovana. Spes-
so in questo cortile era pian-
a sé Priamo e gli fece posto presso l'altare. tato un alloro, pianta sacra
In quel momento Polite, uno dei loro figli, ai domestici lari.
sfuggito alla strage di Pirro corre attraverso i dardi, 635.Sembravano colombe:
attraverso i nemici, ferito, per i lunghi dice assai a proposito il Bi-
gnone: «II paragone con le
650 portici e gli atrii vuoti. Ardendo d'ira, Pirto colombe è particolarmente
lo insegue per colpirlo e quasi lo raggiUnge, felice, non solo per essere le
lo incalza colla lancia. Infine, propri~ davanti colombe timide, come timi-
de sono .le donne, ma anche
agli occhi dei genitori, Polite stramazzò per quella evocazione pitto-
in un lago di sangue, esalando l'estremo resca, che esso suggerisce,
655 respiro. Priamo, benché fosse già setto l'ala quasi di aleggianti bianchi
della morte, non seppe frenare l'emozione pepli femminili nella rapidità
ddla corsa».
e la collera: «O tu- esclama....,... che hai osato 647. Polite: ricordato nd
un simile delitto! Se in cielo ancora esistono II canto dell'Iliade g1me
la pietà e la giustizia, gli Dei ti puniscano campione di corsa vdoce.
655. sotto l'ala della mor-
660 per avermi costretto a vedere la morte te: bella ed efficace imma-
di mio figlio: tremendo, sacrilego spettacolo gine. Priamo sa che ormai la
per gli occhi d'un padre. Achille, quell'Achille morte s'avvicina, ma più che
dal quale a torto ti dici nato, non fu crudele la paura parlano in lui il
dolore e lo sdegno.
come te verso Priamo; ma rispettò i diritti 665. mi rese il cadavere di
665 di chi prega, mi rese il cadavere di Ettore Ettore: accenna all'episodio
perché fosse sepolto, rimandandomi a Troia». narrato da Omero nd can-
Cosi dicendo il vecchio lanciò un giavellotto to XXIV dell'Iliade in cui
Achille, commosso dalle pa-
senza forza, che il bronzo dello scudo di Pirro role dd vecchio re, restitui-
rintuzzò con un suono rauco. L'inutile asta sce la salina di Ettore.
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8o Canto secondo
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Canto secondo 81
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82 Canto secondo
nato della testa di Medusa, Figlio, prendi la fuga, desisti dai tuoi sforzi!
una delle Gorgoni, uccisa da
Perseo con l'aiuto di Mi- 755 Ti sarò sempre accanto, ti condurrò senza rischio
nerva. alla casa patema ~. Cosf detto, scomparve
757· In un lampo: la bre- tra le ombre fittissime della notte. In un lampo
ve sequenza degli dèi sca- m'appaiono le figure terribili degli Dei
tenati contro i Troiani è nemici di Troia ...
uno squarcio di vera poesia
per il fulgore delle imma- 760 Oh, allora tutta Troia mi sembrò sprofondare
gini e per la terribile evi- tra le fiamme e crollare! Come quando sui monti
denza della loro partecipa- i contadini a gara si sforzano d'abbattere
zione alle passioni degli uo-
mini. un orno antico infierendo sul suo tronco con molte
763. un orno: una quali- scuri: l'immensa chioma tremolante minaccia
tà di frassino. 765 di cadere ed oscilla ai colpi, finché vinto
788. soffiò su di me ... : dalle ferite l'albero a poco a poco· geme
Giove, irritato per le noz- per l'ultima volta e strappato dal suo pendio rovina.
ze di Anchise con Venc:re,
aveva scagliato un fulmine Discendo per le strade sconvolte e con l'aiuto
su di lui, !asciandolo inva- celeste riesco a passare tra il fuoco e tra i nemici;
lido. 770 le frecce mi rispettano, le fiamme si ritirano.
794· Egli rifiuta di muo- Ma q11ando giungo alla soglia dell'antica dimora
versi: l'atteggiamento diAn-
chise è più che comprensi- familiare, mio padre, che volevo portare
bile. Distrutta la patria, vec- per primo in salvo sui monti, rifiuta di vivere ancora
chio, inabile, che poteva de- dopo la fine di Troia e soffrire l'esilio.
siderare se non la morte e
con essa la fine di tutte le 175 «Voi- mi dice- che avete il sangue giovane e sano,
sofferenze? voi che siete nel pieno delle forze, fuggite ...
795· volendo morire: E- Se gli abitanti del cielo avessero voluto
nea non riesce a capire ed a prolungarmi la vita, avrebbero salvato
giustificare il rifiuto del pa-
dre che nell'esilio vede so- la patria. Mi è bastato aver visto una volta
prattutto la possibilità di 780 la mia città distrutta, la rovina, le stragi.
morire senza sepoltura, e Lasciate che il mio corpo qui riposi, cosf:
perciò di non aver pace per salutatelo e andate! Troverò presto morte
cento anni nell'aldilà. D'al-
tra parte, dopo le parole del- per mano del nemico, che avrà pietà di me
la madre, che l'hanno con- e vorrà le mie spoglie. Rinunziare al sepolcro
dotto alla realtà della situa- 785 non m'è difficile. Andate! Da troppi anni prolungo
zione, egli non ha alcuna
intenzione di tornare nella quest'inutile vita, inabile, inviso ai Celesti:
mischia e trovare una sicura da quando Giove padre dei Numi e re degli uomini
ed inutile morte. Per questo soffiò su me il suo fulmine e mi toccò col fuoco».
nel suo appello ad Anchise Cosf diceva, ben fermo nel suo triste proposito.
cerca di persuaderlo alla fu-
ga, ma le parole che gli e- 790 Invano ci sciogliamo in lacrime, io, Creusa,
scono di bocca sono enfati- Ascanio, tutta la casa, perché Anchise desista
che ed a volte retoriche e da questa volontà di distruggersi (sé
non rispecchiano il suo vero ed ogni cosa), aggravando la sorte che ci minaccia.
stato d'animo. Ci vorrà il
prodigio celeste per risolve- Egli rifiuta di muoversi. Allora un'altra volta
re l'inaesciosa situazione. 795 mi preparo a gettarmi nella mischia, volendo
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Canto secondo 83
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84 Canto secondo
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Canto secondo 85
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86 Canto secondo
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Canto secondo 87
spari nell'aria ~ttile. Tre volte cercai invano role, cioè simili ad un so-
gno melanconico d'amore che
d'abbracciarla e tre volte l'immagine mi sfuggi, è troppo presto troncato dal
simile ai venti leggeri, simile al sogno alato. Fato, ma che. non lascia un
Soltanto allora, finita la notte, rividi i compagni. grande vuoto ed un'incol-
Con molta meraviglia trovo che s'è riunita mabile tristezza, perché por-
96S
ta in sé, quasi connaturate,
gente nuova, in gran numero, uomini, donne, giovani, la rassegnazione e l'accetta-
una misera turba decisa ad affrontare zione. Giustamente Virgilio
l'esilio. Son venuti da ogni parte, con pochi paragona Creusa ad un vento
lieve che sfiora ed accarezza:
mezzi e molto coraggio, pronti a seguirmi ovunque ad un sogno che passa per
970 voglia condurli, oltremare. E già nasceva Lucifero perdersi nell'azzurro lunare
sugli alti gioghi dell'Ida, portando il giorno. I Greci della notte tragica. Ormai è
tenevano tutte le porte ben custodite: non c'era l'alba ed i Fati si sono com-
piuti. Troia è distrutta, Creu-
speranza di riscossa. Perciò, costretto a cedere, sa è morta: Enea può ora
presi mio padre in spalla e mi diressi ai monti. incominciare il nuovo cam-
mino che lo porterà verso
l'Italia, guardando al sorge-
961. tre volte: ricorda l'e- 963. simile al sogno alato: re di Lucifero e traendone
pisodio di Ulisse che nell'A- tanto l'apparizione quanto un auspicio di speranza.
verno tenta di abbracciare la scomparsa di Creusa sono 970. Lucifero: la stella
per tre volte l'ombra 'della in carattere con la dolcezza di Venere, annunciatrice del
madre (Odissea, canto Xl). del suo animo e delle sue pa- mattino.
Commento critico
~ giusto dire che la grande poesia dell'Eneide stia soprattutto nel dolore, di-
remmo leopardianamente in quel dolore storico attraverso il quale si maturano gli
uomini e gli eventi. Il canto secondo è, sotto questo aspetto, uno dei più alti, se non
proprio il più alto, dell'intero poema.
La poesia che tutto lo pervade, nasce dal dramma, potente e mai risolto, dell'i-
neguale e tragico combattimento tra l'ineluctabile fatum; i fata deum, e l'inutile dibat-
tersi degli uomini per sfuggire alla forza che li sovrasta.
Perciò sarebbe vano cercare nel canto l'elemento epico, che fa unicamente da
sfondo, mentre quello che muove uomini e cose è un groviglio di sentimenti contra-
stanti che investono sin nel profondo la concezione ultima della vita e della morte.
Il tempo che racchiude la vasta serie di affreschi attraverso i quali si dipana l'a-
zione è brevissimo: va da alba ad alba.
La prima è placida, serena, esultante.
Dopo dieci anni di guerra sanguinosa è subentrato un grande silenzio attonito:
l'intero popolo Troiano dalle mura della città contesa non crede ai propri occhi. La
spiaggia, ove fino a poche ore prim!l bivaccavano gli eserciti greci, è deserta; il mare
anch'esso deserto fino all'orizzonte. Par quasi un miracolo divino: solo e cupo, tro-
neggiante nel mezzo della vasta arena sabbiosa, sta come una minaccia subdola ed
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88 Canto secondo
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Canto secondo 89
Cassandra.
«Cassandra, che illocrese Aiace strappa all'altare di Atena mentre sta aggrappata
al simulacro divino, aveva costituito nell'arte una delle figure centrali dell'eccidio di
Troia. In Virgilio noi la vediamo apparire, non casualmente e per via di episodio, ma
per necessità inerente all'intima concezione delle cose, in mezzo alla mischia di cui
il centro è Corebo; ed Enea la ricontempla, pallida meteora, con gli ochi pieni di
pianto. Qui sgorga veramente dal fondo l'onda della poesia virgiliana. Cassandra è
fuggevole apparizione, ma ha tanta vita interiore che domina tutta la catastrofe. Dopo
di lei sarà la volta del padre a rendere plasticamente tutta intera la tragedia troiana.
Cassandra è fatta di fragilità. Non parla. Che cosa avrebbe potuto dire ella, che la
tragedia aveva preveduto e svelato, non creduta, ai suoi concittadini, gli autori della
propria sventura? Tutta la terribilità e la profondità della sua figura sta nel silenzio e
nell'atteggiamento: l'uno e l'altro di una eloquenza che fa impallidire. Il dolore, in
Cassandra, è muto: non un accento, non un singhiozzo. Offesa dagli uomini, e dai
Troiani non meno che dai nemici, sopraffatta da tale empietà che neppure dei luo-
ghi sacri ha rispetto, è tutta spasimo, e pur soffusa di sovrumana dolcezza, triste fino
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90 Canto secondo
alla morte: non leva, tende, dice il poeta, le ardenti pupille al cielo, « indarno »;
le pupille, riprende il poeta, ché le tenere palme erano strette in ceppi. Materialmente
ella vive tutta nella delicatezza di quelle palme, e nel contrasto della violenza che ad
esse fan le catene; spiritualmente, in quegli occhi che son protesi a supplicare; e
nello slancio del tendens, nel fiammante ardore delle pupille, nelle palme profanate
dai ceppi emerge tutta la persona, attraverso quello che della persona· è più espres-
sivo: viso e mani si confondono insieme, se non in una medesima tensione, in un
solo sforzo e sentire.
Cosl l'implorazione è di un'anima eroica, e la forma corporea acquista le pro-
porzioni infinite dell'anima. In questa musicale figura di donna è idealizzato il tor-
mento di un popolo. Nel vago, nell'etereo dell'affascinante immagine, noi sentiamo
un alito nuovo, sconosciuto finora alla poesia antica ».
(G. FuNAIOLI, Studi sulla letteratura antica, Zanichelli).
Sinone.
Quando nella fertilissima immaginazione di Ulisse balenò la geniale invenzione
del cavallo di legno, per certo l'eroe dapprima si compiacque della trovata che soltanto
una mente scaltra ed acuta come la sua avrebbe potuto concepire; poi ad un'attenta
analisi dell'applicazione pratica del piano s'arrestò titubante ed indeciso di fronte
alla necessità di trovare l'uomo adatto a recitare la parte più importante dell'intera
impresa. Costui avrebbe dovuto essere un attore eccellente, dotato di un coraggio
che rasentava l'incoscienza; possedere una perfetta padronanza di nervi, avere capa-
cità dialettiche sottili e suasive ed una fantasia creativa che gli permettesse di far
fronte a situazioni imprevedibili; ed infine poter disporre a suo piacimento di una per-
sonalità duttile e cedevole, tale da potersi calare alla perfezione nel personaggio inven-
tato e rivestirne i panni in modo naturale e vero.
Ma come trovare un uomo simile, tra migliaia di rozzi e feroci guerrieri che dieci
anni di fatiche e di pericoli avevano indurito e disumanato?
E poi, si noti bene, a costui non soltanto era affidato il successo del diabolico piano,
ma anche la vita del fior fiore dei guerrieri che volontariamente si erano dichiarati
disposti a nascondersi nel capace ventre del cavallo, primo fra tutti lo stesso Ulisse.
Ed ecco allora la più bella e più complessa creazione psicologica di Virgilio: Sinone.
Inutile domandarsi donde venga e chi sia: egli è il personaggio chiave di un episodio
risolutivo e fondamentale, lo strumento decisivo che il Fato adopera per determinare
la caduta e la distruzione di Troia.
Capolavoro psicologico, dunque, che Virgilio sviluppa analiticamente sino a ren-
dere Sinone il solo e vero protagonista della più abile e della più tragica mistifica-
zione di tutti i tempi; ma anche, attraverso le sue parole, a rivelare ai suoi lettori
quanto profondamente egli conoscesse l'animo umano nella grandezza e nella nequi-
zia, nella credulità e nell'inganno, nella saggezza e nella ingenuità, nella ferocia e
nella magnanimità.
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Canto secondo 91
Creusa.
I giudizi critici nei confronti di Creusa sono assai discordi. C'è chi sostiene che
Virgilio non sia stato felice nell'inserirla nell'azione per poi di colpo cancellarla in
modo spiccio e sommario come si elimina un personaggio ingombrante e non più
utile al gran disegno del poema. Il farla poi apparire al marito come una visione pal-
lida e sfumata e metterle sulla bocca parole di rassegnazione e di mestizia come di
chi si senta vittima predestinata di una volontà superiore e l'accetta, paga d'essere
stata moglie di un grande eroe e madre del futuro re di Alba Longa, non giustifica e
corregge l'impressione negativa del lettore verso l'impietosa e frettolosa penna del
poeta.
Altri, invece, vedono in lei una figura artisticamente perfetta, finemente cesellata
dal poeta, tanto da apparirçi come un'anticipazione cristiana di donna angelicata. La
bontà, l'accettazione cosciente della sua sorte tragica, la serenità dolci~>sima che ma-
nifestano le parole rivolte ad Enea, fanno di lei una martire, cioè la testimone di un
vastissimo disegno misterioso, voluto dal cielo, ch'ella accetta senza recriminazioni e
senza inutili ribellioni.
Questo spiega perché Virgilio abbia espresso il meglio di sé nel tratteggiarla, per-
ché doveva trarre su toni grigi, indecisi e sfumati, una figura femminile dalla nuovis-
sima concezione psicologica.
Noi propendiamo per questa seconda tesi, anche se la sentiamo un po' forzata
là dove si parla di anticipazioni stilnovistiche e di creature angelicate.
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92 Canto secondo
Raffronti di traduzione
Conticuere omnes intentique ora tenebant. Vertitur interea caelum et ruit Oceano nox
I nde toro pater Aeneas sic orsus ab alto: involvens umbra magna terramque polumque
Infandum, regina, iubes renovare dolorem, Myrmidonumque dolos; fusi per moenia Teucri
Troianas ut opes et lamentabile regnum conticuere; sopor fessos complectitur artus.
eruerint Danai, quaeque ipse miserrima vidi Et iam Argiva pbalanx instructis navibus ibat
et quorum pars magna fui. Quis talia fando a Tenedo tacitae per amica silentia lunae
Myrmidonum Dolopumve aut duri miles Ulixi litora nota petens, /lammas cum regia puppis
temperet a lacrimis? Et iam nox umida coelo extulerat fatisque deum defensus iniquis
praecipitat suadentque cadentia sidera somnos. inclusos utero Danaos et pinea furtim
Sed si tantus amor casus cognoscere nostros laxat claustra Sinon.
et breviter Troiae supremum audire laborem, (vv. 250-259).
quamquam animus meminisse horret luctuque
incipiam. [refugit, Volgeasi intanto la celeste volta
(vv. 1-13) e balzò dall'Oceano la noue
a involgere d i tenebra profonda
Tutti tacquero allora, attenti e fissi, la terra, il ciel, l'agguato degli Achei.
muto tenendo nell'attesa il labbro. Noi tornammo alle case, e fu silenzio
Indi cosl, dall'alto seggio, Enea per tutto, e il sonno ci allacciò le membra.
a dire incominciò: Tu vuoi, regina, E da Tènedo già l'armata Achèa
che un dolore indicibile rinnovi si avanzava con prore allineate
in questa notte placida narrando verso il lido ben noto, entro gli amici
come il troiano sventurato regno, silenzi della taciturna luna,
e d'Ilio il fiore, i Greci abbian distrutto; e la nave ammiraglia alzò una fiamma,
e quelle infelicissime vicende e col favore degl'iniqui fati
ch'io stesso vidi, e di che fui gran parte. Sinon furtivo aprl la !ignea chiostra
Chi, questo raccontando, sia soldato agli Achèi che nell'alvo erano chiusi.
del duro Ulisse, o Dolopo, o Mirmidone Trad. di Guido Vitali
s'asterrebbe dal pianto? E già dal cielo
scende l'umida notte e, declinando, Scende da l'Oceàn la notte intanto,
al dolce sonno invitano le stelle. e col suo fosco velo involve e cuopre
Ma se tanta, o regina, è in te la brama la terra, e 'l cielo e de' Pelasgi insieme
d'udir le nostre pene, e quella ancora l'ordite insidie. I Teucri a i loro alberghi
che fu di Troia l'ultima sciagura, a i !or riposi addormentati e queti
benché l'animo ancora a tal ricordo giacean seeuramente; e già da Tènedo
inorridisca, ed al pensier rifugga a l'usata riviera in ordinanza
di tanto lutto, io pur dirò. vèr noi se ne venla l'argiva armata,
Trad. di Adriano Bacchielli col favor de la notte occulta e cheta;
quando da la sua poppa il regio legno
ne diè cenno col foco. Allor Sinone,
che per nostra ruina era da noi
e dal fato maligno a ciò serbato,
accostassi al cavallo, e 'l chiuso ventre
chetamente gli aperse; e fuor ne trasse
l'occulto agguato.
Trad. di Annibal Caro
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CANTO TERZO
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CANTO TERZO
Raggiunta la foresta della catena dell'Ida e sfuggiti alla caccia dei Greci, i super-
stiti trascorrono l'inverno costruendo una flotta di venti navi. Con la venuta della
primavera fanno vela per la Tracia, terra tra la Macedonia ed il Mar Nero. Qui Enea
vorrebbe fondare una nuova città, ma lo dissuade uno dei tanti prodigi che guidano
l'eroe sulla strada tracciatagli dal destino. Infatti mentre prepara un sacrificio pro-
piziatorio, strappa alcuni rami da un mirto, e vede uscire dai tronconi del sangue e
sente una voce. Nel mirto è stato trasformato Polidoro, figlio di Priamo che era stato
inviato in Tracia presso il re Polimnestore con molte ricchezze, pe~ sottrarlo alla
guerra. Per impadronirsi del tesoro, Polimnestore aveva ucciso il giovinetto. Polidoro
'esorta Enea a fuggire da quella terra inospitale e lo supplica di dargli onorata sepol-
tura. L'eroe esaudisce la preghiera del congiunto e fa vela per Delo, ove viene accolto
dal re Anio, amico di suo padre. Poi interroga il famoso oracolo di Apollo, che gli
consiglia di far vela per la terra che fu l'antica madre.
Egli crede che essa sia l'isola di Creta, da cui era venuto Teucro, e vi si dirige.
Una grande tempesta lo costringe ad approdare alle isole Strofadi. Qui mentre i fug-
giaschi si accingono a sacrificare buoi e pecore a Giove e a cibarsi, vengono assaliti
dalle Arpie, dalle quali sono costretti a difendersi con le armi.
Una delle Arpie, Celeno, predice che essi giungeranno in Italia, ma dovranno
prima patire la fame tanto da essere spinti a mangiare le mense.
Riprendono la navigazione e attraverso il mar Ionio giungono al promontorio di
Anzio presso un famoso tempio di Apollo. Qui indicono giochi, fanno sacrifici e tra-
scorrono l'inverno. Ripartiti, approdano nell'Epiro, a Butroto, dove regna Eleno,
figlio di Priamo, che ha fatto sua sposa l'infelice Andromaca. L'incontro tra la moglie
di Ettore ed Enea è affettuoso e commovente. Gli esuli vengono ospitati nella città
che ricorda nella disposizione delle costruzioni e delle vie, l'antica Troia.
Prima di congedarsi da Eleno, Enea, che lo sa grande indovino, lo consulta in-
torno al suo avvenire. Eleno conferma ch'egli dovrà fondare un grande regno e lo
istruisce sul viaggio da compiere per giungere alla terra promessa. Costeggerà la
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96 Canto tel'%0
Magna Grecia senza sbarcare, eviterà Scilla e Cariddi e raggiunto il mar Tirreno si
fermerà ad Averno per interrogare la Sibilla. Quando troverà, alla foce di un grande
fiume, un elce ed una scrofa con trenta figli, n dovrà fondare la città.
Congedatosi da Eleno con scambio di doni e di promesse, Enea riprende il mare
e dopo poco vede nell'aurora apparire l'Italia. Tutti gridano il loro entusiasmo. Co-
steggiata la Calabria approaano in Sicilia ai piedi dell'Etna. Qui incontrano Ache-
menide, un compagno di Ulisse dimenticato -5ull'isola. Egli racconta l'episodio di
Polifemo e li invita a fuggire prendendolo con sé. Infatti ecco apparire il mostro che
viene a lavarsi l'orrenda ferita. Hanno il tempo necessario per allontanarsi dalla riva
e per sfuggire l'attacco di Polifemo e degli altri Ciclopi.
Costeggiate le coste della Sicilia meridionale pervengono a Drepano, dove d
padre di Anchise muore. Salpano, per continuare il viaggio quando la nota tempesta
li getta sulla costa della Libia.
Qui ha termine il lungo racconto di Enea a Didone ed ai Cartaginesi.
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Giulio Romano e Raffaello, Stanze Vaticane. ENEA, ANCHISE e JULO
« Caro Padre, su, adattati sulle mie spalle già pronte a sorreggerti: il peso non mi im-
barazzerà... »
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Creta
M A R E M E D 1 E RRA N E O
Il viag di Enea .
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TERSICORE, musa della danza, mentre suona l'arpa
L'etimologia della parola greca Musa è incerta, pare che significhi « donna del monte »,
forse perché le Muse erano venerate sul monte Pieria in Tracia. In origine esisteva una
sola Musa, in seguito nove: Clio, Euterpe, Talìa, Melpomene, Tersicore, Erato, Polim-
nia, Urania e Calliope. Erato è ritenuta Musa della poesia, specialmente di quella ero-
tica; Euterpe era la Musa del flauto e dei cori tragici; Calliope della poesia specialmente
epica, della filosofia e della retorica; Clio della storiografia (gr. kléos: fama); Melpo-
mene del canto (gr. melpéin: cantare); Polimnia della lira (propriamente significa «dai
molti inni ») ; Tersicore della danza (propriamente « allegrezza della danza »); Talìa era
la Musa della commedia; Urania della astronomia (gr. ouranòs: cielo). Raffigurazioni di
Muse sono molto frequenti, e ciò dimostra come grandemente erano onorate nell'anti-
chità l'arte e la scienza.
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CANTO TERZO
Verso il remoto esilio (I-I7)- Polidoro (I8-83)- Delo (84-148) - VERSO IL REMOTO ESILIO
Creta (149-238)- La tempesta e le Arpie (239-334)- Azio (335-362) (I-I?).- Rip(Jratisi nella cit-
- Incontro con Adromaca ed Elena (363-620)- L'Italia (621-694)- tà di Antandro, ai piedi del
Achemenide e i Ciclòpi (695-827)- La morte di Anchise (828-876). monte Ida, Enea e i compa-
gni superstiti costruiscono
una flotta di venti navi e con
il sopraggiungere della pri-
mavera prendono il mare.
Verso il remoto esllio
I. immeritatamente: ben-
ché l'eroe sia pio, non sa
DOPO che piacque
ai Celesti distruggere immeritamente
rassegnarsi alla distruzione
della sua patria ed ha qui un
accenno polemico contro il
volere degli dèi.
l'impero dell'Asia e la gente di Priamo, 7. in cerca .. : bellissimo
dopo che cadde Ilio la superba, e il terreno esametro che val la pena di
s fumò tutto coperto delle arse rovine di Troia, riportare: « diversa exsilia
spinti da auguri divini decidiamo di andare et desertas quaerere terras ».
in cerca di terre deserte e di un remoto esilio; 8. Antandro: piccola città
portuale a sud di Troia.
sotto l'antica Antandro, proprio ai piedi dell'Ida, IO. dove: veramente Creu-
costruiamo una flotta, raduniamo i compagni sa aveva indicato con somma
lO senza sapere dove ci porteranno i Fati, precisione la nuova terra.
dove potremo fermarci. Incominciava appena Ciò dipende dal fatto che
Virgilio aveva redatto due
la primavera quando mio padre Anchise ordinò stesure dell'opera, una cro-
di spiegare le vele al destino. Piangendo nachistica, l'altra narrativa e
abbandono le spiagge, i porti della patria, che in quest'ultima la dispo-
1S sizione dei canti era stata va-
i campi dove una volta sorgeva Troia. Corro riata. Evidentemente questo
per l'alto mare, esule, con i compagni, il figlio, terzo canto era stato compo-
i grandi Dei e le immagini dei piccoli Penati. sto prima del secondo.
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98 Canto terz.o
Polidoro
C'è in distanza un paese di grandi pianure
sacro a Marte, abitato dai Traci, dominato
20 un tempo dal feroce Licurgo. Quel paese
finché la Fortuna fu amica era legato a Troia
POLIDORO (x8-8J). -_Giun-
gono dopo breve in Tracia e da antica ospitalità e da sacra alleanza.
decidono di erigere una nuo- Qui dunque vado a sbarcare; sul lido ricurvo
va città che si chiamerà E- spinto da avverso destino edifico le prime mura
neade. Mentre Enea sta pre- 25 d'una città che chiamo Eneade, dal mio nome.
parando un sacrificio propi-
ziatorio, gocce di sangue e Offrivo 1m sacrificio agli Dei protettori
una voce lamentosa escono dell'opera intrapresa ed a mia madre, Venere,
da alcuni rami di mirto da immolando uno splendido toro al re dei Celesti
lui spezzati per ornare l'al- sull'alto lido. C'era per caso, li vicino,
tare. S l'ombra di Polidoro, 30 un monticello coperto in cima di cornioli
il minore dei figli di Priamo
che mandato presso Poline- e di una macchia fitta di piantine di mirto.
store, re di Tracia, era stato Mi avvicinai ad esso pensando di strapparne
da lui barbaramente ucciso qualcuna dalla terra e coprire gli altari
per impadronirsi delle molte coi loro rami frondosi: ma mi colpi un tremendo
ricchezze che il giovinetto
partava con sé. Ora, trasfor- 35 miracolo, incredibile a dirsi. Appena sradico
mato in arbusto, prega Enea dal suolo la prima pianta ne goccia un sangue nero
di dargli onorata sepoltura che macchia le zolle. Un freddo orrore mi scuote le mem-
e lo consiglia ad abbandona-
re quella terra maledetta. [bra,
per la paura il mio sangue si rapprende, gelato.
20. Licurgo: era figlio di E mi accanisco di nuovo a svellere un altro
Driante, re di Tracia. Perse- 40 flessibile stelo, cercando le cause nascoste
guitò le sacerdotesse di Dio-
niso ed il dio allora lo punl di quell'orribile sangue; e di nuovo le gocce
accecandolo. colano e colano nere dalla rotta corteccia.
25. Eneade: l'odierna Eno Pensando a tante cose supplicavo le Ninfe
alle foci del fiume Maritza. agresti e il padre Marte, protettore dei campi
43· Ninfe agresti: le Dria-
di. Enea pensa di aver offeso 45 getici, perché il prodigio non fosse infausto, non fosse
qualche divinità. annunzio di sventure. Ma mentre assalgo un terzo
44· campi getici: i Geti virgulto, con sforzo maggiore, e lotto in ginocchio
erano popoli bellicosi che
abitavano a nord dd Danu- contro la sabbia tenace, odo dal monticello
bio. un gemito lagrimoso, una voce che dice:
46. mentre assalgo: l'eroe so «Perché mi strazi, Enea? Pietà di chi è sepolto;
vuoi rendersi conto dd mi- non macchiarti le mani pietose. Non sono
racolo e per la terza volta
cerca di strappare un arbu- straniero, ma Troiano, e il sangue che vedi colare
sto. non esce da legno. Ah! fuggi questa terra crudele,
55· m'ha trafitto: Virgilio quest'avido lido! Io sono Polidoro: una ferrea
non concorda con Omero ss messe di dardi qui m'ha trafitto e è cresciuta
che aveva fatto morire Poli-
doro per mano di Achille con tenaci radici e sottili palloni ».
(Iliade, n>. Preso da un dubbio pauroso stupii, mi si rizzarono
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Canto terzo 99
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roo Canto terzo
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Canto terzo 101
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ro2 Canto terzo
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Canto tmo 103
215 (poiché non era un sogno quello, ma m'era parso 215. non era un sogno: in-
di vedermi davanti vivi e presenti i volti fatti Enea Ji rende conto
che non c'è stato sonno né
e le chiome velate degli Dei: un sudore d'veglio: è dunque una del-
gelato mi scorreva per tutta la persona) le tante apparizioni che nei
m'alzo dal letto e tendo verso il cielo le mani momenti cruciali del raccon-
220 giunte, invocando i Numi, versando sull'altare to chiarificano il futuro e
danno all'eroe nuovo incen-
purissimo vino. Compiuta la libagione, informo tivo per proseguire « la lun-
felice di quanto è accaduto il padre Anchise, gli spiego ga fatica • della fuga da
per ordine ogni cosa. Ed egli riconobbe Troia. La novità di questo
intervento sta nel fatto che
la nostra doppia origine e i due diversi antenati, non è Venere e non sono le
225 Dardano e Teucro, e ammise d'esser caduto in errore. ombre dei trapassati a par-
Poi ricordò: «O figlio, che i destini di Troia lare, ma addirittura tutti i
travagliano tanto, la sola Cassandra mi prediceva Penati di Frigia, i cui si-
mulacri erano stati salvati
simili avvenimenti. Ora rammento, spesso dalle fiamme. ~ perciò un
diceva che un gran destino sarebbe toccato coro di voci amiche che lo
230 alla .mia stirpe, e spesso nominava l'Esperia conforta e lo illumina sul
ed i regni d'Italia. Ma chi avrebbe pensato significato delle misteriose
parole « l'antica madre ,.,
che i Teucri sarebbero andati alle spiagge d'Esperia? che Anchise aveva erronea-
E aHora chi avrebbe creduto a Cassandra? Seguiamo mente identificata con Creta.
i consigli d'Apollo, cerchiamo migliore fortuna!,. 221. libagione: o libazio-
235 Dice cosi: gridando d'entusiasmo obbediscono ne era unà cerimonia religio-
sa di ringraziamento in cui
tutti alle sue parole. Abbandoniamo anche Creta si versava vino o latte o al-
!asciandovi pochi compagni, spieghiamo le vele tro liquore dopo averlo as-
e sulle navi incavate corriamo per l'ampio mare. saggiato, e precedeva quasi
sempre il vero e proprio sa-
crificio.
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I 04 Canto terzo
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Canto terzo 105
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106 Canto ten.o
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Ctmto terzo 107
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Io8 Canto terzo
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Canto terzo 109
per l'alto mare sotto magnifici presagi: 469. Inferno: per Aver-
cosi il re degli Dei regola i Fati, e svolge no, presso Cuma ove si cre-
deva ci fosse l'ingresso del-
le vicende, per ordine) ti spiegherò poche cose l'oltretomba.
tra molte, perché sicuro percorra i mari stranieri 470. Circe: la maga, fi-
460 approdando alla fine in un porto d'Ausonia: glia di Sele, protagonista
le Parche mi proibiscono di saperne di piu nel X dell'Odissea di un
e la Saturnia Giunone mi vieta di parlarne. famoso episodio. Abitava
sul promontorio del Circeo.
Anzitutto l'Italia, che tu credi vicina 474· fiume remoto: il Te-
e di cui ignaro ti accingi a toccare i prossimi porti, vere. - elce: specie di quer-
46S è separata da te da una strada lunghissima, cia selvatica.
difficile e pericolosa, da molte terre. Il tuo remo 483. Tu fuggi queste ter-
re ... : le vicine coste della
dovrà prima stancarsi nel mare di Trinacria, Magna Grecia, abitate da
le navi tue correranno sulla distesa del mare popolazioni nemiche.
dell'Ausonia, vedranno i laghi dell'Inferno 486. i Locresi di Nàrice:
470 e l'isola di Circe prima che sia possibile i Locresi avevano parteci-
pato alla guerra di Troia
fondare una città su una terra sicura. condotti da Aiace d'Oileo.
Il segno sarà questo, tienilo bene a mente: Al ritorno, lasciata la loro
quando tu preoccupato per le molte fatiche patria Nàrice, sbarcarono in
in riva a un fiume remoto scoprirai sotto un elce Calabria e fondarono la cit-
tà di Locri.
41S una candida 5crofa stanca del parto, distesa 487. Idomeneo: vedi ver-
per tc:rra vicino all'acqua, enorme, con ben trenta so 149·
candidi porcellini intorno alle mammelle. 488. Filottete: compagno
allora avrai trovato il luogo della città, e scudiero di Ercole, che
prima di morire gli conse-
e H sarà il riposo sicuro dei tuoi travagli. gnò le frecce tinte nel san-
480 Non devi spaventarti di Celeno, del triste gue dell'Idra, facendosi pro-
augurio delle mense: i Fati troveranno mettere che le avrebbe na-
il modo di salvarti, Febo ti aiuterà. scoste e non ne avrebbe ri-
velato il luogo. Iniziata la
Tu fuggi queste terre, questa spiaggia vicina guerra di Troia, l'oracolo va-
della costa italiana che il nostro mare bagna: ticinò la presa della città sol-
48S tutte le sue città sono abitate da Greci. tanto se fossero rinvenute le
Vi hanno elevato mura i Locresi di Nàrice, frecce di Ercole. Filottete si
lasciò persuadere a prenderle
Idomeneo di Lieto con le sue truppe ha occupato dal nascondiglio e a portar-
i campi salentini e Filottete, re le a Troia. Ma nell'isola di
di Melibea, ha cinto d'un muro la sua piccola Lemno, mentre sostava, fu
morso da un serpente ed ab-
490 Petelia. Quando al termine del tuo viaggio la flotta bandonato dai suoi per il fe-
sarà arrivata oltre i mari e infine si fermerà, tore insopportabile della fe-
tu innalzerai altari sul lido, renderai grazie rita. Qui rimase dieci anni
a pagare il fio della mancata
promessa ad Ercole, poi ven-
460. Ausonia: altro no- 462. la Saturnia Giuno- ne portato a Troia, guarl per
me dell'Italia, datole da ne: la dea vieta ad Eleno merito del medico Macaone
Ausonio, figlio di Ulisse e di parlare dell'avventura ed uccise Paride con una
di Calipso, che venne a sta- cartaginese. delle famose frecce. Di ritor-
l:>ilirsi in Italia. 467. Trinacria: la Sicilia. no a Troia sbarcò in Cala-
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no Canto tmo
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Cttnto ten.o n I
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n 2 Canto terzo
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Canto terzo
siano una sola Troia nel piu profondo del cuore: L'ITALIA (621-694). - Al-
620 spetta ai nostri nipoti mantenere l'impegno». l'alba, dopo una notte di na-
vigazione, vedono apparire
di lontano le coste italiane.
«Italia, Italia» è il grido
L'Italia unanime ed esultante di tut-
ti. Costeggiata la Calabria,
Avanziamo sul mare fin presso ai monti Cerauni giungono, sfuggendo a Scilla
da dove la via per l'Italia attraverso le onde è piu breve. e Cariddi, in vista dell'Etna,
la terra dei Ciclòpi.
Intanto il sole tramonta e le montagne si fanno
azzurre d'ombra. Dopo aver tirato a sorte 621. monti Cerauni: cate-
625 chi dovesse restare di guardia accanto ai remi na di monti che terminavano
in un promontorio che chiu-
ci sdraiamo vicino all'acqua, in grembo alla terra deva la baia di Valona.
desiderata, e qui e là stesi sul lido asciutto 623. Intanto: «sol ruit
ristoriamo le forze; il sonno cola nei nostri intera et montes umbrantur
corpi stanchi. La Notte condotta dalle Ore opaci ». Virgilio si sofferma
di tanto in tanto, nel corso
630 non era ancora giunta a metà del suo corso, della narrazione, a contem-
quando svelto il nocchiero Palinuro si leva plare la bellezza del creato
dal giaciglio ed interroga tutti i venti, ascoltando ed a rendercela con brevi
i rumori dell'aria; guarda tutte le stelle pennellate sapientissime, che
ci ricordano il grande poeta
che corrono nel cielo silenzioso, Arturo, georgico e bucolico.
635 le Iadi piovose, le due Orse ed Orione 634. Arturo ecc.: vedi
dall'armatura d'oro. Quando vede che tutto canto I, verso 875.
642. Acate: il ben noto
è calmo nel cielo sereno dà un chiaro segnale amico di Enea.
dalla poppa: leviamo presto l'accampamento 643. l'Italia, l'Italia: l'ap-
e ci mettiamo in viaggio spiegando le vele. parizione della mèta tanto
640 Già rosseggiava l'Aurora ponendo in fuga le stelle agognata è preparata da Vir-
gilio sapientemente, come un
quando laggiu vediamo delle oscure colline accorto regista che vuoi trar-
e bassa bassa a fior d'acqua l'Italia. Acate per primo re dalla scena il massimo ef-
urla a gran voce: «L'Italia!»; «L'Italia' ì> gridano fetto. Dopo una notte tra-
in segno di saluto i compagni festanti. [lieti scorsa in un sonno inquieto
e breve, al segno di Palinu-
645 Allora il padre Anchise incornò di fiori ro tutti si imbarcano, si-
una gran coppa piena di vino puro e invocò lenziosi e veloci, guardando
gli Dei stando diritto sul castello di poppa: le grandi costellazioni che
brillano nell'azzurro cupo. Si
« Dei potenti sul mare, la terra e le tempeste, naviga con tutte le vele al
dateci un viaggio facile in favore di vento vento per alcune ore. Poi
650 e spirate propizi! » La brezza cresce, un porto all'improvviso quando l'Au-
già vicino s'allarga e il tempio di Minerva rora incomincia a tingere di
porpora l'oriente, ecco ne-
appare su un'altura. I naviganti girano reggiate da !ungi la costa
le prore verso il lido e ammainano le vele. italica ed ecco prorompere
Il porto si curva in arco contro il mare d'oriente, da mille petti il fatidico an-
nunzio di « Italia, Italia ».
655 due promontori schiumano sotto l'urto delle onde 650. un porto: è il porto
e il porto vi sta nascosto; gli scogli come torri di Venere presso Otranto;
proiettano due braccia che sembrano muraglie; oggi si chiama Badisco.
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II4 Canto terzo
659. un primo augurio: il tempio è lassu in alto, ben lontano dal mare.
gli antichi tenevano in gran Ed ecco un primo augurio: in mezzo all'erba d'un
conto quando sbarcavano l'a· 660 vidi quattro cavalli bianchi come la neve [prato
spetto delle cose che vede·
vano e ne traevano buoni o intenti a pascolare. Allora il padre Anchise
cattivi auspici. In questo ca· disse: «O terra ospitale, tu ci porti la guerra:
so vedere cavalli bianchi si- è per la guerra che s'armano i cavalli. Sebbene
gnificava un felice presagio
per quanto riguardava il co- talvolta si lasciano aggiogare ai carri
lore: i cavalli potevano si- 665 e sopportino il freno; speriamo nella pace! »
gnificare guerra vicina se- Preghiamo allora la santa divinità di Minerva
guita poi da opere di pace. dalle armi risonanti, che per prima ci accolse
676. Taranto: fu colonia trionfanti; coprendo il capo con un velo
di Sparta e si diceva che fos-
se stata fondata da Taras, frigio stiamo davanti al fuoco degli altari
figlio di Ercole. 670 e, secondo il consiglio che Eléno ci aveva dato
677. il tempio di Lacinia: - il piu importante - , facciamo sacrifici rituali
il promontorio· di Lacinia, ora a Giunone Saturnia, protettrice di Argo.
capo delle Colonne, ove sor-
geva un tempio dedicato a Compiuto il rito in ordine, subito, senza indugiare
Giunone. si manovran le antenne delle vele e lasciamo
678. Caulone e Squillace: 615 qucti campi pericolosi, sede di tanti Greci.
Caulone, l'attuale Castro Ve- Scorgiamo Taranto porto d'Ercole, se è vera fama,
tere. - Squillace: si chiama-
va e si chiama il grande gol- dall'altra parte si leva il tempio di Lacinia,
fo, molto temuto dai marinai le rocche di Caulone e Squillace che rompe
per le forti correnti che lo le navi. Di lontano vediamo alzarsi dall'acqua
agitano. la siciliana Etna, sentiamo in lontananza
680
68o. Etna: a chi proviene
dallo Ionio l'Etna appare di il gemito immenso del mare che percuote gli scogli
lontano come se sorgesse dal e si rompe sui lidi, i bassifondi s'agitano,
mare. la sabbia è sconvolta dal fiotto della marea.
«Eccola la famosa Cariddi- disse Anchise:
ACHEMENIDE E r CrcLÒPI 685 - Eléno prediceva queste orribili rocce. ·
(695-827).- Dopo una notte Fuggiamo via, compagni; curvatevi insieme sui remi ».
di spaventose eruzioni del
vulcano, al mattino vedono Gli ordini sono eseguiti: Palinuro per primo
apparire un uomo macilen- volse verso sinistra la prora cigolante,
to: è Achemenide, un com- tutti andammo a sinistra a forza ·di remi
pagno che Ulisse ha abban-
donato durante la precipito- 690 e con le vele al vento. Gonfiandosi i cavalloni
sa fuga per sfuggire le ire di ci alzarono sino al cielo, poi l'onda risucchiata
Polifemo. I Troiani lo accol- ci calò nell'abisso, sino ai profondi Mani.
gono sulle loro navi ed han- Pèr tre volte gli scogli mandarono un grido,
no appena il tempo di im-
barcarsi e di sfuggire alle vedemmo per tre volte la spuma bagnare le stelle.
ire del Ciclòpe che li ha sen-
titi e li insegue con gli altri Achemenide e i Ciclòpi
suoi fratelli.
696. ai lidi dei Ciclopi: 695 Vento e sole calarono; stanchi, senza conoscere
tra Catania e Acireale. il cammino, approdiamo ai lidi dei Ciclopi.
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Canto terzo n5
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u6 Canto terzo
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Canto terzo II7
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n:8 Canto teno
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Canto terzo II9
Commento critico
Posto tra il secondo ed il quarto, che sono canti di felice ispirazione e di sublimi
altezze poetiche, il terzo si rivela subito al nostro giudizio come un momento trava-
gliato e non sempre compiuto di tessitura narrativa.
Gli manca innanzitutto la compattezza e l'unità stilistiche: è discontinuo, disper·
sivo, qua e là monotono e troppo erudito. Infatti anche un profano avvertirebbe la
necessità di una revisione accurata da parte dell'autore per sfrondare, equilibrare,
limare e correggere le cont~addizioni e le oscurità non solo sul piano metrico, ma
anche sul quello logico e discorsivo. D'altra parte sappiamo che Virgilio non aveva
mai considerato finito il suo poema, tanto ch'era giunto al punto di pregare gli amici
di distruggerlo dopo la sua morte, e che, infine, il progettato viaggio in Grecia aveva
forse per mèta la pressante necessità di vedere i luoghi dove si erano svolte le peregri-
nazioni di Enea per eliminare le incongruenze e mettere a fuoco le oscurità e le incer-
tezze del racconto.
Non stupisee, perciò, che la maggior parte dei commentatori ponga questo terzo
canto tra i meno riusciti artisticamente. Pur condividendo parte delle critiche, noi
non ci sentiamo di condannarlo, perché gli elementi positivi prevalgono sugli altri.
Uno dei più evidenti scaturisce proprio dal paragone che si suoi fare tra le avven·
ture di Ulisse e le peregrinazioni di Enea, con l'immancabile conclusione della supe-
riorità di Omero e del suo eroe. A nostro avviso il paragone non solo non può, m::Ì
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I 20 Canto terzo
non deve essere posto per le differentissime personalità dei due eroi, per la loro pro-
venienza ed in modo particolare per la finalità che inseguono e per ciò che rappre-
sentano nel mondo della fantasia poetica greca e latina.
Ulisse è un re che ritorna in patria vincitore, che anela a ritrovare la sposa, il
figlio, il padre e tutte le cose care per forza abbandonate; che gode ed anzi ricerca
l'avventura e segue « virtude e conoscenza»; che ama, soffre, combatte, ed accetta
con virile baldanza la parte che il destino gli ha assegnato. Enea esce da una disfatta,
non ha più patria e la rimpiange di continuo amaramente; è incerto sul futuro e sulla
missione che lo attendono; cerca ed interroga oracoli e ne riceve risposte non del tutto
chiare, anche se concordi; è un uomo rassegnato, che soltanto a tratti, regalmente,
affronta la sorte avversa, avvertendone la grandiosità e presentendone gli sviluppi
fatali. Il primo ha una vita interiore più semplice ed essenziale; il secondo è un dolo-
rante viluppo di complicazioni psicologiche e vive prevalentemente in continuo con-
trasto morale e sentimentale. Per queste ragioni l'odissea di Enea è, più che geogra-
fica, spirituale, e si svolge tutta in un'atmosfera di suggestioni melanconiche e di tre-
pidanti attese.
E poi non bisogna dimenticare che almeno quattro squarci poetici avvivano il rac-
conto e confermano la fama di Virgilio come scrittore che sa cogliere le piu recondite
sfumature dell'umanità dolente e sventurata attraverso le figure di Andromaca e di
Achemenide, e come interprete del meraviglioso e del soprannaturale negli episodi di
Polidoro e delle Arpie.
Galleria di ritratti
Polidoro.
L'episodio di Polidoro è da annoverarsi tra quelli ispirati da uno degli elementi
dell'epoca classica: il meraviglioso.
Tale elemento tende a suscitare nell'animo del lettore il senso dell'orrore, della
suggestione e della commozione. Non si può dire che Virgilio sia in questo caso riu-
scito perfettamente nell'intento per il sovrabbondare della preoccupazione stilistica
e letteraria su quella puramente creativa e fantastica. Infatti si sconfina nella fiaba
che interessa e suscita curiosità per l'inusitato ed il nuovo, ma non commuove.
Per rendersi persuasi di questa conclusione basterebbe paragonare Polidoro con
Pier della Vigna. Il personaggio dantesco che discende per li rami da quello virgi-
liano, ha ben altra consistenza artistica ed umana e suscita in noi pietà e piena
partecipazione al suo dolore ed alla sua tragedia.
Contribuisce a questa carenza di immediatezza la famosa, ma fredda impreca-
7ione contro la « sacra auri fames », che ci appare dettata da una moralità avulsa dal
vero dramma del principe troiano.
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Canto terzo I2I
Le Arpie.
Un eguale discorso si potrebbe fare per quanto riguarda le Arpie. La loro appa-
rizione e il loro aspetto sconcio ed orrido, suscitano immediatamente ribrezzo ed
orrore. Le bestiacce immonde paiono uscite dalla più repellente delle realtà umane o
meglio da un incubo senza fine ed agiscono sul lettore in modo immediato e scon-
volgente. Quando invece Celeno si scaglia contro Enea ed i suoi con sinistre profezie
di sventure, l'atmosfera del meraviglioso che Virgilio aveva saputo creare con tanta
arte e suggestione, si dissolve di colpo per lasciar posto al fiabesco, dove tutto è gra-
tuito e dove le stonature quasi non s'avvertono perché lo scopo è quello di suscitare
l'interesse e la meraviglia del lettore, non la sua commozione o la sua partecipa'lione
sentimentale e fantastica.
Andromaca.
È una delle tante e divei;Se figure femminili che ingentiliscono il poema e gli
dànno, in definitiva, quella profonda sostanza umana che lo caratterizza e lo diffe-
renzia da tutti gli altri. Forse l'Andromaca virgiliana è figura più elabcrata e com-
plessa di quella america. È rimasta la trepida ed accorata creatura che abbiamo cono-
sciuto alle porte Scee, ma in più ha la terribile esperienza del suo dolore di madre
e di sposa. Astianatte ed Ettore continuano a vivere nel suo ricordo: benché sia
andata sposa per altre due volte, il suo cuore palpita unicamente per coloro che ha
amato e che per lei sono divenuti ora il motivo stesso dell'esistenza. La sua femmi-
nilità e la sua dolcezza si nutrono di continuo di questo ritorno al passato: la tra-
gedia trasforma il suo amaro e la sua tristezza nella pacata accettazione del volere del
fato e nella volontaria accettazione della sofferenza. Ecco perché quando incontra
Enea ed Ascanio esce dalla sua assorta contemplazione interiore per rivivere ancora
una volta gli eventi che furono: perché nel primo ella rivede Ettore e nel secondo
l'adorato figlioletto.
Achemenide.
Achemenide è un ideale raccordo tra l'epopea america e quella virgiliana, un
tributo spontaneo di continuità artistica tra Odissea ed Eneide.
Questo greco sconosciuto ed umile è stato anch'egli abbandonato su una spiaggia,
ma non come Sinone volutamente; ha partecipato all'epica lotta del suo re contro
Polifemo ed ha visto allontanarsi i compagni in fuga da qualche anfratto dove si era
nascosto per sfuggire alla furia dei Ciclòpi. Impaurito e solo ha disperato della vita.
È bello che Enea e i Troiani, dopo la tremenda lezione del cavallo di Troia,
accolgano il nemico sulle loro navi, gli restituiscano la vita e lo considerino uno dei
loro, cioè un infelice, accomunato dalla sventura alla sorte che li attende.
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122 Canto terz.o
Raffronti di traduzione
At subitae horri/ico lapsu de montibus adsunt E già dal lido
Harpyae et magnis quatiunt clangoribus alas, tutti alle mense eran disposti e al cibo,
diripiuntque dapes contactuque omnia foedant quando improvviso e spaventoso rombo
immundo; tum vox taetrum dira inter odorem. dai monti udimmo, ed apparir le Arple
Rursum in secessu longo sub rupe cavata l'ali scotendo con sinistro volo.
(arbori bus clausam circum atque horrentibus Piombarono sul lido ed imbrattarono
umbris) tutto col tocco lercio osceno e sozzo:
instruimus mensas arisque reponimus ignem; aspra tra il puzzo orrendo era lor voce.
rursum ex diverso coeli caecisque latebris E come poi fuggirono fra i monti,
turba sonans praedam pedibus circumvolat uncis, in parte più riposta, sotto il ciglio
polluit o,.e dapes. d'un'incavata rupe e chiusi intorno
(vv. 225-234) dagli alberi e dall'ombre, ancor ponemmo
gli altari, il fuoco e il cibo; e ancora, orrendo,
Quand'ecco che da' monti in un momento da nuova plaga e ignoti covi, ratto,
con dire voci e spaventoso rombo calò dall'alto il fragoroso stormo,
ne si fan sopra le bramose Arple; che desco e cibo tutto con la lercia
e con gli urti e con l'ali e con gli ugnoni, bocca insozzò, e con gli adunchi piedi.
col tetro, osceno, abbominevol puzzo r,.aduzione di Adriano Bacchielli
ne sgominir le mense, ne rapiro,
ne infettAr tutti i cibi e i lochi e noi. Ma, calate terribili dai monti,
Era presso un ridotto, ove alta e cava ci furon sopra rapide le Arple
rupe d'arbori chiusa e d'ombre intorno squassando l'ali con schiamazzo immenso,
facea capace ed opportuno ostello. e· predarono i cibi, ed ogni cosa
lvi ne riducemmo, e ne le mense lordarono col fetido contagio;
riposti i cibi e ne gli altari i fochi, orribile fra il puzzo era il lor grido.
a convivar tornammo; ed ecco un'altra E ancora alzammo in più remota parte
volta d'un'altra parte, per occulte nel cavo d'una rupe i nostri deschi
e non previste vie ne si scoverse e accendemmo su l'are i sacri fuochi;
l'orribil torma; e con gli adunchi artigli, ed ancora lo stormo schiamazzante
co' fieri denti e con le bocche impure da opposto lato e da non visti covi
ghermtr la preda, e ne lasciAr di novo sopravolò con artigliate zampe
vote le mense e scompigliate e sozze. tutt'intorno la preda e con le bocche
Traduzione di Annibal Caro insozzò le vivande.
T,.aduzione di Guido Vitali
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CANTO QUARTO
Suicidio di Didone.
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CANTO QUARTO
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126 Canto quarto
bruciare i doni ricevuti dai troiani. Il sacrificio avviene secondo il rito e Didone,
straziata da sentimenti opposti, decide alla fine di togliersi la vita.
Mercurio appare intanto in sogno ad Enea e lo invita a levare subito le ancore per
evitare le rappresaglie dei Cartaginesi.
Alla vista delle navi che si allontanano dalla rada, Didone scaglia la sua ultima
maledizione e si trafigge con una spada. La sorella Anna ne raccoglie l'ultimo respiro
dopoché Giunone, impietosita, ha inviato Iride a reciderle il capello sacro a Dite, che
pone fine alla vita mortale della regina.
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CANTO QUARTO LA PASSIONE DI DIDONE
(x-n6). - Il lungo racconto
delle sventure alimenta nel
La passione di Didone (x-n6)- Giunone e Venere (n7·159)- La cuore della regina l'amore
caccia e le nozze (x6o-2o9) - Lo sdegno del re Jarba (210-262) - per Enea. Ella trascorre una
La decisione di Giove (263-348) - Il colloquio con Didone (349-
540)- La morte di Didone (541-856). notte insonne ed il mattino
dopo non può a meno di
confidare alla sorella Anna
le sue pene ed il suo tor-
La passione di Didone mento. Anna la esorta a ce-
dere alla passione, perché in
tal modo avrà a fianco sul
trono un eroe illustre ed un
INTANTO la regina, valido guerriero. Didone al-
già da tempo. piagata lora sacrifica agli dèi, consul-
da profonda passione, nutre nelle sue vene tando gli aruspìci. Poi, tra-
la ferita e si strugge di una fiamma segreta. scurando i suoi doveri di
regina, trascorre tutto il suo
s Le ritorna alla mente lo splendido valore tempo con Enea.
dell'eroe e la sublime gloria della sua stirpe;
porta confitti in cuore le sue parole e il suo volto,
3· nutre nelle sue vene:
e non trova riposo, quel fuoco non le dà pace. quasi volesse approfondire
Il giorno seguente l'Aurora illuminava la terra la ferita d'amore e rcnderla
10 con la luce del sole, e aveva cacciato dal cielo insanabile.
già tutta l'umida ombra, quando Didone 4· segreta: non ancor no-
fuori di sé si rivolge alla fedele sorella: ta ad alcuno. L'aggettivo an-
« Anna, sorella mia, che sogni mi spaventano ticipa la necessità che poi
Didone sente di confidare
e mi tengono in ansia! Non ho mai visto un uomo ad una persona amica, •in
15 come l'ospite nostro! Cosi nobile d'aspetto, questo caso la sorella Anna,
d'animo valoroso e forte nelle armi! la sua pena ed il suo strug-
Credo proprio (ed è vero! ) che sia di stirpe divina, gimento.
poiché la viltà rivela le anime degeneri. 8. quel fuoco non le dà
pace: non le permette né
Ahi, da quale destino è stato travagliato, sonno né abbandono, ma la
20 come ieri diceva! Che guerre ha sostenuto! travaglia e la tormenta.
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128 Canto quarto
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Canto quarto 1 29
60 con gli auspici divini e il favor di Giunone. contrasto: direi che Didone
Che gran città vedrai sorgere, o sorella, che regni è già persuasa dell'inelutta-
bilità del proprio sentimen-
da un tale matrimonio! Con le armi dei Teucri to e della propria sorte.
a fianco, in quante imprese si leverà la gloria 73· Cerere legislatice,
dei Punici! Tu implora la grazia degli Dei, ecc.: Didone e Anna fanno
6S questo soltanto, e una volta compiuti i riti abbi cura sacrifici a Cerere perché ave-
va dato ai popoli le leggi del
dell'ospite, trova pretesti perché si trattenga a lungo, vivere civile e della famiglia;
finché sul mare infuria l'inverno e il piovoso Orione, a Febo Apollo come dio del
finché le navi son guaste e intrattabile il cielo ». Sole e della vita; a Lieo Bac-
Con queste parole le accese l'anima d'amore bruciante, co perché dio del vino che
libera dai cattivi pensieri e
70 diede speranza al cuore dubbioso e vinse il pudore. clona la letizia, infine a Giu-
Subito vanno ai templi e chiedono la grazia none che presiede alle noz-
davanti a tutti gli altari; immolano, come è d'uso, ze (pronuba).
pecore scdte a Cerere legislatrice, a Febo, 82. ne consulta le visce-
re: è l'« extispicium » roma-
al padre Lieo e soprattutto a Giunone, patrona no che Virgilio qui attribui-
7S dei nodi coniugali. La bdla Didone sce anacronisticamente all'u-
versa lei stessa la tazza, tenendola con la destra, so fenicio e che consisteva
tra le corna lunate di una bianca giovenca; nel trarre auspici dalle vi-
scere delle vittime immolate,
e davanti alle immagini di~ea_/passi solenni soprattutto dal loro fegato,
cammina verso gli altari coperti di offerte. ritenuto sede e centro della
80 Comincia la sua giornata con sacrifici e preghiere vita animale.
e, in cerca d'un buon augurio, chinandosi sul fianco 83. O menti, ignare dei
voti!: ignare perché non
squarciato delle bestie ne consulta le viscere conoscono la passione della
palpitanti, profetiche. O menti ignare dei vati! regina e perché i loro auspi-
A che servono preci e templi a 11Jt'raònna in delirio? ci non possono mutare il
8S La fiamma le divora le tenere midolla corso fatale degli eventi. For-
se da questa esclamazione si
e sotto il petto vive una muta ferita. può desumere che Virgilio
L'infelice Didone arde ed erra furiosa non teneva in grande consi-
per tutta la città, come una cerva incauta derazione gli indovini, spe-
cie nelle questioni di cuore.
che - dopo averla inseguita con le frecce - un pastore cuore.
90 tra le sdve di Creta di lontano ha ferito 94· dittèe: del monte
con un'acuta saetta, lasciando senza saperlo Diete nell'isola di Creta. No-
confitto nd suo fianco il ferro alato: lei ta che il poeta non si lascia
sfuggire occasione alcuna per
corre in fuga, affannata, per le foreste e le balze esprimere in splendide e cal-
dittèe, recando infitta nel fianco la canna mortale. zanti similitudini lo stato
95 Ora conduce con sé Enea in mezzo alle mura d'animo dei personaggi.
facendogli ammirare le ricchezze sidonie 96. sidonie: portate da Si-
e la città già pronta: ora comincia a parlare clone.
97· la città già pronta:
re possibili con Pigmalione Anna è pratico e semplice, Enea ha detto nel suo lungo
che si era visto sottrarre il del tutto impostato sui van- racconto ch'egli è destinato
tesoro di Sicheo. taggi che il matrimonio della a fondare una grande città:
70. diede speranza ... vinse sorella può apportare. Le sue eccola, dunque, davanti ai
it pudore: il discorso di parole non trovano alcun suoi occhi pronta ad ospitar-
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130 Canto quarto
e le manca la voce, si ferma a mezzo il discorso.
Caduto il giorno chiede sempre lo stesso banchetto,
100 follemente domanda sempre di udire lo stesso
racconto, e pende sempre dalle labbra di lui.
Poi quando si son separati e persino la luna
s'oscura, attenua il suo lume, e le stelle tramontano
ed invitano al sonno, nelle sue vuote stanze
105 si strugge, sola, e si getta sul giaciglio che Enea
lo con il suo popolo, pronta occupava durante la cena e ha lasciato: è lontana
a divenire sede di un poten- da lui, eppure negli occhi ne ha sempre l'immagine,
te regno. la voce di lui lontano ha sempre nelle orecchie.
98. le manca la voce: il
discorso di Didone è fram- Ed a volte, incantata dalla sua somiglianza
mentario e pieno di sospen- IlO col padre, tiene in grembo Ascanio e cerca di illudere
sioni: la passione che non l'indicibile amore. Nella città le torri
vuole appieno rivelare e la incominciate rimangono a mezzo, la gioventU
mancanza di coraggio nel-
l'offrire all'eroe tutto quan- non si esercita piu nelle armi, non manda
to gli mostra ne sono le avanti la costruzione dd porto e delle difese
cause. 115 di guerra: ed interrotte rimangono le opere,
n6. palchi che toccano il gran muri minacciosi, palchi che toccano il cielo.
cielo: una delle tante fasti-
diose iperboli.
GIUNONE E VENERE ( II7· Giunone e Venere
159). - Giunone, non po-
tendo opporsi all'amore del-
la regina sua protetta, chie- Quando la vide in preda a una passione tale
de a Venere di favorire il che non poteva frenarla nemmeno il timore di scandali,
matrimonio tra i due. In tal Giunone Saturnia, cara moglie di Giove, aggredi
modo spera tfi procrastinare
l'arrivo di Enea in I talia e 120 Venere in questo modo: «Tu e tuo figlio davvero
la fondazione di quella città avete avuto una bella vittoria e gloriosi trofei!
che sarà la nemica e la ro- È proprio un bel vanto per voi che una povera donna
vina di Cartagine. Venere ac-
cetta, ben sapendo che la sia vinta dall'inganno di due Numi potenti.
volontà dei Fati non può es- Certo, capisco bene che tu avevi paura
sere né fermata né vinta. 125 delle mie mura e tenevi in sospetto le case
dell'alta Cartagine. Ma dimmi, quali saranno
123. due Numi potenti:
Veneree Cupido che con la i termini ed il fine della nostra contesa?
frode hanno ingannato una Concludiamo piuttosto una pace durevole
povera mortale indifesa. con un bd matrimonio. Tu hai tutto ciò che hai voluto:
125. mie mura: nota dal 130 Didone brucia d'amore fino in fondo alle ossa.
possessivo come Giunone sia
orgogliosa dell'attuale po- Regniamo allora in comune sopra uno stesso popolo;
tenza e come il suo sogno Didone serva e s'inchini ad un marito frigio
sia di far Cartagine una delle e ti consegni in dote il popolo di Tiro ».
città più potenti del mondo. Venere le rispose (poiché aveva capito
I3I. Regniamo: tu come
madre di Enea ed io come 135 quale fosse lo scopo di Giunone, sottrarre
protettrice di Didone. all'Italia l'impero per donarlo alla Libia):
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Canto quarto I 3I
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I 32 Canto quarto
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Canto quarto r 33
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I 34 Ct~~~to quarto
258. quella specie di Pari- non sono che vacui rombi? Una donna che, profuga
de: come Paride aveva rapi- nel nostro territorio, fondò una cittaduzza
to a Menelao Elena, cosl 2SS comperando il terreno, cui demmo un'arida spiaggia
Enea sottrae a J arba Dido-
ne, che, a ragione, il re con- da colonizzare e i diritti sul luogo, ha respinto le nozze
siderava sua, speranzoso di con noi accogliendo Enea come suo solo signore!
vinceme in futuro il rifiuto E adesso quella specie di Paride, accompagnato
delle sue profferte di matri-
monio. da mezzi uomini, la mitra meonia legata al mento,
259.da mezzi uomini: l'ira 260 la chioma profumata, gode la sua conquista.
fa sl che J arba si abbandoni Ah, che davvero offriamo ai tuoi templi dei doni
ad insulti gratuiti. -la mitra inutili e alimentiamo un'inutile gloria! »
meonia: era un berretto cur-
vo che in Frigia era comune-
mente portato dagli uomini. La decisione di Giove
Meonia era la Lidia, regio-
ne dell'Asia occidentale. Mentre diceva cosi, tenendo posata la mano
261. Ah ... : è un modo ab- sull'altare, l'udi l'Onnipotente e volse
bastanza singolare di invo- 26S gli occhi alle mura regali e agli amanti dimentichi
care l'aiuto del Padre Gio-
ve, ma Virgilio vuole sotto- di ogni fama migliore. Disse allora a Mercurio:
lineare il carattere violento «Va', figlio, corri, chiama i venti, sollevati a volo
e rozzo di Jarba. e parla al capo troiano, che perde tempo a Cartagine
LA DECISIONE DI GIOVE
e non pensa alle terre che il Fato gli ha destinato,
(263-348). - Giove, udita 270 recagli tu per l'aria il Inio alto comando.
l'invocazione del figlio, ordi- Non ce lo promise cosi la bellissima madre,
na a Mercurio di volare a non lo scampò per questo due volte alle armi dei Greci:
Cartagine e di ricordare ad
Enea la missione assegnata- ma perché regga l'Italia gravida di imperi
gli dai Fati. Il messaggero e fremente di guerra, perché perpetui la razza di Teucro
degli dèi obbedisce, trova E- 21S dal nobile sangue, perché detti leggi al mondo.
nea che sovrintende ai la- Se non lo accende l'onore di cose tanto grandi,
vori della città e senza in·
dugio lo richiama ai suoi do- se non vuoi faticare né gli interessa la gloria,
veri. L'eroe china il capo in- perché proprio lui, suo padre, vu~l defraudare Ascanio
nanzi all'indiscutibile ordine delle rocche romane? Cosa crede di fare?
divino, ma dentro di sé ag-
ghiaccia, pensando al distac- 280 Che cosa spera indugiando tra gente nemica
co da Didone. Poi subito riu- 5enza pensare al futuro, alla grande progenie
nisce i capi troiani e dà ordi- che un giorno avrà in Italia, ai campi di Lavinio?
ne di approntare segretamen- Navighi, questo è il mio ordine: siine tu messaggero,.,
te la flotta. Nel frattempo
studierà il modo migliore Disse. E Mercurio subito si prepara a obbedire
per comunicare alla regina lt! 285 al gran cenno del padre; prima s'allaccia ai piedi
vicina irrevocabile partenza. i calzari d'oro, alati, che lo portano in alto
266. fama: nella passione volando sopra i mari e sopra le terra, rapido
gli amanti hanno dimentica- come il vento. Poi piglia la verga con cui evoca
to la loro reputazione.
:1.72. due volte: la prima 278. vuol defraudare A- no al figlio ed al suo futuro.
quando lo sottrasse al furo- scanio: se a lui non interes- 282. Lavinio: per Lazio.
re di Diomede, la seconda sano la gloria e la fortuna 286. calzari d'oro, alati:
all'ira di Achille. che l'attendono, pensi alme- detti anche alari.
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Canto quarto r 35
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136 Canto quarto
334· innamorata, furiosa: 330 gli si fermò la voce in gola. Smania di correre
i due aggettivi sono concate- via, abbandonando le terre che pure gli sembrano dolci,
nati nella conseguenza logi- percosso dall'alto monito e dal comando divino.
ca del sentimento: Didone
proprio perché ardentemen- Ma come farà? Con quali parole adesso oserà
te innamorata diverrà furi- rivolgersi alla regina innamorata, furiosa?
bonda all'annunzio della par- 335 Da dove incomincerà il suo discorso? Volge
tenza dell'amato e non vorrà
sentire ragioni rapidissimamente il pensiero qua e là,
340. Mnèsteo, Sergesto e ideando diverse soluzioni, pesandole
Seresto: tre fra i capi delle una per una. Infine, benché sia sempre in dubbio
schiere troiane. crede di aver trovato il partito migliore.
348. lieti: perché ambi-
scono ad una nuova patria. 340 Chiama Mnèsteo, Sergesto ed il forte Seresto;
armino zitti zitti la flotta e sulla riva
IL COLLOQUIO CON DIDONE riuniscano i compagni, preparino ogni cosa
(349-540). - Intanto Didone senza lasciar capire quale sia la ragione
s'è accorta dei preparativi ed di tanta novità; intanto lui, poiché
intuisce la verità. Cerca e
trova l'amato e lo asiale con 345 Didone non sa nulla e crede che un amore
parole di sdegno e di minac- cosf grande non possa spezzarsi, cercherà
cia. Trascorre poi alle pre- il modo e l'occasione piu adatta per parlade.
ghiere accorate ed ai suppli- Tutti obbediscono lieti ed eseguono gli ordini.
chevoli lamenti. Enea rispon-
de in tono dimesso ed im-
pacciato, cercando di trince-
rarsi dietro l'ordine divino Il colloquio con Didone
e ricordando l'alta missione
cui è destinato. Ma la regina Ma la regina (chi può ingannare chi ama?)
non si dà per vinta e replica
in modo aspro e violentissi- 350 presend tutto e s'accorse per prima di ciò che accadeva:
mo, insultando/o ed irriden- timorosa com'era di tutto, persino di quello
dolo. Poi lo minaccia anco- che piu pareva sicuro. L'empia Fama in persona
ra di perseguitar/o dagli In- disse che si allestiva la flotta per la partenza.
feri come Ombra senza pace.
I n fine si ritira nelle sue stan- Folle d'amore, l'anima smarrita, dà in ismanie,
ze, esausta. Enea, turbato, 355 erra per la città fuori di sé, baccante
sollecita i preparativi della eccitata come una Menade quando infuria la festa,
partenza. Ora allo sdegno e quando al grido di Bacco la stimolano le orge
all'ira nel cuore di Didone è
subentrato il dolore. Chiama che vengono soltanto ogni tre anni, quando
la sorella Anna e la prega di
supplicare Enea di tardare che dimostra qui la sua pro- 356. Menadi: sono donne,
la partenza perch'ella si ras- fonda conoscenza della psi- chiamate anche Tiadi o Bac-
segni col tempo all'abban- che umana. Infatti, malgra- canti, che accorrono in fu-
dono. Ma la missione non do le nozze, la regina ha il ria quando sul monte Cite-
ottiene successo perché un presentimento che la felicità rone, presso Tebe, sentono
Nume chiude gli orecchi di raggiunta sia troppo bella e risuonare il grido di « Io
Enea, impedendogli di udire. troppo facile per essere vera. Bacche » che preannunzia le
352. empia: perché nulla orge notturne con le quali si
351. persino di quello che rispetta dei sentimenti uma- cdebravano ogni tre anni
pareva più sicuro: « omnia ni, intesa com'è a cercare speciali feste in onore del
tuta timens » dice Virgilio soltanto il male. dio Bacco.
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Canto quarto I 37
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x3 8 Canto quarto
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Canto quarto 139
435 non viene da Dardano, o perfido, ma il Caucaso sel- 436. Ircane tigri: l'lrca-
[viaggio nia è una regione dd Cau-
caso.
aspro di rupi ti fece, Ircane tigri allattarono 438-441. Lui... peggio?:
te da bambino. Ah, perché m'illudo, che cosa mi aspetto l'atteggiamento di Enea è
piu di questo? Lui forse s'è commosso al mio pianto? stato di colui che non vuoi
Non ha battuto ciglio: non ha emesso un sospiro: farsi prendere dalla commo-
zione e dalla pietà; voluta-
440 non ha avuto pietà dell'amante! Che cosa mente duro e conciso per
immaginare di peggio? Ormai nemmeno la grande trarsi fuori il più presto pos-
Giunone e il padre Saturnio guardano con giustizia sibile da una situazione pe-
a quanto avviene. Non c'è piu alcuna buonafede, nosa e da un colloquio sen-
za uscite:
in nessun posto. Lo presi morto di fame, gettato
465. tra le Ombre: a pro-
445 sul lido dalla tempesta, lo misi a parte del regno, posito della replica di Di-
pazza! Strappai la sua :flotta dispersa all'estrema rovina done dice il Fiore: « Dido-
insieme ai suoi compagni. Ah, che furia m'avvampa! ne ha condannato Enea e
con lui ha condannato gli
Proprio adesso l'augure Apollo e gli oracoli lici dèi, il destino, il mondo, tut-
gli portano per l'aria questi ordini tremendi! to il sistema di violenza che
4SO Certo è stato mandato da Giove in persona il fulmineo grava sui buoni, sui gene-
messaggero dei Numi! Oh, davvero gli Dei rosi ineluttabilmente, che li
mena a perdizione. Con lo
non hanno da occuparsi d'altro, se un tale pensiero sguardo muto ha misurato
turba la loro quiete! Ma non voglio ribattere l'abisso che separa chi ha da-
le tue parole, non voglio neppure trattenerti. to tutto, anche gli ideali, da
chi si è degnato di accettare;
455 Parti, va via col vento in Italia, cerca il tuo regno chi non brama che di dare,
attraverso le onde. lo spero soltanto, di votarsi ancora, di sacrifi-
se i pietosi Celesti hanno qualche potere, carsi, da chi rifiuta di pren-
che me ne pagherai il fio tra gli scogli, chiamando dere; chi dall'offerta esce
privo di tutto, da chi salva
spesso a nome Didone. Didone! Ma io lontana se stesso; chi ormai è una
460 ti perseguiterò con i fuochi infernali: miserabile, una reietta della
e quando la fredda morte spoglierà delle membra vita, da chi trionfa, chi sen-
te già in sé il gdo della
l'anima, in ogni luogo dove tu andrai ci sarò, morte, da chi si slancia di
pallido spettro, fantasma venuto a turbarti. nuovo, con più vigore, nella
Sconterai la tua pena, empio, ed io lo saprò: vita. Didone, volendo coprir
465 questa bella notizia mi giungerà tra le Ombre »- d'infamia il suo amato, tra-
scorre ad accusare gli dèi,
Cosi dicendo tronca a mezzo il discorso, affranta perciò, avendo da accusare
fugge la luce del giorno, scappa via e si leva gli dèi, non è dinanzi al. tri-
dagli occhi d'Enea, !asciandolo dubitante, pauroso, bunale di essi, dèi colpevoli,
desideroso di dirle molte cose. Le ancelle che chiama Enea e lo con-
danna, ma dinanzi a quello
470 accorrono e la portano al suo marmoreo talamo della coscienza del mondo,
svenuta, le membra rigide, la posano sulle coltri. col grido che ancor oggi ci
Ma sebbene desideri alleviarle il dolore fa dolorosi e pensosi delle
sorti umane ».
e consolarla, calmandone con parole l'affanno,
475· il pio Enea obbedi-
benché sia intenerito dall'amore, dolente sce: è in questo verbo tutto
475 il pio Enea obbedisce all'ordine divino il dramma interiore dell'eroe
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140 Canto quarto
e non per nulla Virgilio ri- e ritorna alla flotta. I Troiani s'affannano
torna all'aggettivo pio. Molti
critici hanno voluto vedere a trarre le navi in mare dall'alto lido. Nuotano
nell'atteggiamento di Enea le chiglie spalmate di pece, gli uomini dalle foreste
durante il colloquio inettitu- portano rami fronzuti e quercie non lavorate,
dine e freddezza; in una pa- 480 han fretta di fuggire ...
rola una carenza fondamen-
tale e gravissima di sensibi- Sciamano precipitandosi
lità e di umanità. Non è ve- da tutta la città, come le nere formiche
ro. Ch'egli abbia ceduto alla quando saccheggiano, memori dell'inverno, un gran
passione di Didone questo è
chiaro; ma chi dopo anni di [mucchio
peregrinazioni e di dolori di farro e lo mettono in serbo nelle loro dispense:
non avrebbe ceduto al ri- 485 la bruna schiera cammina per i campi e convoglia
chiamo del sentimento e del- la preda.attraverso !'erba per un sentiero piccino,
la bellezza? Enea è un semi-
dio, ma è anche e soprattut- parte a forza di spalle portano i chicchi piu grossi,
to un uomo che continua a parte dirigon la marcia, tengono a posto la fila,
soffrire, ed a combattere per riprendono chi indugia, e tutta la strada è in fermento.
realizzarè il destino che è Con che cuore o Didone guardavi tutto questo,
stato segnato per sé e per la 490
sua gente. che gemiti mandavi vedendo dalla rocca
480. fuggire: più che una fremere tutto il lido in lungo e in largo e il mare
partl·nza, quella dei troiani intero riecheggiare di rumore e di grida!
è ven·mente una fuga. Amore, spietato amore, a che cosa non spingi
484. farro: varietà di fru- 495 i cuori dei mortali? Ecco Didone costretta
mento. ancora alle lagrime, ancora a cercar di piegare
499· nulla intentata: pri-
ma della decisione estrema Enea con le preghiere piu vili e a sottomettere,
vuole tentare l'ultima via: chiedendo pietà, la fierezza alla passione; prima
quella della preghiera. Fino- di darsi la morte non vuole lasciare nulla intentato.
ra ha minacciato, trasporta- 500 «Anna non vedi come s'affrettano sul lido,
ta dall'ira e dallo sdegno;
adosso depone ogni residuo venuti da ogni parte; la vela chiama già i venti,
di fierezza e di dignità e sup- i naviganti incoronano allegri le poppe.
plica. Calzante dunque, an- Se ho potuto vedere avverarsi tanto dolore,
cora una volta, sotto il pro- o sorella, potrò sopportarlo di certo.
filo psicologico, l'inciso vir-
giliano: « Amore, spietato 50S Pure, Anna esaudisci la tua infelice Didone
amore, a che cosa non spin- in una sola grazia: poiché quell'infame onorava
gi il cuore dei mortali! » solo te e confessava a te anche i segreti piu arcani,
502. incoronano allegri le e tu sola sapevi le vie piu adatte e i momenti migliori
poppe: era costume marina-
ro ornare, all'approdo e alla per chiedergli qualcosa. Va' dunque tu da lui,
partenza, le poppe con coro- 510 sordla, e supplice parla a quel nemico superbo.
ne di fronde. Digli che io non giurai in Aulide coi Greci
511. Aulide: porto della di distruggere la razza Troiana, né mandai
Beozia, ove si era concentra- la flotta contro Pergamo, dirgli che non turbai
ta la flotta dei re greci per
la spedizione troiana. o dispersi le ceneri e l'Ombra di suo padre.
514. dispersi le ceneri: di- 515 Perché non vuole ascoltarmi? Dove corre? Conceda
sperdere le ceneri di un mor- almeno quest'ultimo dono alla misera amante:
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Canto quarto I4I
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142 Canto quarto
cidere dal capo della regina 545 quando vide (orribile a dirsi) l'acqua lustrale
il capello sacro a Dite. Subi- intorbidarsi mentre poneva le offerte
to dopo la wenturata Dido-
ne muore. sugli altari fumanti d'incenso e i vini versati
cambiarsi in osceno, terribile sangue.
545· l'acqua lustrate: i'ac-. Non disse nulla a nessuno, nemmeno alla sorella.
qua pronta per essere usata sso Nel palazzo reale c'era un sacello di marmo
nel sacrificio.
548. cambiarsi in... san- dedicato all'antico marito, che lei venerava
gue: era un chiaro segno di culto particolare, cinto di candida lana
della sventura imminente. e di fronde festose: di là le parve venissel'o
550. sacello: tempietto
votivo senza tetto. parole e le parve sentire la voce del marito
552. candida lana: bende sss che la chiamava mentre la nera notte occupava
votive di lana. · tutte le terre; e le parve di sentire lagnarsi
557· il gufo: ancor oggi dai comignoli, spesso, il gufo solitario
il verso del gufo, simile ad
un lamento, è ritenuto da col suo lugubre canto, filando lunghissime note
molti indizio di malaugurio. di pianto; ed inoltre con monito terribile
566. i Tiri: cerca invano 560 la spaventarono molti presagi di sacri indovini.
nell'incubo notturno il suo Lo stesso Enea popolava le sue notti di orrori
popolo, che l'ha abbandona- comparendo feroce nei sogni di lei, folle
ta dopo ch'ella si era data
ad uno straniero. di disperata passione; e sempre le pare
567. Penteo: re di Tebe, d'esser lasciata sola, le pare sempre di correre
aveva voluto vietare il culto 565 per una lunga lunga strada, senza nessuno,
di Bacco e fu ucciso ·dalla cercando invano i Tiri per una contrada deserta.
madre e dalle sorelle, inva-
sate di sacro furore dal dio. Cosf Penteo impazzito vede la turba delle Eumenidi
- Eumenidi: Erinni o Furie e il sole gli sembra doppio, doppia gli sembra Tebe;
sono le dee della vendetta cosi sul palcoscenico s'agita Oreste, figlio
che fecero sl che Penteo ve- 57(} di Agamennone, quando fugge la madre armata
desse doppie tutte le cose.
569. Oreste: uccise la ma- di fiaccole e neri serpenti, e le Ve.ndicatrici
dre Clitennestra che per siedono minacciose sulle soglia del tempio.
conservarsi l'amore di Egi- Vinta dal dolore, invasa dalla Furie,
sto, aveva assassinato il ma- sicura di morire, esamina tra sé
ritoAgamennone, tornato da
Troia. Nella trilogia di E- 515 il modo e il tempo di porre in atto la sua decisione;
schilo, I'Orestiade, il matri- rivolta alla triste sorella nasconde però con l'aspetto
cida s'era rifugiato per sfug- il suo proposito, e quasi sembrerebbe brillare
gire alle Furie nel tempio di
Apollo, dal quale non· poté d'una nuova speranza. «Ho trovato, sorella,
uscire appunto per l'opposi- rallegrati con me - le dice - la vera strada
zione dei mostri che aveva-. 580 per riavere il mio amore o per dimenticarlo.
no occupato la porta. Al limite dell'Oceano, verso il tramonto del sole,
582. remoto paese degli E-
tiopi: gli antichi credevano c'è il remoto paese degli Etiopi, dove
che l'Oceano fosse un fiume il grandissimo Atlante ruota con le sue spalle
immenso che circondava le
terre conosciute e chiamava-
no Etiopia in genue non Abissinia, ma in genere l'A- 583. Atlante: (vedi canto
~oltanto gli attuali Sudan cd frica settentrionale. VI, nota v. 96o).
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Canto quarto I43
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144· Canto quarto
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Canto quarto 145
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146 Canto quarto
aureo letto. Aurora era mo- e allontanarsi la flotta a vele spiegate, e il lido
glie di Titone. 710 deserto e il porto vuoto senza piu marinai,
713-719. Dice il Raniolo si percosse il bel petto con le mani, furente,
a proposito di questi versi:
« Tutta la logica del libro tre volte, quattro, si strappò i biondi capelli:
IV e l'intima poesia del- «O Giove - disse - Enea se ne andrà, uno straniero
l'eroina escludono assoluta- si sarà preso gioco impunemente di me
mente dall'animo di Didone e del mio regno? Nessuno impugnerà le armi
la possibilità di una vendet- 115
ta, sia pure giustificata. E per inseguirlo da tutta la città, nessuno
se nell'impeto del dolore, la farà uscire le navi dagli arsenali? Andate,
passione trascina la donna miei fedeli, correte, portate veloci le fiamme,
a propositi e immagini di
sangue, più tardi nella solen- munitevi di frecce, fate forza sui remi~
nità della morte imminente, 720 Ma cosa dico, dove sono? Quale pazzia
ella scopre l'intimo dell'ani- ti sconvolge la mente o infelice Didone?
ma sua, perché scaccia ogni Soltanto adesso ti offendono i mali che hai commesso?
pensiero di vendetta come
cosa vile, anzi amaramente Sarebbe stato assai meglio che ti fossi sentita
gode di morire invendicata: offesa cosi nell'ora in cui gli affidavi lo scettro.
moriemur inultae; sed mo- Eccola la lealtà di uno che dicono rechi
. l
rzamur. ».
con sé i patrii Penati, di uno che avrebbe portato
726. i patrii Penati: e
che perciò dovrebbe essere sulle spalle, pietoso, il padre vinto dagli anni!
quel pio Enea tanto celebra- Sarebbe stato meglio se lo avessi ammazzato
to! Il sarcasmo della sven- e fatto a pezzi, gettando' quei pezzi nel mare;
turata regina è più che giu- 730 meglio sarebbe stato gli avessi ucciso i compagni,
stificato: ella sta vivendo il
momento supremo della sua gli avessi fatto mangiare il corpo di suo figlio.
delusione che tosto si mute- Dura la lotta, d'esito incerto? Tanto meglio:
rà in tragedia. che cosa potevo temere dovendo morire? Avrei dato
728-731. Sarebbe ... figlio: fuoco all'accampamento, avrei riempito di fiamme
sono parole di una ferocia 735 le navi, ucciso padre, figlio, tutta la stirpe,
disumana, che ci dànno la
misura esatta dell'ira, del e su quei morti io stessa sarei caduta morta!
furore, della disperuione O sole, tu che illumini coi raggi le opere tutte
della protagonista. del mondo, e tu Giunone che conosci e sei complice
739· Ecate: l'immagine di di questi duri affanni, e tu Ecate chiamata
Diana, era posta nei trivi
della strada e veniva invoca- 740 con lunghe grida, a notte, nei trivi cittadini,
ta con lunghe grida. e voi vendicatrici Furie, e voi Dei protettori
742. Elissa: o Elisa era della morente Elissa, ascoltate e esaudite
l'altro nome di Didone. le mie preghiere, volgendo sui Teucri la vostra potenza.
746-753. Quasi tutte le Se è scritto nel destino che quell'infame tocchi
maledizioni di Didone si av- 745 terra ed approdi in porto, se Giove vuole cosi
vereranno: infatti Enea do-
vrà lottare a lungo e con se la sua sorte è questa: oh, almeno sia incalzato
sorte incerta con i Rutuli, si in guerra dalle armi di gente valorosa
separerà dal figlio e morirà e, in bando dal paese, strappato all'abbraccio di Julo,
tre anni dopo la vittoria fi-
nale, annegando nelle acque implori aiuto e veda la morte indegna dei suoi,
del Numico. 7SO e, dopo aver firmato un trattato di pace
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Canto quarto I4?
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148 Canto quarto
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Canto quarto 149
Commento critico
Mai, in alcuna età letteraria, ci fu poeta capace, non diciamo di superare, ma sol-
tanto di eguagliare Virgilio nel concepire e nel realizzare una figura di donna che possa
essere paragonata a Didone.
A lei è dedicato l'intero canto; ella sola domina incontrastata la scena, perso-
naggio unico ed inimitabile, nato soprattutto dal cuore del poeta.
Forse si dirà che la sua vicenda di donna trova un riscontro in figure che popolano
le letterature di quasi tutti i paesi ed è perciò un dato comune della concezione tragica
dell'amore. Infatti i momenti di sviluppo del sentimento appaiono ben confermati e
chiari nella loro logica elementare: l'insorgere violento e tumultuoso del sentimento,
il dono completo e senza riserve di sé, l'abbandono, la disperazione, il suicidio.
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150 Canto quarto
Ma per Didone questi momenti finali della tragedia assumono un diverso e piì1
sconvolgente significato, perché continuano e si ricollegano alla sua vicenda di vita
precedente. Ella non sa che cosa sia la felicità d'amore. Fin dalla più tenera età, vis-
suta tra intrighi e congiure di palazzo, ha imparato a giudicare uomini e cose con
distacco e diffidenza. Il padre le è. morto troppo presto; il fratello ha assassinato il
marito Sicheo, l'unico che l'aveva amata e le aveva donato pochi giorni di serenità e
di pace. Costretta a fuggire, ad andare raminga per il Mediterraneo, alla guida della
~ua gente profuga ed infelice, s'era battuta con orgoglio e con caparbia per ridare a se
stessa e agli altri una speranza ed una patria. C'era riuscita, e la sua regalità stava
appunto in questa sua splendida impresa, degna di un condottiero antico o di un eroe.
A questo punto ecco apparire sulla sua strada un personaggio, simile a lei, cioè bello
di famn e di sventura; vedovo come lei, senza patria, perseguitato eppure non domo.
Quale più felice caso? Non era forse una fortunata coincidenza, voluta dal fato
per finalmente concederle quella parte di felicità cui ogni creatura, dopo tanti mali
e tante sventure, ha legittimamente diritto? Dopo anni di tensioni, di doveri scrupo-
losamente assolti, di responsabilità coraggiosamente assunte e portate a termine,
Didone sente anche il privilegio di poter finalmente abbandonarsi ad un suo sogno
d'amore. Gli ultimi scrupoli sono cancellati dalle parole della sorella Anna. Non val-
gono a fermarla e a dissuaderla i chiari presagi di lutto che emergono dalla situazione
stessa, il tormento interiore che la travaglia sin da principio, le ansie ed i timori che
la turbano di continuo. « Omnia vincit Amor! »
Le nozze, durante lo scatenarsi di un furioso temporale, sono il naturale corona-
mento della passione che le ha sconvolto i sensi e l'anima. Di qui il dramma che pre-
cipita rapidamente verso la conclusione. In un alternarsi continuo di illusioni e delu-
sioni, di tormento e di estasi, di invettive e di preghiere, di orgogliose impennate e
di umiliazioni volute, si giunge all'epilogo: vince ancora l'amore che vede come unica
soluzione la morte. Il rogo che brucia e purifica le sue spoglie mortali, distrugge
insieme le vesti e la spada dell'amato. La fine è degna di lei, splendida donna e
superba regina che non può sopravvivere all'ingiuria sofferta dopo il dono di tutta
se stessa. La sua ardente figura di personaggio tragico, insuperato ed insuperabile,
offusca e sminuisce quella di Enea. Se però guardiamo un po' più addentro alla com-
plessità della creazione virgiliana, ci accorgeremo subito che la grandezza tragica di
Didone dipende in gran parte dall'atteggiamento di Enea, dal suo freddo ed incerto
comportamento, dal suo sacro egoismo d'uomo, dalla sua arida austerità di eroe-sacer-
dote destinato a ben altre imprese che non sian d'amore.
Virgilio ha ricercato ad arte, non solo per la logica che regge l'intero poema, un
voluto contrasto di toni e di stati d'animo, per far sl che la figura di Didone campeg-
giasse in tutta la sua grandiosa tragicità per l'intero arco dell'episodio.
Per questo ha costretto il suo eroe alla meschinità ed alla grettezza d'animo e di
cuore; per questo gli ha posto sulle labbra frasi scipite, volgari e persino oltraggiose.
Didone, cosl, ci appare la vittima più illustre non tanto di Enea, quanto di quella
legge iniqua ed inesorabile che vuole i maggiori e più solenni eventi umani, nati
dalle lagrime e dal sangue degli innocenti.
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Canto quarto I 5I
Galleria di ritratti
Anna.
Anna è personaggio che vive nella luce ~ella sorella verso la quale ha devozione
ed affetto senza limiti. Ella, al contrario di Didone, che è sempre stata nelle vicissi-
tudini della sua breve esistenza una magnifica protagonista, non pare avere grandi
aspirazioni e forte personalità. Sa tuttavia di essere insostituibile consigliera nelle
decisioni più importanti e confidente preziosa alla quale tutto si dice e si chiede.
Per questo rappresenta la donna di buon senso che, anche se ha dato alla sorella
il consiglio di cedere alla passione, lo ha fatto a ragion veduta, perché inutile le
pareva resistere ad un sentimento travolgente e nuovo.
Il suo dolore di sorella è vero e profondo: con Didone muore infatti la ragione
stessa della sua esistenza.
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I 52 Canto quarto
Raffronti di traduzione
« Dulces exuviae, dum fata deusque sinebat, e scioglietemi voi dal mio dolore!
accipite banc animam meque bis exsolvite curis. Ecco ho vissuto. f: ormai compiuto il corso
Vixi et quem dederat cursum Fortuna peregi, che le sorti mi avevano concesso;
et nunc magna mei sub terras ibit imago. e grande or l'ombra mia scende sotterra.
Urbem praeclaram statui, mea moenia vidi, Edificai una città superba,
ulta virum, poenas inimico a /ratre recepi, vidi mie mura, feci le vendette
felix, beu nimium felix, si litora tantum dc;! inio consorte, il frate! suo nemico
numquam Dardaniae tetigissent nostra carinae ». punii; felice, ahimè, troppo felice
Dixit et os impressa toro: « Moriemur inultae, se non mai le dardaniche carene
sed moriamt4r » ait: « sic, sic iuvat ire sub umbras. fossero giunte fino a questi lidi! ,.
Hauriat bune oculis ignem crudelis ab altiJ Poi la bocca premé sull'origliere
Dardanus, et secum nostrae ferat omina mortis ». e gridò:· « Moriremo in'vendicata,
Dixerat, atque illam media inter talia /erro ma moriamo. COsi, cosl com'è dolce
conlapsam aspiciunt comites, ensemque cruore scendere all'ombre. II Dàrdano crudele
conlapsam adspiciunt comites, ensemque cruore vegga dal mare queste fiamme, e seco
spumantem sparsasque manus. abbia l'augurio della nostra morte ».
(v. 651- v. 665) Parlava· ancora; ed ecco, le sue donne
la videro sul ferro abbandonarsi;
«Spoglie, mentre il ciel piacque, amate e care schiumante era la spada, eran le mani
a voi rend'io quest'anima dolente. sparse di sangue.
Voi l'accogliete e voi di questa angoscia Traduzione di Guido Vitali
mi liberate. Ecco io son giunta al fine ·
de la mia vita, e di mia sorte il corso O dolci spoglie, dolci
ho già compiuto. Or la mia grande imago firiché il destino lo concesse e un dio,
n'andrà sotterra: e qui di me che lascio? accogliete quest'anima e, dolente,
Fondata ho pur questa mia nobil terra: da· tanta peiia àlfin mi liberate!
viste ho pur le mie mura: ho vendicato La mia vita ho vissuto, e il corso tutto
il mio consorte; ho castigato il fiero che la sorte mi diede ho già percorso:
mio nimico fratello. Ah che felice, ora sotterra andrà l'anima mia!
felice assai morrei, se a questa spiaggia Una eccelsa città ho pur fondato;
giunte non fosser mai vele troiane! » ho visto alfine le superbe mura;
E qui su 'l letto abbandonassi, e 'l volto ho vendicato mio marito, ostile
vi tenne impresso; indi soggiunse: « Adunque mio fratello ha pagato a me il suo fio.
morrò senza vendetta? Eh che si muoia Oh troppo, ahimè, troppo morrei felice
comunque sia. Cosl mi giova solo se mai quelle straniere navi,
girne tra l'ombre inferne: e poich'il crudo, mai questa terra avessero raggiunto! »
mentre meco era, il mio foco non vide, Disse e, premendo sopra il letto il volto:
veggalo di lontano; e 'l tristo augurio «Morirò invendicata, eppur, ch'io muoia!
de la mia morte almen seco ne porte ». Cosl, cosl mi piace andar fra l'ombre!
Avea ciò detto, quando le ministre Veda dall'alto il Teucro coi suoi occhi
la vider sopra al ferro il petto infissa, questo mio fuoco, e a lui, empio e crudele,
col ferro e con le man di siUlgue intrise tal presagio di morte seco porti! ,.
spumante e caldo. Aveva detto; e già le sue fantesche
Traduzione di Annibal Caro tra questo dir la vedono reclina
sulla spada, e la spada insanguinata,
Vesti, a me care fin che il Fato e i Numi e le mani di sangue tutte intrise
vollero, voi quest'anima accogliete Traduzione di Adriano Baccbielli
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CANTO QUINTO
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CANTO QUINTO
Dal mare aperto Enea vede sulla riva che s'allontana un gran fuoco ed è colto da
tristi presentimenti. Per evitare un fortunale che lo minaccia, la piccola flotta troiana,
su consiglio di Palinuro, fa vela verso la Sicilia ed è accolta con grandi feste, nel
porto di Segesta, dal re Aceste.
Nell'anniversario della morte del padre Anchise, Enea bandisce, come d'uso, i
giochi funebri.
Mentre l'eroe compie le rituali libagioni presso la tomba del padre, compare un
serpente che si avvolge per sette volte intorno al tumulo, mostrando di accettare le
offerte; poi sparisce.
Nel mattino del nono giorno incominciano le gare di fronte ad una gran folla
convenuta da tutte le terre vicine. Apre i giochi la regata, disputata da quattro navi
e vinta da Cloanto. Si continua con una corsa di velocità, vinta da Eurialo con l'aiuto
dell'inseparabile compagno Niso. Viene poi il pugilato che vede di fronte Darete ed
Entello con la vittoria di quest'ultimo. Segue la gara con l'arco nella quale primeggia
il re Aceste. Infine ha luogo il famoso ludus troiano e cioè un carosello a cavallo molto
complicato, eseguito da Ascanio con tre squadre di giovanetti, ciascuna composta di
dodici elementi. Mentre si svolgono i giochi, Giunone, che non perde occasione per
cercare di danneggiare i Troiani, invia tra le donne troiane Iride con il compito di
incitarle a distruggere le navi ed a fermarsi in Sicilia. Iride assume le sembianze di
Beroe ed arringa le compagne a trovar pace, dopo tanto peregrinare, presso l'amico
Aceste, costringendo mariti, fratelli e figli a fermarsi, distruggendo la flotta.
In breve tempo le navi sono in fiamme. Enea, sopraggiunto con i compagni, com·
batte l'incendio, aiutato anche da un provvidenziale temporale. Purtroppo quattro
navi sono ormai distrutte.
Enea è scoraggiato e non sa ·che fare. Allora il vecchio e saggio Naute lo consiglia
a partire egualmente, lasciando in Sicilia i vecchi, le doline ed i bambini in una città
da costruire, che prenderà il nome del re amico, Aceste.
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156 Canto quinto
Nella notte appare ad Enea in sogno il padre Anchise, che lo esorta ad accettare
il consiglio di Naute.
Prima però dovrà cercare la Sibilla Cumana e scendere, per mezzo suo, nell'Averno
.per incontrarsi con lui e conoscere il destino che l'attende. Egli obbedisce: fonda la
città, erige un tempio in onore della madre Venere e poi salpa con le quindici navi
rimaste.
Venere intercede presso Nettuno perché renda felice la navigazione del figlio.
Il dio risponde affermativamente, ma esige che almeno un troiano si sacrifichi, come
vittima. Il prescelto è Palinuro che, per opera del dio Sonno, s'addormenta e preci-
pita con il timone in mare.
Enea in persona dovrà d'ora in poi pilotare la nave verso la mèta.
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CANTO QUINTO
l NTANTO Enea
con la flotta era già in mare aperto
tagine, alzarsi un alto fuoco
ed è colto da un triste pre-
sagio. Subito dopo per sfug-
gore ad una tempesta che
e fendeva sicuro i flutti anneriti dal vento sta avvicinandosi, su consi-
e vedeV-a, volgendosi, impicciolire le mura glio di Palinuro, ordina di
s illuminate dal rogo dell'infelice Didone. dirigersi verso la Sicilia. La
flotta ripara nel porto di Se-
Non sanno la causa di tanto fuoco, ma quanto gesta e viene accolta con
possa una donna furente e l'amore tradito gioia dal re troiano Aceste.
i Troiani lo sanno e un augurio triste ne portano in
[cuore. 3. anneriti: incupiti dal
. vento del Nord.
Il mare era profondo, una distesa infinita 8. un augurio triste: un
IO senza piu terra in vista, soltanto mare e cielo, presentimento della tragedia
quando sul loro capo si formò un nembo azzurro, avvenuta.
un nembo che oscurò il mare, scatenò 16. serrare in parte: di
ammainare le vele più gran-
tempesta, inverno e notte. Palinuro, il nocchiero, di per offrire meno presa al
grida dall'alta poppa: «Perché tante nubi nel cielo? vento.
lS padre Nettuno, cosa ci prepari?». Comanda 17. bordeggiando: naviga-
di serrare in parte le vele e far forza sui remi re contro vento, ora volgen-
do un bordo della nave, ora
bordeggiando nel vento, e grida ad Enea: l'altro, in modo da ricever-
« O magnanimo Enea con questo tempo non spero lo in obliquo.
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I 58 Canto quinto
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Canto quinto 159
so è già passato un anno, nel giro dei dodici mesi, funebri per la morte di An-
chise sarebbero stati celebra-
da quando affidammo alla terra le ceneri e l'ossa ti subito dopo la morte del
dd mio padre divino, consacrandogli altari. vecchio eroe e il secondo
Ed è, credo, già qui il giorno che terrò sbarco di Enea a Drepano
per onorato -sempre e sempre per amaro, non sarebbe avvenuto.
54· onorato ... amaro: gior-
55 poiché cosi voleste, o Dei. Anche in esilio no funesto, ma per questo
nelle getule Sirti, o trattenuto dal mare da ricordare con riti e ma-
argolico, o prigioniero nella città di Micene nifestazioni.
celebrerei questo giorno con voti rituali 56. getule Sirti: i due
golfi sirtici le cui sponde
e feste solenni, coprendo gli altari di doni. erano abitate dai Getuli, tri-
60 Ma le ceneri e l'ossa del padre son qui, bù della gente numida.
vicine a noi - non senza il volere dei Numi - 57· argolico: che bagna il
poiché spinti dal vento toccammo porti amici. Peloponneso.- Micene: una
delle città capitali del regno
Su, celebriamo lieti tutti i funebri onori, di Agamennone; l'altra era
invochiamo i venti propizi: che il padre mi conceda Argo.
6S di rinnovargli tali cerimonie ogni anno, 68. fatene parte ai Pena-
fondata la mia città, nei templi a lui dedicati. ti: era uso sacrale· che ai
banchetti funebri partecipas-
Aceste di stirpe troiana vi offre c;lue buoi sero i simulacri dei Penati,
per ogni singola nave: fatene parte ai Penati, quali componenti principali
sia quelli della patria sia quelli che l'ospite Aceste della famiglia, della gens e
70 tiene per sacri e onora con banchetti e preghiere. dello Stato.
71. quando la nona Au·
Quando la nona Aurora avrà portato ai mortali rora: presso i Romani i riti
il giorno celeste e avrà illuminato la terra funebri duravano nove gior-
coi suoi radianti strali, bandirò giochi funebri. ni. AI termine avveniva il
Per prima indirò una regata di navi veloci; grande banchetto e si cele-
bravano i giochi in onore
75 poi si presentino tutti, chi è agile nella corsa del defunto.
a piedi, chi presume d'esser bravo a scagliare 78. cesti: fasciatura di
il giavellotto e la rapida freccia, chi ha tanto coraggio cuoio (a mo' di guantone)
di battersi coi cesti: ci saranno premi per tutti. guarnita di borchie di ferro
o di piombo che usavano i
Ma adesso silenzio, cingete di rami le tempie!» pugili nelle gare.
80 Ciò detto vela i capelli col mirto materno, 79· adesso silenzio!: è l'in-
lo stesso fa Elimo, lo stesso il vecchio Aceste vito sacerdotale « ore favete
omnes » prima dell'inizio so-
ed il fanciullo Ascanio, seguiti da tutti gli altri. lenne del rito cui si parteci-
Enea va verso la tomba in mezzo a una gran folla, pava con le tempie ornate
qui versa per terra, libando secondo il rito, due tazze di mirto (qui materno per
85 di vino, due di latte e due di sangue sacro Enea perché pianta sacra a
Venere).
50. è già passato un an· no e ne era ripartito qualche 81. Elimo: forse un sici-
no: qualche critico ha fatto in Libia all'inizio dell'inver- liano, amico di Aceste, lo
rilevare l'inesattezza di que- mese appresso. Il Sabbadini stesso che sarà nominato al
sta affermazione. Infatti nel dice bene quando dimostra verso 327 come uno dei par-
canto precedente Virgilio a- che il canto V, nella prima tecipanti alle corse a piedi.
veva più volte, per inciso, stesura, venne scritto prima 85. due ... : due, come il
detto che Enea era arrivato del III. In tal modo i riti sette e il nove, era un nu-
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160 Canto quinto
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- Spiaggia Arrivo ~"'-s·p1agg1a· partenza
LA GARA DELLE NAVI
La nave Chimera era guidata da Gia; la Scilla era guidata da Cloanto; la Pristi da Men-
neo e la Centauro da Serszesto.
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COMBATTIMENTO DI GALLI, mosaico pompeiano. Museo Nazionale, Napoli
Mosaico (gr. museìon, lat. opus musivum, significa semplicemente «lavoro che si com-
pie sotto la protezione delle Muse ». Lo stesso dicasi di « museo » e « musica »). Il mo-
saico è un genere di arte che deriva dall'Oriente, ma che già era noto ai Greci e più
tardi ai Romani, prima che Alessandro Magno iniziasse le sue conquiste in Oriente.
Il mosaico consiste di figurazioni sul pavimento, poi anche su pareti, ed è composto di
pietruzze fluviali (non usate per mosaici preziosi), di dadi di marmo 5 x 5 mm o di vetro,
variamente colorati. In mosaici di maggior pregio si usavano persino pietre semipreziose.
Spesso si ricavavano figure mirabili per finezza di fattura.
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Canto quinto r6r
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162 Canto quinto
150. estuanti: preziosismo Sono seduti ai banchi, le braccia tese sui remi,
per ribollenti, trepidanti. attenti aspettano il via, mentre l'ansia affannosa
152. le grida marinare: è ISO e l'avidità di lodi svuota i cuori estuanti.
il « clamor nauticus », cioè
il grido cadenzato che scan- La sonante tromba squillò. Via! Tutti scattarono,
disce il ritmo della vogata, le grida marinare salirono alle stelle,
perché sia simultanea ed uni- la corrente spumeggiò sotto i colpi scanditi.
forme. Tracciarono solchi paralleli e il mare s'apri
155. rostri a tre punte:
speroni di bronzo di cui era- lSS sconvolto dai remi e dai rostri a tre punte.
no munite le navi antiche e Non filano tanto vdoci nella corsa delle bighe
che servivano non soltanto i cocchi schizzando fuori dalle rimesse
per fendere meglio le onde,
ma anche per perforare le per prendere pista, non si· curvano cosi
navi nemiche. Erano tanto a frustare i cavalli durante la gara
indispensabili e caratteristi- 160 i fantini sbattendo frenetici le briglie sciolte.
ci che venivano staccati dalle Il bo5co risuona "dell'applauso del pubblico
navi vinte per ornare le co-
lonne commemorative delle e dei gridi frementi dei tifosi entusiasti,
vittorie navali (colonne ro- le voci si ripercuotono acute sulla spiaggia,
strate). i colli seduti in cerchio ne rimandano l'eco.
156-160. II paragone tra
la veloce partenza delle navi 165 Tra l'urlo della folla è primo davanti a tutti
e quella delle bighe non pare Gia; subito dietro gli viene Cloanto
molto calzante ed appro- che ha remi migliori ma nave piu lenta.
priato. Seguono Pristi e C..entauro, a una certa distanza:
157. rimesse: sono i can-
celli che costringevano i con- tentano di sopravvanzarsi l'un l'altra,
correnti ad allinearsi e che 170 e un po' ci riesce la Pristi, un po' la grossa Centauro,
si aprivano contemporanea- un po' solcano i flutti perfettamente appaiate.
mente al via. Tendono già alla meta, s'avvicinano allo scoglio,
160. sbattendo ... le briglie
sciolte: percotendo con le quando Gia fino a qui sempre primo e vittorioso
briglie allentate la groppa sgrida a gran voce il suo timoniere Menete:
dei cavalli. 115 «Perché ti spingi tanto a destra? Tieniti in qua;
162. tifosi entusiasti: «vi- accosta tutto a riva e i remi di sinistra
ri faventes » li chiama il poe-
ta ed il neologismo dei no- sfiorino pure lo scoglio; al largo ci passino gli altri! »
stri tempi rende con molta Ma Menete temendo l'insidia dei sassi sott'acqua
efficacia il parteggiare degli tiene la prora diritta verso l'alto mare.
spettatori per l'uno o per 180 «Dove diavolo vai? Tieniti sullo scoglio! »
l'altro equipaggio.
164. ne rimandano l'eco: strilla di nuovo Gia, e girandosi vede
sembra di assistere ad una Cloanto incalzarlo da presso e raggiungerlo.
manifestazione sportiva mo- Cloanto passa all'interno, tra la nave di Gia
derna. e gli scogli sonanti, finché d'improvviso
185. doppiata la mèta:
è termine marinaresco per 185 S'l;lpeta il primo, balzando in testa, e doppiata la meta
superata, aggirata l'isoletta spazia in acque sicure. Bruciando di folle dolore
ch'era stata scelta per la
virata. non solo è descritta con in- questo incidente che ne au-
186-195. La regata, che è calzanti ed avvincenti se- menta l'interesse. Il lettore
invenzione tutta virgiliana, quenze, ma è avvivata da partecipa alle vicende come
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Canto quinto 16 3
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I 64 Canto quinto
232-237. Dice il Vitali: Mnèsteo intanto, felice, fatto ancora piu ardito
« Come sempre, Virgilio in
questa similitudine della co- 230 dal successo, guadagna il largo a forza di remi,
lomba lavora con finissima col favore del vento, e corre in mare aperto.
cura il passo con ricchezza Come, improvvisamente spaurita, una colomba
di particolari che, opportuni dalla buca profonda scavata nel sasso
per la rappresentazione della
cosa o del fatto in se stesso dove ha il nido e i pulcini si getta per i campi
considerato, non tutti sono 235 a volo, e prima starnazza con grande fragore
strettamente corrispondenti uscendo dal chiuso, dopo scorrendo nell'aria tranquilla
alla cosa o al fatto con cui scivola limpidamente senza un battito d'ali:
la composizione è stabilita.
Qui il confronto è posto, in cos{ Mnèsteo fugge per l'ultimo tratto di mare,
sostanza, tra il volo della e lo slancio fa correre la nave velocissima.
colomba, volo dolce, quasi 240 Anzitutto si lascia dietro Sergesto che lotta
molle scivolamento nell'aria
tranquilla e la fuga agevole tra lo scoglio e le secche, chiamando aiuto invano,
e rapida della ''Pristi" incal- sforzandosi invano di correre coi remi spezzati.
zante la "Chimera" ». Poi raggiunge la grande Chimera di Gia
247. tutti parteggiano per che, priva di timoniere, cede, si lascia passare.
l'inseguitore: ben colta e 245 Rimane, già sotto all'arrivo, soltanto Ooanto;
sottolineata la psicologia del-
la folla, disposta a schierarsi Mnèsteo wole agguantarlo, lo incalza con tutte le forze.
subito per colui che audace- Si leva un clamore grandissimo, tutti parteggiano
mente ha osato e che ora, per l'inseguitore e gli gridano: «Forza! Dai! ». Ne ri-
per un complesso fortunato [suona
di circostanze, insidia il pri-
mo posto a chi lo ha mante- l'aria. Gli inseguiti s'infuriano per paura di perdere,
nuto sin da principio. 250 vorrebbero morire piuttosto che rinunciare al trionfo;
254. la grazia dagli Dei: agli altri dà ali il successo e tutto sembra possibile.
Mnèsteo aveva rivolto ai Sarebbero forse arrivati alla pari
compagni un'orazione piccio- se Ooanto stendendo le mani verso l'oceano
letta per spronarli al succes-
so; Cloanto invece si rivol- non avesse impetrato la grazia dagli Dei:
ge agli dèi del mare ed ha 255 « O creature divine che 'avete il dominio del mare,
partita vinta. La tesi virgi- vi immolerò volentieri un bianchissimo toro
liana dell'intervento divino, davanti all'altare, sul lido, lo giuro,
in tutte le vicende umane,
è qui ribadita. e getterò le viscere nel flutto salato
26r. Nereidi: divinità del libandovi vini preziosi». Parlò
mare, la più celebre delle 260 e dalle profondità marine l'udi
quali fu Tetide, madre di l'intero coro delle Nereidi con quello di Porco,
Achille. - Porco: figlio della e Panopea, la vergine; e lo stesso Portunno
Terra e del Mare, fratello di
Nereo. lo spinse con la mano grande. La nave
262. Panopea: una delle piu veloce del vento e d'una rapida freccia
Nereidi. - Portunno: dio 265 filò a terra, si fermò dentro il porto profondo.
romano che proteggeva i Allora il figlio di Anchise, chiamati tutti a sé
porti. È chiaro l'anacronismo secondo l'usanza, per tramite della gran voce
della citazione perché i tro-
iani non avevano alcun dio d'un araldo proclama Ooanto vincitore
di questo nome. e gli vela le tempie d'alloro sempreverde
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Canto quinto r 65
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r66 Canto quinto
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Canto quinto 1 67
quasi sotto il traguardo, quando il povero Niso corpo ... : ancora un'annota-
sdrucciolò sul bagnato, poiché per caso il sangue zione psicologica di estrema
finezza. Noi ammiriamo l'a-
delle vittime uccise aveva intriso la terra tleta vincitore, chiunque egli
355 e l'erba verde. Il giovane, che già per vittorioso sia, ma se è giovane, virtuo-
era applaudito, non riusd a mantenersi diritto so, simpatico e soprattutto
se « piange troppo bene »
ma cadde a faccia in avanti nel sangue sacro e nel fango. allora siamo portati a parteg-
Cadendo pensò soltanto al suo amico Eurialo giare per lui con tutto il
e alzandosi sul viscidume si oppose a Salio, nostro fervore, conquistati
360 lo fece ruzzolare sull'arena spessa. da queste sue doti naturali.
Cosi è per Eurialo: inutil-
Cosi Eurialo saetta e vince con l'aiuto mente Salio reclama giusti-
di Niso, ottenendo un applauso fragoroso, fremente. zia dagli anziani che forma-
Lo segue Etimo, Diore conquista il terzo posto. no la giuria perché le sim-
Allora Salio fa risuonare di grida l'anfiteatro; patie della folla sono tutte
per il vincitore. Enea, con
365 rivolto agli anziani reclama l'onore la sua saggezza, appianerà la
toltogli con l'inganno. La simpatia generale controversia, concedendo a
va ad Eurialo che piange troppo bene: il valore Salio un bellissimo premio
supplementare.
in un bel corpo è piu gradito. E ci si mette 369. anche Diore: il terzo
anche Diore, che è per Eurialo e strilla a gran voce: arrivato difende Eurialo, non
370 non avrebbe alcun premio, con Salio vincitore. tanto perché gli sia amico,
Allora interviene Enea: « I premi son vostri, ragazzi, quanto perché se la giuria
riconoscesse fondate le pro-
nessuno wol cambiare l'ordine d'arrivo; teste di Salio, egli verrebbe
ma voglio consolare un amico innocente ». retrocesso e perderebbe il
Cosi detto dà a Salio la pelle d'un leone premio.
375 di Getulia, dal vello spesso e dall'unghie dorate. 375· Getulia: regione del-
l'Africa mediterranea.
E Niso allora: « Se tali premi concedi ai vinti, 383. Didimaone: artefice
se hai tanta pietà di chi è caduto, a me a noi sconosciuto.
che darai? Avrei pure awto la prima corona
senza la stessa sfortuna che è toccata a Salio! » L'INCONTRO DI PUGIJ.ATO
380 Cosi dicendo mostrava il volto e le membra (385-508. -Alla gara si pre-
senta il solo Darete che nes-
bruttamente infangate. L'ottimo padre sorrise suno osa affrontare e che
e comandò che gli si portasse uno scudo, chiede ad Enea, in mancan-
opera di Didimaone, strappato dai Greci za di avversari, di avere il
al tempio di Nettuno, e gliene fece un bel dono. premio stabilito. Sollecitato
dal re Aceste, si fa allora
innanzi un vecchio atleta,
Entello, che accetta di com-
L'incontro di pugilato battere, anche se l'età e le
condizioni fisiche lo vor-
38S Terminate le corse e la distribuzione dei premi: rebbero soccombente. La lot-
« Ora chi se ne sente la forza e il coraggio ta è violentissima: prima pa-
re avere la meglio Darete;
poi Entello, dopo una cadu-
be superato o almeno sareb- ai dut: r.1d1~ti come una ta, si scatena ed Enea è co-
be giunto alla pari. saetta. stretto ad interrompere il
361. saetta: passa accanto 367. il valore in un bel combattimento per timore
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r68 Canto quinto
che Darete sia massacrato. venga a porsi in guardia coi cesti sul pugno».
Entello gioisce, uccide con
un pugno il toro vinto e di- Cosi dice Enea e mette in palio due doni,
chiara di non voler più com- al vincitore un torello adorno di bende dorate,
battere in futuro. 390 al perdente una spada e un magnifico elmo.
387. cesti: una rozza an- Subito viene avanti Darete ostentando gran forza,
ticipazione dei nostri guan- altissimo se ne leva un murmure di meraviglia;
toni. Il cesto era costituito fu lui il solo che osasse lottare con Paride,
da molte strisce di cuoio
che si avvolgevano intorno fu lui che presso al sepolcro di Ettore vinse
al braccio ed alla mano; mol- 395 Bute dal corpo immane che si vantava disceso
te volte le strisce erano co- dalla stirpe dei Bebrici di re Amico, fu lui
stellate di borchie di me- che sulla fulva arena lo stese moribondo.
tallo per rendere il colpo
più pericoloso e pesante. Cosi Darete, pronto alla lotta, alza il capo
391. Darete: l'apparizione e mostra le spalle larghe e schermisce con l'ombra
sulla scena dei giochi di que- 400 avventando gran destri e sinistri nell'aria.
sto aùeta è ad arte plateale Né trova avversari, nessuno fra tanti
e barocca. Enea non ha an-
cor finito di parlare ch'egli osa affrontarlo" infilando le mani nei cesti.
balza in mezzo all'arena, pos- Perciò certo che tutti lasciassero a lui la vittoria
sente e minaccioso, sicuro allegro stette davanti ad Enea e senza indugiare
di sé e già certo della vitto-
ria, sempreché ci sia un av- 405 con la sinistra afferrò per le corna il torello
versario disposto ad affron- e disse: «O nato di Dea, se nessuno osa battersi,
tarlo. Le sue imprese passa- è inutile perdere tempo e fermarci a aspettare.
te sono note a tutti: ha vin- Lasciami prendere il premio ». E tutti i Troiani
to Paride, ch'era un buon
aùeta, ma soprattutto ha uc- dicevano di si: gli si desse il toro promesso.
ciso in un incontro dramma- 410 Allora Aceste con gravi parole rimprovera Entello
tico il gigantesco Bute, che che gli sedeva vicino sull'erba verde del prato:
discendeva dal mitico re A-
mico, anche lui famoso pu- « O Entello, invano una volta fortissimo tra gli eroi,
gilatore. Giovinezza, forza, senza nessuna lotta lascerai portar via
esperienza sono tutte dalla dei doni cosi belli, indifferente? Dov'è
sua parte: chi oserà affron- 415 quell'Erice che invano chiamavi tuo maestro?
tarlo?
396. Bebrici: popolo che Dov'è la fama sparsa per tutta la Sicilia?
abitava la Bebrizia, regione Dove sono i trofei che ornano la tua casa?»
dell'Asia Minore sul Mar
Nero. tato nella nota riguardante per orgoglio e per desiderio
400 .. avventando ... : l'uso Darete come Virgilio avesse di gloria. Il poeta pare dal-
non è mutato: anche oggi a bella posta calcato la ma- l'episodio trarre un profon-
prima di un incontro i pu- no, dipingendoci il troiano do insegnamento sia per i
gili saltellano avventando come atleta troppo sicuro e giovani sia per gli anziani
pugni a destra e a manca superbo. L'antagonista deve per quanto riguarda gli eser-
contro l'ombra, come si dice perciò essere esattamente il cizi sportivi e la loro etica
in linguaggio tecnico. contrario: maturo d'anni, fondamentale.
406. O nato di dea ... : an- saggio, umile, cosciente delle 415. Erice: figlio di Ve-
che: le parole, come· l'atteg- proprie forze e proprio per nere e di Bute, antico re di
giamento, esprimono sicu- questo cauto; non vile però una parte della Sicilia e fa-
rezza e tracotanza. da evitare la lotta non tan to moso pugile. Fu ucciso in
410. Entello: avevamo no- per il premio, ma soltanto singolar tenzone da Ercole.
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Canto quinto 169
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170 Canto quinto
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Canto quinto I 7I
quali fossero un tempo da giovane le mie forze dell'arte acquista cosl un si-
gnificato umano che com-
e da che morte avete liberato Darete •· muove profondamente.
Cosi detto si pose davanti al torello ed alzò
la destra armata del cesto e la vibrò tra le corna IL TIRO A SEGNO CON L'AR-
sos violentemente, infranse l'osso e schiacciò il cervello: CO (509-575). - Una bianca
la bestia cadde a terra tremando, morta sul colpo. colomba, legata in cima
E disse: «In cambio della vita di Darete ad un'antenna, costituisce il
bersaglio per i quattro (Jr-
io ti dedico, o Erice, quest'anima migliore, cieri in gara: Ippocoonte,
e qui vittorioso depongo i cesti e l'arte •· Mnèsteo, Eurizione ed Ace-
ste. Vince Eurizione, prima
che Aceste possa gareggiare.
Il tiro a segno con l'arco Allora il te sc(Jg/ia la sua
saetta verso il cielo: questa
s'infiamma e scompare in
StO Subito dopo Enea invita chi vuoi gareggiare una scia di fuoco. Enea
con 111- freccia veloce e mette premi in palio; interpreta tl prodigio come
con mano poderosa drizza un albero tolto un buon augurio .? premia
Aceste.
alla rapida nave di Seresto ed in cima
vi lega con uno spago una colomba a bersaglio.
513. nave di Sergesto: la
SlS Accorrono gli arcieri: in un elmo di bronzo « Centauro » che s'era inca-
si gettano le sorti. Chi tirerà per primo? gliata sugli scogli ed era
Esce tra grandi applausi il nome di lppoconte stata ricondotta malconcia
figlio d'Irtaco, secondo è quello di Mnèsteo, nel porto.
516. le sorti: i nomi degli
già lieto del suo premio nella gara navale, arcieri, scritti da un coccio,
S20 incoronato di splendido olivo. Ed è terzo che partecipavano alla gara
Eurizione, fratello di quel famoso Pandaro e che dovevano essere sor-
teggiati.
che un giorno, dovendo turbare la tregua 517. Ippoconte: fratello
per impulso divino, fu il primo a scagliare di Niso, che abbiamo già
un dardo contro gli Achei. Rimane per ultimo conosciuto nella gara della
S2S in fondo all'elmo di bronzo il nome di Aceste, corsa.
518. Mnèsteo: comandan-
che ancora osava affrontare una fatica da giovani. te della « Pristi » giuntq se-
Con mani poderose incurvano gli archi; condo nella regata.
ognuno nel suo sforzo è solo, dalla faretra 521. Eurizione: fratello di
quel Pandaro, ch'era stato il
ognuno sceglie un dardo. Per prima flagella migliore arciere troiano. In-
fatti durante la guerra, Gre-
ci e Troiani s'erano accor-
509. qui vittorioso: rapi- gno che abbatte il torello dati, per evitare ulteri.:ue
da, bella, incalzante è la sacrificato ad Erice, maestro spargimento di sangue, di l'i-
chiusa della gara che fra di Entello, le ultime parole solvere la contesa con un
tu t te è quella che il poeta del pugile son poste in un duello tra Menelao e Pari-
ha condotto con arte più si- susseguirsi di sequenze ma- de. Ma Minerva spinse Pan-
cura e fervida. La caduta di gistrali che avvincono ed daro a ferire con un colpo
Entello, la rabbiosa reazio- appassionano lo spettatore. magistrale Menelao, in modo
ne, la tempesta di colpi che L'ultima vittoria, forse la che la guerra riprese. Panda-
s'abbatte su Darete, l'inter- più significativa, che prece- re venne poi ucciso da Dio-
vento di Enea, il gran pu- de l'abbandono definitivo mede.
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I 72 Canto quinto
530. nervo stridente: è la 530 l'aria nel cielo, scoccata dal nervo stridente,
corda dell'arco, ottenuta in· la saetta del giovane lppoconte e colpisce
trecciando nervi di bue o
striscioline di cuoio oppure quasi nel segno, si ficca nel tronco. Vibrò
crini di cavalli. Fortemente il palo e la colomba tremante starnazzò
tesa dall'arciere, quando, li- intorno allo spago mentre dovunque scoppiavano ap-
berata la freccia, tornava nel- [plausi.
la posizione di partenza, vi-
brava a lungo mandando uno 535 Il valoroso Mnèsteo si preparò, l'arco teso,
stridente ronzio. e sperava di vincere: prese la mira
533· starnazzò: batté le con intenta attenzione. Ma non seppe colpire
ali spaventata senza potersi la colomba, ruppe soltanto lo spago
allontanare dal palo cui era
legata. che la legava per una zampa, cosi l'uccello
542. del morto fratello: 540 volò via nell'aria tra le nuvole nere.
dell'infaticabile Pandaro, af- Rapido allora, già pronto con l'arco e la freccia,
finché lo assistesse. Eurizione invocò l'Ombra del morto fratello
545· la colpì ... : par di ve- e, attentamente mirando alla colomba già lieta
dere, tanto è nitida la de· nel libero cielo, che sembrava applaudire
scrizione, la bianca colomba
sullo sfondo nero delle nu- 545 con un palpito d'ali la libertà, la colpi
bi, prima innalzarsi libera e sotto una nuvola nera. Esanime cadde
plaudente, poi abbattersi ful- lasciando la vita tra gli altissimi astri,
minata dalla saetta mortale precipitò portando la freccia piantata nel petto.
di Eurizione.
Restava il solo Aceste senza speranza di premio;
551. col suono dell'arco:
la corda dell'arco vibrava 550 ma il vecchio egualmente vibrò la freccia nell'aria
più intensamente quanto più mostrando col suono dell'arco la sua abilità.
veniva tesa dalla forza del- Un grande prodigio, d'augurio per il futuro,
l'arciere. si rivelò all'improvviso: lo confermarono i fatti
552. Un grande prodigio:
i critici sono discordi nel- e i terrifici vati ne dissero tardi presagi.
l'interpretazione del signifi- sss La freccia s'accese volando tra liquide nubi,
cato della freccia ardente. arse e tracciò una scia di fiamma, si consumò
(}li uni vogliono vedervi la e spari tra i volubili venti. Cosi le stelle cadenti
predizione della prima guer-
ra punica che si svolse ap- spesso si staccano dal cielo e trascinano
punto in Sicilia e fu sangui- correndo nel cielo una chioma lucente.
nosa; gli altri, con a capo il 560 Siciliani e Troiani ne restarono attoniti
Pascoli, il preannnucio della
sorte luminosa di Enea e di e pregarono i Numi: il grandissimo Enea
Ascanio, sitnile a quella di non rifiutò l'augurio, abbracciò Aceste, lieto
Cesare e di Augusto. Infatti del colpo, colmandolo di doni e gli disse:
durante i ludi che Ottavia- « O padre, prendi, poiché il grande re dell'Olimpo
no fece celebrare in onore di
Venere, per sette sere conse- 565 ti vuole vincitore anche contro la sorte.
cutive apparve in cielo una Ricevi questo dono che fu del padre Anchise,
stella cometa, che tutti ri- una coppa istoriata di fregi, che una volta
tennero l'anima di Cesare,
assunta in cielo.
565. anche contro la sor- più bersaglio tu hai dimo- di essere il più valente, o me-
te: anche quando non c'era strato ancora, malgrado l'età, glio, il prediletto degli dèi.
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Canto quinto z73
il tracio Cisseo aveva dato in regalo ad Anchise, carosello dei cavalieri, chia-
uno stupendo regalo in pegno del suo affetto ». mato anche ludo troiano.
Divisi in tre schiere, i giovi-
510 Ciò detto gli cinge le tempie di alloro sempre verde, netti compiono eleganti e
dichiara il vecchio Aceste vincitore su tutti. precise evoluzioni; poi fin-
Né il buon Eurizione gli invidia tale onore gono una battaglia. Gli spet-
tatori si compiacciono per
benché lui solo avesse abbattuto l'uccello. la perizia dei cavalieri ed
Un altro premio va a chi ha spezzato Io spago, applaudono.
575 l'ultimo a chi ha piantato nel palo la freccia.
577· Epitide: Perifante, fi-
La parata dei giovani cavalieri glio di Epito, maestro d'ar-
mi e pedagogo di Julo.
Ma il padre Enea, mentre ancora non era finita la 579· la schiera puerile: la
schiera a cavallo dei giovi-
[gara netti che stanno per dar luo-
chiama a sé Epitide, balio e amico del piccolo Julo, go a quello che si chiamava
e gli parla all'orecchio: «Su, corri da Ascanio, « ludus troianus », una spe-
cie di carosello in cui i ca-
digli che se ha già pronta la schiera puerile valieri dovevano dar prova
580 e in ordine i cavalli, conduca le squadre del loro perfetto addestra-
in onore del nonno: e venga fuori armato». mento nelle evoluzioni com-
Poi comanda che il popolo che aveva invaso il circo binate, nel maneggio delle
armi e nei vari esercizi indi-
lasci libero il campo. Avanzano i fanciulli viduali e collettivi.
splendendo tutti insieme allo sguardo dei padri 584. splendendo: agli oc-
585 sui frenati cavalli, e freme nel guardarli chi dei genitori i figli ap-
mentre vanno la gioventu troiana e siciliana. paiono nello splendore della
giovinezza e della bellezza
Tutti hanno i capelli cinti da una corona, virile e guerriera.
portano due giavellotti dalla punta di ferro 589. turcassi: astucci per
e, alcuni, lucenti turcassi: una catena flessibile contenere le frecce.
590 d'oro intrecciata discende dal collo sui petti. 592. caracollano: volteg-
Tre squadre di cavalieri vengono al trotto, e davanti giano saltellando a destra e
a tutti caracollano tre piccoli capi: a sinistra.
ognuno di loro è seguito da dodici fanciulli. 594· il piccolo Priamo: fi-
glio di Polite che era stato
La prima lieta schiera la guida il piccolo Priamo ucciso da Pirro sotto gli oc-
595 (tuo chiaro figlio, o Polite, che ripete il nome del nonno chi del padre Priamo.
e che avrà una stirpe in Italia) montato su un cavallo 597. balzano: si dice di
di Tracia, balzano d'un piede e stellato di bianco. cavallo che ha una macchia
Secondo è Ati, da cui discende la gente latina bianca sopra lo zoccolo. -
Stella/o di bianco: macchia-
degli Azi, fanciullo carissimo al giovane Julo. to sulla fronte a mo' di
600 Ultimo è Julo, il piu bello di tutti, e cavalca un de- stella.
[striero 599· degli Azi: fondatori
sidonio, pegno d'affetto della bella Didone. ed abitanti di Ariccia. Dagli
Azi discendeva la madre del-
568. Cisseo: padre di Ecu- LA PARATA DEI GIOVANI l'imperatore Augusto.
ba, che fu moglie di Pria- CAVALIERI (576-633). - A 6or. sidonio: originario di
mo e ultima regina di Troia. chiusura delle gare ecco il Sidone in Siria.
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17 4 Canto quinto
6o 5. dei padri: dei padri Tutti gli altri montano cavalli d'Aceste ...
presenti, ma anche di tutti I Dardanidi accolgono con un applauso i fanciulli
gli eroi caduti in difesa di
Troia. vedendoli timidi, e nel guardarli gioiscono
6r7. il Labirinto: propria- 605 riconoscendo in loro i lineamenti dei padri.
mente è una costruzione con Avevano fatto al trotto il giro della pista
ambienti e corridoi cosi in- felici di esibirsi cosi davanti ai parenti
tricati da non poter trovare
la via d'uscita. Quello crete- quando Epitide con un grido e uno schiocco di frusta
se, in vicinanza di Cnosso, diede il segnale. Corsero in file parallele
costruito da Dedalo per or- 610 e subito si divisero a gruppi di tre,
dine del re Minosse, era tra poi via, tornarono indietro a puntarsi per gioco le armi.
i più famosi.
