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\NDBOUND
AT THE
UNIVERSITY OF
TORONTO PRESS
y\o'ra.
3RAZI0 LIRICO
STUDI
GIORGIO PASQUALI
R. ISTITUTO DI
>r^-
FIRENZE
FELICE LE MONNIER
1920
pa
Firenze 1919.
ADALBERTO GARKONI
CHE COMBATT E MORI SENZA ODIO
PKEFAZIONE
Questo
libro
nou ha
forse bisogno
di prefazione
ho detto
ci
e rigiro.
Il
quando scoppi
guerra: durante la
guerra continu e fin la stesura, incominci anche
la stampa. Ma questa dovette ben presto essere sospesa per l'incertezza del mercato librario, i>er l'enorme
aumento del prezzo della carta, che allora si credeva
pjisseggero, per la scarsit della mano d'ojera tipo-
scritto,
gratica.
La stesura
periodi di
non sospesa,
ma
frastornata da
militare sedentario,
sere
fu
la nostra
ripresa
un generoso
solo
mn
gravoso.
nell'estate del
un
servizio
La stampa pot
'11),
es-
e solo grazie a
viri
in i)oi i)roce(l lupidatiiciite. Xelhi revisioiie mi prestarono la loro opera volenterosa per la prima j)arte
lina donna gentile <' l'amico incomparabile alla cui
pura memoria (piesto libro df^licato, ])er la seconda
amici \)\h giovani, studenti torentini.
quanta
fatica,
4|i
iti
L_A t^
j fllitli grillili
iHlill,
-t*
-**
;^^ii
1*
* *""'*"^
** ^^
'
**' f!^
*^ f* *- ** **
'f
CAPITOLO PRIMO
Orazio e Alceo.
crede
Si
imitato
perfino
poeti
nelle
lesbii
Odi abbia
in
ispecie
Alceo. Se e in qual senso e dentro quali limiti quest'opinione sia giusta, mostra l' interpretazione accurata di
odi,
che
ri-
I.
L'ode a Varo
I,
18 e
carmi dionisiaci.
1.
Varo
vita;
Il
Pianta anzitutto
;
il
ma
vino
1'
la
unico
vite
nel tuo
podere di Tivoli,
te,
fin
qui chiaro.
Segue
candide Bassaieu.
snb
divoiii lapiain
vaeuom
arcaniqne Fides
1
plus
niiiiio
|)r()dif^a,
Amor
Gloria verticem
perliwidior vitro.
della
Dioniso
di
sui
>.
_
L' iiitcrjjretazione
commento
nel
questa
non
da
Perci,
nie,
dipitro
Bassareo splendido
supplico,
ti
di
non
troppo in
giovinezza,
di
lungi
tieni
selvaggia,
cui
io
tengono
di
Chi intenda
ci
in
dovr
cos,
formulata
e.
p.
sfrenatezza
segreti confidati .
ciie questi versi
confessare
nulla che
con
l'ebrezza
amore soverchio
Vraditrici
coni'
coiisucita,
festeggiare
voglio
li
di
y)
nuovo,
di
ha vantato
menti
la
si
sobriet o
essi
il
tirso, di
tutti di culto
1'
lo
spiegano e
si
vaghe e
dietro
ai
un
tuoi simboli
commentatori, costretti
cammina un
dalle
corteo
precise parole
Orazio a concedere ch'egli parla qui di un culto orgiastico, credono di spicciarsi poi di ogni difficolt assedi
culto
un' immagine,
quanto
ai
corni berecintii se ne sbarazzano con tutta faciUt dicendoli tolti di peso dalle Baccanti di Euripide, che
ma descrive un culto
che quindi reminiscenze poetiche non
hanno qui luogo, o, per meglio dire, possono al pi spiegare la forma, non la sostanza. Se non fossero consernon
vate
testimonianze
altre
che questo
in quel
passo,
dovremmo
in
in cui
zio
la
Roma
del
in
l6
quelle
poeta romano
Il
ci
di
Euripide
in giro
ridisce al
stranieri.
La
mystica,
spaventosa
Roma
di
vizi,
ai
occhi
suoi
dei vizi
in
inor-
culti orgiastici
trasforma
si
per
cista
una processione
con l'ebrezza.
Il
dente
storia
la
dei
un culto orgiastico
si
Dioniso nella
di
Roma
augustea non
sediamo
in
non pos-
mentaria. Eppure
caso
che noi
impero un
(alito orgiastico di Dioniso attestato da molte iscrizioni (1). vServio c'informa che versi di Virgilio (ecl. V, 29)
il
ci
favorisce forse pi
tempi pi tardi
dell'
(1)
Wissowa.
_
alludono a Cesare
constai
sacra
Liberi
Fiomam.
tratistulisse
<|uan-
vero
al V,
Cesare introdusse in
Roma
poeta commentato
(2).
Ora un epigramma
di
Marziale
di uno
che sorgevano sulla Velia poco lontani tra
loro
Jiecte vias hac, qua madidi sunt teda Lijaei et Cyheles picto stat Corijbante tholiis. E proprio in cima alla
Velia fu scoperto alcuni anni sono un pezzo di archi(I,
70, 9)
di
Cibele
ci
(1)
La
le Ecloghe la legittimit dell'interpretazione almi sembra, almeno nelle sue estreme conseguenze, errata
quando a Dafni si attribuiscono invenzioni che non hanno nessuna
relazione con l' indole sua originaria (sulla quale v. Schwartz, Goti.
Nadir., 1904, 285 sgg.), n sono narrate da Teocrito o da altri, la
legorica
la loro autorit e
ma
gli antichi
loro sbagli
non fanno
lecito
commentatori hanno
([ual-
in generale,
di rigettarla
nei
sin-
ora
il
monumentale
toninus
Il
imj).
iscrizione
di
...
stituit
|
medaglioni di
una Menade. Lo Hiilsen ha confrontato
Antonino Pio, che rappresentano un tempio rotondo con
una statua di Bacco nel mezzo (1), e non ha trascurato
neppure l'epigramm.a di Marziale il Wissowa (2) ha citato a questo proposito anche il Servio autentico, A me
pare che l' identificazione proposta divenga assai pi
i
probabile, se
in ispecie se
Essa
s'
il
Danielino e
ci
medesimo che
certo quel
Roma
nella
si
augustea.
giacche
il
frigii,
giacche
santuari
V uno accanto
Cibele sorgevano
Dioniso e di
di Dioniso,
da Cesare, fior
culto combattuto da
fu introdotto
di
all'altro
congiunta
il
pi
delle volte,
lo stesso
fino
che
in
nelle quali
o forse
3, p.
(2)
il
pi
tarda.
di
Cesare
Da
bambino Dioniso
era
vibrato
stesso (3) ed
(1)
I,
non
all'et
!ir>;
il
tirso
era portata in
Joudan-HCi-sex, Topogr.
103.
Kelig.', 303.
difficile seeyliere tisi le duo iiitcrpretazioni, che Kiesslin'GHkinze propongono; il ])rouoino personale le di le qualiam converrclibe
(3)
meglio a un siumlacro
che
fa
pensare
al
di
Dioniso
inf'iinte
d'altra jjarte
il
qitaiiam,
vibrare della culla, quale era iu uso nelle cerimo118), mi pare non si
non sappia che il Xixvov
non che
io
hell. Stitd.,
t\
samente nella
cAsta.
tamente, perch
sub divom
rilievo
la
alle
divom,
giro senza
il
caso
cista,
sia
Demetra
cesto di
il
pare indicare
processioni
diffcile
custodiva gelo-
si
che
in
che
nelle
che
Callimaco
(1);
di
fossero portati in
falli
che
quel
profani
in
come
questo secondo
sistesse
cista ci fosse
gli
artisti
vole-
Se
porre che
il
relazione con
culto
furon davvero
descritto
culti italici, p.
falli, si
cista
chiusa.
potrebbe sup-
aveva coperchio o questo era sollevato. La spiegazione del WilamowiTZ, che il cesto fosse chiuso, ma che pure ci si potesse gettar dentro
uno aguardo
(2)
Un
dall'alto (Reden n.
Vortrag^, 275),
non persuade.
1905).
ziir
nel quale un fallo era portato in giro per citt e campagna su di un carro (1).
Torniamo alla poesia da cui abbiamo preso le mosse.
Il primo verso com' noto, traduzione di Alceo fr. 44
XXo
{XTjv
condo verso
trasporta in Italia
ci
tuto scrivere
ma
cp'j-'jarj;
vv. 3-4
(2).
gi
se-
siccis
il
'proim-
suit,
il
crepai,
ma
lesbio.
dovr intendere:
colto,
(1)
in generale
cum
e.
non
saltetn
nam
tur,
donec ilud
coronam
cui
necease
in
l'i
Lavinio
Agostino riferisce
21.
in
honorem pv-
eius
membrum
secreto, sed in
jyer
in
Liberi dies
compitia
et
unus Libero
omues
VII,
dicit
hoc turpe
quiesceret
d.,
plostellis
lo
aUquanto verecundiore
Il
virilia colerentur,
quaedam
in Italiae compitis
Liberi celebrata
dtnda
lettore,
Il
meno
perch
di
difficile
altri culti
credere cbe
italici
simili oltre
dappertutto
il
quello
fallo fosse
Ed
gentili
(2)
con
un uso indecente.
MitiH
Catullo,
il
Ma
Atvuaog,
LXII,
.50
uras
mitis
Georg.,
1,
31
-1
il
Georg..
scrive Virgilio,
il
vino, non
amava questa
Haceo.
1,
44S.
Vmparola.
povert e
esule, di
le
incertezze
mercenario
(1).
v.
11
G segna
passaggio ad
il
un inno; pater in Bacche pater un attributo schiettamente romano, che fu forse una volta limitato alla
cerchia non larga degli Indigeti (2); decens aggettivo
cos oraziano e presuppone teorie estetiche cos raffinate e cos complicate che non riesce facile immaginare
che un altro poeta l'abbia adoperato in tal senso prima
di Orazio. L'inno, di cui abbiamo udito quasi i primi
accordi,, non si svolge, ma si trasforma a poco a poco
in un' esortazione, che sta meglio in bocca a un cittadino romano pratico della vita e non digiuno di cultura filosofica che non a un cavaliere dei vecchi tempi
giovenilmente avido di godimenti e sfrenato. E quel che
ne rimane dei au[x7ioatax di Alceo, ci conferma in quest'impressione: la moderazione e la disciplina non erano
affare suo.
Anche
la rarit del
mito del
delitto e della
ellenistico
La
che a un carme
lirico
di
ma ha
un antico Lesbio.
pur qualcosa
di si-
mile a un inno; le allusioni a miti rari e in ispecie l'avvicendarsi dei pi diversi attributi della divinit cantata
sono, coni' stato osservato del resto
qualit caratteristiche
che segue,
il
dello
stile
da lungo tempo,
degli
inni.
Anche
com'
di
ci
una
(1)
ai
simboli
risente della
dionisiaci,
AVissowA,
Relig.^, 26.
Ma
le
loro parole
cio metter
non sono
un poeta
La
come
ellenistico, fa
con
capo che
il
arcani prodiga
pi
traspa-
La concezione
della poesia
non pu essere
ora
tettate magistralmente
meglio
di
ma
lui,
di
liriche
Alceo
archi-
fu
capace
di
fantasie cos
Alceo? Certo
ma
quarto,
ch neppure
il
il
terzo o
la
di
un carme
pu parlare
ma
il
essi
di
di
motto
comune
(1);
la cita-
non
si
della parola,
al
ancora
sempre cosi,
pagine seguenti mostreranno meglio. E
di contrasto voluto.
come
le
lecito
a ognuno
In Orazio
condannare quest'arte,
di
ma
chi
la
con un verso
'xal Xi^sx',
inni,
l'arte
specialmente
Ma
neppure
Alceo, come
comodit
di
di
si
(1) Il
nulUtm,
(juello
a Zeus.
Vare,
ai
i.
d.
Alt.-
le viste
elegante, Einl.
cor troppo
in
concedere
iiiiila
1'8h.,
negatori dell'originalit.
1,
ipiest'arte oraziiiiia
.504,
mi par che
una
for-
roiicetla an-
corrispondo
%'em
una
in
lo
generale
parola. Orazio
ha
al
44
f'r.
af^g^iunto
vite,
Alceo, salvo
di
sacra,
ne ozioso;
(1)
in
detto della
che,
ha
descritto
giovani
onore
in
hi.s
cos
di
canti
Dioniso
Lyaens
tum
])ariter enlian
vitis
due schiere
di
illis
128 sgg.
(scaen.
alterni* di
hi.s
UjiooIhis |iiter,
inventor sacrae,
Anche
qui
si
la differenza tuttavia
consueto
dai
che ci
in
un inno
Dioniso, con
di
legittimo
ai
poeti
greci
spiegato in
i
(2).
Ma
in
Ennio ha
il
in
citazione
due un
di
che
il
ai lettori,
ma
anzi vo-
(1)
viti,
non
le
di
que-
aggiunge
to
ne saranno accorti pi
lettori se
che
il vecchio Ennio sui banchi della scuola
divenuto presto poeta classico e rimase tale, finch non lo soppiant Virgilio. Certo, nella scuola si saranno
ma pure queste
letti piuttosto gli Annali che le tragedie
a memoria
egli era
erano rappresentate ancora sul teatro al tempo di Cicerone, che ne sapeva larghi tratti a memoria, ed erano
note nell'et augustea che Virgilio, il quale
da buon epico imita gli Annali, pu imitare un
passo del Tieste, senza tema che la sua abilit nel trasformare sfugga al lettore. La descrizione della pianta vivente
e sanguinante in principio del terzo libro dell' Eneide
ancora
cos'i
di solito
sanguine guttae
maculaut
come mostra
scrittori
dell'
atro.
La
negli
raffinatezza
uomo
e nel trasportarle a
2.
dell'ebrezza volgare.
<
Non
solo
il
lia
un
altro Dio-
di
conume con
terzo
ma anche
luilla
il
il
dio
se-
12
suo epilogo;
il
come
la poesia
filiale
Musa
la
a coronare
poeta, cos,
il
grandezza, profeta
cigno apollineo.
nell' immortale
metamorfosi del secondo libro
consacrazione. Orazio immortale,
trasformazione sua
la
Ma
preceduta da una
la
suoi
di
vedere
alle
di
ascoltare
suoi
ai
solo ai
ineffabile;
(1).
dio, mentr'egli
il
sue Ninfe e
volto
il
ha consacrato poeta
1'
Satiri,
Non
insegna
non a
a
i
tutti
poeta concesso,
steri
poesia, ch'egli
si
inebrieranno
della
sua
Bacchnm
carmina rupilms
in reniotis
Nymphasqne
discentis et anris
capripedum Satyrorum
elle
la
(2).
Ci per
deo
di
me prova
;
che
il
ha
il
(2)
che
angoscia,
ma,
prova una gioia cupa e
Orazio pieno di Bacco, come
Torbida ancora quella gioia,
(3).
inesprimibile
egli
s,
petto
Il
Pitia piena
(1)
dell'
poich ha Bacco in
torbida
aciitas.
MithrasUturgie^, 93 sgg.
Del resto
il
pensiero che
il
Dieterich,
dio
invada
pare singolarmente
13
perch
bidum,
turhatus
erat
parafrasi eccitazione
la
un sentimento compli-
che (Criton.
puPavtLwvTS?.
il
credono sempre
54'')
di udire
more. Orazio
di
una
ci
visione,
ma
condizione
la
zione
di
voglia,
sideri
che
il
Ma
le
di risparmiarlo.
dalla
descri-
mosse un inno
se si
Orazio non accenna ch'egli de-
un ditirambo.
preludio
il
di
tirso
il
anzi lo supplica
in
modo che
alcun
candolo con
il
tirso
membro
come
la spes laudis
istinctus
mente
vie/enti
si
raffigurato
l'
non deve
iniziato
r indeterminatezza
qui
cento volte
pi
che
bella
certo, ciie
principio dell'estasi,
fa
vedere
gioia cupa
caro
al
torbida,
(lui
III,
si
Orazio
non rappresenta
risveglio dall'estasi
il
poeta, mentre
il
nostro poeta:
num. Anello
ma
ancor
tremante,
gioioso
25 coniiucia
([iio
me, Hacchc,
il
ch'egli ci
rapi.y
di
Non
tui pie-
_
ognuno
zio, s,
l'
cantar
pericolo
s(;nza
i)u
Libero colpisce
14
indegno
col tirso
lecito, perch'egli
che
le
ma
tremendo,
a Ora-
tiaso.
segue r inno.
per la strada
farsi
ma
il
cortei
di
si
presta
si
gente volgare,
vino
il
mento a
dica,
ridestarsi,
il
che era
Ateniesi. Egli
dio
il
un Macedone come
canti.
Questa poesia
tra
pi antiche, perch'essa
le
la
utque
truncis
nodo coerces
cantare
rivos
\
Non
viperino.
possibile
un carattere
all'ode
versi, di
entusiastico, ditirambico
dare
perch, se
forma ritmica
al-
ritmi alcaici,
il
Ma
da Dioniso nella
un programma e
fa qui iniziare
questo carme ha
una promessa.
poesia
di
si
il
valore
di
un mistero maggiore
III,
25 ce
lo
mostra sottratto
alla
15
il
ha trasformato
dio lo
Non
canta
alle
Pure
poeta non ce
il
un mistero.
sto
ma
negli alti
e
fin
le
ratto ?
Il
poeta prima
cimentato, gli
si
Pangeo,
Rodope,
il
lo dice chiaro,
a Dioniso
la
i
beato
si
sente
si
una Baccante. Ancora una preghiera al dio, ancora la promessa di non cantar pi nella lingua volgare
pari a
immortali, e
poeta
il
a Dioniso.
Troc/l
vapi)rj-/.o-fpo'..
forze
[Xv
-aOpo'.
ricolOj bello
una
Chi segue
corteggio
li
il
-i
(1)
Basta riooidare
le
'^Ay.'/pi,
vaoipocpad- Bpiiio?;
y^si
Xayw
xv
di
qualcosa di
bello
comune con
pe-
il
noto.
dio
il
rievO'e
Sympoeiou, 93.
e colui cui le
Kcopuxig Tixpa
/(Bpov,
8[>cy,v
di
Ma
ioxpaTYjYVjasv 9-eg
corre pericolo
sgjT;.)
tiaso,
nell'abisso.
22
sublimi,
si
Altre
Baxxix
cvxpa
6),
So-
come
Ib
canti dionisiaci.
II.
Se Orazio ha potuto
14.
in
Alceo, in
di
caratteristica
suoi
I,
.di
Ennio,
ha potuto
se
comprendessero
lettori
questo un indizio
che
sicuro
far
gustassero
conto che
uomini
gli
tale tecnica,
colti
della
Roma
augustea conoscevano bene non solo il poeta nazionale Ennio ma anche il lesbio Alceo. Eppure si suol
generalmente credere che Orazio abbia primo tra i Romani letto Alceo perfino uno studioso cos dotto e di
gusto cos squisito come il Norden, ha scritto teste (1):
Nessun Romano prima di Orazio ha, per quanto sappiamo, letto Alceo e Pindaro . Eppure qualche riga
sotto egli giudica cos l'arte di Orazio nelle Odi: La
;
pi o
meno originalmente
Come
si
accordano queste
eccitare
un determinato
(1)
Einl.
i.
d.
Ah.-Wiss.,
I,
504.
Cora aggiungere
al
17
motto
di
sperare che
il
mentre
diamo l'aria
la citazione esatta, e,
il
ci
nonch
che
in quei
tifica
letteratura prosastica
che
tempi uso
letteraria.
una
di
che
pi alta,
fine,
scien-
li
stato
spiegare
fatti
gi
nella
Verona un grammatico
sua
conoscenza certa. N
letteraria,
che
io
comunque
Catullo abbia
fatto
imparare
acquistata, quella
le letture di
un fanciullo romano
dell'et
di
Cesare e poi
(1)
11
naiiiente
2
di quella
WiLAMuwnz,
(il
ti-
greco contemporaneo
(1).
18
Si consideri
appunto
la tecnica
di
Questa tecnica del principio-motto stata osserin tempi recenti, e non poteva infatti essere
scoperta, prima che non fosse scomparso il pregiudizio,
qualche anno fa ancor pi diffuso che non ora, che
Orazio fosse un Alcaeus dimidiatus come Virgilio un di-
vata solo
La concezione
midiatus Homerus.
zio
che
difendo,
io
si
dell'arte lirica
fatta in
tradotto
minate,
il
ma
solo imitato
il
tono e
lo stile (2).
Gi
lo studio
riscontri
determinare
nella
poesia
le
lesbia,
giova tuttavia a
(1)
dei vantaggi
dei pericoli
X,
1,
63 Alcaeus in
parte operis aureo plectro vierito donatur, qua tyrannos insectatns mnltum
etiam moribus confert, in eloquendo quoque brevis
gens
et
plerumque oratori
et
magnificus
et
dili-
serie
di ca-
da questa testimonianza.
(2) Cfr. Leo, de Archilocho et Horatio, progr. di Gottinga, 1900.
(3) Al Noi?i)EN nuoce tuttavia quel pregiudizio che ho pur dianzi
combattuto.
pito la sua
dipendenza da
19
essi,
come
si
accordino queste
modo
la
che
in
con
materia tolta da
all'ode
di
ellenistica,
altri.
La
dei
fa
egli
abbia trasformato
nostra ricerca
rivolge ora
si
si
motivi
come
fin
un carme
d'ora occorre
guata.
Il
carme
14
stato
spiegato allegoricamente gi
Kukula
(1)
gli
fosse
non
facile a
nuove,
(1)
iViener Studicn,
XXXIV,
1912, 237,
ao
poi un propemptico
navigazione
una nave
e
fortter
pu
che neppure
lo scoglio
l'
interpretazione del
marosi.
Kukula
o,
pericoli della
vede
un momento,
un bastimento che in
solo a
riferire
levis
esclama chi
fortter si
il
occupa portum
che
Il
peggio
riesce a evitare
le
parole nuper
si
di
Au-
alle-
non
alla
nave ammiraglia
gusto.
E
(1)
fosse
non
Dalle
parole
menzione
di
del
Kukula
un viaggio
di
ci che
bligo morale
errata
di esporti
da quando
tura etica
in
alla
il
Kukula d
furia della
([ua yXtozx
del v. 15 se
tempesta
cpXtaxavetv
senza
~
gorica. Cos
ha inteso
pure respirava
'l
il
(epist.
I,
2)
metodi cinico-
omerica,
dirsi
La nave
pretata
cos
che, in
qualunque
modo
fonti
gi
dallo
di
Alceo
Pseudoeraclito
tempo
ellenistiche
sia
(fr.
18) inter-
{Probi,
vissuto,
liom.
attinge
e riesce difficile
5),
ogni
immaginare
tata,
letto,
anche per
il
dia-
r ispirazione
di
questo carme.
Coir interpretazione allegorica molte difficolt scompaiono immediatamente. Il poeta sta sulla riva e guarda
il mare tempestoso. Una nave, ridotta male
dalla tempesta, pur riuscita con grande stento a giungere quasi
alla
onde
si
di
ma una nuova
un tratto verso
furia di vento e di
l'alto
mare.
Orazio
Se non
perduto
riesci
il
timone, l'albero
acqua le
tenevano strette,
spezzato, fanno
le
cura e
il
2-2
phaselus catulliano
phaselus ante
saepe sibilum
fiiit
. Il
cornata silva;
ediclit
coma.
Che
nam
iste
post
anzi la reminiscenza
mi pare
esclusa da considerazioni stilistiche. Orazio avrebbe guastato l'efTetto del suo carme, richiamando alla
memoria
geminiisque
non voleva pi
in
allo
stato
meglio
il
ci che
si
attaglia meglio
romano che
alla
L'
dello stato
(1)
Chiedere con
il
mente risposto
ree
Romana.
il
i^artito sia
per lui
cedenti e seguenti alla battaglia di Azio, che riesce diffcile datare il carme. In quegli anni lo stato romano
sembr spesso essere finalmente sul punto di entrare in
porto, e fu di nuovo respinto in alto mare e sbattuto
pensare
onde.
Si
della
lotta
ultima tra
zioni
contro
dalle
suol
al
momento
dello scoppio
Ottaviano e Antonio, e
le obie-
questa data,
Hoppe
naviglio
straniero
nell'opinione dei pi
guerra non
alla
carattere di
il
poteva trasformare
guerra civile, che in
Da ambedue
principale e l'essenziale.
il
combattevano
parti
(1)
N. Jahrb.
(2)
Dio, L,
spyw 8
TiicpYjvav,
d.
f.
4,
cittadini
(lXXov
7io{Y,aav,
xy'ivtov
xax x
nsp kou
xs'.vev.
cp:oavxo,
xw
xfj
5' "Avxo)vi(p
l'osprosaioiie del
llitto
6,
4,
npcg
4,
xf^
Xy':>
oSv
I^v
ox
KXsoTiixpx xv
5i
xo
Ka'.aapog
w? xal
xr,v
5"^{^e/
xotoDxov
ad Antonio.
Antonio)
KXsonxpav spyw 8
oOv KXsonixp-/. 5i xxOxa xv
|i.v
|iv
nSsigav.
vo|ii^|Jisvov
XycjJ
xs (oggetto
Ti&Xs|Ji.tv
Tiavxg
XXIX,
Alt.,
hi.
izrffys.t.Xci.^.
19U. 290\
di
cpvjxiaXio'j
v.al Tipg
'Av-
tcXeiov '^ri-
Imprecisa
un Laudo
iu-
24
il
meno
(juale
rappresenta
si
civile.
hanno
IX,
1 1
emaneipahis feminae
fert
valium
steri negabitis)
et
se
di
non
uno
in ci
stato straniero
gusto e
la
N gioverebbe
la
quando Augusto
Roma,
torn a
finita vicesimo
la
pena
post
tutti,
amia
come
bellum
narra
fine delle
Actiaciim
guerre
Alexandrinumque
egli, si rallegrarono,
civili
Ma non
perch'erano
vale neppur
augustea
norme
cautela che
il
di
raggio
di scrivere,
(1) Gir.
il
co-
sotto p. 38 sgg.
Azio (34):
b[e,lla
per consensum
Bomani arbitrinm
senatus p)opnlique
in
(1),
universorum potitus
potestate
-25
transtuli.
non
pu unire
si
bella civilia
riferire
perch non
Cesare,
di
sori
con
potitus
si
exstinxeram
al castigo
degli ucci-
quando
il
(2).
gi di
dosi
(3),
che egli
sicuro
fosse
peggiore
il
o sciogliere
a discrezione a Ottaviano,
(1) 1
supplementi
il
seguitare a comandare le
fireca
(2) Il
(3)
L,
MoMMSKN
6,
IO)
d l'interpretazione
5' 'Avxu)v((|)
chiarazione di K'ierra)
O'Yjao'.xo
(o'j
Y^P
^^'->
o8=v
a'j|iPxvxog,
vs'.Xsxo.
xax
xyj^
(cio
niente di-
^'j
ictoOiov
sti/^yY^^'-^'^
Ti^oio'q,
jjinsta.
8^ft^ev
oi, xt
SsivoO oixc{>'v
SJqt.
"<1
nonostante Vahroyatio e
legioni
farsi
cos
jerduellh.
Il
comunit dei
la
nemici
Jiosfis
ha valore non costitutivo ma puramente dichiarativo ed perci i)riva di ogni importanza (1). Dunque,
in certo senso la guerra contro Antonio era anche giuridicamente una guerra civile; di i)i non domander
chi ricordi che hellum civile non un concetto giuridico.
Nel diritto penale romano non esistono guerre civili, ma
delitti di perduellione, che rendono immediatamente il
colpevole straniero e nemico della patria.
Altrettanto ingiustificata l'obiezione del Hoppe, che
in principio del hellum Actiacum lo stato romano non
poteva essere simboleggiato da un rottame, o, per seguir
pi da vicino le parole di Orazio, da una nave gravemente avariata. E vero che Augusto aveva dalla sua
piiblicus,
anche
le
ognuna
ma
grandissime erano
col
numero massimo
distribuite in
modo
di soldati
civili,
e qualsiasi
persona
di sen-
(1)
(2)
(3)
1899, 30 sgg.).
che era comune a
timenti
tutti
prodigi, che
temeva sventure
8),
romani
buoni sen-
di
(1).
Che
lo spirito del
ben
altre condizioni,
cittadini
si
Dione
27
valore.
come mostra
il
primo epodo,
Appena
data tradizionale.
la
la
si
in
ac-
guerra
dichiarata,
che
egli
hellum
litabitur
tuae
in
terpretare
in
troppo
senso
Orazio
di
non
curaque
sideriiim
taedium
animo dur
nel 40 (2)
egli
in
(1)
L,
(2)
Le osservazioni
8,
non mi paro
s tra re.
l'cujjiKioi
elio
lui
ristretto
La
levis.
di
le
si
1(5)
riescano
se
in-
determinazioni
nunc
de-
patria
era
divenuta ad
ma
questo stato
Ancora
di
nel
presentarsi
Ts x 7ip&|iax|ivov iJivotspiod-ev
di
devono
Filippi,
lungo.
finge (ep.
giorno
dal
stile
ancora peggiore,
et
41
forse
dinanzi
ai
|ioi(iif t^v,
xts.
11.),
i>r(>vare
ci
tlinio-
- 28
suoi
cittadini
Solone e
in
veste
araldo al
di
modo
incoraggia ad abbandonare
li
del vecchio
a rifu-
la patria,
quo
scelesti riiitis,
Anche questo
necchiava,
si
(ad cur
taedium.
la
speranza, che in
conditi ?
lui
son-
cui egli
opponga a un
poetiche
avuto
il
di
tempo
il
mostrare
di rallegrarsi
Chi non
si
anche
nuper. Corrispondeva
Orazio
ch'egli
alle intenzioni
aveva appena
alto
mare
il
e in pericolo.
Hoppe
sul nuper
ustis navibus.
sconfitto a
siano
possibili
altre
ipotesi.
Impossibile
per
quella
(1)
La
poesia ad Agrippa,
I,
non
si
pu datare.
d.y
Pompeo e sia stato composto dopo le diClima e di Scyllaeum e dopo il disastro navale
di Messina (App. b. e. V, 81-92). Secondo il Hoppe questa
spiegazione avrebbe il vantaggio che l'allegoria della
nave significherebbe una guerra navale, nella quale le
navi di Augusto avevano gi una volta sofferto molto
nella tempesta. Il profitto a me pare mediocre, perch
contro Sesto
sfatte di
al
Hoppe non
riesce di
giacch neppur
lui
mostrano l'assurdit
di
forse inople
considera-
ogni tentativo, e
questi
ultimi anni, di
si
di
versi
lirici
sono
questi versi,
Di
qui
si
spiega che
nella
un
come
nei
il
|)unt()
di
sutura
che Orazio
degli eie-
menti
si
una
tale teoria
cordarsi
pi di
lo
imponeva
bene con
eccezioni per
le
gettar via
e ch(; a lui
leggi
sembravano
eufoniche naturali
egli
ha avuto
ai
che
forse ac-
alcune
farsi
la
forza
del
tutto
rizia
Orazio
(l).
restrizioni,
egli a quel
o,
verso
alle
si
nel
fusi
buon grado
Dimque da vecchio
ultime odi.
di
che sono
indivisibili,
adatta per
30
ogni
libro,
la pe-
Per
caso.
che com-
si
volta a riprodurre
in
latino
la
egli
che pu consistere
fdihus novs. In
ritmo
Le
parole
(1)
la
Fondamentale
sulla questione la
memoria
del
dulcis
Christ
nil
sull'arte
1868).
La
prima orientazione.
(2)
Cfr. la nota di
Kiessling-Heinze
al v.
5.
noto,
versi di Lucrezio
fonth atque
dere
clecet
I,
petere
cajyiti
la
imita-
quest'ode infatti
la tecnica di
ammessa una
dopo
Ugualmente
13, e'
II,
1'
Quindi necessario
la
segua monosillabo.
stesso anno,
modo che
tal
fores
unde primo
coronam,
al lettore.
l'enneasillabo,
decerpere
le
valore di programma.
ancora difettosa
novos
inde
tempora Musae, e in
nidli velarint
dopo
iuvatque
aurire,
insignemque meo
hwic
ode dello
un'altra
in
parola
di
per
meno
lo
Invece la ritmica
di obiettare
cui
che
il
trattazione
ellenistica,
gli
che non
numerosi
forniva
strofe
la
esempi
alcaica, per
asclepiadei
nello
lo iato tra
stesso
il
ferecrateo
vano aurarum
(jenibus
cura. In
et
tremit),
I,
metro che
15,
siliiae
che
il
I,
14,
poesia
anche negli
la perfezione, tant'
la
quale era
la
I,
gliconeo {matrem
et
non sine
corde
et
il
d'
immaturit nel-
con-
una
formata da un trocheo
composte prima
del 41
a-i
quando l'epodo pi
del 38,
agli occhi.
si
l'
antico,
1(1,
il
impossibilit salta
pi negli anni
l'edizione,
il
che come
del 28;
I,
23.
si
Delle 38
odi
del
primo
del 30
detto, imperfettissima,
26;
35, del
I,
29,
all'
libro (1)
del26,
I,
I,
2,
12,
I,
probabilmente del 24; I, 21, pare del 23, come probabilmente anche I, 4. Le altre poesie non presentano indizi cronologici.
II,
II,
13,
il
17,
II,
29, sebbene
verso il 27
scritta
pi
raccolti
per
lo
pii
nel
commento
di
Kikssling-Heinze.
(2)
provare
III,
al
Kiessling
11 anteriore al 30.
e al
Hkinze
sia
riuscito di
33
di
deve
es-
sere respinta.
Hoppe
non pot essere scritta nel 32, come non fu nel 38, perch non si pu negare la possibilit che a Orazio un
ritmo sia riuscito men bene che un altro, ma non sono
neppure troppo favorevoli a questa data. Siccome per
non v' neppure una ragione determinata per assegnare
l'ode proprio a quest'anno, sar forse opportuno guardarsi
14, ai
tempi della
Augusto
ma
ha,
crisi interna,
questo solo
l'
ultimo atto
I,
di
straordinari
una lunga
serie
di
fasci,
che
gli
spettavano
LUI,
(Dion.
2,
34
5).
al
dopo
subito
la
la vittoria
sua intenzione
ci
fosse narrato
re p. bis cor/itavit
memor
sinceramente o
a tutti
gli ufici
no,
pubblici e
ritrarsi
non
dichiarato,
di rinunziare
obiectum
da Svetonio
immum
sibi
ab eo saepius, quasi
redderetur.
Ne
Mommsen,
la cui autorit
e'
de reddenda
ne
il
questa notizia,
storici,
28, 1)
(Atir^.
linteso.
Roma
sparse in
che Augusto
privata e se ne angosciato
<^<
si
Come
? lo
stato
giunto in porto,
le falle
modo
tarda,
io
malumori
di
non
proporrei
politici
appena
la nostra
furie
del
? .
di
30 o
il
29
(2),
(1)
(2)
nel qual
Fraxkk,
che
strano
citare l'ode
tutta
in
I,
2,
35
soglia
si
stessa disposizione
la
al
27
in essa
il
parola
la
appena appena.
rimane
ipotetica.
cronologia
anche
questa
Ma
Eccoci dunque al nostro assunto principale, la ricerca delle relazioni di questa poesia con il frammento di
Alceo, citato per lo pi dai commentatori. Il Hoppe ha
negato che Orazio derivi in alcuna maniera da Alceo
e asserito che il modello Teognide 671 sgg. ouvsxa vOv
propri: gli anni del taedium erano passati
cppG[ia9-a xaO-*
oiL
ovGcpspYjV.
vxXetv
xo'.ywr
{ji'-fOXpwv
(Sepv/jXTjV
|JLv
ypr,|jLaxa
S'
5'
ox O-Xouacv,
xTzz^'^vXXti
oV
S-Xaaaa
ooo'J'ji-
xo-
pTiJ^ouat
piYj.
5'
xajxo?
cpopxrjyol
xat"j7ipd'v
TTox;
ficile
tivxou vjxxa
ex
Mir^X-'ou
ot[xa''v(i)
iJ-T;
vaOv xax
5'
xaxol
S' y.pyo'JC'..
X'j|j.a
ti-'y].
aYaO-Jv
Ma
si
difsia la-
manca
qualsiasi
teognideo, che per vero era letto nelle scuole, fosse cosi
nota, e anzi dalla
a Stobeo
dovremmo
mancanza
arguire
ma
si
sia
il
di
dovremmo
contrario.
s,
letto
la
forse
poesia di Alceo,
di
imitarla?
fonti, che
Certo
legge
le
differenze
3t
[lv
yp
axaoiv
v xo fisaaov
iieyaXw [lXa*
y{|i(f);i
|iox9''Jvxes
z=p
yp vx/.og 3xo;i5av
|JLv
xal Xxi83j
iii'(aXoi.i
vtax'
X.ei,
aOxo,
sul lido
cezione simile
al
twv
guarda fermo
o meglio presso la
v|i.wv axatv
il
il
marinaio, eh'
sua e dell'equipaggio.
Il
con-
37
diversa che in nullani, Vare, sacra; col un motto in principio, tradotto letteralmente o quasi,
ma
poi svolgimento
(III,
29, 57)
non
est
meiim,
si
si
ancora
xxuTrw]
riusciti
ojA^po)
a supplire
[.l'/safl-at
)(':|jiaTC
xal
x-jjxa-::
T'YP-'l^l
7z'k'y^(t'.o\y.
'J^oi:.'!'
r/J^zy
^apD-
jjippr^v,
le
somiglianze
di
di
Orazio, (piesti
38
non che,
non senz' intenzione, egli riprese proprio un motivo
che Alceo aveva pi volte toccato.
si
forse
III.
L'ode di Cleopatra
L'ode
I,
I,
37 e l'epodo
navis referent
meno fedelmente
cerca
in
ma
Nullam, Vare,
di
non va
IX.
di
traduce in
ma
che
io
Le ricerche
Kromayer (3) e
chiaro
Bticheler
del
di
Friedrich
del
(1),
Paolo Corssen
,
(2),
del
hanno messo in
o si finge, composto
(4)
una nave;
vv. 33 e sgg.
Ghia vina
vel
aiit
Lesbia,
riferiscono al
mal
ancora incominciata
(1)
Coniectanea,
(2) Q.
di
mare, perch
(5).
La viva
Programma
la comissatio
non
descrizione hosiiUumqiie
XXXIV,
(3)
Rerm.,
(4)
Horatiana.
1899, 39
])rogr.
del
3.
Bismarckgymnasium
di
Wilmersdorf,
1903.
(5)
gere
le
a terra, provasse
mal
di
mare
al solo scoril
Cors.sen
navium portu
attesta
ci
guerra:
e la
ch'egli
aveva
Lihurnis inter
ibis
che risalgono forse ancora all'et augumostra che egli rec ad effetto l'intenzione:
in Maecenatem,
stea
V.
ci
(1),
45 sgf. cum
erat
secutus, territus
ad
Nili
ragione di dubitare in
dum
generale
mostrato che
fugit
si
ille
dell'autorit
di
il
Ne abbiamo
capiti.
(2).
d'altra
prova
non avrebbe lasciato immutato il primo
verso del primo componimento di un suo libro di versi,
un passo cio che era in evidenza quanto nessun altro,
se r aspettazione espressa in esso non si fosse adempita.
parte gi
il
forse
sufficiente; Orazio
Ma
taglia durante
gi
il
Kromayer
il
ma
precisamente il Corssen.
sono ancora dileguate dalQuando berremo il vino della vitsi
l'animo
di Orazio.
toria,
il
(p.
Roma, Mecenate?
A me
15).
la cui
natura
(1)
(2)
ripugna supporr
si
visto
e dimostrato pi
il
come ha
rispeccliia
sana
il
poeta antico,
diss.
mai patetica,
di CJieH^^iii.
liU.".
nare subito a
animo.
farsi
poter
di
tor-
ha l)isogno
sic
di
celebrato
una
navi
traditore Sesto
del
non spera
Orazio
Roma;
40
vittoria,
Pompeo
Orazio non
po-
si
Antonio non
in
ispecie
risparmiata
intatta,
ancora dal
fosse ancora
fuoco. Ancora soldati romani sono schiavi di una femmina egizia, di eunuchi egizi . Quantunque anche dopo
Azio soldati romani continuarono a servire Cleopatra,
l'espressione, cos mescolata com' di dolore e di sdegno,
non conviene al carme della vittoria. Il ma che setrebbe pi esprimere cos, qualora
gue
difficile
data
at
huc
non
intendere, se
(1)
frementes
canentes Caesarem
la
(2)
la flotta di
si
accetta la nostra
vergogna dura,
ma
gi due mila
un successo
hanno
non
parziale,
che importano pi i
di vittoria maggiore
duemila Galli dopo Azio (3) ? Segue hostiliumque navium
che arra
at huc,
(1)
il
senso pu decidere.
ma
congettura del
Kromayer
(p. 23),
13, 8)
il
solo (LI, 2,
come
in
1)
che Augusto
gli
lasci
titolo regio
il
durante
Il
ma
segue subito
Non
il
ma
combattimento
il
probabile che
la
contemporaneit.
Galli passarono al
nemico
41
citae;
danno
questi versi
non
senta pi sicura,
ma
che a ogni
che essa,
forse,
modo
sia
si
bus.
al
La
si
con ci che sappiamo della piccola sconfitta dell' antoniano Sosio, eh' narrata anche da Dione, subito dopo
l'episodio di
Aminta
di forzare
il
una
blocco, e sa-
dopo
la
grande vittoria
Azio.
di
Il
fuga,
81
l'
(lotta di
rimane
Anche
valore
poeta continua:
loro di-
Antonio
lo
dalla
aveva
tu
notizia
sey;nito nella
ufficiale
Ma
in
primo luogo
sono ancora
hostiles e
che
la flotta
il
jier
il
coniando
proba1)ilit.
42
diciamo
cos,
La
r atto solenne.
questa
l'epodo.
Comunque
propone
sia,
di
riferire
esso o finge
a questo tempo
essere scritto
di
Dione non
inserisce tra le vicende di guerra presupposte da Orazio
e la narrazione della battaglia nessun altro avvenimento
militare che in Orazio non si rispecchi.
della battaglia, poich
ancora
a spiegare
difficili
terra
il
v.
27 e sgg.
Rimangono
Aut
ille
centuiii
Antonio sino
alla battaglia
(1).
La
le
sue
ci che
non
Futurum im
Ma
se
moto (S.toGREn.
le difficolt
grammaticali
mi pare quella
cessi
si
43
campo
che dopo
e nella flotta di
primi suc-
Ottaviano
nisse
tentare
anche
le
vicende
nebbiosa riusc
di
anche
poteva
es.
p.
di
un
Sosio,
tale
al
a una fuga
ci si
potesse
si
disegno, mostrano
avvicinarsi inosservato
di
Ottaviano. E, come
sare, cos
Che
fuggire la regina.
far
di
sperare nell'adempimento
si
flotta di
alla
di
La
Sosio per un
flotta
ten-
.tativo di
narra (14,
2)
di Augusto, finch
di
Agrippa.
saggio e che
Non
ci
sarebbe da far
le
la
la flotta
squadra
meraviglie, se una
(/-
di Antonio, la
buona
riuscita
della
fuga dovreb1)o
piuttosto
essere
nave
trionfo:
al
prendere
fosse riuscita a
largo e a salvarsi
il
(1).
Quest'interpretazione
si
per mare
Esso confessava la
non aves
Qui coppe e vino, servo; nel
sero recato un risultato:
vino noi vogliamo annegare le ansie per la salvezza di
gi vinto
per
terra
Cesare
La fuga
il
gli
com)attinienti
germe
essendo
di pericoli nuovi,
di vittoria e
di sconfitta,
al
conteneva per
portava in s
ma
tempo
ma
stesso
pegno
Ottaviano,
la
di
in
Egitto e in Siria
(2),
tutte truppe
L'ode I, 37
morte di
la
del 30.
NOv
Il
principio
{x9"jai)-rjV
)(prj
M'jpaiXoi;.
composta dopo
Cleopatra,
Nunc
l'imitazione.
est
xa: xcva
L'identit
del
Ambedue
nell'
le
la
presa di Alessandria
agosto
nel
settembre
7rp(;
[3''av
tlwvyjv.
sTietSrj
metro d maggior
poesie
invitano
y.iO-ave
rilievo
al-
festeggiare
perch
iturus
il
vetitis
4o
il
potere, nell'ode
di
cellato ogni traccia, poich egli giudica grossolano l'ubriacarsi per celebrare
la
morte
di
ha
Orazio
chicchessia.
una
volta,
cum
una
un nemico ma il
morte
ritorno di
di
di
un nemico,
solennemente
lo
(II,
7,
hstis
nome, quasi
lo
sia
non
egli
recepto
si
la
dulce
26).
di
pure
della
populi Romani.
tenesse
un amico,
Edonis:
bacchabor
mofte
il
<<
gas
in
Ne
serbo
regina
tace
in
la
dichiarata
principio
Ma
senza dirne
il
il
4(i
non isfuggisse quanto pi signorile, pi cavalleil cittadino romano che il nobile lesbio.
La poesia comincia: Nunc est hibendum; mine pede li-
principio
sanda
tellus si
amici o anzi
rivolge gi
Che
ai Salii,
il
poeta inviti
gli
il
Romani
frasare
danza
i
Salii
cum
parola
la
dei Salii.
(III,
18,
15)
tripudium, che
Secondo Livio
tripudiis
soUemnique saltatu.
Salii
non fanno
I,
la
20,
ma
il
verbo
che
dopo, bench
subito
segue
salio,
il
citt
re
esso
canentes earmina
il
cos,
qual frase
di
perch
s
ado-
all'etimologia,
uso comunissimo,
aggiunge
della
istitu
necessario
sia
non parafisso
Numa
sono chiamati
perato
se
nome
il
si
generale
si
contenti di que-
(1)
La danza
convito,
il
Romano
4/
elegante prendeva in
affitto ballerine
alla
mal costume
estendeva anche
palestra del
danna
si
ungiti, la
scuola di
e dell'adulterio (1).
agli
incestos
una
ballo
con-
la
biografie
avrebbe trovato
disdicevole che Epaminonda sapesse danzare. Cicerone
rinfaccia a Gabinio tra le altre scelleratezze di avere
spesso ballato [post red. in sen. 13; j^^^o domo 60; Pis.
18. 22) (2). E si inquieta grandemente che a un suo didi capitani greci dai
Murena,
feso,
si
rimproveri di chi
accusa:
il
modo come
(WissowA,
Relig.^,
ditJ'nsa
in
tutto
giovane
Lazio
il
555).
altre
costu-
di ballo
ma
il
si
come narra
egli stesso.
(2)
uomini
zare
Gabinio,
che non
si
di
vergognanuio
tre
noti
di
dan-
48
l'arte della
tempestiva
multiim
convivia,....
quali Comes
est
extrema
deliciarum,
tutte cose
alle
saltatio,
ubriaco fradicio.
Eppure,
si
Orazio ha scritto
dir,
canta un convito
gono
(|ui
motivi
della poesia.
per
di
Cressa
civile,
I,
36
ellenistici,
Ma
stessa,
I,
10):
36,
requies
sit
(I
7ieu
che
turberebbero la solennit
non
come mai
con la
danza
Salii.
pesante
dei
Anche in un'altra ode (IV,
1, 28) Orazio ha comparato danze, che fanciulli e vergini ballano in onore di Afrodite, con la saltatio dei
Salii, ha per messo bene in luce che il paragone si
riferiva solo al ritmo triplice
illic bis pueri die numen
<^um teneris virginibus tuum laudantes pede candido in morem
Salium ter quatient iumum. Ogni dubbio si risolve facilmente, quando si consideri che nulla obbliga a supplire
cio gli allegri balli conviviali siano confrontati
suoi amici;
sit
requies
pu essere
ftto
Quanto
riera,
alla
danza
modo
come originariamente
era
anche
presente.
^uppi'/r;,
che
{Anab. VI,
1,
12) narra di
che
una
p^iga-pf;,
con
la wjpp'.yr^, certo
fini
pii.
ballo
senza dubbio
di
tutt'altro
un Arca-
di origine greca.
ma
il
danze
infatti
simili
49
come ha mostrato
secolo,
il
avesse perduto
armata
il
di
appartiene
volgare,
al
il
secondo o
presenta
figure
delle
abiti trasparenti,
come
al
femminili
vestite
cosiddette Coae
dei
che
(4),
famosi
ballano
danza a un tempo lasciva e pesante, sensuale e guerriera, se non "'jpp:'/-/] ? Tale danza da Orazio paragonata
con quella dei Salii.
Il principio dell'ode per la morte di Cleopatra non
contiene l'espressione di un irresistibile impulso alla danza,
ma piuttosto il desiderio che Roma provveda a una festa
degna
XIII,
Vorarb.,
(1)
Religiongt6ch
(2)
membri
del
::apa7tX>,o'!af
t^c
Orazio, volgendosi ai
della vittoria.
Vvr.
n.
'2,
40.
^'9"fjfl^*^i
nuppCxTQS.
(3)
Matz-Duhn, AntiU
(4)
V. sulle Coae
Properzio,
p.
e.
I,
2,
cfr.
II,
1.
Lattk. 58 sgg.
5.
sodalizio, canta
suo
1
piedi
dei
sciolgano
Le
pii
che
Ora
50
venuto
il
tempo
si
aspetta a ordinare un
bere.
si
lettisternio ?
parole
di
senato di
il
Antonio)
Tcpoae'jiyjcpaavio
Itt'j^ovto...,
Ka-'iap:
xxl
noXky.c,
xec'vw vtxyj^vxa^
xo'jc
Tipxepov
o'jxs
iTitv'v.ia )C
XXou?
La
xo'j?
'Ptojjiaio'j^
xxe,
o'jxe
w; xal
abv
opx^S'.v
wvjxaaav.
scelta della
lectisternium
il
Ma
a chi
quale pio
cerdotale
danze
si
Neil' antica
sodalizio
Roma come
in
cerimonie di sup-
hanno spesso
una schiera di fan-
eh'
di
una
(1)
(p.
origine greca,
In ci
14).
il
vergini
LER
di
CoRSSEN
al
(p.
fu
introdotto
tempo
in
di Orazio,
Roma
come
gi
nel
fa vedere
il
Bl'che-
-olii
carme secolare
meglio
commentar ium
il
(1).
questa festa
di
Ma puhanda
tellus
non
si
di
tali
pompe,
menzione
cesserunt la
fune,
che aiutava
vocis
manus
37, per
della
le
l'
dando
ziose, toglie,
XXVII,
Livio
in
parola pidsus quel certo che di greve che essa forse contiene.
pulsare,
di
Roma
tripudium
il
ma
Salii
anche per
questo
di
quest'espressione
ma
(2),
Non
Fratres Arvales.
usano spesso
sodalizio
e della pi antica
Il
gi la
loro
forma verbale
nella
antichissima can-
il
diamo mai ch'essa prendesse parte a feste di ringraziamento e i frammenti conservati dei loro Acta sono tanti
e cos diffusi che in questo caso perfino Vargumentum ex
;
WissowA.
(1) Cfr.
Relig.^,
426;
Dikls,
SibylUnischc
Blutter,
passim.
(2)
Anno
stesse
si
le
frammento pi antico
Benndorf, 283 sgg.)
era infatti
jjfi
ponti/ex. Se
il
membro
1902,
p.
il
nome
Bormann ha
di
anno
suppliscono
277, 11.
dove
supplito {Fest-
supplemento
HORMANN ha
il
II,
si
Hchrifi fiir
parole
come
pare,
giusto,
il
sodalizio,
come
titolo.
52
silentio
Dunque n
niiis
e sccltus saliaris.
gini
ma
della vittoria,
non
se
danza
Salii.
sommamente
Quest'interpretazione sarebbe
anche
la
fosse
verisimile,
in
stante
del
lettisternio
degni dei
manicaretti
dapes.
Ma
qui dove
contesto, significare o
al
Salii
o lo
si
meno che
Saliaribus
incomprensibile.
dalla cerchia a
riferiscono, sarebbe
si
Dunque
Saliaribus
poco
= Saliorum.
Noi non sapevamo che i Salii, collegio sacerdotale davvero romano, avesse parte neW Achivus ritus dei lettisterni.
Ma, per quanto ci permette di scorgere la tradizione, assai
frammentaria e manchevole in questa materia, il letha preso il posto di un rito simile italico, del-
tisternio
mangiavano non gi
come gli uomini
nessuna meraviglia, quindi, se, quando le tra-
italici (1)
dizioni nazionali
inestricabile,
anche
gli
ma
su cuscini
si
di
italici
seduti su
confusero con
Salii
furono
ai letti di divinit
sedie,
groviglio
le straniere in
ammessi a prestar
servizio
greche.
da Alceo,
ma
trasporta a
Roma,
(1)
WissowA,
gi la seconda
met
sostituendo istituzioni
Rel.^,
romane
ci
all'espres-
422 sgg.
53
ma
dapes....
festas
bibam
sub
domo,
alta....
Maecenas,
beate
meglio
la
dagli
menzione
avi, che
Caesare l'opposto di
dum
essa
la distruzione di
sua morte
la
poteva restituire a
Cesare pot
suo potere
sciolto.
si
(l)
poeta
Il
accorgesse
nel
riaccenna
il
(1)
(p.
Come
contaminato cum
Le obiezioni
del
mutare nell'epodo
vino
al
Corsskn
(jrege
ip.
va;j;a
si
l)cve a sorsi
della vittoria.
il
lettore
il
l'epodo suo
il
principio,
secondo periodo
19)
contro
il
spa-
Frikorich. che
il
Caecuhum del
di
Corssen propone
Il
36, perch
v.
Ma
il
v.
riserba
in ([uesto seCecnbo
medicina contro il mal di mare meire
Orazio era
<liiesto
di
voto
dell'epodo
il
ch'egli, per
dell'anno prima.
cos
>
il
^cl'r.
per frenar
la
UCciiki.kr, 13)
nausea, scorrer a
nel convito
54 -
uno
appunto
due periodi
dell'altro
bisogno
per
come
ci
fosse
che
quello
la bella poesia,
celebre quanto
La menzione
della regina
dei suoi
la vittoria.
eunuchi
ritra-
La
qiiidlihet
(ulci ehria.
di
Cesare.
Quel giorno
ella
conobbe
lei
che
lei,
uomo
la
fosse
al
allo sparviero
qualsiasi
impar a
realt,
Roma
ma
ma
l'av-
non durarono
a lungo. Essa si fece coraggio e si prepar alla morte
fortuna dulci ehria, e, peggio, mentem lympkatayn Mareotico {) suonano scherno; ma fatale monstrum, collocato
vilimento,
(1) Si
phata,
il
ma
aspetterebbe piuttosto
diilci
WiLAMOW'iTZ
(nel
commento
all'
Orazio.
gli attributi in
quel
modo
di cui
latina,
OD
un periodo lunghissimo
COSI in fine di
strofa, indicano
che
del poeta di
un
seguitasse dopo
rare che
sentimento,
il
la
non
xxO-avs MjpacXo;.
come Alceo
so
ma
valore e
il
di
disposizione di animo
tratto mutata. Io
^-^'.r^
e in principio
pu giu-
si
coraggio
il
di
dementis ruinas....
tempo
in
adurguens.
veros
Il
dnm
si
Capitolio
(1) tutto
riferisce
il
ad Azio.
Pu imbarazzare
redegit
parahat comprende
timores
Corssen
24
(p.
remis
sg.),
riferire
tirarsi
nel
golfo
si
Ambracia, rinunziando
di
disegno di assalire
l'
(1)
Italia.
le
il
Non
senso
delle
sue
ma
a torto,
il
Corsskn,
il
si
potrebbe
parole
Diversamente,
a qualsiasi
20.
sia
in
si
d retta
Una
simile
Galli,
come mostra
il
NoRDKx.
Kitnius n.
Veifiius,
107.
a Dione (L,
I),
2),
56
tre
solo
subito
della
flotta
si
era
Patrasso,
mossa
dove svern. Caesar ah Italia remis adnrguens non si
accorda dunque bene con il passo di Dione, il cui vadall' Italia, risolse
lore
storico
del
di
dubbio. Di
assai
resto
ritirarsi
tentativi
of-
non
fanno cenno, e quel che sappiamo degli avvenimenti che
fensivi
contro
precedettero
posteriori
Italia
a questo le
fonti
Vab
Italia^
come
anche
d'altronde
consiglia
ammettere che
della catastrofe
di
Azio,
menzione
di
un
fatto
dopo Azio
si
riferisce .invece
(1)
mente sua
che
ita nt in lino
quae
fin
miseramente ad
1898, 59.
eum, ut
fuga
Azio, doveva in
alla
et locis et
nulla
contraj)pesftre queste
Corssen
coruprehendisse
temporibus inter
.
se distarent,
di pi facile
la flotta
di
la
Invece,
breve traversata
sfuggendo
essa,
al
si
La
ultima volta.
1'
non presenta
difficolt,
se
si
ponga mente
alla costru-
i
di due membri
membri
due met si corrispondono tra loro chiasticamente, quelli della seconda met hanno forma aggettivale. Una proposizione participiale, comune alle due
(bh'
ce')
met
delle
(a),
il
periodo
[d)
(a');
a guisa
di epilogo.
a)
6)
e)
e')
ansa et
b')
a')
rf)
iacenteiii visere
[perbo non
an
mente
solto di morire
ce
linniilis niulier
hb'
di
trinnipho.
morire e rispettiva-
ri-
Gli
come
dopo
morte
la
ordipe e in
perch
di
nome
in poesia
58
di
Cesare (Plutarco,
non
si
Atit.
79); non gi
ma
Non temette
femmine . Ma quelle
ensem. intender:
il
parole
ad Azio ancora ragione di cercare la morte (perire quaerens). Si aggiunga che. avendo Orazio gi narrato la fuga
all'
ultimo
(1).
Quelle parole
che Orazio
che cor-
insaputa
vincitore
il
di
Antonio
e tentato
ma
anzi di
consegnare
al
LI, 6,
5;
1,
LI, 9, 5
tradito
8,
armi nemiche,
(1)
sia
rimasta sino
all'
ultimo fedele
il
Friedrich
al
suo
(p. 113).
Antonio
59
Roma
E
oras
cos
poeta
il
voluta
fuggire
non
oppone
si
in
terre
(1).
lafentes classe
alla
quando
poi,
cita
reparavit
lontane,
nei paesi
sogno.
del
vero
Mar Rosso
Ispagna,
in
6,
quale rac-
il
3),
la
Spagna
o la
8, 5) (2j.
GaUia
chi
dire se Orazio
Anche
di
le
parole
qui al periodo
Azio,
112).
(1)
forse
Al mio assunto
disposto che
Groag
non
non impoitii
lo
si
{h'iio.
il
Friedrich
stabilire,
se
Ottaviano abbia
impedisse di uccidersi,
gg.).
cunie
crede
il
ingiustificati
(p.
IH
sg.).
il
passo, appaiono
La
poesia
assomma
si
nell'esaltazione del-
e finisce
morte che
vergogna
di figurare
la
alla
fine
non
frapposto
tra
esso e
humilis mulier.
come
si
il
Orazio
et
da noi che
esige
intadas hoves.
su-
Trivmphe, tu
io
Ormai non
e'
pi
solo
30),
(p.
nel
non
senza pec-
periodare troppo
complicato.
(1) saevae
trasportare a
souo
Roma
le
ch non lasciarono un
la
Cleopatra prigioniera,
momento
ma
altrettanto e pi per-
di pace a lei e ad
Antonio durante
rum quae
il
Bucheler
prima
fuisse
p. 14).
da
participi
proposizioni
pitolio
t]
reggono
aggettivi, che
nuovo
di
regina....
Le
intere
dnm
Ca-
impotens sperare
l'ul-
par gi completa,
ab
participi
ai
volantem
Italia
remis
adurguens vengono ancora aggiunte due proposizioni comparative e una finale. Costruzioni participiali e aggetti-
vali
alla
participio
triamo
di
e nella
di bel
come
il
fun-
Uno sguardo
come
in
naturalmente,
Romano xwXa
al
brevi
facessero
l'
impressione
di
di
un
edificio
maestoso.
La maniera
oraziana
far
di
dipendere da aggettivi o
\ieyzd-0Q.
(1)
quam fortunaa
oportet,
el.
13,
Depretaam,
hrevitas faciet
1)
oixEv....
Cap. 44
Xsw? KoaiwTiv
caecam, iacentem
tua aestimasti
Tipicpspecs ozyoLz
(2)
giore guetineniur.
et
(2).
ipna
Nam
liberiores
x ;:spLo5ix
i his
pedes.
xXa
-coij
domum
pluria quatti
quihus ut pupiuncuUs
Siiiiiliuento
X'-d'Oii
te
itti
Demetrio (de
zoic dvxepsiSo'jat t;
xal 30vxoo3iv.
xwwv
'ny9-&j- x yip
Tiots
8 xai x
\iy]V.ri
tcv
62
auvOiToc?
xcdc,
Ttepioocs
TsXe'jxalov
-/^
XwXfj
{i,o''a
(1).
Lo pseudo-Ermogene
Tf;(;
che
me
certo
la dottrina di
pseudo-Ermogene
dello
uoatv
Txpoxaewg (2).
la
il
disce
per
il
ysiv v T^ auvO-asi to
ya-<^'^v.'^ripoc,
sul
genus
yp nv [xf^xo?.
(1) Cfr. anche 206 xai "^p xax
[it^xtj
xtXwv
xtv
IieyaXoTTpsTisg
x xsXsuxaa xxasig
(jLsyaXo-
7rp7CE$.
(2)
L'Ermogeae autentico
cita
{de id.,
periodi
307,
21 K.)
come
esera-
tutti
l'ultimo.
IV
(33
libro egli
di quest'arte.
Giacche l' interpretazione di quest'ode riuscita aslunga che non avrei desiderato, sar opportuno
riassumere brevemente quel che pi importa ai fini della
sai pi
il
La
di
un antico
ma
di
Orazio stesso.
un mutamento
Cleopatra,
il
nella disposizione di
animo
La
tezza
nella
tecnica
del
periodo
il
possesso
IV.
L'inno a Mercurio
Le poche osservazioni
I,
10.
le qualit es-
di
formulare
und Prosa. Solche langen Periodeu, wie Lncrez, I, 930-950, siud eben
der Prosa angeniessen, nicht der Poiisie. Nodi Catnll bat am Anfau<j
dea Gedichtes auf das Haar der Herenike eiiio.... lauge Periodo .
Trascrivo queste belle parole di Moritz Haupt dal commento del
NoRDEN al VI deli' Eneide (p. 369). il Norden vi aggiunge P osservazione
quattro esainetri,
grandi opere
costruisce
(1)
ma
di arte,
membri
e periodi
membri.
periodi
Orazio in quest'ode
di
pi lunghi
(i4
come
e introdotta qui
o
|Ji0C5
o Y^'P
yvvaTO KpoviSa
[J-oc
in parentesi (fr. 5)
B-OiJiog
fjLvrjV,
{jLyetaa 7;a[i,paa''Xr^i.
y.atps
KuXAava;
xv xop'rfat; Iv a-jiac?
Mala
Sebbene Pausania ne
in-
formi che Alceo aveva anche cantato del furto dei buoi,
si
riscontrano,
ma
romano
in
mano
in
modo
singolarissimo
Mercuri^ facunde
nipote
non tralasciando
di
di
nepos Atlantis.
Atlante
uomini
all'uso
sia di, di
ma
fi-
il
menzionare minutamente
per nulla
si
il
si
attiene
aggiungere
il
al
vela, se pur
il
per
il
agli
il
(55
uomini
di
figlio
ragione e
la
Giove.
il
rOhmpio, pi
fratello
Il
e.
16,
13
particulam
Prometeo, per
di Atlante,
benefattore e
il
nit,
I,
per
il
protettore dell'uma-
ma anche
il
suo creatore:
fertiir
concezione
(fr.
spunta
25 Voss).
Ma
Dall'ellenismo in poi essa appartiene alla vulgata mitografica (2). Orazio spiega scherzosamente la sua irosit con
un pezzetto
(1) Cfr.
(2)
WiLAMOwiTZ,
Come provano
Aisohyloa,
passi
115.
raccolti
iu
Puei-lkr-Iobkkt,
I,
81*,
che tuttavia uou sono col disposti nell'ordine giusto: Menaudro narra
Kolo la creazione della donna.
(3)
<li
lui altri
meno
serie o scherzose,
La forma
II,
non
iia
ragion di essere
l'
passi
dello
fonti
soiki
raeeolti
dal
Wkknuki:.
/'.
II'.,
II.
m
rumanit, e dal punto di vista degli uomini del suo tempo
avr avuto ragione, perch la conoscenza del cielo serve
all'uomo comune specie a
come
fini
pratici,
anche
il
I,
al calendario,
asserisce
all'agricoltura e
proemio di Arato.
741) che Atlante
insegn l'astronomia non solo ad Eracle, com' tradizione comune, ma anche a suo nipote Mercurio. Non po-
aveva trasmesso
ai
mortali
nostre osservazioni,
di
si
che conosceva bene Alceo, il vecchio dio del Lesbio doveva far da contrapposto al dio nuovo, che piuttosto
Titano che Olimpio, e metterlo cosi in maggiore rilievo.
La seconda
strofa
centum,
appartiene
more pcdaestrae
fanno
che
a
sempre
(1).
Le
pi
spiccare
che Mercurio
contrasta, certo
l'
il
quale
il
il
genere
umano
e l'agricoltura sarebbero
ancora pi an-
2125.
La
7,
l'
in-
6).
67
ignoto
un dio
del
'>^rj^(oc,
(1)
il
ci
ai
Hermes
si
ai fini loro. Il
(3),
Ecateo di Abdera, vissuto ancora sotto il primo Tolomeo. Nella sua teologia egizia, che conservata in Dio-
yois xat
xci
Reggio
Tif-pl
Eitukm
(F.
lo scolio
Omero K
o'zoc,
ti
[lv
o5v
zokoc.
npaYfia-
pxalog Tidvu
&iiQAoy:oi.q
i\
67,
nomi degli
a-Jxyj
fT'.,
(fr.
lissimo fondata
nerale
Xycv
di
eowe
Tox Y
mpi
'(>|iy,po')
cv
xai n
Certo gi
pi antichi tra
avranno identificato
Hermupols dato alla
Thoth
poterono
influsso
esercitare
Herm..
XLVI,
1911, 431.
sulla
religione
ma
Egitto,
il
nome
non
non quando
XYOC un concetto
(pieste relazioni
greca, se
di cultura ellenica o
1'
il
doro
(1), si
celebra
5uva|Xvwv wj^zlypyx
()8
Hermes
~>jv
(Diod.
xo'.vv
P''ov,
1,
TTjV
7rf-(T)xov
xocvfjV
Z'.'jXzv.xov
5'.ap0'ptoi)-f//a:.
che
zione
mocrito
(2)
plici suoni,
turale in
secondo
la
La concecreazione
la dottrina di
De-
che
modo
singoli
diverso
gli
uni
dagli
istinto na-
Diodoro o
altri.
trasportata in
mezzo a
A
non
l'opera di questo
o,
peggio,
libri
egizi.
Ed
non
lecito anzi
il
suo Mer-
suoi maestri
(1)
(2)
(3)
Non
ora
anche
Bousset,
GGA,
(cfr.
il
1914,
<^->
sottili
nome
il
facile
ascriverlo
fini filosofici,
una scuola
Eratostene,
(1);
del
Xytoc
di Aristone,
quantunque sospetto
opinioni
di
ereticali
doro
Cornuto
in
Eraclito
e in
(4)
15
94,
(p.
Hermes
sgg.)
Xc-yo;
Dal-
(5).
forma parte
non gi
di quell'egizia. Il
in
di
Argo ed emigrato
divinit,
deorum
(III,
Cicerone,
di
H97 sgg.);
in
Varrone
clie
(in
Agostino, de
contemporaneo
civ.
dei VII,
14)
la dottrina e la
Ma un
Egitto.
cCr.
(3)
'I
SCHWAUTZ, Charaktevkopfc,
La sottoscrizione y; iotopia
II,
82.
Tt^p
20,
$ oOpavo
(5)
dise.
])iirtc
18 TOYX*v=^ ^
0'.
Kkinuardt,
XXI, 51
Hai.,
di
EpiJi'^C
XYO?
v ov noxsiXav
Tipe,?
7,(1x5
O'SoL
Cornuto.
de
draicontm
theologia,
2(5
ad
Hrlno Schmidt,
Aiiollodoro
troppa
70
equazione senz'accennare
stessa
riferisce la
all'Egitto;
num
canam magni
te
parentem;
fin
lovis et
con
moderni, come
teologia
La
essi
accordano armonicamente
si
si adatta benissimo alle dottrine stoiche, sia che la parola venga in-
(1).
(95,
15), sia
che egli
sia detto
del poeta.
(1)
Cos p.
ginnastica e
(26,
e.
della
il
fratello
iu
Diodoro
lira,
in
maggiore non
le
ha a male
si
Cornuto
la
lira
della
(25, 9) e la ginnastica
1).
(2)
xXuxvjg.
il
Il
fondo anche
in
Cornuto
quale yXnxst
(p.
saS-'
25, 11)
s'
ma
TYjv
SuvafiLv
uapStxav.
v.a,i
dell' attributo
O-Xovxs^
si
sente cos
7i;apaaxf,aai 8
y.XTTxr/v
axv
ammira
inganno, anzi
dell'
La leggenda secondo
71
furberia
la
di quella birba.
nota
nella
al
v.
(1).
fi-
il
succedersi
olm
hoves
minaci voce
nisi
dum
viduus pharetra
tello
(1)
reddidisses per
terrei,
Mi pare tuttavia
il
Apollo.
risii
piccino
di
gli scolii
fra-
Il
ogni genere
AB
all'Iliade
256, che riferiscono la stessa versione, dipendano da Alceo, e non sapoeti lesbii abbiano altrove lasciato tracce nella
prei neppur dire se
i
niitografia.
Siccome Filostrato
il
Vecchio,
la
I,
com' ora,
si
riferirsi
anche
al furto dei
l'
ipotesi pii
verosi-
mile che
il
iiiid
Simonidc, ;U
sg.
^- 72
immaginabile
possibile e
restituisca subito
paura
di
buoi, fa ancora la
al piccolino, lo
stacca
e dalla chiusa
di
mistero.
tieri
campo
ai
degli
(1)
Spielend, gracios
chiama
il
Eeitzenstein, Religionsgesch.
(2)
fradicio, sur
(3)
Il
sicurezza.
WiLAMOWiTZ
73
adoprate.
si
edifici
teologo Eraclito
il
di
anime
egli
nato: tu pias
coPrces
ombre,
bro
si
ma
laetis aiimas
aurea turbam.
Lia,
commentarla.
condurre le
di
accompagna anche
nuovi con
reponis
levis
sedihus virgaque
turba
comprende
leveni
tutte le
mem-
il
Il
Kiess-
non
tempo
la
molto
ma la promessa
mantenuta, quasi Orazio avesse ritegno a parlare
del xt)-vto?. Superis deorum gratiis et imis riprende il motivo di magni lovis et deorum nuntium, accennando questa volta pure al servigio che Mercurio compie anche
per il Giove dei morti (1). Il tutto fa l'impressione che
Orazio non osi parlar chiaro, come se sulla chiusa della
poesia posasse nebbia leggiera.
dibus par quasi promettere un'antitesi,
non
Lo
stile
est
coincide
periodi
due
(1)
parti
simile
la
strofe,
prima comprende
almeno
nella
strofe,
ma
il
forma Escliilo
tranne che
il
diviso anch'esso
('lioeph.,
124
't'^P'^S
74
mincia
canam
te
e continua
con
non
la
vocativo
in
membro
decorae
ma
s
accusa-
in
che nessun
di
attributi
altri
hominum recentum
dalla
strofe
come
seconda
in
il Norden (1) ha
chiamato Du-Pradikation. Bella sovra ogni altra la composizione della terza strofa: dapprima due proposizioni
secondarie ficcate l'una dentro l'altra, che formano un insieme un po' faticoso, quasi un po' asmatico, che dipinge
te-te-te,
bene l'eccitamento:
te
dnm
la tensione.
in quest'ode
vuoto
risii
Apollo,
poi
un complemento
dolum
terret
membra,
perch
accenna
la
dives
Priamus, singolarmente
volont di
squisita;
verbo
la
e pias, che
vicini
(1)
(2)
si
il
la
a ogni
colloca-
solito l'aggettivo e
di
sostantivo incorniciano
riscattare
Anche
la
il
parola reggente.
laetis
(2).
il
II,
saffico fa attribuire
carme secolare e
il
quarto
il
libro.
Ma
lo
con
le relazioni
referent
il
determinato
di
piuttosto di
classica.
7d
Anzi
la
memoria
nome di
lo
stesso
ha
un
dio
che
il modello antico. A
quello celebrato da Alceo e che pure diversissimo da
esso,
si
rivolge in principio
il
canto
aduggiata da un pensiero
di morte.
V.
L'ode dell'inverno
I,
9.
9 non
colli della
Soratte non
il
si
scorge,
da Ponte Molle
almeno dal Pincio o dal
nec iam sustineant onus slvae laborantes conviene cosi bene
ai dintorni di Roma, quali erano in quei tempi, che
non e' bisogno di pensare che i versi di Alceo a noi non
Gianicolo o
y^''(xoiv,
KSTiYaac
5'
xwv
[lv
usi
(fr.
f/ac
11
Zs-j;,
34),
ex
5'
pivw
abbiano sug-
Ancora Dionigi
di
di boschi, fu in
an-
7()
(I,
compreso
che
di
ammirazione,
il
bosco
italico,
aggrappa
si
quantit immensa
le loro
navi e
legno che
di
loro palazzi
Ro-
37, 4).
(I,
Roma
sino a
(V, 222)
devono essere
Anche
(1).
stati pi boscosi
dintorni
numero
gina che
il
Orazio
(2).
della
citt
4, 4)
I,
dei luci
s'imma-
garolo, in
di
boschetti,
selvosa:
il
alberi.
territorio
ancor oggi
il
nord
la
Pineta Sacchetti,
(3).
si
erge
6,
3),
si
oltrepassando
il
suo fattore
(1)
(2)
telinus,
modo
vilice
silvarum
milvi
et
me
di
chiamare
reddentis agelli
l,
433.
Lucus Furrinae, Alhionarum, Deae Diae, Camenarum, Egeriae, PeEobighns, Stimulae, Annae Perennae, Laveniae
inter
(fnus
Silva
Salariam
Stara-Tkddk
et
Tiberini
prendo
la
lista
il
lucus pervia-
dall' articolo
dello
1'
identificazione
lo
ovidiana di
(3)
e tra
(epist.
I,
14, 1);
anche questa
frutto che
s'
il
ma un
nome
ma
come
da
laudaturque
(epist.
li
Orazio stesso
columnas
I,
di terreno alberato,
costante
di
pezzo
domus,
longos
che
vale obiettare
singolare e
il
il
forse
sia
si
che
plurale,
artis
silvas
(ep. II 2, 43),
la
mentre pure
la,
12) in poi,
al pi
(1)
ziona
le silvae,
supponendo cio
gare l'espressioue,
nunc,
sigila
42.
Privataltertiiiner,
Gi Ciceroue men-
uhi sunt ?
Verres,
Illa
un giardino nel
1, 51). Il
peristilio.
essere
di
inteso
te
da
tutti
qiiae
nuper ad omnis
La
silva,
non
l'edificio era di
qualche valore
nella domus Tamphiliana di Attico sul Quirinale (Coru. Nep., Att. 13,
(2)
10, 5)
nemus
inter
2).
(e, III,
'^.
15
mano
ma
il
passo
si
il
riferisce piuttosto a
una
nemus non
(3)
La
villa sulle
Ovidio
sponde del
a. a. III.
6S9
facit.
notizia di
dell'Accademia sotto
Damaselo
lo
(in
scoliarcato
Fozio,
di
bihl.
Proclo
34l> a
somma
insieme
il
pareo,
di-
come
in
sia
citt,
suo carme
Segue
in
78
una
comporre
di
il
Queste parole
TceTryaat
o'
oxwv
^a:
Alceo.
di
Le
le
di
Roma, parafrasa
si
pu
poi Alceo, o
E dubbio se la notizia di
Tevere gel una volta nel 400, meriti fede pi che le altre notizie minute sull'et che precedette la catastrofe gallica; perch per debba essere
errata la tradizione di Dione Cassio (in Zonara Vili, 6,
veste
cui
di
sensazioni sue.
1)
che
il
riflette
anche
in
Agostino de
civ.
Un
appunto
la guarentigia pi sicura
che
inverno ecce-
ma
quest'
poeta attinge
il
tempo
di
Orazio
il
Tevere o
se
il
poeta
lo narrasse;
un grande fiume
oat'
esso,
avrebbe usato
dirittura
corsi di
colti nel
(1)
il
poco
singolare.
nomi
commento
Non mi
di
Kiessling-Heinze
(1).
passi rac-
Parimenti
altri simili
futuri
sono supposti,
mostrano
fittizi.
Orazio
Greci chiamavano
gi
letto
l'anno
~oto!.\o
tempo
loro
al
7J
era
(1)
di
il
cui
(2).
La
dunque una
romano pi freddo
del consueto; solo l'ultimo verso riprende uno spunto di
Alceo. Anzi il quadro ha maggior unit che nel Lela pioggia di Alceo non va bene d'accordo con
sbio (3)
descrizione della prima strofa forma
il
ghiaccio
pu
La seconda
/c''[iwv'.
[lv
sTil
forse
'Jz:
significare nevica ?
strofa segue
tcO-so;
da presso Alceo
Tip v o
zip va:;
|x^^C'
o?vov
,3wv/ yv'faXov,
il
che
7il
[lv-v
Ci
la
Sabina diota,
large de-
stile:
dell'antico
poeta,
perch
merum
jjii-
tranne
un contrasto pi sen-
y.x}}7.1Xz xbv
-^ecoto;
le
Anche
bina
diota ,
di un'arte
effetti
Scamandri
Che
il
Queste
2,
osservazioni
imitato,
mostra
sono dirette
contro
il
59.
II,
62 e del
argomenti del
gli
Wilamowitz, Sappho
u.
Simo-
311.
(3)
Lo ha osservato
il
Noni,,
Vochenuchr.
f.
kl.
l'Ini.,
i.AMownz.
1915,
il
Wi-
-sovocativo apre gi
li
via
la
alla
parenesi.
Il
nome
non prende a
prestito
uomo
il
chiamarsi solo un
banchetto, pu
del
beli' e fatti
condizione elevata
di
gi nel
nomi
Se
(1).
nome
lo
nomi
and lentamente scomparendo (2),
nomi
servili
bisogna pure
riflettere che restrizioni e riflessioni di quegenere hanno luogo solo quando si voglia spiegare
sto
il
nome
di
un personaggio
storico.
Un
personaggio finto
La Prosopographia
(1)
del
Kirchnkr
gare
un ESafiiSag
imperiale IG V, 1, 154,
no|x7if,ios
6.
eaXtapxos, viene
In Laconia
membro
il
nome
era
un collegio
nell'et
nella cittaduzza di Tenaro un
7
M. ApYjXioc; OaXiapxog 9aXiocpxou fu eforo ej)onimo verso la met del
terzo secolo dell'era volgare
IG V, 1, 1241. Il nome appartenne gi
al pili antico patrimonio onomastico di questa regione, come prova
il GaXtapxoXa scritto o almeno inteso dal lapicida nell' iscrizione arcaica di Geronthrai IG V, 1, 1134, n meraviglia che in terra dorica,
nel paese dei banchetti degli uomini, predomini questo nome. Anche
altrove esso, come mostrano le iscrizioni, fu portato spesso da persone
diffuso
in Sparta
aXipxo'J fu
di
di alto lignaggio.
(2)
36.
37.
M. Lambertz, Griech.
Sklavennanien,
I,
6 sgg.
II,
28
sgg.
bl
due siedono soli, conversando confidenzialmente, o perch i verbi sono adoperati in senso fattitivo.
La parenesi, che ritrae dalle situazioni attuali una
norma morale o immorale di vita, vien subito nella terza
abbandonarsi agli dei e intanto divertirsi senza
pensare al futuro, che si giovani una volta sola. Ne la
strofe
speri, forse,
Melanippo,
'Axpovxx
5ivvaevT'
^og [OoTSpov
Da
XX'
ccyi
[XTj
litY^lt))^
Tz\i^7.XXeo\,
l'
che non
invito a godere
,
come
si
artisti ellenistici
vede,
troppo
morir due
volte,
il
e per
masso
ci
:
ora gi
conviene
HXcc xa
voYjoa|j.svoj
KoXuiSp'.g (ov
[S-vaxov
n xpt
[scpa]
AoX{5aic; flaatXeuc;
iiiaocpoc;
vSpwv TiXeaxa
di
cp'jy'i'jv)'
[8ts]
'-/(ri'^
[|jis]Xaiva$ yd--^oi;-
XX' yt,
|iy)
x[5' sTiXitso].
derivi
(1)
jin
ai
cipressi
(|iu'sti
volessi attrilmiie
alberi
ijii\
al
tempo
li
S-J,
nimenti naturali
L'inverno
gli
oggi
che
l'in-
passaggio a permitte
;
chiara;
fredda,
il
Ieri
campi giacciono
quieta,
giova,
cielo
il
pallido
ma
sereno.
Che
giornata all'aperto.
cenno
al
mare che
Il
ieri
calmo.
l'ac-
Spesso
a Orazio, allorch egli pensa a un'anima torbida e tempestosa, appare l'immagine del mare. Occorre forse sup-
seti tribuit
debilUat pumicihus
conoe
in riva al
Non
solo
il
mare Tyrrhenum,
mare
erit, pati,
fosse con
Leu-
trattare
il
ma
di
anima, ellenistico,
un argomento
all'altro,
si
debba giudicare
altrimenti.
clie
sia necessario
pensare a un
viti,
non
solo
83
non credo che Alceo sapesse trovare un tono cosi cittadinescamente elegante, cos aristocraticamente frivolo.
L'ardito cavaliere avr amato piuttosto un giovane scudiero che un'etra e di
non
si
sar dilettato di
Siccome
un amore sempHce
scherzare, come qui
si
riflette
et,
canto
verbo,
si
che
scherza.
il
e composita hora,
al
si
romana.
da
e rude,
come mostra
da
que,
dai
non pi
la collocazione ac-
non soltanto
riferisce
xoivoO
ai
susurri.
si
complicate, almeno
areae
le
susurri e fors'
anche
il
repetantur lenes
il
Una
la
ragione di pi
per
intendere cos,
modo anche ad
areae,
delle ragazze
romane
eleganti,
ma
spasso,
(. a. I,
tanto
pili
passeggi
ci
si
al
ogniqualvolta voglia
Ili, 387 sgg.);
poteva incontrare, e
67 sgg.;
speranza di
84
E
si
ellenistica.
La
bella
La
meretrice.
cos,
ma
si
gli antichi
giudicavano
minile pi severamente.
in
materia
di
mentre fugge dopo aver gettato un pomo, dema le ninfe sono esenti da certe
convenzioni sociali. A ogni modo a una meretrice il giuocare cos a nasconderelle non avrebbe recato alcun piacere.
Questa fanciulla, al momento di andar via dopo il primo
convegno di amore, fa la schifiltosa, giura e spergiura di
non voler tornare mai pi, e, pur fingendo di difendersi
il
meglio che pu, lieta che l'amante, strappandole
per forza un pegno, la costringa a tornare per ricupedi Virgilio,
rarlo (2).
Ne
il
di
modo
Alceo.
ma
(1)
Strabone, V, 236.
(2)
male pu
il
intendersi grammaticaluieute
1'
in-
85
cune
tosto che le
l-calpai
contemporanee, sono
stati
poeti romani,
come
al-
precursori
L'amore
dei
rivolge
si
le
meretrici ne
si
sar
Ben
ci
trasporta
altrimenti sono
quali
di
mestiere durante
convito.
xpa^,
(1) Cfr.
sopra,
\>.
lui,
Ki sj;g.
seduto presso
il
focolare.
Ma
hi
8()
di
si
VI.
Il
III,
motivo e
in
rilievo
il
del canto di
Alceo
yoiQca
(fr.
mana
V identit del
mato subito
nel suo
12.
59).
mente
ejjle
del
oec'Xav
avranno richia-
dieresi,
lettore
[x
romano
uatav
il
principio
xax,0TTwv izzi-
ristretta
poesia d'arte
il
Alceo stesso
ardito rivestire
si
dei
alla
sua
ritmi della
sperdeva nella
che solo
la
un po' ingenue, della fanciulla educata severamente, se non avesse attinto alla poesia popolare
lesbia, la quale, come facilmente si pu dimostrare, spesso
sincere, anzi
OcXvva
ce
IlXr/tac;.
y.al
Vvats'jo)
[Jiva
non
TcO-w o(Xtaa
l'axov
' i^'/cx'
52)
(fr.
wpa, ly^
(1),
ma
90) yX-r/sca
(fr.
-ap
poesia di Saffo
il
Saffo
di
o vjxtcC.
[liaoc:
anche
87
TraTo; [jpaivav
si
o-j
jjtxsf-,
riflette nella
-jvaixa:
to',
ot'
lirica
poesia
xpxrjv
tv
'A-f po-'xav.
Cos ancor
oraziana
suoni della
Ma
come
gi
le
del linguaggio
mano
che
romano
tutt'e
usuale, forse
come rappresentante
il
linguaggio ro-
del
borghesi e popolane.
cerchie
di
caratteristico
dare ludum e
il
patruos
si
studia di parlare di
dove vuol mostrarsi difensore indulgente di costumi un po' liberi, egli dice che l'opinione pubblica
concede ormai ai giovani prima del matrimonio relazioni
sessuali non legittimate
datur enim concessu omnium
huic aliqni ludus aetati ( 28) (2). E alcune righe prima
aveva gi versato a piene mani il ridicolo sulla severit
prio l
dixit
morihus,
et,
et
in hac suavifate
(1)
verso senza
delle
convengono a
(2)
si
Il
riferisce
Ma
le
parole non
daif ludum
Sarto.
1(I8S
emide
solerei,
fuit
censor, magister...,
Ma
disserut.
in
88
anclie altrove
il
patruos sostiene
stessa
la
p. e. in
gramma
putruom ohiur-
di
Catullo (74)
Gellius audierat
un
e])i-
dove lo zio
;
godimento sono addirittura concepiti
come due termini inconciliabili. Che l'espressione fosse
proverbiale mostra di nuovo Orazio nei Sermoni (II, 3, 87)
gare
solere,
e qualsiasi
si
forma
di
sive ego
iratum patruom
(s.
patnios mihi
egli
II,
2,
97)
camente
di no,
brontolone invenzione
patruos
recente.
Helm)
ci
Io risponderei fran-
ohiurgator;
di
pi credono
il
sebbene piuttosto
XVI,
iscena
p. 24, 17,
il
patruos
notizia,
(1)
f.
lai.
Questo e
altri passi
Roma
origini letterarie.
dell'
Otto, Arch.
La
89
predilezione la
grande
io
che non
ne mancava l'occasione almeno nelle opere che espongono, che predicano in forma popolare etica popolare
sappia, alcuna traccia di questo carattere, e
si
in
conservati
I,
Inst.
17, Cod.
I,
anche
in Grecia
fosse
patnios,
non erano
fratello del
il
preferito
quello
non Vavunculus.
padre a parit
ri-
Bench
cos spiccati.
della
ra-
zioni
il
V,
madre
di
condi-
madre, neppure
in
alta,
mancano esempi
cognatizi,
collaterali
di
di
che esercitano
zii
la
materni
tutela
in
42)
TOTpoTios
dei
figli
della
o'jTO); coixohc,
Tp7iDv (1).
Acxacoyvy]? ouxoal
sYYuxtw
ancor pi importante
lov
y^vou;
la parte della
secondo
la
izt-
pa-
lettera
(p.
345
e),
Il,
.">L'l
H<;fj.
per legge
(1).
Gortina,
0
ai
tempi
cui
in
era in
vigore
stravano,
sembra
in
brontolone.
anche
romano che
lecito chiedersi se
lo zio si
non
anche particolare
sia
ciulla
pagna
talvolta
propria
(1)
(2)
marito a conviti o fa
morto, percli
V.X -rv
il
casa
come
cTi|ao5.
XII, 29 xv Ti-cpoa xa
sraxapKiv pxsv
ondi,
t|x [id.zpo'x.
y.a
Tvg
Basta a mostrarlo
il
iy(X\i\iyO'^c,
vuvavxai xXXiaxx
gli onori in
il
Tipiv
x xp|iaxa
x' n'jisxac.
quevi
Homano-
chetto
91
(1).
sorso di vino
osiamo
se
la
malinconia con
sgrida lo zio
farlo,
non dobun
noi infelici
Lo
zio
ma
lo zio
fulmina
la
aut
dicat
mollezza e
faciat,
solet
con
per dirlo
obiurgare,
si
qui
delicias
verso di Catullo
il
nel
che
altro
i^-j-
consuetudini
Non
e'
traccia di
un
tale divieto
eppure egli
tendenza delle donne all' ubbriachezza
non se lo sarebbe di certo lasciato sfuggire. E la mancanza di testimonianze non pu essere attribuita a uno
la
fanno
le alte
tifex, fa
come
e)
luoghi.
donne
in casa del
ijoi-
infatti quali
Lo sposo
il
dio,
il
pontefice
i!
.suo
rappresentante.
TidO-siav npoa(fpso9'at,
(3)
alle
dalla legge.
40
s'
(1)
(2)
concedevano
tronae,
P.
e.
Theam.
|yj
fl-swv
ni
II,
t,5o-
733;
Li/x.
l!)r>,
in
nu-lti
nitri
<H
abbiano concesso anche in questa materia maggiore? libert alle matrone. Senofonte narra si (2) che in quasi
tutte le citt elleniche le vergini non potevano bere
ma
vino,
ma
oppure solo
poich nell'antichit
gli
giovanetti,
com'
romane
Tipxs^v,
TIC,
TOoOaa
olvov p^iY]
yuYf^.
Uno
(II,
o^eisv
av
greco
zio
(3) riferiscono
che nell'antica
Roma
(cfr.
re.<<p.
Lac.
I,
1,
3 olvou ys
sotto, p.
(4)
era proibito
dei
costumi
93)
italici
trova necessario
usanza romana.
|Jiy]v
T)
TcaiiTiav 7icX0[Jisvag
Yj
OSapsl
Xpwfivae Siaycuoiv (soggetto sono gli Elleni'. L' uso di uSapyjg illustrato bene dal passo di Antifaue presso Atheu. X, 441 b, o-jO-' uSapg
o'Jx' cxpocxov,
delle
Che
la
T'^
sTnypacpojJivyj
(Athen. X, 441
a).
donne
alle
di
bere vino, e
93
pu
ci si
Gli
divieto.
qua!
scrittori
scomparso
imperiale
dell'et
gi
da
secoli.
quando
non cale il
solo chiedere
considerano
lo
Servio
{Aen.
737)
I,
victu
ciiltii
Romani
populi
X,
23,
scripserunt,
qui de
1,
mulieres Ro-
(1)
Cfr. Svetonio,
VII, 712
f,
Calig.
invalsa ormai
generalmente.
(2)
2>ere
Nonio
68, 26
larvo dv
l'opnli
l^ila
ee,
rei
liomaui
Uh.
ex mio exemplo
nuaulv
pot videri
mento
feoit,
Romolo (Dion.
II,
mnlieri
iiidc.r
pr censore
25, 7).
Catone
est
Non s'intende
(Geli.
la
Itene se
X, 2S) rir ci
il
legge
fram-
dirortium
quid
94
alla
si
riferisce per
del
tario
magnam
in
Nonio,
10)
5,
ita
sostituire
ispirar
al
dubbi
passi
di
Gellio.
Il
Lo
che si continuino
usi della sua giovinezza (1).
zio oraziano esige
Mentre
l'amore
impedisce di tessere,
passato o
manza
il
come mostra
lesbia,
multitaiur,
rispecchi
si hibit
di quel
(1)
famiglia gli
in
ma
il
sulla costu-
Gli antichi
alle
donne an-
ha dinanzi
et
di vino
Ubere autem
agli occhi
il
gando
solitas
solet
antiquae
aut pas-
e continua spie-
la sapa
di
uva nell'acqua.
frammento
il
VJ5
di Saffo citato pi
sopra
(p.
ma
87),
che
ma
concezione
conocchia,
la
ellenistica
romana
ma
il
non
dio
un'espressione sim-
bellezza giovenile di Ebro, come fa sensimmetria delle due proposizioni Ubi qualum Cythereae jmer ales, Ubi telas operosaeque Minervae siudium
bolica
della
tire la
Similmente Eros
meno
decorativa, direi
Alcmane
(fr.
in
una
quasi un
pi
lo
Ben diverso
Eros
l'
(fr.
1) pc[jivs
gli
alberi su per
"Epw? vfxais
L'
[jisXXcpyjiSo?
sogno
tosto
di
bimbo
Non
cos ci raffi-
(1), toglie la
il
il
[JLc/z/^av,
guriamo l'Amor
il
O-afXjjTfjC
di
rocca
di
Apollonio
mano
(III,
alla fanciulla,
si
un
in
ma
piut-
diverte
A
la
(1)
Su
di esso cfr.
Fuhtwangi.kis,
Meiiitnirei-ke rSS,
con
lo figure
<m --
tinaci.
rini
armi
le
(Ij.
Alceo,
attica.
abbastanza verisimile che il secondo sia preso da Archiloco, sebbene un nome formato cosi normalmente da
parole cos comuni poteva essere portato in ogni tempo
da qualsiasi donna di qualsiasi citt greca (2) ed essere adoperato da un poeta, senza che questi avesse la pi lontana
intenzione di coniare un nome. "E^poc, pi raro, pure tutt'altro
che nome
mentatori
Delfi nella
di fantasia,
esso fu ereditario in
quale teste in
IX
di
atti
di
(,j,ja'.cotr(p}
nomi
di fiumi
come nomi
Un
II
di
ma non
uomini
inaudito
AfairjTco?
dal
5).
liberi
:
gi nel
nome
o
il
L'uso
nell'et
VI
se-
del fiume
denominazione
fissa di
un
tipo determinato,
allo
stesso
tullo,
e di Settimio
(2) Il
(e.
le
parole di amore di
Acme
45).
minato
modo
97
nome
il
ma
attinto
La
come vogliono
descrizione
ellenistica
ha
hr^oc^ic,
secondo
Kiessling-Heinze
infatti
fa
let-
commentatori.
Ebro
di
la
il
fuse
dall'
Attica in tutto
il
in
mondo greco
poi
si
dif-
insieme con
lecito
nasio e della
(2) sia in
come prova
Ereso
un
(3)
recente
'^[3apyo; (4)
l'
iscri-
IG XII,
2,
la
(1) Cfr.
(2)
IG XII,
2,
di
lista di
82,
sigma non
(3)
piti
che
neppure sicuro.
IG XII,
(4) Il
Twv
2,
527, 34.
P. e. 224. 241-251.
(6)
Okhlkk,
l'V.
10 ex twv
V, 2743.
i5(ti)v
v. 6 YW|^vaoi[apx"i^]aacg
nsTtor^xwv YU|ivd[a'.ov].
non
se
lizi
le si
dovremo
vita
comune
non un
ri[ioc,
stato potesse
veaviwv; che,
esistere
soda-
ammettere che
forse
mentre
di
abbiano corri-
un
-pvaixwv
-7;|io;
donne s'inse-
alle
nelle
lo
spunto ad
della
negli
ai parti-
Marzio e del
La
signore
romano
del
tempo
delle
vaggina
il
che nella
suo
desco
Roma
il
primitiva
il
ricco
compito
ma come
di
fornire
difficile
cittadini,
di
sel-
immaginare
appena
l'
l'
uso
di
(XXXI,
29, 3),
(1)
UsENER,
Vortr. u. Aitfs.,
122 sgg.
i3x-
CT'.Xc'xo:
macedoni
ma non
cacciare,
insegnare a Scipione
di
Romani
suo amico
solessero
intendo come
di
la
una precoce
con
Ne
si
vanta
bili
di
si
{ibd. 29, 8) si
caccia,
la
queir et non
di
so quanto a ragione.
1)9
abbandonarsi
di
che
no-
altri
alle gioie
solo confronto
il
le
modo
in alcun
La menzione
un opuscolo pubblicato nel 44
deWaucupium come di occupazioni pre-
in
un vecchio venerabile,
ferite di
ritiratosi
a passare
suoi
me
alla
stima
in cui la
indizio
4,
(1)
(2)
del
1)
il
trattatello
orgoglio ch'egli,
eli-
NoKDKN
accordino con
si
tira contenesse
Io
dipenda
un contrasto
tra
un nemico
comodi, 80 non
ci
si
ostili
guadagna nulla?
XVHI,
un amico
29r>-29() a
298 qtiem
la
congeUura
326), che
di
che
la sa-
questo sport.
tino tanti
idcirco
in-
Itna non
cepit et
fr.
10<)
lore
alla professione
di
un uomo smisuratamente superbo di s e del suo ingegno e desideroso di vivere e pensare diversamente
di
di
romana
giuochi
ai
Romana
si
meno
faticosi
fatigat
militia
adsuetnm
borem
seii te
li,
9 sgg.)
2,
(1).
stupidamente alla dea di andare a caccia di porci e di buoi e di lasciare cervi e altri simili animali, da cui si ritrae troppo poco vantaggio
cos
300-302
si
dei
rivolgono contro
le
lui,
mortali,
non
lo
inalzarono in
tutti,
cielo,
di vestire.
(1)
teriale
Blmner, 515
il
gio-
vane (epiat. I, 6, 1), andando a caccia, si portava appresso gli strumenti per scrivere che un uomo cos poco appassionato per lo sport
non riuscisse a sottrarglisi, mostra che la moda era generale, e a
pensare che da quel passo si suole ritrarre la conclusione opposta
Parimenti errato il metodo di supporre dipendenza da modelli
il che sia osgreci, ogniqualvolta un poeta romano parla di caccia
;
p. 74).
Simile
il
101
contrasto in cartn.
Ili,
24,
54
timet,
equo rudis
nescit
dodior seu
ludere
trochus e
il
Roma
vicinanze di
ghiali
anche
c'era speranza di
addirittura
finato
imbattersi in cin-
un
il
Laurens mahis
est,
ulvis et
Un
5,
28)
palato raf-
la
grandi
dei
poeta (epod.
serm.