6r8. diverticoli: corridoi È un carosello di scontri, di finte ritirate,
e vie laterali che confonde- di giri e di rigiri, di fughe e scaramucce,
vano il malcapitato che cer- di difficili passi intrecciati: e un poco s'affrontano
cava l'uscita.
623. Scarpanto: isoletta a 615 coi dardi, un poco fatta la pace marciano assieme.
sud ovest di Rodi. Si dice che un tempo nella nobile Creta
626. Prischi Latini: i La- il Labirinto tra oscure pareti chiudesse un cammino
tini dei suoi tempi. tortuoso e intricato con mille diverticoli
l-INCENDIO DELLE NAVI sf che fosse impossibile andare dritti alla meta;
(634-739). - Mentre si svol- 620 con eguali volute i figli dei Troiani
gono le gare, le donne troia- intrecciano i passi, tessono per gioco fughe e battaglie
ne se ne stanno in disparte,
sulla riva del mare, e Giu- come delfini che scherzano per la distesa marina
none, che di continuo inven- fendendo le acque di Scarpanto o di Libia.
ta guai per Enea, manda la Ascanio, mentre cingeva di mura Alba Longa,
sua messaggero Iride che as- 625 rinnovò questo tipo di corsa e di gara
sunte le sembianze di una di
essa, Beroe, invita le compa- e lo insegnò ai Prischi Latini nell'identico modo
gne ad incendiare le navi, in in cui lui giovinetto l'aveva praticato
modo da interrompere il insieme ai giovani Teucri: gli Albani a loro volta
viaggio e stabilirsi in Sici-
lia tra gente amica. In breve lo insegnarono ai propri ragazzi: la grande Roma
dalle navi si levano alte fiam- 630 l'ebbe da loro e mantenne la tradizione; sicché
me. Ascanio ed Enea con ancora oggi quel gioco è detto Troia e la schiera
gli altri guerrieri corrono per
spegnere l'incendio: Enea dei fanciulli a cavallo è detta la schiera troiana.
prega Giove di aiutarlo ed Fu questa l'ultima gara in onore di Anchise.
il dio scatena un violento
temporale che estingue le
fiamme. Quattro navi però
sono perdute. L'incendio delle navi
637. Saturnia: figlia di Sa-
turno.
638. Iride: figlia di Tau- Qui per la prima volta la Fortuna mutò,
mante e dell'oceanina Elet- 635 volle essere infedele. Mentre con tanti giochi
tra, personificazione dell'ar- rendono solennemente gli onori estremi alla tomba,
cobaleno, messaggera degli
dèi ed in particolare di Gio- Giunone Saturnia manda dal cielo alla flotta troiana
ve e di Giunone. la messaggera Iride, spirandole venti propizi:
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Canto quinto 1 75
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176 Canto q:sinto
68x. Pirgo: altro perso- 680 Le donne guardavano attonite. Ed una di loro,
naggio inventato da Virgilio.
682-689. Il fatto che Pir- la piu vecchia, Pirgo, regale nutrice di tanti
go si sia accorti che una dea figli di Priamo, disse: «Ma questa non è Beroe,
abbia assunto le sembiame questa non è troiana, non è la moglie di Doriclo;
di Beroe fa sl che l'incita- riconoscete i segni della celeste maestà,
mento a bruciare le navi di-
venga senz'altro un ordine 685 guardate che occhi ardenti, che spirito, che volto,
divino e debba essere ese- e il suono della voce, l'incedere divino!
guito. Del resto ho lasciato da poco Beroe, era triste
682-693. Drammatico è il perché ammalata, perché lei sola doveva astenersi
conflitto interiore che cia-
scuna donna sente in sé tra dalla festa e dal rendere a Anchise gli onori dovuti ».
l'« amore doloroso » per la 690 Titubanti le madri dapprima gettarono torvi
solida terra siciliana, cioè sguardi alle navi, incerte tra un doloroso amore
per la realtà di oggi che non
appaga del tutto, ma è pur per la solida terra su cui poggiano i piedi
sempre la fine di dolori e e i favolosi regni a cui le chiama il Fato;
traversie settennali, e i « fa- quando la Dea si levò ad ali spiegate nel cielo
volosi regni » che le atten- 695 tracciando sotto le nubi la scia d'un arcobaleno.
dono in Italia, ma che esi-
gono un tributo ulteriore di Stupite dal miracolo e spinte dal furore
sofferenze e di morte. allora corrono al fuoco gridando, ed alcune
700. Eumelo: ennesimo spogliati gli altari gettano rami e tizzoni:
personaggio sconosciuto. il fuoco infuria sui banchi, sui remi e le poppe dipinte.
710. il vostro Ascanio:
non a caso il giovinetto 700 Eumelo arriva di corsa alla tomba d' Anchise
giunge e parla per primo per portare alla gente che guarda tranquilla le gare
alle donne, perch'egli rap- notizia delle navi in fiamme: e tutti voltandosi
presenta appunto la speran- vedono cupe faville laggiu vorticare tra il fumo.
za di quei favolosi regni,
promessi dal fato, regni Ascanio, che lieto guidava il carosello, per primo
ch'egli avrebbe dovuto go- 705 corre in furia a cavallo all'accampamento sconvolto,
vernare come capostipite. né gli affannati maestri riescono a trattenerlo.
711. l'elmo: il gesto che « Che cos'è questa strana follia? Cosa fate? -
accompagna le parole tende
a far ricoqoscere in lui il dice. - Non state bruciando gli accampamenti nemici,
. figlio di Enea, in quanto le navi degli Achei, ma le vostre speranze .
l'elmo gli copriva il capo e 710 Ecco qui il vostro Ascanio! ». E gettò ai loro piedi,
parte del volto e lo rendeva vuoto, l'elmo con cui guidava la finta battaglia.
difficilmente riconoscibile.
717. sbolle" dai loro cuori: Anche Enea corre, con lui la schiera dei Teucri.
cosl com'era sorta improv- Ma quelle si disperdono per spiagge e per selve, impau-
visa e quasi sema ragione, [rite
perché suscitata ad arte da. s'appiattano nelle caverne piu profonde,
Giunone, l'ira abbandona il
cuore delle donne e la realtà 715 si pentono e vergognano di quello che hanno fatto,
le fa coscienti della loro ver- sentono troppo pesante persino la luce,
gognosa azione. e l'ira di Giunone sbolle dai loro cuori.
720. le stoppa: filaccia di Ma non per questo s'attenua la fiamma e la forza
lino o di canapa impregnata
di pece con la quale si chiu- dell'incendio; ché sotto la quercia bagnata
devano le fessure tra le va- 720 s'accende la stoppa ed esala un sudicio fumo
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Canto quinto 177
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I 78 Canto quinto
757· affranti: incapaci cioè 755 scegli i vecchi, le- madri che non sopportano il mare,
di lottare più a lungo perché gli invalidi, quelli che hanno paura,
stanchi e privi di forze. Co-
storo, per la spedizione che permetti che qui affranti costruiscano mura:
sta per affrontare le ultime lascia che chiamino Acesta la loro città».
e più dure difficoltà, costi- Acceso dalle parole del vecchio amico, Enea
tuirebbero un inutile impac- 760 ne è rianimato, e insieme piu preoccupato che mai.
cio ed un motivo in più di
preoccupazione. La proposta E già la notte nera saliva sul cocchio nell'aria,
di Naute è crudele, ma ne- quando gli apparve l'ombra del padre Anchise, scesa
cessaria e tende a rianimare dal cielo all'improvviso, che gli disse cosi:
Enea e a infondergli novella « O figlio, un tempo a me caro piu della stessa vita,
fiducia. Tuttavia l'eroe pare
più che mai indeciso sul da 765 quando ero in vita, o figlio cosi duramente provato
farsi. dai destini di Troia, io vengo qui da te
771. un popolo duro: per comando di Giove, che ha salvato le navi dal fuoco
abituato a guerreggiare ed e che finalmente dal cielo s'è impietosito di te.
a lavorare, che difficilmente
si sottometterà senza pri- Segui i buoni consigli che ti dà il vecchio Naute,
ma combattere sino allo 770 porta in Italia giovani scelti, fortissimi cuori,
stremo. nel Lazio dovrai debellare un popolo duro,
773· case infernali di Di-
te: il regno di Dite o Pluto- gente allevata nelle fatiche. Ed andrai
ne il cui accesso era costitui- prima, o figlio, alle case infernali di Dite,
to dal lago di Averno. per il profondo Averno dovrai cercare di me.
775· Tartaro: era la par- 775 Ignoro l'ombra triste del Tartaro: dimoro
te più profonda dell'Inferno
pagano, ove erano puniti gli nei Campi Elisi, coi giusti. E ti condurrà li,
empi. dopo aver sparso il sangue di molte pecore nere,
776. Campi Elisi: cosi si la casta Sibilla. Allora tutto saprai
chiamavano i luoghi ove sog- della tua stirpe e della città che ti tocca.
giornava,no i giusti, i virtuo-
si, i poeti ed i filosofi. Ll 780 Ma adesso addio, l'umida notte ha già corso metà
era eterna primavera, il sole del suo itinerario celeste, e l'Oriente
splendeva perenne, i campi mi spinge via veloce coi suoi ansanti cavalli».
erano fioriti e un fiumicello, Disse e fuggi leggero come un fumo nell'aria.
il Lete, scorreva placido. Chi
beveva le sue acque dimen- «Dove vai, dove ti precipiti, o padre? -
ticava tutti i mali. 785 dice Enea. -Da chi fuggi? Chi ti strappa al mio ab-
778. la casta Sibilla: la [braccio? »
vergine sacerdotessa di A- Assorto ancora nel sogno risuscita la fiamma
pollo (vedi nota v. 541 can-
to III). dalla cenere e supplice venera i misteri
778-779. Allora... tocca: della canuta Vesta ed i Lari di Pergamo
accenna alla discesa di Enea e versa il pio farro e brucia l'incenso.
agli Inferi, al loro incontro
e alla rivelazione del desti-
no grande che attende i lo- Apollo. I morti apparivano 788. Vesta: era la dea del
ro discendenti, che saran- ai vivi soltanto nelle ore focolare e degli affetti fami-
no descritti sul finire del notturne. liari. Era rappresentata ca-
canto VI. 786. la fiamma: che si te- nuta, cioè bianca di capelli
781. l'Oriente: intendi: il neva accesa innanzi agli al- perché simboleggiava la sag-
carro del sole guidato da tari dei Penati. gezza.
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Canto quinto 179
790 Subito chiama i compagni, per primo il re Aceste, nuova città. Cosl sarà anche
rivela loro il comando di Giove e i consigli di Roma da parte di Ro-
molo.
dd carissimo padre, ed ascolta il loro pensiero: 8oo. col nome di Ilio:
Aceste acconsente, la città si farà. non accettando in tal modo
Vi iscrivono d'autorità le madri, vi lasciano il suggerimento di Naute di
chiamarla Aceste.
795 chi vuole, chi non ha desiderio di gloria. 801. gode del regno: il
Si rifanno i pezzi bruciati delle navi, buon Aceste è soddisfatto
si riparano i remi e gli attrezzi: son pochi per i nuovi sudditi e per la
i naviganti, ma splendono di bellico valore. nuova città che arricchisce il
suo regno.
Intanto Enea con l'aratro disegna le mura 802. dà leggi: si può in-
800 c tira a sorte i quartieri: li chiama col nome di Ilio tendere che Aceste fa cono-
e fa rivivere Troia. Aceste gode del regno scere ai nuovi cittadini le
ed indice comizi, ai padri riuniti dà leggi. leggi che regolano la convi-
venza del suo stato, oppure
Poi si consacra un tempio a Venere I dalia dà loro potestà di fare pro-
in cima all'Erice, vicino alle stelle, prie leggi.
805 e tm bosco con un sacerdote alla tomba d' Anchise. 803. Venere /dalia·: dal
monte Idalio nell'isola di
Creta. Di un tempio eretto
a Venere rimangono ancor
La partenza ora vestigia bellissime sul
monte Erice.
Tutti hanno già banchettato per nove giorni e onorato LA PARTENZA (806-881). -
gli altari: placidi venti fanno del mare una tavola, Aceste accetta di ospitare
l'Austro propizio soffia forte ed invita a salpare. le donne, i vecchi ed i bam-
bini. Si dà mano a costruire
Un grande pianto scoppia sulla spiaggia lunata; una piccola città ed un tem-
810 indugiano una notte e un giorno, non sanno staccarsi, pio dedicato a Venere. Poi
le madri stesse e coloro ai quali un tempo era parso le sedici navi superstiti sal-
aspro l'aspetto, intollerabile il nome del mare, pano verso l'Italia. Intanto
Venere si rivolge a Nettuno
vogliono anch'essi partire, soffrire i disagi del viaggio. e lo prega di far sì che la
Il buon Enea li consola con parole amichevoli navigazione si svolga senza
815 e li raccomanda alle cure di Aceste. intoppi. Nettuno la rassicu-
Ordina quindi d'immolare un'agnella alle Tempeste ra e con il cocchio spiana il
mare davanti alle prue dei
e tre vitelli ad Erice, e di salpare !~ancora. legni troiani, che procedono
Col capo ornato di tenere foglie d'olivo sicuri verso la mèta.
ritto in cima alla prua, con in mano una coppa,
8o6. per nove giorni: si
celebra un altro novendiale
per celebrare degnamente la
789. fa"o: grano impasta- ge storica universale: sono fondazione della nuova città
to con sale. sempre pochi gli eletti e i e del tempio.
797. son pochi ma... : esi- predestinati alle grandi im- 8o8. Austro: detto anche
gui di numero, « sed bello prese. Noto, vento del Sud, in que-
vivida virtus »: l'esametro 799· con l'aratro: il pri- sto caso favorevole alla flot-
virgiliano è giustamente pro- mo atto del rituale antico ta troiana che doveva veleg-
verbiale, stando lapidaria- era quello di tracciare con giare appunto verso nord-
mente ad indicare una leg- un solco il perimetro della est.
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x8o Canto quinto
820. le viscere e il vino 820 getta nei flutti salati le viscere e il vino purissimo.
purissimo: è la libagione
di prammatica prima di ini- Li spinge un vento propizio sorgendo da dietro alla
ziare la navigazione. [poppa;
823. preoccupata: Vene- ed a gara i compagni solcano il mare coi tfimi.
re è giustamente preoccupa- Ma Venere preoccupata si rivolge a Nettuno
ta per quanto era successo
dopo la prima partenza dalla con questi lamenti: « La terribile ira
Sicilia. Infatti allora, all'in- 825 di Giunone, il suo odio che non si sazia mai
saputa di Nettuno, Giunone, ora mi spingono a te: né il tempo né la pietà
con l'aiuto di Eolo, aveva la calmano o raddolciscono, rimane immobile, sempre,
scatenato una terribile tem-
pesta che aveva costretto- E- contro i destini e contro il volere di Giove.
nea ad approdare in Libia. Non le basta di aver cancellato furiosa
Ora non vorrebbe che il fat- 830 la città dei Frigi, e di avere travolto
to si ripetesse, conoscendo
« la terribile ira » della ma- le reliquie di Troia per ogni tormento:
dre degli dèi: per questo si ma ne insegue persino le ossa e la cenere,
rivolge a Nettuno. e lei sola conosce le cause di tanto furore.
830. la città dei Frigi: Tu stesso mi sei testimone di quale tempesta
Troia. La Frigia era una re-
gione dell'Asia Minore, che 835 poco fa scatenasse nel mare della Libia;
comprendeva la Troade. ha sconvolto le onde sino al cielo, fidando
833. e lei sola ... : a questo nei soffi d'Eolo, invano; ha sfidato il tuo regno!
punto non si capisce infatti Ed ecco che ha perfino aizzato le madri,
perché Giunone continui con
ogni mezzo ad infuriare sui malvagiamente ha bruciato le navi e perduto la flotta,
superstiti Troiani, pur sa- 840 ha costretto i Troiani a lasciare i compagni in Sicilia.
pendo che Giove e i Fati li Ora ti prego che i rimanenti dian vela
hanno designati ad essere i
fondatori di un grande im- tranquillamente per l'onda, e arrivino sicuri
pero. Forse la spiegazione allaurentino Tevere; se è vero che chiedo
è nell'irriducibile odio che cose da tanto tempo promesse dalle Parche »-
l'acceca e la spinge a com- 845 Allora il Saturnia domatore del mare
piere ilzioni insensate e di-
sumane. le disse: «O Citerea, è giusto che ti fidi
835. poco fa: per: parec- del regno dove sei nata. E un poco me lo merito,
chi mesi fa. poiché ho difeso Enea frenando il furore del mare.
837. soffi d'Eolo (vedi
canto l, v. 99 e sgg.). L'ho difeso anche in terra: chiedilo al Simoenta
843. laurentino: che solca 850 ed allo Xanto. Quando Achille inseguiva
la regione abitata dai Lau- le schiere troiane affannjlte, spingendole
renti. verso le mura, migliaia mandandone a morte,
844. Parche: le Parche tes-
sevano il destino degli uo- e i fiumi gemevano pieni di corpi, e lo Xanto
mini. (Vedi canto l, nota non riusciva a trovare una via per giungere al mare,
v 29). 855 allora salvai Enea, che inferiore di forze
846. Citerea (vedi nota s'era scontrato col grande Pelide, lo nascosi
vv. 369-370, canto 1).
847. dove sei nata: se- in una nuvola. E si che mi premeva distruggere
condo il mito Venere era
nata dalla spuma del mare Achille, dopo la morte di Pa- co. I fatti, cui qui si accen-
presso l'isola di Cipro. troclo, riprende le armi per na, sono narrati nell'Iliade
850. Quando Achilie... : vendicare la morte dell'ami- (canto XX e XXI).
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Canto quinto I 8I
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x82 Canto quinto
stere, ma il Sonno lo assale 885 già rilassavano i corpi nella placida quiete:
e lo fa precipitare in mare quando il leggero Sonno sceso dagli astri altissimi
con il timone. Enea senten- disperse l'ombra e mosse l'aria nera, cercando
do la nave sbandare, accor- te Palinuro incolpevole, portandoti sogni ben tristi.
re, ma nulla può e deve ac-
contentarsi di sostituirsi al Il Dio sedé sulla poppa, somigliava nd volto
povero nocchiero scomparso. 890 a Forbante, ti disse: « Palinuro di Iaso,
se la flotta nel vento va avanti da sé
88,5. quiete: la quiete del e spirano lievi le brezze, è l'ora del sonno.
sonno. China la testa, ruba gli occhi stanchi al lavoro.
886. Sonno: figlio dell'E- Prenderò un poco il tuo posto; io veglierò per te».
rebo e della Notte. Aveva
come suo ministro Morfeo 895 E a lui levando appena gli occhi stanchi parlò
ed era considerato dagli an- Palinuro: «Mi chiedi di non badare al volto
tichi fratello gemello della dd placido mare, e ai flutti tranquilli?
Morte. Mi chiedi di confidargli Enea? Il cido sereno
888. incolpevole: sono gli e l'infido vento troppe volte m'hanno tradito ».
innocenti che a volte pagano
il più alto tributo alla vo- 900 Restava fermo al timone, attento al percorso degli astri,
lontà degli dèi. ma il Dio sulle tempie gli scuote un ramo bagnato nel
890. Forbante: già citato [Lete,
da Omero nel XIV dell' Ilia- carico dd sonno potente dello Stige:
de come figlio di Priamo e a lui che invano rilutta chiude gli occhi smarriti.
uomo ricchissimo e caro a
Mercurio. Appena il sonno improvviso gli sciolse le membra
901. Lete: chi beveva od 905 gli fu sop.ra e lo buttò a capofitto nel mare
era toccato dalle acque del con un pezzo divdto di murata e il timone
fiume d'Inferno, dimentica- e un grido inutile d'aiuto ai compagni;
va il passato. quindi volando leggero se ne tornò nell'aria.
902. Stige: altro fiume
d'Inferno le cui acque ave- Ma la flotta procede egualmente: un cammino tran-
vano poteri magici. [quillo
903. rilutta: che tenta con 910 per l'acqua alta; sicura, guidata da Nettuno.
tutte le forze, invano, di E già s'accostava agli scogli delle Sirene,
non cedere al veneficio. ardui tanto una volta, bianchi di tante ossa:
907. inutile: perché tutti già suonavano rauchi al frequente rumore del mare
i compagni dormivano.
in lontananza, quando Enea scopri che la nave
911. scogli delle Sirene:
già descritti nel IX dell'O- 915 errava alla deriva e aveva perduto il pilota.
dissea, erano abitati. da due Allora egli stesso diresse lo scafo nell'onda notturna,
sorelle, che col loro canto mentre, commosso dal caso, molto gridava nel pianto:
malioso attiravano i navi- «O troppo fiducioso nel mare e nd cielo sereno,
ganti e facevano infrangere
le loro navi sulle secche. Ec- giacerai, Palinuro, in sabbia ignota, nudo».
co perché sono bianchi di
ossa umane.
919. nudo: senza poter una tomba. In questo caso, doveva errare per cento anni
avere gli onori funebri ed secondo gli antichi, l'anima senza pace.
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Canto quinto 1 83
Commento critico
L'arte sapiente di Virgilio nel dosare gli elementi della narrazione e nell'alternare
i toni descrittivi e il pathos dei vari episodi, risalta appeno in questo libro che è
senz'altro il più sereno e disteso di questa prima parte del poema. Il racconto si apre
con le fiamme minacciose del rogo di Didone che appaiono ai Troiani in fuga e si
chiude con la melanconica morte di Palinuro, cioè con la tragedia di due innocenti,
quasi il poeta volesse sottolineare ancora una volta la necessità del dolore come ele-
mento primo ed indispensabile della vita umana. Tutto il resto è paesaggio in piena
luce, quel paesaggio marino, montano o silvestre mediante il quale Virgilio riesce a
comunicarci l'animo suo più sensibile e a darci la poesia più sentita e più alta.
Questa sosta di serenità, di gioia e di pace, era necessaria dopo le drammatiche
ed incalzanti vicende vissute da Enea in Cartagine: è una parentesi bucolica e geor-
gica insieme che soltanto il tentato incendio delle navi da parte delle donne troiane
riesce per un istante ad offuscare, quasi fosse un brusco richiamo alla realtà della
situazione e nello stesso tempo un pungolo a proseguire il viaggio e ad ottemperare
alla volontà dei Fati. Ma tanto l'incendio quanto la morte di Palinuro sono vicende
minori: in confronto del grande affresco che occupa la maggior parte del canto e che
è dato dai ludi funebri in onore di Anchise.
Anche a proposito dei ludi, il discorso ci riporta, come altre volte, al grande
modello di poemi omerici: là dove nel canto XXIII dell'Iliade il cieco aedo aveva
descritto i giochi in onore del morto Patroclo.
Non è che il paragone sia d'obbligo, ma è ovvio che Virgilio si sentisse stimolato
dal suo inimitabile predecessore, se non a far meglio, almeno ad appellarsi a tutta la
sua finissima abilità di creatore per far cosa egregia e diversa e per venire incontro nel
contempo alla passione Iudica dei Romani antichi e del suo tempo, che avevano
punteggiato il calendario annuale di certami d'ogni specie.
Alla resa dei conti si deve riconoscere ch'egli riusd pienamente nell'intento
perché la descrizione delle varie gare e il carosello finale sono quanto di più perfetto,
coloristicamente e per perfezione formale, sia uscito dalla sua penna.
Né bisogna dimenticare le figure degli atleti, non tratteggiate superficialmente,
ma ciascuna con una sua caratteristica ben chiara che la definisce e la distingue dalle
altre sia per il rilievo psicologico sia ·per quello fisico esteriore.
Vale per tutti lo studio attento dedicato ai due pugili, Darete ed Entello, che ci
dà la misura esatta di quanto abbiamo affermato.
Per un certo aspetto il quinto canto si può paragonare, nell'economia generale
dell'opera, al terzo: sono momenti di transizione e di attesa dove vien meno la ten-
sione drammatica ed avventurosa a tutto vantaggio però di una più serena ed umana
contemplazione delle vicende di Enea e dei suoi.
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I 84 Canto quinto
Galleria di ritratti
Palinuro.
Palinuro, come Creusa, è una delle vittime innocenti di quella misteriosa volontà
del destino che nessuna mente umana può penetrare e spiegare. La sua morte, ingiusta
e violenta, non s'ammanta di toni cupi, non cerca la tragedia, ma rimane in un'atmo-
sfera elegiaca, quasi che Virgilio volesse, ancora una volta, confermare che nelle
vicende umane tutto può essere amore, ma altrettanto tutto deve essere dolore.
Questa nota di sofferenza, questa coscienza del dolore come ultima e suprema
verità dell'esistenza, noi la troveremo nel canto sesto quando Palinuro racconterà
con poche scarne parole la sua fine per mano di altri uomini ed implorerà, come già
fece Polidoro, una degna sepoltura.
La nostra simpatia va spontaneamente a questo umile gregario che per mari peri-
gliosi e tempestosi aveva guidato la nave ammiraglia con perizia e con saggezza e
che Enea stimava ed amava per la sua dedizione e la sua fedeltà.
La sua fine, dovuta all'inganno e alla cieca decisione del Fato, ci offende e ci
commuove.
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Canto quinto 1 8.5
Raffronti di traduzione
T alia dieta dabat, clavumque adfixus et baerens, «Nate dea, vosque haec "inquit" cognoscite,
nusquam amittebat oculosque sub astra tenebat. [Teucri,
Ecce deus ramum Lethaeo rore madentem et mihi quae fuerint iuvenali in corpore vires
vique soporatum Stygia super utraque quassat et qua servetis revocatum a morte Dareta ».
tempora, cunctantique natantia lumina solvit. Dixit, et adversi contra stetit ora iuvenci
Vix primos inopina quies laxaverat artus, qui donum astabat pugnae, durosque reducta
et superincumbens cum puppis parte revulsa libravit dextra media inter cornua caestus
cumque gubernaclo liquidas proiecit in undas arduus, el!ractoque inlisit in ossa cerebro:
praecipitem ac socios nequiquam saepe vocantem; sternitur exanimisque tremens procumbit humi
ipse volans tenuis se sustulit ales ad auras. [bos.
(vv. 852-861) Ille super talis effundit pectore voces:
« Hanc tibi, Eriyx, meliorem animam pro morte
E ciò dicendo avea [Daretis
le man ferme al timon, gli occhi a le stelle. persolvo; hic vietar caestus artemque repono ».
Il sonno allora di Letèo liquore (vv. 474-484)
e di stigio veleno un ramo asperso
sovra gli scosse, e l'una tempia e l'altra «Figlio della Dea, disse, e voi pure, Dàrdani,
gli spruzzò sl, che gli occhi ancor ribelli [sappiate
gli strinse, gli scavò, gli chiuse alfine. qual forza io m'ebbi in membra giovanili
A pena avean le prime gocce infusa e da qual morte si salvò Darète! »
la !or virtù, che il buon nocchier disteso E saldo si piantò davanti al toro
ne giacque; e 'l dio col suo mentito corpo ch'era ancor là, premio alla sua tenzone;
sopra gli si recò, pinse e sconfisse tutto si aderse, alzò la destra indietro,
un ghèron de la poppa, e lui con esso librò tra le due corna il duro cesto,
e col temon precipitò nel mare. colpi, sfracellò l'ossa e le mascelle.
Né gli valse a gridar, cadendo, aita, Crollò il toro, piegò, s'abbatté morto;
ché l 'un qual pesce, e l'altro qual augello e quello ancor gridò dal pieno petto:
questi ne l'onda, e quel ne l'aura sparve. « Erice, non la morte di Darete
Traduzione di Annibal Caro t'offro, ma questa vittima migliore;
qui vincitore lascio i cesti e l'arte ».
Ed il timone Traduzione di Guido Vitali
stretto teneva, gli occhi al cielo intenti.
Allora il Nume un ramoscello trasse
dall'onda del Letè rorido, e quello,
di stigio influsso soporoso e molle,
sulle tempie gli scosse. Allora al sonno
gli occhi natanti il dubitoso sciolse.
E appena quel sopor le stanche membra
inopinato invase, su di lui
il Nume si gettò, e lui precipite,
col timone divelto dalla poppa,
nella liquida stesa insiem sommerse;
che invano, e a lungo, i suoi compagni invoca,
mentre fra i venti in vol si leva il dio.
Traduzione di Adriano Bacchielli
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CANTO SESTO
La Sibilla Cumana.
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CANTO SESTO
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I 90 Canto sesto
nuro da parte degli stessi uccisori, che anzi daranno il nome suo al luogo ove era stato
trucidato.
Lasciato lo sventurato nocchiero e traghettato il fiume, vedono Cerbero, che latra
con rabbia. La Sibilla dà in pasto al mostro una focaccia con erbe soporifere, il che
permette di passare oltre ed entrare nell'Antinferno. Li accolgono i vagiti dei bambini
colpiti da morte immatura. Più oltre sono i condannati a morte sotto falsa accusa
ed i suicidi. Minosse è il loro giudice. Tra le ombre dei suicidi Enea riconosce quella
di Didone, le si avvicina e piangendo cerca di giustificare la sua precipitosa partenza
da Cartagine, ma la regina non gli risponde e s'allontana sdegnosa per unirsi all'anima
del marito Sicheo.
Nell'ultima parte dell'Antinferno, l'eroe incontra le anime dei guerrieri illustri
che caddero in battaglia. I Troiani gli si fanno incontro, mentre i Greci, riconosciu-
tolo dalle armi splendenti, fuggono atterriti. Tra gli altri Enea riconosce, terribil-
mente mutilato, Deifobo, marito di Elena dopo la morte di Paride, che, sollecitato,
racconta la sua orribile fine per mano di Menelao e per il tradimento di Elena.
Proseguendo nel loro cammino, la Sibilla ed Enea arrivano al Tartaro, enorme
castello difeso da un triplice ordine di mura e circondato dal fiume Flegetonte. Su
una delle porte sta Tisifone che frusta i dannati e li precipita nel Tartaro a secondo
della pena che a ciascuno di loro ha assegnato Radamante, re dell'Inferno. Passano
poi davanti alla reggia di Plutone, alle porte della quale Enea appende il ramoscello
d'oro, quale offerta votiva a Proserpina.
Pervengono infine nel terzo regno dell'Oltretomba, ai campi Elisi, ove sono
posti i beati.
In una specie di paradiso terrestre si aggirano le anime di tutti i grandi spiriti
dall'antichità: poeti, filosofi, musici, eroi, sacerdoti, legislatori e benefattori.
Su indicazione di Museo, il mitico cantore, egli può scoprire il padre Anchise.
L'incontro è commovente: per tre volte, invano, Enea tenta di abbracciare i1 geni-
tore e per tre volte le braccia tornano vuote al petto.
Scorgendo poi una folla di spiriti in un bosco, cinto da un fiume, ne chiede
al padre.
Anchise dice che sono anime in procinto di reincarnarsi cioè in attesa di unirsi
alla materia per incominciare a vivere.
Tuttavia l'anima, dentro il corpo, perde le proprie caratteristiche celesti e si con-
tamina di tutti i vizi terreni: ecco perché dopo la morte del corpo deve purifìcarsi o
nel vento o nel fuoco o nell'acqua. Ritornata pura e bevuta l'acqua del Lete che dà
l'oblio, ritorna a reincarnarsi.
Anchise mostra poi al figlio i suoi discendenti: da Silvio, fondatore di Albalonga,
a Romolo, fondatore di Roma sino a Cesare Augusto imperatore. Predice infine le
sanguinose guerre che tra poco dovrà affrontare nel Lazio e lo incita a sopportare
dolori e sacrifici per la grandezza appunto della progenie che da lui discenderà.
Lasciato il padre, Enea, guidato sempre dalla Sibilla, ritorna sulla spiaggia ove
erano accampati i compagni, ai quali ordina di imbarcarsi. La piccola flotta alza le
vele e tosto giunge a Gaeta.
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CANTO SESTO lo introduce nell'interno del-
l'edificio.
A Cuma (1-49) - L'antro della Sibilla e il vaticinio (5o-122) - La r. piangendo: ancora una
richiesta del viaggio agli Inferi (123-198)- Miseno (199-299)- La volta l'eroe è colpito negli
discesa agli Inferi (300-337)- II vestibolo (338-371)- L'Acheronte- affetti e il suo pianto ama-
Caronte- Palinuro (372-519) - Cerbero e l'Antinferno- Minosse ro è la manifestazione con-
( 520-561) - Didone (562-591) - Il campo degli eroi. Deifobo temporaneamente della sot-
(592-677) - Il Tartaro (678-782) - I Campi Elisi e il fiume Lete timissione e dell'impotenza
(783-827) - L'incontro con Anchise (828-908) - I grandi eroi ro- umana di fronte al volere
mani (909-1091). dei Fati.
3· euboiche: Cuma era
stata fondata da coloni greci,
provenienti dalla città di
ACuma Calcide, nell'isola di Eubea.
4· Girano verso il mare:
approndando in terra scono-
Cosr dice piangendo; sciuta, era precauzione ele-
mentare disporre le navi in
e a tutte vele approda
modo da poter rapidamente
finalmente alle spiagge euboiche di Cuma. imbarcarsi e fuggire in caso
Girano verso il mare le prore, le poppe ricurve di pericolo.
5 coprono tutto il lido: con dente tenace 7· balza ardente: a bordo
delle navi sono rimasti gli
l'ancora tiene ferme le navi. Un gruppo di giovani uomini validi e soprattutto
balza ardente sul lido d'Esperia: alcuni accendono i giovani, vogliosi e smanio-
il fuoco, percuotendo le selci, sprigionando si di azione.
i semi della fiamma nascosti nelle vene 9· i semi della fiamma: «se-
mina flammae » è un'imma-
lO del sasso; altri percorrono le selve, folti asili gine che Virgilio trae da O-
di fiere, e segnalano le sorgenti trovate. mero per poeticamente rap-
presentare le scintille che si
sprigionano dalle selci sfre-
A CuMA (1-49). - Gzuntz del tempio sono istoriate gate tra l01 o o percosse da
a Cuma, mentre gli equipag- quattro scene riguardanti il un ferro.
gi sbarcano, Enea si avvia Minotauro ed il labirinto di r r. le sorgenti trovate:
subito verso il tempio di Creta. Sopraggiunge poi la prima preoccupazione di chi
Apollo, costruito a suo tem- Sibilla che lo esorta a com- sbarca è di trovare acqua
po da Dedalo. Sulle porte piere un sacrificio al Dio e potabile.
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192 Canto sesto
12. rocca: qui sta per al- Ma il pio Enea s'incammina verso la rocca, dove
tura. I templi infatti veniva- l'alta statua d'Apollo domina, verso l'antro
no costruiti su dei rilievi del immenso e i recessi della tremenda Sibilla
terreno in modo che fossero
visibili da lontano. 15 alla quale il profetico Nume ispira la mente
14. tremenda Sibilla: tre- con la sua volontà, svelandole il futuro.
menda perché ispirava a chi Già s'avvicina al bosco di Trivia e ai tetti d'oro.
le era innanzi un sacro ter- Dedalo, dice la fama, fuggendo dai regni Minoici,
rore per essere sacerdotessa audacemente affidatosi al cielo su penne veloci,
di Apollo e portavoce quin- 20 volò verso le gelide Orse per un insolito
di degli oracoli del Dio.
17. Trivia: quasi sempre cammino e leggero alfine si fermò
un bosco, dedicato a Diana, sulla rocca calcidica. Appena reso alla terra
circondava i templi di Apol- ti consacrò, o Apollo, i remi delle ali
lo. Qui la dea è chiamata e un grande tempio ti eresse. Sulle sue porte
Trivia perché proteggeva i 25 c'è effigiata nell'oro la morte di Androgeo;
viatori e il suo simulacro eta
posto agli incroci di tre stra- ci sono gli Ateniesi obbligati ogni anno
de. Trivia anche perché ve- a pagare un pietoso tributo: sette giovani
niva venerata in tre perso- tirati a sorte. Di contro si leva alta dal mare
nificazioni diverse: Luna in la terra di Cnosso: si vede l'amore bestiale
cielo, Diana in terra e Pro- 30 del toro, Pasifae sottoposta a quel toro
serpina o Ecate nell'Oltre-
tomba. - tetti d'oro: del in un simulacro di vacca, e il Minotauro, razza
tempio. mista e biforme, frutto di un empio accoppiamento;
18. Dedalo: famoso arti- e c'è l'inestricabile Labirinto che Dedalo,
sta ateniese. Fu grandissimo pietoso dell'amore d'Arianna, dipanò
architetto, scultore e mecca-
nico ed a lui si debbono mol- 35 guidando con un filo i passi di Teseo.
ti strumenti. A Creta il re Mi-
nasse lo incaricò di costruire
molti edifici, tra i quali il Minosse, re di Creta, fu un time da offrire al Minotauro.
Labirinto nel quale fu rin- grande atleta, tanto da ri- 29. Cnosso: sta per Creta
chiuso con il figlio Icaro. Ma portare, ad Atene, la vittoria di cui Cnosso era la capitale.
Dedalo non si scoraggiò e co- in tutte le gare celebrate 30. Pasifae: figlia di A-
strul per sé e per il figlio due per le feste Panatenee. Ma pollo e della Ninfa Perseide
ali di cera, con le quali s'in- in seguito all'assassinio di e moglie di Minosse. Venere
volò. Icaro, non seguendo i Androgeno da parte di Egeo, per vendicarsi di Apollo che
consigli del padre, volò ver- re di Atene, Minosse con aveva scoperto i suoi amori
so il Sole, ma le ali si lique- una poderosa flotta sbarcò e con Marte, le ispirò un'insa-
fecero ed egli precipitò in prese la città, imponendole na passione per un toro. Dal-
mare. Secondo una tradizio- durissime condizioni di pace l'empia unione nacque ap-
ne, venne a Cuma e vi l'o- tra le quali la più spavento- punto il Minotauro.
strul il tempio di Apollo. sa era quella di mandare a 32. biforme: metà umana
2o-21. verso le gelide Or- Creta ogni anno sette fan- e metà bestiale.
se: verso il nord. - insolito ciulle e sette giovani che do- 35· Teseo: dopo Ercole
cammino: perché nessun uo- vevano essere dati in pasto il più celebre degli eroi an-
mo prima era riuscito a vo- al Minotauro, mostruoso es- tichi. Figlio di Egeo, re di
lare. sere mezzo uomo e mezzo Atene e di Etra, portò a ter-
22. calcidica (vedi nota toro, rinchiuso nel Labirinto. mine imprese leggendarie tra
v. 3). 27. sette giovani: Virgilio le quali quella di uccidere il
25. Androgeo: figlio di dimezza il numero delle vit- Minotauro. In questa avven-
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Lago d'Averno
( Avernus Lacus)
Fantasmi
( malattie,vecchiaia,
paura fame ostri
discordia ecc. ·l (Centauri, Scille,
Briareo ,Chimera ecc. )
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LA SIBILLA CUMANA (da Cuma, oltre il golfo di Napoli), consulta il libro oracolare
(Michelangelo, volta della Cappella Sistina, Vaticano)
La Sibilla, cioè la profetessa, interpellata, dava responsi misteriosi incomprensibili che
si prestavano a molteplici interpretazioni; da ciò l'aggettivo sibillino.
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Canto sesto I93
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I 94 Canto sesto
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200 Canto sesto
296. con le sue armi: pc- cosi li purificò e disse l'estremo saluto.
c'anzi s'era detto che tali ar- 295 Il pio Enea elevò al guerriero un immenso
mi erano state gettate nel
rogo. t!: un'incongruema, sepolcro, con le sue armi, il suo remo e la tromba,
dovuta al fatto che Virgilio sotto un aereo monte che dal nome del morto
non poté rivedere il poema. ora si chiama Miseno, e che si chiamerà
eternamente Miseno, nei secoli dei secoli.
LA DISCESA AGLI INFERI
(300-337). - Terminate le
esequie, Enea si avvia verso
l'antro d'ingresso agli Infe- La discesa agli Inferi
ri e con la Sibilla ilnmola
quattro giovenche ad Beate, 300 Fatto questo, Enea esegue gli ordini della Sibilta.
una pecora nera alla Notte C'era un'enorme caverna dalla vasta apertura
ed una vacca a Proserpina;
poi, mentre la terra trema tagliata nella roccia, difesa da un lago nero
e cani invisibili ululano, snu- e dal buio dei boschi. Nessun uccello poteva
data la spada entra nel ve- volarvi impunemente al di sopra, per gli aliti
stibolo. 305 che salivano al cielo convesso, sprigionandosi
dalla sua scura bocca. Qui la sacerdotessa
301-306. La descrizione
dell'ingresso nel regno degli fa condurre anzitutto quattro giovani tori
Inferi è concisa e potente. dal dorso 'nero; versa sul loro capo del vino,
Il buio dei boschi, il nero taglia un ciuffo di peli tra le coma e li getta
del lago, la scura bocca della 310 sui fuochi sacri, prima offerta, chiamando a gran voce
caverna, il silenzio che vi re-
gna per l'assenza di animali Ecate potente nel cielo e nell'Erebo.
e di uccelli contribuiscono Alcuni guerrieri affondano i coltelli
non solo a dare un senso di nelle gole dei tori e raccolgono il sangue
mistero, ma ispirano terrore.
3n. Beate ... : (vedi nota tiepido nelle tazze. Lo stesso Enea ferisce
V. I7 e V. 150). 315 con la sua spada un'agnella dal vello nero, immolandola
316. Eumenidi: chiamate alla Notte, che è madre delle Eumenidi, e a Gea
anche Erinni o Furie. Erano sua grande sorella, ed una vacca sterile
tre: Aletto, Tisifone e Me-
gera. - Gea: personificazio- a te, Proserpina. Poi, di notte, leva altari
ne della Terra e madre di al re dello Stige e pone sul fuoco interi quarti
tutti gli esseri. 320 di carne, versando olio sulle viscere ardenti.
317. una vacca sterile:
perché Proserpina era sterile. Ed ecco, al chiarore dell'alba e al sorgere del sole,
319. re dello Stige: Pluto- la terra mugghiò sotto i piedi, le cime dei boschi
ne. I sacrifici al dio delle te- cominciarono a muoversi e cani parvero urlare
nebre dovevano essere fatti traverso l'ombra, man mano che si avvicinava la Dea.
di notte e tutte le vittime
erano di manto o vello nero. 325 «Profani, via di qui! - grida la profetessa.
324. la Dea: Proserpina - Andate via dal bosco! E tu, Enea, sguainando
che viene a schiudere la por- l'acuta spada, avviati sulla strada dell'Ade:
ta infernale, avendo eviden-
temente gradito il sacrificio
propiziatoria. allontanarsi per coloro che caso tutti i Troiani, Enea
325. Procul, o procul t:ste, non sono direttamente inte- escluso.
profani... totoque absisli&e ressati al grande evento che 327. l'acuta rpada: Cl s1
luco: è il rituale invito ad sta per compiersi; in questo domanderà a che serva la
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Canto sesto 20I
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202 Canto sesto
viso di donna. - Briareo: fi- immane, dalle cento braccia, Chimera armata
glio di Gea e di Urano, gi- di fuoco, l'Idra di Lema che stride orribilmente,
gante con cento braccia e
cinquanta teste. le Gorgoni, le Arpie e Gerione, fantasma
362. Chimera: figlia di Ti- 365 di tre corpi. Qui Enea, trepido d'improvvisa
fone e di Echidna, mostro a paura, sguainò la spada presentandone
forma di leone nella parte
anteriore e di drago nella po- l'acuta punta ai mostri che avanzavano: e se
steriore. Fu uccisa da Bello- non l'avesse frenato la sua compagna, conscia
rofonte. che quelle vite leggere volano senza corpo
363. l'Idra di Lerna: an- 370 e sono mera apparenza, si sarebbe slanciato
che questo mostro dalla for-
ma di serpente marino con a percuotere invano con la spada le Ombre.
sette teste era figlio di Tifo-
ne e di Echidna.
364. Gorgoni: erano tre: L'Acheronte - Caronte - Palinuro
Medusa, Steno e Euriale ed
avevano la forma di orribili
mostri alati. II loro sguardo Di Ià parte la strada che conduce alle onde
impietrava. - Arpie: (vedi del Tartareo Acheronte. Il suo gorgo è un'immensa
nota v. 262, canto III). - voragine, che bolle fangosa e si riversa
Gerione: mitico re dell'isola
Eritea nell'Oceano che se- 375 nel Cocito. Custode di questi fiumi è Caronte,
condo la leggenda aveva tre spaventoso nocchiero dall'orrenda sporcizia:
corpi congiunti. Fu ucciso bianco foltissimo pelo gli pende incolto dal mento,
da Ercole. gli occhi pieni di fiamme stan fissi; stralunati,
366. sguainò: per vero era
entrato nel vestibolo già con ha un sudicio mantello legato sulle spalle.
la spada sguainata. 380 Spinge lui stesso la barca con un palo, e governa
le vele, traghettando i morti sul bruno scafo:
L'ACHERONTE - CARONTE - vecchio ma Dio, di fiera e vegeta vecchiezza.
PALINURO (372-519). - Sem- Tutta una folla immensa correva verso le rive:
pre guidato dalla Sibilla, E- uomini e donne, corpi di magnanimi eroi
nea giunge al fiume di fango
Acheronte, che sfocia nel 385 usciti di vita, fanciulli e vergini fanciulle,
Cocito. Da questo si origina giovani posti sui roghi davanti ai genitori;
la palude Stigia. Qui appare come le foglie, che cadono a milioni nei boschi
Caronte, il nocchiero infer-
nale che imbarca le ombre staccate dal primo gelo d'autunno, o come gli uccelli
dei morti per traghettarle che si ammucchiano a schiere fittissime sulla spiaggia
nell'Inferno. Solo gli inse-
polti non possono venire ac-
colti e debbono attendere 373· Acheronte: (vedi no- tenebre eterne, in caldo e in
cento anni. Tra questi è Pa- ta v. 169). gelo».
linuro che s'avvicina all'eroe, 377· bianco: vien natura- 378. stralunati: come di
gli racconta la sua triste fine le ricordare i versi di Dan- chi è pazzo ed iroso e deve
e lo prega di condurlo con te: « Ed ecco verso noi ve- susci t are il terrore tra le
sé o di dargli sepoltura. nir per nave l un vecchi<> anime.
La Sibilla interviene dicen- bianco per antico pelo l gri· 383-391. La folla di anime
do ch'egli deve attendere dando "guai a voi, anime che corre quasi sospinta con-
ancora sulla riva, ma che pre- prave", l non isperate mai tro sua voglia da una forza
sto sarà sepolto e potrà cosl veder lo cielo. Il' vegno per soprannaturale ·;erso la riva
traghettare il fiume. menarvi all'altra riva l nelle per essere imbarcata è im-
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Canto sesto 203
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204 Canto sesto
430. ti saresti salvato: in 430 aveva detto che tu ti. saresti salvato
massima parte del poema· si
accenna a questa profezia; dal mare ed arrivato ai confini d'Ausonia.
anzi quanto sta dicendo E- Ha mantenuto cosi la sua promessa?». Allora
nea è in palese contrasto con Palinuro rispose: «L'oracolo di Apollo
le parole di Apollo e Vene-
re (canto V, nota v. 862). non ti ingannò, né un Dio mi sommerse nel mare,
439· sul mare tempestoso: 435 duce figlio di Anchise. Si ruppe per caso il timone
invece nel canto V, descri- a una scossa violenta: io, che gli stavo attaccato
vendo la caduta di Palinuro, come fanno i piloti e dirigevo la nave,
Virgilio aveva parlato di
« placido mare e di flutti cadendo me lo tirai dietro. Credimi, te lo giuro
tranquilli » (dal verso 897). sul mare tempestoso, io non ebbi paura
439-440. paura... ma per 440 per me ma per la tua nave, che priva di timone
la tua nave: commovente è e di pilota avrebbe potuto cedere ad onde
l'attaccamento di Palinuro ad
Enea e grande il senso della cosi grandi. Un violento Noto mi trascinò
responsabilità e del dovere nel mare per tre notti di tempesta, su immense
che egli aveva sempre senti- distese d'acqua; nasceva appena il quarto giorno
to nei confronti del difficile
incarico di timoniere. 445 quando, alzandomi in cima a un'onda lunga, vidi
446-451. Splendida nella l'Italia. A poco a poco nuotavo verso terra,
sua drammaticità, intensa è ed ero già al sicuro se una gente crudele
la breve e~senziale descrizio- non mi avesse assalito con le armi, accogliendomi
ne di Palinuro che scorge
finalmente l'Italia e che nel - ignara - come una preda, mentre cercavo, impac-
momento in cui ne tocca la [ciato
sponde con le mani protese, 450 dalla veste bagnata, di afferrarmi agli spigoli
viene barbaramente ucciso. taglienti di una rupe con le mani protese.
457· Velia: o Elea, colo-
nia focese, sede della scuola Ora mi tiene l'onda e i venti mi travolgono
filosofica eleatica e patria suJia spiaggia. Perciò ti prego per la cara
di Parmenide e Zenone. Og- luce del cielo, per l'aria, per le speranze di Julo
gi si chiama Castellamare
della Brucca ed è situata tra 455 che cresce, per tuo padre, strappami a questi mali,
Pesto e Policastro nel Ci- o invitto! Gettami sopra della terra- Io puoi -
lento. toccando i porti di Velia. O se c'è il modo, se
461. dammi la mano: ac- la tua divina madre ce ne mostra qualcuno
corata e spontanea è la pre-
ghiera di Palinuro e pressan- (con l'aiuto celeste, io credo, ti prepari
te la sua richiesta. « Io ti 460 a traversare i fiumi e la palude Stigia),
sono stato fedele nocchiero dammi la mano, e portami attraverso queste onde,
ed ho dato la vita per te.
Ora tu che godi i favori cele- che almeno nella morte io riposi tranquillo! »
sti e ti appresti ad attraver- Ma la sacerdotessa gli disse: «O Palinuro,
sare il fiume, portami con te da dove ti viene quest'empio desiderio?
ed evitami la lunga attesa 465 Tu vuoi attraversare insepolto le acque
secolare ». Ma Palinuro non
si rende conto che la sua ri- dello Stige ed il fiume severo delle Eumenidi?
chiesta contrasta con la leg- Vuoi andare senza ordini alla riva proibita?
ge infernale. Ci penserà la
Sibilla a confortarlo con l'an- ze funebri e che il suo no- 466. il fiume severo: è
nunzio che presto gli verran- me rimarrà in eterno tra gli Cocito, a presidio del quale
no tributate solenni onoran- uomini. - stanno le Furie.
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Canto sesto
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206 Canto sesto
5II. da tanto tempo: cioè 510 dd fatale virgulto, che non aveva visto
da quando glielo avevano da tanto tempo, il nocchiero volse la poppa bruna,
mostrato Ercole e poi Teseo.
515. mal contesto: scon- s'avvicinò alla riva. Poi allontanò le anime
nesso o male intrecciato e sedute sui lunghi banchi, sgombrando la corsia
perciò pieno di fessure. per far salire il grande Enea. Cigolò
519. Glauche: di un colo-
re azzurro-verdognolo. 515 sotto il peso lo scafo mal contesto, imbarcando
per le tante fessure l'acqua della palude.
CERBERO E L' ANTINFERNO Finalmente depose Enea e la profetessa
- MINoSSE (520-561). - Ca- incolumi al di là dd fiume, sulla riva
ronte, dopo aver visto il ra-
moscello d'Of'o, acconsente a densa di fango informe e di glauche erbe acquatiche.
trasportare Enea e la Sibilla
sull'altra sponda. Subito tro- Cerbero e l'Antinferno - Minosse
vano Cerbero, cane con tre
teste, che cerca di impedir 520 Lo smisurato Cerbero rintrona questi luoghi
loro il passaggio: la Sibil!a
lo placa con una focaccia con- col suo ringhio che esce da tre bocche, sdraiato
tenente un sonnifero. Per- quant'è lungo in un antro. E la sacerdotessa
vengono così nell'Antinfer- vedendo i suoi tre colli farsi irti di serpenti
no, custodito da Minosse, o~·e
sono i neonati, i condannati gli getta una focaccia affatturata di miele
ingiustamente ed i suicidi. 525 ed erbe soporifere. Spalancando le gole
il cane l'afferra con fame rabbiosa
520. smisurato: una delle e subito, sdraiato a terr,a, allunga nd sonno
tante iperboli. Certo anche
il buio contribuisce a rende- la groppa mostruosa, riempiendo tutta la tana.
re agli occhi della fan tasia Addormentato il guardiano, superano l'entrata
più orrende e più grandi le 530 allontanandosi in fretta da quell'acqua fangosa
apparizioni. Pensate a que-
sto mostro con tre teste, con che non si può attraversare una seconda volta.
il suo latrato assordante e S'udirono subito voci e un immenso vagito;
con i peli del collo simili a poiché proprio sul limite dell'Ade stanno le anime
serpenti e converrete con piangenti dei bambini che un giorno fatale
Virgilio sull'« ingens » usato
in questo caso. 535 portò via prima ancora che cominciassero a vivere,
524. affatturata: artata- rapiti al seno materno per essere sommersi
mente manipolata. in una morte immatura. Accanto a loro ci sono
531. una seconda volta:
per tornare indietro. i condannati a morte sotto falsa accusa.
532. S'udirono subito: la Queste dimore infernali non sono state assegnate
Sibilla ed Enea sono entrati 540 senza giudizio e giudice: Minasse inquisitore
nell'Antinferno ove sono le
anime dei neonati, dei con- Ju~.:ci intitolò l'altrettanto zia. Più che figura infernale
dannati ingiustamente e dei' famoso sonetto in morte del egli è rappresentato da Vir-
suicidi. figlioletto Dante. gilio come un solenne e to-
536. sommersi"in una mor- 540. Minasse inquisitore: gato giudice romano nell'e.
te immatura: « funere mer- è il famoso re di Creta, fi- sercizio delle sue alte e bu-
sit acerbo », è il famoso emi- glio di Giove e di Europa rocratiche funzioni. Ben più
stichio che esprime la pietà che il mito vuole, con il fra- pittoresca ed infernale la
per questi piccoli esseri tello Radamante, giudice in- descrizione dantesca: « Stav-
morti prima di conoscere la fernale in premio del suo vi Minòs orribilmente e rin-
vita e col quale Giosuè C'.ar- profondo senso della giusti- ghia; i esamina le colpe in
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Canto sesto 207
scuote l'urna dei fati, convoca l'assemblea del marito, lo segui nascosta-
dei morti silenziosi, li interroga, ne apprende mente durante una caccia e
i delitti e la vita. Poi vengono, tristi, coloro fu da lui uccisa involontaria-
mente. - Erifile: moglie di
di null'altro colpevoli che d'essersi data Anfiarao, rivelò per avere
545 la morte di propria mano, d'avere gettata l'anima in dono una preziosa collana
per odio della luce. Oh, adesso come vorrebbero dove si nascondeva il marito,
patire la miseria e le piu dure fatiche che non voleva partecipare
alla guerra contro Tebe. Ca-
nell'alta aria celeste! Ma il destino s'oppone, duto Anfiarao sotto le mura
li incatena la triste palude d'acqua sporca della città, il figlio Alcmeo-
550 e li serra lo Stige coi suoi nove meandri. ne per vendicarne la morte
Poco piu in là si vede, estesa in lungo e in largo, uccise la madre Erifile.
.5,58. Evadne: moglie di
la pianura che chiamano i Campi del Pianto. Capaneo, che non seppe dar-
Qui segreti sentieri nascondono coloro si pace per la morte del ma-
che un amore crudele consumò, ed una selva rito e si gettò sul rogo di
lui. - Pasifae: (vedi nota
555 di mirti li protegge: nemmeno nella morte v. 3,5).
trovano requie al dolore. Enea vi scopre Fedra, .5.59· Laodamia: moglie di
Procre, ·la triste'Erifile che mostra le ferite Protesilao, caduto sotto le
infl.ittele dal figlio, ed Evadne e Pasifae; mura di Troia, ottenne dagli
dèi di rivedere il marito per
ad esse s'accompagnano Laodamia e Ceneo, qualche ora, ma non seppe
560 divenuta di donna uomo (ma adesso è donna, più distaccarsene e si dette
cambiata dalla morte nella sua antica forma). la morte per seguirlo. - Ce-
neo: per volere di Nettuno
fu mutata in maschio. Cad-
Didone de combattendo contro i
Centauri e dopo morte ritor-
nò ad essere donna. Non si
La fenicia Didone con la ferita ancor fresca capisce perché sia qui tra le
s'aggirava nel bosco. Quando l'eroe troiano eroine dell'amore.
le fu vicino, e la vide, e la riconobbe, oscura
DmoNE (,562-.591). - Tra
i suicidi per amore Enea
sull'entrata, / giudica e man- 5.52. Campi del Pianto: scorge l'ombra di Didone e
da secondo ch'avvinghia». cosi chiamati perché vi stan- le rivolge parole di penti-
.546. come verrebbero: no piangenti gli amanti in- mento e giustificazione per
tutti i morti pagani rimpian- felici. il proprio abbandono. Ma
gono «la luce» e «l'alta .5.5.5· mirti: il mirto era la l'infelice regina non rispon-
aria celeste»; in modo par- pianta sacra alla dea dell'a- de e s'allontana sdegnosa.
ticolare la rimpiangono i more, Venere.
suicidi che, volontariamente, .5,56. requie al dolore: an- ,562. ancor fresca: ancora
per il « taedium vitae »,han- zi, dopo morte, il loro dolo- aperta, quasi a significare la
no troncato il loro soggior- re aumenta perché senza continuità tragica del suo
no in terra. In questo modo speranza. errore amoroso.
il poeta, per contrapposizio- .5,56. Fedra: figlia di Pasi- .563. s'aggirava: il verbo
ne, esalta la vita ritenendola fae e di Minosse, sposò Te- esprime molto bene l'inquie-
degna di essere interamente seo ma s'innamorò poi del tudine interiore non ancora
goduta e vissuta. figliastro lppolito. Non cor- placata dal tempo .
.5,50. nove meandri: vedi risposta, si uccise. .564-.56.5. oscura nell'om-
la cartina illustrativa dell'Ol- .5.57· Procre: sposa di Ce- bra: ombra incerta fra le
tretomba. falo, re della Focide. Gelosa ombre alterne del bosco.
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208 Canto sesto
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Canto sesto 209
595 e qui gli vennero incontro Tideo, Partenopeo si svolse sotto le mura della
città, divenisse pallido per
famoso nelle armi, n fantasma di Adrasto l'orrore e tale rimanesse an-
pallido e i Troiani caduti in battaglia che oltre la morte.
e molto pianti in terra. Ne vide una lunga fila: 598. pianti: per com-
Glauco, Medonte, Tersnoco, i tre figli d'Antenore, pianti.
599· Glauco, Medonte,
600 Ideo che ancora reggeva il suo cocchio e le armi, Tersiloco: i tre figli d'Ante-
e Polibete sacro a Cerere. Gemette nore: dopo i Tebani ecco la
nel vederli. Frementi le anime s'accalcano schiera dei caduti Troiani ri-
cordati da Omero nel XVII
intorno a lui, a sinistra e a destra. Non contente dell'Iliade. I tre figli di An-
di vederlo una volta, indugiano e s'accostano tenore sono Polibo, Ageno-
605 per sapere n motivo per cui era venuto. re e Acamante.
Ma i capi greci e le schiere di Agamennone, quando 6oo. Ideo: araldo e coc-
chiere del re Priamo.
scorsero l'eroe vivo e le armi splendenti 6ox. Polibete: sacerdote
attraverso la notte, tremarono di paura: della dea Cerere.
alcuni fuggirono come un tempo allorché 6o6. le schiere di Agamen-
none: era stato riconosciuto
610 trovarono scampo sulle navi, altri emisero come il capo della spedizio-
una debole voce, ma n grido incominciato ne contro Troia e come co-
si spense nelle bocche invano spalancate. mandante degli eserciti.
E vede anche Deifobo, figlio di Priamo, straziato 609. come un tempo: pa-
recchie volte sotto l'infuria-
nel corpo, mutilato crudelmente nel viso, re degli attacchi di Ettore e
615 con le mani tagliate, le orecchie strappate, di Enea, i Greci avevano do-
il naso reciso da una turpe ferita. vuto ripiegare, fuggendo, si-
no alle loro navi, alcune
Lo riconosce a stento, poiché tremando cela delle quali, anzi, vennero in-
coi moncherini le atroci cicatrici. Gli dice: cendiate dai Troiani.
« Valoroso Deifobo, nato dal grande sangue 6n. una debole voce: do-
620 di Teucro, chi ti inflisse. pene cosi crudeli? veva essere un g;ido alto di
terrore ed è invece una par-
Chi poté osare tanto contro di te? Mi dissero venza di accento che subito
che nell'ultima notte di Troia eri caduto si spegne, a ricordare ch'essi
su un mucchio di confusi cadaveri, stremato sono ombre vane e non con-
servano del corpo e della vi-
dalla gran st,rage di Greci. Allora ti elevai ta se non un labile attributo.
625 una tomba vuota sul lido del capo Reteo, 613. Deifobo: figlio di
poi tre volte ho invocato a gran voce i tuoi Mani. Priamo, grande guerriero tro-
Quel luogo è segnato dal nome e dalle armi iano, terzo marito di Elena.
620. Teucro: figlio di Sca-
di Deifobo. Amico, non potei rivederti, . mandro e della ninfa Idea,
né seppellirti partendo in terra natia! » primo re di Troia.
630 Il figlio di Priamo risponde: «Non hai dimenticato 625. capo Reteo: a nord
nulla, amico, hai assolto ogni dovere funebre est di Troia Enea aveva ele-
vato, in mancanza del cada-
verso Deifobo e verso l'Ombra del suo cadavere. vere del cognato, un cenota-
fio, cioè una tomba vuota.
595· Tideo ... Partenopeo ... be parteggiando per Polini- 626. tre volte: secondo Ii
Adrasto: sono tre dei più ce contro Eteocle. Una leg- costume rituale con il nome
famosi guerrieri che com- genda vuole che Adrasto, ve- del defunto si invocavano le
batterono nella guerra di T e- dendo la grande strage che anime dei trapassati (Mani).
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Il mio destino e le colpe di Elena di Sparta
m'han gettato in un mare di dolori, m'han dato
635 queste ferite in ricordo. Tu lo sai bene
come passammo l'ultima notte di Troia
tra ingannevoli gioie: è duro rammentarlo
ma nect:ssario. Quando il cavallo fatale
venne d'un balzo sull'alta Pergamo, pesante,
640 col ventre pieno d'a:.1Ilati, Elena fece finta
di guidare un coro, celebrando l'orgia,
seguita dalle Troiane: ma, levando una fiaccola
in mezzo al coro, mandava segnali ai Greci, chiamandoli
637, tra ingannevoli gioie: dall'alto della rocca. Io mi sdraiai sul letto
banchettando tra canti e dan- 645 vinto dalle emozioni ed oppresso dal sonno,
ze di gioia per celebrare la e mi assali una quiete dolce e profonda, simile
fine della guerra decennale. a una placida morte. Quell'eccellente moglie
639. venne ... : fu trascina-
to non solo nell'interno della mi porta via di casa tutte le armi e leva
città ma nella. stessa roc- la spada di sotto al mio capo; poi chiama il primo ma-
ca (Pergamo) che costituiva [rito
l'ultimo baluardo della di-
fesa. 650 Menelao e spalanca le porte, consegnandogli
641. l'orgia: il convito in dono la mia testa, sperando di ingraziarselo
notturno era finito in un'or- e cancellare cosi l'antico tradimento.
gia sfrenata. In breve: irrompono tutti e due nella stanza
646. dulcis et alta quies
placidaque simillima morti: in compagnia di Ulisse, maestro di delitti.
splendido esametro che ren- 655 O Dei, se è giusto ch'io chieda vendetta, ricambiate
de bene la spossatezza e il queste scelleratezze ai Greci, colpo per colpo!
sonno che sprofondano Dei-
fobo in una quiete, che è Ma tu, Enea, raccontami come sei giunto qui
purtroppo il preludio della da vivo. Forse vieni per ordine divino
sua orrenda morte. o spinto dal lungo errare sul mare? Quale disgrazia
647· eccellente: dt"tto con 660 ancora ti sconvolge tanto da farti scendere
ironia amara, ma senza odio,
conoscendo di che stoffa era al fosco paese, alle case dolenti, prive di luce? »
fatta Elena. Mentre parlavano l'Aurora dalla quadriga rosata
654. Ulisse: là dove si or- aveva già corso metà del suo itinerario celeste.
disce un inganno, puntual-
mente si trova presente il E avrebbero forse perduto cosi l'intero tempo
re di Itaca! 665 accordato al viaggio se la sacra Sibilla
656. scelleratezze: Deifo- non avesse ammonito il suo compagno, dicendo:
bo ce le risparmia, ma noi «Enea, già cade la notte, e noi passiamo le ore
possiamo immaginarle rileg-
gendo la descrizione delle a piangere. Eccoci al punto dove la via si biforca:
mutilazioni subite dall'eroe, a destra c'è la strada che porta alle mura di Dite
all'inizio dell'episodio. 670 e che dobbiamo seguire per andare all'Eliso;
669. mura di Dite: la reg- a sinistra c'è il luogo dove sono puniti
gia di Plutone.
670. Eliso: che è la mèta i malvagi, la strada che porta all'empio Tartaro».
del viaggio. Le rispose Deifobo: «Grande sacerdotessa,
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Canto sesto 2II
non t'arrabbiare, andrò via, tornerò ad ingrossare ove sono puniti i Giganti, i
675 il numero delle Ombre, sparirò nelle tenebre. Titani ed i Lapiti. Sulla por-
l!t della re.ggia di Dite, Enea,
E tu, Enea, nostra gloria, va! Verso migliori destini». su invito della Sibilla, af-
Altro non disse e tornò indietro nella notte. figge il ramoscello d'oro.
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2r2 Canto sesto
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Canto sesto 213
un masso nero che sembra stia 1f 1f per cadere. proprio cliente, cioè colui
che si affidava interamente
Splendono i piedi d'oro di letti sontuosi, sia per quanto riguardavi la
son preparati banchetti con lusso regale: vita pubblica sia per quelta
745 vicino al peccatore è sdraiata una Furia, p'rivata, era per il diritto ro-
la maggiore di tutte, non gli lascia toccare mano uno dei crimini mag-
giori, contemplato da una
con le mani le mense, e si leva tenendo delle leggi delle XII Tavole.
una fiaccola in pugno, grida con voce di tuono. 752. da soli: sono gli
Qui stanno coloro che odiarono in vita avari.
i fratelli, o picchiarono i loro padri, o ordirono 760. rotola sassi enormi:
750
è Sisifo, ucciso da Teseo per
frodi ai loro clienti, o stettero a covare i suoi misfatti di grassatore
da soli le ricchezze riunite (sono i piu) e condannato a spingere ver-
senza dividerle coi propri parenti; so la cima di un monte un
ci sono gli uccisi per adulterio, e coloro sasso che rotolava a valle
dall'altro versante.
1SS che presero parte a guerre sacrileghe, o tradirono 761. ai raggi di una ruo-
la fede giurata ai padroni: rinchiusi ta: è Issione, di cui abbiamo
qui scontano la pena. Non cercar di sapere detto nella nota al verso 741.
quale sia questa pena, quale sorte o delitto 762. in eterno: per il ten-
tato ratto di Proserpina, già
abbia sommerso là quegli uomini. C'è chi ricordato.
760 rotola sassi enormi, o è appeso, legato, 762: Flegias: figlio di Mar-
ai raggi d'una ruota. L'infelice Teseo te e di Crisa, fu re della
sta seduto e in eterno starà seduto; Flegias Beozia. Per vendicarsi di A-
pollo che aveva sedotto la
grida a tutta voce attraverso le ombre: figlia Coronide, incendiò il
«Il mio esempio vi insegni ad essere giusti; tempio del dio in Delfo, ma
765 a non disprezzare gli Dei!». C'è chi vendette fu ucciso dallo stesso e pre-
la patria per denaro e le impose un tiranno cipitato nel Tartaro.
dispotico; chi fece e disfece leggi 765-773. Ci sono senz'al-
tro in questi versi delle chia-
per denaro; c'è chi incestuoso violò re allusioni alla vita roma-
la figlia, consumò nozze illecite: tutti na dei tempi di Virgilio. Di-
770 pensarono e compirono qualcosa di tremendo. ce bene il Funaioli: «Il Tar-
taro è il riflesso della vita
Se avessi cento lingue, cento bocche, una voce mondana nella sua deprava-
di ferro non potrei parlarti di tutti i delitti zione civile, religiosa, socia-
e passare in rassegna tutte le varie pene». le e politica con speciale ri-
ferimento a ciò che costitui-
Ciò detto la vecchia sacerdotessa di Febo sce il cardine della nostra
715 soggiunse: «Ma via, riprendi il cammino, esistenza: la famiglia, la pa-
compi il dovere intrapreso. Affrettiamoci, vedo tria, il soprannaturale, e con
di fronte a noi le mura uscite dalle officine gli echi, dappertutto riso-
nanti, della storia romana e
attentato all'onore di Giu- Altri commentatori la iden- del turbinio della rivoluzio-
none, l'altro per aver cer- tificavano invece con Cele- ne da cui Roma è appena
cato di rapire Proserpina, no, una delle Arpie, il cui uscita».
furono scaraventati nell'In- compito era quello di impe- 777· le mura: della città
ferno. dire di avvicinarsi alle men- di Plutone, costruite nelle
745· una Furia: Tisifone, se imbandite. sotterranee officine di Vul-
di cui si è parla to poc' anzi. 751. clienti: frodare il cano dai Ciclopi.
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Canto sesto 219
che estenderà il suo impero sopra tutta la terra, 957· Garamanti e Indi: i
che innalzerà la sua anima grande sino all'Olimpo, primi furono gli abitatori
della regione del Fezzan, ma
circondando di mura ben sette colli. Madre qui indicano in genere tutti
fortunata d'eroi! Cosi la Berecinzia i popoli dell'Africa Setten-
945 Cibele, incoronata di torri, trasportata trionale; gli Indi, abitanti
dell'India, non furono sot-
sul suo carro, attraversa le città della Frigia, tomessi a Roma. ma manda-
lieta della sua prole divina, felice vano all'imperatore tributi
di abbracciare i suoi cento nipoti, tutti Celesti, ed ambasciatori.
tutti abitanti nelle alte regioni dell'aria. 959· fuori ... : l'Impero di
Augusto si estenderà su tut-
950 « Ora guarda laggiu, osserva i tuoi Romani. te le terre abitate fin là do-
I tuoi Romani! C'è Cesare e tutta la progenie ve non c'è più tempo né
di Julo, che un giorno uscirà sotto la volta del cielo. spazio.
Questo è l'uomo promessoti sempre, da tanto tempo: 960. Atlante: uno dei gi-
ganti figli di Giove che si
Cesare AugÙsto divino. Egli riporterà ribellò al padre e da questi
955 ancora una volta nel Lazio l'età dell'oro, pei campi venne condannato a sostene-
dove un tempo regnava Saturno; estenderà re il mondo sulle spalle. Se-
condo la leggenda, fu un
il suo dominio sopra i Garamanti e gli Indi, grande astronomo ed inse-
dovunque ci sia una terra, fuori delle costellazioni, gnò agli uomini le leggi del
fuori di tutte le strade dell'anno e del sole, cielo. Per questo venne divi-
960 dove Atlante che porta il cielo fa roteare nizzato. Atlante aveva dato
il nome alla catena delle
sulla sua spalla la volta ornata di stelle lucenti. montagne della Mauritania,
Già sin d'ora, in attesa del suo arrivo, la terra al di là delle quali nessuno
meotica e i regni del Caspio tremano per i responsi si era mai spinto.
degli Dei, e si turbano le trepide foci del Nilo 963. meotica: la terra meo.
tica era quella che si sten-
965 dai sette rami. Nemmeno Ercole ha percorso deva intorno all'odierno ma-
tanto spazio di terra, sebbene trafiggesse re d'Azof ed era abitata dagli
la cerva dai piedi di bronzo e rendesse sicuri Sci ti.
i boschi d'Erimanto e atterrisse con l'arco 964. Nilo: si accenna alla
conquista da parte di Otta-
Lerna; nemmeno Bacco che vittorioso guida viano, dopo la battaglia di
Azio, dell'intero Egitto.
rato sugli altari con il nome innumeri discendenti di stir- 965. Nemmeno Ercole ... :
di Quirino. pe divina. si enumerano tre delle I 2 fa-
943· Madre ... : «felix pro- 953· da tanto tempo: s'in- toiche di Ercole: la cattura
le virum ». Dall'immagine tende dai fati. Infatti Vir- della cerva dai piedi di bron-
discende con spontaneità il gilio ne ha già parlato a lun- zo sacra a Diana nei boschi
paragone con la dea Cibele, go nel canto I, vv. 333-339. di Cerina: l'uccisione del
onorata in modo particolare 956. Saturno: cacciato dal cinghiale di Erimanto che
a Berecinto, città della Fri- figlio Giove, Saturno si ri- devastava l'Arcadia; l'ucci-
gia, che veniva rappresenta- fugiò in Italia, dove inse- sione dell'Idra di Lerna,
ta su un cocchio trascinato gnò agli abitanti l'agricoltu- mostro dalle sette teste, di
da leoni, con il capo cinto ra. Durante il suo regno ìa cni una immortale.
da una corona turrita per- pace e la serenità dominaro- 969. Bacco: la leggenda
ché presiedeva alla fonda- no sovrane e quell'età fu vuole che Bacco sia stato
zione delle nuove città, lieta chiamata dell'oro. Sarà com- allevato sul monte Nisa, in
di essere circondata dai suoi pito di Augusto rinnovarla. India, e che su un carro ti-
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220 Canto sesto
rato da tigri percorse quel- 970 il carro con le redini intrecciate di pampini,
l'immenso paese, assogget- calando con le sue tigri dall'alta vetta di Nisa.
tandolo e diffondendovi la
cultura della vite. E tu esiti ancora a accrescere di tanto
972. E tu esiti ancora: la nostra forza, temi di fermarti in Italia?
dopo quanto ti ho mostrato «Chi è quell'alto eroe incoronato di olivo
e detto, tu esiteresti .ancora 975 che porta gli arredi sacri? Riconosco
a dar prova di speranza e
di coraggio nel procedere i capelli e la barba canuta del re
alla conquista del Lazio? La che consoliderà la Roma primitiva
risposta è implicita. Fin qui con le sue leggi, arrivato dalla piccola Curi
il discorso illustrativo di e da una povera terra sino al potere supremo.
Anchise, che a noi pare un
po' troppo roboante e sono- 980 Gli succederà Tullo, che interromperà
ro e qua e là più che poeti- gli ozi della patria e richiamerà
co, retorico. alle armi i cittadini rilassati e le schiere
974· quell'alto eroe: è Nu- disavvezze ai trionfi. Poi viene Anco Marzio
ma Pompilio, re sacerdote
che introdusse e ordinò il ambizioso, che sembra godere già da adesso,
culto religioso in Roma (sa- 98S sin troppo, del favore popolare. Ma vuoi
cri arredi). Era nativo di vedere i re Tarquini e l'anima superba
un piccolo borgo, Curi, nella
Sabina e regnò pacificamen- di Bruto vendicatore, i fasci riconquistati?
te (incoronato di olivo). Egli sarà il primo a avere l'autorità
980. Tullo: Tullo Ostilio di console, le scuri crudeli, e punirà
fu invece re guerriero che 990 di propria mano i figli (che tramavano guerra
chiamò i cittadini alle armi
e li guidò a vittorie sui per riportare al trono i Tarquini) in difesa
popoli vicini ed in partico- della libertà bella: infelice, comunque
lare alla distruzione di Alba i posteri debbano giudicare quest'atto!
Longa. Vincerà l'amor patrio e la brama di gloria.
983. Anco Marzio: il 995 « Guarda lontano i Deci, i Drusi, Torquato
quarto re di Roma sarà am-
bizioso e desideroso di ac- dalla tremenda scure, Camillo che riporta
cattivarsi, a differenza di
Tullio, i favori popolari. di ferro e rappresentavano caddero in epoche diverse
986. i re Tarquini: Tar- il supremo potere politico per la grandezza di Roma.
quinia Prisco e Lucio Tar- e l'inesorabilità delle leggi. I Drusi furono un'altra del-
quinia il Superbo che con 990. i figli: i figli di Bru- le grandi famiglie romane
la loro tirannide e con le to parteciparono alla congiu- che offrirono i loro uomini
loro prepotenze spinsero Lu- ra per riportare sul trono i migliori alla patria : il più
cio Giunio Bruto ad insor- Tarquini e furono condan- famoso fu Livio Salinatore
gere e ad instaurare la re- nati a morte dal padre stesso. che sconfisse Asdrubale nel-
pubblica, simboleggiata dai 992. infelice: Bruto con la battaglia del Metauro
fasci littori, che furono strap- questo atto di suprema giu- (207 a. C.); Tito Manlio
pati dalle mani regali per stizia volle passare ai po- Torquato, console nel 340
essere riconsegnati ai rap- steri come esempio di dedi- a. C. fece mettere a ,morte
presf'ntanti eletti dal popo- zione assoluta alla legge, ma un suo figliolo che aveva
lo, i consoli. ad un prezzo troppo alto combattuto il nemico con-
989. le scuri crudeli: i fa- per lui padre. trariamente agli ordini.
sci erano fatti con verghe di 995· i Deci, i Drusi, Tor- 996. Camillo: Marco Fu-
olmo legate insieme, dentro quato: tre furono i Deci, rio Camillo, dittatore nel
cui era piantata una scure padre, figlio e nipote che 390 a. C., riconquistò le in-
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Canto sesto 221
le insegne già predate dai Galli vittoriosi! sole Lucio Emilio Paolo de-
E quelle anime che vedi splendere in armi eguali bellò a Pidna nel 168 a. C.
Perseo, re della Macedonia
- ora, e finché la notte le opprimerà, concordi - che si vantava di discendere
1000 quando avranno toccato la luce della vita da Achille (Eacridi da Ea-
che grande guerra, quanti massacri e quante lotte cro, avo di Achille). In tal
modo idealmente vendicò la
desteranno tra loro! Il suocero scendendo distruzione di Troia ed il
dai baluardi alpini e dalla rocca di Monaco, furto del Palladio dal tem-
il genero appoggiato dalle forze d'Oriente. pio di Minerva ad opera di
Ulisse e Diomede.
1005 O figli, non indurite l'animo in simile guerre, 1016. grande Catone: Ca-
non volgete le armi al cuore della patria: tone il Censore, noto per la
e tu per primo, tu che discendi dall'Olimpo, vita austera e sostenitore ac-
tu sangue mio, perdona, getta le armi di mano!... canito della completa distru-
« Ma ecco chi spingerà vittorioso il suo carro zione di Cartagine.
1017 . .Cosso: Aulo Corne-
1010 all'alto Campidoglio, dopo aver debellato lio Cosso nel 428 a. C. scon-
Corinto, glorioso per i Greci uccisi. fisse ed uccise Tolumnio, re
Quell'altro abbatterà Argo, l'Agamennonia dei Veienti.
Micene e lo stesso Perseo Eacide, disceso 1018. Gracchi... Scipioni:
oltre ai due famosi tribuni
dal poderoso Achille, vendicando gli avi della plebe, Tiberio e Caio,
1015 di Troia e i profanati santuari di Minerva. appartennero a questa no-
Chi potrebbe tacere di te, grande Catone, bile famiglia Tito Sempro-
o di te, Cosso? Chi potrebbe dimenticare nio, vincitore dei Celtiberi,
e Tiberio Sempronio, conso-
la gran razza dei Gracchi, o i due Scipioni, fulmini le durante la 2" guerra pu-
di guerra, flagello della Libia, o Fabrizio nica. - Scipioni: Scipione
1020 parsimonioso, o Serrano che semina il suo campo? maggiore, vincitore di Anni-
bale a Zama, e Scipione Mi-
Troppo a lungo ho parlato, ma non posso tacere nore, il distruttore di Car-
la vostra gloria, o Fabi! Sei proprio tu quel Massimo tagine.
1019. Fabrizio: il console
segne che i Galli avevano po: Anchise non solo ac- Fabrizio che non si lasciò
strappato ai Romani nella comuna tutti nel suo amore allettare e corrompere dai
battaglia presso il fiume di padre, ma si rivolge in doni di Pirro.
Allia. particolare a Cesare vincito- 1020. Serrano: Caio Atti-
998. quelle anime: di Ce- re, ritenendolo il maggiore lio Regolo, detto Serrano
sare e di Pompeo che nel- responsabile delle guerre fra- perché durante la prima
l'Eliso sono cosi eguali e tricide, mentre proprio da guerra punica ebbe la noti-
concordi, appena si reincar- lui, lontano discendente suo zia della sua elezione a con-
neranno scateneranno tra lo- e quindi Venere (Olimpo), sole mentre seminava (in
ro un'aspra guerra civile. ci si doveva attendere: mag- latino seminare è « serere » ).
1002. Il suocero: Cesare giore saggezza e generosità. 1022. Fabi: nobilissima
era suocero di Pompeo, a- 1009. ecco chi: il console famiglia romana, trecento
vendogli dato in isposa la Lucio Mummio che assediò membri della quale furono
figlia Giulia. Cesare, di ri- e distrusse nel 146 a.C. Co- uccisi in un agguato dai
torno dalle Gallie e passan- rinto, riducendo la Grecia a Veienti. Rimase vivo a Ro-
do per Milano muoverà con- provincia romana. Per que- ma un solo membro di essa,
tro il genero che aveva rac- sta impresa ebbe decretato giovanissimo, dal quale in
colto un esercito in Oriente. il trionfo in Campidoglio. seguito discese Quinto Fabio
1007. discendi dall'Olim- 1012. Quell'altro: il con- Massimo, dittatore che sal-
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222 Canto sesto
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Canto sesto 223
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224 Canto sesto
Commento critico
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Canto sesto 225
Galleria di ritratti
Anchise.
La figura di Anchise, cosl come s'è venuta delineando in questi sei libri, non è
sicuramente quella di un personaggio sentito e ricreato dal poeta in termini artistici
accettabili. Le sue apparizioni sporadiche, e spesso poco felici, sono dei puri e sem-
plici riempitivi o dei pretesti che danno lo spunto ad episodi o a fatti dei quali
non è mai l'autore e il protagonista. Gli manca completamente una personalità decisa
e chiara, o meglio quella maestosa solennità regale che un tempo aveva fatto di lui
un degno rivale di Priamo e l'uomo prescelto da Venere per le nozze terrene.
Troppi sono i suoi difetti senili: è ostinato quando non vuoi sapeme di abban-
donare Troia in fiamme; è inutilmente verboso, dà una interpretazione errata sul
significato dell'« antica madre ,. e non appare quella fonte di saggezza che crede di
essere. Anche qui nel sesto canto Virgilio si serve di lui per il lungo discorso della
presentazione degli eroi di Roma senza concedergli nessuno di quegli attributi psico-
logici ed artistici che avrebbero potuto meglio definirne poeticamente l'importanza
ed il rilievo.
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226 Canto sesto
Raffronti di traduzione
In/elix Dido, verus mihi nuntius ergo e per la notte fonda or mi sospinge,
venerai exstinctam fe"oque extrema secutam? mi mosse col suo comandamento;
Funeris heu tibi causa fui? Per sidera iuro, né credere potei che t'avrei dato
per superos et si qua !ides tellure sub ima est: cosi grande dolor col mio partire.
invitus, regina, tuo de litore cessi. Fèrmati! Non sottratti agli occhi miei!
Sed me iussa deum, quae nunc has ire per umbras, Chi fuggi? Sono le parole estreme
per loca senta situ cogunt noctemque profundam, che per voler dei fati io ti rivolgo.
imperiis egere suis; nec credere quivi Traduzione di Guido Vitali
bune tantum tibi me discessu /erre dolorem.
Siste gradum teque aspectu ne subtrahe nostro.
Quem fugis? Extremum fato quod lP. adloquor Excudent alii spirantia mollius aera -
(vv. 456-466) [hoc est. credo equidem - vivos ducent de marmore vultus ·
orabunt causar melius, caelique mt>atus '
describent radio et surgentia sidera dicent:
Dunque, Dido infelice, e' fu pur vera
tu regere imperio populos, Romane, memento -
quell'empia che di te nowlla udii,
hae tibi erunt artes - pacisque imponere morem,
che col ferro finisti i giorni tuoi?
parcere subiectis et debellare superhos.
Ah ch'io cagion ne fui! ma per le stelle,
per gli supemi dèi, per quanta fede (vv. 847-853)
ha qua giù, se pur v'ha, donna, ti giuro
che mal mio grado dal tuo lito sciolsi. Abbinsi gli altri de l'altre arti il vanto:
Fato, fato celeste, imperio espresso avvivino i colori e i bronzi e i marmi;
fu del gran Giove, e quella stessa forza, muovano con la lingu.t i tribunali;
che da l'eterea luce a questi orrori mostrin con l'astrolabio e col quadrante
de la profonda notte or mi conduce, meglio del ciel le stelle e i moti loro:
che da te mi divelse; e mai creduto che ciò meglio sapran forse di voi;
ciò di me non avrei, che 'l partir mio ma voi, Romani miei, reggete il mondo
cagion ti fosse ond 'a morir ne gissi. con l'imperio e con l'armi, e l'arti vostre
Ma ferma il passo, e le mie luci appaga sien l'esser giusti in pace, invitti in guerra;
de la tua vista. Ah, perché fuggi? E cui? perdonare a' soggetti, accor gli umlli,
Quest'è l'ultima volta, ohimè che 'l fato debellare i superbi.
mi dà ch'io ti favelli, e teco io sia. Traduzione di Annibal Caro
Traduzione di Annibal Caro
Foggino gli altri gli animati bronzi
Or dunque vero, con arte più sublime; vivi i volti
infelice Didone, era l'annunzio ritraggano nel marmo; più di noi
che t'eri uccisa, che col ferro avevi a perorare valgano le liti;
affrettato la fine! Ed io fui dunque, dell'universo traccino le vie
ahimè, la causa della tua sciagura? e il sorgere degli astri in ciel predicano:
Per gli astri, per gli Dei, per quanto è sacro tu con la forza reggi il mondo, o Roma!
nei regni inferni, io qui ti giuro, Elissa, Queste saran tue arti: assolvi i vinti,
che per forza partii dalla tua terra. doma i superbi, ed alla pace imponi
Il voler degli Dei, che per quest'ombra, norma di legge eterna!
per questi luoghi squallidi ed orrendi Traduzione di Adriano Bacchielli
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CANTO SETTIMO
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CANTO SETIIMO
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230 Canto settimo
donna furente che va per la città urlando, eccita le donne laziali e, seguita da esse,
fugge con Lavinia nei boschi ove, come fosse una baccante ebbra, dà inizio ad uno
sfrenato baccanale e consacra la figlia a Bacco. Dopo Amata la furia Aletto investe
Turno, il giovane e prode re di Ardea, il quale chiama alle armi i Rutuli e vuole la
guerra, ma non ancora soddisfatta, continua la sua azione provocatoria aizzando i
cani di Julo, recatosi a cacciare nei boschi, a scoprire le orme di un cervo caro a
Silvia, figlia di Tirro, custode degli armenti del re Latino e fattore dei suoi poderi.
Julo, vedendo il bellissimo animale, lo colpisce con un dardo. Il cervo ritorna nella
sua stalla ferito: Silvia piange disperata, i contadini accorrono armati di forche e
di pali aguzzi; in difesa di Julo accorrono alcuni giovani Troiani, e fra le due schiere
si accende una zuffa che si conclude con la morte di due Latini.
Ora, ancor più di prima, tutti vogliono la guerra, e Latino, incapace d'impedirla,
lascia ad altri il governo del suo regno e si ritira nella reggia. Già vigeva nel Lazio
l'abitudine di aprire, dichiarata la guerra, le porte del tempio di Giano, ma Latino
si rifiutò in quella circostanza di aprirle; Giunone allora, discesa dal cielo, le aprì.
Dichiarata la guerra, tutta l'Ausonia è in fiamme; tutti si addestrano all'uso delle
armi; tutti ripuliscono e temprano· armi ed armature. Tutte le città del Lazio si
trasformano in officine; l'amore dei campi si è tramutato in amore della guerra. L'e-
sercito è pronto a combattere e sfila in parata con i suoi capi, dei quali il primo è
Mesenzio, bestemmiatore dei Numi, con suo figlio Lauso; seguono Aventino, figlio
di Ercole e Rea Silvia, Catillo e Cora calati dalle mure di Tivoli, Céculo fondatore
di Preneste, Messapo domatore di cavalli e prole di Nettuno, Clauso seguito da una
folta schiera di Sabini, Aléso con i contadini massici e campani, Ufente con i monta-
nari dell'Aniene, Umbrone con i Marsi, Vlrbio figlio d'Ippolito, Turno, magnifica
figura di armato, e Camilla, la vergine guerriera che alla corsa supera i venti, con
i suoi cavalieri Volsci.
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CANTO SETIIMO d'incanto ed Enea ordina ai
suoi di raggiungere la riva
con i remi e di sbarcare. Il
Da Gaeta alle Foci del Tevere (1-44) - Il re Latino e Lavinia (45- grande fiume, lo sapremo più
129) -La profezia di Celeno si avvera (130-I74) - L'ambasciata al tardi, è il Tevere.
re Latino (175-331)- Giunone, Aletto e la regina Amata (332-462)-
Aletto e Turno (463-538)- Aletto, il cervo di Silvia e i primi morti
(539-612)- Giunone apre le porte del tempio di Giano (6r3-741)- r. E anche tu Caieta, ecc.:
La rassegna dei combattenti (742-938). Caieta, la fedele nutrice di
Enea, per non staccarsi dal
suo pupillo, aveva rifiutato
di rimanere in Sicilia; e in
Da Gaeta alle foci del Tevere quei giorni era morta ed era
stata sepolta sulla spiaggia
E ANCHE tu Caieta,
nutrice di Enea,
del golfo in cui i Troiani
erano approdati. Dalla pre-
senza del suo sepolcro quel
luogo fu chiamato Caieta (e
morendo hai dato fama eterna ai nostri lidi: Gaeta fu detta poi l'odierna
ancora oggi onoriamo la tua tomba, e il tuo nome città che vi sorse), come da
s (se questa è gloria) consacra quel paese d'Italia Palinuro e da Miseno prese-
ro il nome i promontori do-
dove riposano in pace le tue povere ossa. ve essi furono sepolti.
Celebrate le esequie secondo il rito e elevato II. serena: il cielo è se-
il tumulo, il pio Enea, vedendo il mare tranquillo, reno e la luna splende lumi-
lascia il porto e naviga a vele spiegate. nosa di tutta la sua luce
bianca, che traduce bene il
lO Spira una brezza leggera nella notte e la lùna « candida » del testo latino.
illumina serena il viaggio, il mare splende 12. tremula: non è «tre-
sotto la tremula luce. Le navi passano accanto muta » la luce della luna, ma
alla terra di Circe, dove la ricca figlia quella che riflette la super-
ficie del mare, increspata leg-
germente dalla « brezza leg-
DA GAETA ALI.E FOCI DEL ve i naviganti odono canti gera» (v. Io).
TEVERE (r-44).- Sepolta Ca- dolcissimi e urla bestiali, e 13. Circe: celebre maga
ieta, la fedele nntrice di col favore di Nettuno, che della mitologia antica, figlia
Enea, la flotta troiana salpa fa spirare un vento favore- del Sole e della ninfa Persa.
di notte al chiaro di luna, vole, giunge all'altezza di un Abitava un'isola (l'isola Gea,
costeggia l'isola di Circe, do- grande fiume. 1l 'lento cessa lungo la costa del Lazio,
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232 Canto settimo
presso il monte poi chiama- del Sole fa risuonare d'un canto assiduo i boschi
to dal suo nome Circello), 15 inaccessibili e, a notte, nella sua grande casa
cui approdò anche Ulisse, il
quale unico, fra i suoi com- si fa luce bruciando il cedro profumato
pagni tramutati in animali, e tesse fini tele con la spola sonora.
seppe vincerne le lusinghe. Di là s'odono i gemiti e i gridi dei leoni
14-15. canto assiduo... inac-
cessibili: Circe col suo canto che scuotono le catene, ruggendo nella notte;
perenne (assiduo) invita i 20 si sentono infuriare nelle stalle i cinghiali
naviganti a penetrare nelle di lunghe setole e gli orsi, si sentono ululare
selve dell'isola e nella sua
superba dimora. « Inaccessi- enormi lupi; tutti uomini che Circe,·
bili », perché nessuno do- Dea crudele, con erbe magiche ha trasformato,
vrebbe entrarvi, per il pe- dando loro l'aspetto di bestie feroci.
ricolo che si corre d'essere
mutati in animali. Circe ap- 25 Temendo che i pii Troiani toccassero quella terra
pare come simbolo della sen- e entrassero in porto a esporsi agli incanti di Circe,
sualità, che avvilisce e de- Nettuno riempi le vele di venti favorevoli,
grada a bruti gli stolti, e
dalla quale rimangono illesi li fece fuggire veloci e li trasse oltre i flutti
soltanto coloro che, come che ribollivano intorno alla costa rocciosa.
Ulisse, possiedono la saggez- 30 Già il mare rosseggiava per i raggi del sole
za. - e, a notte, ecc.: soprat-
tutto di notte col canto, il e su in cielo l'Aurora aranciata fulgeva
rumore del telaio ~ con i sulla sua rosea biga, quando caddero i venti
fuochi, che servono di gui- d'improvviso: ogni brezza cessò, i remi lottavano
da, la maga attira nel suo
.palazzo gli uomini che, in-
con l'acqua immobile come una distesa di marmo.
cauti, si lasciano vincere dal- 35 Allora Enea vede dal mare un bosco immenso;
la . curiosità di conoscerne attraverso quel bosco con piacevole corso
l'origine. La «spola» è lo il Tevere si getta nell'acqua salata
stlllplento che serve a far
paljSare il filo nell'ordito. tra vortici veloci e banchi di biondissima
18-24. i gridi dei leoni, arena. E tutto intorno e al di sopra ~
ecc.: secondo Omero (tutte
queste notizie sono tratte
dal canto X dell'Odissea) 27. Nettuno: il dio, che assume qui un significato
Circe con filtri malefici e sor- nella spartizione dell'univer- simbolico: contemporanea-
tilegi trasformava gli uomi- so con i ·fratelli Giove e mente esso è mèta del viag-
ni in porci; secondo Virgilio Plutone, ebbe in sorte l'im- gio di Enea e simbolo del-
con erbe magiche li mutava pero del mare, si era impe- l'impero che dalle sue rive
invece in leoni, lupi, orsi e gnato con Venere (c. V, reggerà il mondo.
cinghiali. 846--862) di assecondare il
25. pii: è l'aggettivo che 38-39. banchi di biondissi-
viaggio di Enea, ed ora man- ma arena: per la bionda are-
ritorna frequente accanto al tiene la promessa.
nome di Enea; qui è usato na sospesa in grande quanti-
anche per i suoi compagni, 33· ogni brezza cessò: i tà nelle sue acque. ~ il
i quali stanno compiendo, Troiani sono arrivati in vista « Bavus Tiberis », il biondo
come lui, la volontà del Fa- della terra ad essi assegnata Tevere, cosl chiamato dai
to; e ne dànno una prova dal Fato, e Nettuno fa ces- poeti fin dall'antichità per
eloquente anche ora, rim:in- sare la brezza che fino allora il suo colore costantemente
ciando alle lusinghe della aveva sospinto le navi. giallastro. - al di sopra: in
maga Circe. 37· il TeJJere: il Tevere alto, nell'aria, nel cielo.
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Canto settimo 233
40 d'ogni specie, abitanti delle rive e del letto d'iniziare il canto ne invo-
del fiume, addolcivano l'aria col canto e volavano ca l'ispirazione.
nel bosco. L'eroe comanda di mutare la rotta 47. armata straniera: flot-
ta troiana.
e di volgere a terra le prore: lieto avanza
48. Ausonia: i Greci chia-
con la flotta nel fiume ombreggiato di piante. marono « Ausones » gli Au-
runci, popolazione che, ap-
partenente al gruppo osco,
Il re Latino e Lavinia abitava tra i Liri e il Vol-
4S Ora, Erato, dirò quali re, quale stato turno; e più tardi, dopo che
nel secolo IV a. C. i Romani
di cose ci fosse nel Lazio antico, quando vinsero gli Aurunci, designa-
quest'armata straniera spinse le proprie navi rono con questo nome gli
alle coste d'AuSonia; ricorderò le cause abitanti dell'Italia centrale,
della prima battaglia. Dea, tu ispira il poeta! cosi che fu allora denomina-
ta «Ausonia» la parte del-
so Narrerò guerre orribili, parlerò delle schiere l'Italia indipendente dalla in-
e dei re che la collera spinse alla strage, ai lutti, fluenza greca. Più tardi il
dell'esercito etrusco e di tutta l'Esperia vocabolo assunse un valore
raccolta in armi. Assistimi, o divina, mi nasce dotto e poetico e fu usato
per designare tutta l'Italia.
una serie di eventi ben piu grande, m'accingo ,3.,4. mi nasce... più
ss a un. compito superbo! grande: intendi: dal propo-
· Già vecchio, il re Latino sito di cantare la guerra fra
governava tranquillo città e fertili campi Turno ed Enea mi si offre
(nasce) una serie di argo-
menti e di eventi ben più
IL RE LATINO E LAVINIA vrà essere un personaggio grande di quella finora af-
(4,·129). - Con l'a"ivo di straniero, la cui discendenza frontata cantando le pere-
Enea nella te"a sospirata ha dominerà il mondo. grinazioni dei Troiani.
inizio la seconda parte del ,6. Già vecchio, il re La-
poema, e Virgilio invoca 4,. Erato: delle nove so- tino, ecc.: Latino, re eponi·
Erato, la musa della poesia relle, figlie di Mnemosine e mo (che dà il nome) del La-
amorosa, perché lo ispiri: di Giove, che sovrintendo- zio, secondo il mito era figlio
egli canterà gli avvenimenti no a tutto ciò che rende della ninfa Marica e dt Fau-
di una gue"a il cui motivo bella e piacevole la vita, Era- no, il quale a sua volta era
più appariscente è una riva- to è la musa della poesia figlio di Pico, nato da Sa-
lità d'amore. La te"a in cui lirica, specialmente amorosa. turno. È interessante l'atti-
i Troiani sono approdati è Può sembrare strano che nenza con l'agricoltura di
il Lazio, e suo re è Latino, Virgilio all'inizio della se- tutti e tre gli ascendenti di
padre di un'unica figlia, La- conda parte del suo poe- Latino: Saturno, che si rap-
vinia. Molti principi italici ma interamente dedicato alla presentava con l'aspetto di
hanno chiesto in sposa la guerra, almeno come argo- un vegliardo dalla lunga
bella figlia del re, ma la mento fondamentale, invo- barba bianca e con in mano
madre, ·Amata, ha preferito chi la musa della poesia amo- un falcetto: il suo nome de-
il figlio del re dei Rutuli e rosa; ma il motivo della con- riverebbe da "sata", che so-
di sua sorella V enilia: il tesa fra gli ltalici guidati da no i campi seminati; Pico
giovane e forte Turno. Di Turno e i Troiani comandati da "picus", cioè il picchio,
parere diverso è però Latino, da Enea è l'amore di Turno che distrugge gli insetti no-
che da vari prodigi e da Fau- per la bella Lavinia, che il civi alle piante; Fauno da
no, nume tutelare dei boschi re Latino, suo padre, ha in- "faveo" (favorisco), e quin-
e padre suo, aveva appreso vece _promesso in sposa ad di propizio all'agricoltura e
che lo sposo di Lavinia do- Enea. Perciò Virgilio prima protettore delle greggi, don-
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2 34 Canto settimo
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Canto settimo 235
parve che il fuoco attaccasse i suoi lunghi capelli, le fondamenta della poten-
che tutto il suo abbigliamento bruciasse con una fiamma za e della fama di Roma.
90 crepitante, che ardessero le chiome regali 99· all'oracolo di Fauno:
Fauno, padre di Latino, fu
e la corona gemmata; infine sembrò venerato dopo la morte co-
che fosse avvolta, tra il fumo, in una luce rossastra me dio vaticinatore, con il
e seminasse fuoco per tutta la casa. nome di Fatuo.
Dicevano che questo miracolo annunziasse 101. Albunea: la rupe Al-
105 italici, tutta l'Enotria. Il sacerdote vi porta questo è un nome dato dai
Greci all'Italia meridionale,
offerte e nella notte silenziosa si sdraia in particolare alla Lucania e
a terra sulle pelli delle pecore uccise: alla Calabria (l'antico Bru-
poi raggiunto dal sonno vede molti fantasmi tium), dopo che Enotro, fi-
volteggiare in mirabili forme ed ascolta glio di Licaone, re di Arca-
dia, passò in Italia e ne oc-
110 varie voci, intrattiene colloquio con gli Dei cupò le coste meridionali.
e dal profondo Averno evoca l'Acheronte. Ma con il nome di Enotria
Qui dunque il padre Latino, cercando una risposta fu chiamata talvolta tutta la
ai suoi problemi, sacrifica secondo il rito cento penisola. - Il sacerdote ... va-
rie voci: è il modo di con-
pecore di due anni e, distese le pelli sultazione degli dèi detto
IIS vellose sulla terra, vi si corica sopra. «per incubationem »: il sa-
Ed ecco all'improvviso ,erompere una voce cerdote uccideva le pecore
portate come vittime (vi por-
ta offerte), le scuoiava, di-
stendeva le pelli sulla terra,
fuoco sull'altare con le pure si collega col primo, come vi si sdraiava e si addor-
fiaccole. «Pure,., perché im- sua logica conseguenza: le mentava. Nel sonno riceve-
piegate per accendere il fuo- api predicono l'arrivo dal ma- va i responsi divini sotto
co del sacrificio. re degli stranieri; le fiamme forma di sogni. - intrattiene
88-93. parve che il fuoco ... indicano la guerra che ne colloquio ... l'Acheronte: in-
tutta la casa: intendi: sem- nascerà e che si propagherà tendi: conversa con gli dèi
brò che il fuoco incendiasse per tutta la regione. del cielo e con quelli del
i suoi capelli e con fiamma 94· miracolo: fatto prodi- regno degli inferi (Averno).
crepitante bruciassero le sue gioso. « Acheronte ,. è uno dei fiu-
vesti e le sue chiome e la 96. destini grandi ... fama: mi dell'Averno, e il suo no-
corona splendida di gemme, con i « grandi destini » e me suona "fiume del dclo-
e che cosi avvolta di fiam- con la « grande fama » si al- re", ma qui sta per gli dèi
me incendiasse tutta la ca- lude alla storia romana; La- che abitano nel mondo sot-
sa. Questo secondo prodigio vinia doveva porre con Enea terraneo.
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236 Canto settimo
II7-124. O figlio, non vo- dal profondo del bosco: cO figlio, non volere
lere, ecc.: il responso di uno sposo latino per Lavinia, non dare
Fauno è chiaro: Lavinia non
deve essere sposa di un la- fiducia alcuna al talamo giA preparato, verrà
ziale (latino), come vorrebbe 120 un genero straniero che porterà alle stelle
la regina Amata; il genero con la sua discendenza il nostro nome: i nipoti
sarà uno straniero la cui di- da lui sorti vedranno il mondo sottomesso
scendenza darà gloria eterna
al nostro nome e dominio ai loro piedi, i paesi tutti che il Sole guarda
sul mondo intero. nella sua eterna corsa dall'uno all'altro Oceano».
126. la Fama: malefica di- 125 Latino non tenne per sé la profezia e i consigli
vinità allegorica, che gli an-
tichi rappresentavano con le avuti nella notte silenziosa; la Fama
sembianze di un orrendo mo- volando dappertutto li aveva già portati
stro alato. Secondo il mito per le città d'Italia quando i Teucri ancorarono
era figlia della Terra e so- la flotta lungo la riva erbosa del bel fiume.
rella dei giganti Encefalo e
Ceo, e si dilettava di diffon-
dere il male. Virgilio ne fa
una lunga descrizione nel La profezia di Celeno si avvera
c. IV, 21o-225 ddf'Eneide.
130 Enea, i capi supremi e Julo si distendono
LA PROFEZIA DI CELENO SI
sotto i raini d'un albero altissimo: preparano
AVVERA (13o-174). -Appena
sbarcati e tirate le navi in i cibi, mettendo sull'erba larghe focacce di farro
secco, i Troiani spinti dalla come fossero tavole (consigliati da Giove),
fame si siedono sull'erba lun- e riempiono di frutta i deschi cereali.
go la riva del fiume e si ri-
storano, ma essendo il cibo 135 Allora, consumati quei poveri cibi,
insufficiente a soddisfare il la fame li spinse a addentare le sottili focacce
loro appetito sono costretti spezzandone l'orlo. «Ahimè - fece Julo,
a mangiare anche le focacce scherzando- noi mangiamo anche le nostre mense».
di farro che erano servite co-
me piatti. ]ulo, scherzando, Quelle poche parole inattese portarono
lo fa notare, e cosl si avvera 140 la fine del lungo errare: il padre le raccolse
la profezia di Celeno: « a"i- dalla bocca di Julo e le meditò a lungo
verete in Italia, ma non cin- stupito dell'oracolo che si era avverato.
gerete di mura la città che
vi è stata promessa, prima
che una feroce fame non
v'abbia costretto a rodere IJI-134·Preparano i cibi... mava portare sopra focacce
coi denti perfino le mense >>. cereali: intendi: secondo l'i- di farro insieme con cacio
Tutti esultano ed Enea rin- spirazione che essi ebbero da e uova.
grazia gli dèi indicendo in Giove, in mancanza di ta- 138. le nostre mense: le
loro onore una libagione. vole, posarono sull'erba fo- focacce or ora nominate.
Giove manifesta allora il suo cacce di farro e su di esse 140. del lungo errare: del
favore tuonando tre volte a i cibi. Questo particolare lungo viaggio per raggiun-
cielo sereno. non è soltanto la preparazio- gere dalla Troade la terra
ne dell'avveramento di una promessa dai Fati.
130. si distendono: si profezia, ma anche un gra- 142. dell'oracolo: della
sdraiano comodamente. Il ziosissimo quadro campestre, profezia. Le parole di Julo,
testo latino ha « corpora de- che richiama cerimonie anti- che per lui avevano il signi-
ponunt », cioè, posano i che, come l'offerta di primi- ficato e il tono di un'osserva-
corpi. zie ai Penati, che si costu- zione scherzosa, hanno inve-
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Canto settimo 237
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238 Canto settimo
Crono e gran madre degli Il padre onnipotente tuonò tre volte dal cielo
dèi, ma anche degli uomini
e degli animali, che nutre, sereno e, scuotendola di propria mano, mostrò
assiste e guarisce dalle ma- una nube lucente d'oro e raggi di luce.
lattie, come principio di vi- 170 Subito si diffonde per le schiere troiane
ta. - i suoi due genitori: la la voce che era giunto finalmente il gran giorno
madre di Enea, Venere, nel- di fondare le mura promesse. Gioiosi
l'Olimpo; il padre, Anchise,
che Enea aveva trovato nei per l'augurio rinnovano il banchetto, versando
campi Elisi (Erebo), quando il vino sino all'orlo delle coppe capaci.
discese nel mondo sotterra-
neo dei morti (c. VI). Nota
come Enea invochi prima le L'ambasciata al re Latino
divinità del luogo, in cui è
approdato: il genio tutelare,
la Terra, le Ninfe, i fiumi; 11S Il giorno dopo quando il sole già illuminava
poi gli dèi del cielo, la not- con la prima sua luce la terra, per vie diverse
te e le stelle, gli dèi patrii:
Giove e Cibele, ed infine esplorano la città, il paese e le spiagge:
quelli domestici: Venere e apprendono che lo stagno U vicino è prodotto
Anchise. dal Numico, che il fiume è il Tevere, che i forti
167-168. Il padre onnipo- ISO Latini sono i padroni della regione. Allora
tente: Giove. - dal cielo se- il figlio di Anchise comanda che cento ambasciatori,
reno: il tuono a ciel sereno
era considerato indice di scelti da tutti i ranghi dell'esercito, vadano
buon augurio. incoronati d'olivo sino alla capitale
173. rinnovano il banchet- latina e portino doni al re, chiedendogli pace.
to: riprendono a sedersi non 18S Costoro partono subito a passo veloce. Enea
già ponendo sulla terra fo-
cacce di farro, che del resto (;Ji ambasciatorz, grunti a reggia. E congeda gli awba·
i Troiani affamati avevano Laurento, la città capitale sciatori con ricchi doni.
già mangiate, ma tazze e cra- dei Latini, sono introdotti
teri pieni di vino per la li- nella reggia e ricevuti dal 179. Numìco: Numico è
bagione. Anche il rinnovo re con parole cortesi e be- lo stagno e Numico è anche
del banchetto è preso dal nevole. Risponde il capo del- il fiumicello che versa in
poeta dall'uso romano delle l'ambasceria, Ilioneo, dicen- esso le sue acque dandogli
« secundae mensae ». do che i Trozani sono sbar- origine. Secondo la leggen-
cati nel Lazio non a caso, da, ricordata da Tito Livio,
ma per volere del Fato, il Enea sarebbe scomparso nel-
L'AMBASCIATA AL RE LA- quale ha destinato quella ter- le sue acque. Il Numico, che
TINO (175-331). - Il giorno ra come nuova patria dei Pe- per alcuni non esiste più,
dopo i Tmiani esplorano il nati di Troia. Essi perciò per altri si identificherebbe
paese e vengono a sapere portano pace e chiedono pa- con il Rio Torto di Pratica
che il fiume è il Tevere e ce e ospitalità. Ed offre al o nel Canale dello Stagno,
che in quella terra abitano re i ricchi doni di Enea. La- emissario del lago di Ostia,
i forti Latini. Allora Enea tino risponde che il loro ar- scorreva parallelo al Tevere.
manda al re, che è Latino, rivo gli è stato preannuncia- 181. cento: il solito nu-
una folta ambasceria con ra- to dai vaticini, i quali gli mero· iperbolico in luogo di
mi d'olivo e ricchi doni; ed hanno anche predetto per molti, numerosi.
ordina che intanto l'accam- Lavinia uno sposo straniero. 183. incoronati d'olivo:
pamento sia fortificato con Perciò egli accogli!·rà linea per indicare che l'ambasce-
un solido muro e un fossato. come ospite atteso nella sua ria aveva intenzioni pacifiche.
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Canto settimo 239
traccia il contorno dei muri con un piccolo fosso, straniera: uomuu, gli dice,
spiana l'area ed eleva le prime costruzioni di aspetto austero e gagliar-
sul lido, circondandole con \m muro merlato do (grandi) che indossano
vesti ignote. Con due toc-
e un terrapieno, all'uso di un campo militare. chi efficacissimi ( « ingentes
190 Percorso tutto il cammino gli ambasciatori vedono ignota in veste... viros » -
già le torri e i palazzi altissimi dei Latini grandi uomini in veste sco-
e s'avvicinano in fretta alle mura. Davanti nosciuta) il poeta ha ottenu-
to che il giovinetto ad un
alla città fanciulli e giovani nel primo fiore tempo comunicasse al re
s'esercitano a cavallo e in una nube di polvere l'importante notizia ed e-
19S guidano i carri, o tendono i duri archi o scagliano sprimesse il suo stupore.
202. Era un palazzo augu-
a mano gli elastici giavellotti: sfidandosi
sto, ecc.: Latino riceve l'am-
nella corsa e nel lancio. Un messaggero a cavallo basceria troiana nella reg-
va avanti a riferire al vecchio re dell'arrivo gia: ampia e sontuosa co-
di uomini grandi vestiti secondo una moda ignota. struzione edificata nella par-
te più alta della citttà. Essa
200 Egli comanda siano convocati a palazzo era stata la dimora del non-
e siede in mezzo alla reggia, sul trono dei suoi avi. no di Latino, Pico, ed era
Era un palazzo augusto, alto su cento colonne, considerata sacra e quindi
enorme, posto in cima alla città: fu tempio circondata da una selva. Ac-
canto ad essa Latino aveva
del laurentino Pico, degno di sacro terrore fatto costruire una sua di-
20S per i suoi boschi e il culto pietoso degli antenati. mora (v. 76) e la stessa cit-
Qui era di buon augurio per i sovrani ricevere tà ch'egli chiamò Laurento.
lo scettro e levare in alto i fasci; in questo tempio La casa di Pico servi poi co-
me tempio e curia. Quivi in-
era la loro curia e la sala dei sacri fatti i re venivano insigniti
banchetti: ucciso l'ariete i padri sedevano qui dei loro attributi regali (scet-
210 a mensa, in lunghissime file, uno vicino all'altro. tri e fasci); quivi il re acco-
Nel vestibolo, in ordine, c'erano i simulacri glieva gli ambasciatori stra-
nieri e radunava il senato.
di vecchio cedro degli avi: Italo e il padre Sabino Virgilio, che ha di mira l'e-
coltivatore di viti, che ha sotto i piedi la falce saltazione di Roma, « attri-
buisce ai Latini antichi usi
186. traccia... un piccolo lizzata e un terrapieno, se- e istituzioni dei suoi tem-
fosso : trai::ci a un piccolo fos- condo l'uso dei campi mili- pi; in tal modo questi ac-
so, come segno sul quale do- tari romani. quistano l'aureola augusta
vevasi costruire la fortifi- 193. fanciulli e giovani, della più remota antichità »
cazione intorno all'accampa- ecc.: già al primo incontro (G. Notte).
mento, che il poeta per ana- Virgilio fissa il carattere 212-216. di vecchio cedro:
logia con quella delle città guerriero del popolo latino: di vecchio legno di cedro.
chiama muri. Non è una i giovani di Laurento si Anticamente i simulacri si
precauzione eccessiva: il pa- esercitano in gare sportive e scolpivano nel legno. - de-
dre Anchise gli aveva pur nell'uso delle armi; cosi fa- gli avi: sono gli dèi eponimi
predetto che, arrivato nel ceva anche la gioventù ro- della gente italica; e il poe-
Lazio, avrebbe dovuto soste- mana nel campo marzio. ta li ricorda ad uno ad uno
nere una fiera lotta contro 199· di uomini grandi, nei versi successivi. - I talo
gente bellicosa (VI, 1076- ecc.: intendi: uno dei giova- e Sabino: rispettivamente
1078). ni cavalieri si stacca dal dell'Enotria, detta poi dal
188-189. con un muro ... gruppo e corre a riferire al suo nome Italia, e dei Sa-
un terrapieno: con una pa- vecchio re l'arrivo di gente bini, creatori ambedue di ci-
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240 Canto settimo
viltà nella propria terra con ricurva, il vecchio Saturno e Giano bifronte
l'introduzione dell'agricoltu- 21S ed altri re antichissimi, che eran stati feriti
ra. - il vecchio Saturno: di- ndla notte dei tempi, lottando per la patria.
vinità solare, personificata in
un re che in tempi antichis- Pendevano dai sacri battenti molte armi,
simi avrebbe fatto felici i po. carri presi ai nemici, curve scuri, cimieri,
poli del Lazio; e il suo go. gran chiavistelli di porte di fortezze espugnate,
verno fu dalla tradizione 220 e giavellotti, scudi, rostri strappati alle navi.
chiamato «età dell'oro».
Presiedeva alla giustizia, ai Seduta c'era la statua di Pico, col lituo
giorni, alle stagioni, all'an- di Quirino, vestito con un mantello corto,
no, alle intemperie, alle se- lo scudo nella sinistra: Pico, il domatore
menti, all'agricoltura, e in di cavalli, che Circe sua amante appassionata
suo onore si celebravano nel-
le calende di gennaio i fa- 22S toccò con l'aurea verga e avvdenò trasformandolo
mosi Satumalia. Si rappre- in uccdlo dalle ali cosparse di colori.
sentava con l'aspetto di un In questo tempio divino, seduto sul seggio paterno,
vegliardo dalla lunga bar-
ba bianca e con in mano un Latino fece entrare i Troiani e per primo
falcetto. - Giano bifronte: disse in tono benevolo: «Parlate pure o Dardanidi
divinità prettamente italica 230 - poiché noi conosciamo tutto di voi: la città
ravvisabile nella rappresen- e la stirpe; voi siete gente famosa dovunque
tazione più antica delle due
facce, una con la barba e navighiate-. Che cosa volete? Quale ragione
una senza. Si diceva che a- ha spinto le vostre navi per tanta acqua cerulea
vesse regnato nel Lazio con fino al lido d'Ausonia? Sia stato un errore di rotta
Satumo e si favoleggiava
che dal suo connubio con la 23S o una tempesta (quali soffrono i naviganti
ninfa Camesena avesse avu- in alto mare) a costringervi a entrare od fiume
to origine la stirpe italica e a fermarvi od porto, non sdegnate la nostra
(v. «Alle fonti del Oitum- ospitale accoglienza e sappiate che i Latini,
no » di G. Carducci).
217-220. Pendevano dai
sacri, ecc.: dopo il ricordo re, degli àuguri, poi dei con- ti anche Dardanidi, da Dar-
dei re creatori di civiltà, ec- soli e dei cavalieri; ed ha dano, capostipite della casa
co ora quello dei trofei di nella mano sinistra lo scudo, regnante su Troia e primo
guerra conquistati difenden- che si credeva caduto dal fondatore di quella città, so-
do la libertà della patria: cielo, e nella destra un ba- no giunti in un luogo, il La-
carri da guerra, tanto leggeri stone ricurvo, senza nodi, u- zio, dove la loro triste sto-
da poter essere appesi alle sato dagli auguri per trar- ria più recente è nota, ma
pareti, scuri, cimieri... e ro- re gli auspicii. Di esso si ser- dove è nota anche quella più
stri, cioè speroni di cui era- vi anche Romolo (Quirino), antica e gloriosa. Ed ecco
no munite le navi da guerra quando trasse gli auspici per allora il discorso di Latino,
per affondare quelle avver- l'edificazione di Roma. La che è espressione del suo ca-
sarie. · maga Circe trasformò Pico rattere aperto, benevolo e si-
221-226. Pico: la prima nell'uccello omonimo, il pic- curo delle proprie azioni, con
statua è di Pico, figlio di Sa- chio, perché a lei aveva pre- il quale il vecchio e saggio
turno e nonno di Latino. ~ ferito come sposa Canente, re riconosce il valore e i
rappresentato seduto, in ve- la figlia di Giano (v. Ovidio, meriti, la civiltà e il decoro
ste succinta, cioè con il cor- Met., XIV, 394 sgg. e 441 del popolo che l'ambasceria
to mantello di porpora (o e sgg.). rappresenta.- nel fiume: nel
bianco listato di porpora) 229-249. Dardanidi - poi- Tevere. - i Latini, prole Sa-
detto « trabea », proprio dei ché noi, ecc.: i Troiani, det- turnia ecc.: i Latini, discen-
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Canto settimo
prole Saturnia, son giusti non perché cosi vuole 250. Ilioneo: il capo de-
la legge, ma di propria natura e per l'usanza gli ambasciatori, che altra
240
volta con abile parola aveva
di quell'antico Dio. E in verità ricordo perorato la causa dei Troia-
-la fama cogli anni s'è piuttosto oscurata- ni presso la regina Didone
che i vecchi aurunci dicevano come Dardano, nato (1, 6o7-65o), risponde ora a
in questi campi, fosse andato poi nella Frigia, Latino altrettanto abilmente
e chiede ospitalità per il po-
245 alle città dell'Ida e a Samo nella Tracia polo troiano, che sfuggito al-
(quella adesso chiamata Samotracia). Partito la distruzione di Troia, è ar-
da qui, dalla tirrena Corito, ora l'accoglie rivato nel Lazio non a ca-
so, ma per volere deigli dèi.
in ttono l'aurea reggia del cido stellato, 256. cacciati dai regni,
è uno dei Celesti che i nostri altari onorano ». ecc.: banditi dal regno più
2SO Gli rispose Ilioneo: «O re, figlio famoso grande di quanti ne sono esi-
di Fauno, non fu una nera tempesta ad obbligarci, stiti e ne esistono sulla terra.
257-258. Discendiamo da
sbattuti dalle onde, a approdare alle vostre Giove, ecc.: perché il capo-
contrade, né ci trasse fuori rotta la poca stipite dei Troiani è Darda-
conoscenza dei lidi o una stella: veniamo no, figlio di Giove.
2SS a questa città di proposito, volontariamente, 259-260. Enea di gran stir-
pe divina: perché figlio di
cacciati dai regni maggiori che il sole mai abbia guar- Venere, una delle maggiori
[dato divinità dell'Olimpo.
sorgendo dalla cima dell'Olimpo. Discendiamo 261-263. Quale immensa
da Giove, siamo fieri, noi Troiani, d'avere bufera, ecc.: in questi tre
versi il poeta ha condensato
Giove per antenato; il nostro sovrano, Enea le spaventose vicende della
260 di gran stirpe divina, ci ha mandato a te. guerra (immensa bufera) che,
Quale immensa bufera partita da Micene partita dalla Grecia, si era
si sia rovesciata pei campi dell'Ida, spinti da quali abbattuta nella pianura del-
la Troade dominata dal mon-
destini i due continenti d'Asia e d'Europa cozzassero, te Ida. « Micene », la città
l'hanno saputo tutti, anche i remoti abitanti di Agamennone nell'Argoli-
de, rappresenta qui tutta la
Grecia. Nota l'efficacia del-
denti da Satumo, il dio del- dre di Anchise e nonno di l'iperbole che rappresenta la
la giustizia, sotto il cui go- Enea. Invece secondo la tra- guerra tra Greci e Troiani
verno era fiorita «l'età del- dizione seguita da Virgilio, come il cozzo formidabile tra
l'oro », sono giusti non per Dardano, oriundo di Còrito i due continenti d'Europa e
imposizione della legge, ma (l'odierna Cortona) e quindi d'Asia.
per natura e per l'esempio a mitico eroe italico, si trasfe- 264-267. l'hanno saputo
loro dato dal dio che ha da- rl dall'Etruria nell'isola di tutti, ecc.: intendi: tutti
to origine alla loro stirpe. - Samotracia e di qui nella hanno avuto notizia di que-
Dardano, nato in questi cam- Frigia, dove sarebbe divenu- sta grande guerra, anche gli
pi ecc.: secondo Omero da to genero di Teucro. Virgi- abitanti delle regioni più
Dardano, figlio di Zeus e lio, cioè, vuoi dimostrare che lontane da noi: cosl quelli
della ninfa Elettra, nacque i Troiani sono stranieri quan- delle terre vicine all'Ocea-
Erittonio, padre di Troo; da to basta per soddisfare l'esi- no che gira a cerchio, come
Troo nacquero Ilo e Assara- genza del responso, ma che quelli che vivono nella zo-
co; da Ilo discese Laome- in realtà essi ritornano in na bruciata dal sole equato-
donte e da questo Priamo; Italia a buon diritto, per- riale. Gli antichi credevano
da Assaraco discese Capi, pa- ché loro patria d'origine. che l'Oceano fosse un im-
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242 Canto settimo
menso fiume che corresse 265 di terre fuori del mondo, divise dall'Oceano
intorno alla terra e che da che torna su se stesso, o di regioni bruciate
esso traessero origine tutte
le acque. dall'implacabile sole in zona equatoriale.
269. gli dèi patrii: i Pe- Scampati a quella tempesta, sbattuti per tanti mari,
nati, cui gli antichi attribui- chiediamo una piccola sede per gli Dei patrii, un lido
vano, come a quelli della fa- 210 ospitale, acqua e aria libere per tutti.
miglia, una larga influenza
di custodia, di protezione e Saremo degni del vostro regno, e la vostra fama
di prosperità dello Stato. non ne scapiterà, non ci vedrete ingrati
274-290. Giuro per i de- né dovrete pentirvi d'aver accolto i Troiani.
stini d'Enea, ecc.: l'abilis- Giuro per i destini d'Enea, per la sua destra
simo Ilioneo pensando che 275 potente - che qualcuno ha sperimentato in pace,
Latino gli possa chiedere
perché i Troiani sono sbar- qualcuno in guerra e in armi - , molti popoli, molte
cati in Italia e proprio nel genti vollero unirei a loro: non disprezzarci
Lazio, mentre avrebbero po- se veniamo a te supplici, con bende di pace!
tuto dirigersi verso altre ter-
re, giura sulla verità dei Fa- Ci ha spinto a cercare le vostre terre il volere
ti, che guidano Enea, e sul- 280 degli Dei. Di qui Dardano ebbe origine, qui
la realtà del suo valore, spe- ci chiama Apollo e con ordini imperiosi ci spinge
rimentato in pace e in guer- al Tevere etrusco e alle sacre acque del fonte Numico.
ra, che molti popoli li han-
no invitati a prendere di- Enea ti regala qualche piccolo pegno
mora nella loro terra, ma della potenza d'un tempo, resti da lui salvati
che essi hanno obbedito al- 285 all'incendio di Troia. Con questa coppa d'oro
la volontà degli dèi. - Di libava il padre Anchise presso gli altari; questa
qui Dardano, ecc.: v. nota
ai versi 243 sgg. Ilioneo ti- era l'acconciatura di Priamo quando dava
prende il discorso di Latino, secondo l'uso leggi ai popoli adunati:
ma con altro intendimento: lo scettro, la sacra tiara e le vesti, tessute
egli afferma decisamente che
la venuta dei Troiani in Ita- 290 dalle donne iliache »...
lia è un ritorno. Dardano, A tali parole d'Ilioneo il re Latino
di origine italica, trasmigrò rivolge gli occhi al suolo pensando, il volto fisso
in Oriente ed ora nelle ve- e intento. Non lo commuove la porpora ricamata
sti di Enea, suo discenden-
te, ritorna sospinto da Apol- né lo scettro di Priamo, ma pensa al matrimonio
lo con i suoi oracoli, e gli 295 della figlia e rimugina il presagio di Fauno:
manda i doni ospitali. - Nu- ecco il genero giunto da una terra straniera,
mìco; v. verso 179 e la no- predestinato dai Fati a regnare con lui,
ta. - la sacra tiara: il ber-
retto frigio (specie di tur- ecco il futuro autore di una stirpe famosa
bante con la punta diritta) per il valore, forte da conquistare il mondo!
faceva parte, insieme con Io 300 Poi disse, lieto: «Gli Dei favoriscano i nostri
scettro e il manto, delle in-
segne regie; gli altri Troia- ma ricorda il presagio di 300. i nostrt progetti e i
ni portavano la mitra, anche Fauno, suo padre. Egli oltre loro augurii: i nostri proget-
berretto frigio, ma con la che essere re è anche padre, ti di fare dei Latini e dei
punta ripiegata. e ad un tempo pensa sia al- Troiani un popolo solo e i
293-299. Non lo commuo- Ia gloria fu tura del suo po- vaticini degli dèi, che coin-
ve, ecc.: Latino non si com- polo, sia alla felicità della cidono con quanto noi ci
muove alla vista dei doni, figlia. proponiamo di fare.
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Canto settimo 243
progetti e i loro augurii. Troiano, ti sarà dato 3II. gli oracoli del tem-
quel che desideri, io non respingo i tuoi doni. pio, ecc.: i presagi di Fau-
Finché sarà re Latino non vi verrà mai meno no, suo padre, interrogato
da Latino nei boschi presso
la ricchezza dei campi o l'opulenza di Troia. Tivoli, dov'era la rupe Al-
305 Ma se davvero Enea vuol essere nostro amico, bunea e dove egli dava i suoi
se aspira ad essere ospite nostro, caro alleato, responsi (vv. 98-103).
329. ai cavalli del Sole:
non abbia paura a venir di persona, Etone e Piroo.
poiché lo attendo da amico: stimerò quasi fatta
l'alleanza se avrò toccato la sua mano. GIUNONE, ALETTO E I.A
310 Ora voi riportategli subito i miei mandati. REGINA AMATA (332-462). -
Ho una figlia alla quale gli oracoli del tempio Mentre l'ambasceria troiana
ritorna al campo con i doni
paterno e molti prodigi celesti non consentono del re Latino, Giunone scor-
s'unisca in matrimonio a un uomo di nostra gente: ge Enea e i suoi compagni
predicono che un genero venuto da terre straniere già arrivati sulle coste del
315 toccherà in sorte al Lazio, un genero che porterà Lazio,- e adirata per il fal-
limento dei suoi piani, chia-
il nostro nome alle stelle con -la sua discendenza. ma la furia Aletto e le ordi-
Credo e spero che Enea sia il genero chiamato na di creare motivi di di-
dai Fati, se la mia mente è presaga del vero». scordia tra Latini e Troiani,
Quindi il padre Latino sceglie alcuni cavalli allo scopo di impedire le
nozze di Enea con Lavinia.
320 (ne teneva trecento in grandi stalle, splendidi) Aletto obbedisce e col morso
e subito comanda che quei corsieri, adorni di uno dei suoi serpenti ac-
di porpora e gualdrappe ricamate, sian dati cende d'ira la regina dei La-
ad ogni ambasciatore. Collane d'oro pendono tini, già turbata dall'arrivo
dei Troiani. Amata dappri-
sui petti dei cavalli; mordono un freno d'oro. ma si duole con Latino del-
325 In omaggio a Enea assente affida ai Teucri un cocchio la promessa fatta agli amba-
con due trottatori di origine celeste sciatori troiani e difende la
causa di Turno, ma quando
dalle nari infuocate, della razza di quelli l'azione del veleno si fa più
che l'ingegnosa Circe creò sottoponendo profonda, dà in smanie, cor-
ai cavalli del Sole una giumenta montana. re per la città urlando co-
330 Alti sui loro cavalli ritornano gli Eneadi me una baccante ebbra, na-
sconde la figlia nei boschi e
portando le proposte e i doni di Latino. la consacra a Bacco, indi con
le donne latine, come lei in-
vasate, si dà ad uno sfrena-
Giunone, Aletto c la regina Amata to baccanale.
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244 Canto settimo
334-338. guardando giù guardando giu dal cielo scorse, sin dal lontano
dal cielo, ecc.: volando sul JJS Pachino, Enea contento e la flotta troiana.
suo carro Giunone, arrivata Li vide che innalzavano le case, abbandonate
sulla verticale di capo Pas- ·
sero (Pachino), nella Sicilia le navi, già sicuri del luogo; si fermò
meridionale, vede Enea che, colta da acre dolore. Poi scuotendo la testa
sbarcato alla foce del Teve- disse: «Oh, stirpe odiosa e Fati dei Frigi avversi
re, è tranquillamente inten- l40 ai miei Fati! Morirono forse nei campi sigei?
to a costruire nuove abita- Furono preda dei Greci? O arsero nel rogo
zioni per sé e i suoi com-
pagni. La dea, costretta a di Troia? Niente affatto: riuscirono a salvarsi
costatare il fallimento della dai nemici e dal fuoco! Forse la mia potenza
sua opera, s'arresta addolo- è alfine stanca o sazia, e ho placato il mio odio?
rata e furente, e senza esi- J4S Ah no, che ho osato, accanita, perseguitare· i profughi
tare riprende la lotta. Cosl scacciati dalla patria per tutto il mare ondoso,
la simmetria tra le due parti
del poema è rispettata. Al- sprecando contro i Teucri le forze dell'acqua e del cielo.
l'inizio dei primi sei canti A che mi son servite le Sirti, Scilla e Cariddi?
Giunone, quando vede i Eccoli già nel Tevere tanto desiderato,
Troiani navigare tranquilla- JSO al sicuro dal mare e da me. Poté Marte
mente verso l'Italia, ricorre distruggere la razza gigante dei Lapiti;
a ~lo, il quale libera i
venti, sconvolge il mare e lo stesso padre celeste ha concesso al furore
getta i naviganti sulla co- di Diana l'antica Calidone (e che mali
sta africana di Cartagine; ora cosi gravi commisero Lapiti e Calidone?).
all'inizio della seconda par-
te ricorre alla furia Aletto,
che sconvolge gli animi dei tà (Enea e i suoi compagni Scilla e Cariddi furono evi-
popoli latini e provoca la sono riusciti a trovare una tate dai Troiani per consi-
guerra. via di salvezza passando tra glio di Eleno (III, .512-.528).
339· Fati dei Frigi: desti- le schiere nemiche), né con 3.5o-3.54. Poté Marte di-
no dei Troiani. La Troade l'incendio di Troia, cosl im- struggere, ecc.: Giunone ha
era parte della Frigia. I Fati ponente che illuminava il bisogno di esasperare la
dei Troiani contrastavano tratto di mare, in cui era an- propria ira prima di decide-
fortemente con quelli dei corata la flotta greca. re come aggredire e colpire
Greci e dei Cartaginesi; lo 347. sprecando contro i a morte i Troiani; e pone a
dimostrarono le guerre di Teucri ecc.: allude alle tem- fronte dei suoi insuccessi le
Roma sostenute poi con gli peste scatenate da Eolo, intraprese favorevoli di al-
uni e con gli altri vittorio- quando Enea, dopo essere tri dèi: di Marte che si ven-
samente. stato ospite in Sicilia del re dicò di non essere stato in-
340. nei campi sigeit ecc.: troiano Aceste, fece rotta vitato alle nozze di Piritoo
nota con quanto realismo con le sue venti navi verso suscitando una lotta mortale
questi interrogativi retorici l'Italia. tra i Lapiti e i Centauri, lo-
esprimano l'ira di Giunone, 348. Sirti, Scilla e Carid- ro invitati; di Diana, che a-
che non è riuscita a distrug- di?: le Sirti sono ampie in- vendo Eneo al termine del
gere i Troiani, né con la senature sulla costa libica; raccolto sacrificato a tutti i
guerra combattuta nella cam- Scilla e Cariddi si trovano numi tranne che a lei, inviò
pagna troiana (fra la colli- sullo stretto di Messina. So- un terribile cinghiale a deva-
na, su cui era costruita la no luoghi pericolosi alla na- stare la campagna intorno al-
città, e il promontorio Si- vigazione; le Sirti per i bas- la città di Calidòne. La fie-
geo ad ovest di essa), né sifondi sabbiosi, Scilla e Ca- ra fu poi uccisa da Melea-
circondando di Greci la cit- riddi per le correnti marine gro.
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Canto settimo 24.5
3SS lo, la gran moglie di Giove, che non ho trascurato l'incendio di Troia. Allo
null-' e ho provato di tutto per nuocere, sono vinta, stesso modo anche il figlio
di Venere, Enea, nuovo Pa-
infelice, da Enea! Ah, se la mia potenza ride, sposando Lavinia por-
non è abbastanza grande, chiederò aiuto a chiunque; terà la rovina alla nuova
se non ne otterrò dai Celesti solleverò l'Acheronte. Troia (Pergamo) sorta nel
Lazio. Nota come Giunone
360 So bene che non potrò tenere Enea lontano paragoni volutamente Vene-
dai regni latini e che i Fati gli hanno assegnato in re ad una mortale ed Enea
[moglie a Paride: è un particolare
Lavinia: ma potrò ritardare le cose che aggiunge evidenza al ca-
rattere acerbo e puntiglioso
e sterminare i popoli di Troia e di Laureoto. di Giunone.
S'alleino a questo prezzo il suocero e il genero: 372. Furie: le Furie, no-
365 o yergine, avrai una dote di sangue troiano e rutulo, me latino delle greche E-
Bellona sarà la tua pronuba! Ecuba non sarà sola rioni,. sono le divinità infer-
nali della maledizione e del-
ad aver partorito una fiaccola accesa, la vendetta. Erano tre: A-
Enea sarà per Venere come Paride, torcia letto, Tesifone, Megera, e si
funesta su Pergamo che risorge di nuovo ». rappresentavano anguicrini-
370 La Dea verso la terra s'avviò, spaventosa; te, con occhi truci, agitanti
con le mani faci e serpenti.
chiamò dalla notte infernale, dimora Dante ne ravvivò con vigore
delle terribili Furie, la luttuosa Aletto michelangiolesco la rappre-
che ama le guerre tristi, l'ira, le insidie, le offese. sentazione, ponendole, cu-
Persino il padre Plutone odia quel mostro, la odiano stodi terribili, a guardia del-
la inferiJale « Città di Di-
375 le sorelle infernali: tanto è d'aspetto mutevole, te».
tanto è tremenda in volto, irta di cento &erpenti. 376. irta di cento serpen-
Giunone l'aizzò dicendole: «O vergine ti: Dante dice che le furie
« serpentelli e ceraste avean
359· solleverò l'Acheron- Lavinia, e Bellona, la dea per crine, - onde le fiere
te: le forze dell'Averno; della guerra, sarà protettrice tempie erano avvinte ... »
chiamerà infatti in suo aiu- e assistente alle nozze, in- (Inf., c. X, vv. 41-42). Il
to Aletto, la maggiore delle vece di Giunone cui sarebbe « cento » ha valore di « mol-
Furie infernali. spettato tale compito (Giu- ti».
362-369. ma potrò ritarda- none pronuba); ed Enea non 377-388. O vergine figlia
re, ecc.: Giunone sa di non sarà meno funesto di Paride della Notte, ecc.: le parole
potersi opporre alla volontà alla città (la nuova Perga- che Giunone rivolge ad A-
dei Fati, ma sa anche di pa- mo) ch'egli sta costruendo. letto non hanno il tono sup-
terne ritardare la realizzazio- Simile alla causa che di- plichevole della preghiera ri-
ne. E nel frattempo la fero- strusse Troia sarà quindi la volta a Eolo, ma della per-
ce regina degli dèi, sospinta causa che distruggerà la nuo- suasione e dell'incitamento
da un furore isterico cosi va Pergamo, come simili so- all'odio, alla violenza, al
violento da perdere ogni con- no i loro indizi: Ecuba, re- male. Ma Eolo, che ha il
trollo di se stessa, si propo- gina di Troia, prima di met- compito di regolare i venti,
ne di distruggere Troiani e tere al mondo Paride, aveva non è malvagio, e accondi-
Latini in una guerra cruen- sognato di partorire una fiac- scende alla richiesta suppli-
ta. Questo sarà il suggello cola, e gli indovini predis- chevole di Giunone perché
del patto d'alleanza tra Lati- sero che quella fiaccola a- aveva motivi di riconoscenza
no ed Enea (suocero e gene- vrebbe incendiato la città. verso la dea (I, 82-93); Alet-
ro); questa strage di Rutuli Infatti Paride rapi Elenà e to è di natura malvagia e ad
e di Troiani sarà la dote di fu causa della guerra e del- ottenere la sua collaborazio-
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246 Canto settimo
ne è sufficiente l'incitamen-
to, il comando. - Scuoti il figlia della Notte, aiutami in quest'impresa
cuore fecondo di mali: fai affinché non s'abbassi la mia fama e il mio onore;
uscire da te tutti i mali che
porti in grembo. Ma si po- 380 fa si che gli Eneadi non riescano a raggirare
trebbe anche intendere, co- Latino con queste nozze e a occupare l'Italia.
me pare abbia inteso il tra- Tu puoi far armare e combattere i fratelli
duttore in contrasto con i piu concordi, spargere l'odio nelle famiglie,
più: agita il cuore degli uo-
mini che può essere fecon- portare nelle case i flagelli e le funebri
do, come di beni, cosi anche 385 torce: hai mille modi, mille arti di far danno.
di mali. Scuoti il cuore fecondo di mali, rompi la pace
389. di veleni Gorgonei: raggiunta, semina cause di guerra: la giovenru
dei veleni delle serpi orri-
bili che, con aspetto terri-
voglia a un tratto le armi e le chieda e le imbracci! •
ficante, formano la chioma Subito Aletto, infetta di veleni Gorgonei,
delle Furie. Anche le Gor- 390 s'avvia verso Laurento, al gran palazzo del re,
goni, le tre figlie di Porco entrando nella stanza silenziosa di Amata
e di Ceto o Cheto, mostri
alati orribili, dallo sguardo la regina che, irata per l'arrivo dei Teucri
che impietriva, avevano ser- e le mancate nozze di Turno, era sconvolta
penti per capelli, donde l'ag- dall'ansia femminile e dal dolore. La Dea
gettivo « gorgonei » usato 395 si tolse dai capelli glauchi un solo serpente,
per indicare i serpenti delle
Furie. lo infisse profondamente nel petto di Amata,
394· dall'ansia femminile perché infuriata dal mostro sconvolga tutta la reggia.
e dal dolore: Amata, non Strisciando tra le vesti e la carne, il serpente
vittima ancora delle arti ma- si muove senza mordere, eccita l'infelice
lefiche di Aletto, è soltanto
turbata dalla preoccupazio- 400 col fiato viperino: diventa il laccio d'oro
ne normale di una madre che le circonda il collo, la benda che le cinge
per la figlia che si sposa; la i capelli, e lubrico vaga per tutte le membra.
Furia si accinge senza indu-
gio a trasformare questo sen-
Il primo contagio si propaga col liquido
timento naturale e legittimo veleno, agita i sensi ed infuoca le ossa
in una ribellione furiosa, 405 ma non ancora il cuore. La regina parlava
quasi selvaggia. con una triste dolcezza, come fanno le madri,
40o-407. diveTtta il laccio piangendo per la figlia e le nozze troiane:
d'oro, ecc.: la serpe, dopo
aver strisciato, quasi inav- « È proprio vero che woi sposare la nostra Lavinia
vertita, sul corpo, prende a esuli dardanidi, padre? Non hai pietà
forma di collana d'oro e poi 410 della figlia e di te, di una madre che al primo
di nastro che avvolge i ca-
pelli; cosi inizia la sua ope-
vento propizio quel perfido predone lascerà
ra malefica toccandole il col- sola, fuggendo pel mare, portandosi via la fanciulla?
lo e la testa, che sono le Non fece forse cosi Paride, il frigio pastore,
parti più sensibili. Ma Alet- quando andò a Sparta e rapi Elena figlia di Leda
to, pur immettendo in Ama-
ta un'agitazione insolita, non approva le nozze Jella fi- turiero, il quale, sposata La-
le turba ancora il cuore; e glia. vinia, al primo vento favo-
la regina parla al marito con 411-412. quel perfido pre- revole, riprenda il mare, por-
dolcezza, piangendo come u- done, ecc.: Amata immagi- tando via la figlia e lasciando
na comune madre che non na che Enea sia un avven- lei, madre, sola nel pianto.
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Canto settimo 247
415 ~;onducendola a Troia? Che ne è della tua parola, una terra che non appartie-
dell'amore pei tuoi, della promessa fatta ne a Latino. Perciò il re dei
Rutuli può essere considera-
tante volte al parente Turno? Se cerchiamo to giustamente il principe
un genero straniero, se sei davvero fermo straniero voluto dal Destino.
in quest'idea e ti assillano gli ordini di tuo padre 42,. tentato: cercato di
420 Fauno, ebbene ogni terra libera, indipendente convmcere.
dal nostro regno è straniera: io credo che gli Dei 428. e tutta la perco"e:
la tenace opposizione di La-
questo mtendano. E poi, se risaliamo alle origini, tino determina in Amata,
Turno è straniero, i suoi avi sono Inaco e Acrisia tutta dominata ora dal ve-
e la sua patria è il cuore della greca Micene ». leno della serpe di Aletto,
una reazione furibonda, e la
425 Dopo avere tentato con queste parole Latino, regina dei Latini, folle d'ira
poiché non riesce a commuoverlo (e intanto il veleno e di dolore, corre per la cit-
del serpente infernale è entrato profondamente tà urlando come una baccan-
nelle sue viscere e tutta la percorre), la donna, te ebbra.
scossa da immani visioni, folle d'ira e dolore, 43D-439· Così rotea una
trottola, ecc.: mentre Amata
430 infuria per la città. Cosi rotea una trottola corre e ricorre forsennata
sotto i colpi di frusta dei fanciulli che giocano per la città, il poeta per at·
facendola girare intorno a un vasto cortile; tutire l'impressione tragica
creata dal rapido evolversi
spinta dai colpi la trottola avanza descrivendo della situazione, interrompe
cerchi, la schiera dei bimbi la guarda stupita il racconto e paragona i mo-
435 senza sapere perché quel legno si muova vimenti della donna al muo-
cosi rapidamente su se stesso, e raddoppia versi della trottola nel gio-
co innocente di una schiera
le frustate, raddoppia il movimento. Veloce di bimbi. C'è chi ha credu-
come un ruotare di trottola Amata si muove to di giudicare inadatto l'ac-
in mezzo alla città e attraverso la gente. costamento di questa nitida,
440 Peggio: fingendo d'essere invasata da Bacco gentile e colorita similitudi-
ne alla torbida e greve tra-
corre nei boschi e nasconde la figlia sui monti frondosi gicità dei movimenti di A-
per strappare ai Troiani la sposa e tardare le nozze. mata, ma il senso della mi-
E al grido di «Bacco, evoè! » urla che solo Bacco sura, proprio dell'arte clas-
sica, si giova spesso di que-
è degno della vergine, la quale ha consacrato sti mezzi anche per rendere
meno impressionante la let-
tura.
41.5-424. Che ne è della alla promessa, essa afferma 440. invasata da Bacco:
tua parola, ecc.: Latino ave- con una distinzione sottile, ispirata da Bacco.
va promesso Lavinia in ispo- dettatale ovviamente dall'a- 441. nasconde la figlia:
sa a Turno, figlio di Venilia, more materno, che anche per impedire o ritardare, in
sorella di Amata, e del re Turno è straniero, perché attesa di eventi nuovi e fa-
dei Rutuli; ed Amata cal- discendente da Danae, che, vorevoli, le nozze di Lavinia
deggiava il matrimonio del- figlia di Acrisio, quarto re con Enea.
.io~ .figlia con il nipote, 11nche di Argo, era fuggita in Ita- 444· è degno della vergi·
perché lo considerava van- lia e aveva sposato Pilun- ne: finge di consacrare La·
taggioso alla famiglia e ai La- no, fondatore di Ardea e vinia a Bacco per rendere
tini tutti. E contro l'oraco- trisavolo di Turno; senza inutile la promessa di Lati-
lo di Fauno, che aveva co- contare poi che Turno è no ad Enea con sottile astu-
stretto Latino a venir meno straniero anche perché re di zia femminile.
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248 Canto settimo
445· tirsi: bastoni, ador- 445 a Bacco la sua chioma ed ha impugnato i tirsi.
ni di edera e di pampini, Ne vola la notizia; egual furore conduce
agitati dalle Baccanti. tutte le madri infiammate dalle Furie a cercare
446-451. Ne vola la noti-
zia: si diffonde rapidamen- luoghi insoliti e strani. Abbandonate le case
te la notizia della consacra- corrono seminude nel vento, coi capelli
zione di Lavinia a Bacco, e 450 sciolti. Molte riempiono l'aria di tremule voci
tutte le madri latine della e vestite di pelli portano tirsi di pampini.
città, sospinte da furore bac- Amata, furibonda, solleva tra di loro
chico, abbandonano le pro-
prie case e corrono anch'es- un ramo acceso di pino e canta le nozze
se nd bosco (a cercare luo- della figlia e di Turno, girando attorno gli occhi
ghi insoliti e strani), semi- 455 iniettati di sangue. Poi grida ferocemente:
nude e con i capelli sciolti, « Ohè,- madri Latine, ascòltatemi tutte
gridando, vestite di pelli e dovunque siate, se avete un po' di benevolenza
portando bastoni ornati di
pampini. per l'infelice Amata, se i diritti materni
452-455. Amata, furibon- vi stanno a cuore: sciogliete le bende dal capo,
da, ecc.: la scena di Ama- 460 celebrate le orge di Bacco insieme a me!,.
ta, che si agita e grida con Cosi, con lo sprone di Bacco, Aletto domina e spinge
gli occhi iniettati di sangue la regina tra i boschi, deserti covi di fiere.
in mezzo alle altre donne u-
gualmente invasate da bac-
chico furore, è impressionan-
te; e par di vederla questa Aletto e Tumo
madre infelice, che ha per-
duto ogni senso della sua Quando le parve di avere abbastanza ecCitato
dignità di donna e di regi- quei primi ardori, sconvolto il piano di Latino
na. -solleva tra di loro, ecc.: 465 e la sua casa, la triste Dea s'alza di là
nell'esaltazione prima aveva
finto di consacrare la figlia a volo sulle ali nere: va alla città di Rutuli
a Bacco, ora finge di cde- fondata - si dice - da Danae di Acrisio, sbattuta
brare le nozze della figlia dal vento su quella spiaggia. La città era chiamata
con Turno, e solleva in alto Ardea (il nome famoso lo conserva tuttora,
tra le donne un ramo ar-
dente di pino, che illumina
la via al corteo nuziale, che, ALETTO E TURNO (463- to a questa risposta s'infu-
cantando l'imeneo, cioè l'in- 538). - Soddisfatta della sua ria, riprende il suo vero a-
no di nozze, conduce la spo- opera con Amata, Aletto si spetto e colpisce il principe
sa alla casa dello sposo. reca ad Ardea e, assunte le rutulo con i suoi serpenti.
458. diritti materni: il di- sembianze di Càlibe, vecchia Turno d'un tratto si sveglia
ritto della madre di decide- sacerdotessa di Giunone, ap- terrorizzato e, tutto pervaso
re insieme con il padre il pare in sogno a Turno e lo dalla scellerata follia della
destino delle figlie. eccita a muovere guerra ad guerra, chiede le armi, « cer-
459· sciogliete le bende Enea. Turno si prende bef- ca armi nel letto e per tutta
dal capo, ecc.: per celebrare fe della vecchia e le rispon- la casa».
i riti sacri a Bacco le donne, de ch'egli sa bene come
cioè le Baccanti, scioglieva- prendersi cura dei propri fat-
no i capelli, togliendo le ben- ti e che lei si occupi invece 465. la triste Dea: Aletto.
de che comudemente li tene- della custodia dei templi e 467. da Danae di Acrisia:
vano raccolti. delle statue degli dèi, Alet- v. la nota ai versi 415-424.
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Canto settimo 249
470 ma non piu la potenza). Qui, nell'alta sua reggia, gue in guerre vittoriose com-
Turno godeva già di un riposo profondo battute contro gli Etruschi,
entro la notte buia. Aletto si trasforma e la possibilità di aspirare
alla mano di Lavinia e alla
in una vecchia: si fa una fronte solcata sua dote: il regno di Latino.
dalle rughe, racchiude la chioma diventata 483. Adesso co"i, eroe de-
475 candida in una benda e vi intreccia un rametto ciso, ecc.: fin qui Aletto ha
d'olivo. Ora è la vecchia sacerdotessa dd tempio sollecitato l'amor proprio di
di Giunone, Calibe, e in questa nota forma Turno; ora gli propone i
mezzi per soddisfarlo: ricor-
appare agli occhi del giovane addormentato e gli dice: rere alle armi, distruggere i
« Turno, sopporterai che tanta fatica sia vana Troiani. E giustifica il suo
480 e il regno a te dovuto vada ai coloni troiani? invito con l'autorità di Giu-
Il re Latino ti nega la sposa e la dote none, di cui la Furia si di-
che hai già pagato col sangue, e cerca un erede straniero. chiara ambasciatrice.
491. Te l'ordina, ecc.: A-
Adesso corri, eroe deriso, a esporti al rischio; letto incalza sempre più, e
va, stermina le schiere dei Tirreni, proteggi le sue parole, che poco fa
485 colla pace i Latini! Questo, mentre dormivi avevano il significato di una
nella placida notte, mi ha ordinato di dirti proposta o tutt'al più di un
invito, ora assumono aper-
apertamente Giunone, l'onnipotente. Su, tamente il tono di un co-
ordina lieto che i giovani si armino e che escano mando, e di un comando dei
dalle porte a battaglia, distruggi i capi troiani, Numi.
490 che stan fermi sul chiaro fiwne, e le navi dipinte! 495· L'annunzio che una
Te l'ordina il grande potere dei Numi. Lo stesso flotta, ecc.: per indurre Tur-
no all'azione, la falsa Cìtli-
re Latino dovrà provare Turno in guerra be aveva presentato l'appro-
se non ti darà la figlia, sciogliendo la sua promessa». do di Enea e dei Troiani
Il giovane, beffando la sacerdotessa, risponde: nella terra dd Lazio come
495 «L'annunzio che una Botta s'è spinta nelle acque dd un pericolo grave, cui era
necessario porre rimedio sen-
[Tevere za tergiversare; Turno, in-
non mi è sfuggito, come tu credi. Non inventare vece, che dichiara subito di
paure, la regale Giunone si ricorda essere già informato della
presenza dei Troiani nel La-
zio, esprime fiducia e sere-
470. ma non più la poten- libe si avvolge con bende le nità. Giunone non permet-
za: Ardea, al tempo di Vir- bianche chiome e v'intreccia terebbe mai che le paure del-
gilio, dopo essere stata de- l'olivo. la falsa sacerdotessa si av-
predata dai Sanniti durante 479· Turno, sopporterai, verino. Egli ha fiducia nel-
le guerre civili tra Mario e ecc.: il tono delle parole di la propria forza, nell'aiuto
Silla, era veramente decadu- Aletto, nelle vesti di Càli- di Giunone e nella lealtà di
ta. Ora dell'antica città ri- be, è diretto a sollecitare op- Latino. Turno, fin dal suo
mangono la rocca, vari rude- portunamente l'amor proprio primo manifestarsi, si pre-
ri e i loculi sepolcrali dei di Turno, facendo leva sul senta veramente un perso-
Rutuli. suo orgoglio. Turno perciò naggio completo e coerente:
476. Ora ~ la vecchia, appare sulla scena del poe- orgoglioso, fiero e sprezzan-
ecc.: Aletto prende ora le ma virgiliano con la sua ca- te del pericolo, ma anche fi-
sembianze di Càlibe, la vec- ratteristica principale, l'orgo- ducioso della protezione de-
chia sacerdotessa dd tem- glio, che gli aveva dato la gli dèi e della lealtà degli
. pio di Giunone, e come Cà- gloria, conquistata col san- uomini.
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250 Canto settimo
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Canto settimo 2JI
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2.5 2 Canto settimo
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Canto settimo 253
a biancheggiare al soffio del vento, poi poco a poco per non irritare Giove la ri-
il mare si gonfia e spinge sempre piu in alto i marosi, manda nel regno degli infe-
ri. Intanto i contadini ritor-
finché dal fondo si leva sino a toccare il cielo. · nano in città con i feriti e
Allora il giovane AJmone, il maggiore dei figli le spoglie dei morti; e, ac-
di Tirro, all'avanguardia è abbattuto da tm dardo compagnati da Turno e dal-
le donne eccitate da Amata,
60S sibilante: la freccia s'infigge nella gola, si recano dal re a chiedere
e soffoca nel sangue l'umida voce e il respiro. la guerra contro i Troiani.
Cadono intorno a lui molti guerrieri, tra i quali, Ma il re rifiuta. Il vecchio
colpito mentre cercava invano di metter pace, Latino, incapace di frenare
l'ira del popolo, si chiude
il vecchio Galeso, l'uomo piu saggio e piu ricco nella reggia e lascia ad altri
610 di tutta Italia: padrone di cinque greggi di pecore, il governo del regno. Già
di cinque armenti di bovi e di moltissima terra, allora vigeva nel Lazio l'uso
quanta potevano ararne i suoi cento aratri. di aprire le porte del tem-
pio di Giano quando l'eser-
cito usciva dalla città per
iniziare una campagna di
Giunone apre le porte del tempio di Giano guerra, e il popolo chiede
al re di aprirle; ma il re ri-
Mentre nei campi si lotta con pari fortuna, fiuta. Cosi Giunone discen-
la Dea, trionfante della compiuta promessa, de dal cielo ed apre lei stes-
615 dato inizio col sangue alla guerra, avviatala sa « i pigri battenti di fer-
ro» del tempio di Giano.
coi morti, abbandona velocemente l'Esperia
e volando diritta per gli spazi del cielo 614. la Dea, trionfante,
si presenta a Giunone con aria vittoriosa ecc.: a questo punto, visto
e, superba, le dice: «Ecco, già la discordia che la guerra arde furibon-
da ed ha già fatto anche le
620 ha preparato ai tuoi fini una guerra funesta: prime vittime, Aletto abban-
di' ai Troiani e ai Latini che stringano patti dona l'Italia (Esperia) e si
e diventino Amici, adesso che ho macchiato presenta tutta sodisfatta a
Giunone e le riferisce i ri-
i Teucri di sangue ausonio! E se tu sei d'accordo sultati della sua opera.
farò ben altro: con voci maligne spingerò 620. ai tuoi fini: secondo
625 alla guerra i paesi vicini; infiammerò lo scopo che tu vuoi rag-
le anime d'amore per la folle guerra, giungere.
che vengano in aiuto d'ogni parte; nei campi 621. di' ai Troiani e ai La-
tini, ecc.: sono parole di
seminerò le armi». E Giun_one risponde: un'ironia feroce, perché è
veramente impossibile, ora
gli opposti contendenti s'in- guerra insensata, come è vit- che la guerra è accesa ed è
fittiscono e diventano sem- tima (v. 6o9) il vecchio Ga- stato versato il primo san-
pre più aggressive, allo stes- leso, l'uomo giusto che cer- gue, che Troiani e Latini
so modo del mare che, mos- cava di pacificare i conten- stringano un patto di amici-
so dal vento, dapprima s'in- denti. zia e di alleanza. E la furia,
crespa, poi si gonfia e spinge superba della sua opera, si
in alto le onde. GIUNONE APRE LE PORTE dichiara pronta ad estendere
603. Almone: figlio pri- DEL TEMPIO DI GIANO (613- il conflitto.
mogenito di Tirro, giovane 741). - Aletto riferisce a 632. Un bel matrimonio,
ardente, ma senza colpa, è Giunone i risultati della SUtl ecc.: anche Giunone, non
la prima vittima di questa opera, e la regina degli dèi meno di Aletto, usa l'ironia
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254 Canto settimo
«C'è abbastanza terrore e inganno: i motivi
e il disprezzo; ed è soprat- 630 della guerra ci sono, si combatte di già
tutto felice di poter scherni-
re, nel figlio Enea, la sua ri- a corpo a corpo, le armi che il caso diede per prime
vale Venere, cui Paride ave- son già sporche di sangue. Un bel matrimonio festeg-
va assegnato il pomo della il re Latino e il nobile figlio di Venere! [giano
Discordia. Ma tu ritirati. li padre re dell'Olimpo non vuole
641. la valle dell'Amsan-
to: valle dell'Irpinia, tra la 635 che tu liberamente vaghi per l'aria celeste.
Campania e l'Apulia, in cui Se ci sarà bisogno interverrò io stessa».
esiste anche oggi il lago An· Aletto allora stende le ali sibilanti
sante. In questa valle esiste·
va un tempo una grande spe- di serpenti e s'avvia al Cocito, lasciando
lonca dalla quale uscivano l'alto cielo. Nel cuore d'Italia giace, tra i monti,
esalazioni sulfuree, che la fa- 640 un luogo famosissimo, noto in molte regioni,
cevano ritenere una delle en- la valle dell'Amsanto; una foresta scura
trate dell'Averno. Infatti gli
antichi credevano che le esa- di foglie dense circonda il posto da ogni parte,
lazioni mefitiche, soprattutto in mezzo scorre un torrente rumoroso, e rimbomba
sulfuree, uscissero dall'In· di vortici roteanti e sassi. Qui si spalanca
ferno. 645 una spelonca orribile, porta che mena a Dite,
648. rasserenando il cielo e
la te"a: liberando il cielo e un'immensa voragine che apre fauci pestifere
la terra dalla sua nefasta pre· sull'Acheronte. Qui si nascose l'Erinni
senza. odiosa, rasserenando il cielo e la terra.
649. dà l'ultimo tocco alla Jn tanto Giunone dà l'ultimo tocco alla guerra.
guc~ra: Giunone completa
l'opera di Aletto, affinché la 650 La massa dei pastori corre dai campi in città
guerra divampi furibonda. portando i morti, Almone e lo sfigurato Galeso;
652. scongiurano Latino: invocano gli Dei, scongiurano Latino.
perché dichiari la guerra ad Fra le accuse di strage e d'incendio ecco Turno
Enea e vendichi la morte di
Almone e Galeso. che raddoppia il terrore: gridando che i Troiani
653-657. Ecco Turno ... dal 655 eran chiamati al trono, che la razza di Frigia
palazzo reale: Turno, il mag· stava per mescolarsi alla razza latina,
giore interessato, non poteva che lui, Turno, era espulso dal palazzo reale.
mancare in quest'opera di
incitamento alla guerra con- Allora tutti coloro le cui madri, ispirate
tro Enea e i suoi Troiani, i da Bacco, corrono e infuriano per le impervie foreste
quali sono ormai avviati, egli 660 (poiché l'autorità di Amata era grande),
grida, a fondersi in un sol
popolo con i Latini, mentre si nuniscono e gridano .che vogliono la guerra.
è venuta meno la promessa Tutti chiedono guerra, contro la volontà
del suo matrimonio con La- e i responsi divini. Circondano la reggia
vinia (lui, Turno, era espul- del re Latino a gara. Egli resiste come
so dal palazzo reale).
658-673. Allora tutti co- 665 un'immobile roccia nel mare al sopraggiungere
loro, ecc.: allora tutti i gio-
vani, le cui madri, guidate non cede alla marea popola- trasto con i voleri del Fato,
dall'autorità di Amata, cor- re; egli è come uno scoglio cosl prova disgusto a porsi
rono infuriate nelle foreste che resiste immobile alle apertamente contro il popo-
chiedono la guerra contro i onde infuriate del mare in lo; e per non venir meno ai
Troiani, violando i vaticini tempesta. Ma il vecchio re, suoi principi di uomo e di
ben noti a tutti. Ma Latino come non vuole agire in con- re, cede il potere ad altri.
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Canto settimo 2 55
di una grande tempesta; molte onde rumoreggiano 683. le città albane, ecc.:
invano intorno a lei, mugghiano scogli e sassi Virgilio indica cosl generica-
mente le città del Lazio al-
spiu:neggianti, si schiacciano contro il suo fianco le alghe, ludendo ad Alba Longa, cit-
ma la roccia sta ferma nella sua mole. Infine, tà che la tradizione diceva
670 poiché non era possibile vincere il folle disegno fondata da Ascanio, figlio di
e i fatti seguivano il cenno della crudele Giunone, Enea, e che prima di Roma
fu capitale della lega latina.
il padre dopo avere molto invocato i Numi Alba Longa fu distrutta da
e l'aria vuota, che attestino la sua impotenza: «Ahi- Tullio Ostilio, ma il suo no-
disse - il destino ci vince e la tempesta ~niè - me rimane ai colli sui quali
essa sorgeva: i colli Albani.
675 ci travolge! Voi stessi pagherete col sangue 68,5-688. sia che lanci l'e-
il sacrilegio, o miseri: ·e a te, Turno, verrà sercito, ecc.: allude a guerre
un ben triste supplizio, implorerai gli Dei combattute da Augusto dal
27 al 20 a. C. ed ai popoli
troppo tardi! Per me non importa, mi attende
allora sottomessi all'impero
la quiete della morte e son vicino al porto: di Roma: i Geti che abita-
680 voi mi private solo d'una morte felice ». vano lungo il Danubio, gli
Si chiuse nella reggia e rinunziò al potere. Ircani, presso il Mar Caspio,
gli Arabi nel Medio Oriente,
Nel Lazio vigeva un uso che sempre ebbero sacro i Parti, dai quali ottenne la
le città albane e che Roma, miracolo del mondo restituzione delle insegne
rispetta ancora adesso quando dichiara una guerra, catturate alle legioni di
Crasso nel .53 a. C. - il paese
685 sia che lanci l'esercito contro i Geti o gli lrcani dell'Aurora: l'Oriente in ge-
o gli Arabi, sia che s'appresti a marciare sull'India, nere.
a invadere il paese dell'Aurora o a richiedere 689.694. Il tempio di Gia-
ai Parti 1e insegne che un tempo ci strapparono. no, ecc.: Giano, dio nazio-
nale degli I talici, era consi-
D tempio di Giano ha due porte (che chiamano derato il dio delle origini
690 le porte della guerra) consacrate al feroce e, per antitesi, anche della
Marte dalla paura e dalla religione: fine. Cosl fu concepito bi-
fronte, con due facce oppo-
cento stanghe di bronzo ed imposte di ferro ste tra loro, e chiamato a
eterne le rinforzano, Giano le custodisce presiedere a tutte le azioni
senza mai allontanarsi dalle loro soglie. e a tutti i fenomeni nel loro
duplice aspetto: dell'inizio e
695 Appena il senato ha deciso la guerra della fine. Perciò presiedeva
al mattino e alla sera, all'ini-
673-68o. Ahimé - disse - preghiere oramai inutili. zio e alla fine dell'anno, al-
il destino, ecc.: il re Latino, 682. Nel Lazio vigeva un l'entrare e all'uscire: e si ri-
pur travolto dagli avveni- uso, ecc.: allude al costume teneva che uscisse da Roma
menti, sente il dovere di av- di aprire, in occasione di una con gli eserciti e li accompa-
vertire i sudditi che essi, guerra, le porte del tempio gnasse. Le due porte del suo
ostacolando l'avverarsi degli di Giano. Sennonché tale tempio, consacrate a Marte
oracoli, compiono un'azione uso, secondo la tradizione, per venerazione e per paura
sacrilega, che pagheranno col sarebbe stato introdotto da del feroce dio della guerra,
sangue; e dire a Turno Numa Pompilio, ma Virgi- rimanevano quindi aperte
ch'egli si sta preparando una lio per dare lustro alla sto- per tutta la durata ddle ope-
fine infelice, poiché invano ria di Roma lo fa risalire ai razioni militari.
tenterà di allontanare da sé tempi mitici dei primi po- 69.5. Appena il senato,
la morte alzando al cielo poli che abitarono il Lazio. ecc.: era il senato che deci-
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256 Canto settimo
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J
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LA CASA DEI VETTII
A POMPEI
La casa romana - domus - origi-
nariamente era tutta raccolta at-
torno ad un vano principale - a-
trium - con l'impluvium al cen-
tro, in cui si abitava e dormiva.
Nell'atrio vi era il Larario, una
cappelletta, che racchiudeva il La-
re familiare cioè la divinità che
... ~. vegliava sulle fortune della casa
insieme ai Penati.
Nel n secolo a. C. si amplia la dòmus aggiungendovi il peristylium (colonnato) che è la
zona con cortile e giardino. In esso si spostano le stanze da letto disposte attorno al por-
ticato che aveva la zona centrale aperta per dare aria e luce alle stanze, dato che la casa
romana non aveva finestre che davano sulla strada. Il corridoio tra l'atrium ed il peri-
stylium, detto tablinum ospitava le maschere di cera degli antenati (Penati) .
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Canto settimo 257
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258 Canto settimo
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Canto settimo 259
bagnate dai ruscelli; e quelli che tu nutrici, lonia degli Equi o mista di
fertile Anagni, e tu, padre Amaseno! Non tutti Equi, presso il monte So-
ratte (S. Oreste), a nord di
hanno armature sonanti, scudi e cocchi; anzi i piu Roma. - i campi di Flavi-
scagliano ghiande di livido piombo o portano in manc nia: anche città etrusca,
790 due giavellotti, proteggono il capo con fulvi berretti scomparsa. - il lago Cimino
di pelle di lupo, hanno il piede sinistro con il monte: il lago Cimi-
no (oggi lago di Vico) e il
scalzo e il destro coperto di cuoio non conciato. monte omonimo a nord-ovest
Messapo, domatore di cavalli, gran prole del Soratte, nella bassa Etru-
Nettunia, che nessuno può abbattere col ferro ria, a occidente del corso in-
o col fuoco, riprende la spada e chiama alle armi feriore del Tevere. - Ca-
795 pena: l'odierna Civitella, ai
popoli in pace da tanto, disavvezzi alla guerra: piedi del Soratte.
le schiere Fescennine, gli Equi falisci, quelli 8or. cantando la gloria,
che abitano le rupi del Soratte, i campi ecc.: nota la scena vivace e
di Flavinia ed il lago Cimino con il monte pittoresca offerta da questa
baldanzosa gioventù che mar-
800 e i boschi di Capena. Marciano in file eguali cia ordinata (in file eguali)
e ordinate, cantando la gloria del loro re; dietro il suo re, cantandone
come a volte nel cielo limpido i candidi cigni le gloriose imprese; e osser-
tornando dalla pastura intonano attraverso va come il poeta abbia in-
gentilito il quadro con la
i lunghi colli canti melodiosi e ne suona similitudine dei cigni che tal-
805 il fiume e la palude asiatica, di lontano ... volta riempiono l'aria del lo-
Nessuno potrebbe credere che gente armata di bronzo ro canto, quando la .sera ri-
tornano dalla pastura alle ri-
componga un esercito cosf numeroso, ve del Caistro, là dove il
ma penserebbe a un'aerea nube di uccelli stridenti fiume, prima di entrare nel
venuta dall'alto mare a abbattersi sulla costa. mare vicino ad Efeso, forma
810 Ecco Clauso, disceso d'antico sangue sabino, una palude (la palude asia-
w~a). Con questa particolare
che guida una fitta armata e vale lui da solo presentazione, che contrasta
un'armata (da Clauso s'è diffusa nel Lazio visibilmente con quella dei
la gente eJa tribU dei Claudi, quando Roma contadini di Ceculo, sembra
che il poeta abbia voluto as-
che separa la Sabinia dal in modo quanto mai rudi- segnare alle schiere di Mes-
Lazio. - Ernici: monti abi- mentale. sapo un maggior progresso
tati dagli Ernici, che ave- 793· Messapo: personag- civile, la qual cosa sarebbe
vano il loro capoluogo in gio, probabilmente, d'inven- stata confermata dalle sco-
Anagni. zione virgiliana, è considera- perte archeologiche di Pale-
786-787. nutrici: nutri, ali- to figlio di Nettuno e guer- rio e Capena.
menti (da un arcaico "nutri- riero cosi valoroso da meri- 8xo. Clauso: il capostipi-
care"). - Amaseno: personi- tare il titolo classico di « do- te della « gens Claudia»,
ficazione del fiumicello che, matore di cavalli ». che guida un esercito nume-
attraversato il territorio dei 797-8oo. le schiere Fescen- roso e forte di Sabini. Egli
Volsci, sbocca in mare pres- nine: della città etrusca di da solo valeva, però, tutti
so Terracina. Fescennio, Carnosa per i canti i suoi messi insieme.
788. armature sonanti: ar- licenziosi e salaci (fescenni- 813-814. quando Roma fu
mature di metallo, scudi e ni) improvvisati nelle ceri- data, ecc.: quando, dopo il
carri da guerra. ~ una mol- monie nuziali. - gli Equi fa- ratto delle sabine, Romani e
titudine di pastori e conta- lisci: gli abitanti di Falerio, Sabini si pacificarono e for-
dini armati ed equipaggiati altra città etrusca, forse co- marono un unico popolo.
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260 Canto settimo
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Canto settimo 261
Sebetide e di Telone, quando già vecchio regnava nio il vasto territorio bagna-
con i suoi Teleboi sull'isola di Capri. to dal fiume Sarno (donde
Sarrasti il nome dato agli
Ebalo, non contento dei domnii paterni, abitanti), comprendente le
era passato in Italia e aveva conquistato località di Rufa, Batulo, Ce-
850 un vasto territorio: il popolo dei Sarrasti, leone, Abella.
la pianura irrigata dal Sarno, Rufa, Batulo, 854. di tipo teutone: galli-
che e germaniche.
i campi di Celenne, le alte mura di Abella 856. Ufente: comanda gli
ricca di mele. Gente che lancia giavellotti Equi di Nersa, città scono-
di tipo teutone, ha in testa elmi di scorza di sughero; sciuta, ma che doveva essere
855 ha scudi di bronzo lucente, spade lucenti di bronzo. tra la Sabina e l'Abruzzo, a
nord-ovest del lago Fùcino.
La sontuosa Nersa ti manda in guerra, o Ufente, 862. Dalla nazione marru-
glorioso per fama e gesta vittoriose, via, ecc.: la « gens marru-
al comando degli Equi, un popolo selvaggio via » abitava nella Marsica,
avvezzo a cacciare sempre nei boschi, abitante presso il lago Fùcino, e le
sue schiere, mandate a com-
860 terre dure. Lavorano i campi armati e gli piace battere i Troiani da Archip-
raccogliere prede fresche e vivere di rapina. po, sono guidate da Umbro-
Dalla nazione marruvia viene un sacerdote ne, medico, mago, incantato-
mandato da re Archippo. ~ il fortissimo Umbrone re di serpenti; tuttavia le
sue arti non riuscirono ad
dall'elmo ornato di foglie di fertile olivo; evitargli la morte.
865 medico e mago che sa addormentare col canto 872. Angizia: maga (la
e le carezze i serpenti, le vipere soffianti tradizione la diceva sorella
veleno, e sa placarli, curarne i morsi con arte. di Medea), che presso il lago
Fùcino aveva un bosco a sé
(Ma, infelice, non seppe curare la ferita dedicato e che avrebbe inse-
che una lancia troiana poi gli inferse, e non valsero gnato ai Marsi l'arte di in-
870 al suo male le nenie sacre, addormentatrici, cantare i serpenti.
né le erbe raccolte sui monti della Marsica! 874-892. Virbio: secondo
la leggenda italica era figlio
E te piansero, o Umbrone, la foresta di Angizia, di lppolito e della ninfa Ari-
il Fucino dall'acqua vitrea e i limpidi laghi) ... eia: di lppolito, che ucciso,
Va alla guerra anche Virbio, splendido figlio di lp- secondo il mito greco, in se-
[polito, guito alla falsa accusa della
matrigna Fedra, sarebbe sta-
875 famoso e bello, venuto dalla materna Ariccia, to risuscitato, con farmaci
cresciuto nell'umido bosco sacro di Egeria, dove prodigiosi del medico Peo-
sorge l'altare ricco della clemente Diana. ne, da Diana, la quale gli
avrebbe mutato il nome in
Dicono che lppolito, morto per l'inganno quello di Virbio (bis vir -
della matrigna, dopo aver espiato col sangue uomo due volte). A lppolito-
880 la vendetta patema travolto dai cavalli Virbio, trasportato poi in
imbizzarriti, tornasse a vedere le stelle Italia e nascosto nel bosco
della ninfa Egeria, Diana
altissime e l'aria del cielo, risuscitato dai filtri avrebbe dato in moglie la
del medico Peone e dalla pietà di Diana. ninfa Arida, dalla quale
Ma il Padre Onnipotente, sdegnato che un mortale avrebbe avuto un figlio, ch'e-
gli chiamò con il suo stesso
885 risorgesse dall'ombra infernale alla luce nome: Virbio.- Peone: era
della vita, tuffò con una saetta nell'onda il medico degli dèi.
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262 Canto settimo
893-899. Per questo i ca- ddlo Stige Peone, figlio di Febo, reo
valli, ecc.: in memoria della di avere inventato un'arte cosi grande.
morte di Ippolito, caro a Allora Trivia nascose Ippolito in un luogo segreto,
Diana per i suoi retti ed ot-
timi costumi, i cavalli erano 890 lo cdò in fondo al bosco sacro alla Ninfa Egeria,
tenuti lontani dal tempio e perché ignoto passase la vita nelle sdve
dal bosco consacrato alla d'Italia, e gli cambiò il nome in quello di Virbio.
dea. Infatti erano stati i ca- Per questo i cavalli dai piedi di como
valli del suo cocchio, imbiz-
sono tenuti lontani dal santuario e dai boschi
zarriti alla vista di un mo-
stro uscito dal mare per 895 consacrati a Diana (proprio i cavalli un tempo
opera di Nettuno, a causar- spaventati dai mostri marini travolsero
ne la morte. Ma nonostante sul lido il giovane Ippolito col suo carro!). Ma il figlio
il ricordo del tragico evento, li adopera i cavalli ardenti, e corre con essi
il figlio Virbio ama i ca·
sulla distesa dei campi e va in guerra sul cocchio.
valli « e corre con essi sulla
distesa dei campi e va in 900 Ed ecco TUfno che avanza tra i primi, magnifica
guerra sul cocchio». Hai qui figura in armi, piu alto di tutti di una testa.
l'immagine viva della vita Il suo elmo, chiomato di tre pennacchi, inalbera
che continua con rinnovato una Chimera dall'alito infuocato di vampe
vigore anche dopo le scia-
gure che travagliano l'uomo
dell'Etna: mostro che freme e s'infiamma tremendo
e sembrano capaci di arre- 905 quanto piu incrudelisce nd sangue la battaglia.
stare in lui ogni volontà di Il suo scudo è fregiato d'un soggetto famoso:
progredire. un'Io già giovenca, già coperta di pelo,
900. Turno: Turno è tra i con corna già cresciute, tutte d'oro, con Argo
primi della rassegna, ma il
poeta non ne ha seguito l'or- che l'ha in custodia e suo padre Inaco che versa
dine. Pet destare interesse 910 da un'urna cesellata l'acqua dd suo fiume.
nel lettore egli ricorda i ca- Seguono Turno un nembo di fanti e gente armata
pi più importanti alla fine. di scudo, che s'addensano per la pianura: Argivi,
90!. più alto di tutti di
una testa: nei poemi classici manipoli aurunci, Rutuli, antichi Sicani, schiere
i personaggi principali gigan- sacrane e Labicani dagli scudi dipinti.
teggiano anche nella perso- 915 Ci sono quelli che arano le tue vallate, o Tevere,
na. Perciò Turno, che nel e le tue sacre rive, o Numko, e col vomere
poema virgiliano è una delle
figure più salienti, sovrasta
sugli altri << di una test a >>. 907. un'Io già giovenca, Ardea, fondata da Danae,
903. una Chimera: mostro ecc.: Io, figlia di Inaco, fu originaria di Argo (v. nota
con il petto e la testa di da Giunone, gelosa che fos- precedente). Manipoli au-
leone, il vente di capra e la se stata amata da Giove, tra- runci, Rutuli, Sicani, schie-
coda di drago. Mito telluri- sformata in giovenca e data re sacrane (quelli di Ardea,
co, di facile trasparenza a in custodia ad Argo, il pa- cosi detti perché praticavano
significare il vulcano, che ha store dai cento occhi. Turno il culto di Cibele: "sacra
il fuoco sulla vetta, arido ne ha collocato sullo scudo Cybelae") e i Labicani, del
terreno sulla << schiena >> e l'immagine per testimoniare territorio tuscolano, presso
verde vegetazione sulle fal- la sua discendenza da Danae, l'odierna Frascati, sono tutti
de, rispecchia il carattere fo- figlia di Acrisio, re di Mice- popoli del Lazio che seguo-
coso e mdomito di Turno, ne, e di Argo, pronipote di no Turno.
ed egli la porta come inse- Inaco. V. nota 4I5-·P4· 916. Numìco: oggi Rio
gna sull'elmo. 912. Argivi: guerrieri di Torto.
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Canto settimo 263
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264 Canto settimo
Commento critico
Il racconto di ciò che Enea «a causa dell'ira tenace della crudele Giu.none,
molto soffri anche in guerra», inizia con il canto VII, il quale ne costituisc~ in un
certo senso la prefazione suddivisa in tre momenti principali: l'approdo dei Troiani
alla foce del Tevere e l'ospitale accoglienza di Latino, re del Lazio; l'intervento di
Giunone a contrastare l'avverarsi del Fato che vuole i Troiani fondatori nel Lazio di
una nuova storia; l'unione dei popoli del Lazio, e delle vicine città italiche, sollecitati
da Giunone a cacciare o a distruggere le schiere troiane e la rassegna delle loro forze.
In un certo senso il canto VII rappresenta il punto di saldatura tra la prima parte
del poema, in cui è narrata la distruzione di Troia, la fuga di Enea dalla città incen-
diata e il suo lungo e travagliato peregrinare per terra e per mare con i suoi concit-
tadini superstiti alla ricerca di una nuova patria, e la parte seconda, in cui i Fati di
Enea trovano perfetto riscontro con gli oracoli latini annunzianti il suo arrivo nella
terra promessa e l'inizio di un'età nuova per le genti italiche. Quante volte il nome
d'Italia era stato pronunciato e fatto balenare ai profughi troiani, non come miraggio
evanescente, ma come promessa di una volontà del Fato superiore a quella degli stessi
dèi! Ebbene, in questo canto la promessa è mantenuta: la nuova patria è raggiunta,
e Virgilio, veramente, qui « ci appare come l'ultimo dei poeti romani e il primo degli
italiani » (A. Bruers).
L'inizio del canto è ricco di toni bucolici, di serena contemplazione della natura:
dalla notte illuminata dalla luna alla descrizione dell'estuario del fiume ancora scono-
sciuto; dalla contemplazione gioiosa delle rive ricche di sole e di verde alla letizia
del giovanissimo Julo che, cacciando a briglia sciolta le fiere, partecipa egli pure della
soddisfazione del suo popolo, contento d'aver terminato le tribolazioni e raggiunto
un paese cosl ridente. Ma l'Italia, che il poeta mantovano poteva vedere già unificata
anche con l'estensione della cittadinanza romana dalle Alpi alla Sicilia e dal Varo
all'Istria, in questo canto è rappresentata nelle sue condizioni primitive, quando le
genti che la abitavano erano divise e spesso anche in lotta tra loro. Erano tuttavia
forze vigorose e primigenie che avevano solo bisogno di leggi, di ordine, di disciplina,
di una coscienza religiosa dell'unità e della libertà della patria, che il Fato rappre-
senta al di sopra delle rivalità umane e degli stessi dèi. La visione virgiliana di Enea
che, strumento del Fato, viene in Italia a gettare le prime basi della costruzione che
avrà più tardi il nome di Roma, è stata cosl espressa dal Carducci: « Niun epico e
forse nessuno storico fu più archeologo di Virgilio: nella poesia di lui risorgono sui
monti, sui colli, dai fiumi gli antichi dèi della patria; risorgono su le ruine delle città
disparite i popoli spenti a cantare le origini divine e gl'istituti civili e i culti dei padri
e la forza delle armi: Arcadi, Etruschi, Latini, Sabelli, si mescolano sul luogo più
glorioso del mondo, sui colli e nei campi ove crebbe Roma ». La virtù italica, rappre-
sentata da Latino e da Enea, che da eroe troiano si manifesta eroe italico, trionfa e
dà i suoi frutti anche nell'età primiera; le lotte tra i popoli italici e i Troiani, che si
annunciano già in questo canto, non sono conseguenza di una difesa legittima, ma
dell'influsso malefico della furia Aletto, strumento di interessi personali e di cieche
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Canto settimo 265
passioni. Perciò Virgilio pone i contendenti sullo stesso piano, e con eguale simpatia
esalta l'incontro di Latino con gli ambasciatori di Enea, e rappresenta la rassegna degli
armati italici, ch'egli descrive con le particolarità caratteristiche di ogni gruppo: di
armi, di vesti, di usi e spesso anche di bellissime leggende e di culti tradizionali, nei
quali è posta in evidenza la religiosità, cui nel quadro fa da chiaroscuro l'empietà
del tiranno Mesenzio. Dalla lettura del canto si ha l'impressione che l'Italia con le
sue genti, ricca di fermenti e feconda di frutti, sia stata pronta fin dalle età più lon-
tane a raggiungere un giorno l'unità e la grandezza.
Galleria di ritratti
Latino.
La figura del vecchio re, cosi come ci è presentata in questo e nei canti seguenti,
non è particolarmente riuscita. Egli ci appare come un Enea invecchiato, cioè privo
di quegli imprevedibili slanci o mutamenti di umore che ci rivelano un tumulto inte-
riore ed una successione di stati d'animo, i quali s'accompagnino ai fatti e li rispec-
chino nel loro divenire.
Latino recita una parte, non la vive: è saggio, è religioso, è ligio, troppo ligio alla
volontà degli dèi. La sua perfezione umana che dà nell'astratto, perché moralmente
ineccepibile, lo porta ad essere più spettatore che attore del dramma che si svolge
sotto i suoi occhi e che coinvolge la sua famiglia ed il suo popolo. Egli pare di con-
tinuo fare appello alla ragione, quando intorno a lui ardono le passioni ed esplodono
gli istinti: perciò ci appare anacronistico ed avulso dagli avvenimenti.
Amata.
«Un'altra donna, nell'Eneide, si perde e si uccide. ~ la regina Amata, sposa
del re Latino e madre di Lavinia. Anche la sua disgrazia è dovuta ad un intervento
soprannaturale. Quando, infatti, Enea, seguendo le indicazioni degli oracoli, sta per
avere come promessa sposa Lavinia, Giunone pensa di spingere contro di lui la
regina, in modo da rendere inutile la benevolenza del re Latino; all'ignara donna
essa manda una furia infernale, Aletto, che orribilmente ne domina il corpo e l'anima.
E quest'anima all'improvviso fiammeggia; nella distruzione una idea sola rimane
ferma: che Lavinia non sposi Enea e mantenga la fede già data a Turno! Per que-
st'idea, e per i contrasti che incontra, la regina eccita tutte le donne della città; ad
esse comunica la sua frenesia; ispira attorno a sé il desiderio della guerra e della
resistenza; vede poi con spavento sopraggiungere l'ultima rovina, quando le armi
di Enea sono trionfanti, e la città stessa sta per essere presa. In una scenJ concitata,
presente Lavinia, la regina supplica Turno a non tornare nella mischia, essa è certa
ormai che ogni speranza di vittoria è perduta; quando anche Turno si è allontanato
per il suo destino, fin la parvenza "dell'idea unica" scompare, e nella reggia, fra i
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266 Canto settimo
clamori del nemico vittorioso, la donna infuriata è già dinanzi alla morte. Pur questa
fìgura di invasata, che potrebbe essere tale anche fuori da ogni spiegazione sopran-
naturale, serve, con la forza del contrasto, a rendere più evidente la bellezza morale
di altre donne del poema, bellezza che è fatta di armonia, di costanza e di fede ».
(da Virgilio di G. Fanciulli-Agnelli).
Lavinia.
«La donna che rappresenta una causa di guerra, ed è predestinata dai fati ad
essere la sposa di Enea, viene fugacemente disegnata, e appena la vediamo apparire
nel poema.
Lavinia non ha nessuna somiglianza con Elena, la fatale eroina del ciclo omerico.
Essa fa vivere il tipo semplice ed austero della vergine romana; è, pur in questi
brevi segni, un ritratto ideale. Nulla sappiamo di lei; la vediamo una volta sola,
mentre la vicenda sta per conchiudersi, e sua madre Amata supplica Turno a non
andare alla morte; ella è presente per caso al colloquio; piange ed arrossisc.:. non
dice una parola; soltanto per quel rossore e per quel pianto immaginiamo eh<.! essa
ami Turno: il segreto del giglio non è svelato».
(da Virgilio di G. Fanciulli-Agnelli}.
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Canto settimo 267
Raffronti di traduzione
1tt s.teva e speculis tempus dea nacta noC< ndi La fiera dea, da le vedette il tempo
ar,/ua t..cta pctit stabuli et de culmin,· Jlllllii!O al nuocer còlto, in vetta a le capanne
,,,·torale c.mit signum cornuque r.-cun·o balzata, dal comignolo più alto
Tartar.·am inlt·ndit vocem, qua protilllt.< o111n<' squilla il segnale pastoral, nel curvo
contrcntuit nf!mus et silvae insunucre prPlll'idde; corno sforzando la tartarea voce;
audit <'l TriL'iae /on11,e lacus, audit amnis onde tosto tremò quant'era il bosco
mlpur.·a Nar ulbus aqua /ontesquc \'clini. e le valli echeggi<lrono dal fondo:
''t trepidae •11atrcs pressere ad pl!ctora ll.t!os. udl lontan di Trivia il lago, bianca
(vv. 511·518) la Nera udì de la sulfurea vena
e i fonti del Velino, e paurose
L'infernal dea, ch'a la veletta stava strinsero al seno i pargoli le madri.
di tutto che segula, veduto il tempo Trad. di Giuseppe Albini
accomodato al suo pensier malvagio,
tosto nel maggior colmo se ne salse Dalla vedetta aIlor, còlto il momento,
de la capanna, e con un como a bocca la Dea feroce ascese in cima al tetto
sonò de l'armi il pastorale accento. d'una capanna, e da quell'alto luogo
La spaventosa voce che n'uscio ella gettò l'allarme pastorale
d.tl Tartaro spiccc~si. E pria le selve e fe' rombar la sua tartarea voce
n~ tremar tutte; indi di mano in mano dal curvo corno; ne tremò ogni bosco,
di Ncmo udilla e di Diana il lago, ne risonarun le selve profonde,
udilla <l~ la Nera il bianco fiume, l'udl lontano il lago Diana,
e di Velino i fonti, e tal l'udiro l'udl la solforosa onda biancastra
eh<' ne strinser le madri i figli al S<'"''· del Mar, l'udiron l'acque del Velino;
Trad. di Annibal Caro e le Madri ~i strinsero sul seno
trepide i figli.
Trad. di Guido Vitali
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CANTO OTTAVO
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CANTO OTTAVO
Enea ed Evandro
Il Lazio è tutto in armi, e Turno dà il segnale di guerra dalla rocca di Laurento.
Da tutte le parti accorrono armati, e si manda anche un'ambasciata a chiedere aiuti
a Diomede in Puglia. Enea si appresta a sostenere l'urto, ma si sente solo e non ~a
a chi ricorrere per avere conforto e aiuto in una situazione tanto difficile. Lo conforta
il dio Tiberino, che di notte gli appare in sogno e lo esorta a risalire il fiume fino ali<~
città di Evandro costantemente in guerra con i Latini; colà avrebbe trovato sicura
alleanza. E a conferma della validità del suo consiglio, gli preannuncia che il mattino,
svegliandosi, avrebbe visto la scrofa con trenta porcellini predettagli da Eleno; e lo
esorta a farne sacrificio a Giunone.
Enea, svegliatosi, vede la scrofa con i suoi piccoli e la sacrifica a Giunone; poi
con due navi risale il fiume, e il giorno dopo giunge in vista della città di Evandro:
un insieme di poche e misere capanne: la futura Roma. In un bosco non lontano
dalla città, Evandro ed i suoi stanno celebrando l'anniversario dell'istituzione del-
l'« Ara maxima »in onore di Ercole, e l'apparizione sul fiume delle due navi di Enea
porta un certo scompiglio. Fallante, il giovane figlio di Evandro, afferra l'asta e, im-
pavido, si spinge fino alla riva del fiume incontro agli stranieri. Ma i Troiani non
sono nemici; essi, afferma Enea rispondendo alle domande del giovane Fallante e
tendendo un ramoscello d'olivo, cercano Evandro per offrirgli e domandargli alleam::t.
Invitato a sbarcare, Enea si presenta con i suoi compagni a Evandro, e il vecchio re
riconosce in lui i tratti del padre Anchise, conosciuto e ammirato quando, giovane,
si recò con Priamo a visitare l'Arcadia. I Troiani sono quindi invitati a partecipare
ai solenni riti in onore di Ercole; e finito il banchetto, Evandro racconta diffusamente
l'origine di quel culto: l'uccisione per opera di Ercole del mostruoso e sanguinario
ladrone Caco, mezzo uomo e mezza fiera, che infestava il Lazio spargendo crudelmente
rovina e morte. Al tramonto si rinnova il banchetto, e i dodici Salii cantano le lodi
e le imprese di Ercole.
Terminata la cerimonia, Evandro conduce Enea nella sua dimora, dove aveva
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272 Canto ottavo
riposato Ercole; e durante il tragitto nomina e illustra i luoghi che si presentano alla
loro vista, cui Roma, dice Virgilio, avrebbe un giorno dato fama imperitura. Venere
intanto, impensierita della guerra che minaccia l'incolumità di suo figlio, prega Vtil-
cano, suo marito, di fabbricare per Enea armi nuove. E Vulcano, accolta di buon
grado la preghiera della moglie, si reca nell'isola, dove nella sua officina tre Ciclopi
lavorano instancabilmente per lui; e ordina ad essi di dedicarsi subito alla costruzione
delle armi destinate all'eroe troiano.
Il mattino del giorno successivo Evandro ed Enea si rivedono; e alla presenza di
Pallante e di Acate, comandante di una delle navi di Enea e suo fido amico, suggel-
lano la loro alleanza. Ma Evandro, poiché sa di poter dare ad Enea un aiuto molto
modesto (duecento cavalieri al comando del figlio Pallante, il quale ne aggiungerà dei
suoi altri duecento), gli consiglia di recarsi a Cere, la città etrusca che, cacciato Me-
senzio, è decisa a muover guerra a Turno, che lo ha ospitato. Per iniziare le operazioni
belliche l'esercito etrusco attende, già in armi, soltanto l'arrivo del comandante, che
gli oracoli vogliono straniero. Mentre Enea medita pensoso il consiglio di Evandro,
il cielo sereno si accende per tre volte tra un frastuono di trombe e di armi. È un
segno di Venere al figlio, il quale accetta il consiglio di Evandro e, rimandata al
campo troiano, presso Ascanio, una parte dei suoi, si accomiata dal vecchio re e parte
con i rimanenti e con Pallante, seguito dai suoi quattrocento cavalieri, alla volta di
Cere. Quando è prossimo alla città, essendo imminente la notte, mentre i suoi si ripo-
sano in un bosco sacro a Silvano, egli si apparta in una valletta solitaria presso il
gelido fiume di Cere. Nel frattempo Venere era discesa tra le nuvole recando le armi
stupende, e appena vide il figlio appartato nella valletta solitaria, gli si mostrò e gli
consegnò l'opera perfetta di Vulcano. Egli, lieto dei doni, ammira uno dopo l'alt1··J
i singoli pezzi: l'elmo, la spada, la corazza, le gambiere, l'asta, ma soprattutto lo
scudo, sul quale sono effigiati gli episodi principali della storia di Roma: le tappe più
importanti e gloriose dell'eccezionale cammino compiuto nella storia dalla città eterna,
dalle origini alla battaglia d'Azio, che segna il trionfo definitivo di Augusto e d:
Roma sull'Oriente.
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CANTO OTI'AVO per invitarlo a partecipare
come alleato nella lotta con-
Il Lazio in armi e l'ambasceria a Diomede (1-22) - Enea sogna il tro i Troiani.
dio Tiberina e poi sacrifica la bianca scrofa (23-95) - Enea risale x. Appena Turno ecc.:
il Tevere e incontra Fallante e Evandro (97-209)- Il mito di Ercole quando il re Latino, per
e Caco (210-327) - L'inno a Ercole (328-356) - Evandro parla a non porsi in contrasto con
Enea dell'1111tichissimo Lazio e gli mostra i luoghi sui quali sarebbe gli oracoli, abbandona il po-
sorta Roma (357-430) - Venere e Vulcano e la fucina dei Ciclopi tere regale e si chiude nella
(431-529)- Evandro dà a Enea consigli e aiuti (53o-6o8)- Partenza sua casa, Turno, re dei Ru-
di Enea con Fallante e pianto di Evandro (609-682) - Enea nel tuli, favorito dalla regina
paese degli Etruschi riceve le armi fabbricate da Vulcano (683-729) Amata, che lo vuole sposo
- Lo scudo di Enea istoriato con episodi della storia di Roma (730- della figlia Lavinia, audace-
850). mente lo sostituisce, innalza
sulla rocca di Laurento il se-
gnale di guerra contro il ri-
Il Lazio in armi e l'ambasceria a Diomede vale Enea e fa suonare le
trombe. Con evidente ana-
cronismo Virgilio attribuisce
APPENA Turno agli antichi Latini l'usanza
ebbe alzato bandiera di battaglia di Roma, che in caso di guer-
sulla rocca murata di Laurento, tra rauche ra chiamava alle armi i fanti
inalberando il vessillo rosso,
fanfare, spronando i focosi cavalli i cavalieri quello celeste.
s e brandendo in aria le armi, s'accesero subito 9-xo. Messapo, Ufente ...
gli animi. Tutto il Lazio correva alla guerra Mesenzio: sono capitani già
incontrati nella rassegna che
nd fremito d'una feroce gioventu. Sono i primi chiude il canto precedente:
a raccogliere ovunque aiuti, spopolando Messapo, useito dalla fanta-
i campi di contadini, tre capitani: Messapo, sia del poeta e detto figlio
to Ufente e il sacrilego bestemmiatore Mesenzio. di Nettuno, capo degli Equi
Falisci; Ufente, condottiero
deli Equicoli, cacciatori e
IL LAZIO IN ARMI E L'AM- delle ostilità. I n tutto il La- bellicosi abitanti dei monti
BASCERIA A DIOMEDE (I-22). zio fervono i preparativi, i tra la Sabina e l'Abruzzo;
- L'insegna di guerra issata giovani e gli uomini validi Mezenzio, già re di Agilla
sulla rocca di Laurento e il abbandonano i campi e si ar- (Cere), espulso per la sua
suono cupo dei corni an- mano. V enulo è inviato co- empia crudeltà, ora ospite
nunziano l'imminente inizio me ambasciatore a Diomede di Turno.
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2ì4 Canto ottavo
20. poiché forse più chia- Si spedisce anche, in fretta, Venulo ambasctatore
ri, ecc.: nota la sottile insi- alla città del grande Diomede, per cercare
nuazione che fa intravedere
a Diomede il pericolo che la soccorsi. Gli dirà come i Teucri si insedino
possibile vittoria di Enea sui nel Lazio e come Enea, giunto li con la flotta,
Latini e i loro alleati minac- lS voglia imporre all'Italia i suoi vinti Penati
cerà anche lui; ed inoltre la vantandosi chiamato dal Fato come re:
finzione che Latino sia d'ac-
cordo con Turno, affinché gli dirà come molte genti all'eroe dardanio
appaia che tutti i popoli del s'uniscano, come il suo nome si sparga largamente
Lazio vogliono opporsi allo per il Lazio. Ed infine gli chiederà consiglio:
straniero e difendere la pro- poiché forse piu chiari a Diomede che a Turno
pria libertà. 20
o al re Latino saranno i veri scopi di Enea,
ENEA SOGNA IL DIO TI- le sue speranze di vincere, se la fortuna lo assiste.
BERINO E POI SACRIFICA LA
BIANCA SCROFA (23-95). -
Enea, cui i preparativi di Enea sogna il dio Tiberino
guerra dei popoli italici non
sono sfuggiti, è profonda- e poi sacrifica la bianca scrofa
mente turbato. Scesa la not-
te, benché abbia l'animo tra- Tutto quello che accade Enea lo viene a sapere
vagliato, riesce, per la stan- subito e se ne preoccupa, il cuore travolto
chezza, ad addormentarsi u- 2S da tempestosi pensieri, ora a questo ora a quello
gualmente ed in sogno g.fi ap-
pare, levandosi dal letto del volgendo l'animo mosso da mille inquietudini:
fiume, il dio Tiberina, che cosi uno specchio tremulo d'acqua in un vaso di bronzo
lo incoraggia e gli suggerisce colpito da un raggio di sole o dall'immagine
di recarsi a Pallanteo e di
della radiosa luna riflette un bagliore
chiedere aiuto ad Evandro,
re di quella città e nemico 30 che vola lontano e macchia di pallida luce il soffitto.
dt;i Latini. E a conferma del- Era notte, per tutta la terra un sonno profondo
le sue parole aggiunge che, annientava ogni specie di cose animate,
svegliandosi, troverà accovac-
ciata sotto un elce una scrofa
e gli uccelli e i quadrupedi, quando Enea padre, turbato
con trenta porcellini; e lo dalla triste idea della guerra, si lasciò andare
invita a sacrificar/i a Giuno-
ne per vincerne l'ira. All'alba amici e senza una chiara co- mente quando egli vuole in-
Enea si desta e prepara le noscenza del valore degli av- sinuare nel lettore un senso
navi; quand'ecco scorge ste- versari, passa rapidamente, di intimità leggermente ma-
so sul lido una scrofa bian- con un crescendo progressi- linconica; ma qui essa deve
ca con trenta porcellini; e vo, ad una inquietudine an- servire anche ad altri scopi:
la sacrifica col suo gregge di gosciosa, che il paragone suc- sottolineare, mediante il con-
cuccioli alla grande Giunone. cessivo commenta dando allo trasto del sonno ristoratore
stato d'animo del condottie- che la notte concede a tutti
23. Enea lo viene a sapere, ro troiano un senso di pro- gli esseri vi ve nti, l'agitazione
ecc.: Enea, cui non sfuggo- fonda intensità e un tono di di Enea e l'insonnia che lo
no i febbrili preparativi di pacata malinconia. travaglia ed inoltre creare
guerra dei Latini, è molto 31-36. Era notte, per tutta l'atmosfera di mistero neces-
turbato; e dalla preoccupa- la terra, ecc.: la descrizione saria a preparare l' apparizio-
zione per l'incertezza che della notte è sempre resa da ne nel sogno del dio Tiberi-
gli proviene dal trovarsi in Virgilio con toni smorzati na. - del cielo... gelido:
una terra straniera senza ed umana sensibilità, special- « cielo lontano e gelido » è
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Canto ottavo 275
35 sulla riva del fiume, sotto la volta del cielo persona di Enea, il quale,
lontano e gelido, alfine dando riposo alle membra. con i Troiani da lui portati
in Italia, fonderà una nuova
Ed ecco gli sembrò che Tiberino stesso, Pergamo che rinnoverà in
Dio del luogo, levasse dalla chiara corrente eterno quella distrutta dai
la testa, tra le fronde di pioppo, e gli parlasse Greci. - lungamente eri at-
consolatore e pietoso, in figura d'un vecchio teso: allude all'oracolo di
40
Fauno (VII, 83 sgg.). - la
dal capo coronato di canna ombrosa, cinto tua patria è qui, ecc.: qui
di un leggero mantello azzurro, trasparente: nel Lazio avrai una sede sta-
«O nato da stirpe divina, che Troia salvasti bile e sicura (patria e Penati
portandola qui, serbando in eterno il nome di Pergamo, hanno questo significato). Le
parole del dio Tiberina sono
45 lungamente eri atteso dal suolo di Laurento la conferma dell'accoglimen-
e dai campi latini. Non devi aver paura, to della sua preghiera ad
la tua patria è qui, i tuoi Penati qui Apollo: « dacci una casa no-
staranno sicuri. Non devi temere minacce di guerra. stra; siamo stanchi! » (III,
103 sgg.).
svanita è l'ira dei Celesti... E perché 49-58. svanita è l'ira dei
50 tu non creda che il sonno t'inganni con visioni Celesti... : non è vero che
menzognere ne avrai conferma, troverai l'ira e lo sdegno di tutti i ce-
distesa a terra sotto le quercie della riva, lesti contro i Troiani siano
S\'amtl; Giunone persiste
stanca del parto, una candida scrofa con trenta nell'odio e nella crudele de-
candidi porcellini a succhiarne le mammelle. cisione di distruggerli. Ma il
55 Proprio in quel luogo un giorno fabbricherai una città dio Tiberina vuole infondere
e il tuo penare avrà tregua: finché dopo trent'anni coraggio nel cuore di Enea. -
E perché tu non creda, ecc.:
Ascanio se ne andrà per fondare Alba Longa e a conferma del suo incorag-
immilgÌnc syttlsltamentc poe- mi c ,ono pL"rciò il naturale giamento il dio Tiberina ri-
tica. Il gelo non è nell'aria ornamento del dio Tiberina. pete, quasi con le stesse pa-
(qui « cielo » è tutta la volta 41. di canna ombrosa: an- role, la profezia di Eleno
del cielo), ché se l'aria fosse che i canneti crescono, co- (III, 472-479), il quale gli
stata fredda Enea non avreb- me i pioppi, dove la terra aveva detto: «quando final-
be potuto dormire all'aperto, è umida. mente stanco, ti apparirà sul-
ma è nel cuore del condottie- 42. di un leggero mantello le rive di un fiume, sotto un
ro troiano. - alfine dando azzurro: come personifica- elce, una scrofa bianca con
riposo alle membra: il testo zione di un fiume. il dio trenta candidi porcellini, fèr-
latino dice: « seramque de- Tiberina indossa un legge- mati e stabilisci in quel luo-
di t per membra quietem », ro mantello del colore del- go la tua sede». Ed Enea
cioè: e tardi, cioè a fatica, l'acqua. avrebbe poi fondato vera-
riuscl ad ottenere (dedit) che 43-48. che Troia s,dvasti, mente Lavinio in quel luo-
il sonno (quietem) invadesse ecc.: che portando con te i go, la scrofa avrebbe sii..
le sue membra (per mem- Penati, salvati dall'incendio boleggiato Alba Longa fon-
bra). Enea, dunque, anche della città, hai salvati> Troia, data da Ascanio e i trenta
dopo essersi lasciato cadere poiché il suo nome sarà così porcellini i trenta anni du-
oppresso e stanco sulla riva conservato in eterno. Il te- rante i quali Ascanio regnò
del fiume, continuò a medita sto latino ha << revehis >>, che su Lavinio prima di fondare
re fino a tarda ora sulla situa- significa « riporti >>; e l'e- Alba Longa, oppure le tren-
zione e sul modo di uscir vi. spressione allude, infatti, al ta città latine federate sotto
39· tra le fronde di piop- mito di Dardano (I I I, 203 l'egemonia di Alba. - Asca-
po: i pioppi crescono più fa- sgg.), che emigrato dall'Ita- nio: figlio di Enea e di Creu-
cilmente lungo le rive dei fiu- lia, ora vi ritornerebbe nella sa; secondo altri figlio di
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276 Canto ottavo
Enea e di Lavinia. Nel pri- dal grande nome. È sicuro. Ma adesso sta' attento,
mo caso Ascanio e Julo sa- ti dirò in breve in che modo sarai vittorioso.
rebbero la stessa persona. -
~ siçuro: ti predlco avveni- 60 Su queste spiagge hanno posto la loro sede una stirpe
menti sicuri, certi. di Arcadi, che han Fallante per capostipite e Evandro
6o-63. hanno posto... una per condottiero: la loro città è costruita sui colli
stirpe di Arcadi: stirpe, sog- e dal nome dell'avo si chiama Pallanteo.
getto, è un nome collettivo
e il predicato verbale può Poiché sono sempre in guerra con la gente latina
essere quindi plurale, special- 65 devi farteli amici, stringere patti con loro.
mente quando è seguito, co- lo stesso ti guiderò lungo le rive del fiume,
me in questo caso, da un ti aiuterò ad avanzare coi remi controcorrente.
complemento di specificazio-
ne plurale. - stirpe di Arca- Al2ati, figlio di Dea, e appena tramontate
di, che han Patlante, ecc.: le prime stelle, supplice, secondo il rito, prega
Fallante, figlio di Licaone, re 70 Giunone, allontanandone coi voti le minacce.
degli Arcadi, fu nonno di Dopo, quando avrai vinto, mi renderai onore:
Evandro, il quale, secondo
una tradizione, condusse una perché sono il Tevere azzurro, fiume gratissimo al cielo
colonia di Greci dall'Arcadia che tu vedi lambire le sponde con ampia distesa
in Italia, e su un monte pres- d'acqua, tagliando le ricche campagne lavorate.
so la riva del Tevere costrul 75 Qui è la mia reggia, il mio capo nasce da alte città ».
una città, che chiamò Pallan-
teo dal nome del suo avo. Il Dio scomparve, tuffandosi nella corrente e calando
Secondo Tito Livio il monte a fondo; notte e sonno abbandonarono Enea
fu poi chiamato Palatino, ap- che si alzò e, volto ai pallidi raggi del sole nascente,
punto da Pallanteo. Evan-
dro fu venerato dai Romani secondo il rito attinse nel cavo dellè mani
come nume indigete e sul- so acqua di fiume, pregando: «O Ninfe di Laurento
l'Aventino ebbe anche un al- da cui le sorgenti zampillano, e tu padre
tare. Pubblico culto ebbe an-
che sua madre, Carmenta,
che l'aveva seguito in Italia; sacrifici dovuti a Tiberino, secondo una consuetudine
e in suo onore fu anche chia- quale Dio protettore delluo: antica, comune a quasi tutte
mata Carmentale una porta go, li farà dopo la vi t toria. le religioni, le preghiere e i
che sorgeva ai piedi del 72. Tevere azzurro: l'ag- sacrifici si facevano rivolti ad
Campidoglio. gettivo azzurro è attribuibile oriente. Durante il Medio
67. controcorrente: a ri- ad ogni corso d'acqua; quin- Evo venivano costruite con
troso della corrente del fiu- di anche al Tevere, che tut- l'abside rivolta ad oriente
me, cioè dalla foce a Pallan- tavia usualmente è detto anche le chie;e cristiane, af-
teo, circa 50 chilometri. biondo (flavus). finché i fedeli potessero pre-
68-71. appena tramontate, 75· Qui è la mia reggia, gare e cantare con la faccia
ecc.: l'espressione allude al- ecc.: gli antichi credevano rivolta ad oriente (cfr. G.
l'alba, quando con l'apparire che le divinità fluviali abi- Carducci, La Chiesa di Po-
della prima luce le stelle co- tassero presso la foce. - il lenta, vv. 33-36).
minciano a scomparire. - mio capo: è la sorgente, 79-88. attinse nel cavo
prega Giunone, ecc.: il dio che comprende .evidentemen- delle mani, ecc.: gli antichi
Tiberino ripete il suggeri- te anche il corso superiore prima di pregare si lavavano
mento di Eléno, che elimina del fiume, e « le alte città » le mani con l'acqua, special-
dall'animo di Enea ogni per- sono quindi le città etru- .nente di mattina, perché
plessità ulteriore. Cosl Enea, sche, generalmente costruite credevano che il sonno ren-
trovata la scrofa, la consacra sulle alture. desse impuri. - O Ninfe ... e
e la immola a Giunone. I :78. volto ai pallidi, ecc.: tu padre Tevere, ecc.: Enea,
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Canto ottavo 277
Tevere con la tua santa corrente, accogliete povere case sopra un colle
Enea, finalmente salvatdo dai pericoli. non lontano dalla riva del
fiume. A quella volta dirigo-
Fiume bellissimo che ti commuovi per me, no le navi, del cui arrivo
85 dovunque tu sia nato, dovunque il tuo sereno Evandro e i suoi Arcadi, che
flusso prorompa, sempre t'onorerò di doni, in un bosco vicino stanno
fiume lunato sovrano dei mari d'Esperia. celebrando l'annuale sacrifi-
cio a Ercole, si accorgono
Ma assistimi, confermami nella tua volontà». e sbigottiscono, temendo di
Dopo questa preghiera sceglieva dalla flotta essere assaliti da nemici. Ma
90 due biremi gemelle, fornendole di remi, Pallante, il figlio del re, per
ed armava i compagni. nulla sgomento, va incontro
ai forestieri e chiede il moti-
Quand'ecco un improvviso vo della loro venuta. Enea,
miracolo: tma scrofa bianca attraverso la selva tenendo in mano un ramo-
stesa sul lido verde con trenta bianchi porcelli. scello d'olivo, espone le sue
95 Enea la sacrificò alla grande Giunone intenzioni. I Troiani,. invi-
tati a sbarcare, vengono con-
spingendola all'altare col suo gregge di cuccioli. dotti al cospetto del re, che
li accoglie con benevolenza,
specialmente Enea, in cui ri-
Enea risale il Tevere e incontra Pallante e Evandro conosce il figlio di Anchise,
ch'egli da giovane aveva co-
nosciuto e ammirato in Ar-
Per quanto lunga è la notte il Tevere attenuò cadia. E invita Enea e i suoi
la corrente impetuosa, rifl.uendo con tacito compagni a prendere parte
gorgo e spianando l'acqua come un placido stagno al banchetto.
100 o una palude tranquilla, facile da navigare.
97-100. Per quanto lunga,
Perciò il viaggio è veloce, gioiosa la cadenza ecc.: intendi: per tutta la
dei remi. Gli scafi impeciati scivolano sopra le acque: durata della· notte le acque
l'onda se ne stupisce, trasecola il bosco del Tevere attenuarono la
loro corrente abitualmente
impetuosa, cosl da dare l'im-
rassicurato dal dio Tiberino, limiti entro i quali si muo- pressione che rifluissero len-
si considera abitante del La- vono il pensiero e il giudi- tamente alla sorgente o che
zio e q!Jindi rivolge alle di- zio umani. fossero le acque placide di
vinità del luogo, soprattutto una palude tranquilla.
a quelle che sovrintendono ENEA RISALE IL TEVERE 101-105. Perciò il viaggio,
alle acque, necessarie alla fe- E 'INCONTRA FALLANTE ED ecc.: l'acqua del fiume e gli
condità della terra, questa EVANDRO (97-209). - Il dio alberi cresciuti sulle sue ri-
preghiera fervida e solenne. Tiberina in segno di bene- ve, che si stupiscono ammi-
95· la sacrificò alla grande volenza verso l'eroe troiano, rati al passaggio delle due
Giunone: Enea sacrifica an- attenua la corrente del fiu- navi, avvenimento mai veri-
che alla dea che gli è nemi- me; Enea s'imbarca e risale ficatosi in precedenza, costi-
ca, seguendo il consiglio di la corrente, mentre le ac- tuiscono una scena d'incanto
Eléno e del dio Tiberino. Il que e le piante sulle rive ed una delle immagini poe-
pio Enea non si ribella mai stupiscono allo spettacolo in- tiche più belle create dalla
alla divinità, neppure se gli solito delle armi che risplen- fantasia di Virgilio: tutto è
è ostile, perché il volere di- dono e delle navi che voga- detto con semplicità natu-
vino, direbbe Dante, è « in no sul fiume. Finalmente i rale, come se acqua e piante
tutto dall'accorger nostro Troiani giungono in vista di fossero creature umane, per-
scisso », cioè esorbita dai Pallanteo: una rocca e poche ché tutta la scepa si anima
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2 7o Canto ottavo
alla vista del lampeggiare non avvezzo a vedere risplendere gli scudi
delle armi e dell'avanzare 105 dei guerrieri e le navi dipinte vogare sul fiume.
sulle acque, quasi nuotando,
delle carene dipinte delle Faticano sul remo il giorno e la notte
due navi. solcando le lunghe anse seminascosti dagli alberi,
xo8. attraversando ... verdi attraversando sull'acqua placida verdi foreste.
foreste: immagine stupen- Il sole infuocato aveva percorso metà
da, descritta con la sempli-
cità ingenua di un fanciullo, 110 dd suo itinerario celeste quando lontane
questo particolare freschissi- vedono mura, e una rocca, e rari tetti di case
mo delle navi che attraversa- che la potenza romana oggi ha elevato al cido,
no le sei ve riflesse nitida- allora povere cose, povero regno di Evandro:
mente dalla superficie tran-
quilla delle acque. E l'imma- là volgono le prore e s'avvicinano in fretta.
gine delle due navi che sem- us Il re arcade, per caso, quel giorno onorava
brano avanzare, non sulle ac- solennemente, in un bosco di fronte alla città,
que di un fiume, ma attra- il grande Ercole, figlio di Anfitrione, e gli Dei.
verso una fitta boscaglia,
sembra creata dal poeta an- Pochissimi compagni, l'unico figlio Fallante,
che per preparare l'appari- la gioventu migliore e il piccolo senato
zione quasi inaspettata della 120 insieme a lui gettavano incenso sul fuoco,
città di Pallanteo. mentre tiepido sangue fumava davanti agli altari.
109-IIJ. Il sole infuocato,
ecc.: è mezzogiorno quando Appena videro le navi grandi venire
Enea e i suoi compagni ve- per l'ombra fitta dd bosco, e quella gente straniera
dono la città costruita da che senza parlare faceva forza sui remi,
Evandro sul punto più alto 125 sbigottirono, colti alla sprovvista, balzarono
del monte Palatino: la roc-
ca, le mura e poche misere disordinatamente in piedi, abbandonando
case sparse qua e là; una po- le mense. Ma il coraggioso Fallante proibisce
vera città «che - aggiunge d'interrompere il rito, afferra un giavellotto
Virgilio - la potenza roma- e si fa incontro di corsa a chi arriva, gridando
na oggi ha elevato al cielo ».
Virgilio « ha saputo fonde-
re - annota E. V. Marmo- so» qui vale evidentemente dro. L'immagine di questo
tale - nella sua grande ani- solo per Enea, non nei ri- popolo contadino, bene or-
ma presente e passato in un guardi di Evandro, il re dinato, che si contenta di
unico- sentimento espresso in arcade. poco e compie i rituali sa-
contenuta e profonda poe- 117. Ercole, figlio di An- crifici agli dèi, semplice e
sia». L'accostamento della fitrione: la leggenda lo dice buono, ma pronto a difen-
grandezza di Roma alla po- figlio di Giove e di Alcmena, dere la propria libertà e le
chezza del regno di Evandro moglie di Anfitrione. - e proprie cose contro i prepo-
è una costatazione serena, gli dèi: il sacrificio era fat- tenti nemici che lo circon-
senza vanto. All'ideale geor- to in onore di Ercole, ma dano, è una delle creazioni
gico, presente nell'Eneide, durante il rito erano onorati più simpatiche del poeta
non contrasta la fierezza per anche gli altri dèi. mantovano.
la potenza e la grandezza di u8-u9. Pallante: l'unico 127-132. Ma il coraggioso
Roma; i due sentimenti, pur figlio di Evandro ha lo stes- P altante, ecc.: alla vista del-
contrapposti, non si elidono, so nome dell'avo paterno. - le navi e pegli armati che le
ma si uniscono fondendosi il piccolo senato: Virgilio in- occupano, Evandro e coloro
nella lirica contemplazione siste sul « povero » e sul che partecipano l'OD lui 11!
del poeta. « piccolo » quando accenna rito sono atterriti e inter-
II5. per caso: il «per ca- alle cose e alla gente di Evan- rompono la cerimonia, per-
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Canto ottavo 279
!30 dalla ripida alzaia: «Giovani, cosa cercate tare guerra e, prima ancora
per luoghi a voi ignoti? Dove andate? Chi siete? di rassicurarlo con le parole,
gli mostra (leva) un ramo-
Da che paese venite? Portate pace o guerra? » scello d'olivo, simbolo di pa-
Allora il padre Enea leva dall'alta poppa ce, poi parla. E la sua rispo-
un ramoscello d'olivo pacifico, e risponde: sta è brevissima: con «sia-
«Siamo Troiani: se ci vedi armati è perché mo Troiani » soddisfa le do-
135
mande «chi siete? » e «da
i Latini hanno accolto noi profughi con guerra ingiu~ta. che paese venite»; con «cer-
Cerchiamo il re Evandro. Ditegli che sono arrivati chiamo il re Evandro » ri-
scelti duci dei Dardani a chiedere alleanza». sponde alla richiesta « dove
Meravigliato da un nome cosf famoso, Fallante andate? »; quindi conferma
le loro intenzioni padfichr..
140 disse: «Chiunque tu sia, sbarca e parla a mio padre 144-152. O tu, il migliore
entrando a casa nostra da ospite gradito». dei Greci, ecc.: Enea non
Gli strinse forte la mano ponendosi al suo fianco poteva dimenticare, come
e avanzarono insieme nel bosco, lontano dal fiume, Troiano e principe dei Dar-
dani, che i Greci avevano
finché arrivarono al re. « O tu, il migliore dei Greci - distrutto Troia; perciò il
145 disse Enea: - che la Fortuna ha voluto pregassi suo saluto a Evandro, greco,
con l'offerta di rami di pace ornati di bende! non poteva consistere se non
Non ho avuto paura di presentarmi a te in un complimento generico:
« sei il migliore dei Greci, ed
che sei Arcade, Greco e parente dei due Atridi: io sono felice d'essere stato
perché la mia coscienza e gli oracoli santi indirizzato a te dalla fortu-
150 degli Dei, gli antenati comuni, la tua fama na con un ramo d'olivo, se-
gno di pacifica preghiera ».
che spazia per il mondo a te m'hanno attirato, Poi espone i motivi che lo
per volere dei Fati, volentieri. Ricorda: hanno indotto a presentarsi,
Dardano capostipite della gente troiana egli stesso, a Evandro, gre-
nacque da Elettra figlia di Atlante (lo dicono i Greci) co e parente degli Atridi
(Agamennone e Menelao), e
155 e andò fra i Teucri: Atlante grandissimo che sostil"ne a non servirsi di ambasciato-
ri, dicendo d'aver la coscien-
ché credono che quegli ar- role che rivolge agli stra- za d'essergli un degno al-
mati siano Latini, con i nieri, egli si sostituisce senza leato, e soprattutto d'essere
quali sono in continua guer- iattanza al vecchio padre nel- stato mosso dagli oracoli de-
ra, e che la loro apparizione l'autorità e nell'ardimento, gli dèi e dalla fiducia nella
improvvisa li abbia colti di- simpatico e bello nel suo loro comune origine, non-
sarmati e impreparati a di- gesto. Virgilio innalza sem- ché dalla fama della sua no-
fendersi. Solo Pallante ri- pre il tono della sua poesia biltà d'animo, nota in tutto
mane tranquillo; e dopo ave- quando rappresenta eroi gio- il mondo.
re invitato tutti a riprendere vinetti. 153-170. Dardano caposti-
il loro posto alle mense (do- 133-138. il padre Enea: pite, ecc.: Enea e Evandro
po il sacrificio si sedevano a « padre » è titolo che Virgi- appartengono a popoli di-
mensa e si cibavano delle lio dà spesso, in segno di ri- versi (Enea è troiano, Evan-
carni delle vittime sacrificate spetto e di onore, agli dèi, ai dro è greco), ma in fondo la
agli dèi), affronta, arma to re, agli eroi. - leva dall'alta loro stirpe trae origine dalla
di un giavellotto, gli stra- poppa, ecc.: Enea ha intuito stessa fonte: Atlante, che so-
nieri. L'atto di Pallante de- dalle richieste di Pallante stiene sulle spalle la volta
linea già il suo carattere: ra- che prima di ogni al tra cosa celeste, aveva generato Elet-
pido nel decidere, chiaro, il giovane vuoi sapere se egli tra e Maia che, amate da
ma senza arroganza, nelle pa- viene per offrire pace o por- Giove, dettero alla luce ri-
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280 Canto ottavo
spettivamente Dardano, pro- con le spalle la sfera del cielo era dunque suo nonno.
genitore dei Troiani, Mercu- Vostro padre è Mercurio, che la candida Maia
rio, progenitore della stirpe
di Evandro. Inoltre Enea ed partod sulla gelida vetta del monte Cillene:
Evandro hanno ora un nemi- ma Maia,.se la tradizione è degna di fede,
co comune, i Rutuli ( « gente 160 è figlia anch'essa di Atlante portatore di stelle.
di Dauno », padre di Tur- Cosf le nostre due stirpi vengono da un unico sangue.
no), i quali, se vincitori, li Sicuro di questo non ho mandato ambasciatori
cacceranno dall'Italia e do-
mineranno su tutta l'E- né ho fatto sondaggi diplomatici, ho esposto
speria. me e la mia vita, son giunto supplice alla tua soglia.
171-x88. la faccia e gli oc- 165 La stessa gente di Dauno che perseguita te
chi, ecc.: che i vecchi osser- perseguita noi Troiani: se riusciranno a scacciarci
vino con attenzione minuta
una persona ad essi presen- niente impedirà loro di soggiogare l'Italia
tata, è un fatto naturale; ma e dominare i mari che la bagnano tutta.
qui l'osservazione di Evan- Sii mio alleato: abbiamo petti forti alla guerra,
dro è ancor più intensa e mi-
nuta, perché egli ha scoperto 110 coraggio e una giovenru provata in grandi imprese».
di avere davanti a sé una Cosi Enea. Mentre parlava Evandro la faccia
persona che gli risolleva nel- e gli occhi gli osservava e tutta la persona,
la memoria ricordi lieti della finché disse, conciso: «Come ti riconosco,
sua giovinezza. E ascoltando
la voce e fissando il volto di con che piacere t'accolgo, fortissimo fra i Teucri!
Enea, egli ricorda la voce e 175 Come mi tornano a mente la voce e il volto di Anchise!
il volto di Anchise, incon- Mi ricordo di quando Friamo, coi capi troiani,
trato nella sua prima gio- recandosi a Salamina per visitare il regno
ventù, quando accompagnò
Friamo recatosi a visitare la della sorella Esione si spinse sino al paese
sorella Erione, moglie di Te- gelato d'Arcadia. La prima gioventu
lamone, re di Salamina, e 180 mi fioriva le guance e ammiravo, stupito,
con Friamo si spinse poi
fino al regno degli Arcadi e i capi teucri e il figlio di Laomedonte, Friamo:
gli fece ricchi doni, che ma il piu alto e il piu bello di tutti mi parve Anchise.
tuttora conserva, donati al Ardevo dal giovanile desiderio di parlargli
figlio Fallante. - alle mura e di stringergli la mano. Lo avvicinai emozionato
di Feneo: Evandro accolse
Anchise, come suo ospite, a 185 e lo condussi alle mura di Feneo. Egli partendo
Feneo, città dell'Arcadia, ri- mi donò una stupenda faretra, frecce licie,
cordata anche da Omero (Il., un mantello trapunto tutto d'oro e due freni
Il, 6o5). L'accenno a questa pure d'oro che adesso possiede il mio Fallante.
città ddl'Arcadia è stato
suggerito a Virgilio proba- Dammi la mano, dunque. Già fatta è l'alleanza
bilmente per spiegare la con- 190 che mi chiedi, e domani non appena la luce
temporanea esistenza delle
due leggende che dicono l'u-
na essere Dardano oriundo di Friamo e di Anchise e l'alleanza chiesta da Enea.
dall'Italia, l'altra dall'Arca- della loro permanenza in Ma il testo latino suggerisce
dia. Ed infatti Dionigi d'A- Arcadia, con tutte le incon- anche questa interpretazio-
licarnasso (1, 34) afferma che gruenze che ne derivano. ne: «la destm che voi mi
agli abitanti di Feneo era- 189-197· Dammi la ma- chiedete fu da me congiunta
no mescolati anche Troiani; no ... Già fatta, ecc.: con una in un patto d'amicizia e di
donde la storia dd viaggio stretta di mano si concluse ospitalità già con Anchise,
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Canto ottavo 281
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282 Canto ottavo
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Canto ottavo 28 3
Fu quella la prima volta che i nostri videro Caco taria: il cocuzzolo dd!'Aven-
260 sconvolto dalla paura e con gli occhi smarriti: tino, sotto il quale si esten-
ma subit<_> fugge piu veloce del vento deva la cavità della caverna
di Caco.
nella caverna, il terrore gli mette ai piedi le ali.
28o-282. Tutto il cielo
E ci arriva e si chiude e precipita giu, profondo, ecc.: tutto l'im-
spezzate le catene, un grandissimo masso menso (profondo) cielo rim-
265 sospeso sull'entrata per arte di Vulcano: bombò, le rive del Tevere
dietro quella difesa anelando si barrica. sussultarono e le acque del
Ma ecco che arriva furente Ercole, gira qua e là fiume impaurito rifluirono
verso la sorgente. L'effetto
gli occhi cercando il modo di entrare, digrignando della caduta dell'immensa
i denti. Bollente di rabbia, tre volte roccia è reso mirabilmente.
270 fa il giro del monte Aventino, guardando Il fiume, che il poeta imma-
dappertutto, tre volte prova invano a spostare gina come un essere vivo e
il masso, tre volte stanco si siede nella valle. sensibile, si ritrae impaurito
all'udire il tonfo prodotto
In cima alla caverna s'ergeva a picco, altissima dal masso enorme, e l'iper-
a vedersi, una rupe acuta e solitaria bole rende con efficacia il
275 adatta solo ai nidi degli uccelli da preda. formidabile evento. Ma Vir-
Ercole s'accorse che pendeva inclinata gilio forse immagina che il
masso sia caduto nel fiume,
a sinistra, sul fiume: s'arrampicò sin là e in tal caso le acque si ri-
e forzandola a destra la scrollò, la divelse tirarono veramente verso la
dalla montagna cui sembrava abbarbicata sorgente, mutando per un
e giu la precipitò. Tutto il cielo profondo certo tratto di tempo il loro
280
corso naturale.
ne rintronò, le rive sussultarono e il fiume 284. l'ombrosa caverna:
impaurito si spinse controcorrente, a ritroso. la tenebrosa cavità.
Cosf la spelonca, grande reggia di Caco, fu aperta, 285-288. fu come se la
l'ombrosa caverna venne tutta alla luce: terra, ecc.: questo parago-
ne, che Virgilio costruì
285 _fu come se la terra squarciata da un terremoto avendo presente un passo
schiudesse le sedi infernali rivelando i pallidi regni analogo dell'Iliade (XX, 75
odiosi ai Celesti e mostrando nel baratro immane sgg., trad. Monti), è eviden-
le Ombre spaventate dal bagliore del giorno. temente fantastico, perché
la scena non è mai avvenu-
Caco grida di rabbia e di paura, cosf ta, né avverrà. Tuttavia le
290 all'improvviso colto dalla luce inattesa, immagini, così semplici e
chiare, hanno un aspetto
mirabile di verità. Sono i
259. i nostri: i sudditi eli 270-272. fa il giro del miracoli della fantasia ( « i
Evandro; perciò « i miei monte Aventino, ecc.: la pallidi regni odiosi ai Cele-
sudditi». Evidentemente E- caverna di Caco è scavata sti » e « le Ombre » dei
vandro non aveva assistito profondamente nella roccia morti « spaventate dal ba-
alla scena. e si presenta imprendibile gliore del giorno »).
260. sconvolto dalla pau- Perciò Ercole si aggira in- 290. all'improviso colto,
ra: prima nessuno aveva po- torno per scoprirne l'entra- ecc.: Caco non immaginava
tuto impaurire Caco. ta, e scopertola, prova inva· che Ercole potesse svellere la
266. anelando: respirando no a spostare il masso che cima del monte e raggiun-
affannosamente per la corsa la chiude. gerlo per quella via nella
e la paura. 274. una rupe acutu e soli- sua ben protetta caverna.
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284 Canto ottavo
297. sputa una notte fu- preso in trappola nella sua tana; ed Alcide
mida, ecc.: Caco, per sot- lo tempesta con quello che trova, saette,
trarsi alla vista di Ercole ed
evitare d'essere colpito dai tronchi d'albero, massi. Senza piu via di scampo
proiettili d'ogni specie che Caco ricorre al fuoco che. gli riempie la bocca,
l'avversario gli scaglia ad- 29S si cela in una nuvola di spesso fumo nero,
dosso, vomita dalla bocca riempie di un'ombrosa caligine la tana,
fuoco e fumo denso e nero,
e riempie coslla tana di fuo- sputa una notte fumida di tenebra e di vampe,
co e di tenebre (notte fumi- si sottrae alla vista. Ma l'infuriato Alcide
da di tenebra e di vampe). non si contenne e d'un salto a precipizio piombò
300-30r. là dove il fumo, 300 attraverso le fiamme fin là dove il fumo
ecc.: Ercole, sfidando l'o-
scurità e le fiamme, salta ondeggiava piu denso e la nebbia piu fitta.
giù nell'antro e, per indivi- Qui, nella notte, afferrandolo lo serra in una stretta
duare nel buio la posizione terribile, mentre vomita inutili fiamme, e lo soffoca
in cui si trova Caco, osserva e lo stritola: gli occhi gli schizzano dall'orbita,
dove il fumo si muove più
denso, perché più vicino alla 30S il sangue va via dalla gola. Cosf Caco muore.
bocca del mostro, da cui Subito dopo, schiantate le porte ed aperta
esce. la nera caverna, le giovenche rubate
302-303. in una stretta
te"ibile: il leone di Nemea escono al libero cielo; l'informe cadavere
e il gigante Anteo erano è tirato fuori per i piedi e nessuno
stati vinti e uccisi da Ercole 310 si sazia di guardare gli occhi terribili, il volto,
allo stesso modo. Secondo il petto villoso del mostro, "Qomo a metà a metà bestia,
Ovidio (Fasti, l, .57.5), Pro-
perzio (IV, 9, 1.5) e Livio e le mandibole in cui si sono spente le fiamme.
(1, 7) Ercole avrebbe ucciso Da allora è stata celebrata la festa; e da allora
Caco a colpi di clava. E lietamente abbiamo osservato la ricorrenza;
neppure Dante accettò la 31S ne fu iniziatore Potizio, e la casa Pinaria
versione virgiliana: « onde
cessar le sue opere bieche - fu custode del ·culto di Ercole. Istituf
sotto la mazza d'Ercule, che nel bosco sacro quest'ara che abbiamo chiamato
forse - gliene dié cento, massima e sarà sempre chiamata Ara Massima.
e non sentl le diece » (Inf.,
xxv, 31 sgg.). Perciò, giovani, a gloria di cosi grandi imprese
309. per i piedi: come si 320 incoronate il capo di fronde e alzate i bicchieri,
fa con le carogne; e Caco invocate il gran Dio, versate lieti il vino! »
è punito delle sue feroci cru- Aveva appena parlato che il pioppo dalle foglie
deltà anche con questo atto
di disprezzo, secondo la re-
gola del taglione. cerdote, a Pinario, con il parlato, ecc.: l'invito a liba'
310. gli occhi terribili: gli ruolo di custode dell'ara. re in onore di Ercole è ac-
occhi del mostro, rimasti Questa dignità passò, dopo colto senza indugio e dai
aperti, conservano l'espres- la loro morte, alle loro fa- sudditi di Evandro e dai
sione minacciosa e crudele miglie.- Ara Massima: que- Troiani. Dopo il patto d'al-
di quando erano vivi. st'ara, che Evandro mostra leanza Ercole è diventato
31.5-318. ne fu iniziatore ad Enea, esisteva ancora al dio comune ai due popoli. -
Potizio, ecc.: il culto di Er- tempo di Virgilio. Fu di- il pioppo dalle foglie, ecc.:
cole fu affidato, con mansio- strutta poi dall'incendio di il rito della libagione esi-
ni diverse, a due vecchi: a Nerone. geva che si adornassero il
Potizio, con l'incarico di sa- 322-32.5. Aveva appena capo con ramoscelli di piop-
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Canto ottavo 28 5
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286 Canto ottavo
re dei Lapiti, con lppoda- 345 sotto la rupe nemea. O tu di cui le paludi
mia, avendo il centauro Eu- dello Stige tremarono, tremò il custode dell'Orco
ritione fatto oltraggio alla
sposa (i Centauri erano mo- dirteso nell'antro cruento, sull'ossa
stri metà uomini e metà ca- semirose. Nessuno ti fece paura, nemmeno
valli); e la cattura del mo- l'enorme Tifeo che brandiva le armi contro di te,
stro di Creta (allude al toro 350 nemmeno l'Idra di Lerna con le sue molte teste.
che vomitava fuoco, manda-
to da Nettuno in Creta a Salve o figlio di Giove assurto agli onori divini,
devastarne il territorio per scendi a noi e alla tua festa con piede propizio ».
vendicarsi del re Minosse); Celebrano coi canti le grandi imprese d'Ercole
e l'uccisione del leone Ne-
meo, invulnerabile e quindi e sopra rutte ricordano la caverna di Caco
strozzato con le sue mani; 355 e il mostro che sputava fuoco. Risuona allo strepito
e la cattura di Cerbero, guar- gioioso l'intero bosco ed echeggiano i colli.
diano dell'Erebo, ch'egli in-
catenò e portò ad Euristeo
e poi ricondusse nel regno
dei morti. Nulla riuscl a spa- Evandro parla a Enea dell'antichissimo Lazio
ventare Ercole. Non Tifeo, il e gli mostra i luoghi
gigante dalle cento teste vo-
mitanti fuoco; non l'idra di sui quali sarebbe sorta Roma
Lerna, il mostro dalle molte
teste tutte rinascenti se non Terminati gli uffici divini se ne ritornano
venivano schiacciate contem- tutti in città. Il vecchio Evandro procedeva affiancato
poraneamente (Ercole l'uc-
cise stritolando le teste con dal figlio Fallante e da Enea e camminando alleviava
un sol colpo di clava). Er- 360 il lungo cammino con vari racconti.
cole, trasportato da Giove Enea si stupisce della bellezza dei luoghi
sull'Olimpo, divenne im-
mortale e visse da allora, e gira intorno i mobili occhi informandosi
sempre giovane, dio fra gli di ogni singola cosa, ascoltando le antiche
dèi celesti.
EVANDRO PARLA A ENEA civile secondo giustizia e la glie coperte da una pelle
DELL'ANTICHISSIMO LAZIO E coltivazione della terra. Fu d'orso.
GLI MOSTRA I LUOGHI SUI quella l'età dell'oro. Poi ven-
QUALI SAREBBE SORTA Ro- nero gli Ausoni e i Sicani e 358. in città: Pallanteo,
MA (357-430). - Compiuto lo stesso Evandro, spinto dal la capitale del piccolo regno
il rito in onore di Ercole, Fato e dalle predizioni delta di Evandro, sul Palatino. Il
il vecchio re Evandro, aven- madre Carmen/a. Proseguen- rito religioso s'era svolto
do da un lato Enea dall'al- do il vecchio re mostra a nella pianura sottostante,
tro Pallante, ritorna in città. Enea l'Ara Massimu, la por- che fu poi il « Foro boario ».
E mentre procedono lenta- ta Carmentale, l'Asilo, il 361. Enea si stupisce, ecc.:
mente il re parla all'ospite Lupercc1le, l' Argileto, la ru- con l'ammirazione dei luo-
delle Ninfe e dei Fauni che, pe Tarpea, il CampidoJl,lio. ghi, sui quali un giorno lon-
insieme con gli uomini pri- Giungono così alla povera tano sorgerà Roma, e sui
mitivi, che si nutrivano solo casa di Evandro, sul f>t~lati quali domineranno i discen-
dz caccia, vivevano in quei no, che aveva ospite/lo Er- denti di Enea, ha inizio uno
luoghi. A questi più antichi cole; e prega Enea di accet- dei momenti più significativi
primi abitanti seguì il re- tare anch'egli la Jllti ospita- del canto, il quale sarà poi
gno di Saturno che insegnò lità. Il principe lroiano si continuato dalla descrizione
a quelle genti rozze il vivere riposa su un giaciJ.!/w di fo- delle figurazioni dello scudo
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Canto ottavo 287
memorie, le gesta degli uomini d'un tempo. Sicani, che calarono a più
36S E allora Evandro, fondatore della rocca romana: riprese nelle terre già go-
«Fauni e indigene Ninfe abitarono primi vernate da Saturno ed in-
fine allo stesso Evandro ve-
questi boschi, e una razza d'uomini nati dai tronchi nuto nel Lazio spinto dal
durissimi delle querce, che non avevano Fato e dai responsi della
né costume civile né aru, e non sapevano madre Carmenta. - fuggen-
mettere i bovi all'aratro, conservare i raccolti, do dall'Olimpo: per gli an-
370 tichissimi abitanti del Lazio,
ma vivevano solo di caccia e di frutti selvatici. Saturno era il dio della se-
Poi arrivò Saturno fuggendo dall'Olimpo minagione e quindi protet-
e dalle armi di Giove, esule fuori del regno tore dell'agricoltura, ma più
che gli era stato strappato. Saturno radunò tardi, identificato con Cro-
no, padre di Giove, si favo-
37S quell'indocile razza dispersa per gli alti monti leggiò che, spodestato da
e dette loro leggi, volle che la rt!gionc Giove, si fosse rifugiato nel
fosse chiamata Lazio (dato che lui latitante Lazio portandovi la civiltà e
era stato al sicuro nascosto in quelle terre). il benessere, ordinando la
vita degli uomini con buone
Sotto quel re trascorsero i secoli che chiamiamo leggi e insegnando ad essi
380 l'età dell'oro, l'età della placida pace la coltivazione della terra. -
e del tranquillo governo: finché a poco a poco fosse chiamata Lazio: sulla
non peggiorarono i tempi c non venne l'età etimologia della parola gli
antichi si sbizzarrirono mol-
del furor della guerra e dell'amor del possesso. to. Virgilio la fa derivare da
Allora torme di Ausoni e genti sicanc «!ateo» (nascondo), e La-
385 calarono a varie riprese e la terra Saturnia zio significherebbe quindi il
sp~sso mutò di nome; allora ci furono i re
luogo dove si rifugiò Satur-
no quando fu cacciato da
e l'aspro Tibris dal grande corpo dal quale noi ltali Giove. Probabilmente deriva
dal greco « platys », che si-
gnifica luogo pianeggiante e
di Enea. Nel canto VI, pres- Enea nel Palatino il centro ampio, ed era dato alla cam-
so le rive del Lete, erano spirituale di Roma e del- pagna romana in contrappo-
sfilate davanti ad Enea le l'impero, e in Evanc.Jro il sizione con le vicine regioni
ombre di coloro che, discesi « fonclatore della rocca ro- montuose. - Ausoni e genti
dai Troiani, dovevano esse- mana». sicane: gli Ausoni abitarono
re un giorno i più impor- 366-393. Fauni e indigene l'Italia centrale, i Sicani sa-
tanti crea tori della grandez- Ninfe, ecc.: Virgilio pensa rebbero venuti dalla Spagna
za di Roma; ora sono pre- che i primi abitatori elci La- e, dopo aver abitato per
sentati all'ammirazione del- zio siano stati uomini origi- qualche tempo il Lazio, si
l'eroe troiano i luoghi nei nari del luogo e, rievocando-
quali quei personaggi avreb- ne la storia per bocca di sarebbero trasferiti in Sici-
bero svolto la loro opera Evandro, accenna ai Fauni lia, dove presero il nome de-
politica e civile; e nel fatto e alle Ninfe, primi abitatori finitivo di Siculi. - mutò
misterioso, che induce Enea, dei boschi; alle primitive po- nome: a seconda degli abi-
inconsapevole, a fermarsi ad polazioni selvagge che, pri- tanti o dei dominatori. -
osservare quei luoghi, sui ve ancora di ogni costume aspro Tibris: il Tevere dap-
quali domineranno i suoi di- civile, vivevano solo di cac- prima si chiamava Albula,
scendenti, ed a provarne di- cia; al regno di Saturno, ma quando la regione diven-
letto, si sente la commozio- che dette a quegli t;omini le ne dominio del tiranno Ti-
ne del poeta che, testimone prime leggi e fece fiorire l'età bris, cambiò il nome in quel-
di quella grandezza, vede per dell'oro; agli Ausoni ed ai lo di Tevere.
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2 88 Canto ottavo
394-398. l'ara e la porta, chiamammo poi Tevere il fiume che perse l'antico
ecc.: sono l'ara e la porta nome d'Albula. La Fortuna onnipotente, il destino
ai piedi del Campidoglio, 390 cui non si può resistere mi fermarono qui
chiamate l'una e l'altra Car- bandito dalla patria e spinto agli estremi confini
mentale in onore di Carmen-
ta, madre di Evandro, la del mare, qui mi condussero i tremendi comandi
quale, dotata di virtù pro- della Ninfa Carmenta, mia madre, e di Apollo».
fetiche, indusse il figlio ad Camminando mostrò a mano a mano l'ara
emigrare dall'Arcadia in Ita- 39S e la porta che ancora oggi i Romani chiamano
lia, dove nel Lazio fondò la
citt~ di Palla~!'o e _POse l~ Carmentale, antichissimo onore alla Ninfa Carmenta,
bw della stona gloriosa de1 fatidica indovina che prima vaticinò
discendenti di Enea. La por- il nobile Pallanteo e gli Eneadi futuri.
ta, dopo che da essa usci-
rono i trecento Fabii che Gli additò da una parte la gran selva in cui Romolo
morirono in combattimento 400 ha accolto poi i fuggiaschi, e sotto uha rupe gelida
contro i Veienti, fu chia- e ventosa l'oscura grotta del Lupercale
mata « Scelerata ». Eviden- detta cosi all'uso arcadico di Pane Liceo.
temente in questi versi Vir-
gilio interviene a spiegare E gli indicò anche il bosco del sacro Argileto
ai lettori ciò che Evandro narrandogli la morte del suo ospite Argo.
mostrò a Enea; e quel« Ro- 405 Di là li guidò alla rupe Tarpea e al Campidoglio
mani » non è quindi un ana- adesso tutto d'oro, allora intricato forteto.
cronismo.
399-400. la gran selva,
Ma già fino da allora la santità orrenda del luogo
ecc.: allude al luogo, iden- atterriva quei semplici campagnoli, tremanti
tificato successivamente in di sacro terrore al vedere la selva e la rupe.
un recinto murato sul Cam- 410 «Un Dio ignoto- disse il re Evandro- abita questo
pidoglio, dove Romolo, per
favorire l'aumento della po- [bosco,
polazione a Roma, permise
che si rifugiassero gli abi- ventino, dove, secondo la da, Tarpea, al tempo della
tanti dei luoghi vicini. leggenda, un certo Argo, guerra contro i Sabini gui-
401-402. del Lupercale, ospite di Evandro, fu ucciso dati da Tito Tazio, avrebbe
ecc.: è la grotta alle falde dal popolo per il sospetto consegnato la rocca, di cui
del Palatino, dove, secondo che volesse spodestare il re; il padre comandava il pre-
la tradizione, la lupa avreb- il quale però, in ossequio sidio, ai nemici; e per puni-
be nutrito Romolo e Remo. ai doveri dell'ospitalità, vol- zione fu poi precipitata dal-
Ed era chiamata Lupercale le che gli fosse eretto nello la rupe e uccisa. I Romani
da Fauno Luperco, antichis- stesso luogo un sepolcro. Ma con questo supplizio puniro-
sima divinità italica identifi- probabilmente « Argileto » è no da allora in poi i tra-
cata con il dio Pan (detto nome attribuito al luogo per ditori della patria. - adesso
Liceo dal monte dell'Arca- la qualità del terreno, che tutto d'oro: nota l'orgoglio-
dia, dove sarebbe nato), pro- è molto argilloso. sa osservazione del cittadino
tettore delle greggi e dei pa- 405-406. Di là li guidò, romano che pone a confron-
stori dai lupi. In suo onore ecc.: il poeta vuoi dire che to lo splend.:>re del Campi-
si celebravano in febbraio le Evandro indicò ad Enea il doglio del suo tempo con la
feste dette Lupercalia, la cui colle, che poi i Romani chia- selvaggia primitività di quel-
istituzione ~i faceva risalire marono Rupe Tarpea, dal lo antico (intricato forteto,
a Evandro e, secondo un'al- nome della figlia di Spurio cioè luogo occupato da bo-
tra tradizione, a Romolo. Tarpeio, ed infine Campi- scaglia bassa e molto intri-
403-404. Argileto: località doglio. Secondo una delle cata).
tra il Circo Massimo e l'A- tante versioni della leggen- 410-411. Un Dio ignoto ...
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L'IMPERATORE AUGUSTO, qui raffigurato comè sommo sacerdote che presenta alle
patrie divinità i sacrifici del popolo, volle che il suo amico Virgilio scrivesse l'Eneide per
offrire alle nuove generazioni romane l'esempio delle virtù degli avi. Era suo scopo re-
staurare le « antiche virtù romane » e dette per primo l'esempio conducendo vita austera.
Lo storico Svetonio racconta che « dormiva in un letto semplice e basso ~ vestiva vesti
comuni». Fu Augusto che alla morte di Virgilio proibì si bruciasse l'Eneide, contro la
volontà dell'Autore, che ritenendola incompleta voleva si desse alle fiamme.
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LO SCUDO DI ENEA
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Canto ottavo 289
questo colle di tufo dalla cima selvosa: armenti; e cosl anche il ter-
a noi Arcadi è parso d'aver veduto Giove reno fra il tempio di Tellure
e il luogo dove poi sorse la
in persona, nell'atto di scuotere l'egida « domus aurea » di Nerone,
che ottenebra il cielo e di adun~e le nuvole. alle pendici dell'Esquilino,
415 E guarda laggiu quei due castelli in rovina, in cui Virgilio poteva am-
reliquie e monumenti degli antichi abitanti: mirare le case che formava-
no il quartiere più elegante
furono costruiti da Saturno e dal padre
di Roma. Quelle case era-
Giano, l'uno è il Gianicolo l'altro si chiama Saturnia». no dette « Carine » per la
Cosf·parlando tra loro s'avvicinavano all'umile forma del tetto simile a
420 tetto dd povero Evandro, e vedevano armenti quella delle carene delle na-
sparsi nel Foro Romano e nelle ricche Carine. vi, oppure, secondo altri, per
la forma concava del terre-
Come furono giunti: «Ercole vittorioso - no sul quale erano costruite;
disse Evandro -·varcò questa soglia, fu accolto ed erano abitate dalle fami-
da questa piccola reggia. Ed ora anche tu, glie più ricche di Roma,
425 ospite, abbi a tua volta il coraggio di disprezzare donde l'aggettivo «ricche»
le ricchezze, rendendoti degno di tanto Nume, che le distingue.
422-430. Ercole vittorioso,
accostati benevolo alla mia povera vita! » ecc.: Evandro ricorda ad
Fece entrare Enea grande nella piccola casa Enea che la soglia della sua
e lo mise a giacere su uno strato di foglie capanna (piccola reggia) è
430 coperte della pelle di un'arsa della Libia. stata varcata anche da Ercole
vittorioso, e lo invita ad ac-
cettare anche lui, che non è
né grande, né vittorioso co-
cima selvosa: Virgilio igno- ecc.: dall'alto del colle Pa- me Ercole, la sua ospitalità.
rav.a il nome del Campido- latino, Evandro mostra ad In tal modo egli dimostrerà
glio al tempo di Evandro, e Enea gli avanzi di due ca- di saper disprezzare le ric-
quindi, introducendo diret- stelli (meglio due rocche o chezze e riconoscere e stima-
tamente il discorso del vec- città; i castelli sono del Me· re la virrù, che non ha biso-
chio re, fa sl che questi lo dio Evo): uno della città gno di ambienti lussuosi, e
indichi in modo generico con di Saturno sul Campidoglio, si renderà degno del grande
espressioni come «bosco», l'altro della città di Giano, Nume. Agli antichi com-
« colle di tufo dalla cima sel- al di là del Tevere sul Gia- mentatori è sembrato di ve-
vosa »; e l'indefinito ·che ne nicolo. Forse sono ruderi im- dere nelle parole di Evandro
deriva aggiunge ansiosa in- maginari, ma opportuni a una punta di sottile ironia,
giustificare la tradizione dei ma il vecchio re ha inteso
certezza all'atmosfera di ter-
regni, nel Lazio, di Saturno dire piuttosto che se « gli
rore sacro, di cui il poeta dèi, a differenza degli uomi-
vuoi circondare il colle, sul e di Giano. ni, sanno riconoscere e sti-
quale Evandro ricorda che 421. Foro Romano ... ric- mare la virtù, anche se essa
ai suoi Arcadi è parso di ve- che Carine: il Foro Romano, si nasconde in ambienti po-
dere Giove in persona in che al tempo del poeta era veri e rozzi» (Marmorale),
atto di scuotere l'egida che il centro ufficiale e politico Enea, accettando l'ospitalità
provoca le tempeste. L'egida di Roma, ricco di templi e offertagli da Evandro nella
era lo scudo di Giove, co- di edifici sontuosi, antica- sua povera casa, dimostre-
struito con la pelle della ca- mente era una valle paludosa rà di saper superare la pro-
pra Amaltea, che lo aveva fra il Palatino, il Viminale, pria natura umana e di sa-
allattato sul monte Ida. il Quirinale e il Campido- persi elevare all'altezza de-
415-4I8. E guarda laggiù, glio, in cui pascolavano gli gli dèi.
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290 Canto ottavo
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Canto ottavo
come una striscia di fuoco scoppiata da un tuono im- 460. vinto dall'amore eter-
[provviso no: conquistato dall'amore
lingueggia tra le nuvole scintillando di luce. che vince sempre.
463-466. avrei potuto ar-
Se ne accorse la Dea conscia d'essere bella, mare, ecc.: Vulcano ha com-
460 e vinto dall'amore eterno Vulcano le disse: preso che Venere va cercan-
«Perché la prendi cosi alla lontana? Dov'è do motivi per giustificare la
la tua fiducia? Se tu me lo avessi chiesto sua richiesta e le dice allora
avrei potuto armare i Troiani anche allora, che, se glielo avesse chie-
sto, gli sarebbe stato lecito
sotto le mura di Troia: poiché né Giove né i Fati di armare i Troiani anche
465 proibivano che la città resistesse ancora dieci anni, quando difendevano la loro
che Priamo sopravvivesse per altri dieci anni. città e, poiché il Destino
Adesso se prepari guerra, se è questo che vuoi non aveva precisato né il
giorno, né l'ora in cui Troia
non supplicare piu: ti prometto il massimo impegno
avrebbe dovuto cadere, Pria-
nella mia arte, quello che si può fare di meglio mo e Troia avrebbero potu-
HO col ferro e col liquido dettro, la forza dd fuoco e dei to resistere ancora per dieci
[mantici ». anni.
Spasimando di voglia si abbandonò all'amplesso 470. liquido elettro: col
limpido, terso elettro. « E-
e in braccio alla bianca consorte lasciò che un placido lettro » è una lega di metalli
[sonno nobili, specialmente oro (tre
gli serpeggiasse lieve per tutte le membra. parti) e argento (una parte),
Ma dopo il primo sonno, trascorsa la metà usata dagli antichi; « liqui-
do » non è esornativo, ma
415 appena della notte: nell'ora in cui la vedova
caratteristica particolare del
costretta da un duro destino a guadagnarsi la vita metallo.
con lavori da poco, la filatura e il ricamo, 478-479. aggiungendo ... la-
ridesta dalla cenere il fuoco, aggiungendo la notte voro: aggiungendo al lavoro
al quotidiano lavoro, ed impegna le ancelle giornaliero parte della notte.
483. a quell'ora: intendi:
480 a una lunga fatica al lume delle lampade in quella stessa ora, nello
per conservare casto il letto coniugale stesso tempo in cui si leva
e riuscire a allevare i figli ancora piccoli: la vedova, cioè subito dopo
a quell'ora Vulcano padrone del fuoco si sveglia, il primo sonno ...
saltando giu dai soffici materassi per correre 490-491. bruciate dalle fu-
cine dei Ciclopi: affocate, ar-
485 ai suoi lavori di fabbro. C'è un'isola sul fianco se od anche corrose dalle fu-
della Sicilia, vicino a Lipari, nelle Eolie, cine dei Ciclopi. Secondo
che è sede di Vulcano e si chiama Vulcano. Omero, i Ciclopi erano un
È un'isola coronata di rupi alte e fumanti popolo di pastori giganti,
ed è scavata sotto da profonde caverne rozzi e forti, con un solo oc-
chio in fronte; secondo un'al-
490 simili a quelle dell'Etna: bruciate dalle fucine tra versione non erano un
dei Ciclopi, assordate dai rimbombanti colpi popolo, ma tre soltanto:
Bronte, Sterope e Piracmo-
ne, che al servizio di Vulca-
L'immagine esprime anche tal caso è rivolta al valore no fabbricavano i fulmini a
qui la profonda e delicata infinito ch'egli attribuisce Giove. Per Virgilio sono più
sensibilità di Virgilio che in alla maternità. di tre.
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292 Canto ottavo
493· le masse di metallo dei magli sulle incudini che echeggiano lontano.
dei Càlibi: le masse del fer- mentre stridon le masse di metallo dei Càlibi
ro che doveva essere doma-
to dai martelli dei Ciclopi. e il fuoco nelle fornaci anela. Scese qui
I Càlibi erano un popolo 495 dall'alto cielo Vulcano. Nella grande caverna
dell'Asia Minore, sulla co- i Ciclopi: Sterope e Bronte e Piracmone,
sta del Mar Nero, che lavo- nudo le membra immani, lavoravano il ferro.
ravano il ferro (il loro no-
me deriva da « chalybes », Le loro mani forgiavano un fulmine, levigato
che significa acciaio) e « me- già in parte, uno di quelli che Giove in quantità
tallo dei Càlibi » significa soo scaglia da tutto il cielo sulla terra. Congiunto
semplicemente « ferro ». avevano tre raggi di pioggia, tre di grandine,
496-497. Sterope e Bronte tre di splendente fuoco e tre di vento alato:
e Piracmone: sono i tre Ci-
clopi di Vulcano: Sterope, vi aggiungevano adesso terrificanti bagliori,
lampo; Bronte, tuono; Pi- gran fragore, spavento, l'ira con le sue fiamme.
racmone, fuoco e incudine, sos Altri attendevano al carro di Marte e alle ruote veloci
quindi incudine infuocata. I
loro nomi indicano perciò le con le quali il Dio scuote gli uomini e le città,
attribuzioni proprie a cia- altri ancora adornavano con squame di serpenti
~cuno di essi. Piracmone, che e oro l'egida orrenda, arma dell'infuriata
era costantemente vicino al Pallade, col suo groppo di serpi, e la Gorgone stessa
fuoco, veniva rappresentato
nudo. SIO che straluna gli sguardi, da sopra il collo troncato,
,:soo-,:so4. Congiunto aveva- sul petto della Dea. « Lasciate tutto - disse
no, ecc.: in questi versi il Vulcano - sospendete il lavoro iniziato,
poeta prima enumera gli ele- o Ciclopi dell'Etna, e statemi a sentire:
menti che compongono il
fulmine, cioè ogni fulmine bisogna fabbricare le armi a un valoroso,
è formato da tre raggi di S!S e ci vuoi tutta la vostra forza e le mani veloci
pioggia, tre di grandine, tre e il magistero dell'arte. Su, via, fate in fretta! »
di fuoco, tre di vento; poi Non disse altro e bastò. I Ciclopi si misero
passa a descrivere la parte
del fulmine ancora in lavo- all'opera, dividendosi equamente il lavoro.
razione: i lampi terrificanti L'oro e il bronzo ruscellano a fiotti, il micidiale
(terrificanti bagliori), il pau-
roso rimbombo del tuono ra·affaccendati intorno all'e- lorlca se protegge il petto di
(gran fragore, spavento), l'ira gida della crucciata Pallade. un uomo. - Ciclopi del-
di Giove con le fiamme che Pallade o Minerva, oltre che l'Etna: ora sono nell'officina
ad essa tengon dietro. Nel- dea della sapienza e dei la- di Vulcano, ma provengono
l'insieme il poeta ci dà qui vori donneschi, era anche dea dall'Etna. - bisogna fabbri-
una plastica rappresentazio- della guerra. L'egida, che care, ecc.: nota come Vulca-
ne dei fenomeni naturali che propriamente è lo scudo di no con poche parole ordini
precedono e seguono il ful- Giove, qui è la corazza d'oro ai Ciclopi la costruzione
mine: la pioggia, la grandi- di Pallade, che la dea porta delle armi di Enea, e con-
ne, il vento, il lampo la fol- sul petto con nel centro raf- tinuando con lo stesso tono
gore, il tuono, tutti attributi figurato il capo della Gor- di comando spieghi rapida-
della potenza di Giove. gone, che invece di capelli mente che nel costruirle de-
505-516. Altri attendeva- aveva serpenti e due occhi vono impiegare forza, agili-
no, ecc.: in altra parte del- stralunati, essendole stata ta- tà delle mani e ogni astuzia
l'officina altri Ciclopi erano gliata la testa. Ricorda che dell'arte: sono armi che ser-
intenti alla preparazione del la corazza si chiama egida se vono ad un uomo forte e
carro di Marte ed altri anco- difende il petto di un nume, valoroso.
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Canto ottavo 2 93
520 acctato si fa liquido nella vasta fornace. gli darà il figlio Fallante e
Foggiano un immenso scudo, che basti da solo una schiera di Arcadi. Men-
tre Enea medita con Acate la
a respingere tutti i dardi dei Latini, proposta di Evandro, appare
saldano sette piastre circolari d'acciaio. improvviso nel cielo sereno
Alcuni soffiano aria dai mantici ventosi, un lampo e si ode lo squillo
525 altri temprano in acqua gelida il bronzo stridente. di una tromba e un fragore
di armi. Tutti sono stupiti e
La caverna risuona di colpi, sulle incudini turbati, ma Enea li rassicu-
martellate. I Ciclopi alzano simultaneamente ra: è un segno di Venere,
le braccia con gran forza, le calano in cadenza che ha promesso aiuto al
figlio.
e con tenaci tenaglie rivoltano il massello.
530. nelle Eolie: l'isola di
Vulcano fa parte delle Eolie.
531-533. la luce e canti
Evandro dà a Enea consigli e aiuti mattutini, ecc.: Virgilio ri-
prende qui l'immagine di
530 Mentre il padre Vulcano nelle Eolie s'affretta Evandro, re campagnolo e
all'opera, la luce e canti mattutini povero, ch'egli ha tracciato
mirabilmente e con simpa-
di uccelli sotto il tetto risvegliano il re Evandro tia particolare fin dall'inizio.
e lo spingono a uscire dalla sua povera casa. Cosl dalla scena fervida di
Il vecchio s'alza indossando la tunica e allacciando lavoro che si svolge nell'of-
alle piante dei piedi i sandali etruschi; ficina rumorosa e affumicata
535
dei Ciclopi il poeta passa vo-
poi si lega alle spalle ed al fianco una spada lentieri alla pace serena del
portata da Tegea, gettando sulla schiena paesaggio bucolico.
una pelle macchiata di pantera. Due cani 535· sandali etruschi: era-
da guardia lo precedono dall'alta soglia e seguono no formati di una suola di
legno o di cuoio, cui erano
540 i passi del padrone. L'eroe si recava attaccati dei legacci, che,
alle stanze appartate dell'ospite Enea avvolti graziosamente al col·
ripensando ai discorsi tenuti e all'aiuto promesso. lo del piede, li assicuravano
al piede stesso.
52 3. saldano sette piastre, EVANDRO DÀ A ENEA CON- 536-537. poi si lega alle
ecc.: intendi: costruiscono SIGLI E AIUTI (530-608). - spalle, ecc.: Evandro non
sette piastre circolari di Evandro ed Enea, ambedue cinge la spada ai fianchi, ma
grandezza diversa e poi le molto mattinieri, s'incontra- la sospende ad una correggia
saldano una sull'altra cosl no per riprendere il collo- che dalla spalla destra scen-
da formare sette giri in set· quio del giorno precedente. de al fianco sinistro. Era la
te piani, in cui la piastra in- E il vecchio re fa presente al vecchia spada ch'egli si era
feriore è sempre più ampia suo ospite ch'egli è ben lie- portato da Tegea, città del-
della sovrastante. to di accettare l'alleanza, ma l'Arcadia.
524-529. Alcuni soffiano, che il suo aiuto è molto mo- 538-539. Due cani da guar-
ecc. : il sibilo del vento dei desto. E gli consiglia perciò dia, ecc.: è un altro partico-
grandi mantici, il bronzo che di allearsi con gli Etruschi, lare che completa il quadro
sfrigola a contatto dell'ac- i quali attendono un condot- commovente della regalità
qua, i rintocchi del metallo tiero straniero per far guer- patriarcale di Evandro, pa-
battuto sulle incudini sono ra a Turno che ha ospitato store, contadino e re di
rumori che formano tutti in- Mesenzio, il tiranno da essi contadini e di pastori. È
sieme nella fucina dei Ciclo- scacciato per la sua crudeltà. la grande anima di Virgilio
pi una sinfonia grandiosa. Evandro, come suo alleato, che sente pulsare la vi t a
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294 Canto ottavo
della grande Roma del suo Non meno mattiniero Enea già veniva da lui
tempo nella semplicità cam- accompagnato da Acate. Fallante era insieme ad Evan-
pestre e nella saggezza di
un piccolo popolo. 545 Incontratisi, dopo una stretta di mano [dro.
548-549. vivendo il quale siedono in un cortile interno e alfine parlano
dirò, ecc.: morto Ettore, liberamente. Evandro dice per primo: «Grande
Enea è diventato il capo ri- condottiero dei Teucri, vivendo il quale dirò
conosciuto dei Troiani su-
perstiti; perciò ad Enea sono sempre vive le sorti ed il regno di Troia,
legate le sorti future di 550 per aiutarti in guerra abbiamo forze modeste
Troia. « Vivendo il quale » rispetto alla tua fama: da una parte ci chiude
traduce bene il « quo so- il fiume etrusco, dall'altra i Rutuli ci premono
spite » del testo latino, che
E. V. Marmorale giudica es- e intorno alle nostre mura risuonano le armi.
sere una delle espressioni Ma mi preparo a darti per alleati grandi
più felici di Virgilio. 555 popoli, ricche armate d'un gran regno, salvezza
550. per aiutarli... forze che un caso inopinato ci presenta: tu qui
modeste: Evandro ha saputo
dei preparativi di guerra dei arrivi certamente col favore dei Fati.