II, 4,
42 tiam
Varrone
(r.
r.
Ili,
13, 3),
Varrone
in
testimonianze antiche
che ora
in Italia
fossero qui
non
si
si
ha
l'
(l)
12,
1.
impressione che
Dalle
cervi,
45, 4) era
III,
il
rari
che
che, se fossero
cin-
man-
102
cati,
Apicio (341
mente
quale
si
di
sgg.j
si
spiedo, venahnnm,
lo
macchia bassa e
catiis
fitta
che
immense bandite
per lo
meno
p. e.
maremmane
(1).
sport
avr
avuto
di
come
egli
nuotare in
grandi fiumi.
lotta
eW exercitatio
L'equitazione
parte cospicua
della ricca
la
chiede altrove
venuto
con aria
8)
(e. I,
di Sibari, cur
rimprovero che
di
sia av-
temperet
ora
Inter
frenis ?
aequalis equitet,
cir
timet
flavoni
greco
il
24 rimprovera (v. 54) di non sapere andare a cavallo e di aver timore della caccia ? No,
i
tre passi si integrano a vicenda
il giovane, che Orazio
zio nell'ode
romana
111,
(1)
Ambedue
cfr.
p.
e.
11,
ha
mente,
in
appartiene
Augusto
il
ai sodalicia
e destinati
derna antichissimi
anche
103
usi
italici.
Sibari
Il
oraziano abile
anche generi
colto
come Augusto
sport
di
nel
risuscitare
iuvenum
sodalicia
italici
aveva avuto l'occhio anche all'efebia attica; ma ci nondimeno rimasto il giovinetto romano, che in et di
quindici o sedici anni, prima di partire da Roma per
compiere nelle province il suo servizio militare, riceve
prima educazione ginnastica e militare a Roma nel
Campo Marzio. L'etra Lidia attira a s Sibari, di.straendolo dai suoi obblighi militari e rendendolo molle; di un
la
nerale
mano
e nel
principio
(1)
greche.
Il
il
Rostowzeav
passi
A mo'
il
epicurea
come
omni tempore
il
poche parole su
st.ito osservato
alla
monito
vixeris
sa
cria
ha posto
di
II, 3
aequain memento
1'
malinconia, non so se
s9-j}iia.
ellenismo
ci sia
re-
di serbare
i>ii
souo
con istituzioni
che
ha trattato
contrapposta
precede; epicureo b
61
relazioni storiche
le
fondamento
di appendice
e uelle proviucie
(Bleiiesserae,
oraziani n
Rosknbkhg,
Roma
sfuggiti n
8tH8
il
(2).
egregiamente
cria
tutto
Anche
di
al
seu mae-
Alceo
gente
mondo pass
con quel che segue rendono testimonianza deiranu>re moderno per la campagna, del sentimento nostal-
pinna
ingene
albaqite
populua
104
VII.
gico che spinge a fuggire dalla citt grande. Pure in quest'ode cos
moderna
spunto
forse inserito
uno spunto
ricord forse di
si
36
V.
y^Bidxw
All'
sororum
[lv Tiept
Su
[l'jpov
tamente a ragione).
unguenta
ree et aetas et
tkXX' vV^xo)
xa5 Ss
aleaico,
et
v.a.x
tw
ai-qb-soq &[i\ii
l'
gli
spiaceva
godi, finch
ma
Tevere
romano
non invenmontani e
ma non
bei pascoli
il
capitale, usu-
mi pare rispecchi l'ordinamento gentilizio di Roma, che esige che la ricchezza rimanga nella
stirpe. Anche nfima de plebe pare schiettamente romano. L' identit
del motivo tra omnes eodem cogimur, omnium versatur urna seritis ocius
sors exitura e la quarta strofa dell'ode romana III, 1 aequa lege Nefruito
105
Lesbio
o anche,
ma
raramente, ha composto
non
Pindaro,
di
Bacchilide,
maggior parte
sere anteriori
di
Ennio.
Ha
rielaborato
nella
Ha
Ne ha
si
forse colpa
l'
suol dare dei passi di Orazio nei quali egli parla del-
forse
da
altri
che da Orazio.
l'arte
Il
vale
sua;
pena
la
pi importante e
primo
lil)ro.
Orazio
di
accuratamente.
ponderarli
il
si
106
e in
primo
Orazio passa a poco a poco a dileggiare la pedissequa imitazione letteraria: rupif larbitam Timagenis aemula lingua,
larbita, per volere superare
cio
zie,
cui
decipit
exemplar
vitiis
Timagene
se stesso
cio
imifabile,
ammirano
(1).
nelle face-
pi oltre
un esemplare
di
che naturale saltino pi facilmente agli occhi, ed imitano quequodsi pallereni casti, biberent
sti . L'esempio aggiunto
exsangue cumnum mostra che Orazio, ancorch enunci la
degno d'imitazione
essi
solo
difetti,
massima
tori si
in
modo
gli imita-
si
ormai spogliato,
le
quali
egli
pems, ut mihi saepe bilem, saepe iocum vestri movere tumuUus; l'operosit incomposta degli imitatori, dei suoi imitatori gli mette addosso
un po' rabbia, un po' voglia di ridere. Chiunque legga
ora condanna:
imitatores, servom
vacuom
viene appresso:
meo
libera
pressi
per
pede
(1)
Nou
che fingono
si
di
sbraitare, scoppi.
107
verba
pure
non
si
lo stile, di
di questo
Archiloco, ed abbia
al
generale
il
tono,
ma
nuovo
di
Archiloco
Orazio nell'epodo
di Archiloco,
dello,
ma
riducendo
dell'odio contro
in
un papiro
X abbia
preso
le
mostrando come
mosse da una poesia
(1),
il
suo mo-
appassionata ed ingenua
tra-
di barbari Traci, a
1)
lierliner Sitzu)if}berichte,
gi lo salvino,
ma
ha mutato ogni
sce quasi pi
riodare
Leo
lo
lo
108
mandino
particolare,
in
egli riproduce di
ma
stile
solo
il
poeta romano
non si riconoArchiloco non gi il pemalora.
che
Il
la poesia
Il
ma
che
la la^^ixri
loc
comune con
e
cos gli
come
presenta a parlare
imitazione.
e pi
in
originali,
cui
XI neppure
ancora nell'epodo
ma
che
mo-
ca|jLi3i>c7j
di
XIV
'Mfx,
forma
stilistica, in contrasto singolare e bello con la forma metrica, eh' ancora per met giambica, sono prettamente
conservata,
gli
argomenti,
il
tono e
la
lirici (3).
(1)
De Horatio
(2)
et
strano che
ArcMlocho
ci aia
Leo
Gottinger
Programm
1900.
109
non solo
seciitus
arte
della
sua
anche
equo
estimatore
sincero
.... non res et agentia verba Lycamhen ricordano, ne la
coincidenza sar fortuita, la dichiarazione che Callimaco
mette in bocca al suo Ipponatte redivivo nel proemio
ma
dei coliambi
Lziovxoi.
lunghi
Io
torno al
Bo'jTTas'.ov
xTjV
tratti
(fr.
mondo
cppoy^ Ta|ji^Jov
\i^t:/r^'^
90).
dei coliambi in
di
(1)
a voce alta
ha
solo lo spirito e la
minis artem
temperat Archilochi
musam
jjede
mascida Sap-
rum
quaerit
quem
famoso Carmine
nectit.
La
laqueum
(1)
Il
fr.
scoperti.
(2) Salto ,
che,
p. e.
Non
com'
la Retorica.
non
Ilo
Orazio non
un
riconosce a
criterio
di
cos
alcun
esterno
Saffo e Alceo,
seb-
spiriti
essi
ma
ritmi,
l'originalit, tant'
ritmi
al-
volgavi
fidicen
iuvat
di poesie
sfogliare
carmi
di
Alceo, ai
quali
^[^rpic,
stile.
anzi
lettori
poeta nuovo
il
e,
diciamolo
ri-
rasfin
modo
il
non messo
sull'avviso,
necessariamente
intendere
che
Archiloco
e le parole
intende
(1) Egli
Heinze, che
Lesbii
senza dubbio, come spiegano bene Kiesslinghanno preso dai giambi e dai trochei di Archi-
su cui v. sopra p.
si
29.
fonda
si
L' interpretazione
Alceo diverso da
lui.
sta interpretazione.
non
ego,
didum
alio
Ili
primum
giacch anche nei versi su Archiloco Orazio aveva concesso di derivare da esso quanto ai ritmi,
dere che
le
parole
dobbiamo
cre-
non per
ritrai,
poesia la parte
altro.
poich
lettore antico,
il
nella
concludererao noi
pi iraportante, egli,
non sono
ritrai
sente pienamente
si
originale.
Che
il
metro non
per
sia
Latinum,
barhite,
non istrumento,
se
lui
primo
del
libro
age
modulate dvi.
die,
Al-
il
cpwvsaaa
Non
metro,
il
ma
roraano
ma
dissimile
roraani
il
vanto
5r]
canto
il
-/a'j
ol
(l);
\io'.
sensi.
di originalit nell'ode
ultima
prima vista
modos.
si
avere rivestito
di
ritrai
eolici
una
cos, interpreta la
Ma
Orazio ha scritto e
maggior parte
(1)
al testo
.310;
L'ode
assai
dei commentatori.
controversa
(cfr.
L'5l
sgg.).
voluto altrimenti
di nmneri,
pecles
112
(I),
ma
Non
a essere cantate e
le
(2);
ma
vanta dunque
aver composto
latini .
Itali
Orazio
meloanche questa volta di non dipendere da Alceo se non nel ritmo e rivendica a se
si
di
in ritmi eolici
stesso l'originalit
(8).
la relazione
a determinare qual
fu
[j,c[xrjat?,
le
un passo
dell' epistola
stesso
l'altro, si
(1) Epist.,
I,
da uguagliarsi
l'
un
epist.,
I,
19,
27, nel passo trattato dianzi, quod tinud mutare modos et carminis artem, che sono rimasto fedele ai ritmi e al tono di Archiloco .
(2) Solo il
cantato
il
'
ego
dis
per essere
scritto
aniicnm
saeculo fesias
(3)
Poich
ridurre ritmi a
'
l'altro a
si
Gracco
sottraggono
mento
essere
e a
113
Muzio Scevola;
neppure
cos
poeti
mutuo incensa-
di
non
di cui
avranno
riconosciuto quei due altrettanto facilmente quanto l'emulo di Orazio: carmina compono, hic elegos: mirabile visu
singolare rilievo, che
il
caelatumque novem Musis opus
Orazio si compiace un po' ironicamente di dare alla finitezza del lavoro, fa subito pensare a un imitatore o a un
questi
si
appresta subito
parlare
lettori
zioni.
L'uno e
l'altro
cum
spectemus vacuam Romanis
(v.
92 sgg.):
vatibus
aedem
mox
etiam,
si
mimus hostem
v. 93, tutto
lento
caedimur
et
formato com'
di
Il
ha suono davvero gladiatorio il dispondeo di cirdue versi, e il pesante vacuam Romanis accrescono ancora l' impressione di mole
schiacciante. I leggieri dattili del v. 95 mox etiam, si forte
vacas, sequere et procul audi esprimono bene la curiosit
premurosa dello spettatore; e il ritmo grave di lento Samnites, la forma arcaica duello ridanno solennit alla chiusa.
Chi legge, s'aspetta che un duello di tal genere non
possa finire se non con la distruzione di uno degli avversari. Segue invece discedo Alcaeus puncto illitis, ille meo
quis? quis nisi Callimachus? Il duello non era se non una
finta, che doveva fornire occasione al riconoscimento vicendevole dei meriti dei due poeti contendenti. Il lettore
ripensa necessariamente, non senza un sorriso, ai due
piede,
fratelli
cipio.
compari
erano messi
Orazio
lirico
Il
si
114
il
(1),
egli
si
nome
non Pro-
se
Mani
di
Filita e di
di
timenti, l'adoratore
al
ma
alessandrina,
dei
Callimaco?
la ionica, essere
un Mimnermo redivivo si plus adposcere visus, fit Mimnermns et optivo cognomine crescit. Orazio per, pronto di buon
:
Di tutto
il
il
versaiuolo declamatore.
il
quale Cal-
limaco e
Mimnermo
nome
come
di
il
a soppiantarlo.
non
Properzio,
a imitarlo
ma
a pareggiarlo e
grande ammiratore
di
Calli-
Callimaco in principio di
(1)
Che Orazio
si
papiro di Hibeh
(cfr.
tilt-
come
vero
poeta
al
Muse,
le
115
pronte a rispondere
cause
vello Esiodo
le
42), cos
store
a tutte
(AP. VII,
vanto
il
di
no-
istile
maco
5ou
stesso
compose
in lode del
t'
Ma
poema
Arato
di
'Hai-
poema
didasca-
l e asserisce
che Arato
non
solo
Sou t
JAY]
t'
un Esiodo nuovo
ma un
'Hae-
y.^(
Esiodo migliorato
mostra
tempo
Ennio, come
in passi
di seguirlo egli
Alessandrini? Porse
antichi.
pi
dicono
stesso. Imita
certamente
i
critici,
egli
in
ci
Romani pi
come Orazio
t'
cui compila.
il
ai
poeta antico da
116
la
sapienza pi riposta.
Ennio
si
fa riconoscere qui
quella
Callimaco,
di
cos
come
il
suo
poema
per lo
meno
l'arte
ma
profitta di
tatrice
mino
ma
Romana
un
ritratto
minuto
di
un
ma
per-
poesia
romana
il
a se
stesso nella
Romani. In
poeti
solo a Ennio,
ma
mana
d.
non
(2).
rom. Ut.,
I,
164 sgg.
jresto altrove,
contaminazione
Nonostante
gli
sdegni e
mana
essa
117
che non
grandi Greci
ai
poeti
come Catullo
legato
dell'et
augustea
fronte ai
di
sente libero
si
del resto
volle e spesso
seppe
rifarsi alle
Plauto erano
e pi
liberi
trattare
modelli
greci,
ha a volte nel tradurre e nell' imitare scrugrammatico ma la grammatica, che ha nei suoi
principi inceppato i vewxspot, ha pure liberato Orazio da
Catullo, che
poli di
il
aver bevuto
al fonte
ma
padre Ennio,
Eliconio, a cui
si
(III, 3)
era dissetato
di
narra
di
cantare
aveva dissuaso e
Calliope gli aveva spruzzato il viso con acqua Filitea.
Anche qui dunque le sue ambizioni sono solennemente
riconosciute, sono consacrate, e non pi da Filita stesso,
cui pure egli venera (1), ma dalla Musa. Chi dubiti ch'egli
si asserisca originale,
non ha che a leggere nell'elegia
le glorie di
(1)
quaeso,
III,
me
1,
1,
CaUimachi manes
sinite ire
nemuK
Coi
sacra
Philiiae,
in
restrum,
et
lo
dicite
quamre
bihisiis
aquam'i
teiiuastit
che
prima del HI
la
118
libro
nostra
via (III,
si
di Filita
ara Philitaeis
certet
descrivendo
il
Romana
conjmbis
Cyre-
et
ma
la
sottile
mea
pectore Callimachus,
(II,
1,
En-
39)?
i?i
nec
Phrygios
l'ambizione sua di
ri-
consueto
(1)
di
Anche
nimento che
pi alto. In
iibistia
jlica
si
questa parola
qui,
(2),
collocato apjjresso,
III,
aquam ? In
due grandi
dionisiaci di Orazio,
il
compo-
ai
due
spruzzare a uno
il
viso di
ma
In
III, 3
da una Musa. Lo
certamente fnto,
di
Solo elegie
aiutano in amore
119
e persegue
scorto,
ma
il
abbia voluto
ri-
libri non solo l'Iliade ma anche l'Oromana: ne l'una ne l'altra potevano mancare nel
suo poema, di cui tuttavia doveva essere pregio princi-
densato in dodici
dissea
Come
si
chiama
nelle
lingue
antiche
Fattivit
di
di
si
pregi
(1)
di
La
emulare
S'^coiula aofistioa,
gli
antichi,
si
elio
pur
si
contenta poi
prefigge
di
anch'essa a parole
imitarli
pedissequamente.
modelli
non gi
illustri (l),
-iu
l'artista
potenza creatrice e rivivifica materia gi trattata e foggiata sia i)ure da mille altri, Orazio sembra evitare di
termini aemulari e
proposito di applicare all'arte sua
solo una volta si arrischia a scrivere (e. IV,
aemulatio
i
Pindarum
2, 1)
sV^oOv, che,
rivaleggiare con
Pindaro, l'imitarlo in
il
voler
di
modo
come
lecito,
infatti
Orazio
(2),
bitam
(epist.
Roma, Timagene
ischerzi di buono e
era la nemica di
concorrenza
in
I,
di
anche
19,
e larbita
15).
Capua
facevano
si
la tibia tubae
aemula
dell'Arte Poetica (v. 202) fa concorrenza sleale all'istrumento per natura sua pi sonoro: aemulus ha in Orazio,
come anche
ostile,
in
che non
scrittori
altri
un non
latini,
si
so che di
Ricercare
^f^^oc,.
parola un
TiO-og,
giudizio etico,
(1)
hnm
ma
e,
come
tale,
non soggetto
in s
al
che
ri-
di coloro
iuris erit, si
Un
vetet
aut operis
lex.
meos..
cum componerem
orationi Bemostliems
illos,
v.ot.z.
quam
sane,
Mi{o'J confers
maximi
et
et
sequerer,
quantum aut
tengono
121
raagnanimi
e dell'et
1388 a 32)
magnanima,
il
tali
II,
che a
lui
ma
dal
lui
lo ^yjXwTcx^
razione neghittosa,
lo ^y^loc,,
(1)
il
di
(2),
morale, in Dio-
comprende co-
cpO-vo?
vero solo
(2) I
de im.
1, ir.
per
quest'
il
11.
dolore per
beni altrui
122
lo i^y/o;
anche
definizione,
ha
dolore perdi'
Aristotele
v.
altri
aveva
non ha anche lui , e la soppressione delbasta qui a cambiare del tutto il senso della
sopprimendo a un tempo stesso quasi ogni
distinzione tra
il
lazione.
Tutta
la cultura
romana
sotto
l'
romani arrischino
rado di ado-
di
con
udito
Romani
colti,
tra
il
che
^O-voc e la
'^r^KovjrJ.ci.
un dipresso
dentia e Vobtrectatio; ne d a
nizione
Cicerone
lo C^jXoS
usi dei
accezione cattiva.
Vinvi-
la stessa defi-
Egli ag-
di imitatio virtutis;
ma
assai
comune
ma
{ed. II,
92 W.)
lt(t'jb'X'.
-/.al
\ii\LrfS'.v (he,
av xpe-'tiovo;;
ma
di solito,
terpolazione
per
r^
poteva pi godere
(1)
axciir^xo;
^y^Xo; [Jiaxap:a|Ji;
Cos propone
noscritti.
A me
<v)svSsog, che
il
il
il
marchio
alta.
di vizio,
a-'.-y]c
Una
volta
Vaemdatio non
Wachsmuth
ha
1'
di scrivere per
1'
svSso; dei
ma-
un'espressione pi generale, p.
e.
il
H3
a filosofo
che anzi
come
ed aemulatio
in
le
retori e
grammatici
che
Lo
Zf/.o^,
ma non
si
vanti ae-
il
confronto tra
Xa)[ivoc.
ha composto
perch, avendo trovato
ritmi di Alceo e
narie,
esemplare dell'edizione
che gi
tre
lo ^rp^oiTy^;
sappiamo che
odi in
li
scrisse
critici
stessi
gli
strofe
^Yj-
quater-
avr immaginato
men-
seguito.
Que-
tutti
di
l'
alessandrina,
il
noi
le
le teorie
cor-
la possibilit dello
L,f,Xo;
hnnc
(l) I passi
ore....
come
I:i4
carmi
nh
civili
politici,
().
Alceo consiglia
col.
che abbia
solo
il
godersi
di
2)
Iona
dello stesso
stampo
il
riscontro mi-
non
daro,
ma
Europa
anche
(III,
alle
27), delle
odi
solo a Pin-
oraziane di Nereo
Danaidi
(III,
11)
(I,
15),
di
e poco importa
il
va-
con la profezia di Cassandra in Bacresta pur sempre vero che non Orazio per il
chilide
primo ha rivestito delle forme metriche della lirica eolica
quegli argomenti che nella poesia pi antica parevano
retaggio esclusivo della melica corale, ma che gi un Eolo
ticinio
di
I,
15
La
argomenti
amore abbondano, ma,
(1)
di
Orazio stesso
Svolgo qui come sovente in questo paragrafo concetti accenWilamowitz, Neue Jahrhucher, 1914, 230 sgg.
32,
I,
(e.
11),
Lycmn
nigris oculis
sto.
J25
bei fanciulli
di
insieme con
mille
puerorum
puellarum
si
mille
fa rinfac-
ciare da
in
I
questo
si
tempi, per
dall'alto,
anda-
vano ridivenendo morali, e l'esempio di Augusto esercitava grande influsso sul poeta proclive forse per natura sua a vita leggiera. Basta a mostrare
il
cambia-
non soldato di mestiere, non prese parte a guerre coloniali. Pure egli celebra qua e l, il pi spesso in accenni,
le vittorie di Cesare, n dimentic mai Filippi, Alceo
(1)
secondo
abbondanza.
lilro
prova
serio
elio
e^li
alternare
mondo
della
cavalleria.
Pur tuttavia
per
glio
argomenti rimane su
rimane l'ordine o, per mevariet nella disposizione. Alceo non ha
la
dire,
certo concepito
nati
la
la stessa;
giti
cerchia degli
lo stesso
suoi canti
a essere raccolti
in
come
unit,
uno o pi
non
rotoli
li
ha
a essere
desti-
essi le
0,
le
hanno raggruppate a
capriccio,
ci
spetto
di
sommato insieme
raccolte
precedenti,
il
ri-
hanno
solo
compilate a
fini
tutto
il
carmi
(1),
fidis
arcana
serai,
usquam
si
bene
neque
:
si
qio fit
male
(1)
ces-
ut omnis
Unters. II).
pa-
primo
127
autobiografica:
non contengono
biografia di Orazio
ancora
Sermoni
sentiti
critico
|ilt,3'.to[jivov
il
amori
Epistole e pi
le
per
Quest' interesse
che fingesse
assennato
si
l'aria di
ma
timenti eccitati in
da una serie
lui
ciascuno di essi
cantare sen-
di
di casi capitatigli.
di
esse gli
all'uno
che
all'altro
si
potrebbe applicare
sapit.
delle
corali, Stesicoro,
l^^Xoc,
il
motto
di
In ci consiste anche
'AXxaax^ di Orazio.
gli
lirici
presenta-
virginihus jmerisque
canto.
patra, quanto Alceo
taco
ma non ha
128
ripetuto
il
invito
lieto
del
Lesbio a
e ha voluto che la
anzi,
tristi
implacabile. Alceo
(pap. 1234,
il
fr.
parla
in
uno
dei
nuovi frammenti
un
banchetto sfrenato, n rifugge da parole che devono appartenere al linguaggio usato nei conviti un po' grossolani dei cavalieri lesbii
questa
in
al ridicolo
anche qualsiasi espressione troppo precisa in tali argomenti i xupta nocciono alla dignit. La poesia oraziana,
di quanto meno fresca e meno spontanea di quella di
e
oltre
due mezzi, dell'aggettivazione e dell'ordine delle pain alcune poesie nessun sostantivo nudo, a meno
che non faccia esso stesso le veci di determinazione; gli
epiteti abbondano straordinariamente e s'intrecciano con
i sostantivi, cos che la simmetria e il contrasto si percepiscono con l'orecchio prima ancora che si raffigurino alla
di
role
fantasia.
Coc,
Xyos,
xiXo;, cpXoiatv]
T<o)auTav
aociq]
ex
Al(x.v.ih[ccic,
[vxy]X' avi'
^'
acMXwaa?]
TiO"y]xov] Tcvxai; ?
yixov
S'
izcdili
"IX'.ov l'pav.
[jL[xapac;
Xppwvos, sX[ua
Xeoc,
xxwv
ec,
Sg{xov
ic,
5'
xaXa-
Tlr^-
ecc.
Posto cos in
129
struttore di
Ilio,
mano del figlio di lei, per colpa della moglie infedele. Come Peleo nominato da principio in modo che
non s'intenda subito di chi si parla, cos il nome di Tedi per
due da
altro
eXow,
che appunto
fine
si
l,
direbbe, per
dividere, ex
di
nessun
Nr^peo? [xsXO-pwv
ic,
in
capo
alla strofa.
non
ci
va congiunto con
si
Poi ricomincia
:
la
fuga
all'audacia dell'epiteto,
camente a
cd\iid'ii>yv
nel
il
[xpttaxov]
ritmo,
migliore tra
Chi legga
(1)
(2)
che
i
oXp'.ov
la
il
lettore
semidei
^avi^-v
che necessariamente
Xxr^pa
Nereide migliore.
-'Xtov
conosca bene
altri
particolari
il
gettivo.
sente
figlio della
stilistici,
certo
risponde chiasti-
NrjpetSwv p-'axa^,
vi
essere
errato,
rimarrehlio
ajj-
Orazio,
ripensa
a pias
faciliTiente
animas reponis
laetis
salvo
che
in
la dispo-
Orazio
il
gli epiteti e la
ai
periodi
compagnato da pi
lirica corale,
ma
tranne dove
sottile,
avverbio o ragioni di
nudo
di
un
di
epiteto,
ciascuno ha
come sovente
nella
il
il
stile
ogni determinazione.
sono
le
poesie politiche,
Ma
im., II, 8)
^51)
(1)
OGOV
Dello
(2) Cfr.
8gg. 60 segg.
lusit et in
amores descendit,
|ix SeivxTjTO?,
(piTjVetav.
et
axrjc:
stile
ext
[atj xfj
otaXxTfo
abbiamo ragionato
xt
pii
minutamente a
est
p.
73 sgg.
bibendum a p.
5T
xwv x
XI? et Ttepcot,
dizi,
-M
come
^Tjxopei'av
gli
altri
v eupoc
TioXixtxr;/.
che in ambedue
Che
due giu-
prece-
scrittori
gli
e seguono,
il
giudizio
di
non tener conto delle restriQuintiliano, che sembrano dettate dal ri-
guardo
neanche
neanche
(1)
oetvxirjxo? (2).
Lo ha veduto bene
l'
pure
egli se lo tiene
Usouev
|ii{iYJaeu)c)
De
di Aristofane
Wilamowitz,
XVIII
il
canone
il
canone
Ermogenk
per
fu
credo, errata
(2) fistvtyjc
niente
cfr.
15)
l'uso,
conve-
neppure parlare
i:^:>
come
ha tralasciato
le figure,
-oh- ayr/iJta-'.ano'j;
Dionisio
identificato col
y.iXo;,,
296, 17), in
I,
(296, 25).
a'j|jL-
una certa
Quale
au|j.-
pi
stile
politici ci
ci
riscontri
in orazioni di
Romani
antichi
contro
la
quando
lussuria
inser
un
la
tale
carme nel suo canzoniere, non si potesse far forte delCerto il carme di questo avr avuto
l'esempio di Alceo
non
solo greche
ma romane.
Orazio (X,
1,
96)
et i^lenus
est
iucnnditatis
felicissime audax.
Il
1c;j
et variis
gratae
et
fguris
pare ricalcato
giudizio
(1)
et verbis
su quello
che non Quintiliano stesso ma il suo autore, quale lo ricostruiamo dal confronto tra Quintiliano e Dionigi, dava
di Alceo: et insurgit aliquando significa ch'egli, senza
mantenere sempre il [xsYaXocpijc del suo modello, lo raggiunge talvolta; noi non esiteremo a dare un giudizio
La
ancor pi favorevole.
temporaneo.
3.
motivi di Anacreonte
me
similis,
il
yoO.ad-riv'^^
|xYjxp<;
7cxoy^8yj
l'aure
uomo
(fr.
et
oax' iv
che
avvicina
di
il
pi
noXer^Delc; u-o
vano timore
il
88).
(fr.
concetto simile
'
tibi
Un
povera crea-
Simonides, 310.
del-
cerbiatto a un
(1)
xspoaarjc
'JAr,c
tranne
51),
selva
della
tura sperduta.
crebris
I, 23 vitas hinnuleo
pavldam montibus aviis matrem
silvae metu c{ccmc, dy. xe ve^pv
Cdoe, quaerenti
liberamente spunti e
principio di
facilis
movebat cardines
|aoxXv v
Che
accennato
1,
iHjpYjOc
27 natis
ihil
in
ri-
ot^f,atv
^a-
usum
hie-
Wii.amowh/., Snppho
ii.
i:u
canzoniere di
Da nessuna
delle
odi
motivo e
il
di
il
zioni anacreontee
lesbio.
stile
fronti
23 col
I,
51,
fr.
dell'aggettivazione
dam matrem
si
sostituito
al
y.epoaar];
cui
anche
abbiamo
la
teste
mamma
toccato,
una
!J-Tj'p;
pavi-
forse
per
bestia;
la ricchezza
maggiore
Orazio molto
in
d'altra
aviis,
parte, Orazio
non
sine
non
se-
con
Anacreonte dice
sono
\ioy.Xii
Anche
faciles.
lo
gli
cardines
5rj,
cpp'
syysa;
Vj|Ji''v,
(T)
''jy.zoz.
Trai.
toc
r.iv-s.
5'
oTvoo.
7i;po7T::oD,
yjjd-o'jz.
w;
[xv
ox'
vj^p'.a-l ava.
orp-t pa.oox^-f^aoy
Sxu^r/,rjV
tzo'.v
Iv u[ivo:g
meno
zio
uap'
XX
[jlcT(o(Xv.
particolari
periodi sono
OTiGTuivovxe?
v.o.ol^
pi spontaneo,
meno temperato
ha soppresso
ocvo)
|jLr/.Tl''
pi fresco
forse
stringato e
simmetrici
rp-zz
y.ye
i;>j
troppo
minuti
divenuti pi
ma
certo
usum. Ora-
di natis in
della mi-
corti e
il
pi
suo
usum
scjphis natis in
laetitiae
e.
nella strofa
riscontro
finato;
forma
attinge
la
(1).
poche odi nelle quali troviamo motivi deda Anacreonte, cos neppure stuonano le moltissime che presentano spunti presi da carmi ellenistici
anche queste poesie di Orazio hanno lo stile suo, che deriva da Alceo, per quanto lo stile di uno scrittore grande
pu derivare dallo stile di un altro. Dei motivi ellenistici
nella lirica di Orazio ragiona pi di proposito il secondo
l'unit le
dotti
egli
(1)
Non imporla
iiiii
osservare
elio
il
sofiiiito
il
caj).
Ili
dell'oile,
I.
27
si
i:{6
respiro
il
periodo
del
all'ambito
breve della
strofa.
immagini grandiose,
ampiezza del periodo, che si distende a suo agio nella larga strofa; un Pindaro in strofette non pi Pindaro, n a Pindaro conviene la simmetria quasi scrupolosa dello stile oraziano. Nel quarto
le
l'
libro Orazio
esempio
ma
corrono, balzano,
si
precipitano, non-
curanti dei freni della simmetria, per strofe e strofe. Orazio nel
Ma
il
IV
libro
essere
^rikQ,
il
tazione
particolare.
Noi
altri rispetti
anche
una
trat-
come
ci
riferiamo
lo
qui,
raccolta.
4.
Pu venir
di
chiedersi perch
(1)
Quanto
alla metrica
nou
escluso
lunghe conserAate
del poeta.
Ma si pu forse
Vi
formulare
la
domanda
altrimenti
non corrisponda
a un buon conoscitore di
bene
menti
il
altri-
suo modello.
Lo
spirito dell'et
classicistico.
iuvenum,
sodalicia
paggi
al
modo
ellenistico,
(1).
La
superstitio ca-
rattere dell'antica
Roma
suntuarie, la cura
monim
dell'antica
Roma
proprio in
(2).
che
un tempo imitano
l'atticismo, che
Atene. Le leggi
di
si
nuovo
mento naturale
mescolanza delle stirpi dell'era ellenistica. Lo studio deir'-fs'.a. che si rispecchia nell'ammirazione per Lisia, si propone di passar la spugna sull'eloquenza fiorita del tempo alessandrino. Il padrone del
mondo, Augusto, esalta egli stesso le sue gesta, come
qualche decennio prima Antioco di Commagene, come
prima del rgolo superbo chi sa quant' altri sovrani ellenistici ben pi possenti, chi sa quanti monarchi orientali
ma lo stile nudo delle res gestae contrasta singolarmente con periodi tronfii dell' epigrafe del Nemrud-Dagh.
e la
(1)
Cfr. sopra
(2)
ii
p.
loi.
III.
la
volont ferma
romana ma greca
nelle arti figurate
risuscitare
di
classica
:
il
i:8
si
l'antichit
tempo
dei
non
solo
ancor pi evidente
palesa
Neoattici e dell'
Ara
Pacis.
Augusto non
i
riusc
il
principato
si
avvia a divenire
(iaa-.e'j;
greco,
di
Augusto
nella politica.
Lo
nella
stesso, e
stile tutto
di colui
(1).
Auromano Orazio,
restaurazione augu-
storia dell'arte,
di mezzi.
ragione, o
(1)
abuso
di
mezzi;
il
classicismo risparmio
anche
139
metrica e nello
nella
quanto discreto
ritmici, confronti
Chi
stile.
voglia
veder
sia
cantici di Plauto
va,
questi
chiaro,
suoi mezzi
allarga le
(1).
finezza di discernimento per la melodia della lingua propria e per quella della greca, quali nessun poeta posse-
(2).
giori ellenistici
solo
una volta
ma non ha
suoi ritmi pi
[xXr]
La
pi
belli
mag-
arrischiato a ripro-
si
mai penvediamo
complessi, la
sfera
lamento della donna abbandonata, troppo bassa per l'arte sua, che vuol essere
impeccabile. Orazio trasporta non molti metri lesbii, che
riproduce con severit rigorosissima, quali glieli aveva
insegnati a comprendere non tanto l'orecchio suo quanto
la dottrina metrica varroniana. Chi non vuol sapere ne
di polimetria n di larghe strofe, non pu propriamente
stessa alla quale appartiene
imitare Pindaro,
il
il
ha bisogno
cui stile
di stendersi nel-
appartiene in certo
modo
si
membri
aU'qjeXc, all'iay^vv.
tafore, le
(1) Cfr.
lunghe fughe di
in
epiteti,
Io
me-
stile
di
Pianto,
lascia ad-
\M
di
barocche,
tare. Pi tardi egli ha pensato diversamente e ha pindareggiato di proposito, ma, per bello che sia il quarto
libro delle odi, nei carmi pi veramente pindarici il con-
stile
tiim
CAPITOLO SECONDO
Orazio e
poesia ellenistica.
la
La
lirica
sia ellenistica
non
lirici di Orazio.
se
sia sprovvisto di
la
differenza tra ci
e lo conferma
grammi
il
dell'Antologia.
lettore
secolo;
oraziane ed epi-
avuto sott'occhio
epigrammi che leggiamo noi nell'Antologia, sia altri sinon piuttosto avesse presenti carmi lirici maggiori, di cui gli epigrammi ci hanno
serbato un riflesso, un'ombra, cos come monete bosporane ne aiutano a rappresentarci alla mente quale fosse
l'aspetto della Parthenos fidiaca (1). Se fossimo in grado
di stabilire che Orazio ha sempre o per lo pi svolto in
mili che sono andati smarriti, o
(l)
Il
IvKITZKNSTKIN
(/'.
II'.
anche in ci
VI 911
clie
VUgli.l
segue
io
le
ipotesi
presnppoujio
pOSl>U
atteut;i
14^2
odi
motivi ch'egli trovava contenuti nel giro stretto dell'epigramma, salirebbe in noi assai alta la stima per la
quale mai potenza di stilista sarebbe
sua originalit
i
forma,
Ma
porre cos
una soluzione
il
questa fatta
di
lievi tracce
accorgersi che
sarebbe assurda.
as-
sarebbe anzi
fors'
fonti di Orazio.
1.
Con una
il
zio,
pochi degli
altri inni
un carme
di
le
mosse,
lo
abbiamo veduto
di sopra,
trasformare
ha
nistico
ma
da
dio del
il
allar-
10 Mercuri,
ma
la
di Al-
punto
di
12 quem
21 Dia-
nam
il
culto,
attribuisce
ai
tre di
cantati
altri
epiteti se
I4:j
che risonavano nella preghiera da secoli e secoli, sino all'ultima strofa, che aggiunge un voto attuale,
romano e oraziano. Il poeta si rivolge al suo coro per
non
quelli
come
invitarlo a cantare,
p. e.
vctwcv
il
diva,
voga
nell'et ellenistica
tivi
romana
che fu pi in
divinit
la
ma
la
di
mo-
questa Fortuna
ellenistico,
di cui ci
Berlino
al
ha dianzi
restituito
dive
(2).
carme
IV 6
un frammento un papiro di
iiroles, che un proemio
quem
prima parte
la foggia del
gono un invito
il
da Orazio e
Le ultime
rico
di essere state
ad Apollo;
lirica corale
Un
esemplare del
ni,
171
e.).
Ho
2,
U2.
sgjj.)
01 sfig.)
ouv
o'
La
fan-
carme
se-
cii.rf)VQC,'
cantato
il
XaO-efa
scoperto ad Erytbrae (Wiuno del 97 dopo Cristo a Touno recente ad Atene (/. G.
3(50 a. C. stato
(Plaumann, riokmais,
(2) Klaasikertextr.
a'.WTi-
un giorno, sposa
suggello dell'inno
ciulla dir
ammaestrate a cantarlo.
ome-
lui
il
ma
chi
Bacchilide up^avn
(1)
da
parole richiamano
composto
modorum
colare docilis
vatis
Morati
Clii
potrebbe imma-
In
HI
\'oglia,
di
Mercuri, vtim
sa di ellenistico, sa anzi, se
te
si
teressatamente n invocato
pericolo,
tra
ma
come
del
di Safro,
momento
poeta e Lyde.
il
salvatore nel
disin-
adempierle
di
scesa dal
il
desiderio,
cielo alle
sue pre-
ghiere e
si
riluttante.
amabile
come
l Afrodite,
ruffiano
ne
il
il
contegno della
sul serio
qui
confronto della
il
suo Mer-
un dio temibile
colpa delle Da-
menzogna dell'una
con
|ipi|xvat.
celeste,
fedele
preso
essere
frivolo
30, o
Mercurio mezzano e appare una Venere indulgente favoreggiatrice di amori leggeri. Ma punto epigramriappare
il
come
si
detto,
leggermente parodica,
il
il
tecnica che,
Pindaro
lirici
come sogliono
si
13
e. I
una
di-
le
vesta di ritmi
Di pi, sn ciascimo
di essi e sul
mezzo
IV intorno
allo srolgiraento di
Orazio
lirico.
supponendo
di Orazio e gli epigrammi
qui davvero melica ellenistica,
dovranno spiegare
da una parte che il carme
logia
si
dell'Antologia riflettano
14.')
questo
in
caso,
dall'altra
immagine
si
III
(1)
21 o nata mecum,
un epigramma di Poma, poich il carme oraziano pi simile in alcuni particolari a epigrammi pi tardi di poeti oscuri che
non a quello di Posidippo, a me pare si possa stabilire
che Orazio dipende qui non da Posidippo ma dalla fonte
di Posidippo, che pu essere anche un carme lirico (2).
Che rimane degli inni di Orazio che possa derivare da
epigrammi? I 32 poscimus; si quid vacui ha dell'inno solo
l'invocazione; la dea cui esso si rivolge, la lira eolica,
l'inno alla dea bottiglia, deriva da
sidippo,
, cio,
la
il
motivi svolti gi
(1)
sfjjj.
neralmente
(.3)
10
di
.seconda
di
mela
di
questo stesso
Sr>.
]W sfuggire che
il
Anche IV
se stesso.
cita
p()(;ta
non presenta
nter-
le
Ma
che
vana
supplica
la
sa
dove
gi
r inno
sono
il
il
della
nuovo poesie d
sua passione per un gio-
scrive
la
dea e giovane,
da principia
egli sa fin
di
poeta va a parare,
preludio di una
si
bella tnoves'^
accorge gi che
nuova raccolta
che
di canti,
amore.
in parte di
Che rimane dunque ? Rimane HI 18 Faune, Nympharum fugientum. Qui la descrizione della letizia tranquilla
e degli innocenti sollazzi dei contadini in festa,
dietro subito
strofa, fa
all'
pensare
al
per
lo
Anyte,
si
rivela negli
(1),
di
distici
amebei
inseriti
di
Orazio, sebbene p.
nell' idillio
Pseudoteo-
dello
crito
mile.
Il
l'ipotesi
dissi-
votivi,
di Nicia, di
la lettura di
epigrammi
che tien
gi trattato,
32 poscinus
si
libro I
30
raccolto, commentato,
(1) Quel 'che ne resta,
Reitzenstein, Epigramm u. Skolion 123 sgg.
giudicato
dal
147
messo queste tre poesie insieme forse perch, diversisle une dall'altra, hanno in comune di essere inni,
sicch poste vicine contrastano vivacemente tra loro.
sime
un
tipo di
servato
vesse
dare
poeta
perzio
IV
un
poesia
nella
simile
il
titolo,
chiamerei
lo
nome
questo
6, eh'
ellenistica:
la
gli si
do-
preghiera
del
se
(1);
tutti
non a un epigramma ma a un
lirico ellenistico, che ognuno dei due varia per
conto suo. All'ellenismo conviene bene che il poeta si
stacchi COSI nettamente dalla folla, che osi pregare non
per il suo popolo, ma per se in quanto poeta. Tutt' e due
carmi romani menzionati sono scritti non per il canto,
due
carme
poeti attingeranno
ma
per la lettura
o,
che fa
lo stesso,
per la recitazione
regina.
Il
motivo,
l'
Rimane ancora
30 o Venus
invito a Venere a recarsi con il suo
ambedue
che
il
un
carmi
po',
gli di
di
una
11
in
ma
in
30
lo stile e la
tazione di quest'ode.
lis
gurerebbe nel VI
nell'
innologia antica
Con
la
III
non
il
sfi-
13 o fons
la stessa
anaforicamente
consueto
tu,
forma,
cora'
(3),
promessa
che il tu
forma di inno,
gloria,
di
VI
dorida
quantunque
si
oou 5
cpc'Xou;
non
"ApTSfx'.;
jiv y.XojTra;
vo|i.a''rj;
fosse destinato
all'
aljia
ad es-
Vien quasi
(1)
ad Orazio da
gramma
(2)
il
il
il
il
pi
pili e
il
meglio.
30-32
di cui
III 21-23
(4) Cfr.
yj
^J.t,
sgg.
H9.
a due preghiere
14U
contemporaneo
VI 240)
r]
di
xHipoaviTZt
voDaov
ex paaiXf^oc aO-XoTaxo'j
ovjye^r^v
a'ji)-/][ipv
Trucppopfov oo:
5y^ptc
7i:|j.'|/a'.g
'^7.0 \}7ze<p
xaT^pov peco-
v|jiov. Qui nulla consiglia di credere che il poeta si rivolga a una determinata effigie di Artemide, dedicandola; no, egli prega la dea Artemide e le fa, non le scio-
un voto.
glie,
senso idillico
Il
della
natura in
III
13
perduto.
Nonostante
generale
Kai
(1)
ws
o'jv
si
TtXtv, EXi^O-ULa,
E'Jxoywiv],
iiaxepov u)Sr;$
(og
XXo
avxooa
[lv
vag s^ot
il
v.pvjg
soluzione
carmi religiosi di
t5c vv
zi
e\>Xoyoc, wSivojv
uTisp,
6 TiaiSg
di pi
non
si
la formula
non
solo alla da
ma
non nasconde pi
il
meno
clV. p. e. Fi-
Tieayo'Js
pp'Joao
(VI 190)
lippo
1160
di
papuYUiov
dcTtcoao vooov,
|i'
sa'4'sai
la
5' ihg
a-j,
vouoo'j,
a|iov,
Ajiiv,
s
ci'
mq
'/inu^ow;
YjV
(VI 238)
generalmente,
501V
XX
iXaasi; xa
y.
A un operaio.
pi
Iftl)
;
S' thq
ili
valenti
S xt [le^ov
eivj
8' g
ScDpYjOirj
Xiyor^ iXl-^ri
Sattiov, r.apg|is9'a.
xioet
150
vocazione
al
una poesia
dio introduce o
l'in-
amore o
d'
la
passando
tra via,
ma
le
in
si
rassegna non pi
poesie ellenistiche,
ma
tipi
ellenistici
di
poesia
che avrebbero potuto servir di modello ad Orazio. Mentre epigrammi amorosi di quell'et, se non sostituiscono,
per
lo
meno
sano
dirsi inni
dio
in
che
il
questa categoria
si
si
devono
fingono
(1)
(2)
un' interpie-
151
Alfeo
9,
25,
Filoderao
IX
90,
Crinagora VI 244 e
all'
come ancora
quarto secolo
Nes-
di questi
si
un perdersi
in esteriorit
a6 ripetuto, costringendo a
il
maest severa;
richiamando
(1) Antifilo
non
di pi,
alla
IX 404
un
ma
alle
(2)
gramma
di Po.sidippo,
si
rivolge
divine api.
epigrammi l'attribuzioue
forma relativa come nell' epi-
in questi
sia in
forma participiale come in Alceo, Filonominale come in Antifilo e Maccio. Certo, anche queste forme derivano dalla tradizione inuologica,
dal rito (cfr. per le due prime gli esempi raccolti da Nordkn, Aijnoreligioso, e io Alfeo, sia in
at08
sia in foruui
Virtfi)
ma
non
u la forma
per la terza p.
caratteristico cho
il
parallelismo, l'anafora.
tv, n,
di
si
corno
e.
1'
trovi, se
non
negli opigranmii
predicazione pi partioohirsi
\:r2
r orecchio,
dava
voleva o
l)revit
un
sia
o sostituire
li-
che anche
introdurre
predicazione
modo non
nessuno
esterno,
criterio
la
nel-
participiale
r epigramma-preghiera
all'inno,
in
riflettere
tre distici
nistici
conformarsi
di
la
si
impediva
gli
le
tra parte
la
di
potenza,
voglia acchetarsi a
epigrammi-pre-
questi
i
religiosa di
Non
virtutes.
le sue radici questa forma letterache pure dell'inno imita qualche movenza, ma, secondo ogni verisimiglianza, nell' elegia. Gi il vecchio
ria,
)(0[JLV(p
che
in
distici Mvtq-
in
\l:s.p'.cc.
si
/.Oi
debba rav-
ogni carme
di
Tzpc,
[xc.
cpiXo^c.
iy^^poloi
Ii)'I(o*
canto
ne
si
perch sono
(1)
Che
del poeta
sia
con-
ot -eTiLod-oci ox)x
il
-pc i^ewv
'.'/.r^.
fxwc
Solone
che
riil
rivolge
le
questa
1'
preghiera ellenistica
gramraa antico, forse
153
nessuno anteriore
in
al terzo secolo,
si
di
che
dall'
sia sollevata a
si
stica,
perch
l'
condensata
ma
composti
nell'
et elleni-
non
antica elegia.
1'
Di epigrammi-inno,
l'
stati
epigramma
Ma
ha luogo.
epigrammi-preghiera sono
forma
poco a poco a
di
del-
come par
se
= Kaib.,
818)
ambedue
tologia,
si
io
tenga conto,
229
non
(1),
di
posteriori al
5,
due
tempo pi propriamente
carrai dell'An-
forse soltanto
uno la struttura simmetrica si e anaforme solenni del culto son volte, quasi gio-
ellenistico. Neil'
forica,
ma
le
-j'JiJiiJLayc.
xv
v:cp[jicVov. K'jTrp:.
rsio
Tiopcp'jpsf;)
XpYts, oCo^i
jJic.
l'
amato.
21
K-jTrpt
jjL
tv fp'x/iv
di
giocoso
K'j-pc.
Naiaxo'j; ipt].
-p;
trsTZzi.
lui,
Anohe su questo
cpc-
Xt[ivai;.
poeta sta
il
(1
KsX-
primo
cptXvD[xcp.
YaXrjvaiT].
Il
Tv y^^iaTiaaiov nb xpoxwv
x'.oi
nell'altro
AP X
quello di Filodemo.
KTTpt czauov
il
frivolo, qualcosa
26 e
<li
me
tabula
pi ;ltro\p.
ir>i
maris dea non pu esser detto sul serio, ne alcuno disconoscer la piccola malizia, che si nasconde nel confronto
con
aequora
gli
comune
158
oo'.
{!
nihiXoc. "Epojc:
Xxotat
uTieatpeasv. ^elvov
y'^I^-'^^'^
y^aXtvoc;. tjxs'pw
5 TU)(elv xX:vo;
iigris
Afrodite marina
ventis.
aspera
di
in poeti
Meleagro XII,
|i.
BexAet?, jipo-
7il
^''vrj:.
oaixaa?
XX
cpiXtai;-
tv
a-j
aoi
7i''paxa
Cwr)?
jioi
'5v3c^,
tXa<)-
a(0'^poa'JVYj<;.
cXyji)".-
a yp
xal i-avxo'j
La
nale del
au,
Ed
come
primo.
il
hanno dagli
ozio,
del carme.
(Athen.,
potenza del
la
il
inno costituisce
dell'
dio.
ritorni a celebrare
si
{xxatp' TyiEca.
x^P^'S
x{>aX
ouzic,
xal
Tivxa
Sa''{xa)v
questi due
epigramma
carmi
di
si
pu
X|X7i:
cos
forse
Xapfxwv
pure l'inno
{Klassikertexte.
ripe-
5apor a^v 5
l'altro
il
solo in que-
qui
poema ad Igea
alla
non
come V o,
particella,
davvero esaltata
conforme alla tradizione che la
;
nella chiusa
[At
nome
nell'ultimo distico,
e,
r essenza
dal
il
bipartito
rispetto
ripetizione tradizio-
ste formule:
tuta, e
iv
a'|X(i)V
inno sono
dell' l'XaiH
carme
dell'
epigramma
nell' altro
sostituito
(optaE
f)'v
forme
le
2,
143)
Ix^'-i-
aggiungere anche
<jol
Muaxe,
TO|ji,
TcpujxvTjaca
[icou
vfjTrxa'.,
v aoc
va:
XaXeOvxa
Vccy?
5[JL(xaxa, vai {x
o(i,|i,a
yccpbri
xai
'j'ux^''
oSopxa
r^v
5'
EXapv
^XlT^Tf,?,
auv-
ipb
Anche in questi versi si rispecchiano, quantunque meno evidenti, le forme dell' inno. Qui pare a
x^YjXev eap.
la preghiera,
non
significa:
me primavera
primo verso, che riprende l'ultimo dell'epigramma pre(2), e il giuramento mostrano come Meleagro consideri Myisco davvero qual dio, qual un vo^ "Epw;. La
Il
cedente
potenza
la
fine.
lenistico
appartiene alla
lirica
solo
Il
cambiamento
cipio di quest'et
che
oxviov
(2)
detto da
Omero
l)an(|Me essi
Meleagro.
si
nel senso
non
moderno
al canto,
ma
alla
le strofe
un iuulace oxynioron, chi ripensi che entil sopracciglio minaccioso del leouo.
(P 136)
aiiccedevauo
in
paiono
adoprano per
matici,
:a\
tempo gram-
allo stesso
lo
drammatica, o
li-
ripetendo
rsv.yy/Mi.
ch l'avvicendarsi raj)ido
come
legati da responsione,
nelle
monodie
anche non
di Euripide,
quando
la
meno che
quando
aiuti la
lo
musica,
lo
aiuti fors'
la lirica
si
si
anche
la vi-
ripetono (l)?
drammatica
seguit a cantare
e l'inno.
come un
il
lo
cantassero, incedendo in
il
b/voi.i\ca
alla lettura
in
un
libro,
xaS' 'ETctoaupou.
cos
poco
non dico
il
si
ma
consultato gliene fa
fa
scrupolo
di pubblicarlo
marmo,
si
risolve solo
linee
poeta pensa
che
nel santuario e ci
(1)
157
Il
dei
due
inni di
III
{Fouilles,
Aristonoo,
che trovano
lo stesso
di
nuovo a
quello
di
meno
217), per lo
{Fouilles, III 2, p.
ritrai
213j
p.
2,
Ma
note musicali.
di
il
Jlestia
secondo presenta
meno
neppure per
la lettura (che gi la
le
consacrazione nel
canto.
il
ma
quel eh'
(1)
d'r.
Fiiiukel ad
Wir.AMOWiTZ,
IG IV, 9.50.
InijUoa,
il
13.
La data secomlo
1'
l'tiitoif
convenga assegnarli
peana;
.'->29
cfr.
in
18,
il
buon numero
anche (Jomptes-rendut de
ri-
<lall(>
l'
snoi
membri
a cantare
il
sgg.
(3) Anciic
membri
dattilici,
ci
s'
e oltre
sta poesia scritta per
il
componeva
quali Aristonoo
canto.
i
onoravano Cleochare
Delfi
irs
Bitone, Ateniese,
di
Tioir^TTjv
perch
in
tati
due
certi
nisiaci di
N Epidauro ne
ai
XV,
certamente appunto
cora pi antico non
cepiti
l'
corredati di
inni
La
periodo ellenistico
si
pu,
metrica,
perch
quasi
risale
ritenerlo an-
Cureti
antichi
un proemio
cantato
ma
al
umanit.
tempo imperiale,
sono con-
benefattori del-
giambi seguito da
in
si
spie-
solo se
si
del popolo ateniese e per avere insegnato ai figli dei cittadini Tips Xjpav T [iXos aSetv
(1)
in
(1).
quegli
stessi
anni
Cnossii {Syll.^
1'
eucomio per
il
quale
si
dovranno
15U
prosodii,
agoni
gli
Thespie
di
cui
vincitori ne-
in iscrizioni
mancato
quali sarebbe
Ma
ouore
grauimatico Diosciuide
al
prestigio
il
figlio di
della
nuovi
culti
tradizione
(2).
continu, forse
si
Wilamowitz, Herm.
(cfr.
xax tv
1'
Onsp
y^t" I^tov
troveremmo
Ttoivjxv,
cio
xi
BCH
(1)
XIX,
la
9-v:os, cio
lo
1895.
336
data
(la
che
il
BCR
(2)
XIX, 338
Cos
si
di cetra.
Nordkn,
1760
ma
in lode
stato
aiutando e sostenendo
.\x(i>
Agnontoit
;
IG VII.
343.
frequentissima
ceva,
ligioso.
Dnrante
il
lo piii seguitato a
punto
cantare
il
peana
Del resto
loro
(tre p. e.
gli agoni,
dei concorsi,
51).
ohe introduceva
sacrificio,
si
Per
re-
sar per
ci apin
vista
\iA)
nuova, non
tent di sostituire
si
al jiXo;
musica
[)er
l'esametro, che
in
Nel 307
gli
Cizico.
La salma
di
Arato
fu
mento dell'oracolo delfico, da Egio a Sicione con accompagnamento di peani e di canti corali. Nelle feste sue
natalizie, che per anni e secoli dopo la sua morte e la
sua eroizzazione vennero celebrate dai Sicionii, un coro di
tecniti
cantava
\iiXri
suo tempo,
si
al
Che
ma
in
giovani cittadini
onore di Filopemene.
abbiamo veduto
nel canto. Vero
test,
figli
che ritraeva dal santuario ogni floridezza anche di commerci, i cittadini saranno stati pi zelanti e pi esperti
del culto che non altrove. I Calcidesi, scampati all' eccidio per beneficio di Tito Plarainino, istituirono sacrifici
lui,
durante
quali cantavano
un peana
\iXKt-t
xoOpai
awxep.
stiere
(1)
altri
Anche
(1).
di cui Plutarco
ii;.z
Zf^va
Tlacv.
jiyav
Co
T:x
WiLAMOWiTZ,
presso
,"92,
raccoglie
parte
si riferi-
un culto
che
alla
figli
dopo
fa,jw|x:Gv e le
un -a-
sacrificio
il
un inno
sero
161
L' inno dunque anche nel tempo ellenistico era rimasto in complesso poesia per il canto e per l'uso pratico:
l'epigramma, che inadatto non dico al canto ma persino alla declamazione solenne, che poesia per la let-
tura
al
non poteva ne
sostituirlo
ne
non ha
fargli
ombra.
attinto a epi-
canza
rende gi
ellenistici
di caratteri
di
per s sola pi
diffcile la ricerca.
sua che persino conoscitori di vaglia e di gran nome ritennero ellenistico il peana ad Apollo e ad Asclepio, che
in redazioni differenti era stato trovato a Totemaide e
ad Atene
il
360
a.
C. (1).
una nuova
si
singoiar ventura,
quando
si
di
si
di inni ora-
cantava
non c'im-
meno che
fortuita.
tuttavia
esempi da
(1)
11
Cfr.
me
pi
certamente per
lo pi
avr
Wii.AMOwiTZ, yordioiische
Steive,
11 t<gg.
Si
pu
Uri
andare ancora un passo oltre e domanche Orazio abbia coliturgia ellenistica meglio di noi. Da libri
forso
dare a noi
nosciuto la
un
libro,
e questo citato
di tetrametro
peonico
il
verso
)-j|i/.'//.v
Giorgio Cherobosco
yy/zw^ ih
ci
con-
la
o^rj\iy. xo~j
i/.
Ti'j'.r^zr/j,
ci
hanno
rivelati.
Ma
gli
non
La mancanza
il
nota
ai
ma
si
mo-
strano quanto poco egli pensasse a pubblicare le sue poesie. Del resto conviene confessare che tutta questa lirica
cos scolorata non avrebbe meritato queir onore.
Pure
le
in
genere
le
comune
La com-
che
s'
impone
cos
prepotentemente
possono essere
(1)
fortuite.
le
all'
orecchio
somiglianze non
le
16:
si
all'
di sicuro solo
in
il
Ma
in 1 21, fors'anche in
non
tanto
oscuri
il
poeti
IV
(3,
continuatore di
delfici
quanto
di
maynae,
Aristonoo e degli
altri
Andronico.
Non
Livio
sieme con
il
ventosi, viene
giro due
Roma
in-
anche
stabilito
in
cipresso e
(1)
DiKF.s,
Silnilliiiischf-
liliilliv,
12.
ICi.
XXVII
37, 7,
l)iire in
numero
lontanare
i)ii
tardi
vergini,
le
nuovo per
ventisette, cantarono di
al-
anche questa
tempo celebre,
poeta a
(^uel
XXXI
12, 9).
di Giulio
Osse-
quente
e al sacro
numero
ventisette.
romana
pubblica manchevolissima.
che,
come
il
rito
mano sempre
La
Ma
noi
dobbiamo credere
pi preponderante,
cosi
la
liturgia greca
Anche
nel canzoniere di
(e.
amore
di Catullo
con-
(2),
lirica liturgica
un
ferecrateo,
greca nella
tu.
lo
Il
metro,
stesso di
li-
turgici,
ma
suoi inni,
come
quello di Catullo,
come gi
forse quello di
da non meritare
di esser
messo sotto
gli oc-
(1)
(2)
ihid.,
43 sgg.
Norden,
p.
151.
H)5
di
Solo
Roma ha
pio popolo di
il
comporre
la
sua liturgia.
religiosi,
quando
lirici,
ne tolgano quei
derivano pure da poesia
se
liturgica,
odi,
carmi destinati all' uso pratico del culto. Per questi converr pensare ad altro.
Un epigramma-inno non
perch
attecch,
inno
l'
vi fu,
abbiamo
rimasto
era
non
detto, o
per canto.
poesia
in principio
compongono
che
inno a
si
direbbero
tori dotti
Soli,
inni che
fiori
Pan
IV
composti
secolo
scrisse
(1),
che
in tal guisa,
per let-
Castorione di
di ascoltatori.
in trimetri
scritti piuttosto
un
le di-
il
del senso. Nei versi che Ateneo (X 455 a) ci ha conservati di quest' inno, egli si vanta di questo ritrovato o
chiama
la
(1) Il
5'
diflcile
eOYSvsxag
YjX'.jiopcpoc; ra3-io'.5
Ini
a intendere a
p;Ii
ionici sg'ix"**
un
leipcov di Soli.
Il
non pu
i',
verso che
il
l'
itifallo
in
h.
IX, M)
dnl)l)io a torto,
perch Ateneo
chiama
il
segue
attribuiscono al .S02
(i*.
lo stesse cose
nel
jiii
sotto
Ciirist-Sciimid
elie
non
i>no
non
clii
sia sapientfj
TY,'
|iO'jaOTO
/.X'JctV.
culto
"y/.J.stT'
ao'fY,
a tv
'&r^yyyi\u
vafovl-' i'pav.
llv,
y.yrjiyyzV/
tl7^f>.
'Apx)v.
K/^p,
\'^^'rli
'JO'ffo
[t^
CllO
\ltih.-(\i' hlc..
'iz
l-*an
j-j/'ucJ.ov
y.'/.ypt')
5vac. j^yvcoaia
a'Jv>-'';.
st;-/]
vt-foxxnc/i:
,'jcXaT;
yl-v'
parrebbe
liei
iiiipos-
conservato che
7ctv:7.
yX'jxh
[VJ/wv
(\).
priiici{)ii (juali
vjii'fv
41,
5pv
Consbr.)
11)
Awp'.
( 1
v^^^av' ).''fov
'>
y/ca-a-
o;
jixap
"Hlia;
12) (2).
(21,
ritmi,
peoni e
in
dattili
ispecie,
agli
inni cletici
la
assai artifi-
che si aspetta da poeti alessananche quando scrivano per gli usi del
drini
culto.
di vaglia,
Ma
(1)
Forse
si
Dioniso, Hestia,
'ripy.-^'
congettura
Hermann
si
(3)
ride 8iu cliiamatii essa v;pavo; del mare, nou par possibile.
la
pensare
Eracle
Xoa
so se
Fiaxkkl, che ho
lotta
in
bozze,
ma
ho
mano.
(J) (nesto
frammento
e citato
da Kfestione sotto
la
denomina-
ma
si
riferisce solo al
metro
h>
lio
J07
un
(III 21,
9)
cio per
di
dio marino, e
l'
non ha valore
non per
se
se
non
di essere
e Pausania stesso la
formule con
di quelle
le
(2).
deve concludere da
si
Arp.''or/
di Aristotele
e),
dove
si
(juale
il
(1)
III
236
(2)
sg.
cfr.
in
Roscukk
Nyjpa evia
(3)
la Weiszackki
anche Wide, Lakonische Knlte, 221.
s'jp'.axov.
IloastSivog aOxv
EvO-v;; d'
uicv
slvat
pa^^'lvcx,
k-.OT.o:>,c,
xa Nai^oj
xe
v xe
viii-^y^;
O- erpco? y.axs-
ji'.Y^,''^'-
x 'ApsiSvig v Aiv] x^
iicpB-y;.
Wissowa. Siccome
ventura pi complicata di
in
tri,
vr,oc;)
iiuel
un {isXo;, il suo inno sar stata una composizione epica in esamecome gli inni omerici e callimachei. Che sia identico con l'Ev&r^;
MsO-'Juvxto;
%'9-xpf|)l-,
che verso
il
280 ji5'5aTO
tq)
3-S(;>
in
Deh
{liCH VII, 1883, 109) f Ih questo caso egli recit il suo carme aioompagaandosi con qualche accordo di cetra, pii simile in ([uesto ;ii
vecchi aedi omerici che non a Calliraaco.
meno che
musica, a
h.s
canti o meglio
la si
musicale durante
coiiii)agnameiito
la
si
reciti
con ac-
per la
marcia.
Filico
di
quale Efestione
TE
A7,|jir;xp''
-/.al
(:}(),
22) riporta
(I>cpa-^vr|
che a un carme da
recitarsi dal
Y?3cii|JLax'.xo;',
che Filico
il
il
owpa
verso
r?,
XO-ov:y, h'j7t:x'>.
vanto
popolo o dinanzi
auvO-asto: r?^:
poco importa
-p^; Oix:.
'^po)
al j)0-
xaivoypx'f&'j
Dioniso, marciasse
di
Castorione e
menti
le
complicati e
Orazio
classici di
Simmia cariche
pesanti dall' una parte, e
invocazioni di
(1)
parlano
Un
i
gli inni
ma non
due liriche anonime, che,
non inganna, appartengono a un periodo po-
di
se lo stile
orna-
dall' altra.
di
la poesia religiosa
Orazio palesano
cfr.
ora
di
cfr.
WiLAMOwnz,
ItAl
io
frammenti d' inni a Tyche, V uno in dattilo-epiconservato da Stobeo {ed. I 6, 13), scoperto l'altro
inni o
triti
quella originale,
come mostrano
in dattilo-epitriti
come
numerose irregolarit
metriche e parecchie espressioni, che, mentre paiono a
prima giunta aver qualche senso, ne sono, chi ben guardi,
affatto prive. Appartiene certo allo stesso genere anche un
frammento d' inno, naturalmente parodico, all' oro, conservatoci da Diodoro (XXXVII 80) (1), composto esso pure
il
l'
le
hanno conservato
le
Ananka
o Iris
quest' un accenno alla -o'jcovu|ji.ta della
dea consueta negli inni cletici (2 Il frammento serbato da
Stobeo ha conservato la struttura simmetrica e l'anafora
:
del fu:
t'j
|Ji7i'.
yjf-y-c
coi'f-v;
Zco: av
o' |jLa-/av:'a;
T'J
tura simmetrica
si
spa;;
--.io'y^y.
y.av...
yp'jjiav
xh
trova anche
nell'
La
ex asH-ev
xtx
-Xa-'.YY-
stessa strut-
inno all'oro
-vTWv
Ma, per quanto questi tre inni, diversi del resto tra loro, presentino le forme
comuni della lirica liturgica, si distinguono chiaramente
da essa e si avvicinano alla parte di gran lunga magxpx-t'jTc, ;t7-viwv fjpavvs.
(1)
I-l
-vTa
\\-i'/:;t:z.
li
un inno
alla
-o-^'.y.
rcio;
px
a'
'j[iv/,oc'>
i-
;ul
ITU
[)er
ma come sempre
Sjmniia e in Castorione,
Orazio,
in
rer/is
il
Antium,
dio che
la divinit
uomo
1'
antico
come
tuna,
il
somiglianze tra
due inni alla Tyche e l'ode alla Fortuna sono di tal fatta
che converr credere che Orazio dipenda non dai due
mediocri componimenti a noi conservati ma dal loro modello comune.
E ha conservato la forma degli inni liturgici, ier
quanto destinato evidentemente alla lettura, l'inno, scritto
in esametri, di Cleante.
non
umana,
Anche
pi la
ferente dall'
della mitologia
un principio, anzi
il
il
7iv|xa
(2)
in
Ora-
Zeus
lo
principio cosmico,
dif-
di Cleante
divinit
la
le altre
suo carme
come spesso
qui,
zio, la divinit
Arato
lo
imita nel
proemio del
avr cono-
1'
Poesia per
dunque
ma non
con mire
notevoli di pensiero e di
(1)
che
Di tale fatto
gi
"Fpw;
forma.
Tentativi
Cfr.
il
isolati,
171
mezzo secolo
dell'
ellenismo, di sol-
la recitazione,
diritta. Pi tardi questi tentativi furono ripresi con successo migliore in poesie nelle quali il
tempo
gli
in-
flussi di
romano da
nel culto
Parecchi degli
inni
di
Orazio,
tempi
non siano
ellenistici.
l'esaltazione
oltre
pi in fine,
gl'inni,
una
di-
come
l'inno alla
Tyche
(1) Il
3Ki5eixTi7.(&v,
il
^uoLxg
(2;
lettore
prescri/ioiii
nspL
<lell'inuo,
'')|ivo;.
La consni^tudinc dovi- essere generale, se nn uomo di Imumcome Aristide, c>iieliiude il suo inno prosiistieo a Koma con
unii preghiera,
v(ov TioiYjtai,
Keil).
(il
ierelic x^txxioTOv,
e'jxVjV
Parimenti
Tiva 7:poa9-vca
(airp oC'iiti)
twv
SLS-jpauJiicov ts y,xI
xaTax?.yj3X'. xv
lnisee
in
Xyov
~%;x-
(Il 1-1. S
mia pregliifia.
ri
inni
gli
della
li-
termine
il
semplici
quclU;
fiorito
lirico
viene evitato
feiir,,
Aristonoo chiude
TioXbv
-/([xc
/ops'js'.y.
come
ai'fov
quello ad
fcTta'.v,
0)
Il
il
[jov il
T^jjLctspo:;
ijjjivoi;
"^([Ac,
(1).
ZiZojc,
ilestia
y.\
le
tjv
^oi^wv
y.y.\
ojiJov
vecchie
formule siano
'^/.,j';>;
parole /apsl;
'firo-.:
le
ritornello di
^'jaa'j*'Ja''f")v:
presenti
t-'jui/.av
o,'5o;
mostra
all'animo
dei
non di trascenderle.
N le trascende la chiusa del peana d'Isillo, quantunque essa non contenga pi la parola tradizionale:
poeti che
studiano
si
di
variarle,
parafrasi di
'^pcal
5i'ood psxyjv;
zl a(jxaacv
|ioTu:
il
seguito
parafrasa
o,3ov.
il
dio Ascle-
si
x^wv
zrsTzzi
(1)
Kpy]a:wv
In im iuno
che
-/w'jvcv
x'
"/al
"Apx[x:;
dalla
che n la
l)ossouo
il
virfcti
far
omerici,
Cal-
mutata
felice
parafrasata,
7.u5:axa,
significazione
Aax.o
7^Z
ma
oJ.Jio;
sTiiaxaxa'. cvSpa-
S' pxr;v xe
-/.ai
cXpov.
nuovo.
'rj.izy.z A/.-fcov
v.y).
aTG'jc. By./o'j
i)-'
ma
!pov:'xaca'.v
17;]
nonostante
iiJtaaov y.-'x.-
a'j[ij3''o'.:
tv xs
p/v
numero
il
yi'JpxTW
a'j^''
pensiero non
il
B-Xo'j^av
presenta
nuovo. L'attualit ci si insinua soltanto di straquanto il coro chiede agli dei di esser benigni
non solo al popolo Delfico ma anche all'impero di Roma.
In Orazio in fine d' inni che cantano la divinit in
se, sciolta da ogni legame con contingenze del suo culto
terreno, l'attualit si aggiunge nella preghiera con deternulla
di
foro, in
minatezza mirabile
che
desiderio
si
Caesarem
in
ti-
di particolari; sia
il
nltimos
orbs
Britcmnos
et
rubro
(I,
35), o a quella di
Jiaec
pnlo
et
principe Caesare
(1)
(I,
in
una
modos,
lui latis
nuptiarum
11)
(2).
Li/de
qnibus obstinatas
et
Se quest'arte
adirne
a po-
Britcmnos vestra
Persas atque
21), sia
Roma
famem pestemque
il
bella riluttante
exsultin
protervo
sia originale,
ynetnitque
cruda
tancji
marito
non saprei
dire
(III,
con
come conchiude spesso gli epinici aggiungendo dopo il mito una preghiera di mirabile
attualit, cosi anche nella chiusa del peana per Abdera
sicurezza: certo Pindaro,
[io[l
5=
7.(o]v
C7[X(T)v
]'j7.Xa
[xpa'v(o]v
}(p'.v|''A[ilrjp
y.y).
Polio
(2)
posiziono.
Tca-.v
time
Tia-.v
i/j
i)arole,
17-
\v!,r^'-jzt e-'-o'.
ma
su[)|)lica
nelle ul-
con parole
suoi cittadini in
eponimo di soccorrere
~'j/[('>
l'espressione
l'ultima:
essere
deve
una guerra che
originali l'eroe
quanto ardita
Le
sua
nella
TeEJxa-'o)
fonti
stringatezza
altrettanto
ellicace
(1).
di
Orazio
hanno
e in
richiesto discorso
ijaa'.Xr/.,
\i.zl'fi
greci
trattatisti
per dirlo
d'eloquenza pa^-lavano
Aiyoi;.
non abbiamo
La forma
audita
odi
di esse
un
romane
|jaa'./.:x:
in prin-
originale
noi
le sei
di
Musarum
sacerdos
orecchio
(1)
<li
111
al
e donzelle
la
chei,
il
frammento
di
486, l'inno di
Andro
170
stra
ma
metrica,
carme.
ai
alla
di questi
novit non
pensieri
si
forma
sentimenti
mo-
ascoltatori
riferisce alla
al
non conviene
che un poeta
questa
fatta.
di quell'et
al
di
al so-
ma
volgere a
lui
lui
si
profezia sul
la
che coglierebbe i Romani, se volessero restaurare Troia, posta in bocca a Giunone, che la pronunzia
durante un consiglio di di. Il poeta si atteggia fin da
principio a maestro del suo popolo, ne per comunicare
triste fato,
con
lui
se
non
lo
in
meno
le
apparenze.
uomo
elleniistico
pu chiamar
se stesso
L'
solo
perch la parola
tico,
per ci
ti-.c
-OJ-zr^z di
ha perduto
che ha conservato
stesso
il
l'
ma
una
citt,,
valore
antico
sud-
an-
signi-
ficato.
Si
(1)
(2)
fanno eccezione
di stati cioi
comu-
17()
moderno lo stato-citt morto o condannato alimpotenza solo Rodi fa eccezione. La -/.'.:, Alessan
dria, pu conferire onori ambiti e privilegi redditizi, ma
nulla pi; non pu far politica per conto proprio; neppure
Atene, chi ben guardi. I destini dello stato sono nelle
mani dei re, consigliati, quando ne sentano essi il bisogno, da uomini di loro fiducia. Il singolo suddito di un
grande stato conta cos poco che la lingua ellenistica
non ha inteso il bisogno di coniare un vocabolo che indichi l'appartenenza a un grande impero; n-o|iatVy.o'' (1
sono i soldati, non i sudditi dei Tolemei (2).
Chi avrebbe osato in Egitto o ad Antiochia, forte
stato
l'
solo del
rivolgersi direttamente
anche
dita
in
nome
una questione
politica ?
La
controversia dei
che
scherno,
al
llosofo
suona
La
Sarebbe stolto
cittadine,
cio
muni-
il
ellenistici
intenzioni e preoccupazioni
abbiano
etiche.
Che
l'arte
(1)
Sono menzionati
(2)
(3)
La polemica
di
di
della poesia
gli Achei.
Epicuro contro
il
suo
maestro Xaiisfane
contemporaneo
il
ti
talvolta avuto
se
filosofi,
quest'et quasi
in
mondo
si
di Aristotele
era mutato.
il
ma
anche
il
177
G. A. Gerhard, nel libro eccessivo ma dotto e non inutile che ha scritto per illustrare i resti che dei coriambi
del poeta cinico Fenice di Colofone e di suoi correligionari anonimi sono stati
si vengono tuttavia
ha riempito pagine e
scoperti e
nei papiri,
di
ellenistica.
Ma
nice e
contro
il
desiderio
anche
pur
dov
ma
magicampo,
il
essere
comandante
uomo
di
vita
di eserciti in
attiva,
tutt' altro
che
comunale ne
della
nuova autocra-
tica internazionale.
Nelle odi
il
romane ferma
il
pensiero di con-
(1)
Su
Hoguente.
12
libri
di
come abbiamo
lui
come
'detto,
8U Fenice qualciio
\tai()l;i
di
\nh
lu-l
attuali
timori.
)>iir:irr;iro
178
lo
Ma
mezzo.
il
come
Pindaro, e
talvolta
il
deve
ri-
Ma
egli,
quasi costellando
suoi
il
poeta
Quanto
rifu,
descrizione di
un
corteo, la quale
14 e
15
quae cura
patrum e Phoebus volentem sono tutte un inno al dio imperatore 0, movendo da concetti diversi, in un tale inno
si assommano, quali I, 2 iam satis terris, l, 12 quem virum
aiit heroa e particolarmente lY, 2 Pindarum qnisqnis studet.
Derivano queste odi, come gli inni agli di celesti, da tradizioni pi propriamente liturgiche o da modelli letterari
celebri ?
Certo, quasi
si
titti
titoli
egli
ha arrecato
al
genere
ed esaltano
umano.
Il
benefici che
sovrano
anche
il
179
Roma,
quale
e Orientali
ator/,p (1),
ricusasse
gli
benefattore
e ricevere
divino.
il
gli
culto
onori
quelle incarnate in
sia
ci
bisogno
di pensieri
di
(2),
supporre che
il
e di espressioni nella
vince orientali
dell'
quelle epigrafi.
Ma
ben altro:
pace e la sicurezza nel mondo grazie
potere centrale, una nuova era
umano
orcio,
che
il
al rafforzarsi di
aprisse
per
il
un
genere
nascitur
mento
culto
(3)
romano
sin allora al
in Oriente,
si
una
confronto con Orazio tre documenti, la lettera del proconsole Paulo Fabio Massimo scritta nel 9 av. C. al con-
(1)
Sulla
Wendland,
(2) Cfr.
(3)
vatore
di
quest'attributo
Pompeo Magno
mondo {Syll.
pace nel
xoiz
storia
il
demos
vincitore
337)
cfr.
la
geuialo
Nordkn
dei
8|i,05
pillati,
aver restituito
per
xv a'JTto
at-cvjpa
Xaaoav.
ricerca del
335 sgg.
y*''
la
xataX-jaavix
'tal
xaxi
S'i-
18()
cominciar tutte
il
loro
anno con
natalizio dell'Augusto,
il
il
l'iscri-
con quest'ultima
IV
del
Iscr. d
epigrafe alcuni
passi
regi
libro:
Decreto del xoivdv
Alicarnasso
Orazio IV
2,
37
(Augusto) oO
|ivcv
O-avaTOC xo navx;
Ysyo-
vo[xas sOepYxagTiep-
nei
3-v
i,
altvio;
'/.a.^
npc u7iepPaX?vO'j-
oa^
v-
espYsa.a;
Kaioapa tv i;E^aoTv
3oX7?
vsvy.aiivyj
il[i.c,
tco
0:toXi7:wv Otisc-
|j.v
Y^P
tum
aurum
tem-
via exiget
88
sgg.
IV 5,
sXti-
e:
29 sgg.
diem
coUibus in suis
et vi-
tem viduas
arhores
et
aut
ducit
ad
miseras inimi-
urbis,
profu ndum
non
qui
Dan uviu
bibunt,edicta rumpent
ldia,
IV
quisque
condii
redit
cat
nen
Comes.
Tg soxiv ya^-oO,
civilis
odum, non
nuit nefas,
non furor
flOVOiZ
IV 15, 17 sgg.
mare
volilant per
IV 5, 21
x [lXXov, 5-
redeant in
paca-
iiavitae
v-jiT^
divi
pora prificum.
19-20
5, 17,
perambulat...,
xai S-aXatxx,
SVO|l:f
bonique
dabunt, quamvis
Orazio IV
yy]
navere
nec
y.aO-'
eOSa'^iiovi pio).,
EpYjvs'Jouo'.
dXX'o'
Pa]?.|ievog,
^apiaaio
O'ptTiois
carmi
dei
nosque
cibus
iocosi
15,25 Sgg.
et profestis luet
sacris
munera
inter
Liberi
hinc ad rina
al-
laetus
et
181
xal
TERIS TK M EX SIS
ADHIBET DEUM
te
adprecati
ycaiv
progeniem
multa prece,
pr-
nemus
x xal u[ivois
[se-
sequitur mero
v9-pw7t(ov
o|i.vwv,
v<i:7iX-(^-
pateris
mentarie].
tuom
uti
et
te
almae
Venerifi ca-
defuso
Laribus
et
numen,
miscet
Oraeeia
Castoris
culis.
titi-
Hesperiae
dieimus integro
mane
die,
sicoi
dieimus uvi-
Oceano
subest
Augusto non
Tou v-oivoxj xwv vS-pwTJWv '(ivo'jc, ma anche lo
in Egitto egli spessissimo identificato, una
il
awTYjp
Zshc, 7raxp(T)oc;
in
secuhdo Caesare
regnes...,
te
329.
Il
Blumenthal
si
proposto di dimostrare
ma
che
i
primi im-
passi raccolti
lui stesso (cfr. per es. p. 328, 3) provano che per Augusto ha torto,
com'egli stesso mezzo e mezzo confessa; Tiberio fu certamente pi
da
schivo.
hem' (1)
l.>-2
Mercurio ncurusiio: sive mutata iuvenem f(jur(i ales in teralmae filius Maiae, patiens vocari Caesaris ultor.
ris imitaris
La
dica dell'
dell'
all'
primo luogo innanzi a Giove e a Giunone Mercuriiia aeMercurio, come osserv colui che primo la
pubblic, lo Hiilsen {liim. Miti. VI, 1891, 129) non pu
esser altri che Augusto stesso; che altrimenti non s'intenderebbe n la precedenza concessa a lui sugli di maggiori n la qualifica di eterno, che per il Mercurio solito
s'intenderebbe da se (2j. Di qui si spiega come ministri
pompeiani di Mercurio e di Maia divengano ben presto
ministri di Augusto, Mercurio e Maia. L'identificazione
stata portata sino in Gallia, dove sono state trovate
monete che portano sul dritto 1' effigie di Augusto, sul rovescio il caduceo (3). Ma essa proviene dall'Oriente, anzi
pi propriamente dall' Egitto solo in Egitto Mercurio o
meglio il dio Thot che i Greci identificarono con il loro
Hermes, fu non solo un dio ma anche un gran re, cio
in
ternus deus
un
, chi
(1)
dio incarnato
z^ sx Zavg
Tiatps 'EXs'jO-pio)
etc,
ma
lo
Zens iiadre
di Zeus Cesare.
(2)
l'iscrizione di Rosetta;
JViss.
344
sg.
cfr.
altri
anche
esemjd in
Syll.
365
Wendland,
del-
Ztschr. f. neutest.
dcO-avaaixg, di Caligola.
(3) Cfr.
(4)
183
identificato
'Ep'jif^;
con quelle
Non
[J-sy^?
y.at
che
sono essere
fortuiti.
menti
citati
docu-
tre
IV
libro
invece che
in quelle iscrizioni
fa difficolt
(JLva;.
non pos-
iscrizioni
si
della
poich'essa continua
di quelle iscrizioni,
E non
che
liturgia
e la liturgia pi antica
riflette;
il
culto
elleni-
avendo tutta
di
non
Augusto. La tradi-
si ritro-
vano in documenti anteriori e posteriori, riferiti a Tolemei e perfino a impiegati dei Tolemei, e a imperatori
romani. Un solo esempio baster Orazio supplica (IV,
lucem redde tuae, diix
5, 5) Augusto assente di tornare
:
bone, patriae
(1)
voltus
tibi
Pompeo
{de imp.
aliquem non ex
liae
tuos adfulsit p-
degli
iis
orientali
loda Pompeium
al
modo
si
per
sietit
con-
parla.
Il
(2)
famiglia
di
Augusto
Augusto contiene, nella modesta forma
l'
iscrizione
il
di Alicaruasso sia
posteriore al 2
o dal senato,
non
certissimo
che quell'at-
l'A).
uffi-
(jratior
ptilo,
it (ies
che
concetto parr
et
un concettino
a noi moderni
si
184
so,
un maj^istrato tolemaico
cittadini di
astijo
Tolemaide
splendido
{Or.
(oaTiep
Xa[X7:p(;
che Caligola
a.
appare
ai
quale
C.)
7ra[jL'|v. I
Cizi-
si
airjp....
sia in epi-
si
esprimono
auvavaXji'jiat tal;
lo'.yj.c,
OyaTc xal
-.%c.
ciopu-
Acraephiae
iffEU-c^viac.
in Beozia (IG VII 2713, 353) chiamano Nerone vo: "Hto;
raX|X'|ac xolc, "EXXr^aiv. Quale isola non pi del sole ma del
nuovo sole, Nerone, Rodi celebrata da Antifilo di BirjO-Xyjasv
cppouc
if^c,
sanzio
(AP IX
178).
Ancora
'^aoJ^ocj;.
Quei
di
Egitto
sul
Eppure,
atoiyjpia
non possono,
Si
alla liturgia,
pu
umano.
queste
tutte
coincidenze
mente
del genere
nonostanti
ma
^aatXix
[xXyj
non
non
che
che
esito a ri-
attinse diretta-
infatti dimostrare
kii-
ellenistici.
poeti romani
dell'et
in essa
(1) I
tazione.
strano chiaramente
i^5
come questa
una devozione
sia
natnque
poeta stesso
erit ille
deus
nobis
lutee
poeta,
il
otia
fecit.
per-
Titiro,
Segue
ma
una
notizia
(civ.
da
un
po'
vaga
di
infatti, se si
Appiano, secondo
viano ventottenne
(1)
eccettua
la
quale
auv'opuov Otta-
d-Eoq
Pom-
dopo
la
il
ma
in
intende, forse,
spianargli
la
chiama pochi
versi
nem, quotannis
ma
via.
s.
v.
f.jjii'epY^v) (2).
precede
Di pi
Augusto
il
culto,
ma
Titiro stesso
illuni..,,
iuve-
La
del
(1)
Diche
citt
si
p.nrhi^ Si
\t\\
Angusto
l'os-
in cui
parto di Apollo (Sueton. Aug. 70), non prova, vero o no, nulla quanto
al
culto.
(3)
(4)
II
18
sfrfj.
186
stici,
vi
in
\ir^o'.y.
xa:'.
[irpl
(v. 127)
TrepLTzXojilvotatv
uo
-tavSivta jiowv l
IpsuvJ-ojjivwv
ma
^wjjiGjv.
tzI
-(z
Roma;
Italia e in
tata pi sopra,
come
il
ci-
personale. Ora
spiegare altrimenti,
dovere, che
posteriori
le
tutti
^aai^r/
[i.ilr^
oraziani.
s'
assumano
mano Augusto
vrano,
IV
intende
libro;
man
mostra meno restio a un culto del sopoeti romani si sentono in dovere di spianare la
si
(1)
(p.
183, n. 3).
alle riserve
C.
(1).
esposte
da
a.
noi
pi sopra
Noi siamo cosi
nimenti letterari
187
ridotti
ad andare in cerca
di
compo-
con la liturgia contemporanea che spieghino facilmente le somiglianze con quella. Chi rifletta che le formule specie sacrali delle iscrizioni in onore dei Tolemei
e di magistrati tolemaici derivano alla fin fine da concezioni religiose egizie, chi ripensi che l'iscrizione di Rostrette
riferiscono a
impossibile che
un culto
egizio,
si
qualunque essi siano al contrario tanto i dequanto queste opere letterarie riproducono non solo
concetti, ma talora anche espressioni, anche formule fisse
lenistici,
creti
Il
letterari,
sentito l'influsso.
esso,
ma
compo-
Encomi
prosastici, specie
carmi
di
in
prosa in onore del sovrano, non mancarono certo nei regni ellenistici, ed verisimile che questi
per adoprar
1'
da quelle
adoprando
le epigrafi.
retorica del-
di
re qual dio in
dei jSaacXcx
Orazio e
il
\ii\ri
le
Xyo:,
,3aa'.X'.7.o:
forme
non
oraziani, svolgendo
stesse
espressioni
che
Persio,
parti,
nutrito
evidentemente
di
retorica
romano quello stesso console e con gli astri che abbiamo trovato in
in onore di un alto impiegato tolemaico e
fronto con
il
un' iscrizione
ritrovato in epigrafi
in
lode d'imperatori
modo
romani, e
si
di
il
Persio
che estende
[serm.
7,
I,
23)
excepto Rege,
ai cittadini
nel
Bnitum
Asiae
Non
la
che siedono
188
laudat
appellai
Canem
Brutum laudatque
stellasque
illnm
invisiim
cotortem, solem
appellai
mliihris
romani,
avversario
all'
of/ricolis
siclus,
cotnites,
venisse.
che considerano
p. e. dei
lui
superato e
non
se
classici,
maggior parte
stica
dei pochi
perch
al retore
romano
ci
Rutilio
libro passato
Si
ormai
di
mo-
moda
La
il
nuova generazione
di oratori e decla-
che
Seneca padre ha
dello ai suoi
se
altri
frammenti
il
il
suo
persone;
figli,
libro
i
uditi,
Quintiliano
di cui Pilostrato
cita
scrive
L'eloquenza
che ha voga e vita
Non
declamatori
proposti
mo-
fosse perito:
sofisti,
ammirati,
tardi
altri
tutt' altre
sono
da Demo-
le vite,
di
classici,
un giorno.
avesse stu-
dell'ultima generazione.
189
si
consideri ancora
che egli
non
mostra nelle odi quasi libero da
nei carmi per tempo primissimi (1).
pi probabile supporre che Orazio abbia piuttosto
conosciuto e studiato carrai ellenistici in onore dei sovrani, che fossero poesia anche nella forma ritmica.
Per le stesse ragioni per le quali i poeti ellenistici non
influssi retorici se
si
composero
celebrare
il
carrai civili,
sovrano.
sono conservati
l'
essi intesero
Due encomi
uno,
svolge
Hieron,
lo
tra.
il
esaraetri
non senza
L'effetto doveva con-
Ma
il
ghese
in
mente
come
propria
l'opera
esametrici di Teocrito
e,
Tolemeo
di
uomo
assai pi
moderno
ma anche
non
di origine bor-
repubblicano.
Il
il
primo de-
uomini e nulla di pi non con gli di egli compama con gli eroi discendenti dagli di (v. 5). Il poeta
vuole inneggiare al re, perch gli inni convengono persino agli di, segno evidente ch'egli non lo considera
qual dio. Non il Filadelfo e Arsinoe sono confrontati,
verso la fine del carme, con Zeus e Hera, ma il loro
matriraonio con lo csp; yt.\ioc, del fratello e della sorella
divini. Solo qui dove occorreva velare una bruttura che
doveva assai disgustare sudditi greci, il poeta nel comparare trascende la sfera dell'umano, se pure dell'umano
eroico, esprimendosi del resto anche qui cautamente. E
gli
rato,
luna
ili
ra/.io.
mondo umano
nel
tali.
ridiscende la chiusa:
IIX)
-/.al
y.alps
va^
IIio-
semidei,
erano mor-
ascritto,
non
si
di poeti altrettanto o
nega che
men
carmi
sovrano
vi potessero essere
quali
celebri, nei
il
Ma
che
ma
la lirica ellenistica
si
poesia melica, in
sia gi ispirata
liturgia egizia o pi
eira fece
il
Eleusinie,
al
tempo
delle
con grande solennit; egli fu conla dea da cui aveva il nome e che
contemporaneamente con lui giungeva in. Atene a celebrare i misteri. In suo onore furono cantati e danzati
prosodii e cori e itifalli. Duride (Athen. VI, 253 d) ci ha
252
f)
lo ricevettero
conservato per lo
meno uno
(1)
(3).
Due
in
una
Co
Iv)
Tratolv.
Che non nel 302, ma solo in quegli anni (Wilamowitz, Autigonos 2J:2
Beloch, gr. Gesch., Ili 2, 200) si poteva parlare degli
Etoli come se ne parla in questo carme. Chkist-Schmid, II 1, 113
lo ascrivono al 302 in una pagina nella quale questo non l'errore
(2)
n unico n maggiore.
(3)
Il
frammento
di
e 'Ed'Joajjtsv
Theocle sv
yp
'IS-ocpdXXoig
OT^iispov stoxT^pia
conservato da Ate-
TOvieg
Ticipsijit
ol xexv-ai, {isS-'
si
riferisce forse
trio
ma
viene a compiere
l'iina
lyi
'^"^'''^
^o'i^(<^'(l
Ticpsaxt,
contrastano con la
aeixvxr]!;
seguita
ed
egli
in
mezzo,
o(j,oig;
'^
x a[xv
xf^?
osT,
yt^ [lv
5"'iapi;,
Demetrio
dei misteri della dea. Il carme
dove
dovunque appare,
"
gli
waTxsp
tre epiteti di
stanno intorno
oc
cpt'Xo'.
gli amici,
axpsc,
[xv
-/^to?
'Ixstvog . Qui torna ancora una volta nella forma pi genuina quell'immagine che, temperata, anche Orazio ap-
stata
A me
la
ecpsYYrjS aXva,
se
aveva cantato
vTipsTTcV
; axptov
di
un
5ia7.p''vi cfr/]....
e luce
il
di stelle era gi in
non
y^p
7rvxai)-Xo'.a'.v
an-
gli
(fr.
3),
carme continua
Il
dite
gli altri di o
Salve, figlio di
Posidone e Afro-
alla l'osta di
ladelfo
(1)
un
v.oivv
staxi^pia
Per
-cciv
te noi
fanno pensare
la cronologia cfr.
al
regno tolemaico.
Bei.ocii,
</).
(leseli.,
Ili
1,
223.
titudine
perfettamente sinceri
Poliorceta;
il
di rivolgere le
loro
preghiere
essi
un
non
ma
anche quella
di
in cui
delle divinit
scandalizzarsi
devozione per
nelle grandi
gli
ma
altri dei,
monarchie degli
altri
sudditi.
importa stabilire che esso il primo esempio di un genere che alla corte dei monarchi ellenistici dovette avere
Si
epidittica
riflettere
la
poesia,
in
onde noi
che
porta anche
indurre
ci
furono anche
riflettere
l'eloquenza
poi
PaatXix
il
[xXr^.
dall'esidiritto
di
qui ira-
zio nel
la lirica pi
atta
193
ogni
di
genere letterario a
non crede
altro
augustea,
come Callimaco,
rifletta
frammento
nel
if/t]....
1912,
528, v. 5):
[xXsTitojxvja uap^sc
v[j,'fa
asXva
(1).
che
si
araldo
fa
dell'apoteosi
ab
[xv
Cal-
ma
di
dea
della
il
Il
l'
apoteosi
tempo
anzi
carme
stesso
si
narra
come
(2),
la sorella perita
fumo che sale dai fuochi di lutto accesi per tutto l'Egitto,
compiuto in un batter d'occhio il viaggio da Enna a
Lemno, faccia col visita alla moglie di Efesto, Charis,
e la preghi di salir sull'Athos per scrutare di l quel eh'
(1) 11
quale
supplemento
lemma
(2)
meno
della
perch la parola
.si
ritrova
nello scolio.
Che FiladcU'o
le
aveva reso
secondo
ma anche
culto, si
manoscritti
xaXq,
il
cpwxfjpa.
Il
Lkgiii
194
fettuoso
(1).
Chi
ma non
nuovo
si
di
il
il
ma
proprio ales-
sandrine.
Non
si
deve dubitare
che
abbia adoprate
le
con
zia
assai
comune
Nilo durante
sueto
l'
inondazione
e questo x-oc,
il
per
livello
sovrano che
il
acque del
delle
del
con-
ri-
)(p:xac;
-/.al
cf/Yca''ac
7tX-/;{X'jpo"jaa
-aiv Y^O-or?
^^
Aly^^'^S,
Xov TiXa'jc
xy^c,
S'wXaiac
a credere che, se
non esito
Callimaco, che hanno
non Teocrito
non
parla
una volta
del rifiorire
ellenistici
pi tardi
Anche Orazio
dell' agricoltura sotto Augu-
si
lo
-zizoc,.
sto (IV, 5, 17): tutus bos etenim rura peramhulat, nutrit rura
mare
Anche
campi rendon
di pi sotto di lui
navitae.
Cerere e la
nuova
195
concedono ad
essi rigoglio.
traduzione di
sar, penserei,
un
fatto
Ma
umano
piuttosto che
un
favore degli
il
Anche questo
cipe.
un vecchio
direttamente
il
il
ma
5,
instar
it
dies et
il
nuovo
il
sole
Non Augusto
6) (1).
si
comparare
di
veris
sole
poeta evita
il
ma
t-o; orientale,
poeta ha
il
buon gusto
di
Anche
qui
sfera
*
* *
Abbiamo sinora messo come in disparte IH, 14 HerAnche questo carme, ancorch finisca nei pre-
culis ritu.
Esso
^ocactx [isAr].
che
in
un
giorno
di
titiae scyphis,
che l'azione
si
svolge mentre
il
poeta parla
poeta
lettura).
11
veda
corteo
il
si
svolgerglisi
dinanzi
che
occhi. Poich
del popolo,
agli
(1)
Anche
sol pulcer, o
pii
moilerataraeute
laiidande
canam
si
esprimo
recepii)
il
poeta IV
diesare feii.
2.
16:
<>
schiavo
di
preparare
il
1(^<)
convito e d'invitare
1'
amata
della
Se rifiuter, meglio non insistere: gli ardori dell'et prima sono passati.
Anche quest'ode continua forme ellenistiche. Callimaco nella Pannychis, scoperta test assai mutila nello
stesso papiro di Berlino che ci ha reso l' Arsinoe, negli inni
V e VI e con
(l),
ha cantato
probabilmente
lixi xA'^pooixrj
-((aO-ixr/r
xow.
xf^; X'jpyj;
dopo
e seguitava
come
li
nel cottabo, e
preferisse, fan-
Tiapouawv
r^v d-iXei
pta.
7.7,1
xtv
solo
un
in esametri,
in
il
cosiddetti
in distici
Epiroosia
xov
VI
la
O-Xct '^^Ckipt:.
di
Cos parla
Callimaco sono
Pannychis
auvpxr^xa.
scritti
in versi
composti
di
lirici,
un
di-
ma
l'
iti-
fallo in
L'arte della descrizione progressiva non era dunque ignota, nonch alla poesia esaraetrica, neppure alla
(1)
Di quest'arte
lio
chiaramente di credere
per lettura.
alessandrina
lirica
(1).
197
come
bravano
Orazio, cele-
storici e
si
avvicina
cos
racconti degli
una terminologia
si
fssa.
di Corcira o Leucade ,
Demochare, descrivendo la festa durante la quale
fu cantato l' itifallo da noi menzionato cos spesso, Tipoa-
via.
scrive
Demochare ha
le
formule non
Tcr^vxtov aCixo)
'\Of^c.
si
in
quel
;
ma
bassezza di ossequio
filo
fosse ridotto
si
Ben pi circostanziatamente
ne
il
popolo ateniese.
(XVI
Polibio
talo
creto intorno
XoTipETiox;
all'
i'\)rf~f>i'jy.xo
gi fissa e
pi tardi.