Latini e degli altri popoli Non lontano, fondata sopra un antico sasso,
del Lazio; conosce le proprie c'è la città di Cere, dove un tempo arrivò
forze, e anche se unite a 560 dalla Lidia una gente famosa in guerra e occupò
quelle dei Troiani le giudica
troppo modeste · per una le colline d'Etruria. Fiori per molti anni,
guerra di proporzioni così finché con feroce dominio e con armi spietate
vaste. non la tiranneggiò Mesenzio. Perché ricordare
552. il fiume etrusco: il
Tevere, detto etrusco non le stragi inenarrabili, gli efferati delitti
solo perché nasce e scorre 565 del tiranno? Egual sorte riservino gli Dei
nell'Etruria, ma anche per- a lui e alla sua stirpe! Pensa, arrivava a legare
ché il territorio della spon- i vivi coi cadaveri, le mani sulle mani,
da destra, di fronte a Pal-
lanteo, era tutto abitato da
Etruschi. della confederazione (l'Etru- abitanti hanno cacciato il ti-
55 3. e intorno alle nostre ria si divideva in dodici lu- ranno Mesenzio (VII, 742
mura, ecc.: l'espressione non cumonie - specie di città- sgg.), il quale si è rifugiato
vuoi dire che Pallanteo fos- stato - riunite in un'unica presso Turno; ed essi ora
se assediata, ma che le terre confederazione); e attribui- vogliono punire il re dei
abitate dai Rutuli e dai La- sce la fortunata coincidenza Rutuli muovendogli guerra.
tini erano così vicine che alla volontà dei Fati. Poco - la città di Cere: ora Cer-
dalle mura di Pallanteo si dopo (v. 588), infatti, ricor- vèteri, trovasi ad una tren-
poteva sentire il rumore derà che un aruspice aveva tina di chilometri a nord-
delle loro armi. ammonito gli Etruschi di ovest della città di Evandro,
554-557· Ma mi preparo a scegliersi per questa guerra e come tutte le città etrusche
darti, ecc.: allude alla guer- un capo straniero. è costruita sulla sommità di
ra, cui gli Etruschi si pre- 558-578. Non lontano, fon- un colle, in forma di fortez-
parano, contro i Latini e i data, ecc.: dopo l'accenno za circondata da mura ciclo-
Rutuli, mettendo insieme in alla guerra che gli Etruschi piche. Anticamente si cre-
un luogo non lontano dal stanno preparando, il vec- deva che gli Etruschi fosse-
Lazio un grosso esercito chio re indica il luogo in cui ro venuti in Italia dalla Li-
(ricche armate), con il con- i soldati sono radunati e ne dia, regione dell'Asia Mi-
tributo di soldati inviati da spiega il motivo, dicendo che nore. - i vivi coi cadaveri,
ognuna delle dodici città nella vicina città di Cere gli ecc.: di tutti i delitti di
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Canto ottat•o 295
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296 Canto ottavo
re per il suo giovane figlio. consolazione, mia sola speranza, che sotto di te
603-605. s'abitui a soppor- s'abitui a sopportare la milizia e le gravi
tare, ecc.: Evandro ha mol-
ta fiducia in Enea, e gli af- fatiche di Marte, s'abitui a vedere il tuo esempio
fida, come ad un padre e 60S e le tue gesta e ti ammiri sin dai primi suoi anni.
ad un maestro, il suo unico Io gli darò duecento Arcadi scelti, a cavallo,
figlio. La stima e la simpa- fiore di giovenru, Pallante ne darà
tia che il vecchio re ha di-
mostrato verso l'eroe troia- a te altrettanti come suo proprio contributo ».
no fin dal loro primo incon-
tro, sono andate crescendo
sempre più, ed ora egli si- Partenza di Enea con Fallante e pianto di Evandro
gilla il patto d'alleanza po-
nendo tra sé ed Enea, come C..osf Evandro parlò, Enea e il fido Acate
pegno d'amicizia, il proprio 610 tenevano lo sguardo a terra, preoccupati
figlio.
6o7-6o8. Pallante ne da- da molti gravi pensieri e non dicevano nulla.
rà, ecc.: Evandro e per l'età Ma Venere diede un segno nel cielo senza nubi.
e per l'affetto aveva già as- Un improvviso lampo con fragore di tuono
sociato Pallante nelle respon- venne dal cielo, subito sembrò che tutto crollasse
sabilità del piccolo regno; e
gli aveva anche concesso di 61S e che uno squillo di tromba etrusca muggisse nell'aria.
possedere un piccolo eserci- Guardano in alto, ed ancora risuona l'immenso fragore:
to. Ora, con velata compia- una nuvola d'armi balena nel cielo sereno,
cenza lo comunica indiretta- rintronano cozzando. Stupirono tutti, ma Enea
mente ad Enea.
riconobbe l'augurio della madre divina.
PARTENZA DI ENEA CON
P AtLANTE E PIANTO DI EVAN- la dimostrazione d'amicizia tino « multa dura » (molte
DRO (6o9-68z). - Compiuti i e di ~tima superiore alla stes- dolorose cose), assai sempli-
sacrifici rituali, Enea si ap- sa loro attesa; li rende pen- ce, ma densa di significato,
presta a partire. Sceglie i sosi il significato dell'oraco- poiché con la sua impreci-
compagni che lo seguiranno lo che impone agli Etruschi sione crea un'atmosfera d'in-
in Etruria e rimanda al cam- un duce straniero e forse li finito stupore, che nessuna
po gli altri. La notizia della preoccupa la responsabilità sfumatura indicante preoccu-
guerra si diffonde nella pic- del giovane Pallante, affi- pazione può rendere.
cola città arcade; le madri dato dal padre con tanta 617-629. una nuvola d'ar-
piangono e pregano; Evan- fiducia all'eroe troiano. mi balena: dopo il lampo,
dro, salutato Enea, abbraccia 612-619. Ma Venere diede il tuono e il suono della
il figlio, oppresso da un tri- un segno, ecc.: a togliere tromba, e<:co nel cielo sere-
ste presagio; e per l'angoscia Enea ed Acate dai loro pen- no una nube che fa da sfon-
sviene. I servi lo portano in sieri interviene Venere con do ad un cumulo d'armi scin-
casa. Le schiere degli armati un lampo fragoroso a cielo tillanti e rumorose. L'appa-
partono, e il più bello è il sereno, simbolo di assenso rire di armi nel cielo è un
giovinetto Pallante. divino. All'improvviso sem- prodigio dei più comuni per
brò che tutto crollasse, e si gli antichi, ma qui l'imma-
61o-6u. preoccupati da udl nell'aria un suono di gine virgiliana ha qualche co-
molti, ecc.: le proposte di tromba etrusca, segno eviden- sa di vago, di irreale che dà
Evandro, fatte con tanta te che Enea doveva recarsi all'insieme della rappresen-
espansione, commuovono e per volere degli dèi nell'ac- tazione il senso di qualche
nello stesso tempo preoccu- campamento etrusco. « Mol- cosa d'infinito e d'inelutta-
pano Enea e l'indivisibile ti gravi pensieri » traduco- bile; perciò Enea, mentre
amico Acate: li commuove no l'espressione del testo la- gli · altri rimangono stupiti,
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Canto ottavo 297
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298 Canto ottavo
sembrava di vedere i loro 650 Allora il padre Evandro stringendo la mano del figlio
figli già combattere. che se ne va, lo serra piangendo contro il petto
654. sotto le mura di Pre-
neste: all'assedio di Prene- senza saziarsi di lagrime e gli dice: « Se Giove
ste (ora Palestrina). mi restituisse gli anni trascorsi, mi facesse
6;;6-657. diedi fuoco ... di qual'ero quando sotto le mura di Preneste
scudi: l'uso romano di bru- 655 la prima .schiera nemica abbattei e vittorioso
ciare in onore di Vulcano
gli scudi tolti ai nemici ebbe diedi fuoco in onore degli Dei a grandi mucchi
iniao con Tarquinio Prisco; di scudi! Allora spedii con le mie mani all'Inferno
Virgilio invece lo attribuisce il re Erulo a cui (orrendo a dirsi) la madre
anche al tempo di Evandro. Feronia aveva dato nel nascere tre anime:
658-66 3. il re Erulo : gli
antichi commentatori non 660 bisognava assalirlo con tre armi, tre volte
dicono nulla di que~to re, e stenderlo nella morte. Ed allora tre volte
si pen~a quindi che il nome gli strapparono l'anima queste mie mani, tre volte
sia invenzione di Virgilio. lo spogliai delle armi. Se fossi quello d'allora,
La figura di questo re appare
una reincarnazione di Gerio- figlio mio, in nessun modo mi staccherei dall'abbraccio
ne, ucciso da Brcole, con la 665 tuo dolce, e mai Mesenzio, insultandomi, avrebbe
differenza che invece di tre causato con le armi tante morti crudeli,
corpi aveva tre anime, quin- vedovando la patria di tanti cittadini!
di tre vite; ed Evandro, per-
ché morisse, dovette ucci- Ma voi, Celesti, e tu Giove, massimo re degli Dei,
derlo tre volte. - La madre abbiate pietà, vi prego, di questo arcade re,
Feronia: divinità e ninfa ita- 670 accogliete i voti d'un padre. Se il vostro volere
lica del Lazio nuovo (la
parte della Campania ag- e i Fati mi conservano incolume Fallante,
gregata al Lazio). - queste se vivo per rivederlo e riunirmi con lui,
mie mani: già nel verso 656 vi chiedo ancora vita e accetto qualunque travaglio.
il vecchio re aveva indicato Ma se tu Fortuna minacci qualche sciagura indicibile,
espressamente le sue mani
un tempo vigorose, ora tre- 67~ mi sia accordato subito, oh subito, di spezzare
manti; ed ora ripete il ge- questa vita crudele: subito, finché incerta
sto che potrebbe sembrare è la speranza, incerti i timori, finché
un atto ingenuo di superbia,
ed è invece la commovente io ti tengo abbracciato, caro figlio, mia sola
costatazione di una realtà.
665-667. e mai Mesenzio, lontà di intromettersi negli ecc.: intendi: se gli ùèi han-
ecc.: sono versi, questi, d'in- affari interni di un altro no deciso che mio figlio non
terpretazione incerta. Tutti i stato, sembra alquanto im- ritorni, vorrei che questa mia
commentatori antichi e mo- propria e arbitraria, mentre vita finisse in questo mo-
derni interpretano il passo giudicano che sia più con- mento, quando il mio cuore
dicendo che Evandro senti sono al personaggio e all'in- oscilla ancora tra la speran-
le efferate prodezze di Me- sieme dei fatti l'interpretare za e il timore. Non saprei
senzio come un insulto alla il passo dicendo che Mesen- sopportare una notizia fu-
sua persona e al suo regno; zio, rifugiatosi presso Tur- nesta. « Il discorso di Evan-
e con tale interpretazione no, con il quale Evandro era dro è di un'accorata, infini-
onorano indubbiamente l'al- costantemente in guerra, ab- ta bellezza, e una delle cose
to senso morale del vecchio bia assalito più volte con più alte della poesia di tutti
re. Ma qualche critico più scorrerie il Pallanteo ucci- i tempi. Il sentimento del
recente ha osservato che l' at- dendo molti cittadini. poeta vi si adagia e si espri-
tribuire ad Evandro la vo- 676. subito, finché incerta, me con assoluta perfezione
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Canto ottavo 299
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JOO Canto ottavo
nio, oggi Mignone, che sa- lo cilcondano. Si dice che gli antichi Pdasgi,
rà nominato nel canto X,
v. 233· i quali occuparono un tempo per primi le terre latine,
701. Pelasgi: popolo an- avessero consacrato con una festa annuale
tichissimo, che dall'Oriente quella foresta a S~ano, Dio del bestiame e dei campi.
si sarebbe diffuso, secondo
Omero, in Tessaglia, secon- 70S Non lontano da li Tarconte e i suoi Tirreni
do autori posteriori in tutta si accampavano in forte posizione: dal colle
la Grecia e secondo altri an- si poteva vedere l'insieme dell'esercito
che in Italia. Ora si pensa che si attendava in un vasto settore di campagna.
che i Pelasgi abitassero l'in-
tera Europa prima dell'arri- Il padre Enea e la sua scelta giovenru si dirigono
vo degli indoeuropei. 710 nd bosco per riposarsi e far riposare i cavalli.
704. Silvano: dio delle sel- Intanto Venere, splendida, discese tra le nuvole
ve, dei boschi, delle campa- recando le armi stupende: appena vide il figlio
gne e in seguito, quando fu
confuso con Fauno, anche nella vallata solitaria presso il gelido fiume
del bestiame. gli si mostrò e gli disse: « O figlio, eccoti i doni
70::;. T arconte e i suoi Tir- 71S promessi, perfetta opera dell'arte di Vulcano,
reni: a Tarconte, re degli non esitare piu a assalire in battaglia
Etruschi (Tirreni), è attri-
buita la fondazione di Tar- i Laurentini superbi e il bellicoso Turno! »
quinia e di altre città, e Quindi la Dea abbracciato il figlio depose le armi
quindi anche di Cere, più raggianti contro il piede d'una quercia vicina.
anticamente chiamata Agilla. 720 Enea, lieto dei doni e dell'onore grande,
711. discese tra le nuvo-
le: non sono nubi, ma l'au- non può saziame lo sguardo e gira gli occhi qua e là
reola di sottile e impalpa- ammirando ogni singolo pezzo: volta e rivolta
bile nebbia rilucente, in cui tra le mani il grande dmo dalla criniera terribile
gli antichi immaginavano che ·che sembra sprizzare fiamme, la spada fatale
apparisse la divinità.
717. i Laurentini superbi:
72S e la corazza rigida di bronzo, balenante
i Latini che si erano ribel- di splendori rossicci, come quando una nube
lati al proprio re, pur di s'infiamma ai raggi del sole e risplende lontano;
muovere guerra ad Enea e accarezza i lisci schinieri d'oro e dettro forgiato,
ai suoi Troiani.
724. la spada fatale: la la lancia e lo scudo istoriato di scene inenarrabili.
spada, che è causa di morte.
In latino « fatum », il fato, Lo scudo di Enea
ha spesso lo stesso signifi-
cato di « letum », la morte. istoriato con episodi della storia di Roma
728. i lisci schinieri, ecc.:
specie di gambali destinati no Vulcano, non ignaro dei vaticini e conscio
a coprire la parte anteriore
della gamba, dal ginocchio
al piede, ed et·ano di metallo ce divino ha scolpito con ar- episodi eroici di Orazio Co-
prezioso; qui d'oro e di elet- te insuperabi!e sullo scudo clite e di Clelia; i Galli che
tro, che è una lega di tre di Enea i fatti più salienti assaltano il Campidoglio; le
parti d'oro e una d'argento. della storia di Roma: la lupa danze dei Salii e la proces-
che allatta Romolo e Remo; sione dei Luperci e dei Fla-
Lo SCUDO DI ENEA CON il ratto delle Sabine; il sup- mini; Catilina fJel T artaro e
EFFIGIATA LA STORIA DI plizio di Mezio Fu/ezio; l'as- Catone nei Campi Elisi. Que-
RoMA (73o-8::;o). - L'artefi- sedio di Porsenna con gli ste figurazioni sono disposte
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Canto ottavo 301
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302 Canto ottavo
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Canto ottavo 303
ndle mani d'ognuno due giavellotti alpini terraneo in cui sono puniti
sprizzano lampi, scudi lunghi proteggono i corpi. i malvagi; ed ecco allora in
questo settimo riquadro effi-
Piu in là Vulcano aveva scolpito le danze dei Sali, giato Catilina sotto un enor-
i nudi Luperci, i pennacchi di lana, gli scudi caduti me masso, con l'incubo di
775 dal cido; le caste matrone guidavano per la città vederselo cadere addosso, e
su cocchi di gala le immagini divine. tormentato per di più dal
terrore delle Furie che lo
E c'era il Tartaro triste, la reggia profonda di Dite, perseguitano come matricida.
i supplizi e le pene, e tu Catilina sospeso Catilina è scelto a simbolo
a un minaccioso sasso, atterrito dalle Furie; degli scellerati, perché osò
a parte c'erano i giusti ai quali Catone dà leggi. prendere le armi contro la
780 patria per distruggerla. Na-
In mezzo allo scudo, nel centro di tutte queste visioni, turalmente Virgilio vede Ca-
lungamente si distendeva l'immagine tutta d'oro tilina con l'occhio di Cice-
rone, ma la sua figura di
scellerato e di ribelle pa-
levano portare collane intor- che essi favorissero la ma- tricida è stata dalla critica
no al collo, che Virgilio di- ternità. - i pennacchi di più recente ridimensionata in
ce "bianco"; ed infatti anche lana: nello stesso riquadro quella di vittima sfortuna-
Tito Livio pone in . eviden- erano effigiati anche i flamini ta, sotto alcuni aspetti, della
za l.1 bianchezza della carna- di Giove, Marte e Quirino, politica dominante. - ai qua-
gione dei Galli (1. XXXVII, i quali portavano berretti li Catone, ecc.: evidentemen-
21, 9). - giavellotti alpini: conici guarniti di un fiocco temente qui è Catone Mino-
aste pesanti usate dalle po- di lana. - gli scudi caduti re, detto l'Uticense, ricorda-
polazioni alpine; e i Galli dal cielo: insieme con i col- to dalla storia per la sua i n-
abitavano anche le Alpi. - legi sacerdotali era effigiata tegrità morale, l'amor di pa-
scudi lunghi: gli scudi dei nello stesso riquadro anche tria, l'ossequio alle leggi e
Galli erano rettangolari e la leggenda della caduta dal il rispetto delle virtù ci vili.
lunghi quanto 1.! persona, ma cielo, al tempo di Numa Per amore della libertà, che
stretti. Pompilio, dello scudo di vedeva calpestata da Cesare
773-776. le danze dei Sa- Marte, alla cui conservazio- dittatore, si uccise; e Dante
lii, ecc.: nel sesto riquadro ne, secondo gli oracoli, era fece di lui il custode del
interamente riservato alla re- legata la futura grandezza Purgatorio.
ligione, erano effigiati i Salii, di Roma. Il re, perché non 781-797· In mezzo allo
sacerdoti di Marte, la cui fosse rubato, ne fece allora scudo, ecc.: di qui ha ini-
istituzione si faceva risalire costruire altri undici uguali zio la descrizione delle figu-
a Numa Pompilio, e i Lu- e isti tul il sacerdozio dei razioni della parte centrale
perci, sacerdoti di Fauno Lu- Salii, cui li diede in custo- dello scudo, tutte dedicate
perco, ai quali era affidata dia in un santuario del Pala- all'esaltazione di Augusto.
tino. I Salii li portavano nel La prima è la battaglia d'A-
la celebrazione dei « Luper-
mese di marzo in processio- zio, combattuta nel 3 r a. C.
calia ». Durante questa fe- ne per la città cantando e tra la flotta di Ottaviano e
sta, che si celebrava il J 5 danzando. - le caste matro- quella di Antonio e Cleopa-
febbraio, i sacerdoti Luper- ne, ecc.: nel riquadro dedi- tra. La descrizione è "molto
ci, sacrificati dei capri a Fau- cato alla religione erano vi- bella, e Torquato Tasso, tra-
no, correvano per la città nu- sibili anche le matrone che, ducendola liberamente dal
di con una pelle ai fianchi su cocchi lussuosi, portava- testo latino, la finse scolpi-
e, con strisce ricavate dalle no per la città gli arredi sa- ta sulle porte del palazzo
pelli dei capri immolati, per- cri e le immagini degli dèi. d'Armida (Ger. Lib., XVI,
cuotevano la gente, special- 777-780. E c'era il Tarta- 4-71 ). -l'immagine tutta d'o-
mente le donne, che si offri- ro, ecc.: il Tartaro è di. so- ro, ecc.: tutto lo spazio del
vano ai loro colpi credendo lito il luogo del regno sot- quadretto è occupato dal ma-
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304 Canto ottavo
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Canto ottavo
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306 Canto ottavo
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Cali!o olt<~I'O 307
corso dell'Eufrate, e aìlude i Daghi indomati, l'Arasse che non tollera ponti:
ai Parti, che dopo av•·.r re-
stituito ad Ottaviano le in- Estatico Enea ammira le visioni istoriate
segne tolte a Crasso, si era- sullo scudo divino, regalo di sua madre:
no riconosciuti in pace con non ne conosce il senso ma esulta delle immagini
i Romani; « i Morini », ahi, sso prendendo in spalla gloria e Fati dei nipoti.
tanti delle coste della Gallia
Belgica, nella regione che og-
gi corrisponde alle Fiandre,
e il poeta li definisce « i 849. esulta delle immagi- diverso è invece E. V. Mar·
più lontani degli uomini, ni: non certo per la bellez- morale, il quale, pur con-
perché occupavano l'estremi- za delle figurazioni scolpite, sentendo che si nota in tutto
tà più settentrionale della ma perché rappresentavano il verso un «senso un po'
Gallia »; « il Reno bicorne » gesta gloriose e trionfi, ed mistico e nello stesso tem-
(anche qui il nome del fiume Enea ne trae un buon au- po prezioso e indefinito ... di
in luogo di quello del popo- spicio per le prove difficili sapore callimacheo e in ge-
lo) è il fiume che divideva i che l'attendono. nere della poesia alessandri-
Galli dai Germani, ed è 850. prendendo in spalla, na», aggiunge che appunto
detto bicorne perché nell'ul- ecc.: caricandosi sulle spalle per questo il verso si trova
timo tratto si divideva in i destini gloriosi dei nipoti.
due rami: il Reno e il Waal; Il testo latino è « attollens al suo posto, « giacché Vir-
«i Daghi », popolo scitico umero », che significa « sol- gilio nell'immagine poetica
che abitava le coste sud- levando per caricarsene sul- tenta appunto di fondere
orientali del Mar Caspio e l'omero »; infatti lo scudo storia e leggenda con un pro-
confinava con i Parti; «l'A- imbracciato doveva poggia- cedimento sconosciuto alla
rasse » (fiume vorticoso del- re naturalmente sull'omero. poesia classica greca e a
l'Armenia, sul quale i ponti L'immagine di Enea che si quella tradizionale latina,
non resistevano a lungo a carica sull'omero con lo scu- anche se noi non possiamo
causa delle sue piene), il do la gloria e i Fati di Roma esimerci dal vedere nell'im-
cui nome, come precedente- fu giudicata dagli antichi magine di Enea che si cari-
mente l'Eufrate e il Reno, inutile e sconveniente con- ca della gloria dei suoi di-
sostituisce quello del popo- clusione della suggestiva e scendenti effigiati sullo scu-
lo che abitava la regione da grandiosa evocazione che do una punta di concetto-
esso attraversata. l'ha preceduta. Di parere sità e di barocchismo».
Commento critico
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30 g Canto ottavo
che l'avevano sorretto durante il lungo viaggio. Perciò, se tutto il Lazio risuona
intorno a lui e ai suoi compagni del fragore sinistro delle armi, il conforto e i consigli
del dio Tiberino, l'avverarsi del vaticinio di Eléno e l'accoglienza amichevole di
Evandro fanno rinascere nell'animo suo la fiducia di essere giunto veramente nella
nuova patria destinatagli dal Fato.
Ma il punto centrale del canto è Evandro, il vecchio e saggio re di Pallanteo, che
riconosce in Enea il figlio di Anchise, ch'egli aveva ammirato in Arcadia, quando era
giovanetto; che promette all'eroe troiano alleanza ed aiuti e lo invita nella sua mode-
stissima casa; che consiglia, guida e incoraggia con affetto paterno l'ospite alleato
nella difficile prova che dovrà affrontare. Tutto è suggestivo nella descrizione dell'in-
contro tra il figlio di Anchise e il vecchio re arcade; ma ancor più suggestiva è forse
la visione dei luoghi, ove un giorno sarebbe sorta Roma: luoghi semplici e selvaggi,
ma animati già dallo spirito divino che farà di Roma, insieme con la virtù degli
uomini, la splendida città dal poeta ammirata e amata.
Ma questo bellissimo canto, tutto pieno del mistero di Roma, ha spunti di alta
poesia anche in altri motivi appartenenti alla profonda spiritualità di Virgilio poeta
e uomo: l'amore per la natura schietta e austera, per ciò che è semplice, limpido e
sincero, cosl da vedere la virtù nella povertà e fare di Evandro, re e padre, il perso-
naggio spiritualmente e moralmente più elevato dell'intero poema; come re, quando,
raggiunta la reggia, invita Enea ad entrare dicendogli: «Ercole vittorioso ... varcò
questa soglia, fu accolto da questa piccola reggia. Ed ora anche tu, ospite, abbi a tua
volta il coraggio di disprezzare le ricchezze, rendendoti degno di tanto Nume; acco-
stati benevolo alla mia povera vita! »; come padre, quando accomiatandosi dall'unico
figlio, che parte per la guerra, con parole toccanti, cade svenuto quasi fosse presago
della sventura.
L'ideale di un vivere semplice e virilmente probo collima quindi perfettamente,
nel pensiero e nella realtà del re Evandro e del poeta, con il compimento dei doveri
verso la patria e la società. La raffigurazione della grandezza· di Roma e delle sue
glorie, che culminano con il trionfo di Ottaviano, che ha dato al mondo il bene della
pace, concorda con la severa e serena povertà di Evandro. Lo spirito .stesso con il
quale Virgilio anima prima i luoghi che Evandro indica ad Enea, mentre camminano
insieme verso la città di Pallanteo, e subito dopo le figurazioni della storia di Roma
scolpite da Vulcano sullo scudo del figlio di Venere non è orgoglio, m.t senso morale,
ché « alla coscienza del poeta, prima ancora che alla fantasia, sono presenti in unità
di rapporti e di valutazione l'umiltà dei poveri princìpi e la responsabilità della
grandezza imperiale» (L. Bianchi e P. Nediani). Insomma, l'insistenza con la quale
Virgilio ha posto in risalto in questo ottavo canto, la semplicità agreste dei luoghi
e la saggia e serena povertà degli Arcadi e soprattutto del loro re, che li abitavano,
luoghi in cui era poi sorta ed aveva sviluppato la sua storia Roma dominatrice del
mondo, fa pensare che il poeta georgico e mite, pur celebrando la grandezza e la bel-
lezza della sua città, sogni il ritorno alla semplicità dei costumi antichi e a quella
moralità che era anche nel programma e nei propositi innovatori e restauratori di
Ottaviano Augusto.
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Canto ottavo 309
Galleria di ritratti
Evandro.
Un'altra figura di un vecchio re, ma questa volta pienamente riuscita. A diffe-
renza di Anchise e del Nestore omerico, Evandro non parla inutilmente, non ritorna
al passato ed alla giovinezza per proporsi come esempio di eroismo e di virtù, non
assume atteggiamenti gladiatori, e non sollecita omaggi alla propria saggezza.
È personaggio profondamente umano, re provato da tanti dolori familiari e da
tante sventure, che vive tutto nell'amore del giovane figlio Fallante.
Quando questi parte con Enea per la guerra contro Turno e Mesenzio, il suo
cuore è scosso da una specie di presentimento. Ecco allora la commossa e sentita
invocazione agli dèi nella quale la trepidazione e la speranza dettano le parole della
preghiera e sono l'unico conforto al dolore del padre che vede allontanarsi, e per
sempre, l'unico conforto della sua vita travagliata.
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3I o Canto ottavo
Raffronti di traduzione
Thybris ea {luvium, quam longa est, nocte Il Tevere abboni, per quanto è lunga
[tumentem quella notte, la sua gonfia corrente
leniit, et tacita re{luens ita substitit unda, e sl la rese tacita che, a modo
milis ut in morem stagni placidaeque paludi.r di cheto stagno e placida palude,
sterneret aequor aquis, remo ut luctamen abesset. piana si stende e senza intoppo al rt"mo.
Ergo iter inceptum celerant. Rumore secundo Dunque l'impresa via con rumor lieto
labitur uncta vadis abies: mirantur et undae, ·tengono; scorre lo spalmato abete;
miratur nemus insuetum fulge11tia longe e ammirar l'onde, ammira al foresta
scuta virum {luvio pictasque innare carinas. sorpresa !ungi lampeggiar gli scudi
Olli remigio noctemque diemque /atigant e nuotando venir le pinte prore.
et longos superant {lexus variisque tegunwr Qui sudano al remeggio e notte e giorno
arboribus viridisque secant placido aequore si/vas. e seguono le lunghe curve; sotto
(vv. 86-96) agli alberi scompaiono, solcando
per il placido pian le verdi selve.
Il Tebro quella notte, Traduzione di Giuseppe Albini
quanto fu lunga, di turbato e gonfio
ch'egli era, si rendé tranquillo queto Il Tevere per tutta quella notte
si, che senza rumoree quasi in dietro abbonacciò la tumida corrente
tornando, come stagno o rome piana e a ritroso flui con tacite acque,
palude, adeguò l'onde e tolse a' remi cosi che al pari di tranquillo stagno
ogni contesa. Accelerando adunque e di queta palude adeguò l'onde
il cammin preso, i ben unti e spalmati pe~ non opporre alcun contrasto ai remi.
lor legni se ne vanno incontro al fiume, Intrapresero quelli il !or viaggio
com'a seconda; si che l'onde stesse solleciti, con cantici festosi;
stavan meravigliose e i boschi intorno correan su l'acque gli spalmati abeti;
non soliti a veder l'armi e gli scudi, l'onde stuplan, stuplan sorpresi i boschi
e i c:hpinti navili, che da lunge dell'armi che splendevano lontano
facean novella e peregrina mostra. e del passar delle dipinte navi.
Se ne van giorno e notte remigando Quelli si a11aticarono sui remi
di tutta forza, e i seni e le rivolte la notte e il giorno; risallan le lunghe
varcan di mano in mano, or a l'aperto, curve, celati dalle piante ombrose,
or tra le macchie occulte, e via volando fendendo con la prua le verdi selve
segan l'onde e le selve. riflesse nelle lisce acque del fiume.
Traduzione di Annibal Cara Traduzione di Guido Vitali
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CANTO NONO
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CANTO NONO
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3 I4 Canto nono
dal pesante bottino fatto nel campo dei Rutuli, è raggiunto dai cavalieri nemici. Niso,
quando s'accorge di non essere seguito dal compagno, ritorna sui suoi passi e,
scorto l'amico circondato e sul punto di essere sopraffatto, scaglia, senz'essere visto,
un dardo e colpisce a morte uno dei cavalieri. Mentre i nemici cercano di scoprire
l'autore del colpo, un altro dardo scagliato da Niso uccide un secondo cavaliere.
Allora Volcente, incapace di vendicare i due caduti colpendo l'autore della loro ucci-
sione, si avventa con la spada sguainata su Eurialo. A tal vista Niso esce dal nascon-
diglio gridando: « lo! Sono io il colpevole! Volgete quelle armi contro di me: l'in-
ganno è stato mio». Ma la spada di Volcente trafigge ugualmente il petto di Eurialo,
e il giovanetto cade a terra morente. Niso allora si scaglia tra i nemici con la spada
sguainata, cerca solo Volcente e l'uccide, ma colpito anch'egli dai soldati cade crivel-
lato di ferite sul corpo esamine dell'amico. I cavalieri latini trasportano il corpo di
Volcente nell'accampamento di Turno, destando in tutti un'impressione profonda.
All'alba Turno fa preparare l'esercito e muove all'attacco del campo troiano. Per
incutere paura ai Troiani, i Rutuli staccano dal busto le teste di Eurialo e Niso e le
espongono alla loro vista sulla punta di due lance. La notizia giunge ar.che alle orec-
chie della vecchia madre di Eurialo; l'infelice corre urlando alle mura e, alla vista
dell'orrendo spettacolo, grida il suo disperato dolore e si profonde in amari lamenti.
I Troiani, addolorati e commossi, la riportano a braccia nella sua tenda.
Intanto i nemici avanzano compatti verso le mura e tentano di scalarle, ma i
Troiani si difendono valorosamente. Dall'una e dall'altra parte gli episodi di valore
si susseguono numerosi: gli uni tentano di avvicinarsi alle difese formando una
testuggine con gli scudi, gli altri le difendono rotolando su di essa pesanti massi.
Il più aggressivo però è Turno, che lancia una grande fiaccola contro un'alta torre,
la quale investita dal fuoco rovina con grande fragore travolgendo con sé i difensori.
Fra i Troiani combatte anche Ascanio, rivolgendo l'arco, usato fino allora soltanto
per la cacccia, contro Numano, cognato di Turno, che scherniva i Troiani, perché non
osavano uscire dall'accampamento a combattere in campo aperto. Il colpo preciso di
Ascanio, che abbatte Numano, empie d'entusiasmo i Troiani, ma preoccupa Apollo,
il quale scende sulla terra e, assunte le sembianze del vecchio Bute, aio di Ascanio,
esorta il giovinetto a ritirarsi dalla battaglia. All'esortazione di. Apollo si aggiunge
anche quella dei capi troiani.
Mentre la lotta continua feroce, due fratelli troiani, Pandaro e Bizia, di statura
gigantesca, aprono la porta affidata alla loro custodia e sfidano i nemici ad entrare
nell'accampamento. I Rutuli tentano di irrompervi, ma i due giganti fanno di essi
una strage orrenda. Allora Turno, avvisato da un messo, accorre davanti alla porta,
uccide alcuni Troiani e con una lancia lo stesso Bizia. Pandaro a tal vista chiude la
porta, lasciando però fuori delle mura alcuni Troiani e chiudendo nel campo con
alcuni Rutuli lo stesso Turno. Pandaro, adirato per la morte del fratello, lo affronta
e gli scaglia contro la sua terribile asta, ma Giunone ne devia il colpo, e Turno
avanza con la spada sguainata e spacca in due la testa dell'avversario. Il re dei Rutuli
continua a far strage, finché i Troiani rincuorati lo circondano e lo costringono ad
uscire dal campo gettandosi nel fiume.
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CANTO NONO date da Turno e da Messa-
po, marciano verso il cam-
po, dànno l'allarme; e i
Iride, mandata da Giunone, convince Turno ad assalire il campo Troiani, obbedienti alle di-
troiano (x-86)- Turno tenta d'incendiare le navi, che invece si mu- sposizioni impartite da Enea,
tano in Ninfe (87-154) - Turno interpreta a suo favore il prodigio si preparano a respingere gli
(155-199)- Veglia d'armi ed Eurialo e Niso (200-546)- I Rutuli, assalitori dalle mura del cam-
piangendo, portano al campo il corpo di Volcente - Il pianto della po. Turno assale il campo e
madre di Eurialo (547-608)- L'assalto al campo troiano (609-717)- tenta di penetrarvi a viva
Prodezza di Ascanio (718-803) - La porta aperta: Pandaro e Bizia forza, ma i suoi sforzi riesco-
(804-863) - Turno nell'accampamento troiano (864-926) - Mnèstco no vani Allora si dirige ver~
e Seresto: la ritirata di Turno (927-976). so le navi per incendiarle_
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316 Canto nono
8-9. il giorno ... spontanea- prometterti, ecco, il giorno che volge te lo porta
mente: l'occasione ti offre spontaneamente. Enea, abbandonato il campo,
spontaneamente quello che
non avresti mai potuto ot- 10 i compagni e la flotta, s'è diretto alla reggia
tenere dagli stessi dèi. Nota del palatino Evandro. E non basta, è arrivato
il « volge » che unito a gior- sino alla lontanissima Corito dove arma
no ( « il giorno che volge ») un esercito lidio, riunendo contadini
dà all'espressione il signifi-
cato di un particolare incita- e pastori. Che aspetti? ~ giunto il momento
mento a Turno, perché il re 15 di aggiogare i cavalli al tuo carro da guerra.
dei Rutuli approfitti della Rompi ogni indugio, conquista l'accampamento in di-
circostanza allora favorevo-
le, ma che poteva presto non
[sordine! »
esserlo più. Ciò detto, ad ali aperte s'alzò veloce nel cielo
n. del palatino Evandro: :tracciando col suo volo un arco sterminato
Evandro è qui detto « pala- sotto le nuvole. Il giovane la riconobbe e levando
tino », non perché ha fon- 20 ambe le mani alle stelle segui la sua rapida scia
dato la città di Pallanteo, ma
perché abita sul colle che poi con queste parole: «O Iride, ornamento del cielo,
sarà chiamato Palatino. L'e- chi ti fece calare dalle nuvole in terra
spressione è quindi anacro- sin qui da me? Di dove viene quest'improvviso
nistica. - E non basta: Iri- chiarore? Vedo il cielo aprirsi in mezzo e le stelle
de con questa espressione
vuoi richiamare l'attenzione 25 vagare nel firmamento. Obbedisco a presagi
di Turno sull'importanza di cosi grandi: chiunque tu sia, Dio che mi chiami
non perdere l'occasione favo- all'armi». Camminò sino al fiume ed attinta
revole delle circostanze, cui
accenna nei versi successivi: acqua limpida a fiore dell'onda, rivolgendo
se da un lato la lunghezza molte preghiere ai Numi colmò il cielo di voti.
del viaggio intrapreso da 30 E già tutto l'esercito marciava in campo aperto,
Enea esclude ch'egli possa
ritornare immediatamente al r8. un arco sterminato: sa di Iride in terra e per
campo, dall'altro un· ritardo l'arco rappresenta idealmen- l'improvviso chiarore (fatti
eccessivo dell'attacco potreb- te l'arcobaleno. ambedue straordinari, che
be consentire l'arrivo ai 19-20. levando ambe le gli antichi consideravano
Troiani di rinforzi conside- mani, ecc.: le braccia allar- fra i più grandi prodigi ce-
revoli. gate e tese verso l'alto era- lesti), dà credito alle parole
I2. Corito: l'odierna Cor- no l'atteggiamento tipico che della messaggera divina e si
tona portava anticamente il assumeva chi pregava gli dèi appresta ad assalire il cam-
nome del suo fondatore, del cielo. . po troiano.
Corito, padre di Dardano, 21. ornamento del cielo: 27-29. Camminò sino ol
ed era una delle dodici cit- allude all'arcobaleno. fiume, ecc.: Turno si appre-
tà della confederazione etru- 24-25. Vedo il cielo, ecc.: sta a pregare e, secondo il
sca. Ma qui « Corito » si- gli antichi credevano che du- rito, attinge prima l'acqua
gnifica, evidentemente, tutta rante il giorno si stendesse con le mani per purificarsi.
l'Etruria. tra il cielo e la terra un Non sembra però che il re
I 3. un esercito lidi o: un grande velario, che impedi- dei Rutuli abbia dovuto re-
esercito etrusco. Gli Etru- va di vedere le stelle; e Tur- carsi dal bosco, ove riposa-
schi, secondo un'antica tra- no crede che Iride scenden- va, alla lontana riva del Te-
dizione seguita anche da E- do dal cielo abbia squarciato vere, ma che il poeta imma-
rodoto, sarebbero venuti in questo velo ed egli abbia po- gini che nel bosco stesso
Italia dalla Lidia, regione tuto vedere le stelle. Cosi il scorresse un ruscello. - a fio-
dell'Asia Minore. re dei Rutuli e per la disce- re dell'onda: dalla superfi-
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Canto nono 317
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3I 8 Canto nono
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Canto no;w
Cosi Turno, alla vista del campo e delle mura, cura i Troiani e ordina alle
navi di sprofondarsi nel ma-
brucia tutto di rabbia; fino in fondo alle ossa re. Esse poi ritornano alt..
lo divora la smania di cercare un passaggio superficie tramutate in ninfe.
BS o di scoprire un mezzo per stanare dal vallo
87-95. Lungo un lato, ecc.:
i Troiani e sospingerli nell'aperta pianura. la flotta dei Troiani, tirata
in secco, era da un lato
protetta dalle fortificazioni
Tumo tenta d'incendiare le navi, dell'accampamento, dall'altro
dalle acque del fiume. Per-
ma esse si mutano in ninfe ciò è un po' difficile immagi-
nare come Turno e i suoi
soldati abbiano potuto in-
Finalmente ha trovato! Lungo un lato del campo cendiare le navi. Ma non è
si celava la flotta, circondata da un argine lecito pretendere la precisio-
e dall'acqua del fiume: corre li, chiede fuoco ne dai poeti; essi procedono
sempre per immagini e le
90 ai compagni che applaudono e ardendo d'ira impugna loro opere son creazioni del-
un ramo acceso. Allora tutta la giovenru Ia fantasia, non della logica.
vola a cercare fiaccole fumose, stimolata 96-98. Muse, che Dio sal-
vò, ecc.: il poeta si accinge
dall'esempio di Turno. Saccheggiano i focolari: a narrare la prodigiosa tra-
le nere torce levano sino al cielo una nube sformazione delle navi in
9S di pece e il fuoco sprizza turbini di faville. ninfe marine, e chiede assi-
stenza e ispirazione alle Mu-
Muse, che Dio salvò dalle fiamme i Troiani? se. L'avvenimento è molto
Chi allontanò l'enorme incendio dalle navi? importante, tutto pieno di
Ditelo. Il fatto è antico ma ha una fama perenne. circostanze interessanti, e
All'epoca in cui Enea allestiva la flotta Virgilio vuoi dar vigore al
100 sull'Ida, preparandosi ad affrontare l'oceano, suo estro poetico e infonde-
re nell'animo del lettore un
senso di religioso stupore.
vento, s'aggira intorno al· TURNO TENTA D'INCENDIA- Cosl. fece anche Omero pri-
l'ovile, in cui sente i belati RE LE NAVI, MA ESSF. SI MU- ma di narrare l'incendio ap-
degli agnelli, che se ne stan· TANO IN NINFE (87-1.54). - piccato dai Troiani ad una
no sicuri accanto alle loro Turno tenta d'incendiare le nave greca (Il., XVI, rr2
madri, protetti da un recin· navi, ma esse sono miracolo- sgg.). - che Dio salvò, ecc.:
to invalicabile dal loro fero- samente salvate. Ed ecco co- qual Dio, cioè quale fu il
ce nemico, è per se stesso un me. Quando Enea stava co- Dio che, ecc. - il fatto ... fa-
quadretto di suggestiva po· struendo la flotta ai piedi ma perenne: anche se la
tenza. La similitudine è sta· del monte Ida, Cibele pregò lontananza del tempo può
ta desunta da Omero (Il., XI, Giove che le navi costruite far suscitare in qualcuno il
548 sgg. e Od., VI, 130 sgg.), con il legname del bosco a
ma Virgilio l'ha arricchita lei sacro, potessero solcare dubbio sulla realtà del fatto,
di immagini stupende. incolumi il mare. Giove non rimane tuttavia luminosa-
83. brucia: nota l'efficacia poté concedere tanto privi- mente provata la sua fama
di questo verbo. Nella fan- legio, ma promise che giunte dalla credenza di tante ge-
tasia del poeta la rabbia di alla méta le avrebbe trasfor- nerazioni.
Turno non è più un concetto mate in ninfe. Così quando 100. sull'Ida: sul monte
astratto, ma è diventata un Turno sta per appiccare il Ida, o meglio alle falde del
fuoco che brucia e sprigiona fuoco alla flotta di Enea, Ci- monte Ida nella Frigia, po-
bagliori. bete appare nel cielo, rassi- co lontano da Troia. Il mon-
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320 Canto nono
te Ida era famoso per le sel- si dice che la stessa Berecinzia, la Madre
ve che davano ottimo le- dei Celesti, parlasse a Giove: «Figlio, re
gname per la costruzione
delle navi. dell'Olimpo, concedi a tua madre il favore
101- Berecinxia: Cibele, la che ti chiede. Per anni ho avuto una: foresta
gran madre degli dèi, e quin- 1os di pini, molto cara, un bosco sacro proprio
di anche di Giove- Era detta in cima alla montagna; e li in mio onore ardevano
Berecinzia dal monte Bere-
cinto, una cima dell'Ida, do- fuochi sacrificali, all'ombra delle nere
ve era particolarmente vene- abetine e degli aceri. Fui lieta di donare
rata. al giovane dardanio gli alberi necessari
102-104. Figlio, re del/'0-
110 alla flotta; ma adesso mi opprime un'ansietà
limpo, ecc.: con queste pa-
role Cibele forse vuoi allu- terribile. Ti prego, dissolvi i miei timori,
dere agli aiuti ripetutamen- ascolta i desideri di tua madre: vorrei
te prodigati al figlio, prima che queste navi, forti dd privilegio d'essere
sottraendolo alla ferocia di nate in cima al mio monte, non fossero mai vinte
Cronos, che divorava tutti i
suoi figli, poi aiutandolo nel- llS durante i loro viaggi dal mare né dal vento».
la lotta contro i Titani e i Il figlio che fa roteare le stdle dd mondo
Giganti. rispose: «Madre, cosa vuoi dal destino, cosa
108. Fui lieta, ecc.: seb- chiedi per queste navi? Forse che chiglie fatte
bene si trattasse di un bo-
sco ad essa molto caro, Io da mani umane, mortali, diventino immortali?
diede volentieri ad Enea: se- 120 Che Enea vada sicuro in mezzo a ignoti pericoli?
gno quindi di particolare A nessun Dio è concesso tanto potere. Ma
predilezione per l'eroe tro- quando saranno giunte incolumi alla meta,
iano.
109-110. gli alberi necessa-
ai porti ·dell'Ausonia, libererò dal peso
ri alla flotta: gli alberi ne- della morte le navi che saranno scampate
cessari alla costruzione della 125 alle onde, portando in terra Iaurentina
flotta. il grande re dardanio: ordinerò che siano
117-129. cosa vttoi dal de-
stino, ecc.: la domanda e- divinità dd mare immenso, come Doto
sprime, anche nel tono, me- e Galatea, Nereidi che solcano col petto
raviglia e insieme dispiace- l'oceano spumeggiante». Ciò detto, confermò
re: meraviglia, perché Cibe- 130 la promessa giurando per i fiumi infernali
le, sapendo che gli dèi non
possono mutare il destino, di suo fratello Stigio, per le rive infuocate,
non doveva chiedere una co-
sa impossibile; dispiacere, mm1 (mortali) non possono Doto e Galatea: ambedue fi-
perché non può appagare il avere prerogative divine. - glie del dio marino Néreo, e
desiderio della madre. - chi- le navi che saranno, ecc.: quindi ninfe del mare.
glie: navi; ma «chiglia» non tutte le venti navi co- 131. fratello Stigio: Plu-
propriamente è la struttura struite da Enea toccarono i tone che, dopo la cacciata di
principale Iongitudinale del- porti d'Italia. L'espressione Saturno, ebbe in sorte il re-
lo scafo della nave, su cui allude perciò alle navi che gno infernale, mentre a Gio-
si impiantano le ordinate. sarebbero state distrutte du- ve toccò il cielo e a Nettuno
- mortali... immortali: da rante il viaggio: quella di il mare. Il giuramento fatto
questa vigorosa antitesi ap- Oronte sommersa dalla tem- sulle nere onde dello Stige
pare evidente l'assurdità del- pesta (l, 135), e le quattro era sacro per gli dèi, e non
la richiesta materna: navi incendiate in Sicilia dalle potevano violarlo senza in-
costruite da braccia di uo- donne troiane (V, 739). - correre in gravi conseguenze.
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t:; \{,: Gasa di Faustolo e ··'· ''·
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INTERNO della casa sita in Pompei, Reg. VII, Ins. Il, Via Nona n. 35
Nell'epoca imperiale la domus, sotto la spinta del maggiore benessere, si abbellisce e l'a-
trium diventa il luogo in cui si trascorrono le giornate e si ricevono gli ospiti. Sul davanti
della domus si costruisce un portico sotto il quale si aprivano le tabernae (botteghe).
Sotto la spinta delle necessità dovute alla popolazione aumentata e agli immigrati dalle
province, nasce il tipo di casa per più famiglie - insula -, con appartamenti a pianta
uguale, sovrapposti.
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Canto nono 321
133. al cenno del suo capo, allude alla preghiera rivolta TURNO INTERPRETA A SUO
ecc.: l'immagine è presa da a Giove. - Una luce straor- FAVORE IL PRODIGIO (155-
Omero (Il., I, 528), ed espri- dinaria, ecc.: apparve una 199). - I Rutuli sono pieni
me la potenza e la maestà luce insolita, una nube (nem- di paura per il prodigio, e
del re degli dèi. bo) enorme che attraversò il perfino il Tevere ritrae im-
134-143- Ed il giorno pro- cielo da oriente ad occiden- paurito le sue onde. Ma Tur-
messo, ecc.: il giorno stabi- te, in cui il poeta immagina no pensa che il prodigio dan-
lito da Giove per la trasfor- che fossero racchiusi la dea neggi i Troiani, i quali per-
mazione delle navi in ninfe e il suo seguito formato duta la flotta non avranno
marine. Le « Parche », in nu- dai suoi sacerdoti, i Coriban- scampo neppure attraverso il
mero di tre, regolavano il ti, che suonavano rumorosa- mare. Rincuora perciò i suoi
destino dell'uomo rappresen- mente timpani, cembali e e li eccita a combattere. I
tato da uno stame, che Clo- flauti: tutti segni della po- Troiani non sapranno resi-
to filava, Lachesi ne determi- tenza divina, che si rivela stere alloro attacco, che non
nava la lunghezza, Atropo ta- nella sua maestosa e affasci- sarà sferrato con la frode, co-
gliava. - la Madre: Cibele; nante bellezza. E questi fe- me fecero un tempo i Greci
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322 Canto nono
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Canto nono 323
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3 24 Canto nono
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Canto nono 325
da sua madre Ida, ninfa cacciatrice. Con lui stinguibile ardore gli fa pa-
c'era Eurialo, il piu bello di tutti gli Eneadi rer bello il rischio e, se oc-
corre, anche il sacrificio; egli
225 il piu ragazzo di quanti portarono armi troiane, ha meditato a lungo e già
dal volto appena fiorito d'una peluria leggera. maturato il disegno che lo
E tutti i due s'amavano d'un identico affetto, condurrà alla morte e all'im-
stavano sempre insieme, correvano insieme a battaglia: mortalità. - Guarda i Rutu-
li, ecc.: i Rutuli, fiduciosi
anche allora montavano di guardia alla stessa porta. della propria superiorità e
230 Dice Niso: «I Celesti forse infondono all'anima sprezzanti del nemico hanno
dell'uomo quest'ardore che sento, Eurialo, o forse rallentato la vigilanza e spen-
per ognuno diventa Dio la propria violenta to quasi tutti i fuochi. - i ca-
pi come il popolo, ecc. : i
passione? Da tanto il cuore mi sospinge due vocaboli non richiamano
a combattere o a fare qualche cosa di grande, istituzioni romane dei tempi
235 non vuole accontentarsi della placida quiete. di Virgilio, ma indicano sem-
plicemente l'insieme dei Tro-
Guarda i Rutuli, come sono sicuri di sé
iani, anziani e giovani com-
e della situazione. Pochi fuochi risplendono, battenti. - che chiederò per
i soldati riposano in preda al sonno e al vino, te: Niso chiederà una ri-
c'è un gran silenzio intorno. Senti allora che idea compensa per quanto farà,
ma vorrà che essa sia data a
240 s'è levata improvvisa nella mia mente. Tutti, Eurialo; egli si accontenterà
i capi come il popolo, vorrebbero che Enea della gloria. Quale compen-
venisse richiamato, che un messaggero vada so intenda chiedere non di-
a dirgli quanto accade. Se mi daranno quello ce, né dirà in seguito, poiché
sarà prevenuto dalle promes-
che .chiederò per te (a me basta la gloria se di Ascanio. - ai muri pal-
245 dell'impresa) andrò io: laggiu, sotto quel poggio, lantei: alla città di Evandro,
mi sembra di riuscire a trovare una strada Pallanteo, dove sapeva che
che conduca alla rocca e ai muri pallantei ». Enea si era reca to.
Eurialo, pensoso, posseduto da immenso 248-259. Eul'ialo ... stupì:
è naturale che Eurialo, cosi·
desiderio di gloria, stupi; all'ardente amico giovane e inesperto della vi-
250 risponde: «Forse, Niso, non vuoi che ti accompagni ta, siasi meravigliato e stupi-
in questa splendida azione? Credi che io ti lasci to del progetto di Niso. Ma
è solo impressione momen-
andare solo incontro a un pericolo estremo? tanea. Tosto, l'ammirazione
per la coraggiosa decisione
dell'amico, il desiderio di
pisodio di Cloridano e Me- rialo: l'ardore ch'io sento imitarlo e la preoccupazione
doro, il secondo per quello me lo ispirano gli dèi, oppu- di non !asciarlo che affronti
di Argante e Clorinda. Niso, re per ognuno diventa un il rischio da solo, fanno si
figlio di Irtaco e di Ida, una dio la sua irrefrenabile pas- che Eurialo dallo stupore
ninfa cacciatrice, era con E- sione? Cioè il giovane tro- passi rapidamente alla deci-
nea, mandatovi dalla madre, iano si sente trascinato da sione di accompagnarlo nel-
fin dagli anni primi dell'as- una forza irrefrenabile e si l'impresa. Anch'egli vuoi es-
sedio di Troia. chiede se essa sia un'ispira- sere, come l'amico, un e-
224. Eurialo: il più bello zione divina, oppure un'in- roe! ... - Credi che io ti la-
di tutti i compagni di Enea tima suggestione del suo spi- sci, ecc.: Eurialo sente per
ed anche il più giovane. rito. Niso è dunque tutto l'amico cosi grande tenerez-
230-247. I Celesti forse, pervaso da un soffio potente za che, se lo lasciasse partire
ecc.: Niso domanda ad Eu- di idealità; e questo suo ine- solo, gli sembrerebbe di get-
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326 Canto nono
tarlo egli stesso in braccio al Mio padre Ofelte, avvezzo alla guerra, non m'ha
pericolo.- Mio padre Ofelte, educato da vile, indurendomi in mezzo
ecc.: Eurialo teme che Niso
non abbia fiducia nel suo co- 2SS ai travagli di Troia, nel terrore dei Greci:
raggio, e per questo motivo e non ho agito mai cosi con te, seguendo
rifiuti di averlo con sé nel- il magnanimo Enea e la sua sorte ultima.
l'impresa. Perciò egli accen- Ho un cuore che disprezza la vita e crede bene
na all'educazione « non ... da
vile » impartitagli dal padre pagare con la vita la gloria che tu cerchi ».
negli anni della guerra in di- 260 E Niso: «Non temevo quello che credi, no,
fesa di Troia. - e non ho ... non l'avrei mai potuto; cosi il gran Giove, o chi
mai... con te: l'espressione dei Celesti rivolge un occhio favorevole
è poco chiara, ma Eurialo in-
tende., dire che non ha mai ai miei progetti possa riportarmi in trionfo,
compiuto azioni tali da me- e salvo, a te! Ma se il caso (come succede spesso,
ritare la disistima di Niso, 26S lo sai, in simili imprese) o un Dio mi trascinassero
seguendo il magnanimo E- alla rovina, vorrei che tu sopravvivessi:
nea. Sono parole che hanno
il senso di un legittimo or- la tua tenera età è piu degna di vivere.
goglio per aver egli saputo Avrò cosi qualcuno che affiderà alla terra
corrispondere pienamente al il mio corpo, una volta sottratto alla mischia
riconoscimento del suo c:o- 270 o riscattato: o almeno - se il Fato non vorrà -
raggio da parte di Enea quan-
do lo scelse per andare in- qualcuno che onori d'un sepolcro e di offerte
contro ai gravi pericoli del funebri l'ombra assente. Non voglio essere causa
lungo viaggio e del trasferi- di dolore a tua madre, la sola che abbia osato
mento ih una nuova terra. seguirti, abbandonando il regno del grande Aceste ».
260-274.Non temevo quel-
lo, ecc.: nota l'amorevole in- Z7S «Che pretesti da nulla! - Eurialo gli rispose.
sistenza, rinforzata dal suc- - Ho deciso: impossibile farmi cambiar parere.
cessivo giuramento, con la Affrettiamoci! ». Subito sveglia le sentinelle,
quale Niso vuoi togliere dal-
l'animo dell'amico ogni so- tichi credevano che l'anima le offerte votive. - causa di
spetto. C'è nelle sue parole del defunto non poteva tro- dolore a tua madre: quanta
la serena compostezza delle vare riposo nell'oltre tomba delicatezza in questo com-
anime grandi, dei veri eroi. per cent'anni, se le sue spo- movente accenno, che assu-
L'unica sua gioia sarà quella glie mortali non venivano me quasi la mesta funzione
di ritornare salvo a rivedere composte nellii quiete del se- di preludio alla sciagura che
l'amico. - vorrei che tu so- polcro, la considerazione di colpirà la sventurata madre!
pravvivessi: nota l'uso del Niso, già così naturale e L'anima virgiliana è cosl ric-
condizionale: Niso non ha umana, assume un valore ed ca di umanità e spazia in un
ancora la certezza di con- un significato molto più pro- mondo cosl vasto che, accan-
vincere l'amico a rimanere. fondi. - o almeno... qualcu- to agli eroi, che combattono,
Quando egli sarà certo che no, ecc.: e se la sepoltura sa collocare anche un'umile
gli sopravviverà, andrà più non sarà possibile, ci sia madre.
tranquillo incontro al perico- qualcuno che si prenda cura 277. Affrettiamoci: Euria-
lo. - sottratto alla mischia o di rendere onore alle mie os- lo non avrebbe potuto con-
riscattato: Niso conferma co- sa lontane con un cenotafio. futare gli argomenti di Niso,
si indirettamente la sua fidu- Gli antichi, quando non po- realistici e seri; né avrebbe
cia illimitata nell'affetto del- tevano ricuperare il corpo durato a lungo senza tradire
l'amico e nel suo valore. - del defunto, innalzavano in la commozione suscitatagli
affiderà alla terra il mio cor- suo onore un cenotafio, al nel cuore dalle parole che gli
po: considerando che gli an- quale portavano egualmente hanno ricordato la madre. E-
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Canto nono 327
che danno loro il cambio. Lasciato il posto di guardia ti, ecc.: nota il senso di se-
Eurialo e Niso vanno a cercare il re Ascanio. renità e di abbandono, sotto-
lineato anche dalla lentezza
280 Tutti gli altri viventi per tutta la terra ritmica dei versi, di questa
scioglievano nel sonno gli affanni e i cuori obliosi descrizione della notte; e
delle fatiçhe: i primi capi dei Teucri e i giovani nota anche il contrasto che
piu scelti tenevano consiglio di guerra, la calma della notte, riposo
e ristoro a tutti i viventi, for-
discutendo il da farsi e chi mandare a Enea ma con la scena dei capi tro-
285 con le notizie. Appoggiati alle loro lunghe aste, iani, i quali, nell'accampa-
imbracciando lo scudo, se ne stavano al centro mento assediato dal nemico,
ignari del sonno, sono preoc-
del campo. Eurialo e Niso domandano impazienti cupati di trovare il modo
d'essere ammessi subito, per cosa che davvero di resistere all'assalto immi-
vale l'interruzione. Ascanio li riceve nente.
290 per il primo e comanda a Niso di parlare. 289. vale l'interruzione:
l'interruzione del consiglio
Il figlio d'Irtaco dice: « O compagni d'Enea, sarebbe stata compensata lar-
ascoltate benevoli, e anche se siamo giovani gamente dall'importanza del-
non sottovalutate quello che proponiamo. la loro proposta.
Tutti i Rutuli tacciono, in preda al sonno e al vino; 290. per il primo: Asca-
noi abbiamo scoperto un luogo adatto all'insidia, nio, che sostituisce il padre
295
ed è quindi capo del consi-
al bivio che mena alla porta piu prossima al mare. glio, ha il diritto di essere
I fuochi sono spenti, un fumo nero sale il primo a rivolgere la pa-
alle stelle: se voi lnsciate che si approfitti rola ai due amici.
dell'occasione e si vada alla città pallantea 295. adatto all'insidia: qui
però, più che di insidia, &i
300 in cerca del grande Enea, ben presto ci vedrete tratta di una sortita clande-
tornare col bottino, compiuta grande strage. stina.
Non sbaglieremo strada; andando sempre a caccia 300-301. ben presto ci ve-
abbiamo visto in fondo a una valle boscosa drete, ecc.: sono parole che
aggiungono alla proposta una
le prime case, l'inizio della città di Evandro, assoluta sicurezza di riuscire
305 ed abbiamo esplorato tutto il corso del fiume». nel proprio intento e di
Allora Alete, vecchio e saggio: « Dei della patria, ritornare nell'accampamento
la cui maestà protegge sempre Troia: davvero con Enea e i suoi compagni.
306. Alete: vecchio com-
non volete distruggerci del tutto, se ci date pagno di Enea, già ricordato
giovani di coraggio simile, cuori tanto anche nel canto I, v. 146.
310 risoluti! ». Cosi parlando li abbracciava 308. non volete distrugger-
entrambi stringendo loro le mani, rigando ci del tutto, ecc.: il pensiero
va completato: anche se ave-
il volto di lagrime. E poi: «Che degna ricompensa te permesso la distruzione
potremo mai offrirvi per queste gesta? Il dono della nostra città, se ci con-
piu bello ve lo daranno gli Dei e le vostre doti; cedete di avere ancora gio-
vani cosl. coraggiosi, non mi
sembra che vogliate ecc.
ra meglio quindi troncare la nio sostituiva in quel mo- 3 14. le vostre doti: la vo-
discussione e porre l'amico mento il padre lontano; que- stra coscienza. La soddisfa-
di fronte ad una decisione sto è il motivo che giustifica zione morale di aver compiu-
definitiva. il «re». to un'azione buona, soprat-
279. il re Ascanio: Asca- 280. Tutti gli altri viven- tutto il proprio dovere, è
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328 Canto nono
la ricompensa più bella e più 315 il pio Enea farà il resto insieme a Julo, che
ambita per chi sente la gran- è giovinetto e mai potrà dimenticare
dezza e il fascino dei valori
ideali della vita. tanti meriti». «Anzi - dice subito Ascanio,
315-317. il pio Enea, ecc.: - io, che spero salvezza soltanto dal ritorno
il vecchio Alete intende di- di mio padre, vi giuro, o Niso, sui Penati
re che Enea, riconoscente
(pio), li ricompenserà, ma 320 e sul Lare d' Assaraco e sui santi segreti
che più a lungo potrà tener della canuta Vesta: tutte le mie fortune,
conto dei loro meriti il gio- tutte le mie speranze sono affidate a voi!
vane Ascanio, che ha davanti Chiamate il grande Enea, e riportatelo qui;
a sé ancora tutta una vita.
318-324. io, che spero sal- se ritorna fra noi nulla potrà piu nuocerei.
vezza, ecc.: Ascanio, chiama- 325 lo vi darò due tazze d'argento, cesellate,
to in causa da Alete, esprime che mio padre ebbe in premio alla presa di Arisba,
anzitutto la sua inquietudine due tripodi, due grossi talenti d'oro, un antico
per l'assenza del padre, il
quale era l'unico, per lui, che cratere, regalo della sidonia Didone.
potesse assicurare la salvezza Se poi, vittorioso, potrò conquistare
dei Troiani dall'imminente 330 l'Italia e il suo scettro e assegnare il bottino ...
attacco nemico; poi assicura
i due giovani della sua grati- Hai visto su che cavallo andava Turno, di quale
tudine, confermando le pro- armatura dorata si veste? Quel cavallo, lo scudo
messe di Alete e prometten- e il cimiero di porpora non li sorteggerò,
do altri ricchi premi; e giura Niso, sono già tuoi sin da adesso. Ed inoltre
sui Penati, protettori della
famiglia e della patria, che 335 mio padre ti darà dodici donne scelte,
è una più grande famiglia, e dal corpo meraviglioso, dodici prigionieri
sul Lare (anima, spirito) di con tutte le loro armi, l'intera proprietà
Assaraco, già re di Troia c
nonno di Anchise (perciò terriera personale del re Latino. E tu,
fondatore della linea collate- Eurialo, stupendo giovinetto, piu vecchio
rale della casa regnante tro- 340 di me solo di pochi anni: con tutto il cuore
iana), ch'egli pone nelle lo- t'abbraccio e ti prescelgo mio compagno, in eterno,
ro mani tutte le sue speran-
ze, perché legat-e al ritorno in ogni mia fortuna. Non cercherò nessuna
di suo padre. - della canuta gloria, nessuna impresa senza di te, sia in pace
Vesta: Vesta, come simbolo che in guerra: avrò fiducia sempre nel tuo consiglio
del focolare domestico, rap- 345 e nel tuo braccio». Eurialo allora gli risponde:
presenta la continuità della
stirpe ed aveva il suo culto
accanto ai Penati e ai Lari.
Il giuramento di Ascanio su 327. due grossi talenti d'o- 333· non li sorteggerò: il
queste divinità è quindi in 1"0: intendi: grosse somme di bottino di guerra era asse-
relazione al ritorno di Enea. danaro. La diversità di peso gnato ai combattenti per sor-
32 6. Arisba: città della dei talenti presso i diversi teggio. Prima della divisione
Troade che sarebbe stata popoli antichi non consente della preda il capitano aveva
conquistata in guerra da E- la conoscenza del loro valore. però il diritto di scegliere
nea prima della guerra tro- 328. sidonia Didone: «si- per sé e per i combattenti
iana, ma poi accolta come al- donia » perché proveniente migliori qualche oggetto par-
leata e amica, se durante la dalla Fenicia, di cui Sidone ticolare.
guerra di Troia Omero la d- era la città principale. In 337. l'intera proprietà,
corda tra i difensori della realtà Didone era però fuggi- ecc. : oggi si direbbe: i beni
città assediata dai Greci. ta da Tiro. della corona.
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Canto nono
«Non sarò mai diverso da come oggi mi vedi, Aceste, che accolse Enea e
pronto a tutto: purché la fortuna benevola fece i funerali ad Anchise)
non diventi contraria. Ma piu di qualsiasi dono riusciranno a staccare questa
madre dal figlio: tanto gran-
ti domando una cosa: con me c'è la mia mamma de era l'amore materno di
3SO della vecchia famiglia di Priamo. Infelice: questa donna. - ne chiamo a
né la terra di Dardano né la città di Aceste testimoni, ecc.: il giovane
riuscirono a impedirle di partire con me! Eurialo prova rimorso di
partire per una impresa ri-
Ora la lascio all'oscuro del rischio che affronto, schiosa senza salutare la ma-
qualimque .esso sia, senza nemmeno un saluto dre, ma teme di non poter
JSS - ne chiamo a testimoni la tua mano e la notte - sopportare le sue lagrime. E
si appella alla notte, cui sta
perché non potrei sopportare le lagrime di mia madre. per affidarsi, e alla .sacra de-
Ti prego tanto, consolala, conforta il suo abbandono! stra del principe, perché at-
Lascia che io sappia che tu t'occuperai di lei, testino che nessun altro mo-
andrò piu audacemente incontro ai pericoli!» tivo lo spinge a partire senza
commiato. Il suo appello al-
360 Commossi i Dardanidi scoppiarono in lagrime: Ia notte può anche signi-
piu degli altri il bel Julo. L'amore paterno ficare che la sua ardimen-
gli stringe il cuore di pena... « Eurialo - dice - cre- tosa impresa potrà essere av-
volta nell'oscurità, ma non
[dimi, potrà mai essere avvolta nel
tutto sarà ben degno delle tue grandi imprese. dubbio la sua tenerezza fi-
Tua madre sarà la mia, le mancherà solo il nome liale. - Lascia che io sappia,
36S di Creusa: non è certo un merito da poco ecc. : la certezza di aver la-
sciato alla madre un altro fi-
346. Non sarò mai diver- non ha sentito parlare di glio lo spingerà ad andare
so, ecc.: queste prime parole tanti adolescenti, che duran- incontro ai pericoli con mag-
del discorso di Eurialo, che te la Grande Guerra, attratti giore audacia: questo sarà il
sono una lode rivolta a se dal fascino del dovere e del- pensiero che Io accompagne-
stesso, sono poco felici sulla la gloria, abbandonavano di rà nel suo cammino verso la
sua bocca. notte, con il cuore angoscia- morte.
349-359· ti domando una to, la casa paterna e poi dal 361-362. L'amore paterno,
cosa: con me, ecc.: questa campo di battaglia scriveva- ecc.: Ascanio si commuo-
preghiera di Eurialo « è uno no ai genitori lettere traboc- ve ... ; egli ha compreso che
dei passi- annota G. B. Ma- canti di ten~rezza? ». - della l'amore filiale di Eurialo si
lesani - più commoventi e vecchia famiglia di Priamo: fonda anche sull'amore svi-
altamente poetici di tutta l'E- è un accenno alla nobiltà scerato della madre per lui,
neide, pur tanto ricca di sen- della madre, fatto di sfuggi- e ciò gli fa pensare a suo pa-
timento. L'accento accorato ta, per giustificare con un dre non meno tenero e affet-
alla madre, che rende al gio- motivo di più la sua racco- tuoso, e questo pensiero « gli
vane la voce tremante e gli mandazione; ma non ne dice stringe il cuore di pena ... ».
mette sul ciglio una lagrima il nome, perché quella ma- 364-366. le mancherà ... di
furtiva, è un tocco di pro- dre, vissuta nell'ombra e Creusa: intendi: sarà consi-
fonda umanità. È l'eterno dedita unicamente al suo derata da me come madre
contrasto tra il sentimento' e giovane figlio, appartiene sol- mia, ed avrò per lei tutto
il dovere, fra il cuore e la ra- tanto a lui. - la terra di l'amore che avevo per mia
gione, che rende più nobile Dardano ... città di Aceste: madre Creusa. La moglie di
il sacrificio e si placa con la né la santa memoria della pa- Enea, madre di Ascanio, era
divina luce dell'ideale. Storia tria (la terra di Dardano), né scomparsa misteriosamente
di tutti i tempi e di tutti i gli agi di Egesta (città della nella notte della fuga di E-
luoghi. Chi non ricorda, o Sicilia, fondata dal troiano nea e dei suoi da Troia in-
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330 Canto nono
cendiata. - non è certo un averti dato alla luce, comunque vada il tuo viaggio.
merito, ecc.: a colei che ha Lo giuro sul mio capo, come soleva fare
generato un tale figlio non prima mio padre: darò a tua madre ed ai tuoi
spetta una piccola ricono-
scenza, qualunque sia l'esito quel che darei a te se torni sano e salvo».
del tuo viaggio. 370 Disse cos{, piangendo, e intanto si sfilava
367-369. Lo giuro sul mio dalla spalla una spada dorata che Licaone
capo, ecc.: Enea era solito di Cnosso aveva forgiato con arte meravigliosa,
giurare sul capo del figlio, la
persona a lui più cara; A- munendo la lama scorrevole d'una guaina 4;avorio.
scanio giura invece sulla sua Mnèsteo regala a Niso la pelle d'un velloso'-
vita, perché Enea, la persona 37S leone: il fido Alete scambia l'elmo con lui.
che gli è più cara, non è Essi s'avviano, armati: tutti i migliori, giovani
presente.
371-375. dalla spalla una e vecchi, li accompagnano alle mura con molti
spada, ecc.: anticamente il auguri. Julo, che ha cuore e cervello da uomo
guerriero non cingeva la spa- prima di averne l'età, detta loro messaggi
da al fianco, ma l'appendeva 380 per il padre: ma il vento li disperderà tutti,
ad una tracolla che scendeva
dalla spalla destra al fianco li affiderà alla corsa delle nuvole in cielo.
sinistro. - Licaone di Cnos- Usciti dalla porta scavalcano il fossato,
so: personaggio mitico che e nella notte buia s'avviano verso il campo
appare soltanto qui. Virgilio
lo considera un eccellente ar- nemico, dove morranno, ma dopo immensa strage
tefice di Cnosso, città dell'i- 38S di Latini e di Rutuli. Vedono corpi sparsi
sola di Creta, ove si costrui- nell'erba, qua e là, in preda al sonno e al vino:
vano armi molto pregiate. sul lido vedono i carri staccati, col timone
380-381. ma il vento li di-
in alto e, tra le briglie e le ruote, vino, armi,
sperderà, ecc.: è un'osserva-
zione soggettiva, del poeta, soldati addormentati. Il figlio d'lrtaco disse:
che anticipa i fatti, senza to- 390 « Eurialo, ora bisogna aver coraggio, uccidere;
gliere nulla al fascino del la situazione lo chiede. Non abbiamo altra via.
racconto. Anzi, poiché essa
è nata dalla profonda sensi- Tu sta in guardia e controlla di lontano, se mai
bilità del poeta, commosso non arrivi qualcuno a prenderei alle spalle;
dal contrasto ch'egli vede già io farò strage qui, ti sgombrerò il cammino».
delinearsi tra le aspirazioni 39S Mormora appena e subito silenzioso attacca
ideali e la fragilità della na-
tura umana, aggiunge alla con la spada il superbo Ramnete che russava
narrazione un'ansiosa incer- a piena gola steso su un mucchio di tappeti:
tezza, che suscita maggiore re importante e profeta favorito di Turno,
interesse nell'animo del let-
tore. la sua scienza augurale non fu capace a salvarlo.
385-389. Vedono corpi 400 Accanto a lui giacevano, sdraiati alla rinfusa
sparsi nell'erba, ecc.: tutto è fra le armi, tre servi di Remo: Niso u,ccide
disordine nel campo nemico;
e i soldati, avvinazzati, dor-
mono profondamente. L'oc- to al poeta quasi certamente di non aver saputo prevede-
casione propizia invita i due da quello di una delle più re la sciagura che gli sarebbe
giovani a far strage degli av- antiche tribù di Roma. Virgi- capitata addosso.
versari. lio si diverte a fare di questo 401. Remo: guerriero no-
396. Ram ne te: è nome che personaggio un re indovino minato qui soltanto, ma il
appare qui soltanto, suggeri- e a beffeggiarlo subito dopo poeta gli attribuisce una cer-
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Canto nono 331
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33 2 Canto nono
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Canto nono 333
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334 Canto nono
Latona. Dea della luce, dei « O Dea, sii favorevole alla mia impresa, tu
boschi e della caccia, era con che sei lo splendore del firmamento e proteggi,
Apollo protettrice di Roma.
496. Irtaco: il padre di 495 silenziosa figlia di Latona, le selve.
Niso voleva che il figlio di- Se lrtaco ti portò delle offerte, pregando
ventasse un buon cacciatore, per me, se ne portai molte volte io stesso
e a tale scopo faceva sacri-
fici a Diana, dea della caccia. - prede delle mie cacce - appendendole in cima
497-499· se ne portai mol- alla facciata del tempio o alla volta: deh, lascia
te volte, ecc : era consuetu- 500 che scompigli il nemico, dirigimi quest'arma!»
dine degli antichi di ricor- Con tutta la forza del corpo avventa il giavellotto:
dare alla divinità, cui si chie-
deva aiuto, i doni a lei ge- l'asta volando sferza le ombre della notte
nerosamente dati, e di lusin- e penetra nel corpo di Sulmone, si spezza
garla con la promessa di of- trafiggendogli il cuore con una scheggia di legno.
ferte ancor più generose. 11
che diventa naturale quando 505 Il guerriero già freddo rotola a terra, sprizzando
si pensi che gli antichi con- caldo sangue dal petto, con un rantolo lungo.
cepivano gli dèi dotati degli Smarriti si guardano attorno. Fìero del suo successo
stessi sentimenti e dei me- Niso libra un secondo giavellotto all'altezza
desimi bisogni dell'uomo.
500. che scompigli il ne· dell'orecchio. I Latini son li, tremanti: l'asta
mico: la preghiera di Niso 510 sibilando attraversa le tempie di Tago,
alla Luna, perché essa guidi tiepida resta infissa nel cervello trafitto.
a buon segno i suoi colpi e, Il feroce Volcente s'adira ma non riesce
scompigliato il nemico, egli
possa liberare dalle sue ma- a vedere l'autore del colpo ed a capire
ni l'amico, è veramente com- con chi prendersela. «Tu, intanto, mi pagherai
movente, considerando an- 515 col sangue caldo la morte dei miei compagni!» dice
che l'assurdità del suo pro-
posito suggeritogli esclusiva- lanciandosi su Eurialo, la spada sguainata.
mente dal sentimento. Allora Niso, atterrito, fuori di sé, non può
502. sferza le ombre dellt1 nascondersi piu a lungo nell'ombra e sopportare
notte: l'immagine del gia- tanto dolore. Grida: «lo! Sono io il colpevole!
vellotto, che colpisce come
una frusta l'aria scura della pagherai tu, ecc. ». L'espres- e non riuscendo a domina-
notte e produce così un lun- sione « pagherai col sangue re l'angoscia, esce dal na-
go sibilo, è felicissima. caldo » è rude, ma esprime scondiglio e affronta il ne-
509. I Latini son lì, tre- con efficacia l'ira e il dolore mico a viso aperto, dimo-
manti: i cavalieri non hanno di Volcente; e il suò sfogo, strando un alto senso del-
ancora superato lo stupore e benché ingiusto (Eurialo è l'amicizia ed un cuore nobi-
lo sbigottimento provocato innocente), non è una sto- lissimo.
dal primo colpo, di cui non natura, specialmente se si 519-523. Io! Sono io il
sono riusciti a scoprire la pensa che sono sentimenti colpevole!: la ripetizione
provenienza, allorquando un· di uomini primitivi. concitata del pronome « io »
secondo giavellotto colpisce 517-518. Allora NiJo, at- ritrae con vivezza dramma-
un altro cavaliere e lo uc- territo, ecc.: Niso, che ave- tica lo sbigottimento di Ni-
cide. va iniziato l'impresa con co- so, che vuole salvare il com-
514-515. Tu, intanto, mi raggio esemplare e pochi pagno attirando su di sé l'a t-
pagherai, ecc.: le parole di istanti prima non aveva avu- tenzione e la vendetta del
Volcente sottintendono «dal to paura di tanti nemici, ora nemico, « Io sono, - egli gri-
momento che per ora non trema di fronte al pericolo da, - il vero colpevole; Eu-
posso scoprire il colpevole, mortale che sovrasta l'amico, rialo ha soltanto la colpa di
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Canto nono 335
520 Volgete quelle armi contro di me: l'inganno ciderlo. - come un fulmine:
è stato mio. Costui non ha colpa di nulla, ruota la spada e colpisce con
la rapidità del fulmine. -
ne chiamo a testimoni il cielo e le stelle che sanno: urlante: Volcente gridava
ha solo amato troppo il suo amico infelice!)) minaccioso o forse di paura.
Tardi. La nuda spada violenta ha già squarciato - così morendo, ecc.: in-
525 le costole e trafitto quel petto bianco, puerile. tendi: Niso, mentre egli stes-
so sta per morire, prima di
Eurialo è travolto dalla morte, va il sangue essere ucciso vendica l'ami-
giu per le belle membra e il collo senza forza co uccidendo Volcente (ruba
ricade sulle spalle: come un fiore purpureo l'anima al suo nemico). -
reciso dall'aratro morendo illanguidisce, Poi trafitto, ecc.: con senso
squisito dell'arte il poeta,
530 come abbassano il capo i papaveri, stanchi per fissare l'attenzione del
sul loro stelo, quando la pioggia li colpisce. lettore su Niso e Volcente,
Ma Niso si precipita tra i nemici, di tutti i due protagonisti del dram-
ma, ha lasciato nell'ombra,
vuole solo Volcente, cerca solo Volcente. accennandone appena di scor-
Intorno a lui i guerrieri premono, da ogni parre cio, la lotta furibonda del
535 lo stringono, fittissimi. Egli insiste, ruotando giovane guerriero troiano
la spada come un fulmine, finché l'immerge in gola con i soldati nemici; poi
chiude la scena con la rap-
all'urlante Volcente: cosi morendo ruba presentazione rapida del tra-
l'anima al suo nemico. Poi trafitto si getta passo calmo e sereno di chi
sul corpo dell'amico esanime e qui infine muore con la coscienza re-
trova eterno riposo nella placida morte. sa tranquilla del dovere com-
540 piuto.
Tutti e due fortunati! Se valgono i miei versi, 541-546. Tutti e due for-
se hanno qualche potere, nessun giorno che scorra tunati, ecc.: conclusa la nar-
lungo il fiume del tempo mai vi cancellerà razione del commovente epi-
dalla memoria, finché l'alta stirpe di Enea sodio, il poeta afferma che
i due eroici amici vivranno
545 abiterà sul solido sasso del Campidoglio nella memoria dei secoli fu-
e il Padre della patria, impererà sul mondo. turi, finché durerà la stirpe
di Enea, e il senato di Roma
aver voluto, per troppo amo- dine sia stato tratto da Ome- (Padre della patria) « impe-
re, accompagnarmi nella ri- ro (Il., VIII, 419) e da Ca- rerà sul mondo». La profe-
schiosa impresa>>. tullo (XI, 22-24), Virgilio zia virgiliana varcò in vero
528-531. come un fiore ha saputo dare alle immagi- i limiti stessi segnati dal poe-
purpureo, ecc.: Virgilio non ni un colorito ed una melo- ta, perché il sacrificio dei
racconta la morte di Eurialo dia inconfondibili. due amici è sempre vivo in
ricorrendo alle consuete e- 533· vuole solo Volcente ... chi ama la poesia, onora le
spressioni macabre, ma con Volcente: Niso, morto l'a- virtù e apprezza l'amicizia.
immagini di dolcissima poe- mico, non vede se non il - l'alta stirpe di Enea: è il
sia. Il giovane che aveva con suo uccisore e non sente se popolo romano, non la casa
baldanza ostinata seguito l'a- non l'irrefrent~bile imperati- Giulia, come spiegano alcu-
mico e aveva manifestato vo della vendetta. La ripeti- ni commentatori. Infatti il
per la madre una tenerezza zione rende con effìcacill lo Campidoglio era simbolo
infinita, cade trafitto senza stato d'animo dell'eroe. della potenza di Roma, non
un lamento, in silenzio, « co- 534-540. Intorno a lui i della famiglia di Augusto. -
me un fiore purpureo reciso guerrieri, ecc.: i guerrieri Padre della patria: il senato
dall'aratro ... >>. Benché anche cercano di tenere Niso lon- romano, che rappresentava
lo spunto di questa similitu- tano da Volcente, non di uc· tutto il popolo ed era il
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336 Canto nono
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Canto nono 337
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338 Canto nono
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Canto nono 339
620 guerra, a difender mura. Gettano giu anche sassi rovesciano sugli I talici ogni
di peso mortale, cercando di sfondare il riparo sorta di proiettili e di grossi
degli assalitori: ma è facile resistere a ogni colpo macigni ; gli assalitori che
tentano di superare la resi-
protetti da una testuggine ben serrata. Però stenza dei Troiani e, respin-
alla fine non reggono. Sulla schiera che avanza ti, colpiscono gli avversari
625 i Teucri fan rotolare un masso enorme, atterrando con frecce (avventando pro-
per largo tratto i Rutuli, fracassando gli scudi. iettili ... ); Mesenzio, l'empio
E i coraggiosi Rutuli non provano piu re cacciato da Cere e ospite
di Turno (VIII, 558-.575 ),
a rifar la testuggine avanzando alla cieca, che s'aggira scagliando rami
ma cercano di respingere dalle mura i Troiani di pino ardenti; Messapo,
630 avventando proiettili... Piu in là Mesenzio, orribile che tenta di abbattere la pa-
a vedersi, agitaya un ramo acceso di pino lizzata.
e scagliava tizzoni fumanti. Messapo 63.5. Calliope: la Musa
dell'epica. Il poeta, prima di
domatore di cavalli, disceso da Nettuno, procedere al racconto dei
distrugge il vallo e chiede che gli portino scale. momenti più impressionanti
635 Calliope, ti prego di ispirare il mio canto: e cruciali della battaglia, in-
dimmi le stragi fatte dalla spada di Turno, voca Calliope, la musa dalla
bella voce, seguendo l'uso
i guerrieri che ognuno ha sprofondato all'Orco; dei poeti epici che invocano
aiutami a spiegare il quadro della guerra la divinità prima d'iniziare
(voi, Muse, ricordate e potete raccontare). il racconto di fatti partico-
Su un lato della cinta, in posizione strategica, larmente importanti.
640
640. in posizione strategi-
si levava una torre di legno, sterminata, ca: cosl si spiega l'accani-
a vari piani, che gli !tali cercavano di espugnare mento degli Italici che ten-
in ogni modo e abbattere, e i Teucri difendevano tano di espugnare o distrug-
precipitando sassi e lanciando una nuvola gere la « torre di legno », dei
Troiani che vogliono difen-
645 di dardi attraverso le sue feritoie. derla.
Turno gettò per primo sulla torre una fiaccola 646. Turno gettò per pri-
appiccandovi fuoco da una parte: attizzato mo, ecc.: quindi dopo di
dal vento il fuoco avvolse le tavole, attaccandosi lui altri gettarono sulla tor-
re torce infuocate.
alle porte e erodendole. Nell'interno, impauriti
6.5r. S'ammucchiano gli
650 s'agitano e invano cercano di sfuggire il pericolo. uni, ecc.: si raccolgono tutti
S'ammucchiano gli uni sugli altri, ritirandosi nel luogo della torre ancora
indietro nella zona libera dall'incendio: non investito dal fuoco. Il
particolare è naturalissimo;
la torre per il peso precipita di colpo, i combattenti sfuggono ad
tutto il cielo rimbomba per l'immenso fragore. un pericolo, ma ne creano
655 Piombano a terra malvivi, seguiti dall'immensa uno ancor più grave.
rovina della torre, trafitti dalle loro 6.55-6.57. Piombano a ter-
stesse armi e dai tronconi delle travi. A fatica ra malvivi, ecc.: intendi: i
Troiani cadono semivivi a
in uso dal 1200 al 16oo sia 621-631. il riparo degli as- terra, perché sopra di essi
alla fanteria, sia alla caval- salitori: è la testuggine del si abbatte la pesante torre,
leria; qui i Troiani si difen- v. 612. La descrizione della e le loro armi e le schegge
dono con lunghe pertiche ap- battaglia si sviluppa nei par- dei tavolati andati in pezzi
puntite e indurite al fuoco. ticolari: sono i difen~ori che si conficcano nelle loro carni.
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340 Canto nono
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Canto nono 341
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342 Canto nono
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Canto nono 343
Qui non ci sono Atridi, né il parolaio Ulisse: poli vicini, che in quell'età
ma una razza indurita dall'origine. Noi era ammesso dal comune di-
ritto. lnvero, in questo di-
portiamo al fiume i bimbi appena nati, temprandoli scorso non è Numana che
col gelo e l'acqua; cresciuti, ma ancora piccoli, vanno parla, ma Virgilio che trac-
735 a caccia scorrendo i boschi; i loro giochi sono cia un quadro splendido dei
domare i cavalli selvaggi, scagliare le frecce con l'arco. costumi e del carattere del-
La nostra gioventu è abituata al poco l'antica stirp~ italica, valo-
rosa e semplice, sobria e la-
e resistente al lavoro; o rompe col bidente boriosa, contadina e guerrie-
le zolle o rovescia in guerra le città. ra. Cosl il poeta mantovano
740 Consumiamo nelle armi tutta la vita, col fondo dimentica che le parole so-
no pronunciate da Numana,
dell'asta pungoliamo il dorso dei giovenchi: la cui figura è grottesca; e
la tarda vecchiaia non ci priva di forza manifesta tutto il suo entu-
e di coraggio, copriamo con l'elmo i capelli bianchi, siasmo per la serena e vigo-
sempre ci piace vivere di rapina e raccogliere rosa semplicità della vita
agreste delle antiche popola-
745 prede. Ma invece voi preferite una veste zioni italiche in contrasto
dipinta di croco e di porpora lucida, con il lusso e i costumi cor-
vi piacciono gli ozi, vi piacciono le danze, rotti della società romana
le tuniche con le maniche, le mitre col soggolo. del suo tempo.
74.5-7.54· Ma invece voi
O donnette di Frigia (poiché non siete uomini): preferite, ecc.: il « croco »
750 andate per i gioghi del Dindimo, ove il flauto è una tinta giallo-zafferano,
a due canne risuona con dolce melodia! la « porpora lucida » è il
Vi chiamano lo zufolo Berecinzio ed il timpano rosso-porpora comune: l'uno
e l'altro colori vistosi e deli-
della madre dell'Ida: lasciate le armi cati adatti alle donne, non
agli uomini veri, rinunciate alla guerra! » all'uomo. - le tuniche con le
755 Ascanio non tollerò le bravate e le ingiurie maniche: le tuniche con le
di Numano: incoccata una freccia veloce maniche lunghe erano indi-
zio di mollezza. - le mitre
col soggolo: la mitra era una
che pazzia, ecc.: Numana quale i bimbi ancor teneri specie di cuflia o berretto
sembra avere un pensiero di vengono tuffati nelle acque frigio, trattenuta sul capo
commiserazione per i Troia· gelide dei fiumi, quasi come da due nastri annodati sotto
ni, i quali, se sono venuti in iniziazione alla vita, che nel- il mento. Tale acconciatura
Italia senza prevedere i peri- la sua realtà è dura, perché era stata introdotta a Roma
coli ai quali sarebbero an- intessuta di stenti e di peri- ai tempi di Virgilio, e ai Ro-
dati incontro, sono, egli di- coli. Cosl le loro occupazio- mani che generalmente an-
ce, o dei pazzi o sono vit- ni dalla nascita alla vecchiaia davano a capo scoperto, do-
time della vendetta di un sono un esercizio costante vette sembrare ridicola e se-
dio. - Atridi... Ulisse: nella di forza e di coraggio: i gno di mollezza. - O donnet-
foga del discorso Numana giochi dei fanciulli sono la te di Frigia, ecc.: Numana
getta il discredito, ingiusta- caccia nei boschi, domare i conclude l'apostrofe ai Tro-
mente, su Agamennone e Me- cavalli, scagliare le frecce iani con l'insulto che più
nelao (Atridi) e su Ulisse. con l'arco; le occupazioni offende un guerriero, ché li
732-74.5. Noi portiamo al degli uomini maturi, lavora- invita a deporre le armi ed
fiume, ecc.: alla fiacchezza, re i campi ed esercitarsi nel- a recarsi sul monde Dindi-
di cui accusa i Troiani, Nu- l'uso delle armi, e quelle dei mo (monte della Frigia sa-
mana contrappone l'energia vecchi caceiare la selvaggina cro a Cibele, per cui la dea
del popolo italico, presso il nei boschi e predare i po- era detta anche Dindimene)
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344 Canto nono
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Canto nono 345
785 del vecchio Bute: un tempo scudiero d'Anchise e 795· o fanciullo, abbando-
[guardia na la lotta!: la parola « fan-
ciullo », che precede l'ordi-
fedele della sua porta, da Enea poi dato a Ascanio ne di non partecipare oltre
come custode e amico. Il Dio avanzava, simile alla guerra, ha un valore e
punto per p1mto al vecchio, nella voce, nelle armi un significato particolari. Al
dal suono tremendo, nei bianchi capelli, nel colore; fanciullo, creatura fragile e
candida, devono essere ri-
790 finché giunto all'ardente Julo gli dice: «O figlio sparmiati gli orrori della
d'Enea, ti basti avere ucciso impunemente guerra.
col tuo dardo Numano: il grande Febo ti dona 798. I Teucri riconobbero
questa prima gloriosa vittoria, senza invidia il Dio: sul punto di partire,
gli dèi, che per qualche mo-
per un colpo che eguaglia i suoi. Ma adesso basta, tivo si erano presentati agli
795 o fanciullo, abbandona la lotta ! ». Nel bel mezzo uomini nascosti sotto altre
del discorso Apollo lasciò l'aspetto umano, forme, nell'andarsene si fa-
cevano in qualche modo ri-
svaru lontano dagli occhi nell'aria leggera. conoscere, affinché il loro
I Teucri riconobbero il Dio e le frecce sacre, intervento avesse maggiore
sentirono la faretra suonare nella corsa. efficacia. Qui Apollo si fece
~00 Grazie alle sue parole e alla sua volontà riconoscere partendo in fret-
ta, cosi che i dardi della sua
trattengono Ascanio avido di combattere faretra fecero rumore.
e tornano di nuovo in battaglia esponendo
di nuovo le loro vite all'aperto pericolo. LA PORTA APERTA: PANDA-
ROE BrzrA (804-863).- Due
giovani troiani di statura gi-
gantesca e di straordinario
La porta aperta: Pandaro e Bizia valore, Pandaro e Bizia, a-
prono la porta affidata alla
loro custodia e sfidano i ne-
Un grido corre per tutte le torri, lungo le mura; mici ad entrare nell'accam-
805 tendono i duri archi, scagliano i giavellotti pamento. I Rutuli cercano di
entrare, ma sono uccisi. Tur-
no ne è informato e vi ac-
corre immediatamente, ab-
contenerti >>. Così la prima Numano: Apollo nelle sem- batte Bizia e fa strage di
azione di guerra di ] ulo è bianze del vecchio Bute elo- nemici. Pandaro, visto ca-
idealmente congiunta alla fi- gia l'azione di Julo: Nu- dere il fratello e scompigliati
ne di tutte le guerre e alla mano era un avversario tra i Troiani, chiude la porta,
pace universale proclamata i più valorosi; ma lo avverte ma non s'avvede che Turno
da Augusto dopo la batta- anche del grande pericolo è rimasto dentro il campo.
glia d'Azio. corso: se tu non l'avessi uc- I T roiani, riconosciuto il
78 5. vecchio Bute: certa- ciso ti avrebbe fatto pagar principe dei Rutuli, si dànno
mente non è il Bute incon- caro il tuo ardire. alla fuga. Solo Pandaro osa
trato nel c. V, v. 395, e forse 793· senza invidia: secon- affrontarlo, e gli vibra un
neppure quello nominato al do gli antichi le divinità ave- colpo di lancia terribile, che
verso 85r del canto XI, ma vano, seppur in misura mi- però Giunone prontamente
un fedele scudiero e poi cu- nore, le virtù e i difetti devia. Turno allora, col fa-
stode della casa di Enea, cui degli uomini; perciò gli dèi vore della dea, gli si avventa
ora l'eroe troiano ha asse- erano gelosi delle loro pre- contro e lo uccide.
gnato il compito d'istitutore rogative, e si vendicavano
del figlio. degli uomini che ardivano 804. Un grido corre, ecc.:
791-792. impunemente ..... gareggiare con essi. l'azione vittoriosa di Asca-
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346 Canto nono
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Canto nono 347
840 dai superbi fratelli. E abbatte col giavellotto corpo gigantesco di Bizia a
per primo Antifate (primo ad affrontarlo) figlio quella degli enormi massi
che il poeta stesso ha certa-
bastardo di Sarpedonte e d'una donna tebana. mente visto fatti precipitare
Il~P.avellotto italico vola per l'aria leggera, in mare a Baia, per costruire
entrando nell'esofago si pianta nd profondo e il molo del porto Giulio e
del torace; lo squarcio della nera ferita le piattaforme sulle quali i
845 Romani amavano far sorgere
sprizza un fiotto spumoso e il ferro si riscalda le loro ville. Baia era un ri-
nd polmone trafitto. Poi Turno abbatte Merope nomato porto di mare, in
ed Erimanto, Afidno, Bizia dagli occhi ardenti, un'insenatura della spiaggia
di Cuma; e per le sue rino-
dal cuore coraggioso. Non lo uccise con l'asta mate sorgenti di acqua calda
850 (non sarebbe mai morto con un'arma normale) era anche un'ottima stazio-
ma con una falarica vdoce come un fulmine ne termale. Perciò era luogo
che lo colpi fischiando: i due strati compa;:ti di villeggiatura preferito dai
Romani, i quali vi costrui-
di cuoio dello scudo e la fida lorica rono numerose ville, come
a doppia maglia d'oro non ressero la percossa. quelle di Pompeo, di Crasso,
855 La mole gigantesca di Bizia piomba al suolo di Cicerone, di C. Mario e
esanime: la terra ne geme, l'immenso scudo più tardi di quelle imperiali.
- euboica riviera: la spiag-
rintrona. Cosi a volte sull'euboica riviera gia di Cuma, così chiamata
di Baia precipita una diga formata perché la città fu fondata da
di cemento e di massi, e cadendo trascina coloni greci provenienti da
Calcide, città dell'isola Eu-
860 una rovina immensa finché sprofonda in mare bea. - Procidtl e Ischia: il
levando in aria altissimi spruzzi e la sabbia nera poeta con il paragone allude
del fondale: a quel rombo tremano Procida e Ischia al mito di Tifeo, il gigante
sovrapposta da Giove al gigante Tifeo. che tentò di detronizzare
Giove e fu da Giove fulmi-
nato e sepolto nel paese
degli Arimi, che Virgilio er-
Turno nell'accampamento troiano roneamente identificò nel-
l'isola d'Ischia, ove il monte
Epomeo era un vulcano for-
Allora il Dio della guerra cresce coraggio e forza temente attivo; e Tifeo rap-
presenterebbe quindi la ter-
842. Sarpedonte: figlio di grossa come una falarica. La ribile forza del fuoco che,
Giove e di Laodamia, re falarica era un grosso gia- pur sepolto sotterra, riesce
della Licia e alleato dei Tro- vellotto pesante e potente ugualmente a prorompere.
iani, fu ucciso da Patroclo che, rivestito di materia in-
sotto le mura di Troia. - cendiaria, veniva scagliato
donna tebana: donna nata a con la catapulta. Ma Turno TURNO NELL'ACCAMPAMEN-
Tebe, che non è la città, più è tanto robusto che la sca- TO TROIANO (864-926). - [
famosa, della Beozia, ma una glia con la mano. Troiani fuggono e Turno
città della Misia, regione del- 8.57-863. Cosi a volte, ecc.: continua la strage. Se l'eroe
l'Asia Minore confinante con l'atterramento del gigante Bi- rutulo avesse aperto la por-
la Troade. zia è un fatto eccezionale, ta ai suoi compagni, invece
8.51. ma con una falarica, e il poeta lo illustra con una di rincorrere gli avversari cd
ecc.: la robustezza di Bizia similitudine tolta dalla viva uccider/i, quello sarebbe sta-
non poteva essere fiaccata da realtà, come ama fare sem- to l'ultimo giorno per i
un dardo comune; e Turno pre in circostanze analoghe. Troiani, dei quali nessuno
lo colpisce con una lancia C'.osl paragona la caduta del gli oppone rcJistenza.
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348 Canto nono
866. Fuga ... Timore: so- 865 ai Latini, incitandoli acutamente, insinuando
no personificazioni, che an- fra i Troiani la Fuga ed il nero Timore.
che Omero immagina figli di
Ares (Marte) e suoi compa- I Rutuli arrivano qui da ogni parte, eccitati
gni nella mischia (Il., IV, dal Nume bellicoso, per combattere. Pandaro
440 ). Il Timore è detto nero, come vede il fratello cadere morto, la sorte
perché priva la mente della 870 avversa e la situazione difficile per i Troiani,
serenità ed è causa di errori
e di morte. gira con molta forza la porta sui suoi cardini
spingendola con le spalle; lascia parecchi dei suoi
875. Pazzo: che non s'ac-
corse, ecc.: « è una di quel- tagliati fuori del vallo nella terribile mischia,
le esclamazioni soggettive mentre ne salva molti mettendoli al sicuro.
che attestano la squisita sen- 875 Pazzo: che non s'accorse del re rutulo, entrato
sibilità di Virgilio. Le figu-
re, create dalla sua fantasia, d'impeto insieme ai fuggiaschi! Cosi lo chiuse nel campo
non sono mere finzioni poe- come un'enorme tigre fra le pecore vili.
tiche, ma personaggi ricchi Appena dentro, un lampo gli balenò dagli occhi,
di umana realtà, che gli le sue armi tuonarono orrendamente. In testa
strappano dall'animo parole
di lode e di biasimo» (G. B. 880 gli tentenna un pennacchio color del sangue, lampi
Malesani). sprizzano dallo scudo: gli Eneadi spaventati
876. insieme ai fuggiaschi: riconoscono subito quel volto odioso e quel corpo
erano i combattenti troiani immane. Allora Pandaro gigantesco si lancia
che combattevano all'ester- contro di lui, infuriato per il fratello morto,
no della porta e che, accor-
tisi che Pandaro la chiude- 885 gridandogli: « Non sei nella reggia dotale
va, si precipitarono a cerca- di Amata e nemmeno tra le sicure mura
re salvezza nell'interno del d'Ardea: tu vedi il campo nemico da dove
campo. non uscirai vivo!». Ridendo tranquillamente Turno
877. come un'enorme ti- rispose: «Se hai coraggio vieni avanti per primo;
gre, ecc.: la similitudine non
corrisponde alla realtà. Il 890 racconterai a Priamo che qui c'è un nuovo Achille».
poeta, per dare risalto al va-
lore di Turno, annulla la
capacità di difesa dei Troia-
ni, i quali invece, pur sor- Amata, ecc.: Amata, moglie penetrato di proposito nel-
presi e conturbati dalla pre- del re Latino e sorella di l'accampamento troiano.
senza del re dei Rutuli, san- Venilia, madre di Turno, 889-890. Se hai coraggio
noi riprendersi e lottare con aveva promesso in isposa al vieni, ecc.: Turno risponde
crescente energia, primo fra nipote la figlia Lavinia, con a Pandaro e lo sfida secca-
tutti Pandaro che, infuriato, l'intento che alla morte del mente a combattere, non a
vuoi vendicare la morte del marito il regno di Laurento chiacchierare; indi, sicuro di
fratello. passasse al re dei Rutuli; poterlo vincere, gli prean-
perciò la « reggia » di Lau- nuncia ironicamente la mor-
88o. color del sangue: rento poteva in realtà esse- te, seppure con l'accenno
« tocco indovinato di colo- re considerata la dote di La- eufemistico a Priamo, cui
re », annota il Malesani in- vinia. Ma questa allusione, Pandaro porterà la notizia
tuendo con spiccato senso come anche quella successi- che fra i Teucri esiste un
dell'arte il valore dell'espres- va di Ardea, la capitale del nuovo Achille, non meno va-
sione, « che anticipa abil- regno dei Rutuli e residenza loroso e forte dell'Achille
mente la visione dell'immi- di Turno, sono insinuazioni che sotto le mura di Troia
nente strage». offensive e ironiche, come se gli aveva ucciso il figlio E t-
885-888. reggia dotale di l'uccisore di Bizia non fosse tore.
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Canto nono 349
Pandaro con tutta la forza lancia un'asta nodosa, morte, assomiglia a quello di
non scortecciata: il ferro va a vuoto, deviato Pallade (Il., XX, 438 sgg.),
che devia l'asta scagliata con
dalla Saturnia Giunone, si pianta nella porta. forza dal troiano Ettore con-
« Ma non eviterai questa spada - gli grida tro Achille.
895 Turno- che la mia mano brandisce con una forza 898. alle guance imberbi:
cui non potrai sfuggire! ». Levando in alto la spada Pandaro, come il fratello Bi-
zia, è ancora adolescente, no-
avventa un colpo tremendo: la lama spacca la fronte nostante la statura gigante-
fendendo in due la testa sino alle guance imberbi. sca; perciò la sua fine è an-
La terra romba, percossa dal peso enorme: Pandaro cor più impressionante e do-
900 allunga nella morte le armi insanguinate lorosa. La morte di Pandaro,
cui segue la macabra descri-
e il corpo esanime; il capo diviso in due parti eguali zione dei terribili effetti pro-
gli pende di qua e di là, sull'una e l'altra spalla. dotti dalla spada di Turno,
Sconvolti dalla paura i Teucri si disperdono. giustifica la scena dei Troia-
Se Turno avesse pensato a rompere i battenti ni impauriti e fuggenti, che
il poeta si accinge a descri-
90S e far entrare i compagni, quel giorno era l'ultimo vere. ·
della guerra e di tutta la stirpe troiana; 904. a.rompere: abbattere,
ma l'ira ed una cieca sete di sangue fanno non apru:e. Turno non era
sf che corra infuriato contro i nemici ... Prima il tipo che perde tempo a
far le cose, come gli uomini
uccide Faleri e Gige al quale taglia il garretto; comuni; egli non avrebbe
910 tolte le lance ai morti le scaglia nella schiena aperto la porta maneggiando
dei fuggiaschi. Giunone gli dà coraggio e forza. chiavistelli, ma l'avrebbe ab-
Manda a far compagnia ai primi morti Ali battuta.
907. ma l'ira ed una, ecc.:
e Fegeo, al quale rompe lo scudo, poi uccide l'ira e la violenza, che l'ac-
Alcandro, Noemone, Pritano, Alio, che ignari compagna, ottenebrano la
915 della sua presenza stavano sulle mura mente e impediscono di fare
a combattere. Incontro gli va Linceo, chiamando la scelta migliore. Cosl Tur-
no, accecato dal furore e
in aiuto i compagni; addossato al bastione dalla sete di sangue nemico,
sulla destra Turno vibra la spada e d'un colpo non seppe approfittare dello
gli spicca il capo con l'elmo gettandolo lontano. scompiglio dei Troiani pro-
920 E' uccide ancora Amico, terrore delle belve, dotto dalla morte di Panda-
ro, aprire la porta, far en-
il piu bravo di tutti nell'ungere di sua mano trare gli ltalici, occupare il
le frecce di veleno; Clizio figlio di Eolo; campo troiano e por fine alla
Creteo caro alle Muse, loro seguace, sempre guerra.
amante della cetra, dei canti, dell'accordo 911. Giunone gli dà corag-
gio, ecc.: la presenza della
925 tra versi e suono, che sempre celebrava i cavalli,
dea Giunone, se attenua da
le cruente battaglie, le armi degli eroi. un lato la gloria di Turno,
giustifica lo sgomento dei
891-893. un'asta nodosa, l'asta veniva invece passata T roiani, tra i quali il feroce
ecc.: l'asta scagliata da Pan- sulla fiamma e quindi pulita re dei Rutuli compie una
daro, cosl rozza e selvaggia, e levigata. - deviato dalla strage orrenda, che il poeta
è in carattere con il gigante Saturnia Giunone, ecc.: l'at- descrive elencando una mo-
nato e cresciuto nei boschi to di Giunone, che devia l'a- notona serie di personaggi
del monte Ida. Di solito sta e salva Turno da sicura oscuri.
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350 Canto nono
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Canto nono 351
Commento critico
Con il canto IX inizia la narrazione dei fatti di guerra, l'ultima e più dramma-
tica fase del poema virgiliano. Essa occupa gli ultimi quattro libri e, ispirandosi per
molti versi all'Iliade, contiene più frequenti reminiscenze omeriche di pensiero e
di forma. Il motivo dominante, la guerra, ha ristretto molto l'elemento avventuroso
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3 52 Canto nono
e georgico, presente in modo notevole nei canti precedenti, e abbondano invece gli
episodi di cui il valore e la forza sono gli elementi indispensabili. Tuttavia questa
nuova fisionomia non compromette l'unità organica del poema; i fatti narrati !n
questi ultimi canti sono la conseguenza logica del racconto precedente, il quale senza
di essi non avrebbe senso.
La lontananza dal campo troiano di Enea, consigliato dal dio Tiberino di recarsi
nella città di Pallanteo, ove il re Evandro a sua volta gli consiglia di recarsi a chi~·
dere l'alleanza e l'aiuto degli Etruschi, determina l'attacco di Turno all'accampa-
mento troiano, che costituisce l'argomento del canto IX. Enea e i Troiani non
s'aspettavano di essere assaliti cosl presto, cioè nel giorno successivo a quello della
partenza di Enea, e speravano di poter accrescere le loro file, molto meno folte di
quelle degli Italici, con l'arrivo degli alleati. Ma Giunone non aveva perduto tempo
a mandare Iride, la sua messaggera, a scuotere Turno dal suo torpore; e Turno, cui
Iride aveva detto che Enea «è arrivato sino alla lontanissima Corito, dove arma un
esercito !idio» (11-13), se poteva trascurare l'alleanza del solo Evandro, di cui cono-
sceva le forze esigue, non rimase indifferente a quella degli Etruschi. E il giorno dopo
attacca il campo troiano.
Gli episodi di coraggio e di valore in questo primo contatto fra assedianti e
assediati sono numerosi da ambedue le parti; ma il canto non è tutto rercorso dal
contrasto delle armi e dagli orrori della guerra. Si leggono spesso qua e là tratti pro-
fondamente umani, e non di rado anche certe scene terrificanti sono illuminate e
ingentilite da un'immagine o dall'intervento diretto del poeta con un pensiero o
un'osservazione dettatigli dal suo grande cuore. Ma al canto dà un'impronta di alta
poesia soprattutto l'episodio di Eurialo e Niso, che ne occupa la parte centrale e
costituisce, sullo sfondo di un nobilissimo amor di patria, l'esaltazione più eloquente
dell'amicizia perfetta e sincera, del senso del dovere e dell'abnegazione fino al sacri-
ficio. Comunemente si dice che Virgilio ha scritto l'episodio traendone lo spunto da
quello omerico di Diomedee Ulisse (Il., X), usciti ad esplorare il campo nemico per
scoprire i piani di Ettore e degli altri capi troiani; ma benché i due racconti si asso-
miglino in molti particolari, molto diversa è la loro ispirazione; cioè mentre il rac-
conto di Omero non va oltre i confini di una narrazione tranquilla e oggettiva, quale
intensa passione e quanta delicatezza di sentimenti nell'episodio virgiliano! Nel
racconto di Virgilio il lettore incontra una successione di scene drammatiche, che
suscitano in lui profonda commozione, e che egli ammira paventando e soffrendo
con il poeta: sono i pericoli, a cui i due giovani amici vanno incontro, è l'esito sfor-
tunato della loro impresa, è l'orrendo spettacolo offerto dai Rutuli davanti alle mura
del campo troiano, sono le grida disperate della madre di Eurialo alla notizia della
morte del figlio.
Ma nel canto non mancano neppure i motivi georgici diretti soprattutto all'esal-
tazione della campagna «che ha dato alla patria- scrive il Malesani - i cittadini più
valorosi, fucina di eroismo e riserva inesauribile di sane energie. Nessun poeta -
afferma sempre il Malesani - ha saputo fare un quadro così vivo e palpitante di
quella che fu la vita dura e operosa delle antiche popolazioni italiche, le quali, da
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Canto nono 353
Galleria di ritratti
Eurialo e Niso.
L'episodio centrale e più significativo del libro, è quello notissimo di Niso ed
Eurialo. Esso s'inserisce tra le due giornate di combattimento, con facile natura-
lezza. Ha il colore dell'ora, ed è tutto caldo, pieno, vivo, senza intoppi e ristagni.
L'idea dell'impresa sorge nella mente di Niso, prima incerta, poi netta e decisa.
Davanti al silenzio e all'ombra, ormai quasi generale, del campo nemico, egli vaga
colla fantasia nel campo delle possibilità, e mentre i capi, i vecchi, discutono, egli,
il giovane, che forse non sa ancora tutta la tristezza e le delusioni della guerra,
sente di poter fare qualche cosa di grande. Le varie possibilità si concentrano in
una sola, quella di attraversare la linea degli assedianti, e portare ad Enea la notizia
dell'improvviso attacco di Turno. Non c'è nella sua decisione nulla d'incomposto,
di temerario. Si direbbe che le sue parole sono pronunciate a bassa voce, guardando
il campo nemico, e sono ancora poco più che una meditazione solitaria. Egli pensa
che quell'ardore possa venirgli dagli dèi, tanto è ormai grande e forte, e gli fa vedere
il suo sogno come prossimo e facile a realizzarsi, ma dubita anche che gli uomini
possan prendere per ispirazione divina, i loro desideri e le loro passioni: « sono,
Eurialo, gli dèi che dànno questo ardore alle menti, o diventa a ciascuno un dio
la sua infausta passione? ».
Il suo primo disegno è di uscir solo dalla città. Non vuoi coin;olgc:re nel rischio
il fanciullo che gli è caro. Egli è ancora troppo giovane, per mettere la sua vita
alla ventura, deve restare, perché ci sia qualcuno che si ricordi di Niso, se la sorte
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3.54 Canto nono
dovesse èssergli avversa, deve restare perché ha una madre. Ed Eurialo risponde
caparbio ed inconsciamente crudele, come lo sono talvolta i fanciulli, ch'egli vuol
essergli compagno nell'impresa.
I due caratteri sono già perfettamente delineati. Eurialo ha già preso il soprav-
vento sulla malferma saggezza di Niso. Nessuna ambigua sfumatura sentimentale.
Niso è giovane, e la sua prudenza, i suoi timori non possono resistere all'ardore
ch'egli ha destato nell'animo del fanciullo, e che, ora, riprende più forte anche lui.
Quando son giunti davanti ai capi, che appoggiati alle loro aste, discutono sul da
farsi, Niso non ha più incertellze. La via che poco tempo prima credeva soltanto
possibile, ora l'ha vista, e lo scopo non è più soltanto di raggiungere Enea, ma di
attraversare il campo nemico, uccidendo e spogliando: «presto ci vedrete qui tor-
nare, carichi di spoglie, compiuta una grande strage». La città di Evandro gli sembra
ormai vicina, a portata di mano, e l'arrivarci facile, come una battuta di caccia.
La scena che segue, pur corrispondendo necessariamente a un rallentamento
dell'azione, è viva e mossa. La commozione del vecchio Alete, la promessa di
Ascanio, l'ombra della madre di Eurialo, che gli compare dinanzi nel momento del
distacco, lo commuove, lo fa piangere, fa piangere con lui Julo e i capi troiani: «io
ora la lascio, ignara di questo pericolo, qualunque esso sia, e senza darle il mio
saluto. Mi sia testimonio la notte e la tua destra, che io non potrei sopportare le
sue lagrime. Ma tu consola, ti prego, l'infelice, e soccorrila nel suo abbandono.
Lascia che io porti di te questa speranza: andrò con più ardore incontro alla mia
sorte! Piansero, a quelle parole, i Dardanidi, e più di tutti Julo, percosso nell'animo
dal caro ricordo del padre » - questi vari momenti della scena, sono tutti di una
sobria e contenuta drammaticità. Le stesse parole, con cui Ascanio promette a Niso
il fiore del bottino, non hanno nulla di convenzionale. C'è nel suo discorso come
una lieve ebrezza di fanciullo, che gli fa ormai considerare come cose sue le armi
e il cavallo di Turno, persino i campi di re Latino. Egli ha bisogno del padre, e, se
Enea ritorna, ogni tristezza scomparirà: «ogni mia fortuna e speranza io ripongo
in voi: richiamatemi il padre, fate ch'io possa rivederlo: lui ritornato, niente sarà
più triste per me ».
Eurialo poi, che prima ci era apparso come un fanciullo caparbio, e che rive-
dremo, fuori delle mura, inebriato della facilità della strage e dalla sua stessa teme-
rità, qui si trasforma, e riscatta col suo tremore di figlio i suoi stessi difetti. Virgilio
ha voluto ch'egli non fosse soltanto il bel giovanetto tradito dalla facile vittoria, e
stroncato dalla morte come un fiore purpureo, ma avesse, almeno per un momento,
la chim:a coscienza morale del valore del suo gesto. Eurialo doveva esser degno di
morire per Roma, e che il poeta intonasse anche per lui il canto della gloria.
Ma questo senso di commozione, che è ad un tempo presentimento di sventura,
non è che un'ombra passeggera. Il poeta non nasconde il destino dei giovani, e c'è
in uno dei suoi versi un'inaspettata e illogica spezzatura, per cui sembra che il
poeta veda queste creature della sua fantasia come creature reali, e s'avvicini loro
nel momento in cui stanno per uscire dal campo, ed abbia, egli che sa, gli occhi
tristi e velati dal pianto: « Usciti, superano il fosso, e vanno nell'ombra della notte
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Canto nono 355
verso il campo nemico per portar, tuttavia, essi a molti la morte». Ma essi non
sanno, e vanno verso il loro destino.
La pagina in cui Virgilio descrive la strage compiuta da Niso ed Eurialo nel
campo nemico, è una delle più belle pagine di guerra, varia, mossa, con un giuoco di
ombre, di luci stanche, di colori smorzati, con una sapienza prospettica nell'alter-
narsi delle immagini, ora sfumate e appena abbozzate, ora concrete, corpulente,
potenti, che fa pensare a un quadro rembrandtiano. Virgilio è riuscito a darci, con
rapidi tocchi, in tutta le scena, il senso del silenzio, dell'incubo del silenzio; gersino
la convenzionale similitudine omerica del leone affamato, è più breve, più raccolta,
anch'essa, in certo modo, silenziosa. Ed è vaga sensazione dell'avvicinarsi dell'alba,
espressa pittoricamente, con quella sobrietà di mezzi, che sembra, in Virgilio, spiri-
tualizzare la realtà naturale, la causa dell'improvviso pentimento di Niso: «e già
si volgeva ai compagni di Messapo; vedeva colà venir meno le ultime fiamme di
un fuoco, e i cavalli legati in bell'ordine che brucavano l'erba: e disse rapido Niso -
sentiva infatti che troppo si lasciavan (rascinare dalla gioia della strage: - Fermia-
moci, ché s'avvicina ormai la luce nemica».
Ma lo scalpitare eguale e serrato dello squadrone di Volcente - «Frattanto
cavalieri, mandati innanzi dalla città latina, mentre l'esercito attendeva schierato
sui campi, andavano a portare a Turno la risposta del re, trecento, tutti armati di
scudo, al comando di Volcente » - rompe definitivamente il silenzio. L'elmo di
Messapo tradisce Eurialo. Niso riesce a fuggire, ma Eurialo, il fanciullo, si turba
ed è preso. Il dramma volge rapidamente alla catastrofe. Niso tenta di salvare
l'amico, ma il suo intervento non fa che peggiorare la situazione e Volcente decide
di vendicare su Eurialo la morte dei due compagni: «ma allora, folle di terrore,
Niso gettò un grido, né poté più a lungo nascondersi nelle tenebre, e sopportare
cosi grande dolore. Son io, son io che ho colpito, volgete su di me le vostre armi,
o Rutuli! Mia è tutta la colpa, costui nulla osò, e nulla poteva osare; chiamo in
testimonio questo cielo e le conscie stelle; egli è colpevole solo di aver troppo amato
il suo infelice amico. Cosi diceva; ma la spada non si fermò e trapassò nel suo impeto
le coste, rompendo al giovanetto il candido petto. Eurialo morente cade riverso,
scorre il sangue per le belle membra, e il capo ripiega senza vita sull'omero: come
quando un fiore purpureo, tagliato dall'aratro, languisce moribondo, o i papaveri,
gravati dalla pioggia, piegano talvolta sullo stanco stelo la testa. Ma Niso si getta
in mezzo ai nemici, e, fra tutti, non mira che al solo Volcente, non guarda che a lui.
Lo stringono in cerchio i compagni, e•d'ogni parte il ricacciano. Egli non ristà
e continua a roteare fulmineo la spada, finché l'immerse nella bocca urlante del
Rutulo, e gli strappò, già moribondo, l'anima. Allora, tutto trafitto, si gettò sull'esa-
nime amico, e vi trovò finalmente nella placida morte il riposo ».
Versi mirabili per movimento e passione. Eurialo non è qui che un bel giova-
netto dai tratti delicati e femminei, che pur straziato dalla ferita, si ricompone nella
morte, che lo fa, nel viso, malinconicamente bello. Ma la sua delicata figura di fan-
ciullo non è nel quadro che un momento. Quella che predomina è la generosa ed
eroica passione di Niso, passione di amico, di compagno, di guerriero... Il prota-
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356 Canto nono
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Canto nono 357
Raffronti di traduzione
Fortunllti tlmbo! si quid mell carminll possunt, Felici entrambi! se il mio canto vale,
nullll dies umqullm memori vos eximet /levo, nessun tempo farà da le memorie
dum domus Aenelle Ctlpitoli immobile Sll'JCum voi tramontar, fin che d'Enea la stirpe
llCcolet imperiumque Pllter Romllnos hllbebit. terrà del Campidoglio il sasso immoto
(vv. 446-449) e il romano padre avrà l'impero.
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CANTO DECIMO
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CANTO DECIMO
Mentre Italici e Troiani, il giorno successivo alla notte in cui Eurialo e Niso
sono stati uccisi, combattono furiosamente, Giove riunisce a concilio gli dèi e li
invita :a desistere dall'incitare i due avversari alla guerra. In realtà il suo rimprovero
è diretto a Giunone; e Venere lo sottolinea apertamente accusandola delle azioni
ostili ai Troiani da lei provocate fin dalla loro partenza dalla Troade, e soprattutto
dall'assalto di Turno al campo troiano da lei scatenato mentre Enea è lontano. Giu-
none e Venere si rimbeccano a vicenda, sforzandosi di indurre Giove a seguire le
loro rispettive idee, ma il re degli dèi chiude la disputa affermando ch'egli non par-
teggerà né per gli uni, né per gli altri, e lascerà che i fati si compiano secondo il
loro corso naturale. Mentre gli dèi sono riuniti a consiglio e gli Italici assediano il
campo troiano, Enea si mette in mare con le schiere alleate, di cui poi il poeta fa la
rassegna. Durante la navigazione l'eroe troiano scorge intorno alla sua nave un coro
di ninfe danzanti: sono le sue navi, trasformate da Cibele in ninfe per salvarle dall'in-
cendio. Una di esse, Cimodocèa, gli racconta i particolari dell'evento prodigioso, poi
gli dà preziosi ragguagli dei piani di Turno e del campo assediato, e lo incita ad
affrettare il viaggio, spingendo essa stessa la nave. In vista del campo troiano, Enea
ordina ai suoi di prepararsi a combattere e dà le disposizioni per lo sbarco. I Troiani
dell'accampamento scorgono il suo arrivo e levano grida di gioia. Turno si stupisce,
ma quando scorge la Botta con Enea tutto scintillante nelle nuove armi, incoraggia ed
incita i suoi soldati ad impedire lo sbarco dei nemici. Ma Enea riesce a precederlo, e
a Turno non rimane che assalire gli avversari già sbarcati. Si accende cosl una bat-
taglia furibonda. Enea fa grande strage di Italici; ed anche Pallante compie azioni
di grande valore, ma il giovane figlio di Evandro cade ben presto per mano di Turno,
accorso a ristabilire le sorti della lotta. Alla notizia della morte di Pallante Enea
piomba addolorato e furente sul suo uccisore per vendicarne la morte, ma Giunone
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362 Canto decimo
ottiene da Giove che la morte di Turno, se proprio non può essere evitata, sia almeno
ritardata. E scesa sulla terra foggia un'immagine. di Enea, che attira subito l'atten-
zione di Turno. Il fantasma entra in una nave, il principe rutulo l'insegue, Giunone
ne taglia « la gomena, stacca lo scafo dalla riva » e lo trascina « via nel riflusso del
mare ». Scomparso Turno, sottentra nel vivo della battaglia Mesenzio, che resiste
all'assalto nemico e fa grande strage intorno a sé di avversari. Enea lo vede e, furioso
della morte di Fallante, lo affronta e lo ferisce ad una coscia. Lauso, figlio di Mesen-
zio, accorre in difesa del padre e nel duello con Enea, che non avrebbe voluto com-
battere con lui e l'aveva perciò invitato ad allontanarsi, cade in un lago di sangue.
Mesenzio, mentre in un luogo discosto si cura la ferita, apprende la morte del figlio:
glielo portano morto i suoi compagni adagiato sopra uno scudo. A questa vista è
assalito da un'angoscia profonda e da fieri rimorsi. Non gl'importa più di morire e,
benché ferito, si leva, ordina che gli portino il cavallo e va ad affrontare Enea deciso
di vendicare la morte del figlio o di morire. L'eroe troiano con un colpo di lancia· gli
fa stramazzare il cavallo e Mesenzio, a terra, ferito e con una spalla slogata, non com-
batte più; chiede al suo avversario solo di morire e di essere sepolto accanto al figlio.
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CANTO DECIMO meno Ascanio; Giunone ac-
cusa invece l Troiani di aver
essi portata la guerra e la di-
Giove invita gli dèi alla concordia: il concilio degli dèi (1-1.54) - struzione nel pacifico Lazio
Il nuovo assalto al campo troiano (r.5,5-186) - Enea ritorna con gli e afferma che i Latini hanno
alleati- Il coro delle ninfe (187-324)- Lo sbarco e la battaglia sulla
spiaggia (325-4.53) - Eroismo di Fallante e sua morte (4.54-641) - tutto il diritto di difendere
Enea vuoi vendicare Fallante, ma Giunone salva Turno (642-8.5,5) la loro terra dall'invasore.
- Mesenzio assale i Troiani ed è ferito da Enea (8,56-982) - Morte Giove chiude la disputa or-
di Lauso e di Mesenzio (983-1128}. dinando agli dèi di lasciar li-
bero il corso del destino, sen-
za aiuti né per Turno, né
per Enea.
Giove invita gli dèi alla concordia:
il concilio degli dèi 1. Si spalancano, ecc.: pro-
babilmente il poeta intende
che la convocazione degli dèi
S1 spalancano
ìntanto le porte della reggia
sull'Olimpo avvenga contem-
poraneamente allo svolgersi
dei fatti narrati nel canto
in cima all'Olimpo onnipotente: il Padre nono; lo confermerebbe l'av-
verbio « intanto » del verso
dei Numi e re degli uomini convoca l'assemblea successivo, il quale non in-
s nel suo stellato soggiorno, da dove contempla dicherebbe quindi semplice
dall'alto tutta la terra, il campo dei Dardanidi transizione dal canto pre-
cedente.
e i popoli latini. Gli Dei prendono posto
5· nel suo stellato soggior-
no: nella sede celeste, posta
IL CONCILIO DEGLI DÈI tranno ancora entrare in liz- fra le stelle. Si ricordi che,
(1-154). - Sull'Olimpo Gio- za fra loro, e sarà quando detronizzato Cronos (il Sa-
ve chiama a concilio gli dèi Roma dovrà difendersi da turno latino), i suoi figli si
e, rammaricandosi della guer- Cartagine. Venere risponde divisero il mondo: a Giove
ra che è stata scatenata fra dolendosi che, nonostante la toccò in sorte il regno del
ftalici e Troiani, li rimpro- ripetuta assicurazione del cielo, a Nettuno quello del
vera d'essersi nuovamente destino che attende i Troiani mare e a Plutone quello del
mischiati nelle faccende u- in I t alia, essi siano ora in mondo sotterraneo; e gli dèi
mane, e li invita a desistere. pericolo d'essere distrutti, e si divisero anch'essi in ce-
V eml il tempo in cui po- prega Giove che sia salvo al- lesti, del mare, delle tenebre.
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364 Canto decimo
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Canto decimo 36 5
di Troia che rinasce; ecco ancora il Tidide sto che vi sia chi voglia cam-
muovere contro di loro dall'etolica Arpi. biare ciò che tu hai dispo-
sto, mutando il corso del de-
È già deciso, credo, che io sia ferita ancora, stino. E ricorda a questo
che tua figlia sia esposta alle armi d'un mortale. punto tutti gli ostacoli creati
40 Se i Troiani son giunti contro la tua volontà da Giunone per impedire ad
e senza il tuo consenso in Italia, che paghino Enea lo sbarco alle foci del
le loro colpe, privali del tuo aiuto! Se invece Tevere: l'incendio delle na-
vi provocato da Iride ed Eri-
sono arrivati seguendo i resposi dei Mani ce, in Sicilia, incitando le
e degli Dei del cielo, perché adesso qualcuno donne troiane (V, 699), la
45 ha potuto cambiare ciò che avevi disposto, tempesta suscitata da Eolo,
creando nuovi destini? Perché ricordare re dei venti (1, 99 e sgg.),
le navi incendiate sulla spiaggia di Erice? che scaraventò i Troiani sul-
le coste dell'Africa, l'assalto
Il contegno del re delle tempeste, i venti di Turno al campo troiano
furiosi scatenati da Eolia? Le missioni provocato anche da Iride
50 della veloce Iride? Ora muove persino (IX, 2 e sgg.), e la ribellione
l'Inferno (che restava tranquillo) contro di noi; ai voleri del Fato dei popoli
Aletto scatenata all'improvviso tra gli uomini, latini, di Amata e di Tur-
no prodotta da Aletto, furia
infuria nelle città d'Italia. Non mi preoccupo infernale.
dell'impero: ho sperato cose grandi finché 53-54· Non mi preoccupo
55 la Fortuna sembrava favorirci; ma vinca dell'impero: allude al domi-
chi vuoi! Se in tutto il mondo non c'è nessuna terra nio del mondo promesso da
che la tua dura consorte voglia concedere ai Teucri, Giove ai discendenti di
Enea (1, 300 e sgg.). Natu-
Padre, te ne scongiuro per le rovine fumanti ralmente non è vero che non
si preoccupi; la dichiarazio-
dieci anni, siano ancora as- con ironia ed amarezza la ne è un'astuzia oratoria per
sediati nella nuova Troia dea ricorda d'essere stata già provocare Giove a conferma-
(l'accampamento alle foci del ferita da Diomede durante re al consiglio dei Numi il
Tevere era, per i fuggiaschi la guerra troiana, quando es- destino di Roma, dei cui
troiani, la loro nuova pa- sa scese in campo per salvare decreti egli è l'annunciatore
tria) da un altro esercito. Enea (Il., V, 330 e sgg.), e e l'esecutore.
quello degli ltalici. - ecco non vorrebbe che Diomede 55-56. ma vinca chi vuoi:
ancora il Tidide, ecc.: allude la ferisse una seconda volta. Venere non dice il nome di
all'ambasceria inviata a Dio- 4o-52. Se i Troiani son chi Giove, secondo lei, vuo-
mede (VIII, rr e sgg.), figlio giunti, ecc.: il discorso di le che abbia la vittoria nel-
di Tideo (Tidide). E per da- Venere si fa ora serrato; e l'aspra contesa; ma Hinsinua-
re maggior peso alle sue pa- la bella figlia di Giove con zione è diretta contro Giu-
role, afferma ch'egli è già un dilemma preciso e strin- none, che è nominata esplici-
in marcia con un esercito gente mette il padre alle tamente nel verso successivo:
per unirsi ai Latini. - Arpi: strette. Se i Troiani, ella «la tua dura consorte».
una delle città fondate in dice, sono giunti in Italia 58-59. per le rovine fu-
Italia da Diomede, e sua contro la tua volontà, « pa- manti, ecc.: ma l'incendio
residenza. Diomede, non so- ghino le loro colpe, privali di Troia era estinto da tem-
lo non ha accolto l'invito, del tuo aiuto! »; se invece po; perciò l'immagine vuoi
ma ha consigliato i Latini a essi vi sono arrivati, perché significare che, nonostante il
non fare la guerra e a ve- confortati e guidati da re- tempo trascorso, il ricordo
nire a patti con i T roiani. sponsi divini, e quindi con della distruzione di Troia
38. che io sia ferita, ecc.: il tuo consenso, non è giu- è ancora vivo e bruciante.
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366 Canto decimo
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Canto decimo 36 7
Quale uomo, quale Dio ha costretto il tuo Enea 88-96. ma sono stata io,
a scatenare la-guerra lanciandosi contro Latino? ecc.: Giunone respinge an-
85 che la responsabilità, di cui
È arrivato in Italia per volere dei Fati, Venere l'aveva accusata, del-
sospinto dai furori di Cassandra, e sia pure: le difficili condizioni dei Tro-
ma sono stata io a fargli abbandonare iani assediati nel loro cam-
l'accampamento per darsi follemente in balia po; e ne attribuisce la colpa
ad Enea, che si è allontanato
90 dd mare e del vento, affidando a un ragazzo per incitare alla guerra, lei
la responsabilità della guerra e le mura afferma, gli Etruschi ed altre
da difendere? Forse sono stata io genti tranquille (Evandro).
Ma noi sappiamo che Enea
a mandarlo a agitare gli Etruschi e altre genti si è allontanato dal campo,
tranquille? Quale Dio, quale mia prepotenza perché spinto dal pericolo
95 l'ha spinto nel pericolo? Che cosa c'entra in questo che i Troiani correvano a
Giunone, ed anche Iride? È proprio un'ingiustizia causa dello stato di guerra
suscitato contro di essi da
vedere gli l talici circondare di fiamme Giunone; e sappiamo anche
la nuova Troia e Turno stare tranquillamente che il capo troiano non è
nella sua patria terra: Turno che ha il Dio Pilunno partito col proposito d'inci-
tare alla guerra gli Etruschi.
100 per avo e la Dea Venilia per madre! Ed è giustizia Questi erano già sul piede di
che i Dardanidi facciano prepotenza ai Latini guerra. - Che cosa c'entra,
con nere torce, opprimano col loro giogo campi ecc.: nessuno, dice Giunone,
ha spinto Enea nel pericolo;
stranieri, saccheggiandoli? È giusto imporsi a un suoce- né io, né Iride siamo inter-
[ro, venute in questa faccenda.