Non
Un
Tiepl
i
ma
una
yvo'jc,
visita,
il
re
promulg un de-
xyjv
Qui la terminologia
medesimi che incontreremo anche
i
tutti
ultimo rillesso
-avxY^aeto:.
xf^c
soltanto
darono incontro,
(1)
incontro
riti
Il
citt di
ili
magistrati e la cavalleria
i
cittadini
cu
(jivov oi
gli
an-
xc pyjtc
il
l'JN
s/ovis;
|JiT
tTiTzwv,
T(T)v
TxvtSi;
y.al
le
sacerdotesse e
(p^av
sacerdoti
presentano
oc
Al Dipilo
in
queste ce-
rimonie.
Un settant' anni pi tardi una citt del regno pergamene, forse Elea, dispone che qualora il re Attalo Filosacerdoti
matore (138-113) la degni di una visita, tutti
aprano i tempii e sacrifichino e preghino per la salute
i
y^jxJv, ....
vxcrjg
xwv
re.
xal
O-ejv
xy;/
xobz.
xv
xou? xs TipoYS-
axpaxyjYO'J?
xo'j;
il
Y^IJ-v^ca-'ap/^ov
^-2''-
[isx
"^'j?
xjv
xal xwv v[wv xal x|v -a'.ooviJiov [xx xw[x r.T.Zor/ xal
'^rjljojv
xo'j;
voi^avxa;
Tiavxf^aai oh aOxo)
tepsT;
7rapaY''vr;-a'. ci;
Ispea?
xc;
xal STitO-jovxa;
Ypajji{XVOu;
oxav....
zal
tcpel;
xo'j;
7i;oXc'xa;
voixoDvxa; v aS-f^at
Le
ax^av(0|ivou;].
l[cc\inp'xXq
al
365),
{Sijll.
di tal
tali
occasioni.
porre
uTi
xyjv
vo-'^avxa; x
atwvcou
magistrati
x|ji,vt] ....
otajiovf^?;
xal
si
a-MV
dooo'j
'>/aO'a:
xf^c,
zcr:c,
[xv
xouxou awxTjp'a;.
mondo, da
pianeti
si
xal x;
zffi Faio-J
la
o Travia;....
luce
ip:'a;
Kat^apo:
Le formule sono
le stesse
che nell'epi-
riflettono
K'jZ'.xr^vo'j;
cpT;
-sp
del
sole.
UTiavxr^aavxa;
Il
\izxx
decreto
come
seguita
199
anche qui
ii>
scpr^Sou;
xo-j;
l'^r^ljapyov
pi splendidi, quelli
cortei
di descrivere feste,
ma
modo
al
di origine ellenistica,
quanto
ha
si
-r^v
iiz:
compiaceva,
si
lasciasse sfug-
si
ellenistico
1'
Zi
via.
divisi
xal xv 7:a:5ov|XGV
abbiamo veduto,
gire
qui,
b-Av-rp'.v xal tv
lo
e cos
auvr^aO-f/^ai
xjcl
mancano neppur
una
festa,
romana
sia inteso
carme diversa-
il
composto
tro al sovrano,
forse, vero,
solo di
matrone
vadano
e vergini
vero che
ma
grazia,
di
crifizio
questa spiegazione
sariamente senso
il
sa-
erronea.
caico
si
sia
s'
significazione sacrale.
che operata
divis
Ma
qui
in
un verbo
come
dire,
>>,
in servigio
degli di,
commentatori
(1)
11
aver
Thcoa,
il
solo
ini
:
sa-
senso che
in
uso in
Imon naso,
supponeva che Orazio ado-
proseliti le iscrizioni,
due xnot ^i
fuori
ma
in-
NouDKX, AguoslOH
i[uriudo, senz'
prasst qui
si
di
il
eti\
dlonistiia per
la
tosta dol
ri-
che operata avesse senso
-UH)
di futuro
per sacrificare ,
il
ha qui
rata
il
senso
pii
al
consueto
principe reduce
e ope-
L' 7idvf/)aig
Questi stessi
riti si
dei templi p.
e.
ritrovano
tali e
secondo Livio
(XXX
1'
;
apertura
giunger della notizia della vittoria definitiva sui Cartaginesi nel 203
(cfr. anche Liv. XXX 40, 4
XL 53, 6) la libagione d'incenso pure se;
plicatio
da
fitti
non
antico nucleo
romano
qui
il
che
il
nucleo romano
il
trionfo
Solo
mano che
romano
si
deponga
egli
o italico che
antichissima
le
pu obiettare che
il
trionfo istituzione
Romolo
in Dio-
per
le
Alle
hanno preso
al trionfo di T.
4),
colori dai
Quinzio Fla-
Anche
qui
non
Orazio
2Ui
riproducono a un dipresso
particolari,
un
da questo
tipo,
parativi per
di
nell'
tipo ellenistico
diversamente che
Alceo. Le prime strofe
procede
ci
trasporta in
convito festivo.
Ma
il
mezzo
pre-
ai
importa solo
descrive
ebbe
il
stabilire
^Xso,
facile sapienza
tutti
|xr^
dobbiamo morire,
Se
egli
di
scrisse
se
lui
\z'(1wj
Itii-
e colui
che
Sisifo,
riusc
al-
gnomiche, impossibile dire, ma parr non probabile a chiunque ripensi come Orazio accumuli molti
carmi di tal genere nel secondo libro, violando cos
quella norma della massima variet possibile, che abbiamo
veduto dominare nella raccolta alessandrina dei carmi di
tre odi
si
debba indurne, ha
non Alceo, che nel
(XXXIV
scritto tante pi
distribuirle
non
nn)do del
resto assai
Acm. Paul.
32 sgg.
il
testo di Livio
se riscontriamo in
[XLV
52,
4)
in
Che meraviglia,
ellenistici
ha pi potuto
attenersi,
come
(piale a
stui
le
renetiche.
II 3,
Postumo
quella a
paradosso stoico
oti
[jivo;
ao-^;
-Xo-jaio;.
impossibile
[AsaxrjTo;
II
II
10 redius
16 otiuni divos un
vives
un
7:aivo; \^'j[ji:a;
t-x.li
15
Tf^'yJi''(ti
(1)
le
consoaiiones,
ohe sono di
motivo
noto
di
p. e.
che
un carme
di
il
mento
203
di
troppo
ma
con tutto ci non possibile inganOrazio prende da altri poeti classici, oltre che da
pochi da poeti
narsi.
edizione,
e
non
monistica quasi
di professo, talvolta
Cicerone e
ma
tempo
rario.
ellenistico,
venuto ora
in-
l'
dialoghi di
trattati di
momento
di
lette-
chiederlo. Questo
contenuto
in altre parole, se
di
quali poi per suo conto abbia trasfuso contenuto ellenistico di pensiero, o se invece abbia
formali, pi
vicini
in
gnomica
poesia
dell'
et alessan-
drina.
Non
si
abbia dimenticato
pulso a comporre
le
letture
le Satire.
ma
Se
il
contenuto etico
Odi,
le
l'
im-
que-
tutt' altro
-'
:i04
interlocutore fnto ed evanescente, che salta fuori, scompare, si muta a piacere del poeta, deriva loro, come
noto ormai da anni, dalla diatriba cinico-stoica. Orazio
riprende in esse spesso i motivi e assume il tono del
predicatore che sulle piazze, ritto in mezzo a una cerchia
di
curiosi, discute
zioni
se stesso,
quando
gli
vien comodo.
alle obie-
fa egli a
Rimane
solo
il
parenetici alessandrini
limaco
p. e.,
hanno
fatto
(1).
certamente no
l'
arte per
l'
che
maggiori Alessandrini
arte senza
preoccupazioni mo-
uno
126 epigrammi, da cui si deve togruppo dei primi 25, che di componi-
de' pi smilzi
gliere subito
il
come Basso,
di
(1) lu tutta la ricerca sar prudente non prender mai come pietra
paragone il motivo gi svolto da Alceo
la vita breve, la
morte inevitabile , essendo esso diffuso in tutta la letteratura greca
di
romana
i205
anche
di Pocilide o
sotto
nome
il
di
una
(^
delle raccolte
che andavano
comcompo-
carattere
il
maggiore composti di poesie del tempo imperiale, ma contengono anche alcuni dei carmi pi antichi, i quali in
quelle poesie tarde
parente
si
rispecchiano.
un epigramma
di
di
II
fronto dell'
uomo che
la
il
cautus
miitm premendo
Basso AP X 102
ncque
horresois,
litus
con-
retto
al-
|J-VjX;
[is
y:|aaxi
"viog yoc
il
batte
10
II
10 e nello
iJ-saty;;
ni-
iniquom
[oiS
O-pas'Jj,
-(iX-q'^riz
[vSpwv,
aureum
diigit
quisquis
mediocritatem
y.a
TcaXi |jixpiov sy
tutus, etc.
CM'Tv.
xo'-jx'
Le coincidenze anche
tali
xpxiov y^jTiaji-
nell'
(1)
9-paa'Ji;
mare.
In Orazio
e
della
il
VYjV|i'.r],
al
lido e
il
con-
di-l
tcvxo;
dell'alto
fronto della vita
iiO)
umana con
il
esse
ma
epigramma , come
sembra, tutt' uno con lui, vive a Roma al tempo di Tiberio, canta la morte di Germanico (AP VII 391), celebra la leggenda di Enea con gli stessi concetti a cui si
ispirano 1' Eneide e le odi romane di Orazio (AP IX 236).
Sarebbe imprudente dedurre dal nome ch'egli fosse un signore romano dilettante se non fu, fu per altro almeno
un Greco o un Orientale, che, ottenuta la cittadinanza romana, assunse
nomi del suo patrono. E probabile che
mile
Lollio Basso, se
Basso
il
dell'
egli
(1)
secondo
Per
gli
la
xnima vedi
p. e.
l'epigramma auouimo
AP
commento
di
X, 51
;
gli
per
il
esempi
Kiessling-Hrinze a questo
passo.
(2)
Mi par che
lo
Schott
non era filosofo di menon giusto esigere da lui che non si contraddica mai. La
metrica, come confessa lo Schott stesso, ottima una contravven-
207
forme
alle
congiunge
due
le
ma
la
e'
carmi e
tra questi
rive.
un
di
Due
(2).
simo
dell' ataypoxepsca
saggio.
che
il
bia-
la
al
Il
vano
tutt' e
aia/ po'/spoe-'as
di
aolito
segue, non
pei" nxilla
pih grave delle molte divergenze che per qnesto rispetto corrono tra
l'uno o l'altro di epigrammi suoi senza dubbio autentici.
di Chares, Xdpvjxog
])rima
met del
Yvcjia!,,
Abh.
storia della
13)
pedestre
si
poesia originale, a
pu immaginare.
Gkriiakd, Hei-
Le massime
Nessim
filo
forma quanto
di
Orazio.
(1)
(2) Il
Gerhard
sce trovare
comandata,
(p.
secondo me,
il
tono dello
stile
mono
me non
rie-
rimane sempre
lo stesso,
quello di una
^208
chiunque
sia
r^jyo; ab)(poxpo''a?
TcoXX
Iv0"v
Ttpy'^aaetv
xa:
malus
to-j;
non
ad miseras
mari
(III 29,
57 sgg.).
La
versi del
yj [xv ojv,
J)
voiv-Zzo^-v.: yyci'jzb^
7_i)'pouc
verr in mente
procellis,
xal
iJta'JK
tiox' scttsv
heidelbergense 70 sgg.:
giat Africis
di
etvai Tap^eOvi'
Ilpvs, pouXo:'[xyjV
Yj
pompa
un po' pratico
Xcov Zs '-^i^zo^
mii-
est tneiim, si
preces
decurrere
addant avaro
et
divi-
i,
zavorra
di
poco conto.
chicchessia le
o/.fat
v.
X-'O-ou a[jiapaYO''xo'j
altro xTCog
cinici,
ma
a un' infinit di
ai
poeti
ap-
209
mi pare, che quenon agli amanti di letteraa gente che aveva per la propaganda
ma
tura raffinata
un
cinica
bilmente. Orazio,
buongustaio
popolare
quelli prosastici
avr ricevuto
l'
avr letto
stoica
lirici
egli
un
era
Satire,
le
;
trattati
tri
letteratura
di
Lo
Fenice e
stile di
mento,
il
prosa. Solo
una volta
il
ma
si
l'
esistenza del
nome
T axGTTsc
|v](Xc
sia
i
5"
di
oa:(xwv,
xaxo)
il
che
buon
xyjV
pena
05
(v.
67 sgg.)
v XP'^^'P
xaxatai'av [Jiopav.
"^^
y^P? ^attv
o xa-ata)(6vec
laxtv
0-eTov
Ma
per lo pi la poe-
questi
poeti di
piri,
vendicando
e,
equamente premio
he,
5a''[j.cov
Ioni
costituivano un'eccezione:
Parmenone
di
Bizanzio e
Hermeias di Kurion erano su per gi della stessa levatura. Invece Orazio in uno solo dei carmi gnomici, in
II 2, nulls argento color est adopra lingua qua e l volgare e stile basso
volgarismi 2 lamnae, 13 hi/drops, 24
1' esatacervos sono stati gi da tempo posti in rilievo
tezza medica di tutta la strofa crescit induUjens sili dirus
;
pellit,
nisi
causa
morbi
ftii/erit
vens et
cui
le
vatezza
che
di
stilistica,
14
210
ma
minima;
rispetto eccezionale.
aiutano
si
ma
di
alcune
satire
oraziane,
se
carmi
parenetici
tutto cosi
per lo
del
vecchio
Alceo.
meno un poeta
ellenistico
vato
di quello di Orazio,
di
temi
frammenti del
pongono in grado
capo a questo para-
ci
(1),
domanda formulata
di dare alla
papiri di Ossirinco
or sono in
etica.
di
in
istile lirico
solo di etica
ma
quattro tra
argomenti non
Ben due
perfino di metafisica.
si
di
quei
ricava qualche
(p.
39
fr.
4)
Cercida pare per vero piuttosto incoraggiare che non biasimare gli amori tra maschi, tutt' al contrario di quel che
sogliono
menzione
fu,
suoi
compagni
di setta
come ben
che femminili
si sa,
(2).
il
il
Ma non
il
5i,axap[w
Ttv(,
malevolmente
Iva
l
co?
icp Tiepl
un argomento
in
211
cosi importante di
Cinici
Le
(1).
distanza lc o To[i]auxac
di
si
pu
\'Q
OTiouov
7t:o'.-
ad-[at],
gueva
tra
ed
certo
Diogene
l'
Ma
senza dubbio
cos
vizio per lo
il
ingenuit di tradiirre
:
il
Aveva
Wilapasso
al ser-
{Antigouos von
non
schiava
che
Il
Gerhard ha mostrato
poteva
si
servi
non
avere
si
'
fanno ecce-
nome
rispet-
tabile di Cinico
letterato e
tunque
il
intellettuale.
Quel che
si
assai raramente,
si
sia unito
differenza
tra
ciare con le
doloro.
Lo
1'
aver
mani
stesso
contatto
sessuale con la
madre
rijiorta
un
e lo stropic-
lei j)er
sedare un
dato
di scegliere
sumere che
21-2
un amato,
le cui fattezze
facessero pre-
era o virtuoso
ha adottato senza
dell'
il
Zenone
quanto a etica sessuale, massime ciniche, fondendole nel suo sistema. Secondo la trascrupoli,
xpi^aJ, uel
quando
scettico,
anche
oi
cavano
uspi
|xr)
j)ropri()
soddisfino le
si
al
medico
Cinici,
ma
affatto indifferente
1'
ppevop.i;ia.
La parola
Sidcpopov usata
W.
t epv ax
[jlvov
5iaq;opov slvai,
mento
in
modo da
fargli dire
che
il
i
il
-0x2
1912, 23
sole chiude
suoi
sTieiSr; Y'-vstx
XXXIV,
il
muove
stoica dell'amore
da quella
platonica e la riproduce anche in punti molto scabrosi, come nel prescrivere che nella citt ideale le donne siano comuni,
ma
fa conces-
(1)
paad-T^asofl-at 6 xv oocpv
nspl
finizione
B(i)v
dell'amore
n-^atviisvov si
che secondo
Zv^vcov
sv
x'g
UoXizBicf.
xat 'TroXXStopog sv x^
slvai xv
soggiunge xai
'HO'txf;.
spwxa niPoXYjv
|,y)
xwv
xwv
cptXonoitag,
elvai ouvouoiag
vscov
XX
5i
cftXtag.
xaXXog
Che an-
:il
battere con
il
questi, a quel
due venti
(2)
assai largamente,
nell'
immagine
que meglio
carnale,
si
non fa se
un verso di
Non
che
dun-
(3),
di
odiato da essa
il
rispetto sin-
figli
ma Diogene
voleva comuni
ragione che
3.3).
Diogene giudicava
le
di
*.
(3) Quest' del resto assai familiare alla gnomica e in genere alla
poesia greca
cfr. Gkrhard, Phoiuix. 98 sgg.
:
^I*
gezza
il
ove sia
cano sette righe, poi segue il consiglio di tenersi all'Afrodite di piazza, che non fonte n di timori ne di turbamento al prezzo di un obolo ciascuno pu immaginarsi
;
Elena.
La concezione che
morale
stoica,
amore,
1'
secondo
quale
la
una accompagnata da
(I) vi
di
che
servo
modo
di soddisfarli
della
passione,
Anche
qui
considerare
il
VI
il
3)
meglio.
bens,
ma non
di sopra,
di
il
neppure
Un
altro
biografica,
meliambo
ma non
si
direbbe
d'
tutti filosofici.
Che
il
sorprende che
il
(1)
Stob. ed.
psTYiv TToiv
p(j()xo|J.av^
iioloc,
II,
65
anooSatov
xiva.
-cv
vxa, tv 5
Poi dopo
uua
xat
ttjv xav.iav v
i>roposizioue
tw
Su carmi autobiografici
cfr.
'"'?
Tr^v
^"^
mutila xv T'gipaaxov
xaT
tJ'^YVi
sotto.
segue
la sottoscrizione
Ci vien
fatto quasi di
215
amore Zenoneo.
chiedere a noi stessi, se non fosse
al
raeliambo
sull'
che r autorit
non
un manoscritto
di
-.
del
per
a ogni soche Cercida, rivestendo il suo addio alla vita della forma di un ammonimento a se stesso e al suo cuore, riuscito bene ad
adattarlo al tono degli altri carmi e a dare anche ad esso
Cristo
occhi al sonno
gli
(1),
Cercida no
il
gli sfugg, e
grigio
il
Ora
il
Ma
il
di
buona
per
di
me una
est,
voglia.
Chi non
mai
gli di
il
primo meliambo.
non tolgano
le
Il
poeta
ricchezze
ai
si
chiede come
prodighi e agli
savio
(2).
il
saprebbe usarne,
dubbio angoscioso intorno alle ragioni
(1) [uoXXocJxij 8[ia)-3ls ^pozbc, O'Jit xwv vuol dire (|iie8to, come ha
ben veduto M. Ckoiset, Journ. dea iSavani 1011, 486, seguito dal
Fraccakoli,
(2)
XXXIV
xoivoxpaxYjpaxucpos
21 r
domanda,
esistano.
se gli di
ma
nel
mente
TreouaXxwTat
|is
\-!^kox' 0"jv
zLz
i'^^h-
^'/jxc
si
in-
xi
x xwX'jov
f^c,,
oix
x'.(;
uno chiedesse perch non hanno distribuito pi equamente le ricchezze) (1) segue ^eTa yi'p ^ar.
(o}(p' po\i]xo
(se
uomo
qualsiasi,
il
pone costui
in so-
sprecone, al
un savio
men
TzaXiyBv.yj^e^i'zOi.c,
t)v
nomo
parte popolare,
di
non poteva
massima
del
Il
Cinici
savi
xoivoxpaxTjpoxocpog dun-
que il savio cinico che mette a disposizione degli amici quel po' di
danaro che basta, xv XXu^ivav SauavuXXav, per il banchetto comune.
La parola che precede xotvoxpaTTjpoxocpoc, smxaSsoTpcbxTaj, conferma
quest' interpretazione
xpiyeiv non pu esser detto dell'uomo del popolo, che costretto dalla necessit, ci provi gusto o no, a mangiare
:
cibi semplici;
ma
pasticcini, ogni
La
virt
del y.oivoypaxvjpoxu-
cpog ,
egli
(1)
senso
L'Arnim difende
di p|iolxo e
xev&oai e 5p,ev.
grave scapito
xxeX(o)oai
1
Ma
dell'
facendo
dipendere
XP'^M'' tiI
voOv 6x'
13
ricompensare,
XTXa<a)ac
Tiv
d-e)
di, se esistono,
La
X9W\
217
^^'-
"^^^"^
^'^'
^Xi
cio
(1)
che
gli
conclusione evidente
esistano. Cercida
ba[\Loyzc,
ojv toI
arrischia
si
[ir^x'
xouv
jjltjx'
ancora a chiedere
Tiv TTSTcajxvoc
tiGc,
ma
'u
in fine
cava con un Xojov [jLsd-jjisv uepl xouttov xoXc jjtexswpoxuot^, dove r ultima parola avr s il senso letterale di
axpoXycc attribuitole da uno scolio marginale, ma indicher in tono un po' dispregiativo
metafisici,
filosofi
teoretici . Questi, seguita Cercida con ironia pungente,
si spera possano risolvere senza fatica una questioncella
di tal fatta. I soli di, che a noi Cinici importano, sono
Peana e Msxaow?, che questa sola da e Nemesi in
Peana il dio che presiede ai frugali banterra (2).
Msxa:')? non tanto la lichetti dei filosofi cinici (3)
beralit, che virt propria del ricco, quanto la partecipazione , il fare agli altri equa parte del molto o
poco che si possiede. Una tale virt, con miglior rase la
tal
concezione
non
che
si
1'
onnipotenza,
cui
La congettura
costituito cos
il
testo,
(o>cp'poiTo
del
Wilamowitz. L'Arnim ha
esigenze metriche.
(3)
L'Arnim
(p.
21)
si
accorto,
credo per
il
mostra in ispecie
la
collo-
piuttosto
il
gli
editori
inglesi,
Ma
il
sarebbe
Cinico grazie
sa.
viviale. Cfr.
ancora avanti
p.
224.
la figura
218
di
fortuna, cancellando
poveri.
ingiusta
l'
1'
poeta
il
si
di
incitamento
rivolgeva certo
ai
mane
che costoro
intatto che
il
principio
xatav. finch
Q'.%v.. -'.|i-
onoratela .
Le
\iia-f'
ojv
navigate con
fondo
rivomitar dal
il
vento
v:i)-v
in
poppa,
cio
h,\i.i'jy:..
certo la ricchezza.
lo
Un
Tzic,
diapason
di
toI
[Jtr^x'
xouv
{xr^x'
T^v 7:e7ia|xvoc
esi-
Cercida sta
Ci)
ma un
Fraccaroli
I'Aknim.
ri-
il
219
una
Zeus tien dritta la bisolo quand' venuto il giorno dellancia senza piegare
cos
per gli uomini meritevoli, d il crollo (1)
l' Ataa
almeno dice Omero nell' Iliade ma come mai egli non
propende per me, ma piuttosto per i peggiori tra gli
uomini ? (2)
Di qui in poi la passione ricresce a poco
Cercida
asserisce ancora di aver ritegno a dire
a poco
di quanto la bilancia sia falsata. Ma di un tratto prorompe di nuovo E a quali signori, a quali Celesti si
dovr uno rivolgere per aver giusto compenso ai suoi meriti, quando il Cronide, padre comune di tutti, agli uni
si mostra padre, agli altri padrigno ? La risposta sarebbe
una sola gli di non esistono ma Cercida preferisce non
rispondere: Xwov (ji^[iv Tiiepl xo'jxwv xor(; (jLSTswpoxuoc? che
essi sanno risolvere qualsiasi problema. Noi curiamoci dei
cordo omerico
^li offre
il
concatenamento dei pensieri bello e abile Cercida riesce a non dire quello che pure noi leggiamo tra
egli non crede a dio di sorta, ma non si
le righe (3)
arrischia a confessarlo. Forse non lo poteva quale magistrato di un paese ricco di reliquie e di leggende e
assai dedito a culti anche mistici. N del resto certi riIl
Si
(1)
Ti:!.
v 'I?.ia6t, psTistv
slTtsv
5'
non a
che
zo^' '0\iripoz
Omero
perch la citazione da
ci
y.ai
ai culti
precede
cos
aveva
si
riferisco a quel
del
resto
gi:\
che segue e
inteso
il
Frac-
CAKOI.I.
(2) Il
mano
(3) Non
qui la
L'Arnim
(p.
17 sgg.)
particolari,
sava
ma non
all'
220
Egli profes-
di
lui
II 2)
Non
ci
ma
sono mai
La
fede
Antistene forse
poemi omerici,
industri a volgerla in
comodo
anche
cinico
atatixov
in
ci
per
r||i.ap
dell'
uno
stile di
si
citando
che,
Cercida buon
lui.
Omero,
ma
il
quando
il
questi secondo
la
svisa (4)
Io
per Cercida,
tracolla,
Lo
fnse di venerarla e
l'
antico
poeta
beatitudine.
varii.
Pa-
non mancano prova ne sia 1' ^enaa'., l'ultima parola che noi leggiamo chiara nel primo meliambo. Anzi esse abbondano
e pur tuttavia prevalgono le
role volgari
Philod. de
(1)
'AvTioO-vei 5'v
xax S
(2)
fonte
piet.
72
Gomp. (=
Cic.
de
nat.
deor.
32)
Tiap'
cpuatv va.
solito
una cattiva
che l'aned-
ma
|Jiv
li-
doto o autentico
filosofi
di
di
di stretta osser-
vanza.
(3)
Gomperz
Ma
in qualsiasi si-
filosofico
di di Epicuro.
(4)
L'Arnim
se ne accorto (p.
14).
^i
rica.
lessicali, la
io
y.oyaX'Aihoi.c,
90?
e,
stile
grande quantit di
un' impronta par-
^utcoxcIjoo-xwv. -ceOvx-
iTOxaSsoxpwxxa? xoivoxpaxYjpax'j-
nomi un verbo,
ai
r.'.\izXoGcc^y.o-S7.-
oiTcX e
a maggior ragione
sono,
xpcTtX
punto
la X^c? 6c^upa[xptxYJ.
com' noto,
si
s,
sarebbero plebei
fannosamente
effetti
in cerca di disaccordi.
s frequente in alcune
direbbe,
si
Ora
va
si
af-
lo studio di tali
letterature moderne,
ma
colo
si
il
sublime e
il
ridi-
quantunque non
(1)
Aristot. a. p.
1459 a y
5i7tX (laXiaxa
cida,
uou dovrebbe
(3) Clr.
uiu studio
completo sullo
WiLAMOwnz,
Thnotheos, 80.
stile
di Cer-
Leonida Tarentiiio.
cumula
222
poi temerariamente le
une
Eppure
sulle altre.
il
lordire
zione
per
maggiore
Tf-iTrX
stile
biamo
detto, lo
foggia
studio
ditirambico.
Ma
in
predile-
la
in
come
[jLouao7iaaLo/.'j|iac, xaiaxi-
oiizki
bastino esempi
e cos via.
|xa|ji7:etao/''T(jDy
IJLoxax/jC.
anche
il
da imitazione dello
lui
del
contrasto
come ab-
pari ,
se
Timoteo non
come Cer-
peggio
un Frigio
ardisce
riprodurre
il
greco spropositato
di
da un Elleno,
burlesco con
il
gli
le
ingegnato
capelli
contro
Comunque
sia
di
ci,
tra-
andrebbe
essersi egli
le
citazioni
di alto
stile
poetico,
rebbe parso a
Il
come parrebbe a
lettori del
noi e
come
sa-
nella
notizie su Ceo,
(1)
XI
85, v. 9 sgg.
non perch
interessante,
Tv
'IsuSr^c. c
rico,
ojjLotov
che un dio
Come
yet
223
'0[i,r,p:7.c.
av o[jigiov
raa vero
conduce sempre
il
il
O-sr.
proverbio ome-
simile al simile
mostra
di trovar
caso, la
mile a
gnome.
lui
otvoTotscVj
pr^tx-'r^v
Xi'Yq) 'r^^zo
rore di tracannar
xtaau^cw
anche
suo
al
[Jiv
noTWft yavv
si-
a(i'jaTtv
gi a garganella
Cercida
applicabile
cio
Il
xal yp o
giusta,
meliambi
intitola
suoi
carmi,
trova
cio
stesso a cui
si
La mancanza
attiene Orazio,
il
tempo, quello
cosiddetto varroniano
(1).
una responsione vera e propria ha riscontro nelle monodie di Euripide e nel nomo di Timoteo, in poesie cio destinate all'accompagnamento musicale.
di
Eppure, poich
la poesia ellenistica, se si
astragga
(2).
contenuto
il
a quei
tempi
suoi
sia
Tetti,
\iXoc
(1)
la recitazione
di filologia.
il
FraccaK(1i.i.
234
che s'intitolano ixXrj, erano scritti v.y-y. zv.ypv in metri prettamente recitativi.
Dove Cercida abbia per la prima volta recitato suoi
di Callimaco,
carmi,
si
succia
, del
Ta5wrs in
forse, se
misero contributo
certo
convito con
modo
gli altri,
al
la divinit di
Peana
il
chi
si
riunisce
Due meliambi
il
non
mente
xal xXoxsi;
7i;vT(j)v
Qn
libro
l'
elegia
Lo dicono
composto
tutt' intiero
filo-
chiara-
primi versi
simposio
/.epe?
di liriche dottrinali
moderni.
noi
tafisica, la
autori,
come
in Pindaro, quasi
regolarmente in ciascun
altro
(1)
che scarso.
E non
libri dello
numero
tut-
in
zzo
CJ)u>
ai
recitativi, facciano
ritmi
stati riserbati
anche
irruzione
La
non pi
destinata
al
canto
ma
alla recitazione.
stile.
Orazio ha preso
le mosse anche qui dal vecchio Alanche qui egli ritrae il contenuto da poesia
ellenistica, in parte da quegli stessi giambi filosofici, che
furono una delle radici della satira romana, ma in parte
anche da componimenti di tono molto pi alto, da libri
del genere di quello di Cercida. Questi non solo gli fornivano la materia greggia, ma anche l'incoraggiavano, per
cos dire, a versarla in forma lirica. La metrica diversa,
perch Orazio segue quanto ai ritmi Alceo; diverso anche lo stile, ma non meno alto di tono. Solo Orazio ha
ma
ceo,
come
evitato
le
gonfiezze dello
stile
scrivevano
tutti
letto,
ditirambico, se pure
uno
stile
poeti,
simile a quello
che ha
Cer-
di
probabile n provato
fu solo
uno
di molti.
che un meliambo
di
ugual
diritto
giambo
si
Le somiglianze quanto
:
al contenuto
possiamo facilmente immaginare
Ubi
filosofico p. e. di Fenice.
Cercida tratta
nei
Ma
con
cos
un
meliambi un argomento
metafisico,
mutamento,
sia
alla divinit e al
mondo
non ne conosco
et
infre-
in tutta
tu')
ch certi cori di tragedia, a cui alcuno penserebbe, sono assai diversi. Ma somiglianze di
parole non si riscontrano se non una sola volta, e questa
volta nella trattazione di un luogo comune, sicch viene
fatto di sospettare che l'espressione fosse proverbiale (1):
Orazio ha senza dubbio letto, se non Cercida, libri simili.
la letteratura antica;
APPENDICE
Cercida
Il
Fraccaroli
{lv.
di
Orazio.
FU,
XL
brevemente
precuri
meliambi sono il ponte di passaggio
tra il giambo greco e la satira romana. L'autorit che
questo studioso meritamente gode per l'altezza dell'ingegno e la vastit della dottrina, mi induce a prendere
qui in esame la sua opinione (2),
La poesia di Cercida sarebbe, caso mai
e questo
una
avr voluto dire senza dubbio anche il Fraccaroli
sostenuto
sore di Orazio, e
ma anche
terarie,
mento
cio, se
metico
ma
monologo
sermoni,
e let-
di
Priapo,
non gi sempre
(1)
(2)
{Boll, di
sono aggiungerejmolti
altri.
__ 227
il
filosofo stoico
il
Damasippo
scrittore
quali
lui,
di
schiettamente narrativi,-
il
componimenti cio
mescolanza era anche magPersio,
e
la
questo aveva
la
nell'opera
ma
come
nelle Satire
di scelta,
satira
romana da Ennio
loro
(1) Cfr.
Odi
linea retta
il
nelle
mezzi.
La
opera
storia della
sino
le saturae di
nome
indica nel
suo
significato
sgg.
originario
(1),
miste, poesie
poesie
narrative,
alto,
stile
a questa parola.
Satiriche
nel
mento
2t
significato
nostro erano
di
mutamenti
la satira diviene sempre pi una, assume sempre pi un
carattere suo. Ma al principio fu non l'unit, s la molteplicit. A una radice unica del genere non si deve
pensare esso si formato a poco a poco nella letteratura romana da elementi svariatissimi, non tutti, s'inpi romani (2).
tende, e forse neppure
Ma la lirica di Cercida , non che radice nica, forse
neppure una delle radici della satira oraziana. Ben a ragione il Praccaroli ha notato tra l'uno e l'altro genere
di componimenti caratteri comuni; ma dalla sua osservazione si ritraggono tutt' altre conseguenze, quando si
ponga mente ai giambi di Fenice e dei suoi correligioaltri.
Attraverso
che presentano
nari,
Anche
lenza,
che
ti
umane
non
pi.
ne vio-
intitolato s
f.
d.
XXVII,
Alt.
d'inter-
un sno lavoro
kl.
matica
molte
invettiv^a
(2) Il
tira
stesse somiglianze e
ma
della vita;
(1)
le
La
Romani hanno
delle
1'J
una
mune...,
Per
comune
vita
xoic,
filosofia
insieme per
gli interrogativi e
vopaiv.
xaX;
ad-T.'.
si
JIoizic>iT:7zt,
y.xzt.zocc,
aii-apaySiTou.
dvlcLc, e-(
X-'O-o'j
verbiali,
come mostrano
un proverbio
tioXwv, [ajOtO'j?
citazioni e
Fraccaroli.
Questi ha
persona determinata
a un Posidippo.
Ma
, sulle
che
il
'^pto; svO-sv
comune a
lo stile dei
coliambografi
di Orazio,
quali insiste
discorso a qualche
ci sia
si
accosta
perch pi umile.
di
scrivere
alla
squisitezza di arte,
alla
ditirambici
come
difficile
Cercida
scrive,
pi alta
lirica,
o')
L'
intenti parodici.
supplito,
ma
par sicuro
(1)
(2)
almeno
oraziana quanto le
osservato
rivolgere
il
sono indirizzati a
Pi
Gerhard
Xwv ce
72):
(v.
reminiscenze di poeti
Cercida e ad Orazio
poco
o'Orcpy'.v
xoo'j-
buona
ojv]
erano pro-
tre centesimi
xpsta
dalla
G]\j[i'^Afjrj'/.vj
ypr^{xxwv
xt
[to?
tolti
Qio'jc x[pt]wv
il
spunti
gli
Phoinix 137.
^S'M
piano, quantunque,
prosa
e
Alla prosa
(1).
che
come
il
dattilo
coliambografi scrivono giambi cui l'allungainonlo dell'ultima breve doveva togliere gran parte dell'effetto
i
dapprima settenari
un
fa
non
Orazio
certo punto in poi soltanto esametri (2)
se non continuare Lucilio non solo quanto alla scelta del
un succedaneo: Lucilio
dire,
scrisse
metro ma anche quanto al modo di maneggiarlo, 11 trimetro nella satira pi originario che l'esametro.
Questione del tutto diversa se Orazio abbia letto
Cercida. Il Fraccaroli inclina a crederlo il Lenchantin,
;
me sembra
{Mei.
col.
I,
II v.
miglianza tra
5 sgg.; Serm.
II,
3,
166-67),
ma
di pensiero
la so-
che di
la
Damasippo, il quale per non fa se non riragionamento di uno Stoico da strapazzo, Stertinio
d'arte fallito,
ferire
il
tra l'etica cinica e quella stoica corrono molti fili. Il Fraccaroli ha confrontato, e questo riscontro di evidenza assai
maggiore, a
Xy,5,
oxa
xp-/(^Yp,.o'j cp^o;,
TuvSapoio
(1)
5'
Esso
56-/.i
y^P-??^?
oO xapa)(- xozoci
""''''
W^'^ ^-O^
'^oXG)
esametro di Ennio
da Arato.
y.ataxXtva;
prima volta
della
23i
satira
Ilici et
libro haec
Egeria
est;
uhi
siipposuit
do nomen quod-
libet
intendere
il
cida,
pi innanzi
citare Cer-
aveva
citato l'epi-
Ma
senza
Orazio,
citarlo.
si
di
Cercida
verisimile. Orazio
concetto
il
Non
Filoderao.
ci si
d'
xkoc,
facili
donne maritate,
diversa in
(1)
scrittori
(lei
XllI 5851)).
1'
Elena
la
degli
Eleiia
siili'
attica
accattoni
si
ser-
consiglio
di
buon mercato,
coloritura non molto
filosofi,
meretrice
11
e pi a
ritrova in
punto
resto lo scherzo
ventato da Cercida
ntwxs^svyj,
si
a soddisfare e
per sostenerla.
l'
nei
comici
da strapazzo
K(xX}J.jz:ow
Elona
attici.
In
etato in-
era
chiamata
accattona
(Atlieu.
Ateneo
568 d)
(XIII,
-UH
si
il
consiglio con passi della commedia: Filemone esaltava Solone quale inventore dei postriboli: La porta aperta; un obolo; salta dentro (fJOd) .
L'obolo, che pur era il prezzo consueto del biglietto di in-
dei bordelli e
si
conforta
gresso al postribolo
mone
(l), ci fa
stesso precede:
Ma
ricordare Cercida.
Stan
in File-
fjestat,
aperte quod
quo turpia
qiiaerit
celet.
Un frammento
di
Xenarco
(ibd.
con
le
le meretrici,
o nascosto
una
nella paglia
si
chiude
sermone
il
di Orazio.
Tipiaa^aL
mone ha
Da
'^t'^jyAnz
-ffOYl;^/
i-^yjMZ x
come
l'
magno
nel non
ty]V
'/.piJiato?
pretio
dell'epigramma
di
titi-J. ay.
^oX? di Fileil
[l'.xpv
y.ip\x7.
Filodemo.
sere aumentati,
mi pare
risulti
Gerhard 169.
E uon solo cinica ed
(2),
attinge
(1) Cfr.
(2)
l'
OTt,
SpaxiA^S
Itoci
spiv OTCSjieivs. Il
il
O'j'cs
f)
epicurea
asserisce
auche
iiu
personaggio del-
Ivsxa
della vita.
ma
}iy)
che
dottrina e
ttio;
sofico, alla
asseriva
trici,
a dir
cos,
Me
stare ijapillas
(1);
il
866) qui
(v.
liic
marmoreo
pectore
et
poscent minus
peresne? doce
{v.
alle meretrici
et
ncque dant
quid,
di respingere
cio
similes
dare vellent
si
et
acci-
868).
libro
come
dia,
lo
popolare
(2),
comme-
attinto la letteratura
le dottrine epicuree. Il
filosofica
con
attinto dalla
Epicurei
veva essere
poeta
tace
piuttosto
sostenne che
(3)
Cinici
di
su
che
Epicuro do-
bene
forse
accorto
fondata.
commento
infatti
la
sua
del
cambi fonte
satira
anche
non
demo
(1)
(Rm.
la
chiusa,
simili a
compresi
quelli
di
due
Cercida,
non svolgimento dell'epigramma di Filoo espone qui forse anche Filodemo, autore di
se
La somiglianza
Lit. 410*),
tra Cercida
che ha per
il
torto di
non
iiensare,
Lko
come neppure
gli altri
(2)
i>:}4
non epicuree
ma
ci-
ci [x-q
Ji5a'];v;
la
volutt
non ha mai giovato, uno si dovrebbe gi contentare che non avesse fatto male (1). Ma in quella
stessa lettera egli mostra di non avere in massima alcuna ripugnanza contro piaceri di tal genere allo scosessuale
solo
quando
verchio
i(x-/.zla\)-xi
v[Aoi)c;
7iuv9-vo(ia''
/cax
xr^v
xcv
\xrfze
XuTif,c;
xaTa xaxavaX'laxYjc;,
x xaXw;
[xy^xs
zr^v
ypw w;
apxa
x:vr^acv 'fO-ovw-cfrOV
evxeu^ov oh o oxav
xaxaXuY];
TcXrjCTiov
aou
ne
senz'offendere ne leggi
possa fare
lo
eO-y]
apxa
[jO'jXei
y.''jjiva
y,ivf,c
xaxaca''vr,;
-7^
[i,7,x
\ii{iz xo-j;
[iTJxs
xwv
x vay-
otjxc'j Tz^oT.piazi.
Ag-
non incappare in
qualcuno di questi danni ma le parole, che abbiamo riportate di sopra, mostrano che l'usare o il non usare con
solo
questione di opportunit
quanto sappiamo della sua etica, il frequentare il bordello avr urtato secondo lui tutt'al pi contro opinioni
vane, S^ac xvai, non gi contro costumi ragionevoli, l^r,
xaXto?
x''{i,va.
Del resto non importano qui tanto le opinioni di Epicuro quanto le dottrine dei suoi seguaci, e Origene {e.
Cels. Vili 63, fr. 535 Us.) informa appunto che gli Epicurei sconsigliavano l'adulterio
(1)
Gnomol.
Vai.
non per
la
turpitudine
235
dell'azione in se,
ma
per
pericoli
si
ac-
triba epicurea.
Orig.
oi
5i xoizo o
ouotv,
Orazio.
'Eraxo'jpo'j o
iioiy^s'-
Tixovxai
&Ti
37 Audire
est
5i T v=vo|ii>cvat t-
Xog
aique
5'
navxv xwXoxix
(ICf?
atqtie
illis
x^ xo [loixsusiv
Xaxg
cpoy^S
Tj
ille flagellis
cp'j-
ad morlem
caesus;
fugiena
hic deeidit
acrem
>]
9-avdxou$,
xa-
nummi
et
pede nudo,
xx7n,x-^psvxTf]v
xo vSpg s|o5ov
.Tz xriz
XV
olxias xat
ne,
ianua frangatur,
dum
latret canis
xSLVO'J ifpo-
vouvxwv.
Il
V 94)
(1) si
aetate, figura
dottrina degli
noto passo di
forma,
davano
appare fedele,
se non
23r)
al
civica e
regno e
il
molle e
la vita
il
tutt'
altra
meno
deriva molto
molto pi fedele
creda comunemente
ma
quanto ora
si
(2).
non
di tardi epigoni, e
si
ri-
umane
(3).
biano confortata di un
commedia
gi svolto dalla
-ztzoc,
attica ?
(1)
bnb
Fr.
XXIII WiL.
ax 5'Jvaxai uapas/sv
xog po5
(ii^x'
y.%i
XXo
(2)
Si
pu essere
xXog
iiyjts
5ga
xpscns^wv uoX'jxXsia
xi
felici
solo x
-i^y;-:o'J[jivov
cxt xs jiv^xs
|iy,0-'
-XcOxo;
i^poSiai-
cppoSsiaiwv YX=Yp.iva)v
rfiowfx.1
trove.
(3)
Tra
ingegnosamente sostenuti
(Riv. di
FU.
XXXVII 1909,
Mits. LXVI
LIPPSON [Eh.
60 sgg.)
ma
le
arbitrari,
v.
contro
del nostro
di-
Bignonk
237
4.
In quest'ultimi tempi
imhres e specie
24
due epicedi
quis desiderio
romane pi
neraria anteriore.
Da
che
precetti
ion
di letteratura fu-
si
noterebbero
[j.ovq)o:a,
semper
confrontati
stati
tarde, soprattutto
di Stazio,
li
sono
all' TOxcpco;,
al
uapaixut^Yjtcx?,
come
im-
intorno
divide
questa materia il secondo dei trattati attribuiti a un Menandro (1), o intorno all' Tziixrpioc, soltanto, come la com-
l'
della
influsso
retorica su
Orazio
si
scorga appunto quasi soltanto qui; possibile che egli proprio solo quando aveva a comporre, diciamolo pure brutalmente, una lettera poetica di condoglianze, rivolgesse
la
mente
il
da pi
Sia o
(1)
ambedue
di
un
no costui
errore.
il
retore
Monandro
li
Kadkrmacuek,
(3)
hi.
Ali.
nouKG
Faulji-fViHsowa V, 969.
XXV
{N. Jahrb. f. d.
da M. Sik-
cos
Infatti esso
trine retoriche,
238
non considera che (Jrazio, oltre 1(3 dotpoteva avere ed ebbe probabilmente pre-
giunge parimenti
quale
ricon-
si
come
servati,
con-
sandrini
lirici
ma
si
fosse perduta
ogni altra
Siebourg
il
Non avremo
scrive:
soltanto
collettivi
ma
individuali
che
di tali discorsi in
epitafi
forma prosastica
modo come
Il
lo
pseudo-Dionigi propone
non
carmi sono
(1).
ai suoi discepoli
di retorica indistintamente
fu
ci
tivi
campi
anche
alla poesia,
se lo stesso
pa8stY|J.aT)v),
tts
~oi
o'jy.
xal T uotyjiiaxa
TotO'JTWv
[iSVOlg.
XYWV V te
iole,
ixaaxov
{iEox totcov,
cbaatiitog nXo'noc,
uoXg
tjv
ci
(scil. 7ia-
my.rfieioi
xaxaXcya5r]v
xi Tipo
7j|ji(j)v
ysvo-
r eloquenza emula qui
euripidei
239
il
(1).
con
con
cili
le
i
prescrizioni
dei
accordino
si
trattati, o
Liviam e
Stazio,
di
o dimostra tutt'al
mettere
rebbe la dipendenza
di
una sventura,
si
vuole
fare appello a
Prove-
distinguono
trattatisti
negli
secondo
gli
insegnamenti dei
le
epicedi, su per
Ma non
un encomio
modo
dell'educazione,
del
(Ij
naturale,
Anche Menandro
ma
sa cbe
|jiov(o5{a vanno
Omero, cbe introduce Andro-
risale sino a
avrebbero chiamato
(2)
Menandro
chiaro, dico
secondo
stessi
ycoy^i;, Tptxgswg,
nell' x(tY>
1'
monologhi omerici.
il
oiSai
(p.
ma
poche righe
pii
si
TtaxptSo;, Ysvoug,
Monandro
(p.
420,
10) prescrivo per l'epitafio l'uso dei luoghi encomiastici consueti, ysvot>;,
7rtT]8eu|jixtt)v;
La
subito dopo
sola difterenza
non
ter che
minute
ragiono
vi
!240
di
Ma questa osservazione
che Hrica concettosa non pu dipen-
significa tutl' al pi
conformi
si
buona
di
poeta, a precetti di
genere,
tal
in
ai
K come
credo.
se
vuole
mostra l'esempio
di
si
{siv. II, 1, 72 e
quasi con
metter
06
spiritosamente
sgg.)
5,
luce che essi discendono da progenie, relativamente
pi tra i servi, nobile
si
acconcer a celebrare la
servi
di
yvos
le
io
mala voglia,
o di
liberti
parole
stesse
cultura
(II
113 sgg.) e
1,
50 sgg.)
le virt (II 6,
di j;j<en
in Stazio (II
Nulla
di
1,
dimentichi di impartire
1,
251
sgg.).
eppure una
Menandro prescrive che non
ai
1,
il
208
'^oY'f].
(1)
altre,
La
|ivo5 sXiou
TivTttv
il
stessa lista
etc.
(fr.
cfr. nei
si
si
(II 1,
lo
157 sgg.
di
II 6,
ritrova ancora in
Menandro
p. 413, 10.
sia accorto
85 sgg.;
morto un bimbette schiavo o la
Lo Skutsch, PTT. IV
prosatori
)iv
sia
sgg.),
dinandole alle
dell'
167-264). Stazio
(v.
(fr.
di
Pindaro
lolai Xd|i7:ei
130 ScHR.) e xa
a)|ia
|Jiv
^41
IV
egli,
2,
oltre
21)? Pu rimanere
che
carmi dei
classici,
denza da forme alessandrine negli inni e nelle liriche parenetiche ci suggerisce che egli abbia messo parimenti
a profitto per questi due epicedi poesie del III secolo
avanti Cristo, fors' anche pi recenti.
La ricerca presenta per questa volta difficolt ancor
pi gravi che per i due ylvr] di cui dicevamo dianzi:
troppa parte della letteratura poetica che dovremmo confrontare con Orazio, smarrita. La Lyde di Antimaco
che, sebbene scritta da un contemporaneo di Platone,
precorre gi la letteratura ellenistica, perduta quasi per
(1)
16
Ancor meno
si
a).
-24-2
con
Lyde
gli uni
l'altro,
ima poesia a
lui
lirica,
casi
canto
ma
presentare e lo
cui
(1),
ispirazione
stile.
il
Dopo
narrativo
il
modo
di rap-
(1)
cielo.
portate iu
(2)
(3)
Lo schema
-^^-^^-^^-jj^^-^
la
ini-
timi inni.
243
mentre appena incominciava a diffondersi in terra la nosua morte, mentre luci di fiaccole la portavano da un punto all'altro dell'Egitto. Il papiro cos
lacunoso che, quantunque citazioni di Efestione diano
modo di integrare qualche verso, non s' intende del principio se non questo poco che abbiamo detto
anzi, invece di intendere, s'indovina. Dei venti versi seguenti
rimangono solo le ultime lettere. Il primo verso conservato quasi per intero dopo la lacuna mostra che in essa
si raccontava come la notizia giungesse a Proteo. Poi si
tizia della
ciulla e accolta
alla famiglia,
il
mare
tracio coprirsi di
maco
giorno pi familiare,
man mano
semplici e
parole
rare,
nuovi frammenti
che
vengono
trapassi
agili
indugiar
leggero
non
vi
traccia;
il
Della
versi.
tono
si
si
di-
tristezza
direbbe
quasi
maniera come
gli
N cordogHo
o so-
ch
la
tw5'
eteiv....
5uva:|xav
in principio di
gli di,
'(iiii)
O-ei;,
y^P
^Y''^
^'X^
un carme narrativo,
di lirico
non rimane
se
in
a|u'ja-:o;],(T)
?;a:|jioT.v
Ui
aj
l'
(iv
invocazione
che
gli
t^Tj
5'
e
y//
epicedi
si
quali Pastor
lo stile
Che rimane
tare con
che
di epicedi ellenistici
si
possa confron-
(1)
Non
si
triche la formula
sempre
ed molto pi densa di
un
Qui
la stessa; in
appunto perch
sijruificato,
me-
in ossequio a necessit
poeta mira a
effetto lirico.
67 a^u) tv 'ASwviv
(2) 1 sg.
v.a,Xbc,
C;o'jat.v
'Epwxss
'
'
sTtoti^ouatv
"Eptrtxeg
qui precede:
vig'. x''^ ^'
al r.
67.
ma
nano
63
il
ii4o
narrazione,
(v.
ma
nuovo esortazione
di
(v.
68 sgg.), l'altra
essi
in
verit
il
ma
il
in
merc quegli
ognuna
dicevamo, con
che
artifizi
tratteg-
nome
proprio
(1)
s-.t
Imeneo canta
TrXov
'cXexo
uoX)
y}
xxXj "ASwvtg
nXov
(2)
Tion pi
O|j.vxiov (v,
68
7]
90);
sv
'
u[iy,v, ujiT^v,
lo
C'hariti
XXaXaLO'.
Spuiictot.
75 pdXXs S
vt,v
aal
'
Xsyoiaai,
y.x
'tv "Atov.v'
lglio
il
5'
'aal'
oxecpccvoiat
'
Ti
Cinyra
cg XYovx'-
Tiauva.
|JLr,xx' svL
ma
lamentano
97 sg. XvjYS
dXX'Ja^w
y(tv,
eie,
72 xt^-s
xa avO'Sot
litipa ::xvxa,
KuO-pJia,
70 Xy.xpo^ xoi,
77 sg.
fiaive
S viv 2upioiaiv
x av
[l'Jpov
wXsx' "ASiovi;.
x ay^ispov, "iax0
xo||jl)v, Ss
zs
^Ji-t)
fuggiva da
Il
gusto del
Romano
carme
Hione inse-
di
ri-
gna
il
maturi.
frutti troppi
come
100 av.
il
Cr.
L'epicedio
di
un discpolo
veleno, assai
di
italico
in
inferiore
arte,
di
degne
versa:
il
di essere
quella inanimata
lui la
di
come
descrive poi
il
pianto degli
dorica orfana
Muse, Cipri,
Smirne, che
lo
gli
la poesia
le figure
aveva dato
si
Omero;
dell'antichit
natali, lo
addolorano, non
piange
meno che
Bione. Egli,
il
al
le
di
pari
grandi
per la morte
discepolo, ormai
dele da
il
avvelenare
poeta
il
Giustizia lo punir.
Egli
mondo
di sopra.
tua conterranea,
ella, la
Anch'
io,
bero
se sapessi
Persefone una
ti
rimander
cantare,
da Plutone che
ti
al
scenderei
lasciasse
li-
^24/
l' esempio
di Orfeo,
carme per gran parte si agnon manca neppure in Orazio I 24. Il discepolo
sono simili
Alcuni particolari
Virgilio
vere
gli
egli all'Ade
di
di
sotterra,
anche
se
Orazio
chiede
sovrano,
commuo-
intonerai
un canto
Cipri e
gli
Eroti cele-
come
si
d un nudo
in-
Le
Non
rana:
la
ma
ii4
le
le
^\\i
contano:
si
giacerai in
si-
il
(v.
cuno ha creduto
rito
che
ma
spiegare con
lo fa
di
scorgere in
assomigliare
lui
una piega
dello spi-
al
carme
il
di
un poeta
congiungono intimamente,
Roma del primo tempo dell' imsi
luoghi
da fonti poetiche.
Il problema si presenta dunque a un dipresso cosi: Da
numerosi nomi di autori e da titoli conservati si induce
con sicurezza che nel migliore tempo ellenistico fiori una
letteratura poetica funeraria, sia in forme meliche, sia in
distici. Il poco che ce ne rimane non presenta per lo pi
somiglianza con i due epicedi oraziani tranne che un
componimento anonimo del primo secolo, opera non originale di un poeta mediocre, appare a loro simile in alcuni motivi (3). Da questo poemetto si ha il diritto di ar-
retorici
(1)
Sarebbe bello, se
principio,
V invito
si
che
potesse provare
Ovidio
1'
iuvenzione
(^wi. II 6) e
Stazio
(II 4) esortano,
ma non
mezzo ani
il
del
ri-
ci si riesce.
serio
mezzo
un pappagallo, ma gli uccelli, quali compagni del morto, corrispondono agli uomini e non agli animali degli epicedi umani.
(2)
WiLAMOWiTZ,
di
Properzio
per
in
mare
i>4"J
Con-
menti conservati
lationes
di poeti antichi
ma
anche con
poste alla
converr
davano
anche
fram-
le conso-
maestri di
retorica
e bisogner aver
poich
l'
occhio
filosofia
popolare
Ma
in tutto questo
la-
consuetudine artistica
di
si
cela spesso
se di classici o di ellenistici,
non
si
pu
se
come un motivo in
sua dal modo come Orazio
il
s
lo
pre-
tam
(III, 7)
ptici, di cui,
si
Il
:
Melpomene, cui
Reitzenstein
Orazio
82)
rivolge-
si
(p.
li-
propcra-
motivi.
(1)
IX
1886),
pleto.
il
lavoro
non parlerebbe a se
nominato solo al verso 10; anche
poeta paro avere la mente ad altro midtis
rebbe gi qui
Ma
stesso.
nel V. 9
la
No,
di
stesso
occdit,
febilis
proghiera alla
proprio,
la
principio a Virgilio,
in
Virgilio
il
bonh
ille
i>5()
Musa
profferita senza
tihi,
^er(/ili.
nome
(lubl)io in
Musa
d'ispirargli
canto.
il
Il
prescrive
(p.
far concessioni al
sventura (413, 6 sgg.) solo nella seconda parte dell'orail retore dovr passare ai conforti (413, 22). E la
;
zione
ad Liviam si attiene cos scrupolosamente a preche di 474 versi ben 329 sono spesi nel compianto, nel i>-pr^vo;. Che Stazio non dimentica neppur lui
questo dovere del buon consolatore, non occorre neanche
consolatio
cetti tali,
dire
(1).
Ma
il
luogo
, se
luogo
lo si
vuol chiamare,
ben pi antico della retorica quella stessa elegia di Archiloco che Orazio cita in fine del suo carme, la pi an;
greca
notizia, incomincia
cosi
(fr.
9)
[jisjji-fjjisvo;
di cui ci sia
xifjzv.
O-aXcr^c
|jiv
giunta
axovevTa, Ile-
ii^/hz-%'.
oo -Xtc,
(1) II 1,
doma
(2)
II 6,
14
nemo
vetat
si
satiare malia
lascia
sfuggire
Menaudro ha
tra
suoi esempi ok
questo
aegrumque dolorem
r/.X'j-
com-
libertate
hictis ?
:iv9-oDvTa; xxi
mostra
motivo,
ma
aggiungendogli
lo ripiglia,
ii31
una
le
restrizioni
scuola filosofica in
voga
ri-
in quel
scrive
jxxpca
yjxi
i<])
cpO'qjtsvo)
tiv.
-/.al
(xv
rl
v.c,
7C7.|j.7:av
oa-
xp'jv
7iy][jLYjvavxo.
xpioTiO-eta
ma non
derna ne
alla retorica
intimamente
egli lo presenta, pi
lirica
che negli
altri
poeti e scrittori.
La prima strofa
Musa la isola, per
un proemio: l'invocazione
quasi
(2)
alla
Quindi
lo
perdita irreparabile
bene corno
tali xkoi
di
persona
discendano
la
cara, sta
iier sentieri
^yj-cIv
coi'risponde al deside-
rium oraziano.
(1)
cons. in Apoll.
102
e o
yp ycoYc
ocxv,
ox Tto5ox(.|AaaTov
accademico Crantoro, che
xy]v iie*cp'.c7:i5-eiav
filosofo
"
comune
(2)
8(),
del
Kkiizknhtkin, Sikhoukg.
Il
252
Ma
appunto per ci ergo conviene a questo luogo, perch tra la prima e la seconda strofa uno stacco. Segue cui Piidor et lustitiae soror incorruptn Fides nudaque
Veritas quando ullum inveniet parem'^ Qui tacitamente
presupposto che il Pudore, la Fede, la Verit siano rimaste orlane in terra. Cosi la morte di Hione rimpianta da Afrodite e dagli Amori, perch' essi non hanno
pi
chi
Motav.
canti:
li
... '/jx\
K'jTtpcs cfcXec
-vca tou
atuYVol
7iox)vJcaxovxa r^lXrpv^.
pi chi
venti
poia,
aw|jia xs^v
9^
zb
"EpwT:.
-7.
l Tipwav tv "Awv.v
anch'essa intonare:
Cipri potrebbe
non han
Quintilio, chi
vi-
(2).
il
amico
Le
xXa-'oua'.v
cp:Xrj[ia,
ille
owpa
a-JYx-.V.v
li
morto
pi,
~^^\
ae tzoVj tzXzov
(o
bonis
flebilis
occidit,
si
pensiero al migliore
nulli
flebilor
quam
Ubi,
:
Vergili.
tu, frustra
Ili 9,
est
15)
guen aper.
tempo
di
esempi di queste due virt in due capitoli consecutivi. Su tutte queste dee, tranne Veritas, cfr. "Wissotva, Eel.^ 133. 333.
plus,
non
heu,
stra pius
non
modo
di
gli
di
non ha giovato
con
lui,
togliendogli anzi
sono mostrati
essi si
tempo l'amico pi
scono
il
Fru-
ita
fa difficolt,
biano trovato
^53
crudeli
Talvolta
caro.
morte
non
ma
consolationes
riferi-
cosi Ovi-
ai superstiti:
Tibullo {Am.
di
Ili 9,
37)
le
il
colenteni
forma
ma
si
la
il
lamento per
la
morte
gia lucof
num
vetito
luimus tantis?
(jiiem
La
prolissit retorica
dei
due poeti
quale chiude
Ma
non
perfettamente chiare.
creditum
ita
difficile.
Chi,
come
solito
il
luogo
Siebourg
comune
non
data dagli di
questi
hanno
in
il
680),
(p.
delle
diritto
il
fa dire al testo
il
il
cela
Kiessling-
una
rela-
rinunzia a interpretare:
consolationes,
propriet
di
come
si
ma
togliercela
che
in
la vita
prestito,
il
ci
che
quando vogliono,
tenuto. Certo, Orazio
2r)4
si
(1),
iia
ci
Orazio contraddice
insorge contro
timento
cuore
dai
mente.
contro la
retori?
Non
ragionamenti
dei
anche questo un
parrebbe;
ma
filosofi,
xtto?
il
derivato
che Orazio
verisimile
sopra,
l'-u':a:
di quell'et gridasse
spiegando che
questa, se
ai
la vita
gli
di
filosofi:
inutile consolarmi,
(1) I
il
come Orazio:
Sikbourg.
Ma
il
passo
da Crautore
Marc. 10,
2.
il
pensiero
clie
Cicerone,
quod
repefitmn
id
quaeritis,
i>55
abstuUt
avranno
in
stile
retorica.
Segue: quid
arboribus
rere
si
num
fidetn ?
quam
nigro
usato in vario
modo
in
L'esempio
di
Orfeo
contro la Necessit (e
s'
ouS
XI
cpp[Jt,a>tov
Sp-lfjacci-
sv
xi;
'Op'feta
xa-
cos,
Yf|pU(;.
comunanza
pi naturale
si
pensi,
come
Ma
suo canto
il
inferi, al
patto con
dall'amore troppo
modificare
(v.
il
xkoc,
di
di
Plutone
mano. Si aspetterebbe
gue invece per vedere,
:
^2:;
e,
L'invenzione barocca.
Ma
il
se-
poeta-
dizione mitologica.
canto
siciliano, e Persefone,
come ha
carme
finisce:
se
un giorno
restituito
Pione
ai
un
stesso
egli
suoi monti.
11
suonar
il
canto la restituzione
di
persona cara,
si
sostituisce
stituire
il
il
motivo
discepolo italico
(1).
Secondo ogni
ma
per
[iev7]v
xprjva.
Lo
stile della
solito,
il
l'ordine
I
(1)
tradizionale
e da fiere, riuscirebbe....
superstiti
di
classico, alla
II 1,
11
1,
non
23.
di
piegare
gli
Inferi
ma
di consolare
poesia di Archiloco da cui
diirum,
secl levius
^0/
il
fit
le
mosse
est
nefas,
che
pare in poeti e
v.axoTatv,
oj
'-pi'X',
filosofi
ul
tardi (1)
xpaieprjv
XX
0-sol
yp
vr^xcj-oia:
ed-saav
-Xr,[JLoa'Jvrjv
cppjxaxov
aveva spesso sulle labbra una sentenza che pare a prima vista non dissimile, se Svetonio (2)
non inventa, l dove narra essere stato egli solito di dire
che la virt pi utile all'uomo la pazienza e che non vi
Certo, anche Virgilio
Ma
non vinca.
forte,
quidquid corrigere
pazientando prudentemente,
manca
seconda, che
stoica
il
in Orazio
est
il
in
con-
non
Mystes
(3).
(1) Cfr.
vivxa;
splv
105
Marc.
Stesich. 51 xeXataxa
Ibyc.
27 ox saxiv
2.
6,
y.al
nna
Senec. ad Polyb.
67
RiiKi'.
S0UU18
esse patientia ac
erat
ad
2, 1. 4, 1
430 b parrebbe ohe anche Al-
consolatio
(2)
homini
yp
rtocpS-^nvoig
sgg.
t'
p. e.
%ka.leu
dicere
ntillain aaperani
io
y^pr^
xxxoiai
&'j|iov
-t-
Bx^i.
nullam
virlutem
vommodiorem
qnam
prii-
liUCHKLER pensava (M. Mua. XXX VII 1882, 231) che Mystes
pseudonimo di nn figlio di Valgio ma paro altrettanto scou-
(3) Il
fosso lo
17
'ia
le sorelle
smisero un giorno
lutto per la
di I 9 vides ut alta,
dunque
Anche
ellenistico (1).
qui la
sentire. E, poich
in
questa
il
di
zati dall'acqua
di
campi
sfer-
il
rade pi ne
si
pensare e
natura morta,
la
si
pettina (2);
l'uomo
intirizzito;
Non
come
non
spogliati
ma
soffi
vedovati
un parente suo
chi perda
il
poeta abbia
nistica.
Lo
stesso
motivo
ritorna,
chiamato con
amores.
per
affetto
nome
la
sotto
figliuolo
pieri
il
cotisolationes
delicati
di
divenisse
quasi paterno.
(1) Cfr.
mondo
il
olii,
consenso
e specie
IV
7 dffngere nives.
(2)
(3) Il
arbiter
Hadrae maior,
tolere seu
ponere
ibd.
3,
230.
voli freta.
259
ad Apollonnim, dove (103 b) il tempo bello e catcomparato con le sorti alterne e opposte degli
uomini. Ma la coincidenza prova tutt'al pi non gi che
Orazio dipenda qui dai retori, ma piuttosto che le conso-
consolatio
tivo
Che
sia
Anche Nestore
Segue
Properzio
in
mari,
diceret
non
aut
mors,
est
ille
ciir
Cal-
solevi
Tct'^jS-ylaaS-at
x 'Op,y]pixv
'
|j,'jpo|i.svotat
5= xoat [lXag
ti
eanspog
r^Xfl-s'.
il
lasciano
il
Il
male
gli eroi
a 423
(2)
La
o 306
109 o
xoioi
l'
come sempre
impube corpus
[JiXag
8 TOat
tiI
cpvyj
aTtspoj;
in nuest'odo, squisita:
(e^iod.
impia mollire
Thraeum peciora
un benia;
ma non
(xupo[i.=vo'.oi
Tpuo|j,Voiai
V amahilis
f.
Lo Schueider
(fr.
iitU
altri
ultimi
egli lo imita
qui.
ricostruisce faticosamente,
si
Il
di
ritmo
dei
[iilr^
di
Callimaco
(2),
lo
alessandrina, tra
proprio
il
Una
ellenistici,
ma
cita
pochissimi
converr parlare.
che proprio
di
spunto
rompe fede ai
non solo rifoggia materia e mole prime parole di un carme di
le
meni precor
alla
et
mente a
(1) I fatti
per, jter
non
serves aniniae
va?,
si
sione ultima.
(2)
Raccolti dal
Wilamowitz,
540 sg.
'pTra^ac.
t.ov.
Zxv;
glia
261
XcixevoaxTiw
i7.vu(jiac
tratta
il
114).
(fr,
il
imi-
sostituendo all'immagine
della vita
la
>^
ormai invecchiata
l'espressione pi vivace
prima
me
di
un poeta greco
luce
(1)
met dell'anima
che nessuno
il
pregio
l'aveva usata
contemporaneo
Catullo.
fli
a un
epigramma, a quello
che comincia
f][i:a'j
iJLS'j
o'jolo?
di
e\i7zvs.'jao(.c,
vy/jxcuc,
Nxo;,
oaspwisc,
mente non
si
ma
(1)
Gil
nell'Odissea Telemaco
dolce luce ;
ti
23, p 41 y,XO-s;
Quel
XinsvoaTtTZO) e
il
reddas
incolnmrm oraziano
sono
continuava a un dipresso
arra
cos.
flutti,
262
rim-
piange nel terzo di non essere un delfino per poterlo trasportare egli stesso alla mta, Rodi, sul suo dorso. Orazio
ritorna all'apostrofo callimachea; ma, poicli
cozzo
il
di
si
direbbe, quella di
de-
porto,
in
il
prezioso
carico affidatole.
Le
parole navis.
un
ci
presen-
Pi
rimpianger che Orazio
Callimaco sono anch' io
depositum.
ma
all'interprete
non rimane
altro
che constatare che Orazio ha voluto qui, come altrove, introdurre in una poesia, la cui ispirazione gli veniva da un
poeta greco, un elemento specificamente romano. Questa
volta non gli riuscito senza danno dell'effetto poetico,
ma
anche per
meno
un'
altri rispetti
questa
lirica
pare a
me
delle
felici.
leagro
luno
(AP XII
52), aveva coniata per l'arcato (1). Taha negato che il dimidium animae abbia qual-
(2)
siasi relazione
con
l'f^jxiau
'|u/jjC,
(1)
Ma
le espressioni di
tal
Cal-
(ep.
tone
XYiv
tj'uxviv
'Aya^-cova cpiXwv
rJ.
y^^stXsaiv
ioxov.
f,?.0-s
(2) Cfr.
Kiessltng-Heixze intorno a
qiiesto passo.
yp
r,
tTj-
263
genere che, a indicare le relazioni tra amici, sono adoperate da scrittori anteriori, quella di Cicerone (de ani.
92), secondo la quale amicitiae vis in eo est, tit iinus
XXV
quasi aniniis
fiat
1,
due corpi
sono
xf,;
cpiXia;
K-jTrpt?
|x:poTpwv
"(iyo^''
vyZoyoc,,
sax'
aVpsa:;-
comincia
Venere,
la
il
venere
cpiX:a
tutt'
cpiXta
uno con
chiude
l'affetto
dell'anima
la popolarit di
questo dialogo
non
illecite,
almeno
illegittime,
anche
agli
amori con
l'ellenistica,
gli
tanto
meno
la
romana. Comunque
sia di ci,
amate
una parola che era
stata
coniata
2(i4
il
doveva la conoscenza di Mecenate? Ne di quell'immagine egli ha abusato la si ritrova ancora una sola
egli
ferma
Mecenate
tello:
quale
voto
morire con lui a,
animae rapii maturior vis, quid moror
Ijartem
il
vivere e
di
il
egli
superstes
aveva
poeta, figlio
si
nec
fra-
ma
(1),
per
lui,
ai
poteva chiamarlo
letto,
mene
altera,
integer'^ (Il
in certo
di
te
ricon-
di-
senza
la gloria propria,
dilecte
Maecenas, ohib
(II 20,
5).
Le reminiscenze callimachee
Anche
dall'ode
di
si
obietti
Orazio.
Stazio comincia
(III 2)
che
egli
con
la
pu dipendere
(1)
Quest' certo
(con
il
(2)
rem
al-
ma
1882, 238).
Orazio 3
in
il
preghiera
sg.
(3)
(v.
7 sg.).
nostrae maio-
pure egli invoca nomi
che
egli
S65
nistici 0,
Orazio tace,
che torna a esser lo stesso, nelle scuole di redoveroso menzionare in questo genere di
torica, esser
carmi: oltre
si
immagina
modo
il
stesso
maggior parte
l'aiuto della
di
come
queste
marinai (13
sg.).
1)
di
di
trascuri di far
si
rivolse
non
agli di
ma
ei)
D esempi Vahlkx,
(2)
opusc.
vj
di
Il
Orazio, promet-
22".
sopri'
segue
8s vag S-situ)
in
S-eog
Menaiidro quasi
svaXiYxiov
vSpa
2()G
essi,
noto sotto
mati
nome
il
perch contro
nn augurio
lotta
po-
scacciano
comunemente
sono chia-
(^ipo'cx,
rie
(^astori
la sorella essi
in terza persoua,
nificazione.
(1) Cfr.
L'apparizione
Isocr. Rei. 61
un'epifania
nel-
l'inno omerico:
cfr.
degli
di
consueto
nel
antropomorfico: Alceo
aspetto
(cfr.
Oxyr. Pap.
59)
La denominazione
funesto,
tra
dei marinai,
come
pili,
suole, a
se
il
coy, o
almeno
si
fuoco di
qixel
nome
gli
le
funesta,
Ma
opinioni dei
compagna
ai fra-
non recatrice
di salvezza. Poich
salvatori
sarebbe indugiato,
egli
avr
ganti
la
Quest'
(1).
Nimc
lirici
un carme
in
est
ma
dotti
stile,
e fa venire
vjxv.oZ^r^doi..
^liil
non
belli
sempre maggiore. N
si
al
simili
(2)
Callimaco
Che
educando a semplicit
andato
non sorprende
strofa,
ricordo letterario,
come
Orazio
il
ma
(3).
le
seconda
della
di
artifici
alla
il
sospetto che
il
dei pi antichi,
come
ripensi
chi
Non
forse
credo
duta
man mano
che
si
letteratura ellenistica.
derno
sentirsi sazi di
inciviliva
Anche
il
allora,
civilt.
Che
natura
la
umana
si
dogma comune
esser felice,
stiche di filosofia
degli Stoici
lo
ma
pi nel buio
(1)
fralrcs,
(4),
degli
la vita
dilecaelo;
scuole elleni-
le
(5)
di tutte
Epicurei
il
passo oraziano
v.
10 Oehalii
ma
Vedi
(4) Cfr.
(5)
fr.
il
Pohlenz,
nemo de
Epicuro
(fr.
472)
cfr.
4.9 sgg.
(6)
Pohlknz
su
questa ten-
2C)8
credevano l'uomo nato dal fango, indotti forse pi ancora dal s(3nti mento generale che du considerazioni razionali, proiettarono essi pure nel passato pi remoto l'et
quale
prima
le superflue
COSI
Come
(1).
umano
modo
fu attuato nel
danna
la civilt dei
100
stizia (v.
con simpatia
la
scuola,
la vita
retti
pii
da Giu-
descriveva
Recale
Callimaco nella
sgg.).
[iro-
di consorzio civile
(2).
Anche
piange
la
come
Orazio,
Romani
di colori ideali
la
semplicit
prisca
voli Greci e
vizi,
alla vita,
utili
il
gale
davvero
arti
le
di tutte l'agricoltura,
anch' egli,
come innumere-
(3),
Anche per
dipinge
pura di
lui la santit
maggiore del viver sociale fu nel passato ma, pi realista e meno romantico che non Callimaco, che non Tibullo, egli la cerca nell'antichit romana, in Romolo e
nell'intonso Catone (II, 15, 10), nella giovent che com;
(1) Cfr.
(2)
le
axov del
la parca
(3)
il fr.
131
di
Callimaco
il
Ty&S
infi-
otXy^i-
La leggenda
dello Scita
EUeni
li
Anacars,
giudica
che
per
ai
molti
meraviglia degli
rispetti inferiori
Festg. fiir
liOU
(III, 6, 33).
condanna mai
quest'ode, egli
la civilt,
ma
cessi di cultura:
dava l'esempio.
Nell'ode di Orazio l'et dell'oro quel tempo in cui
la
dottrina
(1)
Per meglio
la fantasia del
pare
Sertorio
La
epodo
Ma
16.
in questo
felicit, di cui
per
Antonio
si
pensasse
davvero a rifugiarsi
Kiessling-IIeinzk
Cleopatra
al v. 41), cio,
cfr.
sopra p. 59.
quella
at
cum regna
omne lucnim
3;")
iciiehris
sgg.)
alta
amata
gli preferisca
in
un amatore
quella
eques.
incolto
poesia
s
ma
Il
poeta ha ra-
motivo
ricizza
il
perlam
el sic
niclius
liumanos in usns.
Roma
sihnn.
cum
terra
celai,
i7U
tichit specie
(juasi
pi antichi adoprassero
in disparte dal
se Callimaco nel
aratri e buoi,
ma
si
tenessero
Che meraviglia
amato
o un'amata
propemptico per un
mare
110 sgg.)
(v.
(1).
wcpsXs
[JtY]2'
yvovxo
vis;.
d-occl
pi
Il
ha un pensiero
(1)
assai
La maggior
il coro
dio nell'elegia test citata 39 sgg., Seneca Phaedr. 533 sgg.
della Medea 301 sgg., per contro, parla di tempi felici nei quali l'agri:
coltura esisteva gi
ma non
non norat
opes.
sicch
ancora
le navi,
parvo
dive.s, nisi
I 3,
ognuno
poesia
(II 1,
umana
in
consueto,
332)
un'altra
modo
(v.
primi uomini,
nemico acerbo degli Stoici, Lucrezio, trae proitto da questo TTCog. Gli
uomini primitivi, secondo la dottrina di Epicnro e sua, erano tutt'almolti perivano di morte orribile, divorati a pezzo a
tro che felici
pezzo dalle iere ma almeno non in un giorno solo morivano tanti
:
in battaglia o in
mare (V 999
sgg.).
271
non pare
egli imiti
Orazio
arte
umana
si
dell'ode. Egli
45 sgg.
esclama:
cum pelago?
tihi
(1)
contila te sollers,
samente quid
non et caelum,
tal e
contenta
diverso, sicch
riesce
chiusa
fuisses;
La prima
la
e chiede angoscio-
tiiis,
terra
con
hominum natura,
testo
due avevano
stesso dubbio
fuisti et
lo
Eppure
vias.
piuttosto, tutt' e
diffcile
seconda
la
cur
parte pi
stultita. 11
con-
immaginare che
r invettiva contro
viene.
Il
poeta degli
al'tta
dannose
di altre
egli
renicis
ferro
(fr.
si
35'^):
di
arti
e perverse (3).
contro
scaglia
XaXu^wv
naturale
come
o'C
[jl:v
(he.
interessasse
utili
(1)
Coma Be-
Da
yhoc.,
^Eid-v/
vxlX-
Callimaco, dunque,
(2)
anche
vita cos
alla
infatti nella
uloizo
e'iiriwoc.y.
s'
(I
ma
fetto patetico,
s'
il
17, 13):
l'ef-
intendo come
taluno la espunga.
(3)
elio
Sugli
eupYjiJiata cfr.
la fonte
prima.
'll-A
suo
il
in
e)-go sollicitae tu
mortis adimus
causa, pecunia,
iter.
vitae,
L'epigramma
di
per
te
Antifilo
immaturum
AP
IX 29
sar, al solito, abbellimento di un carme alessandrino, dunque, nel nostro caso, callimaclieo. Per Antifilo l'inventore non un mortale, ma la Tixa. l'Audacia in persona. Nell'et dell'oro il mare si guardava
come Hade.
dell'et dell'oro.
dell'invettiva contro
con riluttanza.
li
ma
fama
tempi quanto
si
voglia cat-
impiegati e soldati
dell'
albanesi,
colte in
(1)
Anche
il
herbe Ansgang scrive egli della chiusa ist -n-eniger in der Situation als in der tiefernstou von Sorgen iiber das sittliche Elend der
Zeit beherrschten Stiramung des Dichters begriiudet . Ma proprio
la chiusa
ha riscontro
in Ovidio.
273
io lo conosco male, o
movesse sul serio per cos poco.
non si pot riscaldare cosi se non a freddo, se non
perch un modello celebre gliene dava l'esempio e gliene
forniva l'occasione. Callimaco invece era molto diverso:
spesso egli parl con accento patetico, eppure con il sorriso sulle labbra. Cos appunto nella Chioma di Berenice
sfoghi che sembrano dolorosi, come quell'invettiva, si
alternano con tratti di eleganza cortigiana, com' l'accenno agli unguenti di cui era profumato il capo della
egli
regina
(v.
77),
(v.
79 sgg.),
con domande birichine. Mal possiamo credere che il cortigiano, avanzato ormai negli anni ed esperto della vita,
chiedesse sinceramente sia pure alla nuora dei d-eo: cp'.Xnon orbum
et tu
SsXcpot
flebile
discidium ?
Il
come
mani quello
e
di
di Virgilio.
mutamento
ro-
tra
di tono, se,
modo
come
il
suo modello.
anch'essa forse un segno che il carme dei pi giovenili. Particolarit stilistiche confermano questo giudizio
perrumpere, con un
Infelice a ogni
l'enfasi;
non
si
e forse lo
si
iumnna
(1)
ruit
per
vetitum
nefas
(l);
andax
lapeti
(uej'tta!).
18
L'92)
genus
interpiin:
niU per
iiy
poche
'(-
come
si
Prometeo;
il
genere
umano
genus
gentibus h studiato.
strofa
non
delle brevi.
ma
il
gli
(1),
Acroceraunii scogli
imprimere
ha
il
fatto spesso
maco avr
il
quella
come
Calli-
Mediterraneo.
Anche
la nova
Febrium
cohors,
il
corteggio
vizi,
che
(1)
con
il
Il
fuori strada
za,
Ssivcc
morte non sa porre rimedio. Ha ben notato la differenza il Friedrich {Roratius p. 168), che per ripropone una cronologia impossibile.
(2) Quanto alla prima immagine, al Noto, quo non arlUer Hadriae
maior, tollere seti ponere volt freta, si confronti nello odi romane III 3, 5
Auster, dux inquieti turbidus Hadriae
in ambedue i luoghi il vento
un tiranno capriccioso.
alla
275
per
il
fetente
Mevio (epod.
(III
ma
cui
non ha
dell'uno,
ha detto abbastanza
carme di tipo assai par-
5),
27)
il
che
il
poeta deside-
coraggio di augurare
male
le
a quei
fini
molti
chiro-
570
Ma
Venere
regia
ridena
perfdiim
h di miglior pasta
che non
ragione.
creda
si
ridotto
lia
par dargli
suoi
mette in
infamem mihi
ridicolo
il
proposito fiero di
Europa
si
quis
prospera:
notizie.
si
Ma
sempre fedele a
Properzio
all'amica che
si
il
non pensa pi a
lui, tant' la
ai
partire,
naviganti
rimane per
ad augurare
compia; Orazio ri-
desiderio di
di
lei
non
si
egli le
augura.
Ma
Tu
il
eguali
si succedono in ordine inverso. Pure non sembra che Properzio nel primo libro abbia mai imitato Orazio (1), ne
le coincidenze sono di tal sorta che obblighino a cre-
Anche
qui
<'
bene
modo
il
sentimentale
tra
Che anche
l'amore.
la
ferita
scherzoso
anche
mondo. Egli non augura
da uomo
suo carme
impedisca
le
il
ma
di
trattar
di
l'amata
tutt' e
due
le volte
passi l'Adriatico,
il
modello
e di Teocrito
ma
rigorosa non
si
di
Partenio e
di
pu dare, perch
Pilodemo.
Ma una
naturale ogni
prova
Romano
Cfi-.
(1)
LXV,
litio,
(2)
noi
1(10
Kkisch,
IVi.
(2).
Mus
211.
Si confronti
il
ti
278
il
suggello
proprio
viaggio,
pericoli vani.
La seconda
duce
contenuto e sino a un
forma metrica di queste, che si possono dire ballate , se ballata si prende
nel senso che le davano i romantici, tratta brevemente
il paragrafo 6 del presente capitolo. Il contenuto epico,
che fa sentire maggiore lo stacco tra questa e la prima
parte del carme, spiega come l'avventura di Europa, pure
certo segno di
stile, liriche
nella
il
per COSI dire, a certa distanza dalla materia del suo canto.
La
il
carme
forse la
pii
Il
modo come
6.
Di Orazio conservata una sola ode prettamente narI 15 Pasto)' cimi traheret ; ma di un altro carme,
di quello appunto che abbiamo trattato poc' anzi. III 27
Impios parrae recinentis omen, la narrazione mitica riempie
pi che due terzi, cosicch il propemptico, che l'introduce, fa la figura di un proemio personale e nulla pi.
Da quando fu scoperto Bacchilide in poi, si sono spesso
confrontate le due odi, specie la prima, con quei carrai di
questo poeta che, comunque egli stesso li avesse chiamati.
rativa,
:i/U
ma
somiglianza innegabile,
componimenti non
se
abbiano fornito
epillii
il
lirici
La
poeti
dissimili di
(1).
se Orazio
ellenistici
gli
l'Heracliscos; se epillio
crito;
pu chiedere
ci si
l'Europa
vati senza
di
nome
di
li
pu
si
Mosco;
l'
dire,
Dioscuri
(2) di
Teo-
(3)
il
Stesicoro, e
l'epos,
lide e
della
leggenda.
Gli
poi
Bacchi-
lirici
episodi
Alessandrini
menti
lirici
e,
lirica.
(1)
cfr.
scelti
Com'
di avere
oV axal
WiLAMOWiTZ,
vanto
nuovo:
io
rcotpxouot
xa- w?
jij
'jTiapxei .
(3)
il
un cauto suo
sgola
getto, Orazio
questa
specie
avrebbe trasfuso
di
ballate ,
dire, del
di
soggetto nell'og-
nuovo
metro
in
di ballate,
s'
lirico
intendo, nel
vano
poeti del dolce stil nuovo (1). Anche chi non
aveva timore dei molti zig-zag, avrebbe dovuto arrei
in galliambi.
Come mostra un
modo
di colorir
papiro di Berlino
meglio
il
qua-
Callimaco ha
(2),
e in metri lirici la
morte di
turbamento, anzi lo sgomento che
la triste notizia produsse tra gli di, l'apoteosi della regina. I versi sono archebulei trattati con libert davvero
meliche (3), che parrebbero a prima giunta aliene dall'inArsinoe Filadelfo,
il
tono:
il
una leggenda
il
di
volta,
di di e di eroi
senonch gli di sono qui
uomini accolti dopo morte in cielo, gli eroi vi-
fatti mirabili
in parte
alessandrina. Lirico
fissa
ma sul nascere;
leggenda
ben conscio della sua
e a corte, la
e,
non
libert,
la crea
ha
un dipresso
Eeitzrnstein,
(1)
Cos a
(2)
il
GGA
1904, 957.
oltrech in esametri,
metri
lirici,
ticolari
come
come
:il
di
Un'
ha mostrato che anche nel quai;to secolo, quando l'epos
tornava a fiorire con Antimaco, la lirica non restava per
ci di narrare. Il nomo di Timoteo conchiuso da un
altra scoperta
pi
celebre,
a'^^o^yic,
il
di s,
Salamina.
si
sia
come
continu,
in versi lirici e in
il
carme
lirico
tono
lirico,
era composto
tici
Del resto, anche prima della scoperta di Timoteo i criavrebbero dovuto sapere che poesia narrativa in metri
(1)
WiLAMOWnz,
Timotheos 97.
lirici
394
1;),
gli
Platone
in
un
altro misto,
come l'epopea
eupo'.; 5'
vari
pura imi-
in
e molti altri
com-
se
quel passo
il
certi
ditirambi
avevano
(1)
mischia sempre
poeta epico
di
retti
personaggi.
soggettiva
il
al
vero, anche
poeta parla a
nome
in
lirica
puramente
maschera altrui; ma Platone, se avesse voluto ciun esempio di lirica pura, avrebbe nominato piuttosto i Lesbii, piuttosto Saffo che non gli insignificanti
ditirambi a questi appunto ricorse perch non aveva
la
tare
di meglio.
stotelica,
proprio
Ditirambo
Aristotele
li
nomo sono
considera
il
(iLfiYjai?.
lirica
generi
astrag-
propriamente
affini,
tanto che
avrebbe chiamato 5t^upa{i|3w5r]; lo stile del nomo di Timoteo, che per i Peripatetici rumoroso e ditirambico sono
tutt'una cosa {Rhet.
(1)
pi
Non
direi
jjiXtoToc Tcou
il
Ili
1806 b
paiono indicare
2) (3).
clie la
s'jpo'.;
narrazione senza
si
trova
al
discorso
pii
nel
ditirambo.
(2)
(3)
nimo
tra
di
Bacchilide
un peana.
inclusero
283
si
Europa
sulla sponda
gi
tico
teto dolosus
salita
il
ricordo di
mi-
groppa
in
al falso
toro, gi
del mare, gi in
accenna che
il
ma
un'incarnazione di Giove (1): dell'innamoramento del dio non fatta parola; il rapimento indicato
con parole che prendono quel significato solo per chi co-
soliti,
nosca gi
tutt'
et
non il fatto
debitae Nymphis
opifex coronae.
chilide
cominciano per
lo pi altrettanto ex ahrupto:
descritti e
rum
ditirambi di Bac-
doveva seguitare
sciatori
degli
ricevette
casa sua
in
Argivi, Menelao e
fio-
Ulisse
La
Athena , e
due amba La nave
dalla
tesi .
questa
rativa: super
Atti,
cernia,
alta
rate
detto, perch
il
nar-
lirica
maria; chi
il
lettore
lo
sia
sa
suo
(1)
Cos in
Nonno
uguale dell'epos!
gli
Ma
perci appunto
(J'E'jS/jijlovs;
opi)nre vO-oi
i|ncsti
)iollia
nnilicr (v.
27).
'd^i
turpe
un sogno?
passata
gono
il
eleganza,
Chi
sa,
integra:
principii della
sco, sentono
meno
il
freno
La Megara
in-
(1)
WiLAMOWiTZ,
disco comincia con un
285
5'
xv
Ypwv
|3owv
Ttpoas'.Tis
iiioopoi; poxpsu?
anche qui solo il lemma premesso alla
prima scena mostra che un oratore indeterminato parla
ad Eracle. La seconda scena (che il poemetto si divide
in iscene staccate l'una dall'altra nello spazio e nel tempo)
incomincia: Il Sole volgeva i cavalli alla tenebra, conducendo la sera v x 5' urP^uO-s ixcova ^fjXa ex ^oxi.yri(; vtvxa
fix' aXia x arjxo'ji; xe; quali pecore? e a chi appartengono?
Augia nominato solo venti versi pi in gi (v. 108). Tutto
quel che precede, riempito dalla descrizione del ritorno
;
il
gna
La
la
prima, con un
una vaga
farsi
InnKjXrp'.c la rasse-
come
pu
lettore curioso
si
di
Eracle
il
(1). Certo,
qui occorre
come Teocrito
os
avviarono alla
ma
si
Siccome
(1)
le
liaiino
speciali, autentici
titoli
il
Wii.amowitz crede
(edizione dei Bucolici 165) elio anche la terza parte avesse originariamente un titolo proprio, smarritosi poi nelle vicende della tradi-
ci
sia
mai stato
qui un
era
^uXsg
La
ol'
Ts....
pouxXoi iXvSpeg,
terza ripiglia
Xsxvjv,
*uXsg xe
'A|i(ytTpu(iJvi,dt8a pivjv
S'
eg
ptyj
0-'
'lIpaxXyjsiY).
senza
titolo, a orientare
ciali,
lasciare
il
uulpoTrXov it'X^c,.
x)
lettore.
puti-vano
titoli
spe-
mettere e
Il
carme oraziano
proj)ria:
di
Venero, saziata
286
carme
suo
il
il
di
conservato a noi
La
la predizione
si
alla
profezia
di
Tiresia segue
di
vita
la
ser-
descrizione
dell'eroe fanciullo.
arrivavano a mezza
gamba
molti
critici
gli
hanno segnato
(1) Cos,
e cos
135,
il
l'imitazione
dell'uso
rapsodico
spiega
il
tizie;
versazione
Amyco
parte
si
Nei
perduta.
espressione ragionevole.
se pure pensiero
Come negare
In verit
erano
un peana
tutt'altro
che
ben pochi.
cfr. Fraccaroli,
Lirici II 422.
principio di discorso,
di
Menelao,
sublime,
non
si
un
discorso,
la
fino
i)erduta
lo
meno
altrettanto
una vera
av."/oixuO:a
un gruppo
nolla traf^edia, da
288
di
due
spesso
Pi discreto
versi.
nel-
l'
Mosco
l'eroina
il
toro;
si ri-
al
La prima scena
due
che ve
li
dei
riceve,
chio bifolco
mente
leone
chi sia
il
compagno
suo
di via, se l'uccisore
la battaglia contro
del
mostro:
il
ma
un eroe omerico
ellenistico.
composta
di
di
due
discorsi,
Ne
didascalia in esametri.
introdotto,
come pur
di
il
tutta
l'altro,
primo discorso
di
Megara
(1)
ha voluto considerare
di quelle
d-oi Xyo'j;
Ma
'f,
Meypa
r^
r^
'AX/.p^vr] in
(1)
WiLAMOWiTZ,
il
sentimento
vi
carme
ancor
pi fresco e pi
Bucolici 1G6.
non
sincero che
pare che
il
289
a rae
pareva a
lui
abbiamo
(jlixtv
yi'^o;,
come
avrebbe sbanditi
tutti dalla sua repubblica, ma avrebbe colpito con una
condanna pi severa la Megara, che rientra gi quasi
di
cui
detto, e,
apparsi
li
pura.
(x-'jAYja:;
tali,
gli
come
Alessandrini
un
sur
Timoteo
sol piano.
e Ora-
Chi aguzzi
lo sguardo,
le
costituito di
di
Europa
una profezia;
in
una profezia
sandra di
Bacchilide
predizioni,
come
in
conteneva
generale
finisce
una profezia
sono
il
Anche
tutt' altro
carme
la
Cas-
ma
le
che rare
pensare all'Alessandra
di
si
Tiresia del-
l'
Il
Heraclisco profeta ad
Alcmena
Il
ritrovano
grandezza del
figliuolo.
orazione
la
carme 64 di Catullo. Un sogno, che il poeta con grande cura designa veritiero, d
principio all'epillio di Mosco: dal sogno Europa indotta
diretta, parte cospicua del
19
290
consola
la
La Megara
toro divino.
il
un vaticinio
racconto
finisce nel
Alcmena, sa profetico,
(raa spera davvero o vuole ingannare
se stessa?) che esso prometta male ad Kuristeo e non
a Eracle. Nh sar fortuito che nelT Hluropa di Mosco e
nella Megara il vaticinio stia in fondo, coni' esso chiude
un sogno, che
sebbene si auguri
la
di
ambedue
narratrice,
odi oraziane.
le
In III 27
il
dire, parenetico,
al
di
ma
l'
intento
del
il
di provare, di persuadere.
di Teocrito.
Non
non
pur
Cosi nell'Hyla
che
(p. 276).
principio
mito rimane
sempre quello
ogni tra-
di-
s'innamor
importa
di
al poeta,
La
Di monologhi
teo:
un Persiano
(1)
che
il
monologo
il
facilmente,
io
accetto
di
nomo
Europa.
Timocontro il mare
di
l'interpretazione
dell'
con ci
che l'Hylas sia un'apologia del 7rai5ixg spcDg.
(juella
all'ode di Orazio.
Del resto,
il
che
penetra in gola
gli
che
il
Frigio,
plica in
i
291
mente
l'Elleno,
di
un mo-
lamento
di
cito per
comandare
il
si
Perch
le
monodie abbon-
Ma
la tradizione del
cos forte
che anche
monologo
l'
si
gara
, in
uno
essa
fondo, composta di
ed
la
rivolge
La monodia
cuore
Non
umano
cos
facilmente
come
la
personaggio parla a s di s ?
sar neppure fortuito che questi monologhi dolorosi
il
Timoteo
ratore di
292
Euripide;
(1),
'zvi.ri^f,<;
sono messi per lo pi in bocca a eroine infelici. Euripide, anch' egli fautore della musica cromatica moderna,
ma
le
concio
tratteggiare l'anima
Non
cata.
come
psicologica,
di arte
l'occasione
migliore di
intri-
Una
delle
monodie
ma
dei Persiani,
certo nelle
intenzioni
nel 408
Persiani
sono,
il
Timoteo
male
da preoccupazione soverchia
due
cfr.
(2)
WiLAMOWiTZ, Timotheos
63.
(3)
Il
(1)
795
hllca
colorito
dello
misto di sublime
stile,
il
(v.
159),
Frigio
di
quello
Euripide
'AaiSt
canta
cpcov^.
ma
ridicolo,
del
resto
di
come
gerenda respu-
sit
riscontri
'Aoiocdi cpttv
pxv
Plutarco an seni
d.
scelta proprio di
mancano
ispi-
l'emulazione
(3);
la
non
IjiTiXxiov
1395) alXivcv
(v.
Ma
Timoteo
madre Idea di
mente 'ISaia [jLtep
1381)
1453), ecc.
Hanno
accen-
293
lamento dell'eroe
seguono ancora le parole di una divinit, Cibele; la quale,
per vero, non si degna di parlare al suo schiavo Atti,
ma lo costringe con la paura a compiere il suo dovere,
mandandogli contro un leone, al quale ella rivolge il discorso: qui l'eroe passa dalla disperazione, se non alla
quiete, a un'amara rassegnazione.
Le vicende della lirica narrativa, da Stesicoro sino
a Orazio, ci si presentano in luce assai diversa che non
apparissero al Reitzenstein. Gi nella prima met del sesto
giunge.
si
affisa
su epi-
egualmente
narrare per disteso era venuto in
su tutte
le
sue parti
il
Anche
il
gusto musicale
si
era
mutato, dive-
94
altro
sucoesso
stile
possiamo
menti
descrizioni
mulati;
farci
scarsi
fram-
pi
larghe,
le
epiteti
gli
gli
dello
effetti
stile;
non
della
reggiano
tardi,
le descrizioni di
sco
ci
di
rileviamo
piante lussu-
di particolari
dell'arte
dente
animali e
alla
presenta
la
sua poesia
di
(2j,
mancava
leggende
locali,
il
di fre-
genio. Essa
cantata
lei
(1)
Meno
di quel che
non creda
del
il
si
sia pre-
narrazione senza
la
Mancuso
Capitolino
il
di
poco conto della storia della mitografia, che mostra come compendi
ai ciclici u ai lirici; a questa
mano
particolari,
come non
295
meno
quella
detto Esiodo
m' immagino che la lirica
pi antica di contenuto epico, composta forse quando
ancora le antiche forme, per virt d'inerzia, seguitavano
a essere usate, non fosse molto diversa da questa di
Corinna. La poetessa scrive, a quel che sembra, per la
recitazione e per il canto di un solo, non per
cori ciclici (1); n sar fortuito che essa fosse nativa della reabili,
del cos
fiorita la
La
meno
legate alla
tradizione
geniale. In Corinna, di
si
Stesicoro
nuovo o almeno
di
il
discorso di-
retto,
un innovatore
nuovo per noi,
molto maggiore
Bacchilide ar-
ordinato e piano,
del poeta,
essi,
personaggi efficace-
suoi
la simpatia,
il
componimenti
genda
di per s soli
seguiva,
il
ellenistici
il
da noi considerati
le fini
brusche.
(1)
alessandrini,
II,
393.
non sappiamo;
forse al
nomo:
compouimeuti
cfr.
Lo
di orna-
Fraccakoli,
critici
Lirici
La
anche
<m\
ditirambo
la lirica narrativa;
trasform
nomo divennero
< cantate
rispetto
gi
ditirambo pi antico
il
si
era acquistate
discorsi
gico
freno dell'arte
il
grafo e nomografo.
sione
senta di
si
ritmi
non sono pi
legati
da respon-
astrofici.
Almeno
Ma
ma
cazione
medias
ma
res
il
Anche
oh
|XV
axeptav
il
uti'
carme
discorsi diretti
siano pi monodie,
compagnamento
si
\i.i\f\
libert con-
Arsinoe
nella sua
gi al quinto verso
vu[xcpa
lirica
la
poeta entrato in
[ia^av
.
f^r),
Anche
sposa,
questo
che non
in
;
c'era ac-
Lo
musicale.
pesantezza bt^rocca
di
297
sparita que-
Lemno,
Philotera
era
gi a
ib 5a'[xoaLv puay^-ia.
non sapeva
razione
il
5' fjV
aio
7.[ii'jrjzoi'}
e disse .
Componimenti
di
lirici
il
si
Ma, poich
renza tra
lirica
la diffe-
il
anche nella
scelti della
lirica
il
erano caduti
pensiero di trat-
leggenda, senza
ri-
lirico
con
l'accompagnamento musicale. Il poeta alessandrino, ogniqualvolta vuol comporre una ballata esametrica, sceglie
liberamente un episodio del mito senza sentirsi obbliprecedenti e con
seguenti, a
gato a connetterlo con
svolgerlo ugualmente in tutte le sue parti. Egli non rinunzia neppure al monologo, per Io pi lamentoso, del
personaggio principale giacche questa monodia esametrica, che l'erede, non so se legittima, della monodia
lirica, dall'un lato gli consente di mettere in mostra la
i
all'epillio
il
ca-
queste ballate
in
i898
esametri divengono
in
quell'et teatro
Ma
perch fioriscono
gli epillii
esametrici,
come
parecchio posteriore a
pare, di
anche
la
lui.
di versi
ballate in metri
seconda e
le
sue due
lirici.
la saffica,
rettamente
cum
Bacclnjliden mtatur.
di imitazione
il
traheret:
Ma
Porfirione
caso di parlare,
ma
solo dell'uso di
facit vaticinari
futura
belli
ut
un
ille
(1)
299
un
altro particolare
bisogner applicare
il
(1)
fonte vera di
la
secondo
manoscritti
Anche
Proteo.
qui
poich
Proteo
dar ragione
ai
il
la
Nereo
(2).
al
cio vate.
suo ritorno
ma
poema
differenti,
a Menelao, ed Euripide
non saprei
dire di sicuro
seconda alternativa mi pare pi probabile, ripensando che il tragico attribuisce a Glauco un epiteto che da
Esiodo dato a Nereo. La predilezione per la forma pi
rara della leggenda conviene bene a un poeta ellenistico.
la
Come
(I
si
vede,
io
(1)
(2)
Non prova
nulla
Tetide,
vedere
32)
esclami
perch,
al
Proteo
Proteo appunto
(3)
al
nell'Achilleide di
il
vero
verso
.
Troia
La profezia
il
vate
pii
Euripide ha
tisso
bene
che
Paride navigare
aveva vaticinato
contrariamente
si
contrario
in
solo
Stazio
con Elena,
un'altra,
al
ratto, e
un vate
Theo-
uo antenato Nereo,
a poesia ellenistica,
ispiri
300
ma
riduca
che
nove
di
fin
strofa e fin
non
che
spesso
strofe
cinque
movimento solenne
siderare
navibus
primo periodo
il
Idaeis
giovenili
pastor cum
Helenen perfidus
come
(1).
hospitam,
il
il
carme
parenetico,
di
Europa
come nelI'Hyla
Ben
(2)
Basti con-
ingrato
qui
il
freta
celeres
Con quanto
che
parole
altra maturit
ma
la
soltanto
traheret per
mostra
Ma
dell'epos.
per
in
al
tranquillo
pi
(\\\\
volte
Orazio,
in
potrebbe
si
periodo coincidono
di
sogliano
arte
di
mito ha intento
teocriteo.
III
11, Mercuri,
nam
te
do-
cilis
magistro, che
(1)
Cfr.
sopra, p. 60 sgg.
qui
lo credono
))i recente che III 17
ad aquae augur, traduzione dell' OsT|i.avxig euforioneo, Orazio ha aggiunto, per essere inteso, annosa eornix, mentre non sente il bisogno
(2)
Kiesslin'G-Heinze
di glossare
L'indizio
imbrium divina
troppo tenue.
acis
ai lettori..
301
volge
a godere, che
Achille
al piccolo
si
il
savio Chirone
ri-
un componimento che
del pari,
un
chiuso da
aia,
simile
invito,
di
esilio e
Parecchie odi
IV
2 Pindarum quisquis
(3),
IV
12 nolis
15 Phoebus volentem
(1)
che genere
di
poesia
Orazio
abbia,
attinto quest'uso
di
carme con un discorso diretto, abbiamo detto di sopra, risolvendo forse cos un dubbio che il WiLAMOWiTz{iSapjp/jo u. Sivwnides 806')
chindei-e
il
riteneva insolubile.
(2) Secondo Kiessling-Heinze, anteriore al 30; ma l'indizio sembra questa volta, nonoli insufficiente, insussistente.
(3) H. LuCAS {Festschr. f. Viklen 319 sgg.) ha sostenuto che in questi rifiuti Orazio dia sotto mano quel che nega di voler concedere,
008
di autografi di
302
genere non imitano modelli classici. Meceprima di Mecenate, anche prima dei ToDinoe non impossibile ch?
Seleucidi,
lemei e dei
epici
canti
menidi e gli Aleuadi abbiano richiesto invano
che vissero alle loro corti. Che noi non
ai poeti grandi
Carmi
di tal
nati vi furono
si
po-
gomento
in
accorda con
tempi
lo spirito dei
ellenistici
a menti pi antiche.
si
Ma, comunque
assurdo immaginare che prima dell'et
convenga
ci,
pensi di
si
ellenistica
respingere un
feriori.
sospinto Properzio
(2)
Virgilio
Cesare
(1)
il
pili
la poesia
(2)
giambica
Molti passi
duzione a
I 6.
le
gesta
ma
per lui
sono
il
metro giambico e
metro
raccolti
un
criterio esterno.
da Kikssling-Heinze
nell' intro-
Tu
argomenti non da
303
libro scrive
Nella
tutti.
ad Augusto
245)
(v.
Va-
rio e di
i tuoi
auspici e la pace
comporre sermones radenti la terra, purch
avessi tanta possa quanta ho voglia; ma ne un piccolo
carme conviene alla tua maest, ne la mia modestia osa
tentare un assunto cui le forze non bastano .
La classificazione dei generi letterari secondo la loro
dignit, ancora ignota ad Aristotele, compiuta in ogni
particolare al tempo di Orazio, che infatti ne parla come
di cosa familiare ai lettori. Parr verisimile che, se non
vittoriosa, al
anche
il
infatti gi
Aloe,
un carme elegiaco
(fr.
165-1- 490)
Non
condanna
xXcxv, e
me un
esigete da
ma
confronti
Zeus
di
poema
del
i^O-aipo)
altro
frammento
un
un poema uno
Apollonio e
che
la
xu-
ctvsxsv
287),
(il
ricusi
contese con
le
qui di comporre
(1) Il
7ro''7j{jia
to-
chiuso in un distico,
rifiuto
il
poema
xo
rifletta
Xkx.
ciclico
jjiv.
ijxo
[x-rp' Ti'
gx
alessandri-
scrisse in
Oi^te
il
critici
un
non sincera-
il
secondo
tu cave
gli
(I
nostra
e pi caro.
7,3),
tuo
pu
Il
(li
13, S).
Amore
mente, impari
304
al
perfetta
tenue,
di
forma.
non
{iXo;,
ispiri all'
si
neva
facessero
bilire, se
o se
e la sua generazione
dato indovinare
c'
(jiXr,
alessandrini,
conte-
il
altri
po' sottili
la
prima
un
terza
e la
ipotesi.
Quel
Callimaco pot
pose in
distici la
sibio,
ma non
nate
in
Chioma
di
che
come com-
guisa da
romana. Anzi improbabile che i carmi elegiaci composti da Callimaco oltre gli ATxca siano stati raccolti in
un volume intitolato Xeyelai. il nome manca nella tavola di Snida;
e l'eTOvixtov
sono
e,
che pi importa,
Swac^cov,
eie,
due
soli
il
Bepev^'xr];
7zXy,'x\oc,
citati
vero, nell'Etymologicum
lemma
KaXXt|jLa)(o; v
piuttosto designare
(1)
Di
(2)
L'articolo
ci
il
titolo,
per
la
citazione
riappare
scontrato io
il
ri-
il
quale in questa et
frammento parla
si
305
attenderebbe
iXey&'.a.'.c,
ma non
Il
(1).
dell'amore
come vediamo
come un frammento
del
primo
libro
11)
(fr.
un conforto
alla vecchiaia.
ognuno penser
ATxta.
terzo
del
quel
di
da Properzio.
AP VII 42, che
Properzio
libro di
maggior parte degli elementi per la ricostruzione del proemio (2), un sogno rapisce Callimaco dalla
Libia fin suU' Elicona trasportandolo in mezzo alle Piefornisce la
ridi
queste,
(3);
rispondendo
domande intorno
sue
chiama altrove
Callimaco
Cos
alle
suoi
7i'(Vwi.
(1)
Xzyo'.
ATia
ofr.
sotto p. 311, u, 2.
(2)
Lit.
164), ci
volta
dove
la visione di
Non
!.,-
mano
la
Callimaco ricostruita.
(3)
ar]Ot
Properzio, Persio.
zio,
yp
7)>.6-ov
ma
l'anon. 388,
sapSrjv)
versari.
si
che nell'opera
<iuello
o'jy.
sysvovxc
cftXoi)
appartenga
Perch
il
dello
fr.
un pentametro,
il
lui
al
r)22
(MoO-
Schneider
(vYji5$ d Mo'joyj;
vato^ n
il
fr.
'i
188
a dir male
frammento spettava
degli
agli Alita,
av-
il
poeta, che
ragioiuirne.
20
parlava
in
3()6
anche le Cause degli dei beati. Non possiamo immaginare che Callimaco osasse rivolgere, non richiesto, interrogazioni alle dee (1), tanto pi che egli sollevato
suir J!]licona nel sonno, (luindi, in certo senso, mal
suo grado. certo che alle esortazioni delle Pieridi
a cantare in un carme epico
fatti degli dei, egli rispose ponendo innanzi dall'un canto che il metro elegiaco, il solo consentaneo alla sua natura, insuflicente
all'argomento, dall'altro che egli incapace di prender
su di s assunti cos grandi. Proprio qui certamente egli
parlava del tuono di Giove (2). Si pu anche indovinare
che tema le Muse gli abbiano proposto ed egli abbia rifiutato. Properzio a Mecenate, che 1' esortava a cantare
Cesare, risponde del pari nel proemio del libro Lo farei volentieri, ma non sono da tanto: sed ncque Phlegraeos
i
chus, nec
versu Caesaris in
Pochi versi
comporre
un carme epico, non canterei Titani . Seguono ancora
altri argomenti di epopea, ma la menzione della Titanomachia precede sino quella dei poemi omerici, della
prima aveva scritto
(II
1,
Se avessi
39
sgg.).
la capacit di
(1) Il fr.
le altre
331,
Callimaco ocppa as
/.'hz-Q, TxXsioxpifl
il
consta di due
TxXs'.oxp-/)
cfixpuYt-
di Callimaco, si
come mostra
testimonianze,
Poich
1'
Etimologo
cita
il
secondo verso
trovava negli
Aii-.a,
a torto,
ma
307
Un
dell'Iliade.
temi omerici.
sono contrapposti
esiodeo
versi
arcem
sedisse paternos
et
scritto
non
Ancora pochi
flebo
in cineres
somnia Callimachi
tante
sua
in II 34, 32. Il
filosofia
ed costretto a rivolgersi
maco non
aveva
tare
di
amore, spruzzandolo
Romano non pu
(quella
quale
maggiore
la
parte
lasciato
dell'
che fare
delle
che
essa
Muse:
/)
ma
lui,
sosteneva
le
negli
-po-^cpsaxir] iatlv
ha
AVt:x
y.Tzx-
:{()s
in
Calliope
esortava Calli
ma
a esporre
Come mostra
dendo
anonimo, Callimaco,
l'epigrannna
volere delle
al
Muse
metro elegiaco
(2),
si
ce-
professava disposto a
in
le
Muse
Ma
bene ad
il
delitto:
aTtta KaX'.|jLyo'j.
questa congettura.
poema
di
Callimaco seguisse
vette
Ha
ispira
si
a Ennio,
bicipiti
lo
an-
monte
delle
fonte
lahra
quindi ragione
il
il
cahalUno nec in
Le due
(1)
all'
cosa nel
(3),
significano cio
e di
collocar qui
il
115.
Appuuto per
mentre Callimaco
ci
e del pari
Parn.'iso.
117, col-
309
mandava
di poesia. In
Ennius ante
bibit,
lo
umbra, Belleropliontei
in
humor equi, e la fonte di Ennio, se pure Proveduto in sua mente un quadro di contorni
precisi, sar appunto l' Ippocrene. A questa distinzione
egli allude in un altro passo, il quale, perch sta in prin-
qua
fluit
perzio ha
cui
prega
1),
sco
(III,
1,
coltiva,
egli
Ombre
programma.
Callimaco
di
concedetemi
di
Filita egli
di
bo-
Anche
qui non
di
Carmen
poesia.
tenuastis
Properzio
in
antro
'f
pi
ritorna,
una
precisa,
recusatio (II,
locavano la visioue
concludenti
le
sull'
ricerche
in
di
La
poeta fa
Dicite,
pede
acque
stessa
elegia
le
pu intenuna
si
dal fonte di
seguita
un' altra
IO). Il
ma
(^uove
Dunque,
Quamve bibistis aquam
delle Muse ve n' era pi di una.
in
arche-
di
quo
ingressi ?
di
grotte
distinzione
Properzio,
viste di cedere al
lJ<9t>.
379
<;' "illa
- :m
carme
questo
Ma....
un'altra
nume
volta
nondum etiam
modo Pe-messi finmine lavit Amor. Qui non la Musa, ma Amore bagna
(^anti nel Permesso;
tuttavia mal si dubiterebbe che il
Permesso, quanto almeno al valore simbolico, debba essere identificato con V acqua Philitaea, che anche per Virgilio esso il fiume della poesia d'amore
il vecchio Sileno canta {ed. VI, 64 sgg.) come una delle Muse al)bia
condotto Permessi ad flumina Gallnm nei monti Aonii e
segnarsi a l)ruciare al
vili
incensi
seri
come
il
coro
Febo
di
si
sia
levato in
piedi
per
fargli
non quello
l'identificazione
amorosa romana.
La menzione del fonte prova che tutto il passo deriva da Callimaco, confermando a un tempo la nostra
di elegia e di vita
il
occupava nella
Gli
visione.
argomenti
cui
alla
tratta-
laGigantomachia e
rici
in grazia di
che parla
al
la
tra
le
Muse
ispirata a
Esiodo
lui,
Elicona.
fr.
an.
388 Schn.
t:o'.\iy.
\i.y).y.
vijjtov:'.
7:ap" Tyvcov
^so;
I'tvtiou
311
ox' i^^zioi.'jz^/ (1). E bello che FAlesmosse dal luogo dove per la prima
volta nella poesia greca un poeta proclama divina la sua
'Hat5(|)
Mouawv
sajji;
sandrino prenda
le
arte.
suna
pu
disse
stesso
se
che visione,
quegli che
Acxia;
degli
in
tutta
nate vorrebbe,
grandi
concetto
I,
turpe
di
est
Augusto
come Mece-
e se ne scusa,
quod nequeas
capiti
com-
ferre recusent.
e.
et
fatti
lo
stomachum cedere
nescii....
gravem Pelidae
dum pu-
(1)
Froutone narra
mane.
(2)
Il
di
di
aver letto
(juei
versi
scuola;
Calli-
(fr.
lui.
XiYoiai 5' svtcIn^aaaO-s Xirtcaag X^^P^C S|J,oc5, iva |iot tto'jXv |1vo3'.v Itog
sta bene nel passaggio dalla visione alle singole leggende, dove l'h.i
collocata lo Schneidor,
ma
meglio
in principio di tutta
l'opera.
saris et tuas culpa
;il:i
deferere
ntjeni (1).
La
risposta,
cos
in
segue. Properzio
finge
di
brare
perfino
dei
lotte
le
si
Titani
tempi
primi di
Roma;
Cesare sui
di
consacrarsi
all'
subito:
infatti
Come, quando
la
il
Segue
corona
Eppure
il
ratteristico
Virgilio
ca-
canta, in principio
del
terzo delle
(1)
tivo
velli subito
appresso p. 314.
313
Nel santuario avranno posto, simulacri viventi, i tuoi progenitori troiani. Intanto cantiamo le selve
delle Driadi e i boschi non violati, tuo comando, Mecee Parti vinti.
nate
le
guerre
civili e le lotte
contro
Parti.
L'intenzione e
sono
poeti imitano
inetriche,
l'abbiamo detto
di
aveva
in-
l'
invenzione callimachea
laddove
Apollo ne rattiene
il
difficile,
il
Properzio
rimprovero
;
il
quale
del
pure
dio,
le
ha
una
delle poesie
Phoebus volentem
it/ra,
ne parva
Ti/rrhenum
per
da
lui
porre
il
as-
tanto
sup-
verato, in
Mi
a narrare re e battaglie {ed. VI,
proelici, Ci/nthius
aurem
3):
cum canerem
reges et
admonuit: pastoreni,
vellit et
7'iti/re,
oves,
ma anche
pare
la
Musa
in
6,
1,
piidor,
il
le lodi di
un carme
ellenistico l'autore
si
si
quella poesia
stesso
Properzio,
nell'alcaica
di
bro, l
sogno,
il
patrio
dio
gli
Quirino, apparsogli
Romano,
passo,
delli greci
liberi
dove pi certamente
si
lettore,
il
siano
che non
il
dio
doveva
greco,
cum
poeti
si
mo-
presenta
al
alta, era
compiacenza nell'udire
il padre
della gente romana
aveva costretto a rinunziare
sorridere di
ma
ispirano a
Questo
sgg.).
romani proprio
in
aggiungersi
di
poeta
di
lingua straniera.
Le
pa-
sicidos
la
romana ha conquistato a
(1)
e.
I,
6,
anche
bilingui, ricacciando
cfr.
Orazio
la
greca
La
l dall' Ionio.
di
315
continua
satira
come
Che debbo
Similmente Virgilio, nel
luogo gi detto delle Bucoliche: mine ego, nam super Ubi
eccellentemente, cos oggi
non comporre
far io, se
pi nella latina.
satire ?
incomincia l'Ode
6 ad Agrippa
Vario fortis
mili: scriberis
et
condere
tristia
et
bella,
Orazio stesso
dissi-
des annalibus
nent
ma
il
tuta,
perch
tiero,
stretto,
ma
59 sgg.)
suo.
me
il
medesimo poeta
diletti riposare,
dice altrove
capo
la
corona
Dunque anche
il
ma
intatti
me non
34,
piaccia a
pensiero: Ge-
maggiori
(II,
da poeti
meno
feraci,
de-
distici,
risponde
(II, 1, 4):
ed espone chiaramente
navita
la
vulnera, pastor
oves
et
di esen^pi:
numerat miles
rersantes
non potr
pii
piiella facif;
il
proelia
Quand'egli
tempo
di scri-
canam quando
scripta puella
mea
L'epico
:ilb
mnit (tmores
II,
, si
dovr darsi
84, 25),
all'elegia.
Properzio,
signore dell'amore
il
del
convito.
Una concezione
Il
carme
finisce:
litum
leves
pur mi
canta
le
riscaldo,
conviti
sive
ultime
parole
come
incostante
amori
pelle.
significano
leggeri,
Come
di
freddo
solito
perch
Eros
per Properzio
se
Orazio
lo
fe-
scrivere
so-
o,
me-
Il
mente un passo omerico, l dove detto che a Paquando morder la polvere, non gioveranno n la
ride,
cetra
luogo e
lo
conosce bene
quel
anzi
cijthara
car-
doni di Afrodite.
(jrataqiie
Orazio
feminis
imbelli
seconda supposizione noi non lo crediamo, perch vediamo che Properzio, dovunque vuol nominare un esempio classico del suo genere, cita gli Araa che erano nar;
317
romano
il
secondo
distico
il
lo
amore
in distici .
meno
epici;
parere, e
ma
danno
otium
il
amo, e sfogo
io
mio
am-
il
gli
negotium e negotiiim
romana
uomini pi
seri
vo-
che per
gliono
mo-
la
scrivere carmi
gravi
il
gioco e vice-
essi
Ma, perch
Votium.
ignota
nei
suoi
nomo
principi,
nella questione
pi antichi
era
citaredico
a che
tutti
perbo
di
possano riconoscere
aver fornito
suoi versi
suo diletto
al
(v.
egli
237 sgg.)
suali
che
veniva pi chiara
la
commensali abbiano
il
il
bisogno
didi
lui sulle
tutti,
pii
o meno,
archegetu, Omero,
rompere
non osano
non vosenza presentarsi, senza mandare in nome
suoi epigoni alessandrini
cancelli dell'oggettivit.
gliono finire
proprio un saluto
tutti
firmare, e
al
Ma
gli
altri
titolo,
il
nome
patronimico.
il
gruppano agevolmente
nere letterario
sua appartenga.
pochi
di questi
tipi,
Gli uni
ge-
didasca-
primo
in
zione
della
come Nicandro:
ambedue
ordine di tempo,
patria
di ospitalit
At?
di
solito
suoi
poemi
l'altro,
poich
la patria
evi)-'
Kat xev
eO'pS'^^e
eaxi
ormai
era
non dimenticare
'0|Ji r^psio'.o
Nixvopo'.o
(j-vf^axiv
lyo'-c,
il
carattere di
lettera
compongo
il
Per Callimaco
egli
Io
sull'
Eu-
spiana la
(Ij
y.al
i^7(jiv
"izY.oio
proemio
che
x^r^o;
finiscono: e
legame
quelli
'0\ir^^:v.>jc,
al dedicatario,
il
avevano
x'
rag-
si
il
di distici o esametri
il
congedi
diversi secondo
lici ,
le si
Le forme
in
quale
al
318
Callimaco, rivendica a se
il
a lui,
di essere
il
forse a intendere
V Ars Jmandi
di
Ovidio.
319
Bucoliche haec super arvorum cultu pecorumque canebam et super arboribus, Caesar dum magnus ad alturn fidminat Euphraten bello victorque volentes per populos dal
iura viamque adfectat Olympo; ilio Vergilium me tempore
le
mina qui
tulae cecini
audaxque
pastorum
Itisi
tegmine fagi.
sub
inventa,
Anche
il
tempo
te
dei
epistolare. Properzio
stile
car-
oti,
Titgre,
pa-
verbi
si at-
modificandolo, nell'ultima
Tulio,
umbra, e
gia
dandogli
istruzione
di
da cui meglio risalta il valore peranima senza celarne i diconfessarne l'et. Qui la sottoscrizione non pi
presentazione,
'1)
11
Lko
(Golt. Xachr.
congedo, perch
iiiesse ai testi
ma
lo
18i)8,
gindiciiva
imitazione
line.
mutilo qiustu
scherzosa delle
ina (pifi
Vite
,iiot
pie-
o yvr^
320
Fap.
casa
dei
delk^
Muse
ma
miei signori,
calcher a piedi
io
rs'j.
prato
il
ao)
olxov
K difficile dire
preannunzino giambi, come ho spie-
se le parole finali
io
nerorum mater
Amonim
corniger increpuit
gri is
post
raditur
thyrso
mea mansunim
Per altri generi
quaere noviim
Lyaeus
imbelles elegi,
pulsandast ma-
Musa
genialis
di
te-
elegis
Iiic
graviore
votem,
valete,
(2).
di poesia
forma di
comporre epigrammi che si fingevano destinati a essere
scolpiti sulla tomba di un classico
non necessario citare esempi, che basta aprire a caso il VII libro dell'Antologia. E probabile che almeno alcune di queste poesie
nistica un'altra
precedessero o seguissero
il
(1)
di fatto
il
suo nome,
il
u.
Simonides 299).
ma
Sta,
confesso di non
Wilamowitz
asserisce.
Quel che in mezzo tra principio e fine, esprime la compiacenza per il lavoro compiuto questa stessa impronta di s la chiusa
dei Remedia Amoris, dei terzo libro e incerto senso anche del primo
(2)
dell'
Jr Amadi.
epigramma funebre su
pi antico quello
321
se stesso
(1).
che
locria Nosside,
poetessa
della
(A P VII 718)
Stra-
cendervi
il
il
Muse
alle
e che
mio nome
(T)
^ev'
TU ye
la
nlzXc,
toc,
Mo'joccia'.
xoijvo|i.a
[xot
Asclepiade (A
P VII
dice
500)
Le
uno
di
che passi
tu
a xe
Itocnfo'jc.
x' f^v
cpi'Xa
in-
Uno
di
Callimaco
(ep.
12) imita
questo
di
Asclepiade,
una parola
triste,
Ma
ma
pur
dilla,
Nosside non
che
manda
ad avvertire
la famiglia
invia a Mitilene
il
come testimoniano
TioL;,
11
(1)
Wilaiuowitz
si
sono certo
clie si
(2) IvauatJievoc e
|)er
carmi
accender col
sattici
21
come
il
(p.
e poich
233 sgg.
che
ma
gli
sano
lesbico.
lia
e concettoso
nominativo
2!)9)
epigrammi,
dell'altro genere di
sia accorto
non corrotto
la face <lella
"iaaig
tost citata
iiell' o]ior;i
ma non
lemmi dell'Antologia,
io
ispirarti
intendo:
<(d;\
.1
per
che per
liriche
le
epigrammi spuri
gli
Di Calli-
(1).
e 35);
io
x T Tpavioc;
TiXaviwv ^to?
(xeXtypv
paas'u
syw
Tuxprj;,
^io<;-
xoOxo i
XX
o-jvofxa h'
Mouawv
rcvxac
[xe
o\v.
lt:
(xot
fj(jiua
Iti* eX-'ou;.
Non
vi
|j.
vxl
fopa xtj-
au-
egli
adopera anche
TZKNSTEiN, Epigr.
(li
TrupivEo;, pcpavtog
u. Skol.
|j.v
Hvjpuxsg
spesso Callimaco.
come
Muse parafrasa
ti'.
il
cfr.
Rei-
l'ep. 7
Leonida autentico
imit.i
ospitato la sua
Questi
vecchiaia.
anch'esso, in certo
senso,
323
due e VII
sepolcrale
un
(1),
che
418,
erano assai
Corona
libro della
(2).
parla
di
il
cingendomi il
dire
non io son sottoposto al fato comune degli uomini
io non sapr la morte, io figlio di famiglia umile,
io tuo cHente, Mecenate amico. Gi mi trasformo in cigno,
popoli pi lontani tenderanno
gi m'inalzo nell'aria;
l'orecchio alle melodie nuove del mirabile uccello. Il mio
funerale non sia rattristato dal pianto; vani saranno gli
fin
d'ora,
:
ch
il
gramma
nera
ftetu faxit,
cur?
volito vivus
epigrammi, o
(1)
se,
<li
difficile
un
libro
le satire:
di
tutt'un
ma
ac-
c(Mina alla patria, alla dimora, alla l'ama di chi parla, conio sogliono
appunto
gli
epigrammi
i'unehri.
(2)
Qnesta supposizione
(3)
Un conmiiato
netica di tutto
ma non
il
volnme,
si
l'ultimo carme.
Del
le
sne
resto,
noi
i)oeHe.
Reitzrnstkin
intonato
i
all'
i:-!'.
indole pare-
raelianibi di
non sa])piamo
Cercida,
se Cercida
3"24
da Ennio
ma
mossa,
la
di
trasforma
motivo, rendendolo,
il
ancor vivo,
egli
sente tra-
si
vivo
apollineo, ancor
uccello
tra-
av
Tixp' sooxa,
aav cp[xvoc
ueipova tivtov
Iti
ole.
^r^toicoi;'
i>-o:vr,Ci
xal
yjx:
Tvax'ipf^^
^{f^ tzL-
TiapaaYi
tlX(x.n'.yrp>.
immagine pi
ora virum
Nel canto
di
per la vita
comune
egli
Orazio
si
felice
di
sv a-f^iiaaiv
xEifAsvo;
un disgusto momentaneo
riflette
vuole spiegare
le ali
*
* *
del
amore e convito
me
sub aria
vite
improntano
poesia
di
so-
let
esse
gravis cantantibus
venit Hesperiis,
ite,
umbra....
capellae.
il
coronato
di
mirto e beve,
haec sat
erit,
il
domum
il
le
saturae,
pecore
lirico erotico e
in Virgilio,
ite
il
simbolo pi perspicuo
tando,
Il
se tutta la
di
Virgilio
simposiaco.
perch precede
poetam,
dum
ha ereditato
sedet et
il
sim-
ma
bolo da Teocrito,
la
325
si
ri-
trova in quel che c' rima&to di poesia ellenistica; eppure essa mi sembra di gusto alessandrino. Il Simposio
di Platone, al
ispirati,
finisce
quale
:
Un
il
si
sono spesso
9.
(1)
opportuno
si
finge
durante
il
cimi-
vito stesso.
(2)
Furono intimi
di
di
Orazio.
c^uintili)
Vato v
32fi
ri-
eixda
8t7iv'l!|a)v
o'JS-ata xai
XX' xipo'jg
<Iaiy|Xt))v
5s 7ioT=
y^v
^onsv
E comune
dizionale:
ai
ivtaoiov
uGAsi-j/S'.;
^o'jXj |i.Xiypxpa-
ozpi-\ifi<;
Xixfjg
xaL g Y(P.sag
eixaSa
due carmi
Bench
5'
'|)'.
Y'^-1'C
sv.
ei
il
|jL[iaxa,
Il'!oo)v,
irtoxpvjv (2).
mensa
che
il
Ma
potnhis,
ecaay.oarj.
o-jieat.
Orazio
a un
Il
poeta
si
sente sicuro
tempo amico,
accetter.
ma-
si
penitenza con
lui
far
andatura modesta.
ai piaceri della
Pisone Pilo-
mensa
perduti,
bocca dell'Epicureo,
sapore
di pedanteria, che a
invito
ha
un
certo
ma in un
Orazio, se conobbe, com' probabile, quell' epigramma,
non piacque quantunque il premettere all' invitato un
-compenso per il suo scomodo fosse di rigore, come model consorzio amichevole sta
bene
in
stra
il
{!)
carme
Il
di Catullo (XIII) a
(fr.
131).
cpiXocsivoto
xaXif,-
327
cipies
nam
unguentum daho, quod mene puellae donarunt Veneres Cupidiiesque. Orazio promette a Mecenate un vino di poco
prezzo, ma che per lui ha, come si direbbe modernamente,
valore affettivo Berrai vino di Sabina, che io stesso
travasai in una botte, che aveva contenuto vin greco,
proprio quel giorno che tu fosti applaudito in teatro da
tutto un popolo . Mecenate, appunto perch schivo di
onori ufficiali, doveva compiacersi di una popolarit spontanea. L'arte della seconda strofa singolarissima anche
nei particolari pi minuti
Mecenate chiamato eques
:
proprio mentre
il
si
fa risaltare
ma
amico.
ille
un
servo,
ma
che
popolo tribut a
il
lo
in
Maecenas
Orazio pu dirgli
come si
come a un
vocas,
dilecte
il
fa di
pari.
cavaliere,
convito riesca
ger
gli
meno
(1)
non si considera
mente le parole
cliente,
Tornano
lui
di
(2)
male. Se tu
ti
degnerai
di vol-
abbastanza pingue . La formula, imitazione delle invocazioni agli dei consuete in fine degli epigrammi dedima il motivo, suggerito
catori, di adulatore smaccato
;
La lezioue mi par
(1)
certa, sellitene
il
ina
a scrivere dare cou codici cousiderati inferiori da lui stesso. La difende l'altro passo di Orazio citato nel testo e il cpiXxaxe ITeCacDv di
Filodeiuo. che, avvicinati, provano forse che
viti
masse
la
si
l'alletto.
(2)
l*ltioi1imi rpiifinitninitn
3i28
mensa anch'
tasse a
sere tradizionale.
un piccolo dono
egli
doveva
(1),
XIII
Catullo
ricordare
Basti
convitato por-
il
es-
cenabis
bene,
magnam cenam
il
ridotto a cercare
diavolo
vero
per
inviti
sfamarsi
(2).
in
un
altro invito
si gestis,
iuvenum nobilimn
cliens,
nardo
vina
merebere.
quanto poco
ad
ego
qiiae si
te
meis
immunem
ut in domo.
Ma
(3)
7ion
prelibati
(4),
io
probabile che
un epigramma greco,
(1)
{ad
IV
immunes
uoto
12, 21)
et
il
Orazio
forse
abbia
preziosi .
preso lo spunto da
appunto da quello
nos
da
Kiessling-Heiuze
vocaret, ne omnino.
quaestionum.
Noi portiamo
fiori
(4)
ut
alla
di casa.
(3)
Filo-
dicitur.
(2)
di
Cfr.
XLVII,
6.
padrona
demo
329
immaginare facilmente
possono anche
si
in faleci,
ai
il
secolo
poeti
non
alessandrini
re, e
si
non
sizione ufficiale.
di
potere offrire
il
ba-
alto, gli
fa
r onore
di accettare la
sua ospitalit,
le
ma
Vile potabis,
Nel-
da
Persicos
odi.
dopo il 30, ,
(1) Lo stile dell' ode, scritta, a quel che pare,
come nei carmi pi antichi di Orazio (cfr. sopra, p. 60) faticosamente studiato neir apparente seniplicitA, lo parole son disi^ostt con
;
ingegnosit; a indicar!
il
Si)
come dicono
le strofe
quarta
e quinta.
Gi da gran
tempo
ti
aspetta
mia
nella
eppure tu rimani
da cui contempli
la
tuo palazzo di
nel!' alto
montagna
mutare,
ricchi piace
ai
piace
villa
te,
Roma,
Tuttavia anche
lontana.
una volta
per
un
nipote
la
mensa
Qui Orazio prepara gi di lunga mano il passaggio alla seconda parte dell' ode, che parenetica.
Segue in due strofe congiunte da anafora il concetto
povera
Ormai
l'afa pesa,
Il
l'
altra
mostra
ci
l'estate, a
pastore,
il
dir cosi,
che, mentre
vito di
tes
una descrive
estate. L'
astronomica
nei pouxoXcaaxat
in
in:
ma
xiv'
il
|X'^(i)
Non
pensiero di
un
Quest'
cosi
a5[ivo'. O-peoc
tratto
ricavato
il
ma
neppure con
le
(1).
cantano
estate
una fonte
xpvav
To:5' cctiZov
[ia-t
dalla vita;
pagna
12
{jLac;)
IV
in
pastorale.
Roma
come un
fiume,
(1)
comune
La
epigrammi
di
AnyteAPIX313
ancora
ott're
al
IV
sec.
XVI
XVI
(Coi.axgelo, Sfndi
fuori
motivo
IX
315,
Leo-
forse
italiani,
XXI, 282
sgg.).
non
bello,
mondo
presa
sono
ci
pu pi esser
occorre vivere
sull'
animo, non
ci
tolto.
La
tal
possa togliere
Questo ho fatto
ben maggiore che
veri.
novit
331
io .
Il
non
beni
che
soli
elementi diversi:
venzionali, Orazio
et
modo
di rischiarare
il
dubbio.
il
mostra che
di sopra,
veris comites.
seconda
la
un T-o; che
si
ritrova
un epigramma
in
del pi
probabilmente da epigrammi.
La prima
parte,
nata a invogliare
l'
(1)
A me sembra almeuu
che
le (lue
ffinnte solo
.solo
ritiro
probabile
campestre
(1),
che
iuviti
il
poeta
pare
in-
Virjjjilio
se
parti, la
de-
in campn<;'iia
una
natura, desti-
s'
inteude cos,
esternamente ihxWudducrv
il
hIh
la
sproporziono
tra
il
tonato
epigrammi
Kiessling-Heinze.
Il
33^
ellenistici,
un
solo
Priapo
pi
dai
in tutti,
sembrano modellati
che
sieno
tutti
menzione
la
rondine chiacchierina
Io credo
ri-
si
gli stessi
della
marinaio a
il
flutti,
sur
ne ha serbati
libro dell'Antologia
del fiorire
(3),
imitazioni
sempre
pi antico, di
del
Le due
,
sitirn
ricordarsi
scuola
caposcuola
di
pi sguito.
da un verso che
di Alceo
tempora, Vergili. Il mercante Virgilio deve
un passo di classico che aveva letto a
reminiscenza,
cora' noto,
adduxere
uo
il
di
cio
Tiaiov
f^po? vO-eixsvxo;
citazione,
iv
pyo[Xvoio....
7.:pva-
probabile che
proemio descrittivo
Leonida Tarentino
(1)
tario
di
fino alla
Sabina di Orazio.
4, Thyillo,
1,
Antipatro Sidouio
l'amico di Cicerone,
Satyro
6,
2,
Marco Argen-
Leonida
(2)
/apistc;
Zcpupo^
Marco upyjOYiXws
Zcpupog
Sa-
(3)
tipatro e
uno
non uno
333
di
epigrammi, seppur
tali
di
lo
congiunga con
da ponte
di
due parti
ellenistico, ma non
un
[iXo?
le
un
cificatamente a cena,
abbia
ma
si
trovassero gi riu-
derivato
\iiloc.
alcuni
colori
incitava a godere
la
vita.
11
modelli ellenistici, in un
epigramma priapeo gi
gono
Xxc u'
antiche
pi
fatte scivolare in
xuX''v5poc;
liriche
et
di
Orazio,
soivitur
acris
hiams
nas.
(1)
st'
Osservato da Kiessliug-Hi'inze,
ipotesi per
(2)
che
in
Pi avanti
IV
7.
che
hiiuno
presentato
i|iu>-
4.
si
(|uel iisXo;
an-
334
particolare pi caratteristico di
dine
particolari
dissimile;
e,
ma
imita evidente-
accenna
ol\iix
al
xoXTcoOxai [AaXax?
le
5.
Anche Thyillo
O-va^ Z-fupog e
il
f/5rj
v*
solenne iam
veris comites,
Thraciae.
v.c,
si
Le
dette
aure,
elevata
(1),
alla lirica
(1
Cfr.
le
questo
crezio, Virgilio.
Varrone, Lu-
Noti, quo
freta
(III
(I
335
dux
Aiister
4) e
tollere seii
ponere
3, 15). Il
mento
volt
Hadriae
turhidus
inquieti
la patria di tutti
che
la
un mo-
Tracia
rapidamente sulla strofa anche questa quasi oscurit voluta accorgimento di lirica alta. Dei fiumi che non pi
rumoreggiano gonfi di neve invernale, non menzione
negli epigrammi. Del mito della rondine non v' pi che
un cenno negli epigrammi Satyro (X 6) scrive KsxpoTi'xsc 5' Y;/jat e nulla pi; un poetino contemporaneo di
Orazio, Marco Argentario (1), fa intendere dottamente che
conosce la leggenda chiamando balbo labbra il becco
:
amante
talamo,
r^Syj
xap-^''xy]v
TcrjXooo[it
xal
B-XaiJLov
et
Cecropiae, domiis
baras regum
est
Pan
suo
nido
ye^Xea'.
fa
umana
la
gemens, infelix
il
-y^sXiStov
nessuno
Iti/n flebiliter
La
ulta libidines.
negli epigrammi,
tpauXcIat
ma
ponit
prole e
della
'^cXisxvoc
terza strofa,
pur
non avendo
gusto
concepita nel
dell'
che parla
riscontro
ellenismo
il
dio preferito
per Virgilio
quegli, che
e,
vita
lui,
augustea, co-
(1)
Intorno al
(2)
Del PovxoXcao|x$,
tonipi) cfr.
ma
Rkitzknstein,
I'.
IF.
Il
712.
di
III
2S>.
:3:}6
Ecloghe per
cantare
et
che visse
suo ambo
il
pares
et
si
Arcades ambo,
fiorentes aetatibus,
4).
Glauco,
Cristo, finge
PouxoXcaa[ji(;,
(A P IX 341) che
incidendo lettere su
corteccie
un appuntamento
in
Arcadia, sup-
La
suoi lettori
deum
Le due odi I
num (4) sono di
me
audacia
17 velox
tipo
un'amica a visitare
il
amoenum
IV
diverso
villa,
neri colli,
felice.
alquanto
poeta in
ma
11
;
est
esse
mihi no-
esortano
qui
invito al convito
l'
di
che
nell' idillio
idillio
(3)
grammi
ellenistici,
si
337
IV
appena
in I 17.
innamorato
Telefo
si
amore
a temere
l'
un' altra
di
11, dissimulata
in citt,
essa
sar
1'
dacch
ultimo
campagna non sorprende ne un poeta ellenistico ne uno romano il desiderio angoscioso di tuffarsi nella natura divien pi forte
man mano che 1' uomo civile si strania dai campi per
Il
chiudersi in citt
senso
il
il
natura
della
contadini
il
di
Ma
vergine va
aristofaneschi,
di
quando son
tracia.
gli
travagliati da angosce,
il
nome
dell'amata
(fr.
101). Nella
vicino
Alessandria
Non sono
che gi ardono
esce
come
lampade mattutine
rischiarandosi
casa
di
le
pi in caccia
giudici delle
Vespe
il
le
qua
dei ladri,
cio la gente gi
cammino
gi
mani
colla lucerna,
e l intona la sua
sulla strada;
gli
il
orecchi
dotto
fal)bri
(1).
nato e cresciuto
ai
confini
del
mondo
ma
civile,
<lts Kr:lter:i>gn
(1) 11 testo rreco in Mitlvil. iiux di-r r<ipiiri(><>i((muiluii(i
liainer
VI
22
18!I3, p.
12 dcll'eatratto.
338
Che
Ma
l'et
via,
all'
le
finestre
altro la poesia
dei
Romani
salotti
tropj)0
del-
il
fanno
campagna almeno
sono trattenuti in
Roma
l'
illusione,
dalle faccende
(1).
Come
quando
Orazio
felice
il
savio che
(II 29),
Il
idillico.
Ne
si
(1)
Cfr.
Friedlander,
al
fattore, egli
Sittengeschichte
IP
compendia
il
339
et
(T
14, 35)
herba.
in
non
comporlo
odi,
ci
si
ispir a carmi
ciet di pouxXo:
Teocrito e la so-
ellenistici.
appartiene, celebrano
cui
come mostrano
in villa,
anima quelle
le
Talisie
le
loro
feste
come voleva
il
nome.
loro
Il
(Ath.
campagna
convito semplice in
gramma
cantato in
XV
673
b);
ma
in
Niceneto
di
un epiSamio
il
nome
ricorre nella
[xo'jaz
Tracr/.r^
di
Stratone, in
Tarso (XII
di
28), in
Frontone (XII
Stra-
Numenio
poco importa se
174),
adoprato
in
Orazio
ispir in
s'
17.
Quanto a IV
11
il
nome
questa
di
Telefo
che elementi, a
prevalgono: Telefo
Lydia suscita
la
il
Tiatxr',,
nell' epi-
presenta
lo stesso
giovinetto, lodando
(l
il
quale
cui
amore brucia Rhodo (IH
340
19); ora
celebra oggi
il
meglio che
dovr esser
canto
in
lei
17:
il
ma
ma
dal
si
annebbia
che
alla tristezza,
campagna: ben
visitarlo in
di
riu-
poeta non
il
anche qui
colora
l'ultimo, espresso
che anch'essa
di
poeta inserisce
Il
una
di
Orazio, che
di
di
si
amata
Mecenate.
natalizio di
innamorato
h.
il
Non
alcun
v'
s'ispir, fosse
continu
]xiXri
ellenistici.
10.
Nel
congedo
del
primo
libro delle
Odi Orazio
poeta
lirico
ha voluto che
posteri se lo
pensoso
di
solo
conviti
si
fa
all'amore.
recitati
(I
nel
il
si
asserisce
di
amore.
di
poeta chiede
il
11),
^ quis
devium
scortum
elicief
ma
amore,
?i\-
suo amore.
di celebrar
convito
discorre
si
Durante un simposio
amore. Nell'ode ad
combattimenti
al
si
mirto
immaginas-
di
domo
(II
Lyden?
Venga
ne
celebra
con
allieti
ritorno dalla
il
ordinare per
di
si
cetra
la
Spagna
Cos
il
carme che
di
chiude con
non
banchetto
il
341
comando
il
servo
al
vino, unguento,
solo
ma
segni
lasciato
spalle (I 13).
sulle
ma
gli
La
esempi recati
bastano a giustificare che canti simposiaci e canti amorosi siano qui trattati insieme.
Quest' unione
oraziana
ranei
ma
anche
convito
del
rispecchia
la
dell'
amore
nella lirica
costumi contempogreca
classica, quale era
vita dell'era
non soltanto
(X 430
a)
la
sua
buona per
lirica
bere, vale
Ma
era simpotica.
7i
geva
congiunti dalla
Liberum
et
carmi
lira eolica:
46).
Orazio,
come congiun-
et
Li/cum
scritti
nlf/ris
per
il
li
sapeva
Musas Veneremque
nim canehat
l
(fr.
nella
et
illi
ociilis
(l
semper haerentem
32),
pie-
nel
342
convito:
scolio di
ogni
che in origine
bere, o
sapevano
pi
inventando
di
recitava un carme
convitato
(1).
di
Alcmane
il
noti,
persiane,
e credere
che
l'
indole di
si
fosse
fone, cui gi Pindaro (fr. J88) conobbe, abbia scritto davvero cantilene lascive, non sappiamo bene, ma i TIoX-jijlv^^oieca di Ariphrades, forse
(1)
raccolti
Dunque
343
tempo di Aristofane era in voga poesia lasciva moderna; dove la si sar cantata se non nel convito?
In questo tempo divien di moda recitare a tavola ^/.asi?,
al
troviamo
metriche
vano luoghi
che
carme
lirico di
qualche tratto
Euripide, dove
un
avessero
di
ma
specie di Euripide,
anche qui
il
(v.
Simonide,
si
di
tri-
predilige-
si
^fp'.<;
dell'Eolo di
si
Questa
naturalmente esagerazione
comica, ma, per esser gustata come tale, dov pur avere
un fondo di verit. Ogni genere di letteratura erotica,
non soltanto la melica, in stretta relazione col convito.
Non a caso Platone sceglie un simposio quale scena di
ragionamenti d' amore, e non a caso i vari personaggi
prendon la parola V un dopo 1' altro, non in un ordine
ma
prestabilito,
i
secondo ciascuno
sente ispirato,
si
chiedono
Anche
coppa,
la
nel convito,
comune, durante
in tanti
quarto
ma
della vita
d' arte
gli
versi.
si
so-
argomenti
653 b
disdegnano
commedia
loro
altri uffici
secolo la prosa
non
come
improvvisi poesia,
come
stituisce in
rimangono
il
si
di
nuova,
farsi
recitare
perch,
Anche
{quaest. cono.
com'
a
egli
severi per-
VII
8,
712
e)
esprime, l'elemento erotico contenuto in essa in misura conveniente a uomini che hanno bevuto e che tra
poco riposeranno
a fianco delle
loro
mogli
e,
come
di-
:44
vino.
parve l'uso
di
il
air
uno
commedie moderne,
sici
vani alla
genere, e preferivano
tragiche, che
^'Ifssic,
giovani
dei
guerra peloponnesiaca,
sonar la cetra e
quali
eleganti,
Il
si
gio-
erano
il
pi
raffi-
nell' et
della
antiquato
mo'
bere, a
in
declamavano
modello
Fidippide, giudica
cantar tra
il
di
il
femmina
il
convito,
mente
ma
^rpz'.c,
ellenistica
il
per
mettersi
Dunque
convito.
il
l'educazione
sessant'anni
sociale
studiare a
in principio dell'era
esigeva
dai
giovani di
ma
che
simposi
dei
filo-
IV
met
del
sioni,
prendevano
Non
pare che
le ragioni di
dotti
si
si
direbbero intellettuali.
di
indagare
che
I
la principale
sia
345
accompagnare
pi
il
canto
secolo
di lirica classica,
il
della musica.
grande sviluppo
il
cori di
soleva
si
non appagavano
Euripide e
non
che
il
Txtovec
il
convito
il
loro peso
nerali, COSI
IV
secolo,
non
si
si
poteva
trovava
da cure
come da
l'et rifuggiva,
tica.
si
Anche
in
spirito
lo
altri
libero
ceppi, da
ogni
compiti durante
il
tradizione
IV
an-
secolo la prosa
Lo
stile
quello
ridondante
oscuro
della
sapremmo sempre dire qual fosse cos non indovineremmo il nome della dea speciale protettrice di questi
:
mana. Quantunque
l'oscurit della
forma possa
in parte
attestata
anteriore del
IV
bassa
la
moda giunge
la
:/!()
in ritardo.
met
del
IV
11
secolo,
quando
almeno
si
Pap.
15
p.
38)
ci
per
il
si
segui-
simposio.
non si
recitavano ancora nel secondo o
cantavano,
lirica
consue-
la
era in decadenza,
lirici
Un
conviviali, se
lirici
papiro
ha conservato
di
fini
quell'et (Oxi/r.
e principii di versi
ma
di
andamento evidente-
? (2).
(1) I versi
V.O.
sono
vaxoci pi)9'OnuiJLaxo5p|j,oi
NstXw-cai, YX'Jxu5p[Jioi. T
ysXwva nJ.sovxsg
CutiNERT
xal NctXou.
il
Il
Xiwv
Tpixcovsg
'J5xxa,
(Rheiti.
xyjv
Mus.,
Ssctcdv
a -Y'^piaiv
LXIX
1909,
347
cora
al
secondo
educazione musicale
all'
finatezza di cultura:
gli
di
cantar
meno
lirica tra
il
ci
si
pu chiedere
tendenzioso quando
(1)
se quest'uso
si
vede bene
dalle Questioni Conviviali di Plutarco, specie dal cap. VII 8, intitolato zia: jjiaXtaxa xp^^xov xpoatiaa;
uap
si
SeItcvov
nelF et romana
fanno recitare
rappresentare
lo stosso
introdotti
'Avaxpsvxeia pleraque
'Avaxpsvxsta sono
le
et
durante
il
convito,
libio
La
mo-
fan-
appunto
cantano
4)
nel
si
le
possa
nei'zoi.y.za.
xpoaiiaxa
Po-
schiaA^o
oraziano dell'epistola
(nlcc hiboiti.
Floro
(II
ix'il
vanta
la
pochissima
la
lirica
un carme melico
il
simposio.
cpi'P.e
e|ji[jivac.
rimasta
ellenistica
ci
conservato
xa XOsa.
comincia
aoX'.xx
y.aiiiJie
[isf^jovTa:
ypy,
sto
o:voc.
/.a^-ac;
ciosit
ci
Il
XYcta'.
TiaT.
di
348
lui,
non
di
con-
modo, parla o
fa fnta di
Il
dialetto qui,
il
come
nel
lesbico; lesbico
metro, pentametri eolici acatalettici (1) il carme comincia con una reminiscenza di Alceo. Dobbiamo perci
il
come
tale,
sia
unico
tutto
imitazione
di
poesia antica,
e,
drina? Ma in questa lirica di Teocrito osserviamo appunto quello stesso contrasto tra principio e seguito, tra
spunto e svolgimento, che il primo capitolo del presente
libro ha constatato in una serie di carmi oraziani. Teocrito cita in principio Alceo,
ma
diparte subito da
si
il
lui
Moderno
domani a un
altro,
posdomani a un
terzo,
moderno l'ama-
tore che
(1)
si
tit libera,
spondei
clie
numero delle sillabe fisso a un piede bisillabo di quana una base tengon dietro quattro dattili non sostituibili da
in Orazio. Il
due carmi lirici hanno libere le due prime sillabe e non sono
legati da censure fisse. Orazio, perch dipende da un sistema metrico,
altri
pi rigido e quindi
meno
fedele.
meno
349
epigrammi
Alceo
posteriori e
ellenistici e
dovette essere
pi
sensuale e
sentimentale.
Io credo
reci-
La
il
al
si
tirate tragiche.
le
composto
lesbio,
amore.
Il
fanciullo protervo
vergognoso,
suo cuore.
il
insorgere contro
qui minore,
se
Anche questa
non
invano
di
lo tor-
egli rimprovera,
Il
giogo
il
sventure
si
menta per un
tile
lamenta
stichicamente,
poeta vecchio
di
Amore. La sensualit
moderna.
poesia
Hedylo
in
dunque
fa
in
le storielle
fu in
poesie
(li
fama
111
di
secolo.
castit.
fossero
lascive
passo di Hedylo
;
Il
lAt.
(1)
II.
."CI.
:J50
e carmi ubriachi
poeta
celebre
pi
alessandrino,
presentano
Callimaco,
svariatissimi.
;
Ma la raccolta dei \xiXq conteneva anche un canto sul vino, dunque simposiaco, in
tetrametri trocaici
^ac cK
o^/Y]pyj>:
obrxvd-qc.
aywv
(fr.
115): ip/exac
AJyatov
conteneva un propemptico
(1);
'.'y-|xv
[X'^op'JC.
X-'o'j
-nolbc, jxv
in
asclepia
l'enfasi
si
direbbe composto piuttosto per
non prova nulla
un' amata o meglio per un amato, che non per un
amico (fr. 114): a V7.% a x [xvov cpyYoc sjJtlv x y^uxO x;
Co; apTia^ac rcoxl x Zavc fxvoOjiat XtixevoaxTWo
conteneva
una poesietta m ferecratei su amori leggeri (fr. 118): -ai;
;
:?;
fj
xaxxXstaxoc. x
,',v
di cpaac
Anche
questi
come
(1)
sono
figli
della
carmi,
Musa
composti
Ilatr/w a:oXcx di
il
frammento
il
ai \iXr\,
tetrametro
versi
Teo-
simpotico-erotica.
tura ellenistica
in
melica, tranne
ma
per quanto
quale
verso
pii
(xr,v
apioiioi)
xexvxes)
la preziosit
di
351
non
d'amore
potico-erotica, tratta
nel convito.
Ma
se
si
indole
at-
sim-
d a credere recitato
si
si
V fino
d'
non si trova
scrittore celebre di epigrammi che non fosse a un tempo
famoso quale poeta melico. Myro di Bisanzio, madre di
Omero tragico, era, come informa Suida, poetessa, oltre
a tutto
III secolo,
il
che epica, di Xeyeta, cio distici, e di [xXrj di essa possediamo ancora due epigrammi. Anyte di Tegea per
:
Stefano
Bisanzio
di
non restano
volte
il
ha
li
una
[JLsXoTiot?,
Teysa) una
v.
(s.
che epigrammi;
di lei
f]
[xeXoTroic;
Gli
a noi
nell'Antologia Pa-
chiamata
serbati, essa
XuptxTj.
\iXr].
ma
sei
epigrammi, dunque,
Ma
duti.
egli ci
atoXt/c.
insieme
melici
La
celebri,
potrebbe allungare
si
erano intessuti
fossero sirapotico-erotici,
tuito
come
i
molto
medesimi mo-
epigrammi,
loro
di
tivi di cui
{xXrj
lista degli
gli unici
due HatScx
gli
che
[il-q
loro
ales-
di Teocrito,
sar for-
asclepiadei.
352
un
1'
moquanto sia
dell' altro
Ha
ad
risposta.
la
le cose,
lo
riuscir utile
usa
y.ax
ionici,
in
carmi
lirici
mag-
Volger
Gli
epigrammi e
stando cos
perduti
altri
giori:
epigrammi
superstiti o
romana
(1).
iJir^.
maggiore
V asclepiadeo
az'.yov
come avevano
gi fatto
minore e
gli
tempo
ellenistico
diciamo pi sotto;
ma
almeno
l'
asclepiadeo
erano
stati usati
altro caso
compone
III
secolo
in
ogni
a strofe.
(1)
Un' eccezione
notata
sopra p. 205.
'fi
me
e dell'epigramma per
353
la
questa dubitasse,
il
con
liriche oraziane.
pu riassumere
Il
veritas
si
dunque
dir
il
vero.
in
Tu non mi
un epigramma
e quale
stile,
quattro
di
r epigramma; nel
\ieXoc,
carme
appunta:
si
r et far su te
amatori
niti
differente
lo
il
distici:
le
sei
non
io
gli
, si
epigrammi, sfaccettato
naccia
oraziana per
ti
Lyce
in
(III,
erit liminis
che cosa
il
raccolta
(IV,
18),
Li/ce
fis
anics et
tamen
vis
lentum
formosa
solliciiaii.
videri....
lirico
neir insieme e
t?j
in
molti
noXi^ ok
particolari
cojxiv.
'
canta
d'Ora-
somiglia
23
et
minaccia
la
va|jLvy',ao
tu
ras-
non
TaOt as
:354
v.i\iri .
libri
Notte)
(l,
(AP
[ii\i'l)oi,ix'
164) xax
ex"
i\).ol<;
25) minaccia la
non
Un
quale
la
oztooi.
di lui,
chos anus
ma
arrogantis
d'
Kcc^
aoi
(il
Tz^od-'jr^oiq
Orazio altrove
crudamente
andr un giorno
:
in
cac-
invicem moe-
angiportu
in solo levis
Ascle-
ha poi lasciato
un amante qualsiasi
flebis
aO-
capricciosa, pi
ch'ella
ir.'
serenata
7ia)-oja
donna
meno sentimentalmente,
cia
1^;
di fuori
ihj^ocic, 7tpo[xot|X''
Thracio
della
solita
in ritmi eolici.
10),
che
epigramma,
Teocritor' ci
ma
il
confronto con
come
(v.
19). All'
uno
all'
altro
1'
ruoTixuaat,
bassa,
il
dice
con
quale l'immagine
scrive
insperata tuae
cum
veniet
piuma
dell'
come
anche,
molti
reticenze
anno
fa eri pi
quanto
epigrammi
superbiae, pi signorilmente
XII
355
amato
del
^pi^.
per
ti
giovane
all'
la
alla
tali
in
che domani avrai la barba ma continua poi, per non offendere, parlando di s e di tutti
gli altri mortali, che divengono vecchi e scabri, in men
quel
tempo
che non
si
dica:
'/.(zi
L'amato deve
jio-xoM
/.%'.
scoprir
avr
lui
Questa galanteria,
la gota.
virile
rugiadosa anche nella minaccia, non conveniva alla tempra maschia di Orazio pi del
utuaac.
modo volgare
simile nei
Tiplv
due carmi:
-o-
gio-
si
5t(5c[ji|Ji(;
mens
papo'jTspoc
est hodie,
mis incolumes
godere
x Trox.j^eva auXXa^Yiv
(1)
non
quel!' et
di
ztpuya; y^?
;
dices
fuit,
vetata
c7ra)[xa5tai;
vel
'
heu....
-^ opel.
quae
redeiint genae ?
a|jicau
xc;
tuita
r anima alla
(ep. 41):
I^otac
r/co C
vita, in
av.
sosti-
un epigramma callimacheo
(1) Incolumes in
xv axv
quella
che respira;
la
barba
non so se
che scomparso .
il
leagro
e,
trasportato
ode
di
Orazio;
tr'
1'
resto
il
356
riafTaccia in Asclepiade, in
si
dall'
amante
all'
amico, in
Me-
un' al-
trova gi
si
in
'
'
gramma.
Il
grammi
goiar
(A P XII 120):
tenzone
colga ebbro
senso che
poeta sa
il
ma
:
Eros a sindi
combat-
ben provvisto di
purch il nemico non
Amori
il
sono
gli
amore
lo
l'
si
seguitino a perseguitarlo:
che vantaggio
ri-
64:
il
poeta grida a
Zeus:
Nevica, grandina, fa
ma
se no,
al xwjjio?,
yp
|x'
qualunque sorte
perch mi trae
il
d-zc, .
dano
il
357
d-ebc
xal Aii;
oc;
PuFQ
il
yJ^r^ [is
[jiaxpv a)^vxa
xv [xcpva eXxr^v xv
^'0-(y,
neo?;
quid
e,
si
prisca redit
imparis
sura
Che pi importa,
per
il
IlacScxv. Il
rum
cum
formas
atque
cogit ae-
33:
sic
animos
vi-
sub
ioco.
la situazione nelle
Odi del IV
libro
fanciullo Ligurino la
confessa di
pace:
decem
flectere mollihus
iam du-
egli sa
[iq Tzokibc,
xv
liccv
ol
xwv
ixtov apxc
358
TtxTjVOj
La
veniente
all'
' otivov
l\i\x7.rj:
yps'JtrjV
S'/o).
la
teocriteo e l'oraziano,
il
vergogna per
et senile, poi
sentimento scon-
il
confessione che
la
il
poeta
le
e classico
stile,
si
nega che
vixi puellis, la
mento
in
e l
epigrammi.
Ili
26
e in parte
metro
lirica
qua
classi-
studia di
im-
unit,
che
lirico,
anche quanto
ma
allo stile
questa eccezione.
un epigramma
I
motivi della
da melica
ellenistica.
Properzio, delle quali non ci si pu render sempre ragione supponendo che questo, come pure spesso suole,
imiti quello. L' elegia
deva un tempo,
si
cre-
io,
citerebbe
narr negli
A'ixta
in
tiche;
L' elegia
gici.
ellenistico,
359
epigramma
epigrammi autobiografici,
romana continua
riduce
cicli di
e sviluppa
1'
quindi
le
poeti
ellenistici
et
si
divertano a variare
lo
attingendo
motivo,
stesso
l'uno all'altro;
venga
in
destinati
migliori
si
ripetano,
AP V
189
(2).
al
oraziana
rie
mi melici
suona
poeti
la
alessandrini, se
(1)
1'
all'uscio
querula tibia
epigramma
il
cfr.
dell'Aste-
Nei
dobbiamo
li
si
7).
car-
giudi-
lasciavano andare;
allettasse,
li
romana
(III
Jacob y,
esigendo da
Rhein. Mas.
LX
denza non confortata di nessuna prova. Dei suoi argomenti mi convince pienamente quello che riproduco nel testo
un altro credo
;
di
averne aggiunto
io,
ricostruendo
il
proemio degli
(2)
Cinque, se
si
un convegno, manca
AP V
150.
1'
Aixia.
Nulla di
360
nato:
meno
libro, e
parole e pi pensieri, e
si
scorger
differenza
la
le
tenuto.
traduce
Egli
-fi
resto
ha
del tono,
ma
solo
si
per
distinguelo
studio
come
biamo dett
XIV
Sapevamo
620 e
un
al-
gi di essa da
segg.),
il
quale cita
un dotto
l'
ma
gli
uni
361
testa,
alla
si
adultere e mezzane,
si
Y.G)[i.oc,
ubriachi
tal' altra
gente che
in
si
avvia a
notte-
lui di
Essa
si
torto
il
ad ogni
anima della
donna innamorata: la metrica, docmii talvolta di forma
anapestica, alternantisi qua e l con giambi, senza responsione strofica, addita dove si deve ricercare la radice di quest' arte, nei canti ar iy.y]'nfC, appunto di Euripide, che sono cos spesso messi in bocca a donne e
cos spesso rivelano le profondit dell' anima muliebre.
Questo carme poesia di grande sincerit e immedia-
arbitri ?
tezza
l'
impressione
pubblicato
schi.
Il
(1)
al
di
si
frammiste a parole
non urtano
accrescono
1'
verit.
Non
se
credono poeti
qui,
in
motivo
si
ritrova anche in
epigrammi
e
di
suo Eroda.
Ha
inteso per
primo bene
il
testo
il
perch
avvedono
perch hanno
n'
grotte-
Ascle-
in
Wilamowitz,
calce
Giiti.
piade
cos
in
averlo
3f)2
invitato,
un giorno dinanzi
alla
sua porta.
ma
forse non
non mi maraviglerei per che anche poeti celebri dell' et alessandrina avessero composto carmi di
tal genere. Ma Orazio, che pure non aborre da liriche
mimetiche, che pure in III 9 finge un dialogo tra se e
r amante, non prende la maschera di una donna se non
in Miserarumst, dove, se lo spunto deriva da Alceo,
colori
sono moderni. E la vergine che sospira di amore ben
altra cosa dall' amante tradita.
Aristocle (Athen, XIV 620) nomina quali cantori affini ai magodi gli fwvixoXyot o xcva^oXYc-L
questa sar
colto
io
ma
versi maledici e
sono
Sotade
di
il
:o)v:y.
-y.-
Filadelfo,
menzionati, oltre
lui
prende
di
uno tra
pi nobili poeti
che compose x''vac5oc.
i
ellenistici,
amico,
Alessandro Etolo,
moda: un magod il favore di Attalo I di Pergamo, Ctesifonte ateniese, compose di tali ywXa^poi, come ne informa
Demetrio di Scepsi (Athen. XV 697 e). Ancora al tempo
di Ateneo, se si d retta a quel che narra uno dei conIn Asia canzonette lascive rimasero di
gistrato che
vitati, la
tali
poesiette cantate
a suon di zampogna.
363
una tomba,
un piccolo
carme
di
tal
ionici liberi,
genere
non
legati
fracasso.
Di questa
lirica,
cui pure
si
11.
Alla
domanda proposta
in
principio
di
questo capi-
tolo
nobbe
ditirambica
rici, sia
piti
e fece suo pr di
come
composti
in metri
epiche
si
Le
li-
liriche
composti
in
ritmi
(1)
(iu
una nota
il
jnisso
si
364
seppe ricomporre
strofe
eolie;
la
le strofe di
nell'
corrisponde l'unit di
cui
materia molteplice
uno
parco
pi
quello
dei
melici
unit delle
uno
nella
stile
pi
scelta
dei
alessandrini, di
el-
IL
lirico di Orazio:
qui
noi
ellenistiche di Orazio,
generazioni innanzi a
lui si
avevano educato
il
dall'adolescenza egli
ri-
ritro-
365
che aveva
III e II secolo.
di
libri
greci
del
amare,
la cultura alessandrina
la societ
e l'alessandrina, contro
il
romana
del
tempo augusteo
non
tra la
Roma
in cui Orazio
(1)
Una buona
Roma
romana
dell'et
imperiale e
moderne applicate a
un monumento di pretenziosa
stupidit. La Sittengeschichte del Friedlander, per quanto buon successo abbia conseguito grazie non solo all'efficacia dello stile ma anche alla fine intelligenza per lo spirito dell' uomo antico che vi si
tanto chi
si
contenti
di
essa
materiale rac-
veramente una storia della cultura. L' autore, che attinge quasi soltanto a fouti letterarie, ha l'occhio molto meglio esercitato all' osservazione della vita individuale che non allo studio di
fatti sociali. Invece i capitoli sull' evoluzione economica, sullo stato,
colto,
nou
LAMOWiTZ, anche il
smo e cristianesimo {Htllenietisch-romiache Kultur in ihren Beziehungen
zum Judentum und Christentiim), chi sappia integrarli l'uno con l'altro
e tenga nel debito conto la diversit d' interessi e di scopi che corre
immagine
la differenza nella
cultura ellenistica.
nei tre
ci si
aspetterebbe in spiriti
tutti
e tre
cos
la
W Impero
366
poi, retto in
Augusto
sia
si
sinceramente
sforzato
l'antica
potenza perduta
in
che gli spianasse la via al grado, raccomandandolo perch fosse eletto a magistrature che lo quasoria, sia
lificassero
la
invece, istituita
l'
degl' im-
di
qualche istruzione e a corto di danari. Il regno dei Tolemei era retto da impiegati in misura ancor molto maggiore che r Impero
pu
fare a
duato
sono
tal
d'
di funzionari,
ripartiti tra
giunta in
perch
poteri,
un numero grande
modo che
di
cittadini
per
di
meno
IV
secolo.
Per
1'
Wilcken, ne aiata a
colorire meglio
il
nomina
Staatsreeht II 876.
porta ai nostri
(2)
iiber die
MoMMSEN,
La controversia
fini.
HiRSCHFELD,
Kaserl.
sui
risolta,
VerwaltungBheatnte^ 410.
modi di
non im-
sato
quale
il
funzioni, nella
minalmente
quale
che riguarda
per quel
e,
367
adoprare
Ne
in
fatto,
di
quindi necessario
direzione su-
la
fortuito
altri
uomini
che
proprio
nare in Egitto
Augusto
siano
tutto
del
esclusi
che
senatori,
riservi
procuratori.
della
romanit,
all'
suoi
principe che
il
La
storia dell'amministrazione
sori
Augusto diviene
di
la
imperiale sotto
storia
succes-
dell'adattamento
di
narchia
tolemaiche
(1).
all'
gli
effetti
non
volont consapevole
Ma
il
di legislatori.
trasformarsi della
tcXc?
tivo produce effetti cospicui sia sulla struttura della societ, sia sull'
anche
(l)
orientamento degli
Le ricerche
specie del
di istituzioni imperiali
dal
spiriti. Neil'
antica uXc?,
KOKNEMANN,
Ebil.
Rostowzkw
intorno
alla
dipondenzft
(l.
JH.-Wixs.
Ili,
272 sgg.
come
chia,
la
Roma
368
ministrativa
di
bizione, perch
toglie
cittadini,
tratto
sono
cariche
le
importanza. Durante
ferisce pi lustro
funzionari o
sono impiegati
militari di professione, o
tranne
Impero
1'
che potere;
quell'am-
appagarla alla
di
di mestiere,
grande
di
la carriera senatoria
i
posti in quella
con-
ammini-
numerosi che fossero, non potevano essere moltissimi, perch mancava l'avvicendamento,
strativa, procuratoria, per
piccole
li
brigava e
pi cittadino romano.
lo
Il
li
di soddisfare
cittadino
romano veniva
importanza quanto pi le
riducevano a nomi splendidi, ma
senza soggetto; per giunta, la facolt, concessa al prinIl
diritto
di
voto
perdette
magistrature elettive
cipe,
determinare
di
raccomandarne
(1) Il
con
si
numero
le braccia, fu,
in
eleggibilit
1'
forma
degli
dei
candidati
uomini
liberi
che
si
di
benevolenza
guadagnavano
la vita
infini-
efr.
il
massimo
nell'
degli elettori
Il
(1),
appariva
militare
servizio
369
cittadini,
ai
raffinati
onore
ultima analisi
in
suffragio
di
il
fon-
il
maschio
cittadino
come
magistrati
che un
corri-
le
Ma anche
il
fondamento, a dir
cos,
armi
la
patria.
noto
da Mario in poi
maggior parte
(2),
di
le legioni
tuite per la
Augusto
anima
abolito.
zione, che
da chiunque
ogni
anzi,
il
non
cittadino
conforme
suo governo,
lo
ribadisce, esigendo
mai stato
sia
non ha
osato,
quanto
ai
(3).
Ma
egli
non raramente,
Che del resto
Augusto, nonostante le sue tendenze conservatrici, non
intendesse imporre al popolo romano un peso a cui esso
non era pi n avvezzo n forse atto, si scorge evidente
reparti di non cittadini,
da ci, che appunto egli rende
alla coscrizione obbligatoria di cittadini, se
quali
milizie
legionari
(1) Cfr.
cittadine;
persone
MoMMSKN,
di
numero
rm. Slauturecht
ad
casi,
nominando
(2)
MoMMSKN,
(3)
HiKscHKKM),
egli stesso
JI
J^tl
si
ammette
e peregrini
in
Quando
co-
sj^-;.
fece scrupolo di
magistrati.
egli
latino
diritto
e d'importanza alle
appunto
che
(leseli.
117 sgg.
Il"
191 sgg.
so-
:70
augustea l'identit
si
per
le
il
primo prin-
il
classi
in
momento,
congedo,
ma
volontari
cittadini
non
cittadini,
con
mancano
riserve istruite.
Il si-
(1)
loro discendenti
371
comune
sia
Nel tempo
dizioni
di
professioni
una
famiglia
Fin
cospicua.
lora,
professione,
di parte,
ma un mezzo
doveva
vita
WiLCKKN,
Gviuidziuje
tutions milUairex
da
fi
sgg.,
])rinci)io
maico in reparti
Impero muta
dell'
stati tin
se,
come
g' indigeni
sostiene
della
duo sii
Lesquier, Itisii-
casta dei
speciali, proprio
il
fossero
\iix'-V'^
nell' esercito
Ma
movimento nazionalista
al
gli
me paro
il
tole-
invece che
al-
fram-
cui,
riet,
(1)
si
"^
tre
pur
egizio,
ammettendo
g'
indigeni nell'esercito.
372
anche l'ordinamento giudiziario: il Tiberio di Dione Cas(LVI 40) loda Augusto di aver tolto al popolo incompetente il potere di giudicare; e infatti da Augusto
sio
in poi
discussi
processi criminali,
dinanzi
ma
a farlo
delega
altri
in
lo
dinanzi
modo,
altro
Anche
lista.
Un
un
decise
Repubblica, ravvisa
le
audiioria
et
la
non
un paio
nominare la
stretti
pi
foro,
pi
ma
al
che
le
equamente
domande
voce nel
tahidaria
che
diventa
non alzava pi
giudicare
po' a denti
il
una
civili, di
che sotto
su
di
cause
le
ai centumviri,
il
solito,
vengono
imperatore,
all'
comizi,
sottratti ai
senato o dinanzi
al
ma
conferiva
pi al
al
e interromperlo.
ma
luoghi
in
pendeva
dal
giuEgli
chiusi,
suo labbro
dibattimento a-sistevano
Tacito non
ha occasione di
da questa il
pubblico era escluso. Egli ci informa che di innumerevoli orazioni tenute dinanzi ai centumviri una sola era
stata pubblicata, appunto una di Asinio Pollione, un uomo
della vecchia generazione: le orazioni giudiziarie non
erano pi pubblicate, supporremo noi. perch esse da
opere di eloquenza eran divenute comparse conclusionali.
Questo cambiamento dell'ordinamento giudiziario ha per
effetto che anche l'ufficio del difensore diviene professione;
solo
che,
come
di
spettatori.
al cittadino
uomo
politico era
succeduto
il
l'im-
pa-
trono
373
si
come
cos
all'
anticipatamente
gnato
il
non
che
compenso. Cicerone
si
sarebbe vergo-
di
IV
professione
remunerativa, se gi nel-
per
il
secolo, in
servizi
resi
media
classe
(1)
Non mi
l'
istituzione
del
et tolemaica, perch
il
materiale
mbra. Almeno
(1).
necessariamente
l'
d'
le tre citt
troppo scarso e
le questioni
Zucker
e del Se-
erano rimaste fedeli all'antico principio del tribunale collegiale di giurati cittadini;
Del pari
in
ma
nella X"'?*
^''
tribunali giurati;
ma
le
le
relazioni
ancora
tolemaico
che vi
tribunali
regi.
Roma
oscure.
del
fra
le
Certo
non
due
nel-
principato, an-
il
giudicare
si
avviava an-
tivo,
una
:J74
pubblica
tiobiles,
se
si
agli
ultimi tempi
di
della re-
non
si erano occupati di letteratura che da vecchi, o quando
particolari contingenze li escludevano per qualche tempo
dalla partecipazione al governo: neppure l' attivit filosofica di Cicerone va considerata altrimenti (1). Sotto
l'impero anche persone di condizione elevata si dedicano
alla letteratura, e non la praticano soltanto da dilettanti,
essenziale,
quale
tutt' e
meno
come abbiamo
detto, della
pratica,
Ovidio son
e
i
requisiti
attirare
da essa, trattenuti
si
vita
foro (IV
1,
al-
lasciano
divenire
A Properzio Apollo
membro
ciale
dell'
ingegno.
scema importanza
stato
ora
Augusto
il
nuovo ordinamento
Il
umili
di
natali la via
hanno sollevato
e Tiberio
A Orazio
primo principe
stesso,
offr
classe so-
di segretario particolare.
come narra
ad ascencari-
liberti a
intende, procu-
s'
la vita svetoniana,
epistidarum,
officiiim
dello
anche
una
formata
si
letterati, nella
meno
conta
ma
del senato,
di
375
Secondo Svetonio
il
posto cio
stesso {Aug.^^)
egli
il
avrebbe offerto
suo direttore
quella
carica a
di
la
nuovi
re,
poco, perch
di esserne gelosi e
meno che
usciti
nel senato
da
avevano ragione
un go-
essa,
le distinzioni
412.
di casta
lo
procurator
lraefectuH
singolart-
mostrino chiaro
ma
tali
sono
sguardo
Anche
(3).
a umiliarla. Sotto
interesse
in
fin
HiKSCHFELU, Vernaltunyvbeamte
(1)
greco,
filosofo
un
che
i
del
trovi
modesti
impiegati
non
sparsa
tuttavia
tra
escluso
filosofi,
che
sia
(juesta
solo
leggenda tondeuzio:i
Dkssau, Herm.
XLV
1910,
sgg.
370
Il
carattere
professio-
Roma
nella
augustea:
poeti romani, se
ri-
Tolemei che
loro,
di
riuscite gravose,
il
il
cos
animi un altro
gli
retti
(1)
effetto
Vien fatto
(1).
su
gli spiriti
di
eletti si
ritraggono
comune come
felloivs
che
di
e nel Peripato.
pensionati del
un
professore, appunto
il
a governo personale
salone v
p.
XX
del
fa
college;
O'iaao;
ma
si
scientiflci
greci, nell'Accademia
vita
guadagna
nell'agora
ripiegarsi
comunit
nella
su
quando
profondit,
di
ma
Socrate passa
377
medesimi.
se
si
ristretta
La
svolge non pi
di
amici
fidati.
la
con chiunque incontra; Protagora, Ippia, Prodico raccolgono intorno a s numerosi uditori stupefatti, sicch
casa
che
di
Platone
liani.
Callia,
Ma
il
li
fonda
invece
filosofo pi
La
anime
ditativo ad approfondire
l'
se,
felice di essere al
me-
solitudine; ogni
di scrutare s
minare
sociale;
appunto perch
lelo
nature
priori
le
di
si
propone
di
mettere in paral-
forme
di
Le
per la personalit.
distinzioni
in
che Aristotele
tipi
costituiti
interesse vivo
eppure diversi,
Etica, mostrano
tra
l'
sottili
che troviamo
virt e vizi
Anche per
all' etica,
ma
in
lui la
tipologia siste-
psicologia empirica
378
per
si
le
meteco
comuni
dei
costituzioni
ma
tato Platone.
Il
non
il
mise
paradiso,
psi-
Magno, ma
in Atene
:
greci, e
educare
di
nella
scioglie
lo stato
con
le
le
gio-
secondo
ma
si
riesce,
sforzer
d'
s'
intendere
battendo quella
via
l'
individuo.
che
Teofrasto
conduce
sola
quale
per
oltre
vi
le
scienza
personalit,
rimane
ineffabile,
la
la
di
di
tale
TOLoOic
sta
anima umana, quali essi si rivelano nella direzione generale che imprimono alla loro attivit. Grazie a Teofrasto quegli
e di
riempiono di vita
si
L' etica della Stoa e in certo modo anche di Epicuro torna a essere pi rigorosamente normativa e meno
descrittiva
che non
quella
dei
Peripatetici
scema
dell'altra scuola
si
immergono
ma non
filosofi
gara
dell'una
nell'anima
umana. Gli
li
Stoici,
379
gli
affetti,
Tcepl 7i:a0-wv
non furono composti
Perch aspirano a far propaganda,
essi scrutano le anime, che vogliono conquistare, con
acutezza spietata dello sguardo, pur pronti a fare ai loro
adepti quelle prudenti concessioni che nessun direttore
di coscienza cattolico pu ricusare ai suoi penitenti senza
mettere a repentagUo l' influsso proprio su loro. Gli Epi-
fonde
quanti trattati
brama
a calcolare sottilmente se
sensazioni
un
piacevoli
sia
di
la
godimento
somma
di
momentaneo.
piacere
maggiore
Il
a ogni costo
deliberato
loro
propo-
induce a esaminare
quanta parte di volutt si celi anche in sensazioni spiacevolissime, quanto dolore nasconda in s il godimento.
Qual altro esercizio pi atto a raffinare la sensibilit?
Essi, perch vogliono soffrire quanto meno possibile,
sito di essere felici
li
curo
ci
avversari, da quelli
buona
e pi in
sottile
fede. Chi
generazioni
di
generazioni
di
persone ricche
La
pensiero filosofico
Roma
quantunque
la stessa nella
nuovi manchi
la
augustea,
vena produttiva
mani, accogliendole
lit propria,
di
filosofi
le
le verit astratte,
ultimo
che
Romenta-
adattano alla
dall' ellenismo,
cultura dei
mestiere,
cognizioni.
giovano
Per
che
giovani
cio
altre
filosofi
1'
filosofia nella
spirito
Ma
Posidonio
rimane
ai
la
il
non
la
diverranno
costituire
nello
quale graviteranno
conoscenza della
societ
3()
secolo, ten-
III
dano a
nella
fondersi.
e
le
e metafsici, |)er-
fisici
la
comune
e,
L'una
degli uomini.
pari
a dare
e l'altra
il
e dell'introspezione.
tile
Roma
augustea,
denza degli
come
spiriti
mondo
nel
a cercare la
ellenistico,
questa ten-
ricchezza in s
propria
come
come
non
poeti alessan-
drini,
vivono
sideri
in sodalizi di eletti,
di
coscienza,
Romani, l'Emiliano,
si
vece il proprio
troppo buon
di
il
pi greco tra
aveva saputo
amare con tutto l'ardore dell'anima libera da pregiudizi
di razza e sociali. Anche Augusto volle bene a Didymo,
filosofico, politico,
militare,
Polibio,
Io
L'educazione
(l)
Le
nna lunga
Polibio manca,
p. 82^
mani
filosofica ,
Didymo
forse perch
(1).
dunque, fondamentalmente
non
grandi ro-
considerato filosofo.
381
identica nell'et ellenistica e in quella augiistea, ancor-
ch
Anche
rattere scientifico.
del
Anche
retore.
grammatico
pi celebri
filosofi
di
Ne
ne
del
le
Roma
moda, percorse
Romani
antichi
Greci preellenistici
istru-
essenzialmente
popoli
quanto
allo spirito,
scrivere.
s'
insegnava
ragazzi
ai
a leggere e
studiare
l'
della cultura
Le commedie
figliuoli.
ne
chi
ha
a decla-
del quinto
si
ideale
il
di Aristofane,
pi
mondo
mezzi, fa
antichi
alcune
dialoghi
ancora a genio
ai
pi,
quali
Come
IV
come
secolo,
rigidamente
scolastica,
si
svolgesse
organizzate,
non
in
divenisse
ogni
giorno
pi
Roma
dal
TCcTiace'jjxvo^,
in
poi
accetta la
382
ricchi
dovettero apparire
Ma
come
ai poveri,
differenza di cultura
la
che quella
di ricchezza,
pi difficile a cancellare
stati in
V arricchito che
si
da
dir
mentre
non
agli studi,
sono
vi
V '\i'.[i7.^l,q,
per
riesce
lo
pi
La sua
poesia
di
che,
avendo
fatti
gran
rivolge
si
sottile, di pergli
studi,
sul
volgo
indotto.
Anche V
cui
il
poeta vive,
si
narra quanto
pie
profondamente
sospinto
Roma
un sermone a Mecenate
si
dilettasse
di
andare
alle
scene e
presentava
(I
6,
ai
111 sgg.)
giro
per
il
mercato informandosi del prezzo delle derrate, di passeggiare per circo e foro osservando. Poesie quali Ibam
forte via
8,
12).
Ma
la
Roma
pi simile anche
nell'
di quell'et
aspetto
all'
Alessandria contempo-
Roma
come
383
fabbricata
di
Europa.
al
La
popolazione non
moderne, di abitare il pi
lontano possibile dal centro in calmi sobborghi campestri,
cercava,
nelle capitali
centro
miti ristretti
anche pi
all'
Distanze mediocri, come dal Quirinale all'Aventino, parevano a Orazio immense: intervalla videi Immane com-
moda,
(Il 2,
esclama
70).
egli
partamento
quindi di
si
una casa a un
permettevano
un
peristilio-giardino
samenti
di
molti piani
(I).
ap-
di
trovare un
pochi ricchi
nell'epistola a Ploro
ironicamente
Ognuno procurava
Non
altri
in ca-
Pompei,
piccola citt di villeggiatura dove lo spazio abbondava,
ma gli scavi recentissimi del sobborgo marittimo. Ostia,
hanno insegnato come abitassero veramente i Romani
dell'et imperiale, popolo e borghesia (2). In una citt
una dimora
fabbricata
enorme
di ricco signore,
cos
il
movimento
Il
rovine
delle
vie
di
doveva essere
{epist. II 2, 72),
(1)
le
sia
intraprenditori
inai
pure con
di
lavori
Velt
Roma
in
Napoli odierna.
(2)
Sulla casa
romana
cfr. Studi
il.
d.
fil.
N. S.
1.
7.
384
rabbiosi
maiali che
scorrazzavano liberamente.
[)er
campagna
ma
sempre
che gremiva
le strade,
le
pi pittoresche.
di citt antiche.
Ma
la folla
agli
Siri
occhi
sonatori di
che
il
poeta
tibia.
si
Sire
le
meretrici.
Roma
di
da
tani
Roma
si
studi,
com'
Ma
peregrini.
dal
fosse esule
Appunto Augusto
385
noto,
Roma
la
di tener
mare, cosicch
di
essi
pi
rere
numerosi
mondo
del
di
quel
abitato, un'
rdxo\i,r^
in
stabilire quanti
un passo lacunoso
abitanti
mentre siamo
come
oty.ou[xVY]?,
xr^q
dell'
dovevano pa-
Roma doveva
stranieri,
gli
alla popolazione
lon-
augustea, oltre
essa
citt.
avesse
di
la
Ate-
Noi non
nell'
et
non allontanarci
tempo di Cesare con-
certi di
al
1'
si di-
Ma
1)
(2)
pire
La
25
nel
1183:
efr.
faceva stu-
Limbroso,
38<>
r avanzare
con
scere
del giorno,
pi per
levarsi
solessero
ancorch
tempo che
noi,
gli
il
antichi
clima
di
mattina sino a
tardi.
la
nopolizzando.
Lo
operai, liberi
per lo
pi e
diritti
pi
tolto
uno dei
rimunerati
cari all'
per mezzo
dei
uomo
tempii,
mezzo
per
ma
cui
di
era
libero, la scelta
stabilimenti di
importanza anche economica, esercitava quasi ogni industria: sfruttava cave di pietra, preparava e spacciava
sale e salnitro, ricavava oli da ogni genere di piante,
forse
fabbricava stoffe, unguenti, carta, conciava pelli
;
anche
una
di
la birra era
contadini,
anche
se
questi
abitino
raccolti
in
Puglia e in Siciha. In
Egitto molti agricoltori, nel tempo assai lungo nel quale
centri cittadini,
(l) Cfr.
come oggid
sopra p. 337.
in
387
quel
il
commercio
espor-
di
Strabene (XVII 793), non era il solo molte delle industrie che fiorivano in Egitto, ritraevano le materie prime
:
dal
Sud
Anche
e dall' Oriente.
il
commercio
dovevano
meno
di fermarsi
transito
di
di
Suez
le
ad Alessan-
Il
sognavano
gli elefanti
per
le
Bab-el-Mandeb
persiani
Polibio
(XXXIV
distingue
14)
mina
in questo passo
suscitare durante
l'
infami e in pogrom.
da
sfogava in accuse
la
(1)
(2)
(3)
le
nostre
avevano
sandrini
388
come mostrano
levantini,
dei
prontezza di
spirito,
che
si
manifesta
ma
e in ingiurie sfrontate
Post. 35)
(XXXIX,
1'
Egitto
il
e pronti sempre
insolentissimi
maldicenza arguta
praestirfiae,
in
cabile.
paese delle
testimo-
qualunque cosa
dire
venga loro in mente. A ciascuno dei loro re essi avevano affibbiato un soprannome (1), cosi come a nessun
prefetto romano hanno risparmiato frizzi sanguinosi (Seneca ad Helv.
omnes
vitrum conflant.
certe
aliis
cuiuscumque
charta conficitur,
artis et videntur et
alii
lini-
habentur
quidem
nummus: hunc
apud
Christiani,
eos
otiosi
hunc
vivunt: unus
Iiidaei,
illis
deus,
vimento della
citt, le
degli abitanti.
Del resto
le differenze
non proprio
in Alessandria, per la
quale
citt di lusso,
in Egitto,
(1)
LUMBROSO,
ibid.
IV
67.
se
papiri tacciono,
mano
Ma
di liberi (1).
zione
schiavi
tra
389
concetti volgari
e
Roma
in
liberi
Roma
lusso di alimentare
il
il
che ad Alessandria:
maestranze
inoltre
esercitava
che
rimane
tarsi,
mestieri. Se si getta
nomi di corporazioni profesha ricavati dalle iscrizioni,
Waltzing
stupiti a
di artigiani liberi si
Roma
(3)
guadagnassero
artigiani e
di
la vita col
lavoro nella
arti edilizie,
coctores calcararii',
di lusso,
come
fahri ferrarli,
ma non mancano
Le molte
Wii.CKBN, Oslraka,
()81
antico e sulla
cuoiai
nella
lavoratori
commer-
dovevano
Roma
eserci-
moderna.
Sfjg.
ili
scliiilviti,
Schri/ten.
(7orporati<>n pro/esivitellen.
fabbricanti e
(1)
fabbricanti di pedine da
come
(2)
Ugnar ii,
tignarli,
fabbricanti di oggetti
(.3)
Ma
attivit di molteplici
1'
uno sguardo
si
edilizia.
alimentano
sionali,
Ili
;25.
compresi
nelle
eco-
Kleiutn
dm
tonarii e cos via,
cata.
Anche
sono indizio
organizzazione compli-
di
Roma
dell'et
augustea
dei
Tolemei.
*
* *
siamo studiati
ci
di
mettere
in
luce
le
dell'artista.
Chi
lo
un passo pi
in l e ricusare di riconoscere che le opere d'arte composte in un determinato periodo di cultura, pur avendo
pregio soltanto per la loro personalit, hanno tutte tra loro
un'aria di famiglia;
sia
uomo
unica,
lari:
da
ellenistico?
si
lirica
quale
Il
risolve
con l'aiuto
ellenistica ?
cittadino
della
quanto,
Roma
perch
augustea, era
senza gravi
difficolt in
dell'Antologia
talvolta di Properzio
e'
Palatina,
casi
partico-
con l'aiuto
l' impulso
da un carme ellenistico. Ma
anche qui necessario tener bene a mente che il poeta
era egli stesso un uomo ellenistico per intendere come
queste derivazioni non siano riproduzioni fredde, com'egli
sappia colorare di ellenismo moderno i motivi creati da
poeti
dell'
ellenismo
pi
391
antico,
dell'ellenismo
del
III
secolo.
fimo
clusioni
del
abbiamo
l'
essere
si
egli
1'
ellenismo, rinnovare
poeta
stesso
classico.
manifesta caratteristicamente
di
lesbia. Nelle
Odi
la
ma
ma
intende
stile
i
motivi
contempo-
dell'Augusto, non
riu-
Di qui
in poi noi
II
ci
attinge motivi.
Col
noi
le
informano
di s,
prendiamo quegli stessi sentimenti quale criterio di classificazione, pur non ignorando che l'un criterio insufficiente quanto 1' altro, e ambedue tollerabili solo perch
nessun altro adeguato.
AMORE.
a) L'
Nos
392
cotivivia,
queste parole,
sincero,
prima raccolta
mente
fiamma senza
alla
convengono
Non
r esame
ben
anche nei
Ma
(1).
di
La
vi
ragione di
storia dell'
amore
anima
delle Odi
di
particolari, dalla
udiamo
passione, che
ci
di Catullo ricostruita
come
all'
come mostrer
alcuni
di
perfetta-
vola di fiamma
le
meglio
scrivendo
Orazio,
leves.
esse
bruciarsi le
in
credere che
ed
con sicurezza
dirsi,
francesi,
hanno tentato
di Tibullo e Properzio,
con
amori
di ritracciare gli
mediocre successo,
perch
non hanno riflettuto che in poesia cos complessa e riflessa non lecito ritradurre grossolanamente ogni carme
in un avvenimento reale senza tener conto della tradizione e dell' intento letterario la lirica di amore oraziana
non ha neppure invogliato, ci che significa molto, a
;
^tentativi siffatti.
Le poche
brano invece
poesie di
di
passione
pi
ardente.
La
vi-
stanchezza
profonda
(1)
p. 339.
dell'
Intorno
ai
nomi
dei personaggi
erotici di
Orazio
cfr.
sopra
egli
si
muove
393
rappresentate da poeti
sono
come
state
mai
antichi
quanta da Orazio nell'Epodo 14: mollis inertia cur tantam diffuderit imis oblivionem sensibus, pocula Lethaeos tit
si
occidis
L'amico che
rogando.
lo
scuote da questo
sorsi
Cosi nell'Epodo
stringe
si
(1).
addosso
come l'edera all'elee, e cos anche nell'Epodo 11 (2) la vergogna per le ciarle, che intorno agli amori per Inachia
correvano per la citt, non hanno riscontro nei tre libri
delle Odi.
rino
Nel
rappresentato
il
fanciullo Ligu-
crudelis
10,
tutt' altro
che originale
un vecchio motivo, ma nella prima ode Orazio vecchio non ha ritegno a descriverci gli effetti che su
sur
lui
produce
gli
scorrono per
nel
parlare,
la passione per
le
il
gli
si
impaccia
veduto pi sopra
(p.
se
357),
1'
l'
inseguimento
ha riscontro
un carme
in
di
Taluno forse vorr tradurre in avvenimenti reali anche questo scemare e riaumentare di calore nella poesia
Candidile,
1)
coli' occidis
(jnell' ejiteto.
nistiche,
come ha
fatto vedere
il
Leo,
ma
egli
di
reminiecenze
nel complesso
non facesse.
1'
epodo
elle>
da
394
amorosa
andare
di
di Orazio, e sosterr
alla
stile.
passione,
Orazio negli
solo alla
venili, all'odio.
uomo
non
in poesie gio-
corrie
Epodi dello
arte
sono
hanno
Cy^Xo;
per Archiloco;
divenuti
in
augustea: come
ci
ma
questi tre
effetti
siamo studiati
libri
di
suoi principii di
pi
della
lavoro, gli
qui pi composti e
lesbici,
complicati,
restaurazione
a quello stesso
nei canzonieri
arte neoattica
ma meno
Come abbiamo ve-
che non
rilievi
attici
antichi.
stessi
Augusto. Per queste stesse ragioni nei primi tre libri delle
Odi egli atteggia il suo amore con minor libert e maggiore compostezza che non i suoi modelli formali, i poeti
lesbici, che non i lirici ellenistici da cui attinge tanta
copia di motivi.
Nel seguito della presente ricerca noi troveremo confermato quel che abbiamo del resto gi dimostrato in
generale (p. 352 sgg.), cio che la lirica erotica di Orazio
presenta riscontri cos evidenti con epigrammi di Asole-
395
attinto
quegli
contemporanei, da carmi
lirici
Eppure
abbia
epigrammi, da carrai
forse di quegli stessi
lirici
nelle Odi
mentre quei due, e specie Asclepiade, non
si lasciano sfuggire gli effetti che facilmente se ne ricavano, il genere osceno o anche solo lascivo. Nelle Odi
di Orazio non troverei alcun accenno, nonch al xcr^x''autori.
non
vi tutto
tratta piai,
(Asclepiade
Cetv (1)
neppure
202),
turni (Asclep.
quella
dell'
{Asclep.
AP V
si
7,
AP V
150).
Anche
mantello che
unico
AP V
Asclepiade
AP V
alla
un'
copre
agoni not-
immagine come
i
due
amanti
compiace
di porci sott'
occhio
il
suo
Amore
163,
zosi,
ma
o gli
anche
in altri in cui la
IV
(I
19,
ma
1,
le
frecce
(II, 8, 14),
sia
mendace
(1)
(2)
^pigrammata
(diss. di
(3) Anclie
Asclepiade che
queat'
:i
Posidippo:
cfr.
II
7. "jO.
Sciiott, Posidippi
epigramma appartiene
pifi
probabilmente
ad
avesse celebrato Venere
:J96
et
Ma
siffatta
amori, mostra
tali
tre libri
li
amor
Converr ravvisare
poloso del decorum
in
Lijcisci
questa differenza
dell'arte, cio
aveva
quam-
Appunto questo
spiega, a
parer
come Orazio
mio,
faccia
l'
impres-
suo
cuore e
si
duole
che
le
(AP XII
46)
perch
mi ardete
se
(1)
De
Anche
il
nelle Odi.
(p.
e.
1,
cfr.
le
come
giuste osser-
164.
mente da Tibullo
il
esterne
cose
sgg.
5,
povera
svolto
21 sgg.),
campagna
in
cos
incantevol-
manca
del
tutto
prima
Egli
convito
397
si
(AP XII
dalle sue
7iapa7.Xa'ja''{)"jpa
come scansa
la
piangente
nel
in
lacrime
(AP
145).
Asclepiade
et
un epigramma
in
in ge-
erotico
quello stesso
al
contengono
amore
1'
l'
lo
motti lesbii
mancano quasi
In esso
(1)
A.
RosTAGNi
finisce cos
bruciano
il
cuore.
Bocca
Eppure
capitolo su Asclepiade
il
191(5),
e<^li
si
237:
Vino, amore,
dei
suoi
volutt,
a servizio dell' immaginazione . Io trovo l'atmosfera dell'arte asclepiadea piuttosto torbida che rosea, sento in quell'arte assai pi sen-
timento che immaginazione. Al Rostagni non riesce in fondo di prender sul serio la tenerezza e le nuilinoonie di un giovane che vive solo
per l'amore e per
gli
quasi insignificante
accennato per
IV
398
10,
prima e ultima volta in tutto il canzoniere oraziano un motivo veristico, quello deWa. piuma che
render
meno
la
desiderabile
timo libro
di
spontaneo,
meno
Odi
il
nell'
a ideali teorici
ligio
di
meno
arte,
con-
Orazio
il
ci
convito e per
1'
amore.