96-100. E proprio un'in-
giustizia, ecc.: è proprio una
i Troiani sono: il giudizio di cosa indegna, deplorevole,
dànno ai fatti la versione che chiede Giunone in tono iro-
Paride, e quindi l'onta subi- più fa comodo ai propri inte- nico, parodiando le parole di
ta con il dispre7.ZO della sua ressi.
bellezza; gli onori ai quali è Venere, circondare di fiam-
86-87. per volere dei Fa- me il campo fortificato de-
stato elevato Ganimede, fi- ti... Cassandra, ecc.: Venere gli invasori (la nuova Troia),
glio di Troo, re di Troia, il aveva giustificato la presen- e consentire a Turno di di-
quale fu rapito da Giove per za di Enea in Italia ricordan-
mezzo di un'aquila e assunto do « i responsi dei Mani e fendersi per rimanere tran-
in cielo quale coppiere degli degli dèi del cielo»; Giuno- quillo nella terra, che è la sua
dèi, in luogo di Ebe, figlia ne, in tono ironico, attribui- patria? -Turno che ha il dio
dello stesso Giove e di Giu- sce quei responsi alle furie Pilunno, ecc.: Turno 'che di-
none (I, 34-38; V, 276-280). di una donna isterica, Cas- scende dal dio Pilunno, suo
84-85. Enea a scatenare la sandra, cui nessuno aveva trisavolo, ed ha per madre la
gue"a, ecc.: Giunone sa mai creduto. Della profezia ninfa Veniliai" (VII, 415 e
benissimo che Enea non è di Cassandra aveva fatto cen- sgg.; IX, 4).
colpevole della guerra che si no Anchise al figlio (III, 226 102. con nere torce: e-
combatte nel Lazio. L'eroe sgg.), dopo che Enea gli ave- spressione poetica per dire
troiano aveva offerto e otte- va raccontato il sogno nel « con la guerra ». Potrebbe
nuto la pace dal re La~no. quale i Penati gli avevano alludere all'uccisione del
Ma questi antichi dèi sono consigliato di levare le anco- cervo di Silvia, ma è, comun-
come gli uomini di tutti i re dall'isola di Creta, dov'era que, un'altra falsa accusa,
tempi, i quali non si preoc- approdato, e di raggiungere con la quale Giunone mira
cupano della verità e della una terra antica chiamata I- a nascondere la propria col-
giustizia, ma troppo spesso talia (III, 191 sgg.). pevolezza.
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368 Canto decimo
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Canto decimo 3 69
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370 Canto decimo
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Canto decimo 37I
E c'era Mnèsteo, che il vanto d'aver cacciato Turno I88. nella notte: è la not-
dalle mura solleva sino alle stelle, e Capi te successiva a quella in cui
t85 Venere consegnò ad Enea le
da cui deriva il nome d'una città campana.
armi fabbricate da Vulcano.
I94-I9.'1"· la caducità delle
Enea ritoma con gli alleati cose mortali: l'espressione è
Il coro delle ninfe piuttosto generica, e si pre-
sta a varie interpretazioni.
Mentre Troiani e Rutuli combattevanò un'aspra Enea può aver ammonito il
re di Cere, Tarconte, che un
battaglia, Enea nella notte solcava l'onde del mare. giorno anche gli Etruschi po-
Infatti, lasciato Evandro e arrivato nel campo tevano aver bisogno dell'aiu-
190 degli Etru~i, ne aveva avvicinato il re to altrui, oppure, con pre-
dicendogli il suo nome, la sua stirpe e il perché cisione maggiore, che Tur-
del suo arrivo, spiegandogli quali siano le forze no, se vincitore, poteva ten-
tare di riporre Mesenzio sul
proprie e quelle che aiutano Mesenzio, e l'audacia trono di Cere o, peggio, di
di Turno, ricordandogli la caducità assoggettare al suo dominio
195 delle cose mortali. Tarconte accoglie subito l'intera Etruria, ma forse più
le preghiere di Enea, conclude un'alleanza semplicemente che Mesenzio,
con lui, pone ai suoi ordini le proprie forze. Allora rifugiatosi ad Ardea presso
Turno con notevoli forze ar-
la gente lidia, affidata ad un capo straniero mate, dopo aver aiutato Tur-
secondo il volere dei Numi, sciolta dal Fato, sale no a vincere i Troiani, avreb-
200 sulla flotta. La nave di Enea si tiene in testa: be mosso guerra agli Etru-
schi cori l'aiuto del suo pro-
porta come polena due leoni di Frigia tettore.
sopra ai quali s'innalza la montagna dell'Ida 198. la gente lidia: antica-
carissima agli esuli troiani. Qui è seduto mente si credeva che gli E-
il grande Enea pesando tra sé tutti i pericoli truschi fossero venuti in
Italia dall'Asia Minore (Li-
dia).
184. Mnèsteo: aveva spro- ne nomina sette, comandate I99· sciolta dal Fato: li-
nato i Troiani, e partecipato da Massico con i gue"ieri di berata dall'inazione, cui era
egli stesso, a cacciare Turno Chiusi, da Abante con gli ar- costretta dal Fato, il quale
dal campo (IX, 927 sgg.). mati di Populonia, Asila con esigeva che il comandante
r85. Capi: il mitico fon- i Pisani, Astir con quelli di dell'esercito fosse uno stra-
datore di Capua, già nomi- Cere, Cupavone coi Liguri, niero.
nato più volte (I, 217; II, Ocno con i Mantovani ed
49; IX, 697). Auleste anche con Mantova- 2oi-203. porta come pale-
ni. I n alto mare Enea incon- na, ecc.: sulla prora, come
ENEA RITORNA CON GLI AL- tra le Ninfe, che erano state ornamento ed emblema, la
LEATI- lL CORO DELLE NINFE le sue navi, ed una di esse, nave di Enea ha dipinti due
(187-324). - Mentre intorno Cimodocéa, gli dà notizie leoni, animali sacri a Cibele,
al campo troiano si combat- della loro trasformazione e e aggiogati al suo carro, ed
te, Enea sta per raggiungere dei pericoli che corrono gli una immagine del monte I-
i suoi con una nuova flotta e assediati nel campo troiano. da, il monte che domina
gli alleati. Era partito a not- Lo invita quindi ad affrettar- Troia.
te fatta dall'Etruria con tren- si, ed ella stessa imprime 204-205. pesando tra sé,
ta navi, provenienti da varie alla nave una velocità mag- ecc.: meditando sui possibili
città della costa, cariche di giore. Anche le altre navi se- eventi della guerra e sulle
guerrieri etruschi; e il poeta guono più rapide. difficoltà da superare. L'eroe
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372 Canto decimo
pensa alla lotta grave e peri- 20S della guerra. Fallante seduto alla sua sinistra
colosa, a cui va incontro. gli chiede tante cose: notizie delle stelle
205-208. Pallante seduto,
ecc.: è un quadro dal tocco che mostrano loro il cammino entro l'opaca notte,
delicato e profondo, di cui notizie dei suoi travagli per terra e per mare.
Virgilio è maestro. Accanto Muse divine, apritemi l'Elicona, ispirate
ad Enea siede Pallante devo- 210 il mio canto: narratemi che esercito venga dietro
to all'eroe e curioso di sa-
pere; vuoi avere notizie del- ad Enea dalle spiagge della Tuscia, viaggiando
le st~e che servono a rego- per il mare spumoso su navi bene armate.
lare la navigazione, e, gio- Solca per primo i flutti Massico, sulla bronzea
vane ardente, coraggioso e Tigri; ne seguono gli ordini un migliaio di giovani
aperto, desidera conoscere
dalla viva voce di Enea, di 21S che han lasciato le mura di Chiusi e la città
cui in breve tempo ha com- di Cosa, armati di frecce leggere e d'arco mortale.
preso il valore, i pericoli da Procede di conserva il torvo Abante: i suoi uomini
lui superati per terra e per splendono d'armi belle, la sua nave d'un aureo
mare, le traversie sofferte, le
famose imprese fauste o in- simulacro d'Apollo. Populonia, sua patria,
felici. 220 gli ha dato seicento soldati agguerriti, trecento
209-212. Muse divine, ecc.: li ha aggiunti l'isola d'Elba, ricca di inesauribili
come prima della rassegna miniere di metallo. Terzo è Asfla, famoso
delle forze italiche raduna-
tesi a Laurento per muovere profeta degli uomini e degli Dei, interprete
guerra ai Troiani, cosi ora, dei presagi nascosti nelle fibre animali,
prima della rassegna della 22S nelle costellazioni celesti, nel linguaggio
flotta che sta per salpare dal- degli uccelli, nei fuochi profetici del fulmine.
le coste dell'Etruria per re-
carsi nel Lazio a combattere Lo seguono mille guerrieri in file serrate, spinose
contro Turno e i suoi allea-
ti, il poeta chiede alle Muse
d'ispirare il suo canto. attributo »; invece il poeta, questo Asila dovrebbe essere
213-216. Massico ... Aban- quasi certamente, l'ha usato un altro, e quindi etrusco:
te... Asi/a... , ecc.: sono co- per dare vita e varietà ali' e- famoso indovino che cono-
mandanti di navi, i cui nomi lenco di questi personaggi sceva la volontà degli dèi e
sono tratti dalla geografia. noioso, ma voluto dalla tra- la comunicava agli uomini.
Nessuno di questi personag- dizione epica. Questo Aban- Gli Etruschi erano maestri di
gi è altrimenti noto, e ad ec- te non deve essere confuso divinazione, e sapevano trar-
cezione di Aulente non com- con l'Abante troiano del re auspici dalle viscere di a-
pariranno più nel poema. - canto I, verso 145. - Popu- nimali sacrificati, dall'osser-
sulla bronzea Tigri: la nave lonia: città dell'Etruria che vazione delle stelle, dal canto
di Massico si chiama Tigri sorgeva non lungi dalla at- degli uccelli, dal fragore dei
ed ha per emblema una ti- tuale Piombino. - miniere di tuoni e dal lampeggiare dei
gre di bronzo. - Chiusi ... Lo- metallo: anche oggi l'isola fuhnini. - ùt file serrate:
sa: Chiusi conserva tuttora d'Elba, non lcntana dalle co- che combattono a file serra-
lo stesso nome; Lasa sorgeva ste toscane di fronte all'an- te, in fitta schiera. Il testo
presso il monte Argentario, tica Populonia, continua a latino ha « densos acie ». -
non lontana dall'odierna Or- fornire abbondante minerale spinose di /ance: irte di lan-
betello. di ferro. ce. « Spinose » ti dà l'imma-
217-222. il torvo Abante: 222-229. Terzo è Asi/a, gine di una formazione com-
il truce Abante. Il Sabbadi- ecc.: un Asila è nominato patta di soldati, le cui lance
ni annota che « non si com- anche al verso 692 del can- sono come le spine di una
prende il perché di questo to IX, ma quello è italico; pianta o di un istrice. - da
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Canto decimo 373
di Iance: posti ai suoi ordini da Pisa, città etrusca to, che fu trasformato in un
ma di origine aHea. Poi viene il bellissimo Asture, candido uccello, il cigno, dal
fiero del suo cavallo e delle armi variopinte. canto melodioso. Perciò Vir-
230 gilio fa portare scl cimiero
Trecento Io accompagnano (d'accordo nel seguirlo); al figlio di lui, Cupavone, le
gli abitatori di Cere, dei campi solcati penne del cigno come inse-
dal Mignone, di Pirgi, di Gravisca malsana. gna, e ricorda che fu l'amore
Non tacerò di te, forte capo dei Liguri, la causa della sua curiosa
trasformazione. - tra i piop-
235 Cupavone seguito da pochi, dall'elmo pi, ecc.: secondo la leggenda
adorno di piume di cigno, ricordo di tuo pa~re Fetonte, figlio di" Elios e di
Cigno, che mise penne per colpa dell'amore. Climene, ottenne dal padre
Si dice infatti che Cigno, in lutto per la morte il permesso di guidare il car-
ro di giorno, ma per la sua
dell'amato Fetonte, mentre tra i pioppi, all'ombra
inesperienza i focosi cavalli
240 delle piangenti sorelle, cantava consolando gli presero la mano e il coc-
con la musica il triste amore, diventasse chio, uscendo dalla strada, si
sempre piu vecchio e bianco, si coprisse di penne alzò e bruciò il cielo lascian-
morbide e abbandonasse la terra per salire, do come segno la Via Lat-
tea, poi si abbassò e inaridl
cantando sempre, sino alle stelle. Suo figlio i fiumi. Giove impedl una
245 a capo d'una schiera di coetanei, spinge catastrofe maggiore fulmi-
coi remi l'enorme Centauro: il gigante, effigiato nandolo; e il giovane Feton-
nella palena si leva alto sull'acqua e minaccia te precipitò nel Po, sulle cui
le onde con un macigno mostruoso: la nave sponde crebbero, trasforma-
te in pioppi, le piangenti E-
solca il mare profondo con la lunga carena. liadi, sue sorelle. - Suo fi-
250 Segue Ocno che guida dalle rive paterne glio, ecc.: il figlio di Cupavo-
un esercito. Ocno figlio del fiume etrusco ne spinse con i remi la gran-
e di Manto indovina. Ocno che ti fondò, de nave, il cui emblema è un
centauro, che si erge sul ma-
Pisa, ecc : è la Pisa attuale, fiume che nasce ad ovest di re in atto di precipitare nel-
fondata dai Greci della cit- · Tarquinia e si getta nel ma- l'acqua un grosso macigno.
tà omonima dell'Elide, sul re presso Bagni S. Agostino; 250.262. Segue Ocno che
fiume Alfeo (di origine el- Pirgo, sulla costa tirrenica guida, ecc.: Ocno è figlio del
fea). dell'attuale S. Marinella, non Tevere (fiume etrusco) e di
229-233. il bellissimo A- lungi da Cerveteri, l'antica Manto, mitica profetessa ita-
sture, ecc.: guerriero etrusco Cere; Gravisca, città costie- lica (da non confondere con
ignoto, orgoglioso del caval- ra della Maremma toscana, Manto, anche profetessa, fi-
lo e delle armi. Il testo la- non identificata. Forse era glia di Tiresia); ma il poeta
tino ha «equo fidens », che infestata dalla malaria é non dice il paese di cui Ocno
significa « sicuro del suo ca- quindi malsana, donde il è re. Evidentemente è una
vallo», nel senso che il ca- nome « Gravisca », che si- terra etrusca, se egli è par-
vallo gli era molto obbedien· gnificherebbe «aria pesante, tito « dalle rive paterne ». -
te. - d'accordo nel seguir/o: malsana». Ocno... Mantova: secondo
animati dal suo stesso ardo- 235-249. Cupavone, ecc.: un'altra tradizione, che fon-
re, dalla sua stessa volontà. re dei Liguri, ricordato dal de i due miti e fu accolta da
- Cere... Mignone... Pirgi... poeta soprattutto come figlio Virgilio, la figlia di Tiresia
Gravisca: Cere, la città che di Cigno o Cicno, il grande sarebbe venuta in Italia e
aveva scacciato Mesen2io e amico di Fetonte, di cui, dal dio Tiberino avrebbe a-
in cui si erano radunate le quando precipitò dal carro vuto un figlio, Ocno; questi,
truppe etrusche; Mignone, del sole, pianse la morte tan- là dove il Mincio s'impaluda,
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374 Canto decimo
avrebbe fondato lui la città Mantova, e che ti diede il nome di sua madre.
ch'egli chiamò Mantova dal Mantova è una città dai molti antenati, non tutti
nome della madre. - città dai 255 della medesima gente: in essa ci sono tre stirpi,
molti antenati, ecc.: il poeta,
che si considera mantovano ognuna divisa in quattro popoli; e tante tribu
(è nato a Pietole Virgilio, a son dominate da quella che trae le sue forze
tre chilometri da Mantova), dal sangue etrusco. Di là muovono contro Mesenzio
esce in questa apostrofe af-
fettuosa, attribuendo alla sua cinquecento guerrieri: sembra guidarli attraverso
città una storia gloriosa (dai 260 la liquida pianura del mare il Mincio, figlio
molti antenati) ed un certo del Benaco, scolpito sulla prua della nave
predominio su altre popola- col capo coronato di glauche canne. Avanza
zioni ad essa confederate.
Cioè le stirpi, che sarebbero quindi pesantemente Auleste: la sua nave
state tre, potevano essere: percuote con cento remi le onde spumeggianti.
gli Etruschi, la principale, i 265 La polena è un Tritone enorme che atterrisce
Celti, che vivevano numero-
si nell'Italia settentrionale, e con la buccina l'acqua .celeste in cui è immerso
forse gli Umbri, prima che sino alla vita: ha busto e capo irsuto d'uomo,
discendessero nel centro del- ventre e coda di pesce, l'onda schiumosa mormora
la penisola. Ognuna di que- sotto il suo corpo parte umano e parte bestiale.
ste tre stirpi era distribuita
in quattro città, cosl che tut- 270 Erano questi i principi valorosi che andavano
te insieme formavano una in aiuto di Troia, montati su trenta navi,
confederazione di dodici cit- solcando i campi del mare con le prore di bronzo.
tà, alla quale sovrastava La luce era scomparsa dal cielo, la divina
Mantova. - contro Mesenzio,
ecc.: la notizia delle effera- luna toccava già col suo carro notturno
tezze di Mesenzio è giunta 275 il punto piu alto del suo percorso: Enea
anche a Mantova ed ha mos- (cui le preoccupazioni non davano riposo)
so contro di lui cinquecento seduto regge il timone di persona e governa
guerrieri. - sembra guidar-
li... il Mincio, ecc.: Mincio è con le vele la nave. Ed ecco che a metà
la nave che trasporta i guer- del viaggio gli viene incontro un coro di Ninfe:
rieri mantovani, cosl chia- 280 erano le sue navi, le sue compagne, alle quali
mata perché sulla prora ha la divina Cibele aveva comandato
per emblema il fiume dal
di assumere il potere marino e trasformarsi
quale sono partiti, raffigura-
to con la testa coronata di in Dee del mare: nuotando tutte insieme solcavano
canne. Il Mincio è l'emissa- i flutti, tante quante erano state le prore
rio del Garda (Benaco), e
forma i laghi di Mantova. zo: sono i rostri, di cui le quali Enea era venuto da
263-269. Auleste: Auleste, navi sono armate. Troia. Suggestivo questo
fratello di Ocno e fondatore 274. col suo carro: gli an- quadro dell'incontro di uno
di Perugia, procede lenta- tichi immaginavano che an- stuolo di Ninfe immortali
mente con la sua nave, che che la luna percorresse il con le navi di Enea che fi-
ha per insegna un Tritone. cielo sopra un cocchio, come lano silenziose, cariche di ar-
I Tritoni erano semidei ma- il sole. mati, sulla vastità del mare,
rini, metà uomini e metà pe- 279. un coro di Ninfe: verso grandiosi destini!
sci, con capelli verdognoli e una schiera di Ninfe: sono 285. lungo il lido: lungo
corpo squamoso;· formavano le Ninfe marine, in cui Ci- la riva, alla foce del Tevere,
il corteo di Nettuno. bele, per salvarle dal fuoco, dove Enea aveva costruito
272. con le prore di bron- ha tramutato le navi con le l'accampamento.
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Canto decimo 375
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376 Canto decimo
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Canto decimo 377
suo lugubre tutto l'orizzonte del cielo. Ognuno adesso pensi, ecc. :
Il coraggioso Turno non dispera però è il motivo più frequente
d'occupare la spiaggia per primo e allontanare nelle esortazioni al combatti-
350 mento presso tutti i popoli
dalla terra il nemico che sta per sbarcare. e in tutti i tempi: i Troiani
Anima i suoi soldati e li rimprovera: «~giunto sono invasori e costituisco-
quello che avete tanto desiderato e chiesto no un pericolo per la fami-
glia e la casa, che sono !e
nelle vostre preghiere; è giunto il giorno d'uccidere. cose più vicine al cuore dei
355 L'esito della guerra sta nelle vostre mani. combattenti. t quindi neces-
Ognuno adesso pensi alla moglie e alla casa: sario liberare la patria dalla
ognuno rinnovi le gesta gloriose loro presenza. - La Fortuna,
ecc.: la frase è diventata
dei padri. Su, corriamo subito al mare, mentre proverbiale.
sono appena approdati tutti storditi, e il suolo 364. riflusso: il movimen-
360 vacilla ai loro passi maHermi. La Fortuna to dell'acqua prodotto sulla
aiuta gli audaci! »... Intanto pensa tra sé spiaggia più o meno forte a
seconda dell'altezza delle on-
chi portare all'attacco, chi lasciare all'assedio. de del mare.
Enea sbarca le truppe gettando passerelle 368-370. dove l'acqua non
dalle alte poppe. Molti vedendo che il riflusso ribolle, ecc.: dove non vi so-
365 è debole si azzardano a saltar sulla sabbia: no scogli. Quando sotto il
pelo dell'acqua non vi sono
altri toccano terra calandosi lungo i remi. scogli, le onde non formano
T arconte osserva il lido e notato un approdo dei piccoli vortici, ma pro-
tranquillo dove l'acqua non ribolle ed il flutto seguono lisce.
non gorgoglia frangendosi, ma si allunga con onde 373·375· fendete questo
suolo, ecc.: Tarconte incita
370 che non trovano ostacoli, lisce, serene, subito i rematori a spingere le navi
la prua vi punta e prega i compagni: «Avanti il più velocemente possibile;
giovani scelti, forza, curvatevi sui remi! non importa se esse andran-
Fate volare le navi, fendete questo suolo no a solcare (fendere) il
suolo, cioè ad arenarsi ~ulli
nemico con i rostri, aratelo con la chiglia, do, purché si sbarchi in
375 si spezzi pure la nave dopo toccata terra! » fretta.
l vogatori si gettano tutti insieme sui remi, 377· dai grandi baffi di
e spingono le navi dai grandi baffi di schiuma schiuma: i vogatori spingo-
no le navi cosi velocemente
sulla spiaggia latina, finché i rostri s'affondano che sollevano la schiuma del
nel suolo asciutto e le chiglie si fermano senza danno. mare.
380 Tutte tranne la tua, o T arconte! Arenatasi 38o-386. Tutte tranne la
in una secca scogliosa nascosta, vi rimane tua, o T arconte!, ecc.: lana-
ve di Tarconte, correndo ve-
in bilico, sospesa, e oscilla a lungo in preda loce verso la riva, incappa
in un sottofondo scoglioso e
dell'estate, sembra che ap- con accortezza e con pruden- si arena rimanendo in bilico
porti l'arsura, le febbri e le za le disposizioni tattiche, a- in preda alle onde finché si
altre malattie che infierisco- nima e rimprovera i soldati. sfascia e riversa i guerrieri
no in questa stagione. - E giunto quello, ecc.: al- nell'acqua. E il poeta, che
349-361. Il coraggioso Tur- lude agli inviti, più volte ri- ha presente la scelta accura-
no, ecc.: Turno non si sco- volti ai Troiani, di uscire ta dell'approdo fatta da Tar-
raggia. Impavido e tenace, dal campo fortificato e com- conte, forse un po' eccessiva
parla tranquillo e impartisce battere in campo aperto. -· per la circostanza che esigeva
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378 Canto decimo
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Canto decimo 379
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380 Canto decimo
EROISMO DI PALLANTE E
SUA MORTE (454~41). - I s'azuffano): cos.f l'esercito troiano
cavalieri arcadi, costretti a affronta corpo a corpo l'esercito latino:
scendere da cavallo a causa guerriero con guerriero, un piede opposto all'altro.
del te"eno sparso di grossi
sassi e di arbusti e quindi a
combattere, a piedi, sono Eroismo di Pallante e sua morte
messi in fuga dai Latini e,
non avvezzi a quel tipo di Intanto da un'altra parte dove il suolo era sparso
lotta, stanno per sbandarsi. 4SS dappertutto di sassi rotolati dall'acqua
Ma Pallante, accortosi in
tempo, li rincuora ricordan- e di arbusti strappati dalle rive, Pallante
do a loro il valore dei padri vedendo che i suoi Arcadi - costretti dal terreno
e li incita a combattere get- a lasciare i cavalli e non abituati
tandosi per primo contro gli a combattere a piedi - volgono le spalle
I talici comandati dal giova-
ne Lauso. I cavalieri arcadi, 460 inseguiti dai Rutuli, usa l'unico mezzo
accesi dall'esempio del gio- che gli resta, eccitando il valore dei suoi
vane condottiero, ritornano con amare parole e con preghiere: «Amici,
animosi in battaglia, ma Gio-
ve non vuole che Pallante e dove fuggite? Per voi, per le vostre gloriose
Lauso si azzuffino tra loro. imprese, per il nome del vostro capo Evandro
Frattanto Turno, avvertito 465 e per le guerre vinte sotto di lui, per me,
dalla sorella Giuturna della per questa mia speranza che ora sottentra, emula,
strage che Pallante compie
tra le schiere dei Latini, ac- alla gloria p~terna, abbiate vergogna
co"e e, pronunciate parole di affidarvi alle gambe! Bisogna farsi strada
di barbara ferocia contro a suon di spada. U, dove incalza fittissimo
Evandro e gli Arcadi, che
avevano prestato aiuto ai 470 il nemico, vi chiama la nobile patria,
Troiani, si fa largo davanti e chiama me, Pallante, vostro capo. Non siamo
a tutti. Pallante si meravi- attaccati da un Dio: è mortale il nemico
glia, poi lo affronta con co- che ci serra da presso. Abbiamo vita e forza
raggw, pronuncia nobili pa-
role, invoca l'aiuto di Erco- come loro! Coraggio, la distesa del mare
le e scaglia l'asta. Ma l'asta 475 ormai ci chiude, immensa, con un insuperabile
ferisce Turno appena di stri- ostacolo. La terra per fuggire ci manca.
scio, e questi allora avventa Ci butteremo in acqua, o troveremo rifugio
la propria asta e trafigge il
giovane avversario. Pronun- nel campo?,._ E si getta in mezzo ai nemici
ciate sul cadavere parole d'i- Lo affronta per primo, sospinto da un destino
naudita ferocia con la par- ~so maligno, Lago: Pallante lo colpisce con l'asta,
venza di essere clemente, to- mentre è occupato a svellare un gran sasso da terra,
glie al caduto il balteo e con-
segna agli Arcadi il corpo
del loro giovane principe. vera e li rianima. Sono sem- a che essi si vergognino di
plici le parole del giovane fuggire e ritornino ad af-
456-478. Pallante veden- figlio di Evandro, ma con- frontare animosi il nemico.
do, ecc.: Pallante in un'al- vincenti. Il ricordo delle im- Alle parole il giovane eroe
tra parte della battaglia, ve- prese precedenti felicemen- fa seguire l'esempio, e si
dendo che i suoi Arcadi, co- te compiute, l'accenno al scaglia contro gli avversari.
stretti dal terreno a combat- buon nome di Evandro e 479-500. Lo affronta ... La-
tere a piedi, fuggono inse- alla fiducia che essi hanno go, ecc.: in questi versi so-
guiti dai Rutuli, li rimpro- riposto in lui sono sufficienti no descritte le prodezze di
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Canto decimo 3 s1
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382 Canto decimo
uccide e i due che ferisce 520 troncare a Strimonio con la spada lucente
sono ignoti. - Presago del la destra protesa per colpirlo alla gola,
futuro, ecc.: il padre di
Aleso, che era indovino, ave- e ferire nel volto con un sasso Toante
va previsto la morte del fracassandogli l'osso della fronte e il cervello.
figlio e, per impedire che
morisse, lo aveva nascosto in Presago del futuro il padre di Afeso
un bosco. Ma quando egli 52S lo aveva nascosto nel fitto di una selva:
morl, le Parche, esecutrici quando il vecchio ebbe chiuso nella morte le ciglia
dd destino, lo presero e lo
mandarono alla guerra per- canute, le Parche gli misero le mani
ché il Fato si compisse. addosso consacrandolo alla lancia di Evandro.
536-552. Ma Lauso, ecc.: Fallante lo assale dopo questa preghiera:
Lauso, giovane figlio di Me-
senzio, non vuole che i suoi, S30 «Padre Tevere accorda alla mia lancia fortuna
di fronte alle prodezze di ed una facile via attraverso il torace
Fallante, si sconfortino ed del duro Aleso: io ne appenderò le spoglie
abbiano l'impressione che la
guerra volga al peggio per a una tua quercia sacra!». Tiberino lo udf:
gli Italici; perciò anch'egli mentre Aleso protegge col ·suo scudo Imaone
si lancia nella mischia e uc- S3S espone il petto inerme al giavellotto arcadico.
cide parecchi nemici. - Ma Lauso, parte importante di questa guerra, non
Abante: un capo etrusco al-
leato di Enea, già ricorda- • che le truppe latine vengano spaventate [lascia
to al v. 217.- molti Teucri, dalla morte d'un uomo cosi grande. Dapprima
sfuggiti, ecc.: sono i Tro- uccide Abante che aveva osato ostacolarlo,
iani, superstiti della guerra
di Troia; Enea li aveva con- S40 poi abbatte parecchi Arcadi, molti Etruschi,
dotti con sé nel suo viaggio molti Teucri, sfuggiti alle mani dei Greci.
presso Evandro e gli Etru- La lotta è incerta: le schiere si fronteggiano, eguali
schi. Tutti gli altri Troiani di forza e tutte e due animate da eroici
erano chiusi nel campo. -
La lotta è incerta, ecc.: i capitani. Le flle son tanto fitte (poiché
due eserciti avversari hanno S4S gli ultimi serran sotto) da rendere impossibile
forza e valore eguali. Da il muovere le lance e le mani. Di qua
una parte è Fallante, dall'al- preme e incalza Fallante, di là combatte Lauso:
tra è Lauso; e i due giovani
stanno per scontrarsi. Ma sono entrambi bellissimi e di età quasi eguale,
Giove non lo permette; la entrambi destinati a non tornare in patria.
Fortuna assegna la morte ai sso Ma il re del grande Olimpo non permise che i due
due giovani più tardi, e per venissero a battaglia tra loro: la Fortuna
mano di un nemico più for-
te: a Fallante per mano di li destina ben presto a maggiori nemici.
Turno, a Lauso di Enea. Intanto la divina sorella avvisa Turno
553.ladivina sorella: Giu- perché sostituisca Lauso; egli col carro
turna, ninfa e sorella di sss passa in mezzo alla mischia. Come vede i compagni
Turno.
555· in mezzo alla mi- dice: «È tempo per voi di cessare la lotta:
schia: tra le schiere dei vado da solo contro Piùlante, che a me solo
combattenti. è dovuto. Ah, vorrei_ che fosse qui suo padre
558-559. Ah, vorrei che in persona a vederci! ». E subito i compagni
fosse qui, ecc.: Turno vor- arretrano lasciandogli spazio quanto ne vuole.
rebbe che alla tragedia di S60
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Canto decimo 3 83
Dopo la ritirata dei Rutuli, Pallante cor più al contatto della in-
stupito da tali ordini arroganti, contempla civile tracotanza del suo av-
versario.
con meraviglia Turno. Percorre quel gran corpo
570. Freddo il sangui!,
con uno sguordo feroce, senza paura, e ricambia ecc.: si gela il sangue nel
S6S le sue parole. «O re, cessa di minacciarmi. cuòre, cioè gli Arcadi, che
Avrò lode - gli grìda - o per le ricche spoglie per l'impari lotta presenti-
che riuscirò a levarti o per la morte gloriosa. scono la tragedia, rimangono
Mio padre affronterà di buon animo entrambe muti e inorriditi in un'attesa
trepidante.
le due sorti ». Ed avanza in mezzo alla pianura. 571. giù dalla biga: dal
570 Freddo il sangue s'arresta nel cuore dei guerrieri carro che usavano i grandi
d'Arcadia. Turno balza giu dalla biga, pronto guerrieri. La biga era in-
a combattere a piedi: simile ad un selvaggio vece un cocchio a due ruo-
leone che, veduto da un alto osservatorio te tirato da due cavalli.
573· da un alto osservato-
laggiu nei campi un toro prepararsi a combattere, rio: da un'altura.
S1S si precipita ardente. Pallante, appena crede 574· un toro prepararsi,
che il nemico sia a tiro di lancia, lo attacca ecc.: un toro che si prepara
per primo sperando che la Fortuna aiuti a combattere contro il riva-
le che ha visto da lontano.
l'audacia di chi osa affrontare con forze
580. Per l'ospitalità, ecc.:
diseguali il duello, e volto al cielo dice: Pallante riconosce la diffi-
SBO «Per l'ospitalità e la mensa paterna coltà quasi disperata dell'im-
che un tempo ti hanno accolto, forte Alcide, ti prego, presa alla quale si accinge, e
prima di scagliare l'asta, ri-
assisti la mia impresa terribile. Costui volge questa preghiera ad
moribondo mi veda strappargli di dosso Ercole (detto Alcide da Al-
le armi insanguinate, i suoi occhi con l'ultima ceo, suo nonno) che era sta-
SBS luce scorgano me vittorioso! ». Il grand'Ercole to ospite di Evandro dopo
l'uccisione di Caco. L'ero~::
quando mori fu assunto da
Giove in cielo, e la città di
Pallante,· ch'egli va cercan- se sono le parole di Fallan- Pallanteo, grata ch'egli aves-
do e vuole uccidere, fosse te, sublime per semplicità, se liberato il Lazio dalla cru·
presente anche Evandro, il per calma e coraggio. Egli dele e funesta presenza di
padre. Egli godrebbe nel ve- sa di avere davanti a sé un Caco, gli dedicò un'ara e
dere il vecchio re di Pallan- avversario fortissimo, ma per una festa particolare annua-
teo, in stato di guerra con- questo non trema, e accetta le (VIII, 313 sgg.).
tinuo con i Rutuli ed ora il confronto qualunque pos- 583-585. moribondo mi
anche alleato di Enea, pian- sa essere l'esi to. Se vincerà, veda, ecc.: sembra che Fal-
gere davanti al figlio morto. avrà la gloria d'aver vinto un lante in queste parole espri-
Il giovane e fortissimo prin- grande eroe; se sarà vinto, ma non solo il desiderio di
cipe di Ardea è un guerriero egli farà una morte gloriosa; colpire a morte Turno, ma
valoroso, ma feroce, e con- e suo padre Evandro sarà che provi anche un certo
trasta nettamente con Enea. felice dell'una e saprà sop- giovanile compiacimento nel
Le sue parole sono un atto portare il dolore che gli re- pensare di poter vedere tra
gratuito di crudeltà, possibi- cherà l'altra sorte. Parole no- poco il suo nemico morire
le soltanto in un cuore an- bilissime e dignitose, pro- con davanti l'immagine del
cora selvaggio. nunciate da un giovanissimo, suo uccisore vittorioso, ben-
565-569. O re, cessa di la cui fermezza virile ed ele- ché in realtà egli stesso non
minacciarmi! ... : molto diver- vatezza morale risaltano an- creda a questa sua illusione.
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3 84 Canto decimo
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Canto decimo 38.5
Cade sulla ferita; le armi risuonano da), sul quale era istoriato
615 sul suo corpa; morendo morde la terra nemica il nefando delitto delle Da-
naidi, le cinquanta figlie di
con la bocca insanguinata. Alto sopra di lui Danao che, la prima notte
Turno: «O Arcadi - disse - riportate ad Evandro di matrimonio, ad eccezione
le mie parole: gli mando Fallante morto, come di lpermestra, uccisero i lo-
si meritava. Gli accordo tutti gli onori funebri ro mariti per istigazione del
loro stesso padre. E questo
620 e la consolazione di seppellire il figlio perché un oracolo aveva pre-
L'aver ospitato Enea gli costerà molto caro». detto a Danao che un nipo-
Poi calpestò il cadavere con il piede sinistro te gli avrebbe tolto il regno
strappandogli dal fianco una cintura d'oro e la vita. Il « cinquanta »
del testo, che contrasta con
pesante, lavorata da Clono figlio d'Eurite, il mito (i mariti uccisi fu-
625 il quale vi aveva cesellato il delitto rono 49 ), non c'è nel testo
delle Danaidi, i cinquanta giovani uccisi e i letti latino. Il mito delle Danaidi
fu oggetto di una delle più
macchiati di sangue nella notte di nozze. antiche tragedie di Eschilo.
Turno adesso trionfa, lieto della sua spoglia. 629-634. O mente umana,
O mente umana, ignara del futuro destino, ecc.: il poeta di fronte al-
630 che non sai conservare una giusta misura l'efferatezza di Turno non
se il successo ti esalta. Verrà il tempo in cui Turno rimane indifferente, ed esce
in questa esclamazione che,
desidererà ricomprare a gran prezzo partendo da una accorta e
la vita di Fallante, e odierà questa spoglia realistica visione della real-
e questo giorno! tà, cioè che l'uomo per igno-
635 ranza non sa molto spesso
Intanto i compagni piangendo dare una giusta misura alle
recuperano il cadavere e lo portano via proprie azioni, passa poi a
disteso sul suo scudo. E tu ritornerai costatare che Turno si com-
a tuo padre, Fallante, recandogli infinito porta con Fallante con arro-
dolore e gloria immensa. Questa prima giornata gante crudeltà perché non
conosce che presto avrebbe
pagato la sua vittoria con la
vita. Così il poeta antici-
a tenerlo in vita, anzi ne me egli merita di riaverlo, pa il suo racconto del can-
affretta la morte. Il testo la- cioè morto. to XII, II?O-n8o, quando
tino, tradotto nell'ordine del- 622. Poi calpestò, ecc.: scriverà che Turno molto
l'esametro, dice: << egli strap- per orgoglioso disprezzo e pagherebbe per ridar vita a
pa tepido e invano dalla fe- segno di vittoria, secondo Pallante ed ha perciò in odio
rita il dardo » . l'uso dei tempi. il balteo che gli aveva pre-
614. Cade sulla ferita: ca- 623-627. una cintura d'oro, so e il giorno in cui l'aveva
de bocconi. L'asta l'aveva ecc.: presso gli antichi era ucciso.
colpito al petto. costume che il guerriero vin- 637-641. E tu ritornerai,
6x6. Alto sopra di lui: rit- citore spogliasse il vinto delle ecc.: il commovente episo-
to, in piedi sopra di lui. armi e di quanto d'interes- dio della morte di Pallante
617-621. O Arcadi, disse, sante questi aveva. Turno si conclude con il saluto del
riportate, ecc.: sotto le spe- sottrae a Pallante, come se- poeta, interprete dei senti-
cie della generosità sono pa- gno di trionfo, il balteo d'o· menti degli Arcadi che por-
role di una crudeltà inau- ro (una specie di bandoliera, tano le spoglie mortali del
dita. Evandro ha voluto strin- che dalla spalla destra scen- figlio al padre, recandogli
gere alleanza con Enea, cd deva al fianco sinistro e alla « dolore e gloria immensa »:
io gli restituisco il figlio co- quale si appendeva la spa- semplice e mirabile espres-
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386 Canto decimo
sione che,· insieme con la 640 di battaglia è anche l'ultima della tua breve vita;
gloria del sacrificio compiu- ma lasci mucchi enormi di cadaveri rutuli!
to per l'affermazione di un
ideale, racchiude in sé la
pena immensa, a cui è co-
stretto il cuore di un padre. Enea vuoi vendicare Fallante,
Anche qui siamo di fronte ·ma Giunone salva Turno
ad uno dei momenti più
felici della nobile e sublime Enea viene informato subito del disastro,
poesia di Virgilio, che sa e non da voci incerte ma da un suo messaggero:
intuire e rappresentare mi-
rabilmente e con semplicità apprende che i Troiani sono a poca distanza
il complesso dei sentimenti 64S dalla morte, che è tempo di aiutare le truppe
che ·si destano contempora- travolte. Con la spada miete tutti i nemici
neamente nel cuore dei geni- piu vicini e si apre di forza un passaggio
tori di tutti i tempi, che
hanno perduto i figli sul attraverso l'esercito, cercando solo Turno.
campo di battaglia. Fallante, Evandro, le mense che per prime nel Lazio
ENEA VUOL VENDICARE FAL- 650 lo accolsero, la stretta ddle mani congiunte,
LANTE, MA GIUNONE SALVA tutto è lf, nei suoi occhi. Allora prende vivi
TURNo(642-855).- L'annun- quattro giovani nati a Sulmona e altrettanti
cio della morte di Pallante allevati nei' canipi bagnati dall'Ufente
rende furioso e spietato E-
nea. Egli ha un solo fine: per immolarli ai Mani, vittime espiatorie,
cercare Turno e vendicare 6SS bagnando col loro sangue le fiamme del rogo.
su di lui il giovane amico
ucciso. Nel suo cammino fa
strage di quanti gli attraver- fugge verso il mare ed entra agli occhi soltanto l'imma-
sano la via e li destina al in una nave. Vi sale anche gine del giovane ucciso e
rogo di Pallante; così non il Rutulo, il fantasma scom- quella del vecchio re suo
ha pietà di Mago, che per pare nell'aria e Giunone ta- padre: l'uno e l'altro a lui
aver salva la t'ita gli offre glia gli ormeggi. Così men- cari per l'accoglienza fatta-
un grosso riscatto, e non ri- tre il vero Enea infuria e cer- gli, benché forestiero, e l'o-
spetta neppure la dignità sa- ca Turno, questi va per l'am- spitalità affettuosa offertagli
cerdotale di Emonide, che pia distesa del mare verso insieme con un'amicizia cal-
ha il capo adorno di sacra il lido di Ardea, crucciato e da e sincera.
benda. Mentre Enea infuria, disperato. 651-655. Allora prende vi-
Giove fa notare a Giunone vi, ecc.: secondo l'uso inu-
in tono di scherno che i 644-645. a poca distanza mano di quei tempi primi-
Troiani sanno vincere an- dalla morte: sono sul pun- tivi, Enea trascina via vivi
che senza l'aiuto di V enere, to di essere sopraffatti. An- otto giovani per sacrificarli
ma l'orgogliosa dea contra- che questa notizia gli è por- sul rogo di Fallante, come
riamente al suo solito non tata dal messaggero. offerta espiatoria e vendica-
si adira; e chiede invece che 646-651. Con la spada, trice ai suoi Mani, cioè alla
sia ritardata la morte di Tur- ecc.: Enea, conosciutala tra- sua anima sventurata e irri-
no, se proprio non si può gica fine di Fallante, non ha tata. Anche Achille immolò
evitarla. GiotJe acconsente e che un solo pensiero: cerca- sul rogo di Fatroclo dodi-
Giunone scende allora sulla re Turno e vendicare la mor- ci giovani troiani. Sulmona
terra, costruisce con nebbia te del giovane amico. Attra- non è l'omonima patria di
e vento un'immagine di versa cosl le schiere dei com- Ovidio Nasone, ma una cit-
Enea. Turno la vede e l'in- battenti aprendosi spietata- tà dei Volsci scomparsa.
segue; il fantasma fugge tra mente la via con la spada. Ufente è invece un fiumi-
le schiere dei combattenti, L'eroe troiano ha davanti cello del Lazio.
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Canto decimo 3 s7
Poi scaglia contro Mago la lancia micidiale. troiana, ecc.: la tua vittoria
Quello, astuto, si china e l'asta lo trasvola non dipende dalla mia mor-
te soltanto.
vibrando: abbracciate le ginocchia di Enea
667-669. Per primo Turno
Mago gli dice, supplice: « Per i Mani paterni, ha abolito, ecc.: Turno, uc-
per la speranza di Julo che cresce, ti prego cidendo Pallante, ha abolito
salva l'anima mia per mio figlio e mio padre. egli per primo questo ge-
Ho un'alta casa, talenti d'argento cesellato nere di riscatti. Con il petto
chiuso ad ogni sentimento di
nascosti nel profondo della terra, montagne pietà, Enea è anche beffardo.
d'oro coniato e in verghe. La vittoria troiana 673-674. Emonide: un la-
665 non sarà la mia sola morre a determinarla!~ tino, sacerdote di Apollo
Ed Enea gli risponde: «Serba per i tuoi figli (Febo) e di Diana (Trivia),
di cui si fa cenno qui sol-
il molto argento e l'oro di cui parli. Per primo tanto. - infula: è la benda
Turno ha abolito tutti i risatti di guerra sacerdotale, che copriva il
uccidendo Fallante. Questo pensano i Mani capo e pendeva dalle tempie.
670 del padre Anchise, questo pensa Julo ~. Ciò detto 676-670. alto sul caduto
con la sinistra afferra l'elmo, piega la testa l'uccide, ecc.: quando Emo-
nide sdrucciola e cade, Enea
che ancora prega e immerge la spada sino all'elsa. gli è sopra e l'uccide. -
Non lontano era Emonide, sacerdote di Febo Seresto porta via, ecc.: Sere-
e di Trivia, con l'infula sacra intorno alle tempie, sto, amico di Enea. Ma tutti
675 con una veste splendida ed armi scintillanti. i critici sono concordi nel-
l'affermare che Seresto non
Enea l'assalta, l'insegue per la pianura, ed alto poteva raccogliere e portar
sul caduto l'uccide, coprendolo con l'ombra via « le belle armi del vinto
immensa della morte: Seresto porta via per farne un trofeo a Mar-
te ~. perché era nell'accam-
le belle armi del vinto per farne un trofeo pamento (IX, 216). La di-
680 a te, re Marte. Intanto Ceculo, della stirpe menticanza non sarebbe sfug-
di Vulcano, ed Umbrone che viene dai monti gita a Virgilio se avesse po-
marsicani riordinano le file disperse. tuto dare al poema l'ulti-
ma mano. Tuttavia ciò non
Ma Enea infuria. D'un colpo di spada ha troncato toglie nulla alla grandezza
la sinistra di Anxur gettandogli per terra della poesia.
685 lo scudo (e sf che quello aveva osato affrontarlo 68o-681. Ceculo ... Umbro-
con parole superbe, credendo che ]a forza ne: Ceculo, fondatore di
seguisse alle parole; e forse sino al cielo Preneste (Palestrina) e cre-
duto figlio di Vulcano (VII,
levava il suo coraggio, e s'era ripromesso 68o); Umbrone, capo dei
una vecchiaia canuta e molti anni da vivere). Marsi (VII, 862-873), sono
690 Si fece allora incontro al furibondo Enea nominati ambedue nella ras-
segna degli armati latini.
684. Anxur: guerriero ru-
tulo ignoto. Per lungo tratto
656. Mago: guerriero ru- ranza) del figlio Ascanio, in ancora (fino al verso 769) il
tulo ignoto. un altro momento avrebbe poeta si dilunga a raccontare
659-665. Per i Mani pa- commosso Enea, ma ora il furibondo avanzare di E-
terni, ecc.: una preghiera ri- l'eroe troiano ha il cuore nea nelle file avversarie, sem-
voltagli in nome del padre stretto dal dolore e non co- pre alla ricerca di Turno.
.Anchise e dell'avvenire (spe- nosce pietà. - La vittoria 686-687. che la forza, ecc.:
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388 Canto decimo
che le parole aggiungessero Tarquito, tutto fiero delle sue armi lucenti:
vigore alla forza. Il Vitali era figlio di Fauno abitante dei boschi
spiega: « Che la forza stesse
nelle parole». e della Ninfa Driope. Con un colpo di lancia
691. Tarquito: personag· Enea gli· inchioda lo scudo pesante alla corazza;
gio d'invenzione virgiliana. 695 poi mentre lui lo supplica invano e si prepara
693. Driope: ninfa men· a dire chissà che cosa, d'un fendente gli getta
zionata qui soltanto. a terra il capo. Infine rotolando col piede
699·703. Adesso giaci qui, il tronco ancora caldo parla ferocemente:
ecc.: l'atteggiamento feroce
di Enea, che neppure ascol- «.Adesso giaci qui, o tremendo! Tua madre
ta l'implorazione di Tarqui- 700 non ti seppellirà, non metterà il tuo corpo
to e lo uccide, facendo se- nella tomba degli avi; sarai cibo agli uccelli
guire alla violenza parole a- rapaci, sarai sommerso nel mare, in preda alle onde,
troci, non è se non la con- ed i pesci affamati leccheranno il tuo sangue! »
seguenza dell'animo sconvol-
to. Perciò tanta ferocia non E insegue subito Anteo e Luca, combattenti
contrasta con il carattere che 70S dell'avanguardia di Turno, e il forte Numa e il biondo
il personaggio ha nel poe- Camerte, figlio del grande Volcente, il piu ricco
ma; anzi è giustificata dai
suoi sentimenti di amicizia e proprietario terriero di tutta l'Ausonia,
di gratitudine profondamen- re della muta Amicla. Alta la spada, rossa
te feriti da Turno, il quale e tiepida di sangue, Enea sparge il terrore
avrebbe potuto astenersi dal- 710 scorrendo vittorioso per tutta la pianura:
l'uccidere un giovane prin-
cipe e accontentarsi del ri- simile a Briareo, gigante dalle cento
scatto, che in quel tempo braccia e dalle cinquanta bocche piene di fuoco,
era d'uso chiedere per i quando brandiva contro le folgori di Giove
figli di re. cinquanta SC\idi sonori ed altrettante spade.
704. Anteo e Luca: guer-
rieri rutuli sconosciuti. 715 Eccolo ancora correre contro i cavalli aggiogati
705. N uma: un guerriero al cocchio di Ninfeo; ma le bestie, vedendolo
rutulo, omonimo di quello avanzare a gran passi fremendo orribilmente,
ucciso da Niso e da Eurialo si spaventano, volgono le spalle per fuggire,
attraversando il campo ne-
mico {IX, 552).
706. Camerte; figlio di tizia, risultata poi falsa, del- cipò con gli altri giganti alla
Volcente, il comandante dei l'arrivo di nemici, fu proi- scalata dell'Olimpo. I cin-
cavalieri che uccise Eurialo bito per legge, con pene gra- quanta scudi, uno per ogni
e fu ucciso da Niso {IX,453; vissime, di parlare di inva- braccio sinistro {con le de-
512 sgg.; 536-537). sioni. Ma quando i nemici stre brandiva altrettante spa-
708. della muta Amicla: giunsero davvero, nessuno de), battendo gli uni contro
Amida era una città della parlò e la città fu distrutta. gli altri, producevano un
Campania, posta fra Gaeta e Naturalmente si tratta di grande fragore.
Terracina, ed era una colo- una storiella di tipo fia- 716. Ninfeo: guerriero ru-
nia fondata dai Greci di besco. tulo ricordato solo qui.
Amide in Laconia. Con l'ag- 708. Alta la spada: con 718. volgono le spalle: i
gettivo « muta », Virgilio at- la spada sempre pronta a cavalli impauriti invertono la
tribuisce a questa città quan- colpire. corsa. L'immagine è presa
to si narrava di Amide della 711-714. simile a Briareo, dall'uomo, che per invertire
Laconia, dove avendo gli abi- ecc.: gigante con cinquanta l'ordine di marcia volta le
tanti diffuso più volte la no- teste e cento braccia; parte- spalle.
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Canto decimo 3 s9
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390 Canto decimo
pagno. Nota il tono sarca- 7SS o come un nero turbine. Finalmente il fanciullo
stico di queste parole, rese Julo e gli altri guerrieri inutilmente assediati,
più pungenti e crudeli dalla
presenza del fratello morto, escono dalle mura e abbauidonano il campo.
ma soprattutto dal motivo Intanto Giove dice a Giunone: «Sorella,
che Enea lo uccide perché amatissima sposa, è proprio vero che Venere
continui ad essere compagno 760 - come appunto pensavi - aiuta le forze troiane.
del fratello.
755-756. il fanciullo ]ulo: Guarda i loro guerrieri come son poco forti,
«fanciullo» è epiteto fisso vedi che animi fiacchi, disavvezzi al pericolo! »
di Ascanio (Julo). E Giunone, umilmente: «Magnifico marito,
757· escono dalle mura, perché ti burli di me già afflitta e timorosa
ecc.: la presenza di Enea au-
torizza i Troiani assediati di 76S delle tue tristi parole? Se tu mi amassi quanto
uscire finalmente dal campo. mi amavi un tempo e quanto dovresti, certamente
Il capo troiano alla sua par- non mi rifiutet-esti, Onnipotente, il permesso
tenza aveva disposto di non di portare via Turno dalla mischia, serbandolo
« scendere in campo aper-
to», ma di difendersi «pro- sano e salvo a suo padre Dauno. Ma muoia, e paghi
tetti dalle mura e dai fos- 770 ai Teucri le sue colpe col sangue generoso!
si ». Ora però si combatte Eppure egli è di stirpe divina, un discendente
all'esterno del campo e pos- di Pilunno, ed è pio, poiché spesso ha colmato
sono quindi partecipare an-
ch'essi alla battaglia. con generosità i tuoi templi di doni».
759-762. Sorella: Giuno- Il re del celeste Olimpo le risponde conciso:
ne, moglie di Giove, era fi- 77S «Se mi chiedi soltanto di tardare la morte
glia, come Giove, di Saturno immediata di un giovane destinato a morire,
e di Rea. Per gli antichi se chiedi il mio permesso a questo patto, porta
era la divinità femminile del
Cielo, come Giove era la pure via Turno, rubalo all'imminente Fato.
maschile. - è proprio vero
che Venere, ecc.: Giove, al-
ludendo al discorso pronun- zia tutta femminile per com- nosce il Fato e le sue leggi,
ciato nel concilio degli dèi muovere il cuore del marito accetta la realtà della pros-
da Giunone (82-124), e di- in preparazione di quello che sima morte di Turno. Ma il
cendo con ironia che il suc- poi gli chiederà. - quanto tono della sua rassegnazione
cesso troiano è veramente dovresti: come ad una mo- è di dolore e insieme di spe-
frutto dell'intervento di Ve- glie. - Onnipotente: non è ranza di ottenere almeno una
nere, vuoi significare che i un vocativo gettato n a caso, dilazione. E pone in eviden-
Troiani combattono e vin- e neppure è un'adulazione za, per giustificare la sua ri-
cono realmente per merito qualunque: Giunone vuoi chiesta, la generosità di Tur-
del proprio valore, non per- dire chiaramente a suo ma- no, che muore per difendere
ché aiutati da Venere, come rito ch'egli può fare ogni co- la patria contro gli invasori
essa aveva affermato. sà, purché le conceda quan- Troiani e colma di doni i
763-772. Magnifico mari- to sta per chiedergli. - a templi degli dèi. - Pilunno:
to, ecc.: Giunone non ri- suo padre Da uno: secondo trisavolo di Turno e antica
batte l'ironia di Giove con la leggenda Turno era figlio divinità italica, mitico re dei
l'ironia, ma risponde con di Dauno, a sua volta figlio Rutuli e fondatore di Ardea,
umiltà, rassegnata all'inazio- di Licaone, re della Daucia, la capitale.
ne imposta dal marito a tutti l'odierna Puglia, e della nin- ns. rubalo all'imminente
gli dèi. - Se tu mi amassi, fa Venilia. - Ma muoia, e Fato: sottrailo con la fuga,
ecc.: questo lamentarsi di paghi, ecc.: con rassegnazio- e cosl allontanalo dalla mor-
non essere amata è un'astu- ne la regina degli dèi, che co- te imminente.
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Canto decimo 391
lo posso accontentarti solo sin qui. Se invece che Giove protragga la mor-
sotto le tue preghiere si nasconde un favore te di Turno a tempo inde-
780 terminato. Nel frattempo E-
ben piu alto e tu pensi che tutta la guerra nea potrebbe morire, la guer-
possa mutare o turbarsi nutri speranze vane». ra finire in modo diverso e
E Giunone piangendo: «Che cosa mai sarebbe Turno continuare a vivere.
se mi dessi col cuore quello che ti è difficile 791 . avvolta in una nu-
vola: gli dèi scendono dal
785 concedere a parole, e fosse assicurata cielo sulla terra sempre in
la vita a Turno? Invece- se io conosco il vero- una nube.
gli toccherà una morte crudele: ed è innocente! 793· il campo laurentino:
il campo dei Latini.
Speriamo ch'io sia zimbello di false paure 794· armi Dardanie: armi
o che tu cambi idea, hai il potere di farlo! » troiane. « Dardanie » è ag-
790 Cosi dicendo, subito cala dall'alto cielo gettivo di Dardano, il primo
avvolta in una nuvola, spingendo una tempesta fondatore di Troia e della
casa regnante sulla città.
davanti a sé nell'aria, e si dirige verso 795· un'ombra senza for-
]'esercito troiano e il campo laurentino. za: un'ombra senza 'sostanza
Allora la Dea riveste delle armi Dardanie o, come dice Dante, « un'om-
(miracolo a vedersi!) un'ombra senza forza, bra vana fuor che nell'aspet-
195
to» (Purg., II, 79).
sottile, fatta di nebbia in figura di Enea: 798-799. divino: perché E-
riproduce lo scudo, la cresta che ondeggia nea è figlia di Venere. - le
sul suo divino capo: le dà parole wote, dà parole vuote: le fa pro-
voce senza respiro: imita il portamento nunciare parole inconsisten-
ti, perché di un fantasma. -
800 ed il pas5o di Enea. Cosi si dice vadano voce senza respiro: perché
svolazzando i fantasmi, consunti dalla morte; non prodotta dall'aria (re-
cosi i sogni mudono i sensi addormentati. spiro), che fa vibrare le cor-
de vocali. Con un fantasma
E l'ombra imbaldanzisce allegra nelle prime simile Apollo inganna Dio-
file, provoca Turno coi suoi dardi e lo aizza mede (Il., V, 449-450).
805 con la voce. Il guerriero avanza contro l'ombra 8oo-8o2. Così si dice va-
e da lontano avventa la lancia sibilante: dano, ecc.: allude alla super-
stizione che le anime dei
l'ombra volge le spalle e fugge. Immaginando morti vaghino, specialmente ·
che fosse Enea a fuggire Turno ne insuperbi nel buio della notte, e ai so-
e concepi nell'anima una vana speranza. gni che talvolta illudono i
810 «Dove fuggi? Rinunzi alle nozze pattuite, nostri sensi, cosi da trasfor-
mare le immagini in sensa-
Enea? Ti darò io la terra che cercavi! • zioni che sembrano vere.
Lo insegue, mulinando la spada sguainata 8o8-8o9. ne insuperbì,
ecc.: Turno pensa che la fal-
sa immagine sia veramente
780. un favore ben più al- za dirlo espressamente; e la Enea e spera di essere giun-
to: una concessione maggio- vita a Turno fosse assicu- to al momento propizio di
re, cioè di salvare Turno. rata! abbatterlo, ora che lo vede
783-786. Che cosa mai sa- 788. zimbello di false pau- fuggire.
rebbe, ecc.: che male sa- re: un .oggetto ridicolo di 8zo-8n. Rinunzi alle noz-
rebbe se quello che ti pesa false paure. ze, ecc.: rinunci al matrimo-
di concedere con la parola, 789. hai il potere di farlo: nio con Lavinia, pattuito
tu lo concedessi di fatto, sen- Giunone mira ad ottenere con il re Latino? E con di-
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392 Canto decimo
sprezzo ironico aggiunge che che nel sole scintilla: non vede che il nemico
ora gliela darà lui la terra
che va cercando, ma per es- di cui trionfa è un'ombra portata via dal vento.
servi sepolto. sts Per caso, li vicino, legata allo sperone
814. di cui trionfa: che d'una rupe scoscesa, con le scale calate
insegue come un vincitore; ed il ponte abbassato, c'era una nave etrusca:
ma è un'ombra!
816-817. con le scale ca-
quella su cui il re Osinio era giunto da Chiusi.
late, ecc.: scale e ponte po- Il fantasma tremante d'Enea fuggitivo
trebbero essere una cosa so- 820 corre dentro la nave a nascondersi: Turno
la, poiché queste passerelle lo incalza da vicino ed oltrepassa H ponte.
usate per lo sbarco erano for-
nite di sbarre trasversali, Tocca appena la tolda che subito Giunone
cosi da sembrare scale. Que- rompe la gomena, stacca lo scafo dalla riva
sti particolari dànno alla sce- trascinandolo via sul riflusso del mare.
na un senso realistico, che, 82S Sul campo il vero Enea continua a cercare Turno
sullo sfondo magico del rac-
conto, la rende particolar- invano e uccide molti guerrieri che lo affrontano.
mente suggestiva. Sulla nave il fantasma non tenta piu di nascondersi
818. il re Osinio: potreb- ma volando nell'aria si fonde con le nuvole,
be essere un principe di mentre un turbine porta Turno per l'ampio oceano.
Chiusi, venuto alla guerra
come capo di Etruschi, ma 830 Il giovane si guarda intorno senza capire,
di lui non abbiamo altre no- senza gratitudine per la propria salvezza;
tizie. Nella rassegna delle leva le mani giunte e la voce alle stelle:
navi è nominato, come capo « O Giove onnipotente, mi hai ritenuto degno
dei Chiusini, Massico (213
e sgg.). di tanta vergogna, hai voluto punirmi cosi?
819. tremante: che finge- SJS Dove vado? Da dove son partito? Che fuga
va paura perché Turno lo è mai questa? Vedrò di nuovo l'accampamento,
inseguisse più facilmente. le mura di Laurento? Cosa succederà
824. sul riflusso del mare:
sul mare agitato.
828. ma volando nell'aria: lo zimbello di un Nume, e morso e la vergogna lo as-
il fantasma sparisce nell'aria quindi giudicato cosl dappo- salgono, e vuoi morire sbat-
e si confonde con le nubi. co da meritare d'essere bef- tuto dai venti contro uno
831. senza gratitudine, fato, quanto si vergogna d'a- scoglio o contro una rupe,
ecc.: senza dimostrarsi gra- ver abbandonato, egli l'eroe dove egli possa sparire igno-
to, non sapendo che tutto senza paura, il campo di bat- rato da tutti, e nessuno ven-
era accaduto per salvargli la taglia, dove si difende anche ga a conoscenza della sua
vita. con la vita la libertà della fuga. Il Vitali commenta
833-8.5.5. O Giove onnipo- patria. Turbato da questi questo passo concludendo
tente, ecc. : Turno ha capito pensieri e dall'incertezza del- che Turno è qui « piena-
d'essere stato ingannato, e la conclusione di questa in- mente coerente con se stes-
ne attribuisce la colpa a Gio- spiegabile avventura, si pre- so, col Turno di tutte le si-
ve, accusando il re degli dèi occupa dei suoi uomini, che tuazioni precedenti, col Tur-
d'averlo voluto umiliare. Per- l'hanno seguito fiduciosi ed no di tutte le successive; l'e-
ciò è lontano dal pensare a egli ha invece abbandonato. roe puro pieno di senso d'o-
Giunone e al suo desiderio E gli sembra di vederli in nore, amante della sua ter-
di salvarlo dalla morte, che pericolo, scompigliati e in ra, animosissimo, fortissimo;
il destino segnava imminen- fuga, o morenti sul campo è il capo pienamente consa-
te. Ma l'eroe italico non si di battaglia, mentre egli è pevole della propria respon-
cruccia tanto di essere stato lontano e salvo. Cosi il ri- sabilità e del proprio dovere
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Canto decimo 393
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39 4 Canto decimo
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Canto decimo 399
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400 Canto decimo
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Canto decimo 401
suo orgoglio e conforto, in groppa al quale sempre sersi munito di molti giavel-
lotti, senza rischio d'impedi-
!070 tornava vittorioso da tutte le battaglie. re nella lotta i propri movi-
Rivolge la parola al cavallo che piange: menti, ma nella poesia ha
« Abbiamo vissuto a lungo, se c'è qualcosa che duri valore l'immagine, non la lo-
a lungo per i mortali. O tu oggi, vittorioso, gica. E qui l'immagine vuo-
le indicare l'ansia che ha
riporterai le spoglie insanguinate e la testa spinto Mesenzio ad armarsi,
!075 di Enea, vendicando insieme a me il dolore seppur in modo irrazionale,
della morte di Lauso, o - se non ho la forza per vendicare la morte del
di vincere - morrai insieme a me. Non credo figlio.
1085-1086. dolore, ira, pas-
che tu, mio fiero Rebo, potrai mai sopportare sione, ecc.: ha il cuore agi-
un padrone troiano e gli ordini d'un altro! » tato da furore misto di do-
!080 Si adattò al modo solito in groppa al suo cavallo lore, d'ira, di volontà dispe-
e si riempi le mani di aguzzi giavellotti, rata di vendetta (passione),
insieme con la coscienza del
l'elmo di bronzo lucido in testa, per cimiero suo valore e quindi con la
una criniera equina. Cosi, impetuosamente, speranza di vincere.
si slancia tra i nemici: gli ribollono in cuore ro88-1090. Il Padre dei
con un'immensa vergogna, dolore, ira e passione Numi ... combattere: Giove e
1085
Apollo vogliono concederti
accesa dalle Furie e valore cosciente. che tu finalmente ti decida
Chiamò tre volte Enea a gran voce. L'eroe a combattere. Sono parole
lo riconosce subito e lieto prega: « Il Padre ironiche e offensive. Ironi-
che perché Enea sa che Me-
dei Numi e l'alto Apollo concedano che tu senzio non crede negli dèi;
1090 voglia combattere!» ... E avanza con la lancia puntata. offensive perché nel prece-
E Mesenzio: «Perché vuoi spaventarmi, o crudele, dente scontro Mesenzio non
dopo avermi strappato il figlio? Era questo si è ritirato dalla lotta per
sfuggire ad Enea. Perciò que-
il solo modo di uccidermi. Io non temo la morte, ste parole sono poco felici
non rispetto gli Dei. Piu non parlare: vengo sulla bocca di Enea, anche
1095 per morire, ma prima ti porto questi doni>>. perché il capo troiano non
Avventò sul nemico un giavellotto e un altro ha motivi di odio contro Me-
senzio, al quale invece aveva
ucciso il figlio.
1091-1095· Perché vuoi
107r. che piange: il caval- nuovo, ma anche tutto no spaventarmi, ecc.: Enea, clo-
lo è afflitto per le disgrazie che del vecchio non contra- po avergli ucciso il figlio
del padrone, e piange. Anche sta con il nuovo. Padrone e non può più spaventarlo. So-
in Omero i cavalli piangono; cavallo, che furono sempre lo l'uccisione del figlio po-
sono quelli di Achille. Vir- una cosa sola nelle vittorie, teva provocare la sua morte.
gilio nelle Georgiche (1. III, sono ancora uniti nella ven· Ora Mesenzio non teme più
102) dice che il buon cavallo detta, e lo saranno anche nel- la morte, come non teme gli
nella guerra e nelle gare pro- la morte. Rebo, nome del ca- dèi; la morte sarà per lui
va dolore se vinto, gioia· se vallo che vuoi dire << dorso una liberazione. Ribadisce il
vincitore. curvo, insellato », non può suo disprezzo verso gli dèi,
1072-1079· Abbiamo vis- vivere agli ordini di uno « ma in questa bestemmia -
suto a lungo, ecc.: Mesenzio straniero. osserva Guido Vitali - si
parla al cavallo tra il rasse- ro8r. e si riempì le mani. sente piuttosto una replica
gnato e l'eroico; e nelle sue ecc.: si è voluto osservare alle parole di Enea; agli dèi
parole si scorge il Mesenzio che Mesenzio non può es- di Enea egli impreca, agli
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402 Canto decimo
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Canto decimo 40 3
riceve nella gola la spada e rende l'anima dolore trasfigurano; «in que-
in un fiume di sangue che bagna l'armatura. st'animo indomabile i pati-
menti destano i rimorsi e
fanno scaturire da questo
rozzo cuore, come una sor-
Mesenzio, non credente negli ti che vanno oltre la morte. gente dalla rupe, un puro
dèi e nell'immortalità dell'a- Creazione originalissima que- filone di superba malinco-
nima, abbia pensieri e affet·· sta di Mesenzio, che amore e nia » (Constans).
Commento critico
Nel decimo canto la guerra domina sempre più la scena. Il canto però non è tutto
fragore di armi e orrendo di stragi, anche se il poeta, indulgendo alle regole che allora
dominavano la poesia epica, abbia voluto dilungarsi in descrizioni di feroci e cruente
battaglie. Si incontrano infatti anche motivi di interesse diverso, come il concilio
degli dèi presieduto da Giove e dominato dal contrasto oratorio tra Venere e Giu-
none, la rassegna delle navi etntsche, l'incontro di Enea con le ninfe in cui erano
trasformate le sue vecchie navi. Ma soprattutto differiscono alle descrizioni belliche,
benché vi appartengano come episodi, le morti di Fallante, di Lauso e di Mesenzio,
che raggiungono vette di altissima poesia, quale soltanto l'anima grande e profonda-
mente sensibile di Virgilio poteva creare. Perciò l'ispirazione è variamente presente
nelle parti che compongono il canto; e forse per questo il Marchesi l'ha giudicato
«disordinato e mal collegato con gli altri». E non mancano neppure i difetti. Il con-
cil,io degli dèi, che apre il canto, appare freddo, insincero; più una esercitazione lette-
raria imposta dalla tradizione omerica, che una personale figurazione di un consesso
divino chiamato a giudicare gli eventi umani e a deciderne il corso. Nessuna maestà
divina emana infatti da questi celesti, i quali manifestano più i difetti che le virtù
dell'uomo. I discorsi di Venere e di Giunone, che costituiscono la parte preponde-
rante dell'episodio, sono documenti di arte oratoria ben congegnati e composti, ma
non sono espressioni di una qualsiasi interiorità morale: Venere mira a cattivarsi
l'animo di Giove con accenti talvolta accorati, altra volta ironici, come un avvocato
esperto ed eloquente, ma vuoto di sentimento; Giunone vuoi raggiungere lo stesso
scopo travisando i fatti e nascondendo il suo odio mortale contro i Troiani, con la
spigliatezza del più consumato impostore; ma sono ragionamenti superficiali, perché
nati dall'astuzia, non dal profondo di una convinzione. Altrettanta superficialità si
riscontra nella rassegna delle navi, che, imitata da quella omerica del secondo libro
dell'Iliade, è una semplice elencazione di nomi con qualche accenno a motivi geo-
grafici, ma soprattutto rimane un fatto completamente isolato, poiché i capitani etru-
schi, che vi sono nominati, non appaiono più nelle pagine successive del poema.
E la stessa cosa si può dire dell'episodio delle ninfe che Enea incontra mentre naviga
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404 Canto decimo
con la flotta etrusca verso il Lazio, in cui, come osserva giustamente il Sivieri, « il
meraviglioso non manca, ma resta solo in superficie».
I punti salienti e veramente belli del canto rimangono quindi gli episodi della
morte di Fallante, di Lauso e di Mesenzio, che ci fanno ricordare il poeta che piange
Marcello nel canto sesto e descrive nel canto nono il pianto della madre di Eurialo.
Sono momenti diversi, ma tutti legati tra loro da due grandi sentimenti: la pietà del
poeta per i giovani che muoiono anzi tempo e l'umanità profonda che lo spinge a
rappresentare il sacrificio dei genitori, privati dei figli ancor giovani, come l'atrocità
più grande e più ingiusta. Perciò il sentimento paterno è presente nel canto con
espressioni altissime di poesia. La preoccupazione di Enea per Ascanio, che di riflesso
si traduce in manifesta pietà per Fallante e per Lauso, è molto commovente, ma il
padre nel quale il poeta esalta il suo sentimento paterno con accenti sublimi di poesia,
è Mesenzio. Questo violento spregiatore degli dèi e feroce oppressore degli uomini,
di fronte alla morte del figlio maledice il suo passato, si pente del male compiuto, si
accusa colpevole della sua fine immatura e sale a cavallo per vendicarlo o per morire.
Questa figura umana, redenta dall'amore e dal dolore, è rappresentata da Virgilio con
tratti potenti e con ricchezza di notazioni, cosl che sembra di essere davanti a uno
dei più vigorosi personaggi danteschi.
Galleria di ritratti
Pallante.
Il Pascoli, nell'Inno a Roma, riconosce nel figlio di Evandro il primo eroe
italico e dice:
« Chi per te primo, immensamente amata,
cercò la morte? Fu nella penor.nbra
dei tempi, grande, lungo il Tebro, un pianto.
L'erOe Fallante era caduto. Offerse
l'àlbatro il bianco de' suoi fiori, il rosso
delle sue bacche e le immortali fronde.
Gli fu tessuto il letto di quei rami
de' tre colori, e furono compagni
mille al fanciullo nel ritorno a casa ».
Tra i tanti giovinetti che cadono in battaglia perché i Fati possano compiersi,
Fallante è quello che su tutti s'impone alla nostra attenzione e suscita il nostro
cordoglio. A differenza di Eurialo e Niso che cadono in un'impresa di guerra e sono
accomunati nella stessa morte che esalta la loro amicizia, a differenza di Lattso che
soccombe nel magnifico tentativo di portare aiuto al padre ferito, egli ha ben altra
statura morale e spirituale e ben altro comportamento. Benché giovinetto, sa che la
responsabilità datagli dal padre comporta dei doveri precisi ai quali non intende
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Canto decimo 405
sottrarsi: è comandante della cavalleria del corpo di spedizione che viene in soccorso
ai Troiani assediati, ha l'autorità necessaria per farsi obbedire; è esperto nel ma-
neggio delle armi ma è anche saggio ed attento. Egli è un principe alleato e come
tale si comporta. Soltanto quando si trova a tu per tu con Turno ha un attimo di
smarrimento: poi si riprende ed affronta l'impari combattimento senza tremare, e
muore. Non per nulla Enea nell'elogio funebre dice fra i singhiozzi: «Che gran
sostegno perdete, Ausonia, Julo! ».
Triste è vedere stroncata la giovinezza dalla furia bellica; ma la tristezza è tem-
perata dalla bellezza e dalla dignità di una morte cosciente, di una vita donata ad
una grande causa, dettata dal destino.
Mezenzio e Lauso.
Un eroe di stampo più moderno e di originalità più vicina ai nostri tempi non
si trova in alcun poema dell'antichità classica. Virgilio, concependone e scolpendone
la personalità con potenza di tratti singolare, ha confutato una volta per sempre
quei critici che lo vogliono soprattutto poeta dei chiaroscuri e cantore assorto e
melanconico della pietà umana di fronte alla sventura ed alla morte. Con Mezenzio
Omero è superato, e Dante e Michelangelo sono maestosamente preannunziati.
Infatti questo guerriero etrusco dalla figura statuaria e gigantesca, dalla forza im-
mane, cacciato dai suoi stessi compatrioti per la spietata crudeltà, uomo che non
teme né i propri simili né gli Dei che anzi li disprezza e li irride; bestemmiatore,
cinico ed empio, acquista d'improvviso, per amore del figlio Lauso, una dimensione
umana, nuova e patetica. Il dolore, intenso e profondo, ch'egli prova innanzi al
corpo esanime del giovinetto, è come un fuoco purificatore che cancella e deterge
in lui l'orribile passato. Ed allora parla, agisce e muore come un uomo nuovo, che,
riconoscendo le proprie colpe, faccia ammenda con la propria vita e riscatti d'un
tratto la coscienza e l'anima. Cosicché in ultimo non notiamo più la sua possanza e
la sua ferocia; non ricordiamo più lo scoglio torreggiante, o il cinghiale o il leone,
cui era stato paragonato in battaglia, ma il padre che, pacificato con se stesso e con
gli altri, chiede umilmente ad Enea di essere sepolto con il figlio.
Questa volta la morte di un giovinetto eroe, inserendosi nella sorte di un grande
personaggio, ha determinato una splendida catarsi morale e spirituale ed ha aggiunto
poesia a poesia.
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406 Canto decimo
Raffronti di traduzione
Agnovit longe gemitum praesaga mali menr: Ben riconobbe i gemiti da !unge
canitiem multo deformai pulvere et ambas il cuor presago di sventura: ei tutta
ad c11elum tendit palmas et corpore inhaeret. sparge di polve sua canizie, e leva
«Tantane me tenuit vivendi, nate, voluptas, alto le palme, e su lui s'abbandona.
ut pro me hostili paterer succedere dextrae « O figlio, e tanto amor posi a la vita
quem genui? tuane haec genitor per vulnera che offrir solfersi a la nemica destra
[servor, l'unigenito mio per me? Son vivo
morte tua vivenr? beu, nunc misero mihi demum ancora io dunque, perché tu sei morto?
exitium infelix, nunc alte volnus adactum! Or sl, misero me, duro m'è il fato,
Idem ergo, nate, tuum maculavi crimine nomen, or sl m'è scesa la ferita addentro!
pulsus ob invidiam rolio sceptrirque paternis. O figlio, e son pur io che il DOlile tuo
Debueram patriae poenas odiisque meorum: macchiai di colpa, e venni in ira e privo
omnis per mortis animam sontem ipse dedissem! del soglio e de lo scettro avito. Pena
nunc vivo neque adhuç bomines lucemque a la patria ed al popolo che m'odia
Sed linquam ». [relinquo. io doveva: oh l'avessi a !or pagata
(vv. 843-8.56) per qual sia morte questa vita rea!
Pur vivo, e ancora gli uomini e la luce
Udl Mesenzio il pianto, e di lontano non lascio. Ma li lascierò ».
(come del mal sovente è l'uom presago) Traduzione di Giuseppe Albini
morto il figlio conobbe. Onde di polve
sparso il canuto crine, ambe le mani Presago di sventura, in cuor da lungi
al ciel alzando, al suo corpo accostassi: riconobbe quei gemiti. Cosparse
« Ah mio figlio '"• dicendo, « ah come tanto la canizie di polvere, protese
fui di vivere ingordo, che soffrissi le palme al cielo, si gettò sul figlio.
te, di me nato, andar per me di morte « Sl grande in me del vivere la brama
a sl gran rischio, a tal nemica destra fu dunque, figlio mio, ch'io sopportai
succedendo in mia vece? adunque io salvo che per me si afferisse a colpi ostili
son per le tue ferite? adunque io vivo chi di me nacque? Io, genitore tuo,
per la tua morte? O miserabil vita, son fatto salvo dalla tua ferita?
o sconsolato esiglio! or questo è 'l colpo Vivo per la tua morte? Or sl mi coglie
ch'al cor m'è giunto. Ed io, mio figlio, io sono vera sventura; or, misero, mi strazia
ch'ho macchiato il tuo nome, ch'ho sommerso ben profonda ferita. Ed io pur sono
la tua fortuna e 'l mio stato felice che il tuo nome insozzai roi miei delitti,
co' demeriti miei. Dal mio furore figlio. Che fui cacciato, a tutti inviso,
son dal seggio deposto. Io son che debbo dal trono avito e dall'avito scettro.
ogni grave supplizio ed ogni morte Alla mia patria ed al furor dei miei
a la mia patria, 81 grand'odio dei miei. ben dovevo una pena; oh avessi dato
E pur son vivo, e gli uomini non fuggo? per ogni morte la mia vita infame!
e non fuggo la luce? Ah fuggirolla Or invece son vivo e non ancora
per una volta». ho abbandonato gli uomini e la luce.
Traduzione di Annibal Caro Li lascerò ...
Traduzione di Guido Vitali
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CANTO UNDICESIMO
Battaglia.
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410 Canto undicesimo
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CANTO UNDICESIMO che Acete, il cavallo Eto e
i prigionieri destinati al ro-
go. Chiudono il corteo i
Le esequie di Fallante (1-120)- La tregua (121-I69)- Il pianto di T eucri, gli Etruschi e gli
Evandro (17o-227) - Le esequie dei caduti (228-279) - Gran con- Arcadi con le armi rivolte
siglio a Laurento (280-554) - Enea muove l'assalto a Laurento (555- a terra. Prima che la salma
659)- Diana racconta la storia di Camilla (660-736)- Le prodezze lasci il campo di battaglia,
di Camilla (737-893)- Tarconte, Arunte e la morte di Camilla (894- Enea dà a Pallante l'ultimo
1030)- La vendetta di Diana (I03I-I068)- I Latini in fuga (xo69- addio.
II25).
1. L'aurora sorgendo, ecc:
l'aurora annuncia l'inizio del
nuovo giorno: l'ottavo dopo
Le esequie di Pallante lo sbarco dei T roiani alle
foci del Tevere. Il giorno
prima si era combattuto fino
L'AURORA sorgendo a sera e il canto decimo era
abbandonava il mare: terminato con la morte di
Mesenzio. L'aurora è raffigu-
nel primo mattino il vittorioso Enea rata come una dea che sorge
scioglieva i suoi voti agli Dei, benché fosse impaziente dall'oceano precedendo il so-
s di seppellire i compagni caduti e turbato le, e segna col suo chiarore
da tanta strage. Pianta su un monticello di terra l'inizio del giorno.
4· scioglieva i voti, ecc.:
una gran quercia spoglia di rami e la riveste la promessa fatta agli dèi
con le armi scintillanti di Mesenzio: trofeo nel caso di vittoria.
7· una gran quercia, ecc.:
il trofeo era la consacrazione
LE ESEQUIE DI FALLANTE Acete. Enea pronuncia com- delle armi del vinto ad una
(x-uo).- Con le armi di Me- mosse parole di rimpianto divinità o alle divinità in ge-
senzio Enea innalza un tro- per il giovane caduto, la cui nere; e consisteva in un al-
feo in onore di Marte ed in- morte è una perdita grave bero (presso i Romani era
cita i suoi a prepararsi per per tutti: per Evandro, per di solito una quercia), sui ra-
l'assalto alla città di Lauren- Enea, per Julo, per l'Italia_ mi del quale, opportuna-
to. Ma intanto si debbono Quindi si forma il corteo fu- mente tagliati, si appendeva-
seppellire i morti e si deve nebre: mille cavalieri seguo- no le spoglie del vinto. Enea
riportare ad Evandro il cor- no il feretro costruito con vi appende le armi di Me-
po di Pallante, che giace nel- rami di quercia e ricoperto senzio da lui ucciso il giorno
la tenda vegliato dal vecchio di vesti preziose. Ci sono an- prima (X, xo87 sgg.).
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4I2 Canto undicesimo
9· grande dio della guer- elevato in tuo onore, grande Dio della guerra.
ra: Matte. IO E vi adatta il cimiero macchiato di sangue,
17. L'impresa più ardua,
ecc.: lo sforzo più difficile le !ance spezzate dell'eroe, la corazza
è compiuto: cioè l'uccisione ammaccata e bucata in dodici punti;
di Mesenzio, uno dei più appende a sinistra lo scudo di bronzo,
valorosi e temibili avversari. lega al tronco la spada dall'elsa d'avorio.
18. non abbiate paura,
ecc.: dopo la morte di Me- 1S Poi rivolto ai compagni (lo attorniava da presso
senzio sarà tutto più facile. il gruppo dei capitani), comincia tra gli applausi:
20. primizie del trionfo: i «L'impresa piu ardua è compiuta, o guerrieri;
primi frutti della guerra che non abbiate paura di quanto ancora resta
per noi sarà certamente vit-
toriosa. Le primizie, cioè i da affrontare. Guardate: queste sono le spoglie
frutti primaverili, venivano 20 -primizie del trionfo- d'un re superbo. Ecco
offerti agli dèi; ed Enea of- com'è stato ridotto Mesenzio dalle mie mani!
fre a Marte le prime spoglie
della guerra. Adesso attaccheremo Laurento e il re Latino.
21. dalle mie mani: per Preparatevi alle armi con tutta l'anima, aprite
opera mia. Enea sembra che il cuore alla speranza della vittoria: a volte
voglia dire: ecco che cosa 2S la paura, cogliendovi di sorpresa, non abbia
rimane di un nemico terri-
bile come Mesenzio. Sono a ostacolarvi, quando gli Dei consentiranno
parole superbe, ma rientra- che si levino al vento le insegne, che si spieghi
no nel discorso d'incitamen- l'esercito, condotto fuor dell'accampamento!
to a proseguire con fiducia
e con ardore la guerra. Intanto affidiamo alla terra i corpi dei compagni,
23. Preparatevi... con tut·· 30 unico onore che esista sotto il profondo Acheronte.
t a l'anima: preparatevi a Andate!- disse.- Onorate con l'estremo compenso
combattere col massimo ar- quei nobili cuori che ci hanno conquistato
dore; oppure, come sembra
interpretato meglio il testo a prezzo del loro sangue una patria! Per primo
latino, preparatevi alla guer- sia rimandato alla triste terra d'Evandro Fallante,
ra anche spiritualmente. 3S giovane valoroso, rapito da un giorno di lutto
24-26. a volte la paura, per essere sommerso in una morte immatura».
ecc. : qualora (a volte) la Parla cosi, tra le lagrime, e torna nella tenda
paura vi sorprenda e vi osta-
coli nel compimentO del vo-
stro dovere.
27. si levino al vento, cioè nel regno dell'oltretom- non la terra è triste, ma
ecc.: allude all'usanza dei ba, dove non si può godere Evandro, il vecchio padre, e
Romani, che conficcavano al nessun altro onore terreno. tutti gli abitanti di Pallan-
suolo le aste con le bandie- Infatti, secondo le credenze teo, cosl affezionati al loro
re, quando l'esercito si ac.. degli antichi, le anime inse- giovane principe, Fallante,
campava, e le toglievano polte non potevano trovare morto per mano di Turno
quando partiva. pace nell'altra vita. (X, 604 sgg.).
29. affidiamo alla terra: 31. l'estremo compenso: 35-36. rapito da un gior-
seppelliamo. la sepoltura, gli ultimi onori. no, ecc.: è il giorno tene-
30. unico onore che esi- 33· una patria: il Lazio, broso della morte, cioè il
sta, ecc.: la sepoltura è il l'Italia promessa dal Fato e giorno che ha privato Fal-
solo onore che possono go- a lungo cercata dopo la di- lante della luce e I 'ha spro-
dere i morti che giaciono struzione di Troia. fondato nelle tenebre del
lungo le rive dell'Acheronte, 34· alla triste terra, ecc. : mondo sotterraneo.
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Canto undicesimo
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414 Canto undicesimo
cora voti e offerte agli dèi mentre noi tristi, con pompa inutile, accompagniamo
per la sua salvezza. un corpo senza vita, che non deve piu nulla
64-65. che non deve più 6S a alcuno dei Celesti. Infelice, vedrai
nulla, ecc.: l'espressione è tuo figlio ucciso! Questo era il trionfale
un po' ambigua, ma dopo
l'immagine del vecchio re ritorno che sognavo, che ti avevo promesso?
che, ancora ignaro della Ma almeno, Evandro, tuo figlio non è morto fuggendo
sua più grande sventura, di vergognose ferite; né (peggio ancora!) è salvo
è tenacemente attaccato al-
l'unica speranza che ancora 70 per viltà, da dovergli augurare la morte.
la vita gli potrebbe conce- Ahimè: che gran sostegno perdete, Ausonia, Julo! »
dere, si può intendere che Detto cosi, tra i singhiozzi, comanda che quel po-
Pallante non ha più biso- [vero
gno, secondo il concetto pa-
gano, dell'aiuto degli dèi; corpo sia sollevato, e manda mille uomini
cioè, in altre parole, che i scdti fra tutto l'esercito a seguire le esequie
voti e le offerte di Evandro 75 come scorta d'onore ed a prendere parte
sono ormai inutili.
al lutto di suo padre: doveroso conforto
67. che ti avevo promes- anche se scarso a petto d'un simil dolore.
so?: sembrerebbe veramen-
te che Enea, nell'ultimo col- Vdocemente intessono un graticcio che faccia
loquio con Evandro, avesse da feretro, con verghe di clastico corbezzolo
preso questo impegno. 80 e rametti di quercia, e ombreggiano quel letto
68-69. non è morto fug- funebre con un vdo di fronde. Vi depongono,
gendo, ecc.: non è stato fe- ben alto sopra un fitto giaciglio d'erba, il giovane
rito a morte mentre fuggi-
va; né tu, Evandro, sei co- simile ad una viola o a un languido giacinto
stretto, peggio ancora!, ad che, reciso dal pollice d'una vergine, ancora
augurare la morte a tuo 85 serbi la sua bdlezza e il suo splendore; eppure
figlio perché con la fuga si la forte madre terra non lo alimenta piu.
è salvata la vita. Cioè E-
vandro avrà il conforto di Allora Enea portò due vesti ricamate
sapere che suo figlio è mor-
to eroicamente, e non avrà
il dolore di essere costretto 76-77. doveroso conforto, la o ad un giacinto, che, pur
a desiderargli la morte, co- ecc.: piccolo conforto per recisi e destinati a morire
me avrebbe fatto, se egli un dolore cosl grande, ma per mancanza di alimento,
fosse fuggito davanti al ne- dovuto. conservano ancora il loro
mico. So-82. ombreggiano, ecc. : splendore e la loro primiti-
coprono il graticcio, costrui- va bellezza. n interessante
71. che gran sostegno, to con ramoscelli di corbez- osservare come il poeta ab-
ecc.: « Enea pensa al pro- zolo e di quercia, con foglia-
prio figlio, anch'esso giova- bia scelto per la sua simili-
me per rendere il feretro tudine due fiori delicati e
nissimo, che avrebbe potu- opaco; e sopra le foglie per-
to avere in Pallante un a- malinconici: la viola dal
ché il feretro sia anche sof- gambo tenero e debole, il
mico, un compagno, quasi fice, stendono un alto stra-
un fratello. Il pensiero del- to di erba. giacinto che si piega lan-
l'amore paterno di Evan- 83-86. simile ad una vio- guidamente sullo stelo; e
dro risveglia in Enea il pro- la, ecc.: nota la delicatezza come a coglierli abbia prefe-
prio affetto di padre, espo- della similitudine. Il cada- rito la mano gentile di una
sto agli stessi pericoli di vere di Pallante, che serba fanciulla, che dà all'imma-
una morte immatura dei fi- intatta la freschezza giovani- gine una delicatezza ed una
glioli» (Garavani). le, è paragonato ad una vio- sensibilità particolari.
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Canto undicesimo
di porpora e d'oro che un giorno la sidonia Didone che presso i Greci, e Omero
aveva fatto per lui con le sue mani, lieta nell'Iliade la ricorda, ad
esempio, nella descrizione
fatica, trapuntandone la trama con un filo dei funerali di Patroclo.
d'oro sottile. Mesto ne infilava una al giovane IOI-I02. portino trofei:
per supremo ornamento e con l'altra copriva sono tronchi d'albero ador-
la chioma destinata alle fiamme. Poi sceglie ni con le armi tolte ai ne-
mici, e con le targhe recanti
gran parte della preda fatta nella battaglia i nomi dei nemici vinti ed
95 di Laurento, ordinando che accompagni la salma uccisi da Fallante.
in lunga teoria, coi cavalli e le armi 104. il misero Alete: lo
conquistati al nemico. Aveva fatto legare scudiero di Evandro, poi da-
to da Evandro come mae-
dietro la schiena le mani dei prigionieri, votati stro e amico al figlio.
alle Ombre infernali, destinati a spruzzare ro8-no. Etone, il caval-
100 di sangue le fiamme del rogo: e vuole che i capitani lo, ecc.: segue il feretro di
portino alti trofei, dei tronchi rivestiti Fallante anche il suo caval-
lo piangente e, in segno di
con le armi avversarie e i nomi dei vinti nemici lut'Kl, senza la ricca barda-
affissi sulla scorza. Condotto per una mano tura. L'eccezionale sensibili-
viene il misero Acete, consumato dagli anni, tà di Etone Virgilio la imi-
ta da Omero, che attribui-
!05 che si strazia coi pugni il petto, con le unghie sce ai cavalli dei suoi prin-
la faccia e poi si lascia cadere a terra di schianto. cipali guerrieri sensibilità e
E vengono i cocchi, macchiati di sangue rutulo. Dietro intelligenza umane. Ma que-
cammina lagrimando Etone, il cavallo da guerra sta attribuzione si è conser-
vata fino a tempi molto
dell'eroe morto: senza bardatura, le guance vicini a noi; la troviamo in-
IlO bagnate di grosse gocce. Alcuni soldati portano fatti nei nostri poemi caval-
la sua lancia e il suo elmo (il vincitore Turno lereschi, specialmente nei-
ha le altre armi). Quindi in mesta schiera avanzano l'Orlando Furioso dell'Ario-
sto, ed anche nella Gerusa-
i Troiani e gli Etruschi e gli Arcadi, con le lance lemme Liberata del Tasso. -
dalla punta rivolta a terra in segno di lutto. grosse gocce: grosse lagri-
115 E tutto il lungo corteo s'era già allontanato me. Prescindendo dalle la-
grime, lo squallore con il
quando Enea s'arrestò e con un gemito fece: quale Etone segue il feretro
è immagine poeticamente fe-
licissima.
I II- II 2. il vincitore T ur-
88. sidonia Didone: la nel ricamare e tingere
principessa fenicia, fondatri- tessuti. no, ecc.: il vincitore aveva
ce di Cartagine, era esule 93· destinata alle fiam- il diritto di spogliare il vin-
da Tiro, ma Tiro era colo- me: destinata al rogo. Gli to delle sue armi, ed anche
nia di Sidone, città princi- copre la chioma, come si so- Turno se ne avvalse.
pale della Fenicia. Nei can- leva fare a Roma con i II 3. gli Arcadi: i cavalie-
ti I, IV e VI dell'Eneide il morti. ri che Fallante aveva con-
poeta parla diffusamente di 97-roo. Aveva fatto lega- dotto con sé alla guerra co-
Didone e dei ricchi doni da re, ecc.: la barbara usanza me alleato di Enea. Evan-
lei fatti ad Enea. di sacrificare sul rogo alcu- dro, padre di ~allant~, era
90. trapuntandone, ecc.: ni prigionieri per rendere venuto in Italia dali Arca-
ricamando il tessuto (la tra- propizie le divinità inferna- dia, regione della Grecia
ma) con filo d'oro sottile. li, che si credeva placate sol- (VIII, 6o-62).
Didone, fenicia, era maestra tanto col sangue, esisteva an- u6. quando Enea s'arre-
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41 6 Canto undicesimo
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ROMA IMPERIALE
l. Tempio di Veneree Roma. 5. Tempio di Claudio.
2. Tempio di Giove. 6. Acquedotto di Nerone.
3. Arco di Costantino. 7. Palazzo di Settimio Severo.
4. Colosseo: capace di 50.000 persone. 8. Circo Massimo: capace di 260.000 pers.
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Canto undicesimo
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418 Canto undicesimo
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Canto undicesimo
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420 Canto undicesimo
teresse dei lettori romani. - 215 che un tronco d'albero enorme, vestito delle tue armi,
un tronco d'albero, ecc.: in- se mio figlio t'avesse eguagliato in età,
sieme con i trofei dei vinti
si vedrebbe anche quello nella forza matura che soltanto l'età
delle tue armi. Cioè se mio può dare. Ma perché trattengo qui i Troiani,
figlio, dice Evandro, fosse lontano dalle armi? Andate e dite a Enea:
stato pari a te nell'età e 220 - Se io, dopo la morte di Fallante, prolungo
quindi nella forza fisica, non
mancherebbe neppure il tro- q-.Jesta vita odiosa è a causa del tuo braccio
feo delle tue armi, per il qua- che, lo sai bene, mi deve la morte di Turno,
le sarebbe occorso un tron- per Fallante e per me. Soltanto questo, Enea,
co d'albero enorme. Natu- manca alla tua fortuna e alla tua gloria. Chiedo
rale e legittimo orgoglio pa-
terno. 225 questa gioia non certo per la mia poca vita,
che non esige nulla: la chiedo per portarla
LE ESEQUIE DEI CADUTI a mio figlio, laggiu, tra le Ombre profonde-!»
(228-279). - Alle prime luci
del giorno dopo, Enea e il
buon T arconte erigono cia-
scuno una pira per i loro Le esequie dei caduti
morti ed eseguono il rito fu-
nebre secondo il costume Intanto l'Aurora aveva recato la luce
portato dall'Asia (anche gli divina ai m()rtali infelici, riconducendo fatiche
Etruschi provengono dall'A- 230 e doveri: il pio Enea e il gran Tarconte avevano
sia Minore). I Latini invece
bruciano sul rogo i caduti innalzato già i roghi sulla spiaggia ricurva.
più umili e sconosciuti; gli Vi adagiarono su i loro morti, ognuno
altri o sono sepolti sul po- secondo il rito dei padri: acceso il fuoco nero
sto o spediti ai loro paesi. l'alto cielo s'oscura di fumo. Per tre volte
I roghi ardono per due gior-
ni; nel terzo giorno raccol- 235 i guerrieri sfilarono attorno ai roghi in fiamme
gono le ceneri e le seppelli- vestiti di armature lucenti: per tre volte
scono. I n Laurento domina girarono a cavallo intorno al triste fuoco
la confusione e il pianto.
Le madri, le nuore, le sorelle della morte lanciando lunghe grida di pianto.
dei caduti si dolgono che
Turno abbia voluto curare
i suoi interessi con le armi e canto, soprattutto per il suo 232-233. ognuno secondo,
il sangue altrui e che avreb- tono di esordio, che però qui ecc.: Enea secondo l'uso
be avuto il dovere di com- è soltanto ripresa del rac- dei Troiani, Tarconte secon-
battere da solo se voleva conto interrotto al verso r69. do l'uso degli Etruschi. Pe-
sposare Lavinia e soddisfare 229-230. fatiche e doveri: rò anche gli Etruschi, pro-
le sue ambizioni politiche. E sono i lavori da compiere, venienti dalla Lidia, regio-
Drance, nemico di Turno, in- ma anche gli affanni, cioè la ne dell'Asia Minore, hanno
velenisce le querele assicu- coscienza preoccupata di non conservato il costume di cre-
rando che la guerra può ter- venir meno alle proprie re- mare i cadaveri.
minare, perché Enea è dispo- sponsabilità. - Enea... Tar- 2 33-2 34· acceso il fuoco ...
sto a concluderla combatten- conte: sono nominati i co- di fumo: nota l'efficacia di
do da solo con Turno. mandanti dei due eserciti, ri- questo particolare, che fa
spettivamente Troiano ed E- partecipare la natura al rito
228. Intanto l'Aurora, trusco. Tarconte nella pros- desolante della cremazione.
ecc.: questo verso assomi- sima battaglia sarà il coman- 234-238. Per tre volte ... di
glia molto al primo verso del dante della cavalleria. pianto: questa cerimonia del-
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Canto undicesimo 42I
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422 Canto undicesimo
269. dolci sorelle: nel te- nelle case del ricco Latino. Dove madri,
sto latino si legge « cara so-
rorum pectora maerentum », nuore infelici, figli che han perso i genitori,
che significa « cuori affettuo- dolci sorelle in lagrime imprecano contro la guerra
si di sorelle afflitte ». Il tra- 270 e contro le nozze di Turno; e chiedono che lui,
duttore ha quindi riunito lui soltanto, decida la contesa con spada
nell'epiteto «dolci» l'affetto
e il dolore che sono espres- e lancia, dal momento che reclama per sé
sioni di cuori buoni e genti- il dominio d'Italia e gli onori sovrani.
li, ponendo cosi in evidenza Drance rabbiosamente aggrava tali accuse
maggiore la sensibilità dell'a- 27S dichiarando che Enea vuole soltanto Turno,
nimo virgiliano.
27o-273. contro le nozze chiama soltanto Turno alla lotta. Per contro,
di Turno, ecc.: le nozze con molte voci si levano a favore di Turno:
Lavinia, che Turno vorrebbe lo proteggono il nome della regina Amata
celebrare e che sono la cau- e la fama dei molti meritati trofei.
sa della guerra, contro la
quale tutti imprecano. - che
lui, lui soltanto, ecc.: e chie- Gran consiglio a Laurento
dono che lui solo, con le so-
le sue armi, decida la guerra, 280 In mezzo a tanto tumulto d'emozioni ecco giungere
dal momento che, sposando
Lavinia, egli mira alla corona per di piu, scoraggiati, gli ambasciatori spediti
regia di Laurento e al domi- alla città del grande Diomede. La risposta
nio di tutto il Lazio. Enea che portano è negativa: nulla s'era ottenuto
aveva espresso lo stesso con- malgrado i sacrifici e la fatica; a nulla
cetto agli ambasciatori latini.
276-279. Per contro, molte
voci, ecc.: non tutti sono re Latino turbato raduna il glia Lavina. O Turno rinun-
contro Turno; molti altri lo consiglio dei maggiorenti del cia a Lavinia, o scende in
difendono. Sono la regina A- suo stato e degli alleati. V e- campo lui so!? contro Enea.
mata, che aveva favorito il nulo, invitato a parlare, rife- Turno risponde alle insinua-
suo fidanzamento con Lavi- risce che Diomede non vuo- zioni di Drance affermando
nia e si era già mostrata con- le più aver guerra con i Tro- che una sconfitta non è suffi-
traria ad Enea, ma sono so- iani. La guerra di Troia, tJit- ciente per dover disperare
prattutto coloro che ammi- toriosa, ha portato sventura della vittoria. Se manca l'aiu-
rano le sue imprese vittorio- a tutti i guerrieri greci. Né to di Diomede, non manca-
se ed ora lo considerano il vuole incontrarsi con Enea, no altri forti alleati. Quindi
campione nazionale della le- di cui conosce il valore; e li finché c'è una speranza di
sistenza dei popoli italici consiglia di far pace e allean- vittoria si deve combattere.
contro i Troiani invasori, e za con lui. Latino allora pro- Che se poi Enea riconosce
contro i loro alleati Etruschi, pone l'invio ad Enea di una lui solo come nemico e il
tutti considerati stranieri. ambasceria con doni e la bene dello stato lo esige, egli
proposta di pace e di allean- è pronto a combattere da so-
za, offrendo a suo piacere un lo con lui
GRAN CONSIGLIO A LAU- piccolo territorio del Lazio o
RENTO (280-,4). - Gli am- la costruzione di una flotta 280-287. In mezzo a tanto
basciatori inviati al re Dio- per trasferirsi in altre terre. tumulto, ecc.: ai contrasti
mede ritornano scoraggiati. Drance approva le proposte tra avversari e fautori di
Essi riferiscono che il ga- del re dando al suo discorso Turno, tra contrari e favore-
gliardo eroe greco rifiuta di un'intonazione ostile a Tur- voli alla guerra, si aggiungo-
allearsi con i Latini e li con- no; e consiglia Latino di no le notizie degli ambascia-
siglia a cercare aiuti altrove aggiungere ai doni anche tori inviati a chiedere l'aiuto
o a fare la pace con Enea. Il l'offerta della mano della fi- di Diomede (VIII, I I e
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Canto undicesimo
285 eran serviti i doni e l'oro e le preghiere; guerra di Troia ebbe un ruo-
i Latini dovevano cercare aiuti altrove lo molto importante, non pe-
rò cosi decisivo come vor-
o domandare pace al principe troiano. rebbe questa frase.
Lo stesso re Latino si sente venir meno 306-308. ha costruito Ar-
per l'immenso dolore. L'ira divina e le tombe gìripa, ecc.: Diomede ha co-
290 recenti che ha davanti agli occhi gli dimostrano struito Arglripa, ora Arpi,
che Enea è mosso dal Fato, condotto dal volere alle falde del Gargano, nella
Puglia, che nella parte meri-
manifesto dei Numi, Allora fa bandire dionale era detta anche Ta-
una grande assemblea, ed ordina che i principi pigia, ora Terra d'Otranto.
e i patrizi latini si riuniscano a palazzo. - col nome della stirpe pa-
terna: Arglripa deriva da
295 Vennero tutti, affrettandosi per le strade gremite Argo, la patria di Diomede
verso la reggia. Latino, perché piu vecchio d'et~ (stirpe paterna). Inizialmen-
e perché re, siede al centro, triste in volto; ed ingiunge te il nome greco della città,
ai messaggeri tornati dalla città etolica ora piccolo borgo nei pressi
di Foggia, era « Argos hip-
di parlare, esponendo con ordine le risposte pion » (fertile di cavalli),
300 avute da Diomede. Si fa silenzio, allora, donde Arglripa.
e Venulo obbedisce, cominciando cosi: 312. per quale ragione,
« Cittadini, vedemmo Diomede e il campo argivo: ecc.: quale motivo ci avesse
spinti a recarci ad Arglripa.
dopo tanto cammino, dopo tanti incidenti «Venissero» in luogo di
superati, riuscimmo a stringere la mano « fossimo venuti » è una svi-
305 che abbatté la grande Ilio. Vittorioso, Diomede sta del traduttore.
ha costruito Argiripa, nei campi del Gargàno 314. del regno di Saturno:
il saluto con il quale Diome-
jàpige: una città che ha chiamato col nome de accoglie gli ambasciatori
della stirpe paterna. Fummo introdotti e, avuta latini allude al mito secondo
licenza di parlare, prima gli offrimmo i doni, il quale Saturno, detronizza-
poi gli dicemmo il nostro nome e la nostra patria, to dal figlio Giove, si rifugiò
310
nel Lazio e vi fece rifiorire
gli spiegammo chi fosse a dichiararci guerra l'agricoltura e la pastori~ia,
e per quale ragione venivano ad Argiripa, vi introdusse sagge legg1 e
Dopo averci ascoltato ci rispose, tranquillo: costumi semplici e morigera-
ti creando una civiltà pro-
- O fortunate genti del regno di Saturno, spera e felice, che i posteri
315 antichi Ausoni, quale destino sconvolge chiamarono «età dell'oro».
Ecco perché Diomede chia-
ma fortunate le genti del
sgg.). La risposta è negativa tini e dei popoli alleati. Lazio (v. nota VII, 212-216).
e lo sconforto dei Latini au- 302. il campo argivo: la 315. antichi Ausoni: il no-
menta. sede degli Argivi, cioè la me apparteneva un tempo
289-292. L'ira divina e le città di Argìripa, detta «cam- ad un piccolo popolo dell'I-
tombe, ecc.: anche Latino è po » perché fortificata come talia centrale; poi i Greci lo
sconfortato; e gli insuccessi un accampamento militare. usarono per indicare le regio-
e l'ingente numero di morti «Argivo», perché Diomede, ni d'Italia indipendenti, con
in guerra Io convincono sem- già signore degli Etoli, era le quali essi avevano rappor-
pre più che Enea è venuto poi diventato signore di ti commerciali. In tempi più
nel Lazio per volere del Fa- Argo. recenti il nome fu usato dai
to e degli dèi. E convoca il 304-305. la mano che ab- poeti per indicare tutta la
consiglio dei maggiorenti la- batté, ecc.: Diomede nella penisola.
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424 Canto undicesimo
316. guerra incerta: guer- la vostra pace e vi spinge ad una guerra incerta?
ra senza un chiaro motivo e Chiunque di noi violò col ferro i campi iliaci
di esito dubbio.
317-323. Chiunque di noi (e non parlo dei mali sofferti combattendo
violò, ecc.: non allude alle sotto le alte muraglie, degli eroi che il famoso
fatiche della guerra, né alle 320 Simoenta travolge!) ha scontato i peccati
vittime sepolte nelle acque con orrendi supplizi per tutta la terra:
del Simoenta, piccolo fiume
presso Troia, ma alle peripe- miserabile schiera, da muovere a pietà
zie attraversate e alle sventu- Priamo stesso! Lo sanno la stella maledetta
re subite da tutti coloro che di Minerva, gli scogli euboici e il Cafareo
hanno offeso, oltraggiato la
terra d'Ilio, cioè Troia, e al- 325 vendicatore. Dopo la conquista, sbattuti
la fine della guerra sono ri- su lontanissime coste, l'Atride Menelao
tornati nella propria patria. arrivò navigando alle colonne di Proteo,
Essi hanno sofferto tali tor- ed a sua volta Ulisse vide i Ciclopi dell'Etna.
menti da suscitare pietà an-
che in Priamo, che della di- Inutile parlare del regno di Neottolemo,
struzione di Troia soffrl, co- 330 dei Penati distrutti di Idomeneo, dei Locri
me re, le conseguenze più costretti a stibilirsi sulla costa di Libia.
gravi e dolorose.
Lo stesso re di Micene, capo dei grandi Achei,
323-325. la stella maledet-
ta, ecc.: gli antichi riteneva- mori sulla soglia di casa per mano dell'infame
no che le tempeste fossero
prodotte dall'influsso degli a- mento dell'unico occhio di uscirne vivo promise a Posei-
stri. Perciò all'influsso di cui i Ciclopi sono forniti, è done di sacrificargli, se aves-
una stella Diomede attribui- raccontato nel libro IX del- se avuto salva la vita, la pri-
sce qui la tempesta che si i'Odissea. ma cosa che incontrasse toc-
è scatenata presso il capo Ca- 329. del regno di Neotto- cando terra. Per primo in-
ferèo. La stella, a cui sareb- lemo: o Pirro, figlio di A- contrò suo figlio, e, per non
be ricorsa Minerva per puni- chille, che ritornato a Ftia, venir meno alla promessa, lo
re Aiace d'Oileo d'aver osa- sua patria, sposò Ermione, fi. sacrificò; ma gli dèi fecero
to profanare il suo tempio, glia di Menelao e di Elena, scoppiare per punizione una
traendone a viva forza Cas- ma poi fu ucciso a Delfo, per gran pestilenza, e Idomeneo
sandra, che vi si era rifugia- istigazione di Oreste, il qua- fu costretto a fuggire per
ta. - gli scogli euboici: gli le volle vendicarsi perché gli non essere ucciso dalla popo-
scogli dell'Eubea, alla quale aveva tolto Ermione, di cui lazione insorta. Cosl egli per-
appartiene anche il vendica- era innamorato. Neottolemo dette la casa e la famiglia,
tore capo Caferèo. Quivi fu- era coraggioso, ma anche cru- cioè i Penati. - dei Locri co-
rono distrutte molte navi dei dele: uccise di sua mano stretti, ecc.: dei Locresi co-
Greci che ritornavano in pa- Priamo e scagliò dalle mura stretti...; re dei Locresi era
tria. Astianatte, figlio di Ettore. Aiace d'Oileo, empio e be-
326-327. l'Atride Menelao 330-331. dei Penati ... Ido- stemmiatore. Questi ritor-
arrivò, ecc.: Menelao, ritor- meneo: allude ad uno dei nando dalla guerra di Troia,
nando in patria, andò erran- molti episodi raccontati nei durante una tempesta morl,
do fino all'isola di Faro in poemi del ritorno, i « No- e i Locresi si dispersero in
Egitto, e Proteo, dio e indo- stoi », andati perduti e no- vari paesi, fondando colonie
vino, gli predisse i suoi guai ti a noi attraverso la tradi- in vari luoghi, specialmente
futuri. zione. Di Idomeneo si rac- sulle coste della Libia e del-
328. Ulisre vide, ecc.: l'e- conta che ritornando dalla l'Italia.
pisodio dell'incontro di U- guerra di Troia nel suo re- 332-335. LfJ stesso re di
lisse con il ciclope Polifemo, gno, a Creta, fu sorpreso in Micene, ecc.: lo stesso Aga-
che si condude con l'acceca- mare da una tempesta, e per mennone, re di Micene e ca-
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Canto undicesimo
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426 Canto undicesimo
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Canto undicesimo
coi vostri occhi, toccate con le mani il disastro vogliono invece, ecc.: la se-
in cui giace schiantata la nostra potenza. conda proposta, subordinata
al rifiuto della prima, pre-
390 Non accuso nessuno: il valore fu il massimo vede che i Troiani prefe-
possibile; si lottò con tutte le forze del regno. riscano andarsene dal La-
Perciò, vi prego, udite con attenzione quanto zio e «raggiungere altre
adesso vi esporrò: forse è l'idea migliore. genti e paesi». In tal caso
il r• Latino propone di aiu-
Ho un'antica campagna vicino al fiume Tevere tarli ad allestire una flotta
395 che si allunga a occidente 6n oltre i confini sicani; di venti e più navi, fornendo
la coltivano i Rutuli e gli Aurunci, che rompono il materiale occorrente, « le
braccia, gli arsenali ». - I noi-
le dure colline col vomere e riservano al pascolo tre avrei pensato, ecc.: la
le loro parti piu aspre. Tutta questa regione, terza proposta consiste nel-
con la cresta montana rivestita di pini, l'invio ai Troiani di una
400 voglio darla ai Troiani; stabiliamo con loro commissione di cento amba-
sciatori scelti « tra le fami-
giusti patti e chiamiamoli nd regno, da alleati. glie latine più cospicue »,
Se proprio tanto lo vogliono, restino, devino mura. con il compito di riferire le
Se vogliono invece raggiungere altre genti e paesi proposte del re, di portare
e andarsene dal Lazio, fabbricheremo venti a loro ricchi doni e di of-
frire pace e alleanza. - ta-
405 navi di quercia nostrana, e magari di piu lenti d'oro e d'avorio: gran-
se possono equipaggiarle: c'è tutto il materiale di quantità d'oro e d'avo-
che si vuole sul lido. Dicano loro il numero rio. Il talento, che più anti-
e il tipo delle navi: e noi daremo il bronzo, camente era una misura di
capacità usata dai Greci, as-
le braccia, gli arsenali. Inoltre avrei pensato sai varia secondo i tempi,
410 che cento ambasciatori, scdti tra le famiglie più tardi passò ad indicare
latine piu cospicue, vadano a riferire particolarmente una moneta
a Enea le mie proposte e a discutere i patti, d'oro o d'argento di peso e
di valore diverso secondo i.
tenendo in mano rami di pacifico olivo, tempi e i luoghi. Il talento
portando in dono talenti d'oro e d'avorio, e la sedia più comune potrebbe corri-
415 curule e il mantello trabeato che sono spondere a circa trecentomi-
la lire italiane attuali. L'a-
vorio doveva essere allora
non che ognuno riponga ogni molto raro nel Lazio, che
390. Non accuso nessuno:
speranza in se stesso; ma non vi sono colpevoli; ognu- non aveva traffici con le terre
quale fondamento possa ave- no ha fatto il proprio do- lontane dell'Asia e dell'A-
re questa speranza voi lo vere. frica. - La sedia curule e il
avete costatato dalle condi- 394-417. Ho un'antica mantello, ecc.: con questi
zioni disastrose in cui sono campagna, ecc.: la prima doni Virgilio attribuisce ui
ridotte le nostre forze. In proposta del re Latino è di tempi antichi le costumanze
altre parole Latino invita i fare la pace con Enea, ce- romane del suo tempo. Il
presenti a giudicare la si- dergli una striscia di terri- senato romano usava, infat-
tuazione dalla realtà che es- torio, che da molto tempo è ti, inviare ai sovrani e ai
si stessi hanno toccato con suo possedimento personale, popoli con i quali voleva
mano: i non combattenti ve- e concludere un patto d'al- stringere alleanza, la sedia
dendo Laurento assediata, i leanza. Quivi il popolo tro- curule e la trabea, come in-
combattenti dalla triste espe- iano può costruire la sua segne della sacra potestà
rienza fatta direttamente sui città ed essere nel regno di dello stato romano. La « tra-
campi di battaglia. Latino un buon alleato. -Se bea » era un vestito proprio
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428 Canto undicesimo
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Canto undicesimo
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430 Canto undicesimo
sei sempre ricco di parole, Ma a che serve riempire la curia dei discorsi
quando la guerra richiede-
rebbe fatti; e arrivi sempre clle ti volan di bocca poderosi, finché
il primo al consiglio degli 475 sei al sicuro, finché l'argine delle mura
anziani, ma non altrettanto tien lontano il nemico e il sangue non inonda
sul campo di battaglia. i fossati? Su, tuona d'doquenza, a tuo modo;
473· la curia: la sede, in accusami di paura, o Drance, dal momento
cui si riuniva l'assemblea
degli anziani. A Roma era che il tuo braccio ha elevato tali mucchi di morti
l'edificio delle riunioni sena- 480 troiani, e che dovunque hai decorato i prati
toriali, come Palazzo Mada- di splendidi trofei! Tu puoi bene provare
ma, già palazzo dei Medici,
è oggi la sede del Senato di cosa sia capace un ardente valore;
italiano. né occorre in verità camminare lontano
474-477· che ti volan di per trovare il nemico, che è li intorno alle mura.
bocca, ecc.: nota la bella 485 Su, corriamogli addosso! Ti ritiri? E perché?
immagine dei discorsi che,
come vivaci uccelli, escono Il tuo coraggio è tutto nella lingua ventosa,
a volo dalla bocca di Drance, nei piedi fuggitivi? ...
quando l'oratore sa di essere Io battuto? E chi mai, svergognato, potrà
al sicuro dai pericoli della a buon diritto dirmi battuto, se considera
guerra.
479-481. che il tuo brac-
490 il Tevere traboccante di sangue troiano,
cio, ecc.: all'ironia di Dran- la dinastia di Evandro distrutta con suo figlio,
ce, Turno risponde con l'iro- i cavalieri arcadi spogliati delle armi?
nia, poiché l'avversario, che Non mi conobbero vinto Bizia e l'immenso Pandaro
non aveva partecipato alla
guerra, certamente non ave- e i mille che in un giorno, vittorioso, serrato
va elevato mucchi di morti 495 tra le mura nemiche, sprofondai giu nd Tartaro.
troiani, né innalzano ad ogni -Non c'è alcuna salvezza nella guerra-. Va a dirlo
passo nei campi splendidi
trofei.
481-484. Tu puoi bene, nunciata mentre l'oratore fis- « gli Arcadi, privi del loro
ecc.: tu hai la possibilità di sa lo sguardo e tende l'indi- comandante, sono rimasti di·
dar prova del tuo valore ce verso le gambe di Drance. sarmati; impotenti di com-
senza andare molto lontano: 488-492. Io battuto? E battere» (Garavani).
n
il nemico (( è intorno alle chi mai, ecc : nota l'impeto 493· Bizia... Pandaro: so-
mura ». Il sal'casmo assume con il quale Turno difende
un'evidenza anche maggiore no i due fratelli troiani gi-
il suo onore di combattente. ganti, che aprirono una por-
ricordando il verso 42 I : Insieme con la forza d'animo
«pieno d'eloquenza, ma ·vi- ta del campo, sfidando gli
si sente nelle sue parole un ltalici ad entrare, e furono
gliacco in battaglia ». dolore acuto per l'offesa in-
485-487. Su, corriamogli giustamente ricevuta. Egli ri- poi uccisi da Turno {IX,
addosso! ecc.: l'invito ad as- sponde al « sei stato battu- 814 sgg.).
salire il nemico rimane ina- · to» del verso 456. - La di- 494-495· e i mille... nel
scoltato, e si conferma per- nastia ... distrutta: allude al- Tartaro: allude ai molti Tro-
ciò che il coraggio di Drance l'uccisione di Pallante unico iani uccisi (sprofondai nel
è nella sua lingua piena di figlio di Evandro. - i cava- Tartaro) il giorno in cui en-
vento (ventosa), cioè di pa- lieri arcadi, ecc.: sono i trò nell'accampamento nemi-
role vane, e nei suoi piedi molti cavalieri arcadi uccisi co e vi rimase chiuso (IX,
fuggiaschi. L'immagine dei e spogliati delle armi da Tur- 864 sgg.).
« piedi fuggitivi » è cosi vi- no; ma si potrebbe anche in- 496-500. Non c'è ... nella
va, che la frase ·sembra pro- tendere che, ucciso Pallante, guerra: è un'affermazione di
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Canto undicesimo 43 I
al capo dei Troiani, demente, e a casa tua! 504-509. Fingi d'aver pau-
E continua a diffondere dappertutto il terrore, ra, ecc.: intendi: Drance,
finge d'aver paura delle vio-
a esaltare la forza di una gente sconfitta lenze di Turno per avvalo-
500 due volte, a denigrare le armi di Latino! rare l'accusa che l'eroe m-
Ora persino i principi mirmidoni hanno orrore tulo miri ad intimidire i La-
delle armi dei Frigi, anche Diomede e il tessalo tini con minacce per impor-
re ad essi la sua volontà.
Achille; e il fiume Aufido fugge, arretra di fronte Turno perciò lo invita a
alle onde adriatiche. Fingi d'aver paura smetterla con lo spavento.
davanti alla mia collera? Impostore, lo fai Egli non si sporcherà mai le
505 mani del sangue di un mi-
per inasprire le accuse col timore. Mai, mai serabile come Drance. La
(smettila di tremare) perderai questa vile sua anima resti pure nel suo
anima per il mio braccio: resti pure con te, petto; l'una e l'altro sono
abiti nel tuo petto! Ma ora, padre Latino, degni, per viltà, di starsene
insieme. - padre: Turno si
510 ritorniamo alle gravi proposte che hai avanzato. rivolge a Latino con questo
Se non speri piu nulla dalle armi nostre, se appellativo, perché si consi-
siamo cosi abbandonati e per una sola sconfitta dera sempre il promesso spo-
so di Lavinia.
rovinati del tutto, senza possibilità
511-539· Se non speri più
che la Fortuna ritorni ad esserci amica, nulla, ecc.: qui ha inizio la
515 allora chiediamo pace, tendiamo le mani impotenti. parte non polemica, ma co-
Eppure, oh, se vi fosse un poco dell'usato struttiva del discorso di Tur-
no, il quale afferma subito
valore! Felicissimo e nobile su tutti, che se il re Latino è convin-
in mezzo alla disgrazia, stimo colui che prima to che la situazione sia ve-
di vedere una tale rovina cadde morto, ramente disperata, non rima-
520 una volta per sempre mordendo la polvere. ne altra soluzione che quella
di chiedere la pace. Ma que-
sta repentina accettazione
della pace è soltanto un ar-
tificio retorico. Turno subi-
Drance (450-451 ), che Turno cipi mirmidoni ). Diomede e to dopo afferma ch'egli sti-
ora contesta, accusando l'av- lo stesso Achille di Larissa ma soltanto chi ad una si-
versario di essere un vile de- (città principale della Tessa- mile rovina preferisce la
nigratore dei Latini, che og- glia), e che l'Ofanto (Aufi morte, e giustifica l'afferma-
gi, con un neologismo molto do), fiume della Puglia, pres.. zione dicendo che anche una
efficace, si direbbe disfatti- so Arpi (la città di Diome- sola speranza nelle proprie
sta, perché mira, anche sen- de), indietreggi di fronte forze e in quelle degli al-
za averne coscienza, alla di- alle acque del mare Adria- leati è sufficiente a rinfran-
sfatta della propria patria. - tico. L'immagine del fiume care gli animi. La fortuna è
sconfitta due volte: da Er- Ofanto che si ritira per pau- mutevole e spesso risolleva
cole e dai Greci (IX, 726- ra del mare, sarebbe la raf- chi aveva deluso. Perché la-
727). figurazione di Diomede che
sciarsi abbattere ancora pri-
501-504. Ora persino i non avrebbe, secondo Dran-
principi, ecc.: Turno, sem- ce, accolto l'invito dell'al- ma che le trombe diano il
pre polemiw, dice che, a leanza per paura dei Troia- segnale della battaglia? Se
sentire Drance, si dovrebbe ni. Assurda perciò la paura Diomede non ha accettato
credere che siano presi da di Diomede e degli altri eroi di essere alleato, essi hanno
paura dei Troiani tutti gli greci, come è assurda la pau- altri gloriosi condottieri ita-
eroi greci che li hanno vin- ra delle acque deii'Ofanto di liCi, che combattono al loro
ti: gli eredi di Achille (prin- entrare nel mare Adriatico. fianco, come Messapo e To-
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432 Canto undicesimo
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Canto undicesimo 433
555 Discordi tra di loro, turbati, discutevano per esprimere l'azione dell'a-
la situazione incerta: intanto Enea levava vanzare, dell'avvicinarsi.
il campo conducendo l'esercito a combattere. .56.5-.566. fremendo chiedo-
no armi, ecc.: mentre i gio-
Ed ecco diffondersi con chiasso nella reggia, vani sono impazienti di com-
riempiendo di terrore la città, la notizia battere, gli anziani sono rat-
560 che i Troiani e l'esercito etrusco si distendono tristati; essi speravano la pa-
per tutta la campagna, calando giu dal Tevere ce ed ora, considerando la
gravità della si tu azione mili-
in ordine di battaglia. Subito tutti gli animi tare, temono che le condi-
ne furono sconvolti e il popolo agitato, zioni si aggravino con la di-
la collera spronata con violenza. In gran furia sfatta totale.
ogni braccio vuole armi: fremendo chiedono armi .570. sul fiume ... di Padu-
565 sa: è l'attuale Po di Prima-
i giovani, ma i vecchi piangono mormorando. ro, un tempo ricco di pesce.
Dappertutto si leva un discorde clamore: .571-.574· Suvvia, dice Tur-
come quando talora stormi d'uccelli calano no, ecc.: sono parole che,
sopra un bosco profondo, o schiamazzano i cigni pronunciate alla notizia del-
l'avvicinarsi alla città dell'e-
510 sul fiume peScoso di Padusa e ne echeggiano sercito troiano e rivolte al-
le paludi. « Suvvia - dice Turno, cogliendo l'assemblea da Turno, hanno
l'occasione - riunite l'assemblea, cittadini, tutte le caratteristiche di es-
e lodate la pace standovene a sedere: sere parte integrante del suo
discorso: «Ecco, cittadini,
gli altri assaltano il regno con le armi! ». Si alzò giunto proprio il momento
515 subito, senza altro dire, e corse via dal palazzo. idoneo per radunare l'assem-
«Tu, Vòluso, comanda che i manipoli volsci blea e discutere la pace! ».
L'ironia è più che evidente;
il momento adatto a parlare
saltano la città, abbandona ecc.: di qui fino al verso 618 di pace non è certo quello
l'aula e dà rapidi ordini agli la narrazione può essere con- in cui il nemico si prepara
altri condottieri per la dife- siderata come un intermezzo ad assai tare la città.
sa e l'arresto dell'esercito di fra l'assemblea dei maggio- 576-582. Tu, Vòluso, ecc.:
Enea. Il re si ritira nelle sue renti e la nuova azione bel- Turno, come comandante su-·
stanze; la regina Amata e la lica che ha per protagonista premo, impartisce gli ordini
figlia Lavinia si recano con Camilla, l'eroina dell'Eneide. ai comandanti: a Vòluso (il
le matrone di Laurento a 560. si distendono: il ver- nome è etrusco), comandan-
pregare nel tempio di Palla- bo fornisce l'immagine di un te dei Volsci, affida anche le
de. Turno s'incontra sulle esercito che avanza mano- modeste schiere dei suoi Ru-
porte con Camilla, alla qua- vrando; e in tal caso per cin- tuli; a Messapo (VII, 79~),
le affida il comando della ca- gere d'assedio la città di Lau· a Cora e a suo fratello Ca-
valleria, mentre egli si reca rento, oppure per assumere tillo (VII, 770) ordina di
sui monti a cogliere il ne- uno schieramento idoneo ad spiegare la cavalleria nella
mico in un'imboscata. affrontare il nemico in cam- vasta pianura; e a questi co-
po aperto. mandanti assegna anche la
555-556. discutevano la si- 561. calando giù dal Teve- difesa delle mura di Lauren-
tuazione, ecc.: l'assemblea re: avanzando dal Tevere. to con una parte dell' eserci-
era indecisa sulla decisione Il testo latino è « a flumine to, che non è cavalleria, ina-
da prendere, e i partigiani descendere », ma « descen- datta all'azione difensiva; il
della pace e i fautori della do », che indica veramente resto delle schiere formerà
guerra discutevano animata- l'atto del discendere da un una colonna mobile che, al
mente tra loro. luogo più elevato ad un luo- comando diretto di Turno,
556-557. levava il campo, go più basso, si usa anche svolgerà un'azione offensiva
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434 Canto undicesimo
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Canto undicesimo 435
nitrisce, eretto il capo superbo, la criniera
che gli scherza sul collo, gli ondeggia per le spalle. 63r-633. Ma poiché il tuo
Di corsa gli va incontro la vergine Camilla coraggio, ecc.: poiché il tuo
seguita dai suoi Volsci: l'eroina discende coraggio è superiore ad ogni
620 rischio, ti prego di dividere
d'arcione proprio innanzi alle porte, e imitandola con me i pericoli della bat-
i suoi soldati balzano a terra da cavallo. taglia. Cioè Turno vuoi dire
« O Turno - dice - se il forte ha fiducia in se stesso che il valore di Camilla è
tanto grande, che nessun rin-
a buon diritto, oserò, te lo prometto, assaltare graziamento può ricompen-
625 da sola gli Eneadi e i cavalieri etruschi. sarlo. Perciò l'unica ricom-
Lascia a me ed ai miei l'onore dell'attacco; pensa degna dell'eroina è la
tu difendi la rocca, fermati sotto le mura». sua partecipazione alla lotta
per dividere con Turno .i ri-
Turno a queste parole, fissi gli occhi alla vergine schi e la gloria.
terribile, risponde: «Vergine, gloria d'Italia, 637-638. le ardue solitu-
630 come potrò ringraziarti, e come ricambiarti? dini del monte, ecc.: il Vi-
Ma poiché il tuo coraggio è superiore a tutto tali afferma che << il luogo si
può facilmente identificare
ti prego di dividere l'onere dell'impresa con le alture dette oggi di
con me. Stando alle voci, ma anche alle notizie « Malpasso » o << Castel De-
dei nostri esploratori, Enea ha mandato avanti cima », per cui passa la stra-
i reparti leggeri della cavalleria da che dalla Via Ostiense,
635
a circa nove chilometri da
a battere la campagna; mentre lui, attraverso Roma, conduce a Castel Por-
le ardue solitudini del monte, scavalcando ziano. Nella zona piana ver-
cime e vallate, punta dritto sulla città. so il mare, tra Castel Por-
ziano e il Tevere, avvenne
Gli tenderò un agguato sul sentiero tortuoso la battaglia equestre; mentre
640 che attraversa la selva, chiudendone i due sbocchi in quella collinosa e boscosa
coi miei soldati. Tu affronta in campo aperto di Castel Decima si sarebbe-
la cavalleria etrusca. Saranno con te ro dovute scontrare le forze
di Enea e quelle di Turno;
il feroce Messapo, gli squadroni latini scontro che poi non avven-
e quelli di Tiburto: assumine il comando! » ne, essendo Turno accorso,
645 Cosi disse e, esortati egualmente Messapo morta CamiUa, a difesa di
e i capitani alleati, si avvia contro il nemico. Laurento ». Ma è una sup-
posizione, poiché non è pos-
S'apre tra le montagne una valle sinuosa, sibile trovare lungo la co-
sta tirrena del Lazio un ter-
619. la vergine Camilla: schio. Esse pos~onu sembra- reno eguale o almeno simile
Camilla, principessa dei Vol- re presuntuose, ma non lo a quello descritto da Virgi-
sci e alleata di Turno (VII, sono; esse esprimono una fi- lio. Perciò è probabile che
922). ducia che nasce da sicurezza anche la descrizione di que-
623-627. O Turno, dice, di sé, che possiede soltanto sti luoghi sia invenzione del
se il /urte, ecc.: « se l'uomo chi ha sperimentato più vol-
poeta.
forte ha giustamente fiducia te la sua capacità c il suo
in se stesso, ho il coraggio valore. 643. Messapo: v. VII, 793
e m'impegno di andare sola 629. terribile: traduce e qui 578.
contro il nemico. Lascia a l'aggettivo << horrcnda » la- 644. Tiburto: fratello di
me e ai miei cavalieri l'o- tino, che non ha significato Cara e di Catillo, fondatore
nore di affrontare i primi pe- cattivo. ma << indica solo l'a- di Tivoli, a cui avrebbe dato
ricoli ». Sono parole corag- spetto marziale della fanciul- il nome (VII, no).
giose, degne di una donna la, che ispira rispetto e ter- 647-659. S'apre tra le mon-
abituata alla lotta e al ri- rore» (G. Garavani). tagne, ecc.: il poeta descri-
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Canto undicesimo 437
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438 Canto undicesimo
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Canto undicesimo 439
siano preda d'alcuno) in una concava nube, 744- levate alte nel so-
li porterò al sepolcro, li renderò alla patria •· le: i cavalieri sollevano in
alto le !ance per l'assalto, e
735 Disse, e la Ninfa volò per l'aria leggera dd cido le !ance, riflettendo i raggi
fra uno strepito d'armi, avvolta in un turbine buio. del sole, mandano bagliori.
746-747. Messapo: condot-
Le prodezze di Camilla tiero etrusco, alleato di Tur-
no, già più volte ricordato
Intanto l'armata troiana si avvicinava alle mura, (643). - Cora e Catillo:
coi comandanti etruschi e la cavalleria v. 578 e VII, 770 e sgg. e
nota. - l'ala guidata da Ca-
divisa in squadroni eguali. Per tutta la pianura milla: i cavalieri comandati
740 fremono scalpitanti i cavalli e rduttano da Camilla. Il poeta usa an-
caracollando al morso, volteggiano qua e là che per l'esercito la termino-
in un fragor di zoccoli. La campagna all'intorno logia romana; infatti la ca-
valleria romana si divideva
è spaventosamente fitta di lance, i prati in « aie » e queste in « tor-
scintillano di armi levate alte nel sole. me ». L'ala aveva la forza
745 Sul fronte contrario si presentano in campo di trecento cavalieri, la tor-
ma di trenta. Un'ala quindi
Mes~apo coi vdoci Latini, i due fratelli
era composta di dieci torme.
Cora e Catillo e l'ala guidata da Camilla. Ora il termine « ala » è ri-
Si fa piu fitto il rombo dei cavalli e degli uomini masto ad indicare i lati de-
che arrivano puntando le·lance ed agitando stro e sinistro dello schiera-
mento.
750 i giavellotti, col braccio destro tratto già indietro. 750. col braccio... indie-
Giunti a un tiro di lancia gli eserciti si fermano: tro: col braccio destro pron-
erompono ad un tratto in un urlo, spronando to a vibrare il colpo.
i cavalli furenti: scagliano da ogni parte 753·755· scagliano da ogni
un nugolo di dardi fitti come la neve: parte, ecc.: dall'uno e dal-
l'altro schieramento, non pe-
155 il cido si copre d'ombra. I primi ad affrontarsi rò dai cavalieri lanciati al-
l'assai to con le la nce in re-
sta, ma da arcieri a cavallo
LE PRODEZZE DI CAMILLA abbatte ora scagliando dardi schierati in seconda fila.
(737-893). - La cavalleria ora manovrando la bipenne. Questo lancio di frecce po-
etrusca, rinforzata da Arca- Tra questi l'etrusco Ornito, trebbe essere paragonato, per
di e da Troiani, e comanda- e un ligure figlio di Auno: il fine a cui tende. ai tiri di
ta da Tarconte, avanza ver- il primo, un cacciatore ve- appoggio e d'interdizione, in
so le mura di Laurento e si stito di strane pelli, al quale collaborazione con le truppe
scontra con quella latina. I Camilla rinfaccia il suo at- mosse all'attacco, dell'arti-
Latini sono ricacciati sotto teggiamento selvaggio e la glieria moderna. Il paragone
le mura, ma poi riprendono boriosa vanagloria etrusca; il fra i dardi, che velocissimi
coraggio e mettono in fuga secondo, sventando l'astuzia, portano morte, e i fiocchi di
gli avversari... La battaglia si alla quale era ricorso per neve che cadono placidi e
svolge violenta con esito al- sfuggire alla bellicosa fan- innocui, sembra inadatto,
terno; tutta lo pianura è uno ciulla. poiché i due elementi con-
scalpitare di cavalli e un on- cordano soltanto nella cadu-
deggiare di lance. In mezzo 74o-741. reluttano caracol· ta dal cielo in grande quan-
alla mischia infuria Camilla, lando, ecc.: trotterellando si tità. Ma Virgilio, annota
circondata dal gruppo delle ribellano al morso, cioè alle acutamente il Garavini, « ha
sue compagne munite di ar- redini tenute ferme dai ca- un'anima sensibile e tenera.
co e di frecce; e molti ne valieri. a cui anche le scene di morte
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440 Canto undicesimo
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Canto undicesimo 44I
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442 Canto undicesimo
anch'essa figlia di Marte. Se- vittoriosa, marziale sul suo cocchio, e salutano
condo la leggenda, avrebbe levando in trionfo gli scudi lunati.
partecipato alla guerra di
Troia come alleata dei Tro- 820 O vergine terribile, chi hai ucciso per primo
iani e sarebbe stata uccisa con l'asta, chi per ultimo? Quanti guerrieri hai steso
da Achille. - gli scudi luna- a terra moribondi? Il primo ad affrontarla
ti: piccoli scudi a forma di è Ennèo, figlio di Clizio, al quale pianta in petto
mezza luna, adoperati per
riparare la parte scoperta la lunga asta d'abete. Egli cade, torcendosi
del petto. 82S sulla ferita, e vomita fiumi di sangue e morde
820-834. O vergine terri- la terra insanguinata. Camilla uccide ancora
bile, ecc.: sono qui narrate Liri e Pàgaso: il primo, caduto da cavallo,
le gesta di Camilla: l'ucci-
sione di Ennèo, trafitto con mentre sta per riprendere le redini; il secondo
l'asta; di Liri, caduto da ca- mentre corre in aiuto di Liri e gli tende
vallo; di Pàgaso accorso in 830 la destra disarmata. Muoiono tutti e due
aiuto del compagno; ed an- insieme. E abbatte Amastro lppotade, ed avventa
cora di altri guerrieri, d'in-
venzione del poeta, tutti di da lontano la lancia su Tèreo, Demofoonte,
lancia, ché la vergine Camil- Cromi e Arpàlico: quante aste scaglia la vergine
la « quante aste scaglia ... tanti eroi frigi cadono.
tanti eroi frigi cadono ». 83S Avanza il cacciatore
835-850. Avanza il caccia-
tore, ecc.: Ornito, cacciato- Ùrnito, su un cavallo pugliese, stranamente
re etrusco di statura gigan- armato: sulle larghe spalle porta il gran cuoio
tesca, stranamente vestito e d'un toro selvaggio, in capo ha un elmo fatto
armato, quando incontra Ca- con una testa di lupo dai denti bianchi, in mano
milla fugge sul suo velocis-
simo cavallo pugliese, la fan- 840 uno spiedo di quelli che usano i contadini.
ciulla lo insegue e l'uccide, L'uomo enorme, piu alto di tutti d'un buon palmo,
commentando la sua morte s'aggira tra i soldati. Ma Camilla lo insegue
con parole che rivelano nella
giovane guerriera un'acre o- e lo acciuffa e lo uccide (senza diffi.coltà,
stilità contro gli Etruschi. - dopo aver messo in fuga i suoi uomini) e dice
per mano d'una donna: nota 84S crudelmente: «O Tirreno, credevi d'andare a caccia
il sarcasmo della frase, che di fiere per i boschi? ~ arrivato il momento
attribuisce a Ornito e agli
Etruschi in genere probabili in cui le tue bravate dovevano finire
giudizi oltraggiosi sulle don- per mano d'una donna. Pure riporterai
ne combattenti, e soprattut- ai Mani dei tuoi padri una gloria non lieve:
to vuoi colpire l'altezzosità sso sei caduto trafitto dall'asta di Camilla! »
di quel popolo che, più civile
degli altri, li disprezzava. - E uccide Orsiloco e Bute, due dei piu forti eroi
sei caduto... Camilla: sono teucri. Colpisce Bute alle spalle, infilandogli
parole orgogliose, e sulla boc- la punta tra corazza ed elmo, dove il collo
ca di una donna, che ha su-
perato in valore un uomo, nonostante la sua fama è da nella nuca tra la corazza
l'orgoglio può essere anche pur sempre una donna. e l'elmo, senza ch'egli se ne
legittimo; ma qui l'orgo- 85r-862. E uccide Orsilo- accorga; uccide Orsiloco fin-
glio diventa sarcasmo, poi- co, ecc.: il poeta accenna in gendo di fuggire, e coglien-
ché non vanto, ma disonore questi versi ad altre vittime dolo poi improvvisamente
è per Ornito l'essere caduto dell'infuriata Camilla: ucci- alle spalle con un rapido gi-
per mano di Camilla, che de Bute, infilandogli la spa- ro di fianco.
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Canto undicesimo 443
biancheggia, indifeso dallo scudo che pende dica ti scaltri negli affari,
giu dal braccio sinistro: inganna invece Orsiloco avevano allora la fama di es-
855 sere « splendidi ciurmado-
fingendo di scappare, lasciandosi inseguire ri »), per sfuggire a Camilla
in un gran giro e poi d'improvviso, tagliato ricorre ad una astuzia: invi-
il cerchio, sorprendendo l'incauto inseguitore. ta la giovane guerriera a
Levata sulla sella mena colpi di scure combattere a piedi. Camilla
accetta, scende da cavallo, e
860 spaccando le armi e le ossa di Orsiloco. Il nemico, il ligure fugge a briglia sciol-
ormai battuto, invano la prega di !asciargli ta. Camilla, irritata per l'in-
la vita: dal suo cranio sprizza caldo il cervello. ganno, d'un balzo lo insegue
Camilla s'imbatté nel figliolo di Auno, velocissima, lo raggiunge, af.
ferra il cavallo del ligure
un bellicoso, astuto ligure, abitatore per le redini e «vendica l'of-
865 dell'Appennino, splendido ciurmadore finché fesa col sangue del nemico».
il Fato lo permise. Il guerriero, atterrito -- abitatore dell'Appennino:
dalla sua apparizione, si fermò: accorgendosi gli antichi Liguri abitavano
la costa tirrenica da Luni,
di non poter sfuggire a Camilla che già presso Marina di Carrara, fi-
gli eia sopra ricorse all'inganno e le disse no a Marsigli:t, i due versan·
870 con astuzia sottile: «Bella forza, o regina, ti delle Alpi Marittime e Co-
affidarti a un cavallo migliore assai del mio! zie e un vasto tratto della
pianura padana dell'attuale
Rinuncia a un'eventuale fuga e vieni avanti Piemonte. Lo conferma la
ad armi pari, a1frontami a corpo a corpo e a piedi. toponomastica viva tuttora.
Vedrai ben presto il frutto della tua vanagloria! » Galli ed Etruschi li respin-
sero poi a poco a poco en-
875 Infiammata e bollente d'acutissima rabbia tro un territorio non molto
Camilla dà il cavallo a una compagna e affronta più vasto di quello dell'at·
arditamente il ligure ad armi pari, in mano tuale Liguria. - Rinuncia a
la spada nuda, al braccio lo scudo senza insegne. un'eventuale fuga: questa è
la traduzione letterale del te·
Ma il giovane, pensando d'essersela scampata sto latino (dimitte fugam =
880 con l'inganno, girato il cavallo gli pianta rinuncia a fuggire), ma sem-
gli speroni nei fianchi e fugge a briglia sciolta, bra strano che il ligure pos-
« Sciocco Ligure, gonfio di inutile superbia, sa supporre così di Camilla,
se egli stesso desidera sfug-
non riuscirai davvero a sfuggirmi con le arti girla. Perciò l'interpretazio-
care alla gente tua: la frode non potrà ne più attendibile della frase
RR5 salvarti e ricondurti al truffaldino Auno! » sembra essere: lascia la tua
Cosi dicendo Camilla supera come un fulmine corsa, cioè fermati; la qual
cosa si accorda anche con il
- tanto è veloce - il cavallo, lo afferra per il morso senso delle altre parole che
e vendica l'offesa col sangue del nemico, il ligure rivolge alla guerrie-
agevolmente come uno sparviero, uccello ra fanciulla. - Sciocco Ligu-
re: sciocco, perché il Ligure
890 augurale, raggiunge a volo una colomba non aveva tenuto conto del-
l'agilità di Camilla, veloce
863-89~. Camilla s'imbat- del ligure figlio di Auno. La nella corsa pii1 di un caval-
té, ecc.: è un altro episodio scena è comica e tragica nel- lo. - uccello augurale: per-
della battaglia che, nelle lo stesso tempo. Il ligure, ché dal volo dello sparvie-
schiere latine, ha per prota- scaltro imbroglione (i Liguri, ro, come di altri rapaci, gli
gonista Camilla: l'uccisione che ai giorni nostri sono giu· àuguri prevedevano il futu-
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Canto undicesimo 449
proprio in cima al sepolcro, cercando Arunte. Appena paese di abili arcrer1. - tur-
casso: faretra, cioè custodia
lo vide, tutto gonfio di vanità e di gioia: per le frecce.
«Dove fuggi? -gli disse. - E perché? Vieni qui, 1058-1064. rabbiosa tese
vieni a morire qui, a ricevere il premio l'arco, ecc.: ostile, come mi-
dell'uccisa Camilla. Persino tu sei degno nistra di morte. La tensione
!055 della corda fino a far toccare
d'essere fulminato dai dardi di Diana?» le due estremità dell'arco è
La trace tolse una freccia dal turcasso dorato, irrazionale e difficile ad esse-
rabbiosa tese l'arco in una curva tale re ottenuta senza spezzare
che le punte s'unirono, le mani orizzontali l'arco stesso. Tuttavia l'arco
è teso da una divinità, ed
1060 tra loro, la sinistra che toccava la freccia, inoltre l'immagine ha lo sco-
la destra con la corda all'altezza del seno. po di indicare che h Ninfa
Arunte all'improvviso udf stridere il dardo, ha voluto dare alla freccia la
massima velocità per ottene-
fischiare l'aria e insieme senti il ferro piantarglisi re un effetto sicuro.
nel petto. 1065-1068. I suoi compa-
!065 I suoi compagni, senza curarsi di lui, gni, ecc.: questo abbandono
ne abbandonano il corpo ancora rantolante di Arunte ancora rantolante,
nella polvere, come cosa vile,
nella polvere anonima di quel campo straniero. e in terra straniera, è vera-
Opi ritorna a volo nello stellato Olimpo. mente triste e desolante. La
vendetta della dea giunge fi-
no alla crudeltà, come è al-
I Latini in fuga trettanto crudele il celebre e
maestoso risalire di Opi, mi-
nistra di Diana, al celebre
1051-1052. Appena lo vi- ni a ricevere la degna ricom- Olimpo.
de ... di gioia: insuperbito e pensa per Camilla, cioè la
tutto lieto per aver ucciso morte che deve ricompensare
Camilla. Ma questo atteggia- Camilla della sua immatura l LATINI IN FUGA (1069-
mento di Arunte contrasta fine. E la sintassi latina la II25). - I cavalieri italici,
con quello dei versi 996- consiglierebbe. Persino tu, Volsci, Latini e Rutuli, spa-
999 e versi 1005·1007, e an- che sei un vile (anche Arun- ventati dalla morte di Camil-
cor più con la similitudine te nel verso 979 afferma di la, fuggono verso le mura
del lupo (999-1005). Sono non aspettarsi gloria dall'uc- della città di Laurento. I
contraddizioni che il poeta cisione di Camilla), perché Troiani li inseguono. I di-
avrebbe certamente elimina- hai ucciso una donna, avrai fensori delle mura, per im-
to, come dicemmo anche al- l'alto onore d'essere ucciso pedire che i nemici entrino
trove per motivi analoghi, se con le frecce divine di Dia- in città, chiudono le porte,
la morte non gli avesse im- na? Tuttavia con la spiega- lasciando che i loro conna-
pedito di dare al poema l'ul- zione seconda, che appare zionali esclusi siano trucida-
tima mano. più logica, tutto il passo do- ti o vadano a cozzare contro
1054-1056. a ricevere~. di vrebbe essere inteso cosi: i loro compagni o contro le
Diana: a ricevere una degna « vieni a farti uccidere; la porte. La situazione è dram-
ricompensa per aver ucciso tua sorte deve essere una ri- matica; anche le donne im-
Camilla. « Premio » ha quin- compensa per Camilla; altri- pugnano le armi e partecipa-
di un evidente significato sa- menti credi che avresti l'o- no alla difesa della città.
tirico: tuttavia il testo latino nore di essere ucciso dalle 'furno, avvertito da Acca
« digna Camillae premia», armi di Diana? ». che Camilla è stata uccisa e
in cui « Camillae » può es- 1057. La trace: Opi, ori- che la cavalleria è in fuga,
sere anche dativo, consente ginaria della Tracia, come le inseguita dai nemici, così che
un'altra interpretazione: vie- Amazzoni. La Tracia è anche Laurento corre il pericolo di
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4.50 Canto undicesimo
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Canto undicesimo 45!
riempiono di dolore Turno, fermo in agguato da): del destino che vuole
tra le selve: distrutte le truppe dei Volsci, Enea vincitore di Turno.
nxo. le balze indi/ese:
morta Camilla, i nemici che incalzano, minacciosi, sono le posizioni che Turno
e. col favore di Marte son padroni del campo, aveva. occupato per tendere
uos il terrore che arriva già sin nella città. un agguato ad Enea, ed ave-
Furioso (cosi vuole la potenza tremenda va poi abbandonato quando
Acca gli portò il messaggio
di Giove) egli abbandona il monte che occupava, di Camilla.
lascia le ardue foreste. Ed era appena uscito IIIJ. verso le mura: am-
di vista ed arrivato nella pianura, quando bedue gli eserciti, troiano e
!llO il padre Enea marciando tra le balze indifese latino, percorrono la stessa
via diretti verso la città di
valica il monte, esce dall'ombrosa foresta. Laurento.
Cos{ corrono entrambi con tutti i loro eserciti III8·III9. e sentì il pas-
verso le mura, rapidi, e. distano tra loro so, ecc.: sono particolari che,
solo di pochi passi. Contemporaneamente nonostante siano, almeno in
Enea vide la piana che fumava di polvere parte, impossibili (la cavalle-
lllS
ria era sotto le mura di Lau-
e le truppe di Turno; ed a sua volta Turno rento ), servono ad indicare
riconobbe il terribile Enea nelle sue armi la vicinanza dei due eserciti.
luminose, e senti il passo dell'esercito II2I·II25. se il roseo A-
che marciava veloce e il soffio dei cavalli. pollo, ecc.: se il sole non più
infocato, ma pallido, come
1120 E avrebbero attaccato battaglia U per lf, quando è prossimo al tra-
tentando la fortuna delle armi, se il roseo monto, non avesse tuffato
Apollo non avesse tuffato nel mare di Spagna nel mare i suoi cavalli stan-
i cavalli già stanchi, riportando la notte chi. Allude al mito di Apol-
col cadere del giorno. Allora pongono il campo lo, identificato col sole, che
il dio - dice il mito - tra-
1125 davanti alla città, tutto intorno alle mura. sporta nel cielo sopra un car-
ro infuocato tirato da cavalli
ardenti, i quali alla sera
IIOI-II02. fermo in ag- fuso ·nell'esercito dopo la
guato tra le selve: secondo morte di Camilla, si è propa- scendono nell'oceano a rin-
il piano tattico da lui stesso gato anche in Laurento, e frescarsi e a trascorrere la
preparato, Turno aveva rag- tutti temono la minaccia ne- notte riposando. Cosi l'azio-
giunto la valle descritta nei mica. ne del canto inizia con l'al-
versi 647-6 57 e vi aveva na- no6-no7. così vuo!e ... di ba e termina col tramonto.
scosto in agguato i suoi sol- Giove: cosl Giove si vale La battaglia decisiva è rin-
dati. del suo potere di esecutGre viata al giorno seguente; i
1105. il terrore ... nella cit- del destino, che fa tremare due eserciti riposano, ma
tà: il panico, che si era dif- di paura (potenza tremen- Turno non ha pace.
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452 Canto undicesimo
Commento critico
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Canto undicesimo . 453
presentata nella rassegna del canto VII, il poeta dopo averne raccontata la vita per
bocca di Diana, sua protettrice, con le più belle pagine del poema, pone l'eroina
italica al centro dei fatti che si svolgono fin sotto le mura di Laurento, e ne descrive
le imprese e infine la morte. La figura di Camilla, fresca e nuova invenzione virgi-
liana, è una creatura viva, ricca di toni umani e virili, che vanno dal suo eccezionale
eroismo. alla sua ingenua femminilità di fanciulla. Così nel canto XI, come nelle due
prime parti si susseguono logicamente le esequie dei caduti, le notizie di Diomede
e le successive vicende burrascose del consiglio dei capi, così in questa ultima scena
si svolgono con eguale armonica successione il vasto racconto della vita di Camilla,
lo scontro furibondo delle due cavallerie, e con stupenda e vasta efficacia rappresen-
tativa, dopo la morte della giovane guerriera, lo scompiglio dei Volsci, la rotta disor-
dinata dei Latini e dei Rutuli, la difesa della città, l'irrompere di Turno, avvertito
da Acca della morte di Camilla e della fuga disordinata dei cavalieri, l'arrivo di Enea,
i due eserciti giunti ad un passo tra loro, l'urto atteso e differito, per il sopraggiun-
gere della notte. Cosl il canto si chiude con i due capi, Turno ed Enea, di fronte l'uno
all'altro, con « l'angosciosa sensazione di un destino solenne ancora per poco sospeso ».
Galleria di ritratti
Diornede.
L'apparizione di Diomede nel poema virgiliano è breve, indiretta e fugace.
Ma qmle differenza con l'eroe omerico! Nelle sagge parole con le quali giustifica
il suo rifiuto di unirsi alle forze dei Latini si stenta a riconoscere l'autore di tante
imprese audaci e memorande, di tanti duelli feroci e vittoriosi che avevano fatto di
lui uno dei maggiori personaggi dell'Iliade. La perdita del regno con la splendida
capitale Calidone, la sposa passata ad altre nozze, i compagni caduti, trasformati
in uccelli marini che con il loro gridio continuo, lo riempiono di rimorsi e gli impe-
discono la pace e la serenità, hanno piegato il carattere animoso e la folle audacia
che l'avevano contraddistinto.
Ora egli capisce come terribile sia la vendetta di quegli dèi che aveva sfidato
e combattuto e come i sacrilegi commessi debbano per nemesi storica essere scontati
quotidianamente nel dolore. Non è un eroe vinto o fiaccato come molti vogliono, ma
un uomo che le vicende della vita hanno mutato e che la sofferenza ha plasmato inte-
. riormente. Lo prova l'esaltazione di Enea, non tanto visto come forte guerriero ma
come « superiore in pietà ». La catarsi di Diomede e quella di Mesenzio sono due
esempi che il poeta propone alla nostra meditazione sul modo con cui la sventura
e la morte agiscano sull'animo umano.
Drance.
Il ritratto che Virgilio ci dà di Drance in sei esametri è l'ennesima prova della
felicità psicologica con la quale un personaggio viene inserito nell'azione con una sua
precisa personalità ed un suo altrettanto preciso carattere. Drance, invidioso della
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454 Canto undicesimo
Camilla.
Nel libro VII, durante la rassegna dei guerrieri e dei popoli italici, Virgilio s'era
indugiato alquanto nel presentarci questa vergine guerriera, in cui gli ornamenti
esteriori, squisitamente delicati e muliebri, prendevano maggior risalto perché rico-
privano una fanciulla dall'animo fiero e temprato, pronto alle più sanguinose imprese.
Ritorna in scena in questo canto per concludere la sua vicenda con una delle
morti più impensate e romanzesche cui ci sia dato di assistere, ma in perfetta coe-
renza con il suo ruolo di donna guerriera. Infatti mentre mena gran strage tra i
nemici, ella nota le splendide armi e le bellissime vesti di Cloreo e subito se ne
invaghisce e n per n decide di impadronirsene ad ogni costo. Questo repentino
sfizio, tipico della psicologia femminile, le costerà caro, perché permetterà al per-
fido Arunte di colpirla a morte. A questo punto ella ritorna la guerriera di sempre
che si preoccupa, con le ultime parole che pronuncia, delle sorti della battaglia e
muore da eroina.
« Con un acuto gemito
la sua vita sdegnosa cala giù tra le Ombre ».
In quello « sdegnosa» sta la grandezza d'animo di questa giovinetta, che il
padre aveva educato al culto di Diana, ma che non aveva saputo resistere al fascino
fatale di una bella veste ricamata.
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Canto undicesimo 455
Raffronti di traduzione
Postquam omnis longe comitum praecesserat ordo, Poi che tutta era mossa lontanandu
substitit Aeneas gemituque haec addidit alto: la compagnia seguace, Enea ristette
« Nos alias bine ad lacrimas eadem horrida belli e con profondo gemito soggiunse:
fata vocant: salve aeternum mihi, maxime Palla, « Di qui ad altre lagrime noi chiama
aeternumque vale». lo stesso orrido fato de la guerra:
(vv. 94-98) per sempre ti saluto, o gran Pallante;
e addio per sempre! ...
Est curvo an/ractu valles, accommoda fraudi
armorumque dolis, quam densis /rondibus atrum Tortuosa
urget utrimque latus, tenuis quo semita ducit è una valle, agi 'inganni atta de l'armi,
angustaeque /erunt /auces aditusque maligni. cui i due lati suoi serrano pruni
Hanc super in speculis summoque in vertice di densa frasca, ed un sentier vi mena
urget utrimque latus, tenuis quo semita ducit vi danno brevi aperte adito scarso. '
planities ignota iacet tutique receptus, [montis Sopra questa, in vedetta a sommo il monte,
seu dextra laevaque velis occurrere pugnae giace un ignoto pian, fido ridotto,
sive instare iugis et grandia volvere saxa. se a destra o a manca ami affrontar nemico
Huc iuvenis nota /ertur regione viarum o tener l'altro e rotolar macigni.
arripuitque locum et silvis insedit iniquis. Là si dirige per le note vie
il giovine e veloce il luogo prese
(vv. 522-531)
posando ne la selva insidiosa.
Traduzione di Giuseppe Albini
Or poi ch'oltrepassata
con quest'ordi.ne fu la pompa tutta,
Come fu tutto quel corteo seguace
Enea fermassi, e verso il morto amico molto innanzi avanzato, Enea ristette
ad alta voce sospirando disse:
ed aggiunse con gemiti profondi:
« Noi quinci, ad altre lagrime chiamati
« Al campo, ad altre lagrime, or ci chiama
dal medesimo fato, altre battaglie
lo stesso fato dell'orrenda guerra;
imprenderemo. E tu, magno Pallante grande Pallante, addio! per sempre addio!
vattene in pace, e con eterna gloria '
godi eterno riposo ».
I vi è una curva e tortuosa valle
atta in guerra ad agguati insidiosi;
~ tra due branche
d'ambo i lati la serrano. le falde
del monte una vallea, che d'ambi i lati dei monti, fitte di boscaglie oscure·
ba folte selve, o luoghi occulti e chiusi
vi corre un malagevole sentiero '
a l'insidie de l'armi accomodati. e conducono in essa anguste gole
Ha ne l'imo una sèmita per mezzo e diflicili varchi. In cima al monte
angusta, malagevole e scontorta; uno spiazzo la domina, nascosto
che d'ogn'intorno è da le ripe offesa. e sicuro ricetto: o che si voglia
In cima, in su l'uscita, è tra le selve avventarsi da destra o da sinistra
ascosa una pianura, con ridotti
contro il nemico, o là fermarsi in alto
acconci a ritirarsi, ed opportuni a rotolare giù grandi macigni.
a spingersi o dal destro o dal sinistro Là si diresse il giovane, pas~ando
lato, che si riscontri, o che s'aspetti per sentieri a lui noti; occupò il luogo
nemica gente, o pur che di gran sassi e si appiattò nel bosco insidioso ».
si tempesti di sopra. A questo loco,
di cui ben era pratico, in agguato Traduzione di Guido Vitali
Turno si pose, e i suoi nemici attese.
Traduzione di Annibal Caro
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CANTO DODICESIMO
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CANTO DODICESIMO
Di fronte alle gravi perdite subite Turno dichiara a Latino d'essere disposto a
risolvere la guerra con un duello. Il vecchio re, paterno e prudente, cerca invano di
convincerlo ad accontentarsi del suo regno e a rinunciare a Lavinia, che per volere
del destino deve sposare uno straniero. Ma Turno ha fiducia nel proprio valore, e
dalla sua decisione non riesce a distarglielo neppure Amata; e vane sono anche le
lagrime e il rossore di Lavinia, che assiste al colloquio. Mandato un araldo a sfidare
Enea a duello, Turno si fa condurre i cavalli, indossa le armi, si cinge la spada, bran·
disce l'asta e, sprizzante fuoco nel vispe negli occhi, la scuote e le chiede di uccidere,
con il suo aiuto, Enea. Anche Enea si prepara alla tenzone e veste le armi -fabbricate
da Vulcano.
Nel frattempo si prepara il recinto dove si svolgerà il duello, e nel mezzo si erige
un altare coperto di zolle erbose, sul quale i sacerdoti portano acqua lustrale e fuoco.
Intorno al reCinto si dispongono i soldati dell'uno e dell'altro esercito, desiderosi di
assistere alla prova. Sulle mura e sui tetti della città si affollano i vecchi, le donne e
i bambini. Anche Giunone assiste ai preparativi della prova dall'alto del colle Albano,
ma per impedire il duello. E a tale scopo, per salvare Turno da morte sicura, incita
la ninfa Giuturna a turbare la tregua, provocando una rissa. Intanto entra in campo
Latino, poi giunge Turno e infine anche Enea accompagnato da Ascanio. Enea giura
che, se sarà vinto, Julo si ritirerà a Pallanteo, presso Evandro; se vincerà, non vorrà
essere re, ma Troiani e Italici vivranno in pace con diritti eguali. Latino approva il
giuramento, e il sangue delle vittime lo consacra. Ma Giuturna, prese le sembianze
di Camerte, valoroso guerriero latino, s'aggira fra i soldati italici sollecitandoli a
riprendere la lotta. E ad avvalorare le sue parole appare in cielo un prodigio, che
l'augure Tolunnio spiega essere favorevole ai Rutuli: un'aquila, che sarebbe Enea,
ha ghermito un cigno, che sarebbe Turno; ma gli altri cigni dello stormo le piombano
addosso e la costringono a lasciare la preda e a fuggire. Tolunnio lancia poi un'asta e
dà inizio alle ostilità. La mischia si fa sempre più violenta, l'ara è travolta, Latino
fugge verso la reggia, ed Enea corre fra i combattenti disarmato e li esorta a rispet-
tare i patti; ma una freccia misteriosa lo ferisce ad un ginocchio ed è costretto a
lasciare il campo. Turno approfitta dell'assenza di Enea e fa strage di Troiani. Il
medico Japige cerca invano di curare la ferita di Enea; la freccia non vuole stac-
carsi dalla gamba dell'eroe. Interviene allora Venere, che prepara una medicina,
mescolando il miracoloso dittamo con acqua di fiume, ambrosia ed erbe medicinali;
il vecchio Japige, che ignora l'intervento della dea, bagna con quell'acqua la ferita,
la freccia esce e la piaga di colpo guarisce. L'eroe troiano si riarma e, lanciatosi nella
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460 Canto dodicesimo
mischia, cerca Turno, solo Turno. Ma Giutuma, ansiosa per la sorte del fratello,
getta dal suo carro l'auriga Metisco, ne prende le sembianze e il posto, e guidando
essa il carro, riesce ad evitare l'incontro con Enea, che sfiorato da un dardo di Mes-
sapo, abbandona la ricerca di Turno e si getta furioso nella lotta. La battaglia diventa
sempre più ardente e sanguinosa da ambedue le parti, allorché Enea, ispirato dalla
madre, decide di risolvere la situazione assalendo Laurento. I cittadini, chiusi dentro
la città, sono discordi e atterriti. La regina Amata, credendo Turno morto, disperata
e colpevole, s'impicca; Lavinia si dispera; Latino si strappa le vesti. Quando Turno,
che si trova con la sorella ai margini del campo, sente il rumore della città, e Saces,
che arriva in quel momento, lo informa di ciò che accade, salta giù dal carro, abban-
dona la sorella e corre fra i combattenti gridando di sospendere la lotta, perché lui
solo combatterà. Enea, udite le parole di Turno, ne gioisce. Tutti si ritirano e depon-
gono le armi. I due rivali sono l'uno di fronte all'altro, si scagliano le aste, indi, come
due tori infuriati della Sila, con rapida corsa vengono al corpo a corpo. Turno
assesta un gran fendente sull'elmo di Enea, ma la spada che non era la sua, ma quella
di Metisco, si spezza e, rimasto disarmato, si dà alla fuga, inseguito da Enea, la cui
asta però si conficca tra le radici di un olivo sacro a Fauno, dio favorevole a Turno;
e il Troiano non riesce a svellerla. Della circostanza ne approfitta Giuturna, che
porta al fratello la sua spada; ma a sua volta Venere, indignata, consegna l'asta
al figlio. Cosl i due rivali sono nuovamente di fronte: Turno con la spada, Enea con
la spada e l'asta. A questo punto Giunone, che da una nuvola ha assistito al duello,
si avvicina a Giove, e le dice che ogni u1teriore opposizione al Fato sarebbe inutile:
«Oggi è il giorno fatale». Cosl il re e la regina dell'Olimpo concludono insieme
questo patto: Enea vincerà e i due popoli si fonderanno in un popolo solo, ma i
Latini conserveranno la lingua e i costumi delle loro antiche genti. Dalla fusione
tra.rrà origine la stirpe dei Romani, e il nome di Troia sarà ricordato soltanto dalla
storia. Concluso il patto, Giove manda sulla terra una Furia che, trasformatasi in
gufo, uccello di malaugurio, svolazza intorno all'eroe rutulo, il quale presagisce cosl
la sua prossima fine. Anche Giuturna comprende il significato del malaugurato uccello,
e disperata si getta piangendo nella profondità del suo fiume, maledicendo il ctestino
che l'ha voluta immortale e non le permette di morire insieme col fratello. Il com-
battimento fra i due rivali riprende. Enea minaccia Turno a gran voce; Turno, rasse-
gnato, risponde che non lui lo vincerà, ma gli dèi avversi e il destino; e tenta di
colpire Enea con un grosso macigno. Ma gli mancano le forze, e il Troiano ne appro-
fitta scagliandogli contro l'asta, che lanciata con tutta la forza gli trapassa lo scudo,
gli fora la corazza e gli si conficca in una coscia. Turno, costretto a piegare a terra il
ginocchio, implora da Enea di non infierire sull'infelice suo padre e di restituire ai
suoi il suo corpo vivo o morto, come vorrà. Lo riconosce vincitore, signore d'Italia
e di Lavinia, e lo scongiura di non andar oltre con la vendetta. Enea è molto vicino
a commuoversi, ma vede sulle spalle di Turno il balteo di Fallante. Il ricordo del
giovinetto morto lo accende di sdegno, e nel nome di lui gli vibra il colpo mortale.
«Il corpo di Turno si distende nel freddo della morte»; la sua anima vola gemendo
verso il regno dei morti.
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CANTO DODICESIMO 1·4· Turno capì che i La-
tini, ecc.: il giorno prima la
Turno si dichiara pronto al duello con Enea (1-104) - Turno ed cavalleria italica, dopo la
morte di Camilla, si era
EI?ea prima del ?uello (105~146)- Il campo del duello (147-172)- scompigliata e ritirata in fu-
Gmturna, sollecitata da Gmnone, soccorre Turno (173-205) - Si ga nella città di Laurento.
giurano i ~atti (206-277) - Giutuma turba l'accordo (278-343) - Turno aveva abbandonato le
Enea è fe~lto (344-411) - Turno fa strage di nemici (412-482) - posizioni che aveva occupato
Ene31 guarito da Venere (483-553)- Enea ritorna sul campo di bat- per tendere un'insidia ad E-
tagh~ (~54-585) - 9iuturna si fa auriga di Turno (586-627) - Le
nea in marcia verso la città
strag~ di Enea e d1 Turno (628-693) - Venere ispira ad Enea di
latina, e i due eserciti alla
ass~hre ~urento (69_4-740) - ~mata si uccide (741-767) - Turno fine erano venuti a trovar-
dec1de d1 affrontare d suo destmo (768-866) - I due campioni di si vicinissimi l'uno all'altro
fronte (867-984) - Il patto tra Giove e Giunone (985-1047) - Il nella campagna prossima a
duello finale e la morte di Turno (1o48-n8o). Laurento, ma il sopraggiun-
gere della notte aveva impe-
dito Io scontro. Perciò il
Turno si dichiara pronto al duello con Enea poeta in questi versi presup-
pone che Turno durante la
notte siasi recato alla reggia
TURNO capi
ad esporre al re Latino le
sue preoccupazioni e i suoi
progetti sull'andamento del-
che i Latini prostrati dalla guerra
erano giunti all'estremo. Lo guardavano fisso, le operazioni belliche: in
primo luogo lo scoraggia-
gli chiedevano conto delle vecchie promesse: mento dei soldati e la sua
decisione di affidare l'esito
TURNO SI DICHIARA PRON· sposa di uno straniero; ma della guerra al suo duello
TO AL DUELLO CON ENEA (1- Turno risponde che anche la con Enea. - Lo guardavano
104). - Di fronte alle immen- sua spada sa dare la morte, e fisso: con quello sguardo i
se perdite e al malumore dei che comunque egli non vuo- soldati invitavano Turno ad
suoi soldati, Turno dichiara le essere un vile. Vane sono aver pietà dei loro mali, a
di essere pronto al duello anche le preghiere di Amata mantenere la promessa di
con Enea. Il re Latino tenta e le lagrime di Lavinia; T ur- combattere da solo e forse
invano di dissuaderlo, esor- no ordina al suo araldo di vi aggiungevano anche una
tandolo ad accontentarsi del portare la sfid,l ad Enea e di tacita accusa di viltà. « In
suo regno e alla rinuncia di fissare il duello per l'indo- ciò - annota il Pascoli, - è
Lavinia, che i Fati vogliono mani. il r'ragico della sua vita: pa-
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462 Canto dodicesimo
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Canto dodicesimo 4 63
che io sia circospetto e prudente, e che vagli ca, ecc.: Latino sta affron-
tutto con attenzione. Hai il regno di tuo padre tando l'argomento più scot-
Dauno e molte città conquistate in battaglia; tante, quello di Lavinia, e ne
30 previene il suo interlocutore.
e per di piu Latino è ricco e ti vuol bene. 37-38. del vecchi preten-
Ci son tante ragazze da marito nei campi denti: sono i pretendenti an-
di Laurento e nel Lazio, e tutte di gran razza. teriori ad Enea, ed erano
Permetti che ti dica cose non certo facili molti: «La chiedevano in
molti, dal Lazio e dall'Auso-
35 a dirsi, superando le reticenze, e accogli nia »(VII, 67).- cosl presa-
bene le mie parole. Non era destinato givano: allude ai prodigi ed
che sposassi mia figlia ad alcuno dei vecchi ai responsi che preannuncia-
pretendenti: cosi presagivano tutti, vano Lavinia sposa di uno
straniero (VII, 72 e sgg.).
e Dei ed uomini. Vinto dall'affetto per te, 40. dal sangue affine: A-
40 dal sangue affine e dai pianti noiosi di mia moglie, mata era sorella di Venilia,
ruppi gli impegni presi, tolsi la sposa al genero madre di Turno.
fatale ed impugnai empie armi. Tu vedi 41-42. al genero fatale: al
genero voluto dal Fato, cioè
che guerre e che sciagure mi opprimano da allora, Enea. - empie armi: empie,
Turno, quante fatiche tu soffra per il primo. perché la guerra è stata com-
45 Due volte vinti in campo, a stento difendiamo battuta per un motivo con-
le speranze d'Italia chiusi nella città; trario alla volontà degli dèi.
Questo giudizio è natural-
le correnti del Tevere ancora sono calde mente di Latino, non di Tur-
del nostro sangue e immense le campagne biancheg- no, il quale era di opinione
[giano ben diversa.
d'ossa. Perché, perché ho mutato parere? 46. le speranze d'Italia:
tutte le speranze degli I tali-
50 Quale triste follia m'ha sconvolto la mente? ci sono riposte nella resisten-
Se sono pronto a accoglierli da alleati, una volta za di Laurento all'assalto
morto Turno, perché non far la pace adesso dell'esercito guidato da E-
nea.
con Turno sano e salvo? Cosa diranno mai
49· Perché, perché ... pare-
i consanguinei Rutuli e tutta l'Italia re?: Latino riconosce la sua
55 se avrò fatto ammazzare (il Fato mi smentisca) condotta contradditoria, e se
chi voleva mia figlia per moglie e me per suocero? ne pente; si pente di aver ac-
colto amichevolmente gli am-
basciatori di Enea e poi di
la voce della ragione e con rinchiusa, ebbe egualmente non aver impedito la guerra.
l'affetto di un padre. Gli ri- un figlio, Perseo, e proprio Latino è buono, ma anche
conosce il valore, non la pru- da Giove trasformatosi in debole; l'incertezza e l'esita-
denza, l'agire impetuoso, non pioggia d'oro. Il padre allo- zione sono i principali difet-
la calma che proviene dalla ra la fece gettare in mare ti del suo carattere.
ponderazione. chiusa con il figlio in una 51-56. Se sono pronto,
29-30. padre Dauno: se- cassa, che approdò in Puglia. ecc.: il discorso di Latino,
condo la leggenda Acrisia, Quivi Danae sposò Pilunno, finora prudente e spesso, per
re d'Argo, avendogli l'oraco- da cui ebbe Dauno, e col non offendere e irritare il ni-
lo predetto che dalla figlia marito fondò Ardea. Da pote, fatto di giri di parole,
Danae sarebbe nato un ni- Dauno e dalla ninfa Venilia, diventa più esplicito. Se, di-
pote che l'avrebbe ucciso, sorella di Amata, sarebbe na- ce il vecchio re, sono dispo-
rinchiuse la figlia in una tor- to Turno. sto ad accogliere i Troiani
re. Ma Danae, benché cosl 34-36. Permetti che ti di- come alleati con Turno mor-
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466 Canto dodicesimo
cocchio tirato da destrieri 100 correndo sul suo cocchio dalle ruote purpuree,
bianchi e rossicci, Lampo .e non guidi i suoi Troiani contro i Rutuli. Le armi
Faetonte (splendore e scin-
tillio). Discorso breve que- dei Troiani e dei Rutuli riposino: porremo
sto di Turno, e molto appro- fine noi due alla guerra, col sangue nostro solo;
priato al suo carattere ed la mano di Lavinia sarà la posta in gioco».
alla circostanza. « Il dolore
e l'esitazione delle due don-
ne, annota il Copelli, richie- Turno ed Enea prima del duello
devano appunto questa sicu-
rezza, questa quasi ostenta- 105 Ciò detto, ritornato rapidamente a casa,
zione di sicurezza che, alme- chiede i cavalli e gode nel vedersi dinanzi
no nella espressione, pare
naturale». ngli occhi, tutti un fremito, quei nobili corsieri
che la regina Orizia diede in dono a Pilunno
TuRNo ED ENEA PRIMA per fargli onore e volle che fossero piu candidi
DEL DUELLO (105-146). - 110 della neve, piu rapidi nella corsa del vento.
Turno, inviato l'araldo a Gli aurighi li circondano premurosi e accarezzano
portare la sfida ad Enea, si
prepara al duello. Si fa con- i loro petti sonori battendoli con le mani
durre i cavalli, e gode quan- a conca, pettinando sui colli le criniere.
do vede davanti a sé i suoi Turno adatta alle spalle la lorica incrostata
cavalli frementi ed i"equieti 11 s d'oro e bianco oricalco, e si cinge la spada
per l'impazienza di sfrenarsi
alla corsa; indossa le armi, facile a sguainarsi che lo stesso Vulcano
dono di Vulcano a suo pa- domatore del fuoco aveva fabbricato
dre, e le prova: all'asta po- al padre Dauno e immerso rovente nello Stige
derosa chiede che sia docile
ai suoi voleri, e la scuote per renderla infrangibile; ed imbraccia lo scudo
spirando ardore e desiderio 120 e mette l'elmo adorno di cimieri vermigli.
di abbattere l'odiato nemico. Poi afferra con forza la grande lancia, preda
Anche Enea si prepara alla strappata a Attore aurunco, che stava ritta contro
tenzone, non meno terribile
nelle armi materne, ma più un'immensa colonna nel centro del palazzo,
calmo e sereno, seppur feli-
ce che la guerra si concluda infrangibile. Virgilio si è la-
con il duello. E invia a La- n2-II3. i loro petti sono-
tino dei guerrieri con l'ac- ri, ecc.: il cavallo generoso sciato trasportare dalla fan-
cettazione della sfida. ama « la man sonora che tasia di poeta e ha fatto
percuote il collo» (Geor., scendere nel mondo dei mor-
III, 186, trad. Albini). - ti un dio del cielo, meravi-
198. Orizia: moglie del con le mani a conca: con le gliando i critici, che nella
vento Borea, che vive nella mani piegate a guisa di con- poesia vanno a ricercare la
Trada, la terra dove cresce- chiglia. logica.
vano cavalli veloci. Borea, n6. lo stesso Vulcano, 122. Attore aurunca: un
vento di settentrione che fa- ecc.: anche Turno aveva, capi degli Aurunci, che Tur-
ceva tremare la terra e scon- dunque, una spada fabbrica- no vinse in qualche guerra.
volgeva il mare, aveva rapito ta da Vulcano, ma con que- Gli Aurunci erano un popo-
Orizia sulle rive dell'Ilisso sta spada egli non combat- lo italico, forse in parte sot-
e l'aveva fatta sua sposa. terà. tomesso al regno dei Rutuli,
Non si conoscono però quali n8. immerso ... nello Sti- se essi appaiono al seguito
rapporti siano intercorsi fra ge: il dio l'aveva temprata di Turno (VII, 913).
Orizia e Pilunno, trisavolo nelle acque dello Stige, fiu- 123. un'immensa colonna:
di Turno. me infernale, e l'aveva resa forse un arnese intorno al
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Canto dodicesimo 467
e la scuote, fremendo, e grida: « Asta, che mai le, ma nei suoi cavalli, nelle
fosti sorda aJ mio appello, adesso è giunta l'ora! armi e in particolare nell'a-
125 sta, l'arma sua prediletta.
Ti portò Attore il grande, ora ti porta Turno. 135-136. e prova... delle
Concedimi di abbattere il corpo del nemico, corna: l'espressione pittore-
di strappare e spezzare con forte braccio le armi sca e fantasiosa pone in evi-
che vestono quel frigio effeminato, e infine denza la furia del toro, il
quale pare che concentri la
130 sporcare nella polvere quei capelli arricciati sua ira nelle corna, sua uni-
col ferro rovente e bagnati di mirra! » ca, ma terribile arma.
È infuriato e sconvolto: scintille ardenti sprizzano 137-138. si scatena a col-
dal suo viso ed un fuoco brilla in fondo ai suoi occhi pire, ecc.: la furia del toro
~ cosl grande, che l'animale
vivi e fieri. Cosi un toro che si accinge dà l'impressione di colpire
135 a combattere mugghia tremendamente e prova nell'aria un nemico reale.
la furia delle corna lottando contro un albero, L'immagine fa pensare, co-
si scatena !l colpire il vento e sparge in aria me conseguenza, al verso
dantesco: « Sl che parea che
la sabbia con gli zoccoli, preludio alla battaglia. l'aer ne temesse» (lnf., I,
Frattanto Enea, non meno terribile, vestito 48). - sparge in aria la sab-
140 delle armi materne, si prepara a combattere bia, ecc.: il toro, ma anche
la sua femmina, batte in ter-
eccitandosi d'ira, felice che la guerra ra raspando uno dei piedi
si concluda in un patto. Poi consola i compagni anteriori, sollevando terra e
e il dolore di Julo ricordando il volere polvere, prima di avventarsi
e i disegni del Fato onnipotente; e invia nella lotta.
139-146. Frattanto Enea,
145 dei guerrieri a portare a Latino una ferma ecc.: quanto più contenuto
risposta insieme a tutti i termini dell'accordo. è il contegno di Enea! An-
che l'eroe troiano, alla vigi-
lia del duello, prova le ar-
mi, però non per trarre da
Il campo del duello esse fiducia e sicurezza. Egli
trae forza e coraggio dall'età
e dalle sue esperienze dolo-
quale si appoggiavano le ar- rose, ed anche dalla fede
13o-I3I. sporcare nella nei prodigi e nei responsi di-
mi degli ospiti e quelle che polvere, ecc.: l'asta, l'arma
il padrone di casa teneva a più micidiale ed espressiva vini che l'hanno confortato
portata di mano. Le altre ar- nel lungo viaggio e, non me-
della forza del combattente, no, al suo arrivo alle foci del
mi erano custodite in appo- infiamma Turno, e il suo
siti forzieri, detti « arma- odio contro Enea è qui più Tevere. Intorno ad Enea ~i
ria », da cui è derivato il respira un'altra aria, proprio
feroce che mai. Perciò è sin- per virtù sua, poiché egli
nostro armadio, non più de- p;olare questo monologo di
stinato a contenere armi, ma Turno all'asta. Il principe trasmette !a sua serenità ai
indumenti cd altri oggetti rutulo ha bisogno di rinno- compagni e a Julo, trasfon-
pacifici. vare la sua fiducia dopo le dendo in es'li la sua fiducia
129. quel frigio effemina- accuse dei Latini, le esorta- nel « volere e nei disegni
to: Enea, cosl indicato con zioni del re, il pian to e le del Fato».
disprezzo da Turno. Però al preghiere di Amata, lo sguar-
tempo di Virgilio i Frigi e do lagrimoso e il rossore di IL CAMPO DEL DUELLO
gli Orientali in genere ave- Lavinia; e la cerca non in (147-172). - Quando l'auro-
vano fama di essere realmen- se stesso, dove si è creato ra comincia ad illuminare
te effeminati. un vuoto ormai incolmabi- con la prima luce il nuovo
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468 Canto dodicesimo
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Canto dodicesimo 4 69
Giunone intanto osservava il campo, i due schiera- fiume Numico, e un'altra nel
[menti Foro Romano, ai piedi del
Palatino, che il D'Annunzio
laurentino e troiano e la città latina descrive nel terzo libro delle
sporgendosi d'in cima alle alture che adesso Laudi, e dove la leggenda
si chiamano monti Albani: ma allora non avevano dice che i Dioscuri abbeve-
rarono i loro cavalli, quan-
nome né onore di riti festivi né alcuna gloria. do portarono ai Romani la
La Dea disse a Giuturna, la sorella di Turno, notizia della vittoria ripor-
Divinità preposta agli stagni ed ai fiumi tata contro i Latini al lago
echeggianti (fu il re celeste, Giove, a darle Regillo (406 a. C.).
!BO
184. senza memoria: per-
quest'incarico sacro, per la verginità ché Giove dimenticava spes-
toltale un giorno): 41 O Ninfa, onore delle acque, so le donne amate. Con que-
carissima al mio cuore; tu sai come tra quante ste insinuazioni Giunone mi-
donne latine ascesero alletto senza memoria ra ad acquistarsi la simpatia
di Giuturna e quindi a con-
185 del magnanimo Giove, io ami solo te, vincerla più facilmente a
e come volentieri t'abbia concesso un angolo contrastare il proposito di
dell'Olimpo. O Giuturna, sappi la tua sventura, Giove, il quale vuole che il
Fato si compia.
non accusarne me. Finché la Fortuna permise
187-188. sappi la tua sven-
- consenzienti le Parche - che gli eventi volgessero tura, ecc.: della triste sorte
190 a favore del Lazio, protessi Turno e le mura che t'aspetta, cioè di perde-
a te care: ora vedo che il giovane combatte re il fratello, non darmi col-
con Fati non eguali, che la forza nemica pa di non averti avvertita.
192-193. con Fati non e-
e il giorno delle Parche oramai s'avvicinano. guali, ecc.: perché il Fato di
No, non posso guardare con questi occhi un tal patto Turno è la sua morte, quello
195 e un tal duello! Se osi accorrere in aiuto di Enea è la vittoria. - la
di tuo fratello, affrettati: è necessario. Forse forza nemica, ecc.: una po-
tenza ostile, che guida le for-
ze troiane, e il giorno stabi-
lito, in cui Atropo, la parca
scontro. Chiama a sé Giu- uno dei monti Albani (a inflessibile che tronca lo sta-
turna, sorella di Turno e sud-est di Roma, allora sen- me della vita, sono ormai vi-
ninfa delle fonti e dei fiu- za nome e gloria), osserva cini a Turno.
nti, un tempo amata da Gio- tra dispettosa e disperata i 194-195. No, non posso
ve, che le concesse l'immor- preparativi del duello, e me- guardare, ecc.: perché il pat-
talità, e le annuncia che non dita implacata con il cuore to e il duello, di cui Giuno-
può più far nulla in favore in tumulto, di eludere an- ne conosce -l'esito, annulla-
del fratello, cui già sovrasta cora una volta il destino che no totalmente il suo piano,
la morte. La ninfa piange, e vuole la morte di Turno e che mira ad impedire l'inse-
Giunone le insinua che essa la vittoria dei Troiani. diamento dei Troiani nel La-
può ancora tener lontana dal 178-182. a Giuturna, la so- zio e l'avvio allll futura gran-
fratello la Parca, purché rie- rella, ecc.: Giuturna (in la- dezza di Roma.
sca a turbare l'accordo e a tino « Juturna » e antica- I97· ne verrà agli infeli-
provocare un nuovo motivo mente « Diuturna ») era una ci, ecc.: è ammirevole que-
di lotta. ninfa delle fonti e dei fiu- sta speranza tenace anche di
mi. Amata da Giove, ebbe fronte all'ineluttabilità del
173-177. Giunone intanto, dal re dei Celesti il dono destino! La passione giunge
ecc.: riappare sulla scena dell'immortalità. Una sor- spesso anche all'assurdo. Av-
Giunone che, dalla cima di gente le era sacra presso il verti come il discorso della
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Canto dodicesimo 477
una stridula freccia si piantò nella gamba ranza, si getta nella battaglia
can il consueto impeto, e
dell'eroe: non si sa da chi scagliata, o spinta mena strage di nemici.
da quel turbine. È incerto chi abbia dato ai Rutuli
tanta gloria, se un caso o un Dio: poiché nessuno 412-416. Turno pronto ...
410 mai ha osato vantarsi d'aver ferito Enea, le redini: Turno, appena ve-
la fama della grande impresa è rimasta oscura. de Enea allontanarsi dal
campo ferito, mosse dalla
speranza di sopraffare, du-
rante la sua assenza, le forze
Tumo fa strage di nemici troiane e quindi di evitare
il duello, sale sul carro, affer-
ra le redini ed entra veloce
nel turbine della battaglia.
Appena vide Enea uscire dalle file Di solito il carro, dal quale
e i comandanti sconvolti, Turno pronto s'accende il guerriero combatteva, era
d'improvvisa speranza: chiede le armi e i cavalli, guidato da un auriga; ma
Turno ha fretta e, sicuro di
415 con un salto è sul carro, superbamente fiero, sé, parte guidando egli stes-
e maneggia le redini. Volando qua e là so i cavalli. Particolare, que-
uccide molti forti guerrieri e· ne ferisce sto, molto eloquente per la
molti altri, atterrando col suo cocchio le squadre, caratterizzazione di questo
giovane impulsivo.
scagliando sui fuggiaschi le aste strappate ai morti.
42o-427. vicino alla ... del-
420 Come quando, vicino alla diaccia corrente l'Ebro: nelle campagne at-
dell'Ebro, il sanguinoso Marte batte lo scudo traversate dall'Ebro, oggi
con l'asta, scatenato, ed incita i furiosi Maritza, fiume principale
cavalli alla battaglia (i corridori volano della Tracia, regione assai
bellicosa, consacrata a Mar-
nell'aperta pianura dinanzi ai Noti e a Zefiro, te e detta perciò anche Mar-
425 l'estrema Tracia piange per quei colpi di zoccoli, zia. - sanguinoso: perché,
e intorno al Dio si muove la sua scorta che ha i volti come dio della guerra, insa-
ziabile di stragi. - batte lo
della nera Paura, dell'Ira e dell'Insidia): scudo con l'asta: per atter-
rire i nemici e per incitare
significare: Turno ormai è molti secoli dopo altre orde i soldati alla lotta. - ai N oti
mia preda. selvagge, che però varche- e a Zefiro: più rapidi dei
406-41 I. una stridula frec- ranno le sue mura non senza venti Noti e di Zefiro. I Noti
cia, ecc.: la provenienza del- trepidazione, anche se poi sono venti di mezzogiorno;
la freccia è ignota; nessuno devasteranno le sue case e Zefiro di ponente. - l'estre-
riesce a sapere chi ha ferito i suoi templi. Così in questi ma Tracia: tutta la Tracia,
Enea, perché nessuna forza versi appare dominante una fino ai suoi estremi confini.
umana poteva colpire l'eroe forza occulta, cattiva; e il - la sua scorta... Insidia:
troiano, consacrato ormai al breve episodio è tutto per- Paura, Ira, Insidia sono per-
duello, che doveva coronare vaso dal mistero e da un'on- sonificazioni dei terrori del-
le sue fatiche e dare inizio da suggestiva di poesia. Ia guerra, che formano la
alla creazione del destino fa- scorta di Marte. « Nota in
tale di Roma. Anche la città TURNO FA STRAGE DI NE- questa similitudine un certo
eterna un giorno avrà i suoi MICI (412-482). - Enea, fe- che di mosso e di concitato,
nemici, ma nessuno, nemme· rito ad un ginocchio, si al- un rapido accenno a parti-
no Annibale, oserà assalirla. lontana dal campo della lot- colari tutti essenziali ed
Solo i barbari avranno l'ar- ta sostenuto dai suoi, e Tur- espressivi, una varietà di
dire di colpirla: i Galli e no, animato da nuova spe- suono che ha toni smorzati
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478 Canto dodicesimo
e quasi cupi, per quel certo cosi Turno impetuoso sferza in mezzo alla mischia
che di misterioso che porta i cavalli fumanti di sudore, schiacciando
seco il corteggio di Marte »
(A. Copelli). 430 crudelmente i cadaveri; lo zoccolo veloce
428-431. così Turno impe- sparge spruzzi sanguigni, pestando sangue e arena.
tuoso, ecc. : il particolare è Ha dato già alla 01orte Stènelo, Tàmiro, Folo,
di un verismo crudo, quasi i primi due attaccandoli corpo a corpo ed il terzo
selvaggio, ma come preludio
dell'ultima strage dd cam- da lontano. Egualmente da lontano massacra
pione italico è anche di una 435 i due Imbràsidi, Glauco e Lade, che il loro babbo
grandezza epica. Questi alti aveva allevato in Licia e armato d'armi eguali
e bassi dello stato d'animo per combattere a piedi o correre a cavallo.
di Turno fatti di eccitazione
e di depressione, non sono Da un'altra parte s'avventa nella battaglia Eumede
determinati da viltà, ma da valorosissimo figlio dell'antico Dolone.
inquietudine. Egli non ha 440 Ha il nome di suo nonno ma il coraggio e la forza
davanti a sé una visione di di suo padre che, un giorno, offrendosi di andare
certezza, ma l'ombra di un
funesto presagio, che ora si esploratore al campo dei Danai osò chiedere
addensa, ed egli rimane nei in ricompensa il cocchio del Pelide: ben altra
suoi atti come paralizzato, ricompensa gli inflisse, per tanto ardimento
ora si dilegua e l'eroe si
esalta con tutta la potenza 445 il figlio di Tideo! E Dolone da allora
del suo istinto impulsivo. non può aspirare piu ai cavalli di Achille.
Completamente diverso l'at- Appena Turno vide Eumede in campo aperto,
teggiamento di Enea, perché lo fed da lontano con un lancio lunghissimo
diverse sono la sua coscien-
za e la sua maturità spiri- di giavellotto: poi, arrestati i cavalli,
tuale, diversa è anche la sua 450 salta sull'avversario semivivo e premendogli
missione e diversi sono gli un piede sopra il collo gli strappa dalle mani
elementi che la accompa- la spada scintillante e gliela infila in fondo
gnano.
432-460. Ha dato già alla
alla gola. « O Troiano - gli grida - eccoli i campi,
morte, ecc.: segue un elenco eccola quella Esperia che hai voluto aggredire!
di vittime dell'azione violen- 455 Misurala col tuo corpo! Chiunque ha osato assaltarmi
ta di Turno, i cui nomi sono ha avuto questa bella ricompensa. Cosi
per lo più invenzione di Vir-
gilio. Fanno eccezione il Tro- fondano le città ». Lanciando giavellotti
iano Eumede, figlio di quel aggiunse al morto Eumede altre vittime: Asbite,
Dolone, che ebbe il coraggio Clòreo, Darete, Sibari, Tersiloco e Timete
di andare ad esplorare di 460 caduto giu dal collo del cavallo imbizzarrito.
notte il campo greco, chie-
dendo in compenso i cavalli
di Achille, ma sorpreso da Turno questo nome, perché re ad ognuno di essi un
Ulisse e da Diomede, usciti gli orientali cosl chiamavano certo tratto di terra, che di-
per penetrare in Troia e ra- l'Italia, paese per loro occi- ventava sua proprietà per-
pire il Palladio, fu da essi dentale. - Misura/a col tuo sonale. - Così fondano le
ucciso (Il., X), donde l'osser- corpo: l'ironia di questa fra- città: è una frecciata rivolta
vazione ironica del poeta: se è veramente feroce se si ad Enea. Quando si costrui-
« da allora non può, ecc. » pensa che in quei tempi an- vano città, in quei tempi
(v. 451-452). - eccola quella tichi ai coloni che andavano lontani usavano sotterrare
Esperia, ecc.: intenzional- a stabilirsi in nuove terre, vittime umane vive. Ma tut-
mente il poeta fa usare a si usava misurare e assegna- to il discorso, rivolto ad un
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Canto dodicesimo 479
Come al soffio rabbioso dd tracio Borea, quando con lo scudo. Turno perciò
rimbomba dal profondo Egeo spingendo i flutti ne approfitta e lo colpisce
con l'asta. L'episodio, pur in
verso terra, le nuvole fuggono per il cielo una forma rapida ed essen-
sotto i colpi dd vento: cos{ le file cedono ziale, è rappresentato con
465 sotto i colpi di Turno, dovunque egli si apra una precisione mirabile di
una strada, e i reparti arretrano e si sbandano. particolari in tutti i suoi va-
ri momenti: nel tempo in
L'impeto lo trascina, l'aria che sferza il cocchio cui è trascinato pendente al-
gli solleva le piume vibranti in cima all'elmo. le briglie; quando è colpito
Fegeo non sopportò il suo ardore orgoglioso: leggermente al fianco, non
protetto dallo scudo, dall'a-
470 si gettò incontro al carro e. frenò con la destra sta che apre e fora la coraz-
le bocche schiumose dei due cavalli in corsa. za; quando poi Fegeo tenta
Ma mentre è appeso al giogo e trascinato via, di difendersi, ma non resiste
offre il fianco scoperto: la larga lancia di Turno allo sforzo ed è travolto e
trascinato via dal carro; e
lo raggiunge e gli strappa la lorica a due maglie infine nella impressionante
475 ferendolo di striscio. Rivolto al suo nemico misera fine.
Fegeo oppone lo scudo ai suoi colpi e, benché
sempre appeso ai cavalli, riesce a cavar la spada ENEA È GUARITO DA VENE-
per difendersi: ma ecco che l'asse della ruota RE (483-553 ). - Ritiratosi nel-
la tenda, Enea tenta invano
girando rapidissimo lo travolge e lo stende di strappare il fe"o dal gi-
480 giu in terra, a precipizio. Turno si sporge e taglia nocchio, e inutili sono anche
con un fendente il collo indifeso tra l'elmo i tentativi del medico ]àpige.
L'eroe troiano, che sente av-
e la coraZ2'a, e lascia il tronco nell'arena. vicinarsi sempre più il frago-
re della battaglia, è furibon-
Enea guarito da Venere do e chiede che lo curino nel
modo più spiccio, tagliando
Mentre vittorioso Turno semina morti a fondo la carne fin dove è
per tutta la pianura, Mnèsteo e il fedele Acate nascosto il ferro, ma a que-
sto punto interviene Venere.
485 accompagnati da Ascanio, portano al campo Enea La dea di nascosto mescola
ferito, insanguinato, costretto ad appoggiarsi, nell'acqua di una conca, che
era nella tenda, il dittamo e
vinto morente, è ingeneroso; di Turno, impetuoso, irresi- vi aggiunge ambrosia e pana-
Turno è spesso anche cru- stibile, con le piume del ci- cea. ]àpige, che ignora l'in-
dele. miero al vento, è veramente tervento della dea, bagna con
461-466. Come al soffio, colta con l'intuizione precisa quell'acqua la ferita, e il fer-
ecc.: questa similitudine del del personaggio giovane, si- ro esce spontaneamente, il
vento Borea, che spinge i curo, spavaldo e provocante. sangue ristagna e la ferita
flutti del mare verso terra e Ed ecco allora la reazione di guarisce. Il medico grida che
costringe le nubi a fuggire Fegeo, che gli si getta contro la guarigione è opera di un
per il cielo, raffigura bene e tenta di frenare la corsa dei dio, ed Enea, indossate le ar-
Turno che, portato velocissi- cavalli. mi e rivolte al figlio nobili
mo dai cavalli sul campo di 472-482. mentre è appeso parole, ritorna sul campo di
battaglia, dovunque egli pas- al giogo, ccc.: il tentativo battaglia
sa, le file dei nemici arretra- di Fegeo non riesce, i cavalli
no e si sbandano. continuano la corsa ed egli, 483-487. Mentre Turno ...
467-471. L'impeto lo tra- « appeso al giogo e trascina- lancia: mentre Turno conti-
scina, ecc. : questa immagine to via ,., non può proteggersi nua la strage, i due più cari
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480 Canto dodicesimo
amici di Enea sorreggono il un passo sf e uno no, alla sua lunga lancia.
ferito, che insieme con Asca- Furibondo l'eroe si sforza di strappare
nio ritorna al campo per es-
sere curato. la freccia, la cui asta s'è spezzata, e domanda
494-501. Apollo: l'epiteto 490 che lo curino al modo piu spiccio: che gli taglino
più comune di questo dio con la spada la carne bene a fondo, sin dove
era « luminoso », dato che è nascosta la punta della freccia, e si sbrighino
Apollo si identificava con il
sole che fuga le tenebre, ma a rimandarlo in guerra. Gli stava accanto Jàpige
i suoi attributi principali e- figlio d'Iaso, che Apollo amò cosi caramente
rano quelli di profeta, di mu- 495 una volta, da offrirg]i le sue arti, i suoi doni:
sico, di arciere, di medico. quello del vaticinio o quello della cetra
A queste arti egli si era offer_
to di educare Jàpige, che gli o quello delle frecce. Ma Jàpige, volendo
era caro; e Japige per amore prolungare la vita del padre agonizzante,
del padre, che aveva bisogno prefed imparare In virtu delle erbe
di essere curato, scelse la
medicina. - arte oscura, sen- soo e la pratica medica, esercitando un'arte
za gloria: a Roma l'arte me- oscura, senza gloria. Fremendo amaramente
dica era esercitata quasi e- Enea stava appoggiato alla grande asta, in piedi,
sclusivamente da stranieri, indifferente alle lagrime e al dolore di Julo
da liberti e perfino da schiavi.
e dei molti guerrieri che gli venivano intorno.
503. indifferente alle la-
grime: tutto il quadro, che sos Il vecchio Jàpige, in veste succinta e attorta ai fianchi
al centro ha Enea, cui il me- come usano i medici, si affatica con mani
dico presta le sue cure, e in- esperte e con le erbe salutari di Febo,
tomo all'eroe Julo, che pian- ma inutilmente. Invano scuote la freccia e afferra
ge per le ferite e le sofferen-
ze del padre, e gli amici e i con tenaglie tenaci il ferro. La Fortuna
guerrieri, che attendono an- SIO non gli insegna la strada, e il suo maestro Apollo
siosi l'uscita della freccia non lo aiuta per nulla: e intanto per i campi
dalla ferita, è un bozzetto na- sempre piu si diffonde l'orrore e la sciagura
turale, familiare, commoven-
te. Solo Enea si toglie dalla s'avvicina. Già vedono il cielo annuvolarsi
commozione di tutti; egli sta di polvere: ed avanzano i cavalieri, uno scroscio
ritto, in piedi, appoggiato SIS di frecce si rovescia entro l'accampamento.
alla lancia, e dimostra una
fermezza morale e fisica ec- Sale fino alle stelle il triste grido dei giovani
cezionale. È un particolare che combattono e cadono sotto i colpi di Marte.
che aumenta la grandezza del Venere allora, scossa dall'immeritato dolore
personaggio. di suo figlio, da madre amorosa raccoglie
509-510. La Fortuna non
gli insegna, ecc.: il tentativo szo sull'Ida cretese del dittamo, un'erba dalle foglie
del medico Japige di estrar-
re il ferro dello strale dalla cavalleria s'avvicina, il cielo pericolo della sconfitta indu-
ferita non è fortunato. s'oscura di polvere, le frecce cono Venere ad intervenire.
512-517. la sciagura s'av- cominciano a cadere entro 520-526. sull'Ida cretese:
vicina: s'avvicina sempre il campo e si odono le grida sul monte Ida dell'isola di
più il pericolo di una scon- dei giovani combattenti che Creta, che non deve essere
fitta dell'esercito troiano, e cadono nella mischia feroce confuso con il monte omoni-
con la sconfitta il rovescia- ( « sotto i colpi di Marte »). mo dell'Asia Minore. - dit-
mento della situazione, già 518-519. Venere allora, tamo: il dittamo è una pian-
cosl favorevole. Infatti la ecc.: il dolore del figlio e il ta erbacea della famiglia del-
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482 Canto dodicesimo
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484 Canto dodicesimo
sa di Giutuma è ben diver- d'un gran signore ed ora sfreccia alata, instancabile,
sa da quella naturale e tran-
quilla della rondine. Tutta- 595 sotto le volte profonde, ora frulla sonora
via la similitudine, che si tra i vuoti portici o intorno ai brevi specchi d'acqua
applica al fatto, che vuoi il- dei !aghetti, cercando minuzzoli di cibo
luminare, soltanto nelle real- da portare al suo nido chiaccherino: cosi
tà esteriori, è mirabile per la
Giuturna lancia i cavalli tra i nemici e in un volo
finezza dei toni, la precisio-
ne e la delicatezza dei parti- 600 del cocchio rapido corre dovunque, mostrando
colari, ed è interamente vir- in trionfo il fratello ora qui ora là,
giliana. Tu la vedi la piccola ma svaria lontanissima, per luoghi deserti,
bestiola volare saettante at- non volendo che Turno si batta con Enea.
traverso gli spaziosi cortili e Da parte sua l'eroe troiano insegue il cocchio
gli atri di una villa signorile,
sfrecciare tra i vuoti portici, 605 compiendo avvolgimenti non meno tortuosi,
nell'ombra delle loro volte cercando Turno ovunque, chiamandolo a gran voce
profonde, o nei giardini so- attraverso le schiere disperse. Quante volte
pra i piccoli specchi d'acqua avvista il suo nemico e cerca di raggiungere
dei !aghetti, raccogliendo in-
stancabile il minuto cibo per di corsa il galoppo degli alati cavalli,
i suoi pigolanti rondinotti; e 610 altrettante Giuturna indietreggia, fuggendo.
nell'armonia dei versi ti sem- Che fare? Invano s'agira in preda all'incertezza,
bra di sentire il fruscio delle spinto da sentimenti opposti.
sue ali e il suo festoso cin-
guettio. - sotto le volte pro- Ma il veloce
fonde: la sensazione della Messapo che portava nella mano sinistra
profondità è data dall'ombra 615 due flessibili aste dalla punta di ferro,
che contrasta con la lumino- palleggiandone una l'avventò su di lui
sità esterna. - mostrando in
trionfo, ecc.: mostra or qui con un colpo preciso. Enea si fermò,
or là il fratello baldanzoso si raccolse nelle armi, piegando il ginocchio:
(in trionfo) e poi fugge. - tuttavia la veloce asta gli buttò giu
svaria lontanissima: appare
in luoghi diversi, lontani tra 620 il cimiero, strappandogli dalla testa il pennacchio.
loro e lontanissimi da Enea. Allora s{ che s'infuria; provocato dal colpo
6o9-6ro. di corsa il galop- insidioso, accorgendosi che i cavalli ed il cocchio
po, ecc.: Enea è a piedi e fuggivano lontano, chiamati a testimoni
tenta di raggiungere, corren-
do, Turno. Ma poiché non è il gran Giove e gli altari dell'accordo spezzato
pensabile che sperasse di su- 625 si lancia finalmente nella mischia. Tremendo,
perare nella corsa i cavalli col favore di Marte, senza guardare in faccia
si può spiegare che Enea cer~
casse d'indovinare il percor- piu nessuno, fa strage e sfrena la sua collera.
so del carro per sbarrargli il punta, alla quale è attaccato spettare i patti, chiama a te-
passo. Cosl si spiegherebbe il cimiero, ossia l'ornamento stimonio Giove, che la viola-
l'« indietreggia » di Giu- posto in cima all'elmo. zione è stata voluta e com-
turna. 621-625. Allora sì che s'in- piuta dai suoi nemici, e si
6r8. si raccolse nelle ar- furia: l'insidia di Messapo, lancia furente nella mischia.
mi: si rannicchiò dietro Io dopo la ferita infertagli da 626-627. senza guardare ...
scudo, piegandosi sul ginoc- mano ignota, rallenta ogni nessuno: fa strage e sfrena
c-hio. freno al furore di Enea; e la sua collera colpendo in-
62o. il cimiero: la parte l'eroe troiano, che non ha distintamente chiunque in-
superiore dell'elmo, cioè la più lo scrupolo di dover ri- contra sul su:> cammino.
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486 Canto dodicesimo
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488 Canto dodicesimo
offeso anche perché Turno è il rispetto dei patti chiedetdo col fuoco! »
sfuggito al duello ed ha di Allora a gara tutti formano un cuneo e corrono
nuovo assalito i Troiani. F-
gli non vuole essere più in- in falange serrata alle mura. D'un tratto
gannato. - il rispetto dei pat- ecco drizzarsi scale, ecco brillare il fuoco.
ti: i due trattati: quello d'a- 720 Gli uni assaltan le porte e trucidano i primi
micizia, che prometteva an- difensori, gli altri lanciano una gragnuola
che Lavinia, e l'altro del
duello. L'uno e l'altro sono di dardi che oscura il cido. Lo stesso Enea in prima fila
stati violati contro la volon- tende la mano destra verso le mura e accusa
tà di Latino, ma Enea fa a gran voce Latino, chiamando a testimoni
colpa al re di non essersi im-
posto, e alla città di essersi 125 gli Dei che egli è forzato a riprendere le armi
ribellata a Latino e di aver dal contegno degli Itali, per due volte nemici
imposto la guerra. ormai, avendo infranto anche un secondo accordo.
717./ormano un cuneo: si Tra i cittadini impauriti nasce una confusione
stringono tutti insieme. «Cu-
neo » era detto lo schiera- atroce: alcuni vogliono aprire la città
mento in colonna, struttura- 730 spalancando le porte ai Troiani, e trascinano
to in forma di triangolo, col lo stesso re sulle mura; altri portano armi
vertice rivolto verso il ne-
mico. correndo alla difesa. Cosi quando un pastore,
722-727. Lo stesso Enea, scoperto un alveare dentro le cavità
ecc.: l'atto di tendere la ma- d'una roccia porosa, lo riempie di amato
no verso le mura di Lauren- 735 fumo, e gli animaletti nel profondo dd sasso
to si può intendere e come
incitamento ai soldati, ai s'aggirano smarriti per i 'loro castdli
quali il comandante indica di cera, eccitandosi all'ira con rorizu
la mèta da raggiungere, e co- sonori: un nero puzzo s'attorce fra le celle,
me sfida e giustificazione l'interno della roccia sordamente risuona
dell'assalto. L'atto è infatti
accompagnato dall'accusa e 740 d'un mormorio ed il fumo sale ndl'aria leggera.
dalla dichiarazione ch'egli as-
sale la città perché costretto pensano che se Latino, vec- danti da una all'altra delle
dal contegno degli Italici, chio e debole, aveva ceduto celle dell'alveare {i loro ca-
che avevano attaccato i Tro- a coloro che hanno voluto la stelli di cera). L'immagine
iani due volte: quando ini- guerra, ora che il pericolo è presenta le api nell'alveare
ziarono le ostilità per istiga- evidente e sovrasta gravissi- come in una fortezza.
zione di Aletto, nonostante mo, deve accogliere a mag- 737· eccitandosi all'ira,
l'scordo stipulato con Lati- gior ragione la proposta di ecc.: si sente qui il poeta
no, e la seconda volta quan- coloro che vogliono la pace delle Georgiche. Il ronzio è
do li assalirono per opera di e l'alleanza con i Troiani. veramente prodotto dalle a-
Giugurta e di Tolunnio, ben- Ma il vecchio re non è più pi operaie che hanno il com-
ché per bocca di Latino aves- nulla; gli eyenti avanzano pito di difendere l'alveare.
sero giurato il patto che la governati da una volontà 738. nero puzzo: nota
guerra si sarebbe conclusa inafferrabile. l'audace riferimento all'olfat-
con il duello tra Enea e 734·73.5· di amaro fumo: to (puzzo) del colore {nero),
Turno. di fumo acre, irrespirabile. che è proprio della vista
73o-731. e trascinano lo Il pastore immette il fumo {ipallage). Anche il Carducci
stesso re, ecc.: sono i citta- nell'alveare per far uscire le nel sonetto Il bove: «Il di-
dini di Laurento fautori del- api e impadronirsi senza dan- vino del pian silenzio ver-
la pace, i quali vogliono che no del miele. de».
il re rinnovi il trattato d'a- 736. s'aggirano smarriti, 739-740. l'interno della
micizia con i Troiani. Essi ecc.: vanno errando trepi- roccia, ecc.: nell'alveare (le
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492 Canto dodicesimo
campo di battaglia in difesa 800 del suo corpo e dell'armi. Dovrò forse permettere
della patria per non assistere che le case sian messe a ferro e a fuoco (è l'unica
al disonore dei superstiti, e
si rammarica di non aver ac- sciagura che ci manca) senza saper ribattere
cettato il duello con Enea, il col mio braccio le accuse di Drance? Fuggirò?
quale avrebbe risparmiato la Questa terra vedrà Turno volger le spalle?
loro vita e quella di tanti
altri. 805 Morire è una sventura davvero cosi grande?
802-803. senza saper... di Sistemi favorevoli voi, Mani, dal momento
Drance?: Drance aveva accu- che i Celesti mi sono contrari! Scenderò
sato Turno di viltà e lo ave- a voi: anima pura, monda di questa colpa,
va invitato a misurarsi con
Enea (Xl, 447-466), e le sue mai vile, mai indegno dei miei grandi antenati ».
parole avevano ferito profon- 810 Aveva appena parlato ed ecco Saces, che vola
damente l'orgoglio del prin- attraverso i nemici su un cavallo schiumante,
cipe rutulo, il quale da allora ferito da una freccia nemica al volto, e chiama
ha sempre mirato a cacciare
in gola dell'invidioso e trop- Turno per nome: «O Turno, la salvezza suprema
po loquace Drance le sue in- sei tu: abbi pietà dei tuoi! Enea minaccia
giuste accuse, specialmente 815 -fulminando con le armi- di abbattere le rocche
quella della fuga (Xl, 436). italiche e far strage: le fiaccole già volano
805-809. Morire è una verso le case. I Latini guardano solo te.
sventura, ecc.: le parole, che
Turno rivolge a Giuturna Lo stesso re non sa chi chiamare suo genero,
prima di allontanarsi, ter- quali patti accettare. Per di piu la regina,
minano con questi versi di 820 tua .fedelissima, è morta di sua mano, fuggendo
eroica bellezza: l'eroe non
pensa più alla vittoria, e poi-
ché deve morire, vuoi mori- do, lo invoca disperatamente Turno, che possa salvare Lau-
re con onore. Non con il fa- di accorrere, come unica sal- rento; e forse l'espressione
vore dei celesti, che ha per- vezza, in aiuto di Laurento, sottintende il duello, come
duto, ma con quello degli che sta crollando sotto i unico mezzo, ormai, per sal-
dèi inferi, ai quali chiede colpi del nemico. La scena è vare i Latini e la loro città
di essergli, morendo, beni- veramente tragica. Saces non dalla rovina.
gni. « Le anime dei trapassa- appare nominato altrove. 8x8-819. Lo stesso re, ecc.:
ti (i Mani) nella credenza 815. fulminando: nota è un altro tocco che il poeta
degli antichi erano reputate I'efficacia di questo verbo, il aggiunge al ritratto di que-
divinità» (Sabbadini), e a quale ti dà insieme l'idea sto re pusillanime e incerto.
Turno, cui le divinità celesti, della rapidità, della distru- 820-821. è morta di sua
giunto il momento del desti- zione e della morte. - di ab- mano, ecc.: Saces, che non
no, non possono più dare battere le rocche, ecc.: non sapeva nulla del colloquio
aiuto, non rimane che questa solo Laurento, dunque, ma fra Amata e Turno (XII, 79·
straziante e disperata invo- tutte le città italiche: è il di- 82), accenna alla morte della
cazione ai Mani. sperato che vede la realtà in- regina per aggiungere una
8x3-8I4. La salvezza ... sei gigantita dalla fantasia ecci- prova concreta al quadro
tu: la città rovina e Saces, tata dal suo stato d'animo. della situazione da lui trac-
ferito a morte, porta a Tur- 816-8 I 7. le fiaccole già vo- ciato, ma a Turno, che cono-
no la drammatica notizia. lano, ecc.: sono le torce lan- sceva il proposito della re-
Ormai la tragedia si svilup- ciate sulle torri di legno, gina, la notizia suona come
pa con un crescendo impres- costruite lungo le mura, e invito ad affrontare anch'egli
sionante: Turno ha coscien- forse anche sulle case, per la sua sorte, quasi come se
za del suo fatale destino, ed incendiarle. - I Latini guar- gli dicesse: Amata, benché
ora un combattente, moren- dano solo te: non c'è che lui, donna, ha saputo essere fe-
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Canto dodicesimo 49~
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494 Canto dodicesimo
te, al suo onore, e di poter, non mi vedrai piu a lungo disonorato: lascia,
combattendo contro Enea, te ne prego, ch'io prima sfoghi questo furore!»
dare libero sfogo alla sua ira
contro se stesso, la sua de- Spiccò rapido un salto giu dal carro nei campi
bolezza, i suoi nemici e l'in- e si precipitò attraverso i nemici,
comprensione dei suoi, ma 850 attraverso le lance, lasciando la sorella
forse più ancora contro il
suo ingiusto destino. ~ for- rattristata ed aprendosi con corsa vdoce
se, questo, il momento epi- un varco tra le schiere. Come un masso precipita
co più drammatico di Tur- dalla cima d'un monte - strappato via dal vento,
no, che nasce contempora- o smosso dalla pioggia furibonda o staccato
neamente dalla sua angoscia
e dalla sua generosità. Il tem- 855 dagli anni e dall'età - e rotola sfrenato,
peramento passionale ed ec- violento, rimbalzando al suolo, trascinando
citabile ha spinto Amata al con sé foreste, armenti, uomini: cosi Turno
suicidio; il temperamento e- passando tra le file sconvolte corre verso
suberante, ineguale, ma vi-
rile, conduce Turno all'eroi- le mura della città, dove -la terra è intrisa
ca risoluzione di riscattare la 860 di sangue, dove l'aria ronza fitta di dardi.
parte migliore di se stesso: Fa segni con le mani e comincia a gran voce:
il suo onore di soldato. E al «O Rutuli, fermatevi: fermatevi, Latini,
poeta nulla è sfuggito di
questo tremendo dramma e posate le armi! Comunque vada è meglio,
umano. è piu giusto ch'io solo sconti il patto per voi
850-851. lasciando la so- 865 e decida col ferro la nostra contesa! »
rella rattristata: la sorella Tutti si allontanarono e gli fecero spazio.
non ha più nulla da dirgli e
da opporgli; e Turno, consa-
pevole e pur fidente in sé, I due campioni di fronte
va incontro al suo destino.
85r-86o. Come u11 masso 864. sconti ;t patto per pone sopra i due piatti della
precipita, ecc.: la similitu- voi: è più giusto ch'io solo bilancia le sorti dei guerrie-
dine è omerica, ma se nel paghi la violazione del patto. ri, e l'ago è in equilibrio
poeta greco è più sobria ed Turno scatta e cala un gran
efficace, in Virgilio è più pit- J DUE CAMPIONI DI FRON- fendente sull'elmo del Tro-
torica e circostanziata. Fu TE (867-984).-Quando Enea iano, ma l'elmo resiste e la
imitata poi dal Tasso (Ger .. sente la voce di Turno e la spada si spezza. Il Rutulo,
XVIII, 82) e dal Manzoni ma decisione, lascia le mura mentre saliva a precipizio
nell'inno sacrr> « Il Natale ''• e avanza gioio.1o nel rumore sul cocchio per correre in
ed utile sarebbe che l'alunno delle sue armi. Tutti depon- battaglia, nella fttria aveva
ponesse a confronto queste gono le armi e attendono an- dimenticato la spada pater-
similitudini con quella vir- siosi di assistere al duello na costruita da Vulcano ed
giliana e vedere come ogni dei due campioni. Lo stesso aveva afferrato quella di Me-
poeta, pur usufruendo dello re Latino si meraviglia che tisco, il suo àuriga. Turno,
stesso spunto, abbia saputo due eroi, di terre così lon- inerme, fugge velocissimo 'n-
esprimere situazioni diverse tane tra loro, si scontrino seguito da Enea, e chiede di-
e ottenere varietà e origi- e decidano la guerra in duel- speratamente una spada ai
nalità. lo. Prima Turno ed Enea si suoi, ma nessuno osa avvi-
863. Comu1zque vada: scagliano dardi, poi impu- cinarsi. Anche Enea è senza
Turno ha presente la sorte gnano le spade e « si scam- asta e tenta invano di svel-
che lo sovrasta, e l'accenno, biano fendenti fitti, colpo su lerla d{1lle radici di un oliva-
che non è senza motivo, è colpo: tutti e due valorosi stro, nelle quali si è impi-
artisticamente molto efficace. e insieme fortunati ». Giove gliata. L'olivastro è sacro a
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498 Canto dodicesimo
955· Fauno: divinità lati- 955 amara, sacro a Fauno, un tempo venerato
na, il cui nome significa « il dai marinai che solevano, scampati dalle onde,
favorevole », « il buono ».
Era padre del re Latino appendere ai suoi rami doni al Dio di Laurento
(VII, 58-59 e 99-1oo). ed attaccarvi vesti votive. Ma i Troiani
955-956. venerato dai ma- senza far differenza con le altre piante, avevano
rinai: le offerte a Fauno e- 960 sradicato qud tronco sacro per liberare
rano fatte dai marinai non
come dio del mare, ma come il campo ai combattenti. Qui era andata a finire
re divinizzato di Laurento. l'asta d'Enea, lo slancio l'aveva portata a piantarsi
961. il campo ai combat- con forza nella radice flessibile. Il Troiano
tenti: il campo sul quale si piegò per .strappare con le mani qudl'arma
Enea e Turno (i combatten- 965 e inseguire con l'asta.colui che non riusciva
ti) dovevano incontrarsi in
duello. a raggiungere in corsa. Allora Turno, folle
961-963. Qui era andata, di terrore, pregò: «O Fauno, te ne supplico,
ecc.: Enea aveva lanciato l'a- abbi pietà di me: e tu ottima Terra,
sta contro Turno senza col- trattieni qud ferro, se è vero che ho sempre rispettato
pirlo, e l'arma, scagliata con
forza, era andata a confic- 970 il vostro culto, mentre gli Eneadi l'han profanato
carsi saldamente nel ceppo in guerra! ». Non fu inutile l'invocazione al Dio.
dell'olivo selvatico. Infatti Enea sforzandosi a lungo ed indugiando
965. e inseguire con l'asta, sulla radice elastica non riusd in alcun modo
ecc.: Enea, meno veloce di
Turno, forse perché più vec- ad aprire la morsa dd legno. Mentre invano
chio, non riesce a raggiun- 975 s'accaniva, tenace, replicando gli sforzi,
gere l'avversario e vorrebbe la Dea Daunia mutatasi per la seconda volta
riprendersi l'asta conficcata
nel ceppo dell'olivo selvati- nell'auriga Metisco, corre e rende la spada
co e scagliargliela contro di al fratello. Indignata che tanto sia permesso
lontano. all'audace Ninfa, Venere si avvicina
966-967. folle di te"ore: 980 e svelle il giavellotto dalla profonda radice.
Turno, inerme, si sentiva co-
me un vinto e vedeva con I due si rialzano, armati e rinfrancati
terrore la sua fine imminen- nel cuore: il primo lieto ddla sua spada, l'altro
te, insieme con il crollo di fiero della sua lancia e violento. S'afirontano
tutti i suoi sogni. a pié fermo, sbuffando ndla lotta affannosa.
967-971. O Fauno, te ne
supplico, ecc.: invoca insie-
me Fauno, cui l'albero è sa-
cro, e la Terra come madre Il patto tra Giove e Giunone
di tutti i viventi e quindi
anche dell'albero. - mentre
gli Eneadi, ecc.: i Troiani (E- Turno di Dauno. Mirabile 981. si rialzano: riprendo-
neadi), tagliando l'olivo sel- sorella, assiste non vista il no animo, coraggio.
vatico, avevano invece pro- fratello, pur sapendo che
fanato e Fauno e la Terra. ogni suo aiuto sarà inutile. IL PATTO TRA GIOVE E
973· elastica: tenace. Il te- Essa obbedisce all'impulso GIUNONE (985-1047). - Gio-
sto latino è « lenta », che del cuore: del suo povero ve si lamenta con Giunone
significa appunto tenace, re- cuore, che palpita in egual che Enea, destinato a salire
sistente. misura di amore e di dolore. un giorno al cielo, sia stato
976. la dea Daunia: Giu- 979· all'audace Ninfa: Giu- ferito e che Turno, il cui
turna, perché . figlia come turna (v. nota a 178-182). Fato gli è contrario, abbia
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Canto dodicesimo 499
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500 Canto dodicesimo
cedute, per colpa di Giuno- 1005 piu in là!». Giunone allora gli risponde, con volto
ne, dalla morte di Amata e sottomesso: «Gran Giove, conosco il tuo volere;
di tanti guerrieri. per questo ho abbandonato, malvolentieri, Turno
1005·1029. Giunone allo-
ra, ecc. : questo atteggia- e la terra. Oh, se no! Certo non mi vedresti
mento di Giunone, superba in cielo a sopportare cose giuste ed ingiuste:
e puntigliosa, può sembrare 1010 ma starei, tutta cinta di fuoco, accanto ai Rutuli,
eccezionale e strano. La dea,
infatti, non si sarebbe arresa e spingerei i Troiani a scontri sfavorevoli.
(lo dichiara lei stessa subito Lo confesso, fui io a persuadere Giuturna
dopo con estrema chiarezza), a correre in aiuto del povero fratello,
se non si fosse intromesso il volli che osasse tutto per salvargli la vita,
Fato, a cui neppure Giove
può impedire che si compia. 1015 ma senza lanciare frecce, senza tendere l'arco.
La sua accondiscendenza ha Lo giuro per la fonte dello Stige, implacabile:
uno scopo ben preciso: con- unico giuramento valido per i Celesti.
cedere qualche cosa (in real- E adesso mi ritiro, abbandono sdegnata
tà concede ciò che era ormai
inevitabile) per ottenere la la lotta. Ma ti chiedo, per la maestà dei tuoi
realizzazione di un suo gran- 1020 e per il Lazio, ciò che non è stabilito
de progetto, che le consenti- da aleuna legge del Fato. Quando· ratificheranno
rà di uscire dalla contesa la pace con felici nozze (e sia pure!), quando
con tutto il suo onore. Per-
ciò lascerà che Turno segua si metteranno d'accordo sul trattato, disponi
il suo ineluttabile destino, e che i Latini non cambino l'antica denominazione,
in compenso chiede che la 1025 che non siano Troiani neanche di nome,
vittoria di Enea non signifi-
chi sottomissione degli Ita- che non mutino lingua né moda. Ci sia il Lazio
lici, popolo a lei caro, alla coi re albani nei secoli dei secoli, ci sia
supremazia straniera; la qual la stirpe romana, potente per il valore italico:
cosa «non è stabilita da al- Troia è caduta, lascia che cada anche il suo nome ».
cuna legge del Fato ». - cose
.giuste... ingiuste: che cose
giuste siano trattate ingiu-
stamente. II testo latino è l'inferno; e lo circonda tut- Tullo Ostilio distrusse Alba
« digna indigna ». - a scon- to. - per la maestà dei tuoi: Longa e i due popoli si fu-
tri sfavorevoli: ad accumu- per l'onore dei re Latini di- sero insieme. - per il valore
lare una sconfitta dopo l'al- scendenti da Saturno, padre italico: la stirpe romana sia
tra. - ma senza lanciare frec- di Giove. - né moda: allude potente per virtù italica. È
ce, ecc.: intendi: senza peri- alla toga, che era abito na- il concetto fondamentale che
colo per Enea. Giuturna, co- zionale indossato solo in anima il poema virgiliano. -
me dea, se avesse usato l'ar- pubblico e all'estero, quando Troia è caduta ... il suo no-
co e le frecce, avrebbe certa- il cittadino romano aveva me: alcuni hanno creduto di
mente difeso il fratello con da compiere una missione scorgere in questo verso la
la morte di Enea; e lo dice ufficiale. - coi re albani: mira di Virgilio di distoglie-
per dimostrare, in risposta tali re sarebbero stati dodici, re i Romani dall'idea di tra-
al rimprovero dei versi 992- e avrebbero regnato per cir- sportare in Oriente la capi-
995, che non fu Giuturna ca trecento anni: da Ascanio tale; idea balenata a Cesare,
a ferire Enea al ginocchio. - fino a Cluilio o Clelio, cioè poi ad Antonio ed infine an-
per la fonte dello Stige: è fino a quando, dopo la vitto- che ad Augusto. Ma sembra
il giuramento più solenne ria dei tre fratelli Grazi, Ro- più consono all'idea domi-
degli dèi. Lo Stige è il mag- mani, su i tre fratelli Cu- nante nell'Eneide il ritenere
giore dei quattro fiumi del- riazi, Albani, il re romano che il poeta, per mezzo di
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Canto dodicesimo 501
Sorridendo l'autore degli uoiDlD.i e delle cose Minerva della triade capito-
!030
disse: « Sei la sorella di Giove, sei la figlia lina, aveva molti templi e
godeva di un culto speciale.
di Saturno, davvero! Lo vedo dalla forza
del furore che in petto ti bolle. Ma va bene, IL DUELLO FINALE E LA
calma quest'ira inutile: ti accordo ciò che vuoi, MORTE DI TURNO ( 1048-
!03S m'arrendo volentieri. Gli Ausoni serberanno 1180) - Pacificata Giunone,
il modo di parlare e i costumi dei padri, Giove aecide di incutere spa-
vento nell'animo di Turno e
il nome rimarrà quello che è: i Troiani di allontanare Giuturna dal
si uniranno con loro solo nel corpo. Io fratello. A tal fine ricorre ad
in persona darò loro col culto i riti una delle due furie che sono
sacrificali e farò che siano tutti Latini ai lati del suo trono e le or-
1040 dina di scendere sulla terra
con un'unica lingua. Vedrai nascere un popolo con l'incarico di allontanare
che grazie al sangue ausonio crescerà, salirà Giuturna. Essa scende, assu-
al di sopra degli uomini, al di sopra dei Numi me le forme di un gufo e co-
per religiosità. E nessun'altra gente mincia a svolazzare, sibilan-
do, davanti al volto di Tur-
1045 ti sarà tanto devota ». Giunone acconsenti no, il quale alla vista del fu-
felice. Finalmente non è piu ostile a Enea: nesto augurio si smarrisce.
e se ne va dal cielo, abbando~ la nuvola. Giuturna comprende e ab-
bandona il campo. Enea bal-
danzoso, con l'animo ancora
esacerbato dalla rottura dei
Il duello finale e la morte di Tumo patti, provoca Turno con pa-
role di scherno e l'eroe ita-
lico risponde che non lui te-
Giunone, voglia esaltare la caratteri della regalità, ed è me, ma la palese ostilità dei
stirpe italica, che avrebbe quindi degna figlia di Satur- Numi. E sollevato un enor-
costruito la propria storia no e sorella di Giove. Con me masso lo scaglia contro il
gloriosa per virtù, non ere- questo riconoscimento Gio- Troiano, ma non raggiunge
ditata dai Troiani, ma insita ve asseconda la vanità di il segno. L'insuccesso smar-
nella sua natura. L'oracolo Giunone e introduce la sua risce il giovane e coraggioso
si doveva considerare adem- risposta contenente l'accet- Rutulo ed Enea ne approfit-
piuto con la vittoria di E- tazione di tutte le sue richie- ta; mentre l'avversario indu-
nea; gli eventi successivi alla ste: gli I talici conserveran- gia, ché non sa come fuggi-
fusione dei due popoli spet- no la lingua, il nome e i loro re o come affrontare il nemi-
tavano alla gente italica. A usi tradizionali; i Troiani si co, Enea scaglia a tutta for-
questa idea Virgilio pensa fonderanno con gli Italici e, za l'asta e lo colpisce ad una
costantemente; ed infatti come popolo, scompariran- coscia profondamente. Tur-
egli attribuisce ai Troiani no. Perciò l'unione dei due no cade, piegando il ginoc-
costumi romani anche quan- popoli sarà soltanto fisica; chio a terra, e rivolge ad
do essi sono appena sbarcati l'elemento morale sarà, an- Enea una umile e calda pre-
sulle coste del Lazio. Il ver- che dopo la fusione, soltan- ghiera. L'eroe troiano si com-
so quindi non è stato scritto to italico. Ed in più, Giove, muove ed è sul punto di
soltanto per soddisfare l'a- che si è riservato il compito concedergli la vita, quando
mor proprio di Giunone. di stabilire quali dovranno vede sulla spalla del vinto
IOJ2-I045· Sei la sorella essere le cerimonie, i riti, i il balteo di Pallante. A quel-
di Giove, ecc.: anche Giu- sacrifici, concederà a Giuno- la vista il ricordo del giova-
none, fiera delle sue idee e ne una preminenza nel cul- ne amico ucciso lo riempie
cosl orgogliosa che discono- to. Difatti a Roma Giunone di dolore e di sdegno, e con
sce le sue colpe, ha tutti i faceva parte con Giove e l'animo sconvolto « pianta
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502 Canto dodicesimo
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Canto dodicesimo
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504 Canto dodicesimo
ra dei patti e ai vari inse- 1110 E Turno, scuotendo il capo: «Non sono le tue parole
guimenti ai quali l'aveva a atterrirmi, o crudele, ma i Numi e Giove avverso ».
costretto Giuturna; perciò
le sue parole sono piene di Non disse altro. Volgendosi scopre un enorme, antico
rimproveri e di sarcasmo. macigno, che giaceva in mezzo alla pianura,
Ma questo atteggiamento di messo H per segnare il confine d'un campo
Enea, dopo l'apparizione del
malaugurato uccello, .stride 1115 contro eventuali liti. Dodici uomini quali
nel contesto della narrazio- produce oggi la terra lo reggerebbero a stento
ne, e Virgilio ha perciò op- sulle spalle, ma Turno lo solleva con mano
portunamente fatto tronca- febbrile e a tutta corsa, levandosi piu in alto
re il discorso di Enea dallo
stesso Turno, il quale gli che può, riesce a scagliarlo contro il nemico. Eppure
dice che non le sue parole 1120 né nel correre, né nel camminare, né
Io atterriscono, « ma i Numi nell'alzare e avventare quell'enorme macigno
e Giove avverso»; e lo de-
finisce crudele. riconosce se stesso: le ginocchia gli tremano,
III5·11I7. Dodici uomini, il sangue è intorpidito per il freddo. La pietra
ecc.: questo concetto del de- rotolando nel vuoto non supera l'intero
cadimento della razza uma- 1125 spazio né porta a segno il colpo. Come in sogno,
na e della maggiore prestan-
za fisica degli uomini del di notte, quando una languida quiete ci ha chiuso gli
passato, vivo anche oggi, era [occhi,
comune presso gli antichi, i ci sembra di volere inutilmente correre,
quali attribuivano ai loro
antenati corpi giganteschi, correre a perdifiato, e in mezzo ai nostri sforzi
forza smisurata ed azioni ec- crolliamo giu, impotenti: senza moto la lingua,
cezionali. 1130 spento il noto vigore del nostro corpo, privi
1119·1125. Eppure né nel
correre, ecc.: Turno, che pur
di parole e di voce. Cosi la Dea terribile
domina in mezzo al campo, rifiuta ogni speranza, ogni successo a Turno
mentre Enea appare immobi- dovunque il suo valore tenti una strada. Allora
le, quasi assente, forse in nel fondo del suo petto s'agitano sentimenti
attesa di scoprire il momen-
to adatto al colpo decisivo, tt3S contraddittotii. Guarda i Rutuli e la città,
scagliando la grossa pietra la paura lo attarda, trema all'avvicinarsi
avverte che le sue forze non della morte; e non sa come fuggire o come
sono più quelle consuete o
per lo meno esse non rispon- affrontare il nemico, non vede in nessun luogo
dono più al suo volere come il carro e la sorella trasformata in auriga.
una volta: il macigno non 1140 Enea, mentre egli indugia, agita in aria il lampo
ha percorso l'intera distan-
za e quindi non è arrivato poeta descrive l'incubo di dovuto essere un giorno la
a colpire il bersaglio. Perciò un sogno pauroso, al quale capitale del suo regno e nel-
il giovane rutulo rimane de- paragona la Furia che volan- la quale c'è Lavinia. t! l'ul-
luso, la sua baldanza si affie- do insistentemente su Tur- timo sguardo al suo mondo,
volisce, e· nel suo intimo si no gli toglie le forze e lo l'ultimo pensiero alle cose e
consolida sempre più la cer- atterrisce. alle persone amate; e nel
tezza che gli dèi gli sono 1135-1136. Guarda i Ru- suo sguardo c'è Io smarri-
nemici. tuli, ecc.: Turno è come mento, l'amore, il rimpianto
1125-1133· Come in so- smarrito: guarda i Rutuli in- di chi paventa prossima la
gno, ecc.: nota la precisio- capaci di prestargli aiuto, e propria fine e non vede alcu-
ne rigorosa, con la quale il guarda la città, che avrebbe na possibilità di scampo.
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Canto dodicesimo 505
della lancia fatale: colto con gli occhi il punto che ho meritato, cioè di eli-
minare le conseguenze della
preciso, vibra il colpo da lungi, a tutta forza. sconfitta. - segui pure il tuo
Mai stridono cosi i macigni lanciati destino: valiti del tuo dirit-
da macchine d'assedio, mai cosi fragorosa to di vincitore.
1145 scoppia la folgore. L'asta volando come un turbine 1159-II6o. della vecchiaia
porta con sé la morte: sibilando attraversa di Dauno: nota l'uso dell'a-
stratto in luogo del concre-
gli orli della corazza e dello scudo fatto to, quasi a scindere l'idea
di sette strati di cuoio, si pianta nella coscia. particolare dell'età della per-
Il grande Turno cade, piega il ginocchio a terra. sona, a cui appartiene. Per-
ciò intendi: se non t'impor-
1150 Balzano in piedi i Rutuli gridando, la montagna ta che Dauno sia mio padre,
tutt'intorno ne echeggia, le profonde foreste ti commuova il fatto ch'egli
ripercuotono il suono per lungo tratto. Turno è vecchio. - restituisci ai
miei, ecc.: Turno non chie-
supplichevole, umile, rivolgendosi a Enea de la vita; ed infatti subito
con gli occhi e con le mani in atto di preghiera, dopo dice « o il mio corpo
1155 gli dice: « Ho meritato la mia sorte e non chiedo privato della vita ». Intende
però che possa anche conce-
perdono: segui pure il tuo destino. Solo, dergliela, come dono. E di-
ti prego, se hai pietà di un infelice padre ce « ai miei », cioè alla mia
(come Anchise lo fu) sii misericordioso famiglia, non alla patria, né
della vecchiaia di Dauno, restituisci ai miei al suo popolo. Alla patria e
al popolo, come vinto, non
1160 me vivo od il mio corpo privato della vita, appartiene più. t!: la prima
come ti piace. Hai vinto, gli Ausoni hanno veduto amara rinuncia.
Turno sconfitto tenderti le mani: già Lav1nia n61. Hai vinto: la scon-
fitta ora gliela confessa espli-
è nta, non andar oltre nella vendetta!». Enea citamente; ed è la seconda
fiero nelle sue armi ristette, pensieroso, rinuncia, espressa con lealtà
1165 guardando l'avversario e trattenendo il colpo. e con franchezza, come è do-
E quasi le preghiere riuscivano a commuoverlo, vere di un combattente che
ha lottato, bensl con accani-
mento, ma anche con lealtà.
n6z-n6;~. già Lavinia è
II47· gli orli della coraz- per la sorte del grande eroe, tua, ecc.: è la terza rinun-
za: la corazza proteggeva, che se ne sta a terra piegato cia, la più grave. - non an-
oltre il petto, anche il ven- con la persona, non con il dar oltre nella vendetta:
tre, e con piastre mobili si cuore. Turno non si umilia, se ora
allungava fino a coprire buo- II53· umile: da terra, se- chiede ad Enea di non pre-
na parte delle cosce. L'asta condo la parola « humus », tendere di più per soddisfa-
di Enea trapassò una di que- terra, da cui etimologicamen- re il suo odio. Non ha chie-
ste piastre. te deriva. sto la vita per sé, ma per
IIJD-1152. Balzano in pie- 1155-II56. Ho meritato la il padre; si dichiara vinto,
di, ecc.: i Rutuli scattano in mia sorte, ecc.: il testo lati-
piedi urlando; e attorno ne no è semplicemente « me- cosl che sente di essere in-
rimbombano i monti, e i rui », che significa « l'ho me- degno di appartenere alla
boschi per lungo tratto si ritato », con sottintesa evi- sua patria, al suo popolo;
rimandano il grido, come se dentemente « questa sconfit- ha perduto Lavinia, il bene
anche la natura senta il bi- ta ». - e non chiedo perdo- che lo esaltava e gli faceva
sogno di partecipare alla no: e non tento di allonta- vedere bella la vita. Che co-
commozione degli uomini nare con le preghiere ciò sa può desiderare di più?
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506 Canto dodicesimo
Commento critico
Il canto XII, che si sviluppa intorno al motivo del duello fra Turno ed Enea, è
forse nella struttura e nello svolgimento dei fatti principali quello che più risente
dell'imitazione omerica, come contaminazione dei libri IV e XXII dell'Iliade: del
libro IV, l'episodio della rottura del patto, concluso fra Greci e Troiani, che fissava
le norme per decidere le sorti della guerra con un duello tra Paride e Menelao; del
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Canto dodicesimo
libro XXII, il duello fra Ettore e Achille, al quale segue, scomparso il suo difensore,
la caduta di Troia, come nell'Eneide con la morte di Turno finisce la guerra. Sono
i primordi della vita e della civiltà, quando la concezione della responsabilità e del
merito, dell'autorità e della sudditanza è ancora primitiva, e la sorte di un popolo
è legata alla vittoria o alla sconfitta di un eroe. Ma la somiglianza degli episodi è,
nei due poemi, puramente formale. Mentre il racconto omerico è obiettivo, com-
passato, esteriore, quello virgiliano si sviluppa in un'atmosfera ricchissima di uma-
nità, con situazioni psicologiche e sentimentali originalissime, in cui il dolore e la
passioneitreano situazioni nuove, anche tragiche. Così Turno, che nei canti precedenti
era uomo d'azione irresistibile, impulsivo e irruente, geloso del proprio onore e
incapace di ogni compromesso, qui si sente oppresso sempre più dal destino, è tur-
bato ·dal mistero, dalle accuse e dal venir meno della stima e della fiducia dei suoi,
accetta tacito la rottura dei patti e non si oppone che la sorella Giuturna gli eviti il
duello con Enea. Perciò l'eroe rutulo è qui più uomo vicino a noi, benché il suo
orgoglio e la sua generosità rimangano immutati, ed egli, pur conscio di dover soc-
combere non per mano di un nemico, ma per la volontà di un decret0 divino, vada
incontro alla sua sorte con il coraggio consueto. Cosi anche Giuturna, che nel canto
è figura umanissima, è, insieme con Turno, altamente poetica. Benché nella struttura
del canto essa sia un personaggio di secondo piano, fin dal suo apparire sulla scena
assume la fisionomia di sorella affettuosa, fortemente legata al fratello. E il suo
costante, eppur disperato, impegno di allontanare Turno dal pericolo mortale delle
armi di Enea, è commovente; ma ancor più commuovono le accorate parole, che
essa rivolge al fratello, quando, perduta ogni speranza di evitargli la morte, si allon-
tana piangendo, lamentandosi della sua perduta umanità, che le vieta di essergli com-
pagna consolatrice nel regno delle ombre.
Nel XII canto il Fato e le divinità dominano con evidenza maggiore. Quella
forza occulta ora favorevole, ora cattiva, che ha accompagnato Enea dalla Troade
alla guerra contro Turno, ora si manifesta più chiara: gli dèi, concordi, non ostaco-
lano più il Fato, e nessuna forza umana può ormai colpire l'eroe troiano, riserbato
al duello che deve coronare le sue fatiche e iniziare la potenza di Roma. Perché,
nel significato più vero e più profondo del poema, che si rivela con maggiore evi-
denza in questo canto, Turno ed Enea non sono soltanto due rivali in amore. Sono
questo, ma anche qualche cosa di più: rappresentano le sorti di due popoli, uno
spinto dalla coscienza di una fatalità alla conquista di una nuova terra, l'altro
spinto dal diritto della difesa ad opporsi all'usurpatore; ed è quindi giusto che qui
più che a Troia il Fato sia determinante, e la rivalità per la donna perda l'impor-
tanza che ha nell'Iliade. L'azione del poema virgiliano «valica perciò i limiti del
particolare e del temporaneo, per estendersi ai destini di due popoli e alla vita e alle
sorti eterne di uno di essi. t naturale quindi il placarsi delle ire celesti e l'accordarsi
della nemica Giunone nella concezione sublimemente nuova e grandiosa di due genti
che fondano insieme le loro sorti e si pacificano, dopo la lotta, verso un'unica mèta
grandiosa. Chi non sente la grandezza e la bellezza della poesia, l'ardita novità della
concezione in questa ultima parte del poema, in cui, pur attraverso il sangue, il
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508 Canto dodicesimo
Galleria di ritratti
Giuturna.
Quo vitam dedit aeternam? Cur mortis adempta est condicio? ... Immortalis
ego? Aut quicquam mihi dulce meorum te sine, frater, erit?
(Perché mi ha concesso di vivere in eterno? Perché io non posso morire?
... Sono immortale! Mai avrò nulla di bello e caro senza te, fratello?)
Il disprezzo dell'immortalità, che era ed è per molti l'aspirazione massima di
un sogno comune, è il tratto più caratteristico e saliente del dramma di Giuturna:
disprezzo che, traducendosi in un momento di altissima ed originale poesia, ci fa
capire come la vera e sola immortalità sia quella del dolore. Infatti Giuturna non
avrà mai pace ed il dono dell'immortalità concessole da Giove si muterà in una
maledizione eterna.
Per Turno più che sorella, era stata madre amorosa che, simile a Venere nei
confronti di Enea, si era adoprata con tutti gli accorgimenti possibili ad evitargli
ogni danno nel vano tentativo di allontanarne il destino di morte.
Per questo s!era vestita dei panni di Camerte per persuadere i Latini a non per-
mettere l'ultimo decisivo duello tra i due campioni, ed aveva assunto le sembianze
di Metisco nel guidare il cocchio di guerra e nel porger a lui disarmato la spada.
Tutto aveva tentato, tutto aveva osato.
In ultimo quando riconosce da lontano lo strepito delle ali ed il sibilo della
Furia, inviata da Giove, capisce che ormai il destino deve compiersi e dopo un
ultimo sfogo disperato scompare nella cupa corrente del Tevere, avvolta nel suo
manto azzurro.
Con lei se ne va un'altra splendida figura più che di dea, di donna la cui uma-
nità sconvolta e dolente fa da preludio all'ultimo grandioso episodio del duello, con
cui si chiude il poema.
Turno.
Avevamo aperto questa «Galleria di ritratti» con Enea, la chiudiamo con il
suo degno antagonista, Turno. Ed è giusto e logico che sia cosl perché il campione
latino si è rivelato nel corso della sanguinosa guerra l'unico vero capo non tanto
per la forza ed il valore dimostrati in battaglia, quanto per il senso dell'onore, per
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Canto dodicesimo 509
il consapevole esercizio dell'autorità, per il dovere compiuto fino all'ultimo nei con-
fronti del suo popolo e dei suoi alleati.
Cosl lo ha voluto Virgilio per degnamente esaltare quei popoli italici che non
furono vinti e piegati dalla forza dei Troiani, ma soprattutto dal volere dei Fati.
Ed è proprio questa inoppugnabile volontà del destino che fa di Turno, puris-
simo e nobile eroe, un pover'uomo, sempre più tremebondo ed incerto sino a
costringerlo a presentarsi all'ultimo certame come una vittima predestinata e ras-
segnata alla morte ineluttabile. In questo lento processo di trasformazione psicolo-
gica risalta come sempre l'arte di Virgilio.
Tutti gli espedienti e gli accorgimenti mediante i quali si svolge tale processo
sono sapientemente dosati e a nulla valgono le febbrili contromisure della sorella
Giutuma.
Turno, interpretando ciò che gli accade, dalla beffa del simulacro di Enea che
l'ha portato lontano dalla battaglia come se la sua fosse stata una fuga, all'appari-
zione della Furia, sotto l'aspetto di uccello notturno che gli svolazza intorno, sente
che ormai a nulla valgono il coraggio, la forza ed il valore e che egli è condannato
senza scampo.
Ecco perché quando è colpito dall'asta di Enea e cade, le sue parole di preghiera,
che a molti critici parvero d'un sol colpo distruggere l'immagine suggestiva dell'eroe
indomito e fiero, sono, a nostro avviso, naturali e suonano invece perfettamente
coerenti sulla bocca di un campione che non si sente vinto dall'avversario ma sol-
tanto dalle forze divine.
«Non sono le tue parole ad atterrirmi, o crudele, ma i Numi e Giove avverso».
E poi non è vero che chieda di avere salva la vita, ma soltanto di essere restituito
vivo o morto al vecchio padre Dauno. Anzi, diremmo che nelle sue parole è evidente
ancora una volta la grande nobiltà d'animo e la misura della coscienza nel non pen-
sare a se stesso, ma ancora una volta ai suoi.
« Non andar oltre nella vendetta! »
In tal modo proprio nella sconfitta, l'eroe italico assume la sua definitiva gran-
dezza morale e si colloca insieme ad altri pochi, tra i massimi ed indimenticabili
personaggi dell'intero poema.
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510 Canto dodicesimo
Raffronti di traduzione
Atque ea dum campis victor dat funera Turntts, sovr'un'asta appoggiato, a lento passo
interea Aenean Mnestheus et fidus Achates verso gli alloggiamenti si ritrasse.
Ascaniusque comes castris statuere cruentum I vi contra a lo stra!, contra a se stesso
alternos longa nitentem cuspide grassus. s'inaspra, e frange il tèlo, di sua mano
Saevit et in/racta luctatur harundine telum ripesca il ferro e poi che indarno il tenta
eripere auxilioque viam, quae proxima, poscit: comanda che la piaga gli s'allarghi
ense secent lato vulnus teliqu' latebram con altro ferro e d'ogni intorno s'apra
rescindant penitus seseque in bella remittant. sl che tosto dal corpo gli si svelga,
(vv. 383-390) e tosto alla battaglia se ne torni.
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Dizionario
dei nomi e dei luoghi
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Abante: 1) trolano comandante di una nave era dono di Aceste, che poi ne fu il primo re
della flotta di Enea sfasciata dalla tempesta (V, 751-758).
provocata da Eolo per volontà di Giunone (l, Aceste: figlio di Crinìso, dio fluviale, e della
145); 2) antico re di Argo, di cui Enea uccise troiana Egesta, è il fondatore in Sicilia di Se-
sotto le mura di Troia un tardo nipote e si im- gesta, il cui porto, Drepano, è l 'odierna Tra-
padronì dello scudo che un tempo era apparte- pani. ~ ricordato il vino che Aceste aveva do-
nuto al vecchio re. Approdato sul promontorio nato al Troianl quando partirono dalla Sicilia,
d'Azio, l'eroe troiano volle appendere alla por- la prima volta, dopo essere stati suoi ospiti
ta del tempio di Apollo, ch'era Il vicino, quello (1, 229-231); Enea per consiglio di Palinuro ap-
scudo, con questa dedica: Enea consacra que- proda a Drepano, il porto della città di Aceste,
ste armi del Greci vincitori (111, 354-357); 3) Segesta (V, 31-34); Aceste partecipa alle ono-
uno dei capi dell'esercito etrusco, il quale co- ranze funebri di Anchise (V, 80-82); rimpro-
mandava, alleato di Enea, i guerrieri di Popu- vera Entello e lo esorta a lottare con Darete
lonia e dell'isola d'Elba (X, 323); fu ucciso da (V, 410-417); aiuta Entello a rialzarsi (V, 477);
Lauso (X, 544-545). la sorte lo designa per ultimo a partecipare
Abari: guerriero rutulo ucciso da Eurialo alla gara con l'arco (V, 524-526); rimasto senza
mentre attraversa Il campo nemico (IX, 422). bersaglio, scocca egualmente il dardo, che si
Acamante: uno dei guerrieri greci che pene- accende e traccia nel cielo una scia luminosa
trarono In Troia rinchiusi nel ventre del caval- (V, 549-559); fonda con Enea la città di Acesta
lo di legno (Il, 329). e ne è Il primo re (V, 751-758, 790-802); Enea
Acarnania: antica regione della Grecia tra raccomanda alle cure di Aceste i Troiani ri-
il mare Ionio, il golfo di Patrasso, I'Epiro, masti In Sicilia nella nuova città di Acesta
I'Euritania, la Focide e I'Etolia. Occupata da (V, 815).
Sparta nel IV secolo a. C., passò poi al Ro- Acete: scudiero di Evandro e poi di Pallante,
mani, ai Bizantini, ai Turchi. Attualmente con quando il giovane parte per la guerra con
I'Etolia forma un unico nome. Acarnese era Enea. Veglia nella tenda Pallante morto (Xl,
Salio che partecipò alla corsa a piedi nei gio- 39-42); segue il corteo funebre di Pali ante (Xl,
chi funebri in onore di Anchise (V, 325). 103-106).
Acate: fedele amico e compagno di Enea. Achemenlde: un greco di ltaca, figlio di
Comandava una delle navi sfasciate dalla tem- Adamasto e uno dei compagni di Ulisse, an-
pesta scatenata da Eolo per volere di Giuno- che nell'awentura con Polifemo, ma dimenti-
ne (1, 145); raggiunta a stento la costa afri- cato ne li 'antro quando gli altri riuscirono a
cana sprigiona dalla selce la fiamma e accen- fuggire. Piil tardi riuscì a mettersi in salvo e
de il fuoco (1, 208-213); Enea con l'arco e le visse di stent• e di paura fino all'arrivo dei
frecce di Acate abbatte tre cervi (1, 321-323); Troiani. Va incontro magrissimo e lacero ai
Acate esplora con Enea l luoghi dove sono Troiani sbarcati nell'isola di Sicilia (111, 719-
approdati (1, 366-367); esorta Enea a squarcia- 745); racconta la sua awentura, prega di es-
re la nube che l'awolge e a mostrarsi a Di- sere salvato ed esorta i Troiani a fuggire dal-
done (1, 678-685); è inviato da Enea a recare l'isola dei Ciclopi (111, 748-798).
notizie ad Ascanio, ch'era rimasto alle navi, Acheronte: è uno dei quattro fiumi infernali
e a condurlo con sé in città (l, 753-755); per e Il suo nome suona • ftume del pianto •. Enea
primo grida a gran voce • Italia •. • Italia • invoca l'anima del padre Anchise e i Mani rie-
(111, 642-644); conduce la Sibilla Cumana ad mersi dall'Acheronte (V, 108-109); le sue ac-
Enea (VI, 40-43); scopre con Enea il cadavere que si riversano nel Cocito (VI, 372-375); sulle
di Mlseno (VI, 202-208); accompagna Enea al sue rive si affollano le anime dei morti che
colloquio con Evandro (VIli, 542-543); dà l gia- Caronte trasporta al di là neii'Ades (VI,
vellotti a Enea e poi è ferito da Numitore (X, 375-420).
424-428 e 438); accompagna Enea ferito nel- Achille: nato a Ftia, in Tessaglia, da Peleo
l'accampamento (Xli, 490-493); segue Enea e da Teti, una delle cinquanta Nereidi che
che rientra nella battaglia e uccide Epulone componevano il corteo di Nettuno e di Anfi-
(Xli, 582). trite, fu Il piil forte e il piil famoso dei -Greci
Acca: la piil fida delle compagne di Camilla, che assediarono Troia. Secondo una leggenda
alla quale la vergine morente affida l'incarico postomerica la madre, dea, sapendo che un
di portare a Turno la notizia della morte e giorno il destino l'avrebbe condotto a morire
della situazione critica di Laurento (Xl, 1013· sotto le mura di Troia, lo immerse nello Stige
1020, 1100-1102). e lo rese invulnerabile. Senonché Teti, nel tre-
Acesta: città fondata da Enea sulla costa oc· plèlante atto materno, lasciò fuori dall'acqua il
cidentale della Sicilia tra Calatafimi e Alca- tallone, che di tutto il corpo rimase l'unica
mo. Il territorio sul quale la città fu costruita parte vulnerabile. Si racconta anche che la
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512 Dizionario dei nomi e dei luoghi
Nerelde, per lo stesso fine, lo abbia nascosto Agamennone: figlio di Atreo, re di Micene
vestito da donna tra le figlie del re di Sciro, e fratello di Menelao. Quando Egisto, ucciso
Nlcomede, ma che Ulisse abbia scoperto il lo zio Atreo, s'impossessò di Micene, l due
rifugio e svelata la sua identità; ed ancora che fratelli fuggirono a Sparta presso Tindaro, di
la tenera madre, non volendo darsi per vinta, cui sposarono poi le figlie: Agamennone Cli-
abbia chiesto al Fato di mutare la sorte del tennestra, Menelao Elena. Cacciato l'usurpa-
figlio, e che il Fato abbia accolto la sua pre- tora, Agamennone divenne re di Micene e Me-
ghiera a condizione che il figlio a una vita bre- nelao ereditò Il regno di Sparta. Agamennone
ve, ma gloriosa, preferisse una lunga· vita in- In breve divenne il più potente principe della
gloriosa. Achille scelse la prima, e la madre. Grecia, e quando Paride rapi Elena, egli e Il
delusa, dovette lasciare che il figlio partisse fratello Menelao incitarono gli altri re greci
con l Greci nella guerra contro Troia, dove fu ad una guerra punitiva contro Troia; e Aga-
ucciso da Parlde con una freccia che, guidata mennone ne fu il capo supremo. Caduta Troia
da Apollo, lo colpi nel tallone, unico punto e ritornato In patria, fu ucciso da Egisto con
vulnerabile del suo corpo. Nel poema virgl- la complicità della moglie Clitennestra. la
liano è ricordato come il • feroce Achille • sua fine è raccontata da Diomede (Xl, 332-
(1, 40-41); come il più forte dei Greci e ucciso- 335); un accenno ad Agamennone e a Mene-
re di Ettore (1, 116-119); con le sue gesta nei lao, come Atrldl, è In: Il, 513 e 616; VIli, 147;
dipinti del tempio di Giunone a Cartagine (1. IX, 174 e 732.
530, 542, 552); dal Trolanl che, festanti per la Agatlrsi: popolo della Scizia, l'attuale Va-
falsa partenza dei Greci, indicano il luogo lacchia, sul versante meridionale delle Alpi
della sua tenda (Il, 40-41); da Priamo a Pirro, transilvaniche, l cui abitanti usavano tatuarsi
al quale dice ch'egli è molto più crudele del e Virgilio dice dipinti (IV, 178).
padre (Il, 663-667); da Enea che pregando A- Agenore: figlio di Nettuno e di Libia, fratello
pollo ne ricorda la morte (VI, 69-70). Altri ac- di Belo, re del Fenici, padre di Cadmo e di
cenni: Ili, 107; IX, 891; X, 735; Xl, 503 e 546. Europa, fondatore di Sidone e forse anche di
Acmone di Llrneso: figlio di Clizlo e fratello Tiro, la città dalla quale erano venuti i Cartagi-
dJ Meneste (X, 167). nesi guidati da Didone, di cui era quindi avo.
Aconteo: latino che si scontra con l'etrusco Perciò Cartagine è anche detta città di Age-
Tirreno, l cavalli si sfracellano e Aconteo va nore (1, 396).
a cadere lontano ed esala per aria la sua vita Agllla: v. Cere.
(Xl, 755-761). Agrigento: l'antica • Agraga~:> •, città fon-
Acrlslo: re di Argo, padre di Danae e quin- data dai Dori di Gela nel 582 a. C. sulla costa
di antenato di Turno. la leggenda racconta che meridionale della Sicilia (111, 855).
Acrlslo, avvertito dall'oracolo che un nipote Agrippa: Marco Vlpsanio Agrippa, amico di
lo avrebbe ucciso, rinchiuse Danae in una tor- Ottaviano, di cui sposò in terze nozze la figlia
re. Raggiunta però da Giove sotto forma di Giulia, suo consigliere e generale. Nel 36 a. C.
pioggia d'oro, ne nacque un figlio, Perseo; sconfisse sul mare Sesto Pompeo, nel 31 a. C.
Acrisio allora chiuse in una cassa madre e fi- ad Azio, vicino alla costa greca, Antonio e
glio e la gettò In mare. Secondo la versione Cleopatra. Appare effigiato sullo scudo di Enea
seguita da Virgilio la cassa portò Indenni ma- come • praetor navalis • con la corona rostra-
dre e figlio sulla costa pugliese, e quivi Da- ta sul capo (VIli, 793-796).
nae sposò Pllunno, Il fondatore di Ardea. A Aiace d'OIIeo: figlio d'Oileo, condottiero dei
Pilunno successe il figlio Dauno, padre di Tur- locresi, agilissimo e particolarmente esperto
no (VII , 422-424). nel lancio del giavellotto, partecipò alla guer-
Acrone: un "trusco, d'origine greca, di Co- ra di Troia e durante Il saccheggio della città
rito, l'odierna Cortona (Arezzo), che secondo incendiata oltraggiò Cassandra, che si era ri-
una tradizione sarebbe stata anticamente do- fugiata nel tempio di Pallade o Minerva. Per
minata dai Greci Pelasgi. Abbracciata la causa questo sacrilegio la dea lo punì facendo nau-
del Troianl, parte per la guerra contro i latini fragare le sue navi, durante il viaggio di ri-
Il giorno stesso delle nozze, ed è ucciso da torno in patria. presso il promontorio Cafareo
Mesenzio (X, 900-918). dell'Isola d'Eubea (1, 51-57 e Xl, 323-325).
Adamasto: v. Achemenlde. Alba o Albalonga: città del lazio che la leg-
Adige: fiume che nasce dai laghi di Resia genda vuoi fondata da Ascanio o Julo, figlio
e si getta nell'Adriatico (IX. 825). di Enea. Era detta Albalonga perché costruita
Adrasto: re d'Argo, partecipò alla guerra sulla dorsale di un colle, nella regione dell'at-
contro Tebe, detta dei Sette (gli altri erano: tuale lago Albano. Storicamente, invece, Alba,
Tldeo, Partenopeo, Polinice, Capaneo, lppome- che sorgeva pressappoco dove ora si trova
donte, Anflarao), e Adrasto fu del sette il solo Albano, era il centro della confederazione la-
che sopravvisse; così poi organizzò una se- tina ancor prima dei fatti che sono argomento
conda guerra contro Tebe, detta degli Epigoni del poema vlrglllano. Secondo Virgilio Invece
(VI, 596). la razza latina e albana avrebbe avuto origine
Afldno: troiano ucciso da Turno (IX, 843). dalla venuta nel lazio del Penati dJ Troia (1,
Afri: abitatori dell'Africa, forse gli egiziani, 8-10); e Giove assicura Venere che Ascanio
che Virgilio dice appunto seminudi perché dopo trent'anni di regno trasferirà da Lavlnio
usavano vesti mal chiuse (VIli, 849). la capitale a Albalonga (1, 312-315); Infine si
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Dizionario dei nomi e dei luoghi 5I 3
ricorda che Ascanio, mentre cingeva di mura to di lei, sarebbe fuggita in Sicilia e nell'isola
Albalonga, rinnovò e Insegnò al prischl latini di Ortlgla, davanti al porto di Siracusa, si sa-
Il tipo di corsa e di gara che egli e i giovani rebbe trasformata in una limpida fonte; ma
troianl svolsero ai giochi funebri in onore di Alfeo, mutatosi In fiume, si sarebbe immerso
Anchise (V, 624-632). nel suolo e, correndo sotto il mare, raggiunta
Albula: nome primitivo del Tevere CVIII, l'isola di Ortigia, avrebbe mescolato le sue
385-388). acque con quelle della ninfa Aretusa (111,
Albunea: località boscosa nel pressi di Ti- 840-846).
voli, Il cui nome deriva da una sorgente di ac- Allla: piccolo corso d'acqua vicino a Ro-
qua solforosa e quindi biancastra. lo stesso ma oggi chiamato Fosso della Regina e, nel-
nome è dato anche alla cascata che le acque l'ultimo tratto, Fosso Maestro. Nel punto in
della sorgente formano presso Tivoli. Presso cui il fiumicello confluisce nel Tevere, il 16 o
la cascata sorgeva l'oracolo di Fauno, dal qua- Il 18 luglio del 390 a. C., l Galli distrussero
le latino aveva appreso che lo sposo desti· l'esercito romano. Perciò Il suo nome è in-
nato dal Fato a lavinia doveva essere uno fausto: • Allia infausto • (VII. 825).
straniero. l'oracolo di Albunea era frequenta- Almone: è Il figlio del pastore delle greggi
to da tutti gli ltallci (VII, 98-124). del re latino, Tirro, la prima vittima della
Alcanore: trolano, padre di Bizia e di Pan- guerra (VII, 603-606).
daro; visse nella Frigia al piedi del monte Ida Amaseno: fiume che scende dai monti Au-
w<. 815-819). soni, bagna Priverno, attraversa l'agro Ponti-
Alcide: nome patronlmico di Ercole, da Al- no, riceve l'Utente e quindi getta le sue ac-
ceo, suo nonno paterno. Egli Infatti nacque da que nel mare Tirreno nei pressi di Terracina
Alcmena, moglie di Anfitrione, figlio di Alceo. (VII, 787); è il corso d'acqua al di là del qua-
la leggenda però lo dice figlio di Giove (VIli, le Metabo lanciò la piccola Camilla legata
290, 297, 326); Pallante Invoca il suo aiuto all'asta (Xl, 676-700).
prima di scagliare l'asta contro Turno (X. Amata: moglie di latino, madre di lavinia,
586-591). sorella di Venilla e quindi zia di Turno, pro-
Aleso: 1) detto I'Agamennonlo perché au- getta di dare la figlia in moglie a Turno (VII,
riga di Agamennone, era un fiero nemico del 68-70); IX, 886-887): non approva la decisione
popolo trolano. Venuto In Italia dopo la distru- di latino di dare lavinia in moglie, secondo Il
zione di Troia, fondò la città di Falerii, si al- responso divino, ad uno straniero e quindi ad
leò con Turno e si pose a capo di una folta Enea (VII, 405-424); Istigata da Aletto ricorre
schiera di guerrieri scelti fra le, popolazioni ai mezzi più strani per mpedire il matrimonio
massiche, aurunche e delle terre attraversate di lavinia con Enea (VII, 425-462); con la sua
dal Volturno (VII, 832-843; X. 448); 2) rutulo, autorità Influisce sui giovani, l quali vogliono
figlio di un Indovino. Il padre aveva previsto la la guerra contro l Troianl (VII, 658-661); In-
sua morte In guerra e, per salvarlo, lo aveva nalza preghiere agli dèi per scongiurare la ca-
nascosto In una selva. Morto il padre egli an- duta di laurento (Xl, 594-604); scongiura Tur-
dò Incontro al suo destino e fu ucciso da Pal- no di non accettare Il duello con Enea (Xli,
lante (X, 523-541). 71-82); laurento è assalita da Enea, e la re-
Alate: compagno di Enea. la sua nave è gina, credendo che Turno sia stato ucciso, non
sconquassata dalla tempesta (1, 146); udita la sa reggere all'onta della disfatta e si uccide
proposta di Nlso, ringrazia gli dèl che pongo- (Xli, 749-761).
no nel cuore dei giovani tanto nobile ardire Amatunta: città dell'isola di Cipro sacra al
(IX, 307-318). culto di Venera, come Citera, Pafo e Idalio
Aletto: è una delle tre Furie infernali. Giu- (X, 65). _
none la evoca dall'Averno allo scopo di provo- Amazzoni: popolo favoloso di sole donne
care con la sua azione malefica la guerra con- guerriere, che aveva la sua sede principale
tro l Troiani (VII, 370-388); Aletto Infuria Ama- lungo le rive del fiume Termodonte in Cappa-
ta awentandole un serpente tolto dalla sua docia, donde si sarebbe spinto anche nella
chioma (VII, 394-462); si trasforma in una vec- Scizia. Guerreggiavano a cavallo con lancia.
chia ed incita Turno a prendere le armi contro scure ed arco, e si difendevano con piccoli
l Trolanl (VII, 463-538); con un'astuzia infer- scudi In forma di mezzaluna. Contro di esse
nale prepara l'uccisione del cervo di Silvia combatterono gli eroi più famosi, come Belle-
(VII, 539-612); informa Giunone dell'opera com- rofonte ed Ercole. Quest'ultimo, fatta prigio-
piuta e la regina degli dèi la rimanda nell'Ere- niera la loro regina lppolita, le prese la cintu-
bo (VII, 613·648); Venera si lamenta con Gio- ra che la figlia di Auristeo desiderava, e la
ve che Aletto infuril nelle città d'Italia (X, dette in sposa a Teseo, che aveva partecipato
50-53). con lui all'Impresa. Pentesilea, un'altra regina
Alfeo: fiume che nasce dai monti dell'Arca- delle Amazzoni, partecipò alla guerra di Troia
dia, bagna Ollmpia, la pianura .dell'Elide e si a fianco del •Trolanl e fu uccisa da Achille
getta nello Ionio, dopo essere sparito lungo il (1, 570-574; V, 337..339; Xl, 803).
percorso due volte sotto Il suolo. Da queste Amlcla: città ftalica. fra Terracina e Gaeta.
sue sparlzionl sotterranee è nata la leggenda fondata dai Greci della città omonima, presso
di Alfeo e della ninfa Aretusa. la quale per Sparta. la greca Amicla era famosa per il si-
sfuggire alle persecuzioni di Alfeo, Innamora- lenzio imposto con una legge agli abitanti, l
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514 Dizionario dei nomi e dei luoghi
quali avevano preso l'abitudine di annunciare fortato dalle parole di Eléno ordina di allesti-
con leggerezza inutilmente l'arrivo dei nemici re la flotta, spiegare le vele e riprendere il
Dori (Spartani). Ma quando giunsero realmen- viaggio verso l'Italia (111, 581-593); giunti in
te nessuno era preparato a difendere la città vista dell'Italia Invoca dagli dèl venti propizi
che fu occupata facilmente e costretta a su- (111, 645-650, 661-665, 684-686, 746-747); sbar-
bire Il servaggio dello straniero. Virgilio di- cano a Trapani e Anchlse muore (111, 860-872).
cendo • muta • la città ltalica, equivoca con Dopo l'awentura cartaginese Enea, ripreso il
quella greca (X, 714). viaggio per raggiungere la nuova patria asse-
Amico: 1) figlio di Poseidone (il Nettuno gnatagli dal Fato, passa da Trapani e fa cele-
del Romani), re del Bebrici e pugile di ecce- brare fastosi giuochi funebri in onore di An-
zionale potenza, costringeva a battersi con lui chlse (V, 46-633); il padre Anchise conforta
tutti quelli che Incontrava. Fu ucciso con un il figlio a seguire i consigli del vecchio Naute
pugno dal dloscuro Polluce (V, 395-396); 2) (V, 761-785); nell'Averno rivela ad Enea il fu-
guerriero trolano, di cui Enea, dopo la tem- turo di Roma e lo conforta a superare gli
pesta provocata da Giunone per mezzo di Eo- ostacoli che ancora dovrà incontrare (VI, 828-
lo, piange la sorte Incerta (1, 262); ritrovato, 1080).
forse è identificabile con Il grande cacciatore, Anco Marzio: quarto re di Roma, che fondò
terrore delle belve, ucciso da Turno (IX, 821- Ostia e guerreggiò con l Latini, ai quali tolse
923); oppure con il fratello di Diore, l'uno e parecchie città (VI, 980-983).
l'altro decapitati da Turno (Xli, 645-649). Androgeo: 1) greco ucciso tra le mura di
Amiterno: città dei Sablnl (VII, 815). Troia, nella notte dell'Incendio, da Enea e dai
Ammone: dio dell'antico Egitto, che aveva Il suoi compagni che egli aveva preso per
suo culto centrale a Tebe. Greci e Romani lo amici (Il, 461-478); 2) personaggio mitico, fi-
identificarono con Giove (IV, 236). glio di Minasse e di Pasife: si recò ad Atene,
Amsanto: valle dell'lrpinla (l'odierna regio- partecipò alle gare di forza e di destrezza e
ne del lago d'Ansante), In cui si credeva che, riuscl primo In tutte, destando l'Invidia del re
nel folto di una foresta scorresse un fiume e Egeo, che lo fece morire. Minasse allora lo
si aprisse una voragine comunicante con l'A- vendicò, mosse guerra agli Ateniesi, li vinse
verno. In questa voragine discese la furia e li condannò al tributo annuale di quattordici
Aletto per ritornare nel regno delle tenebre giovani, sette maschi e sette femmine, da
(VII, 639-648). dare In pasto al Minotauro. La morte di An-
Anagni: città del Lazio, circondata da fer- drogeo è effigiata sulle porte del tempio di
tili terreni. l suoi contadini si armarono e ac- Apollo a Cuma (VI, 24-28).
corsero ad Ingrossare, al comando di Ceculo, Andromaca: sposa di Ettore; la notte del-
l'esercito italico (VII, 786-787). l'Incendio di Troia Enea percorre un andito per
Anchise: figlio di Capi e di Temi, cugino In il quale Andromaca era solito passare quando
secondo grado di Prlamo e quindi principe portava Astianatte al nonno (Il, 559-564); Enea
trolano. Padre di Enea, ch'egli ebbe da Vene- la incontra a Butroto mentre offre un sacrifi-
re (1, 721-725), nel poema virglllano è rappre- cio alla memoria di Ettore (111, 371-378): An-
sentato molto vecchio (giovane lo rievoca sol- dromaca gli racconta la sua storia: d'essere
tanto Evandro, che lo conobbe nel viaggio stata schiava di Pirro e di essere ora moglie
compiuto In Arcadia con Priamo (VIli, 174- di Eléno, fratello di Ettore (111, 395-419); ad
187), sia quando Enea, accorso a difendere la Ascanio, nel quale le sembra di vedere il suo
città Invasa dal Greci, assiste alla morte di Astlanatte, regala molti doni con parole com-
Priamo (Il, 686-690), sia quando Venere esorta moventi (111, 594-603).