Le
le
ma
si
sba-
(II 8)
mina; neppur
di consolare
rotto fede
pubblica
chi
si
La Lydia
di
13,
Cum
tu, Lijdia,
una donna
Telephi, tor-
menta
espressione
La Lydia
non
tutte la meritano.
bordello,
se
si
di I
ma non
pu permettere
segno che
25 parcius iunctas
ingiuriosa,
di
quale femmina
dormire
di
tranquilla,
mentre
e
si
vere
trici
per
appaiono
proprie
Neaera che
il
il
nella
(III 14),
la
Lyde
scortum
(II
11, 21);
La
399
senatrice di
ma
l'
lirica
oraziana,
la
lira,
Anche
simili. La
l'amata baciarla
essa fosse
(II 6,
un convito
favori
nuovo
e abbandonata
a
in
sua
(II 9, 20),
le
ceHbato
il
li
l'aver
sollecitato
di
di colui
assenza,
le
rinfacciato
diritti
su
lei.
da Properzio,
I due hanno
Augusto con-
leggi preparate da
duos
(II 7, 3).
L'amore
qui rap-
presentato
legge,
che,
di
spontaneit
(1)
il
uno
(1).
Non tutte
IV 7 p.
properziane rispecchiano
le elegie
la stessa
conce-
in
e.
morta
letteraria.
Ma
1'
amata
di
Properzio sia
da
ci che finzione
4()0
siano
letterari
di
figura
nella
di
siffatte
donne,
il
I
i
terzo
avvinti
nersi
al
amatori.
gli
primo assalto
Donne
cederebbero
volgari
amatore senza leggerle, sia pure con l'intenzione nascosta di render pi tormentoso 1' amore, negandogli soddisfazione (I 469, III 473 sgg.); non si schermirebbero dalle
prime insistenze, pregando di esser lasciate in pace (I 483).
Tempore difjfciles veniunt ad aratra iuvenci, tempore lenta
pati frena docentur equi (I 471 sgg.): a che perdere tempo
con una sgualdrina? Sobbarcarsi per tali donne a un
dell'
lungo
tirocinio,
sarebbe
sono naturalmente
non
ai regali,
pazzia.
tutt' altro
Le
il
al
danaro e
povero, se fornito
fanciulle di Ovidio
che insensibili
(1
161 seggi).
ma Orazio nell' et
Esse cedono facilmente al ricco
matura si consola, ricordando di esser piaciuto nella
sua giovinezza elegante a Cinara rapace senza bisogno
di doni
quem tenues decuere togae nitidique capilli, quem
;
scis
immunem Cinarae
Meretrici
Ovidio
placuisse
rapaci (epist.
14, 32).
le
contro
le
mali
arti
danari
(I
435)
(1).
Ma
(1)
Nei Tristia
che
il
(II 303)
ad
esse
come
la
2mella
401
parola
blando
chiama
la
un passo
sua donna e
compagne
le
dalle meretrices:
opes;
quod vos
10,
21 stai
et
facitis sponte,
coada
facit.
Le une
schiave,
et
le
sono
loro
(LXXXI
3) (1).
Il
termine
ha, che
manca
io
cpiX?],
Gli elegiaci
di
sentimento.
(1) Cfr.
'Iojv(?t
\i-f\nox'
CX
iinche
Quanto
(2)
1.
amica
ail
sxeivYjS s^stv
Callimaco ep. 25
clr.
|J.r,TS
cpfXov
xpasova
wfxoas KaXXiYvu)T&;
|jiVjts
Il
cfiXvjv.
passo
come mostra
anche
fini
ciulla
abbandonata ha subito
toy(_oc,
morali,
dopo
tyiv
cptXiyjv
il
Simposio.
in principio
xiixcog
'Epws
Il
xf,(;
1'
che
si
lamento della
cptXiYjg
al-
preiij,'ij
fan-
Ma
il
foedua di Catullo
AT V
209.
2i>
la vita.
40!2
Amandi:
in principio dell'Ars
des
(I
31) (1)
dunque non
donne
matrone
le
(2),
amori
ma
di
(jifese
dalla legi-
libertine e peregrine.
tal
mondo greco
dell'
et ellenistica?
noi
dobbiamo con-
la
leggenda
sono cos
si
non
ci
sopraffare del
Caduto
il
tutto
la
riconoscendo
(1)
connubio con
la
1'
Ars Amandi
non
fatta
per corrompere se non chi sia gi corrotto. In fondo un' opera assai innocente, il cui pregio consiste nel contrasto intenzionale tra la
forma saccente dell' insegnamento dottrinale e la tenuit dei contenuto. Un' Jrs Amandi in miniatura gi in Tibullo I 4 la risposta
di Priapo al poeta.
(2)
et;
il
La Lesbia
catulliana,
tempo ultimo
quel
a un' altra
non la
tempo Clodia era
V. Fracoarolf,
Lirici.
II 270.
campo
403
maldicenze dei nemici e ai frizzi dei comici. Del quarto secolo possiamo illuderci di sapere qualil
alle
ma
cosa di pi,
documento
il
do-demostenica contro
Neaera,
orazione pseu-
1'
trasporta
ci
della vita
donne
principale,
non
augustea
et
dell'
in bassure
Del
troverebbero
'(uvaly.zc,
intorno
all'
intorno
altro,
amore
Il
spiritose
569
vo'jaat
a)
(1)
(571
conserva
d).
le etere di
aneddoti,
quanto
si
cui
s
ma
si
narrano facezie
tutte
jiY3cX|iia8-oi
sempre
pur
cortigiana celebre
dimenti consueti
materiale,
sono
voglia,
Anche una
di quelle
tzocXXocy.'X.
e per la parte di
Ma
le
in
libro
meretrici,
alle
di curiosit.
spesso
(p.
122).
resto
posto
[jiiaO-ap-
come Gna-
corrisponde
ai
proce-
giovane una somma favolosa a un vecchio orienche par poco pratico di Atene; essa pronta, del
resto, ad abbassare il prezzo, appena si accorge che il
la figlia
tale,
che
Machone narrava
di
lei
portati
in
Ateneo,
mostrano
che essa
ri-
concedeva a
si
dei personaggi,
agiatamente
ancorch
vi%,
si
(2).
si
In
Menandro
e nei riduttori
vantino spesso
rispecchiano per
ma modestamente
lo
le
ricchezze
pi cerchie sociali
borghesi.
Le amate
dei
(I)
L'opposto
(-J)
V.
in
ispt^cic
ai
p.
rti
-)v oxyj[ixitov
r.so
i.
(ji.
liJS
di,
iiuadraiittiiiaf.
che
padrone,
il
il
404
al
miglior
offerente.
Gli
epigrammi
di
sono
Asclepiade
per
loro
natura
si
contenta di amori
vedere che il poeta ha posto nell' amore tutto l'animo
suo. 1 pochi epigrammi erotici di Callimaco ci introducono
in un mondo simile a quello della lirica oraziana e delfacili,
la
elegia
ha disgusto
suma
tutto (30),
l'amore segreto
si
si
con-
manifesta in sospiri
un
giovinetto,
gli
epigrammi
mostrano
nel
mondo
ellenistico.
il
libero
L' osservazione
amore
campagna
di
tal
della vita
fatta
fiori-
e in piccoli centri
Alessandria,
405
non manca del resto un esempio illudi donna di cui qui parliamo. Nosside Locria fu donna di gusto squisito e di buona cultura, come mostrano gli epigrammi conservati di lei
mondo
ellenistico
stre di quel
genere
volgare, eppure in
un epigramma celebre
(1)
(AP
170)
piaceri dell'
amore
Nulla
anche
cola:
miele d nausea.
il
Questo
dice
Nosside.
siano
per
spregio
tra
fiori
precetti dell'ars
Amandi
(III
329),
conoscenza
mo-
derni in
la
cetra;
cosi
le
discepole
di
Ovidio
(III 319).
Anche
questa forma
una [jLO'jao'jpy^?
del meretrasformazione
senza
dubbio
una
di amore
tricio, e meretrici sono le flautiste che prendono parte
ai conviti su vasi attici. Ma via via che la cultura non
Nosside
la
soltanto
musicale
[xzXor.o'.c
data allargando e
(l)
V. sopra
\t.
di
fu
questo genere
allnando,
:<2l.
esse
iOf)
Mania
di
ticiio,
fanno ancora
raffinato,
ma
l'efTetto di
da Machone,
tutt'altro c\ui
596
Delle
e).
spontaneo
spirito
lo
di
pure da malevoli,
dell'amante contro
libri
essa, inalzata al
altri
b).
compagna del
poeta, Neil' et alessandrina si conosce per lo meno un
esempio di un' etera che ha saputo amare di amor vero
Alcifrone (IV 16) ci ha conservato di Lamia ateniese
una lettera galante insieme e appassionata a Demetrio
Poliorcete la favorita ammira il re potente e il grande
Nella poesia augustea
l'
amata
la
dell'
amore
forma presente
tentica, o per lo
rifacimento
meno composizione
di
La
di
let-
una au-
elaborata su fonti
1'
senza cu-
guadagno, non mancano perfino nella commeditali la Philematium della Mostellaria di Plauto,
rarsi del
dia
Filemone
cio di
(1)
strauo che
(2).
il
gli
XLIV
Come mostra
la
Gesellschaft 197).
Epitrepontes menandrei
e di scaltrezza, v. quel
la lettera che
un misto
di aftettuosit
seutimentale
Roma XX,
4f)7
umilia a
si
lui,
pronta a
subire
amore libero,
immaginata fanciulla di famiglia onesta, sedotta dalle
arti audaci di un uomo senza cuore. Cos la Simaitha
teocritea si data per amore, ma a un uomo solo
essa
sta pi in alto anche delle donne oraziane. Quanto a
elementi sentimentali in amori pi leggeri, una risposta
chiara ci data, del resto, anche per la societ ellenistica
dall'esame dei carmi oraziani stessi, nei quali donne di
quella fatta che abbiamo delineata nella prima parte
tratteggiato,
di
pu
tutt' al
timentale di
pi supporre che
tali
l'
Ro-
vita interna:
manca,
lo
ma
meno
Ma
ritegno e pi passione.
la
(1)
Nel
noxexXsifivvjv, Segai
|i',
sione ,
chiama
erotico.
il
xupis,
Ovidio (Avi.
jiyj
\i'
V'fiS
non mi
la-
.seduttore di condizione
domiiinif
It)
Ili 7,
pi
11)
La sna l'amiullu
momento di spasimo
elevata.
in
un
col alla
fa ricontro
y-'XT)
40S
sia sorta:
nell'erotica maschile
'^O^oi;;
il
che un amato.
spiriti
in
primo
prettamente
elleni-
alcune
pi
odi,
stici.
1.
La
riconciliazione degli
Due che
si
sono amati,
s'
amanti
(III
9).
incontrano a caso
sono
primo osa parlare l'uomo: finch hai voluto bene a me pi che ad altri, sono stato
pi felice del gran re . La donna pi ardita e nomina
riafferrati dal desiderio
la rivale
che
non mi
lice,
zio
finche
che
il
lettori,
Chloe,
preferisti
io
fui
.
fe-
Ora-
nome
di
Lydia,
quale, pur
a morire
momento
aperti a mezzo,
si
cuori
che
erano
si
richiudono ora,
ma
la
un
ma-
un
fanciullo,
tu
invece....
non solo
all'
ma
altro
r altro r inganna e
rappresentazione di
non
pelle pelle,
409
si
Ma
rimpianto.
noa ne pu
Orazio
pi e osa, di nuovo
che
l'
bronzo? se
a
Lydia?
amata nuova,
alla
proposta
la porta
.
si
e ci riattaccasse
richiudesse a
passaggio
Il
gagliardo
cos
che
Chloe,
dall'affetto
affronta
la
per
morte,
di
quel quid
sia
si
di
riaprisse
si
amore tornasse
diresti se l'antico
giogo
al
si,
cos brusco,
che
lettore
il
ripensa
che
il
appagato
di essa,
far dispetto.
Ma
che
il
il
ghiaccio rotto
tu
pi
mai
Lydia acconsente,
le
si
leggiero del
egli
pi bello di
sughero, pi
la
una
iracondo del-
pi giovane, con
il
pi bello, con
il
pi costante dei
una
stella ; si aspetterebbe:
ma
tu sei
taccia di bruttezza.
il
La
riconcilia-
L'ode
piaciuta
ridotta.
410
Il
societ in cui
Non
classica,
ma
ha scelto
meglio
il
ammireremo V
noi
il
istinto sicuro
con
poesia
il
quale
sentire ellenistico.
Wilamowitz
Ulrico di
scrisse anni
sono
(1):
Anche
".
Se queste parole non vogliono dire soltanto che il contrasto tra amatore e amato si trovava forse gi nei lirici classici, esse contengono un errore non facilmente
perdonabile. Non vogliamo per ora dir nulla della forma,
ma
gli
sono ellenistici
spiriti
ci
ellenistica
l'
irrequie-
e facile ad appagare, e ce ne
rimpiangere
fa
un
altro
che credevamo morto per sempre; ellenistico lo squilibrio passionale per cui gli amanti vedono il meglio e
come
da forza
si
appighano
Il
che ispira
al
peggio,
tratti
irresistibile.
come
il
cac-
la
amore.
mentali
Il
che
gusto per
io sappia,
le,
al
rinnovarsi
(1)
ba modificato
la sna
^
;
egli,
opinione in un lavoro
piti
come vedremo
recente.
subito,
che vive degli
411
sentimenti
stessi
della
stessa
senti-
mentalit.
Un
alla
giustizia.
Guarda
Voglio subito
Fammi
un
il
altro
strada
posteriori
non
.
.
si
epigramma anonimo (A P
101)
il
lute,
fanciulla!
precede?
Altrettanto .
Che
t'
Chi
Ho una
importa?
colei
che
ti
La cameriera
persona pratica di
tali
risponde
affari,
secca
(1) cpiXarro'jSoj
(2)
il
Un'
ma
spiccia,
finch
alla
da
il
merce, e allora
Assicurarsi dell'ancella
priui.i di
(./.
A.
cominciar l'assalto
351)
per intenderlo
all;t
pa-
l>iso,!;na
riponsaro che anche libertine non volgari >ion uscivano so non aecoin-
\1>
s'
fanciullo
il
un'altra volta
Non
(1).
parlarmi
arrischiare
ti
cos
Oserai
volta?
Certo; egli
^t
che appena
non
si
non compromettersi
epigramma anonimo
solo
L'altro
lodemo,
di
cui
riproduce
(1) 11
uou
in
persino
fanciullo
ma
le
intenzione
proprio evidente,
un
l'
agli occhi
mondo
del
(2).
formule di saluto.
realistica,
collocato nella
le affettate
ritrosie
s'
identico
Musa
puerilis,
intendono meglio
la pederastia in
et
romana
da intendere
drone;
il
cos
Lo schiavo ha
"jC^^y
^^ ^ sano,
ricusato di dire
il
mi pare
nome
del
sia
pa-
al
1'
altro
modo
il
cio
chi
rappresentare
di
legge, non
cambiamenti
l'epigramma
(1):
poesiette
li
413
li
di
di Filoderao,
guarda
lascia
gli schiavi
il
gustano se
risparmiare
-/.a-ajjLvO-av
non
locutori
si
s'
della
del-
intende se
mano. Iden-
Poich
Fors'anche
lui.
r epigramma
senso
il
di
Io credo lo
di
il
Filodemo
si
debba
timentale
e,
senz'altro negare
chi
il
cuore.
Il
(2).
L'epigramma
realistico e frivolo:
il
loro sentimento sia tutche una grande passione. Nei particolari l'ode ha
finezze di sentimento e di espressione ignote a Filodemo.
t'altro
(1)
Un
nella
si-
ma
si
<i
(2)
biicher
miglianza.
inteso asserirlo
spetta
il
il
Rkitzknstf.ix.
.V. .luin--
comune
Di
l'
ili
come abbiamo
o' ,
detto,
l'
invenzione
del-
poesia
l'epigramma
se
lirica,
in
Ma
manda
di
Filodenio pu
di
dire,
composta per
mande
lettura.
|)ur dirsi,
ha imitato
E anche
non
se
il
Orazio,
in
tec-
la
che dia-
ci
dialogica
in poesia
che intendono
si
stile di
sintattica.
sentimentale
questo
si
direbbe un raffinamento
della
domanda che
ci
ma
precedenti
alle fonti
ai
Ma
in
(1) Io ci'edo
di ritenerli corali
che
il
1'
opinione dei
eloc.
non
di Alcmane,
carme 17 di Bac-
parole,
let-
siamo posti
terari! di quest'ode. Il
lirica corale: lo
intorno
in possesso di
167) e
iiii,
ma
suU' imita-
sul
modo
di
reci-
415
riscontra, svolto
si
leggerezza galante
gliante
all'
Filodemo.
di
le strofe
La
tecnica pi somi-
contemporaneamente
state, o
intendo bene,
dei codici
testo
almeno
se-
si
intendersi, recitate
moderni
di
dei
due
ma
moderno:
come
le
mezzo
sola volta in
recita,
in OraziO;
parole comuni,
alla
una
seconda
tarli,
stampate a colonna;
una
lo
pagina
(1).
[ixXXv
sazi
Yj
7rotf,iJiaxa
tiooc,
xyjv
ma
strofa intera,
-^'jjxv.ov,
xaxa
Xpav,
un
S.a/.sYsaS-a!.
s
e.
la
ritornello.
a'jx^^
p.
Ognuno
lir^xt?
tilologo
yj
eV/]
osiv,
y^opog
quel potenziale.
Ma
dialogo,
ma pu
il
dialogo era
un carme per so, donec gratiis sarebbe gi;\ in certo senso forma lesbica, come sospetta il AVilamowitz {Sainho u. Simonides 113), ben
pi cauto ora die non venti anni sono, ma solo nel senso che il dialogo di amore si ritroverebbe gi nella lirica monodioa di Salto. Spirito e tecnica rimangono in ogni caso diversi.
(1) Suppongo questo per spiegare come nuli 1' nomo nella prima
coppia di strofe insista perdio l'amata eda, mentr' essa
oll'erta
inteso,
ma
pu
si
procedimento convenzionale.
era
si
gi
fosse
Nella
])riina
coi)[)ia
41C)
donna
la
recita
l'
invito al passante
lo
che
le
ler favorire le
osOpo
t^,
Zt^^o
Sr^;
brame
identico
Amore
il
di vo-
degli amanti.
tornello, le ripetizioni,
metri
per lo pi
facili,
mettono
in
giambi
stofane
Anche
compose
l'
idillio 8,
coppia di lasse, 33
ai Tt Msvxa; TzrjzoyJ
sg.:
ad
ay/.sa xal
TzotafJio'',
O-eov
yhoz,
iy.
t|;i))(5
modo con
si
yl'j-
toOto
xepv cpuxv,
x ^ouxXiov TitaiVcTS.
{xrjov
eXaaaov
a'43i)-ova
-vxa
eyo'.
r;^
risponde
vjjio'..
Come
i ~oy.'
y.rjv x:
sv9-Trj
McvaXxa;
in Orazio,
manca
il
ritornello.
_
non
che, se
erro,
Come
tura.
417
in Orazio,
di Orazio, poesia
per
let-
vincere
l'
avversario ripetendo
bucolica.
poesia popolare
che
una
altre pi complicate.
recitava, o
era fissata
si
un interlocutore
si
ri-
e vince, fors'an-
volta, insiste
lirici
la
l'al-
con r aggiunta di un
di trascendere quel
strofa introduceva
terza
come
alla
non
vi
ignoti
alla lirica
ammettere che
parti diverse,
tisti di
lo
ma
studio
si
Abbiamo
contrasti fossero
in
la prima,
seconda
la
con
nuovo, con
particolare
il
il
poeta.
Che
difficolt
come vediamo
fare
ad
due
strada?
Filodemo applica questi procedimenti alla pittura realistica di un mondo frivolo, riduce tali contrasti a un
piccolo
27
mimo
elegante
li
trasporta,
418
meno sem-
plici,
di
[iiXoc
ellenistico
lui
la
meno
a scuola, tanto
quell'ode
motivo
Nel
la poesia lesbica.
di
la
quale pure
ha ben conosciuto
la malinconia.
come
un carme
ha voluto
Reitzenstein
ellenistico.
vedere
Lydia
nel
multi
nomini s un allusione precisa a un distico celebre di Asclepiade: questi aveva fatto dire a Lyde, la donna celebrata
dal poeta
o'
Tzb
Lyda
Antimaco
Kpo'j
di
AuSyj
asjjLVOipy]
nome
rcaawv
e di razza,
pi nobile di tutti
-/.od
ma
oi'
'Avti|jiaxov
grazie ad
discendenti di Codro
son
Antimaco sono
.
Ile^v; per
al latino generosus, si
lebre, glorioso
anche
il
esprimerebbe con
ce-
motivo non
tradito
Il
da
Cynthia
(II
5,
la
3),
419
minaccia che
qaae
nostro Carmine
fieri
nota
velit.
di
Romana
la
si
sapr
trovare au-
e miiltis fallacibus
la
Pure
Lydia che
la
imam
somiglianza
si
vanta
Ilia,
Au5rj
attico,
il
un nome romano
procedimento, come abbiamo veduto nel
Il
(1).
a uno greco
primo capitolo del presente
liriche;
nelle
posto per
il
un'allusione
sostituire
libro,
cos
dotta, pur
cos fuor di
Pu
non sconviene
alla
sua arte
citi non
un classico ma Asclepiade ma anche in un altro carme
egli non ha ritegno di prender uno spunto da un principio
celebre di Callimaco (2). Tuttavia all' allusione io non
credo: una minuzia, una pedanteria, credo per non vana,
dotta e riflessa.
al
me
ne sconsiglia
Lyde
amata, come fa
strofa alla
di Asclepiade,
in altri carmi,
Lvde.
// -apaxXa'ja''9"jpov (III
Il
10).
si
faccia
(1)
(2)
23'^ sgg.
420
il primo fiore,
pu dormire a suo agio senza aver tirato il catenaccio,
si saranno spesso
fermati y(.(~)\ioi, cortei giocondi di gio-
(fr.
88), irride,
vino e di desiderio;
ranno
stati cantati,
ma
le
uapaxXauat^upa per
vene gonfie
lui non sa-
gli
momento in
cammino per fer-
avranno ripreso
la violenza.
o,
il
se erano troppo
Pure
lo stesso
ebri,
Anacreonte
(fr.
vano:
rivolge
non
posteriori al
Convito platonico
ci
vita
amorosa ha radice
il
7:apaxXuaiO'upov.
Le
Ecclesia-
(1)
Il
Fraccaroli,
il
libro pi antico,
qninto secolo.
421
r uomo non ha ragione di piangere, perch trova la giovane sin troppo pronta alle sue voglie pure egli esprime
un pensiero che nel TtapaxXauat't-upov , come vedremo subito, consueto, anzi tradizionale Se non mi apri, cadr
steso qui e morr xccxaTieajv x''aop,at. Questo subito in;
tenerirsi
di
ma
amore calda
gioconda: non
il
si
perch
il
duetto.
l'et ellenistica.
147
al pi presto
mandino
Nel CurcuUo
i
catenacci,
l'in-
ma
il
perch
lo
scherzo
almeno nella
di
letteratura.
Chi ripensi
alla descrizione
que
altri fosse
quanto
l'i'jpx
numero.
Un
canto
come
Trapay-Xx-j-
in
buon
quello
abbandonata, ha troppo evidentemente intenti misi possa immaginare che non riproduca una situazione che era possibile nella vita di
ciulla
donna esclusa canta essa il -xpaxXaua-'iS-upov: ruminazione sua consiste nell' abbassarsi a
ci
(;he noiruomo era normale.
ogni giorno. Qui
la
ma anche
rosa di
il
che i!;\\ usi erano passati nella vita amoKoma: il suo amant(> escluso , 7ioxxXi{jivoc
4^i:i
floribiis
amaracino
et sertis operit
viva e cerchi
ricadono
come
(I
le
scolpare
di
s,
in Catullo
con
(67) e in
samente da quello
bacia
di
Pro-
come persona
passati
il
alla felicit.
porta spiega
dire, della
perzio
mena
letteraria,
non
si
properziano,
comporta diver-
gradini
il
quale egli
il
lo dipinge, fosse
simile
si
tibia,
mento molto
Campo Marzio
La
tibia o
ritrova in Aristeneto
(I
un
14)
istru-
Phile-
com' noto, se non l'elegia, a cui molti pensarono, almeno letteratura erotica, poetica e prosastica, di
tempo alessandrino. La vita e la letteratura romana continuano anche per questo rispetto vita e letteratura elspecchia,
lenistica: quindi
riscontri.
423
Roma, dinanzi a
sua
della
loro
bellezza.
case di
colori
un carattere tutto suo Orazio prende, si direbbe, lievemente in giro l'amata e se stesso, mentre sospira per lei
uomo moderno, egli sorride del suo amore in quel punto
:
pi riflesso
di
Ascle-
abbandona tutto agli affetti del momentoIn questo carme di Orazio noi sentiamo pi chiaramente che in ogni altro quella certa distanza, che egli,
come abbiamo avuto occasione di notare poc'anzi, frappone tra se e la sua creazione almeno nelle liriche
di amore. S' intende quindi facilmente come in questo
carme di amore manchi del tutto la menzione dell'atto
che anche Lucrezio considera proprio dell'amante rassepiade, che
si
gnato
durezza ingiusta,
alla
il
la
egli supplica
eleganza
(A
PV
il
145)
11
battenti,
Lo
(1)
corone
(A P
ritrova per
si
appese
02)
il
sono
colmo
is.
trofeo
di
in
Meleaiirii
amore,
dell'orjjojjlio,
(A
3XopY''lS
quando
la
1'
V UU), per
per
oxOXa.
donna calpesta
le
cui
k-
Kiitno
corone
Tibullo
re(ji
(I
cum
14), te
2,
supplice,
4-24
porta ante
alla
manibus
corollae
et
troppo poco
Orazio
non
quindi
virile
(I
16, 43)
diremmo noi,
porta stessa aveva la-
di offerte,
l'atto
semper
doveva parere
lirica.
L'amata
siamo
certi
carmi lirici che si riflettono nei numerosi TcapaxXauai^upa epigrammatici dell'Anellenistica, forse a quegli stessi
tologia, p.
in quelli di
e.
ma
serenata ellenistica,
Asclepiade e
Lyce
Ja
si
chiamasse
Lyce
di
Callimaco.
la
donna
del poeta,
come
in
una
gi l
peudeuti dalla
8!i
di strappare la
anche
in
a porta.
quest'atto:
all'ira cos.
L'amatore
nn cittadino
non
si
minaccia
mostra rustico
sarebbe lasciato andare
offrire all'amata,
si
qui
4^26
piangerebbe l'animo
ti
lasciarmi
di
fuori
quella
particolari
tradizionale
tano gelido.
Il
comincia:
Possa tu
La scena
la notte d'inverno,
dormire, Conopion,
tramon-
il
23)
come mi
fai
Callimaco (A
uapaxXauai'O-upov di
con
porta chiusa
la
in tutti
Asclepiade, lasciato
(1).
contrariamente alla promessa, invoca (V 164), a testimonio del giuramento violato, la notte, Anch'egli parla
fuori,
nominata
(1)
Tivcaaig.
iXou
xot[jL''^ig*
tn dormire,
cbg
sguita
o'jTojg
8'
piet ueppure
spontaneo
rabilmente
sogno.
canizie
par
xiaaag
sionato
u)$
xiv
30 S'oS'vap.
si
lasci
pxaxrjv
pi
il
che
y.ot|j,^sig
(oc;
bello,
perch
patetica
stesse
po-
parole
tioie? xo'.|ia&a.
i|jis
Xio'
8'
o8' vap
e
;
r^-i-
cenno
ai vicini assai
senza
quell'abbondanza
ma anche
nou
il
contrario. L'ac-
senza
le
reticenze
li
altri
sapienti di Orazio,
parla
si
in
men
possa
opigrannni,
xjjtyj
il
wg xv
oixxs'po'jo'.*
ti
questo
oOxto; 'jTtvcaaig
-i'^xp^^S
ti
vicini
I'
ysT^a...
xo'.|jia3'ai
'{tm^zc,
dormire chi
fai
ia
ma la
A me
ne, tu
pili
xal
dixcoxaiv),
'j;:va)aa'.g,
come tu
crudele,
conosciuto la
noiBiq
s\it
tioXiyj
y)
Kwvcni&v,
upo9"jpot.s.
05' cvap.
[xaxprj
yjE,
la
o'JXisC,
tzoLprx
spaaiY)v
il
189):
xoiGB
5'
tempo (A P
cattivo
del
-/.y)
meno
(^ui
molta
riflesso, assai
in
un
sono
42()
congiunti
ux;
r,v
y.al
(V
vjE...
vento
107) pioggia e
-/.al
jiofr^;
']^'J7.?''^5-
ST'^i
Anzi
5 [xvo;.
il
vano
cos in
miii
pigra
un
(1).
uapaxXauaid'upov di Tibullo
nocent
hihernae
(I
(1 2,
29)
mediae nodes, me
me
dolet
non
uno
ine
16, 23);
frigora noctis,
ritro-
si
di
sidera piena
in Orazio
(2).
L'accenno alla spietatezza dell'amata, cui la piet degli estranei d maggior risalto, era pure tradizionale. Callimaco nomina i vicini ^d.xo'^tc, oxxecpoua:, ab o' oo ovap.
Onesta menzione, cos naturale com', ha tutta l'aria di
esser presa da canti popolari i vicini, vedendo il sup:
(1)
Non
si
fossi
ma
l,
di co-
per parri-
giti
dal
Il
et
in
tepido
limine
somnus
soglia, quale
si
erit
mo-
trova in
stiimi illibati.
primitivi vien
classe
nazione,
Giacomo Rousseau
Gian
di
popoli
di
sociale,
mondo moderno
Francia
427
mondo
e di Bernardino di
giustis-
moda
venuti di
tempo
al
dei primi
coloro
Anacarsi (1):
di
ragionatori
la
maturit precoce
queste generazioni
stirpi e di
manca
si
che per
per Erodoto
lo
pi
si
di
ha
di
manifesta anche
non
egli
di
ionici,
la
carsi
di
inteso
parlare
(IV
23) di
tutta
una
credere a
lui.
trib
Ma
egli
di Sciti,
gli 'ApYiuTcaoi
borei,
di
o Calvi,
latte,
in qualsiasi controversia,
si
biano l'usanza
di
(l)
V.
Quanto airantiohit
Fxlg.
Jiliiiniier,
12.")
sfi.
li
428
pi piena indipendenza,
tuzione
popoli
di
respirare
1'
verso un
pi
colti.
sentiamo
mondo
trovato
la
isti-
grazia
agli
III 24,
Intactis opulentior,
particolarit
stessa
che aveva
melius
augusteo,
proseliti,
come
cos
il
Cinici
rinati
disgusto per
cultura
si
fa
sentire
sempre pi forte: le catastrofi delle guerre civili dovevano ispirare a molti odio per istituzioni sociali che,
complesse e raffinate com'erano, non avevano potuto
impedire tanti orrori. Orazio sogn anch' egli nella sua
giovinezza romantica un'isola dei beati in cui trovassero
rifugio
pochi pii non macchiati dalla corruzione g-nerale, ed espresse il suo sogno in un carme di mirabile
i
eloquenza (epod.
Roma
tal
sogno
nella
16).
Dieci anni
pi tardi
si
susurr in
Roma
di
(epist.
90) a lodare
sel-
(1)
Cfr. sopra p.
59.
Germania
esalta
non pi
gli Sciti
ma
Germani,
Romani
il
4-29
Queste considerazioni
spiegano
femmina
dello Scita
poesia
ellenistica
alla
noto
il
risposta di
uno
di suo,
discorso)
chiama
scitico ,
sprecarle.
di
come
rigidi,
no-
gli Sciti. Il
la
ignoto
resto affatto
con
quale
perfettamente
f;acv la
il
(II
xr;/
20)
y.Kb
il
di-
Sx-j^-wv
Ma
menzione
la
un popolo
di
tal calibro
ma
scherzo
scherzo, tuttavia
esempio
dell'
di estranei
amato,
nominare
pressione
solevano
si
vicini,
saevo
che pure
in
nupta
viro,
un suo
tramontana
la
diritto,
amaro, specie
uomo
di
mondo;
a casa sua
ed
uscire in istrada
(1).
quale
se,
particolari
si
incolis
Aquilo-
esercita
quasi
arrischia
di
si
(1)
che cosa di
pifi
contrasto tra
che
il
durum
limeii,
vedervi un
bclKi
porta
Roma, mi pare eccessivo; neppur gli usci romani saranno stati soffici. Dura la porta, come dnra la donna che excliidil
domiiae dulces a limine duro
cfr. Tib. II fi, 47 saepe ego cnm
della casa di
(Kjnonco voccs
e
il
passo di
Prop.
II
Lygdamo
20,
li3
interea
iiobi
tionninnijiiam
ianita mollis,
rato barbara
et
ticc
vso
domus
et lorif/e
Sirtijs,
ned eulta
il
ci
e de-
rivato da
tutto
in
il
Lygdamo. Ma
La
l'altra ipotesi
poeta e
notte
pare pi probabile.
la bella
stellata
inter pulcra
civilt in
passaggio, in
mezzo
alla
ri-
quale
il
(1)
quo strepitu
audis
et
chiuso da quattro
pida camera
parti
penetra
pure anche
di
muggendo
il
ode
la
parte essenziale
(3): di solito
meno
abili e
meno
(1)
Lo
stellato
si
Non
ritrova,
mas-
delicati, la descrive
mente, villanamente.
tutti, spesso,
di
con
rughe, minuta-
fu cos in origine
lo
pseudo-
in Properzio.
(3)
Manca
meno
431
Anche
aoX'.x
pi riguardoso
(XXIX
25):
Io
che or
fa un anno eri pi giovane, e che diveniamo vecchi e
grinzosi prima di sputare , cio in un attimo. Il poeta
ti
accomuna
di ricordare
dove parla d'invecchiare, perch il ricordo della canizie e delle rughe non l'offenda.
Ma un poeta posteriore a Orazio, che pure ci serve bene
s all'amato, l
Gi
ti
assaltano
me come Ecuba
92):
rughe
Priamo
particolari
Rhodope
si
xio
A
sa-Ep; iaii
stesso
mo-
ritrova nell'epigramma
di
a-cpi-/j
pi presto,
Lo
'{xr/.'.y.Oyr. 'p,p'x.;.
V
il
233), per
convegno
altri: l'\)o\ixt
iJLETpv^xo) Tir^-
Qual
la sera delle donne?
sera , il poeta chiede:
La vecchiaia piena di rughe infinite . Gi il Ti
vedr questa sera dopo il Ti vedr domani sa ili
appiccicatura la riflessione cos generica sul tramonto
T>[ivov ^ui-'ot.
lei
che
gli
120)
(jui
Philino
pii
le
432
come
con uguale
confronto
il
neir'EpaaK'jf; pseu-
dappertutto
abilit,
l'uscio dell'
amata
sce
tempo
il
e presto invecchia;
il
, e,
del fanciullo
ma
bella,
poco
poeti di
la bellezza
Talvolta anche
al
confronto un certo
74),
inviando in dono
descrive
lui stesso, le
pi garbato
non
anche
la neve,
vive
so se
vuoi bene,
l'
(A P
di essi
carmi
di questi
Io
79):
accettalo
ti
epigramma
ma
lancio
concedimi
certo
pi antico
un pomo:
la
attribuito
se tu
mi
tua verginit;
se
breve
sia
posto, sia
ma
si
chiede amore
a una vergine.
trovano
cui
si
tutti,
discorre subito,
si ri-
proprio degli
dovremo ragionare
di
in altro
di vita?
perch non godere
risparmi
Asclepiade scrive (A
verginit.
la
433
85)
Tu
fanciulla,
di
incohare
summa
14):
(1 4,
lorujam
iam
brevis
spem nos
vetat
te
et
(omus exilis Plictonia, quo simul mearis, nec regna vini sortiere talis
et mox virgines tepebunt. Ma il '/.tio^z^-y. di Ascleprima persona plurale posta cosi in fondo, fa
bene sentire all' amata che quella sorte comune, che
l'amante non parla per malevolenza, poich i suoi ammonimenti hanno tanto valore per lui stesso quanto per
lei
in Teocrito abbiamo osservato pur dianzi uno stato
d' animo assai simile (1).
Orazio nella forma particolare della minaccia si attiene
a un altro motivo forse pi antico egli scongiura l'amata
per bene suo
che egli fa come se si dimenticasse di se
di non offendere Venere.
stesso per pensar solo a lei
Un eccesso di castit una bestemmia contro la dea,
perch sminuisce in qualche modo il suo regno. La concezione antica: su essa si fonda la leggenda di Ip-
nunc omnis,
piade, la
polito,
dite
si
quale
Euripide l' accolse dalla tradizione. Afrovendica di Ippolito, perch egli con la sua castit
Tutti,
(1)
si
pn
dire,
godere
le
dell'etil a.
a.
tutti
Ili 59 sg.
agli
nizie
amanti
;
li
sospirer
serpenti
Henza rinnovarsi.
mutano
pelle,
la
gli
altri,
conlliiiscono
gli
donna che
tien
chiusa la porta
cervi corna,
Nonostante la grazia
presto
li
:
romano
tediano.
le
donne invecchiano
di molti particolari,
lirot,
sovrumana
le fa torto,
spregiano:
il
ci,
che
434
puniscono quanti
e gli dei
egli
L'altro peccato,
xo
reverenza,
rifiutarle
il
Xv.Tpa
vx''viat
14)
(v.
li
di-
trezenio consiste in
'^jauei
'{7.\H})v.
sparlar di
lo
lei,
Kiessling-Heinze,
vane pastore
e riesca
tenti
tra
una
a indurre
fanciulla
quella
contrasto
La
Afrodite
Artemide,
tra
l'
-f po^taioc
(Theocr.
o'jye.
'^ioc,
che
XXVII
15),
protezione di Artemide:
xEficc
ir\.
cpeO
cpej
xwpa, la giovinetta
xc
risponde
pseudo-teocriteo
)(Xov ^so
facendosi forte
x'^'-?^'^^
Di altri dispregintori, se
Xlacp-'a?
ITacpta- [Jivov
iXao? "Ap-
conosce l'efebo
anche costui
(v.
5)
y.al
della
del suo
dell' 'Epaaxr^s
gioisce
castamente,
poeta innamorato
si
ha a temere
il
435
l'indietro per
conto suo.
La metafora vuol
lare
presto
il
Bada
giorno
frequentissimo,
TTTo;,
dire
la situazione , a par-
Il
di vedere, nelle
un giorno,
non verrei per te neppure sino alla porta di casa, neanche se mi chiamassi .
Asclepiade, escluso da un'amata (A P V 164), invoca la
notte a testimoniare che egli venne chiamato, e prega
che Pythias debba un giorno star cos sul vestibolo di
delle Esperidi e al custode dei morti Cerbero;
lui.
gi nel pseudo-Teognide
(II
grande.
1317),
il
(juale
11 motivo
augura a un
Ma
il
particolare
si
egli'
amante
come
lui
di
notte,
molle
'EpaaxYj? pseudo-teocriteo
dice
di
Cos
amato
all'
(83sgg.):
sti
dell'
requie
.
il
Quei\\\:\\o
436
perde ora
beri,
\.y\Koxt
xal
zios-iq
y^aXeTOov, wcjTsp
CT pnr^asat, o^ptixe
vOv w5'
-,'()
insieme ingegnosamente
izaioiv.
KuTrpoysvoO;
rcl
o'
Ipyov
v-
Tibullo combina
ao:.
come
UH quaecumque
diem
esse sicperba
la
cupies votis
te
hunc
te
Peneopen
Penelope,
per riguardo
aveva
Venere (come
l'ira di
di
in-
difficilem procis
sdegno
ma
pi soltanto malizioso,
non
quam
nunc
at
buona fama
fastiis,
dura sera
oppositast ianua
forse
alla
ragione
Venere contro
abbiamo detto
teste); tuo
riguardo allo
al padre, per
stile,
il
Anche
Tyrrhenus;
ma
la parola
polo
lascivo
(IX
16) citato
oltre
il
fama
di
po-
da Kiessling-Heinze, vale
la
pena
di leg-
Teompompo
(Athen.
23
d,
XII 517 d
sgg.).
437
modo come
il
dere che
mente
il
piaceri
da
far cre-
e svisi
munque
li
(1),
di
un Romano
tempo di Augusto l'udir vantare la virt di un'Etrusca doveva far la stessa impressione
che a un Toscano del trecento il sentir parlare della castit delle donne bolognesi. Orazio dall'ammonizione scherzosa passato all' ingiuria mal coperta; senz' effetto, che
la porta resta chiusa. Ma l'amante tenta ancora uno sforzo,
supplica ancora: Bench nulla ti pieghi, abbi compassione
quamvis neque te mimer nec preces nec tinctus
viola pallor amantium nec vir Pieria imelice saiicius curvai,
diffusa che a
del
animum
mitior
angicibus.
l'aria di specificare
(2)
motivi popolari
con quamvis.
che
il
doni, le preghiere,
(1)
K(JRTK, r.
(2) Il
Ma
palientior
africani
V.
VI
stanno
(3),
754.
getti iuauimati
erano
licei
8il
presenti
alla
el
di
parentesi,
si
sit
licei
chahjhe. I
et
di
og-
et
saxo
serpenti
fuggimmo
16, 29
Proj). I
ferro durior
mente
il
proposizione
ritrova in un
Il
il
motivo del
epigramma
di
iiato fetido,
Lucilio
1'
XI 239.
(3)
solo caratterizzare
leiiH
il
i)alloi(^
virgiliano, detto di
dogli amanti,
ma
parla
un
il
nonostante
in violetto,
il
viola /i/-
non dimou-
la notte
438
con una
con una
nei
ma
7iapaxXai)a:0%)pa,
Romana
ziano.
forse
marito
clie la tra-
Chloe.
'Iliressa
il
invenzione del
1'
;:apa-/.Xa'ja{0-jpov
si augura che Delia gli apra senza far ruda non far sorgere sospetti nel marito (12, 31 sgg.).
Nulla, per quanto so, prova che i liberti e la loro prole
pari Tibullo
more,
SI
avessero in Grecia
quegli
n da credersi che
come
una
nel romano,
costumi che
stessi
mondo greco
essi nel
classe
sociale a parte.
me
Roma,
in
formassero,
tocco
Il
felicissimo.
semper
liminis
erit
Kiessling-Heinze
mente ambigue
gliersi la vita.
xXauauS-upov.
tempi
pure
credono che
caelests
patiens
ultime parole
le
poeta minacci
il
in
nulla
1'
adempimento
domanda d'amore
xaxaTzsatov
t'era gi la
-52)
finisce quasi
o
con
la stessa
piglia
innamorato
cos
sul
serio
Il
y.tiao\iyj.,
KG}\i.oq
piut-
tan-
di Teocrito
wos
X'r/,o'.
egli
Tiapa-
(III
to-
di
7vcau[xai
latns.
intenzional-
Aristofane:
di
la
Ed
aquae
aiit
trovano
Qui
\i'
l'
eSovtat.
w^
(xXi
zoi
ingenuit, la rusti-
manifesta anche in
ci, che
un motivo ormai antiquato.
si
Teocrito vuole che l'avveduto lettore sorrida del giovinetto che vuol mettersi gi e aspettare cheto cheto che
i
lupi lo divorino. Si
in atto
il
pu esser
certi
le intenzioni
del suo modello
quando
fnse
il
che
suo
vr^p rzoX'y^iXz^oc,
439
giornale anche
'Epaa-y,;,
s'impiccasse sulla
gli
1'
cronaca
di
Ma
non dice
carme finisce col distico seguente: quod quamvis ita sit, dominam mutare cavebo; fum
in ine senserit esse fidetn. Dunque non diceva
fiebit, cum
da senno.
per uno che vuol morire?
11
buona volta
Uvano,
si
di farti la corte .
Teocrito la minaccia
di
di uccidersi
fatta
altro
genere
Non facciamo
Arato, n consumiamoci
il
triste
(1) Il
pi
piedi;
il
la
cagionato
perdio
Questo un con-
Wilamowitz
{Goti.
Xachr.
aiiclio
lSi)l,
sigilo di
440
lo
segua
a se stesso o
ripeta
lo
7T:a(>a-/.XauaL0upov.
L' intenzione di
fine
ha pregato
gli
Amori
di colpire Philino.
buona
perch
non
di
gli
Anche
augura.
presa dalla
minaccia
la
del ua-
tradizione
paxa'ja:i)"upov.
Le canzoni a
La
dispetto
(l
IV
13).
canti a scorno di
donne che divengono o sono vecchie nell'uno il poeta rinunzia all'amore della femmina superba di una giovinezza
che gi mezza sfiorita, e le augura con compiacenza
dispettosa vicini i mali dell'et; in un altro celia crudelmente su una vecchia che non vuol darsi vinta e tenta
:
giovani
le
il
il
Pohlenz
terzo
(Charites
si
rallegra
filr
Leo 102)
il
tor-
pore deriva appunto da umidit o freddo. Questa doveva essere opinione comune nell'antichit, ed del resto fondata.
441
che egli aveva espresso in un Ttapa/.Xaua:0-opov, si sia adempito. Il motivo doveva allettare
era compiaciuto di descrivere
il poeta, che, giovane, si
la libidine ributtante di vecchie megere; ma il freno
un
che
augurio
dell'arte,
prima raccolta,
zionate per prime gli
delle
dire,
ha
poeta,
si
gli
ha vietato
nelle
mostra pi libero da
indole
men
restrizioni volute,
metro
lirico la
di
li-
carme
non osano se
detto,
una rinunzia
alla richiesta di
gna:
il
si
si
amore. Attraverso le
dice di
lei
esagerazione mali-
di
giovani ubriachi
Un
giorno,
in
flebis;
non
il
erro, assai
(l)
in
noscere
Sembni
verit
elle,
se
cum
saeviet.
La
situazione
se
mino
di-
minus
dir
lo
ma il
et
24-25
(1). Il
poeta
si
accorge
lesina,
dei^li
t'or-
deve rico-
altri
iiiss.
iu>
u^
per la prima volta che l'amata che lo disprezza, non vale
quanto egli si immaginava. La colpa o il merito delia
scoperta, l'ha tutto la donna, che l'ha suggerita all'amante,
(XXV
ramente
7):
lo lascia
intender bene
E non
noi
compaia pi dopo
libro
25,
nella riconciliazione
terzo,
anche
Odi
le
di
sono
i
bipartiti.
nazione
seconda,
si
noster
il
amor
chiezza dell'amata
at
dell'
te
un
forte at,
urgeat annis.
Anche Orazio
non
gli
rese
il
proprio amore
una
Il
profeta
le
ma
profezia e augurio
curo di
s,
effetto,
affrettano
accorto che
avvenimenti desiderati
La
il
penultimo
si-
demum
si
sente
di
una raccolta
di
amore.
verso
di
diras,
considera
cio
ma
in
IV
mea pagina
cecinit
fatcds
componimento
il
incanto.
443
minaccia
13, cita la
mea
Lyce
divenuta vecchia pi
un
stesso quale
vota:
non ho ritegno ad asserire che un carme celebre elquel che abbiamo ragionato nella prima
parte di questo capitolo, un carme hrico, abbia ispirato
Properzio e Orazio: Orazio appare anche qui il pi libero,
il pi originale dei due. Lo mostrer, se non m' inganno,
il confronto della chiusa di Properzio con l'epigramma di
un Bizantino, Giuliano prefetto di Egitto (A P V 298).
Il carme comincia con un tocco moderno
Lydia non
abita nella modesta casa greca antica n nel basso villino dei signori Romani, nella domus vitruviana a un
Io
lenistico, per
piano con
le
di
questa che
non risponda,
la
sua
livello
(1).
trovano
di
di sassolini contro le
meglio
imposte
in cui vi-
(1)
<A'v.
le
Anche
mie
uolla coniuifclia
osservazioni
Si.
il.
nuova
d.
III.
il
honlcllu ora
clasn.
'^
.
al sei-oiulo
1
''.
piano:
di affitto (1).
Properzio
ianua spezzata da
i44
(III 25, 9)
mano
solini dei
reali-
xw|jLOtc
Sjjijjievat
f)"jpa[x-/o'.L:
da condottiero nei
far
di
contro
alticci
Truy^x/iacac vwv
xs
porte:
le
O-Xc.
7iapo''vfj3V
axpaxY]Xta5
anche pi cospicui nel primo capitolo del presente libro, sa render moderno un motivo che, sia pure attraverso un carme ellenistico, deriva dall' antica lirica
che la prima strofa e la prima parte della seconda, par:
cius
tervi,
nec Ubi
un passo
un amasio
Anacreonte
xoO
[JioxAv
(fr.
{)"jp-(]C7t
88)
i^fpiv ^aXjv
'r'ii'jyoq
cita (2),
pietruzze
ma
gettate
il
di
Orazio,
xaO-s'jOsc.
passo di Anacreonte
le
imposte
dell' alta
finestra;
(1)
(p.
carme 64 di
il
carattere
romano
dell'abi-
ellenismo
Dioscuride
scrive
l'andar
porta
solo
e la porta
infatti
personificata, anzi
test, solo in
tempi
minus
aiidis
deificata,
come
ellenistici. Ellenistica
giovani
avr avuto
casa chiusa:
la
il
abbiamo veduto
,
tempo. Anacreonte,
del
ma
44o
che cercano
7i:potva
il
modello), e l'ama-
il
et
le
per
rughe
Orazio non
di cui in
donna
che umili altri, non per Properzio se non la conseguenza ultima del suo scadimento, per Orazio tutto.
qui parola. L' umiliazione a
cui
sottoposta la
Properzio
liano (A
P V
298).
Properzio.
At
te celatis
Giuliano.
etveuiat foriuaenigasiuistra
tiiae;
l'are
debba
Jlapir^
iXX
\x-z';xXi':-zx;-
[|ji-:i/,9-o'.;
xivrj;, ::-vx
a tirpe
[fapillos,
(1)
'lnspxTj
|iV]
S-ava-cqi, paaiXs'.a,
[-
xo 6' \ir^iXi\,
Tp'xx;
v,=0'.
de' Lincei
(Serie (|iiinta) XI
\'
:S!t.
;S(t
increpitante tibi,
Bpcc'iilo ni^'iis
-iW
'{ifio.'jq,,
? puxi?ag
oxXt,pciv xoito
[piO'Os-
excliisa iii<iue
vicem
patiaro
fastu.s
Ta5= daxpux-
t'Iciiocv Tio-.ai
[siipei'ho.s
L'accordo
Properzio
fra
-x'/X/.o;
['j::o//>i
Giuliano
mostra che
la
forma dell'imprecazione, delle dirae, cio pai, come Properzio chiama la sua elegia. Orazio ha trasformato l'imprecazione in profezia. Il carme antico parlava, come s'in-
di
via
il
resto.
Ma
la
sua pittura,
(1)
maschio
tira
L'ha Filippo
(APXI
36);
il
iu
una canzone
casa
dell' antico
l'amore di cui
si
a dispetto,
la
tramontana,
mentre
(2),
ma
altri la
messe
^^oQ. Qui,
amante,
ed
da
come
lui
respinto
come
in
va in
Teocrito,
che
soffia
rompe,
la
Non
bisogno
che giovani
lei.
447
ma
sete di
le ossa;
piange non gi
essa
fisico incoercibile,
curin di
si
libidine,
un
un bisogno fisico e il dispetto per 1' abbandono in cui vive. Pure in questa descrizione cos possente
Orazio ha saputo evitare ogni volgarit: la donna che
una volta fu sprezzante, accetta ora chicchessia, ma non
si abbassa sino a piangere, essa, come la vecchia di Nicarcho, forse un contemporaneo pi giovane dell' Alessandrino (A P XI 73), la quale vuv lO-Xet ooOvxt |xcaO-v eXaule
cavalle,
vo(i,vy].
angiportii,
in
flebis
solo
levis
libido,
et
quae
solet
matres furiare
virenti
qiiestu laeta
Il
confronto della
intra
il
iecur ulcerosum
18, 72):
saeviet,
Orazio ha
consigliato a
(epist.
il
ulla
iecur ideerei
puerve
amici.
li
tenda invano
Vili
quel
al avo5o'., dei
Theophr. de
l'orlirione
inventi,
><uo
che
mesi, s'intemle
veni.
17.
Di solito
mesi
si
come fanno
autore.
principi,
al sospetto
che
un passo
di
lo scoliasta
il
L'ultima strofa sta
grandiosa e spietata
vecchia ha torto
tabile:
di
448
perch
l,
giovani preferiscono
carme dopo
il
la profezia
si
corone fresche
le
ai fiori
motivo era tradizionale, quantunque gli epigranunatisti non sogliano adoprarlo con tanta abilit,
quanta Orazio. Lo abbiamo veduto usato per confortare
domande di amore; ma una canzone a dispetto del solito Rufino (A P V 28) dice: Mi saluti ora che il tuo
appassiti.
Il
marmo;
me
scherzi con
pi
li-
le
chiome erranti tutt' intorno al collo altero. Non ti avnon acvicinare a me, vana, non mi venire incontro
cetto in luogo della rosa la spina (1). Prima di Rufino
Alceo di Messene, il contemporaneo e nemico dell' ultimo Filippo di Macedonia, aveva applicato a un giovinetto la stessa immagine della rosa e della spina (A P
XII 29).
Orazio ha preferito il mirto alla rosa, al fiore che per
la poesia greca simbolo di giovinezza. Del resto anche
:
il
epigramma anonimo (A P
ama un
tradizionale
per
lui
mirto
il
corone
perch
pensa
gettano
nell'
immondezza
alle-
il
di
il
di
bel Dio-
nuovo
ri-
con
che
tutt' altro
egli
la
spazzatura
abile, varia
emblema
esso
di
un
Il
x-o;
caducit,
conteste, che
si
lu un epigramma di Diocle (A
(1)
{A P XII
luti,
un giorno
altro trascurando
di
107) dice: Se
186), si profeta a
sempre verde. Egli
con un'altra pianta
lo
sparger
pi
Ma
la
tinte pi vivaci
di
coloristico
dell'anonimo.
anche perch
bell'effetto
449
si
per ritrarne un
(1).
alla pianta
come
il
mirto
la
lirico di
ai venti,
atto
di servi.
ficio
Il
tipo della
reggiare con
buon gusto,
giovani,
le
in tutta
una
serie di
apfjartengono
ritratto,
di
ga-
epigrammi del
libro
XI
Lu-
tutti,
appare
in
dell'Alessandrino
(2).
giovane
pii
ma
buon gusto
con poesia
per
ecciti
il
disprezzo e lo scherno. Io
ellenistica dall'altra.
haimo presa
(3),
e la
Filodemo, tratta
sessantenne su cui
gli
il
xno;,
anni non
Osservato da Kiessung-Hkinzk.
Di questi epigrammi (piello di Aiitiiilo piobabiliueute preso
dalla Corona di Filijpo. Anche Myrino, a giudicare dalla compagnia
in cui in altre parti dell'Antologia si trovano i smii carsi epigrammi,
(1)
(2)
ma
il
conclusione sicura.
(3)
Riproduce
il
motivo l?asso
29
di
Smirne (A
1'
.\I
7-'*.
(A
450
che
13): verisimile
suoi continuatori
d'in-
ventar nulla.
Pure Orazio, se
come
lenistici,
si
anche qui
modo
il
ma
dizionali,
di
la
ma
qualsiasi
se
ci
si
perdoni
il
No,
disgusto
il
(1)
anche la
(A
P V
Tibullo
f.
403)
sar stata
si
(I 8,
una
stessa
essa stessa a
stessa
profes-
risma; nuO-.g
i]
Nixo^
mamma
giovi-
della
donna
di
Ascle-
famosa.
paragonata
la
le
l)iade tglia di
(2)
mamma
che esercitano
tglia
di
gusto
bisticcio, di miglior
un
sepolcro,
come
P V
nella
21) la vecchia
commedia
ti
come
nette e
451
Ibijci,
essa maritata
sare
suo
il
modo
decentemente
vergini
et
egli passa al
stellis
l'ode!
immagine graziosa
dalla
scu-
il
maturo propior
e nello stesso
di agire
lo
tra
il
nobile del-
stile
egli passa a
una
ardita,
satis, et
forza da chi
non
la
doveva esser
vuole,
tutt' altro
che
termine di paragone
una lezione
Secondo Seneca
di etica.
che
gli
quae
come
si
(quaest. nat.
IV
si
si
farebbe all'amica,
effregit.
Chi leggeva,
doveva trovare audace ma non isconveniente alla giovane bellezza quel contegno: il confronto con la Baccante
il
ci
mostra Pholoe
confronto,
che
pii
segue,
desiderai)ile
con
il
capriuolo non
mettere
lascivae
Cdoe.
Lo
ginare che la
figlia,
il
mamma
lettore
si
imma-
alla malizia,
(nch
madre:
te
Per
4r)2
non
l'ulLiina strofa
sarebbe
tempo
il
di stile
te
non
di
Questo detto
di
richiama alla
lo
di filar la lana,
flos
purpureus
ro-
commentatori, che anzi Toccupazione consueta della madre di famiglia (2), ma per
una donna
non
di quel
esser pi
gnifica
mercede:
della
77)
et
gramma a
(A P VI 283):
dedicatorii
Iti'
paaxal?
fj
non
di
senza
non
(3) e Trsv./poT;
{xiaO-ia
un
Qui
la
KY.yj^olc,
menava vanto
manit.
vOv auaO-ioi;
\i'.ad-iy.
simil-
inops
senecta, ducit
donna
ci
7:y]v:a[xaxa
amanti
xpost,
ora
ricchi,
opera mercenaria ,
sarebbe arguzia. Ma
consono
alla
filar
come mostrano
commedia
v.
sopra
p.
104
ii.
particolarit caratteri-
1442,
(3) |iia9-i si riferisce
mente l'azione
ficio di
del
grammaticalmente a
Trvjvi^S'.v,
accusativo interno a
mercenario di tessitura.
del tessere,
ma
Jir^vbiaaTa,
che propria-
nella proposizione fa
1'
uf-
453
L'ultimo tocco, nec poti vetulam faece tenus cadi, maMentre il sonar la cetra e il coronarsi di rose
convengono a giovani, non cos del bere tracannar
gistrale.
come a
ma
Uanus
della
Uno
epigrammi
(p.
p. e.
nel
(1), vinosa.
421)
Nicarcho (XI 73) descrive appunto una vecchia che, bevuti tre o quattro sestari, perde
del tutto il pudore. Orazio conosceva bene questa tendenza naturale delle vecchie, ma simula di non saperne
nulla
a Chlori non conviene bere fino alla feccia del
barile, appunto perch vecchierella
se fosse giovane...
L'ironia non potrebb'essere ne pi atroce ne meglio disdegli
di
simulata. Se, scrivendo qui, in fondo all'ode, de' cadi bevuti sino alla feccia, Orazio abbia
non
cos originale
lettori
alla fine
voluto che
la
un valore
allegorico,
non saprei
lo credo.
elementi tradizionali.
usati
pratiche
ciosa,
tentate
^axevta,
il
greco) e ridare
il
(1)
11
Itei'e
a gara, conio fa
chiama Dipsas ed
ex re
Ma
nomen
(cenagli
di
Damalis
la
fulgore
il
(I 3(,
lo), e
vecchia nifliaiia
habel.
di
piuttosto pro-
Ovidio i./m.
S>
Ecuba
, si
e cor-
com-
non
si
da queste
tenuto lontano
ma
j)ii
cattivo gusto,
di
anche nella sua poesia pi recente, dove ha allargato alfreni dello stile.
quanto
In IV 13, Audivere, Lijce mi par di sentire, attraverso
la prolissit delle sette strofe, un'ispirazione un po' stanca.
i
Il
ma
pochi
di
Il
principio richiama
10.
si
versi
con un
come
zapaxXa-jatii-jpov
mostrando avverate
espediente non ignoto
lo citi,
fa
vedere
il
solito
Rufino
in
originale, ci
istato, direi,
()
al iaX'J3Cfi},0i
sono femminili.
8ono
e le
le separatrici degli
rnghe e
amici? (1)
Ora sono arrivate
rughe e
le
4-00
la canizie, e
qualcuno
pi, superba,
adulazione
di
come
che
Ora
avvicina? o
corpo cen-
un tempo. Forse
ti
ti
tomba.
dinanzi a una
io
ti
il
in
in
cui
lettore
era'
il
Orazio
Tapaxauaiit'jpov.
panperis
Ibijci.
giovane, e
vuol
sembrar
danzare e bere, e quando ha bevuto,
Ma
qui
studia di
si
mancano
le
lei,
mula voce
sollecita
ci
Una
vecchia
(877 sgg.)
una canzone
sola
ludit
qui
si
lei
gi da
ad aspettare senza
far
cuno
dei passanti.
tando per
con
(1)
motivi
gli
canticchia sola
Perch mai
tempo sarebbe
ora.
gli
io
nulla, impiastricciata di
di
duole che
me
sola
una
me una canzoncina
di
(judle ioniche
La can-
mi
ii.iit^
la
lezione inij^littrc
A'iV
ricordasse di Aristofane,
si
non saprei
scolastico,
Ma
nome
il
del dio
della
dire.
vane
flautista
ille
refugit
te
nives. 1 particolari
vecchie o
sono
gli exoleti.
te
soliti
Amore
degli
et capitis
epigrammi contro
vola oltre
le
le
querce inaridite,
ciascun
boschi.
di
noi
Delle
ha spesso
rughe e dei
visto e toccato
con mano
capelli bianchi
in
non occorre
un'audacia
pant
stilistica,
capitis nives. Il
me
commento
di
Kiessling-Heinze ricorda
Citato da Kiesslixg-Heinzi
un
due carmi
antica, se Catullo in
rifatto
di su
Parche
(LXIV
457
A me
309).
pare che
1'
Il
il
questa poesia
denti cariati
collo
IV
67
5,
l'idi
ire
ego
come mostra
tutto
passo
il
non ha
(1).
[x9i^aaxc
Tixaxai
oi'y.wv,
(1)
di
ma
bastano
i)
uscito,
1',^,
Ma
non
alla
pu diro
pubblicazione,
venisse
libro.
si
sott'
occhio
di
e
a
sarebbero:
il
mentre l'ultimo
1(5
o l'orse
1").
cimo
458
si
Amore? (l).
La strofa
seguente,
vesti
le
lusso
di
le
gemme
memorie
tutto
noti
il
sin
me
note, pare a
troppo
la
[)ii
scolorita di
fasti,
chiude r et passata
immediatezza, priva
riporta
in
un
libro,
di vigore.
mi sembra scarsa
Ma
l'accenno
come osservano
colei
di
passato
il
dono, su
al
di
che
lei,
lo
egli s'intenerisce,
commentatori, ma non, come essi crema su di se. Essa non per lui se non
i
aveva rubato a
se stesso:
riferisce in
si
non interessa
non perch
quid habes
gli
ricordo della
primo luogo a
non impietosisce
illius,
il
il
furono pi
lui
belli:
illiiis
et
artium (jraturnm
mo carme
ma
essa,
poeta, se
il
pri-
gramma, distingue
il
petto forte,
ridere
decorum
et Inter
vina
il
ca-
reddes
pianto per
1'
infedelt dell'amata
(1)
L'interpretazione
del
Wilamowitz,
459
carme par
troppo presto
Ma
finire in
un
sed Cinarae
sospiro:
hreves
Cinara
annos
fata
tutt'altro
morta
dederunt.
che mcon-
sueta in Orazio (v. sopra p. 60 sgg.), il periodo che sembrava chiuso, seguita inopinatamente con un aggettivo
verbale che introduce a sua volta una proposizione da cui
ut
iuvenes
cornicia
visere
fervidi
intenerito
se
(39)
celebrata da Myrino (A
cornacchia e
di
P XI
Ecuba, Axi
l'
xopcDVExxpr^.
immagine
del
Kiessling-Heinze
tizzone
si
trova in
(lare la
lana
(1
0, (SI):
liane
animo (/andante
ridenf in-
460
tempo
tot
tra
produce tuttavia
d' arte,
minore che
impressione
canoni
una freschezza
d'
due.
gli altri
L'ammonimento
l'
al fanciullo sprezzante
(IV
10).
forse in Anacreonte,
nei
teocritei,
TZT.iZ'.y.x
grammi
certo
nello
pseudo-Teognide,
nelle canzoni a
7iaj>a7.Xaua''i^'jpx
mandano- come un
ci
dell'Antologia.
pi
si
riflesso
parlano
antichi
ma
epi-
gli
dello
si
guardano bene
Una
nei
dalilpi^.
disgusto e
meno
riguardi
parecchie
filze
di
epigrammi
fanciullo
riluttante
la
ripugnante,
sia
genericamente che
cennare
che predicano
al
il
si
contenta
di ac-
che
(1)
peli
come
fa
verranno o che
tomedonte
di Cizico
(A P XI
quello pi copertamente
326), e
(^p.t-s;
appagano
un anonimo (XI
51),
con
questi
eaoj |xv5prj;),
pi franchezza,
gione, che fa
461
che trasforma
si
il
di confrontare la
ma appunto
raffinati,
di
tre filze
di Phania (A P XII
Corona di Meleagro,
come nell'epigramma
partiene ancora
dell'
ignoto
XII 36)
alla
Asclepiade
sospetto
che apquello
in
(A P
Adramytteno
Un epigramma (A P XII
31),
altri
componimenti
delicato, fa di peggio.
epigrammi
tali
dell'et
questo componimento
si
ricolleghi piuttosto
Lo
odi perdute.
con
gli
epi-
fa sospettare la brevit,
essi,
altro
distingue
carme
il
egli
nessun carme
in
si
(l)
pindiirica (.po.vixopSoij
Ki^y!^lin<J-lIeiIl/^)
svi Xsiiitvsaai),
cfr.
P XII
ma
il
reiiiiiii.si'oiiza
confronto lon
la
msa
234).
che
4t)i2
egli
per affettazioiK?
gli
lette-
raria?
ho ben veduto, manca del tutto un altro particolare, il pi grazioso del carme, le chiome svolazzanti gi
per le spalle del fanciullo, che cadono ora sotto le cesoie.
Kiessling-Heinze ricordano il costume dei Greci di ta-
greci, se
entrare
nell'efebia, a
me
riccioli
del
fanciullo
al
suo
ch, se sono
ellenistici, di
la
chioma
offerta
ricordati nei
xp''y^.
Io
29,
7.
62,
2).
lunghi gi per
savano
(1)
la
toga
fanciulli
romani portavano
capelli
virile (2):
pari e castit
mito e uu gorgoglio,
in-
ma
scoglio .
(2)
le spalle,
Cou grazia
vocato la pubert
solenne che nel
463
mondo greco
spesso, se
l'offerta
5.
Il
(III 7).
ti
la finestra
non ne
quadro colore
locale: Asterie abita al secondo o al terzo piano in una
stanza che d verso la strada, appunto come la Lydia di
I 25, se per vedere ci che avviene per via, deve despicere
(v. 30), rivolgere lo sguardo verso il basso. Enipeo uno
dei soliti giovani eleganti, che, prima di andare a compiere il servizio miHtare in provincia, adempiono agli ol)blighi pi che altro sportivi dei sodalicia augustei (1):
e gli orecchi alle sue serenate . Modelli ellenistici,
conosciamo; Orazio
sono nominati
il
si
studiato di dare al
Campo Marzio
il
Tevere,
due centri
{querula
tibia,
dice
il
men
Le note
delle migliori e
(1)
V. sopra
1).
102.
me
tristis-
le
Gyge sverna
a Orico, come conviene soltanto a un viaggiatore di commercio romano o almeno italico che torni di P)itinia, non
a un Greco.
Dell'uso delle favole mitologiche a fine amoroso, delle
pu
il
mondo
in
leggenda era
della
non
la
morte
frivolo la
ma
Bellerofonte e
si
aiuto di
all'
la gloria
mitologia, p.
un dio benevolo,
e.,
Peleo
alle
sfug-
insidie
Volge a uso
dove il suo pa-
loro retaggio.
il
Teocrito, l
dee hanno
(1)
concesso se stesse
eroine
ma non
si
pu
perfino
dire
che
.5ti,
2(>
sgg.
XXXV
dei
si
ch
il
465
metta in
si
rilievo, pi
(1).
N pecca
'Oap'.aT'j;,
gnante al suo amplesso, asserisce Elena aver baciato spontaneamente, non rapita a forza, il pastore (v, 2); che Elena
ha gi nei poemi omerici cattiva fama. Gli esempi di Elena,
di Venere stessa e Pasiphae, di Danae (II 32, 31 sg., 55sgg.)
servono a Properzio di comodo pretesto per iscusare le infedelt della sua donna: egli non desidera altro, s' intende,
che di esser costretto a perdonare. La mitologia per
lu taitum stuprorum examen {v. 41). Un'altra elegia (III 19)
d la prova che la libidine ancor pi femminile che maschile, citando
nomi
Orazio in questo
ma
TU
25
27,
oltre,
come
gli altri e
1 1
(3),
L'imitatore
(1)
di piegare
per
clie
llo
(2)
(3)
non antentico
V. sopra p.
l\o'jy.oV.z-Aoc.,
ha sentitn
il
il
l>isogu(>
Endymione
fos-
uno
cre-
carme.
2tK).
Qui Mercurio
ma
il
La dipendenza
ha scritto
addirittura
pregato
di
jiegare lui
il
cuore di
rispettato
potessero dare
(1) Gli
uu'oml>ra di vita
.se
non
le otl'erte
sono
tgli
dellt> stessn
spirito.
46<)
pu dire, due uomini, l'artista cresciuto nella contemplazione spregiudicata della bellezza
In Orazio vivono,
si
il
ideali,
ora messi
coesistono lo
lui
au-
al
gli
di
antico.
zione, e pi
il
modo come
tanto
le
vivo
ma
ma
ellenistica la situa-
mette l'inferno
s,
la
in
1'
la ten-
e sottile
donna sotto il cui tetto e^li dorme
il mezzano (1) mille vafer tnodis, se sa rivolgere ai suoi
fini leggende composte un tempo in onore dell'eroe casto
tatrice la
ospitale
frustra
sino a
nam
quando
subito dopo
ammonisce
adhuc integer
Asteria a es-
4(i7
ma
con parole che sembrano studiarsi di metanche pi del necessario quanto forte sia
tentazione. Enipeo vicinus, come Chloe hospita: le
sere fedele,
tere in rilievo
la
occasioni del peccato sono quindi molte. Alle parole enigmatiche at Uhi ne.... plus insto placeat cave (qual il iu-
qnisquam
Chi decanta
alveo.
tali
citus
cui le
un commerlunghe navigazioni,
viaggi in
i
si
fa
1'
tenerirsi,
(ha
proprio torto
?)
dura, pare
me
chiama spesso
la
assai
maliziosa.
punto
in questo toccar
far intendere
appena senza
qualche cosa
di diverso
ma
insistere, in
da
consiste, se
questo
che
ci
la
ap-
si
ha
parola sia
Un' elegia
di
Properzio,
III
12,
Postume, plorantem,
il
vono
come
Asterie,
dano
le
teme morto
il
marito lontano)
cuore
Galla
come
gli si ricor-
ma
Asterie, esposta,
perdoner l'abbandono e gli rimarr fedele, ancorch l'amato dovesse rimaner lontano
gli si fa
gli
tanto
lizia,
se
pur
e' ,
men
Ma
palese, sebbene
si
qui la
maun
insista
H'S
po' troppo
corruzione (juasi
sulla
inevitabile
in
Roma,
Ma
l'
ultimo verso
vincit
Penelopes
sospetto.
tavia
si
bat-
non piuttosto Gallo anche qui nome fittizio, adoprato appunto perch incolore ? E lo stesso si
dovrebbe dire di Aelia Galla, nonostante il doppio nome
che vuole appunto convincer meglio il lettore, che essa
sia persona viva anche al Gallus di IV 1 non si fa grazia
ne di una mamma ne di un fratello. Cos nel secondo libro
di Marziale Gallo (47, 56) e Galla (25, 34j sono un uomo e
una donna ridicoli e infami. E parimenti della realt di
Postumo s pu dubitare. Postume, Postume, grida Orazio
a un pater familias qualsiasi (li 14), invitandolo a profittar
taglia ? (1) o
il)
Il
modo
strano per
nostro sentire.
il
di
compiangere
persone
reali,
os-
del
469
indirizzata la satira
tutti
? (1).
Per sovrappi
una
me rogetis, qui sii Postumus in meo libello, segno che Postumo era
qui un pseudonimo. In quest' epigramma egli si riferisce a
una poesia precedente (II 21), in cui Postumo il nome di
un amasio non desiderabile ma in un altro carme dello
stesso libro (II 67) egli un seccatore, in un altro (II 72)
un infelice schiaffeggiato. E la lista si potrebbe aumentare con poca fatica. Non s'intende perch il Postumo
Marziale, che fa spesso uso di quel nome,
volta
(II
non dicam
rifiuta
si
licei usqite
properziano
si
con
tificare
il
pretore Q. Propertius, Q.
f.
T. n.
e iden-
Postumus di
con
relazioni
romana
il
dell'et
poeta, sia
dunque favorevole
all'identifi-
cazione.
ogni
modo
ritrovare
il
complementare a quello
di
un motivo, abbiamo
ma
perzio,
rebbe cosi
gnere
di quello
ci
farebbe apprez-
la
Ma
1)
11
realt
ijulibi
di Orazio.
JiLCiiKi.i,!;,
d Postumo
ne certo
carme
el-
la
potrebbe
lenistico del
al
Romani
ci
detto,
Il
ihe
si
Mas.,
XXXVII
lo
sia ispirato
la
j)ubbH-
ha
iirj;aio
abliia
^A'/((;^
1S81>, 2')
47)
23
il
nel 28 usc
si
cer-
cher.
La
ricerca
Del resto
la
finire
in
un non
di
liquet.
Pro-
gli
ci
L'amante fedele
il
lupo
(I
22).
L'uomo onesto- e di coscienza sicura non ha bisogno di armarsi come un Mauro, qualunque paese egli
debba traversare che un lupo ha avuto paura di me ed
fuggito, mentr' io in Sabina passeggiavo cantando Lasia nella zona torrida
lage. Ora conosco il mio potere
sia nella glaciale, amer Lalage >>.
Il poeta narra un prodigio avvenutogli, ma in ben altro
tono che non faccia l dove canta come un fulmine a ciel
;
sereno
gli
la re-
dormiente.
liberato da
un seccatore (serm.
I 9,
60
sgg.),
che
si
beffa
piuttosto
471
peggio
di derisione di
un luogo comune
tanto
tica,
eccessivo.
fantastico
e,
sia
pure
4-/"J
con
[[jCf.o[Xvov,
impunemente da un soggetto a un
di lamo, perch una
confronta con
si
Ma
da
altri
Orazio
altro.
narra di se la leggenda
simile
si
ri-
qui e
al-
lui,
di coraggio.
Secondo Tibullo
Roma
I 6,
media sic,
oris,
est
da Pilodemo (A
in
per
che
(III 16,
anche
mezzo
ai
P V
25) e
11 sgg.) canta
sulle strade pi
barbari di Scizia:
licet
ambulet
Ma non vi
vediamo riflessi in questi
abbiano inventato che, nonch barbari, anche le
nemo adeo
i
belve risparmino
un
anche
simile,
ai
di esser rispettato
traccia che
passi,
pensare
25 sgg.),
di notte,
un pensiero
13 sgg.). Properzio
di
di notte, espresso
Ovidio {Am.
s'intende.
(1 2,
tale
gli
niamino dei
Orazio osa
fati,
al
inventarlo, anzi
se
di
al
be-
Ma
47:i
l'invenzione conforme
identici.
augustei anche in
senz' altro pensati
nero
I 3,
ipsa
campi
Elisi
miscet
amor
illic est
te-
in Eli/sios....]
adsidue proe-
et
et gerit
ai
divengono
coma
7,
si
beati e
Le due
concezioni,
enunciato,
ma
si
come
torrida, seguiter
ad amare
dolce voce.
La
la fanciulla dal
dolce
Giove
ostile
riso, di
la
nebbia e
negata
alle abitazioni
474
^
polemizzavano ap-
e(|uatoriali,
dell'ode, l'n
flessi in
come
io
Orazio,
pensiero: <<Pa di
il
continuer ad amare
me
potranno impedire
lo
la
me
natura ostile ne
Asclepiade sfida
fulmine
il
(AP V
04j:
mi ucciderai, cesser; se mi lasci in vita anche dopo avermi fatto di peggio, seguiter a condurre vM\xy.. poich mi trae colui che
comanda anche su te, ubbidendo al quale una volta tu, Zeus,
penetrasti oro attrav^erso pareti di bronzo . L'epigramma,
certo inferiore quanto a finitezza d'arte, di un anonimo
sulla terra tutti
canta
(AP V
nembi
ribollenti
168): Colpiscimi
con
se
il
il
domato da amore,
consuma neppure il fuoco di Zeus versatogli adNel carme lirico dal quale questi due epigrammi de-
non
lo
dosso
rivano,
il
padrone di fulminare
mostra del pari pi fedele al modello primitivo, perch pi vigoroso, l dove dice: Non mi vincerai; co-
si
munque
(1)
Bergeu,
Gesclt.
<.
il
xw[ji^:v
ri^soinch.
siano per
lui
tutt'uno,
'Sd3 agg.,
4/0
fo'sse
comune.
nella fonte
Ma
di
l'inven-
zione dell'anonimo
cosi
mal
ridotto
ma
si
il
7.'~jjxo:,
cos
manca
riconosce
7.w[xao[jLa:.
questa
di
Orazio, accogliendo
il
ttio;
veduto.
E, in ispecie,
il
tono
tutt' altro,
quale richie-
>^
mi y.zl'j^'y.'.
z<x.'jxy,z
y,7.:
a/.s'./
xay,
tv,
-/.ai
Xou
xc-js-.v /.7./.oj^7j:.
loquentem
'lutee
Lesbii,
Ma
non gi
il
gi nel
canne
ricordato a
-(tX'x'.rsy.c
non
sciupato
ellenistico
la
il
suo
letteraria celebre.
Ma
il
si
dei suoi
Saffo, se
di
riso,
modello
fanciulla
tempo
jjiepcv
lage. Erodiano,
classiche,
si
-/.al
Aristeneto ha
bile
il
Orazio
l'
ina-
Forse
(1).
chiamava La-
in vista le
nome comune
opere
Xa^ayri
un'opera
in
poco verosimile che questa fosse anche forse sino a tutto il quarto
secolo XaXsv
ha
significato ciarlare ,
non
parlare ,
uso appunto
di
quel
componimento
in
cui
si
celebrava
Xoi.Xojo(x.
-ffh
(1)
HELM
Il
{Rhein. Mas.
conferma
dell' epi-
gramma anonimo.
(2)
altri
derivati da soprannomi.
antica di Thera I
G X
3,
il
Un
XIV
il
Roma
1375.
(3)
l'emulo mettendo
nomi
delle sue
si
diverta a prendere in
amate a fanciulle
giro
di bassa estrazione
carme, nonostante
Il
perch unico
Io
477
la
stile,
espressa.
unica
lo
la disposizione
d'
animo
La
giuramento
Il
rita sotto
determinate
con(l,izioni
particolare, confondendosi
l'asserzione solenne,
lo
spergiuro non
babilmente
che
gli dei
adopra
vano
che
giorno che
non
in
promessa
la
con
sia
contro
loro
il
si
il
con
sia
si
nome
tutti gli
muovono
uomini, l'esperienza,
cosi facilmente
per asserire
il
falso
piii
contro chi
o promettere in-
che
in
amore
si
usa
si
no.
Un
il
falso
rAy'iAio;, escogit
innamorati spergiuri
Hera
di
migliore
<)
file si
vanta
di
meno
cio
trovano
in
Mhx.
il
uomini
pericoloso, agli
aver ajjevolato
liiciiici.KU. Rhetti.
parto
XXXIX
ditlrtcile
IHHi,
di
l'Jti.
il
suo
Ciinira
[W
il
giura-
indovino
1.
t!>)
efr.
mento intorno
alle
liV^y.cV [i.'vova
Nel
478
vflpfTrotac
voa"f::Vov
epY"^"'
>
in
tici, il
tutti
tempo
al
(2).
di
1'
dei,
giuramento
ap-
poeti ero-
dimostra esser
si
perdono dagli
opxov
K-j-p'-o: (Ij.
~-P'
porta pena
"
trattato
punto
toO
/.
le-
che dicono
ci
quando violi il
amore non
di
di
dubitare che
essi
epigramma narrativo di Callimaco (ep. 25) il proverbio ha forma un po' di versa: Una volta Callignoto
giur a lonis che non avrebbe mai tenuto pi a caro di
lei ne amico n amica, ma hanno ragione di dire che i
giuramenti di amore non arrivano agli orecchi degli iramortali ora egli si consuma di amore per un maschio,
e dell'infelice sposa nessuno si cura pi, come dei MeIn un
garesi
cpiXov
spcoxt
(1)
KaXX''Yvwto; 'Iwv:oi
wijLoas
xpaaova
^r^xe
opxo'jc
[17]
-^{Xr^v
w[jioav.
O'jvsiv
o'jax'
[it^tto-'
XX
ec.
t/.^'^n^c
Xsyo'J^'-v
S-avscxwv.
scs'.v
{jLr,-
kr^^ix xob^
vOv
5'
jiv
in-
o Xc/yo;
479
Un
spesso
lo
dona l'amata,
ma
l'innamorato
l'amatore sospira e prega che Ime-
Un amore
ispir a
lieti
noi offrimmo
Sopatro fede
il
ramento
ma
egli
suo amore,
al
manifestata
giula
Imeneo, tu
che
talamo traditore, possa tu udire lamenti
presso la porta di Arsinoe . (2) Qui l'espressione singolarmente attenuata per ora gli dei non si sono fatti
vivi; pure Sopatro, mutato in odio l'amore, spera ancora, e
prega che Imeneo, il quale aborre il tradimento, volga
hai rigettato
si
il
(1)
il
giovinetto
iuaamorato che
x\x\3.ez
5'o'JXs
(p.
s'
Il iiriucipio difficile
intende "Eptoxt,
ma
opxov xotvv
oonie
gli
si
St.
un'
il
Imeneo
participio mi
pare
biasim, respinse
si
un ver-
inconsueta,
dxv]
espressione
7ia3T(I)
|i|i']^a!ivo; :xpo-
ili
-iso
(1 4, '2\)
j)ii
in (jueila
<lo\'evu
sua Ars
lOui'h'
conquistare
atti a
promessa solenne
della fanciulla, la
motivo
sar sempre
irrita
per terras
et
sinit
(2).
Didipnna
Ma
il
cuor'-
fedelt, che fu e
di
amore, non
di
peruria
venti
quidquid
ineptiiH
amor:
da
poeti
dell*
fingono
di
divertono,
si
gli
neppure amore li
castigo, e insistono su questo punto per esi-
spergiuri
sian
sottragga
al
per giu-
(1)
Laenis
abili e inabili,
et augustea
(Cist.
cium, dove
(2)
si
amanium
iun
(sugo, brodo).
amantum
et
633
sg;:.
lup-
Siycia limoni falstim turare solehat Iiippiler, exemplo iinnc farei ipse suo.
Naturalmente
egli
non
si
Lygdamo
spergiuro.
amantum
ridet
meno
(,
49) periurin
poeti
il
alieno
Carpathiim
tepidos per
la
il
protettricifalso.
481
pu
spergiuro
non punite
il
agli
di
28 e
il
26, lo spunto
il
menzogne
le
fra
in-
xtzoc,
ricordare
15,
nel loro
prime
ripreso
aggiunta curiosa Cynthia ha tradito il poeta ricongiungendosi con il pretore reduce d' Illiria guai a lei. Le
:
seguita proprio
le fanciulle
il
fulmine
spergiure
et
tiinc
et
47 non sem-
surda neglegit
desiluisse
Giove per-
di
li 16,
ille
solet
domo
sic
de
punire
fulmi?iaque
fidminis
piiellas,
di
ira
cadit
periu-
una
risposta alla
caduto.
La
s e
et
unda
rapit,
482
zione inevitabile: a
tamen
sera
Poena
tncitis
primo periuria
niiser, et si quis
ceat,
Pure Tibullo ha
venit pedihus.
in-
ma
pune
licere
j9arc<7e
mimina formosis
caelestes
rappresenta inevitabile
aequom
est
il
im-
poeta
il
castigo e
vane
di
cui
la vita
femminile
gli
militare
rimaneva
urentur
Tibullo non
di
si
et
ma
uomo
nel farsi
toglier
presto
iam mihi
gio-
del
che
tutto ci
coma
iiretur
longa pedes.
la
Ora
si
che
gli
ricorda di aver
ciullo di
non
quis violavit
tradirlo
un giorno raccomandato
mai
per danaro
amorem, asperaque
est
illi
al
divitiis
suo fancaptus
difficilisque
si
Venus.
(1)
si
storiella
non
483
destro
il
lo
probabile
ne viene
meno perdonabile
si
di tutti.
un elegiaco romano,
venuto
in
al
motivo antico,
ma
lo ringio-
vanisce inserendolo in una situazione nuova, combinandolo con il ricordo di una superstizione innocente, svolgendolo con disinvoltura galante. Una donna famosa per
la sua potenza sui cuori ha offerto amore al poeta e
giura eterno
glielo
la parola antica,
delt
in
ma
sa trasformare
il
rimprovero
di infe-
bellezza
perfetta
sia
giuro
non
hai n
me?
484
menzogne
(1).
innamo-
altri
'\>z-'jri
almeno
il
(2) sull'
men-
che
frire
ma
si
fisici,
o,
peggio, l'et,
si
dolgono se
lo si ricorda loro
ed esce per le vie accompagnata da un corteo sempre maggiore di giovani nel publica cura si sente l' ironia,
che per si rivolge molto pi contro gli adoratori che non
contro la bella donna, la quale fa, e ha ragione, i suoi
bella,
Queste parole si trovano nelle raccolte peripatetiche di proche correvano nell'antichit sotto il nome di Aristotele e di
Alessandro di Afrodisia: i passi sono raccolti, pi completamente che
(1)
l)lemi
col
citato
di
interessi.
buono ingannare
fa
lei
485
le ceneri della
madre
di,
dre sotto
aveva
e atta a ispirare
nox erat
1):
romantica
cielo stellato,
il
misteriosi.
terrori
XV
minora
si-
iti-
et
sereno
inter
dera, ciim tu
magnorum numen
rabas mea.
tos
Il
Per
le tacite stelle.
si
gli
antichi
silenziose, sono di
terpreti
per
carentes
le stelle,
s,
possibile che
il
per
visibili.
contraddicono da
si
offendono impunemente;
im-
tratto in in-
era scherzo
forza di
il quale pur si
aguzzare dardi ardenti sur una cote, che, a
fregarsi a essi, si macchia di sangue, non solo per-
donano
ma
Venere,
le
compiace
di
si
la
(1)
giovent, anzi
(1).
la servit (2)
cre-
si
le
dendolo
facile
(2)
vilin
v.u.zoy^o-,
Nimphae
vu|icpdXyjnTog,
rinere,
ollende impossessandosi di
Ini,
ren-
r-
come avrebbe
quod puben
latto
libi crenrit
oiiniis, ucrvitits
crvucit
naca
ciie
in
adde
486
donna
quali, per
greci.
sentimenti della
capo chino
trice,
la
donna,
sia
questo adorare
spietata alieno,
una padrona
immediatamente
qui
giovent augustea
la
legati in
mi pare,
potere di
Menagerie
so bunt
della Lili goethiana:
Ist doch keine
als meiner Lili ihre
Sie hat darin die wunderbarsten
wie
Thiere, und kriegt sie rein, weiss selbst nicht wie.
lo
die
ma
il
tono simile
essi le si ribelli.
si
Proprio la galanteria
trova,
manca
la
precedente,
come
creseit ripetuto,
ralleli ?
ratori, verso
strofa,
il
487
madri che
temono
riti
ritardati dal
venticello
d'
donna
(1). Io non so se il verso te suis matres metuunt iunon rispecchi condizioni sociali piuttosto romane che
ellenistiche. Nel mondo ellenistico, quale ce lo presenta
la commedia, i matrimoni di amore sono del tutto eccezionali, poich avvengono soltanto quando un giovane,
ritrovata una fanciulla da lui violentata ^;6'r vinum et vinolentiam, o riconosciuta libera e cittadina una concubina
che credeva schiava o straniera, la sposa. Anche nelle
commedie antiche adattate al teatro romano da Plauto
e da Terenzio il parentado di solito conchiuso senza
riguardo alcuno all'amore. Il ricco Megadoro dell' Aulularia sposa s una giovinetta povera, ma perch le indotatae hanno meno pretese delle ragazze ricche (v. 165 sgg.),
anche, se si vuole, per dare un buon esempio (v. 475 sgg.),
non gi per amore. Nella Cistellaria il padre di Alcesimarco gli sceglie una moglie senza curarsi dei suoi desideri (v. 99 sg. 195); il giovane ha promesso s a una
vencis
ma
senza un
commedie modellate
sulla tragedia
Trinummo
(1)
il
Ama
il
non
l'odore,
il
sopra p. 21 3X.
mariti avviati
altro
se
modo
non
di
488
sposare la sorella
l'amico
Anche
ma
qui
licata
il
non volesse senza giusta ragione consentire a un matrimonio da essi desiderato. Le relazioni tra Mecenate
e Terenzia sono descritte da Orazio stesso non diverse
dalla vita comune di due amanti. Il poeta conferma a
Mecenate che la Musa volle che egli dicesse il canto di
lei,
suoi occhi fulgidi, il petto fido agli amori mutui
II 12, 13 me dulcis dominae Musa Licymniae cantus, me voluit
:
amoribus. Essa
nello stesso
non
solo la prontezza
di spirito
lei
il
poeta vanta
nel conversare,
ma
la
choris nec certare loco nec dare bracchia ludentem nitidis vir-
genere in
tal
di
pi, esalta
e per irritare
flagran-
detorquet
tia
ad
489
pignus dereptum
il
gito
il
.Q\\2i
matrimonio
amore
r amore e
di
rapere occupet.
il
lacertis
di-
dell'
Mecenate non
fosse stato
il
aut
Le
si
matrimonio
si
vede
apre tra
bene
di
tate versatur ?
quod multo
fit
aliter in
Graecia,
nam
neque
nisi
in interiore parte
nemo
accedit
itisi
8.
L'amore per
Non
la schiara
(Il 4).
ti
(AP
18)
(1).
sto le schiave
ciamo
Xioa;
490
primo distico dice: Scegliamo piuttoche le superbe, noi che non ci compiacIl
xXeyiieaO-a
o\
[xr]
toTs
aTraxXots
xX[JL(Jiaat
Xcp-|jivot.
confronto con
gii
Xxou
xr^v
eroi della
Xxp-.v
'Av5po|xyjjV.
Anche
tradizionale.
Tra
signore maritate, sul loro cipiglio severo che le fa cremen pronte ai desideri dell'amante, sui peri-
dere spesso
e le padrone
II
confronto fra
ha indotto Rufino a
le
schiave
Questi due
cillari.
di Orazio,
ma
lirica
dove
distici
matrone
tre
punti
(vv.
40
fetto,
si
pongono
in luce a
accennati da Rufino,
sgg.),
un dipresso
pericoli
gli stessi
dell' adulterio
circondano
la stessa loro
le
membra
(v.
83
sgg.), le difficolt
che
dente
(v. 120 sgg.), Rufino mette qui le mani nell'armamentario dialettico adoprato dai Cinici dell'et ellenistica
(1)
(2)
lirici
di stile
alto,
per pro-
sg.
491
Ma
biamo veduto
(1),
Orazio, l'ab-
classicistica
di
verisimile
per
Non
il
ma
tradizionale era
tichi miti,
il
mostrare
che non
vili
ne hanno dato
esempio
(AP
Filodemo
sa cantare
se osca e
di Saffo,
versi
un
un epigramma
una
Flora di nome e non
finisce
di
possa dimo-
vergo-
eroi antichi ce
Alessandrini, mi pare
dagli
memore
lettore
di
donna, scrivendo
strare
ragione
gnarsi di amori
1'
c'
n l'epopea
si
compiace
individuali di bellezza:
il
di
mettere
tipo ideale di
in risalto pregi
donna
in essa
(1)
e Ir. sopra
(2)
p.
208.
ma
fili
fltiopi votiivano,
com"- noto,
492
Anche
nuovi
nelle
commedie
destarsi di interessi
il
Plauto e
di
di
trovano regolarmente
si
ritratti di
corpo
(1).
ma
tali
maschere digrande
scienza fisiognomica. Gi
tipi,
di osservazioni singole la
mole
cio
le
il
aveva
imo
mi-
ritratto
come Andromeda
HI 189)
(a. a.
il
cenno fuggevole
Briseide ad Andromeda,
era celebre per
Chi non
si
il
Ovidio
inducesse
particolare
di
scura
Vogliamo credere
che
la
che,
a unire
e contrapporre
colore scuro
si
ellenistica ?
appagher forse
gis malis,
pansam aliquantulum.
(2) Il FiJRST,
buona
traddice da se l dove
flussi
egizi.
Il
(Pliiol.,
LXI
ritrovava, del
Rohde
sul
resto,
per 1
493
nuina sembra appartenere al primo secolo dell' era volgare (1) o forse anche pi antico, il cosiddetto Darete
una
serie di ritratti di
personaggi
teste detto.
ritratti si
modo
due essa
in tutt'e
Xeuxi^.
candida,
dio (3), ritrarr dal confronto che Briseide era celebre per
il
in principio di
quest'ode un
l'epigramma
scherza:
Ma,
Rufino,
si
ci
avvede
se ne
lo
ci
Rufino
tono.
il
particolari.
di
stile, la
se
ac-
prende
subito,
nobilt
et
ademp-
(2)
(;{)
Non
ii)
no
so
t)
(p.
54 sfig-K poicli
la
antichi,
si
Ma
chi ripensi
sia iu
di altro
non
fatto
lu)
stompeiare
il
uso
di
Ovidio, Ain. II
carme oraziano.
8,
come
noi ai poeti
494
tolli
Pergama
Grais.
la
Chi
quale
detto che Ettore, tolto via, lasci agli Achei stanchi Per-
gamo
conosce
il
lo
il
si
osservasse
come
il
la
il
sua sicurezza
la
congettura
lettore
prendano
una prigioniera
meglio
il
di
Tecmessa,
detta captiva, cio at)^[jiX(oxo?. In quel torno di anni i Romani conducevano di nuovo guerra contro un popolo barbaro e per giunta contro un popolo barbaro biondo: i gee
(1)
ii
impertinenza doppia.
nerali di
Augusto non
si
495
contentavano pi
Germani in
arditamente il Reno
di fare argine
Gallia,
ma
oltre-
passavano spesso
(l).
Da queste
punte avranno riportato, se pure di rado, figlie di
reges, spesso bionde schiave
capi
qualche decennio pi
tardi le signore romane si facevano intrecciare parrucche
di biondi capelli di Germane
nunc Ubi captivos mittet Germania crines, scrive Ovidio (Am. I 14,45). Del resto gente
della risma di Phyllide si compiace ancora adesso di dif;
piacere
se stessa figlia di
buona
fa-
mano,
che era
di tributario
Ma Xanthia
adira
si
il
troppo
tima
Ma
strofa,
no il poeta ha passato i quarant'anni. L'ulche sta cosi bene in armonia con il tono scher:
componimento colore autobiografico, colore di vita viscome le due precedenti gli erano giovate per in-
suta,
9.
La
Albio,
di
perch tu non
Glycera, non
il
Seguono esempi
(l)
SCHILLKR,
coiKixiista
catena di amore
ti
(I
33).
Rom.
Kniaerzeit,
210.
composta verso
il
2").
si
quale
Lo grandi campajjuo
strofa, stata
nella
di
496
sti
piono quasi
l'ufficio di
questo carme
Si suole considerare
di
Stobeo
(f.
2 Wil.)
T^paxo Ilv
oo"^
\ioi^x-
oaaov y^p
'^iXypd-e;
cptXTjXc,
zie,
zxay
vpaxo'.;.
xoic
-cz
5'
yciTovc?, rapato
A-joa.
AOoa
xal
xy',va)V
cpcXcov r^y^O'a'pxo.
\iG)C,
x ot57.Y[xaxa
"Ay&q
[x''ac
izo'.s.'..
xv
"
o-
"Epco;
'^'Jkioyza.
xaOxa
xo;
'Ayw
5"
"Ar/) xv Ilva,
2ax'jpiay.ov
axpYX
Pan amava
w;
a'((j)
'^lovxa;.
xaTiaiv
l'v'
r^v
la sua vicina
altrettanto Satiro
di quelli
mil
(1) Io
passivo,
modo amando, ed
amore
intendo
qual
deponente, che,
a prenderlo per
non
si
lafiOysTO
in si-
se
fiot^
la
e s'intenda
il
si
scriva
con
altri editori,
il
Questi ammonimenti,
io
li
497
La
Ma
di
nessuno
lui;
ma
di
sia inverosimile
di
hanno
il
Satirello
l'aria di
voleva,
si
per cui
gli di
amori
non erano
a trasportare nel
di volere,
ai
se
proporre esempi
dardi d'amore.
Un
non ornamento,
si
poeta
rivolse
mondo
questo un
segno che
chiava nella
la
lirica erotica,
si
spec-
non
dobbiamo, in altre parole, supporre che il motivo fosse
da Mosco non inventato, ma trasportato di terra in Oliiupo,
tanto pi che il poeta si vede costretto a mutar lui l'Olimpo,
a rend'-rlo sentimentale e irrequieto anche
in
amore, come
che
lentipri nel
gli
dei,
ma
poeti alessandrini
disegnare
il
cielo a
si
immagine e somiglianza
Olimpo un motivo co-
della
terra,
abbia
mune
'iella
3L'
trasportato in
terijo.
498
10.
Uaddio
Ho amato
Anch'era
dimostrazione, apportando, pi
poeti che egli non poteva
breve di una conferenza.
citare, stretto
di
L'artigiano invecchiato soleva, accomiatandosi dal lavoro, dedicare gli strumenti al dio protettore del suo
me-
di Iside, le
la fiac-
randagie per la
citt, e la
Questa non
defuhcta
bello di
meno arma
quelle
di
ma
amore, non
anche
la
meno
il
ringraziamento
flagello, colpisca
(1)
N. Jahrh.
f.
si
muta
in preghiera
una volta
d.
l.
Alt.
levato in alto
il
XXI
1908, 91 sgg.
La
poesia
prime parole
499
nuper idoneus
vixi puellis
militavi
et
le
non sine
gloria,
siderare con
passata,
(A
iscorcio,
no
chi
Ho
condotto
vm\oi, chi
inesperto di yM[iO'.?
Ho
Finch fu
neri.
non
il
tempo
il
scherzare, scherzai
di
Ho
tempio e
da che
immagina
di trovarsi nel
di
vissuto, ora
e statua
zione
pu
dirsi tale
La
nella
sua immagina-
schiavi, esistono
solo
la poesia
lettura.
IV
secolo,
Anyte (AP IX
144) canta la
ai
naviganti.
in
amore
Dillo, non
di
(1)
ma
Venere
del
Rudens
di
uomo
ancora
cos.
libero,
non
])orta \wW\.
fa parola
si
Plauto, cio di
Orazio,
Sicilia,
la
sta-
mare quasi
questo n in un
al
pescatori
lu Orii-nto,
jiorsino in
che inalzano preghiere
del
mare
che
al
ma
presso Cirene,
50()
la
la sia
mare
nel
(AP
resa propizia,
17),
perch
amore Antipatro
promessa di aiutare
dell'
la
favorevole sia
spirandogli
amore. Gaetulico
sia in
lo aiuti nella
qui in poi
onde, dimentica
dea delle
Da
vuole sfruttare.
la
le
offre
modesti doni
navigazione che
lo
con-
spiagge
Filodemo,
la
invocare benigna
nell'
le
si
suo viaggio
al
strappato a forza
motivo doveva diventare pi consueto, man mano che prendeva voga il confronto dell'amore o anche della donna con il mare: quest'ultimo
era stato gi accennato dal vecchio giambografo Simo-
ma
nide Amorgino,
particolari
Il
moderni
Orazio
nell'
ode
lo ripiglia
di
la
con sentimento e
Pyrrha,
semplicit
moderno
connaturata
ha ben
(1)
visto
Che
il
a'.tare e
ragione probabile
tzsXcc^('.!x,
la identifica,
al
come
voga nel
bene
qui parlare
pii
a lungo.
501
come
vota,
perzio
Delia tibulliana
la
(II 33).
Appunto
(1).
(I
Chloe
le
3,23) e la
mossa a piet
essa,
Cynthia
Come
derivata dall'antica
Pro-
di
amore
in
lirica,
11.
La
il
preghiera a
Venere, lascia
le sedi
Venere
da
30).
(I
te predilette e vieni
con
qualche importanza.
in particolari di
Posidippo (A
P XII
"H
KuTxpov
y\
T K'jf)'7jpa xal
^opi-qc, CTCTroxpTOu
axYjv oizoT
(1)
Io
otx,''fov
foasv arc
si
:
7i;pof)"jp(i)v
debba con
xv ipa-
Romani per
(2)
lui
la predilezione dei
tu
r]
N. Jahrb.
/.
<.
kl.
xaXv
^j
opi-
l'xs'.-
sg.
siti
502
il
bel suolo
di Siria bat-
Alcmane,
Posidippo imita
come ne informa il
chiamava Afrodite da Cipro,
quale,
il
gramma
di
che
il
confronto con
1'
epi-
immaginare che
con cos
di-
tudine per
invent
lui
il
si
rendeva
Posidippo
(1)
(1).
sgg., 140.
ri-
Come
di tal
il
di Afrodite,
x5[xo;
Il
sar venuto in
genere
503
lesbia. Negli
nella casa
con
nuziale
come narra
Imerio (II,
4, 19).
di
si
un coro
le Chariti e
presentava
di
pessimo gusto
il
Amori,
sofista
le
alla festa
di
ma
immaginar nulla
Non
di
capace
nuovo.
Mercurio
non
Mercurio, per
TOt-aXaixixr];,
il
il
di un' etera.
Reitzenstein,
Pu
piuttosto
Ma
che
essere: l'augurare
guadagni buoni a una donna che vive del suo corpo e non
ne fa mistero, non sarebbe poi offesa troppo grave. Ma
mette sospetto che Posidippo, checche ne dica il Reitzenstein, nella chiusa ben pi cortese che il ricordare che
Callistio non lasci mai fuor della porta un amante, per
un poeta odiatore di donne non pi caste ma pi capricciose piuttosto complimento che parodia. Mercurio, come
hanno veduto Kiessling-Heinze, ha qui 1' udcio che in
Imerio tocca a Jlec^-w: deve posarsi sulle labbra della bella,
perch non ne escano altre parole che soavi. In un epigramma del solito Rufino (AP V 70) a una donna si attribuiscono la bellezza di Cipride, la bocca di Peitho. E
anche quanto a Mercurio non inverosimile che fosse
nominato in epitalami lesbii, poich egli era il TrpsSpo;, il
:
compagno
di culto di
la (Irecia.
504
prima
come
il
(}uale,
prima strofa
la
richiamare in mente
seconda
ai lettori
si
secondo Saffo,
direbbe, elleni-
di
Saffo.
12.
Uinnamorato vergognoso
Porfirione osserva di quest' ode
(I
27).
ab Anacreonte ex libro
come mostrano
le
tertio.
somiglianze, ha fornito lo
spunto
Prima di rispondere a questa domanda, mi sia perbrevemente come intenda io il carme, essendo
messo
controversa tra gli interpreti la spiegazione di pi di un
l'ode ?
dir
passo
(1).
non siedono pi distesi a met sui letpresso, con l'un gomito appoggiandosi sui cu-
convitati
tucci cubito
a banchetto; rizzatisi,
contrassegnano
uni contro gli
il
chetto non un
(1)
Ha
convito
altri.
Il
campo
sbrigliato; per
lanciarsele gli
spiegato beuissimo
Giosu Carducci,
innumerevoli rap-
il
il
ban-
combattere a mensa
particolari
un
tati,
la
tutti
si
applicando severamente
codice conviviale:
il
lecito
armi
505
amore, deve
di
si
Non
convito, senza
al
sottomette all'esigenza,
un giovinetto, che
ma
alle
sue prime
sua amata.
ma
invano
schermisce,
si
furbescamente
il
certo egli
ch
il
siste
come
sia,
giovane,
le viste di
nome
il
Il
per s
il
il
in
lo
conoscon
indiscretezza sa-
l'
tutti),
non sa trattenere
un grido
cie
Falerno, pi asciutta
di
aaxYjps
7.7.1
Y^'-^2c^wv
ricercata e inutile.
l'
una, pi
(Athen.
Come
26
di
umanit,
(1)
sono
cos
l'altra, 6
riguardi
dolce
mi parrebbe qui
e)
(1),
secondo
hil"-re
il
severi
le
convitati che,
leggi simposia-
in Ciceioiu'
'crr.
L'H,
(jG).
noe
che vigenti nella buona societ greca sin da tempi antichi (1) e trasportate presto in Roma da iuvenes graecansottometta senz' altro a esse un poavventura a notte alta tra loro a stomaco vuoto e bocca asciutta. Il simposiarco poteva dare
ordini e farli eseguire comminando pene ai ricalcitranti:
poteva, p. e., imporre al convitato che non avesse saputo sciogliere un indovinello di quelli che si solevano
proporre nei banchetti, di trangugiare del sale mescolato
tes,
esigono che
si
si
bevendo
comandare a
danzar nudo, o
correre intorno
Sofocle in un
(1)
egradito
poteva
(3);
Qui,
4).
dramma
^-^
come mostra
satiresco (fr.
Ateneo (X 428
peso la
di sollevar di
casa trasportandola in
alla
a),
il
plurale
che leggeva
il
contesto,
strano
di
il
passo del
Ateneo (X 458
del ratto a
un
d.
due Simposi
pone
troppo
ci
mo-
sia lecito a
176 d).
Ganimede
f sgg.)
mento
voltis,
il
suo esempio
il
tro se stesso, o di
flautista
egli
il
con
il
com-
domanda
pi-oposta,
aggiungendo
condizione
senza
ijoter
(3)
che
solo,
scrive (Ath.
ma un
respingere da s
Alesside
simposiarco
lo
il
il
le
supplizio, la
il
mani dietro
la schiena,
meno
era pi
cyathi .
resistenti,
un
La
dovevano
507
tutta la lieta
non rimanga
egli solo
a far rispettare
il
gittimamente costituita
Anche
simposiarco.
del
ora, in
stesso
(s.
delitto
cosa.
inviti
ha nulla a che
Romani
fare
(1),
ma non
non esige
dall'in-
namorato che dia il suo segreto in pascolo a tutta un'assemblea di briachi, ma si contenta che quello sussurri il
nome
al
il
le
l'
il
noto soltanto a
tale,
lui.
(X 427
(1)
a)
Ai passi
citiiti
(fr.
due pericope
ys
(Tlu'ocr.
5/^.
XIV
'.pp'
:?,|j,:v.
18, su fui si
(o
tix.
Ateneo
xcX.3t,v.
fonda forse
l'in-
Hor.
e. Ili
Fast.
II
uu giovinetto; Antiphan.
ap. Athen.
X 423
e;
(537;
Martial. IX
!)3,
3; XI
'M\.
7.
Sxw;
vou
|i'jattv TipoTtiio,
xui^'ouig,
o)?
portaci, servo,
brindi in
la
io
rf)xz.
ol'vf;)
[xrjxx'
torni
outw
[jiXX(o[xv.
di
a infuriare
xe
Tratyr;)
XX xaXot5
tzwz
'jaro^. z.
v orfm ^aaaapy^ao)
vino, sicch io
vu^p-'aiwi;
che
508
un
" oT-
su via,
celebe,
sorso, la
senza violenza
x6(}.y.lr^x)
di
e ye
7:a:v Tiap'
Sx'ji)-cxrjV
67ro7T;''vovx<;
^[xvciog
or
su
non pi cos esercitiamo modi scitici di bere con rumore e con grida, ma bevucchiando adagio adagio tra
belle canzoni . Si suppone di solito che le due pericope
non si succedessero immediatamente, perch Ateneo tra
E nel ser una e l'altra frappone un suo commento
il
bere vin pretto .
guito, TtposXfl'iv, chiama bere scitico
Ma ne l'osservazione del grammatico del tutto giusta,
come ci mostra anche quel poco che egli ci d del testo
di Anacreonte, che la barbarie, la sciticit, per cos dire,
del simposio, consiste evidentemente non nelle proporvia,
ma
nel
posto qui
pi civile centellinare,
al
67i:o7r'vov
(1)
tzoozX-
periodo
(1)
parola
si
al
suo effetto,
dinanzi a un
L' aggiunta di
ca'sse soltanto
modo
il
Tiap' oivtp
= v
aujiTioato).
a stare
riferisce
quella
|j,'i^
ax'jO'iaT
at>[iuoaia^coiJiv
troppo lontane
consecutiv^e
509
une dalle
le
altre.
(1).
trovarsi
perch pur
stumi pi
come
egli,
il
poeta antico,
si
anche
fa araldo di co-
civili
(2). Somiglianze
seconda strofa di Anacreonte (Traxcyw
TE xXaXrjxoj, impiiim damorem) provano che le coincidenze
non sono fortuite. Ma Orazio, come suole, ha saputo anche
questa volta adattare al canto nuovo il ritmo antico, trasformandolo profondamente, eppure in modo tale che il
di
di parole
con
la
un verso,
abbiamo forse
])onesHe caduto
Ma
strofa.
(2)
1914,
Non che
il
vcrlio
il
di-
XLIX
il
Jferm.
un verso con
(1)
ma
se si sup-
li
Probabilmeute no:
cfr. tuttavia
Ivi:iii;iiaiin,
181 sgg.
antica, specie appunto nella conviviale: Teognide (v. 49S) scrive Opstj
'
VOI
'"j
|ji)3-cLa9-3
y^o'jxo)
presso:
il
convito
le
Tioi.p.
jtpyjifjpt
ai>|j,Tcatov
pacifista
jivovig,
XXVjXwv pi5ag
5V,v dtn:p'jx'>|iE.
antiche lotte
niiticlif
(Ir.
1,
510
vuotare
uomo
di
un
quido troppo
come
sorso,
si
civile, esige
sia riempita
Ancora un momento,
forte.
un
di
ma,
li-
convitati,
di tenersi lontani
il
poeta romano
nutaglia
del
si
dosamento
bere a
il
riempita di vino assai annacquato, gli sembrava non convenisse a un carme di tono, nonostante l'argomento, elevato.
Ma
il
lettore in
mezzo
al
si
un tratto
secon-
efficaci,
La
mano
soppressione di
riflette nella
il
vantaggio
come
ora.
La
descrizione par-
dire,
costringendo
il
appare
molto pi una.
(1)
Perch mai
gli antichi,
prima
quando gi
il
gallo
di
passare a bere
tre soli
y.
cptaXvjS [j.syj^'JS.
in
convitati
sbriglia-
pii
ha cantato,
sala, a tarda
Venerii
non
Simposio platonico
vinti dal vino
scandalo (Verr.
si
IH
bevono
105) che
511
il
po-
debba sottintendere un
si
bibere, come a me pare pi probabile. Ma le ragioni delVien natnrale di pensare che si possa bere poco anche da bicchieri grandi. Certo la quantit del liquido raccolto tutto insieme in-
verbo come
l'uso
che
coli calici,
il
Socrate senofonteo
che raccomanda
(cojir. II 26),
servi
perch non
il
liquido costringa
il
convitati
vaso in cui
e',
si
chiede un
il
un grande
di pi di otto xoT'jXat,
'|uxxY,p
teneva in fresco
vendo
principale
tosto
un
Ttpoeitixiev
Alessandro
il
npoTtivstv dei
Grande (Athen.
il
moderni
piut-
434 a) sarebbe
con un
egli al bevitore
TtoxT^p'.ov Si^o'jv. Il
risposi all'invito .
Ateneo (X 44
di
di
meno che
f)
1'
Ui-
di scolare gi di
un
coppa;
pedanteschi dell'erudito arcaizzino anche nei costumi. Ancor oggi gli studenti tedeschi, quand'hanno tra di loro un
a
ospite
sofisti
kommen
ihvi
vine
Ganziu
voi\
e i|iM'sti,
Kicssliii:;-
512
non
sia quello di
comune
Anacreonte,
il
fior
durante un banchetto
di
C,
Ma
Hippolo-
e)
che
primo, compi
:jV.xoc,:
(1)
Non
sato, poich
probabile che
il
il
canto, di quietare
il
tumulto.
(2)
Fr
sopra
p.
XI
428.
85, u. 1362.
distico
fa
parte, pubblicata
513
prima strofa, il convito rappresentato, pure molto audacemente, quale un sacramento: chi non vuole la pace, offende Dioniso, nume verecondo: tollite barbarum morem,
verecundumque Bacchian sangidneis ])rohibete rixis. Nello
scrivere queste parole Orazio avr senza dubbio pensato,
sorridendo, al
cit
le
dramma
di
Euripide
14 e pi chiaramente
(e. II 19,
Baccanti
moderno, quale
il
ha qui
lucernis
in orrore la guerra.
banchetti
lo
san-
il
Ne
cori di
et
discrepai, riproduce
un pensiero che
lo
si
trova
Il
suono acuto, ne
riscontro
ai
non prova
segue, riprende
il
Cahducci
no
{Parini minore,
con
li'"))
aniniirabilo
elio
dirittura
di
^indi/io
jjrooista.
il
il
modo
del simposio
sembri a
514
quindi
tutti sufficiente la
il
ragione che
ci
induce a cre-
seconda
dere che dopo
non poteva seguitare con un' accettazione del comando
legata a condizioni che la fanno somigliare a un rifiuto.
Questa considerazione sembra a me provi di per s sola
l'assunto; ma anche il giovane presente al convito solo
con il corpo, mentre l'anima si consuma silenziosamente
in un amore cui egli si vergogna di confessare, il giovane che, mentre pi si studia di apparir lieto per nascondere il suo stato vero, non riesce a celare le sue
condizioni a un occhio esperto, tutt'altro che un tipo
anacreontico. Per quanto poco ci sia conservato di Anacreonte, noi vediamo chiaro che egli fu spirito elegante
strofa tutto tornasse in pace,
la
e grazioso
ma
ne profondo ne ardente: ne
suoi contemporanei
si
egli
sarebbero vergognati
si
sarebbe
la cenere,
una donna,
amare,
di
solo per-
Clearcho
(Athen.
XV
669)
conosceva una credenza popolare secondo la quale agli
innamorati le corone non rimangono intatte sul capo, ma
lo scolaro di Aristotele,
si
sciolgono e
tentava
di
gioni pi
si
spiegare
meno
di Soli
il
amore
trattati di
con ra-
Asclepiade
canta
(A
P XII
133)
olyoq
epcoTog IXeyxo?
xaxrjcp? |3XeTC.
o-jx
-/(o a-^iyxx^'elc
sarono Nicagora,
innamorato, che
il
gli
xal
axcpavo?
[XV
le
io
vino
il
vennero
Xc-
Tioal
ai
fjXaaav
fjjxv
xa yp 5xpDav
paragone dell'amore;
la pietra di
il
pveu[Xvov
p3iv
xayprjv TtpoTiaets
515
non essere
di
corona stretta
triste e la
al
posto
il
in-
Mirabile
quale, preso
rebbero
al
poeta
bastati.
Callimaco riprende
il
43)
xoc;
pv 7uV|xa Ol aiyjO-wv
e'/wv
(zlec, ;)
^Tvog
Xvi)-avv
vrjYayExo, x xpi'xov
x 0 pa '^'jXo^oXeOvxoc xvop?
'rSo
Egli
toc,
vtT]-
-f^yix
Ek'.ve,
ox arc
^'jajxoO x!^to.
'f jjp
[iaO-ov
(1)
viisit
La parola
ritonuta coiimni'iuente
corrotta,
Ini
come un poeta
zione pi primitiva
ilie
zk\'^'{tt.Qe
noi
pii
il
senso de-
siugbiozzi,
originario,
come
moderni non
prosatori
ma
516
ladro
carme
di Orazio, la lirica
accompagna, per
Come
cosi dire,
passo passo lo svolgimento dell' azione (l). Il tono dell'amico che incita un altro a osservare qualche cosa di
curioso, reso mirabilmente;
si
che sorprende, per cosi dire, a volo un sospiro. I particolari sono rappresentati in modo assai pi concreto e
pi vivo che non
da Asclepiade insuperabile per evidenza la maniera come espresso che le rose, perduti
a uno a uno i petali, gi non cingono pi il capo, ma
sono in terra. Maravigliosa anche l'abilit nell'evitare la
cruda parola pv, sostituendole espressioni equivalenti
del linguaggio sentimentale
Ma
Cal-
Fin
l si
poteva
(1)
io
non
j)eu9o
non
li
Non
si
trovato
nelle
sorridendo di
condizioni
517
sorride di se stesso.
lui,
poeta
Il
si
serve
un suo amore
quale a un uomo moderno che
modo
in quel solo
nel
un
sorriso per
com-
pagni
sventura
di
e,
ma
mentalit callimachea,
vela con
mentre pi
segreto, proprio
che
lo stesso
il
il
studia
si
suo amore
il
dissimularlo,
di
in
il
che
lo stesso
Callimaco. Voglio
in
perci che
asserire
mettono meglio
Anacreonte.
in luce
il
di
Il
una
di
fratello di Megilla
liberta
Opuntia
tutt'altro
si
vergogna
si
che
perch
la
il
di
amare
sentimento
anacronistico,
cultura elle-
in
quella
poeti
si
da loro
amate; o
schiava e libera
h
(1).
romano; romana
Il
fanno
differenza tra
conforme
alla
(l)
V. sopra
p.
IHy 8gg.
518
tempo a
stica di
cui risale
Omero
l'
e in
genere
di
le
etere
VI
personaggi omerici a
pi
tardi
(I)
gli
tipi ideali di
Stoici,
come Orazio
primo verso
17-18), riduceva
virt e di vizi
dell'
come
Odissea
Leipziger Studien,
(1),
giudizio equi-
d Ernst Weber,
226 sgg.
primo
519
Non siamo
(1).
dendo ancor oltre, egli allegorizzasse, umanizzandoli, anche mostri omerici. Pure, o egli stesso o qualche sofista
contemporaneo o di poco anteriore deve aver fatto questo
passo, se Anaxila e forse i belli spiriti della societ attica di quell'et identificarono i mostri con meretrici,
certo servendosi a fini scherzosi di metodi che la scienza
prendeva sul serio. E infatti per il pi grave storico del
mostri omerici, almeno il Pitone
quarto secolo, se non
chiamato drago per la sua
ma
un
uomo
drago,
non un
i
crudelt
(2).
tali
interpretazioni
una yyn, y.x-e.xaaaa /.al o tyjd-oc, o'jvo[x' r/ouax, una donna di mal affare
e che non portava a torto il suo nome: egli intende qui
certamente parlare non della Scilla omerica ma della figlia
dilagano: per Callimaco
(fr.
184) Scilla
ma
Minosse
1'
il
padre e
sapore se non
come
omerica fosse
genere
di esegesi
il
invade anche
compendii pi o meno
epigramma (AP
190), in
lo
(1)
(2)
Cfr.
anche
WirPKKCHT,
(Tubingen 1908),
la
'/i('JcA/MHf/
p. 9.
libro.
dir rationalistischen
lulhetidetitung II
520
tri-
Euemero
da
impadronirsi di
Musa
venne
in
voga
questa fu anche
Tutta
la
il
Rimane a dire una parola sulla tecnica della composizione. Che Orazio finga di cantare, mentre l'azione gli si
svolge dinanzi
dell'Augusto,
non
agli occhi,
fa maraviglia:
come mostra
il
questa
liricamente corteggi e
Ma
riti,
si
svolgono.
abilmente
ma
metica,
riproduzione,
ma
stilizzazione
letteraria
di
in banchetti.
(1)
cfr.
nell'
Enciclopedia
Pauly-Wissowa, l'articolo dello Schwartz su Dionysios Skijtobraehion e quelli del Jacoby sn Sekataios von Ahdera ed Eumeros.
di
IL
h)
521
terminati
natura che
dalla
circonda: egli o
lo
sente
si
insieme con
non appena
il
venti
cam-
il
pagne, fonde
hanno cessato
il
di
ornelli,
pido delle
della
vita e
infrangono
sugli
lo eccita
scogli,
le
ma
dall'anima
il
fuoco e
il
(1),
dipender da
Ma egli
con
Del Sentimento
ma
lei
non sa
della
dei
quando
in
genere, con se
natura in Catullo ed
una dissertazione
le espressioni
sente la naribella
si
Vattiisso in
sano),
perch
lei.
stesso in particolare;
(1)
lei
M.
il
si
corpo
di
scuotere cipressi e
Orazio
tutte le
tradizionale,
lia
discorso
1910 (Pos-
immagini
naturali,
senza
quanto manifesti
sentimenti del poeta. Del metodo infantilo non faremo carico a uno
studioso che
ha
fatto
chen Naturninn
Karl Wokumann,
dir (iriechen u.
bra equo.
Iliimer
ma
il
(Monaco,
Ueber
dm
hinducha/tli-
1871) pare a
me
di
tutto in
lei.
campagna
Nella
522
vita
pi conforme che
ragione non
dettami della
la
cittadina
lui
porgendo tra il sonno l'orecchio al morun ruscelletto. Per contro, egli non sa
contemplare con gioia profonda il cader della neve e la
fitta di alberi,
morio uguale
furia del
di
mare
sguardo solo
fisa lo
un momento
e ne
ma
vi af-
more
mit,
me-
ma
amoenitas.
idillici,
spirito egli
bucolici.
Come
pi favorito dalla
natura
(1) I
lit
nome che
il
come osserva
lo
Servio. Kiessling-Heinze
as-
ma
stesso
questi di grotta
il
bosco,
non
fa parola.
ogni
modo
il
sacello di
Albunea
5^i3
maria
rivis;
invece per
le cascate,
un pendio
di
monte coperto
di
boschi: nel
ai
monte
si
ad-
atta a
Orazio anima
il
cam-
del
A me
non
(1)
il
la
cascata
La cascata
Deasau (CIL.
dubbio
XIV
se lo si
nessun rumore di
p. 135) presso le
XVI; pure
il
fiume fu regolato
in
n.
It.
XIV,
7l.
5^24
zampogna
di
Fauno
si
amabile della
figlia di contadini, la
ma
soltanto purit
nell'altro passo la
di
d'intenzione; nell'uno e
del
quadretto
genere.
Solo in un epodo
Alfio:
con
affetto, proprio
sia deriso
vita; Orazio
si
da Mecenate, che
egli,
possiamo bene
com' era in una valle ombrosa che divide due monti (1),
ricco di querce e di elei (epist. I 16, 5 sgg.), era eviden-
(1)
Non ho ragione
di
525
temente pi adatto agli armenti e alla vita idilliaca di
quel che non rendesse a chi voleva coltivarlo pregio
principale una sorgente sana e fresca. Egli aveva desiderato (semi. Il 6) un poderino con un orticello e acqua
di melius
corrente, con un po' di bosco per soprappii
fecere. Eppure quell'angolo di mondo avrebbe prodotto
ancor pi facilmente pepe e incenso che uva (epist. I
14, 23). All'amatore della citt, Arelio Fusco, egli vanta
secondo il solito (epist. I 10, 18) i sonni tranquilli, i colori e gli odori dei prati, l' acqua limpida e leggiera.
Nella vita che conduce l in comune coi suoi contadini
servi, gli piace la famigliarit libera da convenzioni soegli si rallegra di potersi quanto
ciali (serm. II 6, 63 sgg.)
vuole cibare di vivande grossolane, di bere a suo talento,
sciolto da ogni legge conviviale; si rallegra che i bnnbetti schiavi nati in casa sentano cos poca soggezione
di lui che divengono quasi insolenti. Ma dei lavori campestri, anche in questi componimenti in cui non lo impacciava il riguardo alla dignit o anche alla stringatezza
dello stile, non parla altrove che nell'epistola, poco importa se fittizia, diretta al fattore che voleva scambiare
il posto in villa con uno in citt (I 14). Qui, insieme con
:
il
sembra,
al
tratteggiati
anche
la-
di
la
chi sa se
Il
mira
Non
si
di
maravigliare
in Orazio,
dica n
si
abbiamo
creda che
vicini.
detto,
i
suoi
la natura.
5^20
Degli
altri
giore,
aveva
almeno uno,
timento assai
mag-
il
un sen-
pi
in-
paesaggio
il
io sappia,
in
come
descritto
subducere
(IX
7).
colles
dall'
colli
sollevano con
si
qua
clivo
ama.
primi
anche
un paesaggio pianeggiante,
le figure
boschi un giovenco,
si
nemora
rivum
atque
altos
lei
annotta,
a lungo senza
fessa
iuvencum per
procumbit
meminit
ragiqne
quasi
viridi
in
contadino.
La campagna
verso rauco
ma
di Virgilio
suoi
piena
animali
s
il
del ron-
527
tamen interea
cessabit turtiir ab
tono davvero
nell'idillio
ulmo
56
sgg.).
Tra
rumori che
nelle
suo pur
(I
ad auras ; nec
raiicae, tua
meno
si
sen-
Teocrito
tano
i
il
cicale fanno
le
il
verso per
pascono
in
le api, la
accompagnano
solo
siepe cui
verso rauco di un
il
palomba, e
cortile, la
l'umile lavoro.
il
Leggendo
canto
non
di particolari , se
falsa,
mente
almeno
la
messa
di
una
citt sino al
festa,
podere
un bel verziere,
si
si
di
possa meriggiare
al fresco
con
tutti
comodi. Virgilio
campagna quale
Nelle Georgiche
Vii-gilio,
smessa
la
veste
idilliaca,
che del resto non
a
di vita
gli
cari per
lui
048
il
campagnola. L' indole precettistica delgli impedisce per lo pi di ritrarre luoghi deterl' opera
minati
pure due tocchi rapidi ci mettono sott' occhio
la pianura intorno a Mantova, tutta prati, per
quali il
Mincio serpeggia lento lento, popolato di cigni: et qualem
lescenza
sua
infelix amisit
mine cycnos
(II
lattiginosa
cum
7iiveos
herhoso fiu-
ben diverso da
quelli oraziani. E Virgilio sente profondamente spettacoli naturali ai quali n Orazio n i poeti bucolici sembrano avere rivolto attenzione: la pioggia di primavera,
che cade incessante sul campo di grano, irto di gambi ancor verdastri con in cima la spiga non ancor soda, ancora
:
et
turgent
il
(l
313);
ruit
messis inhorruit
butta fuori
tuit surgentes
le
gemme
e spiega le fronde
gemmas
vendemmia che
(Il
333); la mite
fin
dentro su per
et
caelo
nec me-
magnis
aqiii-
ai soli
d'autunno
si
cuoce
come
non
tenue soave mormorio
Virgilio la descrive,
che con
il
il
canale e per
colti
il
L'acqua corrente,
ruscelletto limpido,
invita al sonno
ma
il
il
poeta
liquido di vita,
mentre
sul
campo
arso
tando gi per
un
clivo
sassi levigati,
l'onda;
questa,
precipi-
campi
e porta soccorso ai
assetati
deinde satis
tramitis
clivosi
nuove
frutti
Il
undam
ciet,
elicit
cielo e
non suoi
ammira
novas frondes
va
con
ad caelum ramis
non sua poma
ingens exsilit
scatebrisque
miraturque
felicibus arbos
(li 80).
il
(I
fluvium
ciini
et,
ecce supercilio
ierhis,
529
et
gli
ignominia e il suo
ha rubato senza che egli possa
vendicarsene
La
(III 224).
propria
la
gli
animali non
una parte
851
sgg.),
che
davvero
nuziosamente tutti i versi e tutti i movimenti di qualunque animale da cui si possano ritrarre prognostici; Virgilio descrive soltanto quelle voci e quegli
l'
anima
Le vacche
955),
la pioggia,
in alto, l'aria, jz
giUana tenta
atterrare le aure
di
auras
(I
atteggiamenti
delle bestie,
fiutano,
la
con
376). In
guardando
muccherella
le
ma
aratee
vir-
larghe narici,
Arato
all'
avvi-
(1)
zione del
Maass;
indicati
Jahn, non
la materia grezza.
accuratamente
nell' edi-
con
la
zelo
felice, specie
da
P.
530
viam vocat
harena
(I
improba
388).
voce et sola in
sicca
secum
spatiaUtr
fanno strepito tra loro negli alti nidi tra le foglie, nescio qua praeter solitum dulcedine laeti (I 412): essi godono,
passata la pioggia, di rivedere la piccola prole e
nidi, iuvat imbribus
sere nidos.
actis
Arato scrive:
credere che
si
Qualcuno
rallegrassero
(v.
dolci
revi-
potrebbe
1006)1
(1)
DBR,
Lo mostra
1'
Sittengeschichte
(2) Il
*,
romane
in
Friedlax-
II 108 sgg.
e della cultura.
531
Romani anche
ture pompeiane
del
sembra, coincidono
che
seguente
nell' et
terzo
stile,
con
1'
cui
nelle
principii,
era volgare, la
pit-
a quel
predile-
ma
come, nono-
sacelli
pompeiani non
freschi
ellenistica ai
come
romano
e la cultura del
Non
pi propriamente
sono detti
poeti che
paesaggio del
fons Bandusiae, il ruscello limpido che sgorga dalla roccia ombreggiata da un pino, si trova tale e quale, come
(1)
Figg.
2,
dei
meno
alessandrina,
sia
i
(p.
100 sgg.)
Il
Rostowzew.
(2) Il
case
1,
bucolici.
tipi
arcliitettouici di
sgg.) in
vasi
a rilievo
una
serio
di rilievi
in
Lo sfondo
roccioso
rappresentato
in questi
delle
jionderano
stile,
che
(juelli
<"
non appaiono
se
non
stile prc-
nel quarto
le pitturo di
stici,
ma non
quadri elleni-
532
poesia
|ja)|iv
gida cornibus
5'
ci'jto;,
frons tur-
cui
inficiet
non disdegna dormire ad aquae lene caput sacrae (1), ricorda un verso di un idillio, che, quantunque non teocriteo, come io credo ancora fermamente, era gi letto
da Virgilio nel suo esemplare
o
ol)
tw
scontri a
imiti, 0,
d-i^Eoc,
Ttap' liwp
me non
di Teocrito, l'ottavo
atO-ptoy.G'.xerv.
f>ov
pare consegua in
vogliamo
modo
Da
78
v.
questi
ri-
sebbene non
si
possa
me sembra
solo
non
quadri
i
i
secolo,
il
pi sentivano cosi
vi ragione di credere
prestito
romani
pompeiani, a
paesaggio,
il
quantunque non
si
egli, leg-
Ma
si
il
sentimento
che
genere preferirono
dall'un canto
all'
alta
paesaggi
montagna,
tale
modo
dell'el-
idillici,
dall' altro
evidenti
gli
bucolici
campagna
segni del
lavoro
umano. Questo tale da un' osservazione in s giusta ritrarrebbe conseguenze errate. Non importa che Orazio e
(1)
heria.
et
in
533
saggi di
solo
tal
compiacimento,
si
epigrammi dell'Antologia e
in Teocrito:
uspl
v^i^-(^vr\v
essi
pae-
con evidente
305 sgg,
fi[ie(<;
da un bosco
che
solo
il
ma
quasi
(e
68 sgg.) attorniata
fitto di
ingresso dell'antro
tale
si
Xantho
(M 313),
cadendo
in
di
monti e distese
(1) jiTisXoj
-^
di prati e colti,
yX'v.v.oLpTZQZ
r,\isp'.z.
grano
un giorno d'inverno
poco a poco cime
si spande sui porti e
534
onde (M
cos
poeti
seguenti
sino a tutto
il
27(S).
secolo
de-
a noi moderni.
nonostante
il
1' acqua
del Cefso scorrente per
non potrebbe dirsi bucolica la descrizione di
Colono ricca di olivi nella tragedia di Sofocle, non quello
un paesaggio che inviti al riposo e al sonno. Per la selva
mille rivi,
le
sue nutrici;
con
quale Aristofane
il
canta
negli Uccelli
Pace
nei quali
sassosi
sono
sentimento
grande
la
campi
solati!
gli
ma
odore di viole,
La
suoi
non sono
soltanto
non
(iy.
un posto creato
poeti
nervi
non sorride che certo genere di campagna. Riandando con la mente i prosatori
di queir et, non mi riesce di ricordare pi di due devigneti, prati e oliveti; a essi
(1)
pagine
Romagnoli,
St.
it.
in
di filai.,
Aristofane
ha
scritto belle
scrizioni particolareggiate di
quanto
al
sentimento che
535
paesaggio
le
anima
230 b
(p.
e) ascolta la let-
di
cicale.
l'una e l'altra
lari descrittivi
tura
(1);
e quanto ai partico-
lo stormire del
Non
e la quercia,
ai
si
(v.
21)
corbezzi,
dove
accordano
di
sedere in-
il
(1)
non
si
compongono
in uuitj\ di
paesaggio.
530
statua o
tua un
la
recinto
manca
ma
il
circolare
quasi mai
(1).
di statue, xpat te
semicircolare,
Anche Fedro
l'
albero non
parla non di
xal yaXiiaia.
Nella
poesia
edifci,
l'im-
ma
del dio,
una cosiddetta
schola quale
appare
in
casa palatina
Livia
recinto,
(1) Il
non
ha posto mente.
(2)
gramm nnd
un busto
(3)
di
Tav.
un
dio,
ma una tomba
1 e 2 nell'opera del
anche la tomba
Eostowze\t.
:
un santuario.
un truncus
gramma
ficulnus,
4,
pur qui
537
manca
rupi,
qui
si
ma
in rilievo
ogni paesaggio
del III
secolo, sia
a intendere
il
che quasi
La
campestri
ma
di tal fatta ci
solo dal
IV
secolo
che santuari
IV
secolo;
gli
artisti.
importa
la
concezione
(p.
ha prescritto il medico, un
di porta, un po' perch
po' anche, come Socrate suppone e non s'inganna, per
quattro nuiri di
riposarsi dallo studio, che durava tra
una stanza ininterrotto sin dal primo mattino, ma a un
tempo per riandare in pace nella memoria le cose stuglielo
diate.
Le
stiche per
(1)
nuovo sentimento
Di Leonida
cfr.
luiclu'
della
l'opifjramiua
AP
me
caratteri-
natura. L'
VI 334.
uomo
538
il
che con la civilt si accoppia necessariamente, quel che meno gli ricorda questa civilt:
civilt e dal lavoro,
non
la pastorizia,
l'agricoltura. Gli
mattutina degli
uccelli del
tura
(2)
Teocrito son
idilli di
suoi personaggi,
com' noto,
letterati travestiti.
alla sveglia
che collegano
lo
Il
(1).
si
Briletto
modo come
il
presenta in questo
agli
storici
svolgimento, come
come
V alba
direi io, di
della cul-
essi dicono,
questo speciale
rumorosa e
sempre pi complicata delle citt grandi, con l'urbanesimo sempre pi crescente. L'amore della campagna disenso della natura, con la vita sempre pi
mura di Atene.
Poich Fedro si maraviglia che Socrate non conosca
un luogo cos ameno, evidente che l'uso di passeggiare
in campagna, che il bisogno di cercar riposo in seno alla
nella cerchia delle
(1)
(2) Cito solo quella che pur sempre la migliore storia della
civilt ellenistica: Helbig, Untersuchungen ilher die campanisclie Wand-
Beloch,
Griech.
Gesch., Ili X,
gliaia di viaggiatori,
egli
non sono
Il
sen-
urbana
539
si
soltanto
scusi
con
il
non
uomini,
gli
suo desiderio
apprendere, cui
di
terreni e gli
alberi possono
razionalismo,
se
ne
agli
affatto
altri
affatto
La
un precursore.
non
descrizione della
conservata in
forma
originale,
ma
Teopompo,
la parafrasi del
segue, almeno
da vicino il suo modello (1) che possiamo fidarci di essa per quanto riguarda generalmente
il sentimento della natura, se pure non per tutti i particolari descrittivi. Esso si rivela non soltanto idillico, bucolico, ma idillico, bucolico di maniera. Fin da principio
Teopompo mette particolarmente in luce che la valle del
Penco, la quale pare pi di ogni altro creata per l'uomo,
affinch egli vi possa passare giorni beati, non opera di
mano umana, ma dell'eterna natura. L'edera si arramsofista del ITI
secolo Eliano
{v.
h.
Ili 1)
in principio, cos
alti
con
festoni,
come
viti
Anche
lo
smilace
verdeggia.
buon numero
boschetti e rifugi, che nel colmo dell' estate offrono delizioso rifugio ai viandanti, irrigati
percorsi da rivi
di
Dk
Stickani,
l.
di
fonti e
(1)
come sono
ph.
che
Wochciischri/t,
si
pu navigare per
1011, 92.
il
540
tema
L'elemento sacrale singolarmente esagesi fanno in quei luoghi beati dagli abitanti dei paesi circostanti, i quali vi convengono per gozzovigliare, che tutta la campagna ne odora A meno che
almeno questa stranezza di cattivo gusto si debba imputare a Eliano, ci che a me sembra probabile. Chi non
si accorge che la descrizione del paesaggio ameno qui
gi divenuta coavenzionale? Dopo aver letto questo passo
di Teopompo nessuno si maraviglier che le poesie di
Anyte secondo studi recenti (1) debbano essere attribuite
alla seconda met del secolo IV. Piuttosto, se anche i
del sole.
da
che tra
stupirsi
Il
sentimento
lu e
della
Longo
Teopompo,
ci
sarebbe
natura
nella
lirica
oraziana, in
non
erro,
il
da Agamennone, si rifugia
mare, perch dal mare, dalla cernia madre,
aspetta soccorso. Il Dafni della bucolica ([Theocr.] Vili
in cuore dall'offesa recatagli
in riva
63
al
sgg.), in
rebbe volentieri
di
Oeso,
ai
al
al
Carducci, rinunzie-
piedi veloci
come
il
vento,
mare
alla ricchezza
pur
di
tenere
Dal mare
Dafni non si ripromette nulla (2): il suo puro amore
di bellezza. Il Teocrito autentico mostra quanto rozzo sia
(1)
COLANGELO,
(2)
Il
p. 74.
St.
confronto tra
it.
il
siciliano.
Omero
e lo pseudo-Teocrito in
Wrmaxn,
il
(XI 49, 60
di bello
che
i
541
intende
ricchi
Romani
anteriore
della
sua et e gi
sono fabbricati
si
spirito colto,
meno
della
ma
come non ne
freschi
met
dell'
palesano
secolo
(1).
abbondano
volgare,
dell'era
in
essi,
e a
Esquilino, che
primo
del
marine:
mare.
in
di questo,
generazione
perch
Uno
sgg.).
non
il
romano a
di
ellenistici, ci
cui quella
casa
il
mare
questi quadri e
poeti bucolici,
anch'esso
amoenum^ anch'esso agisce sui cuori degli uomini riposandoli. Anche la povera Simaitha delle Oapp-axeuiptai, sedotta e abbandonata da un uomo senza scrupoli, sente
r invito, sia pur vano, alla pace salire a lei dalla grande
calma marina sente che il mare e il suo spirito agitato
da cure non sono in armonia: ecco tace il mare, tacciono
venti, ma non tace dentro al mio petto la mia
pena (II 38) (2). Orazio si compiace di rappresentare il
;
(1)
Ad
Att.
XIV
13
XII
9,
dove
hi
passo pi entusiastico,
n. d.
II
100, rillette
un
filosofo cllonistico,
forse Posidonio.
(2)
Gii\ la
sieme con
il
Danae
l)iml>()
ben costrutta.
di
il
mare a dorniin- inmadre ali" onda nella' cassa
Sinioiiido invita
alliandonato con
la
mare
in
tempesta,
trettanto quanto
irto di
amano
poeti ellenistici
dal
mare
sia
tempesta
in
b'I
immagini,
egli trae
il
citare
la
bonaccia
sia similitudini,
delle
eccita a vivere e
nabile di piacere,
sua forza.
come per
Il
mare
aumentando
in
quella di qualsiasi
Quanto
alla
campagna,
si
prendano talvolta
vive
(l),
egli
natura
nella
partecipe di
meno
al
suo sguardo
s.
sembianti di persone
bisogno
il
di
riversare
partecipano molto pi
si
scioglie a
poco a
delle
(1)
si
specie,
era innamorato
di
Xenea,
le
543
le
gi divenuta frase
al lutto
Nel
natura
(l).
nome
il
nifestare
il
dell'amata (fr. 101) questo modo di masentimento troppo molle, perch possiamo
;
lenistica: dubito
eroi di
scogli e caverne,
esse simpatia
selve e fonti,
viventi, e implorano
da
(2). Si pensi
Aiace prima
ziano
monti,
come a persone
di
solo
alle parole
che
aveva
lo
ricettato infermo e
suo padre, se
si
lo
perseguitano chiedendo a
La
lui
il
(3).
(1)
morati
uno
la che nella
(2)
gi,
Che
dell'altro gi
primavera
terra e
il
mare
umana
e,
inna-
crederci,
o<:li
dormano,
buire anima
senzienti
da Aristofane,
sia
allo cose,
pifi
antica;
ma
altro
si
trova
>
attri-
Le
er nic inintelligibili.
544
romana;
un
altro
poeta
meno romano
e pi
ellenistico
che
del
17, 2);
(I
ai silenzi della
i
personaggi
selva
di
Teocrito e
il
come
Orazio non
di questi; egli
(1),
perch
Questo
austeramente
sostenere
Ma
Callimaco.
di
la
vera inconscia
sicit
di s
medesima
ama
aborre dagli
paesaggi oraziani
Nelle
descrizioni
sono assai
teocritee
Le capre
nulla pi
le
si
fiori
cibano
fronde che
di
la
Fauno,
le
laggio,
scarsi
di particolari.
corniole e di timi
sparge
selva
si
in
di
so-
(I 17, 5),
onore
di
specificate.
Una
ragione di
ticolari,
92
(.1)
(2)
V. p.
sgff.
e.
I 21 sgg.,
e cos via.
riprender
fiato,
non
si
55 sgg.,
545
come
ben diversamente
che nelle Epistole e specie nelle Satire, adopra pochissime parole. Ogni lingua, per divenir classica, deve far
sima
nelle Odi,
getto di
come
una parte
noto, Orazio
agli artisti,
per lo pi
Anche
quando aspirano a
lo stesso
si
in genere.
abbiamo ve-
Ma
queste
argento;
cristallo e
tutt'
intorno
come
qui siano
versi
non
scelte
solo nelle
contrastino
ciottoli
fiori
somigliano a
abeti e pioppi
odorosi. Chi
non scorge
forme
ma
anche nel
colore,
che
le tradizioni della
(1)
alti alberi,
V. sopra
p.
poesia classica,
188 8gg.
senza del
resto rag-
giungere
1'
546
di questa. Pindaro,
ardire
si
cimenta
audacie co-
in
non raggiunte neppure dall'arte dei nostri contemporanei. Teocrito non ha mai rischiato nulla
di simile al quadro del bimbo lamo, nascosto nel giunco
e tra i rovi, bagnato il molle corpo nei raggi gialli e
loristiche forse
sono
nella
vivaci
le statue.
purpureum
15) e al
tendo insieme
(III 3,
mentre, applicato
splendido,
mare insanguinato
tella
il
bedue
dalla rotta
pioppo bianco
(II 3, 9),
ricerca forse
l'ottiene l
Ma
Orazio
lo ricerca e
della
dell'edera e contrappone
effetti
mor-
am-
vento autunnale.
modesti.
pino e
il
pi
volto di
il
cartaginese
rico-
molto
ancor
oraziana
lirica
Ma
amava
che
molto pi vivi
ritraggono
fiori
diversi
domum
caerula
(2)
te
il
revehet.
mare:
Nelle
(1)
Nero
(2j
13,
Odi
16 nec mater
egli
dipinge
5.
:
II 9, 15 caerula mater
547
III 27,
18 ego quid
ater
sit
Hadriae novi
et
Qualche
cosa di pi
cercando,
potr trovare
si
ma
da
sbi
lui
modo che
lei
astri
Le
minori di fronte
impallidir degli
l'
al
Qui
menti berlinesi
dita,
di
il
volto
compagna
dinanzi a una
donne
(1)
pi bella.
salso insieme
il
sole, la
astro, diffonde
sulla
campagna
astri
il
come
di
fiorita,
Uno
vincendo ogni
meliloto
le stelle
si
moUi
simile
spande
la
timi e florido
:
le
due volte
lirica corale
delle stirpi
men
celebri
micat inter
omne^i
lidium sidus
(1)
Bdliucr
Kl(tsiLirtvxir,
2,
IH.
548
t'o-
y.rJZ^A'r/ o'.axf'vci
vjxtc-;
'^r^
asXva.
peso da Pindaro,
di
si
glio tradizionale
che
spalla di Chlori
Il
forse
al
baga-
trovasse, oltre
in Bacchilide, in Pindaro.
pu
(II 5,
nel
la ruhens luna,
terrore e l'orrore
il
(5,
49 sgg.)
(1),
per
le
strego-
egli fa nelle
Odi
tre la
men-
luna pende
sui*
capi,
e le
iiin-
ctaeque
(1) Cfr.
5,
5,
45 sono notturne.
(2)
Come mai
assegnare
il
23,
qualsiasi signore
549
7, dif[ii(jere nives, cos simile a questo primo; ma insieme con Venere scomparsa la luna, e nulla dice pi
che le dee danzino di nottetempo
Gratia ciim Nymphis
IV
egli, nel
momento
e
di che non sanno la gelida morte, mostra di
non prender sul serio n la maest della notte ne il
giuramento n gli di invidiosi del giuramento n quelgli
l'amore.
non
Altrove la notte
pi.
contiene
mente
la
sentimento
il
ingenua-
poesia
classica.
Un carme
di sentir la
di
una poesia
Il
amanti,
classicismo conscio
Il
d'alta
dio che lo
montagna,
ha riempito
di parlare.
III 25,
di
modo
cui si-
Orazio ha scritto
di s, lo
ha rapito
sui
(1).
monti
egli
guarda
r Ebro e
la
le ripe
il
vuoto
stupisce contemplando
bosco, cos
il
monte Rhodope,
tpiel che
non detto da altra
bocca. Egli trasfigurato, ormai non pi uomo, ma
compagno delle Ninfe e delle Baccanti e segue il dio
per rocce e vette. Orazio mostra in questo carme quello
stesso senso della montagna, che unicamente e di rado si
gli
avvenuto,
Orazio sa che
singolare, nuovo,
(1)
V. Hopia p.
so;j,'.
riscontra
nella
550
tagna
alta.
L'uomo normale
campagna opulenta
di quell'era
mon-
compiace della
si
si
montane
non
il
che rispetta
della
le
alti
monti giorni e
cantando, dan-
notti,
si
ri-
Le
di miele.
alti alberi
deboli
mani
con tutte
delle
le radici (1).
Le Baccanti
di Euri-
nit,
come per
ebbrezza
nato,
lo pi ai
di vita intensa,
moderni,
durante
ma ha
la
infuso smaniosa
il
carme
ora-
ziano di cui diciamo, appunto perch dionisiaco, ditirambico, canta la natura pi selvaggia.
Una
provato
neroniana
Seneca
(1) Cfr.
1'
Campania,
Calabria
Il
libro,
tato
551
le
(1).
non , chi ben guardi, identico. Ennio aveva cannemo me dacrumis decoret, nec fiinera fletu faxit: curi
Orazio riprende
volito vivus
quest'epigramma,
sformandolo
lo
tra-
pianti e
che risparmino
che sar cenotafio,
cigno, voler non per le bocche
anch'egli prega
spunto di
suoi lettori,
i
mentr'egli, trasformato in
degli uomini,
ma
per
cieli
(3).
Il
gambe
e incapace di guidare le
di poter volare a fior
il
cuore di pene
(fr.
quando disperano
terra
ci) Il
(4).
Del pari
gli eroi
euripidei, solo
sventura che li
non aver le ali per volar via
probabile che colui che in un frani-
rimpiangono
opprime,
dalla
26).
di
comodo alla credenza che gli antichi non ricercassero nella natura se non l'ameno.
Del senso dionisiaco della montagna egli non parla le prime ediper smiiiuirue
1'
importauza, uoii
toruauclo
esso
zioni della sua opera sono, del resto, anteriori ai libri del Nietzsche
e del Rohde.
(2)
rato
(fr.
(3)
morendo
era augu-
si
gli amici.
per volare
in terra e
mare
si
(v. 237)
in cigno,
ha preso
spunto da Toognidf,
ma
al
il
passo
suo amato
sformazione
lo
Orazio
iia
fama. Ennio
trasforumto
il
motivo
enniano.
(4)
passi di
mento
552
un
sia
come
noi,
ignorando
mao
in
versi dell'Oino-
augura
si
di di-
mare turchino
(1),
tale
possiamo bene immaginare che nella tragedia quel personaggio fosse uno sventurato, cui la metamorfosi avrebbe
sottratto a sorte peggiore. Ma, se per lo pi nelle tragedie rimpiangono di non poter volare uomini che hanno
ragione di essere stanchi di vivere, almeno un passo
Aristofane, certo per molti rispetti
poeti
del
secolo,, fa
vedere che
di
pi moderno tra
il
Greci
di
quell'et
(2),
Greci sentivano
come
(2)
che
gli
minati,
Iperborei siano
il
il
et..,.
Dacus
anzi,
et
ultimi noscent
Oe-
noi
desiderio di
il
l'alto
Pure molto
tardi e di
librarsi in alto, di
paesaggio.
il
553
che
alpine,
indusse a cimentarsi
li
le
lo pi
scientifico o
anche
bravano miracoli
di
fenomeni che
di curiosit per
(1).
L'uomo
non
sem-
Alpium,
se
una
fe-
invasato da Dioniso.
1.
sta
13).
alla vigilia di
Fontanalia
(2)
legge
dolce vino
fiori
chi
il
il
appunto per
i
Fontanalia l'uso di gettar fiori nelle acque attestato
da Varrone {l. l. VI 22). Non che esso fosse del tutto
ignoto al culto greco, sebbene, che io sappia, ne sia fatta
menzione una sola volta in un passo di Strabene (3)
giorno seguente insieme con
capro
il
ora
Ioni e cos
via.
terra
Iperborei
definii
pre pi remoti,
se stesso
dove
pii
finir
le Sirti si
!
trovano sulla
il
il
alla
scui-
n cliiedere a
un po'
vaglie,
peccato mor-
buon gusto.
(1)
(2)
Ne haduIitato
iy08,
mena
in paesi
clic
strada
il
IvKii/KNsrKrN,
A'.
.Jahrb. /.
<l.
Il
21H
sgg.
hi.
At.
XXI,
81).
(3)
conforto di credenze
nicherebbero tra
secondo
lo
((uali
molti
liumi
narra, n>n
comusenza
554
ma
la usi
di vino
chetti, nel
libazioni
e le
tranne
al culto greco,
rituale
dei
ban-
nei
ci
morti
(1),
fosse
una
tale restrizione.
Ma, se
incarna,
Come
mai
il
rituale
romano,
Bucolici, cosi
poeti di
paesaggio
la descrizione del
dianzi, ideali
ellenistici.
di celebrare
si
erge un albero
molti
grande calura
(A P IX 313)
questo
le
lauro e attingi
membra
riconfortare le
mostrare
una certa
il
tornano
verdi fronde, e
quest' ai viandanti
in
un
altro
foghe rigogliose di
per
nello spro-
fondo arcadico dal quale scaturiscono PAlfeo e l'Eurota, esse ricompaiono in quello dei due fiumi che si invocato nel gettarle.
Vorarh.
Apollo,
ma
1'
sia pregreco.
idolo in
forma
di pilastro fa qui
pensare che
il
rituale
ODO
(App. Pian.
XVI
230) avverte
ma
Leonida
(1).
Taranto
di
il
si
si
che solo
le
passa
coronata
io rinfresco
tutt'
sete, conforta
di
tornano in
stessi particolari
di
zefiri,
(1)
(2)
cui
A P IX
lo stesso
ma
gli
contempora-
un bosco verdeg-
del sole
7^''po(xov.
quadro,
ma
con
aXxap
tz'jx-.vv
ott.-
abI)ondiiiiz:i
5'
Xao;
o'''|y]c
xal
minore di
un seggio pastorale
notfisvta Tiixut.
il
manoscritto
fiamma
X'f^Xtd-xo'/, Z.f^-jpoi'j'.v
Descrivono
particolari,
ai
il
trova
si
che
13,
attribuisce, oltre
neo
APX
(cfr. sojra p.
'^'A'y) ?
11
oppure
presso
greio ha ~p
x'.va
550
Qui
risentiamo
il
te
flagrantis
nominata
in fine di
di
grave
membra
alle
, finisce:
mes
toc.
della via
O'ixig,
svov oh cpuYvts;
Ticop'.voO
/.jv;
aaO-ixa,
(I).
di
pure
poeti
ornano
ellenistici
loro fonti di
le
pini,
di
si
pu menare
in
campagna
quo
amant ramis? (H
pinu
iacentes (II
dere che
qualcuno
i
egli nel
di questi
Poich
riscontri.
oppure sub
3, 9),
11,
13).
E non
neppur necessario
cre-
N mancano
altre differenze
(1)
A me
gli
:
epigrammatisti esaltano.
gli
epigrammi dell'Anto-
la
mano che
lia scritto
l'
in-
App.
viandante
il
al riposo
il
quadro
simile,
5'
che
Tiovxi ^tiO-su.
Si direbbe
come spesso
./
un
vito che
dante,
dio o
pi raramente,
sia,
il
uomini
agli
Gli epigrammisti
in
zio
pecari vago.
Ora-
invece compone
ticolari,
che
fine,
questa
ecfrastici,
fini
et
par-
come
sono, da pro-
l'altro
molto a
messe
dinanzi
ai
rilento, intramezzati,
compongono
Un
inno egli ha voluto scrivere, come mostra la paronomasia del te, che dell' inno contrassegno esterno
:
inficiei tibi...; te
praebes;
bile....
fies
d a noi l'impressione
di
in
Ma
nell'
pu
gramma
Il
148).
infatti
celebre
le
primo epigramma
di Teocrito dice
Muse
per
te,
che
il
lauri
li
per
dalle
la roccia delfica;
or rode l'ultimo
(1)
quei
insanguiner
il
la
vi
che
Se Teocrito facesse
ramo
di
briicar' al
x ^lx
pistacchio
>
suo capro
pistacchio, piTih
il
fosse usata
(1):
come incenso
xa O(^ooozvxy.
'aol:
a xaxaTi'Jxvo;
'EXixo^viaiv
xal
ETiel
O'jxoi;
x:v.
XcTa:
ll'jih
5' yl\iylt'.
[ia)|Jiv
xa;
Ila'.v,
y.cf a;
carmi
sf-TiuA/.o;
cy/^vai
|Jie|jicpuXo'.
AeX'f l?
xpyoc
ambedue
sx'.va
In
vegetali
le offerte
in
torni l'espressione:
l'altare, l'altra
ficiet
le
capro insanguiner
il
acque
nam
5' a:[ji^t,
(^a)|jLv
l'una volta
gelidos
in-
pietre.
Il
cor bruca
conservati nell'Antologia o su
un cespuglio
ma
La
la-
sentimento, misto di
et
rivali
venerem
et
invano;
cui
proelia destinai.
nel culto, non saprei dire. Il sacritcio di certi animali spesso ri-
242
(2)
Capretti e agnelli
3, 18) in
ceae
sono
offerti
alle
Ninfe gi nell'Odissea,
modo che
immolano
corso di acqua.
il
sangue
coli
nelP acqua
alcune
al
fiume {Anah. IV
di
Myun
559
che non
del bell'animale,
rilevato in Orazio,
glio
gli servir
anche
l'epigramma fu
evidente
Teocrito.
in
Orazio ha con
rica.
l'epigramma
La
I
Fauno
festa campestre di
(ITI
18).
gH
Olimpii,
il dio
Pane, con il quale essi si
permettono famigliarit di ogni genere, sino a ingiuriarlo
e minacciarlo, se non esaudisca la loro preghiera, cosi
come popolane di Napoli fanno ora con santi pi moderni. Neil' idillio VII Simichida (v, 103 sgg.) augura al
dio che, se egli conceda ad Arato la grazia di condurgli tra le braccia il suo amore, i fanciulli Arcadi non
altrettanto vicino a s
picchino la
gli
scoliasti
ci
danno
notizia
tutto
il
di cui
corpo dalle
rito
non esaudisca
per
se invece
l'
un poco, ma in tal modo che lo si riconosca sotto la maschera, non ha ragione di affettare troppa piet conmandriani del primo
tadinesca e pastorale ma anche
subito in
idillio trattano Pane quasi come uno di loro
i
principio
canto,
(1)
il
bovaro promette
un dono
Textgeschichtc
al
capraio, ricompensa
dei'
inkoliker 120.
che avr
il
del
dio.
500
(iiiesLi pastori, appunto perch Pan sempre preanche perch'egli pu ogni momento mescolarsi
nella loro vita, Io temono l)en pi che gli altri di, e si
guardano bene dallo stuzzicare la sua ira. Verso mezzogiorno, nell'ora che d'estate la pi silenziosa, Pan, stanco
Ben lo sa il
della caccia, si riposa. Guai a disturbarlo
capraio e risponde al bovaro che suoni e canti verso
Eppure
sente,
quell'ora sono
pericolosi
iroso
Del pari
naturale
Pan
e facilmente
gli
(1).
del paesaggio
avevano educato
leggendo
Bucolici,
il
senso
ogniqual-
campagna
il
bio
di
mano
tutto
il
mondo
Pan
il
nome con
questo
vaticini
chi
caratteri
l'
inter-
man
arcade, conquistato
Roma. Ma
greco, giungesse a
nel-
l'et
il
Fauno
italico
devozione per
Fauno
il
pastori di
il
Man-
all'altro di cantare e
per superare
il
modello.
il
dio e
pastori, caricando
decemhres non
accorgessero
si
5()1
di
mescolar con
lui
nel rap-
un dio arcade ma
parola praesens ricorda un concetto che
mente
presentarselo alla
in Virgilio la
la figura di
del
uapo'ja.'a
l'unione di
divinit greche,
pi consueta di
Orazio
abbiamo
sa,
detto,
lupi,
che
appena
suoi
le
le
le valli e
di
una
misteriosa
fistola
nec
viridis
que dulci,
Ttjndari,
personiiere saxa
(I
giunge or no, di
presente. Questo
tardo, che certo
sa quanto a chi
fistula valles et
17, 8 sgg.).
una zampogna
Fauno
non ha
il
Usticae cubantis
levia
Pan greco
letto Orazio,
sa quanti carmi
un
novelliere
ma ha
attinto chi
bucolici
ora
perduti,
(1)
V. Hopni
Mi
p.
179
sjr<>-.
si
di
562
Olimpia,
attico,
e in quello
6),
Strabene
(1):
le
noi
non
si
allegorie,
solite
come solevano
di
fare ogni-
inseguite
della
terra,
quali
delle
il
detto altrove
il
dio
solito
il
di
Longo
o l'altra
si
trova
molestare
le
Dryadi e
di
dar
prega
Pan, che corre all'impazzata per monti dietro alle Ninfe,
di badare a moderar la corsa quando passa per il podere del poeta, e di rimaner lontano dai capretti teneri:
i
questo significano
(1) I
il
le
parole
confronto pare a
me
manca vino
al cratere
il
Gkuppe,
favorisca
1'
Griech. Mijth.
ti.
EtUgionsg. 1396;
Veneris sodali
che mesciamo
vina craterae
in
passo di Pausania.
onore
di
vuol dire
Pan
Kiessling-
amator,
meos
jjer
finis et
563
credenza
la
mente
che
armenti
gli
dimagrino
Pan
misteriosa-
Fauno
di
o di
Silvano
in
come
mandrie.
Ma
un'altra credenza
suo piede
morranno. Qui
consumeranno
si
Pan
corsa di
la
Greci
tutt'uno
non
antichi
schi e forre
di
essi
la caccia
meno che
si
con
agli
man mano
la strofa oraziana
mugghiare
Artemide o
di
Hecate, cos
di
il
come
passo,
com'esse,
tali;
KoscnKH,
(1)
Abhandl. XX',
(3).
s;^>;..
N
70.
72 sgg.
(2)
(.3)
''M
il
XXV
1870,
le
vette scuotendo
1'
arco
tremano
punto Diana
''M).
(v.
gi per Teocrito
col p.
;
1'
di>llo
dinanzi a
fiere,
rabbri-
vedono nel demone meridiano apPan , per cos, dire demone meridiano
Cristiani
il
10,
t-
assai
simile
interpretazione che Kiessling-Hcinzc danno del jiasso di Orazio, ])are a me troppo vaga.
al 27. L'
si
una
festa
564
il
carme
di
cui
vento, pi
il
mille rumori
miste-
riosi (1).
momento
sguardo,
lo
sulla caccia
come
si
sel-
suol dalle
Fauno, non
podere nelle tue corse sfrenate, tienti lontano dai miei capretti, se noi festeggiamo il giorno tuo secondo il rito . La vetus ara, il santuario campestre s' incontra a ogni passo, in forme svariate, ma tutte semplici, tutte
mi rovinare
il
romantico per
amore un
po'
la lettera
dell'
araator della
le
campagna all'amatore
della
citt,
49).
sembrano
rea di
gioire di calpestare
olandesi di paesaggio.
il
paesaggio
idillico
con
affanno,
Appunto
ricorda
pittori
quadretti
che riscoprirono
collo-
Natura morta
e animali sono
sentiti in questo
(2)
V. sopra p.
ii35.
ma
canza,
perfino le
565
romano
Lupercus,
appunto quello
e
la festa dei
Il
Fauno
di tener
lontano
Lupercalia, che
il
tempi tardi. Ma, come narra Eliano (/*. a. XL 6), nei monti
di Arcadia era una grotta sacra a Pan, dentro la quale
le greggi avevano rifugio sicuro dai lupi, che non osa-
rispetto al dio.
LA RELIGIONE.
mano
religione.
Non
si
storia e ricondurre
di
Roma.
spiriti
di
illuso
sia
le
la
poter
contem-
divinit ve-
pi tra quegli
sempre; n
la
ri-
dei moderni.
lette
Le
soltanto
da persone
colte,
di
ingenua
fede
il
56()
utiicainente ogni
n per
la
che, applicando
principi
minare l'essenza
di
ogni
dio.
il
simbolismo,
voleva ravvisare
stoici,
che doveva
negli
illu-
sulle quali
numerosa, di divinit
non era potuto giungere a risultati sicuri,
di
confessava
un' intera
incerti,
in
modo che
certo
il
suo
libro,
se la morte
tempo, avrebbe riformato anche
la religione, a C. Cesare, era opera di ricerca, non di fede,
intesa a esporre il passato, non ad agire nel presente.
Augusto, debole
di
il
anche
la
comuni appunto
in capitani e
oscuramente in se
un qualche cosa di irrazionale, che trascende la
natura umana, s'immaginano, senza confessarselo chiaramente, che cielo e terra partecipino alle vicende della
loro vita. N su questa fiducia di Augusto nei presagi
filosofi che egli si era scelti
avranno trovato a ridire
a consiglieri, ascritti alla Stoa, quantunque certo, come
grandi, in persone le quali, sentendo
stesse
(1)
ma-
nel cap. 90; della sua fiducia iu tiomnia e omina nei due capitoli seguenti. Nell'autobiografia di Augusto
frammenti 4 e 5 Peter
a essa risale
la narrazione dei miracoli che annunciarono e accompagnarono la sua
nascita secondo Dione XLV e Svetonio 94 (Blumexthal, jriencr
Siudien,
XXXV,
1913. 122)
567
suoi
Theone
Dionysio
figliuoli
(1)
la
Areio Didymo
Athenodoro,
Nicnore,
poli,
una
egli
come Varrone
il
mare
Au-
della vita.
stesso.
7
(fr.
pi vera, la theolof/iapJu/sica,
cos, la religione
gurata, doveva,
di
che qualsiasi
piti
legami. In fondo
Varrone
mezzo
cuore
al
altra,
restringere quei
54 a, 55), che, poich gli di veri ne accetne si commuovono per preci, il filosofo, se
toccasse a lui di fondare una citt nuova, dovrebbe or-
tano
(fr.
sacrifici
dinare
il
culto a
perch egli
si
norma
di
natura, cio
di
verit,
di
uno
ma
stato
volgo
la
il
mezzo a una generazione romantica, avr senuna certa vaga simpatia per la religione romana,
perch essa era stata parte di un mondo che tutti sospiravano scomparso e si illudevano forse di poter risuscitare. Ma anche quest'afi^'etto, se vi fu, non aggiunse molto
sciuto in
tito
Un
(1)
riformatore
Le notizie su
che
essi
ragioni
sono raccolte
cosi
<ial
freddamente,
non
568
corre molto rischio di lasciarsi trascinare a inseguire chimere. Augusto ne tent di riportare la religione romana
alle sue origini, n cerc di liberarla da quei moltissimi
avevano coperto
ma
lungo volger
tutt' intorno
in questo stesso
nucleo
si
non solo
secoli
di
il
una cosa sola. Egli si content dall'un canto di porre argine a culti orientali, che,
adoprati abilmente da innovatori
tuto traviare
spirito pubblico
lo
si
politici,
;
dall'altro
blica.
gli ultimi decenni della repubSvetonio (Aug. 31) asserisce che egli nonnulla ex
moderni sogliono attribuire grande valore a questa testimonianza, senza chiedersi quando mai codesti riti si fossero perduti. Se si esaminano gli esempi recati da Svesi vede
chiaro che quelle cerimonie erano
omesse solo negli ultimi venticinqu'anni o meno,
che solo un sacerdozio non era stato pi coperto sino
tonio stesso,
state
dall'et sillana.
Il
da quando
flamonium Diale
rimase
L. Cornelio
ucciso nel tempio del suo dio per isfuggire alla crudelt
di Cinna e Mario vincitori, sino all' 11 a. C. (1)
le osservanze sacrali, che inceppavano la vita del flamen s da
allontanarlo dalla societ, rendevano poco ghiotto quel
:
ancora
Ma
consolato di Cicerone, 63
(2).
Quanto
al
sacrum Liipercale,
nel quale
(1)
(2)
il
Cic, De
il
compimento
LI 20.
569
Quanto
ai ludi Comjntalicii,
trasformandoli,
Compitalia
popolazione
della
perch
cittadina;
il
peggior feccia
quelle organizzazioni
si
probabile
constiiiita.
Dione Cassio (L
Ottaviano, come
di
Bellona
riti
libri
compi
preliminari
contro Cleopatra.
i
4, 5)
feziale,
Ma
nel tempio
egli stesso
alla dichiarazione di
guerra
al
de lingua latina
minac-
etiam mine
ft
foedus.
ancora pubblicati
nel
qui
libri sulla
mitfeba>ifur, an-
his
res repeterent, et
per hos
che
collegi
ma
quest' opi-
che degli uni (V 85) dice qui sacra publica faciunt, parla
(1) Suet.
[2)
Oic,
Caes.
iid
Fi.
70, 2.
8,
e gli
da \Vi>>u\va,
/.'t7.
dai divitti.
di uccelli (1)
qualcosa
di
mostra
feziali
r>7()
solenf.
che
simile,
di
secondi
passo citato
II
dianzi sui
che
in
tra
passato e presente.
Quanto a
riti
Svetonio
stranieri
che
l'imperatore distingueva tra antichi e introdotti di fresco, in altre parole tra greci e orientali
iniziare
mente
ai
mentre
si
faceva
scrupolosa-
il
dalla discussione
di
deggiati di prediligere
ritus Achivus.
novensides
di origine
le
greca e
raccolte di
il
ora-
rivolgere contro di lu
la vittoria,
ma non
si
il
eppure la raccolta
messa insieme soltanto nel
andata a fuoco Si content
Sibillini
creduli,
di l'opposizione contro
ufficiale
di
non
ordinare
vi
che fossero
tolti
da esso
di
essi
76,
il
(2'
TI
12).
le
Le
ri-
Augusto avr
passi pericolosi.
libri
Palatino
qui lacunoso.
in ispecie
era
che fossero
(1) Il testo
era stata
altra
testimonianze di
difificolt
cfr.
cronologiche uOu
per accrescere
571
la
Ai
famigliare.
Si-
far
confermare
dei
commentari
mostrano che
(2)
furono
colo greco,
greci:
lettera ai quindecemviri a
S-solg
non gi
[jiiXc/''ot:,
prodigivas Achivo
Augusto
fare
a un ora-
ispirati
esorta nella
11)
(r.
offerte
milkhes,
deis
ai
agli Inferi;
ritu alle
invoca
riti,
Ilithjia
con
il
nome
suo
greco,
Ilithijia
con
la
Non
Terra mafer.
nie secolari
calcolare
il
ma
il
ellenistico,
la festa.
che pi
Come
cerimo-
rito delle
secolo
anima
cetto che
soltanto achivo
il
modo
importa,
il
di
con-
attesta Censorino in
una
humanae
tiqtiitates
di
Varrone
credenza dei
Romani, come gi
uomo
vivesse oltre
anni durasse
()
uso
se-
4i v
saeculum.
testo dell'oracolo
11
(1)
Zosiiuo II
il
deli'
nessun
Sibiiliniuric
ISIiilter.
133 8gg.
(2)
Adopro
epii/raphica,
32323
8<rg.
l'edizione
Vili 22
sjjg.
coninieiitata
;
le
del
Mommsi;n
iscrizioni sono
in Kpiiciniiii
ristampate
in
CIL VI
condo cui
secolo
il
opera pubblicata
comprende 110
nel 43,
Varrone
anni.
ripetesse
la
giungesse con
il
in
il
una
4
(fr.
si
ricon-
440 anni fanno quattro volte 110 anni, cio quattro dei
secoli augustei. La coincidenza non pu essere fortuita.
Perch dall'un canto gli antiquari, Livio, Verrio Fiacco,
lo stesso Varrone (1) sembrano aver sostenuto la durata
centenaria del secolo, cara ai padri romani e accettata
nelle feste secolari anteriori a quelle augustee, dall'altro
i
se
non
orientale
orientale,
abbiam
si
detto,
ma
forse
non errerebbe
uomo
(2).
non
si
come
respinse
Ma
il
pare
se pochi
avranno creduto
avvento
di
all'
eterno
Orientali
verosimile che
non desse fede ai
anzi
ma Romani
inclinavano a prestare
orecchio a
morte
mille
(3) Cfr.
le giuste
573
non era
vero,
quando dopo
la morte
44 apparve una cometa, dichiar che
quella segnava la fine del nono e il principio del decimo secolo, e che, mentre profetava che egli sarebbe
morto per aver rivelato contro i voleri degli di questo
arcano, cadde esanime {Interpol. Serv. in Bue. IX 47).
Ma si dovr riconoscere che all'aruspice non erano ignote
dottrine orientali, se si ripensa che pochissimi anni pi
di Cesare nell'anno
da profezie. Che
colori presi
un luogo celebre
di
Isaia
avevano
di Virgilio
combinato con
raccolto, sviluppato,
modo
simile a
(2). Ma, poich delle altre letterature greco-orientali di quell'era non ci rimane, si pu
dire, nulla, sarebbe troppo audace asserire che Virgilio
quello tenuto
abbia porto
Giudea
I,
(3).
nell'ecloga
1' orecchio
a voci che veniv^ano appunto di
Questa era un paese povero e fuori mano, e
(1)
A me
(2)
Le prove souo
raccolte dal
iiu
Makx,
articolo iiuportauto
tir
JS'.
prncm.
et
poen. 18.
.Jahrb. f.
d.
kl.
Alt.,
ihi<.
di grande momento.
(3) Lo ha pensato
narra Giuseppe Flavio
il
(uiit.
iitii.
XIV
1588),
(p. 121
lu a
Roma
nel
4(i
durante
il
la
il
quale anche
(XV
suoi
tigli
da
il
Ma
il
regolo che
propaganda
di
profe/ir.
l'arti
avevano
Roma ben
altro
la
Roma
con
quel
di
la terra
574
pi
ricca
mondo
civile del
intensi
ellenistico,
Roma
tempo vive
come mostrano
in tutto
isti-
tuiti in
Bucoliche, secondo
il
noi
delle
non
probabile
altri
cos.
si
comune
umana,
cio
cett che
redentore del
Romani
Egli eredit
mondo
(2)
della vita
una
un tempio comune a
lui
(1)
e alla
si
gli
imperatori dal 48
a.
Roma
ai
i^ssv
CIG
La sua
2957, che
sTiicpav^
e le altre testimonianze
2.
erigesse in
di esser
(2) Cfr.
si
xal
lo
/to'.vv
raccolte da
onora
xo
discen-
vS'pcoTtivo'j
Hubert Heixex^
C. al 14 d. C. rende
buoni servigi.
XLIV
(Dio
6,
4).
Cesare
di
XVI
575
di
15, 3),
un giorno l'immortalit;
conseguire
non un
dio, se
Fin dalla
venerato tale;
qualvolta
le
un
quale altro
pi
tardi
ogni-
rotta. S'
diritto
giovinezza sua
guardingo qual
se,
nei
era,
dio redentore
il
divenire
di
prima
agli onori
aspirare
rivendica a se
ei
non
gli
mut mai
che con
gli Orientali,
ma non
vero che
Egli (Dio
cices.
pi con
LUI
Greci^
egli
ad Agrippa
il
liare
L' inserzione
nome
del
litanie,
del
sovrano nelle
teosi.
anni
soltanto
Paflagoni
giuravano fedelt a
Ora
ma
a.
(1)
il
C, imporre che
/.Ve.
(.
cittadini
in
nome
Augusto
il
(1).
osato, rinnovando
12
ma
lui nel
moda vedere
di
pubblica,
tardi, nel 3 a.
pi
f:t.
(jr.,
fece nel
XIV,
IJIOI,
US.
r.
!>.
57()
due Lari si venerasse il suo Genio (1); nessun cittadino avrebbe mai osato, com'egli fece assumendo il
pontificato in quello stesso anno, fondare una cappella di
oltre
Non
si
il
la
domus
jopuli
padre ucciso,
ch
ita
per-
sero
Augusto accett
la
le
mondo
si
sarebbe
un possente sceso
di cielo
credenza che
ma
ha mai.
il
istaurare
il
(1) Ovid.,
4.a
Fasi.
epigrafiche raccolte
145, Horat.
da Wissowa,
161.
e.
Bel.,
IV
172
5,
:
34,
la
le
testimonianze
pi antica illustrata
o/
/
mmn
proxi-
romani ex minimo maximum reddidisL'alunno della Stoa ha coltivato il culto degli eroi,
li
ha emulati sino a
sentirsi
dio.
Per
la
Stoa, anche
il
mezza strada tra l'umanit e la divinit secondo Crisippo r anima di esso sopravviver al corpo,
finch questo mondo non perir consumato dalle fiamme
per dar posto a un altro.
Si suole generalmente asserire che Augusto caldeggiasse culti greci e rito greco solo finche non pot af quasi a
finch nel 12
a.
C.
il
finalmente a morte.
pontefice
La
spiegazione pare
me
insuffi-
a incitarlo a togliere
15),
il
culti
LIV
romani
(1) I
37
Mommskn,
res tjestae*,
ji.
4r>.
so
578
la
cipe e di
sono pi profonde
simboli parlava
cerimonie romane
achivo con
rito
il
suo apparato di
il
ai
concezioni greche ed
le
molte magi-
le
strature esercitate
idee religiose
bisogno di adorare
moderni che
ai
dei padri
le
troppo
cittadino sentiva
il
ellenistiche
non
la personalit eroica,
ignota
il
urbe
all'
Augusto, come
nel determinare
il
Ambedue
erano
quale
nella
Virgilio,
il
si
stati
mezzi della
gli spiriti pi
nuova.
mano
decima
(1):
medesima raccolta che pure contiene la promessa messianica, aveva posto in bocca al Sileno una cosmogonia
epicurea, ancora nelle Georgiche
chi;
(Il
apprendendo
le
490) celebra
beato
ragioni dell'essere,
xaia^as:?
?g
nuova,
delle
solite
dispensabili nei
tomba
Roma
non gi una
poemi
epici,
ma una
descrizione dell'oltre-
giante Posidonio
(2),
le
quali furono in
voga
in
Roma
loro
nomi
del
XoiOKX
al
suo commento.
l'introduzione
mondo
nel
tempo
in quel
579
sup-
si
il
Inferi,
cantato
che
cui
Omero
X'j|j.a
si
(t
562
spargono
IXecpaipovxac (1).
sgg.),
ma
xpaivouaiv,
per
il
passano
per quella
mondo
avorio, eXI-^ac,
di
da
ingannevoli, che
sogni
re-
uomo
pensieri
di proprio
fi
sy^O'jax
xwv ev "A:oo'j
t^o'klt.
sOajjS'.av
jx-j-
a'j[Xjjx-a'.
la descri-
Hade, pur essendo di contenuto invenporta grande vantaggio gli uomini quanto a piet
zione favolosa
tato,
suo
al
Tol; v8'pw~o:;
per ci appunto
tempo fedelmente,
volgare che
comuni
dell'
e giustizia .
Orazio non ha
mai
rinnegato
(1)
sua
la
11
i
Xoudex
fede giovanile
massima epicureo
egli era in
(p.
il luogo viene a diro che Enea torn alle cure viprima di quell'ora. Ma, se il poeta avesse voluto esprimer quenon si sarebbe indugiato tanto sulla materia dello duo porto o
mezzanotte, tutto
tali
sto,
d;\
passaggio; se
si
do-
lettore, che,
in latino,
non
si
fa
f2)
Il
menzione.
passo citato dal Noudkn, a
i>.
:>.
580
Ma
opposte, dei
filosofi ellenistici
all'etica spicciola.
si
libro delle
Orazio
si
allontana-
in filosofia
dichiara
primo
un
il
nulliiis
tende far professione non gi di originalit, ma di eclettismo. I versi seguenti mene aglis fio et mersor cioilibus undis, virtutis
fiirtim praecepta
gere conor
la
mostrano che
egli
mine
in Aristippi
non me rebus
uomo
siihiun-
sul serio
leggere trattati
di
finisce esaltando
e tutti
il
onde
meno quando
tormentato
dal catarro.
si
di
le
sfumature,
tasticato
Edmondo Courbaud
(1).
di epicureo
di filosofico,
ma
si
ricollegano con
una
anche
(1)
le
Horace: sa
rie et sa pense
a l'epoque des
piires.
Parigi, 1914.
581
quali
si
voli,
ree
Ma
(1).
che nella
il
lirica
insegnava a Orazio
stile
di quella scuola.
quale
si
ragiona
Orazio, pur
di
momento
un momento, che
di filosofia nelle
Liricamente egli
con-
che
mostra
Epistole,
le
tono nel
il
lasciar traccie.
senza
tanto pi riguardosi
si
crescevan
di
le
169,
numero,
tendenze
e le
(fr.
(fr.
264)
come non
tradizionali e
venerare
gli
dozi e magistrature
di
seguaci romani
rifiutavano di
sacrali, cosi
gli
dottrina,
nelle
forme
difficolt
sacer-
di
s'ingegnavano perfino
la filosofa la religione
poteva
della
voleva
far
popolare,
proseUti,
Ma
sta.
dico
[1]
terzo capitolo.
l'artista
degli
il
altri,
ha
doveva
il
risentire per
Ma
in cuore.
altri
582
riuscir
momento
ini
a Orazio
difficile,
perch
che
non
se
per
epicureo, era
egli,
suoi maestri,
ci
religione
in
sentir la
come
si
vede
qualcosa
del vecchio
Di pi,
da giovane, facendo getto
lui.
fondamentali della
di principi
O-c [jcwaa;,
aveva
abbandonato la quiete dei giardini ateniesi (1) per impugnare le armi in difesa della libert, cos nell'et sua
virile, riconciliato con l'Augusto, scorgendo l'unico scampo
della civilt e della romanit nel governo personale ed
amministrativo, di cui la pietas era parte cospicua e principale sostegno, cant la religione con simpatia piena.
Ma
lui e per la sua poesia che Auforme del culto greco, che non tenrisuscitare una religione morta per sempre,
ventura per
fu
gusto prediligesse
tasse n di
le
ne di sbandire concezioni ellenistiche radicate profondamente negli spiriti. Gli di pi cari ad Augusto erano i
pi famigliari a Orazio dall' et sua prima
Diana aveva
marmo
omaggio
(1) Il
non
la
al
li
aveva
sentendo
nume
Philippson
(pp. 80-82)
e,
uomo
ha sostenuto che
antico,
non
egli iu quegli
anni
che egli
narra
(epist.
II 2, 45) di
Apollo e
di
e bronzo,
volgendo
carmi greci,
Romani,
ma
egli
ed vero
inter silvas
avr seguito
nelle satire pi
antiche
si
583
persona
divina
veva
Le
sentire nell'ispirazione.
come
rivolge;
lasciano
il
moderni
freddi noi
ma
Roma
fu introdotto in
nome
gusta dal
aveva
mondo
il
{Cresph.
retto dal
a. C.
in istorici
rapido decadere
cenno della
il
ma
la
a
fr.
lei
Au-
dea Eirene
in
tica (1)
leggendo
sorgere e del pi
si
il
in
At-
453)
(2)
con
Eunomia
le sorelle
e Dice, figlie
Themis,
1'
il
nano
Fede
in terra la
lungo trascurata.
Virt cosi a
Con la Pace
Pudore prisco
di Cefisodoto.
e l'Onore e
il
culto
Il
della
tor-
e la
PudicUia,
attico
(1)
Dkubxer
in
RoscHEUS
secolo.
(2) Cfr.
(3) Il
secondo
>
3."));
giii
Ore!.
Demostene,
li
dove
(jt
che presso tutti gli uomini hanno altari Dice od Eunomia e AiSc,
penser, anche a un culto patrio, tanto pi cht< quest'ultimo ^ menzio-
nato anche da
carme
tori del
a scuola (Op.
584
si
et
si
narrava che
al prin-
mondo,
erano rifugiati in
si
Roma sin da et abnon fu onorata, a quanto sappiamo, di culto pubblico in paese greco, se non in tempo
romano nell'Asia Minore (2). Ma Simonide (fr. 58) aveva
cantato la dea che non si rivela al mortale se egli non
coppiata con VHonor, venerata in
bastanza antica
(1), 'Apsxrj
giunge, faticando,
al
sommo
che pi importa,
presentata
pittori e scultori
l'aveva dipinta
figlio di
Pausia, Aristolao
scolpito
pu disporre
di se, del
Atene;
Nella tradizione
(3).
sovrano
di
civile, di militare
morisse. Ci
Euphranore aveva
e Hellas
il
lei
carme
Egitto
quale era
secolare, diviene
Ma
la
ricorda
1'
'Apsx/] di
inaccessibili.
Iqxic,
(2)
(cfr.
Deubxeu
2074). Si consideri
in
tuttavia che
non
si
(XXXV
Greci
non lianno
parole di Plinio
solo
uno
nel
le
carme
Fortuna
della
la
(prov. II
consacrarono un santuario
Roma
culto di Fides in
il
romano, Dlogeniano
Invece
585
descrive
la
mano
antichissimo
velata
cosi coperta
romano. Conforme
si
(1).
Orazio
bianco
di
sacrifica a lei
romano la fa
Pure una relazione tra Xliax:? ed 'EItzc. non ignota neppure all'antica poesia greca. Secondo Teognide (v. 1135 sgg.), che
fonde qui a suo libero arbitrio due diverse favole esiodee, esse furono un giorno compagne sulla terra, dalla
quale poi la Fede, gran dea, e Sophrosyne e le Grazie
secondo
il
rito
compagna
al
rito
della Fortuna.
Romani
ma
culto greco;
antichi, 'EXro^
manca parimenti
nel
(AP IX
gendo
le
Con quasi
di
sici
che
ellenistici.
Quelle
paiono cosi
mano educato
il
suo
Ad
soffio
all'arte greca, la
quale
il
in esse
poeta roinfondeva
vitale.
la pi difficile a risentire,
seguace
di
uomo
incar-
di letture ellenistiche
altri
mai.
Le
(1)
Delo
le ^
<li
a. C.
da conipitalisti,
me
meno
nerazione n tanto
gli
586
intermundi sereni
gioso che
non pu
affetto per
ma
sentimento
riversa quel
ogni
sentire n ve-
reli-
spesso senza
])orta,
il
mondo
non poteva
del suo amore per l'uomo la
amare
cui parola
aveva abbattuto
le
si
il
fuit,
ille
si
son conquistati
chi
il
da uomini
sono trasformati
si
al
ha trasportato
mondo
in di.
la
Chi
la vita dalla
tempesta e dalle
popoli di Oriente
uma-
di loro,
avevano venerato
dii
presenti
loro sovrani,
flato di
ellenistico coltivano
personalit
gi
il
due re, Aristotele, professava apertauno stato uno sopravanzasse gli altri
non
fosse neppur possibile il confronto,
virt
che
per
s
quest'uno dovrebbe non gi essere sbandito, come soglion
fare le citt rette a popolo con i cittadini loro migliori,
ma riconosciuto pari a un dio tra gli uomini, sciolto da
ogni legge e ubbidito (1). Il tono amaro, qua e l quasi
ironico, nel quale Aristotele espone il suo pensiero circondandolo di cautele e di restrizioni, mostra che egli
in fondo al suo cuore non credeva che in terra civile,
cio in paese greco, quest' ideale potesse mai essere inal confine tra le
mente
che,
carnato.
Ma
(1) Polif.
se in
gli Stoici
Ili
chiamano
1284 a 3 sgg.
1288 a 15 sgg.
o cautela
divino
conforme
de div. II
Cic.
savio
loro
il
587
alio spirito
ogni
adora la natura
si
non
da
sbigottito
pericoli,
si
venerer
intatto
da cupiguarda
uomini dall'alto,
gli di
da pari a pari?
(1),
impiegati, soldati,
tutto
coloni greci
popolo greco
il
(2).
Pure esso
giorno
tutto.
filosofia, si
dell' Egitto,
ma
forse di
aveva,
il
Ma Augusto
pot sembrare
ai
pratica
contemporanei, se
Aristotele, che
di
cio alla
ca-
Magno
epicurea per
il
beneficando
(1)
in
gli
Da Epicuro
uomini
come Ercole
il
buon grado
di
il
la
cittadino che,
Dioniso,
^li
si
era
uoiiiini
])rianu'nti' detta,
sopra
p.
ll'O.
(irocia pio-
sollevato da terra in cielo
Lucrezio
niso
di
sopra
(p.
proprio con
Ercole
Dio-
sgg.,
21 sgg.). Orazio
forme
588
si
,3aaiX'.x
alle
|xXr^
nuovo.
1.
(I
35)
il
(I 34).
Fortuna, tu
a noi salvo Cesare, che sta per
portar guerra nella lontana Britannia, e i giovani che
partono per l'Oriente, desiderosi di assoggettare a Roma
Il
sei
grande
restituisci
guerre
civili,
no
essi
rifoggia tu
incudine nuova
su
Roma .
mici di
terris
stesso
lo
stesso
il
contrasto tra
arieggia
le
il
I 2,
lam
safis
due generazioni,
i
il
ne-
lo
nuova, immune, per sua felicit, da tali colpe. In ambedue i carmi ricorre, quantunque rigirata in maniera al-
parentum rara
melius perirent,
iuventiis.
civis acuisse
audiet pugnas
bro del poeta, non appena egli ha confessato con amarezza la colpa comune, si incalzano brevi domande angosciose. Tutt'e due
presente
mozione
sincera,
si
com-
sapevole
589
un tema frequente nella sua lirica in modo a lui consueto, quantunque con qualche novit di particolari. Pi
alla Fortuna, che
occupa sette delle dieci strofe del carme (1).
Erra chi, solo perch quest' ode principia
diva gratum quae regis Antium, la intitola Alla Fortuna di Anzio
scrittori e iscrizioni votive mostrano concordi che
in quello che era stato un giorno il porto dei liberi Volsci e divenne durante l' Impero la villeggiatura marina
forse pi in
si
voga
adorava non
tra
il
soltanto
una Fortuna
monete romane,
due profili
un diadema, coperto
capo
un elmo
di
(2).
Augusta
Ma
rimpicciolisce
chiama
carme
il
meno incautamente,
o,
altra
1'
del pari
Inno alla
il
Fortuna
che
asserisce
il
connella
gina della
precorso culti e
(1)
riti
da un
poeti di questa et
pubblico col-
hanno talvolta
Sul congiuugimeuto
doli'
inno
con
la
preghiera,
frequente
WissowA,
Religione, 259
troppo;
rUsKNKU
{h'k.
due monete
la rp.
Mm., LVIII,
di Q. Kustio
sono
ri-
riprodotto
manca rattributo
dell' clnu).
(3)
clie
Hkinkn,
molti altri.
Naturalmente
Pompei ne saranno
poco nicn
stati edificati
590
come credono
probabile che,
vantando
la
che
il
trono di
(3).
commentatori, Orazio,
de gradii
tollere
lettori
come Augusto
|3aa''Xta,
mortale cor-
pensino al
Roma
figlio della
e dette
alla citt
che mortale
cor-
quantunque non voglia dir altro che mortalem hominem, ha in s una sfumatura che conviene, meglio che
a ogni altro, a un servo (4), e ciascun Romano aveva
pus,
Fortuna fossero
gli
innumerevoli
attribuiti a Servio
Tullio
(5),
grato alla
invocavano gi
come prova
Come
la dedica
CI 2693
uno schiavo
229, 61. I
b.
a&\xoi.
/Spstov yjvai-
una schiava,
cos
rola di uomini
non
liberi o che
qui
libernm corpus in
<jr.
Romani
ai
sul)
noxiorumque
servitniem
addixissei
corona rendidit
corporihus
amor
la libert
;
22,
Plin., paneg. 33
laudis et cupido
591
lo
aveva sollevato di basso grado. Ma gli
commentatori suppongono, credo con altrettanta
dea
che
stessi
leggere
parole seguenti
le
vel superbos
pora
teri,
ma
lei
mobili case
cuore
ansioso
del
preghiera popoli
la
fieri
contadino povero
il
in-
Latini ai Daci e
l'
avido
mercante.
Questa dea
si
dea che
Fortuna
concezione
stabilis,
poeti
virilis,
dux redux,
una
muliebrs
si
le famiglie, gli
rata
contrassegnati
aspetti
proprio. Fortuna
2)t'ivata, equestris,
respiciens brevis,
la
nome
seguito del
il
la
le genti,
vogliono per
s.
Ma
le
di
vidende
vano
di
nuovo
di
Uiodoro,
(1)
Sulla
del KoiiDK,
fatti
concozioiie clhMiistica
Roman,
27()
sfjg.
di
ciuelT et
non
da quegli
e pensieri
scritti
il
potere oc-
le
lidio pajjino
592
merito,
1'
umano
disputa
pexr^,
il
che,
Roma.
ha voluto comporre un carme romano,
non pu essere infatti riduzione o traduzione di una poesia ellenistica. L'ode prende le mosse
da un antico culto latino; e accenna subito nella prima
strofa a un re e a un capitano romano che furono esempio
Certo, Orazio
e la sua
cospicuo del
potere della
Fortuna.
Non
saprei dire se
corpus Orazio
Ennio {ami.
sia
si
rammentato
di
un passo
del
romano
(III 1035), in
il concetto, per
dir cos, complementare espresso
con parole simili: mortalem summtim Fortuna repente reddidit esumino regno ut famid infmus esset. Dall' un canto
il pensiero che la Fortuna fa scambiar posto alle cose pi
alte con le pi basse comune (2), perch implicito nella
concezione della dea e qual cosa pi sublime che un
re, quale
pi vile, per gli antichi, che un servo? Dall'altro mortalis per uomo, quantunque con sfumatura un
cui
(1) I
l'
commentatori
me
interpretano jraesens
= poiens,
ma
hanno
al-
ingrosso ragione
concetto che
mano appunto
u'4jov
Yj
Greci esprimono
con
Ti'.qpavyg
A
il
ira.favyjg
xaTtcvov
terra,
593
due carmi.
Ma
po' diversa
(1),
immagine
stiene
il
nio, e
il
regno,
si
grandezza,
la
vuole, per
dipingendola con
cos dire,
citare
il
ben altra
poeta antico
:
il
piedi
-a:av
greche,
nelle
strofe,
seguenti
congiunta in qualche
di
che non
Teognide, essa,
fu, del
Roma,
(1)
st.ibilit
(2)
I
mondo
potenza di
con un particolare
/ninni hifimuH',
ma
mortatm
iji
adorata dai
resto,
la
in. coiritipuinlfrulihc
niimiintin
il
pititto.sio
moilalim preaniniiu'iji
l'in-
della sorti-.
Kimjiiccolisfc
il
concotto
chi, coni'
Kii:ssi,in(;-1Ii.i.\/k,
ri-
V. indietro,
i>.
.S.".
un
monumento
appena destatasi
.i
iui>rario
riliellione.
del so-
594
Roma
riti
in
compagne
della
una dedica
di
Capua (CIL
saldo
3775).
(3),
La
for-
piombo
il
nuovo pi
^(ey6\i-^(a-cai
WissowA,
WissowA,
p.
133 sgg.
(2)
p.
330
(3)
'Avxyxa e
Ty^ot.
(1)
axT.'foc.
aipspXatac vauu-
Cf)r,XwiaL
Topw?
y<^I^"
2.
sono
ideutiticate
uell'
inno
del
papiro di
Berliuo.
(4)
5.
Cfr.
auclie
intorno
al
chiodo che, ficcato nel muro del tempio volsiniense della dea Xortia
o di quello
romano
di Giove, chiude
Koma
1'
anno o
il
secolo
Wissowa
"
epos oia\i-Zy.c,
papxto;
[XV:v
595
il
fermo
al
Greco
Il
y.y.-xtl
conviene soltanto
vie
il
sieme con
1'
'Av-f/.-^
greca,
la
Nemesi
qualche altra
il
ma
posteriore
Da
(4).
Orazio la Fortuna,
un esecutor
di
giustizia, concepita
La
(1)
Cos intende p.
(2)
Kiksslixg-Hkinzk danno
Qi)
(1)
PosxANSKi, ycmcsi
e.
1'
11)1(1
1'
interprctaziono giusta.
Atnmlcia,
't'2
iS-
:m
moda
era di
vano
tempo, la Stoa, quale almeno l'avePanezio e Posidonio, non immaginava alsuo discepolo fedele, Polibio, narra (XXIIl
in quel
ridotta
trimenti.
Un
Filippo di Macedonia
10
la Tr/y,,
tormentarono
riti
il
che
tutti gli
ma
si
giustizia
immanente
attraverso
lui Tu/j^
ai fatti storici;
il
:{jiapjxvrj
egli l'avrebbe
della
ed
le frasi
nome
:
-pvoia
un
che e non
suoi
come
libio,
lui
che
la F'ortuna giu-
(1)
dirige
il
mondo
un
fine,
:
v.
Hirzel,
2G9, 13 Arn.)
(Il p.