Enea ad abbandonare Troia e ad aver cura di Angizla: dea dei Marsi, abitanti presso il
lui stanco per la vecchiaia (Il, 727-730), ed lago Fucino. Era Invocata come dea della gua-
ancora quando rifiuta di essere portato in sal- rigione, conoscitrice delle erbe salutari e della
vo dal figlio (Il, 772-789). Ma poi nel prodigio preparazione delle medicine. Conosceva an-
del fuoco sul capo di Ascanio riconosce la che l'arte degli Incantesimi, ed era venerata
volontà degli dèi (Il, 835-841) ed accetta di In un bosco sacro sulla riva meridionale del
partire (Il, 850-856). Enea si carica sulle spal- lago Fucino (VII, 872).
le Il vecchio padre, dice al piccolo Ascanio di Anlene: Il Teverone, affluente del Tevere,
accompagnarlo e a Creusa di segulrlo, e tutti che divide Il Lazio dalla Sabina (VII, 785).
insieme abbandonano la città in fiamme (Il, Anlo: re di Delo, sacerdote di Apollo, vec-
859-864; 870-890). Come capo morale del pro- chio amico di Anchise; accoglie festosamente
fughi trolanl, decide l'abbandono della Troade l Trolanl (111, 97-101).
e la ricerca di una nuova patria (111, 11-17); Anna: sorella di Didone che, secondo una
Interpreta erroneamente l'oracolo di Delo e tradizione, dopo la morte della sorella, per
decide di andare a Creta (111, 125-145); poi sottrarsi a Jarba, sarebbe fuggita da Cartagi-
comprende il significato delle parole pronun- ne e sarebbe stata accolta benevolmente da
ciate dal Penati apparsi in sogno ad Enea e Enea nel Lazio. Pill tardi, per gelosia di Lavi-
decide di partire per l'Italia (1"11, 221-234); la nia si sarebbe gettata nel fiume Numico. A
fiducia che la mèta stabilita dal destino sia Roma era considerata dea dell'anno (Anna Pe:
l'Italia non gli vien meno neppure dopo la renna) e la sua festa si celebrava il 15 marzo
profezia dell'arpia Celano (111, 327-334); con- con giochi e banchetti. Era confidente di DI-
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Dwonario dei nomi e dei luoghi 515
done, che le confessò Il suo amore per Enea po di uomo e la testa di sciacallo; perciò l
(IV, 13-68); e il suo dolore per essere stata Greci e i Romani lo chiamavano il dio dalla
abbandonata dall'eroe troiano (IV, 500-525); testa di cane; e éosi è rappresentato anche
Anna tentò di essere, pregata da Didone, la sullo scudo di Enea (VIli, 812).
mediatrice tra Enea e la sorella, ma Inutil- Apollo: figlio di Giove e di Latona, come
mente (IV, 526-529); alla notizia del suicidio Diana. Nato a Delo, l'isola che fuggiva per il
di Didone, accorre presso il rogo e raccoglie, mare a proteggere la madre del dio dall'ira di
con l'animo straziato dal dolore, l'ultimo re- Giunone, s'identificava con il sole ed era Quin-
spiro della sorella morente (IV, 808-827). di il dio della luce nel senso più elevato della
Annibale: generale cartaginese, acerbo ne- parola, come immagine di ciò che è puro, lu-
mico del Romani, il cui odio sembrava nato cente, elevato e sublime. Ed era perciò anche
dall'Imprecazione di Didone e particolarmente il dio della divinazione, della poesia, condot-
dalla sua profetlca allusione al • vendicatore • tiero delle Muse e padre di Esculapio, il dio
(IV, 750-760); a lui allude Giove nel concilio della medicina che guarisce. Era rappresen-
degli dèl, pur senza pronunclarne il nome tato sempre giovane, nel fiore di una bellezza
(X, 16-21). stupenda con l'arco d'argento, e gli era sacro
Anxur: 1) città del Lazio, l'attuale Terracina, il cigno, simbolo del ritorno della primavera
sacra al culto di Giove. Turno raccolse i gio· dal paesi iperborei, e l'alloro, simbolo della
vani della sua campagna e li condusse alla gloria e pianta nella quale gli dèi avevano tra-
guerra (VII, 918); 2) rutulo ucciso da Enea mutata Dafne. Come dio della verità, indirizza
(X, 689-695). l Troiani alla giusta mèta: nella culla dei padri
Antandro: città della Troade, sulla riva di (111, 114-119); acquista conoscenza del"futuro
una profonda Insenatura del golfo di Adramiti, da Giove (111, 313-320); e la comunica ai suoi
alle pendlcl meridionali del monte Ida, dove devoti, che accoglie In Delo (IV, 175-181); il
Enea si fermò con l profughi trolani per co- suo culto è esteso su tutte le terre bagnate
struire la flotta con la quale Intraprese il lun- dal Mediterraneo: lo Invocano Didone (IV, 73),
go viaggio (111, 8-17). Arunte (Xl, 970-981), Latino (Xli, 252-253), E-
Antenne: città alla confluenza deii'Aniene nea, che ne visita l luoghi a Delo (111, 113-
col Tevere: una delle città nelle quali i Latini, 119), ad Azio (111, 339·341), a Cuma (VI, 12·
dichiarata la guerra contro l Troianl, prepara- 16), dove è l'antro della Sibilla, cui Apollo
rono le armi (VII, 721). svela il futuro e dove Enea promette di ele-
Antenore: troiano che, a capo di una schie- vare un tempio al dio e di istituire In suo ono-
ra di profughi, abbandonò Troia e navigando re giorni festivi (VI, 67-94), e il dio gli pro-
raggiunse l'estremo nord dell'Adriatico (golfo mette il suo appoggio e lo incoraggia a supe-
Illirico), sbarcò oltre le foci del Tlmavo e fon- rare le difficoltà che dovrà incontrare (VI, 104-
dò Padova (1, 283-292). 122). Cosl Apollo, quando Julo è in pericolo,
Anteo: 1) comandante di una delle tre navi non esita ad intervenire (IX, 774-804): sullo
disperse dalla tempesta (1, 216); si riunisce scudo di Enea è raffigurato che saetta le navi
al compagni In Cartagine (1, 592-595); ritorna di Antonio (VIli, 818); Ottaviano vittorioso eri-
con Enea sul campo di battaglia dopo che ge nel 28 a. C. il tempio di Apollo Palatino
l'eroe trolano è miracolosamente guarito della (VIli, 826-828).
ferita (Xli, 562); 2) rutulo ucciso da Enea Aquilone: vento di settentrione (1. 122).
(X, 710). Arasse: fiume dell'Armenia, le cui acque so-
Antlfate: guerriero trolano, figlio di una te- no cosl Impetuose che non sopportano ponti.
bana e di Sarpedonte. Fu ucciso da Turno (IX, Sullo scudo di Enea rappresenta simbolica-
841-843). mente la sottomissione del paese a Roma. E:
Antonio: Marco Antonio, che dopo la morte l'attuale Araks, che sfocia nel mar Caspio, a
di Cesare, fece parte del secondo triumvirato sud di Baku, e che segna per l ungo tratto Il
con Ottaviano e Lepido, ma dopo la vittoria confine tra l'Iran e la Russia (VIii, 845).
di Fllippi, contro l congiurati, ottenuto l'O- Arcadia: regione montagnosa del Pelopon-
riente, si lasciò Incantare dai vezzi della re- neso centrale, patria d'origine di Patrone (V,
gina Cleopatra e Iniziò una politica che, avver- 325) e di Evandro (VIli, 60-63). A differenza di
sata da Ottaviano, condusse alla battaglia na- tutti gli altri Greci, gli Arcadi avevano tradi-
vale d'Azlo. E: effigiato sullo scudo di Enea zioni di simpatia con i Troiani, vantano gli
(VIli, 796). uni e gli altri le proprie origini da due Pleiadi:
Antore: compagno di Ercole, Inviato dai cit- gli Arcadi da Mala, i Troiani da Elettra, madre
tadini di Argo come ambasciatore a Pallanteo, di Dardano. Cosl Evandro ricorda con simpa-
rimase presso Evandro. Fu ucciso per caso tia Anchlse, ch'egli conobbe quando visitò
da Mesenzlo, che lo colpl tra il fianco e il con Prlamo l'Arcadia (VIli, 174-187), e stringe
ventre con l'asta scagliata contro Enea e alleanza con Enea contro i Latini, Inviando a
schizzata via dallo scudo costruito da Vulca- combattere a fianco dei Trolani il figlio Pal-
no (X, 974-981). lante e quattrocento cavalieri (VIli, 188-191,
Anubl: dio egizio, figlio di Jside e di Osirl- 549-556, 600-607; x. 308-310, 460-484, 517-541,
de; proteggeva le tombe e in particolare le 544-545); quando Pallante è ucciso da Turno,
mummie, e accompagnava le anime dei morti lo piangono gli Arcadi, Enea e l Trolani (Xl,
nell'oltre tomba. Era rappresentato con il cor- 33-36, 51-71, 112·114, 118-119); poi i cavalieri
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516 Dizionario dei nomi e dei luoghi
arcadi continuano a combattere (Xl, 1030; Xli, che in Argo aveva un tempio famoso (1, 32).
365, 697); incuranti delle minacce di Turno (X, Nel poema vlrglliano è ricordata da Giove nel
623-627; Xl, 491-492). suo colloquio con Venere (1, 330-333); 2) mo-
Areante: siciliano che aveva mandato ad stro dal cento occhi, il custode di lo, ucciso
Enea suo figlio, allevato nel bosco di Cibele, da Mercurio per volere di Giove. lo, figlia di
lungo il fiume Simeto. Il figlio fu ucciso da Inaco e amata da Giove, è stata da Giunone
Mesenzio (IX, 707-718). trasformata In giovenca e affidata alla custo-
Archlppo: re del Marsi, popolo italico del- dia di Argo. Il mito è raffigurato sullo scudo
l'alta valle del Uri e della sponda meridionale di Turno (VII, 906-910).
e orientale del lago Fucino. Sono detti anche Arianna: figlia di Minosse e di Pasife. 11
Marrubi, dal nome della loro città capitale, mito di Arianna che, Innamorata di Teseo, lo
Marruvium. Archlppo, alleatosi con Turno, ha aiuta a uscire dal Labirinto, dove aveva ucciso
inviato armati al comando di Umbrone, medi- Il Mlnotauro, è raffigurato sulla porta del tem-
co, mago, addormentatore di serpenti (VII, pio di Apollo In Cuma insieme con altre scul-
862-867). ture (VI, 29-35).
Ardea: città laziale, a metà strada fra Ostia Arlcla: Ninfa italica, che vive nel bosco con-
e Anzio, capitale del piccolo regno dei Ru- sacrato a Diana presso Nemi, ed è sposa di
tuli, fondata da una colonia di Greci venuti da lppolito-Virbio e madre di Virbio, alleato di
Argo con la guida di Danae. Centro Importan- Turno (VII, 874-891).
te fino al primi secoli di Roma, collegato con Arlsba: città della Troade, sulla costa dello
l'urbe dalla via Ardeatina, decadde In seguito stretto dei Dardanelli, poco più a nord di Abi-
a poco a poco per l'insalubrità dell'aria, e al do. Enea partecipò alla sua occupazione ed eb-
tempi di Virgilio era ridotto a un piccolo bor- be in premio due tazze d'argento cesellate,
go rurale. Più a lungo rimase viva la sua fama che Ascanio promette a Eurialo e a Niso (IX,
per il tempio di Giunone, uno dei più frequen- 326-327).
tati del Lazio. Oggi dopo l'opera di rlsanamen-
to delle Paludi Pontine e dell'Agro Romano, Arpallce: Amazzone tracia, di cui Venere
Ardea è una frazione di oltre duemila abitanti assume le sembianza per presentarsi a Enea
del comune di Pomezia (Roma). Re di Ardea gettato da una furibonda tempesta sulle coste
e del piccolo regno dei Rutuli era Dauno, pa- dell'Africa, quando l'eroe troiano si spinse
dre di Turno, ma il potere era nelle mani del con Il fido Acate a perlustrare Il terreno (1,
figlio (IX, 886-889; Xli, 29-30). 368-372).
Are: ampia scogliera che sfiora la superficie Arpl: città fondata da Diomede in Puglia,
del mare davanti a Cartagine, sulla quale si alle falde del Gargano, a nord di Foggia, lun-
incagliarono tre navi di Enea (1, 130-132). Le go l'attuale linea ferroviaria Foggia - San Se-
tre navi furono poi liberate da Tritone e Ci· vero. Virgilio la indica anche col nome di Argy-
motoe (1, 172-173). ripa. Ouivl Venulo, ambasciatore del Latini, si
Aretusa: Ninfa di Diana. Durante una caccia recò a chiedere a Diomede di allearsi con gli
sui monti d'Arcadia Aretusa volle ristorarsi ltalici contro i Troianl (VIli, 11-22; X, 36-37;
nelle acque di un torrente. Il fiume Alfeo la Xl, 280-287, 297-300, 305-308).
scoprì e, innamoratosi di lei, tentò di raplrla, Arpie: mostri con volti e colli di donna, cor-
ma fu salvata da Diana che le Indicò di fug- po di uccello rapace, grandi ali e lunghi arti-
gire per una via sotterranea. Proseguendo per gli. Secondo Esiodo erano figlie di Taumante
quella via rispuntò trasformata In fonte nel- e di Elettra; secondo un'altra versione di Net-
l'isola di Ortlgia, sulla quale fu più tardi co- tuno e della Terra, e rappresentavano la furia
struita Siracusa. Alfeo la segui Inabissandosi delle procelle. Giove, che volle punire Fineo
nel mar Jonio e, scoperta la via per la quale dei suoi delitti con la fame, incaricò le Arpie
Aretusa era fuggita, la raggiunse nell'isola di di insozzargll le mense; ma quando Fineo ac-
Ortigia. V. Alfeo (111, 840-846). colse gli Argonauti con gentilezza. Giasone lo
Arglleto: quartiere di Roma antica, tra i ricompensò affidando a Calai e a Zeto Il com-
colli Capitolino e Palatlno e tra la Suburra e pito di dare ad esse la caccia; e furono così
il Foro Romano. Era la sede delle botteghe confinate nelle isole del mare Jonio, a sud di
dei librai e degli artigiani. La provenienza del Zante, che furono poi chiamate Strofadi. Se-
nome è Incerta: secondo alcuni significhereb- condo Virgilio le A~le sono comandate da Ce-
be • morte di Argo •. a ricordo di uno stranie- leno (111, 262-264). l Troianl sbattuti e dispersi
ro di nome Argo ucciso dal popolo per avere da una tempesta, approdano alle Strofadl e
congiurato contro Evandro, che lo aveva ospi- sono assaliti dalle Arpie (111, 276-283); assaliti
tato; secondo altri Il nome Indicherebbe la una. seconda volta si difendono e le respingo-
natura argillosa del terreno (VIli. 402-403). no (111, 288-305); solo Celeno, la maggiore
Arglrlpa: v. Arpl. delle Arpie, si ferma su un'altissima rupe e
Argo: 1) città capitale deii'Argolide, nel Pe- predice al Troiani che non riusciranno a co-
loponneso, fondata da Inaco, re dei Pelasgi, e struire le mura della città promessa prima
ritenuta la più antica città della Grecia. Il che una feroce fame non Il abbia costretti a
nome è però usato molto spesso per indicare rodere col denti perfino le mense (111,306-320).
tutta la Grecia, particolarmente quando si Arturo: costellazione vicina aii'Orsa Maggio-
vuoi Intendere la Grecia protetta da Giunone, re, raffigurante un uomo che con una mano tle-
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Dizionario dei nomi e dei luoghi 517
ne l cani da caccia e con l'altra impugna una lore in testa ai suoi (Xl, 764-765); 2) Rutulo,
clava (111, 634). uccide Corlneo (IX, 693) e combatte con Mem-
Arunta: capo etrusco che si è posto in mo (Xli, 696).
animo di uccidere Camilla con l'insidia; e la Asilo: • la gran selva • nella sella del colle
segue nelle vicende della battaglia (Xl, 937- Capitolino in cui poi Romolo ha accolto i fug-
948); quando la giovane è meno· guardinga giaschi (VIli, 398-399).
perché tutta Intenta a seguire un guerriero. Assar~: figlio di Troe e di Calllroe, fu re
Cloro, bramosa di Impossessarsi delle sue dHrola. Fratello di Ganimede e padre di Capi.
belle armi, Arunte scocca una freccia e la uc- fu quindi nonno di Anchlse, che di Capi fu
cide (Xl, 749-994); uccisa Camilla fugge lieto figlio; Enea lo Incontra con altri fondatori e re
e timoroso ad un tempo (Xl, 996-1007); ma Opi troianl nel Campi Elisi (VI, 795), ed è consi-
assolve l'incarico affidatole da Diana e l'ucci- derato quale grande antenato della gente tro-
de (Xl, 1031-1041). lana (l, 331; VI, 937; IX, 321 e 783).
Ascanio: è chiamato anche Julo. Virgilio se- Astianatte: figlio di Ettore e di Andromaca
gue la tradizione che fa di Ascanio e di Julo (Il, .563) che, secondo la tradizione, Neottole-
un personaggio solo, figlio di Enea e di Creu- mo, figlio di Achille, avrebbe precipitato, per
sa, sua prima moglie; ma era ugualmente vi- consiglio di Ulisse, dalle mura di Troia In fiam-
va anche la tradizione che diceva Julo figlio me sotto gli occhi della madre; Andromaca lo
di Enea e di Lavlnla, sua seconda moglie. La ricorda vedendo Ascanio (Ili, 599-603).
tradizione seguita da Virgilio giustificava il Asture: è ricordato nella rivista dei condot-
secondo nome, Julo, come appellativo dell'età tieri etruschi come comandante di trecento
Imberbe del personaggio, cui per traslato si guerrieri di Cere, di Plrgl e di Gravisca (X,
adatterebbe Il significato del nome che, se- 235-239).
condo Plinio, è lanugine degli alberi in pri- Ati: trolano, capostipite della • gens Attia .,
mavera. Lo stesso appellativo, Inoltre, legger- cui appartiene Azla, la madre di Ottaviano;
mente modificato In • Ilo •, collimava con la amico di Ascanio, è capo della seconda delle
radice del nome dell'eroe eponimo della città tre schiere di fanciulli a cavallo che parteci-
di Troia • Ilio •; e Il modesto artificio etimo- pano, nell'ambito del giochi funebri in onore
logico serviva mirabilmente a dare alla casa di Anchlse, a quello che, tramandato a Roma,
Giulia un'origine antichissima. Perciò il poeta si chiamerà Troia e la trolana schiera dei fan-
tali cose le fa dire da Giove In persona, quan- ciulli a cavallo (V, 598-633).
do per soddisfare Venera tratteggia a grandi -Atina: città del Volsci, sul monti della Cio-
linee le gloriose vicende di Roma, vindice po- ciarla nel Lazio meridionale. Qui è ricordata
stuma della prepotenza del Greci contro i Tro- come una delle cinque grandi città che si at-
lani (1, 300-346). Nel poema sono Innumere- trezzano per fabbricare armi (VII, 720).
voli gli accenni al giovane figlio di Enea, ora Atlante: uno del Titani, figlio di Giapeto e
con Il nome di Ascanio, ora con quello di Julo; di Climene. Partecipò con gli altri Tltani alla
ma l piO Interessanti sono: Il prodigio della lotta contro Giove, e questi lo condannò a sor-
lingua di fuoco sul capo del fanciullo, che de- reggere con la testa e con le mani la volta del
cide il vecchio Anchise ad allontanarsi da cielo (1, 881); possedeva Il giardino delle Espe-
Troia In fiamme (Il, 826-849); la partecipazione ridi, del quale era molto geloso, cosi che negò
entusiastica di Ascanio (IV, 189-194); corre per l'ospitalità a Perseo. Questi allora gli pose In-
primo al porto, dove le donne hanno dato .fuo- nanzi la testa della Medusa e lo tramutò In
co alle navi, e le rimprovera aspramente (V, pietra, cioè nella catena montuosa dell'Africa
704-710); è strumento dell'awerarsl dell'ora- settentrionale (IV, 292-298, 305, 583; VI, 960);
colo dell'arpia Celeno, quando l Troianl, sbar- progenitore degli Arcadi e del Troiani, come
cati alle foci del Tevere, per sfamarsl man- padre della Pleiade Maia, madre di Mercurio,
giano anche le sottili focacce sulle quali ave- da cui trassero origine Evandro e gli Arcadi,
vano deposto l cibi e Julo dice scherzando: e come padre di Elettra, la Pleiade, dalla quale
• Ahimè, noi mangiamo anche le nostre men- ebbero origine, con Dardano suo figlio, l Tro-
se! • (VII, 135-138); provoca le prime ostilità lanl (VIli, 152-160).
ferendo mortalmente il cervo di Silvia (VII, Ato o Athos: monte della penisola Calcldi-
563-567); ascolta con i capi e gli anziani riu- ca orientale. Virgilio alla sua altezza parago-
niti a consiglio la proposta di Niso e di Euria- na Enea quando • terribile nelle sue armi •.
lo, l'approva e promette ricompense e onori si awla ad affrontare In duello Turno (Xli,
(IX, 290-370); partecipa alla difesa dell'accam- 873-881).
pamento e per la prima volta uccide un nemi- Atrldl: l due figli di Atreo: Agamennone e
co, Il borioso Numano che aveva offeso i Tro- Menelao (Il, 513, 616; VIli, 147; IX, 174, 732).
lanl (IX, 756-775); Apollo ne frena l'entusia- Attore: 1) capo degli Auruncl, cui appartiene
smo (IX, 776-804). la grande asta con la quale Turno si appresta
Asia: nome usato esclusivamente per indi- ad Incontrare In duello Enea (Xli, 124-126); 21
care la Troade (l, 447; 111, 3; Xl, 335). Trolano, che Insieme con Ideo assiste la ma-
Aslla: 1) condottiero etrusco, ma anche sa- dre di Eurialo e la riporta nella sua tenda (IX,
cerdote, augure e mago, guida mille guerrieri 607-609).
venuti da Pisa a combattere come alleati dei Aufldo: fiume della Puglia (l'attuale Ofanto),
Trolanl (X, 228-235); combatte con grande va- cui Turno, rispondendo a Drance, accenna sa-
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5 x8 Dizionario dei nomi e dei luoghi
tireggiando il rifiuto di Diomede (Xl, 501-504). giato figlio di Ercole e di Rea, una vestale.
Augusto: C. Giulio Cesare Ottaviano Augu- Fu alleato di Turno (VII, 751-761).
sto è presentato da Giove a Venere come • Il Averno: lago profondo presso Cuma, nella
grande eroe glorioso delle spoglie d'Oriente • Campania, che, per le sue esalazioni mefitiche
(1, 337); da Anchise come colui che • riporte- era creduto l'entrata dell'oltretomba o del
rà ancora una volta nel Lazio l'età dell'oro • mondo sotterraneo. Perciò Averno è anche
(VI, 954-956); è raffigurato sullo scudo di l'Inferno dei Gentili; e la parola significa sen-
Enea, durante la battaglia d'Azio, sulla tolda di za uccelli. SI divideva sommariamente In tre
una nave (VIli, 7BB-790), e nell'atto di cele- parti: I'Antinferno, o regna delle anime inse-
brare il triplice trionfo in Roma (VIli, B29-745). polte; Tartaro, o regno dei Cattivi; Campi Eli-
si, o regno dei Buoni (VI, 15B, 10B7). Ed Inol-
Aulesta: capo etrusco di una nave di cento tre: 111, 539; V, 774, B60.
remi, ultima della rassegna della flotta che Azi: famiglia Romana (gens Attia), di cui è
trasporta nel Lazio l'esercito etrusco con capostipite Ati, l'amico di Ascanio e alla qua-
Enea comandante (X, 268-270). le appartiene Azia, la madre di Ottaviano
Aullda: il porto di Beozia, di fronte all'isola (VII, 542).
di Eubea, dal quale partl la flotta greca per Azlo: promontorio deii'Acarnanla, all'entra-
la guerra di Troia (IV, 511-512). ta del golfo Ambracico, di fronte all'attuale
Auno: principe ligure, probabilmente etru- città di Preveza, nelle cui acque Augusto ri-
sco, alleato di Enea. Il figlio, astuto più che portò la famosa vittoria navale su Marco An-
bellicoso, tenta con un inganno di evitare lo tonio e Cleopatra il 2 settembre del 31 a. C.
scontro ~:on Camilla, ma la vergine guerriera, Vi sorgeva un tempio di Apollo visitato da
più veloce del suo cavallo, lo raggiunge e l'uc- Enea (111, 339-340); la battaglia d'Azlo è effi-
cide (Xl, B63-B93). giata sullo scudo di Enea da Vulcano (VIli,
Aurora: figlia di Tela e d'lperione, sposa pri- 7B5-B2B).
ma di Astreo, da cui nacquero i Venti, poi di
Tltone, al quale diede i figli Ménnone, Ema- Bacco: figlio di Giove e di Sémele. è figura
tio e Fosforo. Era rappresentata bellissima, ricca e densa di significato umano e religioso.
con il volto coronato di raggi, sopra un carro Per una parte è Il dio della vendemmia, e
tratto da nivei cavalli, precedente a quello del quindi del vino, della gloria e del benessere
sole. E si raffigurava anche come una dea ala- fisico; per l'altra Il dio del profondo intimo
ta che, avvolta in una veste splendida, river- religioso che si raccoglieva nei suoi • Miste-
sava dal grembo rose sulla terra; oppure, av- ri •. che consistevano in riunioni segrete di
volta in un candido velo, nell'atto di aprire ta- Iniziati, nelle quali si trattavano argomenti di
cita, con le rosee dita, il balcone dell'Oriente. cultura spirituale e di vita Interiore secondo
Nella storia della pittura italiana è celebre principi religiosi dell'oriente indiano, pervenu-
l'Aurora di Guido Reni (111, 640; IV, 9, 160, 700- ti In Grecia e poi In Roma dal frequenti con-
702; V, 71-73; VII, 31-32, 6B7; IX. 55B-559; X, tatti con l'Egitto e la Fenicia. Del duplice cul-
313; Xl, 1-2, 22B-230, 260; Xli, 99-100). to di Bacco. splendidamente maturato nel pen-
Auruncl: popolo del Lazio meridionale che si siero ellenico, ebbe origine il teatro greco del-
schiera contro i Troianl, parte al comando di la • Tragedia • e della • Commedia •. Di Dio-
Aleso (VII, B36), parte agli ordini di Turno niso si narra che, perseguitato da Giunone,
(VII, 913). sia andato nell'India e quindi in Egitto; e che
abbia insegnato agli uomini la coltivazione
Ausonia: nome usato dai Greci, prima per della vite e Il commercio. Sarebbe sceso an-
Indicare popolazioni dell'Italia centrale, poi che all'Averno, a liberare la madre Sèmele
tutte le popolazioni italiche indipendenti dal- per accompagnarla egli stesso aii'OIImpo ed
l'influenza greca; più tardi il nome divenne avrebbe, In forma di leone, combattuto con-
soltanto di uso letterario o poetico per indi- tro l Giganti. Era raffigurato come un giovane
care l'intera penisola (Il l, 211, 469, 609; VII. bellissimo, con in mano Il tirso e sul capo una
3B3; x. 69). corona d'edera e di pampini, sopra un carro
Austro: detto anche Noto: vento del mezzo- trainato da tigri, pantere e linci, con l'aspetto
giorno, procelloso e apportatore di pioggia costantemente lieto di una divina serenità,
(V, BOB); sospinse Il naufrago Palinuro sulle seguito da un corteo di donne danzanti e di
coste d'Italia (VI, 442-451 ). Satirl. Influenze orientali, soprattutto frigie,
Automedonte: devasta con Pirro la reggia di deteriorarono il suo culto, e le feste divenne-
Priamo (Il ,5B7). ro chiassose e disordinate. Virgilio ricorda il
suo culto a Nasso, quando Enea passa accan-
Avalla: città dell'lrplnia, che sorgeva nel to all'isola, dopo aver lasciato Il porto di Or-
territorio dell'attuale comune omonimo, in tlgla (111, 154-155); e paragona Didone folle
provincia di Avellino. Virgilio ne ricorda la d'amore alla Menade nel colmo della festa
notorietà come produttrice di mele e, con Eba- che si celebra ogni tre anni in onore del dio
lo, alleata di Turno (VII, B52-B53). sul monte Citerone (IV, 354-359); lo invoca Di-
Aventino: 1) uno dei sette colli di Roma. done all'inizio del convito, al quale ha invitato
Caco In questo colle aveva Il suo antro (VIli, i Troiani (1, B6B-B74), e con l'epiteto • Lieo •
221-224); 2) eroe dell'antichità latina, favoleg- per ottenere che Enea si trattenga a Cartagl-
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Dizionario dei nomi e dei luoghi 51 9
ne (IV, 71-75); Il suo culto è oggetto di ma- del fenicio • Bosra •, corrisponde al latino
nifestazioni smodate, come le processioni di • arx • e al nostro • rocca •. Il greco • byr-
Elena, narrate da Deifobo nell'Erebo a Enea sa • significa però anche pelle di bue, e da
(VI, 633-642) e di Amata (VII, 437-462). questo suo significato sarebbe nata la leggen-
Baia: stazione termale presso Cuma, famo- da, secondo la quale Didone, sbarcata sulla
sa per la sontuosità delle sue ville, costruite- costa africana, avrebbe chiesto al re del luo-
vi dai ricchi romani specialmente nel primo go, !arba, tanto terreno quanto ne potesse co-
secolo a. C. Le ville erano di preferenza eret- prire una pelle di bue. Accolta la sua richie-
te su terreno costruito artificiosamente sul sta, Didone avrebbe ridotto la pelle in strisce
mare, e Virgilio paragona alla caduta dei mas- sottilissime, con le quali avrebbe delimitato il
si nell'acqua quella del gigante Bizia atterrato territorio della nuova città, donde il suo nome
da Turno (IX, 856-865). di Byrsa o Birsa (l, 427-429).
Barce: nutrice di Sicheo che, nonostante Blzia: 1l cartaginese che partecipa al ban-
l'età avanzata, volle seguire Didone a Carta- chetto offerto da Didone in onore di Enea e
gine. Didone l'allontana dandole l'incarico di dei Troiani, e quando la regina, dopo aver li-
andare a chiamare la sorella Anna (IV, 762-764). bato a Giove in onore dell'ospite, gli offre la
Barcei: tribù di nomadi del deserto africano coppa incoraggiandolo a bere, egli la vuota
che fanno incursioni frequenti nel territorio di a gran sorsi (1, 875-879); 2) troiano, figlio di
Cartagine. Sono nominati da Anna per indurre Alcanoro e fratello di Pandaro. Di statura gi-
Didone a sposare Enea e fare di lui un ottimo gantesca e forte, cresciuto libero e fiero sulle
difensore della città (IV, 54-55). pendici del monte Ida, apre la porta dell'ac-
Battriana: regione dell'Asia (attuale Afgha- campamento, della quale, con il fratello, era
nistan settentrionale) con capitale Bactra (o- custode e difensore, e invita i Rutuli a entra-
dierna Balkh). Già satrapia persiana, conqui- re nel campo. Di essi fa ampia e orrenda stra-
stata da Alessandro Magno nel 329 a. C., co- ge, ma Turno, accorso a porre rimedio a quan-
lonia e regno ellenistico, poi invasa dagli Un- to stava accadendo, lo uccide (IX, 815-864);
ni e infine dagli Arabi, che vi introdussero Turno, nel consiglio convocato da Latino, ri-
l'islamismo (VIli, 800). spondendo alle accuse e alle offese di Drance,
Batulo: città campana governata da Ebalo, si vanta di averlo ucciso (Xl, 493).
ma è incerto il luogo dove sorgesse (VII, Boia: città latina degli Equi, presso Preneste
850-851). e l'attuale Zagarolo (VI, 934).
Bebrici: popolo che abitava sulla costa me- Bora o Borea: v. Aquilone.
ridionale del Mar Nero, che poi fu chiamata Briareo: figlio di Urano e di Gea, è un Gi-
Bitinia. Vi era re Amico, pugilatore di rara gante dalle cento braccia. Enea lo incontra nel
potenza (V, 396) (v. Amico, 1). vestibolo dell'oltretomba, proprio all'entrata
Belide: patronimico da Belo, re d'Egitto, an- dell'Orco (VI, 361-362); gli è paragonato Enea
tenato di Palamede (Il, 104). che infuria tra i nemici, dopo la morte di Pal-
Bellona: divinità romana della guerra. sorel- lante, come avesse cento braccia (X, 715-720).
la e sposa di Marte. Aveva un tempio in Cam- Bronte: uno del Ciclopi che lavorano nel-
po Marzio, dove l Romani ricevevano gli am- l'officina di Vulcano (VIli, 495). ~ figlio di
basciatori stranieri e i generali reduci da guer- Urano e di Gea, e lo stesso suo nome lo in-
re vittoriose. In questo tempio c'era una co- dica come la personificazione del Tuono.
lonna, presso .la quale i feciali gettavano la Bruto: Lucio Giunio Bruto che, dopo aver
lancia in segno di dichiarazione di guerra. Giu- sobillato il popolo romano contro la monar-
none, che vuoi provocare una guerra cruenta chia, cacciò dalla città, in collaborazione con
tra i Latini e Troiani, la definisce pronuba Collatino, Tarquinlo il Superbo, creò la repub-
delle nozze di Lavinia, che saranno funestate blica e ne fu con il collega il primo console.
dal sangue (VII. 367). ~ effigiata sullo scudo Lo indica ad Enea, il padre Anchise nei Campi
di Enea (VIli, 817). Elisi, tra"le anime destinate a ritornare sulla
Belo: 1) re di Sidone e padre della regina terra (VI, 986-987).
di Cartagine, Didone (1, 725-726); 2) v. Belide. Bute: 1) scudiero di Anchise, Enea gli affi-
Benaco: personificazione del lago di Garda, da la custodia di Ascanio. Apollo prende le
ricordato come padre del fiume Mincio suo sue sembianza quando scende dal cielo ad
emissario (X, 266-267). esortare Ascanio ad essere prudente e a non
Berecinto: monte della Frigia sacro a Cibe- partecipare alle azioni di guerra (IX, 785-788);
le, detta perciò Berecinzia (VI, 944; IX, 102, è ucciso da Camilla (Xl, 851-855); 2) troiano,
753). un pugile valente che si vantava di discendere
Bereclnzla: Cibele, v. Berecinto. da Amico, re dei Berecinti, ma che nei ludi
Beroe: donna troiana, moglie di Doriclo. un funebri in onore di Anchise, fu vinto da Da-
trace nativo di Tmaro che viveva in Troia, rete (V, 395-497).
• un tempo famosa per stirpe, per nome, per Butroto: città della Caonia, neii'Epiro, al
figli •. Iride ne assume l'aspetto per indurre confine meridionale dell'Albania (oggi Butrin-
le donne troiane ad Incendiare le navi di Si- to), presso il lago di Vivari di fronte a Corfù;
cilia (V, 651-656); la vecchia Pirgo s'accorge vi sbarcarono i Troiani dopo essersi allontanati
che non è Beroe (V, 681-689). dalle isole Strofadi abitati dalle Arpie. Note-
Blrsa: dal greco • byrsa •, che è corruzione voli rovine, come l'Acropoli, un teatro, le nuo-
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520 Dizionario dei nomi e dei luoghi
ve • Porte Scee • (111, 428), un pavimento delle volere dell'oracolo, l cittadini vollero prosciu-
terme, ed alcune statue sono state tratte alla gare la palude che circondava la città; e i
luce da una missione archeologica italiana nemici, secondo una leggenda, avendo la pos-
tra il 1924 e il 1928, le quali hanno rivelato sibilità di passare su terreno asciutto, la pre-
l'esistenza di tre città sovrapposte: una ame- sero e la distrussero [111, 851).
rica, l'altra del 111 secolo a. C., la terza del- Camarta: figlio di Volcente, re di Amicla e
l'età romana. A Butroto Enea incontra Andro- Il più ricco proprietario terrlero della penisola,
maca e Eleno, melanconlcl e già av~tnzati in combatte contro l Trolanl, alleato di Turno [X,
età, l quali hanno tentato di rlcostrblre In 711-714); Gluturna prende il suo aspetto e la
quel luogo la patria perduta, Troia, con l'Illu- sua andatura per eccitare l'animo degli lta-
soria potenza creativa del nomi (111, 360-375 llcl e, nonostante i patti conclusi e il giura·
e 605-620). mente solennemente pronunciato, impedire Il
duello tra Enea e Turno [Xli, 287-309).
Ceco: figura mostruosa, mezzo uomo e mez- Camilla: personaggio creato da Virgilio e
zo fiera, della mitologia romana antica, vive- Immaginata figlia di Metabo, re di Priverno,
va In un antro del colle Aventino e terroriz- una città del Volsci. Cacciato dal suo regno,
zava l paesi circostanti con uccisioni e rube- Metabo porta con sé la figlia ancora bambina.
ria. Fu ucciso da Ercole, a cui il mostro aveva la salva fuggendo ai suoi Inseguitori, la con-
rubato parte dell'armento, ch'egli aveva tolto sacra a Diana e la alleva nei boschi vivendo
a Gerlone, in Spagna, mentre si riposava, o- di caccia e frutta selvatiche. la giovane cre-
spite di Evandro, nel viaggio di ritorno In pa- sce come una Amazzone, e quando Turno
tria. l'episodio è raccontato da Evandro ad scende In guerra contro Enea, si pone al suo
Enea, recatosi a Pallanteo, proprio il giorno fianco. Ne racconta la storia Diana (Xl, 660-
in cui si svolge sull'Ara Massima, apposita- 734); è presentata per ultima nella rassegna
mente eretta, Il rito annuale di riconoscenza delle genti ltaliche [VII, 922-938); Turno dice
ad Ercole, liberatore del luogo dal mostro che nel consiglio convocato da latino che fra gli
lo desolava (VIli, 114-116; 210-320). alleati c'è anche Camilla [Xl, 537-539); Ca-
Cafareo: promontorio dell'Isola Eubea meri- milla Incontra Turno, che scendP. dalla rocca
dionale, di fronte al quale naufragò la flotta di laurento, dinanzi alle porte e gli chiede
di Aiace d'OIIeo nel viaggio di ritorno dalla di assegnarle l'attacco alla cavalleria etrusca
guerra di Troia (Xl, 324-325). [Xl, 619-627).
Caìco: trolano, comandante e timoniere di Camillo: Marco Furio Camillo, nominato dit-
una delle navi disperse dalla tempesta ~1. tatore nel 390 a. C., ritolse al Galli le insegne
217); dà per primo l'allarme dell'appressarsi perdute dai Romani nella battaglia del fiume
di Turno al campo troiano (IX, 43-44). Allia. Passò alla storia come secondo fonda-
Calata: nutrice di Enea, che, invece di ri- tore di Roma. Anchise lo Indica ad Enea nei
manere In Sicilia con le altre donne, volle se- Campi Elisi tra le anime destinate a ritornare
guire il suo pupillo Insieme a poche altre; sulla terra [VI, 996-997).
mori e fu sepolta sulla costa del Tirreno, che Campi del Pianto: luogo dell'Averno riser-
dal suo nome fu poi chiamata Gaeta (VII, 1-6; vato a coloro che morirono travolti da una
VI, 1090) .. passione d'amore violenta. Son protetti da una
Calcante: figlio di Testore e sacerdote, al selva di mirti e nemmeno nella morte trovano
seguito, quale indovino, dell'esercito greco requie al loro dolore. Enea vi Ìncontra Fedra,
nella guerra di Troia, è da Sinone ricordato Procrl, Erlfile, laodamla, Pasife, Evadne, Ce-
per awalorare le sue false notizie [Il, 126, 155, neo e Infine Didone [VI, 552-563).
219, 227, 238). -campi Elisi: regione dell'Averno riservata
Cale: città della Campania, l'attuale Calvi, al buoni; vi scorre Il lete e le anime sono
sulle pendlcl del Massico, i cui guerrieri al- felici. Anchise, dopo la sciagura delle navi
leati di Turno, sono agli ordini di Aleso [VII, bruciate dalle donne troiane, appare a Enea,
838). lo conforta a raggiungere l'Italia e, prima, a
Celibe: vecchia sacerdotessa del tempio di discendere nelle dimore infernali di Dite, fino
Giunone, di cui Aletto assume le sembianza al Campi Elisi, dove egli dimora [V, 775-776);
per compiere la sua opera provocatrice contro la Slbilla Indica ad Enea la strad.a-.chl:i devo-
i Troiani. Qui è la volta di Turno [VII, 477). no seguire per andare all'Eliso [VI, 669-670);
Calidona: città deii'Etolia, presso l'attuale la Sibilla ed Enea, affisso Il ramoscello d'oro
Missolungi, che Diana punl mandando, con Il sulla porta della reggia di Proserpina, entrano
consenso di Giove, un cinghiale a devastarle nel luogo felice che è soggiorno dei beati [VI,
Il territorio, perché Eneo, suo re, non le aveva 784-1088).
offerto l consueti sacrifici [VII, 353); è anche Campidoglio: il colle Capitolino, sul quale
patria di Dlomede, alla quale l Celesti non sorgevano Il tempio di Giove Ottimo Massimo,
vollero che, dopo la guerra di Troia, egli ri- di Giunone e di Minerva, a cui salivano per-
tornasse [Xl, 335-338). correndo la via dei trionfi i generali vincitori
Calliope: una delle nove Muse e, in parti- [VI, 1009-1011); Evandro indica ad Enea il col-
colare, la Musa della poesia epica [IX. 236). le • allora intrlcato forteto • senza nome, dice
Camerina: città In provincia di Ragusa, sul- Virgilio, ora • tutto d'oro • [VIli, 404-405); è
la costa meridionale della Sicilia. Contro Il ricordato sullo scudo di Enea (VIli, 760); è da
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Dizionario dei nomi e dei luoghi .52 1
Virgilio assunto come simbolo di civiltà, e &t- verno, ambedue i mostri: Cariddi e Scilla (VI,
ferma che il sacrificio di Eurialo e Niso sarà 361); Giunone, quando vede l Troiani sbarcati
glorificato fino a quando su quel colle abiterà alle foci del Tevere, nomina anche Cariddi
la discendenza di Enea {IX, 542-547). fra gli strumenti Inutili del suo odio (VII, 348).
Campo Marzio: nel primi secoli di Roma, Carina: Il quartiere più sontuoso di Roma
una pianura erbosa lungo il Tevere consacra- augustea suii'Esquilino (San Pietro in Vincoli)
ta a Marte, dove la gioventù si addestrava ad e la valle attigua. Tra gli splendidi edifici si
esercizi fisici e militari e vi si tenevano l ammirava anche la casa di Pompeo. L'origine
• Comitia centuriata •. Ottaviano Augusto vi del nome è Incerta, ma si presume che deri-
fece costruire Il proprio Mausoleo, nel quale vasse dalla forma dei tetti, simili alla carena
fu sepolto per primo Marcello (VI, 1056-1057). di una nave (VIli, 420).
Caone: forse figlio di Priamo e fratello di Carmanto: divinità italica, amata da Mercu-
Eleno o semplicemente amico di Eleno, che ha rio e madre di Evandro. In Roma le era dedi-
voluto onorare Il fratello, o l'amico, chiaman· cato un tempio presso la porta Carmentale,
do Caonla la terra sulla quale egli regnò do· dalla quale si accedeva al Campidoglio. Do-
po la morte di Pirro, figlio di Achille (Ili, 411). tata di spirito profetlco, Carmenta predisse
Caonia: regione settentrionale deli'Epiro, per prima la grandezza di Roma (VIli, 392,
con capitale ButrotO, che Eleno alla morte di 395).
Plrro, di cui era schiavo, ebbe In sorte e chia· Caronte: Il nocchlero che, sopra una barca,
mò Caonia (v. Caone) (111, 410). accompagnava i morti nell'oltretomba, rlce-
Caos: l'ammassò della materia informe che vendone una piccola moneta (VI, 375-382). In
precedette Il Cosmo, regolato da leggi preci· realtà non si trattava del danaro necessario
se (IV, 617; VI, 333). per il viaggio, ma la moneta veniva quasi con-
Capena: città dell'Etruria, sulla destra del siderata un risarcimento dovuto al morto il
Tevere, al piedi del Soratte. Fondata dal Vei, cui patrimonio non poteva giuridicamente es-
è ricordata nelle prime guerre romane in E· sere ereditato se il defunto era Immortale.
trurla. Da essa prese il nome una porta di Caronte può trasportare soltanto i morti le
Roma. Nella guerra contro Enea, la città si cui ossa riposino nella tomba (VI, 406-413);
è schierata con Messapo dalla parte di Turno Caronte rifiuta di trasportare Enea su li 'altra
(VII, 800). riva dell'Acheronte (VI, 480-494); la sacerdo-
Capi: 1) troiano, compagno di Enea, noc- tessa Interviene e il cuore di Caronte, gonfio
chlero e comandante di una delle tre navi che d'Ira, si mette in pace (VI, 496-509).
si sono arenate nelle Sirti (1, 217); egli ed al- Cartagine: città fondata verso 1'840 a. C. da
tri si accorgono che il cavallo, dono dei Greci. nobili fenici di Tiro, costretti ad esulare, nel
nasconde un Insidioso Inganno, e chiedono territorio del Numidi sulla costa mediterranea
che sia gettato nel mare o incendiato (Il, 49· dell'Africa, di fronte alla Sicilia, corrisponden-
52); In guerra uccide Priverno (IX, 698-699); te all'odierna Tunisia, e condottivi, secondo la
ha fondato la città campana di Capua (X, leggenda, da Didone (v. Blrsa). Virgilio, al
186-187); 2) uno dei re di Alba Longa indicati quale Interessava fondere Insieme le due leg-
nell'Eliso ad Enea dal padre Anchise (VI, 926). gende di Enea e di Didone, allo scopo di far
Capretti: costellazione che compare nel cie· risalire a tempi lontanissimi il motivo della
lo verso la metà di ottobre e segna l'Inizio lotta mortale fra Cartagine e Roma, ne fa ri-
delle piogge autunnali (1, 810). salire la fondazione al Xli secolo a. C. (1, 17-
Capri: isola del golfo di Napoli, su cui re· 43); dall'alto di un colle Enea ammira i pa-
gnava Telone, Il cui figlio Ebalo partecipò, al- lazzi, le porte, Il lastrico delle vie di Cartagi-
leato di Turno, alla guerra contro i Troiani con ne e la febbre di costruzione di cui è pervasa
guerrieri tratti dalle popolazioni del vasto ter- la città (l, 485-498); Didone vorrebbe che i
ritorio, ch'egli, non contento dei domini pa- Troiani si fermassero nel suo regno (l, 668-
terni, aveva conquistato nella Campania lVIII, 671); la partenza di Enea da Cartagine e la
844·855). conseguente morte di Didone sono le cause
Capua: v. Capi, 1. della Implacabile ostilità di Cartagine a Ro-
Cari: abitanti della Caria, regione a Sud- ma (IV, 750-760; X, 16-21).
Ovest dell'Asia Minore, confinante a Nord con Casmllla: la madre di Camilla (Xl, 671).
la Lidia, a Est con la Frigia e la Licia, a Ovest Caspio: la terra meotica e l regni del Ca-
col mare Egeo, a Sud col mare • Carpatium •. spio tramarono fin dalle età più antic~e per
All'epoca romana dipendeva dalla provincia la futura potenza di Roma (VI, 962-963).
d'Asia. Vulcano li ha raffigurati con altri po- Cassandra: la più bella delle figlie di Pria-
poli sullo scudo di Enea (VIli, 842). mo, sacerdotessa di Apollo che, innamorato
Cariddi: mostruosa figlia di Nettuno e della di lei, la dotò di virtù profetiche; ma non
Terra, che avendo rapito a Ercole i buoi di Ge- avendo mantenuta essa la promessa di spo-
rlone, fu punita da Giove col fulmine e, preci- sarlo, Il dio Irato la condannò a non essere
pitata in mare, trasformata in vortice che, ·creduta, come ne rievoca la sua figura il Fo-
nello stretto di Messina, di fronte a Scilla, scolo alla fine del • Sepolcri • (Il, 307-309);
travolgeva e inghiottiva tutte le navi che si Corebo, suo promesso sposo (Il, 425-430), non
awiclnavano (111, 513-516; 684-686, 832); con sopporta la vista che Cassandra sia tratta dal
• Scilla biformi • indica, nel vestibolo dell'A- tempio a forza e vilipesa (Il, 498-504) e si
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5 22 Dizionario dei nomi e dei luoghi
scaglia tra l nemici, ma cade alla fine per Ceculo: re e fondatore di Preneste (oggi
mano di Pene leo sull'altare di Minerva (Il, Palestrina) che la tradizione diceva figlio di
525-526); Iride inganna le donne troiane e le Vulcano, perché esposto dalla madre presso
spinge ad incendiare le navi affermando d'a- il tempio di Giove, e da fanciulle, che si reca-
ver visto nel sonno Cassandra che le porgeva vano ad attingere acqua, trovato sul focolare.
fiaccole accese mentre diceva che la loro ca- Conduce contro i Troiani i montanari del mon-
sa è la terra fraterna..d'Erice (V, 671-674). ti Prenestini ed Ernici (VII, 779-792); X, 686-
Castore: 1) v. Dioscuri; 2) trolano che di- 688).
fende strenuamente l'accampamento insieme Cedlco: ricco italico ricordato da Virgilio
con Timete, Asio, i due Assaraci e il vecchio per la bella cintura che Eurialo prese al rutu-
Timbri (X, 162-164). lo Ramnete (IX, 439-443); uccide Alcatoo nella
Catilina: lucio Sergio Catilina che, secondo battaglia sulla costa (X, 938).
Sallustio e Cicerone, sarebbe stato il tipo ca- Celenne: città della Campania, i cui guer-
ratteristico dell'avventuriero privo di scrupoli rieri, comandati da Ebalo, accorrono a com-
e ambizioso. Per procurarsi ricchezza e pote- battere contro i Troiani (VII, 852).
re politico, avrebbe ordito una congiura che Celano: regina delle Arpie, che predice ai
fu sventata da Cicerone. Fuggito da Roma, Trolanl l'arrivo In Italia, ma tormentati da
Catilina si ritirò in Etruria, dove Caio Manlio tanta fame che mangeranno anche le mense
aveva per lui raccolto un piccolo esercito, e (Ili, 262 e 306-320).
là morì Il 62 a. C. combattendo sulla monta- Ceneo: 1) strana figura mitologica; bellissi-
gna Pistoiese contro Il legato consolare Marco ma fanciulla, amata da Nettuno, ottenne dal
Petreio. Sullo scudo di Enea è effigiato il sup- dio di essere trasformata in uomo, e come
plizio inflittogli nel Tartaro (VIli, 777-778). tale partecipò alla lotta tra lapiti e Centauri,
Catlllo: figlio di Anfiarao. fratello gemello durante la quale fu uccisa. Con la morte ri-
di Cora e fratello di Tiburto, fondatore di Ti- tornò donna ed Enea la vede nei Campi del
voli, prese parte con Cora alla guerra contro Pianto (VI, 559-561 ); 2) Troiano che durante
i Troianl con una schiera di Tiburtini (VII, 770- l'assalto dei Rutuli al campo uccide Ortigio,
778); a lui, a Cora e a Messapo Turno affida ma a sua volta è ucciso da Turno (IX, 695-
la difesa di laurento (Xl, 578-582 e 642-644); 696).
Catillo e Cora, Insieme con Messapo e Ca- Centauri: esseri mostruosi che. nati da ls-
milla, affrontano l cavalieri etruschi e arcadi sione e da Nefele (nuvola), nella· parte supe-
(Xl, 745-747); abbatte lolla ed Erminio (Xl, riore del corpo avevano forma umana, nel-
731-732). l'inferiore forma equina. la loro origine e il
Catone: 1) Marco Porcio Catone il Censo- loro significato sono sconosciuti; probabilmen-
re: comandante militare, uomo politico, ora- te non sono un prodotto della fantasia greca,
tore, storico e scrittore, egli si servì soltanto ma orientale. Enea li incontra nel vestibo!o
della lingua latina, contrariamente a molti au- dell'Ade, che bivaccano sulle porte (VI, 359-
tori latini che scrivevano in greco. Contribuì 361); li sente ricordare dai sacerdoti Salii nel
cosl non solo alla creazione della lingua lati- canto celebrativo di Ercole, che tra le fatiche
na, ma fu anche il vero fondatore dello stile impostagli da Euristeo per volere divino ha
prosastico. Come uomo politico fu avversario compiuto anche quella di abbattere i centauri
degli Scipioni che sollecitavano il diffondersi Ileo e Folo (VIli, 341-342).
della cultura greca, e il grande avversario di Centauro: nome di due navi: quella del Tro-
Cartagine, di cui vedeva costantemente il pe- iano Sergesto che partecipa alle gare dei ludi
ricolo. Enea lo vede nell'Eliso tra le anime funebri in onore di Anchise (V, 132, 168); e
destinate a ritornare nel mondo dei vivi (VI, quella del ligure Cupavone che fa parte della
1006); 2) Marco Porcia Catone, I'Uticense: flotta degli Etruschi alleati dei Troiani (X, 252).
pronipote del precedente, repubblicano puro, Ceo: figlio della Terra e di Titano, fratello
dopo la battaglia di Tapso si uccise a Utica, della Fama e di Encelado, e padre di latona.
sulla costa africana a nord-ovest di Cartagine, Partecipò con l Tltani alla guerra contro Giove,
quando nel 46 a. C. Giulio Cesare fu creato Il quale gli scaraventò addosso un'isola delle
dittatore a vita e onorato come padre della Cicladl, la più occidentale, di fronte a Capo
patria. f: raffigurato sullo scudo di Enea come Sunio, chiamata poi Ceo; la madre Terra lo
esempio del buon cittadino (VIli, 779) che dà vendicò creando la Fama (IV, 215-217).
leggi ai giusti. Ceraunl: monti deii'Epiro settentrionale, sul-
Caucaso: aspra catena montuosa tra il Mar la costa albanese, dalla baia di Valona fino
Nero e il Mar Caspio. Didone afferma che all'attuale confine dell'Albania con la Grecia
Enea per la sua crudeltà (le ha comunicato (Ili, 621).
che Mercurio, mandato da Giove, gli ha im- Cerbero: mostro Infernale, la cui forma è
posto di partire per l'Italia) non è figlio di quella di un cane con tre teste, posto a cu-
una dea, ma è nato tra le rupi del Caucaso stodia dell'entrata dell'Averno. Il mostro vor-
(IV, 434-436). rebbe impedire l'ingresso ad Enea, ma la Si-
Caulone: rocca di Caulone è Caulonia, una bilia lo addormenta gettandogli una focaccia
colonia della Magna Grecia, sulla costa Io- appositamente preparata, ed Enea può conti-
nica, che tuttora esiste con lo stesso nome nuare Il suo viaggio nel mondo dei morti (VI,
In provincia di Reggio Calabria (111, 678). 520-531); Ercole lo aveva Incatenato e portato
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a Eurlsteo e quindi rlcondotto nell'Averno (VI, glata sullo scudo di Turno (VII, 902-905), e
491-493; VIli, 344-347). sulla fiancata della nave di Gia, detta perciò
Cere: città etrusca, l'attuale Cerveteri, che Chimera, che partecipa alla regata del ludi fu-
1 Greci chiavano Agylla. Ne era re Mesenzio, nebri In onore di Anchlse (V, 128-265).
ma per la sua tirannia fu cacciato e si rifugiò Chiusi: città etrusca alleata di Enea (l'odier-
ad Ardea presso Turno. Cere e le altre città na Chiusi in provincia di Siena), che agli or-
etrusche si preparavano a muovere guerra a dini di Massico ha inviato, insieme con Cosa,
Turno, ma per consiglio dell'oracolo, l'esercito un migliaio di armati a combattere contro Tur-
doveva essere guidato da uno straniero. Ac- no (X, 220-221). Anche Osinio era di Chiusi
colsero perciò l'alleanza di Enea e combatte- (X, 824).
rono a fianco del Trolanl. Mesenzio, quando Clcladi: arcipelago del mare Egeo (111, 157;
fu cacciato da Cere, fu seguito dal figlio Lau- VIli, 804-805).
so e da mille uomini (VII, 747); Cere, ora Cer- Ciclopi: figli di Urano e di Gea, sono perso-
veteri, è costruita a circa 30 km. da Roma so- naggi leggendari con un solo occhio rotondo
pra un'altura In forma di fortezza, circondata in mezzo alla fronte. Così dice letteralmente
da mura ciclopiche (VIli. 557-558 e 697; X, anche il nome: occhi tondi. Omero li descrive
238). come giganti antropofagi, che esercitano la
Cerare: una delle grandi divinità latine, la pastorizia, ma privi di ogni civiltà, anche ele-
dea delle biade, dell'agricoltura, della civiltà. mentare. Più tardi furono considerati fab-
Immaginata figlia di Saturno e di Rea, benché bri di Vulcano, e la loro dimora divenne l'Etna
avesse notevoli somiglianze con il mito gre- o Vulcano, dove avevano l'officina nella quale
co di Demetra, assunse caratteri larghi e pro- costruivano l fulmini a Giove. Enea racconta
fondi dall'Indole e dalla vita del Lazio. Aveva, lo sbarco nell'Isola dei Ciclopi (la Sicilia) e
con altre divinità, un tempio sull'Aventino che l'Incontro con Achemenide (111, 695-696 e 719-
Il popolo romano prediligeva. Venerata anche 745); Achemenide racconta come Ulisse e l
fii Troia, aveva un tempio sopra un colle ap- suoi compagni, fuggendo In tutta fretta, lo ab-
pena fuori città (Il, 864-866); è Invocata da biano lasciato in balia dei Ciclopi, del quali
Didone e da Anna con un sacrificio di pecore egli narra le abitudini orrende, e chiede di es-
scelte (IV, 71-73). serne liberato (111, 752-798); Enea e i suoi
Cesare: nome con Il quale Virgilio Indica compagni vedono Polifemo e si affrettano a
Cesare Ottaviano Augusto, figlio di Gaio Otta- fuggire; poi vedono anche gli altri Ciclopi
viano e di Azia, figlia di Giulia, sorella di Calo chiamati fuori dal boschi da Polifemo (111,
Giulio Cesare. Nato a Roma nel 63 a. C., fu 800-827); l Ciclopi hanno costruito le mura
dallo zio adottato come figlio (VI, 951 e VIli, della reggia di Proserpina (VI, 776-779); Enea
728, con allusione - • la stella familiare • - rlncuora l compagni ricordando lo sbarco nel-
a Caio Giulio Cesare, e VIli, 829, 836). Trium- l'isola dei Ciclopi, dalla quale sono ripartiti
vlro con Antonio e Lepido, dopo la battaglia incolumi (1, 237-238); paragona le caverne del-
d'Azio (31 a. C.), nella quale sconfisse An- l'Isola di Vulcano a quelle dell'Etna, bruciate
tonio e Cleopatra, rimase l'unico arbitro del dalle fucine dei Ciclopi fVIII, 487-490).
vasto impero e accentrò In sé tutti l poteri cl- Cigno: padre di Cupavone, il comandante
vili e religiosi. Il suo governo fu saggio e fe- dei Llgurl alleati di Enea e della nave che li
lici furono le sue spedizioni militari, Intrapre- trasporta (X, 240-243). Cigno, re dei 'liguri,
se per conservare l'Integrità dei domini di grande amico di Fetonte, ne pianse tanto la
Roma e la pace ch'egli aveva proclamato do- morte che Apollo ne ebbe compassione e lo
po la vittoria su Antonio. In tal senso è ricor- mutò in cigno (X, 244-250).
dato da Giove nel colloquio con Venere (1, Cillene: monte dell'Arcadia, sulla cui vetta
333-338). Dopo l'assassinio dello zio, divenu- Maia diede alla luce Mercurio, che perciò è
tone per testamento l'erede, ne assunse anche detto anche Cillenio. r: l'attuale monte Killini
Il nome e divenne Calo Giulio C.esare Otta- (VIli, 156-157).
viano. Per decreto del Senato, nel 26 a. C. fu
salutato anche Augusto, titolo onorifico che Cimino: la regione del monte e del lago Ci-
lo designava alla pubblica venerazione. mino (oggi lago di Vico), in provincia di Viter-
Cesto: una specie di grosso guanto fatto bo, che allora si era schierata agli ordini di
di strlscie di cuoio, in cui erano cuciti pezzi Messapo contro l Trolanl (VII, 799).
di ferro, per Il pugilato (V, 78). Cimodoce: Nereide del corteo di Nettuno,
Cetego: guerriero rutulo ucciso da Enea che Insieme con le sorelle, Immani cetacei e
(Xli, 650). veloci Trltonl, accompagna e favorisce la na-
Chimera: mostro col petto e la testa di leo- vigazione della flottiglia di Enea (V, 873).
ne, ventre di capra e coda di drago. Vomitava Clmodocea: una delle ninfe, In cui erano
fuoco e fu vinta da Bellerofonte con l'aiuto del state prodigiosamente tramutate le navi tra-
cavallo alato Pegaso. Mito tellurico, di facile lane che Turno aveva tentato d'incendiare, e
trasparenza a significare il vulcano con il fuo- che si era recata con le sue compagne ad In-
co sulla vetta, l'arida schiena e le falde ver- contrare Enea In viaggio con la flottiglia etru-
degglantl di vegetazione. Enea la vede all'In- sca da Cere alla foce del Tevere. Cimodocea,
gresso dell'Averno Insieme con altri mostri • di tutte la più eloquente •, gli rivela l peri-
(VI, 362-363); la sua figura mostruosa è effi- coli che corrono i Trolani assediati ed, esor-
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524 Dizionario dei nomi e dei luoghi
tandolo ad affrontare Il ritorno, spinge con le Clauso: capo del Sablnl e capostipite della
compagne la nave (X, 292-322). famiglia romana dei Claudl (gens Claudia). Si
Clmotoe: Nerelde che disincaglia tre navi allea con Turno e al suo comando si pongono
trolane Immobilizzate nella scogliera (Are) da- i guerrieri di molte località della Sabina (VII.
vanti al porto di Cartagine (1, 172-174). 810-831: x. 439-442).
Cincinnato: Lucio Quinzio Serrano, detto Clelia: figura leggendaria di fanciulla patri-
Cincinnato, cioè • dal capelli ricciuti •. eroe zia che, data In ostaggio al re etrusco Porsen-
romano del V secolo a. C., rappresentò per il na, Insieme con altre compagne, fuggi attra-
popolo dell'Urbe Il prototipo del romano anti- versando a nuoto il Tevere. l cittadini, ligi
co, che ad un tempo era contadino, uomo di alla parola data, la restituirono, ma Porsenna
stato e soldato. Secondo la nota leggenda, la- le concesse la libertà. la sua figura appare
sciò nel 458 l'aratro per assumere il comando sullo scudo di Enea (VIli, 757-758).
delle legioni e liberare un esercito romano as- Cleopatra: regina d'Egitto, diventata moglie
sediato dagli Equi. Anchise lo Indica ad Enea di Antonio, è effigiata sullo scudo di Enea alla
nel Campi Elisi come una delle anime desti- battaglia d'Azio (VIli, 810-811).
nate a ritornare sulla terra per una seconda
vita (VI, 1020). Clltennestra: la moglie di Agamennone che
Cinto: monte dell'isola di Dalo. ove Diana uccise il marito al ritorno da Troia con la com-
plicità di Egisto, e VIrgilio paragona Didone.
era particolarmente venerata (1, 5801: latona
vi diede alla luce Apollo e Diana (IV, 175-181). invasata dalle Furie e vinta dal dolore, sicura
di morire, a Oreste, Il figlio di Agamennone,
Cipro: grande Isola del Mediterraneo orien-
tale, sacra al culto di Venera che nelle città che fugge la madre armata di fiaccole e neri
serpenti. Oreste, fattosi adulto, per vendicare
di Amatunta, Idalio e Pafo. aveva santuari noti
in tutto Il Mediterraneo. Secondo Il mito, Ve- Il padre uccide poi la madre, ma viene perse-
guitato dalle Furie, simbolo del rimorso, dalle
nere sarebbe nata dalla schiuma del mare che
circonda l'isola. Didone ricorda Cipro occupa- quali è liberato da Apollo che lo fa assolvere
da un tribunale di Ateniesi presieduto da Mi-
ta da suo padre Belo (1, 728-729).
nerva. Questo mito destò l'interesse dei gran-
Circe: figlia del Sole (EIIos) e della ninfa di tragici greci Eschilo, Sofocle, Euripide: a
Perse, maga fiera e crudele, incantatrice, se- Roma lo svolse In una tragedia, ora perduta,
condo Il mito abitava un'isola favolosa, Eèa, Pacuvio, Il quale, Imitando le • Eumenidi • di
che si volle poi ldentlflcarP. con un promonto- Eschilo, rappresentò Oreste come lo descrive
rio del Lazio, che da lei fu poi chiamato Cir- Virgilio nei versi del IV canto dal 569 al 672.
cello (l'odierno Circeo). Questa maga, che mu-
tava in animali immondi gli uomini, quando Cllzlo: padre di Acmone di llrneso e di
essi non possedevano la saggezza, può essere Mnesteo, difende con l figli l'accampamento
considerata il simbolo della degradazione a trolano (X, 168). Un altro Clizio, figlio di Eolo
bruti, alla quale al riducono gli stolti che si la- o, come altri traducono il latino • Aeoliden •,
sciano vincere dal piacere del sensi. Elena nativo deii'Eolla, regione costiera della Troa-
predice a Enea che le sue navi, prima di giun- de, è stato precedentemente ucciso da Turno
gere a fondare una città su una terra sicura. (IX, 923).
dovranno vedere tra l'altro anche l'isola di Cloanto: compagno di Enea e comandante
Circe (111, 470): Nettuno salva le navi trolane. di una nave, è stato disperso dalla tempesta
che passano accanto all'isola di Circe, gon- e pianto come annegato (1, 260-262): ma è ri-
fiando le vele di venti favorevoli (VII. 12-291: trovato a Cartagine (1, 591-595 e 718); con la
gli ambasciatori, che Enea ha Inviato a lati- nave Scilla vince il primo premio nella regata
no, ammirano in una sala della reggia, tra le del ludi funebri In onore di Anchise (V, 124-
altre cose, la statua di Pico, Il domatore di ca- 282).
valli, trasformato da Circe In uccello dalle ali Cloreo: trolano, già sacerdote di Cibele, In-
cosparse di colori (VII, 223-226): latino invia dossa splendide armi frigie, e ricche e visto-
In omaggio ad Enea due cavalli della razza ot- se vesti; attira cosi l'attenzione di Camilla,
tenuta dall'Ingegnosa Circe (VII. 325-329). che lo Insegue desiderosa di impadronirsene,
Circeo: v. Circe. e non si awede dell'agguato di Arunte (Xl,
Clsseo (Cisseus): re di Tracla, padre di 949-986); C loreo è poi ucciso da Turno (Xli,
Ecuba moglie di Prlamo. Ricordato come do- 465).
natore ad Anchise della coppa preziosa che Cluente romano: la gena Cluentia, il cui ca-
Enea regala al vecchio Aceste (V, 549-569). postipite è Cloanto (V. 133).
Cltera: v. Citerea. Coclto: fiume nel quale si versa l'Acheron-
Citerea: Venere, dall'isola di Citera (X. 65 te (VI, 373-375).
e 112), oggi Cerigo o Kythera, C:li fronte al Cocllte: figura leggendaria di soldato roma-
Golfo laconico, che vanta la nascita di Ve- no che da solo, quando Porsenna assalì Ro-
nere, come Cipro, dalla spuma del suo mare ma, tenne testa agli Etruschi In capo al ponte
(1, 368). Subllcio, dando così tempo al suoi di abbat-
Clterone: monte della Beozia, presso Tebe, tere il passaggio, per il quale il nemico po-
sul quale ogni tre anni si celebrava una festa teva Invadere la città. La sua figura appare
notturna In onore di Bacco (IV, 354-359). sullo scudo di Enea (VIli, 756).
Claud;': v. Clauso. Collantlne (le rocche): Collatia, città latina
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Dizionario dei nomi e dei luoghi ' 2'
tra Roma e Tivoli e tra la via Prenestina e la gona l'Infelice Didone, errante furiosa per tut-
sinistra deii'Anlene (VI, 933). ta la città, ed una cerva ferita nelle selve di
Cora: città latina a sud di Velletri (VI, 934). Creta (IV, 86-91) e quando racconta che Vene-
Corebo: un Frigio, figlio di Mlgdone. Era re si è recata a raccogliere Il dittamo (Xli,
giunto a Troia da pochi giorni: innamorato di 324-570).
Cassandra, voleva portare aiuto al futuro suo- Creusa: figlia di Prlamo e di Ecuba, moglie
cero e ai Trolanl (VI, 425-430); consiglia di in- di Enea e madre di Ascanio, scomparsa mi-
dossare le armi dei greci uccisi per Ingannare steriosamente, mentre segue il marito, duran-
il nemico (VI, 479-485): non sopporta la vista te la fuga notturna da Troia In fiamme. Vene-
di Cassandra condotta In ceppi dai Greci e si re consiglia Enea di abbandonare Troia e sal-
scaglia tra l nemici (VI, 502-503): i Greci rico- vare il padre Anchlse, la moglie Creusa e il
noscono sotto le armi greche l soldati trolani piccolo Ascanio (Il, 729-731): Enea, Creusa e
e Corebo cade per primo (VI, 522-525). Ascanio scongiurano In lagrime Anchise di
Corlbantl: sacerdoti di Cibele, i quali cele- desistere dal rifiuto di partire (Il, 791-794):
bravano le feste della dea con grandi tumulti Enea, spinto dal rifiuto del padre, vuoi ritor-
e suoni di timballi, agitando scudi e lance ed nare a combattere e Creusa cerca di tratta-
emettendo, con gesti frenetici, alte grida. Con nerlo gettandoglisi ai piedi con lulo e riem-
l loro tumulti avevano impedito che Saturno piendo la casa di gemiti (Il, 818-819 e 826):
udisse l vagiti di Giove bambino che la ma- un prodigio convince Anchise a partire ed
dre aveva nascosto sul monte Ida nell'Isola Enea si carica sulle spalle il vecchio padre,
di Creta (111, 137). dice a lulo di accompagnarlo e a Creusa di
Corlneo: compagno di Enea, amico e forse seguirlo da lontano (Il, 859-864): Enea s'ac-
congiunto di Miseno, ne raccoglie In un'urna corge che Creusa non lo segue: forse ha sba-
le ceneri e ne pronunzia l'elogio funebre (VI, gliato strada (Il, 894-896) e ritorna a cercarla
,289-294); VIrgilio lo dice ucciso da Asila (IX, in città, e la chiama per nome (Il, 935), allor-
693), ma poi appare in lotta con un rutulo, ché gli appare Il suo fantasma che gli rivolge
Ebuso, ch'egli uccide afferrando dall'altare un parole di conforto e gli raccomanda Ascanio
tizzone ardente e con quello percuotendolo (Il, 938-960): Ascanio dice a Eurialo che egli
nel volto (Xli, 386-394). si curerà di sua madre: • le mancherà solo il
Corinto: Anchise indica il console Lucio nome di Creusa • (IX, 365-366).
Mummia che nel 146 a. C. rase al suolo Co- Crinlso: fiume sulla costa nord-occidentale
rinto, ridusse la Grecia a provincia romana, e della Sicilia, l'attuale fiume Caldo che sfocia
per questa vittoria salirà vittorioso al Campi- nel golfo di Castellammare. Nella sua forma
doglio (VI. 1009-1011). personificata è sposo di una troiana, Egesta,
Corlto: l'attuale Cortona, in provincia di dalla quale ebbe un figlio, Aceste (V, 42-45).
Arezzo; città etrusca, In cui ebbe i natali Dar- Crustumerlo: città latina a nord-est di Ro-
dana, come rivelarono In sogno ad Enea i Pe- ma, sulla riva sinistra del Tevere. t: una delle
nati (111, 210-213); Latino ricorda agli amba- cinque città che Virgilio indica nel poema
sciatori trolani la tradizione che afferma Dar- come centro di fabbricazione delle armi (VII,
dana nato a Corlto e di qui trasmigrato poi 720).
nella Frigia (Vll, 243-244): Corito è la città
dell'etrusco Acrone ucciso da Mesenzio (X, Cuma: colonia greca fondata nella Campa-
900-902) •. nia, presso il lago di Averno, da Calcidesl
Cosa: città etrusca sulle pendici dell'Argen- dell'isola di Eubea. Presso l'antro, nel quale
tarlo, tra l'attuale Orbetello e Porto d'Ercole la Sibilla dava i suoi oracoli, sorgeva un tem-
(X, 222). pio di Apollo, costruito da Dedalo sulla • roc-
Cosso: Aulo Cornelio Cosso, tribuna mili- ca calcidea •, cioè sull'altura sovrastante eu-
tare che nel 428 a. C. uccise in battaglia il re ma (VI, 18-24); Enea approda a Cuma per con-
del Velenti Tolunnlo e ne portò a Roma le spo- sultare la Sibilla (VI, 2-16).
glie. La corazza si ammirava ancora nell'età Cupavone: principe ligure, figlio di Cigno,
di Augusto nel tempio di Giove Feretrio. Egli alleato dei Troianl; sulla nave Centauro navi-
viene Indicato ad Enea da Anchise tra le ani- ga con i suoi Llguri alla volta del Lazio (X,
me dei Campi Elisi destinate a ritornare sulla 240-255).
terra (VI, 1017). Cupido: bellissimo figlio di Venere e di
Creta: la più grande delle Isole greche, a Marte, armato di arco e di frecce ch'egli sca-
sud del mare Egeo, celebre nell'antichità per gliava Infallibili contro gli uomini nel quali vo-
le sue cento città. VI ebbe, sul monte Ida, i leva suscitare la passione amorosa. Per vo-
natali Giove e fu la patria di Minasse, !dome- lere della madre prende le semblanze di A·
neo, Pasife, Arianna ed altri ancora. Anchise scanio (1, 786-814).
crede erroneamente che •l'antica madre. del- Curetl: l primi leggendari abitatori di Creta,
l'oracolo di Delo sia Creta (111, 125-145, 151, identificati da una tradizione con l sacerdoti
160); l Penati rivelano in sogno a Enea che di Rea, la madre di Giove, ai quali la dea, se-
Creta non è • l'antica madre • e lo invitano a condo il mito, avrebbe affidato il compito di
partire: la terra destinata ai Troiani è l'Italia Impedire, con il rumore prodotto battendo le
(111, 201-213): i Trolani si allontanano da Creta !ance sugli scudi, che Crono udisse l pianti
(111, 236); è ricordata da Virgilio quando para- del bambino. Quando poi Rea fu Identificata
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J26 Dizionario dei nomi e dei luoghi
con Clbele anche i Curati furono identificati Creta, dove costrul Il labirinto del palazzo
con l Corlbanti (111, 162). reale di Cnosso; ma nel quale fu poi imprigio-
Curi: città dei Sablnl, Identificabile con l'at- nato, per aver egli fornito ad Arianna il filo
tuale località di Arei presso Correse in pro- con Il quale Teseo giunse al Minotauro, lo uc-
vincia di Roma, che diede i natali a Numa cise, e riuscì poi ad uscirne. Prigioniero con
Pompilio, indicato da Anchise come consoli- lui era anche Il figlio Icaro; ed un giorno De-
datore con le sue leggi della Roma primitiva dalo costruì per sé e per Il figlio le ali, con
(VI, 974-979); da Curi i Romani avrebbero pre- le quali entrambi riuscirono a fuggire. Icaro
so il nome di Ouirites (VII, 815). però volò troppo in ·alto, e le ali, attaccate
con la cera, che al calore del sole si sciolse,
Daghi: popolo scitico sulle rive del Caspio, gli si staccarono, ed egli precipitò in mare;
dell'attuale Daghestan, raffigurato sullo scudo Dedalo invece discese su un'altura presso Cu-
di Enea come uno del popoli soggetti a Roma ma, dove eresse un tempio ad Apollo, e sulle
(VIli, 845). porte scolpl le storie del Minotauro. Eqli mo-
Danae: figlia di Acrisio, re d'Argo. Un ora-
dellò anche statue che non avevano più la ri-
colo aveva rivelato ad Acrlslo ch'egli sarebbe gidità di quelle arcaiche; ma quale valore sto-
perito per mano di un figlio che sarebbe nato rico abbiano queste notizie non è ancora ap-
da Danae, e il re rinchiuse la figlia in una tor- purato, né lo sarà mai (VI, 18-39).
re, dove però Giove penetrò come pioggia Delfobe: è la Slbilla di Cuma. Figlia di
d'oro e la fanciulla divenne ugualmente madre Glauco ebbe da Apollo Il dono della profe-
di Perseo. Acrisio fece allora gettare nel mare zia. Essa viveva presso il tempio del dio che
madre e figlio chiusi in una botte, che raggiun- Dedalo aveva costruito sopra un'altura pres-
se l'isola di Sérifo, dove il re Polidette sposò so Cuma. Perciò è chiamata Sibilla (VI, 14)
Danae e allevò Perseo. Secondo la versione ed anche Deifobe (VI, 42); Enea si reca ad
del mito accolta da Virgilio, Danae sarebbe lnterrogarla consigliato da Eleno (111. 538-566)
poi emigrata in Italia con una colonia di citta- e dal padre Anchise (V, 776-778). il quale gli
dini di Argo, e quivl, diventata sposa di Pi- rivela anche che lo condurrà nel profondo
lunno, avrebbe fondato, con il marito, Ardea Averno e quindi nei Campi Elisi, dove do-
LVII, 466-470). Dal loro matrimonio sarebbe na- vrà cercare di lui (VI, 772-774); la Sibilla esor-
to Dauno, il padre di Turno (VII, 423-424). ta Enea a chiedere ad Apollo notizie sul suo
destino (VI, 54-55); gli predice i pericoli e i
Danaidi: figlie di Danao, re di Argo. Esse, travagli che lo attendono (VI, 104-122); gli ri-
per Incitamento del padre, che secondo l'ora- vela ciò che deve fare per poter scendere
colo temeva di perdere il trono per opera eli nel regno della morte e poi uscirne (VI, 159-
un genero, soppressero i mariti già nella pri- 198); Enea le aveva promesso di dedicarle un
ma notte di matrimonio, e furono, secondo santuario, per la custodia dei Libri Sibillini
una leggenda posteriore, condannate nell'Ere- (VI, 87-91) e l'aveva pregata a lungo (VI.
bo ad attingere acqua in vasi senza fondo, os- 130-157).
sia ad un lavoro Inutile. Dal delitto si asten- Delfobo: figlio di Priamo, dopo la morte di
ne lpermnestra, e il suo sposo Linceo suc-
Parlde sposò Elena. Il suo palazzo fu incen-
cesse poi sul trono a Danao. Il mito delle Da- diato (Il, 389-390) ed egli ucciso e orrenda-
naldi è raffigurato sul balteo di Pallante (X, mente mutilato da Menelao e da Ulisse che la
629-633). moglie, con un tradimento, aveva fatto pene-
Dardano: figlio di Giove e di Elettra, fra- trare nelle sue stanze, come racconta egli
tello di laso, era nato a Corito (l'attuale Cor- stesso ad Enea, che lo incontra nei campi più
tona in provincia di Arezzo) e poi emigrato remoti del regno delle Ombre, ove vivono gli
nella Frigia (111, 208-213; VII, 241-249), dove uomini illustri in guerra (VI, 613-656).
diventò il capostipite del Troiani e della Dar- Delopea: la ninfa che Giunone promette in
dania gente (VI, 913-916); Enea lo riconobbe sposa a Eolo, re dei venti, per indurio a sca-
nel Campi Elisi (VI, 795). tenare una tempesta che distrugga le navi
Darète: troiano, pugile, che nel giochi fune- troiane (l, 82-93).
bri in Anchise è abbattuto da Entello (V, 391- Dalo: lsoletta delle Cicladi, chiamata anche
483). Ortigia (Isola delle quaglie). Celebre per il
Dauco: padre dei gemelli laride e Timbro, tempio di Apollo (si vantava di aver dato i
uccisi da Pallante (X, 498-500). natali ad Apollo e a Diana) ebbe anche note-
Daci: l ciue famosi romani P. Decio Mure, vole importanza storica come sede della con-
padre e figlio: il primo, console nel 340 a. C., federazione marittima ateniese. Enea vi si re-
si Immolò In una battaglia contro l latini; il cò durante il viaggio a consultare l'oracolo, il
secondo, console quattro volte negli anni 312, quale gli rivelò che i Troiani dovevano ritor-
308, 279 e 295 a. C., si votò a morte nella bat- nare alla • Madre antica • (111, 114-119); ed
taglia del 295 a. C. della terza guerra sanni- inoltre l'isola è ricordata in IV, 176.
tica (VI, 995). Demòleo: guerriero greco che Enea uccise
Dedalo: famoso, forse mltlco, Inventore e spogliò delle armi sotto le mura di Troia.
ateniese del secondo millennio a. C., che fug- Queste armi Enea dette in premio al secondo
gito dalla sua città natale per aver ucciso suo arrivato ne!la regata dei giochi funebri in ono-
nipote Taio inventore del tornio, si rifugiò in re di Anchise (V, 183-189).
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Dizionario dei nomi e dei luoghi 527
Dercenno: re di Laurento; sulla cima del 232); Giove Invia Mercurio a richiamare Enea
suo sepolcro Opi attese il passaggio di Arun- al dovere di raggiungere la terra che gli ha
te per vendicare con la sua morte quella di destinato il Fato (IV, 267-283); Enea con di-
Camilla, secondo l'incarico che le aveva affi- gnità e coraggio spiega a Didone, che aveva
dato Diana (Xl, 1046-1064). già intuito la tristissima notizia, i motivi che
Diana: figlia di Giove e di Latona e sorella lo costringono a partire (IV, 349-476); Didone
di Apollo, è la dea della caccia e della sana assiste dalla rocca ai preparativi della par-
vita dei boschi. Figura molto complèssa nella tenza e fa gli ultimi tentativi per trattenere
mitologia pagana, si fece di lei, come sorella Enea (IV, 490-525); Didone chiama la morte
di Apollo, la dea della luna, e come dea della (IV, 541-543); organizza il suicidio, invoca su
Magia la si volle identificare con Ecate o Arte- Enea e sui suoi discendenti l'odio inestin-
mide, la dea regina del mondo sotterraneo. guibile di Cartagine, si trafigge con una spada
Era, come Apollo, protettrice e tutelare di e cade nel rogo che aveva fatto preparare
Roma; perciò ogni cento anni si celebrava in dalla sorella Anna (IV, 573-851); Enea vede
suo onore sul Palatino la Festa secolare. Ed dal mare il rogo dell'infelice Didone (V, 1-8);
ecco allora il .suo appellativo di Trivia (VI, 17 Enea incontra Didone nei Campi del Pianto
e 84); e la trlgemina Ecate, la vergine Diana (VI, 562-591).
dai tre volti diversi (IV, 617-618); i boschi so- Dimanta: un Troiano che ha partecipato con
no sacri a Diana e • bosco sacro a Diana • Enea all'ultimo tentativo di resistenza contro
sembrano i Ciclopi allineati sul lido, mentre i Greci nell'Interno della città incendiata (Il,
guardano le navi di Enea allontanarsi nel mare 424), e vi trova la morte (Il, 488 e 529).
(111, 822-827); si ricorda il castigo che Diana Dindimo: monte della Frigia, sacro a Cibe!e,
inflisse agli abitanti di Calidone (VII, 352-354) la Gran Madre dell'Ida (IX, 751).
e la risurrezione di lppolito operata con l'in- Diomeda: argivo, figlio di Tideo (donde il
tervento del medico Peone (VII, 878-892); Dia- nome Tidide) e di Deifile, è uno dei più valo-
na si preoccupa del pericolo che corre Ca- rosi guerrieri greci che combatterono contro
milla, sua prediletta (Xl, 663-665) e racconta Troia. Il libro V dell'Iliade è dedicato in parti-
la sua storia (Xl, 665-724); addolorata del colare alla celebrazione delle sue gesta, raffi-
suo destino ordina a Opi di vendicarla (Xl, gurate in parte nel tempio di Giunone a Carta-
725-734). gine (1, 545); come Tidlde è ricordato da Enea,
Dldlmaone: il cesellatore dello scudo che che senza l'intervento di Venera sarebbe stato
Enea regalò a Niso (V, 381-384). una delle sue vittime (1, 116-121; X, 734); do-
Didone: la leggenda la dice figlia di Belo, po la caduta di Troia non ritornò in patria (Xl,
re di Tiro nella Fenicia (la Siria attuale), so- 335-336); i suoi compagni furono trasformati
rella di Pigmalione e sposa di Sicheo, ricco in uccelli (Xl, 340-343); sbarcato nell'Apulia
cittadino di Tiro; e racconta che le grandi ric- (le Puglie odierne) costruì Argìripa (Xl, 305-
chezze del marito avevano suscitato la bramo- 306); Venere dice a Giove che Diomede si pre-
sia del fratello, il quale per impadronirsene para a muovere con un esercito contro Enea
uccise il cognato. L'ombra del defunto ri- (X, 35-37); a Dfomede, infatti, era stato spe-
vela a Didone il motivo della sua morte e la dito Venulo con una ambasceria (VIli, 11-13);
consiglia a fuggire con tutte le sue ricchezze, ma Diomede invece aveva rifiutato di parteci-
delle quali le rivela il nascondiglio, ignoto a pare ad una nuova guerra contro l Troiani (Xl,
Plgmalione. Didone, che teme di essere ucci- 347-350) e consiglia l Latini di fare la pace con
sa a sua volta dal fratello, segue il consiglio Enea (Xl, 363-365).
di Sicheo e con uno stuolo di Fenici raggiun- Diore: trolano, fratello di Amico e parente
ge la costa africana del regno di larba, e ot- di Priamo, partecipa alla corsa a piedi nei
tenuta dal re la terra occorrente, fonda Birsa, ludi funebri organizzati da Enea in onore di
la rocca di Cartagine (v. Blrsa) (1, 427-429); Anchise (V, 323-324); dato il via è in quinta
nella nuova città aveva costruito un grande posizione dopo Niso, Salio, Eurialo e Elimo
tempio a Giunone (1, 518-521); Enea la vede (V, 348); conquista il terzo posto dopo Eurialo
che avanza verso il tempio (l, 577-578); lieta e Elimo (V, 363); difende la vittoria di Eurialo
tra una schiera di giovani e sollecita dei la- e nello stesso tempo il suo terzo posto (V,
vori e del regno che sorge (1, 584-586); Di- 368-370); muore con Il fratello, vittime ambe-
done dà a llioneo il permesso di parlare (1, due di Turno, che barbaramente li decapita e
605-607) e accoglie l Troiani cordialmente appende al suo carro le loro teste (Xli, 645-
(1, 653-677); Didone Incontra Enea (1, 696, 719); 649).
Venere teme le vendette di Giunone e dà ad Dloscuri: sono Castore e Polluce, fratelli
Amore il compito di innamorare Didone (l, gemelli, figli di Leda. Secondo la leggen-
792, 811-814); Didone si asside al centro del da Castore sarebbe stato figlio di Tindaro,
convito (l, 826-827); Didone sacrifica pecore marito di Leda e re di Sparta; Polluce a-
scelte e una giovenca a Giunone e agli altri vrebbe invece avuto per padre Giove. Per-
dèl (IV, 75-79); arde ed erra furiosa per tutta ciò Castore era mortale, Polluce immorta-
la città (IV, 87-88); Giunone organizza la cac- le; e quando Castore morì, Polluce suppli-
cia per il giorno dopo (IV, 148-149, 155-156, cò Giove con tanto ardore che ottenne di po-
173-174, 201 e 206); la Fama diffonde la no- tere discendere a giorni alterni nell'Averno
tizia dell'unione di Didone e Enea (IV, 226- a prendere Il posto del fratello, il quale saliva
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528 Dizionario dei nomi e dei luoghi
aii'Oiimpo, ove occupava Il posto di Polluce za e copplera degli dèl. Giunone si lamenta
(VI, 153-155). Gli antichi onoravano i Dloscuri (era figlia sua e di Giove) che l'onore di me-
come soccorritori nei casi di necessità e spe- scere Il nettare agli dèl sia stato affidato a
cialmente come protettori del marinai, ai quali Ganimede (1. 36-38).
mostravano la rotta con due stelle (Gemini) Ebro: 1) troiano, figlio di Dolicaone, ucciso
e a cui rivelavano la loro presenza con fiam- da Mesenzlo (X, 871-872); 2) fiume della Tra-
melle che si accendevano sulla cima dell'al- eia, il cui nome è oggi Maritza e segna il con-
bero maestro (Il così detto fuoco di S. Elmo). fine tra la Grecia e la Turchia (Xli, 426).
Il termine serve tuttora ad Indicare prover- Ecate: divinità femminile di origine proba-
blalmente una coppia di amici. bilmente asiatica. Il nome è greco e vuoi dire
Discordia: è una delle figure mostruose che • che opera da lontano •. Nel VI secolo a. C.,
Enea Incontra nel vestibolo dell'Averno (VI, al tempo dei misteri orfici, divenne una delle
354). principali divinità della Grecia e, identificata
Dite: termine con Il quale si intende sia con Artemide (Diana nel Lazio), con Demetra
Plutone, sia Il suo regno e quindi l'Averno (Cerere In Italia) e con Persefone (la Proser-
In genere (VI, 340, 645); Vulcano modella sullo pina latina), fu detta anche Trivia: dea della
scudo di Enea la reggia profonda di Dite luce (Giunone Luclna) o della luna, dea dei
(VIli, 876). monti e del boschi, Diana, e dea del moncfo
Dodona: città deii'Epiro, nota per i vasi di sotterraneo, Ecate. Giunone Invoca • la trige-
rame ((ebeti) che, appesi ad una quercia e mina Ecate •, la vergine Diana dai tre volti
mossi dal vento, esprimevano con il loro ru- diversi, come divinità apportatrice di morte
more le risposte di Giove, cui :a città era sa- (IV, 616-618, 734-735)~ Enea la invoca come
cra, alle domande del suoi devoti (111, 573). dea potente nel Cielo e nell'Erebo (VI, 311),
Dolone: trolano, padre del valoroso Eumede e dice che ha preposto la Sibilla Cumana ai
ucciso da Turno. Virgilio ricorda che Dolone boschi dell'Averno (VI, 149-150); la Sibilla
durante la guerra troiana si offerse di andare afferma che Ecate le insegnò le pene divine
ad esplorare il campo dei Greci e chiese co- e le fece conoscere l'Averno (VI, 696-698).
me ricompensa l cavalli di Achille, ma Dio- Ecolla: città dell'Eubea nel territorio di Ere-
mede (Il figlio di Tideo) lo scoperse e lo uc- tria, rasa al suolo da Ercole perché il re della
cise (Xli, 444-452). città, Eurito, gli aveva promesso in sposa
Dòlopl: popolo della Tessaglia; abitava sulla lole, sua figlia, se l'avesse vinto al tiro del-
catena del Pindo e partecipò con Achille e l'arco; Ercole vinse, ma Eurlto non mantenne
suo figlio Neottolemo alla guerra troiana (Il, la promessa. La leggenda è ricordata dai sa-
12, 40, 512, 956). cerdoti che celebrano le lodi di Ercole (VIli,
Donusa: verde isoletta delle Cicladi, ad 339).
oriente di Nassa; l'attuale Denusa (111, 156). Ecuba: figlia di Clsso e moglie di Priamo;
Doto: Il nome di una delle Nereldi (IX, 128). madre di 19 del cento figli di Priamo (i nu-
Drance: ricco latino, capo della fazione con- meri hanno però valore convenzionale, in luo-
traria alla politica di Turno e favorevole ad gi di molti, numerosi), nella notte dell'Incen-
un accordo con Enea. E: inviato come capo di dio di Troia si rifugia presso l'altare del Pe-
un'ambasceria da Latino ad Enea per ottene- nati (Il, 616-617, 633-636) e scongiura Prlamo,
re una tregua di dodici giorni, necessaria a che aveva indossato le armi, a desistere dal
seppellire i caduti (Xl, 148-159); al consiglio proposito di combattere e a rifugiarsi sotto la
del capi italici convocato da Latino espone Il protezione dei Penati (Il, 637-646); Giunone
suo programma contrarlo a quello di Turno accenna al sogno profetico di Ecuba madre di
(Xl, 418-466); Turno lo accusa di essere pro- Parlde (VII, 336-369; X, 881-882).
digo di parole, ma avaro di fatti, specialmente Egerla: ninfa delle fonti, cui era sacro un
quando la guerra lo richiederebbe (Xl, 470- bosco presso Il lago di Nemi, dove fu allevato
554). Drance è un incubo per Turno (Xli, Vlrblo, sotto la sorveglianza e la protezione
804-809). di Diana (VII, 874-899).
Driopi: antico popolo del Peloponneso (IV, Egesta: v. Aceste.
178). Egida: lo scudo di Giove costruito con la
Drusi: i Drusi sono presentati da Anchlsa pelle della capra Amaltea che lo aveva nu-
ad Enea nei Campi Elisi; e probabilmente Vir- trito bambino sul monte· Ida. Il nome deriva
gilio allude a M. Druso Livio Salinatore che dal vocabolo greco • alx-aigòs • che significa
vinse Asdrubale presso il Metauro nel 207, e capra (VIli, 412). Nell'umbone aveva effigiato
a M. Livlo Druso tribuna della plebe nel 91 la testa della gorgone Medusa, contornata di
a. C. (VI, 995). serpenti. Anche Mlnerva (Atena dei Greci) è
Dullchlo: isoletta del Mar Ionio, quasi all'in- raffigurata con l'Egida, che Giove ha prestato
gresso del golfo di Patrasso (Ili, 336). alla figlia (Il, 751-752).
Egisto: figlio di Tieste e di Pelopia, fu
Ebalo: figlio della ninfa Sebetlde e di Te- adottato da Atreo, ma avendogli questi Im-
lone che con i suoi Teleboi regnava sull'isola posto di uccidere Il padre, egli lo uccise e si
di Capi. Il figlio non contento del dominio pa- Impadronì della signoria di Micene. Agamen-
terno era passato in Italia (VII, 844-855). none, nipote di Atreo ed erede del trono, lo
Ebe: personiflcazlone dell'eterna glovlnez- cacciò, ma quando partì per la guerra di Troia
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Dizionario dei nomi e dei luoghi 529
lo richiamò e gli affidò Il governo dello Stato. Tellaro, a nord del capo Pachino, ora capo
Egisto durante l'assenza di Agamennone. gli Passero (111, 849].
sedusse la moglie e quando ritornò, in accor- Emilio Paolo: console nel 168 a. C. vinse
do con lei, lo uccise. Sette anni dopo fu uc- Perseo a Pidna e Anchlse lo presenta ad Enea
ciso a sua volta da Oreste, figlio di Agamen- come quello che vendicherà • gli avi di Troia
none. Diomede ricorda il tragico fatto senza e i profanati santuari di Mlnerva • (VI, 1012-
fare il nome di Egisto (Xl, 332-335]. 1015].
Egitto: è nominato In luogo degli Egiziani Emònlde: rutulo, sacerdote di Febo e di Trl-
effigiati in fuga sullo scudo di Enea (VIli, via, indossa sulle vesti sacerdotali armi scin-
819-820]. tillanti e si pavoneggia. Enea lo assalta, lo uc-
Elba: l'isola partecipa alia guerra contro cide e dedica le sue armi a Marte (X, 679-686].
Turno con trecento guerrieri al comando di Encelado: gigante, figlio di Titano e di Gea,
Abante (X, 223-228]. tentò con l fratelli l'assalto aii'Oiimpo, ma fu
Elena: figlia di Giove e di leda (moglie di
da Giove colpito col fulmine e schiacciato
Tlndaro], sposa di Menelao, re di Sp11rta, e sotto l'Etna, donde egli si agita urlando per
sorella del Dioscurl. Mentre il marito era as- uscirne fuori, e dà luogo così alle eruzioni del
sente, Parlde, figlio di Prlamo, la rapi e la vulcano (111, 705-712]. f: fratello della Fama,
portò a Troia insieme con molti tesori. Questo che la madre Terra avrebbe dato alla luce per
fatto determinò la guerra di Troia. Alla morte rabbia contro gli dèi (IV, 215-217].
di Paride sposò Detfobo. la notte dell'incen- Enea: figlio di Anchise e di Venera, principe
dio della città Enea la scorge nel tempio di dei Dardani che abitavano sul monte Ida, par-
Vesta Immersa nella preghiera e decide di tecipò alla guerra di Troia dopoché Achille eb-
ucctderla, ma ne è dissuaso da Venere (11, be assalito le sue greggi. Secondo una profe-
696-757]; Delfobo invece racconta che nella zia che Omero mette In bocca a Nettuno nel
notte tragica, fingendo di organizzare una fe- canto XX dell'• !iliade •, Enea sarebbe stato
sta per celebrare la fine della guerra, man- destinato a regnare su Troia. Una tradizione
dò segnali ai Greci, gli portò via tutte le posteriore, accolta da Virgilio, racconta !n-
armi, chiamò Menelao e gli consegnò in dono vece che Enea, abbandonata Troia in fiamme
la sua testa (VI, 630-661]. Ed Inoltre l, 757- col vecchio padre Anchise, col figlio Ascanio,
763 e VII, 413-415. i Penati e con altri compagni, si mise in mare
con una flotta di venti navi, e dopo lunghe pe-
Elano: figlio di Priamo e di Ecuba, dotato di regrinazlonl, notevoli e awenturose difficoltà,
vlrtll profetiche, fu fatto prlglonero dai Greci sbarcò nel lazio. Qulvi il re latino lo accolse
nella notte della distruzione di Troia e asse- amichevolmente, promettendogli anche in mo-
gnato a Plrro, figlio di Achille, insieme con glie la figlia lavinia, che Enea sposò dopo
Andromaca. Quando Plrro, o Neottolemo, si aver vinto In un'aspra guerra un principe del
Innamorò di Ermione, figlia di Menelao e di luogo, Turno, suo rivale. Enea, fondata Lavinio,
Elena, e la sposò, Eleno si uni in matrimonio alcuni anni dopo, durante una battaglia presso
con Andromaca. Morto Plrro, ucciso da Ore- Il fiume Numlco, scoppiato un temporale sparì
sta, vendicatosl dell'offesa fattagli col rapi- fra lampi e tuoni e rivelò poi al figlio Ascanio
mento di Ermione, Eleno gli successe nel re- d'essere stato assunto tra gli dòi neii'Oiimpo.
gno, ch'egli volle chiamare Caonia, e pose la Julo, dopo la morte del padre, fondò Alba lon-
sua sede a Butroto (111, 398-413]; Elena con· ga e dalla sua progenie discesero i fondatori
duce in città Enea (111, 421-424] commosso per di Roma. Il poema virglliano ne è il racconto,
l'inatteso Incontro; Eleno predice a Enea il e la presenza deli 'Eroe è costante in tutti i
suo awenlre e lo colma di consigli e di doni momenti della narrazione.
(111, 455-580]. E ancora 111, 831-832. Eneade: una città edificata da Enea nella
Elenora: figlio di una schiava e del re di Tracia, subito dopo la partenza dalla Troade
Meonla, aveva partecipato alla difesa di Troia (111, 23-25].
ed aveva poi seguito Enea in Italia. Muore Enotria: nome dato dal Greci all'Italia Meri-
combattendo contro l latini sotto le mura del dionale, In particolare alla lucania e alia Ca-
campo troiano (IX, 658-673]. labria (l'antico Brutium), dopo che Enotrio,
Elettra: figlia di Oceano e di Teti (secondo figlio di llcaone, re di Arcadia, passò in Ita-
altri di Atlante] e, amata da Giove, madre di lia e ne occupò le coste meridionali. Il nome
Dardano (Vili, 152-153). fu però usato ad indicare anche tutta la peni-
l:llde: regione del Peloponneso nord-occi- sola (VII, 105].
dentale, dove nella città di Olimpia era il tem- Entallo: famoso pugilatore siculo. Durante l
pio pill famoso di Giove (VI, 725]. ludi funebri in onore di Anchise accetta, ben-
Ellmo: atleta siciliano e compagno di caccia ché avanti negli anni, di combattere con Da-
di Aceste, partecipa al riti funebri in onore rete (V, 410-425); getta in mezzo al campo l
di Anchise (V, 81]; e alla gara di corsa (V, pesanti cesti del suo maestro f:rice, famoso
347], nella quale giunge secondo (V, 353). pugilatore (l cesti erano guantoni fatti di stri-
riceve In premio un turcasso delle Amazzoni sce di cuoio e di metallo con cui gli antichi
(V, 337-339]. pugilatorf si fasciavano le mani] che meravi-
Elisi, Campi: v. Campi Elisi. gliano gli astanti e lo stesso Darete, il quale
Eloro: fiume della Sicilia orientale, l'attuale rifiuta tale anesf di lotta (V, 425-432]; Darete
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5 30 Dizionario dei nomi e dei luoghi
e Entello combattono senza cesti; la lotta ac- sione dell'Idra di Lerna (VI, 965-969). Neii'C-
canita termina con la vittoria di Ente Ilo (V. IImpo, dove è stato assunto, intercede, benché
452-493). Inutilmente, per Pallante (X, 591-595); Virgilio
Eolla: regione costiera dell'Asia Minore, fra ricorda Aventino, figlio suo e della sacerdo-
gli attuali golfi di Adramltl e di Smirne. tessa Rea (VII, 752-761); e per altri motivi il
Eolie: isole a nord delli:t Sicilia, dette anche suo nome è ricordato in VIli, 116, 212, 215,
Lipari. Vi aveva la sede Eolo, dio dei venti 247, 315, 323, 335, 352, 421 e X, 977.
(l, 63-68; VIli, 485, 529; X, 49). l:rebo: figlio del Caos, passò poi ad indi-
Eolo: dio dei venti: figlio, secondo Cmero care l'Averno (IV, 617; VI, 520).
(• Cdlssea •, X), di lppone. Abitava con la Ereto: città dei Sabini, che si schiera a
moglie e dodici figli nelle Isole Eolie. ~ no- fianco di Turno agli ordini di Clauso. Sorgeva
minato re dei venti ch'egli tiene rinchiusi in a circa 4 km. a NE di Monte Rotondo, in una
una caverna (1, 66-68); a Giunone, che gli chie- località chiamata Grotta Marozza (VII, 815).
de di suscitare una tempflsta, risponde con l:rlce: 1) città della Sicilia occidentale, co-
parole di ossequio (1, 94-98); e scatena i venti struita sulla vetta del monte omonimo, non
percuotendo col piede della lancia la caverna lontana da Trapani; Enea vi fa erigere un
che li rinchiude (1, 99-102); è nominato come tempio in onore di Veriere ldalla (V, 803-805);
vento (soffi d'Eolo) (V, 838). le donne troiane sono incitate da Iride, per
Epeo: l'artefice greco che costruì con l'aiu- ordine di Giunone, a incendiare le navi (V,
to di Minerva e su consiglio di Ulisse, il fa- 665-671); e Venere ricorda il fatto a Giove (X,
moso cavallo dell'inganno, con il quale i guer- 47); Didone assicura ai Troiani l'ospitalità e la
rieri più famosi dei Greci entrarono in Troia libertà di dirigersi • ai lidi d'Erice • quando
e l'incendiarono (Il, 331-332). vorranno (1, 667-668); Enea è paragonato, esul-
Eplro: regione della penisola greca, che si tante di feroce allegria, grande come il monte
affaccia sul Mare Ionio fra Prevesa e Valona ~rlce (Xli, 877-878); 2) il fondatore della città
e che s'inoltra nell'interno fino ai fiumi Arta e che fu chiamata con Il suo nome, ~rice, co-
Voiussa. Enea la costeggia e tocca i porti di me Il monte sul quale l'aveva costruita e che
Azlo e di Butroto (111, 331-362). oggi si chiama Monte S. Giuliano. ~rice, figlio
Epidlte: pedagogo di Ascanio. Enea lo chia- di Venera, aveva regnato in questa parte della
ma e gli dice di avvertire il figlio che è giunto Sicilia prima di Aceste e sfidava al pugilato
Il momento di condurre le squadre dei giovani i suoi ospiti, ma un giorno Ercole lo vinse e
per lo svolgimento dei giochi in onore di An- lo uccise. ~rice è ricordato da Aceste che
chlse (V, 576-581). · esorta Entello ad accettare la sfida del trolano
Epito: compagno di Enea nella notte dell'in- Darete (V, 410-415).
cendio di Troia (Il, 423). Erlfile: moglie di Anflarao, che per la va-
Equi: popolo selvaggio della Sabina (la mon- ghezza di possedere una collana d'oro, svelò
tuosa Nersa), che al comando di Utente com- a Polinice il nascondiglio del marito, il quale
batte contro Enea (VII, 856-861). fu costretto a partecipare alla guerra contro
Erato: musa della poesia amorosa che Vir- Tebe, benché egli sapesse che vi avrebbe per-
gilio Invoca prima d'iniziare il canto della lot- duto la vita. Enea la incontra nei Campi del
ta tra Enea e Turno, il cui motivo è in appa- Pianto (VI, 657).
renza l'amore di Lavinla (VII, 45-55). Erlmanto: sistema montuoso del Peloponne-
Ercole: figlio di Giove e di Alcmena, la spo- so settentrionale. Ercole vi uccise un cinghia-
sa di Anfitrione, che, re di Micene, viveva esi- le ferocissimo. Virgilio paragona la caduta di
liato a Tebe per aver commesso un omicidio. Entello a quella di un pino suii'Erimanto
Fu l'eroe nazionale greco per eccellenza, co- (V, 473).
me figura rappresentativa della for7.a umana Erlnnl: v. Furie.
invincibile; e con tale carattere passò anche Erminio: etrusco che combatte a torso nu-
alla mitologia romana. Giunone, gelosa, lo per- do, senza armatura; è ucciso da Catillo (Xl,
seguitò costantemente. Era ancora nella culla, 791-795).
quando gli mandò due serpenti perché lo uc- Ermlone: figlia di Menelao e di Elena, amata
cidessero, ed egli li strozzò (VIli, 336-337); al da Creste e sua promessa sposa, fu data poi
servizio di Eurlsteo compi le dodici famose fa- a Pirro. Creste vendica l'affronto e uccide il
tiche, cui accennano i Salii cantandone le lodi rivale. Andromaca informa Enea del matrimo-
al termine del rito annuale celebrato in suo nio di Ermlone con Plrro (o Neottolemo) e
onore dalla città di Pallanteo (VIli, 337-355); del suo matrimonio con Elena (111, 403-408).
Evandro aveva già ricordato che l'eroe uccise Ermo: fiume dell'Asia Minore che sfocia
Il mostro Gerlone (VIli, 232-234) e aveva già nel golfo di Smirne (VII, 829).
raccontato l'episodio di Caco (VIli, 234-304); l:rnlci: monti del Lazio (VII, 785).
cosi è stata decretata in suo onore la festa l:rulo: re di Prenesta..e figlio di Feronla. Ave-
(VIli, 312-320). E inoltre nel poema virgiliano va tre anime ed Evandro, che si vanta d'aver-
si ricordano l cesti usati da Ercole per il pu- lo ucciso quand'era giovane, dovette • tre vol-
gilato (V, 435-436); la sua discesa nell'Averno, te stenderlo nella morte • (VIli, 656-662).
ove Incatenò Cerbero, e dopo averlo portato Eslone: figlia di Laomedonte e sorella di
a Eurlsteo, ve lo ricondusse (VI, 157); la cat- Priamo, era stata da Ercole liberata da sicura
tura della cerva dai piedi di bronzo e l'ucci- morte con l'uccisione del mostro marino, cui
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Dizionario dei nomi e dei luoghi .531
era stata esposta per essere divorata. Ma Eufrate: fiume della Mesopotamia, raffigu-
Laomedonte non mantenne la promessa di da- rato sullo scudo di Enea come simbolo del
re all'eroe In compenso i cavalli divini, ed Er- regno dei Parti (VIli, 843).
cole, sdegnato, distrusse la città e portò con Eumelo: porta ad Enea la notizia che le
sé Esione. Giunto a Salamlna l'eroe dette E- donne troiane hanno incendiato le navi (V,
slone In sposa a Telamone, re di Salamina, 700-703).
ove plil tardi Prlamo si recò a farle visita Eumenldi: v. Furie.
(VIli, 175-178). Eurlalo: troiano, figlio di Ofelte, uno dei
Esperia: il termine significa terra posta ad valorosi combattenti nella difesa di Troia. Per
occidente ed è il nome usato dai Greci per parte di madre era imparentato con la fami-
Indicare l'Italia, posta ad occidente del loro glia di Prlamo. Eurlalo, che seguì con la ma-
paese (1, 618·622, 664-667; Il, 949-954; 111, 204- dre Enea, partecipa alla corsa a piedi nei
207, 230-231; IV, 422; VI, 7). ludi funebri organizzati da Enea in onore del
. Espèridl: mitlche figlie di Atlante, che abi- padre Anchlse (V, 321·322, 347-348, 358); vince
tavano un'Isola agli estremi confini occidentali la corsa (V, 361): si stupisce che Niso abbia
della terra. Qui possedevano un giardino coi l'intenzione di compiere un'impresa e non gli
pomi d'oro, guardati da un drago fornito di abbia proposto di essergli compagno (IX, 224-
cento occhi e immune dal sonno. Ercole nella 260); Niso si giustifica, ma Eurlalo dichiara di
undlceslma fatica uccise il drago e rapl i pomi volerlo seguire (IX, 261-278); Eurialo risponde
d'oro (IV, 585·588). ad Ascanio, che gli ha promesso doni e ami-
l:spero: la stella della sera (VIli, 327). cizia, chiedendogli di aver cura di sua madre
Etiopi: il paese degli Etiopi, secondo gli An· alla quale non ha voluto comunicare la sua
tlchi nel remoto occidente (IV, 582). partenza per la rischiosa impresa (IX, 346-
Etna: vulcano della Sicilia, che i Troiani stu- 360); attraversando il campo dei Rutuli fa
pefatti vedono da lontano alzarsi dall'acqua strage di nemici e s'impadronisce di alcune
(111, 679-680) e di cui sentono l rumori e ve- prede (IX, 419-449); è scorto dai cavalieri di
dono le fiamme prodotte dalle eruzioni provo- Volcente, ma stenta a fuggire, perché impac-
cate dal gigante Encelado (v. Encelado), che ciato dalle prede (IX, 470-472); è raggiunto da
Giove ha schiacciato sotto il monte (111, 698- Volcente e ucciso (IX, 515·517); i Rutuli con·
712); l'Etna è la regione dei Ciclopi (Xl, 328). figgono su due lance le teste di Eurialo e Niso
Etone: nome del cavallo di Pallante, ricor- e le espong~no davanti alle mura dell'accam-
dato quando segue il corteo funebre del pa- pamento (IX, .565-567).
drone (Xl, 107-110). Euridice: v. Orfeo.
l:toll: greci deii'Etolia (regione deii'EIIade, a Eurlpllo: greco, cui il bugiardo Sinone attri-
nord del golfo di Patrasso). venuti in Italia buisce di aver portato al Greci l'oracolo di
.con Dlomede (Xl, 385-386). Apollo, secondo il quale, per avere un felice
Etruria, Etruschi: regione degli Etruschi, che ritorno In patria, essi dovevano sacrificare un
Virgilio dice Immigrati In Italia dalla Lidia e giovane (Il, 144-150).
dalla Meonla, regioni dell'Asia Minore. Si Eurlsteo: re di Micene, fratello maggiore di
estendeva nell'Italia centrale tra il Lazio, il Ercole, al quale, su istigazione di Giunone,
Mar Tirreno e I'Umbria. Gli Etruschi, che Il Impone le dodici fatiche (VIli, 339·340).
poeta chiama anche Tirreni, si alleano con Eurlzione: partecipa alla gara dell'arco nei
Enea per combattere Mesenzio, alleato di Tur- giochi funebri organizzati da Enea in onore
no (VIli, 575-577; X, 190-205). Ed inoltre all'E- del padre Anchlse (V, 521, 542, 572).
truria e agli Etruschi si allude nei canti IX, Euro: o vento dell'aurora, cosiddetto perché
1 e 188; X, 93 e 264; Xli, 365 e 697. spira dall'Oriente. Sconvolge con Noto e Afri-
Ettore: figlio primogenito di -Priamo e di co Il mare (1, 103) e spinge tre navi sui ban·
Ecuba, principale eroe troiano nella guerra chi di sabbia delle Sirti (1, 133-134); è rim·
di Troia. Enea nel poema virgiliano è il conti- proverato da Nettuno (l, 166-167); è ancora
nuatore dell'eroismo di Ettore, che nasce dal- nominato con Zeflro e Noto (Il, 515).
l'amore della patria, della famiglia e dalla Europa: con questo nome Virgilio indica in
• pletas • verso gli dèl. Cosl Ettore appare in senso molto vago e indeterminato il continen-
sogno a Enea e gli consegna l'effigie di Vesta te europeo (1, 446; VII, 263; X, 118), il quale
e quelle dei Penati di Troia (Il, 338-373); An- è nominato sempre insieme con l'Asia.
dromaca a Butroto ricorda Il marito (111, 371- Eurota: fiume della Laconia, sulle cui rive
378); nell'incontro con Enea Andromaca ha è la città di Sparta, e Diana guida le danze
l'Impressione di vedere suo marito e sviene (1, 579-580).
(111, 380-386); nel tempio di Giunone a Carta- Evadne: sposa del blasfemo Capaneo, ucci-
gine l Troiani vedono negli affreschi raffigu- so sulle mura di Tebe dai fulmini di Giove,
ranti la guerra di Troia, rappresentato Achille non volle soprawlvere al marito e si gettò
che trascina Il corpo di Ettore intorno alle con fierezza nel fuoco del rogo sul quale bru-
mura di Troia (1, 562-567): il poeta ricorda che ciava la salma del marito. Enea la incontra nei
Mlseno era trombettiere di Ettore (VI, 211- Campi del Pianto (VI, 558).
213); Enea esorta Ascanio ad essere virtuoso Evandro: figlio di Ermes e. della ninfa Car-
e valoroso, e gli addita come esempio lo zio menta, venne dall'Arcadia nel Lazio e vi fon-
Ettore (Xli, 556-559); Inoltre l, 119. dò, sul colle Palatino, una città ch'egli chiamò
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53 2 Dizionario dei nomi e dei luoghi
Pallanteo, dal suo proavo Pallante o, secondo 103], e a Laurento, dove l marinai, scampati
Dionigi d'Aiicarnasso, un suo nipote. La ma- alla morte, solevano appendere i loro doni ai
dre, che aveva il dono della profezia, lo con- rami di un olivastro li lui sacro (Xli, 960-964];
sigliò di venire in Italia, ove portò la civiltà, Turno lo supplica ad impedire che la lancia di
l'uso della scrittura, la musica e il culto di Enea sia divelta dal ceppo dell'olivastro nel
alcune divinità. Il dio liberino apparendo in quale si era conficcata (Xli, 975-979].
sogno ad Enea gli consiglia di chiedere l'al- Faaci: aerei castelli feaci: Virgilio identifi-
leanza di Evandro (VIli, 60-67]; Evandro rico- ca l'Isola del Feacl, in cui Ulisse fu accolto
nosce in Enea il figlio di Anchlse, con il quale naufrago, nell'isola di Corfù, che Enea costeg-
s't> incontrato ed ha stretto amicizia a Feneo gia e sulle cui alture vede le sue città (111,
In Arcadia, quando era giovane (VIli, 172- 360).
196]; spiega ad Enea i motivi della festa e dei Febo: v. Apollo_
sacrifici in onore di Ercole (VIli, 210-317]; Fede: divinità romana che personificava la
invita l presenti a Inceronarsi il capo di fron- lealtà e la probità e presiedeva ai contratti e
de e a libare in onore del dio Ercole (VIli, alle promesse In genere. Il suo culto sarebbe
318-320]; dopo la cerimonia religiosa Evandro stato Introdotto da Numa Pompilio. Virgilio la
conduce Enea nella sua reggia e strada fa- ricorda come dominante la vita romana al tem-
cendo gli parla dei luoghi e del popolo che li po di Augusto (1, 339-340).
ha abitati nel tempi lontani (VIli, 393-417] e Fadra: figlia di Minosse e di Pasife, sorella
lo Invita a riposare nella sua casa (VIli, 418- di Ariadne e di Deucalione, sposa di Teseo,
429]; il mattino dopo Evandro e Enea s'incon- re d'Atene, e matrigna di lppolito, s'innamo-
trano nuovamente e stringono alleanza. Il re rò del figliastro; da lui respinta. l'accusò in-
arcade dà ad Enea preziosi consigli e gli co- giustamente al padre, il quale invocò contro
munica che con lui partirà il figlio Pallante Il figlio l'aiuto di Nettuno, e il dio del mare,
con quattrocento cavalieri (VIli. 546-607]; E- mentre il giovane si recava in esilio, fece
vandro saluta il figlio che parte e sviene (VIli, sbattere il cocchio sugli scogli e perire mise-
649-681]; Evandro va incontro alla salma del ramente l'innocente (VII, 878-883); Enea vede
figlio morto (Xl, 181-227]. la crudele matrigna nei Campi del Pianto
(VI, 556).
Fabari: torrente del paese dei Sablni, af- Fègeo: trolano, porta con Sàgari la pesante
fluente del Tevere. r: l'attuale Farfa (VII, 823). lorica che Enea dona a Mnesteo, secondo ar-
Fabl: della • gens Fabla • nota per l'eccidio rivato nella regata dei giochi funebri in onore
di tutti l suoi componenti (trecentosei, tutti di Anchise (V, 291); frena i cavalli in corsa
i componenti della famiglia abili alle armi); di Turno, per farlo cadere dal carro, ma è tra-
soprawlsse un bimbo, dal quale discese Quin- scinato via e il principe rutulo lo raggiunge
to Fabio Massimo che durante la seconda con l'asta e l'uccide (Xli, 475-488).
guerra punlca tenne in scacco Annibale con Feneo: città natale di Evandro, sulle pendi-
una tattica particolare, e passò alla storia co- cl occidentali del Cillene (VIli, 184].
me Il • Temporeggiatore •. VIene indicato ad Fenicia: regione abitata dal Fenici, com-
Enea da Anchise nei Campi Elisi, fra le anime prendente tutta la zona costiera della Siria
destinate a ritornare in vita sulla terra (VI, attuale, dalle foci del Nahr el-Asi al porto di
1021-1023]. Haifa. Le città principali erano Sidone e Tiro
Fabrizio: Il console romano che il re Plrro (IV, 635].
non riuscì a corrompere con ricchi regali e Feronia: divinità ltallca, madre di Erulo, cui
divenne famoso per la sua onestà e per la aveva dato nel nascere tre anime (VIli, 658];
modestia della sua vita (VI, 1019]. ad Anxur aveva un bosco a lei sacro (VII,
Fama: mostro alato, fornito di occhi, di 918-919].
orecchie e di bocca In ognuna delle sue pen- Fescennini: abitanti di Fescennium, città
ne, ed è sempre In volo, giorno e notte. r: sulla destra del Tevere alle falde del monte
una creazione di Gea che ha voluto vendicar- Cimino, nella regione del lago di Vico (antico
si, con la Fama, di Giove, Il quale aveva pu- Clmlnlo], in provincia di Viterbo (VII, 797].
nito duramente i suoi figli: l giganti Encelado, Gli archeologi Identificarono Fescennium e le
Tifeo, Ceo (IV, 210-235; 352-353]. altre località nominate nel passo virglliano
Fame: figura che Enea incontra nel vesti- con le attuali cittadine di Gallese e Corchiano.
bolo dell'entrata nel regno dei morti (VI, 348]. Fetonte: figlio di Elio (Il Sole] e di Climene,
Fauni: divinità dei boschi, di origine incer- ottenne dal padre di guidare il carro del gior-
ta. Sarebbero, secondo una versione, figli di no, ma, inesperto, i cavalli gli presero la ma-
Fauno, dio romano della fecondità, e di Fauna. no e, awiclnatosl troppo alla Terra, l'avrebbe
Ma Fauna non serviva ancora ad Indicare il bruciata se Giove con un fulmine non l'avesse
regno animale (VIli, 365]. precipitato neii'Eridano (il Po], sulle cui spon-
Fauno: re del Lazio, figlio di Pico e di Cir- de le sue sorelle piangenti (Eiiadl) furono
ce (da non confondere con il dio Fauno], e pa- trasformate In pioppi. Con le Eliadl, la morte
dre di Latino, la cui madre è la ninfa Marica di Fetonte è stata pianta anche da Cigno, pa-
(VII, 58-61]. Divinizzato dopo la sua morte, dre di Cupavone (X, 244-250].
per le sue qualità profetiche, era oggetto di Fidane: città sulla sinistra del Tevere, a
culto particolare nella selva Albunea (VII, 99- nord della confluenza deii'Anlene (VI, 932].
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Dizionario dei nomi e dei luoghi 533
Fllottete: figlio di Peante ed arciere famoso, Forco: 1) figlio di Nettuno e di Gea, padre
ereditò. dall'amico Ercole l'arco e le frecce in- delle Gòrgonl, diventò dopo la morte un dio
fallibili, perché lntlntl nel sangue dell'Idra di marino al seguito del padre (V. 261 e 871);
Lerna. In viaggio per Troia fu morso ad un 2) padre di sette fratelli rutuli, che tentano
piede da un aspide e la plaga, che si formò, di sbarrare la strada ad Enea scagliandogli
cominciò ad emanare un odore cosl Insoppor- contro sette dardi; ed Enea, rimasto illeso,
tabile che Agamennone lo costrinse a sbarcil- reagisce e ne uccide due; un terzo è ucciso
re nell'lsoletta di Lenno, ove visse per parec- da Acate {X, 419-444).
chi anni solo, con l tormenti del suo piede pia- Forull: città sabina, nel territorio dell'attuale
gato. l Greci, che non riuscivano a piegare comune di Scoppito (L'Aquila), schierata con-
la resistenza del Troiani, seppero un giorno tro l Trolani agli ordini di Clauso (VII, 821).
dall'oracolo che la città poteva essere espu- Frigia: Virgilio usa questo nome, non per in··
gnata solo con le frecce d'Ercole, possedute dlcare una regione geografica dell'Asia Mino-
da Filottete. Ullsse e Neottolemo allora si re, ma per designare la patria del Troiani (1,
recarono a Lenno e indussero l'ammalato a 542, ove l trolani sono detti Frigi); la terra
seguirli a Troia, dove Macaone lo guarl. Filot- che Cibele attraversa lieta della sua prole di-
tete con le sue frecce uccise poi Paride. La vina (VI, 945-947); e quando Llgeri dice ad
leggenda costltul l'argomento di tragedie di Enea che non combatte ora sulla sua terra, ma
Eschilo, Sofocle e Euripide; è giunta però fino in una terra ove troverà la fine della guerra
a noi soltanto quella di Sofocle, Intitolata ap- e della sua vita (X, 734-737); e ancora Frigi
punto • Fllottete •. Virgilio lo ricorda come re per Trolani (Xi, 178) e armi frigie per armi
di Melibea, in Tessaglia (111, 488-490). trolane.
Flneo: figlio di Agenore e di Cassiopea, re Ftla: città della Tessaglia, patria di Achille;
di Salmidesso nella Tracla, per aver accecato gli archeologi l'avrebbero Identificata con la
i figli della prima moglie fu da Giove punito città di Farsalo. Giove la nomina a Venere
con Il tormento delle Arpie. Fu poi liberato per Indicare la grandezza dell'Impero sul qua-
da Càlal e Zete (111, 262-264). le un giorno dominerà • la casata d'Assaraco •
Flamini: da • flare •. soffiare, Il nome signi- (1, 330-332).
fica coloro che accendono, rawlvano Il fuoco Fucino: lago allora grande, sulle cui sponde
per l sacrifici. Erano perciò sacerdoti addetti vivevano i Marsi, schierati contro Enea, e si
alla celebrazione di determinati sacrifici e atti estendeva il bosco sacro di Angizia (VII, 873).
di culto, compiuti con rituale identico per tutti Furie: nome romano delle Erlnnl grecha:
gli dèi, almeno per l principali. • le colleriche •, divinità del mondo sotterra-
Flavlnla: città del Lazio, nella zona del Cl- neo, personificazionl della maledizione e della
mino, che si schiera In favore di Turno al co- vendetta, soprattutto contro i delitti di sangue.
mando di Messapo (VII, 799). Secondo Esiodo sono figlie di Gea, nate dal
Flegetonte: il nome suona • ardente •, ed è sangue di Urano mutilato dal figlio Crono e
fiume dell'Averno (VI, 333), che circonda la devono quindi esse stesse la propria origine
città di Dite con le sue acque vorticose • di ad un delitto. Dal quinto secolo in poi le Furie
fuoco che trascinano massi risonanti • (VI, furono identificate in Aletto, Tisifone, Megera
680-682). e l'arte le rappresentò con visi torvi e capelli
Flegiaa: figlio di Marte e di Crlse, padre di fatti di serpl. Le Furie vivono nel vestibolo
lssione e di Coronide. Regnò In Orcomeno, e quindi nell'entrata dell'Erebo (VI, 354); Giu-
nella Beozia, sul Lapltl. Apollo gli oltraggiò none adirata che Enea sia sbarcato nel Lazio,
la figlia, da cui nacque Esculapio, ed egli, Ira- chiama Aletto e le ordina di far sl che Enea
to, dette fuoco al tempio di dio in Delfo, onde non sposi Lavinla e l Troianl non si fermino In
gli dèl lo condannarono nel Tartaro alla pena Italia (VII, 370-388); le Furie sono dette anche
d'avere sospeso sul capo un enorme macigno, Eumenidl (IV, 567) e Vendicatrici (VII, 571);
che sempre minaccia di schiacciarlo (VI, 762- Didone, perduta ogni speranza che Enea ri-
765). nunci a partire, è Invasa dalle Furie (IV, 573)
Folo: centauro dei più celebrati, ospitò Er- e le Invoca contro Enea (IV, 736); anche Cati-
cole quando questi cacciava Il famoso cin- lina - effigiato sullo ttcudo di Enea - è atter-
ghiale sulle pendlcl deii'Erimanto; durante Il rito dalle Furie (VIli, 778); e le Furie sono an-
convito scoppiò una rissa tra Ercole e l com- che effigiate sullo scudo di Enea nel mezzo
mensali, che erano Centauri. Ercole ne fece della battaglia d'Azlo accanto a Marte (VIli,
strage, e tra gli uccisi fu anche Folo che ave- 814-815); una delle Furie, sotto forma di gufo
va tentato di separare l contendenti (VIli, 342). o di civetta, è Inviata da Giove a svolazzare
Foloe: schiava cretese che Enea dà a Serge- intorno a Turno ed a togliergli ogni forza
sto per aver salvato, nella regata dei giochi (Xli, 1059, 1069, 1077-1085).
funebri In onore di Anchise, la nave e i com-
pagni {V, 310-313). Gabll: città del Lazio, tra Roma e Prenesti-
Forbente: il Sonno, figlio dell'Erebo e della na. SI alleò a Turno contro i Troianl agli or-
Notte, padre del Sogni, prende le semblanze dini di Cerulo. Giunone vi aveva un tempio
di Forbante, compagno di Palinuro, per addor- con la denominazione di. Giunone Gabina (VII,
mentare Il nocchlero e farlo cadere a capo- 784); Gabi sarà una delle città che fonderanno
fitto nel mare (V, 8116-907). l discendenti di Enea (VI, 933); Il console
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534 Dizionario dei nomi e dei luoghi
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Dizionario dei nomi e dei luoghi .53 5
ne di non Intervenire (Xli, 908-911. 1008-1053) se vincitori, nulla rimanga nel lazio (Xli, 1027·
e Turno sente che ormai il Nume gli è av- 1037); abbandona la nuvola e da quel momen·
verso (Xli, 1118-1119]. Con questo atteggia· to diventa la protettrice dei Romani (1. 326-
mento d'imparzialità e di adesione alla vo· 329). Inoltre è cenno della regina degli dèi
lontà del Fato, Giove è presente nel poema come ostile ai Trolanl In l, 6, 13·16, 32·43,
anche In altre innumerevoli circostanze. 511-521; 111, 462 e 533·536; VI, 114·115. Inol-
Giunone: grande divinità romana, immagi- tre: l, 155, 784, 794; 111, 533-537; IV, 60, 74,
nata figlia di Saturno e di Rea, è moglie di 135, 144, 202, 442, 733-738; x. 227-228.