Didymo 465
sgg. Diels).
tanto verbale
Untersuchungen su Cicero II
La
Ty^yj, ideittitca
siiiapiJivyj
degli viomini.
fato e prov-
in
quanto essa
intelligenza
si macomune
mente
597
si
merita.
di
esprimere
Pohbio
nei poeti.
il
tando modelli
si
suo pensiero in
sforza,
modo
non felicemente,
poetico, cio
imi-
poetici.
capricciosa del
mondo
ma
italica,
la divinit
dire,
del Genio,
fine, colei
pii
insieme e ambiziosi
^l>
non
di rado,
WiSSOWA,
2()0.
lo
spirito
che non
si
fa-
(1).
nella certezza
avvicinava agli
598
parola
cita,
Lucrezio cavalli
e carro alato,
poeta
oggi
riflette
non
incredibile
ha rapito a
volo,
si
diverte ora
niere,
la
Fortuna che
su un
a posarlo
glielo
altro
innanzi
11
come
il
stesso
il
sue canzo-
praesens imo
tollere
quasi
ri-
pigliare
il
dei
sovrani e
T'jyy]
(1) Il
nelle arti
W. W. Jakger,
periodo pi tardo
dell'
della
Le auree
(fr.
imita
non pi
corale, scrisse
quanto
di
pi basso e di pi misero.
ali
alla
al
157 Nab.),
il
Orazio non
le
nomina
in Fortuna,
le ali
Fortuna
(1).
perch n egli n i lettori immaginavano mai la dea altrimenti: che altrove (III 29, 53) egli la rappresenta mentre celeres qtiatit
pennas e
si
libra a volo,
portando via
al
Se questa differenza di poco momento, l'altra si direbbe quasi non sussistere. Anche in I 35, come in I 34,
Orazio contempla la potenza della dea, pi che in qualsiasi altro specchio, nella storia
anche qui essa la
forza inaccessibile alla ragione umana, che presiede alle
vicende dei sovrani e dei regni. Poich l'unica strofa di
I 34, che ci mostra la dea, ce la presenta proprio tale,
possiamo pi facilmente scorgere in quest'ode che Orazio adotta un modo di concepire che ellenistico. Anche
Plutarco immagina, come Orazio, che essa porti in giro,
;
(1)
Lo U'stimonianzu
letterarie si trovann
l'
r.'iocolte
inno di IJerliuo.
iiell'
articolo
600
sulle ali da un popolo all'altro, il domimentre il poeta con il suo solito garbo
schiva di far della dea un facchino o una bestia da soma,
filosofo immagina l)izzarramente che essa porti in
il
giro addosso non la tiara, insegna del potere, ma addianche il popolo a cui essa dona di volta
rittura l'uomo
egli narra come Tr/r^, abbandonati
in volta la signoria
i
Persiani e gli Assiri, trascorsa in rapido volo la Mace-
trasportandolo
nio
soltanto,
donia,
un
giro
essa
pili
Alessandro, abbia
qua ora
in l,
sembra,
il
Cartaginesi
fatto
come
come
ali
e cal-
zari, qui per la prima volta sia discesa dalla palla infida
e volubile.
facendo
Petronio
allude
alla stessa
immaginazione,
porti contro la
presso
si
compiaccia
con tutto che essa (III 29, 49) sia saevo laeta neludum insolentem ludere pertinax, pure, come ritogliendo al savio quei beni esterni che gli ha concessi
non pi che in prestito, non gli nuoce, perch'egli si avvolge nella sua virt, cos anche nella storia essa opera
provvidenzialmente. Per ci appunto essa per gli Stoici
tiara,
gotio et
601
Zeus e
vunque volesse:
seguirebbe
li
il
volentieri,
jjl',
deus
et
divina ratio
seguita: quotiens
toti
voles,
nostrarum eompellare,
Tonantem
voca, fatum,
fortunam
rie utenfis
il
la
r*
omnia eiusdem
sua potestafe
et
dices et
rite
mando
(2).
dei
Identifica forse
Fortuna?
forse
il
tuonare a
oiel
T-V/rj
esercita
sullo cose
triiilucinido iiuci
(1) A buon dritto Seneca,
ha soppresso ITeTipwtJivyj.
(2) Lo Jiiger, che ha raccolto questi ])assi,
quello di Crisippo.
umano
versi iiell'opisf
si
il
107,
lasciato st'uujiire
Il
et
60->
infrerjuenS)
mondo grande
e ter-
riflet-
La contemplazione
et
insignem attenuai
la parola deus
Ma
con
[lv u'ic'^af^
axt'.ovj,
cosi
l'
filo-
inno
y,oC:
fondono
poich
parole che,
dall'altezza
tolte
Fortuna
alla
immagini
ma
il
poeta romano
yv
vi'^o;
u']>o;
che Esiodo
ix-^'.b-r,y,y.[>.h[oc
^iti^ocQ
11
pub-
(1)
Lo
Jiiger
role seguenti,
malamente
xaTs^w
[jlv
cita toOto
apa
mostrano che
f,v
Zau;,
Tuxy,
:
il
r,
T'jyy,
le
pa-
poich interrompe la
1(
La
603
purch tu non
Phidyle,
dimentichi
di inalzare
ai
ch tu bruci
in loro
sacrifichi tutt'al pi
campo
onore incenso,
una
offri loro le
primizie,
il
e le tue greggi
desta
di
mano
un innocente,
farro e grani
riesce ai
di sale,
Secondo
interpreti
gli
quest'odicina
tale
rispecchierebbe
mana. In
molto
quest' osservazione
rappresenta qui
le
veramente
suo tempo.
al
di
Orazio
vero.
proprie
tini
piccole
y,ptus
il
nome
tato
servi
venuti
di
anche
il
bisogno di
in citt
sono celebrate
non ha in citt,
campagna segua
clie
1'
io
le feste
altrt'.
il
dove
compUum
in
come costumi
intorsera/iouo
si
di'i
tutt'
viu/^J, che,
dcii-
statue di
i
giori, e
esse,
campestri^
campi attigui avranno ripreghiera con maggior fiducia che a di magperci appunto pi lontani dall'anima loro come
proprietari e
volto la
()(j4
lavoratori dei
ancor oggi
rito
crale,
mente con
crifici, non
in
lui
si
padre
di
famiglia
Un
al
e,
ciascuno ha
il
La
congiuntaoffrire sa-
religione loro
diritto di suppli-
antico,
cum
fo-
plicet.
Le Calende sono appunto, originariamente, il nopoich Tibullo, come Orazio, menziona solo una
vilunio
senz'eccezioni
605
23
sgg.),
di
che
si
quale
nandro, nel
Tibullo
stico,
10,
(I
che accompagna
di
si
il
Medome-
di
22 sgg.)
la figlia piccola
mostra
ci
di
figlia
di
fa-
vore ricevuto.
Anche
suo
nelle
interprete
Phidyle o meglio il
agli usi. Plauto (1)
piccola
offerte la
Orazio
conforma
si
{AuL 23, 385; Trin. 39), Tibullo (I 3, 34), Giovenale (XII 89)
mostrano concordi che ai Lari si solevano appunto offrire
incensi e corone di fiori. Lo stesso Tibullo in un altro
passo
spighe
(I
La consuetudine
qualvolta
le
di
offerte
oltre
consacrare
ai
Giove-
farro.
di
un porco, ogni-
Lari
incruente sembrassero
insufTicienti,
Sermoni
dei
(II 3,
solito, Tibullo.
impinzati
1G5)
si
accorda con
1,
lui,
secondo
Roma. Di
maiali vi
erano
Un
manda
che
(I
egli
1,
la
ha gi
per
il
il
(v.
(1)
La
la
suini
ai
Lari un vi-
cui testinioiiiaiiza
lia
valore per
(2).
con
dovette
in pronto, oltre
19 sgg.) confronta
tello,
il
WissowA,
;.'</.,
111.
gli
usi roiuani,
solo
non
.st>
gli
permette
()06
un agnello
d sacrificar loro pi di
dell'avo
(1).
La
quella
Questi
ultimi
le strofe
vittima consacrata,
nevoso o cresce su
non una pecora, ma V hostia maxima, il bue. Solo di un bue si pu ve pontifciim
securis cervice tinguet, che n buoi n pontefici hanno nulla
per
elei sull'Algido
il
non a
tefici,
ma
blici,
te,
devi solo
strofa seguente,
te
di
pub-
sacrifici
Nella
tuoi Lari .
il
propriamente
di
quella parola
pecore,
prosatori
terpretazione erronea
Lari non
e agnelli
sessore di
lui
si
;
si
ricava che ai
l'offerta di
un
innumerevoli mandrie
il
pos-
per
sarebbe stata una stranezza. Il poeta inAi pontefici allevare armenti di buoi per i sa-
Lari buoi
tende
(1)
si
sacrificava
ai
pare prescrivere
un.
al padre, di
Le
ma
il
6);
il
si
tro-
orifizi offerti
da
607
popolo romano
te,
di
pecore adulte
per
un
sarebbe
Giovanni Pascoli
volutt
come
poemetti
certi
che anch'essi
si
una
ville-
sentissero con
vita da loro
dell'
intuizione
il
quale da usi
italici
spi-
La
religione
romana considera
le relazioni
con
gli di
l'umano
sigliasse
nei
casi
dubbi,
Chi profferisce
pontefici.
un
voto, stipula un contratto, obbligandosi a dare un determinato oggetto al dio, (qualora questo a sua volta adempia certe condizioni. Stipula in certo
il
magistrato
per
il
dola,
il
bene della
s'
modo un
contratto
impegna a procacciar
la
il
vita
nume, aceettan-
vittoria
al
popolo
ro-
culto pubblico in
Roma
608
in
avevano
domicilio.
che un contratto
male
Livio
giuridico.
dell'atto
ma
(I
Numa,
con
Un
stabil
quali
importa non
il
la perfezione for-
20, 5)
avevano
fino allora
sia valido,
che
narra
umane
di
lo
Roma,
una preghiera
voto nullo,
infruttifera,
di
gli
se
certe
Le
intenzioni^ la dispo-
sizione di
non
si
rito
le
colui a cui
sue gioie,
sia lavato
Venere
nella
non
mani prima
al pari di chi
bene
le
di toccar l'ara.
Il
culto
romano apprese
sfog-
durante
l'
Impero
le
confraternite antiche,
non pi paghe
alle
ricchezze aumentate,
per l'antichit
G09
non
ma
Roma
neppure vietate
richieste
filosofi,
asserendo che la
di-
vinit
al
durante
l'
ma
tempo d a divedere
strano compiere
trovavano
greci
contemporanei
suoi
-che
r efficacia delle
gli di
nello stesso
tai5at[xov:a
gi per
Greci della fine del quarto secolo indica superstizione bacchettona, e, come mostra un Carattere di Teofrasto, coni
come
come tutti
modo cosi
Omero applicano
Greci pi antichi,
inteso la religione in
Romani. Gli
eroi di
come
si
gli
fallo,
quando
plachi con
li
appunto quei versi movevano a sdegno Platone {Rep. 3G5 e). I Greci poterono romper presto le pastoie di questa concezione cosi bassamente commerciale,
perch essa non si era, come in Roma, cristallizzata nelle
formule rigide di un sistema giuridico. Verso la fine del
secoli dopo,
<luinto secolo
gli
Ateniesi
chezza delle
(1)
Nel raccoj>licro
4U IlAKUV ScHMiDT,
'
lcli(jionsgech.
39
Ver,
testi
veteri'n
it.
mi
iia
reso si-rvigii)
philonophi (iiiotmxo
'onirl),,
IV
!).
il
lavoro accurato
iii(}ic(trrrin(
<lr
prtciltiit
Old
3) gli fa dire
I 3,
il
che
sentiva
si
poich
gli di,
come scienza
incalzanti di So-
del sacrificare e
e)
del
un giureconsulto
nirsi di
uomini
di
scrive
{)"jYj.
(fr.
946)
rjYx.3^v:
animo
ma non
giori problemi,
:
sj
l'av)-'
awtrjp-'ac
oxav
Euripide
y.av {xr/px
di
sappilo bene,
mag-
professione.
filosofi
quando un
pio sa-
ancorch piccolo
sia
il
altrove: Io
riguarda
il
611
in-
un profeta)
Isocrate non si perit {ad
Nicocl. 20) di avvertire un principe ciprio, di un paese
cio il quale apparteneva solo a mezzo alla civilt greca,
che, per quanto sia dovere del sovrano rendere culto
agli di secondo le tradizioni dei padri, nessun sacrificio
riesce loro altrettanto accetto quanto una vita giusta e
novatore, anzi
buona.
Non
tone, concepisse
la
religione in
modo
altrettanto spiri-
tuale.
Sarebbe
errato
offerte,
cuore
nel
il
l'opinione pub-
non
la
masse di magnificenza le descrizioni di feste ellenistiche, che leggiamo in Ateneo, farebbero piuttosto pensare
:
il
contrario.
Non
r.oyj^z iii'^i'j/fov
faceva propaganda
(1)
perch
il
culto uf-
da concedere anche al
pi povero di parteciparvi senza n disagio n vergogna. Ma nel mondo greco dalla fine del quarto secolo
divenisse pi semplice,
ficiale
tanza, mentre ne
si
scema sempre pi
la
d'
impor-
devozione
prettamente personale.
Il
mente
strada nell'animo
primo
genere
romano
si
va facendo lenta-
deorum
(I
116) fa
lui,
ripetere
antiquate
al
defi-
nizioni
^,(l)^F,RXAYS, Theophraxtos'
612
Roma
caste,
pietatem adhibento,
ad
divos adeunto
commentando
(II 24 sgg.)
singoli articoli, spiega che per
deve intendere qui prevalentemente, per quanto
non esclusivamente, una qualit morale che a Dio (notate bene, a Dio, non agli di) accetta la probit dell'offerente, inviso il fasto, perch egli non pu non volere
aperta a tutti la via che mena a lui. Ma dubbio, se
queste massime cos elevate trovassero immediata risonanza negli animi alcuni decenni dopo, un coetaneo di
Orazio, Tibullo, intende ancora la castit sacrale nel vecchio senso, come sopra abbiamo veduto. Orazio, anche
per il concetto ch'egli ha del sacrifcio, appartiene ai pionieri della religione nuova.
Ovidio, pi giovane del resto di una generazione,
scrive in una delle lettere poetiche composte nel suo esinec quae de parvo pauper dls lilio pontico (IV 8, 39)
bai acerra, tura minus grandi quam data lance valent. Forse
la sventura e la solitudine avevano reso pi profondo un
uomo di sua natura piuttosto leggero. Ancora qualche
pi itmanzi
castit
si
decennio dopo,
filosofi e
un pubblico indifferente alle idee nuove e non sollecito se non di donar molto agli di. Persio finisce la
satira seconda cosi: compositum ius fasque animo sanctosque
tro
recessus
cedo ut
mentis
et
admoveam
incocttim
religiosi simt,
(I
6, 3)
honesto
haec
Seneca scrive
itaqiie boni
etiam farre ac
generoso pectus
effiigiunt
impietatem,
diffcile
abbia avuto
in
dire,
mente
il
613
si
Romani
di altri sacrifici
Abbiamo
che incruenti
(1).
come
se
ultima strofa
1'
ferta
il
ma
versa,
nis arani
il
si
tetigit
sacrificio
costruisca (2)
1'
me
blandior hostia
modo
solo),
l'
di
immu-
chiaro. In
fondo, se non in un
fastoso
di-
l'of-
comunque
si
pu, in
valore.
3.
V inno
alV anfora
(III 21).
buon
frutto
corto per
il
da studiosi eminenti. Il Norden (3) si acprimo che Orazio scherza (pii con le formule
La pi ragionevole mi
soiubra
aram
si
tetigit
in
Tivon,
1 III
Ini.
1'
Lomh.
% 4U)'-.
/i'(7.
btinilior IioiIk
Hobbone riesca
.'),
mollirii
diticile
immunis
(ircrsos
innnajjinare
d.
ancora
sgg.
i'
014
molti nomi
molte virt,
davvero una divinit, come
avevano fatto in epigrammi prima di lui Posidippo (A P
V 134) e un anonimo (AP V 135) e, a un dipresso negli
stessi anni di Orazio o poco dopo. Marco Argentario (AP VI
248, IX 229, 240). L'Ussani (1), esaminando l'interpretazione del Norden e accettandola nella parte pi sostanziale, ha osservato, e con ragione, che, per quanto l'ode
della
celebrando
liturgia,
le
e trascen-
come non
vaso
il
fttile,
stessa
che secondo
di-
la tradi-
uomo, per
vaso fittile che un
materia che
la
il
1'
da Aristofane nelle Vespe, personifica per farlo contendere con una donna; che persino
Paolo nella lettera ai Romani non disdegna appaiare con
apologo
sibaritico, narrato
l'uomo.
Il
Norden e
1'
s'ingann su un particolare
condo
attinto
lui (p.
147) Orazio,
stico: Kt'/.^oK'.
me
come
(1) Eiv.
egli
non
epigramma
di fil.,
XLII
la cui
avrebbe
cio, se
By.x/o'j. ^av"
devo arrischiarmi a
1914, 35 sgg.
primo
Posidippo; quest'opi-
Xyuvc -q'joocjov
tradurre un
di
errata. Posidippo
f/avc
il
motivo all'epigramma
il
nione pare a
(2)
di
esprima cliiaramente.
quantunque
sioni
pio,
61,3
il
bevanda per
rugiada la
condo
piovi,
il
vaso cecro-
stilli
comune
gi qual
(1).
Il
se-
divinizzarla
incita a lasciar
imitazione
stile liturgico si
di
pu riscon-
l'uso studiato di
non
e
canta l'una dopo
come
del vaso,
zione
tutte
l'altra
-oX'jZ'^o'^o:;,
in altro.
opoai^s-jd-a'.,
le
fa Orazio, le canta
di predicati nominali,
in
lunga enumera-
ma come
fare,
tali
fa
suggerire a
potr
si
meno
ambedue scherzino
ciascuno dei
in pari
modo
'^\)-z'(Yj\i.hr^
in
a-:|jiaxc.
IX
All' Yj-jYcAoj; di
questo corrisponde
il
7tj>r/jYa);
(1)
di
229.
ooii^oXi>tV) npTCoGig
il
tlei
in jicri^o
convitati
moderno
OIC)
--
invoca
la
Che
ikpciT]?.
le
si
Kj-
alternano, noto
tutti.
stato
il
carme ne gli altri epigrammi. Ma taluno potrebbe facilmente pensare, parendo l'adespoto, come d'arte pi pei fetta, cos pi antico di Marco, di rimediare all'errore del
Norden, supponendo che solo per caso quell'epigramma,
un giorno famoso, sia giunto a noi privo del nome dell'autore, e che esso sia modello comune di Orazio e di
Marco
(1).
poich finisce
mentre
il
le
poesie prendono
carme,
si
spiegano bene
le
un epigramma
del console
Macedonio
nunziare
al
nome
celebre.
()17
che
ncque trementi
et
recjuni apices
tu
vino aiuti
il
consuete,
eXticciv rjjicpiowv
le
ranze che
grappoli infondono
voi
poeta annunzia
segue
cratere,
TZOLio:
aav
KavaaTpatoi;
|i.:X'./ov
a combattere,
se
dele o
fulmini, poich
pavido
Bromlo infonde
duto,
non ha,
te
-tjv
i^sr,"
r,v
r^oxhv
il
oO
distico, in cui
ce
-pojJito
c'/wv
fanciulli Canastrei ,
il
mare
dal
iVx7-
i^-pao;
Tap|iiv',-ou
osservi
la
crul'im-
corrispondenza
L'epigrammatico, attingendo
si
ma
Auxxfcj
7.p7]tf^px
Giganti, ne temo
vi-
voglia, con
dopo un
f [isipoco
-/sj^auvo-j;.
tu
le spe-
BpoiJLiou:
cio,
'
[jtpvajjia'..
oxc.
povert con
Quest' in forma pi
pauperi.
di voler
aO-;'xa
la
tu
cormia
risque et addis
il
-cv'r;;
xr//
'^':hy.zt
al
carme
per-
parte, l'invocazione,
e,
come
dare non
di
ma
Giganti e
il
le
sfi-
fulmine
Zeus.
tanto l'anonimo,
mostrare
certe
ma
il
riscontro nell'anoniino
seii
()18
(1).
seri
rixam
et
insanos amores
seii
testa,
axw|JLnaTa -'jy.v
cio,
p'j,3o:.
corsero
si
frizzi,
T-j-e-'ar, (2)
d-i-
rise
effetti non desiderabili del vino non avr tacarme smarrito. Se da esso e dall'anonimo dipendano due epigrammi di Filippo (IX 232 e 247), non
considerati neppur questi dal Norden, difficile dire
Di
sali .
ciuto
il
in
ambedue
detto
ixzX-'.yr^o'j;,
cjXaXo; e
aiiiatc
parla
vaso
il
nello stesso
'x(p-^^o\'-(o;
dall'
nel primo
dall'
collo dell'anfora
il
modo come
Argentario o
anonimo. Pi importa
che
vaso detto
il
a-eivf zd-fC(oiihr^
finzione
la
del
una
anonimo
sostenendo
Dioniso
Xt.-^:
dell'
dall'ultimo distico:
9poupo)|Xv Tj.axK
(1) Il
lo
nutro
che richiamato
vov r/w-p^ofisv;
7j
svolgere
davvero
r,
io
La
B/./ou
orecchio
YSpy.v
ma
iu
cos alte-
IX 229
correzione, per
yxp
sono sem-
^hiama la lagoena av
il
all'
Xa-piotxsv
(2)
pare
zoi Bpo\i'.ct)
odz'.
giovane
vite,
T'jTr{a/,g
del codice,
mi
iiar certa.
egli
modo che
619
la personificazione
il
tenere tutti quei motivi che, confrontando tra loro le poesie dei
posteriori,
bra spettare
siamo
Quanto
fonte comune.
alla
periodo alessandrino.
al
ad attribuire
indotti
stati
all'et di
il
spavento
Ciclopi.
antica
fanciullesco che
lirica.
Bacchilide
l'estasi dell'
ebbro
l'ode oraziana:
riscalda
di
quando
allo
20 Bl.-Suess)
ci
la
cuore, e la
un carme
il
(fr.
non
mamme,
alle
scossi
le
rammentare
speranza
Venere pene-
di
solleva
gono
le citt,
e ogni
uomo
e di avorio
scintillano le sale
portano per
il
mare
veli
che
;
e navi cariche di
cin-
di oro
grano
dall'Egitto:
Anche
qui
manca
(luoireleiiiciiLo,
sfi
non
Il
mecum
nata
Non
ziano.
CrlO
di
di
Orazio.
una coetanea
v'
stampo orapoeta
il
greco
vaso
si
pu
uomini
debole
di
di nervi,
meno
la
festa,
Ma
il
sonno.
raffi-
La
sua
greca non
somnum
tutta l'ode
non
frivola che
il
erano,
come
fosse
l'ori-
ginale.
fO
Non
LA FILOSOFIA.
tare dell'ora,
l'
l'
esortazione a profit-
si
vive per breve tempo e una volta sola, sono, quanto ovvi,
sola,
volta
e
esser pi per tutta l'eternit. Pur tu che non sei padrone
del domani, rimandi il godimento la vita di tutti si conaltrettanto
antichi, cio
suma neir
tempo
awva
Y^T*^'''^!-'--'^
iirf/.ix' eivai'
yjxXpov Se tvxwv
aTra^,
ab
51?
oOx
^l'o; |jiXXrja|X(y)
'ox:
wv
^(Z'isx^'y.'.-
zi xbv
x'jpio: va^Si/.r,
TzapaT^XX'jxat, xal
el? sxacrxo;
f^|ji)v
se
(1)
Nel dare
il
testo
mi
Molti
secoli
prima
di
Epicuro
faremo
segue
colori
di esse
al
Anche
libro.
che di sentenzioso
rimane nella raccolta dei canni non tutto filosofico in
ugual grado. Per le considerazioni esposte pi sopra
(p.
201 sgg.)
io
a comporre carmi
vuto r impulso
diatribe in prosa
da quei
[xilt]
ellenistici,
la scoperta di
ma
e versi,
Cercida non
;
io
ha consentito
reputo probabile, per non
abbiano composto
della
jxsair^;.
ctiiis
vives, Il 10.
composti
ci
ellenistico,
interi
come Orazio
Ma
farcene
di
dire certo,
nessuno prima di
fa nell'ode a Licinio
le
lodi
Murena, i?e-
in equilibrio di
forme grazie
all'
accurata con-
nostro, liamio
ri-
diverso. Aristotele
eccessi opposti a
morale,
prima
ma
di lui
la
tare le innumerevoli
jxTpov 3cpca-ov dei
il
superfiuo ci[ir^sv
ayav e
il
paiono nei poeti gnomici;
12, o distici teognidei
zviojv
yasTiv,
cumulare
ptaxo:
pi esposto
ai
trito
0'
mare
di
colpi
(1).
trivialit dette
u^piv E^s'
epigramma (X
Che
malva,
ma sa
strofa,
vai la
si
il
gi
51).
[JLEy^'axac
r^
Sp'jag
volte
mille
|jl7-
^^
-'^*jxv x'.v-jvo'jc
7Z7.'(Z'.y,
saepius
ventis agitatur
capello in
r^
le
"/^[i-a
xa-
giunco n
la
Tiaxvouc olZz
il
un
|j.a/7]v
querce e
platani pi
parola
stancata di ri-
si
meno che a
letteratura antica
si
alto,
motivo e immagine
Erodoto e nei tragici ne
xY:v:
alti .
chi pi sta in
lc o
umana
un mediocrissimo epigramma
finisce
7io~.
fortuna,
di
anonimo dell'Antologia (X
ve|i(;
y^v -j-cstv
[ir,v
il
e.o-/jxxoc
a,jcrv
pc-y^v, 7;/x
vfl-prTifov
epigrammatica pi recente
petere queste
che
401)
(v.
'^'(\x7.'jv/
la poesia
zriQ
K'jpv',
Non meno
con un viaggio
si
ayav a-cOe'.v
^'.:,
anche come
che
identificate,
misura.
il
come
|jit'
{}2
ancor
non soltanto
si
il
poeta
volgare della
pensieri
della Stoa
(1)
(2)
carmi in cui
nel senso
Gerhard,
PtoinLc, 98 sgg.
v. sopra p. 205.
(523
minare
in
insegnamenti
Orazio non
ci
fessare senza
della lirica
me
di virt, si
allontanando
richiesti e
storico o scientifico,
speranza vana
203
sgg). Pure saper le
(p.
premmo volentieri come Orazio conciliasse in s la Stoa
con Epicuro; ma le odi, se vogliamo essere sinceri con
noi stessi, non ce lo dicono. Uno Stoico, e, nonostante gli
accomodamenti che la vita impone a chiunque non ri-
Ricostruire
modelli
di
Orazio, sarebbe
Stoico
stato,
(1)
chiude
ciascuna
delle
prime
Con
82, 9) di
rioso
Lucilio,
la
in ep. 83, 9.
">
{JM
guardo
per
presa da Epicuro o
neca stesso
accorge una
si
volta
meravigliare
dubbio da
est
tamen
una gnome
da Epicurei. Se-
alle
pi essa
lo
ri-
non
che
i
questo continuo
propri,
non pu non
ma
insospettire Lucilio,
scioglie
lui
qufire
esse,
il
quid
non pu-
capita
s talvolta^
ma
Le
le
opinioni
al critedall' at-
con la vita certe asprezze paradossali, non pi tollerabili dal momento che quelle dottrine avevano incominciato a far proseliti anche tra uomini che non erano
trito
disposti a rinunziare al
cetti
mondo per
divenire
filosofi,
desimi in
]p pi
di
pre-
Chi ha voluto
filosofi di
spiccioli di
ricercare
queir et
si
come
le
opinioni
correnti tra
ai
Sermoni e
alle Odi.
alle Epistole,
Nell'ultimo tren-
al'
(1)
hanno
codici,
ma
il
le
righe uua
mano
recente in L: multi
discrtin-
congettura
giusta.
alle
massime, non
ai testimoni,
la
perch spogliare
loro patrimonio
625
comune,
immagini, esempi,
il
mettere insieme
il
lavoro
pi
noioso,
ma
certo pi
che
non
Da
fine.
Roberto Philippson,
e degli Epicurei,
ha esaminato
di
vita.
troppo sul
continua
con
pii
serio,
sua
egli
evoluzione
po' troppo
Hullius
I
che
la professione
add ictus
risultati
insomma mediocri
delle ricerche
compiute
vogliano a
estenderle
reno, e pochissimo
di conclusivo.
Le
si
alle
potrebbe
brevi analisi
(1)
tclni-djiniiiiisiiim
40
hi
Odi
15)11.
solido
il
ter-
di
ine, pii
l'iiilosopltir^
Moftthhinii,
meno
in
che
Vil-
626
(li
coscienza,
dall'una parte
l'altra
che,
come
stoi-
mi sono studiato
di
ch l'argomento mi pare
di
paragrafi precedenti.
1.
mi
intende in ispecie di doni fatti ai poeti non diversamente nel Tolemeo, dove (v. 106 sgg.) si loda il re, perch non versa V oro inutile nella pingue casa, corno
s'
Dove
na-
alle-
buon
(1)
Cfr. aiicho
/,s//(i.
tlT.
64N
metteva
in ridicolo
(fr.
pas-
non
La stima
della
tranne forse
pi rigidi
Diogene
17, 57)
bilonia
preferire
ad
altre.
Cicerone
che per
sostenevano
di
{de
Ba-
non vai
a meno che da essa
ottener
l'
tZol'.y.
mano
alla filosofia
ma non
cosi
come ricaviamo
629
tenuta dopo la morte un bene, claritatem quae post mortem coniingit, bonum esse: la claritas la lode non di tutti
come
la gloria,
ma
scritte
va innanzi
que
riprodurre e di sostenere
Un
di
lit
un epicureo
no.
et
maginoso,
di indicare la
ricco per
il
civis
il
Roma non
di
Roma
come
attuale
non
quest'et
chi pos-
tario di terreni.
in
ricchezza romano e
nohilis di
latius regnes
Cesare investimento
mobile
di capitale
sena-
che potessero dimostrare di avere in propriet terreno italico di valore maggiore (3). Gli antichi
tori o cavalieri
legislatori,
mosembrava
loro
campata
in aria. Ci non toglie
bile, che
che molti anche in quel tempo arricchissero prestando a
interesse (4). Quanto all' immagine,
commentatori so-
gliono citare
il
vanto
di
(1)
Solo
j^li
stoici
(Itl
volo, ut
cum Africam
nunc
co-
l'asceta coronato
19-L'O, ;>o)
(2)
Bklocii, Zdtschrifl
(3)
J'iir
.")9.").
{{)
.M(iM.M<i:\,
\'
t)Il
si,'^-.
Socialwim<enncutJ't,
II,
1899,
Goiumiiii
Itr
24.
Schrflni,
meos
fines
6:}()
ma quel-
non
abbiano
cinto
fattore (e intender
l'Adriatico e
l'
mari
un
dei loro
Ionio e l'Egeo
latifundiis vestris
latifondi, se
maria
quoque panini
ioc
vilicus recpiat.
La
oltre
nisi
est,
Hadriam
loro
il
non regni
fattore schiavo)
lo-
et
frase rigirata
sei proprietari.
potevano o esercitar
che non davvero profcua, se non quando uno possieda molti armenti
talisti
la pastorizia,
era
stato
l'
impero
di
nuova
terra
Cartagine
Impero
vi
quello che
in
infatti,
come
si
sa
(1).
reno coltivabile,
lo
aveva
affittato,
mutano almeno
in parte
Da
:
la
Cesare in poi
"/wpa
(1)
KoSTOWZEW,
le
^aaiXcxr,
se
con-
vien
non
gi in-
in afftto dallo
631
stato terreni,
dagli
destati
Tacito sa di
modo
privati
spo-
romani
Le condizioni
meno semplici,
(1).
documenti che scarseggiano per le altre ma papiri parlano anche col chiaramente di grandi proprietari romani
i
nomi
dei
grandi
poderi, o complessi di
ricavati in gran
cJ7;ai,
poderi,
detti
membri
delle
(.
h.
XVIII
35)
(2).
p'xoil'.y.-l^
e do-
Le parole commosse
di
vero et provincias,
ai
mali
effetti,
nelle provinole
in Italia egli
tutt'
intorno a mari,
(1)
Per tutto
(2)
KosTowzr.w,
(3)
MoMMSKN,
ci v.
IIJ
pii
alla
romana
Schri/tcn.
il
propria avidit
'2Xi
8i;jj;.,
128.
III,
.".Slt
sht.
2!>0.
che
ter-
pensiero
Ro.siowzr.w,
sgjj.,
e attuale,
l'
il
esser
proprietario di
immense
cm
stese di terreno,
lo
epicureo. Epicuro,
esaltando
per
s^1'
la
il
acqua, all'affamato
459;
ep.
IH 131;
(fr.
un pezzo
un limite
182)
di porre
erano secondo
di cacio, cos in
alle cupidigie
com' noto,
lui,
adempiere
secondi non
uno pu facilmente
Gnomologio Vaticano
Una
denaro che
mena
di
(fr.
Epicuro
135)
scriveva
gli
uni na-
necessari,
facilissimi
altri
ad
che
in
spendere, la
una
lettera a
ma
sozza spi-
Idomeneo
ma
denari,
non
primi
desideri
anche
lorceria.
sgg.).
delle
43)
l'avidit
1'
454
ma non
meno
(nr.
generale prescriveva
di tre fatte
difficili
fare a
frire (fr.
(fr.
naturali
almeno nella
Timone
di
a),
dava,
al pari
sull'abilit di
sippo
(1)
(fr.
di
Epicuro,
Zenone nel
il
vitto semplice
abst. I 48),
celiando su
pi degli Ej-
633
il genere
mentre permetteva al savio di guadagnarsi
a modo suo quel poco che gli bastasse per menar la vita,
umano.
Egli,
considerava
la
-^iapY'Jp'-3c
(fr.
377, 479)
condannava
siderio varcasse
parli.
il
gli affetti,
prescriveva di estir-
limiti di ragione, e
confronto con
il
re
come per
Greci antichi
il
gran
impersona la felicit, cosi per i Romani regna chiunque domina su larghe stese di terre. Seneca nel passo
dianzi citato riproduce esagerando e volge in riso il sentire e il modo di parlare del Romano comune, facendo
regnare oltre mare non solo il latifondista, ma perfino il
suo fattore. Gli Stoici (1) si compiacciono di enunciare
un paradosso, chiamando re il savio, cio appunto colui
che ha saputo domare avidiim spiriticm Orazio che nella
chiusa della prima epistola si diverte a scherzarci su: ad
re
summam
honoratus,
come da
fondamentale,
con buon gusto. Ogni lettore non incolto doveva riconoscere che il poeta citava
lui
pu
aspettarsi,
delle
(t),
in
una
gnome
(1)
Aiiconi
se stesso re.
il
niai'stni di
Sciici'ii
\(p.
lOS,
l'.i
Aitalo
oliiamava
(:}4
pi
non
egli
finisce
curo e poeti.
mai
molto pi rigidamente
In un'altra lettera
ed esclusivamente stoica (113, 29 sgg,), dopo aver compianto Alessandro, che, vinti tanti nemici, soccomb all' ira e alla tristezza per non aver frenato gli affetti, dopo
aver commiserato gli uomini che cercano domini transmarini,
conclude
imperare
maximum imperium
sibi
est.
11
sete
dell'
filosofia
con la
popolare
citare tra
pi recenti cinici
Telete
(Stob.
degli
pi antichi Diogene (Stob.
tra
45)
romani posteriori a Orazio ha la stessa immagine
Seneca {ad Helv. XI 3). Pi importa che (1) essa adoprata anche da Epicuro (fr. 471) Nessuno degli stolti ,
93, 31),
Stoici
scriveva
si
egli,
si
ma
piuttosto
come dunque
malattia hanno
febbri-
continua-
mente
sete, cos
vero, sicch
il
di filosofia
dovesse
(1)
le
due ultime
strofe,
quan-
(1).
lui
Ma
635
la
infonde
stoica
r aspirazione a restituire
tatori,
il
sapersi indipendente
come notano
alle cose
(2)
il
commennome loro
stoico
il
con-
popolo
come
filosofi
dando
il
Parto nemico
di
politiche
presenti,
re,
credenze del
tenta
il
Virtus, discor-
cosi la
numero
le folli
jil
H.sXXvxtov,
(2) Si
rale,
che
fv.
490,
191, 489.
il
venire.
gi per
reno, ora in
ci
()36
ti
magra ora
tocca da vicino
il
in piena,
il
resto
il
va
Tir-
umana
checche avvenga
domani, nessuno mi pu togliere le gioie di ieri. La Fortuna ha presa sulle cose di fuori io son pronto a riconsegnarle ci che essa mi concesse e ad avvolgermi nella
:
in quest'ode.
stoico
epicureo,
il
si
si
pi,
nunc
niihi
mine
al savio ? e
alii
benigna
come mai
a chi
si
riferisce mihi se
Ma
le
non
questa strofa, se la
si
lascia al savio,
nome
si tira
proprio
dietro tutte
cio interpretazione,
non esclude
affatto
637
del sapiens
attribuisca a
cenate com'
egli,
lui
Me-
sapiente,
il
non
dagare
il
stoica.
si
si
loro
proseliti
a in-
eccellenza
accorda
il
mondo con un
questo
riversa oltre
TxvTa '^f-ai
le
Non
TTpovoia.
XX
x/r,
cose
di
magra, ora
umana
ma
per
xal
aTOiito)
gli
ci
Epicurei
oppure
E'.xfj
(1).
Se
seguente.
gnificare
(1)
Cfr.
il
lL'v
:>.">.">,
l'2,
liT.
l's.
futuro
Questa massima
si
fieri
quidem.
ne futuri
illud
ei fieri
si
esse
Satis
meditationem
esse
venisset.
come
lum
()38
sit,
odiosnm
cogitavissef
sempiternum ma-
voluntariam.
grado. Ora dice beato nella sua sapienza colui che sa di non
abbiamo veduto sopra (p. 208), motivi fada esse converr astrarre
nistici di Cinici,
Rimangono
mezzo
del di-
Heinze,
s'jO-uixo;
stoico. Certo,
sippo e
ma non
curo scrisse
di
Kiessling-
soltanto stoico. Se
Zenone
o Cri-
punto
(fr.
eivat
xr^v
px]v
strofe seguenti.
Tipo; sOca'.tJiovcav,
Trvxcov
Epie ap-
una
altri,
una favola
di
mitezza e aO-
xpxsta.
Venendo
639
gli Stoici
il
savio,
ha nulla da temere
come
n quindi
dico, purch fosse saggio (fr. 220), cosi Epicuro considerava ricchezza grande una povert lege naturae composita (fr. 476). Anche Epicuro promette, lo abbiamo
veduto poc'anzi (p. 635), di infondere nel suo proselite
'^o^:a
dini
xtTjv
jjisXXvxtov.
ad Men.
{ep.
p. 64, l
natura
di
consuetu-
Secondo
lui
(fr.
489)
la
i
doni e i danni
a saper essere sventurati, quand'ancora siamo
in buona fortuna, a non far gran conto della buona,
di
ci
natura
quando siamo
ha
al
sui saggi.
domani
ingrata
est
chi del
et
stulta vita
fissar
savio
vi.ri,
lo
dio
sate.
Il
invitta.
E ormai
l'invito a
tempo che ci chiediamo come mai Orazio dalMecenate a onorare di una visita la sua villetta
si
gli
ha dato,
e a cercare
tema
che
il
quale, senza
il
quale in-
esperto
dei
modi
non pu
fare
che
il
resigno
di
sospettare
in
bocca
al
641
un avvertimento
assennato
un
(1),
articolo,
ha
come
tutti
suoi,
il
di
Phi-
ingegnoso e
Mecenate,
zio a
vio dice
la
con
la
libro.
Come
il
sa-
al
lui (v.
divitiis
Arahum Uberrima
che
egli, perfetto
stola parla
me
(1)
di insinuare
probabile.
Eh. MuH.,
LXIX
CAPITOLO TERZO
elementi Romani della
Gli
lirica di
Orazio.
soltanto lo
spunto e
il
di
Lesbio;
al
come
come
Romano
talvolta Orazio,
dell'et
di
tempo alessandrino
stico,
che
sforzi
consapevoli
la
civilt
ma
Il
gli
capitolo pre-
si
rivolge pi
di-
rettamente
643
conteraporaneo e
al
connazionale in quanto
al
composta per
la festa
di
rito
achivo, gli
meno evidenti che nelle odi roche su esso sia stato gi detto bene tutto
ci che importava. Ho voluto che la trattazione delle
odi romane fosse preceduta da un brevissimo cenno intorno a una almeno di quelle odi, le quali, trattando un
elementi nazionali siano
mane,
dall'altro
altre.
1.
U invito
a godere
(II
14).
pericolo
morte
la
ci
priver di tutto
ci
che avevamo
a bella
posta di
pure stare se
il
nome
suoi consigli,
non
di s,
al
quale
indichi, piuttosto
Orazio
che una
644
fabula togata,
consapevolmente romano, la
con buoni arun personaggio di commedia converrebbe
scenica
pi
come pure
stato sostenuto
gomenti (1). A
bene la superstizione gretta che Orazio gli attribuisce, sia
pure per ischerzo e in una frase ipotetica, l dove suppone che egli, per isfuggire o ritardare la morte, sacrifichi ogni giorno a Plutone la vittima pi costosa, un toro.
E s' intenderebbe male che Orazio, descrivendo con tanti
particolari l'oltretomba quale esso era figurato nella mi-
men-
si
scrupoli
un
tipo
buffo
metta
tradizionale
(2).
senza
in ridicolo
Pure
cosa
la
incerta
Lucrezio
(III
un Postumo
una persona
la satira contro la
reale, se
donna, non ha
in
mente
dichiara
(II 23)
a trovarsi nella
che
al
il
Roma
pi
si
modo
gico
le
il
un
645
po'raercantile di concepire
pi significativi
si
il
I pericoli
maggiori per la vita e la salute sono, secondo quest'ode, l'Adriatico e i giorni sciroccosi dell'autunno. Non molti Greci, prima che Roma divenisse il
centro del mondo, avevano occasione di far quella traversata lo scirocco ancor oggi rende pesante e rendeva
a quei tempi insalubre il settembre romano consuetudine romana, non greca, che io sappia, di allontanarsi
;
dalla
citt
proprio
nell'
autunno.
non
volta
rischio
il
esser costretto
babbi e
quale
nel
Postumo che
una
di guastarsi con Mecenate, pur di non
a passare in citt il settembre, il tempo
gli
figlioletti (2).
noverato tra
mammine
impallidiscono
per
loro
che riguarda
(epist. I 7, 2)
il
oserei decidere:
esempi
agli
Orientali che
sorte
ci
tra
sopra
10,
007.
(1)
\'.
(2)
1.
1)
autunnale sono
<|iu'lla
sul!' iiisalulrit!\
64G
Un
come
894):
(III
neque
iixor
Ma
nean-
per
poich
il
narri
(II
Ma
di cipresso.
essi sacro a
rale,
XVI
139).
Aen.
Quasi
mancano
Eneide
VI
in
i
ci
si
morti
di
non sappiamo
(w. h.
cipressi
le pire
vata nell'odore acuto di quella pianta, che avrebbe dovuto soffocare il puzzo del cadavere l' uso, se aveva at:
doveva
esser
maggior conoscitore
delle antichit
generale e nazionale.
probabile
il
collocare
un ramo
di
cipresso
dinanzi a
per caso
questa pianta
di
il
passo di Plinio
(1)
il
647
dalla
sua descrizione
ne valesse
si
la pena.
nei parchi
eppure gi Varrone {d. r. r.
mostra che esso sul Vesuvio era cos comune che
i
proprietari di campagna se ne servivano per cingere i
confini dei loro campi
Il Greco di Sicilia Teoci'ito no-
I 15)
mina invece
il
(1). L' amico greco di Orazio, Filodemo, che pur visse in Italia, in un trattato che svolge
lungamente pensieri non dissimili da quelli accennati in
quest'ode,fa menzione del cipresso (-spi ilav-rcj IV, col. 38,
35 Mekl.) solo per deridere il vecchio che, quasi non dovesse morire da un momento all'altro, pianta tali alberi
di cui non godr l' ombra.
Se nella lirica greca anche del tempo ellenistico sj
conie n ripugnanze
un erede universale
meno dubbio
xXy;povjjio;
istituzione
la legge
molte altre
parti della Grecia di quel tempo, non permetteva anzi di
far testamento, se non quando mancassero figli maschi
di
di Solone,
come probabilmente
le
leggi
di
prescriveva che
quando
(1)
lo so
lette toscane
(2)
(li
iiutfiitici Ixoiiiaui di
oj^gi
ai (luuli
Mutkis, (irumhUijc
dir l'ain/runkinidi
la
II,
il
per-
testamen-
(2).
L'erede
hi vista tU-lIr
triste/za.
1,
l'iS.
vil-
f>i8
troppo leggermente
si
suolo ammettere
(1),
detto,
che
il
come
carpire
Il
Peri-
scere
pi infelice degli
colmano
di
doni
inventato
delle leggi
capitale
si
il
numero
l'
Impero,
man
concentra sempre pi in
Helm, Lucian
Menipp, 204.
(1)
Per
(2)
es.
d:i
u.
clava per la mancanza di
dover lasciare
il
649
quale
figli, la
li
costringeva a
Viene
in
Ma
gusto
(1).
2.
Le Odi Romane
(III
1-6).
acume che
pigrizia di interpreti.
piuttosto
Storici e giuri-
(1) SaKtriliiix
ihipihitn
ha
in'l
050
il
di trapassi oscuri
commento
migliore, quello
maggior parte
a
di
dubbi,
dei
membro
a un'assemblea di
un
di
collegio
Lo
Quest' ipotesi
assurda e ridicola.
vano osato
come
spesso ave-
lirica personale.
lettura.
fantastico
pensare
(2)
che
Orazio
lo
principe stesso
ci
abbia
come
(1)
Non
IV
Leshiiun
ser-
Der Festgesang
mi pare, pi
des
Soras auf
sgg.
Il titolo dell'articolo
Col
polo
romano a
lui
e dal
po-
clemenza, giustizia,
Se le odi fossero composte per la festa della fondazione del principato, di questa si parlerebbe in esse
pi che in accenni se esse dovessero celebrare il titolo
di Augusto, questo non sarebbe nominato una volta sola
di passaggio. Un canto di festa non pu finire con pa-
piet.
mox
neqiiiores,
indica
sia-
detto da un grandissimo,
I
sei
Pu
li
leggiamo
un
(l):
sol getto,
pure
ne
essi co-
lettore
moderno che,
di altre scuole,
stituiscono un'unit.
mentre
massime epicuree,
la
carattere cortigiano.
stati scritti in
urtare
il
HpitihuK feros c( luetiim equino Hanyttine Convaniiiii sin stato indotto pro-
quoH'anno j^ucrrcggiava
aspettando
ini
il
momento
di errare per
passare in Britannia.
di
popoli
jioeta
in
Spagna,
immagina
lontani e barbari,
piti
non gi
Il
chi'
prender parte a spe<lizioni militari. Piii certo mi pare che l'ode sesta non possa essere
a prima giunta pare impossibile che Anstata composta dopo il 13H
gusto iibbiii ristorato in un solo anno ottaatadue templi, e si preferi])ure lo rispettavano
perch poeta,
di
ma
in
la testimonianza delle
/.'(
tjentac
al-
652
altri
le
vada
di tutto
ciclo,
il
non
in rovina, se
il
si
la
il
La prima
messa
in rilievo dal-
lirica.
La
finzione liturgica
nata a un breve carme, che finisce con un cenno personale, edonistico, epicureo
Se
e mutare
il
mio tenor
di
la
la
breve
estensione
urterebbe
civile, attinte
Stoici ora a
quello
di Epicuro,
s'
653
intrecciassero
nuova
con
miti
Giunone seguisse con trapasso COSI alato l'ardita saga moderna, che colora di maraviglioso l'infanzia del poeta; nel quale con un colpo d'ala
altrettanto possente si passasse a cantare la leggenda
nazionale del console martire, che aveva patito al tempo
della prima guerra punica; nel quale in ultimo la santit del
passato fosse cosi eloquentemente messa a riscontro della
nel quale alla profezia
di
1'
-
antica
tanto
fici
complicati
aveva certo
miti del Tebano
struiti
Orazio,
letto
odi,
ma anche gli epinici maggiori sono cocon architettura pi snella e spontanea, ma meno
;
grandiosa.
si
per
vantaggio
che
poema
la divisione del
in
carmi
lirici
il
supponga quasi che il poeta, prima d' incominciare a poetare, come uno scolaretto prima di svolgere il suo tema,
abbia scritto sur un pezzo di carta una lista di virt
da esaltare
trapassi da ode a ode sono molto pii liberi e vari che non consenta una fantasticheria di tal
:
genere.
E
gara
(i)
l\"j,go di
tulli
odi,
11. ,lii;i;.\K.\,
Phiohxjm,
LMl,
1898, 289
sgj:.
vole
(li
])erch,
gusto,
scherzi e
come mostrano
mito in
sente
il
poeta,
appunto
di senso
di
stile
da
far
a
mitiche non mancheranno, perch
qua e
il
nome
un simbolo, perch
tche, vedeva negli
ma
umorismo
rito,
pompa
il
(iai
di
un
appunto
la realt pre-
nomi
pro-
prie.
ficazione.
Il
proemio ha trasportato
adunanza
di devoti,
come sogliono
una
poeti ellenistici e
nell'inno ad Apollo e
L'ode prima prende le mosse dal
nome del dio supremo, come secondo Pindaro {Nem., II
2, 1 sgg.) i rapsodi erano usi di premettere alle recitazioni di canti omerici un proemio in onore di Zeus consuetudine questa seguita sul loro esempio dagli antichi
loro imitatori romani, Callimaco
Properzio (IV
6)
(1).
(fr. 2) e Pindaro, come dalla poesia esatempo alessandrino, da Arato. Orazio, conformandovisi, dichiara in certo modo ancora una volta di
aspirare a comporre poesia alta. Da Giove e dal cielo
egli discende con rapido trapasso, non in genere in terra,
lirici,
Alcmane
raetrica del
ma
Quid
Al novero
si
(edicatHin posclt
del
sopracciglio.
potrebbe aggiungere
Molte e
grandi
in
sono
differenze tra
le
come
sente,
pi
il
655
soggetto
umile,
ma
romani,
cittadini
legge
alla
si
appaga
dorme placidamente
pi pos-
il
il
della
cuore
chi,
con-
all'
Negherei assolutamente che, come pure viene asserito, la prima strofa abbia colorito romano, nonostante
le parole imperium e triiimphus : Roma non domina sulle
genti come re su greggi di schiavi, almeno secondo il
poeta convinto della missione affidata dalla provvidenza
al
suo popolo.
suono
i
Re
nella
Roma
di
re barbari,
purpurei
mal
Fortuna.
alla
Ancor peggio sbalestra chi vede in questo Giove simboun cattivo servizio avrebbe reso il
leggiato Augusto
:
per
quale,
al
fondo
principe,
premo, anche
di
il
il
nome
regio
popolo nemico
di quella parola.
sudditi sono
re orientali
ma
con
il
pensato cosi
in
potere su-
(1),
mitologia,
che fosse
incline
poeta
re a
un
mandre di
supremo della
re signori di
Giove
come
il
lo
dio
concepivano tutte
senza
che
uomini
(1)
V. soprii
p.
'.
provvidenziale nella
possano por
lo
pi rendersi
Fortuna
dell'
650
parole
miticamente
in altre
che pochi
ci
il
fjreges,
reges
in
lettore colto
lettore,
Quem virum
in proprios
aut heroa?),
si
cercar pi in l;
xop'j-^oxai [jacjcXeOa:
[xrjx,x'.
TixTitaiVc
Tebano
Orazio par
Tipjoov (1).
non ci che
Giove, ma
re sono nulla rispetto a Giove .
Il pensiero procede in questa prima parte del carme
non so se conforme alla legge della logica pi severa,
quasi rispondere al
Sopra
re
far torto
re infieriscono
di
Giove.
ma
alla poesia,
contro
loro
Romani sono
nobilt,
chiaro
sudditi,
ma
non contan nulla dinanzi alla Necesche li uccide da un giorno all'altro a suo capricPerch le odi vogliono essere romane e moderne,
queste differenze
sit,
cio .
le
umane sono
gare
esemplificate
nei contrasti
del co-
vano
soli
sandria
le
erano per
Il
(1)
lecito
honores
Ad
di essere agognati.
Ales-
ad Atene
riscontro
a corcare
Pindaro.
degni
nel
sfuggito al
poetucolo
Jurenka,
Orazio
di soUto
imitazioni
mal
troppo
riuscite
sol-
di
lista di
prescelti,
s/.
657
KpoxoiTcov
La
non apriva
non
nelle monar-
generositas
poche
ad aristocrazia
sguardo del sovrano, che basta a nobihtare, poteva fermarsi su ogni Macedone e ogni Greco.
La turba clientum concetto romano la cura esagerata
della buona stima dei concittadini conviene bene al carattere di un popolo COSI severo nei costumi, cos incline
in
chie ellenistiche
lo
Un
concetto
la dignit.
unico informa,
monire
il
si
fa forte per
desideri.
am-
Cupidigia
la
di
stesse radici
posta
al
ha inteso
il
Pascoli
carme
i|ni>.sta
non so
1'
di certo
com
introauziono
pre-
G58
non turba
ci
si
fidi
chi
di ricavare
apprenda a morire
il
certamente colorite
parti pi
(fr.
di
chi
non
trattato del
470j.
all'
astinenza dal
forni-
non
honorum caeca cu-
59 denique
III
avarities et
interdum
socios scelerum
atqiie
ministros
noctes
atqiie
et
dies
niti praestante
litti
pi
labore
orribili,
come quel
terrore
sia
di
ogni cura. Per questa filosofia il piacere quanto semsecondo Lucrezio la Natura
plice altrettanto uniforme
potrebbe con ogni diritto rimproverare all'uomo di ago:
gnare
alla vita,
perch
il
piacere di un
momento
e quello
omnia
945 eadem
semper; si Ubi non annis corpus iam marcet et artus con fedi
languent, eadem tamen omnia restant, omnia si pergas vidi un'eternit
vendo vincere
sono identici
saecla,
atque
svnt
III
etiam
nunquam
potius, si
sis
non mutare?
si
pu solo
ripetere,
Il
vergogna
giar fasto
di frodare
il
il
ricco
non
659
empio colui
difficolt:
sul cui
non soltanto perch la strofa allude alla stoDamocle e Dionisio II, e quegli, come si vede
principalmente dal frammento di Timeo citato nei commenti (Athen. VI 250), era una parassita di sciagurata
bassezza, questi un tiranno senza scrupoli
ma, e principalmente, perch chiunque teme la morte, fatalmente,
destrctus,
riella di
secondo
del resto
(fr.
il
savio di Epicuro,
570), vivr in
campa-
non
veri contadini, e
intendere a s e agli
rustici nel
altri
di
uomo
voler divenire un
11
di
concetto delle
conservata da Porfirio e
un
due
animo
e giacere su
e tavola sontuosa,
ao', \)-y.^^zXv
yjlYf^i
/.al
Come
ma
k\ azt^^'/Zo; xy-Taz'.ixsv;)
Le
(l'i
y,
y.ozl-.xoy
-outcXt^ tp-i^av.
taluno
(2)
abbia
Sioiilite
xpxrtE'a
o'/.'/.oi:l%
(apea
voluto
scorgere uno
erano famoso
j^i
al
primo
Dionisio.
IDI
menzogna
di
tempo
di
scherzo
l'iatoiiu
d), torso
uriuni
sione
alla
l'untuH
(li
il'J-
con allu-
lilhartiitfHi
i
passi
l'orse ricordato,
da Kkssling-Heinzk. Del resto Orazio si
<|uanto all'espressione, di un passo di Lucrezio, dove questi asserisco
clic la natura contenta .lnciu^ senza che rllliuiar rthodiit liujutata
raccolti
i-
(iiirittaqw}
dorme
disteso sull'erba.
(2j Jii!KN-K.\,
p.
L'M:>.
elio
proprietario,
dal ricco
gione iniqua,
st'
ode,
mi par
si
scusano accagionando
la
sta-
difTlcile
uno
tutt'
600
doppi
di
sensi osceni nell' inno di Mameli. Orazio usa qui del suo
rappresentare
come ha
umana
tale
fatto spesso
pando
il
Lo
dell'abisso.
non
lui
(II
ma
il
che
buon gusto.
ripa]
ricconi
altrove
usur-
tesori di
Anche
uocpc 7J7tv,
parum
Bais
locuples continente
sarcastico: che
il
rubar terra
non
segno di prodigalit,
danaro necessario
Anche
mare costa
;
non rende,
per procurarsi
il
alle
stare fraudolentemente
e fastoso.
al
di avarizia
limiti del
come
a Baia pen-
rimprovera
ricchi
ubicumque
in
aliquem
sinum
litus
marni
feceritis,
661
separava da tempo
la via Herctdanea,
Non
rava a restaurarla.
immemorabile
appunto
in quegli anni,
h.,
XXXVI
125),
lungi di
il
come
Agrippa lavo-
dinanzi a Pozzuoli,
l,
scimmiottarono
lavori
di
luogo
guire
il
fuggente
fin
in luogo, di terra
cessi
perci
di
inse-
cavalcare dietro
sulla nave, di
pubblica
passa
(1).
Lucrezio conosce
vita a
la
si
annoiato di
rimaner
in casa,
alla
sua
villa,
(1)
Con
i-lio
non
si
in
>;!i
lianmn'
-,
fllcni-slica.
corre
cavalli,
sbadiglia
subito,
appena toccata
6Gi>
la soglia, e o
appesantito
l'oblio, o
anche
Anche
a deporre
in
si
getta
fretta si
in
Lucrezio que-
con l'esortazione
timore della morte, che di questo stato d'animo cagione precipua. Anche in un'altra ode (Il 10,
il
17 sgg.) Orazio
(1).
lioc se quisque modo fuquem scilicet, ut fit, effugere haut potis est. Ma Orarazio non elabora soltanto un motivo attinto alla letteratura filosofica egli conosceva quella malattia per triste
esperienza di amici, del grande viaggiatore BuUatio, al
quale rivolge l'epistola I 11, dove ricorrono parole somiglianti a quelle di queste odi
caelum, non animum mutant qui trans mare currunt : strenua nos exercet inertia :
che dal
egli
Romae rus
levis (2).
Ne
Davo
serv^o
optas
':
com'era,
si
fa rimproverare
absentem rusticus
quella forma,
La conosceva
osiamo
urbem
pur
(s.
tollis
dirlo,
IL 7, 28):
ad astra
di
(1)
linquit,
Segue scaiuUt
aeratati
odor
eervis et
citiosa navia
nevrasi
dif-
V. anche
epist.
1,
8 3 sgg.
663
una
potrebbe
si
epidemica
dire,
le
egli
mutationihus inquietaris
torn a lamentarsi
Lucilio
con
non
cielo
fuga non
si
ben presto
direttore di
co-
Credi
che
1)
ma
suo
il
nuova
Seneca
sicch
lui
nec locorum
ris
Nerone.
di
credeva guarito
si
congratula con
tempi
il
era detto
si
ai
ti
il
ti
e poco pi sotto
Chiedi
questa
(1).
mio,
7:pl 'jO"j|x''a;
(1)
il
(3),
come dichiara
nel proe-
quale a un tale
che
si
ma
ili
aver tratto
joco
si
lamentava
dai
,
aver impa-
di
di Socrate,
prolitto
Se l'aneddoto
lagnava
studio di
intesa convione
bene
al
So-
crate del Fedro, che confessa di essere uscito di rado fuori di porta,
perch
gli alberi
non
gli
V.
(3)
Seneca confessa
3'")9-'jjiia
iiiiis
nella
ep.
otiiiii
si
attaglia a
noiiiiiii
iiu^itre
un nostal-
55, 8.
(2,
3)
lettera a Huilalio.
luiiini
U>
traduce
utiiiios
uui-
cm
che egli tratteggia efficacemente nel secondo capitolo
chi ne colpito, assomiglia quell' infermo che non pu
trovar posa in sulle piume, ma con dar volta suo dolore
scherma (2, 6), finch la stanchezza non gli d pace.
:
invano.
Anche
fastose
sopra
la
208) com' esso ricorra gi nei giambi dei Ci(2), come al novo sublime ritu atrium
(p.
corrispondano
Phrygius
Ma
in
il
in
lapis, in
Penice
certo
axoal
le
modo,
lusso di colonne e di
il
xsipax'jXoi
'/J.%-oc,
marmi
(v.
85),
presto
fu introdotto
po-
al
rapidamente
colti e ricchi
della natura,
(2)
una
di
sj^g.)
volta con
lo
sfarzo
delle case
con
dei
demagojibi
tempo
di
Atene
et
1.5,
commune magnnm
norma
privatnx
illi
cen-
opacam
et
il
quanto celebre
pompa
troppo se
gusto. In un
rebbe stato,
665
tempo
nonch
inviso,
mal
tollerato,
il
buon
privato
dopo
sa-
la distru-
dorato
si
tempio
soffitto del
il
vanta
(II
18,
1)
di
in
un
fazioni
bri dell'opera
confessare
nel lusso
del primo
si
che suole premettere ai singoli lisua messa insieme da schede, egli deve
po' verbose
(XXXVI
8)
meno smodati
che
contemporanei erano
suoi
meno
sguaiati. Verso la
M. Scauro, che,
met
edile,
piccole colonne di
marmo
la
straniero,
Tlymettiae,
attiran-
scherno. Al tempo di Orazio il marmo dell' Hycai)itelli: le colonne nemetto non buono se non per
gli atri delle persone che si rispettano, devono essere di
dosi
(1)
Scauro
V. aiKiho Plinio,
>
ii.
I,
X.XXVI
111
XXXVII
romani, intaccata
<;i
ma non
distrutta jirima
11.
Ter Plinio
stiM|>lirit dei
ili
lui.
costunii
giallo antico
noji
()6
prcmunt coliimnas
trabes Hymettiae
il
marmo
mettias tamen.
Questo cambiamento
moda non
di
ul-
attico
////-
autorizza
Se
rio.
invece,
le.
lusso
il
in
un popolo o
il
in
mai a nulla,
una classe so-
di sfarzo
contro
lo
si
dovr
postes,
di
intendere con
che precedono,
si
marmo Numidico,
introdusse in
Roma
novo ritu
M. Lepido,
(II
il
(XXXVI
49)
78-
quali secondo
vari generi
una ripugnanza,
18) Orazio
Plinio
si
scaglia contro
incrostar
di
condo Plinio
marmo
(XXXVI
le pareti risalirebbe,
48),
il
l'uso
sempre
se-
al
pompa
proclive l'austero
eccessiva
Ca-
ligola e
(1)
667
che verso la
secondo secolo aveva tenuta Rutilio, il nobile
romano seguace della Stoa il quale, per aver combattuto
fine del
a viso
aperto
ruberie dei
le
cavalieri,
fu
condannato
per concussione.
L'epilogo dell'ode la quale comincia esaltando
di Giove,
non addormenta
zio,
nei cuori
il
potere
che mi giove-
il
fasto
sentato se qual sacerdote delle Muse, ha immaginato di parlare alle generazioni nuove,
ode di questo
leggenda che
pu qui cantar
ciclo, la quarta,
il
prende
le
di se.
Un'altra
mosse da una
pure
si
di
vantare
dove
1'
alto
sento
meno
passa
la
senza
fermarsi
primo da legami
La
al
secondo
carme, congiunto
al
strettissimi.
ricchezza
del soldato.
Il
se stesso, indipendente
estorna.
Premio
che
il
romano
moglie e fidanzata
lui:
68
dei
loro
Il
re
di
vedendo
cari,
il
lettore della
scene omeriche, doveva sentire l' epiche legionari romani menavano ai confini
Iliade, ricordando
ogni poesia.
ha senso pi lato:
romano impersona per Orazio l'eroe, o, che
soldato
lo stesso,
ancor giunto
rado
la
pena
trovava
si
si
segreti degli di
Giove
il
troppo
in
lasciata sfuggire
stretto contatto
il
peccatore.
comune, ne"
me
io
il
ciclo.
cedente la penultima
stanza
se
non attraverso
Orazio,
come
carme parla a
il
si
et
fideli
tutto
quelli tra
il
i
ciclo, cos
anche
suoi concittadini
Ma
est
le fanciulle e
in questo
che hanno
i
fanciulli.
lirica cos
difficile
in
ve-
rit egli rivolge il canto e il pensiero a una minoranza preparata a intenderlo da studi e da consuetudini di vita. Nel
sistema augusteo, come abbiamo veduto disopra, nonch
cittadini romani
tutti i sudditi di Roma, neppure tutti
i
669
Orazio
lavorava
al
suo
poema
nome,
lirico,
come ne
7),
il
diritto di pre-
comune
di
il
orrori della guerra civile, cos dai pesi del servizio mili-
Per alleggerire
tare.
gli
primo
il
un secondo
anche
legioni
nelle
annessione
sudditi di di-
peregrino, e
ritto latino
esercito di impor-
formato da
gli auxilia,
in forza di quella
di
nome, dei
cittadini
servizio militare
(1)
anni
se
tlrll'
impero
><ii.l
nn.
Viitx connivndalioiiiH si
K coul riverso
estendesse
alli*
s'
noi primi
elezioni con-
solari.
(2)
non erano
noli a
molti,
])riina
die
il
Mommsen
Catti
(|U!ili
me-
670
non
non s'intende, se
la rimiiizia richiesta
pi importante, per
il
me argomento
quegli anni
ascriversi
sodalicia
ai
Campo
Marzio esercizi ginnastici faticosi. E proprio della iuventus dei sodalicia Orazio adopra anche altrove parole simili:
come
qui
il
mente, acri
troppo tenera
dell' ingenuos
augurare
quel tempo, soltanto
:
24
la
III
mente
giovane
pu
;
in
si
metuendus hasta
il
prestar ser-
MoMMSKX,
671
cav^alleggeri iscritti
(1) non contano nulla;
non sono nati cittadini. Eques e pi chiaramente puer escludono che Augusto inviti qui il giovane
proletario romano ad arrolarsi nelle legioni. La vista
non di un gregario ma di un capitano rimescola il sangue alla fidanzata del re barbaro.
scuna legione
negli auxilia
La morte
onorevole, ne fug-
devono risvegliare
ftegmi celebri
Le
uno, di Simonide.
filosofico:
il
nel lettore
strofe seguenti
il
ricordo di apo-
particolarmente di
hanno colore pi
il
sono
che
gli stessi
seguaci abbiano
la
suoi
crosci di
mano
non
Le
pa-
role Virtus repidsae nescia sordidae intaminatis fulget honoribus nec siiniit aut ponit secnris arbitrio popularis aurae
magistrature
militia
chi
se
schiude
adito a esse
il
popolo capriccioso
(1)
, ma
DoMAs/KWSKi
{Ahh.
stato iiu'dianto
il
il
neghi giustizia
iiiaj:;fii(rc,
112) ossa
iiidii-a
II
alle
anche
(2).
tJ.
fraintoiuloiio la strofa
la
la
in ci stesso premiato,
MAIIi^rAKDl', Slddlirri-irallinni,
non
gli
candidatura
augusteo appunto
nel sistema
non
la militia, la propria
che
l'
il
MoDaroliia
(|iialo
jur
l'oniia
Ma
il
ili
-jli
Certo, chi
accolto in
glieva
giudica
)7t>
cos
alle
iia
se lo spirito
la
parte
della
loro
ragionevolezza del
suffragio
stessa diffidenza,
(juella
che
ammanta
di vita
dalla costituzione
si
ma non
meritano,
essi
ombra
un paradosso caro
di
da
nell'et repubblicana
Il
(1).
concetto
11
romani.
soli qualificati
si
fa
giuoco
di
quel
paradosso, in un
chiede
alla
MOMMSEX
siano nessi
ci
qui
(p. 172)
passi a esaltare
si
che
lirica
dice
si
il
Secondo
il
che a far iJolitica che gli onori del valoroso non hanno nalla che
fare con sudici intrighi elettorali
che egli non prende e depone le
scuri dei littori secondo il capriccio delle folle . Questa esegesi
;
per
lo
vero,
meno conseguente
ma
poteva forse
cittadino
il
uon ad
agenti
romano po-
ma-
riferisce a candidati,
Anche
quell' inter-
pretazione assurda.
Anche Epicuro,
(1)
con
zelo
curea:
la virtus
onorata.
di
(fr.
Epicuro non
187).
ai
Ma
(fr.
la
se-
massima non
qui epi-
noi
commentata
(1),
673
caso, alieno
mula, come
Ma
la for-
si
bonus
et
praeteritur, populus a
vir,
qualis
ille
feri.
fiiit,
suffra-
quam
romana
ille
sup-
anche cadendo
nelle
perch era
gi.
elezioni,
il
la Vir-
si
di onori
ad
il
le
scuri
ma
la
non
ille ]iro
Non
caten'as ricorda
soltanto di
dere Kiesslino-Heinzo
pili,
mia
ripiilaa disonorante,
fittizio si
dice (I
J,
iarpcmquc repulsam
ripnlsa. Questi
42): qiiae
ma
il
maxima
commentatori, che
oraziano, paiono a
me
savio, secondo
(iiiol
exignom cinifum
1'
altro
luofo
ohe
il
eliiiis.i
vadel
governo dogli ottimati, dalla capricciosa aura pupularii< . Qui proItriamente non si parla della costituzione mutata, che i)er mozzo della
commendano iiholisco di fatto o restringo grandemente il sullVagio, ma
lei
da
quel sullriigio.
4:5
virti,
si
reso indipciidfnic
074
ep.
Ti, 8. 11
uomo
mondo
di
serzioni che
ripugnano
al
senso comune.
di fuori,
sottrae
il
questo
La
dottrina di
Crisippo
fu
accettata,
modificata,
svi-
di s filosofia e religione
in fine
tempo
sotto
il
cielo e di
escatologico del de facie in orbe liinae plutarcheo, nella descrizione virgiliana dell'oltretomba (VI 887), in
(1) Cfr.
anche
ep.
118, 3.
forma un
po' diversa in
un passo
675
Sesto
di
Empirico (IX
ma non della
E pensiero o
73),
che
Stoa ortodossa
che,
fantasie posidoniane,
sia
riservato in cielo,
dizi
tra
il
nano anime
misticismo
solo
visibili
un
platonico in
trattato
introduce
stoico,
si
il
sarebbe
dovuta dire posidoniana, anche se non collocasse nelanime dei morti. Ora, essa collima perfettamente
con un passo di Plutarco {de def. orac. 415 b), nel quale
si parla di uomini che divengono eroi e da eroi di, come
l'aria le
la terra si
in aria,
l'
aria in
fuoco
(1) I
}^Ho dal
{'2)
NouDKX
nel
lai
commouto
Lo SciMKKKi, (MittUre
in
IIkin/.k,
al
VI (IM'
Xenokralin,
Kiuidr, p.
[neiropna
Iha
si
L'U
sj^;;.
o iiu-
'2'.).
07)
elementi
gli
tro, e
mutano
si
(1).
Da
in
purgate, raggiunsero
la
Emesa:
l'uno nell'al-
Posidonio, dunque,
in
Plutarco
Da
la loro virt
divinit. Queste
anime, pare
come
all'
eterna
vicenda delle
nascite, che
all' xTi'jptoat;
ma
la
si
purgazione trasformate
in di.
Il
filosofi,
TOi)'v
Aetio
svvotav layjov
(I 6),
xS-eiv
avS-pw-o'.,
si
distinguono varie
giamento entusiastico
si
definisce
il
dio unico
il Timeo di Platone
citato come scritto di
grande autorit, ci che non avrebbero fatto n Zenone
n Crisippo; Posidonio, invece, scrisse un commento proprio al Timeo. L'autore divide, come Varrone, che di-
ortodossi:
ci)
Jager,
GER uou
si
N^enesioa
pliitarcheo,
che,
sgg.
poich
la
Il
Ja-
suppone
sua dimo-
pende da Posidonio,
e civile.
la teologia
quest' esposizione
In
di di, ultima
gorie
677
in naturale, mitologica
supposta quella stessa dottrina dell'anima che con insigni meriti conquista l'immortalit, la quale
conosciamo
da Plutarco. Le stesse categorie si ritrovano nel Protree, con aggiunta di considerazioni assai simili a quelle di Aetio, nel secondo libro
tanto in Cidel de natura deorum di Cicerone ( 49 sgg.)
cerone quanto in Clemente gli uomini trasumanati vengono per ultimi; gli esempi sono gli identici di Aetio, tranne
che vi si aggiunge Asclepio (1).
In altre parole
Orazio con Virtus, redudens immevitis
mori promette un'apocalissi, annunzia che egli riveler le
letsorti delle anime dei saggi. Leggendo tali parole,
tori, poich precede una strofa strettamente connessa con
questa (2), nella quale la virt e
suoi premi terrestri
sono dipinti con colori stoici, aspettavano non solo un
ptico di Clemente (cap. 26)
(1)
opera
lo8.,
I,
di
Posidonio
TiepL S'Scov
dal
Wkxdi.and, Arch.
alla
f. dench. d. Phi-
(2) Il
nu-ss
da un'anafora a nostro gusto sin troppo accurata. Di ciascuna delle due stroft^ formano come la spina dorsale due proposiin rilievo
zioni coordinate
ri8 e
inttiinina(8 J'utjet
najata temptat
iter
vt
nominale
tiiH
ci che
inciso
])iri
Orazic
t>
cov-
granimaticalt? nell'espressione,
con dojipio
poiiit,
il
nesso tra
l.i
si
iuta dei
ma
mito,
meglio
un mito conforme
di quella
678
alle
scuola stoica
eletta: nel
vana
V7'tus
Somnhim
ma
e fuggevole,
solo della
in
celeste
ad venim
trahat
udam
et
s/s te oportet
spernit
humum
significa,
al cielo
contemplando dal
cielo la terra,
romano
ma
stre
(16),
grande mistico
il
libro del
meno direttamente
noti,
pensatori pi
'perch
scritti
il
de' minori,
loro
che
celebri sono
pensiero
il
si
pubblico
compensa che
di.
Posidonio,
solo
i
una scuola
la
ri-
nella
679
una rivelazione sui novissimi dell'uomo virpromessa non adempita se non pi tardi
e in altro contesto, nell' ode terza, dove si accenna, pi
che non si descriva, come Polluce, Heracle, Dioniso,
Romolo, abbiano acquistato, come il secondo Romolo, Auescatologico,
Ma
tuoso.
la
silentio
il
poeta
scrupolo di rivelare
1'
si
immortalit. Est
ripiega su se
stesso
gli
fideli tuta
et
ha
egli
quali,
come
premiano
niscono
il
l'
il
(1)
il
Ka.si:
, si
(1).
pii
so
al-
quale riforireblic quello parole, pi particolarmente, alla virt propria dell' impiegato di carriera, del procuralo)-, allo scrupolo nel conil
servare
segreto d'ufficio.
il
Ma come
il
ridisccnderebbe
Mommsen
comune
minuti doveri
degli nomini,
dell'
impiegato
conferma che, spiegando cos, non si fa onoro alDel resto fideli giUutio non poteva inl' ispirazione lirica di Orazio.
dicare intelligibilmente la carriera procuratoria neppure negli anni
nei (uali essa, istituita appena, era forse argomento !> redi letto di
discorso.
Secondo il Domaszkwski ip. 111) le ultime strofe alluIl
stesso
dono
non cadde
Egitto, sembra,
ntlcio
ma
al
le
in disgrazia
il
prefetto di
tli
yp xai [ii-xt.a.
sic, Tv A'')'{0'jjzo' TiE'.Yjpet significano solo che egli disse male dell'Augusto a maldicenza pare alludere anche Svetonio, dove (Au<j. 6(>)
chi-
|xv
li
Ufi generica.
spiegare
il
testo,
poi,
il
il
sovrano
Domaszewski rinunzia,
confessatulo che
il
in
fondo,
()H0
culazione mistica di
ma
moderni,
filosofi
della lirica di
stato notato
da
molto
tempo che est et fideli tuta silentio merces riproduce letteralmente un verso di Simonide che Augusto adopr pi di
ima volta (fr. 66): eat: xai ^ly: 7.''v^'jvov yox;. Ma quelle
parole tornano poco mutate anche in Pindaro Tfr. 180)
:
Non
s-jf)-'
sappiamo bene,
nici
ma movenze
conservati
Olimpica
ce
fanno sospettare.
lo
non
Nella
seconda
si
riprende
il
gomito dentro
(v. 91):
alla
bisogno di interpreti
La
a mezzo un'escatologia.
di offender
quinta
la
Nemea
cacciasse in
s'
ma
(v. 16).
il
il
il timore
chiaramente nella
pi
bando Peleo
per
piet, espressa
che hanno
gli iniziati;
Telamone
Seguono parole
Mi fermer: non
t'autastiche e assurde:
iui-
Domaszewski intende al principe. Ma di doveri verso V imperatore Orazio non pu far parola, perch tutta la
l^rima parte dell' ode si riferisce al giovane cittadino di buona casata, non al sovrano. Il Doniaszewski non si cura di spiegare i carmi
nel loro complesso, ma, strappata dal contesto qua una strofa, l
persoua la Virtus
, e
il
ma
il
Unico tra
passo L.
al
nesso
solo
gli stranieri,
Pppelmaxx
in
da una citazione
681
volto, e spesso
il
il
pi savio con-
immagini a
isdem
quasi luogo
che questo
bile
sacncm
sit
comune
proba-
poesia fosse
della
svolto gi
che saepe Diespiter neglectus incesto addidit integrum concetto, quanto estraneo alla filosofia ellenistica, altretlo Zeus di Solone
tanto familiare all' elegia pi antica
:
ma
aspetta a punire,
se
il
colpevole
x:vo'jjcv
Yj
castigo
il
^ars; -o'j-fov
7,
i^o^r'ao).
Y^^''^^
che essa k
riesce
se
per primi
Solone stesso
gi
A'V.r],
xpvo) Tiv-to;
y,X{)-"
Tior.ao-
|iv^.
proprio Solone
muove
liari
in
una cerchia
pi
air elegia
immagini
prima e
le
mente
lettore
il
tivi lirici,
e,
di concetti e
antica.
terribili
Pure
l'
poi,
si
di
scuotono
irresistibil-
Orazio risente profondamente quei moperch l'anima sua era pi congeniale agli
:
non
ai
filosofi
mistici, la chiusa la
il
carme.
gata con
perch
greca e
La
si
alla lirica
lo
la
ultime
la
prima, appunto
tagliano
brusca-
682
il
prende
nuovo
di
le
il fulmine
di Giove lo smuovono dal suo proposito (l). Quest' dottrina generale di
anche il savio di Epicuro non ha ratutti gli Stoici
gione di temere le cose di fuori, che egli, anche disteso
suU'eculeo, anche chiuso nel toro di Palaride, beato
epicureo non tenax propositi.
(fr. 601); ma il sapiente
Invece
il
comune
droneggiato. Lattanzio
il
(fr.
che
Greci,
compiacciano
si
rosi
solida
vir
voltus
di
instantis
quatit
ad omne
stet
illic
licei
gusto
si
confessa
AUusioui politiche,
(1)
Secondo
il
il
di Azio.
Mommsen
(p.
Ma
particolari
;
d'
iu questo principio
non ve
l'Adriatico
so scorgere.
Aunominato a cagione
Augusto non stato mai in
non tornano
sarebbe
le
tiranno, Antonio
balia di Antonio
testo
ca-
pidchrum
di
che persevera
parole non
le
depelli.
esalta-
gli
essi asseriscono
non
si
pensa ad Azio.
si
il
mare
pii
tem-
di
si
683
ma
si
dichiara di saper
stanza
viri
(95, 71):
sit
nocciolo dell'animo,
l'
dichiarando questo
intelletto,
in-
non
ferma a lungo:
si
si
affretta verso
il
due
motivo
mezzo
(1)
(2)
mortale
il
Ci)iu iiotain
amici,
altro
mezzo n espe-
immortalit, solo
all'
nnooere
ai
pur
di
notnii'i.
in
aiif^ina clic
si
il
'
la
tessa,
il
pensiero
diverso.
(2)
Fa
i)oiia
veder
hi
.liirenka,
buon conoscitore
di greco e di
s'anche
lire
il
una piacevolezza^
eliiariia
Ileratii'
li-
colore comico
|iy;5(avy,
fVpa:j)|ia-/xvoj,
for-
vuol
84
dove
Augusto trasfigurato solo viaggiando instancabile per il mondo, Dioniso, nato mortale,
merit che le tigri indocili traessero un giorno il suo
faticose peregrinazioni, raggiunsero le rocche celesti,
gi riservato luogo ad
Marte,
all'Acheronte,
con
concesse
parola
giorno
il
di,
profetica
Troiani,
il
ricostruire
aviti
gli
Troia.
motivo
dell'
come passaggio
quasi solo
alla profezia di
Giunone. Gli
Posidonio
(1)
che pure da
che
il
manca
come manca
Asclepio,
in Aetio.
di civilt
z'altro, e
veneravano
Greci pi antichi
iHiz.
/.pw:
ma
in origine
quale
d-t;
il
sen-
India;
lui nei
ombra, aveva
il
nio di Giunone.
Ma
cui
(1)
V. sopra p. 677.
di ritenere che
Orazio
nome
e,
il
suo
oltre
lo aiuta
gi prima di
rjoo);
al
nome^
nome prometteva,
giunto Romolo,
rinunziato
di
^tz,
Augusto, ha ag-
a passare
lui la
dicendolo
al
religione
un
vatici-
romana
pari degli
di
conforme
685
come
nomi
Cicerone
aveva inalzato
lapio, Libero,
Romolo
in cielo
Ercole,
stessi
gli
in
cielo
Quirino
Ercole,
qui
Esculapio,
Libero,
ancora una
T^spl
volta
che
hanno collocato
Castore,
ritornano
Polluce,
nomi
degli
aggiuntovi
Posidonio,
di
O-scov
Dioscuri, Escu-
meriti loro
Romolo.
L'apoteosi di
Romolo era
primo
libro degli
nelle Metamorfosi
(XIV
485),
(II
(1)
Cfr. epp. II 1,
")
;
in
carni.
cano
^2)
IV
<S
;ii;j;iiiiit()
Vorjj;., Aeii.
VI 801
Kaco, vedremo
sgi;.,
dove
iiiau-
Dioscuri.
Alabaudo,
primi qui,
Tenue,
appartouf^oao
Ino-liiMicotliea d l'alaenione,
tutti,
<lualltunt|ut^
Ino e
il
ajjjiiunti
liglio
si
ai
dicano
nligionc veramoute
.sentita.
babile che
il
tolles
686
dere letteralmente, e
si
Romolo
o Quirino
Horamque
venerar
Acheronta
equis
fiigit
Quirine pater
(v. 117),
Romolo
invochi
Quirini,
(1).
la pre-
indiato e la
come
senta
il
tradizionale
Nel de republica
(2).
(Il
20),
che
colle.
di dubbio,
come parte
supposta nota,
(I 3)
chiede ad
quella
Romolo apparve a
lulio
19)
impone
venerare
ai cittadini di
ollos
liim
di porre
Qui-
lista
generalmente accettata, se
rino,
(1)
Ca-
doveva essere
si
poteva osare
il
Yaiilkx a
p.
clxv
della
Al
che
non
ha badato
sulhcientemeute
WissowA,
i?eZf-
155'.
687
me
questa per
ma
iare (1),
la
mina un luogo
del de
ofjficiis
(III 41).
giunge, se
si
esa-
si
Romolo per
il
fratricidio, vuole,
l'
cavit igitur.
pace
vel
non serve
qui,
come neppur
il
La
pec-
7:oX'jwvj[ji''7-
dio invocato,
ma
a rendersi pro-
come
si
tificazione di
tempi
di Cicerone,
era gi tradizionale ai
apparsa a Romolo,
la
un
gi per Ennio
Checche
si
Romolo
me
si
tale
verosimile che
sto-
quale doveva
certo
Romolo;
che
egli
memoria
promettesse ai Romani
come ne informa Servio
la
distru-
{ad Aen.
forma
maggiore canzone
e
e nuovi.
(1)
di
gesta
Suo
anche
il
di
dell'antica
Roma
Giunone sono
ma
originali
II
{VI,
non ne ha
ncssinit
688
ria futura di
dice
in
polvere
gi sacra alla
Ilio
Laomedonte frod
Paride e la casa
gli
di.
Ma
Priamo non
di
sono
pi.
volta,
torneranno
stessa.
Giunone, guider
il
le
schiere nemiche a
Ella
vittoria
tre volte
solcata
di
fiamme, come
rida
(2),
gli antichi
s'
(1)
cfr.
le
(2)
y. sopra, p. 473.
1,
25.
689
repertum,
et sic
ceiat,
spernere for~
Giunone profeta
vaticinio.
di
innanzi a essa
qui
al
stessa,
stender la
mano
sulle ricchezze
consacrate
templi
ai
ritia
di
l'et prisca
inventato
avessero
dello
l'arte
scavare mi-
niere.
La
profezia di
Giunone
ju
1)
(2)
i)er-
Ikixzk.
solo
<li
rapicnlv
;\
oufiere
devo sottiuteinlero quale complemento innnm intpcrtum. Molti iiiteiuiouo omne suerum della riccUezza celata ancora
nella terra, ma omne paro riferirsi a (puilsiasi cosa sacra .
Per
kiiiiKinos in
usuv
si
il
MoMMSKX
che non
41
tassi
siulditi
ioesia ([nesla
.'
die Ivoma
ilomina
ji
69f)
sol
nuovo tornato
(1).
di arte:
una collana di carmi civili romperebbe troppo violentemente l'unit un carme destinato quasi tutto a vituperare appassionatamente un disegno del tutto fantaGiunone farebbe una magra figura, accanendosi
stico
contro una Troia che nessuno pensava a far risorgere.
Qui il Momrasen (p. 175 sgg.) ha veduto giusto Orazio
respinge il consiglio di gente che, riprendendo un disegno attribuito con ragione a Cesare, voleva trasportare
in Oriente la capitale dell' impero, trasformando cos anzi
tempo il principato romano in un regno ellenistico. Il restauratore della romanit temperata, Augusto, non prest
orecchio a costoro; ma quel pensiero cosi avventuroso doveva essere diffuso, se non a caso Livio, in un libro dell'opera sua composto proprio in quegli anni, pone in bocca
al leggendario Camillo una lunga ed eloquente orazione,
nella quale, l'ichiaraando gli obblighi che congiungevano
Romani con il luogo della loro citt e mostrando vani
taggi della sua positura, confuta chi voleva trasportare
a Vei la sede della repubblica romana. Un discorso di
quel genere non pu essere attinto agli annalisti. Sulla
interpretazione del Mommsen, accettata ormai universalmente (2), non vai pi la pena di spendere parole.
in
(1)
tra e Antonio
(2)
st'ode.
Kiesslixg
il
famosus
il
liospes
simboleggino
Cleopa-
documentata
uell'
La
691
profezia di Giunone
abbiamo
quanto
detto,
non per
che noi non scorgeremmo probabilmente qua e l reminiscenze enniane, se gli Annali fossero conservati almeno
pensiero e a
invenzione di Orazio
stile libera
sieme con
resti di essi
classico
l'una
delle
certamente enniani
che per queste ragioni stato giustamente rivendicato agli
xlnnali (302 Valli.) Europam Lihyamque rapax ubi dividit
linda Orazio a quel verso avr pensato scrivendo
qua
altri versi
tema
commentiamo,
il
suo dire,
di
un'altra.
(1)
Quanto
abbaglio del
ai
Mommmkn
(p.
180)
sucoudo
lui
Armenia.
tani
Ma
lei
gli cxsiiles
regni altrove , e
sono
da Troia, dominatori
(li)
.IlKKNKA,
p.
liity.
del
lioniaui,
mondo.
si
un
unaUbet essuhs
y^rosso
in
ptirlr
riferirebbe ad Artaxe di
banditi di Troia,
e, lncln- l)n-
692
L'ode quarta
mente come
la
di udire
gannarsi
si
aiiditis?
(1).
Orazio par
di udire
ma teme
ai quali finge
anche
pur
di cantare, se
proemio
si
\j
suoni
di in-
auditis
giovinetti
ai
suo pubblico giovenile, e non al collegio delle Muse (2). No, non s'inganna: davvero egli
si vede trasportato sui monti, sulle alture che coronano
la sua
il
Venosa. Col
lauro e mirto
balia
al
dotta
il
di
pastori
Muse: sacro
alle
Muse
hanno protetto il
quando un albero
Filippi e
una
in
fiera procella,
rischio
(1)
loro favorito
rotta di
si
d'infrangersi
nella
contro
gli
lo
scogli
trasportava,
lucani.
Esse
veaieiite a
niera.
Ma
Mnse,
tibia
di
nave
stra-
Musanim
a quello di Orazio
pangit melos, in
Lucrezio
un contesto dunque
(II 412,
assai simile
505)
il
plurale,
JUKEXKA
299).
proteggeranno
693
il
tra
barbari pi atroci;
sare,
castigo toccato a
il
la forza cui
violenza bruta
lo
La
prova che
sulla
di ed eroi violenti
ai
prodigio
il
sua
della
giustamente
che fu trovato
tra
il
giunco e
il
meno
un pubblico
colore.
Ma
di lettori fin
docilit di fantasia
prima giunta
lo
bagnato
spunto
VI, 54
{01.
nascita,
poeta poteva
il
lamo pindarico
che
si
come rilevano
Orazio ha preso
Orazio
puerizia,
sg.),
nascosto
molle corpo
il
Nella
scena
di
com'
ripensi
troppo colti e
egli
scrivesse per
critici
essa prova
maggiore
di
uomini dell'et augustoa. L' idillio montano, collocato in mezzo tra la sublime profezia di Giunone e la Titanomachia, deve riposare un momento in
immagini
(1)
agli
alpestri lo
Po(;i>
cliiaraiiiiiiitt!
volta
(2)
si
commiMito
il
ferma sulle
mif^liorc.
laldira
Xelia
ilei
pie-
<{1i
il
.Icukxka {\. 30()) veda
che gindielii canzonatoria la
piccola, che ^nardam il miracolo,
menziono
dei bor^hesueei di
per colmo,
ioii
siile din
Willdehl
'>
ejjli
(tittil
nidiis e huinilia
(iiiimomis infiinx
mit Verlanb
linguajjjti'o
dire.'),
che,
pi familiare
li.-l.i
ii>
passaggio
Il
^<
Vostro
vostro,
scena seguente
alla
Camene
sono,
io
dovunque
694
viva
io
e s'intende
un po' faticoso.
da quel giorno;
nominano
, e si
le
residenze
come
enumera
suo
dio,
somno gaudet
et
umbra. Poi
Orazio
lora la pazienza e
il
dell'
mente
(1).
vestt'is
erits,
il
pa-
lium
et
datis
sintattiche
(1)
pone
mera
Il
il
i
gaudetis
dato
et
catene, per
le
cos dire,
strofe
Nulla mostra che Orazio abbia qui avuto presente, come sup-
JuuENKA,
il
passo di Alcmane
(fr.
porre grottescamente
che
il
il
Jurenka
il
costretto a supil
greco,
Jurenka non ha
egli
che
con
precedenti che
le
pena.
principe desideroso
antri
il
695
di
pace
(1),
si
avverte ap-
accogliendolo
il
loro
nei
riosamente se stesso
Ma
III 25.
le
danno
anche sapienza, quella sapienza (2) che consiste nella misura vos lene consilium
et datis et dato gaudetis almae. Augusto, caro alle Muse,
clemente. Il principe si compiacque di questa lode, egli
che quasi in principio delle Res Gestae si vanta della mitezesse
protetti
loro
ai
za
Roma
cittadini, verso
gli stranieri
di
(3) esercitata
esigeva:
I,
13-15 [B]ella
salvezza
la
mari
terra et
c[ivilia
[superstitib]us
externas
gentes,
tufo
quibifs
(l)
A me
Augusto, ogni(inalvolta
Hkinzk
si
Aurome vogliono
di pace,
:
all'ari di
stato, cercava
ye Orazio
si
sia
ricordato
Nonostante che
semhra dubbio.
del
vanto
pensiero
il
lascia
(3)
ii\
come indovinare
Il
riscontro con"
DoMASZKWSKi
menza. Che ci
monumento,
(p.
22,
{l'ijlh-
VI
Orazio
la
.li
sapienza non
nominata,
mala
al lettore.
monuintiilutn,
evidente,
non autorizza
il
entri poi
III
il
1I(> 8g.)
che Pindaro
vantata nel
Augusto, ne
Sesto
il
o,
peggio,
formula esattamente,
Orazio ha detto che le Muse go-
pensiero, se lo
No
diviene ridicolo.
dono del
Pompeo
G96
lene consilmm, e
si
il
il
odere viros
eterne,
e,
perch
eterne,
si
dell'
applicano anche
1'
(Ij;
idem
moventis.
all'
assalto
Occidente, di Cleopatra e
Antonio contro la romanit. E, fatti accorti dalla menzione di Augusto, i lettori avranno inteso
l'allusione; ma pi che allusione non . Il fregio pergadel suo drudo
pi
precisamente la sconfitta
bene ordinato degli Atta-
Orazio aggiunge ancora testimonianze alle sue sentenze le pene inflitte a coloro che furono violenti con-
lidi.
armoniosa, del pi complicato epinicio pindarico. La favola della Titanomachia contiene, per cos dire, lo ab-
biamo gi veduto
come spesso
di sopra, l'illustrazione a
ducono e conchiudono
(1)
Come
queste
mortalit, sa solo
altro,
una sentenza,
il
parole
la
narrazione
ijossaiio
DOMASZEWKi
il
(p.
successo
buono arride
697
almae;
consili expers
vis
il
Hierone
in
brilli
oopxs
consiliiun iene
del consilium
'OXujxTOwv
xv
le
proprio lo stesso
alla
se essa
vis,
di
ci
vis
consili expers
posto, vini
Zi
t Zz yj.ioz
Orazio
X7.\xT.t'.
93
-o:x'!a e v.
proprio la clemenza.
Il
vis
il
suo op-
temperata h
meno
ar-
quale
ama
di
il
passaggio
ghiaia
l'onda,
ma
scorrendo,
sommerge
inchiude in se anche
il
la
talora
'<
ghiaia rivoltolandola
concetto di conto,
>>
;
come mostra
a provar vera
la celebre
sentenza sulla
(1) (.^tiiosto
lai
(2)
(I
il
FuACOAUOM
llli).
<'soin|>i
legge di ogni
Heracle, che
cosilal to iirociMliiin'iilo
altri
iK^lla
ili
di
altri
tifi
uno
ili
smio
l'indan
fitMioro in
liici-olt
I
ITiii.
FUAtrAuoi,!
cm
aveva
nome
in
di Gerioiie
Ma
-eyjia'^oiia'.
non solo
'Hpay.Xo;
l^'^r^irjr^
intenti estetici e
pensare a Pindaro
Orazio
mezzi
109).
stilistici
fanno qui
anche
si
La Gigantomachia
(fr.
15), la vio-
grandezza;
,3:'a
asserisce che
B' TTxav
T'.;
uno abbia
[Xtc-/ov
fitto in
vince
la 'Ha'r/:'a
sua
La seconda
di
-/.al
xtov ivcXarj,
xapo:'a
u^piv Iv avxXo)
Tct-el^
cuore
tracotanza: tu
la
-pay^sta
e tu,
uanc-
quando
ira
come
si
fa
non nella forma, assai simili a quelle oraziane. Pindaro enumer dei giganti soltanto Porphyrion e Typhos;
da Orazio Typhone nominato nel primo verso, Porphyrion nel secondo. Ma egli ha allargato il quadro,
fondendo in un' unica schiera di creature immani, che
siero, se
tentano
di
dar la scalata
cielo.
al
il
dell' abisso
contro
(1)
SecDudo
il
JrKEXKA
forse gi
i
vari
Olimpi erano
gli
fusi
in
una
(p.
il
merito di aver
confrontato
consili
il
expers
Orazio riprodnrrehbe,
V) yp t ^x?v9-axv spgai xs
fraintendendoli,
riia-uaaa-.,
vv.
6 8gg.
in cni x [xa-
S-ocxv indica,
d'
il
passo pindarico.
699
Giganti, come a fatti noti, hanno in mente una Gigantomachia epica, secondo ogni probabilit quella stessa
che ApoUodoro (I 36 sgg.) (1) rinarra per filo e per segno.
Come mostra l'accordo tra la Biblioteca e Pindaro {Nem.,
I 67 sgg., VII 90), gli di non avrebbero vinto a Flegra
senza l' aiuto di Heracle, che uccise Alcyoneo [Isthm.,
VI 32 Nem., IV 27). A quel poema attinge forse anche
Orazio. Il combattimento di Encelado contro Pallade era
celebre nella poesia e nell'arte arcaica, appunto perch
;
meno noto
ma
e non di testa
lo
Ma
anche Orazio ha avuto presente un' altra Gigantomachia, a Pindaro egli si ispirato per le sentenze,
se
La scena
di mostri,
nudi o corredati
se
le
illustra,
in Orazio piena di
non a
di epiteti
immaginiamo saldo
sulle
il
modo
movimento
di
il-
nomi
un po'generici. che
chi sa delle
per
(1)
l'2l>
N'oli
il
((i'i</<i;i/(i(
ApoUndoro.
ii.
rHnnen,
e matrona luna
non
brilla fulgido di
ci
7(K)
dicon nulla,
ma
pur tra
Apollo.
due
etnici
bellezza
gli
di
aggiunti
nome
suo
al
un
vista
Pizia
po'
(v.
39)
-xpvav cptXcov.
Ma
la strofa oraziana,
volte pi evidente
esprime
AiloC vxaaoy^
A-jx^e xxl
meno
nimquam humeris
il
passionatamente
l'
"
austera, mille
positiirus .arciim
che
effetto
Ilapva'jao'j
(I>oT,j
il
suo infuriare
Tu
dalla
del Parnaso
di vita ellenistica
il
in Lt/ciae tenet
dumeta
Il
nudo
->
diviene
(ini
li
Lo scarno
lotta.
capelli lunghissimi,
trasforma qui
A'jxts si
qui
stia divosqne
et
sereno.
L'argomento
Rasi
dei
peccatori
delle sentenze
{Bull, di
di
mss., in tutti
non
necessario scrivere
Gjas nel
testo di Orazio;
Quando
CTygii>
Centimano, alleato, protetto, sgherro di Giove, qual nella TeogoGigante esso , oltre
nia, si sia mutato in Gigante, non si pu dire
esempi nell'articolo
che per Orazio, per Ovidio, Seneca, Erodiano
del Weicker {PW VII 1966). La somiglianza di suono tra riya? e:
r'jyr,;
pu avere agevolato
la trasformazione.
del poeta
mato
701
testimonio Orione,
la Terra, di cui
destino di essi
Giove ha coperto
piange sul
figli,
dell'adoprar
l'audacia
pindarica qui
suoi
e fu do-
cambia
costrutto
il
due
terra in
sieme ramosoel
quarta
piangere alla
(v. 14) e
di
nella
nona
cos nella
Libya
insieme
e paese (1).
divinit
Non
Tityo
che
fu
IV
92), in cui si
lv iv yrrx-']) ciotxtwv
s-'.a'j-.v
spaiai.
Ma
il
narra
Artemide
di
tando,
abbia
, o-^oa -:;
Romano, can-
[)ur
sumar r Etna,
si
rammentato, come
suoi lettori
di
allora, della
di s quella
prima Pitica che anche sopra egli ha sfrutGigante sepolto non sia nominato, che non
Che
tata.
il
neppur
sia
detto se l'Etna
ne ricopra uno o
pii,
non
importa.
(Ij
il
Il
quinto comincia
C^>iiosti
il
il
pre-
fsciniii
sono
rilali
Come
(l:il
il
fulmine
rK.vccAUoi.l
(l
di
V^'>),
Giove
70-2
noi
impero Brinon
.
divinit
donata dal
di
Parti
La
promessa
tanni e
popolo ma acquistata solo per meriti propri rispondeva
ai convincimenti del principe, che, giovinetto, fece voto
la credenza
di conseguire un giorno gli onori paterni
dio presente
il
all'
ra-^avET;,
pii vi-
pensiero della
Il
concetto
il
potenza che
Roma
rin-
Roma
e di ci
che in
Roma
era pi sacro
(2)
que-
Fa
senso
violenza al
delle
letterale
parole
chi (3)
scorge in questo carme un invito a rinunziare alla ponon dissuade il sovrano da spedilitica di conquista
:
che
rica),
ma
alluda a
nati prigionieri
sta,
fatti attuali.
che
moderni, introdurrebbe
(1)
(2^
Avevauo
p.
fine Orazio,
nomi-
l'antico eroe
di
178 sgg.
il
loro.
Te-
Roma
703
Un
vinti
consente
forse di spiegare quest'ode meglio che non abbiano fatto'
sinora tutti, credo, gli interpreti
Tiridate, cui Phrahate^
di
5) ci
Augusto, che in
plicandolo di ridonargli
pegno, un
il
Phrahate sottratto
figlio di
Phrahate
padre.
al
figlio
ria sicuro
del 27.
La
Augusto
ma
narrazione di Giustino,
incerta
ci
nei
laggi e
partico-
modo
ancor prigionieri
Phrahate
se
ne
sieme con
figlio e
assegn
sostanza; e a ogni
gli
libert; rese a
Il
part per la
aiuto,
il
di
troppo
di
Cassio
si
le
che compenso
Allora non
si
giunse a conclusione
com' noto,
restituiti
ban-
nel 20,
Non
Parti chiedessero
cambio denari, che auro repensus nell'orazione di Re Bei soldati da riscattare a peso
golo atroce ironia
in
d'oro
; forse
gionieri, i)ur
i
particolari
(1)
riavere
(li
non
Mo.M.MSKN,
si
pu,
re gcHtac^,
il
figlio
del loro
ma
solo se
l'
sgj.
si
re.
Indovinare
narrazione
di
forza e sapore
di quegli
(Giustino,
:
704
racconto
il
di
Regolo
exempla
tratti dall'
antica
storia
acquista
presente,
il
che Augusto,
Orazio
la
ma
uno scambio
di prigionieri
steso la leggenda, de
perfino di parole,
off.
39
e III
come vedremo
tempo
doveva
si
esser formata
(/jer.XVlll) (2j,
un
99 sgg., vi
subito.
de
due
accordo
Non che
offciis
Orazio
gi in
una tradizione
quel
costante.
si
trovava nei
posteriori,
modo
se stesso (4).
(1)
Un
Il
confronto con
luoghi
la
nel Ituon
articolo
del
Klebs,
7F II 2088 sgg.
(2)
z'io
(3)
(4)
il
Klebs.
705
duto
legate dietro
il
tergo libero
port
L'eloquenza
le
Cartaginesi.
ai
di
tro se stesso.
Secondo
quale
la tradizione,
ce la
riflette
Cicerone
ma
proposta,
esprimere
rifiut di
la
il
nemico da un giuramento,
non era pi senatore (1). In Orazio Regolo si accorge
di essere capitis minor, di non aver diritti, al momento
che moglie e figlioletti gli porgono il volto per il bacio
Ma invano egli incrudelisce contro se stesso il consUium
Hiuiquam alias datum e la morte, a cui muove intrepido,
10 rifanno degno di Roma, ed egli si avvia alla partenza
avvinto
al
</regius exsul.
Anche questo
ih-
'inoiii
off.
relineretar
farsi
pa-
confronti
si
Orazio
:!!
pyopin.qiii><
et
alqniscicbattinarnibihailxinistorior
pararci,....
Juit.
prupiiKiiios
ci
ra II te III
popuhini
rcdiliiit
iih-
la via a
(1)
straut)
l'In'
siiliild
dopo
(',u;li
ilia
iittiii'^e,
coilejilii.
il
sollecitatori,
che
pari-ro lilVrito
narrava come
l{ej;olo
lo
iliaiizi
si
\c-
premono
7()()
doveva
una
delle villeggiature
essere
sentito quale
sarcasmo contro
gi
d'allora:
si
il
di
Roma
L'ode sesta si collega con la precedente, perch ambedue sono animate dall' indignazione contro
costumi
dell' ultima et repubblicana e dall' ammirazione per la
santit degli uomini che abbatterono Cartagine. Ma in prin Tu
cipio del carme Orazio prende un nuovo abbrivo
sconterai, Romano, delitti non tuoi, sinch non riedificherai
santuari che
tuoi padri hanno lasciato cadere
in rovina o consumare dal fuoco . Queste parole mostrano
che Augusto pensava a ricostruire i templi, non escludono che egli avesse gi messo mano all'opera. Tu regni nel mondo, perch sei umile dinanzi alla divinit .
Qui l'apostrofe Romane si allarga repentinamente: Bomaniis non pi n soltanto n principalmente il cittadino
della generazione presente, la quale anzi non ha ancora
adempiuto a un obbligo santo. La pax deorum spiega la
i
fortuna
pio
tutti
lia .
-i
incredibile di
gi per Polibio
Roma
Romani sono
c'.aioaLaoviaxaTO'. fra
qui
cedente,
si
riaffaccia
le sconfitte
I Parti gi
il
partiche,
ma
in
pre-
variazione nuova.
nostri
non
da regolari auspici, e vanno orgogliosi del bottino conquistato su noi . Monaese e Pacoro mostrano che
non si allude a Carrhae, ma a pi recenti spedizioni di
Antonio da Crasso in poi gli di ebbero sempre raag-
favoriti
gior ragione di torcere
espiata
ma
volto da
Non
suscita colpa.
il
707
Roma
non
auspicatos
sta
la colpa
significa
in preciso senso
non
sol-
sacrale
degli di.
placa
superi.
Come
operando
la terza strofa
piamente,
riferisce alle
si
in-
felici
guerra civile
la quale,
esatta o
(1),
ma
che, trasportata
Roma
Antonio
scom-
Egizi
e,
i
stessi, sudditi di
le famiglie,
Erra chi
(2)
un trapasso na-
turale e perspicuo.
La mancanza
piet e la profana-
di
le due radici, fitte ormai profondamente nel suolo, del danno e della vergogna presente.
Le stesse generazioni, quelle dell'ultima Repul)blica, che
non badarono pi alla religione, violarono pi sfrontatamente la santit dei costumi. Anzi, come la stessa parola santit mostra, il non aver riguardo a vincoli di
famiglia, un peccare contro la religione, perch il ma-
(1)
(2)
ili
V. sopra
Con
(|iiost'o(l('
Huiuor
il
Il
1).
2S.
.liKKNKA
()).
voltila volta
IJOh.
il
C!lit<
iliri>
Satiicutoii
di
un
i"
iiitcproti' ilio
un
rorcn
liiliciisw iir<li;riu
708
messa n diciamo pi
crale,
il
rosario
comune, societ
in
sa-
chiaramente che
il
il
domestica,
quale impedisce
al matri-
di conseguire il suo fine, cagione per lo pi anche della sconfitta militare: fecunda culpae saecula nu))tias
primum inquinavere et genus et domos : hoc fonte derivata
clades in imtriam populumque fluxit. Quacchero Orazio non
monio
era,
di
il
matrimonio le
non dico coglie un momento in cui il marito sia distratto o addormentato per
concedere abbracci furtivi a un giovane della sua condizione e di sua scelta, ma con il consenso del consorte
bene informato, che siede al suo fianco, si leva da tavola
mercantile o di un
al cenno di un capitano di marina
venditore ambulante arricchito.
La strofa seguente mette di nuovo sott'occhio quel
legame tra buon ordine e potenza di guerra che gli interpreti non vogliono concedere a Orazio di esprimere, e
serve insieme a passare dal quadro della famiglia moderna cittadina a quello dell'antica famiglia rustica, dove si
viveva austeramente di lavoro, mentre il padre combatteva e vinceva per Roma. Le parole della quartultima
strofa richiamano ancora alla memoria l'et delle guerre
scive
(1)
e le
mette
in serbo
sinch
(1)
Romani facevano
della danza,
sono evidentemente
xaxTSXva
129)
come
la
Romana
si
veda sopra
oy^r,\ixzo(.
nn epigramma
incestos
della
citato
amores de
tt-
709
Roma
assoggett
mondo
il
non
Punico P/jn'humque
Antiochum Hannibalemque
cecdif
vanga
vesciare con la
et
ma
dirimi (1),
paren-
ingentem
maschia
le
e,
madre
carme
Il
severa.
un grido
finisce in
angoscia
di
nostri
Ogni gevar-
figli
ranno meno di noi. Roma sull'orlo dell'abisso . L'ultima strofa, checche se ne dica, non contraddice alla
secondo la concezione comune degli antichi
prima
le colpe si cumulano, perch ogni generazione eredita
:
non
espiati
Forse
precedenti.
delitti delle
proprio
in
editto
(2)
il
censore del
cit-
il)
Il
.Ii'itKN'KA
[[>.
re
o sostiene (he
lo
(2)
Gellio
(.3)
Come
(I
ma
dimostrato (8);
di t^nsto
vtMlt>
Annibale
chiama duccm
SOt)
ima
che
gli
me pienamente
in hujcitlem Anliochiim
lueiititi
npininno con
un
])asso
aveva nn oc<li
(iiovcnale.
riferisce Svetonio,
Luj.
Sii
et-
no const-iva dno
tratti
(?).
Come ha
tentato
Paulo
Theodor
.d'ii;-,
KliifjrMitzt'
Momiiixcii,
sjjjj;.).
din .liiyuxlus
I
snoi
Mai-
arijonicnt
naturale che
in
il
in
intromettere
di
favore
il
suo dovere
il
una mutazione
di
il
diritto
persuadere con
tentasse di
pubblico a compiere
propaganda
della
sovrano, prima
il
buone
710
le
fallimento
nel tener di
vita,
neppure
cipe
di
egli,
chiaro
il
libert
dire
come
molti tra
rischio a cui
goscioso un
Con
personale.
che Orazio
si
sia qui
andava
Romani,
se
incontro.
fosse
ci si
sogna
migliori
ammonimento
non
ci
il
II
vedeva
grido an-
profezia di
male
il
un
ciclo delle
odi nazionali.
me in buona parte incerti p. es. motus (laceri gaiidet Ioninon allude certo allo stuprum^ qual definito uella legge Giulia,
a una precoce educazione al futuro adulterio. Anche il tempo del-
paiono a
eoa
ma
l'
ode III 24, nella quale si esorta chiaramente il sovrano a promulsenza scrupoli di libert leggi sui costumi, tittt' altro che
gare
sicuro.
CAPITOLO QUARTO
Odi giovanili e canti delia maturit.
I.
Le odi pi antiche.
carrai raccolti nei primi tre libri sono stati composti,
come
si
breve giro
tempo
mancano
stile
dal sen-
timento
ai
si
di anni,
tra l'uno
odi
si
lirico,
le altre
ma
lo stile,
per
l'arte,
per
il
per
il
essenzialmente diverso,
in-
tendo parlare delle quattro o cinque odi nelle quali Orazio prende lo spunto da Anacreonte, quantuncjue di queste almeno una, I 23, si manifesti antica anche in certa
libert ritmica, l'iato tra
quale
il
riche, a
poeta ha
in
il
ferecrateo e
seguito rinunziato
il
gliconeo, alla
che queste
li-
pono l'unit del canzoniere, poich Orazio perfettamente riuscito a tradurre in stile e ritmi lesbii la materia fornitagli da Anacreonte (l. N^ voglio dire 1' ode
(1)
V. .sopra p.
ISl.
epica,
71^2
anche qui
indizio di antichit
meno
lo stile.
ancora un
una
ziare
neppure alludo a
nuova:
mia
si
(juale
di esso, e
tanto
che
un metro sino
suo
nome
allora
nuovo
il
somighano
si
altre,
si
tra loro
;
sizione distica,
non
tetrastica se
ma
non
di
in
quanto
quattro
il
numero
di partico-
archilochei,
delle Odi solo in questi due componimenti, mentre frequente quale primo verso di epodi archilochei, e forma
il verso lungo in tutti gli epodi oraziani, tranne i primi
dieci,
composti
invariabilmente
di
trimetro
dimetro
la
e quale
una tetrapodia
di
713
dattilica acataletta
itifallico e di
un
l'altro
il
poeta
abbandona
si
comune
tutto,
come l'argomento
un concetto
come questo:
dobbiamo morire
una lunga
svolto per
, vi
esige, al
tutti
serie di
poeta
fa forza per
si
momento che
non
mascherare
riesce a
esser lieto
altri
pi clie
la tristezza,
di particolari
che non
che
meno
quello stesso
gli
annebbia
lo
stringato, pi ab-
tutti
in
carmi.
con
Quanto
raccolta; sorprende
7,
trover
(pii
sono
meno
all'ode di Archita io
sorprende un poco
i\ue\
muni (Nettuno
4 e specie
le
archilochei e pi moderni.
certo zinzino
confermeranno nell'impressione
fili
in
bondante
ma
il
si
la
^<.
manifesta per
lo
pi nella prima
predilezione
e per
il
pitagoreo Archita e
una
il
lirica
drammatica
personaggio princi-
pale
tomba
morto
ma
la
forme
stessa
Pitagoreo che
di costui, del
in
714
della
dopo
illude di vivere
si
comune
trarre al destino
ha qualche cosa
di prezioso.
Ma
non mi
mentre credo
di
I
;
4 intessuto
che
essole
in
Cominciamo da
ormai primavera, ed
Morte non distingue
(1)
Non avremmo
(1). Il
venuto
il
lirici.
semplice:
tempo
ili
nell'anno
rino proprio
Ma
mente
heatus,
Orazio
(cfr.
o beate Sesti
non
Io
la
La
anche per
di godere.
diritto
il
pensiero
le gio-
a L. Sestio Qui-
prima raccolta fu
dimostra: Sestio
probabil-
II 2, 18; II 18,
Ma poniamo
14).
:
non scosso
da minacele n allettato da lusinghe, ni', a che il poeta lo riconoscesse felice perch savio, occorreva che Augnsto, ammirato della
fei"mezza dell'uomo che al sovrano che lo onorava di
celava
il
come
avr pensato,
zio
noi, che
Augusto
una
si
32 e App.
/>.
e.
IV
usare
51).
non
Ora-
mostrava magnanimo,
aggiungeva nulla
ma non
LUI
visita,
le
sue ric-
715
(1),
dove
descritta l primavera.
Il
come
ellenistico
tico, ci
da
solo
che non
melico o epigramma-
certo se fosse
noto,
riflessi
di
(p. 331),
contemporanei
libro dell'Antologia, e
esametrico
di
inoltre
da un componimento
(X
15),
quali la
si
avuto forse
1'
4-1
l'iiiliiniii
multa KHperxtint
di
legno, sui
terra
in
acqua.
maciinae carinas, ha
toni'
siccas
rulli
di
ri
riiitone la ricclie/./a,
G,
15) scrive
l;i
povera
ciisa
ixUin dontits
rnl
di
uhi
Plu-
non
legga
secondo verso
il
di
716
I
un po' prezioso e rimarr a prima giunta sorpreso. Del resto anche altre odi
mostrano che Orazio conosceva quel componimento ellenistico che abbiamo detto intravvedersi attraverso le
cupazioni, trover quel
particolare
la vita, e
attinse,
ode
pur
IV
epodica IV
essa
compare
12. In questo
di quegli
perch
ma
epigrammi,
7,
sia nell'invito
la rondine,
ancora
nella
sia
Virgilio
personaggio
severo
egli,
a esso egli
di
certo
I 4,
si
fisso
lascia
leagro
quei poeti
ingemmano
esametri mostra
suoi
zampogna
sulla
con
nei
si
suoi capretti.
diverte
il
prati
di
Me-
che suona
pastore
giocare
fiori
aria aperta
all'
dopo aver delineato con pochi tocchi la primavera, rievocare dinanzi alla mente l' inverno passato con
suoi
le
piaceri e
sue bellezze mescolate di noia e tristezza,
i
come
cos
ne sta pi
al
il
il
gregge non
pi al fuoco,
prati
TtoX'jax'^avo;
Y^^'a
Ma
le
nere,
oootXxoj '(%o
danze notturne
mentre
la
Luna
di
s'
K'JTrpoyevoc
"pcTioov (1
).
indugia a guardarle
dal
cielo,
WiLAMOWiTZ (Sappilo . Simonides, 46-) ba riconosciuto idenmetro tra due frammenti adespoti 104^ e 129, e li ha accostati,
attribnendoli a Saffo, perch Demetrio, che ha conservato, il primo,
(1) Il
tit di
717
si
cede
bifolco
ma
Vulcano
alle
dove ha
OUmpo. Ma
estraneo
sotto
anche la visita di
se non m' inganno,
il
dio lavora
avranno riflettuto che un cos gran signore non poteva non essersi edificato un villino lontano dall'officina rumorosa, e
avranno accolto con compiacimento leggende locali, che
spargevano qua e l per il mondo, in fondo a crateri e
la casa, in
contrade
sotto
posteriori
dal terremoto, le
scosse spesso
sue fu-
opifici,
con
il
giocando a dadi,
la
p\i vin-
si
pu ammirar pi Lycida. Gi
primo
il
si
teognidea (973 sgg.) incita a godere, riflettendo che oltretomba non si mangia n si ode la musica del convito
:
sia
abbia coperto, e
la terra
udendo
lira o
flautista o sollevando
ruicolti
il
diletter pi
si
dono
di
Dioniso
nel ciniuiKMito
di
KiKSS-
i.ing-Heinze.
(2)
ma
La spiegazione
i>ui)
dei Ciclopi
gli di,
la
visita di
modo come
gli
*'
l'azionai istioa;
Vnlcano
Alessandrini
di sclierzo.
alle odiciue
dipingono
continua
un
del fanciullo
giovani e domani
il
intiepideranno
si
(1).
ardono ora
quale
le
a un fanciullo,
Per
minaccia
l'insensibile, sen-
dei
po' di prezioso.
tir
mio cuore
al
quel par-
cos via.
ticolare
718
domandano
spasimano
tutti
tabo se
loro
il
Gvxs; 'Ay.vxcov
xaya;
y^xav
102)
(2) (fr.
s'infiammer per
anche
giovani, e
spaile
di
al
oIvotztm ScxsX;
xu-'xwv
7.
lui.
raccolta delle
gno a parlare
di giovinetti
che con
si
la figura di
la lirica ellenistica,
amasii
il
le
mosse
nell'unit
Invece Ligurino appartiene alla seconda raccolta, in cui, sembra a me, il classicismo ha
stampato impronta meno profonda; agli Epodi appartiene
dello stile
il
classico.
Lycisco, che
litia.
Proprio
spiriti
dei
si
la moUitia, chi
tre
primi
libri
ma non
spira,
s,
pueri longam
sulle spalle
(1)
(2)
148 e 169.
lontana dagli
teretis
ben guardi,
quello
sgg.
si
riferiscano auche
frammenti
Non
Ligurino.
di
con pi
parli
caso
719
che V amore
passione proprio
mio maestro,
ha chiamato
Leo,
il
per un fanciullo
epodo a Pettio. Un
quel coniponimenta
nell'
matica
si
di espressione
ma
raffinate
crudeli, dall'altro
descrizioni
le
schifose di
tra' guanciali,
stoici celati
trasportano
che ha bisogno
pensano solo
rivelando una
lettore,
il
all'
tratta-
amore,
sensualit torpida
cerchie cittadi-
di eccitanti violenti, in
moderno ed ellenistico che archilocheo; il secondo con l'amore preannuncia le odi, con la malinconia
proprio quelle due odi che ci occupano, nelle quali ci
parso di sentire che il poeta, malinconico, strappi violentemente se stesso alla tristezza. In quel gruppo di
epodi al quale appartengono l'il, il 13, il 14, in certo
senso anche il 15,
metri non sono pi j)uramente giambici,
pur rimanendo archilochei; proprio come nei tre
carmi di cui diciamo. E in quegli epodi spuntano per la
prima volta motivi e immagini che ricompariramio nelle
odi, non soltanto in quelle poche odi
A me libertina nec
piuttosto
me
meior
cnm
iale libertina,
nus
(I
violato
peteret
/'retila
33, 14).
(II 8),
Il
acrior
Hadriae
Caabros
si-
da
lei
15),
giano,
come avviene
negli Rpodi.
curranlis
(epod.
lumbos
risponde ipsum
14, 16)
{eyio([.
infrcgit
lains,
infedele
particolari lussureg-
)wn amici
contro
prcaiiiiuiu'iano
(piali
jiosles
il
poeta
~apaxXa'jat)"jpa.
7-20
gognoso,
si
tradisce durante
punto come
l'ospite dell'ep.
imo
7cv'j[Jta
guita
contraile
spiritus
ca
vcYjpv
genium querebar
atT;f)'(ov
lucrum
amante
Orazio,
un banchetto, con
43
il
ver-
respiro
Callimaco: conviviorum
di
amantem languor
poenitet in qiiis
latere petit us
dal pi profondo
angosciosamente
tratto
et
motivi ellenistici
et
silentium arguit
et
nii
adplorans
Orazio se-
valere
tihi.
sempre insieme nella poesia degli Alessandrini; nell'epigramma 4G di Callimaco sono insieme invocate quale rimedio contro l'amore; nel 32 il poeta confessa di avere
le mani vuote, ma scongiura Tatuato di non ricordarglielo.
Tibullo e Properzio
non
fossero
esigeva
in
si
realt,
perch
la tradizione letteraria lo
(2).
(1) li riscontro in
Leo, de Hor.
et
(2)
Ardi., 10.
sentimento fondamentale,
il
il
(AP IX
412) di un poeta che Orazio stim e am, Filodemo, solquesto ricorda a nn amico che rose e ceci sono in
tanto apparente
che gi vi sono di nuovo e il eavolo primaticcio e le lattughine tenere e il formaggio fresco salato. E noi non poniamo ancora il piede sulla spiaggia o sul belvedere, come abbiamo fatto sempre
tore,
gli
e oo'gi
tosto
li
la stagione dell'anno,
in
fondo,
fittizie,
nn
quali ne
Lo
(p.
di I
stile
osservato
721
arditezze verbali di
come
Ma
-je
grande
di
calda
sione
non sar
le proposizioni
il
svolgimento
allo
giovani e
dei
tra
la
pas-
Ielle fanciulle,
Ninfe,
'/ravis,
se alla
Grazie ben
delle
de' poveri e le
l'opporre
il
torri de' re
(1)
capo coronato,
spontanea,
naturale e
studio della
mature. Ana-
in odi pi
si
Lo
simmetria e
verde
aut flore
terrete
ma
ziosa,
quem ferunt
a prezzo di
sice malit.haedo),
i>'V(
po' freddi.
tempo
a un
{iam
lo specificare
Nox
come
Mani prement
preynet
te
iios
che
dire
Il
che
it((e
un
artifici evidenti,
Fauno richieda
quali vittime
d un'iumiagine gra-
solutae)
ricordarsi
il
non esistono
l'unit dell'impressione.
(Ij
liittuulcro
con
niiTcrauti, scaild'a a
Kik8S[,in<j-IIkinzk
me
niDiianlii orientali
"))
l,.M;;i'ri
avr veduto
di
in pitture
iC)'
(li
avr:"i
ritratti
in
letti)
in
pittura
[talazzi
(/iVtm.
Milt.,
tloi
ricchi
Orazio avr:\
Erodoto
}jli
pompeiane
jilti
uditici
am-or
\\\l KMI.
pa-
e in Otcsia ^Dioil. Il
i.i\.
aiti,
aj,'ili.
o;;'^i
li
"..
J^.
ariosi.
ritroviamo
722
altro
poeta, recatosi a
Il
me
rimpiange
lucente
giorno
Ma
gli
che
li
piano e
uno
prima
agevole.
Il
podere
almeno possa tu
fin
come me,
le
affondare,
trapasso dalla
amici, originario di
guerra.
13.
il
epodo,
moderni fanno male a ripetere il giudizio sudi commentatori antichi, a sentire i quali que-
le affonderai,
d'ora nell'accampamento
come un
Anche Teucro, fallite le speranze nel momento clie sembravano adempiersi, cacciato dalla patria appena toccata
dopo lunghissimi anni, mentre sta per riprendere la via
dell'esilio, mentre sa che solo in terra lontana potr farsi
una vita nuova, bevve e incit i compagni a bere e a
dimenticare per una volta domani avrebbero di nuovo
solcato il mare. Dov' la difficolt? Si pu scommettere che gli interpreti non avrebbero incespicato a quel
modo, se Orazio avesse messo seu te fulgentia signis castra tenent aeii densa tenehit Tiburis umbra tui in capo al
periodo e non in fine, se alle lodi di Tivoli, che giun:
gono a
tutto
trascritte e
(1)
il
V.
14,
non avesse
Che Fianco
le
parole
fosse oriundo di
l,
come assevera
Portrioue,
pu
come da
ciare,
con
principio,
7^23
la similitudine del
vento del
sud,
di
formare
il
del
La Fortuna,
meno severa
che, pur
Telamone,
del padre
lico
ma
essi,
rovinato
Augusto
Il
il
mondo, dovevano
loro
riedifi-
nel 32 (2)
An-
da questo
e accolto
con
per
il
ripetono
un
il
(II
che dedica
83),
sto e
suoi
non giudicarono un
girella costui,
ma Auguche pass
perch impaziente dell'arroganza di Cleopatra, perch disgustato di Antonio, che ogni giorno pij
al loro partito
orientale.
(1)
Spie^iivu con
\\iv.^!^\.\Hi-Wv.l\/.v.
Teucro
di abitare a
Cipro
IH
ainhigndm
(lui>lictm
mi pare
ovo|i.'x vY,ai'iixixv
laXxji.vx H;i3v(3v
-yj;
ix:
X'/piv -ccxpac.
{'2)
narrano
La
data
elio
e certa,
Fianco
perche
e l'itio
'.V2
.")H)
sia
Dione (L
o, )
elio
Kuom.vvkk,
lloi.
WXIII.
is;ts,
||.
porre per lui al senato
il
724
Augusto
titolo di
Anche
(Ij.
il
in
muta completamente
opinione,
quando
l'oggi al
sogliono in
la situazione
chiamare
casi
tali
dal-
l'uomo ragionevole.
Il
Teucro era
pubblici romani
commovevano
mone chiedere
la tragedia pi
dell'et
morto
il
fratello legittimo,
forma che
il
193)
nipote,
il
46) ne
or. II
come
Teucro
il
Ma
subito all'opera
la
nalissime
in-
si
di
si
osasse com.-
morto
vecchio Tela-
come mai
illegittimo,
al figlio
Pacuvio
di
{de or. II
udendo
parirgli dinanzi,
popolare
Cicerone
di
Roma
esperienze
perso-
anni
Anche
qui
il
simpatia.
L'emozione
non
contenuta
gli otto
ma
di chi
se,
versi dell'orazione
strappa
alla
tristezza
La
quale
padre severo
comincia
l'eroe risoluto
ibmus.
gi
Ma,
(1) I passi
in
rio
amhiguam
Apollo
niisit
tellure
nova Salamina
(1).
le
qua
futuram
col la
una
fortuna,
il
dere
del
banchetto e
affogare
nel
vino
cure:
le
do-
peioraque passi
leggomlo
(1) luterpiiiigoudo o
clivfi.^.iiji. /II.-,
m-
vieii
lui
l'iinii
m-im)
iiitollorabili
nel
pi-
ooacladore
clic
Ta-
rioilo ftegucntt'.
(2)
Uaiii-
parole
cavio, se Pacuvio,
li
Orazio mi pare
come
8i
possa
che
l'ora-
colo tacesse ia che parte del inondo Tenero avrebbe ritrovato la patria
1-18
sgg.
Tenero
di na-
ll.".l) in
l'orma
mi po' diversa
Tt"' iv'
ma
Tenero
iv npi-cnrj ii; su
solo di vivere
i|nella
il
di
rasse-
gnazione dolorosa piaciuta al Pascoli:" giovane, che ha dato alla mas Io, la patria ^ per me dove si
lina certa violenza sintattica
vive . Al lglio (li povera gente liasta vivere: se bene o male, poco
sima
importa.
721)
ai
dignit di
La seconda
Il
anche, e pi,
per se stesso
bile,
un
ma
nel futuro,
z' illusioni
cms
e avvertita
da
infatti
giano
tempesta
nevica,
Aquilone. Orazio
dell'
il
mare
incita
Innega-
somiglianza con
molti, la
rumoregcompagni a scio-
e selve
vin buono
rimedier a tutto.
canto
il
. Si
Ora
bene ungersi
e consolarsi
ma
col
viene invece
Come
quello
ma
lo incit
deforme
tristezza, cos
anche
virile,
serena
ha arditezze maggiori
le
nevi e
le
si
non hanno
riscontro
che
l'uso,
pure ardito,
IH
di
ambigua
meno
allontana
si
domum
caerula
re-
te
mare
vehet, nel
si
sca teocriteo
; vvj //xopv.
Il
le
vido
gra-
di
lo
pi
non cerca
(3).
Ma
contrasto di
colori pi
pamento fulgente
di aquile,
l'accam-
il
suo.
La mi-
distici
quenza:
nohilis ut
grandi
cecinit
fre-
anche il contrasto), te
pndunt Scamandri
flumina luhricus et Simois. Nell'ode mi pare di sorprendere
una ricercatezza ellenistica anche nelle foglie di pioppo
della corona, che il lettore, per gustar bene, deve riflettalis
quam
Lo
(1)
le
nel
iiiilii,
Ii4tii:
citm
senso
iif<iiie
contraiin
di
cu'njnux drtirsit
nuhen.
(2)
Se
la
(radi/ioni-
diiilomatiia induco a
noti
Yjsjxfv.
'Hj^axXf^c;
coprire,
Hilera
si
frigida parvi
couthiia
minativo
{'^)
i),
V. soi)ra
!>.
r>16.
le>JK''*''"
;>'''7><'"i"
'
iH>n
acrip'
no-
L'epodo
pi di getto
stato d'animo
l'ode
7-28
un momento solo
un
procede
po' lenta,
un unico
(juantunque
ma
non
altrettanto
che Fianco
deliziosi, al pensiero
Teucro.
un
il
piacere neppure in
La mossa
momenti
tristi,
alii
al
di-
mito di
pare a
me
quell'
rifacimento di Eliano,
leziosa e insopportabile
parla pi,
il
quale,
(1).
per abbellirla, la
rende
come ad Aristofane
ci
natura, caduca.
un
tributo
tutt'altro
che modico, Gregorio di Nyssa, ci imbattiamo in una lettera a un amico assente (4G, 1680 B Migne), in cui si en-
(1)
De
(2) Il
oli
Stkiaxi, B. ph.
IF.,
1911, 92.
celebre.
ma
il
venditore di ora-
comia
una
729
ho
Molti
luoghi
si
ho
quale Gre-
paragona con
visti
eppure
luoghi
di molti
stesso,
io
tutti
quanti
ne ho veduti, stimo un
lezza di
sta villa
nonnulla a confronto della belqua quando vediamo che a riscontro di que nominata, oltre le isole de' beati e l'Elicona,
;
proprio la j)ianura Sicionia, quella cio tra Corinto e Sisi ripetono i vanti poetici
intorno al Peneo,
quale dicono che, spargendosi col suo ricco corso sulle
sponde, che gli si oppongono di traverso, formi ai Tes-
cione, e
il
Tempe
la tanto celebrata
sali
vien fatto di
(l);
pen-
anche
Teucro
dell'ode ogni
sentimento
il
scolasticit
Giovenile certo
stesso
il
ma
dalla descrizione di
un capolavoro. Lo
di
in gi
Tivoli
non
direi
il
del
carme
le
ragioni
noscono,
di
lo
assegnino
poi
agli
anni
spedizione
della
stesso
sia
Kiessling e Heinze
(l)
liirif.
Il
tosto cosi
Roma
nel-
possibile clie
il
alle
Odi
Romane? Come
risolvano o concilino
mal
in
loro
nuMite
7:}()
questa contraddizione, non so immaginare. Munazio abbandon Antonio verso la met del 32 probabile che
;
Ottaviano
come non
lo
di
dell'esperienza e della
giovarsi
un esercito
competenza
:
arde ancora
la
passione
che negli
altri
carmi per
lo
il
librato e pi sereno.
IL
La seconda raccolta.
La prima
COSI
si
aspettava. Alcune
mostrano
stanco della
lirica.
intendere che a
Roma
le
erano subito
sue odi,
ma
sorti
anche
imitatori
il
che
suo perso-
Contro
egli
si
confratelli,
731
che contro
pi
il
pubblico grosso,
mostra sdegnato nei versi seguenti, l dove dicon doni il plauso delle folle
di letteratura
divedere
L'amore per
di
aspirare
la filosofia, che,
come
schermendosi dalle insistenze di Mecenate, dichiara nella prima epistola, lo allontana dalla lirica, non
Orazio,
come
situazione
la
ma
le
ragioni saranno
di recente stato
messo
dell'anno 23 e
politica
dei
appena
venne a morte
tutti
il
scorgevano
designato
il
mortale, inferm e
Caepione
il
del
Marcello.
trono,
la
governo
notabili
e
il
nutrivano, ben
sovrano
era tra
(1)
sliiiiieuto aiiclu'
nei
pili,
Orazio.
l:i
sorpresa
so pure carica
che
uu po'
le
ii.
la
tinte
iu>l
vjiliita
i^iu-
il
dispetto U
732
il
Orazio
quale
era
amicizia.
legato di
In
danneggiarono
Soltanto
la"
tutt' Italia.
Di-
le
prigionieri, restituiti
di
Roma.
ultimi tra
gli
In quello stesso
uomini,
poeti
questa resti-
di celebrare
dell'universalit dell'im-
pero
gli Indiani,
mente
l'orgoglio nazionale. Di fronte a questi bei sucpoco importa che nell'anno seguente tumulti elettorali insanguinassero di nuovo le vie di Roma, che di
nuovo fosse scoperta una cospirazione pericolosa. Augusto,
tornato nel 19 a Roma, trov la citt pi benevola e
cessi
lui,
si
insopportabilmente odioso
cadono
Anche
la
si-
le leggi sui
costumi
(1).
(2).
Probabilmente nel 18, come mostra Joiis, Etegesetze des An29 sgg., 34, 36 sgg. Al tempo del carmen eaeculare, di quella
legislazione non si vedevano ancora gli effetti, tanto che Orazio li
(1)
giistas^
augura buoni.
(2) Tonte principale per
sono
la storia interna di
Roma
in questi anni
Phil.
Uni. II
5(3.
Ma
733
pur cos torbida, non tutcausa n unica ne forse principale deiraccoglienza un po' fredda che il pubblico, come Orazio stesso
la situazione politica,
tavia la
fece
lascia trasparire,
tre
ai
Opere
delle Odi.
libri
di
ci
che
avvenuto, sono
atte
piuttosto
consolare
Non che
questi
il
lo
pur riconoscendo
(1) egli,
li avere
promesso a Ploro carmina (epist. II 2, 25), si
scusava di non mantener la parola data, mettendo innanzi pretesti e ragioni: che egli, ormai libero dalla po-
lo
non
avr creduto
egli stesso
dal poetare
ma
che
altro
che
pedimento, senza
egli
forse
se ne
la
Orazio
studio.
lo rattenessero
Roma,
che
queste ragioni
il
maggior im-
rendesse conto
mine tu
bus
et
sale
nigro, costui
lascia
che solo
(1)
cl'r.
Por
poclii
la
giovani
croiioloi^ia
MoMMSK.N, Uirm.
\\
ille
Bioneis
sermoni-
strano e
aciilo,
intendevano
le
(Icllii
l^Sd,
Ilo
sg;;.
erano
Odi,
pi.
iiiontrt
scooinln
al
il
libro
/;yi-
un nuovo
blicato
libro di epodi o
di
lima per un
la fatica della
popolo che
letterati
che
Le
quindici odi
si
chiaramente,
pure con
sia
dirsi sicuro
piace, che
di signoreggiarli,
le
favorito di
loro
al
invidiosi
uomo
e di cittadino cresciuto
cipita nell'abisso,
come
egli
ai let-
credersi e
con
11
Roma non
migliori
non
suo orgo-
de'
pre-
contem-
pi forte
di
principe
popoli
pi
lontani chiedono a
si
potesse sperare;
il
il
il
carme
prodigio nel-
compito non poteva essere asche a Orazio. Virgilio era morto dal 19;
gli elegiaci, come noi posteri scorgiamo facilmente, come
anche i contemporanei non avranno dubitato, erano impari
segnato ad
altri
si
richiedeva solenne e
pom-
posa.
735
e al popolo e
principato
dell'istituzione del
Roma,
se pure
Roma
si
attendeva
la
salvezza
di
gi un decennio prima aveva dichiarato di cantare virginibus puerisque, poteva ora. andar
fanciulli e fanciulle
pure da quella
per
lui
faceva
modo
tutto
nuovo con
non,
come
le
coscienza
popolare,
i
le
suo spirito
identificava
ma
che inaugurasse
con
il
sole e
la
l'OS.
luna,
era
usato sin
(l).
la
SoWA, AhhauiU.
con-
1^1)
si
filosofi
Apollo e Diana, e
al
il
precedenti, seppellisse
cui
Che
libertino.
siii-
i--
domina senza
nietria pi severa vi
nome
7:56
contrasto.
ma
proprio
poeta,
Il
riti
Augusto
Qua
che
poeta
.il
si
lieve.
modi
p. e.
di lli-
lasciano freddi
che trae
alla
luce e
cela
ceppi
lo
il
stesso (2),
si sia
talvTolta l'ar-
l'augurio che
giorno,
il
tutti
il
Sole,
che nasce
non possa veder
Sole
ricordato della
nome
il
ihy'vd o
(1)
sentiamo'
noi
parecchie strofe,
ci
sollecitava, era
Pitica di Pin-
doui del
che
dio,
concede la
cetra e d la
ed
dono.
La
astratti
cumulati rendono
(2)
ponendo
ehi voglia,
ragionevole che
(|ui
manchi,
Musa a
recessi dell'oracolo
Pindaro
verbale,
si
in cuore
manca
poich
solo
pla-
il
non
ful-
un
vedon' e predicati
Sole e Apollo
sono per
(Mj^io tutt'uno,
ijcrch egli
segue
anclie altrove in tatto e per tuttp l^racolo sibillino sulla festa, che
li
identifica
de Petra, 159
in ci
,
ha ragione t'ossATARO,
SaniTjolae in
honorem
lulii
con
a
il
nel carme,
737
Roma, prorompe
dal cuore
e conquista
e con ansia
gente
al
poeta
aveva
il
da Anchise
fatto
vaticinare
veneratur
bobiis
Augusto
riferendo ad
morto,
debellare superbos
et
noto,
Medo
quaeque vos
sanguis,
Cos pure,
com'
quegli
romano
Anchisae Venerisque
clarus
albis,
che
ci
popolo
al
e sull'Indo, mostrano
quella profezia.
con
infinito
amore Orazio
si
di
sprofonda
mores
di probos
quietem,
Romulae
genti date
remque prolemque
che
sicuri
le
in grazia del
il
et
decus omne.
loro inno
di
gli
adempiranno
dovere scrivere un carme, si direbbe, a rime obha nociuto a Orazio meno che non avrebbe fatto
a (lualsiasi altro, perch egli possedeva in grado eccelIl
bligate,
una
occasioiit a
mi sembra tuttavia
('omprendo
mostrali
versi
dal
chiaro che
il
l!7
arzijjojiolan'
al
cirmc
.">!'.
lu
l.Sttl',
foss^
recitata
lOO.'i
^*lln-
s^ij.
il
('hccchr
recitato
so
nou
ne sia detto,
^li
processione,
ili
una parte
ihl'Ioic
Il
^ilzitiifixltcrichif,
eiii
ma
.Irla
diH'
iiumaf;iua che
nell'altro,
lo sciupa,
i'
i'(tri
i-
insiduta e insolubile.
73S
poesia
testimonio la
patrum decreta
mentre
glio di
Romano,
si
nell' identificazione
Mentre
canzone
la
di
primavera, IV
richiama
nel ritmo,
7,
i
tempi degli
l'etera
ridere del
in un'altra
danno
ode
di chi gli
ha
facolt di
la
tctrna quasi
un poeta ellenistico,
una passione senile, forse soltanto letteraria, per un giovinetto, altri ci pongono sott'occhio un amore tardivo
per una donna, pervaso tutto dal rassegnato rimpianto
di un tempo migliore. Le odi al sovrano e ai principi
della famiglia regnante, fitte
che
questa molto pi
in
mentre
in
alcune
il
stiche di concepire e di
bert e
meno
poeta
si
(L)
anche
primi
in esteriorit pi libero
in
libri,
emulare Pindaro
altre
(1).
Lo
lo studio
di
divenuto
meno
esatta
da quelli della
appaia
di
meno
ansioso, la rispondenza
meno
scrupoloso,
Quest'estensione della
lirica lesbica.
si
739
meno uno
si
che
meno
il
gamma
non
sentimento,
ne
alcuno
approfondisce
un
quanto
tempo, divenuto pi artista e meno poeta. Non avvenuto lo stesso, invecchiando, a Volfango Goethe?
Romane
Nelle Odi
volta
nella
lirica
di
immagini
agli epinici,
pi celebri tra
Odi
Romane
nicio, e
che gi
alloca
in
ha
Ma
prima
la
pindariche
dovevano essere
l'architettura delle
Le
ai
ma
seste sono
contemporanei
lo stile, e
di
avviene spesso,
si
adoprate senza
accende,
il
lo imita, in ([uanto
ri-
anche
modo
non
intrecciati
sentiti e
mancano ne mito n
dove
attinto pensieri e
di
Qm
ne ritrae
romano,
imitazioni,
quelle
mostrano
appunto
aveva
che, come
familiari (\e\ poeta almeno alcuni tra gli epinici maggiori (1), godeva anche questa volta di veder riconiati in
stile nuovo antichi pensieri e immagini.
(1)
che
Contro
in
pii
lui,
tarili
Il
colto pubblico
Orazio pindareggi
l'iisscr/ioiic dol
di
pro-
lo studio ore-
."iOI).
7 io
quella dorica, di
pregiudizi
ai
Quem virum
Nell'ode 112,
allora.
letterari di
respiro:
largo
pi
aut heroa,
solo il
che tra le pi
(1), non
Olimpica,
principio, riproducendo il prologo della seconda
doveva ricordare Pindaro il poeta non perde mai di
vista quel proemio sino a tutta la quarta strofa, ma, gio-
recenti
raccolta
della
vandosene quasi
presente
alla
continuo
memoria
fantasia
e alla
dei lettori.
Una
collocato in
facilmente
mente.
fitto
in
lirica
greca,
l'
principio,
Delle due
altra, quella
dell'
albero
come
(1)
Come acceunauo
La profezia clie
Marcelli.
w.
si
(v.
come
40) l'inal-
45 sgg.,
associa
che cresce
Marcello,
quando
della
similitudini
rimaneva pi
il
il
loro
futuro accaparrato
uome a quello
della
ai
dina-
nou avrebbe avuto ragione di essere prima di uu fidanzamento di uu membro di quella gente con la figlia del sovrano. Non
vai la pena di confutare le interpretazioni e datazioni fantastiche di
HiEMER [Bh. Mus. LXII 1907,229). Io leggo Marceli is la fama di
si
era oscurata,
si
si
inalz di
un
coli>o,
quando
egli fu designato
sposare
741
e giusti, confrontata
con
aj;-a:
Svpscv
y.Q'JZi.
un
gnificato
tito
per
munque
Orazio trae
po' diverso:
vegetare
il
Z"
dell'
albero per
come
il
confronto,
il
suo albero
'i-z
suole, a si-
inavver-
cresce
nipoti, e
sia
di
divinit
ma
fine dell'ode in
in
Pindaro comu-
merazione
COSI larga
di
di, di eroi, di
mentre lunghe
del passato,
rabile, s'incontrano a
sfilate,
uomini celebri
nel
comporre questo carme Orazio avr avuto in mente luoghi come il proemio della cosiddetta decima Nemea, che
ci
pure con
mente
la
sono
tutte, tante
date in
Lunghe sono
lasci traviare,
ma
la
tenne nel
le
gesta
citt
litario consiglio;
di
Per-
furono fon-
n llypermestra
il
brando di sobionda Glaucopide fece una volta dio
pu celebrarle degna-
seo contro la
si
si
Zeus, accolse in s
il
il
fodero
vate Oicleide,
nembo
di
guerra.
Orazio
si
In
gli
dilettosi,
basta tra
lo
il
nominare
mente il quadro
il
di
e venti,
i
74i>
trascina dietro
si
veda rasserenarsi il
non appena rifulga benigna
Dioscuri, perch
e venti,
stella,
mano,
Elmo
cielo,
nominare
calmarsi mare
il
di Sant'
Si direbbe
(1).
di passare
di proposito.
il
in-
che
attanaglia
le
che ne
(2),
domande per
Cos nella
versi e versi.
cuore?
>>,
niso, o di
ll)
Tebe,
beata
pi
sei
ti
allietata in tuo
Giove che
Com'
neve
in
oro
d'
si
avvicin ad Al-
ma
nuovi frammenti
il
non
si
pu escludere che
egli
Ha
nella sua
notato bene
la ditterenza
nuova traduzione
di
Pindaro
di
\1
ispirazione
226).
il
Feaccaroli
cmena, o
743
le
Ma
col
domande
oc-
cupano solo una triade su tre, mentre Orazio non abbandona lo schema se non nella chiusa; e, che pi importa,
meno meccanico,
l'ordine col
il
trapasso pi semplice e
Heracle e
r immortalit,
quistarono
Dioscuri, che
molti
poi
si
con-
personaggi celebri
(1)
KiKiSSMxa
notato
Ila
Jilii
elle
^li
{Pkil.
di
([ili
Uni., II
iioiuiuati
e forse giusta
intorno
alla
([ni
come
nel
s(;
fonte
sono
(|uelli
che
stillino
iu
pviina
Gigantomacliia, Apollodoro
(v.
sopra
nostre
p.
nozioni
()!>!>),
manca
Mario.
(2)
Komaiii
Il
Kii'.ssi.iNw;
nominati
|>arla dei
male speso
delitti
la
(//(('/.
f'/i/., II
rappresentanti
di
e chi
Roma,
meriti
l;t
sgg.) ha
voluto scorgere
colpe, che
degli
Kmnienidi.
Questo
nei
si
Olimpica
e
acume
p\ir
/.%:
di re
un nobile
744
suicida,
nel-
vita
vanto
nel
Cosi
di
Giove, che
di
d princi-
enumerazione, distingue troppo sottilmente e oppone e contrappone troppo precisamente toide nil maius generatur ipso, nec viget quiclquam sanile aut secundnm,
pio
all'
proximos
illi
contro
morem,
si
Romano,
sacrific per
la
patria, e
questa
le
querele
orecchiute
ci
fanno sor-
ridere.
rendo
le
gesta di
dal presente
Roma,
getta
il
il
carme
si
poeta giunto
solleva: scoral
presente, e
La fama
come un albero nell'et che nascola stella Giulia brilla tra gli
sta allo sguardo umano
minori . Qui Orazio si
luna
tra
fuochi
la
come
astri
dei Marcelli cresce
745
immagini
gente
Giulia simboleggiata dalla stella crinita che apparve
nel cielo dopo la morte di Cesare; ma non propriamente
questa, che ben presto scomparve, come avviene delle
spesso, a sovrapporre
comete, soverchia
ogni
Orazio
prosapia romana.
altra
Il
bens
nome
la
dei
sare.
e mescolarle
invita
Giuli
protegga Ce-
-e
il
sommo,
il
Ma nell' imitazione
partenza!
sforzo, anzi
Augusto,
nit.
i
sia
che
si
che soggioghi
Parti, sia
Seri
mezzo
Giove; questo
colpir
con
ambasciatori^
di
sottomesso soltanto a
fulmine i sacrileghi che
terra,
la
con
il
presentare
e ai Seri, che a
cini,
perch
mente fredda
si
che pu
mondo che
(1)
II.
<\v.\
/(.
II
Era
egli conquister a
cos
!I8),
tramonto.
liu-oiit*
ne intornia
elio
la
lirca
si
dall'altro
Roma.
l'
inuiensit del
Orazio, dove
undtrimain
wraui
liti,
uu' ora
meno
i^Plin.
primi
Tif)
La simmetria
pindareggia, pi ardito.
qui,
il
al
quaties
minor
Olympum
almeno
in terra
vero
il
mittes
tu
quasi di
capo
in
al
li-
verso
gliarsi
inno e accenta
suo carattere
chiede
inno
l'
dell'
pronome personale
tu
Augusto
di
fulmina corrisponde
orhem, che
dice
chiaro chi
te,
sia
dio.
1'
e neir altra
si
darici.
Quanto alla prima mi sembra non si possa ragionevolmente negare la somiglianza di movenze con il frammento di Pindaro (fr. 221), secondo il quale taluno dilettano premi e onori di cavalli dal pie di procella, tatal
altro gode di varcare il
sembra distinzione troppo sottile opporre (1) che Pindaro parla non di professioni ma
di piaceri. Ognuno sceglie, per quanto le circostanze per-
mettono, quella
meno
professione
che
gli piace,
o prende al-
fessione e
godimento favorito
comune
si
raccolgono per
genere
di vita, di
i3:o;.
gli anti-
Orazio,
ha con-
il
vittorie equestri, a
di
Con
il
Ma
Wii.AMOWiTZ,
Sap])]io u. Shnonides,
190.
la
distinzione tra
,Jto:,
farailiarissiraa,
il
747
che
oltre
a Bacchilide, a
Pindaro,
lettore
il
romano, nutrito
senza saper
dove mai
dire
poeta e confessa
emulare
di
carme
lirici
in cui
che di consueto,
prende
essi.
da
curuli, e
il
e moderni,
dichiara
spunti che
gli
Il
meramente
cittadino di
si
cor pi profondamente
liberamente
lui
avesse uditi
li
di
ben noti,
per la prima
letteraria
alle
alla
:
il
magistrature
beve
-fiA/^ovo;
il
Roma
nella
di quel
tempo
(2).
tra-
non
pi
Il contadino
che zappa la
terra, non si potr indurre neppure a prezzo degno della
eredit di Attalo a solcare, navigante pauroso, il mare;
il mercante, finche sul mare e nella tempesta, loda la vita
libera da preoccupazioni e il podere presso alla sua citt;
di li a poco risarcisce la sua nave sconquassata, male
tollerante di vita non agiata. Orazio, dipingendo questo
oscillare dell'animo, ha dato vita nuova alla figura un
po' convenzionale del mercante che arrischia la vita sui
pindarica
nell'ode
flutti,
per
dirla
pYaio'.aiv.
Orazio ha
(1)
Ai
a 'j;ji;i ungere
(!.')
<'lie
paura,
il
(r.
V. sopra
'l'-//,:
98
<li
ilal
\\
ii.
oOc[i''av
ma appena
indicati
t.")!
p.
12.
'^if>)),v
luojLChi
passato
amou
1/
il
mercante
il
pericolo,
|i
SM
sj;>;.)
lo
di
di-
(HiV('ii:\
Kiiripule.
hjjj;.
torto
la
laecia
il
st-
W'ii.A.Mitw
jnentica
(1).
Vili 37)
nascondere, caro
io di
dando
vagi
Le
cittadini,
ai
ci eh' lodevole,
748
il
cospargendo
capo
sotterra, lo-
biasimo
di
mal-
(2), mescolano
gelido bosco dei poeti e le danze delle
Orazio agli
di,
Ninfe e dei
il
lo allontanano dal volgo. Quest' ultime parole trasportano in regioni misteriose, in quelle
Satiri
aveva
rapito.
egli l'abbia
come
si
al
con
tefice salir
quando
Roma
sciogliendo
zio,
immagine
L'
(1)
Il
la tacita
voto
il
del
WiLAMOWiTZ
(p.
soldato,
non
il
il
profferito nel
campi,
il
vita pubblica
la
c' nulla:
anche
il
Romano va
uu succedersi
nell'ode
cpiXxi|Ji05
Greco esercita
il
a coronare Ora-
291)
Romano
Romano nella
pon-
Campidoglio, sino a
il
Melpomene
monumento
coppie di im Greco e u
mano
vergine
star; e invita
il
il ^',Xoy^pf,[i.7.xo
mercatura
di
il
Ro-
Romano
tutto questo
nell'ode
i
cittadini
al pi pu
un certo timore dell'acqua, insito nella nostra razza,
abbia avvivato la tavolozza di Orazio, dove descrive il mercanta
nulla di pi. La sola figura letteraria quella del proprietario di
i Geloni e i Theroiii erano morti
scuderie da corsa
da un pezzo.
ci
(2)
LAMOWITZ
il
jioeta.
il
\Vi-
appunto gi accennata chiaramente nel frammento pindarico, che egli a torto nega
essere imitato da Orazio.
(p.
291)
740
alto della
{Pyth. VI,
di
sXt'wv p:|jp[jio'J
yo'j;
; acoia:
vz'^ilx- azpat;
i\iLtA:yo;.
xu71t6|cVov
yp{i.t
7ia|i,'^pq)
non
Orazio
la ghiaia
all'arte
che batte
(2)
mare,
l'ha adattata
concetto e forma
r imita.
superbo edificio
il
Ma
non contende
egli
(^ui
con Pindaro,
l'aggiunta
series et
ne
il
tempo che
tutto
avello, l'avello,
VT7/-fWV
Xpvo;.
Ma
xoioOxov
O'Jt"
p;o^
O'Jx'
Orazio, ricordandosi
7wav5a[ixwp
tempo
un
|JLa'jp(>')at
dell' 5vno;
anche, senza
al
le
Pira-
loro intorno, le
riuscire n
percuote,
scuoterle
le
insozza
n a consumarle.
(1) Qiiost'oaservii/.idUf
t-
parto
<U'llt'
sefxui'uti
edifici
ti
de^li
Delfo e neyli
preziosi.
12.").
altri
dt-i
l'in-
8icioiiii
magiiiazione dell'artista
750
maraviglie dell'Egitto
delle
ne vi ragione
di
si
il
poeta copi un' antica poesia greca ora smarrita o che ab-
mente
bia avuto in
altro
che
Simonide.
Ancora
nel
ogni tentativo
nella
egli
primo
di
se
(I
3,
da sbigottire
9) s'
fidibus
informa, con
pu essere anche
ironica,.
noti
ancora fermo
Thebanos
Latinis
modos.
durre anche
effetto
Orazio
libro
proposito,
metro.
si
nei
ribella,
motivi
Come mai
si
di
spesso
tanto
l'indole della
stare.
mezzo
allo
Nel quarto
pindareggia di
nello
convertito
senso
lascia
si
in certo
contribuisce
nel metro o, se
una via
batte
aveva
ritmica
mai
stile,
'^f^')^oz
nel
Ilivap^y.;.
prova non felice di I 12 sembrava essersene allontanato per sempre ? Non inverosimile che
esortazioni dell'Augusto lo abbiano indotto a rinnovare
egli
il
che dopo
tentativo.
la
Non
caso le sue
poesie pi
il
pindariche
Svetonio.
avesse
Il
buon
la lirica
al
romana
751
che di Pindaro
aveva molta pratica, non seppe resistere alla tentazione
pindareggi dove pi dove meno, e non se ne trov male,
che la recusatio IV 2 non si deve prendere sul serio.
IV 6, Dive quem proles, composta, durante le prove
del carme secolare, quasi quale proemio a esso, la
pi antica fra le poesie databili, probabilmente fra tutte
:
poeta parla
Apollo
bili
io
al
suo dio
ho l'ispirazione,
fanciulli e
poi
musa
si
l'arte,
Orazio
di
rivolge
nome
il
Fin qui
al coro
di
Da
poeta: no-
Diana, ubbidite
fanciulle, protetti di
al
mariti
dedisset? Orazio
Anche
carme
secolare,
il
coro
il
])arla di se
in
line:
col
si
augura
terra
la
frugum. Col
7.V2
frugum,
fertilis
la
([ui
Luna prosperam
si
quel
in
qui
invita
si
La prima
lesbio,
daro,
il
parte
differente.
piede
Il
anche qui
come nel carme secolare, ma Orazio emula Pincome col non poteva, stretto com'era da prescri-
zioni severe.
11
della sua potenza; ma, mentre sui due primi, attinti alla
fermarsi,
si
la
settima riprende
compare
in quella
alfine
il
il
verbo
meno
aggrappino
del dio
si
carme,
ma
lare.
qui
si
al
in
capo
al
rica, nell'epinicio
per
Neroni,
egli
comincia
di sette
il
carme
strofe,
e pi
importante:
quanto
mordaci velut
ille,
al
senso,
iota ferro
la parte
pi
cupressus Euro.
Come
cipia
il
ai
pi bello
Delfii
altae
tra
peani novellamente
rnaior,
scoperti,
il
sesto
filius
Dardanas turris quateret. Pindaro (v. 81) narra che Apollo ritard la presa di Troia,
inceppando con violenta uccisione il figlio di Thetide
quamvis
Tlietidis
marinae
marina
-ovTi'a;
dai
turchini,
riccioli
6xto;
jiitarv,
753
raaiv ipxo-
degli
riparo
fido
'A/^a'.iv
d'OT.rszl
Achei
tis-
-^vf;)
zja;.
stessi
Il
Achei
agli
suggellato
dagli di,
e continua
elio
sepolcro molto
lacrimato
il
cagion
fulgore
il
fato di Troia,
il
ma
di
Elena
bruciante
di
valoroso
le
distruttore, vittima
il
non rivedesse la patria. Orazio Romai come negli anni che seguirono immediata-
di colpe proprie,
mano,
mente
la pubblicazione
rono tanto
dell'
Eneide,
Romani
di
figli
senti-
si
quella piet
all'Impero
Troia non
Roma. Cadde
Achille,
(Il
filiti
11
([liei
'IS
risi^ont
clic
l'o
Nciriit*,
osserva
e
mio.
il
111
([uale,
uri
ma
morta,
presa
rivive in
viva
di
forza la
non
bassi iiigaiini,
rniiiniiMili)
ili
^^i
ni; -Il
\ /i;
754
La
sesta strofa, ni
tiiis
Roma
di cercar
a parte dei
La
Roma
ricerca di
mito
Il
relictis.
il
le
generazioni,
le
sorti di
di Achille feroce, a
citt
agognata,
il
genda
greca
esegeti
quella
Roma;
pidvere
per
la
alla leg-
Gli
Troica
si
appassionata
Ma
secondo
del
libro
dell'Eneide suggerisce.
leale
s,
ma
prigionieri,
sfrenato
sia
nella
pure palam
il
popolo di
crudelt,
capti
ma
del secol
Roma
ingeneroso
nuovo per
la
bocca
rivendica a se solo
verso
consacrati dall'et
il
il
755
meno
quello in cui
pindarici e
IV
8,
il
Lesbius pes
Donarem
l'antichit, cos in
avverte
si
:
il
paterus,
me
il
pii
caro.
sottile, cor-
di
la riporti,
deridendone perfino
le
durezze ritmiche
Ma
carme interpolato
quando
che
in un' ode sola troviamo un numero
di versi che contravviene alla legge del' Meineke, non
cio divisibile in strofe tetrastiche, e leggiamo un verso
non incendia Karthaginis impiae, che presenta una stranissima singolarit ritmica, la mancanza di cesura dopo
il
coriambo dell'asclepiadeo, e un grossissimo svarione
storico, una confusione tra
due Africani, sembra pi
temerario negare che quel verso sia spurio che non ammetterlo. E una buona volta riconosciuto che in ijuesto
carme si insinuato un verso non autentico, tanto vale
cercarne un altro di cui si possa fare a meno, e cancellarlo per metter di accordo con la legge del Meineke
uno solo se ne trova, il pequest'unica poesia ribelle
gi
il
(j
A.
lli,ri:i:,
Donirnn paicnis
(H.inii,
Gi-orj^i,
lJlori-i)7).
750
il
tassi di
cate
III
adattava alla
25,
sin-
(1).
(2).
meno
scita
si
se
difficile,
fosse posto
si
in
d'
gare
oro
ornarono
e
iv
x' id-Xo'.i'.
xa[jnrjaav o\iov
prenda
era
le
-/.al
mosse
difficile
case
le
t'i'yov
di tripodi
TtXeiaxwv
e lebeti e fiale
ywvcov
v.a:
di qui, riconosciuto
da un pezzo, ne
ammirando
(i) Il
celebrati
dalla
v.
il
17 era
stato
accennando
poesia pindarica,
mette
Lachmaxx,
in osse-
Tp'.-saa'.v
Ohe Orazio
cancellato dal
Bextlky,.
senza
O almeno
neppure dopo
letto
il
dotto
discreto
Lachmaxx.
sulla
buona
/o/
Non
traccia.
anche nel
quel!' epinicio
se-
se,
pare, a
Non
doni di
a uno scultore
un
barca da carico e
toria di
Lampone
in
.
Qui
l'
impeto
prende
gli
mano,
la
ma
un viaggio,
celebrato per
il
mondo.
sar utile
artista,
compara
pure
altrove,
in
pi solo a prezzo
stesse la
fama
del
con un
visibili ai
un
ricordare che
principio
di
Pindaro stesso
un' ode, la set-
rugiada
di
vite,
onorando
la
anch'
delle
Non
io,
mandando
ai
gli
sommo
vincitori
il
concorde
effuso
lui
tra
letto; cos
dono
nettare,
rano sull'animo
riflesso
qual
di
il
ricordi determinati.
v^
Non
monumenti
iscrizioni di
758
Musa
Romolo,
di
rendono vita e
pubblici, che
spi-
rito
pur
un
Che
figlio
se
dio,
di
Ennio
di
poeti taceranno di te
invido
l'
che sarebbe
silenzio
il
si
ragiona su troppo
Ne
che
fa difficolt
freddamente,
zione,
minacce
l'altro
di
riferirsi
compara-
a capitani morti
secondo soggetto, le
Annibale ricadute sul suo
il
in
ge-
fughe e le
capo, come pure
celeri
si
devono intendere
primo Africano. Lo zeugma figura, se
mai
benissimo.
il
marmi, sembri
nere, mentre
intende
il
s'
altra, pindarica.
vogliono
zeugma
poeta pensa, come
commentatori,
al foro
il
ma
e cos sar,
troppo bene
in
perch
parole
le
Orazio
di
corrispondono
all'
un suo detto
(2)
^ gi dove parla
,
in
si
rispecchia
genere
maggiore
di
mar-
di quei
trionfatori.
(1)
Veli.
Anf. 291,
II 39, 2.
:->!,
5.
Dio Cass.
LV
10, d:
Anche Pindaro non
dei carmi, che soli
non sar
vita
rifinisce
mai
di
vantare la potenza
con
opere
inutile osservare
delle
759
che anche
quella
confronto
il
della
che ha dato
canto,
del
filo
quarta
diarle di
mescere
delle sue
fatiche
la lode
opere
di
conveniente
non
divine,
al
invi-
canto in premio
Il
43), e
Co-
tutta la insegn
divini
36)
(2).
Il
ai
posteri
romano Orazio
a celebrare
sostituisce
{hthm.
Omero
Valter
Fin
qui,
(1) Cfr.
aoXv
fj|iva)v
(2)
'oiitro
i'ereiiza
tuttavia p.
e.
yem. VII
che
la gloria
xovTt 5s|isvat.
verit
di
si
Io
lo>jli
aiiticlii
lai
soave canto
fatti
elle la sof-
(Xviit.
VII
'20\
di
non
se pur
di
700
Romolo dura
qui non
tandosi
fa intendere,
merito, se la
il
gli
prende
La sua
lingua
di vati
osa
poeta, esal-
il
il
ma anche
di,
memoria
Di deificazione
(1).
nell'anima,
vita
Ennio
di
parla
si
che
dice,
la
incauti, empi,
strani,
incredibili
ai
sono
in
posidoniani
soliti
mercede
nati uomini
(2),
ma
degli immortali;
nit loro se
chi
si
non appunto
divenuti
poeti ?
il
Proprio
fondamento
devozione verso
gli
uomini mediante
filosofico
(1)
Checch
se
ne
alla
com-
il
mito rispetto e
il
categoria di
legittima
quale
divi-
a questi la
di
sia detto di
di
legittimi la
sesta,
le
(p. 409),
Ovidio ha gi letto
anche
versi precedenti e
riscontro nella
seguenti, se le Ca-
liomana Illa
(p.
402),
serm. II
1,
lu-
ah oppressa
V. sopra p. 676.
(3)
Aetio nel
capitolo discusso
Wendlaxd,
pii
sopra
come ha provato
il
Tv Tisp
napavTzg as^aoixv i
Tctv
0-)v
seguita: SidaxsTai zb
l'opinione di Varroue.
ji'jO-ixv
(p.
676),
a Posidonio, scrive
hub xjv
-rpitov
(p.
ipS-yjxav
tioiyjtiov.
che
risale,
295
a 6)
yjiiv
siSwv.
761
(1).
Musa
Dioscuri,
Ercole
Libero,
erano,
oserei
Ed Eaco
quasi
di
dire,
di.
per qual
consueti di posidoniani
il
suo
che corsero
dinastia
in
Grecia intorno
sinch
dell' isola,
la
al
capostipite
marineria e
della mitica
la
potenza
di
ficarono
le
mura
mato a decidere
'i
liti
di noi e
di
di
il
immagin che
pii
caro dei
sia
(1)
si
da uno scolio
Ai't.
iicconlano
1,AM).
]).
'2\H'i
terrestri
nostri
Cicorone
jadre
cfr.
nel-
Cli'iiieiite e
al
anch'egli trasportato
fosse
mito
pii
tonante,
K;s''pa'.v.
l'art,
cit.
Con
Aeti>
7G2
di
le
Ma
anche
espressione che ha
da
torcere
tori,
7W71,
si
ricco,
che non
s'
in principio
ai
Homerus, Pinda-
di-
si
lo
lo celebrino
Omero
filo
Camenae,
ricae latent
stolga
dato
non
una
commenta-
gli eroi
si
Hai; uvisaatv
''OjjLyjpo;.
il
lirici.
ma
tutti
di grosso,
Se Omero mantiene
hanno fama
Basta per
mi sbaglio
al
poeti
primo
lui in-
per ci ap-
punto a viso aperto, che i Romani non dovevano, nell'ammirazione per l'epopea nuova dell'amico suo caro
morto anzi tempo, fare meno conto della propria lirica (1).
Pi sotto, dove scrive panllum sepultae distai inertiae celata virtus,
Orazio
teocriteo tra
il
sar
si
rive dell'Acheronte e
lose (v. 31 sgg.).
(li
II
Ma
W[La;mowitz
doverosa verso
il
forse ricordato
confronto
del
celebrato
sulle
Teocrito non
{Sappho
seutimento,
n.
fa, lo
abbiamo
ShnonUlea, o21)
uient'attatto
compagno ammirato.
si
cal-
detto,
accorto che
contrario
alla
jnet
763
ohe svolgere motivi pindarici (1); e Orazio ha avuto presente anche il modello, come mostrano le Uvidae obliviones.
Non senza ragione quest'ode messa subito dopo il carme
a Censorino
il
poeta con quell'arte sua troppo conscia
si divertito a mostrare com'egli sapesse
trattare mo:
modo come
pindarici nel
tivi
lo stile ,
sogliono
poeti ellenistici
suo schietto,
il
simmetrici,
e periodi
multa vocaveris
heatum biasima un
recte
modo
che
di dire
dalla lingua -ellenistica era passato nella latina con scanlalo di filosofi e di assennati
pendia un paradosso
Odi Romane
delle
E non
non
ille
diilce et
si
decorum
compiaccia
tutta
est
di
una
strofa
altre espres-
pauperiem pati
callet
finalmente
pati;
modo
in certo
vedere
incarnato
poeta
il
in
LoUio
lui
lettori
anni com-
l'ideale di virt da
nniits
a caso anche
duramque
non
svolto in
stoico
(2).
constd
versi a
memoria. Del
re-
sto,
con
quali
il
poeta
vecchio
Lyce che
si
si
,di
rallegra con
conduole con
biella
Ai
fama,
IiiomIii
sapienti e cantori
(2)
imlical
:ii
non muore
Cfr. sopra p.
ti71
;ij;i;iimni
s<i|ir;i
clic sn|iriivvivc
niort;ilc.
l.i
virti
l^iltli.
!!_':
;iiimmzi;i
liMiij;n,i
<li
Solo
l'ulti
Iri
Creso
il
v;iiito
morti a
764
(li
una giovane
Odi.
Ma
ricca,
il
Orazio avr,
nuova
(Lollio
come
glio
la
li
aveva augurati,
cosi
tutto
di
compare per
il
completamente verso
la
fine
dal
modello seguito
pindarica,
vittoria
riportata
Augusto,
Druso,
IV
4.
Se
si
bada
la
solo al nocciolo,
pensieri sono
I Vindelici, vinti
dorica non
si
Il
poeta del-
affatica a risolvere
il
si
possa insegnare
si
egli
sicuro
che
sazia di ripeterlo,
nota e incontestabile,
765
tale altra insistendoci su passionatamente, come per prevenire obiezioni. Melisso non disonora la congenita virt
Nell'ottava Pitica
(v.
'A
-y.-.iowj
~yj.'j\
Ma
Xfj[ia.
putrum
(Isthm.
a'jjji-^uTov
44) l'oracolo di
:
Ili
Anfiarao
13).
ricono-
t '(tmlov
-^'j
-:-
virtus,
altri simili
fine
mutano
il
^(')-r]c y'rS
carattere ingenito
ipi'/jpijLo:
dell'unde-
ruggenti leoni
non
gloria congenita
ma
chi ha
cose imparate,
uomo
tor-
ma
gusta
imunnerevoli
Non
Ili 40).
piede sicuro,
{Nem.
II
94)
per natura
gli emuli,
seguire
la gloria,
ma
>,
pi
sinistra
si
perde
TOC)
cessarla
(1).
i*ure
vana, se
il
crede doveroso
trascenda
uomo
complimento
il
tributare al maestro
ginnastica, all'allevatore
che
ma
sia ne-
consueto,
scrive
di
lode
Un
spingerlo
virt,
ma
prima
dalla
Pindarico
cultiis
il
nome
il
il
suo
pectora roborant.
il
ad alcun altro
inferiore
antenati, che
ai loro
pin-
gesta di un lontano
passato,
in
mito,
quanto
il
la vittoria di
romano l'avvenire
il
esso pindarico.
razionalistico e prosastico,
Metaurum flumen
testis
le osservazioni del
(1) Cfr.
Fkaccaholi
(I
fa
ma
pur
riscontro
316, 320
il
nuovo Pindaro),
(2)
Non
intendo come
Neronc's a cui
Roma
si
il
Metauro
ma i loro
quanto Roma sia
rones,
antenati.
o
Il
pensiero che
me
ai
la vittoria
ci
Asdru-
pueri Ne-
antica attesti
discendenti per la
sforzato e artificioso
magnanima
pindarico
ri-
trasforman-
celebre
xX|xa'po|i.a'.
Gorgia
^-^WjI'^
'HpaxXo;
(1).
Pindaro
Negli epinici di
profezie
le
Medea
E non
nella nona.
vaticinio
al
si
dell'ora-
Chirone
di
collocare
il
abbondano
promessa
e alla
Tebano
nel
citato
169),
(fr.
le
7(57
il
mento
meglio
di
pi direttamente
una promessa la
amore del
giorni di una vita im-
favola include
la
il
il
dopo che
Anfiarao,
strangolato
tratti
le
serpenti,
Nemea
Tiresia,
bimbe
mani
a spiegare
un
chiamato da
Heracle ebbero
Dioscuri. Proprio
famiglia del
di
prodigio
il
e le sorti
Ma
Cartagine
il
crescere
contemporaneo
di
Roma
dei
(3),
missione
si
manifesta
inadempibile,
la
sua vita
si
sma-
l'Annibale storico
auche Non, VI S on le
FuACcAUOLi, Pindaro II IHS.
(l) Cfr.
{2)
(:>)
inni
s(;iit(',
l'rofczia rimaiii^oiio
Aimihalt' coiislafa
ma
la
(im-llc
parolo.
<)iiiM]>()t('titi
pei'
lutti
lo
i
ancoiohf
inani
tempi.
si
lei t'iaiidii
Ifgj^a
per
perjlil
pn--
7c,,s
speranza
Ma
non
il
Roma
vittoria.
di
datare da
quel giorno
potere
il
(1)
di
il
raggiungere
merito della
il
prepotere di
citt,
cio a ogni
il
console deliber
il
quale esegu
la
tate d'
un
condusse
mu-
del
nemico
la profezia,
il
ma
il
porre in
congiungere e identificare le
sorti di essa con quelle del popolo romano.
Io non credo gi che la fantasia di Orazio si sia riscaldata, leggendo Livio, il quale (XXVII 51) narra che
successione
Annibale,
impero,
dell'
scorto
il
sorte di Cartagine,
il
capo mozzo,
sebbene
sia
riconoscesse
ormai
(2),
la
libri
e quan-
(1)
De
y. ora
Saxctis, Storia
dei
Romani, III
2, 488-89, 493-94,
569 sgg.
(2) Il libro 28,
com' noto,
posteriore al
vere
altri
(3)
114
C, ma non
sar
di scri-
libri.
Mei.tzkr-Kahustebt,
Sanctis. III
19 a.
C ebbe tempo
2,
357.
De
eppure
eliminato,
poco
769
credibile
(si
badi a
quel
leggiamo quivi
Quest'
(IX
9,
ira-
in
mano Zonara,
12)
che Annibale
fortunam Car-
fertur) dixsse.
. Noi ne
uno scrittore di molta autorit aveva
prima di Orazio immaginato che Annibale confrontasse
dopo la rotta del Metauro la condizione sua di allora con
quella dopo la vittoria di Canne, quando spediva superhos
nnntios in patria. Celebre doveva essere questo scrittore,
se Dione non resist alla tentazione di inventare che
Annibale (Zon. IX 6), fallito il tentativo di sorprender
in quella circostanza
induciamo che
Roma
masse
Canne, Canne!
(l).
comune
gi allora
escla-
Ma
il
originale di Orazio
sua
la
pienezza
dei sentimenti.
La quale
giustifica e fa
sembrare non
disdicevole
(1)
Se
il
AimiliaK'.
l'iterazione
deW
come
sulla
occidif,
si
pur sug-
sai-clilx-
luitVa
l'orsi'
ri-
al'itiidiuf
><
770
gerita da luoghi pindarici
coordinazione
quali la
costruzioni
*;
(1),
della protasi
libere
cosi
all'apodosi
merses
in
passi di
altri
Orazio
nh ho
tanto
l'occhio a
sentimento,
appoggiandosi,
accavallandosi
IX
magnanimo
presto di cavallo
paragonata con
l'
idra
une
le
nave
e di
Tebe
essa
notizia pi
Qui
alata.
prodigi di Colchi
rami
dall' ascia,
L'Africano cavalc
trae forza e
vita dal
citt italiche
ferro.
Roma
membra
le
mare
una
rinascevano
a cui
cos
sulle altre:
23) diffondere
siciliano. Caratteristica
1'
ri-
per le
Euro per
tutte queste
il
si-
ma come
segno e la cosa significata si sovrappongono e si confondono. Dirus per urbis Afer ut Italas ceu flanina per
taedas vel Eurus per Sicidas equitavit iindas. Chi cavalc?
Solo il vento e Annibale o anche la fiamma ? La gente
il
romana,
(1)
l'iith.
II 49 5's; aicav
uxspvi' alcxv
Isthm.
ancora.
VI
pi propriamente
di cui asserito, o
trasse opes
4-1
Pyth.
xixs
72
r.i
xaXg
l'elee
ferro
si
xoi
-/.slo y.slv'xiiap
Ji:9-u)V
Ttocp
Tiaisiv,
d-zor^-oixc, XiaaoiiOL'., e.
t^'-raav.
ri-
rife-
IX 68
ipso
y.al
asl xa?.'.;
pi simile
risce pi all'albero,
polo.
Non Hydra
Herculem
Thebae
gioni
avvedersi che
ma
Colcki maius
momento
braccia
in
dell'
membra
all'immagine delle
sostituisce
si
le
clolentem crevit
vinci
firmior
sedo corpore
monsfrumve snhnisere
di
scenti
po-
Il
prima
771
un subito
Idra
in
Echioniaeve
a riflettere,
sono
le le-
continuo rina-
di
quella
delle schiere
Che
misere.
in merses
l' immagine
del sughero o di
oggetto
leggero,
che risale a galla, appena la mano,
altro
che
costringe
lo
s'intuisce pi che
che resta a
mentre
II
Orazio
di
scendere,
non
si
lo
abbia lasciato
libero,
fior
le reti
79).
ma
dice addirittura
preda
Cervi,
inseguivamo
daro
alieno
mali vivi
dal
comparare
Melisso (Ist/im.
IV
45)
simile
per audacia
poeta
siasi
si
sogno
il
l'assalto dell'aquila
nemico
perdono a nessuno,
mostrarci Annibale umiliato. Ma pi
di
chieder
Si
mente
ma
il
Orazio non ha
bi-
materialit
77i
il
modo
del con-
ma
senno
nel
volpe
per
altrove,
leone,
ancora un
citare
Una
dianzi, principia
tata
il
la
immagine
dono al genero, mentre commensali sono colti da innon ha riscontro, se non quanto all'idea generale,
nei canti offerti da Pindaro ai vincitori benevoli e grati.
i
VinCosi IV 4 comincia con due larghe similitudini
in
vidia,
delici videro
un giovane
priolo
il
ca-
Le due
leone.
giovinezza e
il
la
ma
gi
il
cosi
secondo confronto
menti
il
vi
si
re degli uccelli, e la
gli fu ministro
regnum
deoriim
spiega,
si
rammentando che
di
Ganymede
esso
cui rex
segnata
(1)
questo
(3),
deve
Propriameute
il
b.astone
lettere
sulla
T/.-niKr^
non
il
luogo di trattenerci.
Wl
(2)
(3)
Cfr. p. e. O. XIII 22 e
Ili 80.
da
memoria
1.
i
Ol.
II it5 e Xern.
principio
rp-/c
le
della
GfovJv
penne spioventi,
pur tra
sembra,
Orazio
come Pindaro
neir immagine
tutto
darsi
hanno
il
nella
fiala,
773
fatto uscire
uccello, ancora
l'
nei
teme
il
movimenti
vento,
ma
amor
negli ovili,
similitudine della
termine
giovinezza
nella
l'altro
sprofon-
nobilt,
che
ancora
egli
di battaglia
spinger di
lo
lasciano scannare
VindeQuale un
capriolo intento ai grassi pascoli vede un leone appena
divezzato, per il cui dente dovr ben presto morire . Il
caprioli e i barbari Vindelici carico di
paragone tra
dracones
lici.
riaffaccia
si
La seconda
il
nei
similitudine
pi precisa
^:
tragica ironia.
che
lo
tutti
mezzi
lo
aveva posto
Ma
grado
di far suoi.
particolarit
stilistiche e sintattiche
sorprendere e riuscire
che
pi
pi ostiche ai lettori
dovevano
contempo-
ranei.
sesta strofa
(piali
il
poeta par
(piasi correre
771.
di
pensiero in pensiero. Egli ha composto
un periodo che, chi ben guardi, giunge dal principio a
tutto il verso 28. IV 14 ne ha uno altrettanto lungo, ma
pi chiaro e pi pacato. Qui una prima principale com-
a precipizio
mezzo
un relativo
di
perch mai
subito a questa
Amazonia
un
Qui ritorna
sed.
il
Vindelici por-
discorso con
remota
che
il
si
aggrappa per
poeta non sa
si
confessione che
la
dall'antichit pi
fin
tino la scure
La
Ma
Vindelici.
videre....
riprenda
omnia.
est
il
filo
del
dificato
traverso
il
vanto
di
si
passa
ai fasti
della
empie, come
danna
gente
p.
e.
gli invidiosi
fosse imbandito
dove impone
quali
mensa
come
nella
sua bocca
alla
di gettar
via
sgg.),
l'irriverente
mito della lotta di Heracle contro gli di, o anche giustifica se e spiega perch canti cos e cos. Ma era proprio qui il luogo di imitare queste particolarit? Pindaro
ha calda
verso
la piet
missione, sicch
contrastano
con
gli
della sua
sentimenti suoi pi
profondi
onde
come meglio
775
un
linde a
rere distuli,
tenza
un
il
7iec
1'
attacco
poco
la
grave sen-
il
let-
tirato in ballo
epica, egli
si
faccia qui
beffe dell'emulo,
il
quale, solo
come
in
che
nell'
meno Orazio
emulare
x\lceo.
(l)
Gksni'.i: f di
IV
liprciuU'
14,
77()
quantunque essa, proprio perch meno accuratamente pindarica, sia pi t'elice, pu modificare soltanto
di poco il nostro giudizio. Questo componimento, appunto
perch riunisce in s un epinicio pindarico per Neroni
triim,
per
il
mando
dell'esercito,
l'inno
principe, dio
al
il
co-
presente,
alquanto pi complicato;
massimo
i
dei principi, la
Vindelici
vnito
ha
rio
Genauni
sconfitto
e
i
come
anni sono
la
Fortuna ti apri
ti ha mai
dell'Italia
porti e la reggia di
lasciato.
fiumi misteriosi e
tettore
e di
quando quinI
popoli e
al
nam
il
immediatamente precedenti.
Il
le
si
nome
del v.
34,
rifletta alle
lettura
che
si
parole
il
tuos divos
come
il
carme
777
con
la vittoria
sui
popoli
ma
prima di nominare quella e questi, si trova modo di aggiungere un richiamo ai Vindelici, cio all'altro epinicio.
combattimenti, perch
L'impeto lirico non si ferma;
gi celebrati nel carme a cui il poeta velatamente accenna, sono sbrigati in poche rapide strofe. Ma quando
un aggettivo veri fasti di Tiberio paiono gi esauriti,
bale aggiunto attributivamente riapre il periodo chiuso
dall'aggettivo pende per un'attaccatura agile e libera una
i
interrogativa
indiretta
spedandus
certamine Martio,
in
si
aggrappa
la similitudine dell'Austro
onde, mentre
il
si
a que-
che tormenta
affaccia al cielo.
ci
aiuta a
ri-
da impiger
particolari.
tutta
la
similitudine,
lontano soggetto in
la
modo
ma
in
ispecic^ alla
chiude, aggiungendosi
a noi
familiare,
si
af-
77S
ferra
l'
ablativo assoluto
copias,
te
(e
consilium
fuos
et
praebente divos.
in
Pindaro
sono
fin
di questa composizione
'
siero finche
riodi
uno gi espresso,
ritorni in cerchio a
si
ma
pe-
travolgenti, l'abbondar
seconda similitudine
la
pi consueto sarebbe
Claudius aymina
ni....
diruit
direbbe
si
rovesciata: l'ordine
ma
te
dal
guente. Di
(jui
in poi,
senza che
mutamento accortamente
ci
tibi
avvediamo subito
del
pronome
di
del
seconda persona
il
anafora
sentimento quello
tempo
carme secolare in gi, compiacimento del dominio
universale non pi contrastato. Il fascino dei paesi lontani, suscitato innanzi allo spirito da nomi strani, dal
ricordo di fiumi e mari prodigiosi, porta un poco di vita
che anima
le
del
Quando
difficile
Roma
sia
scritta l'ode
seconda del
libro,
dire
di
stata
chi giorni innanzi
779
4 luglio 13
il
non
sarebbe scritto
si
trionfale
sacrum clivom
per
ferocis
Sygamhros.
fronde
ritorno
Il
(1).
il
Se
trionfo
il
Cae-
merita
era gi deciso,
IV
IV
si
direbbe
anteriore
14, del
Roma
Ne
nel 16.
vi
quale
Tulio Antonio, al
appunto che
poeta intonasse
in virt della
che, per
Il
in
dei
il
parte
cospicua
13 fu pretore. Qui
s'im-
ma
quale
canto trionfale
presiedere
alla festa
dir altro,
importa
noi
quanto
meno
non
il
egli
assegna
si
proprio
magina
qui
non
data
tanto la
della poesia
esatta
al-
concetto
del
carme
solito,
al
semplicissimo
sotto
potente dell'ispirazione;
l'ape.
Tu
volo terra
io
io
al
di
terra,
me
come
Cesare
pi associarmi al canto
Tu
sei di
rai
(1) Goiiic
crciloiKi
Kii:>>i.iN(;
11i.in/i..
io
un vitellino
grazioso,
780
leggi
(juale api)uiito le
poi che
poeta
il
bero dato ad
commette un
si
altri
l'
33 sia
egli
carme
sicura sia al
detto chiaro
aver
Orazio, dopo
al v. 41.
Concines la lezione
il
trionfo,
il
violenza, che
atto di
quali avreb-
festeggiare
incarico di
coraggio
nido, fa
di
che
che nelle
perch componga
di
pi libera ala.
di
pindareggiare
gli
gli
confronto
il
emuli
incauti
consiglia
perci lo
lo
attenda
in
lui
come a
di
Icaro
qual sorte
Tra
Pindaro e
Pindaro.
di
lui
d' intervallo.
(1)
luali qui
In
umbro
(2),
il
lo
e in latino c'era
Che
ioti.
(2)
Conio vuole
il
Wilamowitz,
Sappilo
ii.
me
rigidamente
Simouidex.
Friediich
il
319'.
(Horatius
In-
Flaccus
suo pensiero.
Una
Mns^ XLIV,
maggiore, intende:
1889, 318);
Tu
il
quale, facendosi
canterai in
forte
un poema epico
le
del
plettro
gesta di tuo
crederei, se
781
in
libri
stampati
si
cheologica
di
Guglielmo IL
Orazio
il
complimento
tra
e deri-
Pindaro
principe letterato aveva fatto a Orazio Tonorn
tra
come
Ma
mille altri lo
al
sovrano,
prediletto di questo
pace
di pi
steggiare le
il
mostrando
rifiuto,
al
nipote
di crederlo ca-
che non fosse egli stesso, incitandolo a feglorie del monarca, che era il capo della
si
oltre il cigno
immagini
fiume che tutto travolge;
:
periodare.
Come
l'ape,
si
volo
il
mostra anche,
di
Icaro e
al
solito, nel
il
da ultimo un ag-
zi", io
essere epica, a
Mieute
pure
celebreremo
le
ma dove
due
il
cosi
(pii
voce
al
trionfo
La cantata
a<:j<;iim<jr<'i(> I iiiiu
iiisienio
l)n(>
finito,
meno
lnisco
il
ultinui strofe
(rlie
non
si
n(>lla
interpreti
simbolo e incomincia
sono allegoriche.
il
il
festa trionfale
non
trionfo simholioa-
- im
che segue, (jui laurea donandus Apollinari e poi, in dipendenza da donandus, quattro membri introdotti ciascuno
dal suo sive. I mezzi linguistici, specie l'uso libero dell'aggettivo verbale, non
hanno riscontro
in
Pindaro, per-
siglia dall'emulare
sente sia
tutti
libro
Pindaro
anteriore,
com'
pi
tentativi
come mai
secondo
propriamente
l'ode pre-
epinicio,
pindarici
cos a
del quarto
in
stile
l'effetto totale di
con
il
ritmo
non pi immensus
responsione a cos
profundo ore
inceppa la corsa,
ruet
breve distanza
tisse
non
si
ma
del
rende
resto,
si
riproduce,
se
come abbiamo
giambi
parli,
chiloco, pur
di
mantenendosi
libero
783
ritrai
egli
si
Alceo,
egli
non voler
quando derivava da lui
stile. Egli non si mai ildichiarare di
verit,
gli
lo
come
Non
lui
l'
il
Il
Musa che
almeno
era
egli,
il
l'
dietro
quello
na-
ha conquistato
gli
fonda,
confronto con
ispirazione
poeta ringrazia la
come
facolt di giu-
in cui
scorgiamo
perdesse,
la
odi pi
le
libro noi
alfine
il
favore
artista conscio, sa di
poeta
d'ispirazione
pro-
Capitolo Phimo.
Orazio
I.
II.
III.
Alceo
Pi*g-
L'ode a Varo
(I 18)
L'ode di Cleopatra
(I
carini dionisiaci
P'^g-
16
14)
(I
IX
37) e l'epodo
38
63
(I 10;
VI.
'.
75
86
(III 12)
10-1
C A TITOLO Secondo.
Orazio
I.
e la poesia ellenistica
Le
[Appendice
II.
pag. 141
Cercida e Orazio
226]
lirico di
Orazio
in-
364
Amore
La riconciliazione
392
degli amanti (ili 9) ....
2.
Il TcapaxXa'jaiO")pov
3.
4.
Le canzoni a dispetto
L' ammonimento
al
5.
Il
6.
L'amante fedele
7.
La
10
(III
IV
13).
440
sprezzante
fanciullo
(IV 10;
50
408
419
460
il
lupo
8.
L'amore per
9.
La catena
di
la schiava
amore
(I
22)
(I
..
11.
La preghiera a Venere
12.
L'innamorato vergognoso
495
498
(III 26)
(I
470
489
(114)
L'addio all'amore
463
477
33)
10.
7)
30)
(I
27)
511
504
h)
<)
Il
1.
Il
2.
La
La
festa campestre di
Fauno
(III
559
18)
565
2.
La
3.
L'inno all'anfora
sereno
(I
(I
35) e
il
fulmine a
34)
58>S
613
(III 21)
620
filosofia
Il
2.
CAPJT(tL()
635
Ij'.KZO.
Le Odi romane
626
(II 2)
1.
2.
521
553
13)
reli^jione
1.
La
V^)i-
ciel
d)
780
(III 1-6)
pag. 642
P^g. 643
649
Capitolo Qlakto.
pag. 711
P^g-
^H
730
INDICE ALFABETICO
Aemulatio
Albuuea
201.
64
.5
18
20
44
34
75, 79
21, 35 sgg.
i^ag.
435.
474
64
514
XII 133
Angusto.... 565 sgg., 575 sgg.
23 sgg., 39 sgg.
Azio
103-
44
79
Basso
205
45
332
Bione
244
032
S6
59
547, 619
Bacchilide
246
morte
Alessandria
385
Bisanzio.
Amante
472
Boschi presso
401
Brisoide
fedele
Amica
Anacreoute
.501,
377
36
46
433,
Alceo
Aristotele
Asclepiade..
690
Konia..
76
491
133, 444,
.504
97
Caccia
8gg.
51
133
63
75
134
Anta
88
133
Arsinoe
562
selvaggia
Callimaco
.'
193, 280
Anfora
(il4
epigrammi
Aniiilialc
717
ep. 25
178
ep. 43
515
Recale
337
Arato
529
Aristofane
552
155
Antonio
Jo'lcs.
877 sgg.
Ecclcg.
9.52
sgg.... 415
erotici
404
Paniiychis
196
114
260
fr.
Camillo
690
7H8
Canznni a dispetto pag.
Carmi
tO gg.
174 sgg.
civili
Epicurei
pag. 379
Epicuro
377,
Case nuove
romane
443
Catena d'amore
495 sgg.
Ccrcida
657 sgg.
620
204
234
.535
Epigramma
226 sgg.
1(55
Cibele
Cipresso
646
Classicismo e barocco.
138
Cleopatra
25, 38 sgg.
768
Coelio
207
.581,
e inno
l.")0
sgg.,
Hgg.
X 12
XII 155
IX 374
555
556
412
672
Epopea lirica
Erede nella poesia
317 sgg.
Erotica e convito
340 sgg.
Etrusche
437
249 sgg.
340 sgg.
Fato
601
Coppe grandi
510'
Fauno
179 sgg.,
Fenice
560
207
Coliambi
cinici
Comizi
Commiati
Convito ed erotica.
380
Filodemo
Cynthia
399
IX 412
XI 44
Danza a Roma
47
647
52
491, 499
326
479
Donna
463 sgg.
Eaco
761
Galla
Egitto e Impero
366 sgg.
Giuliano
380
el-
554 sgg.
lenistica
Fortuna
Fuochi di
tentata
411
720
775
101
46,
Domizio Marso
Ennio
585 sgg.
Cultura generale
Dioscoride
278
.
588 sgg.
Elmo
S.
266
468
298
445
epigramma funebre
323,
Hiipantesis
197
551
ann. 302
691
Impero ed Egitto
316 sgg.
ann. 312
592
Inni
142 sgg.
ann. 348
593
Inni liturgici
Epicedi
237 sgg.
163 sgg.
145 sgg.,
Inni a sovrani.
Inviti a
pag. 190
pranzo
Lalage
Lamento
della
394 sgg.
t76
metrica
711 sgg.
Lari
603
Latifondi
Libazione
57,
29.
70
Anacreonte
133 sgg.
e Callimaco
260 sgg.
630
ed Ennio
135
603 sgg.
460
690, 768
Teocrito
e.
424
e.
418
e.
701 sgg.
429
e.
706 sgg.
e.
712 sgg.
Ligurino
Luperco
Lyce
Lyde
565
III 4,
periodi
407
406
Livio
pag. 570
Lamia
Lygdamo
Noveusides
325 sgg.
donna
abbandonata
789
91.
557
746 sgg.
...
712 sgg.
Macedonio
431, 616
637
Mantica
Marco Argentario .... 615
Mare nella letteratura
e.
75 sgg.
0.
10
63 sgg.
539
e.
antica
722 sgg.
142.
Mercurio
Meretrici in Grecia.
12
142,
ISI,
740.
e.
14
16 sgg.
352,
e.
115
278 sgg.
e.
17
336 sgg.
66
e.
18
e.
20
325
e.
21
142
e.
22
470 sgg.
e.
23
133
e.
24
402 sgg.
Roma
.398
e mostri
518
Mirto
41S
Mitologia e amor'....
164
sgg.
sgg.
Mosco
496
e.
25
Miinazio Fianco
723
e.
27
-'H
e.
30
Natura
in
Orazio
521 sgg.
NecessUdn
594
Nereo
2!H
661
Nosside
105
712 sgg.
114.
117,
501 sgg.
0.
31
147
e.
32
115
e.
33
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sgg.
sgg.
Orazio,
e.
37
44 8gg.
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489 8gg.
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237 sgg.
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643 8gg.
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Orazio,
5,
e.
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e.
e.
IV 8
IV 9
IV 10
e.
IV
e.
e.
e.
IV 12
IV 13
IV 14
e.
323, 551
649 sgg.
II 1
'654 8
'no'
II 2
667
II 3
681 sgg.
II 4
8 or>'
II 7
692 sgg.
463 sgg.
II 9
408 sgg.
II 10
419 sgg.
9 sgg.
144, 300,
4653.
751 Hgg.
755 8gg.
762 sgg.
354, 460 sgg.
336 sgg.
11
331
434 sgg.
775 8gg.,
epodi
epod. 11
393
epod. 13
726
393
epod-
epod. 15
393
serm.
epist.
230 sgg.
750
641
epist. I 7
epist.
II 2
112, 733
Ottaviauo e Autonio..
II 12
86 sgg.
II 13
II
14
193 sgg.
II
17
Pacuvio
724
331
532 sgg.
greca
in Orazio
II 21
22
148
II 23
II
24
II
25
603 sgg.
428
14 sgg.
II
27
II
521 sgg.
530
stea
Pan
559 sgg.
Parenesi
201 sgg.
Parti
Personalit
II 26
498 sgg.
703
nella
Personificazioni
29
Pindaro
II 30
V3
146 sgg.
778 sgg.
145
filo-
370
sofia
VI
23
II 18
II
.sgg.
1;
779.
II 1-6
II 11
IV 4...pag. 764
e.
IV
e.
Olymp. 1
Olymp. II
Olymp. VI
.gg.
582 sgg.
136; 691,
sg,-.,
764 sgg.
656
680, 742
693
Pindaro, Olymp. VII pag. 757
791
700
Pyth.
Pyth.
pag. 389
736^
Pyth. VI
749
Romolo
Nem. Il 2
Nem. V
Nem. Vili
Nem. X
654
Rufino
63
680, 757
364
685
431, 450,
490.
740
Isthm.
I.
Isthm
VI 10
e l'Ellenismo
Isthm. VII...
741
Sacello rustico
756
Salii
46, 51
627
^ffo
547
742
534
90
752
87
Schiave in amore .... 490 sgg.
180
680
Sciti
221
746
Secolo
Seneca
peana
fr.
Ir.
jier
Delfi
Platone
Posidippo
614 sgg.
674 sgg.,
Posidonio
427
571
663, 682
Serenata
419 sgg.
485
Servizio
669
militare
Sibillini
570
Simonide
Simposiarco
505
749
Postumio
468, 643
Priapo
332, 715
65
Prometeo
Propemj)tici
260 sgg.
Stazio
Properzio
276 sgg.,
Stoa
4763, 4j^i.
Callimaco
306 sgg.
18
II
276
Teocrito.
439
17
24-25
401
(Quirino
686
301 sgg.
Regolo
704
Keligioiic
(107
romana
....
565 sgg.,
'
'
sgg.
aspetto e.slerno
'.W'J
189,
762.
epillii
llatdtx Aohxii
284
,
!(>,
Kotiia,
oncomii
626,
Jiccnsalio
727.
441 sgg.
Fucila
467
Ili 12
111
240
379, 628, 632 sgg.
Thalysia
XXII
439,
559
742
i'1'K'i--
;">-"7
epigi'.
560^
Tt'ofrasto
378
Teopompo
79^2
='''^'*
Tenero
724
'J'iicodorida
118
lenistica e
Til.nllo
482
Timoteo
281
P''g-
el-
romana
449, 456 sg.
70'3
Venere Marina
499
Vino e donne romane. 90
Titanomachia
695 sgg.
Tivoli
522
Ti ridate
.*
Uscio nell'erotica
Varrone
571
e l'oltretomba
577
profezie messianiche
57:^
420
565, 567,
tgg.
Zenone 264
Zio
581
88
PA
6/ill
Pasouali, Giorgio
0Ta.7Ao lirico
P3B
1^20
PLEASE
CARDS OR
DO MOT REMOVE
SLIPS
UNIVERSITY
FROM
THIS
OF TORONTO
LIBRARY
y 1968