Giove e regina del Cielo. Quando i Romani Giuturna: sorella di Turno, ninfa del fiumi,
vennero a contatto con la civiltà greca, Giu- dei laghi e delle fonti (Xli, 179]; nell'• Enei·
none fu presto Identificata con Era greca, co- de • interviene awisando il fratello di correre
me Giove con Zeus. l'origine del nome non in aiuto a lauso (X, 559-560); sollecitata da
è chiara, ma si presume che derivi da • iuve- Giunone, tenta di allontanare dal fratello il
nis • (giovane, fiorente). le erano sacri l'In- Fato, che lo vuole ucciso dalle armi di Enea
tero mese di giugno e le calende di ogni (Xli, 173-203]; assume la sembianza di Ca-
mese, e le erano attribuiti gli appellativi di merte ed eccita i Rutuli a rompere il patto
luclna, come personiflcazione della luce cele- che la guerra si dovesse risolvere con il ciuel-
ste e protettrice delle nascite, di Pronuba, co- lo tra Turno ed Enea (Xli, 287-335); con le
me protettrice della casa, ordinata nell'istitu· sembianza di Metisco, auriga di Turno, con-
zione del matrimonio (IV, 74-75); e di Moneta, duce il fratello al margini del campo di bat·
come dea del buon consiglio (da • moneo • taglia (Xli, 569-606]; mentre Turno, che sente
ammonire); appellativo quest'ultimo che, es- In laurento un rumore insolito, vorrebbe ri-
sendo il tempio di Giunone a Roma vicino alla tornare nella città, Giuturna insiste per trat-
Zecca, passò a significare • denaro • in tutte tenerlo (Xli, 786·792]; porta al fratello la spa-
le lingue di quei popoli che appresero dai Ro· da (Xli, 984-986); Giunone confessa a Giove
mani il conio. Nell'• Eneide • è ricordata av· che l'intervento di Giuturna è opera sua (Xli,
versaria dei Troiani e protettrice dei Cartagi· 1020-1025]; Giove allontana Giuturna dal cam-
nesl (1, 20-43); perciò chiede a Eolo di disper- po (Xli, 1056-1057, 1069); sconfortata, Giutur-
dere con i venti la flotta di Enea (1, 63-93]; na piange sul tragico destino del fratello e
aveva già collaborato alla distruzione di Troia abbandona il campo di battaglia (Xli, 1086·
(Il, 746-749); pensa di trattenere Enea a Car- 1109].
tagine e d'impedirgli in tal modo di ·andare Glauco: 1) divinità marina. Già semplice pe-
in Italia (IV, 117-158]; per prima, insieme con scatore, un giorno vide che i pesci da lui
la Terra, dà il segnale che Didone ed Enea, tratti sulla riva, al contatto casuale con un'er-
per ripararsi dalla pioggia, si sono rifugiati ba della spiaggia, riprendevano vita e vigore.
in una grotta (IV, 202-203]; quando Enea ob- Allora volle gustare di quell'erba e si trovò
bedisce all'ordine di Giove e parte per l'Italia, trasformato in dio marino del corteo di Net·
assiste l'infelice Didone lnviandole lri (IV, tuno (V, 869-871]; è padre di Deitobe (VI, 42)
836-850]; ma il suo odio contro i Troiani con- che non è Deifobe, figlio di Priamo e ucciso
tinua e tenta ancora d'impedire il loro sbarco da Achille, che Enea incontrò nell'Averno
in Italia, dapprima incitando per mezzo di lri (VI, 613]; 2) Troiano incontrato da Enea nel·
le donne trolane a Incendiare, a Erice, le navi l'Averno (VI, 599].
(V, 635-677); poi, quando s'awede che i Troia- Gorgoni: sono le tre figlie di Forco (Steno,
n! sono sbarcati nel lazio, manda Aletto a Euriale e Medusa], femmine di aspetto spa-
provocare la guerra dei popoli latini contro ventevole, alate, angulcrinite, con lo sguardo
Enea (VII, 332-369]; e lei stessa apre le porte che mutava In pietra chi le guardava. la più·
del tempio di Giano (VII, 707-709); da questo terribile, Medusa, fu uccisa da Perseo; Enea
momento protegge Turno, che costituisce la le incontra nel vestibolo dell'Averno (lfl, 364).
sua ultima speranza; perciò gli invia lri ad in- Gracchi: Tiberlo e Caio Gracco, figli di
citarlo ad attaccare i Troiani mentre Enea è Cornelia e di Tiberio Sempronio Gracco che
assente (IX, 1-16]; lo salva dall'asta di Pan- nel 214 vinse Annibale a Benevento e fu poi
daro deviandola (IX, 892-894); alle accuse di ucciso dai Cartaginesi In un agguato. Avver·
Venere risponde giustificandosi con una ver- sari del partito aristocratico, passarono alfa
sione abilmente alterata del fatti e a sua voi: storia come campioni di giustizia sociale e
ta accusando Venere adducendo motivi Ine- promotori di leggi che miravano ad eliminare
satti (X, 81-224]; poi ottiene da Giove che la l'oppressione della plebe. Enea li incontra nei
morte di Turno, pur voluta dal Fato, sia pro· Campi Elisi (VI, 1018).
crastinata (X, 76+795); quando giunge l'ora Gran Madre Idea: figura misteriosa di di-
voluta dal Fato, ricorre ad un tentativo estre- vinità che Il mito presenta ora con il nome di
mo: dà a Gluturna il compito di tenere Turno Rea, la madre degli dèl e degli uomini, ora
lontano da Enea, per impedire che i due eroi con quello di Cibele, divinità frigia. Era dai
combattano tra loro (Xli, 173-203]; ma anche filosofi considerata come il principio della
l'Intervento di Giuturna non è sufficiente; Giu· vita. Nell'• Eneide • è variamente nominata
none, che parla con Giove assisa su una nu- Gran Madre, Madre, Clbele, Berecinzia (111,
vola, deve abbandonare la lotta (Xli, 993-1027]; 136; VI, 944-945; IX, 137; X, 287).
e chiede in compenso che dei Troiani, anche Gravlsca: città etrusca sul mare, porto di
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536 Dizionario dei nomi e dei luoghi
Tarquinia, partecipa alla guerra contro i La- Giove predice a Venere l'awenire glorioso
tini (X, 239). di Enea e della sua stirpe, è chiamata Rea
Guerra: figura mostruosa che Enea vede al- Silvia (1, 317-319). ·
l'ingresso dell'Averno (VI, 353). Ilio: nome usato spesso per indicare Troia
(1, 313); Eleno ha chiamato ilio la nuova cit-
ladi: costellazione apportatrice di tempo tà da lui costruita in Grecia, nella terra che
piovoso (1, 885; 111. 635). da Caon chiamò Caonla (111, 413); Enea, in ac-
lapige: medico troiano, figlio di faso, era cordo con Aceste, costruisce in Sicilia una
cosi caro ad Apollo che il dio gli insegnò l'ar- nuova città e ad una parte di essa dà il nome
te medica. Enea ferito ricorre alle sue cure di Ilio (V, 800).
(Xli, 499-517); con l'aiuto di Venera laplge rie- lllone: figlia primogenita di Priamo, sposa
sce ad estrarre la freccia dalla ferita ed a di Polinestore, re della Tracia. Enea regala a
guarire prodigiosamente Enea che può così Didone l gioielli di lllone: lo scettro, una col-
ritornare sul campo di battaglia (Xli, 536-547). lana di perle, la corona doppia d'oro e pietre
larba: figlio di Giove Ammone e della ·nin- preziose (1, 763-766).
fa Garamantide (IV, 233-237); aveva chiesto Jlloneo: uno dei compagni di Enea: nella
In sposa Didone, ma ne ottenne un rifiuto (IV, tempesta sollevata da Eolo la nave, ch'egli
48); Didone, per trattenere Enea, dice che comanda, Imbarca acqua (1, 144-145); gettato
larba potrebbe assalire la città, farla prigio- con i compagni sulle coste africane, presenta
niera e portarla schiava In Getulia UV. 386- a Didone sé e l suoi amici (1, 606-607); poco
388). dopo si ritrova con Enea (1, 716-718); guida
lasio: fratello di Dardano (111, 209). gli ambasciatori a Latino (VII, 250-290); con-
Icaro: v. Dedalo. siglia, con lulo, Ideo e Attore di prendere In
Ida: 1) monte dell'isola di Creta, dove nac- braccio e portare nella tenda la madre di Eu-
que Giove (111, 127-128); 2) monte della Troa- rlalo (IX, 607-609); combatte valorosamente e
de, intimamente legato alla storia di Troia e uccide con una grossa pietra Lucezio (IX, 690-
ripetutamente ricordato nell'• Eneide •. Dalle 692).
selve del monte Ida Enea trasse il legname Ilo: figlio di Troo e di Calliroe, nipote di
per costruire la sua flotta (1, 806; Il. 847, 972; Erittonlo e pronipote di Dardano, fratello di
Ili, 8-13; V, 178, 473; IX, 100-101; X, 298-300; Assaraco e di Ganimede, fondatore di Troia
Xl, 355). o Ilio, è Incontrato da Enea nei Campi Elisi
Ideo: auriga di Prlamo che Enea incontra Insieme con altri principi discendenti da Dar-
negli Inferi tra gli uomini Illustri in guerra: dana (VI, 795).
Ideo fu il solo che accompagnò il vecchio re lmaone: rutulo che involontariamente è la
nella tenda di Achille (VI, 595). causa della morte di Aleso, il quale, per pro-
ldomeneo: figlio di Deucalione, nipote di teggere con lo scudo l'amico, scopre se stes-
Minosse, principe dei Cretesi, fu uno dei pre- so e Pallante lo colpisce con un giavellotto
tendenti di Elena e partecipò alla guerra di (X, 539-541).
Troia. Al termine della guerra, mentre ritor- lmbraso: padre di Glauco e Lado, detti lm-
nava In patria, fu sorpreso da una tempesta e, brasldl, allevati In Licia e armati per combat-
per sfuggire al naufragio, promise a Poseido- tere a piedi o correre a cavallo, uccisi da
ne di sacrificargli, se lo scampasse, ciò che Turno (Xli, 440-443).
per primo Incontrasse toccando terra. Per pri- lmella: torrente della Sabina, l'attuale lmel-
mo incontrò suo figlio e mantenne ugualmente le, affluente di sinistra del Tevere (VII, 821).
la promessa. Gli dèi esterrefatti, lo punirono Imeneo: il significato originario esatto non
facendo scoppiare nell'isola una pestilenza; i è chiaro: poteva essere un canto nuziale o
Cretesi allora insorsero e ldomeneo fu co- le nozze stesse, ed anche il dio delle nozze
stretto a fuggire; si rifugiò a Colofone, dove (Imene, figlio di Venera e di Bacco, che si rap-
morì. Enea sente accennare alla fuga di ldo- presenta giovane, con In mano una face e
meneo dall'isola, quando vi sbarcò con l pro- indosso un velo, il·flammeo•J (IV, 158 e 373).
fughi troiani (111, 149-153); e gliene fa cenno Inaco: fondatore di Argo e antenato, dice la
anche Eleno (Ili. 487); ed ancora ne fa cenno regina Amata a Latino, di Turno (VII, 422-424);
Dlomede agli ambasciatori latini (Xl, 330). è raffigurato sullo scudo di Turno come padre
Ifigenia: figlia di Agamennone e di Cliten- di lo e come fiume (VII, 907-910).
nestra, fu dal padre sacrificata a Diana in Au- Indi o Indiani: abitanti dell'India. indicati
lide per placare l'ira della dea che impediva come popolo dell'estremo oriente fino al qua-
alle navi greche, pronte a salpare per Troia, le giungeranno i confini dell'impero romano
di uscire dal porto. Il suo sacrificio è ricor- (VI, 956-957; VIli. 819).
dato da Slnone (Il, 146-148). India: la terra orientale più lontana nota
lflto: trolano. compagno di Enea nella notte al Romani (VII, 686).
dell'Incendio di Troia (Il, 537). lnuo: divinità silvestre affine a Fauno e al
llla: è la Rea Silvia della tradizione più co- greco Pan. Dava il nome ad una località poco
munemente seguita, madre di Romolo e Re- a sud della foce del Numico, detta Castrum
mo. Qui Virgilio la dice Vestale della stirpe lnul, sul mar Tirreno (VI, 934).
d'Assaraco, e la ricorda come madre di Ro- • lo: v. 2), Argo.
molo (VI, 936-937). Nel Canto primo, quando lopa: poeta cartaginese, allievo del grande
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Dizionario dei nomi e dei luoghi 537
Atlante, canta Il moto degli astri e i miti del- lsmaro: nobile figlio di gente Meonia, quindi
l'origine del mondo (1, 880-888). trolano (X, 180-184).
lpanl: trolano, compagno di Enea nella not- !salone: re dei Lapiti, abitanti della Tessa-
te tragica dell'incendio di Troia (Il, 425); dopo glia e padre dei Centauri e di Peritoo. Accolto
aver indossato le armi dei Greci per ingan- neii'Oiimpo da Giove, offese Giunone e il re
narli, rimane ucciso dal Troianl (Il, 528). degli dèl lo precipitò nel Tartaro (VI, 741-742).
lppoconte: troiano che partecipa alla gara ltsca: Isola dello tonto, la patria di Ulisse e
di tiro con l'arco nel giochi funebri in onore di Achemenlde. Enea la costeggia • maledi-
di Anchlse (V, 517, 531). cendo la terra materna del feroce Ulisse •
lppollta: regina delle Amazzoni, vinta da Er- (111, 337-338).
cole e da questi data In sposa a Teseo. A lei Italia: fino al V secolo a. C. indicava sol-
VIrgilio paragona Camilla (Xl, 817). tanto la Calabria; poi fu variamente usata
lppollto: figlio di Teseo e di lppolita, si de- per designare la penisola o una parte di essa;
dicò alla caccia fin dalla prima adolescenza e ma Incerta è l'etimologia del nome. Anche
ottenne la protezione di Diana. Quando, morta Virgilio usa In vario modo il termine Italia:
lppolita, il padre sposò in seconde nozze Fe- ora Italia è soltanto il lazio, altra volta è
dra, la matrigna accusò presso il marito il tutta la penisola o la parte al sud dell'Etruria;
figliastro, del quale si era Innamorata ed egli più frequentemente il poeta si serve dei nomi
l'aveva Invece respinta, di averle mancato di più antichi diventati d'uso poetico: Esperia,
rispetto. Il padre credette e pregò Nettuno Enotrla, Ausonia (1, 3, 86, 295, 307, 441, 621,
di punire Il figlio. Nettuno, mentre lppolito 644, 645; 111, 207, 231, 315, 463, 537, 563, 589,
andava in esilio, fece uscire dal mare un mo- 622, 643, 818; IV, 136, 207, 273, 282, 409, 415,
stro che spaventò l cavalli, l quali fecero 430, 455; V, 19, 90, 743, 770; VI, 75, 915; IX,
sbattere Il cocchio sugli scogli e morire mi- 391; Xl, 523; Xli, 46,54).
seramente il giovane innocente. Diana, impie- ltalo: mitlco re degli Enotrl, che avrebbe
tosita, pregò allora Esculaplo di rlchiamarlo dato il nome all'Italia. Gli ambasciatori troia-
In vita con la sua arte medica. lppolito risu- n! ne vedono il simulacro nel vestibolo della
scitò, ma quando Giove conobbe l'accaduto, reggia di latino a Laurento (VII, 212).
fulminò Esculapio, e altrettanto avrebbe fatto
con lppolito, se Diana non lo avesse nascosto Lablcanl: abitanti di labico, città dei la-
presso la ninfa Egerla con Il falso nome di tini al piedi del monti Albani, cui faceva capo
Vlrblo. Qui sposò la ninfa Aricia, dalla quale la via lablcana, l'attuale via Casilina. Sono
ebbe un figlio che chiamò con lo stesso suo alleati di Turno (VII, 914).
nome, Virbio, il quale si alleò con Turno con- Laclnla: nome dato a Giunone per il tempio
tro l Troianl (VII. 874-899). famoso nel quale era venerata presso Croto-
lrcanl e lrcanla: popolo e regione che la ne, del quale '!ono ancor oggi visibili le ro-
tradizione presentava selvaggia, Inospitale e vine (111, 677).
abitata da numerosi animali feroci. Si esten- Laocoonte: sacerdote troiano di Apollo, che
deva a sud del Mar Caspio, come l'attuale terita Invano di· dissuadere i Troiani dal trai-
Iran e parte della Persia antica, quella occu- nare In città il cavallo di legno (Il, 54-65);
pata dal Parti (IV, 436; VII, 685). Pallade fa uscire dal mare due enormi ser-
lrl o lrls o Iride: figlia di Taumanté e del- penti che stritolano e divorano i due figli di
l'oceanlna Elettra, personlficazione dell'arco- Laocoonte, poi lo stesso laocoonte (Il. 250-
baleno, messaggera degli dèi, specialmente 283); l'awenlmento tragico convince i Troiani
di Giove e di Giunone. Giunone la invia pres- che il cavallo sia sacro a Mlnerva e che lao-
so Didone morente (IV, 836-851); e presso le coonte abbia pagato il delitto compiuto per-
donne Trolane ad lstigarle, con le sembianza cuotendogli Il dorso con la lancia per dimo-
.di Beroe, ad Incendiare le navi (V, 637-699); strare ch'era pieno di armati (Il, 284-290).
ed ancora a Turno ad esortarlo ad assalire, Laodamìa: figlia di Acasto, re di lolco, e
durante l'assenza di Enea, l'accampamento sposa di Protesllao, quando seppe che il ma-
trolano (IX, 1-27); l'uno e l'altro Incarico sono rito era stato ucciso da Ettore nella guerra
ricordati da Venera al congresso degli dèi (X, di Troia, pregò tanto gli dèi che essi le con-
49-50); Giunone risponde deformando l'accusa cessero che il marito risuscitasse per qualche
di Venere (X, 95-96); anche Giove si serve di ora. Poi quando Il marito mori definitivamen-
Iride (IX, 957-961). te volle seguirlo nella tomba. Enea la Incontra
lrtaco: troiano, abile cacciatore, devoto di nel Campi del Pianto (VI. 559).
Diana e padre di lppoconte (V, 517-518) e di Laomedonta: re di Troia, figlio di Ilo e di
Ntso (IX, 221-222, 497-501). Euridice, padre di Priamo e di Estone, non cor-
lsbone: rutulo ucciso da Pallante (X, 490- rispose a Netttuno la mercede pattuita per la
495). costruzione delle mura della città, e Nettuno
Ischia: Isola di fronte a capo Mlseno. Gio- si vendicò con l'invio di un mostro marino al
ve la scaraventò addosso al gigante Tifeo (IX, quale Il re avrebbe dovuto sacrificare la figlia
864-865). Estone. Ma la ragazza fu salvata dall'Interven-
lsrnara: città della Tracta, al piedi del monte to di Ercole, al quale laomedonte aveva pro-
lsmaro, sulla costa dell'Egeo, patria di Ida, messo In dono l cavalli avuti da Giove. Ma
del quale Enea uccide tre figli (X, 445-447). neppure con Ercole mantenne la promessa: e
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538 Dizionario dei nomi e dei luoghi
. l'eroe gli mosse guerra, lo fece prigioniero, sensazione della catastrofe Imminente (Xli.
lo uccise, distrusse le mura della città e 2, 21); e quando Venere ispira ad Enea di
portò con sé Esione, che poi dette in moglie attaccare Laurento (Xli, 703, 748); e Saces
al suo amico Telamone. Celeno, la regina delle dice a Turno di correre a salvare la città mi-
Arpie, apostrofa i Troiani con disprezzo, chia- nacciata (Xli, 823); e quando assistono al
mandoli figli di Laomedonte (111, 307-310); in duello tra Enea e Turno (Xli, 915); e Giunone,
conseguenza del contegno di. Laomedonte i che accetta il destino di Turno e prega Giove
Troiani passarono alla storia come fedifraghi, di disporre che i Latini non cambino l'antica
e Didone accusa della stessa colpa Enea di- denominazione (Xli, 1032, 1048).
cendolo della stirpe di Laomedonte (IV, 650- Latino: figlio di Fauno e di Marica, marito
651). di Amata, padre di Lavlnia e re di Laurento,
Lapltl: popolo leggendario della Tessaglia, il cui regno era legittima dote della figlia, che
che però una versione più recente considera molti desideravano in sposa, ma che, secondo
storico e scomparso in età remota. Dai Lapiti l'oracolo, era invece destinata ad uno stra-
avrebbero tratto origine le famiglie nobili del- niero (VII, 56-126); quando arriva Enea com-
la Tessaglia e quindi figuravano In possesso prende che questo era lo sposo destinato a
di nobili qualità. Nella mitologia i Lapiti sono sua figlia (VII, 291-318); Giunone, che aveva
noti per la lotta contro i Centauri, avvenuta tentato d'impedire che Enea giungesse nel La-
in occasione delle nozze del lapita Plritoo zio, Incita Amata a impedire il matrimonio di
con lppodamla, poiché durante il banchetto i Enea con Lavinia e Turno a muovere guerra
Centauri, ubriachi, avrebbero tentato di rapire al Troiani fino a distruggerli; e Latino, vec-
le donne lapite, e i mariti Insorsero e li cac- chio e stanco, non sa opporsi a questi dise-
ciarono dalla Tessaglia. Ma l Lapitl che, se- gni ed a mantenere la promessa fatta a Enea,
condo la concezione più antica, erano abita- In obbedienza al Fato, e si ritira dal regno
tori delle montagne, come dice lo stesso loro (VII, 702-709); Latino riappare sulla scena
nome, e nella leggenda personificazione della quando, dopo il fallimento dell'ambasceria a
tempesta, più tardi, con il declino del potere Diomede e la sconfitta subita dagli ltalici do-
aristocratico, furono considerati violenti e sa- po lo sbarco di Enea con l'esercito Etrusco,
crileghl: lssione avrebbe osato oltraggiare convoca il Consiglio dei Maggiorenti e pro-
Giunone, e Piritoo, suo figlio, avrebbe tentato pone la pace (Xl, 288-300, 375-417) e consiglia
con Teseo di rapire Proserpina nell'Inferno; personalmente la pace anche a Turno, che in-
perciò essi sono condannati nel Tartaro, dove vece gli manifesta il desiderio di concludere
li incontra Enea (VI, 741-742). la guerra combattendo egli solo con Enea
Lari: divinità latine che presiedevano alla (Xli, 25-59); Turno rifiuta ancora le proposte
casa, la tutelavano negli affetti domestici, nei di Latino, e il re accetta di assistere all'in-
ricordi degli antenati, nella pratica delle virtù contro giurando i patti in nome degli ltalici
familiari. Il culto dei Lari si allargava anche (Xli, 249-272); ma l patti sono infranti e La-
oltre le pareti domestiche, come protettori tino si ritira nella reggia (Xli, 371-373); le
della famiglia più grande: la patria. Venivano parole di Enea In procinto di assalire Lauren-
raffigurati come giovinetti (V, 786; VIli, 631). to (Xli, 710-722, 728-733) e il suicidio di Ama-
Larlna: compagna d'armi di Camilla (Xl, ta (Xli, 755-761 l fanno comprendere a Latino
810). la sua debolezza e il vecchio re si rammarica
Latini: nome usato per lo più per designare di non aver accolto Enea, spontaneamente,
gli abitanti del regno di Latino, ma spesso an- facendolo suo genero (Xli, 768-774).
che quelli del Lazio e, meno, dell'Italia. Il Latona: figlia del Titano Ceo e di Febe, mo-
nome è frequentissimo nel poema, citato in glie di Giove prima di Giunone e madre di
circostanze svariatissime, come nel canto l, 8 Apollo e Diana, nati gemelli nell'isola di
per Indicare la terra nella quale il Fato voiiP, Delo (1, 583-584).
che Enea guidasse i Troiani superstiti alla di- Laurento: la città in cui Latino ha la sua
struzione della loro città e fondarne una nuo- reggia. Il nome deriva da un lauro che Latino
va; o quando il poeta ricorda che Ascanio ha consacrò ad Apollo nel cortile della sua reg-
insegnano al prischi Latini il gioco che ha gia (VII, 72-78); Turno alza la bandiera di
diretto in Sicilia per le onoranze funebri del battaglia sulla rocca di Laurento (VIli~ 1-6);
nonno Anchlse (V, 624-628); o da Cimodocea, Venere intimorita dalle minacce che vengono
che incita Enea ad accelerare la corsa della da Laurento fa costruire per il figlio le armi
nave per correre in aiuto di lula assediato da Vulcano (VIli, 431-449); Enea promette di
nell'accampamento dai Latini terribili nelle punire i Laurentinl (Vili, 625); Venere conse-
armi (X, 306-308); o da Enea nel rispondere gna al figlio le armi costruite da Vulcano e lo
agli ambasciatori Latini recatisi nel campo Incita ad assalire In battaglia i Laurentini
troiano a chiedere la tregua (Xl. 131, 164); (VIli, 710-716); Giove promette a Cibele di
durante gli onori funebri ai caduti (Xl, 242); trasformare in ninfe le navi dopo che Enea
o la risposta di Diomede agli ambasciatori sarà sbarcato in terra laurentina (IX, 122-130);
Latini (Xl, 286, 294); oppure durante il consi- dalla città latina partono l cavalieri che, con
glio dei maggiorenti convocati da Latino (Xl, Volcente, scopriranno Eurialo e Niso (IX, 450-
378); ma anche per indicare la cavalleria degli 459); Turno si lamenta con Giove di averlo
ltalici (Xl, 746, 762, 765); da Turno che ha la portato lontano da Laurento (X, 839-843); nella
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Dizionario dei nomi e dei luoghi 539
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540 Dizionario dei nomi e dei luoghi
caccia, ad Apollo quando lascia la llcia Inver- 390 a. C. Il Campidoglio contro l Galli. t: ef-
nale (IV, 175-177); Enea giustifica a Didone la figiato sullo scudo di Enea (VIli, 758-771).
sua partenza dicendo d'essere costretto dagli Manto: profetessa ltalica che sposò Tihe-
oracoli di Apollo di llcla (IV, 410): Enea vede rino, re di Alba. Suo figlio Ocno edificò una
nell'Averno Leucaspl e Oronte, capo della flot- città che dal nome della madre chiamò Man-
ta picia, periti nella tempesta (VI, 416-420); tova (X, 257-258).
l guerrieri che seguono Clauso sono tanti co- Mantova: v. Manto. Forse di origine etru-
me le spighe che maturano nel campi della sca, partecipa con gli Etruschi, alleato di
Llcia (VII, 829-830); in llcla si fabbricavano Enea, alla guerra contro l Latini (X, 260-264).
ottime frecce (VIli, 185). Marcello: 1) Marco Claudio Marcello, con-
Llco: pianto da Enea come perito nel nau- sole per cinque volte, nel 222 a. C. sconfisse i
fragio (1, 260-262) e da Enea ritrovato nella Galli lnsubrl a Casteggio, uccidendo lo stesso
reggia di Didone (1, 683-685); si salva dalla re barbaro, Vlridomaro. Fu console anche ne-
caduta della torre (IX, 658-660) e fugge (IX. gli anni 214, 210 e 208 a. C.; quando Annibale,
674-675); raggiunge le mura, ma Turno lo uc- dopo la vittoria al Ticino e alla Trebbia (218
cide (IX, 679-687). a. C.), al lago Trasimeno (217 a. C.) e a Canne
Llcurgo: re degli Eoni, popolo della Tracia, (216 a. C.) sembrava che potesse considerarsi
che fu punito da Bacco con la pazzia e con la padrone d'Italia, Claudio Marcello nel 215
morte per essersi opposto violentemente al- riuscl a tenere In scacco il grande generale
l'Introduzione del suo culto (Ili, 20). cartaginese; nel 214 assediò Siracusa e nel
Llgerl: guerriero ltallco, fratello di Lucago, 212 la prese. Lo Indica Anchise ad Enea nei
abbatte il troiano Emazlone (IX, 692-693); nella Campi Elisi tra le anime destinate a ritornare
battaglia· sul litorale, accesasl all'arrivo di sulla terra (VI, 1035-1041); 2) Marco Claudio
Enea con gli aiuti etruschi. llgeri e suo fra- Marcello, figlio di Ottavla, sorella di Augusto,
tello affrontano Enea, ma hanno ambedue la e di Gaio Claudio Marcello, che, adottato dal-
peggio (X, 727-758). l'Imperatore, Il quale si apprestava a dichia-
Lilibeo: promontorio della Sicilia occidenta- rarlo suo successore, mori nel 23 a. C. a ven-
le, ora detto anche Capo Boeo, presso Mar- t'anni lmprowisamente, destando un generale
sala (111, 859). compianto. Si pensò anche ad un awelena-
mento da parte della terza moglie di Augu-
Llrneso: città deii'Eolia, patria di Ammone sto, Livia, che avrebbe In tal modo voluto as-
(X, 167) e di Eolo che aveva già combattuto sicurare la successione, come realmente poi
contro i Greci a Troia e n'era uscito salvo, accadde, al proprio figlio di primo letto, Ti-
mentre ora è ucciso da Turno (Xli, 683-691). berlo. t: Indicato ad Enea da Anchise nel Cam-
Locresi: scampati al naufragio del Capo Ca- pi Elisi, tra le anime destinate a reincarnarsl,
fareo, ove invece peri il loro capo Aiace, i Lo- con parole che hanno destato profonda com-
cresi di Nàrice, sbarcarono In Calabria, vi fon- mozione (VI, 1045-1072).
darono una città e dalla loro patria di prove- Marlca: ninfa ltalica che aveva un bosco
nienza, la Locrlde, la chiamarono Locri (111. sacro presso Minturno. Secondo Virgilio era
486). sposa di Fauno e madre di Latino (VII, 58-59).
Lucifero: nome del pianeta Venera che nel- Marsi o Marrubi: popolo italico che abitava
la sua rivoluzione intorno al sole, in un pe- nell'alta valle del Liri e sulle sponde meridio-
riodo dell'anno è visibile ad oriente prima del nali e orientali del lago Fucino. Dal nome
sorgere del sole (VIli, 688). della città capitale, Marruvium, sono detti an-
Lupercele: grotta sulle falde del colle Pa- che Marrubl. Sono scesi in guerra contro l
latlno, dagli Arcadi di Pallanteo consacrata a Troianl al comando di Umbrone (VII, 869-871).
Pan Liceo o Fauno, il dio che difende il greg- Marta: dio della guerra, identificato con il
ge dal lupi, e dove la leggenda racconta che dio Ares del Greci, figlio di Giove e di Giu-
la lupa allattò Romolo e Remo. A Roma ogni none (Zeus e Era). Nel primi secoli di Roma
anno il 15 febbraio si celebravano le Luperca- fu venerato come divinità agreste della pri-
lla, feste In onore di Fauno detto appunto Lu- mavera che ha Il soprawento sull'inverno: più
percus (VIli, 399-401). tardi soltanto divenne dio guerriero. Ancora
al tempi di Numa Pomplllo, l Salii nel mese
Macaone: uno del Greci rinchiusi nel ca- di marzo, a lui dedicato, percorrevano la città
vallo di legno fatti uscire da Sinone (Il, 327- danzando, cantando i • Carmina saliaria • e
330). agitando l dodici scudi tra i quali era quello
Mago: guerriero latino che Implora pietà da caduto dal cielo davanti a Numa che pregava.
Enea, e gli promette un forte riscatto, ma La Tracla era un paese a lui sacro (111, 18-20);
Enea dopo l'uccisione di Pallante non sente e vicino alla corrente dell'Ebro (oggi Maritza)
pietà (X, 662-678). batte lo scudo con l'asta, scatenato, e incita
Malattie: Enea ne Incontra le immagini nel l furiosi cavalli alla battaglia (Xli, 426-433);
vestibolo dell'Ade (VI, 347). ma predilige Roma, la città che trae da lui,
Malea: promontorio all'estremità sud-est padre di Romolo e Remo, le proprie origini
del Peloponneso. Conserva tuttora lo stesso (1, 318-323). Marte non figura nell'azione del
nome (V, 208). poema; lo si trova effigiato sullo scudo di
Manllo: Marco Manllo Capitolino difese nel Enea nell'atto dJ Incitare i combattenti nella
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Dizionario dei nomi e dei luoghi 541
battaglia d'Azio (VIli, 814-815); il lupo gli è e 185-186); egli è sempre al fianco di Enea,
sacro (IX, 685); quando Vulcano scende nel- capo valoroso (Xli, 164-165); accompagna E-
l'officina trova che alcuni Ciclopi sono intenti nea ferito al campo (Xli, 490-492); e quando
alla costruzione per Marte di un carro da Enea è miracolosamente guarito ritorna con
guerra (VIli, 504-505); suscitò la guerra tra lui sul campo di battaglia (Xli, 561-563 e 694);
Lapltl e Centauri (VII, 350-351). è chiamato da Enea con gli altri capi per di-
Musica: regione della Campania setten- sporre l'attacco a Laurento (Xli, 706-708).
trionale, famosa per l suoi vini. Gli abitanti Memmone: figlio dell'Aurora e di Tltone, re
partecipano alla guerra contro i Troianl gui- d'Etiopia, partecipò alla guerra di Troia come
dati da Aleso (VII, 835-836). alleato di Priamo e fu ucciso da Achille.
Massico: Etrusco alleato di Enea. Conduce L'Aurora ottenne per lui l'immortalità. Enea
alla guerra un migliaio di arcieri di Chiusi e di lo riconosce dalle armi effigiate nel tempio
Cosa (X, 219-222). di Giunone a Cartagine (1, 570).
Masslll: popolo della Massilia, nome antico Menadl o Baccanti: sacerdotesse di Dioni-
della regione che, nell'attuale Algeria, corri- so che, lnvasate dal nume, si abbandonavano
sponde alla Cabilia, confinante con la Tunisia. a ogni sorta di danze scomposte, agitando il
Nell'• Eneide • il poeta ricorda l cavalieri tirso, e coi capelli scarmlgliati e incoronati
massill che accompagnano Didone, Enea e di pampini e di edera (IV, 356).
gli altri cacciatori (IV, 163-164). Menelao: figlio di Atreo, fratello minore
Maurl: popolazione della Mauritania, l'attua- di Agamennone, sposò Elena e dal padre di
le Marocco. t; ricordata nella preghiera che lei, Tlndaro, ereditò il regno di Sparta. Parlde
larba rivolge a Giove (IV, 247-249). gli rapl la sposa e con l'aiuto di vari principi
Medonte: trolano, figlio di Antenore e com- greci mosse guerra al Trolanl per rlconqui-
pagno di Ettore; Enea lo incontra nel Campi starla. Penetrò In Troia con altri guerrieri nel
del Pianto Insieme con l fratelli Glauco e Ter- cavallo di legno (Il, 331); partecipa alla di-
siloco (VI, 598-599). struzione della città, uccide Deifobo e ne
Medusa: la prima e la più terribile delle tre mutila il cadavere (VI, 647-656); distrutta la
Gorgoni. La sua testa, effigiata sull'egida di città, ritornò In patria con Elena, ma errò otto
Minerva (Il, 751-752), spesso è indicata per anni prima di rientrare in Sparta.
antonomasia soltanto come Gorgone (VIli, Menate: 1) trolano, timoniere della Chi-
506-510); Enea la vede nel vestibolo dell'A- mera, durante l ludi funebri In onore di An-
verno (VI, 364). chise è gettato In mare da Gia, comandante
Megara: città della Sicilia orientale, che dà della nave (V, 172-198); 2) Arcade, emigrato
il suo nome anche al golfo attraversato da a Pallanteo dalla regione paludosa di Lerna,
Enea (111, 836-837). è ucciso da Turno (Xli, 654-659).
Megara: una delle tre Furie. V. Furie. Meonla: regione della Lldia, il suo nome è
Melampo: compagno di Ercole e padre di spesso usato per Indicare tutta la regione,
Cisseo e Gia che Enea uccide tra l primi che donde secondo VIrgilio sarebbero venuti gli
Incontra appena sbarcato sul lido del Lazio Etruschi (VIli, 582).
con l'esercito etrusco (X, 404-411). Meotlde: • la terra meotica • (VI, 962-963)
Mellbea: città della Tessaglia, non lontana è una regione che si affaccia sul Mar d'Azov.
dal Mare Egeo, ai piedi, quasi, del monte Os- Mercurio: l'Ermes dei Greci, figlio di Giove
sa. Filottete, che vi era re, è emigrato in Ita- e di Mala, è il messaggero degli dèi, araldo
lia ed ha fondato sulla costa Ionica della Ca- dalla parola facile e dio dell'eloquenza, In-
labria la città di Patella (111, 486-490). ventore della lira, donatore del benessere, dio
Mellte: è una Nerelde del corteo di Nettuno del commercio, dell'astuzia, degli affari. Era
(V, 872). rappresentato giovane, snello, con il capo co-
Memmo: il trolano Mnesteo, capostipite perto da un cappello alato (pètaso), con ai
della • gens • romana del Memmi; comanda piedi calzari alati (talarl) e In mano il • ca-
una delle quattro navi, la Plstri, che parteci- duceo •, che lo indicava messaggero. Nato
pano ai giochi funebri In onore di Anchise sul monte Clllene è il progenitore degli Ar-
(V, 124-127); giunge secondo e riceve In dono cadi (VIli, 156-157); è mandato da Giove a
una l<lrica (V, 183-192); a Mnesteo, a Serge- Cartagine perché l Troiani vi fossero accolti
sto e a Seresto Enea affida il compito di pre- come ospiti (1, 847-849); e di nuovo per ri-
parare la flotta per partire da Cartagine (IV, cordare a Enea che il Fato gli aveva destinato
340-344); gareggia anche al tiro dell'arco (V, come mèta del suo viagio l'Italia (IV, 266-
518-520, 535-540), ma spezza lo spago e la 283, 303-306, 325,423).
freccia non parte; ma riceve ugualmente un Messapo: figlio di Nettuno, allevatore di ca-
premio (V, 574-575); a Mnesteo, insieme con valli, alleato di Turno, conduce alla guerra
Sergesto, Enea prima di partire ha affidato la contro l Trolani le truppe di Viterbo, del Ci-
direzione dei lavori del campo e la difesa mino e del Soratte (VII, 793-809; VIli, 9);
(IX, 216-218); approva l'uscita di Niso ed Eu- organizza l'assedio del campo troiano presi-
rlalo e regala a Niso la pelle d'un leone (IX, diando le porte e circondando le mura con i
375-376); eccita i Troianl a resistere a Turno fuochi del bivacchi (IX, 201-203); Eurialo at-
entrato nell'accampamento (IX, 928-939) e ne traversa il campo dei Latini e, giunto agli uo-
dà egli stesso l'esempio (IX, 969-970; X. 168 mini di Messapo, è richiamato da Niso, ma
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542 Dizionario dei nomi e dei luoghi
s'impossessa dell'elmo del guerriero nemico Atena), a cui fece dono dell'ulivo. Le erano
(IX, 431 e 447-449); è uno dei combattenti più sacri l'ulivo e la civetta ed era raffigurata
attivi (IX, 633-635); affronta Enea e gli Etru- con l'egida paterna e armata di lancia. Fu lei
schi appena sbarcati (X, 449-450); infrange il a suggerire ai Greci l 'inganno del cavallo di
patto giurato e uccide Auleste (Xli, 375-384); Troia (Il, 20-23 e 43-45); essa infatti proteg-
combatte nella campagna di Laurento (Xli, geva i Greci (Il, 203-204); anche perché Dio-
695); sostiene l'assalto dei Troiani sulle porte mede e Ulisse avevano rapito il Palladio dal
di Laurento (Xli, 823); quando operano le ca- tempio di Minerva in Troia (Il, 205-213); Mi-
vallerie egli guida i cavalieri rutuli (IX, 33-34; nerva divenne ostile a Troia nonostante le of-
Xl, 578-579); inoltre: IX, 157, 431, 643, 645, ferte delle donne troiane, come documenta-
746; Xli, 166. no i dipinti del tempio di Giunone in Carta-
Metabo: re di Priverno, cacciato dai suoi gine (1, 557-561); anch'essa partecipa alla di-
sudditi, sfuggì alla cattura e alla morte, por- struzione di Troia (Il, 749-752); il culto di Mi-
tando con sé la figlia Camilla ancora bambi- nerva è diffuso anche in Italia, e in onore
na e vivendo nei boschi (Xl, 667·704). della dea i Troiani, toccando il suolo italiano,
Metisco: auriga di Turno è gettato fuori compiono il primo sacrificio in un tempio che
dal carro da Giuturna che prende le sue sem- appare sopra un'altura nella terra d'Otranto
bianze e il suo posto (Xli, 592-597). (111. 650-652 e 666-672). Anche a Laurento Pal-
Mesenzio: re etrusco di Cere, crudele e su- lade è onorata (Xl. 594-604); pur proteggendo
perbo dispregiatore degli dèi (VII, 7424-743); l Greci, la dea non ha tollerato le offese di
il popolo insorse per i suoi efferati delitti Aiace d'Oileo: e lo colpì incendiando la flotta,
(VIli, 557-572), e Mesenzio, sfuggito alla mor- sconvolgendo il mare e colpendolo con un
te, insieme con il figlio Lauso, si è rifugiato fulmine di Giove (1, 51-57; Xl, 323-325); e per
presso Turno, dove si prepara a riconquistare vendicarsi del suo tempio profanato si servi-
il potere (VIli. 573·574); perciò gli Etruschi rà anche più tardi di L. Emilio Paolo che, vin-
hanno preparato un esercito per impadronirsi citore della battaglia di Pidna del 168 a. C.,
di lui e manda rio al supplizio (VIli, 575-578) abbatterà Argo, Micene e vendicherà gli avi
e poiché un vecchio aruspice ha vaticinato di Troia (VI, 1012-1015); e il poeta ricorda an-
che il suo comandante deve essere uno stra- che l'armatura foggiata per la dea dai Ciclopi
niero, l'arrivo di Enea ha determinato l'al- (VIli, 506-510) e la raffigurazione della dea
leanza etrusco-troiana (VIli, 581-599); egli è, sullo scudo di Enea (VIli, 813).
dopo Turno, il più valoroso degli awersari di Minosse: re di Creta, che una tradizione
Enea (X, 862-864); scontratosi con Enea ri- mitologica, accolta anche dai Romani, colloca
mane ferito ed è salvato da un colpo mortale come giudice dei morti per la sua figura di
del Troiano dallo scudo di Lauso (X, 957-1000); saggio legislatore. Enea lo pone nell'ingresso
si ritira per curare la ferita, ma quando ap- dell'Averno (VI. 540-543).
prende la morte del figlio ritorna a combattere Minotauro: mostro, mezzo uomo e mezzo
per vendicarlo, ma Enea lo uccide (X, 1045- toro, che forse è una fantastica contamina-
1134); Enea consacra le sue armi a M arte (Xl, zione di un toro, di nome Minosse, originaria·
6-14). mente venerato come un dio, e di una vacca,
Mezio Fufezio: re di Alba, il quale risolve chiamata Pasifae. con la mitica (ma probabil-
la guerra con Roma proponendo il famoso mente personaggio realmente esistito) figura
duello degli Grazi e dei Curiazi, ma poi isti- di un Minosse legislatore e re di Creta. Sem-
gò l Veienti ad assalire Roma e Tullo Ostilio bra infatti che per mediare il passaggio dal
lo punì del tradimento con un orribile suppli- culto di un dio taurino a quello di un uomo
zio, che è raffigurato sullo scudo di Enea dio (Creta già nel Il millennio a. C. era in re-
(VIli, 747-751). lazione con l'Egitto, ove i Faraoni erano con-
Micene: città deii'Argolide, in cui regnava- siderati divinità viventi sulla terra). possa es-
no gli Atridi (1, 330-332, 761; Il, 225, 710; V, sere stata creata la figura mista di toro e
57; VI, 1013). uomo. Secondo il mito il mostro era rinchiuso
Mignone: torrente che dai monti Sab11tini, a nel Labirinto, e gli Ateniesi, per avere il loro
nord del lago di Bracciano, scende nel Tirre- re Egeo ucciso Androgeo, figlio di Minasse,
no a nord di Civitavecchia (X, 239). erano costretti al tributo annuale di quattor-
Mimante: coetaneo e compagno di Paride, dici giovani, sette maschi e sette femmine,
figlio di Amico e di Teano, è ucciso da Me- da dargli in pasto. Le storie del Minotauro
senzio sul litorale di Laurento (X, 878-884). sono scolpite da Dedalo sulle porte del tem-
Mincio: emissario del lago di Garda, che il pio di Apollo in Cuma )VI, 24-28).
poeta dice figlio del Benaco (X, 266-267). Mlrmidone: i Mirmidoni abitavano nella Tes-
Minerva: la Pallade Atena dei Greci, con la saglia ed erano sudditi di Achille. L'eroe scel-
quale la divinità italica, d'origine etrusca, è se tra loro i suoi soldati per la guerra di
stata confusa e identificata dopo le guerre pu- Troia (Il, 12, 955; Xl, 501).
niche. Dea dell'intelligenza meditata, delle ar- Miseno: trombettiere di Ettore e poi di
ti (il filare, il tessere, il costruire, la poesia Enea: di vedetta con uno squillo di tromba av-
e la stessa guerra). Il mito greco la diceva verte l'arrivo delle Arpie (111, 295-299); arri-
nata dal cervello di Giove, e la considerava vato a Cuma, seduto su di uno scoglio, suona
la protettrice di Atene (donde l 'appellativo la tromba, attira l'attenzione di Tritone, che
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Dizionario dei nomi e dei luoghi .543
ha l'abilità di estrarre suoni dalle conchiglie. rappresentato accigliato nel volto, con la te-
Miseno e Tritone gareggiano nel suono e poi- sta superba, recinta di alghe marine, sopra
ché Il Troiano ha la meglio, Tritone risentito un cocchio tirato da cavalli verdi e con nella
lo fa precipitare in mare (VI, 190-241, 270-299). destra il tridente. Accortosi della tempesta
Mnèsteo: v. Seresto e Memmo. suscitata da Eolo, si turba, sgrida i venti e
Monviso: monte delle Alpi Cozie (X. 887). calma le onde del mare (1, 148-1711: solleva
Mòrini: popolo gallico che abitava nella col tridente le navi che si erano insabbiate
Francia prospiciente il Passo di Calais. fO effi- (1, 174-176); Venere si rivolge al dio del mare
giato sullo scudo di Enea (VIli, 844). per ottenere un viaggio tranquillo per Enea e
Morte: figlia della Notte e sorella del Sonno, Nettuno accoglie la sua preghiera (V, 823-873);
Enea la incontra nel vestibolo dell'Ade (VI, Turno per rincuorare i Rutuli impauriti dai pro-
350). digi avvenuti dopo l'incendio delle navi di
Mummlo: è indicato da Anchise nei Campi Enea, ricorda che anche Nettuno aveva co-
Elisi, come uno dei vendicatori di Troia. Egli, struito le mura di Troia, e che tuttavia esse
console nel 146 a. C., vinse le resistenze ulti· furono ugualmente distrutte; a maggior ra-
me della Lega Achea e mise a ferro e fuoco gione sarà distrutto il muro che ora li difende
Corinto (VI, 1009-1011). nell'accampamento (IX, 179-182).
Murrano: latino, amico di Turno, muore per Nilo: è usato quasi sempre per indicare la
mano di Enea invocando l'amico (Xli, 669-675, regione che esso attraversa o la popolazione
800-803). che la abita (VI, 964); la sua personificazione
Muse: le nove sorelle compagne di Apollo è effigiata sullo scudo di Enea (VIIIfi 825-828);
che vivono, venerate, sull'Elicona e sul Par- o accenna alle sue acque che scorrono silen-
naso, e sono protettrici delle arti, dei poeti ziose e fertili (IX, 39).
e degli artisti. Virgilio le invoca: l, 11-16; VII, Nlsa: città o regione della Tracia o secondo
734-739; IX, 97, 636-640; X, 215-218. altri dell'India, dove Bacco sarebbe stato al-
Museo: mitico poeta greco, contemporaneo levato dalle Ninfe, nascosto In una caverna.
di Orfeo. Enea lo incontra nei Campi Elisi e la Licurgo, il feroce re degli Edoni nella Tracia,
Sibilla gli chiede dove si trova Anchise (VI, cacciò da Nlsa Ninfe e Bacco. ma fu punito
815-819). dagli dèi (V. 969-971).
Matusca: città della Sabina, nel territorio Nlsea o Nise: Nereide del corteo di Nettuno
dell'attuale Monteleone Sabino (Rieti). Com- (V, 873).
batte contro i Troiani al comando di Clauso Niso: troiano, figlio di lrtaco e amico di Eu-
(VII, 816). rialo. Nei giochi funebri In onore di Anchise
partecipa alla gara della corsa e non potendo
Narice: v. Locri. egli, a causa di una caduta, giungere primo,
Nasso: isola del Mare Egeo, la maggiore fa In modo che vinca Eurialo (V, 321, 344, 352,
delle Cicladi. Enea la costeggia nel viaggio 362); mentre Enea è assente e i Rutuli met-
da Delo a Creta. Era nota come Isola di Bacco tono In pericolo il campo, Niso dice ai capi
per i suoi ottimi vini (111, 153-155). troiani di essere disposto ad attraversare il
Naute: troiano, consiglia ad Enea, dopo l'in- campo nemico e andare a Pallanteo ad avver-
cendio delle navi, la fondazione di Acesta tirlo del pericolo. La proposta è accettata ed
(V, 744-758). Eurialo vuole seguirlo, ma l due coraggiosi,
Nemea: città deii'Argolide a sud di Corinto. quando già sono oltre le linee nemiche sono
l sacerdoti Salii ricordano il leone ucciso da scorti da un drappello di Cavalieri Latini. Niso
Ercole (VIli, 343-344). riesce a fuggire, Eurialo Invece è raggiunto.
Neottolemo: v. Pirro. Quando s'accorge di non essere seguito dal-
Nera: fiume, con acque solforose, nasce dai l'amico, ritorna sul suoi passi, ma non riesce
monti Sibillini, bagna Terni e, prima di get- che ad uccidere l'uccisore di Eurialo; poi cade
tarsi nel Tevere, anche Narni (VII, 577). egli stesso sopraffatto dai nemici (X, 221-541).
Nereo e Nereidi: dio marino, figlio di Ocea- Nomento: è l'attuale Mentana. città che An-
no, sposo di Dòride e padre delle Nereidi, chise nei Campi Elisi, indicando al figlio le
come Teti, Doto, Galatea, Melite, Manopea, anime destinate a tornare sulla terra a curare
Nisea, Talla e Spio (Il, 517-518; V, 261: la grandezza di Roma, dice che sarà da esse
IX, 129). fondata (VI, 933).
Nerito: monte roccioso dell'isola di ltaca; Norcia: città dell'Appennino umbro-marchi-
lo osserva Enea mentre naviga alla volta di giano che manda i suoi soldati al comando di
Butroto (Ili, 336). Clauso a combattere contro i Trolani (VII, 824).
Nersa: cittadina appenninica degli Equi, po- Noto: nome di un vento, quello che spira
polo montanaro e selvaggio abituato a vivere da sud (1, 103, 130; Il, 515).
di caccia e di rapina. fO alleata di Turno e i Notte: divinità prlmlgenia, madre delle Eu-
suoi guerrieri sono al comando di Ufente menidi; Enea le sacrifica un'agnella dal vello
(VII, 856-861). nero (VI, 314-316).
Nettuno: dio del mare, identificato nel greco Numa Pompilio: re di Roma, originario di Cu-
Poseidone, figlio di Saturno e di Rea. Aiutò ri; è considerato come il fondatore delle isti-
Giove e Plutone a detronizzare il padre, ed tuzioni religiose romane (VI, 974-979), ma non
ottenne in compenso il dominio del mare. Era è nominato.
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544 Dizionario dei nomi e dei luoghi
Numano: detto Remulo, è un rutulo, marito avendo egli saputo resistere al desiderio, fu
della sorella di Turno. Vanaglorioso, esalta le appena In tempo a salutarla e a darle, in
virtù degli ftalici e denigra i Troiani: lulo non pianto, l'estremo addio.
tollera le sue offese e con una freccia lo uc· Orione: Gigante, figlio di Nettuno e grande
elda IV, 719-775). cacciatore, fu ucciso da Diana che egli volle
Numico: piccolo corso d'acqua, oggi chia- emulare. Gli dèi lo trasformarono nella co-
mato Rio Torto, entro il quale, secondo la leg- stellazione che porta il suo nome (1, 623: 111,
genda, sarebbe stato trovato Enea annegato 635: IV, 67; VII, 826: X, 958).
(VII, 179, 282, 916). Orizia: figlia di Eretteo, re di Atene, e di
Numidi: abitanti della Numidia, regione del- Dlogenia: fu rapita dal vento Borea e traspor-
l'Africa settentrionale corrispondente all'in- tata In Tracia. Suoi figli furono Calai e Zete.
circa all'attuale Algeria (IV, 53 e VIli, 841, ~ ricordata perché ha regalato a Pilunno alcu-
dove sono detti nomadi). ni cavalli di razza preglatlssima, di cui la Tra-
eia era famosa (Xlii, 108-110).
Oceano: divinità primigenia, personlficazio- Orn.lto: Etrusco, cacciatore stranamente ar-
ne del grande fiume che gli antichi credevano mato 'e vestito, è ucciso da Camilla (Xl, 835-
che circondasse la terra emersa, favoleggiato 850).
come uno dei Titani, figlio di Urano e di Gea, Orode: troiano ucciso da Mesenzio, al quale
marito di Teti e padre delle Ninfe Oceanine predice una prossima fine (X, 918-932).
(1, 336, 887). Oronte: troiano comandante della nave sulla
Ocno: figlio del Tevere e di Manto, fonda- quale si erano imbarcati l lici che avevano
tore della città che dal nome della madre seguito Enea: la nave è naufragata durante la
chiamò Mantova, da Virgilio presentata come tempesta suscitata da Eolo (1. 135-138).
la capitale di una confederazione di dodici cit- Orsa e Orse: I'Orsa Maggiore e I'Orsa Mi-
tà etrusche, abitate da tre stirpi: Greci, Um- nore, ciascuna di sette stelle (1, 885; 111, 635).
bri, Etruschi. A Ocno è attribuita anche la fon- Orslloco: troiano, uccide il latino Remolo
dazione di Felslna, cioè di Bologna, cui forse (Xl, 785-791); ma a sua volta è abbattuto da
spetta la qualifica di capitale della confedera- Camilla (Xl, 851-862).
zione etrusca che Virgilio attribuisce a Man- Orte: città alleata di Turno agli ordini di
tova (X, 256-275). Clauso: oggi sulla linea ferroviaria Roma-Fi-
Ofelte: v. Eurialo. renze, sulla desttra del Tevere a nord di Roma
Olearo: isoletta delle Cicladi (l'attuale And'i- (VII, 824).
paros), a sud-ovest di Paros: Enea la costeg- Ortlgla: 1) antico nome dell'isola di Delo
gia nel viaggio da Dalo a Creta (111, 156). (111, 153, 179, 192): 2) isoletta sulla quale fu
Omole: la vetta più settentrionale dell'Ossa, costruito il primo nucleo di Siracusa, nota
gruppo montagnoso della Tessaglia: è l'attuale anche per la leggenda o mito di Aretusa e
Omòlion (VII, 776). Alfeo (111, 840-846).
Opi: ninfa di Diana, alla quale la dea rac- Oscl: popolo della Campania alleato di Tur-
conta la storia di Camilla e affida l'incarico di no al comando di Aleso (VII, 840).
vendicare la morte della fanciulla, uccisa da Oslnlo: re di Chiusi; i suoi soldati apparten-
Arunte (Xl, 660-736, 1031-1068). gono all'esercito etrusco. Sulla sua nave Giu-
Orco: è una delle indicazioni generiche del none con un'astuzia fa salire Turno e lo tra-
regno dei morti (Il, 493: IX, 638). sporta al largo verso Ardea (X, 821-824). •
Oreadi: le ninfe dei monti che accompagna- Otri: monti della Tessaglia meridionale che
no Diana nelle sue cacce (1, 580). si affacciano sull'Eubea (VII, 776).
Oreste: figlio di Agamennone e di Clitenne-
stra. Nel poema virgiliano si ricorda il suo Pachino: è l'estrema punta meridionale della
amore per Ermlone e l'uccisione di Pirro (111, Sicilia orientale, oggi Capo Passero. Enea lo
403-408): la persecuzione delle Furie per aver costeggia nel viaggio Intorno alla Sicilia per
egli ucciso la madre complice con Egisto della evitare, secondo il consiglio di Eleno, l peri-
morte del padre (IV, 569-572). colf dello stretto di Messina: Scilla e Cariddi
Orfeo: mitico poeta trace, figlio di Calliope (111, 523-526, 949-950). Dall'alto di questo capo
e di Apollo, marito della ninfa Euridice. Enea Giunone osserva l Troiani sbarcati alle foci
lo Incontra nei Campi Elisi dove fa risuonare del Tevere (VII, 532-535).
le sette corde della sua cetra, dono della ma- Padova: v. Antenore.
dre (VI, 791-794): quando aveva chiesto alla Padusa: un ramo del delta del Po, oggi Po
Slbilla dJ poter scendere nell'Averno, aveva di Primaro. Virgilio dice che Il fiume Padusa
ricordato che anche Orfeo vi era disceso, am- è pescoso e i cigni vi schiamazzano (Xl, 567-
mansendo con la dolcezza del suo canto i 571).
mostruosi custodi ed aveva impietosito Pro- Pafo: città dell'isola di Cipro, sacra al culto
serplna e Plutone che gli concessero di ri- di Venere. Virgilio ricorda che Venere vi ave-
condurre su nel mondo Euridice, la sua sposa va un tempio con cento altari (1, 480-483:
(VI, 151-153). Soltanto che Orfeo (ma Enea x. 66, 112).
non lo dice) ottenne la concezione eccezio- Pagaso: etrusco ucciso da Camilla (Xl, 827).
nale a patto ch'egli non si volgesse a guardar- Palamede: re dell'Eubea, il quale aveva
la prima d'essere uscito dall'Averno: e non pubblicamente accusato Ulisse di simulare di
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Dizionario dei nomi e dei luoght '4'
essere pazzo per non andare alla guerra di dà l'esempio (X, 460-484, 486, 491, 508, 517);
Troia. Ulisse, costretto a partire, non dimen- Turno va con arroganza contro Pallante (X,
ticò l'affronto: sotto le mura di Troia accusò 563), il quale se ne stupisce (X, 467-468); at-
Palamede di essere una spia di Prlamo e lo tacca per primo Turno (X, 481-585), avventa
fece condannare a morte per lapidazione. la l'asta (X, 605), ma ferisce Turno solo legger-
storia è riferita da Enea come l'ha narrata il mente di striscio. Turno a sua volta scaglia
greco Slnone (Il, 103-117). l'asta e Pallante è ucciso (X, 617-619). Enea,
Palamona: divinità marina greca, corrispon- quando viene informato della morte di Pal-
dente al Portumnus del latini. Era stato uomo lante, ne soffre molto (X, 655-657) e pensa che
col nome di Melicerte. Come dio appartiene Turno, uccldendolo, abbia abolito tutti l rl·
alla corte di Nettuno. la leggenda narra che scatti di guerra (X, 673-675). La salma di Pal-
sua madre, lno, regina di Tebe e sposa di Ata- lante è dai suoi compagni recuperata e ono-
mante, ammalato di pazzia, un giorno, inse- rata (X, 641-645); e viene portata a Pallanteo,
guita dal marito che le voleva uccidere il dopo essere stata salutata e onorata da Enea
figlioletto Melicerte, si gettò nel mare col (Xl, 31-36, 48-119, 170-227); Enea ha pace sol-
bimbo; e gli dèl inteneriti trasformarono ma- tanto quando al figlio di Evandro può consa-
dre e figlio, cui fu dato il nuovo nome di Pa· crare la vita di Turno (Xli, 1174-1183).
lemone, in divinità marine (V, 870). Pallanteo: la città fondata da Evandro sul
Pallco: divinità sicula della regione del- colle Palatino, della quale Carinenta predice
l'Etna. Il suo altare è detto benigno perché la futura grandezza (VIli, 393-397); quando la
non gli sacrificavano vittime umane (IX, 713). vede Enea è un modesto gruppo di capanne
Palinuro: figlio di laso e pilota della nave (Vili, 108-112, 644). Ed inoltre: IX, 248, 305.
di Enea (111, 249-251, 629-639, 687-690; V, 802- Palmo: troiano ucciso da Mesenzlo, il quale
908, 919); precipitato In mare da un dio ne- regala le sue armi a lauso (X, 871-878).
mico sulle coste della lucania, di fronte ad Pandaro: 1l arciere troiano, responsabile di
un promontorio chiamato poi con il suo nome. aver infranto la tregua fra Trolani e Greci,
Il mistero della sua morte lo svelerà Pali- ferendo con una saetta Menelao. Era fratello
nuro stesso a Enea appena entrato nel regno di Eurlzlone, che segui Enea In Italia (V, 521-
del morti (VI, 421-451); e chiede a Enea di 624); 2) troiano che aprì una porta del campo
essere sepolto per trovare riposo oltre la trolano, di cui era custode con il fratello Bi-
palude Stlgla e di esservi trasportato dallo zia. Fu poi ucciso da Turno (IX, 815-903).
stesso Enea (VI, 452-462); la Sibilla gli dice Panope: siculo, partecipa alla corsa nel gio-
che non si possono Infrangere le leggi del- chi funebri in onore di Anchise (V, 327-328).
l'Averno, e lo conforta dicendogli che il capo, Panopea: Nereide del seguito di Nettuno.
dove è stato ucciso, porterà il suo nome (VI, Aiuta Cloanto a vincere la regata nei giochi
463-478). funebri In onore di Anchlse (V, 259-262, 873).
Pallade: v. Mlnerva. Pantagla: fiume della Sicilia orientale, che
Palladlo: simulacro di Pallade· custodito in oggi si chiama Porcari, il quale si getta nel
Troia, che non avrebbe potuto essere presa mare presso lentini, oltre il golfo di Megara
fin quando il Palladlo fosse rimasto entro le (111, 835-837).
mura della città. Ulisse e Diomede, travestiti Pento: troiano, figlio di Otreo e sacerdote
da mendicanti, entrarono di notte nel tempio di Apollo, addetto alla custodia dei templi del-
e rapirono il simulacro, che poi trasportaro- l'Acropoli troiana. Enea lo Incontra che corre
no nel campo greco. Da quel momento la disperato con i suoi sacri arredi a casa del.
sorte di Troia fu decisa: ne racconta a suo figlio di Anchlse (Il, 399-418); muore com-
modo la storia il falso Slnone (Il, 203-244; battendo contro l Greci nell'eroico tentativo
IX, 190). di salvare la città (Il, 530-532).
Pallante: 1) antenato di Evandro. In suo ono- Parche: le tre deità che presiedevano al de-
re Evandro chiamò Pallanteo la città da !ui co- stino degli uomini dalla nascita alla morte,
struita sul colle Palatino e dette il suo nome rappresentato da un filo che Lachesi filava da
al flglio (VIli, 60-63); 2) figlio di Evandro e di una conocchia tenuta da Cloto e che Atropo
una donna della Sabina (VIli, 595-596); quan- troncava. Ad esse erano quindi affidati l de-
do Evandro e gli Arcadi scorgono le due navi creti immutabili e lnconoscibili del Fato (1,
di Enea nel Tevere balzano in piedi sbigot- 29; 111, 461; V, 844; IX, 136; X, 533, 1019).
titi; Pallante li tranquillizza e va incontro di Parlde: figlio di Priamo e di Ecuba; è l'a-
corsa agli arrivati (VIli, 121-130); saputo che dultero troiano (X, 119), che ha giudicato Ve-
il capo degli arrivati è Enea, lo invita a presen- nere la più bella delle dee ed ha attirato su di
tarsi a suo padre come ospite gradito (VIli, sé e sulla sua città l'odio di Giuoone (1, 34-
138-140); Evandro offre ad Enea l'aiuto di 37). Fu anche un ottimo pugilatore (V, 393);
quattrocento cavalieri comandanti da Pallante uccise Achille (VI, 69-70; coetaneo e compa-
(VIli, 595-607); salutato dal padre se ne parte gno di Mimante (X, 879), mori per mano di
con Enea cavalcando nel mezzo della schiera Filottete, secondo Virgilio di Agamennone (X.
(VIli, 685-687); sulla nave è seduto accanto 883; Xl, 334-335).
ad Enea e gli chiede tante cose (X. 211-212); Paro: isola dell'Arcipelago delle Clcladl, co-
sbarcato sulla costa laziale esorta i suoi sol- steggiata da Enea nel viaggio da Delo a Creta
dati a combattere con valore e lui per primo (111,156).
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546 Dizionario dei nomi e dei luoghi
Partenopeo: figlio di Meleagro e di Ata- Perlfante: greco, compagno di Pirro (Il, 586).
lanta, fu uno dei famosi partecipanti alla Patella: la città fondata da Filottete, caccia-
• guerra dei Sette contro Tebe •, tutti morti, to dalla sua patria (Melibea, nella Tessaglia)
ad eccezione di Adrasto, sotto le mura di dopo il suo ritorno dalla guerra di Troia,· sulla
Tebe (VI, 595). costa calabra, presso l'attuale Strongoli (111.
Parti: popolo dell'Asia occidentale, di stirpe 488-490).
iranica. Dopo aver fatto parte dell'impero per- Pico: figlio di Saturno e re di Laurento, spo-
siano, di quello di Alessandro Magno e infi- so di Circe, la quale lo trasformò in uccello
ne dei Seleucidi, fondarono essi stessi un va- (VII, 204 e 223-226).
sto dominio indipendente che durò dal 256 Plgmalione: re di Tiro e fratello di Didone,
a. C. al 226 d. C. sotto la dinastia degli Arsa- per avidità di danaro ha ucciso Sicheo, il co-
cldi. l Parti sostennero continue lotte con i gnato, e avrebbe soppresso anche la sorella
Romani nella regione dell'Eufrate, anche con se essa non si fosse messa in salvo fuggendo
notevoli successi: Marco Licinio Crasso nel (1, 403-429; IV, 386-388).
53 a. C. fu sconfitto e ucciso e Marco Antonio Pilunno: dio agreste italico, avo di Turno
nel 36 a. C. fu costretto ad una ritirata preci- (IX, 4; X, 99, 777-779); Turno aveva cavalli di
pitosa. Ottaviano ottenne la restituzione dei una razza pregiata dati In dono a Pilunno dalla
vessilli conquistati e concluse la pace (VII, regina Ori zia (Xli, 106-110).
688). l Parti erano espertissimi arcieri (Xli, Pinarla: nome di una famiglia di Pallanteo,
1072). alla quale fu affidata la custodia del culto di
Paslfe: moglie di Minasse e mitlca madre Ercole sull'Ara Massima (VIli, 314-315).
del Minotauro. Enea la incontra nei Campi del Plracmone: uno dei Ciclopi della fucina di
Pianto (VI, 558). V. Minotauro. Vulcano (VIli, 495).
Patrone: atleta arcade di Tegea, partecipò Plrgi: città sulle coste dell'Etruria, le cui
alla corsa nei giochi funebri in onore di An- rovine si osservano ancora nella località di
chise (V, 325-326). S. Severa. Si schiera agli ordini di Asture
Pelasgi: popolo di incerta origine e di non contro Mesenzio (X, 239).
sicura identificazione, che si sarebbe diffuso, Pirgo: regale nutrice di tanti figli di Priamo,
secondo Omero, in Tessaglia e che, secondo si accorge che colei che si dice Beroe e in-
altre notizie, agli albori della storia era pre- vita le donne troianc a incendiare le navi, è
sente in varie regioni del Mediterranto. Vir- una dea che ha assunto le sembianza della
gilio ricorda la tradizione che i Pelasgi occu- moglie di Dorlclo (V, 680-689).
parono per primi le terre latine (Xlii, 700-703; Piritoo: re dei Lapiti, figlio di lssione e di
Xl, 193-196). Nefele come i Centauri, sposò lppodamia. Ri-
Pelia: troiano ferito da Ulisse durante la masto vedovo avrebbe voluto sposare una
guerra di Troia; poi seguì Enea (Il, 537). dea e a tal fine scese nell'Averno con Teseo
Peloro: promontorio all'estremità nord-orien- per rapirvi Proserpina, ma Plutone, scoperta
tale della Sicilia, ora" capo Faro, sullo stretto l'audace impresa, incatenò l'incauto presun-
di Messina (111, 500-504, 834). tuoso nel Tartaro (VI, 489).
Penati: divinità latine della casa; dapprima Pirro: o Neottolemo, figlio di Achille, dopo
presiedevano alla dispensa, poi furono con- la morte del padre, continuò con accanimento
siderato protettori di tutta la casa, sulla quale la lotta contro Troia. Entrò nella città chiuso
facevano piovere i doni della buona fortuna. nel cavallo di legno (li, 300); mise a ferro e
Oltre quelli della casa, i Latini onoravano an- fuoco la reggia (Il, 577-578, 603-622) e uccise
che quelli della città e dello Stato, ai quali il vecchio Priamo (Il, 647-678); ma Anchise
attribuivano gli stessi poteri benefici. in un dice a Enea che a Pldna (168 a. C.) L. Emilio
certo senso essi rappresentavano la perenni- Paolo vendicherà la morte di questo vecchio
tà della vita rispettivamente della famiglia, (VI, 1012-1015); ritorna In patria con Andro-
della città e della patria (l, 86; Il, 366-373, maca e Eleno prigionieri, e sposa Ermione
630-632, 870; Ili, 185; IV, 721; V, 667-669; VIli, togliendola al fidanzato Creste, il quale irri-
15, 631, 789; IX, 320). tato lo uccide (Ili, 400-401, 405-408); ne accen-
Penteo: re di Tebe; per l'ostentato disprez- na anche Diomede (Xl, 329-331).
zo verso il culto di Bacco, fu lacerato dalla Pisa: città etrusca, ma di origine altea; i
madre furente, dalle sorelle e dalle Baccanti suoi fondatori provenivano infatti dalla greca
(IV, 567). Pisa, città del Peloponneso poco a nord di
Pentesilea: regina delle Amazzoni che, ac- Olimpia e del fiume Alfeo. l suoi soldati, co-
corsa In difesa di Priamo, fu uccisa da Achil- mandati da Asila, sono alleati di Enea contro
le. L'episodio è effigiato nel tempio di Giuno- Turno e Mesenzlo (X, 233-235).
ne a Cartagine (1, 570-574; Xl, 814-819). Plstrl: v. Memmo.
Pergamea: la città fondata da Enea nella Plemlrio: promontorio siciliano che delimita
parte occidentale de li 'isola di Creta, sul golfo a sud il golfo di Siracusa; è l'attuale capo
di La Canea (111, 163-167). Murro, la cui estremità è Punta del Gigante
Pergamo: nome dell'Acropoli di Troia (111, (111, 841).
134) e dato da Enea alla città costruita a Cre- Plutone: re dell'Averno e marito di Proser-
ta (Pergamea) e da Eleno a quella da lui co- pina. ~ detto anche Giove Stlgio (IV, 770) e
struita in Caonia (111, 412-413). Dite (IV, 848; VI, 162, 340, 669).
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Dizionario dei nomi e dei luoghi 547
Po: Il maggiore fiume d'Italia ha le sue sor- Povertà: figura mostruosa che Enea vede
genti In un boschetto di lauri nei Campi Elisi nel vestibolo dell'Orco (VI, 349).
(VI, 804-808). Con il Po hanno relazione i miti Preneste: l'attuale Palestrina, fondata da Ce-
di Fetonte, di Cicno e delle Eliadi. E inoltre: culo; la città si schiera contro l Trolanl (VII,
IX, 824-825. 779-792); Evandro, però, racconta ad Enea di
Pollbete: sacerdote di Cerare; Enea lo in- aver vinto Preneste e di aver ucciso il suo
contra nei Campi del Pianto (VI, 601). re Erulo; perciò Ceculo non sarebbe il fonda-
Polldoro: figlio di Prlamo, nell'imminenza tore della città (VIli, 651-662).
della guerra, fu dal padre affidato con molto Prlamo: 1l figlio di Laomedonte e re di
denaro a Polinestore, re di Tracia, ma questi Troia. Da giovane visitò la sorella Eslone, re-·
per avidità lo uccise. Enea ne scopre miraco- gina di Salamina, e l'Arcadia (VIli, 178-180),
losamente la tomba e gli presta le onoranze Enea regala a Latino lo scettro, la tiara e le
funebri secondo il rito (111, 29-83). vesti di Priamo (VII, 286-290); la fine di Prla-
mo ha inizio con il suo incontro con Slnone
Pollfemo: ciclope accecato da Ulisse; ne (Il, 73-77); Priamo ordina che gli Slano tolte
racconta il fatto Achemenide, che Enea incon- le manette e dice a Sinone di considerarsi
tra In Sicilia (111, 752-787, 800, 814). un Trolano (11,183-186); Il vecchio re, di fron-
Pollssena: figlia di Priamo, che Andromaca te alla rovina della città, Indossa le armi co-
dice ad Enea essere stata immolata sotto le me se potesse contribuire a difenderla, e
mura di Troia presso una tomba nemica (111. scaglia contro Pirro, che, entrato nella reggia,
395-397); secondo la leggenda essa avrebbe uccide Polite (figlio del re), un giavellotto. e
dovuto essere sposa di Achille, ma Paride uc- Plrro lnferocito lo uccide (Il, 623-685); le tri-
cise l'eroe greco proprio durante la celebra- sti vicende di Priamo sono raffigurate anche
zione delle nozze nel tempio di Apollo, che nel tempio di. Giunone a Cartagine (1, 530,
sorgeva tra il campo greco e Troia. Rapita da 533 e 566-567); 2) figlio di Polite e quindi ni-
Neottolemo, fu da questo immolata sul sepol- pote del vecchio Priamo, è tra i giovinetti che
cro del padre. seguirono Enea e partecipa con Ascanio al
Pollte: figlio di Prlamo e di Ecuba, è una gioco di Troia nel corso del ludi funebri In
delle vittime di Pirro durante la distruzione onore di Anchise (V, 594-597).
di Troia (Il, 648-656); una delle tre schiere di Priverno: città dei Volsci, di cui era re Mè-
giovinetti, che svolsero il gioco nei ludi fune- tabo, padre di Camilla (Xl, 667-704).
bri in onore di Anchise, era guidata da Prla- Proca: re di Alba Longa, indicato nei Campi
mo, figlio di Polite (V, 594-597). Elisi ad Enea dal padre (VI, 925).
Polluce: v. Dioscuri. Procida: isoletta tra Capo Mlseno e l'isola
Pomezia: antichissima città dell'Agro Pon- d'Ischia (IX, 863).
tlno, contesa tra Volsci e Romani, poi distrut- Procre: figlia di Eretteo e sorella di Orizia,
ta nel 495 a. C. Sorgeva nell'attuale località mori uccisa dal marito Inavvertitamente, men-
di Cisterna di Latina (VI, 933). tre lei lo seguiva, di nascosto, durante una
Pompeo: Anchise nei Campi Elisi indica ad caccia. Enea la vede nel Campi del Pianto
Enea Pompeo e Cesare, l due grandi generali (VI, 557).
che dapprima, con Crasso, formarono il pri- Proserplna: regina dell'Averno e moglie di
mo trlumvlrato (60 a. C.), e Pompeo sposò an- Plutone; le è sacro l'albero dal ramoscello
che la figlia di Cesare; ma poi divennern ne- d'oro (VI, 174-189, 260-261, 776-779); ogni uomo
mici e nel 48 a. C. si scontrarono a Farsalo ha un capello che la dea strappa al momento
In una grande battaglia che si concluse con la della morte (IV, 840-851); Plritoo e Teseo ten-
vittoria di Cesare. Pompeo, fuggito in Egitto, tarono di rapire la regina dell'Ade (VI, 488-
fu ucciso appena sbarcato (VI, 998-1004). 494).
Populonla: città etrusca, sulla costa tirre- Proteo: dio marino, dotato di spirito divi-
na, poco a nord di Piombino; ha mandato i natorio; aveva la sua dimora abituale nell'Iso-
suoi soldati con Abante contro Turno e Me- la di Pharos, di fronte ad Alessandria d'Egit-
senzlo (X, 225-226). to ed estendeva il suo dominio sul Mediter-
raneo orientale. Nella sua sede accolse Me-
Porsenna: principe etrusco che, disceso da nelao di ritorno dalla guerra di Troia (Xl,
Chiusi, dopo la cacciata dei Tarquini, pose 325-327).
l'assedio a Roma e la umiliò, imponendo o-
staggi, che poi, colpito dall'eroismo dei Ro- Quirino: divinità ftalica, propriamente sa-
mani, restitui. Gli episodi di questa guerra bina, diventata poi per i Romani Marte e quin-
sono effigiati sullo scudo di Enea (VIli, 752- di confusa con Romolo, divinizzato. Il nome
758). stesso, che suona • vibratore della lancia •.
Portunno: dio italico, protettore dei marinai. ha un significato guerriero. Virgilio lo consi-
Nella regata dei giochi funebri organizzati in dera senz'altro come appellativo di Romolo
onore di Anchise, spinge la nave di Cloanto, (1, 341). .
Il quale vince (V, 262-263). Oulrltl: appellativo del popolo romano che
Potlzlo: fu l'iniziatore del culto di Ercole si connette con Quirino. Delle varie spiega-
sull'Ara Massima e capostipite della famiglia zioni è la più sicura. Perciò non sembra ac-
romana dei Potizii (VIli, 314, 328). cettabile la sua derivazione da Cure (VII, 815).
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,548 Dizionario dei nomi e dei luoghi
Radamanto: figlio di Giove, fratello di MI- zie nel territori confinanti ed avevano mire
nossa e re di Creta, divenuto proverbiale per espansionistiche, per la qual cosa erano co-
la sua rettitudine e per le giuste leggi date stantemente in guerra con i gruppi etnici della
al suo popolo, dopo la morte fu collocato nel- regione, costretti ad essere, come gli Arcadi
l'Ade come giudice delle anime insieme con di Evandro (VIli, 164-167), continuamente sul-
Mlnosse ed Eaco, ma con l'incarlco·particola- la difensiva. Perciò, quando Enea sbarca alle
re di giudicare l colpevoli dei reati per i quali foci del Tevere, sono l primi a volerlo ricac-
sono previsti l supplizi del Tartaro (VI, 699- ciare nel mare; e con l'aiuto degli altri po-
703). poli del Lazio, che più per timore che non
Ramnete: capo dei Rutuli e Indovino, è uc- per convinzione si alleano a questi predonl,
ciso da Nlso (IX, 396-400). assalgono dapprima l'accampamento che l
Rapone: etrusco fedele a Mesenzlo, uccide Trolanl si sono costruiti alla foce del Tevere
l trolani Partenlo e Orse (X, 939-940). (IX, 31-82, 201-220, 641-977); poi quando Enea
Rea: sacerdotessa; ha segretamente amato sbarca sul litorale con gli alleati Arcadi ed
Ercole e gli dette un figlio: Aventino, alleato Etruschi, tentano di resplngerli sulle navi. ~
dJ Turno (VII, 751-761). questa la battaglia più grande di tutta la guer-
Rebo: Il cavallo di Mesenzio ucciso da Enea ra e la sua descrizione occupa tutto Il decimo
(X, 1072-1085, 1113-1116). libro. Il secondo grande scontro awiene nella
Remulo: dJ Tivoli, amico di Cèdico, dal compagna di Laurento (Xl, 737-1068); la morte
quale aveva avuto In dono una splendida cin- di Camilla sconforta l Rutuli e i loro alleati, e
tura, che Remulo, morendo, aveva dato al ni- cercano scampo con la fuga verso le mura di
pote, dal quale era poi passata In possesso Laurento (Xl, 1065-1099).
di Ramnete (IX, 439-445).
Reno: Il fiume Reno, raffigurato bicornuto, a Sabel: arabi del paese di Saba. la parte me-
simbolo della Germania, sullo scudo di Enea ridionale della penisola arabica, corrisponden-
(VIli, 844). te all'incirca all'odierno Yemen (VIli, 820).
Reso: re della Tracia e alleato di Troia. Fu Sablnl: è una delle popolazioni più antiche
ucciso da Dlomede e l'episodio è raffigurato medloitaliche, legata Intimamente alla storia
nel tempio di Giunone a Cartagine (1, 544- di Roma. Nell'azione del poema virgillano i Sa-
54&). bini, guidati da Clauso, partecipano alla guer-
Reteo: rutulo, Inseguito dai troiani Teutra e ra come alleati di Turno, ma nel nome del lo-
Tlre, è ucciso da Pallante (X, 512-517). ro Capo, che sarebbe il fondatore della • gens
Rateo: promontorio della Troade (VI. 625). Claudia •, traspare già lo stretto rapporto che
Reto: rutulo ucciso da Eurialo (IX, 423-429); essi avranno con Roma, documentato nel poe-
forse lo stesso che è detto padre o stirpe ma anche dalle raffigurazloni dello scudo di
vetusta di Anchemolo (X, 495-497). Enea: Il ratto delle Sabine, la successiva
Rlfeo: trolano, che partecipò con Enea al guerra e infine la pace con il loro re T. lazio
tentativo disperato di respingere i Greci pe- (VII, 810-831; VIli, 740-746). Anche Evandro
netrati In Troia (Il, 422. 488, 527). aveva sposato una sabina, la madre di Pallan-
Roma: Giove annuncia a Venere che dai di- te (VIli, 595-596).
scendenti di Enea un giorno Romolo fonderà Sabino: antenato di Latino, la cui effigie è
una città i cui abitanti si chiameranno Roma- nel vestibolo della reggia di.Laurento. Secon-
ni (1, 320-323); e al dominio di questa città do VIrgilio, Sabino era un • coltivatore di vi-
non sarà posto alcun limite né di spazio, né ti • e agricoltore (VII, 212-213).
di tempo (1, 324-325): ancor più esplicito è Saces: cavaliere rutulo che porta a Turno
Anchlse (VI, 936-943); la futura Roma è effi- la notizia della morte di Amata e del pericolo
giata con le sue glorie anche sullo scudo di che corre Laurento (Xli, 816-832).
Enea (VIli, 740-849): Evandro indica i luoghi Sacranl (schiere sacrane): popolazione del
sul quali sorgerà Roma (VIli, 393-420). regno di Turno (VII, 913-914).
Romolo: è destinato dal Fato ad essere fon- Salamlna: isola del golfo di Atene; vi era
datore di Roma (1, 320-323; VI, 940-943); e re Telamone, marito di Esione, sorella di Pria-
sarà figlio di Marte (1, 318-319; VI, 936-937): mo. SI ricorda la visita alla sorella del re di
sullo scudo di Enea sono raffigurati gli eventi Troia (VIli, 175-178).
della sua vita dalla nascita alla fondazione Salii: collegio dei sacerdoti addetti al culto
di Roma e alle guerre combattute nel primi di Marte, che si suddivideva In due parti di
tempi (VIli, 733-743). dodici persone ciascuna: l Salii del Palatlno e
Rufra: una città di questo nome sembra che l Salii del Oulrlnale. Essi avevano In custodia
sorgesse nel territorio Intorno all'attuale cit- l dodici scudi sacri conservati sul Palatlno
tadina di Presenzano In provincia di Caserta, e celebravano due feste con processioni e
fra Teano e Cassino (VII, 851). canti. VIrgilio chiama con lo stesso nome l
Rutull: sono gli abitanti del piccolo regno sacerdoti che celebrano l riti In onore di Er-
di Dauno, padre di Turno, la cui capitale era cole, dando ad essi anche le stesse attribu-
Ardea. Il Numlco, piccolo corso d'acqua, di- zioni rituali (VIli, 332-355).
videva" Il territorio dei Rutuli da quello dei Sallo: atleta, originario deii'Acarnanla, re-
Latini. Del Lazio costituivano il gruppo etnico gione della Grecia settentrionale, sulla costa
più compatto e più battagliero; facevano raz- del Mar Ionio: partecipa alla gara di corsa nel
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Dizionario dei nomi e dei luoghi 549
giochi funebri In onore di Anchise (V, 325- sua nuova patria, Butroto nella Caonia, Sca-
326, 346-347, 359-360, 364-366, 378-379). mandro un fiumicello asciutto (111, 427).
Salmoneo: figlio di Eolo, capostipite della Scee: Scea era chiamata una delle sei porte
gente eolica e fratello di Sisifo, diventato re della città di Troia, quella occidentale; e Eia-
deii'Eollde (o Elide) montò in superbia e volle no, che alla morte di Plrro ebbe in sorte una
passare per un dio. SI costruì pertanto un car- parte del suo regno e vi costrul una nuova
ro, sul quale, co1·rendo di notte sopra un pon- Pergamo, volle chiamare anche le porte della
te di rame con In mano fiaccole accese, Inten- nuova città con i nomi di quelle della Troia
deva Imitare Il rumore del tuono e i lampi distrutta (111, 425-428).
del fulmine. Giove, cui la scimmlottatura non Scilla: figlia di Forco, dio marino, cambiata
piacque, lo scaraventò con un vero fulmine da Circe, in un impeto di gelosia, In mostro
nel Tartaro, dove lo Incontra Enea (VI, 721- marino, terrore dei naviganti, che col suoi
734). latrati stordiva e poi divorava appostata sullo
Same: città dell'isola di Cefalonia, che Enea stretto di Messina di fronte a Cariddi: ha Il
vede navigando nel canale che separa questa capo e il petto di donna, Il ventre di lupo,
Isola da ltaca (111, 336). le estremità di pesce (1, 234-235; 111, 512-
Samo: Isola delle Sporadl, prossima alla 522); Enea vede il mostro nel vestibolo del-
costa dell'Asia Minore, In cui sorgeva un l'Averno (VI, 361); e Giunone la ricorda come
tempio famoso di Giunone (1, 21). mezzo Inutile per Impedire a Enea lo sbarco
Samotracla: Isola del Mare Egeo, di fronte In Italia (VII, 348).
alla foce del fiume Marltza, che nella Tracla Sciplonl: sono i due Sclplonl che Anchise
segna Il confine fra Grecia e Turchia. VI re- Indica a Enèa nel Campi Elisi; P. Cornelio Scl-
gnò Dardano, che poi si trasferl nella non lon- plone l'Africano maggiore, Il vincitore di An-
tana Asia Minore, ove costrul Troia (VII, 241- nibale a Zama (202 a. C.), e P. Cornello Scl-
246). plone Emiliano, l'Africano minore, che distrus-
Sarno: fiume della Campania, che entra nel se Cartagine (146 a. C.); le loro anime sono
mare tra Torre Annunziata e Castellammare destinate a ritornare sulla terra (VI, 1018-
di Stabia. Le popolazioni della pianura del 1019).
Sarno si schierano con Ebalo, loro re, contro Sebetlde: la Ninfa figlia del torrente Seba-
l Trolanl (VII, 850--851). to, uno del tanti che sfociano nel golfo di Na-
poli. Sebetlde sposò Telone e divenne madre
Sarpedonte: figlio di Giove; re della Llcla, di Ebalo (VII, 844-847).
alleato di Troia, fu ucciso da Patroclo. Giove
accenna con tristezza alla sua morte (l, 120; Sellnunte: città fondata dal Greci di Megara
X, 601); un suo figlio spurlo, Antifate, segui
sulla costa meridionale della Sicilia occiden-
tale, oggi importante zona archeologica del
Enea (IX, 842·843); e l suoi fratelli' Claro e
comune di Castelvetrano (111, 857-859).
Temone (X, 165).
Sarasto: trolano molto vicino a Enea, del
Satlcull: abitanti di Saticula, città della quale gode grande fiducia. Enea gli affida di
Campania, presso l'attuale Caserta vecchia, preparare, insieme con Mnesteo e Sergesto,
partecipano con Aleso alla guerra contro Enea la flotta per partire da Cartagine (IV, 340-
(VII, 839). 348); Enea, prima di partire per Pallanteo,
Satura: regione del regno di Turno, tra An- gli aveva affidato, insieme con Mnèsteo, la
zio e Terracina, nella cui pianura è una • nera direzione del lavori di fortificazione (IX, 216-
palude •: le paludi pontlne (VII, 919-920). 220); con Mnesteo rinfranca l Trolanl terrlfl-
Satumla: cosi fu chiamato il Lazio, secondo cati dalla presenza di Turno nell'interno del
la leggenda che favoleggiò Saturno detroniz- campo e Il Incita ad affrontarlo (IX, 928-931 );
zato da Giove e rifugiatosi nel Lazio, ove fu Enea gli dà le belle armi del vinto Emonlde
Il primo re (VIli, 414-416). e lo invita a farne un trofeo In onore di Mar-
Saturno: antichissima divinità itallca Identi- ta (X, 684-686). E inoltre: Xli, 695.
ficata poi con Il greco Cronos; ma del mito Sargesto: troiano, capostipite della gente
latino conservò la primitiva natura essenzial- Sergia (V, 131), partecipa alla regata nel gio-
mente agreste e solare, personificata In un chi funebri in onore di Anchlse al comando
re che In tempi lontanissimi, cacciato dal della nave Centauro (V, 132); sfascia la nave
figlio, sarebbe approdato In Italia, dove avreb- contro gli scogli, ed Enea per consolarlo gli
be con le buone leggi e con Il lavoro, spe- regala del giovenchi e la schiava Fàloe (V,
cialmente della terra, fatto felici l popoli del 134-313); travolto dalle onde della tempesta
Lazio; e Il suo regno fu chiamato • età del- provocata da Eolo, compare Inaspettato ad
l'oro •. Perciò Saturno presiedeva alla giusti- Enea nel tempio di Giunone a Cartagine, men-
zia, al giorni, alle stagioni, all'anno, alle in- tre la regina Didone sedeva In giudizio e ren-
temperie, alle sementi, all'agricoltura; e in deva giustizia (l, 589-595); Enea uscito dalla
suo onore si celebravano l Saturnall, nelle ca- nube gli tende la mano (1, 716-717). E Inoltre:
lende di gennaio (1, 667; VIli, 372-373, 416; V, 513.
Xl, 314). Savero: monte della Sabina (VII, 820).
Scamanclro: fiume della Troade che i Tro- Slbllla: nome comune a tutte le sacerdo-
lanl erranti alla ricerca di una nuova patria tesse di Apollo, che privilegiate del dono
ricordano con nostalgia. Eleno chiama nella della profezia, pronunciano oracoli. Nel poe-
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550 Dizionario dei nomi e dei luoghi
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Dizionario dei nomi e dei luoghi 55 I
Strlrnone: fiume della Macedonia, sfocia Tartaro: luogo particolare dell'Erebo, nel
nel Mare Egeo ad est della penisola Calcidi- quale sono punite le anime del cattivi. E nella
ca (X, 340-343). Immensa città circondata da tre cerchi di mu-
Strlrnonlo: arcade ucciso da Aleso (X, 526). ra, e da un fiume vortlcoso, Il Flegetonte, le
Strofadl: gruppo di piccole Isole del Mar cui acque sono di fuoco; vi si entra da una
Ionio, a sud di Zante. Enea vi sbarcò costret- porta grandissima e dal mezzo della città si
to da una tempesta e vi trovò le Arpie (111, eleva una torre altissima, sulla quale siede
259-264). Tlslfone con la veste Insanguinata. Giudice è
Sulmona: città del Volsci alleata di Turno; Radamarito di Cnosso, il quale confessa, ca-
è l'attuale Sermoneta In posizione dominan- stiga e costringe l cattivi all'espiazione del
te le Paludi Pontine in provincia di Latina loro delitti (VI, 678-716]; ed Inoltre: V, 775 e
(X, 657-661). IX, 603.
Taumante: figlio di Gea e di Ponto, sposò
Taburno: monte del Sannio, a nord-ovest di l'oceanlna Elettra e divenne padre di Iride e
Avellino, oggi Monte Vergine (Xli, 896). delle Arpie (IX, 5).
Talla: Nerelde del seguito di Nettuno (V, Tazlo: Tito Tazlo, re del Sablnl, che In se-
873). guito al ratto delle Sablne mosse guerra a
Tantalo: re leggendario della Lidia, figlio di Roma e, con Il tradimento di Tarpea, prese Il
Giove e padre di Penelope e di Niobe. Gli Campidoglio. Fatta poi la pace, condusse Il
dèl lo invitavano spesso ai loro banchetti; ma suo popolo da Curi a Roma e regnò Insieme
essendo perciò salito In superbia ed avendo con Romolo. Fu ucciso dai laurentlni. E effi-
egli sottratto dalla loro tavola l'ambrosia e giato sullo scudo di Enea (VIli, 740-746).
Il nettare per portarli agli uomini (secondo Tegea: città dell'Arcadia; vi sorgeva Il fa-
un'altra tradizione avrebbe preparato In pa- moso tempio di Atena Alea, nel quale erano
sto agli dèl il proprio figlio Pelope per pro- conservate molte opere del grande scultore
vare a qual punto arrivasse la loro chiaroveg- greco Scopas (V, 326).
genza) essi lo condannarono nell'Averno alla Telebol: abitanti di piccole Isole del mare
pena terribile della fame e della sete. Virgilio Ionio tra l'isola di leucade e la costa dei-
non lo nomina, ma vi allude chiaramente nel I'Acarnania. Erano dediti alla plrateria e una
versi 743-748 del canto VI. parte di essi guidati da Telone, si trasferirono
Tapso: città della Sicilia orientale fondata nell'Isola di Capri, la occuparono e vi si stabi-
dal Calcidesi, tra Megara e Siracusa (111, 837). lirono (VII, 844-847).
Taranto: Enea attraversa il golfo di Taranto Telone: re del Teleboi di Capri, sposò la
nel viaggio da Butroto alla Sicilia (111, 676). ninfa Sebetide e divenne padre di Ebalo (VII,
Tarconte: vecchio re etrusco dotato di fa- 844-847).
coltà divinatorie, con Il quale Enea si è allea- Temllla: rutulo, ferl Involontariamente Il
to contro Turno. Come Indovino sa che la commilitone Priverno, che fu poi ucciso dal
guerra contro Mesenzlo può essere vinta sol- trolano Capi con una freccia (IX, 699-706).
tanto se a capo dell'esercito è uno straniero Tempesta: divinità delle tempeste del mare,
e manda ambasciatori ad Evandro a invltarlo alla quale Enea sacrifica una pecora nera (111,
ad essere egli Il capo dell'esercito etrusco 147-148; v, 816).
(VII, 589-592); Tarconte è accampato con l'e- Tenedo: lsoletta dell'Egeo, prossima alla
sercito etrusco nella campagna di Cere, ed costa della Troade; di essa l Greci si sono
Enea ne scorge da un'altura l'accampamento serviti per nascondere alla vista del Trolanl
(VIli, 104-107); conclude un'alleanza con Enea la flotta in attesa del segnale di Sinone. Da
(X, 201-203); dà disposizioni al soldati della Tenedo arrivano anche i due grossi serpenti
sua nave per lo sbarco (X, 373-381); ma la che straziano laocoonte e l suoi due figli (Il,
nave va a finire In una secca scogliosa e si 30-35, 254-283, 318-322).
sfascia (X, 386-392); come capo è accanto ad Termodonte: fiume del Ponto, alla cui foce
Enea nelle onoranze funebri ai caduti (Xl, era Temiscira, la capitale del favoloso regno
230-231); nella grande battaglia delle opposte delle Amazzoni, che oggi si potrebbe riscon-
cavallerie, rlncuora l suoi e fa prigioniero Ve- trare nella cittadina di Terme ad oriente di
nulo (Xl, 896-934). Samsun (Xl, 815).
Tarpea: strapiombo roccioso sul lato occi- Terone: è Il primo rutulo che Enea abbatte
dentale del colle Capitolino (VIli, 404). appena sbarcato dalla sua nave con gli al-
Tarpeia: una delle giovani italiche che for- leati Etruschi (X, 398).
mano la guardia d'onore di Camilla (Xl, 809- Terslloco: capo dei Peonl alleati di Troia;
812). è stato ucciso da Achille ed Enea lo Incontra
Tarqulnl: le vicende di Tarquinia Il Superbo, nel Campi del Pianto più remoti (VI, 599).
ultimo re di Roma, sono preannunciate da An- Teseo: eroe greco, figlio di Egeo e di Etra,
chlse ad Enea nel Campi Elisi e sono anche autore di Innumerevoli e famose Imprese, che
effigiate sullo scudo di Enea (VI, 985-994; costituiscono la parte più cospicua del rac-
VIli, 752-754). conti mltlci della letteratura greca. Nel poema
Tarqulto: guerriero latino figlio di F:<~uno e vlrgillano è ricordata l'uccisione, a Creta, del
della ninfa Driope; è ucciso da Enea (X, 696- Mlnotauro (VI, 35); la sua discesa all'Inferno
709). per rapire Proserplna (VI, 136, 490); e per
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55 2 Dizionario dei nomi e dei luoghi
questa sua Impresa Enea lo vede punito nel Ed inoltre: Il, 950; 111, 613; V, 91 e 1143; VI.
Tartaro a starsene eternamente seduto (VI, 1058; VII, 37 e 179; Xl, 561 e 627.
761-762). Tiberina: v. Tevere.
T•lfone: una delle tre Furie: Enea la vede Tlbrls: re preistorico del Lazio, di natura fe-
sull'alta torre del Tartaro, dove esegue con roce, che dominò sulla regione dopo l'età
esemplare diligenza gli ordini di Radamanto dell'oro di Saturno. Dette Il suo nome, che
(VI, 685-687, 704·707); Teslfone infuria tra significa • fatale •, al fiume che prima si chia-
gli eserciti nella grande battaglia sul litorale mava Albula (VIli, 385-388).
del Lazio (X, 956). Tlburto: figlio di Anflarao che, venuto in Ita-
TesS8nclro: greco, era nel ventre del ca- lia da Argo con l fratelli Catlllo e Cora, ha
vallo di Troia (Il, 328). fondato Tivoli (VII, 770-772).
Teti: ninfa figlia di Nereo, moglie di Peleo Tideo: padre di Diomede, fu uno del Sette
e madre di Achille; vive alla corte di Nettuno contro Tebe, dove mori. Il mito gli attribuisce
(V, 872); Venere ricorda a Vulcano ch'egli una forza smisurata ed un coraggio eccezio-
ha accolto la sua preghiera di fabbricare le nale. Enea lo Incontra nei Campi del Pianto
armi di Achille (VIli, 446-447). più remoti (VI, 595).
Tetrlca: monte della Sabina, non identifica- nmavo: fiume della Venezia Giulia, che si
bile (VII, 820). getta nel mare fra Aquileia e Trieste. Presso
Teucrl: sono indicati con questo nome i di· la sua foce sbarcò Antenore, Il fondatore di
scendenti di Teucro che, figlio di Scamandro Padova (1, 283-288).
e della ninfa Idea, sarebbe stato il primo re Tlmbreo: soprannome dato ad Apollo per il
della Troade: e da lui i Trolani furono chla· tempio costruito In suo onore e Il bosco a
matl anche Teucrl. Quando poi nella Troade lui consacrato In una località presso Trota,
giunse Dardano, Teucro lo ospitò, gli diede detta Timbra (111, 103).
In sposa la figlia e gli affidò il governo del Tlmete: Il trolano che per primo esorta l
territorio sul quale poi sorse Troia (111. 127- suoi concittadini a condurre Il cavallo entro
135); Anchise dice a Enea che nei Campi le mura (Il, 45-47); non dovrebbe però essere
Elisi riposa l'antica stirpe di Teucro, razza il figlio di lcetaone che fu ucciso da Turno
meravigliosa (VI, 794-797). (X, 162).
Teucro: figlio d iTelamone, re di Salamina, nnclaro: re di Sparta, sposo di Leda, la ma-
e di Esione, sorella di Priamo; quando ritornò dre di Elena, di Clitennestra e dei Dioscuri,
dalla guerra di Troia e al padre disse che Aia- cioè del Tlndaridi (Il, 699).
ce, suo fratellastro, era morto, Telamone s'in· Tiro: città della Fenicia, che sorgeva sulla
furlò e lo dichiarò colpevole; ed egli dovette costa del Libano dove oggi trovasi Sur. Era
fuggire. Dopo aver girovagato a lungo, giunse governata da Pigmalione, fratello di Didone,
a Sidone, nella Fenicia, e offrì i suoi servigi la quale aveva sposato un ricco della stessa
al re Belo, il quale gli affidò la conquista di città, Slcheo. Pigmalione bramò impadronirsi
Cipro. Conquistata l'isola ebbe in dono un ter· delle ricchezze di Sicheo e lo uccise; e Di-
rltorlo dell'Isola, sul quale fondò una città done allora fuggi con uno stuolo di abitanti
che, a ricordo della patria lontana, chiamò della medesima Tiro fin sulle coste dell'at-
Salamlna. Lo ricorda Didone nel suo primo in- tuale Tunisia, ove fondò Cartagine. Venere si
contro, con Enea (1, 725-732). presenta a Enea con le sembianza di una fan-
Tevere: il Tevere ha funzioni uoolto impor- ciulla di Tiro (1, 394-395); l Cartaginesi sono
tanti nella struttura del poema virgiliano. Il detti anche Tiri (1, 489, 825, 870, 888; IV. 380,
vecchio fiume che durante Il regno di SE!turno 566, 750); Anna ricorda Tiro alla sorella Di-
si chiamava Albula, mutò poi il suo nome in done (IV, 47); ed inoltre IV, 805.
quello di Tevere, da Tlbris, re del Lazio (VIli, Tirreni: v. Etruschi, Etruria.
385·388); personificato nel dio liberino com- Tlrro: latino, padre di Silvia e di Almone,
pare In sogno a Enea per dirgli che è giunto custode degli armenti del re Latino e fattore
alla fine del suo viaggio travagliato (VIli, 37- delle sue terre. Fra l latini fu il primo a pren-
75); ed Enea promette al padre Tevere un dere le armi contro l Trotani dopo l'uccisione
culto perenne di riconoscenza (VIli, 81-87); del cervo di Silvia (VII, 550-551, 577-580, 604):
Il fiume facilita la navigazione sulle sue ac- l figli di Tlrro comandano la retroguardia del-
que alle navi di Enea, che ha accolto il suo l'esercito di Turno (IX, 34-35).
consiglio di recarsi a chiedere aiuto a Evan- Tltanl: figli di Urano e di Gea, padri dei GI-
dro (VIli, 96-99); le sue acque sono arrossate ganti, con l quali furono spesso confusi, sono
dal sangue Trolano (Xl, 688-690), e latino (Xli, una stirpe mitlca più antica degli dèi dell'O·
45-49); accoglie Turno e lo lava dalla strage limpo. Tentarono di cacciare daii'Oiimpo Gio-
compiuta nel campo troiano (IX, 975-977); e ve e furono gettati nel Tartaro, dove Enea li
lava anche le ferite di Mesenzio (X, 1043- può vedere (VI, 718).
1045). Lo aveva scorto Enea dal mare attra- Tltone: figlio di Laomedonte e fratello di
verso un bosco Immenso (VI, 35-39); il Te- Prlamo. ~ Il vecchio decrepito marito del-
vere si fermò con un rauco muggito quando le l'Aurora, la quale, quando si sposò, chiese
navi troiane furono miracolosamente trasfor- per lui agli dèl l'Immortalità e l'ottenne, ma
mate In ninfe marine (IX, 158-159); lo invoca dimenticò di chiedere per lui anche la per-
Pallante prima di assalire Aleso (X, 536-539). petua giovinezza; e quando Aurora lo vide rln-
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Dizionario dei nomi e dei luoghi 5.53
secchito da sembrare uno sterpo inutile, lo Troia: la città di Enea distrutta dai Greci:
mutò in cicala (VIli, 447; IX, 559). ne aveva avuto ampie notizie anche Didone da
Tivoli: la città costruita da Tiburto; si schie· Teucro, fratello di Aiace (1, 725-730); ma della
ra con Turno e manda l suoi guerrieri al co· sua distruzione parlano anche i dipinti del
mando di Catillo e Cora, fratelli di Tiburto tempio di Giunone a Cartagine (1, 527-574)
(VII, 771). ed Enea ne fa un lungo racconto che occupa
Tizio: gigante superbo e arrogante, figlio di tutto il secondo canto del poema. Ma Troia
Giove; insidiò latona, che fu soccorsa dai risorgerà (VI, 913-916), e i suoi distruttori
figli Diana e Apollo e dallo stesso Giove. il quando ritornarono o durante Il viaggio o ri-
quale lo precipitò nel Tartaro, dove Enea lo tornati In patria furono severamente puniti
vede con l'enorme corpo disteso mentre il (Xl, 317-346) e a distanza di secoli saranno
suo fegato, che continuamente rinasce, è di· puniti anche l loro discendenti (VI, 1009-1015).
vorato da un enorme avvoltolo (VI, 735-740). Si omettono le citazioni innumerevoli di mi-
Toante: è uno dei Greci che entrarono in nore Importanza e i passi con Il solo nome.
Troia rinchiusi nel cavallo di legno (Il, 330). Troilo: figlio di Priamo; negli affreschi del
Un altro dello stesso nome, ma troiano, fu tempio di Giunone a Cartagine è ricordata la
ucciso da Aleso (X, 528·529). sua morte (1, 550-556).
Tolumnio: augure rutulo (Xl, 535), non ac· Tulla: è una delle amiche più care di Ca-
cetta che la guerra si concluda con il duello milla (Xl, 810).
fra Enea e Turno e crea egli stesso l'Inciden- Tullo Ostlllo: terzo re di Roma (VI, 980-
te che infrange la tregua (Xli, 335-367). 983); sullo scudo di Enea è effigiato Il sup-
Torquato: Tito Manlio Torquato, console nel plizio ch'egli Inflisse al traditore Mezio Fufe-
340 a. C., vinse al Vesuvio l latini e ordinò zlo (VIli, 747-751).
l'uccisione del proprio figlio che aveva disob- Turno: figlio di Dauno e di Venilia, benché
bedito ad una sua legge di guerra che preve- Il padre sia ancora vivo, esercita effettiva-
deva per l trasgressori la pena di morte. Il mente le funzioni di re dei Rutuli. Discende
soprannome Torquato gli fu dato per aver dalla stirpe dei re d'Argo (VII, ~22-424); è il
egli ucciso in duello un capo gallo ed essersi pretendente alla mano di lavinla (VII, 64-70);
Impossessato della collana (torques) ed es· magnifica figura di guerriero, si prepara a cac-
sersene ornato. Ad Enea lo indica Anchise nei ciare i Troianl dal lazio (VII, 900-910); alza la
Campi Elisi (VI, 995-996). bandiera di battaglia sulla rocca di laurento
Tracia: gli antichi chiamavano con que- (VIli, 1-6); marcia con l'esercito contro il
sto nome una vasta regione dell'Europa orien- campo trolano (IX, 31-37); compie atti di gran-
tale, compresa tra la Macedonia, il Danubio, de valore e penetra anche nell'interno del
Il Ponto Euslno, la Propontlde e il Mare Tra- campo (IX, 876-977); nella battaglia sul lito-
eleo. Venere si presenta a Enea vestita come rale uccide Pallante (X, 577-622); ma è prede-.
la tracla amazzone Arpalice (1. 369); quivi stlnato alla sconfitta e alla morte (X, 769-795);
Enea fece la prima fermata come fosse la sua e il dramma si conclude nel duello con Enea
mèta, e vi costruì una città che chiamò Enea- e, nonostante Il suo valore, nell'approssimar-
de (111, 18-25); è una regione dove crescono si del momento fatale, egli è come stordito
cavalli di un'ottima razza: su un cavallo di dal malefizio di una civetta, e muore come se
Tracla è montato Il piccolo Priamo, figlio di la stessa vita dell'uomo fosse determinata dal
Polite (V, 594-597); ed anche Turno (IX, 61- destino (Xli, 1118-1186).
62); Il quale gode del nobili destrieri discen·
denti da quelli che Orizia aveva regalato a Pi· Ucalegonte: troiano; Enea dal tetto della
lunno (Xli, 105-110). ~ una regione cara a sua casa vede bruciare accanto al palazzo di
Marta (Xli, 426-433); ma Enea quando seppe Deifobo anche la casa di Ucalegonte (Il, 389-
da Polldoro la sua disgraziata avventura, se 391).
ne partl da quella terra seguito anche da uno Ufente: 1) alleato di Turno comanda· gli
stuolo di Traci, tre dei quali sono uccisi da Equi (VII, 856-861; VIli, 10); fu ucciso da
Clauso nella battaglia sul lido del lazio (X, Glante (Xli, 582-583); 2) fiume che nasce nel
445-446). comune di Sezze, scorre sull'orlo nord-orien-
Tritone: divinità latina, figlio di Nettuno e tale delle Paludi Pontlne e si getta nel Tir-
della ninfa Salacla: percorreva il mare su un reno a nord di Terracina. Enea ha fatto prigio-
cocchio tirato da ippocampl (cavalli del mare) nieri quattro guerrieri provenienti dal territo-
e altri mostri marini, suonando una conca ma- rio attraversato da questo fiume e Il ha desti-
rina per tranqulllare, secondo gli ordini di nati ad essere immolati al Mani, vittime espia-
Nettuno, il mare o suscitare la tempesta. torie della morte di Pallante (X, 657-662).
Aveva busto e capo lrsuto d'uomo, ventre e Ulisse: eroe greco, figlio di laerte e di An-
coda di pesce (X, 271-275); salvò le navi della tlclea, re d'ltaca e sposo di Penelope, padre
flotta di Enea Incagliate nelle scogliere delle di Telemaco e dJ Telegono. Partecipò alla
Are (1, 132-173); si irrita perché Mlseno fa ri- guerra contro Troia con valore e con l'astuzia,
suonare l mari con la cava conchiglia, e lo ed Enea nel poema lo odia e lo disprezza co-
travolge di sorpresa In mezzo agli scogli (VI, me arditore d'Inganni (111, 337-338); anche
218-223); è anche Il nome della nave di Au- laocoonte aveva Intuito, pensando a Ullsse,
leste (X, 268-271). l'Inganno del cavallo (Il, 59); Palamede, con-
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554 Dizionario dei nomi e dei luoghi
tra rio alla guerra di Troia, è sua vittima (Il, lo strappa dali 'arcione e lo porta via con sé
112-114); la notte dell'incendio di Troia. con (Xl, 914-934).
Menelao e con Elena, Ulisse irrompe nella Vesta: divinità romana, immaginata figlia di
stanza dove Deifobo riposava (VI, 653-654); Saturno e di Opi, dea del focolare e del fuoco
e Diomede (Xl, 328). Inoltre: Il, 122; 154, 205, che vi si accende e quindi anche della parsi-
329, 539; IX, 732. monia e della prosperità domestica. Nel suo
Umbrone: sacerdote guerriero, mandato a tempio ardeva il fuoco sacro e il suo spe-
combattere, alleato di Turno ed a capo dei gnersi era considerato funesto. Lo nutrivano
Marsi, dal re Archippo. Morì combattendo e sorvegliavano le Vestali, giovani sacerdo-
contro i Troianl (VII, 863-871; X, 687). tesse (l, 340); Ettore consegna in sogno a
Enea, insieme con i Penati, il fuoco eterno e
Valero: italico, che combatté nelle schiere l'effigie della potente Vesta perché la porti
di Messapo; uccide il licio Agide (X, 943-945). in salvo (1, 368-371); l'ombra di Anchise ap-
Vecchiaia: fantasma tremendo a vedersi pare a Enea e lo incita, per comando di Giove,
che Enea Incontra nel vestibolo dell'Orco (VI, a portare i suoi compagni In Italia; l'eroe
348). troiano si sveglia e venera, con i Lari e i
Velia: nome latino della colonia greca di Penati, anche i misteri della canuta Vesta (V,
Elea a nord del capo Palinuro (VI, 457). 786-789); sul Penati e sul Lare d'Assaraco e
Velino: fiume della Sabina affluente di si- sui segreti della canuta Vesta giura Ascanio
nistra del Nera dopo aver formato la cascata (IX, 320-322).
delle Marmore (VII, 587-588); ma Velino è Vlbrlo: v. lppolito.
anche il nome di un monte dell'Abruzzo, a Volcente: rutulo, comandante di uno squa-
sud-ovest del Gran Sasso. drone di cavalleria e padre di Camerte (X,
Venere: nome latino di Afrodite, figlia di 712); scorge Eurialo (IX, 450-465) e l'uccide
Zeus e di Dione o, secondo altri, nata dalla (IX, 513-517); ma Niso a sua volta l'uccide
spuma del mare nell'isola di Cipro. t sposa di (IX, 533-538).
Vulcano, madre di Cupido, e secondo la leg- Volsci: popolo italico alleato di Turno; pren-
genda, delle Grazie e d'Imene. t anche madre de parte alla guerra al comando di Camilla e
di Enea, che la dea protesse dall'odio impla- di Voluso (IX, 612-614; Xl, 208, 538, 989, 1102).
cabile di Giunone (Ili, 27; IV, 120-121, 434). Volturno: fiume della Campania settentrio-
Al piedi di Giove intercede per Enea (l, 266- nale (VIli, 839).
297) e i l re degli dèi la rasserena (l, 300- Voluso: capo dei Volsci e uno dei luogo-
345); preoccupata, nel consiglio degli dèi si tenenti di Turno (Xl, 576).
lamenta ancora col padre (X, 24-80); implora Vulcano: 1) figlio di Giove e sposo di Ve-
Nettuno a facilitare il viaggio al figlio Enea nere, è pregato dalla moglie di forgiare nuove
(833-844) e prega Vulcano di fabbricargli ar- armi per Enea (VIli, 430-469, 482-528); ricorda
mi nuove e gliele consegna (VIli, 430-449 e di aver fabbricato, aiutato dal Ciclopi, le armi
713-718); quando il figlio è sbarcato fortuno- di Memnone (1, 570) e la spada di Dauno (Xli,
samente dopo la tempesta sulla costa africa- 115-119); 2) Isola delle Eolie nella quale Vul-
na si preoccupa che non vada Incontro a peri- cano, coll'aiuto dei Ciclopi, fabbrica le armi
coli e lo assiste sotto le sembianza di una di Enea (VIli, 484-489).
giovane cacciatrice (1, 368-466); lo induce ad
abbandonare Troia In fiamme e a preoccuparsi Xanto: fiume della Troade nominato spesso
di mettere in salvo il padre Anchlse, il figlio nel poema virgiliano, talvolta anche Insieme
Ascanio e la moglie Creusa (Il, 721-757); lo con l'altro fiume, Il Slmoenta. Era chiamato
aiuta a trovare il ramoscello d'oro (VI, 245- anche Scamandro (1, 549; IV, 176; V, 670, 850,
251 ); lo assiste durante le azioni di guerra 853; VI, 111; X, 78).
(X, 423-424, 524-535, 986-988).
Venllla: ninfa, sorella di Amata e madre di Zacinto: Isola del mar Ionio, l'attuale Zan-
Turno (X, 100). te. La costeggiò Enea durante il viaggio dalle
Venulo: è Inviato dai Latini a chiedere a Strofadi a Butroto (111, 335).
Diomede di partecipare alla guerra contro Zefiro: nome usato dal linguaggio poetico,
Enea (VIli, 11-12); ritorna senza essere riu- per Indicare un vento dolce e leggero che sof-
scito a convincere l'eroe greco (Xl, 280-287); fia da ponente specialmente in primavera. Ma
Latino aduna il consiglio dei maggiorenti ita- Nettuno lo rimprovera con Euro per aver sca-
licl e Venulo riferisce la risposta di Diomede tenato la tempesta senza Il suo permesso
(Xl, 301-368); si scontra con Tarconte, il quale (l' 155-168).
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GIUDIZI DELLA CRITICA
SULLA TRADUZIONE
DI CESARE VIVALDI
CARLO BO:
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inibitorio e un peso di riduzione. Accogliamolo nel suo
spirito di invito, anche perché la sua traduzione non
insegue soltanto il puro lavoro del poeta che fa i propri
interessi. Di solito un poeta traduce per completare il
suo quadro, indicando affinità, possibilità, un futuro.
Vivaldi è stato molto più umile, ha tradotto per servire
e qui direi che sta la parte nobile e bella del suo la-
voro ...
Ci basti per oggi mettere in luce il risultato straordi-
nario, il valore d'indicazione, la forza dell'invito: tre
elementi che assicurano alla traduzione dell'Eneide qual-
cosa di più nella luce che viene da una data o da un
gusto e appartiene invece alla perfetta fusione fra di-
sponibilità e capacità. Non capita sempre di assistere a
una vittoria difficile, e portata avanti con tanta grazia. »
L'Europeo, Milano
ETTORE PARATORE:
« ... Oggi finalmente possiamo salutare con g1o1a il
primo esempio di una riproposizione dell'Eneide nella
nostra lingua con modi foggiati ad hoc per farne coglie-
re l'intimo ritmo e farne riconoscere l'eterna validità ...
Un giorno si potrà definire la versione del Vivaldi come
la riproduzione di Virgilio in chiave novecentesca, così
come si definisce quella del Caro la riproduzione di Vir-
gilio in chiave manieristica. A ciò non osta neppure il
fatto che, a confermare il proposito di costituire sol-
tanto una sorvegliatissima e duttile trascrizione degli
essenziali valori del testo, la versione del Vivaldi ora si
atteggi in forme di puntuale asciuttezza, che talvolta è
addirittura preterizione di particolari, ora si stemperi in
forme che suonano più come esegesi che come resa im-
mediata dell'originale. Tale cangianza di metodo è un
preciso portato della nostra sensibilità e della nostra
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forma mentis culturale, rifuggenti con orrore da ogni
compiacimento di decorativismi barocchi e quindi pre-
diligenti la asciuttezza essenziale del disegno, ma nello
stesso tempo portate a soffermarsi con più marcata in-
sistenza sui tratti più tipicamente lirici, atti a creare più
stretti legami fra il passato e l'oggi...
Il Vivaldi ci ha mostrato come può esser resa, nello
stile e nel sentimento, l'Eneide ai nostri giorni, in obbe-
dienza ai più tipici contrassegni della nostra cultura.
La sua è veramente la prima versione del poema che
possa essere additata come rappresentativa della nostra
età; lo conferma in linea generale proprio l'inconfondi-
bile, felicissimo timbro dell'andatura ritmica e stilistica,
trascendente la prosa senza mai irrigidirsi nella cadenza
fissa di un aulico linguaggio solennemente poetico in
senso tradizionale. Credo che in fondo nel suo subco-
sciente il Vivaldi non potesse e dovesse aspirare se non
a questa consacrazione; e ciò è per lui tanto maggior
titolo di merito in quanto a tale impresa egli si è dedi-
cato da letterato militante, all'infuori di ogni legame
troppo rigido con la cultura specializzata. >>
Il Giornale d'Italia, Roma
ENZO V. MARMORALE:
« ... Ecco che, nella ricerca di una sua espressione
congéniale, il Vivaldi va a scegliere, per rendere un
poema culto come l'Eneide, il metro delle epiche primi-
tive, cioè qualcosa che sta sulla stessa linea del saturnia
latino, quando non lo riproduce in pieno: e così, in que-
sta sua nuova veste, il poema virgiliano ha un inatteso
sapore di arcaismo e di primitività. Di solito si rivive
l'arcaico con la spiritualità già educata al classico; qui
invece si rivive il classico col gusto volutamente teso
all'arcaico ... E tuttavia, bisogna onestamente riconoscer-
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lo, questa traduzione così condotta crea una sua atmo-
sfera. Dalla fatica del Vivaldi Virgilio è le mille miglia
lontano, quasi estraneo al poema; e l'Eneide che ne
vien fuori è una strana Eneide, di un primitivismo stor-
dito e quasi stupito, con un curioso sapore di nuovo e
di arcaico nel tempo stesso. E, pur così, e forse proprio
perché è così, essa si fa preferire a tutte le altre tradu-
zioni ' non autonome ', comprese quelle dell'Albini e
del Vivona. Virgilio è, lo ripetiamo, lontanissimo da
queste pagine, che ci offrono un poema, certo contro le
intenzioni del Vivaldi, che contrasta troppo spesso con
lo spirito del Mantovano. E però bisogna confessare che
la cosa impressiona favorevolmente, tanto che il lettore
finisce col rimpiangere che la dissonanza non sia stata
anche maggiore ... »
Il Tempo, Roma
TOMMASO FIORE:
« ... Una grande apertura è l'arrivo all'Eneide come
' romanzo '. Traduce un giovane poeta già noto, Cesare
Vivaldi. E anche in questo lavoro rimane poeta di oggi,
che parla non a scolari viziati dalla scuola ma a uomi-
ni, all'Italia d'oggi...
'Così parlando fra loro si avvicinavano all'umile l
tetto del povero Evandro, e vedevano armenti l sparsi
nel Foro Romano e nelle ricche Carine. l Come furono
giunti: - Ercole vittorioso -l disse Evandro - varcò que-
sta soglia, fu accolto l in questa piccola reggia. E ora
anche tu, l ospite, abbi a tua volta il coraggio di disprez-
zare l le ricchezze, rendendoti degno di tanto Nume, l
accostati benevolo alla mia povera vita! -l Fece entrare
Enea grande nella piccola casa l e lo mise a giacere su
uno strato di foglie l coperte della pelle di un'orsa del-
la Libia. l Scende la notte, con ali fosche abbraccia la
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terra ... '
Sono espressioni lucide, ardenti, accese di poesia, tal-
ché anche lo schifiltoso Marmorale approva questo mo-
do di tradurre. ' Troppo primitivo ', gli sembra, come
sarebbe a dire omerico. Felix culpa ... »
La Gazzetta del Mezzogiorno, Bari
GIORGIO CAPRONI:
« ... Primo merito di Cesare Vivaldi, autore di que-
st'ultima versione è quello di aver abolito con la sua
bella prova l'equivoco che l'Eneide sia un capolavoro
del passato, e quindi per noi una partita chiusa. Egli in-
fatti ha saputo dimostrare come Virgilio sia traducibi-
lissimo in un linguaggio nostro attuale, dandoci così
quella che forse rimarrà la più autentica immagine no-
vecentesca e ogni traduzione non può esser altto che
un'immagine) del grande poema incompiuto, quale fino
ad oggi non era ancor stata scritta.
A differenza di tanti specialisti e anche di tanti uomi-
ni di lettere più legati a preoccupazioni strettamente fi-
lologiche o a seduzioni di gusto che a una vera intelli-
genza dell'opera, Vivaldi è riuscito a trovare in Virgilio,
e a restituirei, un sentimento vivo anche dell'esistenza
d'oggi. »
La Nazione, Firenze
ATTILIO BERTOLUCCI:
« ... ~ da ricordare l'Eneide che Cesare Vivaldi ha
reso in modo che gli eroi non sono più il ' vigore e la
dolcezza dei versi ' come ai tempi della lettura simbo-
lista di Paul Valery, ma proprio loro, loro stessi, Enea,
Turno, Didone, Camilla, Eurialo e Niso, un po' rustici
ma vitali, vivi anzi nella natura laziale che è così poco
mutata da allora, sempre incolta e selvaggia eppure dol-
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ce perché presa in quella luce che si ritrova anche in
Poussin e in certi campi lunghi pasoliniani sollevantisi
dalla cerchia infernale delle borgate all'orizzonte infi-
nito, da Ragazzi di vita a Accattone ... »
Il Giorno, Milano
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zioni, i giochi che tanto ci annoiavano, quando doveva-
mo leggerli nella traduzione di Annibal Caro, tornano
qui con arguzia e vivacità a interessarci, come resoconti
di autentiche gare sportive. E la guerra si presenta, si
impone, si denuncia in tutta la sua sciagurata dissenna-
tezza ... »
La Settimana Incom, Milano
LUIGI BALDACCI:
« ... Il Vivaldi è un poeta moderno che si cimenta
con un poeta antico ... Certamente si tratta di uno degli
esperimenti più coscienti che siano stati fatti nel pro-
posito di rendere lo spirito di un'opera classica come
l'Eneide attraverso una sensibilità di lettura tutta mo-
derna, che non si ponga mete estetizzanti di puro calco
o di assoluta resa fonica ma che, nell'opera stessa di
traduzione, misuri quanto di vivo e di attuale possa es-
sere offerto al poema virgiliano. Il Vivaldi si è servito
di un metro libero di carattere fortemente ritmico, qua-
si sempre composto di metri tradizionali italiani, che
riproduce approssimativamente la lunghezza dell'esame-
tro latino senza peraltro volerlo imitare nella sua strut-
tura. Si tratta indubbiamente di un evento di grande
valore culturale, il cui merito è quello di riportare un
classico al livello del pubblico d'oggi. »
Il Giornale del Mattino, Firenze
UMBERTO ALBINI:
« ... I tratti fondamentali della versione di Vivaldi so-
no due: la semplicità e la carica suggestiva. Vivaldi ha
trovato un modulo discorsivo di grande efficacia nella
sua lineare chiarezza. La sua Eneide diventa un raccon-
to, che si esegue con ansia e con interesse, di una serie
di avventure avvincenti e affascinanti: il romanzo di
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una vita del passato si trasferisce nel presente, attuale,
senza forzature, orpellì o arabeschi, con il suo, poten-
ziale di emozioni. Naturalmente un tentativo del gene-
re, comportando una riduzione dell'epica, per così dire,
sonora a un'epica antitradizionalista, nell'Italia del Mon-
ti e della retorica aulica, può essere guardato con so-
spetto, con diffidenza. La prima tentazione è di metter-
si a controllare quanto lontano, inferiore all'originale
sia il Vivaldi: e poi ci si accorge che il suo narrare non
è sonnolento ripeterti di memorie ma un affresco vivo,
in cui nitidi si stagliano uomini e cose ...
Non vogliamo attardarci in una serie di esemplifica-
zioni di iuoghi celebri, resi in modo insospettato, e as-
sai puntuale nella sua indifferenza a modelli ormai ca-
nonici: diciamo solo che Vivaldi permette un riaccosta-
mento assai proficuo all'Eneide. Il suo intelligente invi-
to a Virgilio, la parte di guida che il nostro traduttore
si è assunto con grande coraggio, trattandosi di un im-
pegno che lo mette a confronto con nomi di primo pia-
no, l'ha portato a termine con sicura autorità. Del che
gli siamo gratissimi. »
L'Approdo radiofonico
EMILIO MATTIOLI:
« ... I mezzi di Vivaldi poeta ... offrivano la possibili-
tà di recuperare la concretezza del linguaggio virgiliano
offuscata e quasi distrutta nelle traduzioni tradizionali.
E a questo propos"ito bisogna veramente insistere sulla
validità del rinnovamento compiuto da Vivaldi nell'am-
bito di questa tradizione, una tradizione plurisecolare
che credo annoveri più di cinquanta traduzioni del poe-
ma di Virgilio ...
Naturalmente in una traduzione come questa che ten-
de alla leggibilità totale e guarda all'opera nella sua in-
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terezza più che ai singoli momenti di essa, non si dovrà
cercare la minuziosa trasposizione del filologo, ma l'ario-
sa interpretazione del poeta. »
Il Verri, Milano
ENZO GOLINO:
« ... La versione ha precisi obiettivi, felicemente ten-
denziosi. Vivaldi ha usato il verso libero, formato da
due versi tradizionali accoppiati, in modo da ottenere
una certa cadenza di tono più alto che non la prosa ...
Cancellati i segni dell'inflazione retorica, la nuova scrit-
tura non decade, perciò, nella patina neutra di una sot-
toscrittura senza vibrazioni, al contrario tende a rista-
bilire una vera integrazione col lettore d'oggi... »
Il Mondo, Roma
SANDRA MALOSTI:
« ... Aderente ai valori del testo, pur senza essere pe-
dantemente letterale, la traduzione è di altissimo livel-
lo ... Contribuisce alla felice riuscita un'altra qualità ti-
pica della traduzione vivaldiana: una traduzione inten-
samente visiva a cui l'autore perviene dando 'un'impor-
tanza altissima alle immagini, ai concetti, alle figure ' ...
Ci sembra sintomatica in questo senso, nella profusione
di ori e luci, nell'audacia di talune raffigurazioni, la rap-
presentazione dello scudo di Enea: un pezzo di bravu-
ra, anche del traduttore ...
Abbiamo forse indugiato in un'analisi minuta, ma a
ciò stimolati dalla tJ.ualità stessa della traduzione vivai-
diana: impegnata, viva, penetrante, in cui i pregi supe-
rano di gran lunga i difetti (ma esiste la traduzione per-
fetta?) e che presenta una sua particolare fisionomia.
Ci auguriamo che possa diffondersi presto anche nelle
scuole questa traduzione, che ha saputo accostarsi al-
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l'arte di Virgilio, essa stessa non di rado opera di
poesia. »
Atene e Roma, Firenze
ENZO SICILIANO:
« ... Cesare Vivaldi ha scelto la strada di raccontare
l'Eneide in modi umili, sciogliendone fino al possibile i
nodi... La resa di Vivaldi è sempre sulla strada della
discrezione, fornendo con il suo italiano un sensibile
strumento di lettura ...
Eppure, col romanzo si convoglia l'indistruttibile spi-
ritualità del poema, quel soffio di stupefatta bellezza che
c'è nel fondersi dei vari elementi: lo spirare dei venti,
il mare, Didone, Palinuro, l'apparizione di Anchise nel-
l'Averno, gli indimenticabili paesaggi tirrenici, e tutto
ciò torna variamente nella narrazione a darle un mira-
coloso respiro di vita ... »
Avanti!, Roma
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INDICE
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CANTO SESTO
189 Riassunto generale
224 Commento critico
225 Galleria di ritratti
226 Ra1fronti di traduzione
CANTO SETTIMO
229 Riassunto generale- Enea nel Lazio
264 Commento critico
265 Galleria di ritratti
267 Ra1fronti di traduzione
CANTO OTTAVO
271 Riassunto generale- Enea ed Evandro
307 Commento critico
309 Galleria di ritratti
310 Raffronti di traduzione
CANTO NONO
313 Riassunto generale - L'assalto al campo troiano
351 Commento critico
3 53 Galleria di ritratti
357 Raffronti di traduzione
CANTO DECIMO
361 Riassunto generale- La battaglia sulla costa del La-io
403 Commento critico
404 Galleria di ritratti
406 Raffronti di traduzione
CANTO UNDICESIMO
409 Riassunto generale
452 Commento critico
453 Galleria di ritratti
455 Raffronti di traduzione
CANTO DODICESIMO
459 Riassunto generale
506 Commento critico
508 Galleria di ritratti
510 Raffronti di traduzione
5II Dizionario dei nomi e dei luoghi
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Veduta di Troia dalla riva dello Scamandro dopo gli demolendone accuratamente la vetta costttuita da un pianoro lun-
1871-73 compiuti dal tedesco Heinrich Schliemann. go 233 metri e largo altrettanto. Solo tra i sette e i dieci m_etri
Dopo aver individuato le collùte su cui sorgeva Troia, seguendo incontrerà gli strati troiani. . (Lettura alla fine del Canto prtmo,
alla lettera le descrizioni di Omero, inizia a proprie spese gli scavi cfr. pag. 50).
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